ARCIDIOCESI DI BENEVENTO
PERIODICO DI IMPEGNO RELIGIOSO E SOCIO-CULTURALE
SOCIETÀ
COMUNICAZIONI
Il lavoro è un
dramma sociale
Spedizione in abb. postale comma 20 - Articolo 2c
Legge 662 del 1996 - FILIALE DI BENEVENTO
di Massimiliano Del Grosso*
S
Anno 12 N° 5 - Maggio 2009
Evangelizzazione
e nuove tecnologie
a pagina 3
a pagina 8 e 9
come un mero ammasso di materia organizzata,
meno adeguatamente compiaciuta. E quando ciò
una concezione che ovviamente esclude il trascen-
non accade, giù con terremoti, pestilenze e pia-
i è discusso molto sulle presunte pos-
dente. Ogni fatto risponde così a precise leggi
ghe. Chi sostiene questa interpretazione, perciò,
sibilità di prevedere il sisma che ha
cosmiche, ragion per cui le catastrofi naturali, fina-
assolve i disastri e biasima gli uomini allo stesso
colpito l’Abruzzo lo scorso mese.
lizzate all’equilibrio del mondo, sono buone. Se
modo dei sostenitori della prima, dimostrando in tal
Dietro tanto agitarsi tra accuse, rab-
l’uomo si lagna, perciò, sbaglia di grosso: egli
modo come in sostanza materialismo e spirituali-
bia e demagogia politica, c’è il dramma del con-
deve, non dico gioire, ma quantomeno stoicamen-
smo siano fratelli figli della stessa madre: la pre-
fronto con il mistero della sofferenza, e il chiedersi
te accettare fatti che, pur se lo privano del bene
sunzione di capire appieno il mistero della soffe-
perché le cose vadano così e perché dobbiamo
dell’esistenza propria o di persone care, sono
renza al punto da pretendere di darne una risposta
stare nostro malgrado in un mondo agonizzante. Il
necessari alla vita dell’universo.
definitiva. I materialisti, che purtroppo non hanno
mistero del male può essere capito alla luce della
Tale posizione ottimistica, dunque, non può che
fede, sbagliano nel non considerare come mai, se
croce di Cristo, ma pienamente solo quando sare-
assolvere i disastri e biasimare gli uomini, colpevo-
è vero che “dio” è la stessa materia cosmica orga-
mo al cospetto del Creatore. «Sempre i migliori se
li di pretendere un mondo troppo conforme alla
nizzata, costei sia capace di darsi completezza
ne vanno» dice un luogo comune, che forse non
loro idea di bontà.
con gran fatica di tempo e se non a prezzo di con-
sempre ha torto.
L’atteggiamento spiritualista concepisce il mondo
tinui aggiustamenti attraverso fenomeni violenti
L’istinto a ribellarsi, al dire «non ci sto», a cui si
visibile come una sorta di prolungamento o “teatro”
che spesso per nulla migliorano, quanto piuttosto
accompagna l’amara constatazione che contro il
dell’invisibile, e che non ha perciò una vera e pro-
distruggono ciò che essa stessa ha prodotto. Per
male l’uomo non possa in fin dei conti granché, se
pria naturale autonomia. Le vicende cosmiche
quanto riguarda l’uomo, si pensi a quale meraviglia
nei casi più drammatici ha visto persone togliersi la
sono conseguenza diretta del fatto che le azioni
esso sia, e a come tale splendore sia deturpato
vita, in altri ha da sempre portato sostanzialmente
umane solleciterebbero ora la benevolenza ora
dalle malattie, dalle deficienze, dalla vecchiaia,
a due soluzioni che potremmo definire materialista
l’ira di una Divinità, la cui unica preoccupazione
dall’ignoranza, dalla cattiveria.
e spiritualista. Il materialismo considera la vita
sembrerebbe essere quella di verificare se sia o
continua a pagina 15
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Maggio 2009
La vergine modello di carità operosa
nei confronti di chi ha bisogno
Raffaele Di Muro
I
gesti e le frasi della Vergine sono per noi guida costante nel cammino di
discernimento, in materia di disponibilità all’aiuto dei fratelli e di capacità di
essere religiosi grati a Dio per il dono della vocazione. In quei giorni Maria si
mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il
saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito
Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del
tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia
nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del
Signore» (Lc 1, 39-45). Si mise in viaggio. Ammiriamo la
determinazione di Maria che intraprende un difficile viaggio per poter assistere e soccorre Elisabetta. La Vergine
diviene modello di carità operosa nei confronti di chi ha
bisogno di un supporto materiale e spirituale. Ammiriamo
la sua prontezza e la volontà di sostenere Elisabetta,
anche malgrado la sua gravidanza. Dovremmo riuscire ad
imitarla in questa sua capacità di amare e di essere risoluta. Molto spesso non riusciamo nemmeno ad accorgerci
del fratello e della sorella in difficoltà perché siamo centrati solo su noi stessi e solo sul nostro vissuto. Guardare con
amore l’altro con il desiderio di aiutarlo e sostenerlo: questa è la sfida che i religiosi di oggi sono chiamati a raccogliere. Il fratelli e la sorelle con cui condividiamo un cammino non vanno strumentalizzati, ma amati con quella
cura e quella sollecitudine che Maria ci insegna. Un altro
brano del Vangelo sottolinea la sollecitudine della Vergine,
questa volta nei confronti di Gesù. Mentre egli parlava
ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in
disparte, cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco
di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti» (Mt
12, 46-4). Maria segue con trepidazione l’apostolato di
Gesù. Il brano rivela la preoccupazione della Madre di Dio
per il Signore, la cui missione non sempre viene compresa dagli uomini a quali si rivolge. La Vergine veglia sul cammino di Gesù che segue
attentamente e costantemente. Anche noi siamo chiamati a vegliare sul cammino
dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Il nostro “vegliare” scade molto spesso nel
giudizio, nella critica e nella mormorazione. Dovremmo realmente e concretamente prenderci cura dell’apostolato e della missione dei nostri fratelli e delle nostre
sorelle per segnalare loro l’importanza di vivere e di operare secondo la volontà di
Dio. Maria segue Gesù fin sotto la croce: Stavano presso la croce di Gesù sua
madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora,
vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che
egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo
figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!».
E da quel momento il discepolo la prese nella sua
casa (Gv 19, 25-27). La sollecitudine di Maria sotto
la croce diventa eroica: Maria segue il Suo Figlio
anche nel momento del dolore e della sofferenza ed
accetta di diventare madre di tutta l’umanità. Maria è
fedele al progetto di Dio ed è fedele nell’amare
Gesù. Ella insegna anche a noi questi atteggiamenti e queste disposizioni. La sollecitudine di Maria si
rivela anche a sostegno della Chiesa nascente:
Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto
degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il
cammino permesso in un sabato. Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C’erano
Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e
Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e
Simone lo Zelòta e Giuda di Giacomo. Tutti questi erano assidui e concordi nella
preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui (At 1, 12-14). La Vergine Immacolata è presente nella vita della prima
Chiesa a sostegno degli apostoli e dei primi credenti in Cristo. Dopo l’Ascensione
di Gesù Maria si fa garante della vita di preghiera e dell’armonia fraterna della giovane famiglia di Cristiani. In sostanza, Maria ci insegna una tripla sollecitudine:
Verso i confratelli e le consorelle;
Verso Gesù;
Verso la Chiesa.
Maria segue Gesù in tutto il suo apostolato, in tutta la sua missione. Ella è sollecita nel supportare Gesù, nello stare con Lui fin sul Golgota. Ella ci insegna la medesima sollecitudine che per noi vuol dire strare con Cristo in un rapporto di comunione profonda e perché possiamo esprimere nel mondo, con la parola e con la
vita, il Vangelo, perché possiamo vivere la sua stessa missione. La Vergine ci insegna anche l’importanza del sostegno ai fratello ed alle sorelle che camminano con
noi, del prenderci cura di loro, nel soccorrerli nel momento del bisogno e nell’incoraggiarli nel perseverare nel bene e nella sequela di
Cristo.Cosa significa essere solleciti verso i fratelli e le
sorelle, qualunque ruolo occupino nella loro casa e nel
loro Istituto:
Pregare per loro;
Interessarsi discretamente alla loro vita e alla loro missione;
Fornire loro buoni consigli;
Fra sentire loro la nostra delicata presenza;
Mai dare loro la sensazione di lasciarli soli.
E’ davvero importante sostenere i fratelli e le sorelle che
condividono con noi la nostra stessa vocazione. La preghiera per loro crea, senza dubbio, comunione fraterna la
preghiera per loro. L’orazione ci aiuta a sciogliere il cuore
indurito a causa di incomprensioni comunitarie. Ma si
rivela di grande importanza aiutare i confratelli o le consorelle con buoni consigli, con il discreto interessarsi al loro
apostolato, con la disponibilità a prestare loro soccorso in
caso di necessità. Nel vissuto comunitario i religiosi non
sono isole, ma sono chiamati a cooperare, a comprendersi, a supportarsi vicendevolmente. Da Maria i religiosi e le
religiose hanno la possibilità di apprendere questa sollecitudine e la carità necessaria per una vita di comunità
armoniosa e ricca del reciproco sostegno tra i membri
della stessa. Benedetta! Maria riceve una particolare benedizione da Dio: è la
piena di grazia, è l’Immacolata, Colei che porta in grembo e custodisce il
Redentore. La Vergine è sorretta dalla forza di Dio nella sua missione di portare
nel mondo il Salvatore: ha un grande compito, ma la benedizione di Dio l’accompagna sempre.
La benedizione di Dio non si ferma a Maria. Ciascun consacrato può definirsi
benedetto grazie all’aiuto che il Signore gli conferisce per vivere la sua missione
di apostolo alla sequela di Gesù. I religiosi hanno proprio la vocazione a portare
Gesù nel mondo con la loro parola e con la loro
testimonianza: per questo grande compito sono
sostenuti dalla grazia del Signore e sono chiamati
ad abbandonarsi ad essa. Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore. Maria
si fida della Parola di Dio, si abbandona alla sua
voce, confida nella sua onnipotenza. Il suo “si”, il
suo prendersi cura di Gesù e di Elisabetta è frutto
del suo affidarsi a Dio. L’ascolto della voce
dell’Altissimo permette a Maria di lanciarsi nella
carità verso Gesù, verso Elisabetta. Ritengo che
anche religiosi e religiose debbano mostrare la stessa capacità di affidarsi. Essi sono benedetti da Dio,
hanno ascoltato la sua Parola e sono chiamati a
fidarsi di Lui, a donare la vita in virtù della vocazione ricevuta. Mi pare di vedere un nesso significativo
tra la capacità di ascolto della voce di Dio e i dedicarsi al servizio di Gesù, nonché di operare secondo carità verso i fratelli. Si diventa validissimi religiosi e religiose della carità e del
servizio nella misura in cui si pone attenzione alla Parola che il Signore comunica
loro nell’esercizio della propria missione. Questo è l’insegnamento di Maria: amare
lei vuol dire imitare la sua capacità di ascolto e di donazione.
Maggio 2009
Il lavoro è diventato
un dramma sociale
Francesco Cutillo
I
l mercato del lavoro, insegna la microeconomia, è il luogo in cui si “incontrano” domanda
e offerta di lavoro intendendo per domanda
la richiesta delle aziende e per offerta quella
dei lavoratori. Una definizione che farebbe sorridere l’uomo della strada poco edotto in materia di
economia politica ma ben conscio della realtà che
lo circonda. Una realtà in cui il lavoro è diventato
un vero e proprio dramma sociale. Le imprese, non
solo non assumono ma, per di più, tagliano, mettendo letteralmente sul lastrico intere famiglie che
semmai già vivono di un solo reddito.
Ad acuire un trend non certo recente, l’attuale crisi
finanziaria. Miliardi di dollari in fumo: così il crollo
delle borse ha sancito l’inizio del panico mondiale.
E le ripercussioni del crack di Lehman Brothers &
Co. non si sono fermate all’America, prima vittima
dei furbetti di Wall Street, estendendosi a macchia
d’olio su tutto il pianeta. Quanto questo abbia condizionato il nostro mercato del lavoro è facile a
dirsi. Basta leggere un rapporto stilato solo qualche settimana fa dal centro studi di Confindustria
per capire la dolorosissima situazione che si prospetta: “Tra la metà del 2008 e la metà del 2010 in
Italia verranno persi 507 mila posti di lavoro, il
2,2% dell’occupazione totale”. A farne le spese,
almeno per il momento, sono innanzitutto i giovani.
Spensierati fino al giorno della laurea, i nostri
ragazzi si scontrano, poi, con la dura realtà che li
attende al di fuori delle aule universitarie. Il vero
rischio è rimanere a casa nonostante gli anni di
studi trascorsi sui libri per preparasi ad un ingresso nel mondo del lavoro che nel migliore dei casi
sarà ad intermittenza. Ma se la flessibilità è un
bene, il precariato no. Eppure, oggi – in un periodo difficile prima di tutto per le aziende - sembra il
male minore per una generazione che forse non
conoscerà mai stabilità. E così “bamboccioni” (per
dirla con Padoa Schioppa) si diventa. Nonostante i
buoni propositi, nonostante i progetti di vita, i
sogni, le speranze, i desideri. Come spiegare altrimenti che sempre più giovani si trattengono in
famiglia fino a “tarda” età? L’autonomia è un lusso
che chi guadagna mille euro al mese non si può
permettere. Proprio in questi giorni esce nelle sale
“Generazione mille euro”. Un film – tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro Rimassa e Antonio
Incorvaia - che fotografa la situazione di “eterna
adolescenza” di trentenni alle prese con affitti insostenibili e appartamenti minuscoli da condividere.
E’ la storia di una generazione di “giovani ormai
non così giovani di cui ogni tanto parlano in tv
scuotendo la testa con rassegnazione”. E’ la storia
di un Paese con un sistema lavoro lacerato dall’instabilità e dall’assenza di meritocrazia. E’ la storia
di un dramma sociale che continua a consumarsi
ogni giorno.
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FESTA
DEL
LAVORO
La Festa dei lavoratori, o meglio la Festa del
lavoro, è una festività che annualmente
viene attuata per ricordare l’impegno del
movimento sindacale ed i traguardi raggiunti
in campo economico e sociale dai lavoratori.
La festa del lavoro è riconosciuta in molte
nazioni del mondo ma non in tutte. Più precisamente, intende ricordare le battaglie operaie per la conquista di un diritto ben preciso:
l’orario di lavoro quotidiano fissato in otto
ore.
Tale legge fu approvata nel 1866 nell’Illinois,
(USA), la Prima Internazionale richiese che
legislazioni simili fossero approvate anche in
Europa.
Convenzionalmente, l’origine della festa
viene fatta risalire ad una manifestazione
organizzata negli Stati Uniti dai Cavalieri del
lavoro a New York il 5 settembre 1882.
Due anni dopo, nel 1884, in un’analoga
manifestazione i Cavalieri del lavoro approvarono una risoluzione affinché l’evento
avesse una cadenza annuale.
Altre organizzazioni sindacali affiliate alla
Internazionale dei lavoratori - vicine ai movimenti socialista ed anarchico - suggerirono
come data della festività il Primo maggio. Ma
a far cadere definitivamente la scelta su questa data furono i gravi incidenti accaduti nei
primi giorni di maggio del 1886 a Chicago
(USA) e conosciuti come rivolta di
Haymarket. Questi fatti ebbero il loro culmine
il 4 maggio quando la polizia sparò sui manifestanti provocando numerose vittime.
L’allora presidente Grover Cleveland ritenne
che la festa del primo maggio avrebbe potuto costituire un’opportunità per commemorare questo episodio. Successivamente,
temendo che la commemorazione potesse
risultare troppo in favore del nascente socialismo, stornò l’oggetto della festività sull’antica organizzazione dei Cavalieri del lavoro.
La data del primo maggio fu adottata in
Canada nel 1894 sebbene il concetto di
Festa del lavoro sia in questo caso riferito a
precedenti marce di lavoratori tenute a
Toronto e Ottawa nel 1872.
In Europa la festività del primo maggio fu ufficializzata dai delegati socialisti della
Seconda Internazionale riuniti a Parigi nel
1889 e ratificata in Italia soltanto due anni
dopo. In Italia la festività fu soppressa durante il ventennio fascista - che preferì festeggiare una autarchica Festa del lavoro italiano
il 21 aprile in coincidenza con il Natale di
Roma - ma fu ripristinata subito dopo la fine
del conflitto mondiale, nel 1945. Nel 1947 fu
funestata a Portella della Ginestra (Palermo)
quando la banda di Salvatore Giuliano sparò
su un corteo di circa duemila lavoratori in
festa, uccidendone undici e ferendone una
cinquantina.
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Maggio 2009
Persona e lavoro nei documenti
di dottrina sociale della Chiesa
Rerum novarum (LEONE XIII,1891) – La “rivoluzione industriale”, se da un lato ha risolto numerosi
problemi umani legati all’approvigionamento di
risorse e al soddisfacimento dei bisogni vitali, dall’altro ne ha creati di nuovi e più complessi e globali.
L’individualismo e l’egoismo esasperato del liberismo e le soluzioni illusorie alla sperequazione economica avanzate dal socialismo ateo tra lotte sindacali e rivoluzione politico-sociale possono essere
superate solo con la concordia delle parti, costruita
sicuramente sul piano politico (corporativismo), ma
soprattutto e anzitutto su quello morale e spirituale.
Una concordia fondata sulla consapevolezza della
comune origine divina di ogni uomo e sulla missione universale dell’intera famiglia umana all’edificazione del regno, non degli uomini, ma di Cristo.
L’enciclica sarà il fulcro intorno al quale graviteranno tutti gli altri successivi pronunciamenti in materia di dottrina sociale.
Quadragesimo anno (PIO XI,1931) – Alla luce
delle terribili conseguenze sociali della catastrofe
economica mondiale seguita al crollo della borsa
americana nel 1929, a distanza di quarant’anni
dalla loro promulgazione le analisi della Rerum
novarum si rivelano estremamente profetiche e
attualissime.
Radiomessaggio di Pentecoste (PIO XII, 1941) –
Pentecoste: l’evento che costituisce l’inizio del processo di ricongiungimento di tutti i popoli tra loro e
al Padre. È questo un messaggio altamente significativo se si considera il contesto in cui viene diffuso: siamo nell’anno della massima recrudescenza
della violenza bellica innescata dal nazifascismo, in
una guerra che vede coinvolta – come belligeranti,
occupate o loro colonie – la quasi totalità delle
nazioni del mondo. Una guerra scoppiata per rimediare le ingiustizie dei trattati di pace della prima
guerra mondiale e per dare al mondo un nuovo e
più giusto assetto politico per un avvenire migliore.
Mater et magistra (GIOVANNI XXIII, 1961) – Due
elementi erano venuti a galla dall’esperienza delle
due guerre mondiali: 1) la spoliazione della persona della sua dignità individuale; 2) l’imperialismo,
un atteggiamento di sostanziale razzismo e sottomissione delle popolazioni mondiali esterne all’area europea e nordamericana comune tanto ai
sistemi totalitari quanto a quelli democratici.
Confermando ancora una volta la Rerum Novarum,
Giovanni XXIII sottolinea come sia necessario riconoscere ad ogni essere umano il suo primo diritto
fondamentale: il rispetto integrale della sua persona, sia nella dimensione biologica e corporea che
nella sua dignità morale e spirituale di individuo
intelligente, immagine di Dio.
Pacem in terris (GIOVANNI XXIII, 1963) – La situazione politica mondiale postbellica, più che di pace,
presentava invece tutti i tratti di una tregua in vista
di una ennesima e peggiore guerra totale. La “guerra fredda”, pace apparente, era caratterizzata da
una onerosissima corsa senza scrupoli ad un sempre maggiore accumulo di armamenti atomici, nel
totale disinteresse per i problemi umani più urgenti, come quelli della sopravvivenza delle popolazioni del “terzo mondo” o – come nel caso di numerosi paesi filosovietici – dei propri civili. È anche l’era
dell’affrancamento politico (apparente) delle excolonie europee che entravano così da nazioni
“libere” nella sfera di influenza ora filoamericana,
ora filosovietica (in un clima tesissimo, di cui sarà
emblema la guerra del Vietnam). Insistente è l’invito al negoziato e alla diplomazia per l’edificazione
della pace da parte di un papa che è stato un vero
ago della bilancia per la distensione delle tensioni
USA-URSS e perciò per la salvezza della pace dell’intero pianeta.
Ecclesiam suam (PAOLO VI, 1964) – Scritta durante il Concilio Vaticano II, questa lettera enciclica
anticipa i temi della Gaudium et Spes con l’esortazione ad avere una atteggiamento di maggiore
positività verso il mondo non cristiano e non cattolico.
Dignitatis humanae (CONCILIO VATICANO II, 1965) –
La dignità dell’uomo, quella che lo fa essere sul
piano di fede “immagine di Dio”, si fonda sulla sua
natura intelligente che lo rende perciò un essere
libero. La libertà di coscienza – e perciò anche di
coscienza religiosa – è il fulcro di questo documento che intende da un lato biasimare la persecuzione antireligiosa vivissima in larghe regioni del
mondo, dall’altro nell’indicare la fede cristiana non
come una mera opzione culturale, ma come la sola
e vera religione che dice all’uomo tutto sulla sua
origine e il suo destino e lo rende realmente libero
e capace di realizzare le sue più profonde aspirazioni di felicità.
Gaudium et spes (CONCILIO VATICANO II, 1965) –
Come completamento della Dignitatis Humanae, si
vuole mettere in risalto la necessità per la Chiesa di
entrare in dialogo con il mondo, non più da guardare con sprezzante distanza, ma da considerare
come vero luogo sacro idove, in ciò che vi è di più
buono ed utile alla promozione e al progresso
umano, si rende manifesto il volto di Dio.
Laborem exercens (GIOVANNI PAOLO II, 1981) – A
novant’anni dalla Rerum Novarum, una riflessione
sul lavoro: elemento centrale nella questione sociale e dei conflitti di classe, nel piano di Dio è strumento di santificazione che rende l’uomo simile al
Creatore nel dominio del creato per il bene del
prossimo.
Sollicitudo rei socialis (GIOVANNI PAOLO II, 1987) –
Nel 20° anniversario della Populorum Progressio,
ancora un’analisi sulle condizioni di sviluppo dei
popoli alla luce dei numerosi viaggi apostolici nel
mondo.
Centesimus annus (GIOVANNI PAOLO II, 1991) –
L’enciclica celebra il 100° anniversario della Rerum
Novarum. In essa il papa individua ancora una volta
– ma questa volta sulla base di una esperienza storica centenaria – le debolezze tanto del socialismo
che del liberismo. Altri argomenti: la cancellazione
del debito pubblico dei paesi poveri, il disarmo, la
lotta al consumismo e al precariato nel lavoro.
Evangelium vitae (GIOVANNI PAOLO II, 1995) –
L’enciclica tratta sostanzialmente di argomenti di
bioetica (aborto, accanimento terapeutico, eutanasia, diritti del concepito, ecc.). Tuttavia viene posto
in luce come questi problemi che affliggono la
società contemporanea siano causati, se non favoriti e talvolta direttamente perseguiti, da forme di
governo che, pur sedicenti democratiche, di fatto
minacciano la dignità degli individui più deboli.
Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa
(PONTIFICIO CONSIGLIO GIUSTIZIA E PACE, 2004) – Una
sintesi sistematica e organica di tutta la dottrina
sociale della Chiesa, motivata anche dal disorientamento in materia di numerosi esponenti di dichiarata ispirazione cattolica della classe politica mondiale.
Populorum progressio (PAOLO VI, 1967) – Una
nuova sferzata al capitalismo liberista e al collettivismo marxista come già era stato con la Rerum
Novarum. È ampliato il tema già toccato da
Giovanni XXIII dello sfruttamento delle popolazioni
delle ex-colonie che impedisce loro lo sviluppo, con
pesanti ricadute in guerre continue e sfiducia morale.
Deus caritas est (BENEDETTO XVI, 2005) – L’amore
umano comprende varie dimensioni reciprocamente integrate.
Ma è la carità la forma più alta di amore e l’unica
capace di edificare una famiglia e una società veramente giusta e umana.
Essa, impossibile alle sole forze umane, è un dono
di Dio. La Chiesa, depositaria della Verità e dello
Spirito che edifica il vero amore tra gli individui, non
può essere ridotta ad una mera organizzazione
filantropica e, come faro della presenza divina in
mezzo agli uomini, è necessaria tanto ai credenti
che ai non credenti.
Octogesima adveniens (PAOLO VI, 1971) – A
ottant’anni dalla Rerum Novarum e con una sufficiente esperienza delle miserie che affliggono i
popoli maturata nei suoi numerosi viaggi apostolici
in tutto il mondo, il papa pone l’attenzione sui problemi nuovi che caratterizzano l’uomo dell’era atomica: l’urbanesimo, l’inquinamento, l’ateismo tecnocratico, la ribellione giovanile, l’individualismo
morale, l’autoritarismo politico, le nuove utopie
volte a scardinare dalle fondamenta della società i
valori sociali tradizionali.
Spe salvi (BENEDETTO XVI, 2007) – L’attuale società umana “postmoderna” è connotata da una totale
sfiducia in una reale possibilità di un riscatto completo e definitivo dell’uomo dal male che lo affligge.
Conseguenza di questo atteggiamento è un agire
relativistico ed edonistico che si riflette anche nelle
scelte politiche dei governanti.
La speranza cristiana, forte della certezza della
guida divina della storia umana verso la salvezza
universale, mai come oggi deve risplendere nella
testimonianza viva dei credenti.
Maggio 2009
5
Il lavoro: promozione umana
e spirituale della persona
Antonella Fusco
I
l gruppo di volontariato vincenziano di
Benevento,
in
collaborazione
con
l’Arcidiocesi, ha organizzato, presso
l’Auditorium “Gianni Vergineo” del Museo
del Sannio una conversazione sul tema:”Il lavoro:promozione umana e spirituale della persona”.
La conversazione è stata animata dai seguenti
relatori: Angelo Moretti responsabile dello
Sportello diocesano del microcredito, Argemino
Parente referente della Banca Popolare
Etica,Pasquale Viespoli Sottosegretario per il
lavoro,salute e politiche sociali e S.E. Andrea
Mugione, Arcivescovo Metropolita di Benevento.
Ha moderato il giornalista Achille Mottola. La presidente provinciale del gruppo vincenziano, Maria
Teresa Malgieri ha dato inizio alla conversazione
dopo aver esteso i saluti ai presenti e dopo aver
ringraziato l’Arcivescovo,che ha ispirato la tematica dell’incontro e desiderato, al tavolo dei relatori,una presenza giovanile nelle persone di Angelo
Moretti ed Argemino Parente. Angelo Moretti si è
soffermato ad illustrare la finalità del microcredito. Esso si rivolge a persone indigenti, non inserite nel sistema bancabile, che però hanno alle
spalle dei garanti sul piano morale. E’ una modalità che non si limita solo ad erogare somme economiche e quindi non ha solo funzione assistenziale,ma cerca di creare un rapporto di fiducia con
la persona destinataria del prestito,affinché questa si impegni a restituire quanto ricevuto. E’ in
tale aspetto che emerge il valore umano con il
quale si tende a conferire rispetto,dignità e
responsabilità ai meno abbienti.
Lo sportello del microcredito, inaugurato nel
mese di settembre, rappresenta la concretizzazione di uno dei diversi impegni dell’Arcivescovo
verso il modo del lavoro. Bisogna riconoscere che
la chiesa locale sta evidenziando un’attenzione
costruttiva per il sociale. Infatti non possiamo
non ricordare anche altri interessamenti che S.E.
ha mostrato nella realizzazione dei progetti:
”Policoro” che tende alla promozione del lavoro e
“Cives” che, invece, punta a formare i giovani ad
avere idee chiare sul lavoro: una metaformazione. Da ciò possiamo dedurre come gli interventi
che si stanno rivolgendo ai giovani e alle fasce
più deboli non presentano un aspetto circoscritto
né nei principi, in termini di assistenzialismo, né
nella realizzazione, anzi sono caratterizzati da
una struttura reticolare, con lo scopo di coinvolgere un numero maggiore di enti. E’ in quest’ottica,
ampia e articolata, che le iniziative del microcredito e della banca etica si completano e si rinforzano a vicenda, come ha sostenuto Argemino
Parente. La conversazione è continuata, poi, con
l’intervento del Senatore Viespoli, il quale ha riconosciuto il momento di crisi finanziaria e le sue
ricadute sull’economia reale. crisi che ha portato
al centro la stessa economia reale e con essa il
lavoro, la persona, la qualità dell’impegno e la
responsabilità. Dopo aver illustrato,in modo particolareggiato le cause, le conseguenze e le inizia-
INIZIATIVE
Il Progetto Policoro
A Benevento, ad un anno dall’attivazione in diocesi del Progetto Policoro apre lo sportello per l’imprenditorialità giovanile, un Centro servizi, che rimarrà aperto il lunedì, il mercoledì e il venerdì
dalle 14,30 alle 18,30, ubicato presso l’Ufficio di pastorale giovanile, come segno di attenzione
della Chiesa diocesana al grave problema della disoccupazione. Il vero obiettivo del Progetto
Policoro sarà allora non solo quello di diffondere una nuova mentalità di fronte al lavoro, una mentalità guidata dai nuovi scenari mondiali e dalle nuove congiunture, ispirata ai valori umani e cristiani della responsabilità personale, della solidarietà e della cooperazione, ma anche quello di
“imparare a lavorare insieme secondo un progetto comune, per crescere nel rispetto reciproco
delle specificità e delle competenze”. Daniele Mazzulla, animatore di comunità diocesano, afferma: “superare gli interessi particolaristici e di settore, con quello spirito evangelico che muove il
progetto stesso, sostenendo tutti quei giovani che, con idee concrete e talenti finalmente dissotterrati, si accingeranno a varcare la difficile soglia del mondo lavorativo”. L’arcivescovo, mons.
Andrea Mugione, dando voce alle attese e ai bisogni di chi non ha voce, oltre ad invitare i giovani a “mettersi in gioco, liberandosi dall’idea del posto fisso”, ha lanciato lo slogan del Progetto
“stare, discutere, sognare, sostenerci, camminare, faticare…ma insieme”, che incarna concretamente lo spirito di Policoro!
tive che sono state messe in campo per affrontare questo periodo, ha completato con l’auspicio di
superare la paura collegata alla crisi e far prevalere la speranza, la fiducia e l’impegno. Le conclusioni, infine, sono spettate all’Arcivescovo che
ha focalizzato i seguenti pensieri:
- conoscere la realtà, per poter intervenire in
modo adeguato;
- chiarirsi sul concetto di sviluppo e di lavoro ,in
quanto spesso al tecnicismo non corrisponde
sempre un’adeguata risposta in termini occupazionali;
- richiamare un codice morale per un recupero di
un’etica e di valori condivisi,
- mostrare attenzione all’emergenza lavoro;
- sensibilizzare più istituzioni.
Attraverso questa sintesi l’Arcivescovo Mugione
ha voluto sottolineare il valore del lavoro che non
è solo economico, risulterebbe spiccatamente
riduttivo, ma ha anche una dimensione antropologica, importante, perché rappresenta la fonte di
crescita morale e civile di un’intera società.
6
Maggio 2009
La banca etica ha festeggiato
i primi dieci anni
LE TAPPE
Argemino Parente
L
o scorso 8 Marzo, Banca Etica ha
festeggiato i suoi primi 10 anni di lavoro
insieme ai 30.000 soci e ai tantissimi
risparmiatori che la scelgono ogni giorno per aprire un conto corrente o fare un investimento che – piccolo o grande che sia – diventa
volano di una economia sociale e solidale. Ne
abbiamo parlato con Gianfranco Stocchetti, attuale coordinatore dei soci di Banca Popolare Etica
della provincia di Benevento. “Proprio in un
momento così difficile per la società mondiale, il
decennale di Banca Etica è
stato l’occasione non solo per
festeggiare, ma anche per partecipare, discutere e riflettere su
una finanza che, se venisse
usata con onestà e trasparenza
– può servire l’interesse più alto:
quello di tutti!”. Quale il punto di
vista di Banca Etica sulla crisi
dei mercati finanziari? “La cosiddetta “tempesta perfetta” che sta
scuotendo l’economia mondiale
chiama in causa Banca Etica – seppure ai margini di un sistema economico finanziario che ha
creato i presupposti della crisi e l’ ha alimentata
fino a raggiungere le terrificanti proporzioni odierne. In questi giorni, i nostri soci e clienti, molti dei
quali impegnati attivamente nella società civile, ci
cercano e cercano il punto di vista della finanza
eticamente orientata, a conferma delle loro scelte
e alla ricerca di una speranza: che l’esplosione
delle contraddizioni interne ad un sistema orientato solamente al profitto nel breve periodo, rappresenti un punto di partenza per la diffusione di una
economia sobria e attenta all’ambiente. Da anni
Banca Etica, e con lei tutta la sua rete di riferimento, ha sviluppato un altro modo di fare finanza,
attenta ai bisogni reali delle persone e delle orga-
nizzazioni, una finanza che ha sostituito al profitto
di alcuni la produzione di un valore sociale diffuso.
Un modus operandi che nasce da una profonda
riflessione culturale, per la quale il denaro è un
mezzo, mai un fine, e come tale va usato in modo
responsabile”. Quali le proposte della società civile organizzata per rilanciare l’economia sociale nel
segno dell’etica?. “I soci fondatori di Banca
Popolare Etica riunitisi recentemente a Roma
hanno lanciato un appello nel quale hanno detto
che dobbiamo tutti insieme costruire un modo
basato sul principio dell’etica, sul primato dei valori sugli interessi. La finanza non produce ricchezza ma la trasferisce. Da settimane, la necessità di richiamare all’etica gli operatori dei
mercati economici rimbalza da
un tavolo all’altro delle istituzioni italiane e internazionali. Gli
attori della società civile italiana che da quasi dieci anni
sono impegnati su questo fronte e che hanno dato vita a
Banca Popolare Etica chiedono ora che le loro esperienze
possano essere prese a modello nella necessaria
revisione delle regole. La recessione è ormai un
dato di fatto. L’impatto della crisi sull’economia
reale e sui bilanci delle famiglie è tangibile. Senza
seri interventi a sostegno dei redditi delle famiglie
temiamo un acuirsi della frattura sociale. Si ritiene
che milioni di cittadini in Italia ed in Europa si trovano esposti al rischio sempre maggiore di esclusione sociale, perché non hanno accesso ai servizi finanziari di base. In Italia, il 16% della popolazione, secondo dati presentati dalla Commissioni
Europea nello scorso anno, è colpita dall’esclusione finanziaria, che a sua volta è causa di esclusione sociale in quanto impedisce ai gruppi colpiti di
avere accesso a servizi essenziali di qualità, quali
l’alloggio, l’istruzione o le cure sanitarie”.
Banca Etica in pillole. LE TAPPE. 8 Marzo 1999: primo sportello di Banca Popolare Etica a Padova. 2000: aprono le filiali
di Milano, Roma, Brescia e Vicenza. 2001: Banca Etica è tra i
fondatori di FEBEA – Federazione Europea Banche Etiche e
Alternative. 2002: nuove filiali a Treviso e Firenze. Banca Etica
è tra i fondatori di SEFEA – Società Europea di Finanza Etica
e Alternativa. 2003: inizia l’operatività di Etica Sgr, nasce la
Fondazione Culturale Responsabilità Etica, apre la filiale di
Bologna. 2004: al via la prima edizione di Terra Futura –
mostra - convegno internazionale di buone pratiche di sostenibilità. 2005: si avvia il progetto europeo di Finanza Etica e
apre la filiale di Napoli. 2006: al via la filiale di Torino. 2007:
vengono inaugurate la nuova sede centrale di Padova e la
filiale di Palermo. 2008: apre la filiale di Bari. 2009: Banca
Etica festeggia i suoi primi dieci anni. PROSSIMI APPUNTAMENTI.
L’assemblea nazionale dei soci che si terrà il prossimo Sabato
23 Maggio ad Abano Terme (Padova) dove ci si confronterà
sul percorso da portare avanti verso una Banca Etica Europea
e la sesta edizione di Terra Futura che si terrà a Firenze dal
29 al 31 Maggio, presso la Fortezza da Basso.
La manifestazione è promossa dalla Fondazione Culturale
Responsabilità Etica, dalla Regione Toscana e da Adescoop
Agenzia dell’economia sociale, in partnership con Caritas
Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie concrete, Acli, Arci,
Legambiente. L’interesse e la partecipazione suscitati dal
tema che nella scorsa edizione si è posto al centro della riflessione culturale dell’evento – Costruire alleanze per una terra
futura – confermano la capacità della mostra di contribuire alla
elaborazione culturale sui grandi temi.
Per l’edizione 2009, i partner di Terra Futura hanno scelto di
dare continuità con un nuovo tema: Governare il cambiamento, alla ricerca di nuove possibili alleanze tra la sfera politico –
istituzionale, la società civile e le comunità. INFORMAZIONI.
Gianfranco
Stocchetti:
328/8638686
oppure
[email protected]. Filiale di Napoli presso Centro
Direzionale di Napoli Isola G7 – tel. 081-5635994 oppure [email protected].
ABRUZZO: L’IMPEGNO DELLA CARITAS E DI TUTTA LA CHIESA
Mentre il freddo e il maltempo di questi giorni aggiungono altra precarietà a quella prodotta dal sisma, ed evidenziano la necessità di approntare, nei tempi più rapidi possibili, sistemazioni meno provvisorie delle tendopoli, Caritas Italiana e le 16 Delegazioni
regionali Caritas continuano a condividere con le popolazioni dell’Abruzzo disagi,
preoccupazioni e dolori. L’impegno è quello di far ritrovare quanto prima il bandolo di
una quotidianità perduta, impedendo che il terremoto sconvolga per sempre le trame
di vita di individui, famiglie e comunità. Sul versante operativo, prosegue l’intensa attività del Centro di coordinamento nazionale Caritas, aperto presso la parrocchia di
San Francesco nel quartiere di Pettino a L’Aquila, e attraverso le Caritas diocesane e
le Delegazioni regionali si stanno contattando in tutta Italia gli operatori, che possono
lavorare nei centri di ascolto delle parrocchie dell’arcidiocesi de l’Aquila. Quest’ultimi
rappresentano il primo, fondamentale livello dell’azione pastorale Caritas nel territorio:
tramite essi sarà possibile far emergere i bisogni reali delle comunità, quindi calibrare
la progettazione degli interventi. «Il centro di ascolto è essenziale – dice don Dionisio
Humberto Rodriguez Cuartas, direttore della Caritas diocesana dell’Aquila e parroco
di Paganica, epicentro del sisma -, perché è la Caritas che cerca di essere presente
e soprattutto cerca di essere vicina a chi è provato, a chi vive il momento della difficoltà. E sono certo che attraverso la presenza degli operatori Caritas daremo risposte a
tante necessità. La speranza – conclude don Dionisio -, è che il giorno di domani sia
migliore di quello di oggi». La strada del gemellaggio - già sperimentata con successo a partire dal terremoto in Friuli nel 1976 e più di recente in Umbria nel 1997 e in
Molise nel 2002 - è percorribile da tutti, e la Chiesa in Italia con la Caritas (in collaborazione con Azione Cattolica, Pastorale giovanile, molteplici associazioni) sta dando
l’esempio. Ogni realtà gemellante si fa carico di un intervento nei limiti della propria
disponibilità e la realtà gemellata si impegna a fare il miglior uso degli aiuti ricevuti.
Con questa modalità Caritas Italiana pensa di coinvolgere almeno 1.500 operatori
nelle prossime settimane e mesi. Intanto, in attesa di quantificare gli esiti della colletta nazionale promossa domenica scorsa dalla Conferenza Episcopale Italiana in tutte
le parrocchie d’Italia, ammontano attualmente a circa 4 milioni di euro le offerte spontanee, che continuano ad arrivare a Caritas Italiana. Serve un impegno corale e finora la risposta di comunione e di solidarietà è stata pronta ed ampia, travalicando i confini del nostro paese e coinvolgendo circa 50 Caritas di tutto il mondo.
Per sostenere gli interventi in corso (causale “TERREMOTO ABRUZZO”) si
possono inviare offerte a Caritas Italiana tramite C/C POSTALE N. 347013 (*BIC:
BPPITRRXXX) o tramite UNICREDIT BANCA DI ROMA S.P.A.
IBAN IT38 K03002 05206 000401120727 (*BIC: BROMITR1707)
Offerte sono possibili anche tramite altri canali, tra cui: Intesa Sanpaolo, via
Aurelia 796, Roma IBAN: IT19 W030 6905 0921 0000 0000 012 – *BIC: BCITITMM
Allianz Bank, via San Claudio 82, Roma IBAN: IT26 F035 8903 2003 0157 0306
097 - *BIC: BKRAITMM Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma IBAN: IT29
U050 1803 2000 0000 0011 113 - *BIC: CCRTIT2T84A
Maggio 2009
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Dante e la teologia. L’immaginazione
poetica nella Divina Commedia
Massimiliano Del Grosso
L
a convinzione dominante la cultura odierna verso l’arte in tutte
le sue forme espressive – dalla poesia alla pittura, alla scultura, alla musica – è quella secondo cui essa deve essere al più
manifestazione di una intuizione emotiva che non deve avere
alcuna pretesa di comunicare un valore veritativo. Ciò sigifica che il suo
compito non può essere quello di interpretare univocamente la realtà.
Un genere di cultura artistica, quindi, che riflette bene un background
soggettivistico e che non a caso ha cominciato a prendere piede
dall’Ottocento dell’idealismo. Se ciò è vero, che cioè l’arte non può
comunicare un messaggio univoco
della realtà, allora la statica concettualizzazione propria del dogma religioso
L’AUTORE
costituisce quanto più è in opposizione
a questo principio. E di fatti, se da un
Lo studioso francese François Livi è nato a
Firenze nel 1943 e si è formato alla
lato tutti gli studi critici sull’opera di
Sorbona e alla “Sapienza” di Roma.
Dante si sono concentrati in prevalenza
Attualmente è ordinario di Lingua e letterasulle capacità stilistiche ed estetiche,
tura italiana e direttore del dipartimento di
dall’altro si è sempre affermato che il
Italianistica dell’Università Paris-Sorbonne,
Fiorentino si allontana dalla vera arte
responsabile della colpoetica proprio laddove intende non
lana di italianistica
allontanarsi dall’esattezza del dogma
“Jalons” (Presses de
cristiano. Di conseguenza, l’unica stral’Université
Parisda per “salvare” la poetica dantesca
Sorbonne), condirettore
della Revue des Études
sarebbe quella di considerare le immaItaliennes (Parigi)
gini liriche o epiche della sua opera
e presidente del Centre
come un tentativo di svincolamento dalde Recherches Pierre
l’ortodossia del dogma, pur con la debiEmmanuel (Parigi). Si è
ta prudenza richiesta ad un intellettuale
occupato prevalenteche opera nel cattolicissimo medioevo.
mente della letteratura tra Ottocento e
Lo scopo di François Livi (peraltro rafNovecento, sia sul versante italiano che su
forzato dall’ottimo saggio introduttivo
quello francese, ma è anche uno specialicurato da Antonio Livi) pertanto è quello
sta di studi danteschi: oltre al presente saggio in italiano, ha tradotto in francese il De
di sconfessare questa convinzione –
monarchia (La Pochothèque, Parigi 1996) e
convinzione che, tra l’altro bisogna dire,
ha pubblicato in Francia diversi articoli di
è la stessa che negli ultimi due secoli di
analisi letteraria. Ultimamente (2008) le
critica letteraria ha squalificato letterati
Éditions Molière di Parigi hanno pubblicato
di grosso calibro dal consenso internauna sua sintetica monografia critica su
zionale,
come un Giambattista Vico o
Dante.
un Alessandro Manzoni – e di dimostrare in generale come è possibile essere
veri artisti pur da credenti e per giunta
esprimendo attraverso la propria opera la fede stessa, e in particolare
come la poetica dantesca possa essere una valida interpretazione del
dogma. “Credere”, “avere fede”, infatti, significa accettare per vero tutto
quanto è stato rivelato da Dio attraverso i suoi testimoni. Ora, ciò che è
stato rivelato, considerato nella sua essenza veritativa (cioè in quel che
dice in riferimento alla realtà), ha una certa percentuale di comprensibilità (percentuale costituita dai concetti umani attraverso i quali l’oggetto
rivelato è comunicato) e un’altra percentuale, maggiore della prima, di
incomprensibilità (che è la Realtà rivelata in se stessa), ciò che rende il
contenuto di fede, al di là di ogni possibile analogia, un “mistero”. Il compito della teologia non sarà dunque quello di rendere comprensibile il
lato misterioso del dogma (operazione impossibile, dal momento che
“comprendere di più” significa riuscire ad avere una maggiore evidenza
dell’inevidente, e cioè il
dato rivelato in se stesso),
quanto piuttosto avanzare
una “ipotesi di interpretazione”, cioè un discorso
che tenti di dimostrare
come il dato rivelato non
contraddica i dettami della
ragione umana – e in primo
luogo quelli del senso
comune – e perciò di confortare l’opzione di fede del
credente come atto di
assenso
ragionevole.
Stabilito questo, diviene poi
perfettamente lecito immaginare (e perciò interpretare) attraverso simboli o
immagini plastiche una
Realtà che in se stessa è
assolutamente inimmaginabile. In tale ambito, e su
una consistente base di
teologia di ispirazione tomista, si inserisce a pieno titolo la fantasia di Dante sulle tre realtà escatologiche di Inferno, Purgatorio e Paradiso e sulle modalità particolari in
cui le anime dei trapassati sussistano in esse. Un libro, quello di Livi,
perciò, che può essere superficialmente etichettato come “abusivo” in un
contesto di saggistica filosofica, ma che invece mostra di essere proprio
per questa altamente suggestivo.
MARIA: “DONNA DI SPERANZA E MEDIATRICE”
I primi 39 versi dell’ultimo canto del Paradiso sono caratterizzati dalla orazione di san Bernardo alla
Vergine, affinché possa chiedere per Dante la possibilità di accedere alla visione suprema di Dio. Per
sette terzine si snoda una lode alla Madonna,sublime come l’Ave Maria,il Salve Regina, con richiami anche al Magnificat.
La preghiera,come in un’elevata sinfonia musicale,inizia con la proclamazione del Mistero
dell’Incarnazione. Nel piano divino Maria,con profonda umiltà,è diventata davanti a Dio e agli uomini
“termine fisso d’etterno consiglio”,colei che ha nobilitato l’umana natura accogliendo nel proprio seno
l’Amore incarnato. Presso i mortali è la fonte di speranza viva,dispensatrice di grazia e di bontà;infatti la sua “benignità” non solo è apportatrice di aiuto,ma diviene anticipatrice delle richieste di soccorso.Ogni creatura che guarda Maria,ritrova in Lei la forza per elevarsi verso l’ultima salvezza,quella salvezza che Dante,in quanto l’unico tra i viventi,intende sperimentare. Ecco il motivo per cui si rivolge a
Maria,come Madre,perché le sue preghiere,insufficienti e inadeguate,siano suffragate dalla mediazione materna. Il poeta invoca Maria, non solo come madre,ma anche come regina, “che puoi ciò che tu
vuoli”,affinché,con la sua protezione,mantenga integra la condizione umana;ossia aiuti a conservare
immutati i propri sentimenti dopo una visione così celestiale. Attraverso questi versi,Dante,con soave
delicatezza nel rivolgersi a Maria,per bocca di san Bernardo, La delinea come chiara e vivificante fiamma dello spirito.
Antonella Fusco
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Maggio 2009
Maggio 2009
NUOVE TECNOLOGIE E
NUOVA EVANGELIZZAZIONE
RADIO SPERANZA
Radio Speranza è un’emittente religiosa che
opera nella Diocesi di Benevento con un team di
circa 30 volontari, animati da spirito evangelico
e missionario, quasi esclusivamente laici, per
anni tenuto in vita dall’équipe del Seminario, al
quale va il merito di aver tenuto in vita Radio
Speranza. Attualmente la direzione dell’emittente
è stata delegata a don Alessandro Grimaldi, vice
direttore dell’ufficio Comunicazioni Sociali,
responsabile del settore radio-televisivo.
Sorta nel 1984 come radio parrocchiale per la
diffusione del Vangelo e l’informazione ecclesiale ad opera di don Mario Pilla, primo direttore
del centro diocesano sostentamento Clero,
cerca di annunciare Cristo all’uomo contemporaneo mettendo a disposizione voce, cuore, esperienza e passione.A partire dal 1990,poi, ha
esteso il suo servizio all’intera comunità diocesana. Successivamente l’emittente ha migliorato
la sua programmazione associandosi al Corallo
CHIESA INFORMA
Chiesa Informa
Come supplemento al mensile Tempi Nuovi è
prodotto anche Chiesa Informa, che vuole
essere uno strumento di informazione pastorale rivolto principalmente ai parroci, ai religiosi
e agli operatori pastorali. È
un mensile che cerca di
dare informazioni non solo
locali, ma anche dalla Cei
e dal mondo, affrontando
tematiche interessanti di
approfondimento spirituale e pastorale. Dà
molta importanza agli
appuntamenti che
riguardano la
Diocesi e il
Vescovo. Nasce
come organo di
collegamento e coordinamento tra i vari uffici e foranie
della Diocesi. Chiesa Informa, dunque, è
un’occasione di comunione e di conoscenza
non solo per il contesto ecclesiale, ma può
presentarsi come un’esperienza di crescita
spirituale e culturale anche per il mondo
laico.
(Consorzio delle radio libere locali) e ha aderito
al Circuito “InBlu” delle radio cattoliche in Italia. I
volontari della Radio, impegnando il loro tempo
nel campo della comunicazione, si mettono a
servizio della Parola obbedendo al comando di
Gesù di”predicare la Buona Novella dai tetti”(cf.
Mt 10,27)
Il Palinsesto
Il Palinsensto di Radio Speranza si presenta in
modo articolato: si realizza la trasmissione di
diversi programmi musicali, di intrattenimento, di
approfondimento religioso e culturale e di informazione locale e nazionale attraverso alcuni
spazi quotidiani.
Tra le varie trasmissioni ricordiamo, oltre alle
rubriche e al notiziario: A Colloquio con Dio;
ACpicchia la noia; Al di la’ delle parole; Dare
voce allo spirito; All’ombra delle piramidi;
Missione salute; Orizzonti cristiani, Sannio
SITO INTERNET
nostro; Un pensiero per te; Zibaldone; Viator. Ma
ce ne sono alcuni in diretta, come Predicatelo
dai tetti; Visitati dalla sofferenza e Speciale
Padre Pio.
Sono presenti inoltre nel palinsesto altri programmi di informazione e cultura.
Notizie utili
Radio Speranza diffonde il suo segnale in modulazione di frequenza sui 103.100 Mhz in tutto il
Sannio. La sede della Radio è presso il
Seminario Arcivescovile di Benevento. Ci si può
sintonizzare anche via Internet connettendosi al
sito www.radiosperanza.it
Numeri utili per contattare la radio:
0824/312228, oppure 347/4039138; fax:
0824/310940
Indirizzo: Radio Speranza, presso Seminario
Arcivescovile, Viale Atlantici n. 69, 82100
Benevento. Email: [email protected]
Provate a cliccare su www.diocesidibenevento.it e vi troverete di
fronte al sito ufficiale della Chiesa beneventana, messo in rete il
23 settembre del 2008, giorno della festa di San Pio da
Pietrelcina.
La schermata di fronte alla quale ci si imbatte è ricca e varia, con
una home-page sulla quale si può accedere alle sezioni: arcidiocesi, vita cristiana, vita pastorale, mediateca, links, contatti, stampa, tv, webtv diocesana (sorella minore di radio Speranza), sulla
quale è possibile visionare i servizi di Telesperanza. Molta importanza è data dalle news, che vengono aggiornate quotidianamente. Si possono scaricare, oltre all’agenda dell’arcivescovo, anche
gli ultimi documenti e i giornali diocesani (Tempi nuovi e Chiesa
informa). L’idea su cui è stato progettato il restyling del sito parte
dall’interattività con tutti gli uffici di Curia e con gli operatori della
pastorale, che dopo l’utilizzo di un nuovo Cms (Content management system) ha permesso e permette aggiornamenti in tempo
reale. La realizzazione della nuova piattaforma è nata dalla ricerca
degli ultimi ritrovati in internet nell’azienda informatica Neikos, con
la supervisione di don Francesco Collarile, vice direttore dell’ufficio
di comunicazioni e responsabile del settore internet.
UFFICIO COMUNICAZIONI SOCIALI
Diocesi di Benevento
TEMPI NUOVI
Il giornale Tempi Nuovi, quale periodico di
impegno religioso e socio-culturale, è uno strumento di divulgazione della Parola di Dio e di
lettura delle vicende umane quotidiane alla luce
del messaggio evangelico.
Come strumento di informazione della chiesa
diocesana cerca di offrire un servizio restando e
lavorando sul territorio, in un contesto quindi in
cui si possono osservare, in prima persona, le
vicende umane e sperimentare direttamente gli
effetti del nostro piccolo contributo alla grande
opera divina della salvezza degli uomini.
Attraverso il Sannio, al quale viene allegato
mensilmente, è possibile offrire un’opportunità
che permette alla chiesa beneventana di valicare confini più ampi e raggiungere un maggior
numero di persone.
E’ un valido mezzo di diffusione culturale e informativa, di divulgazione di notizie, avvenimenti e
attività svolte periodicamente, riportando fatti
anche di spessore nazionale e problematiche
attuali di interesse comune; promotore di attività,
esperienze vissute e notizie inerenti la diocesi.
Anche gli editoriali introducono i lettori nella
realtà della propria terra, con il taglio della speranza e dell’ottimismo, con un pensare positivo,
necessari a chi, dai mezzi di comunicazione,ogni
giorno trae motivo di tristezze e angosce.Il giornale si presenta come strumento che vuole offrire un messaggio diverso. E’ la voce della chiesa
che si impegna a comunicare il suo “cuore”
mettendosi in gioco, pur rimanendo fedeli ai
principi cristiani e cercando di condividerli con
tutti i lettori.
ORA MEDIA
Ora Media. Programma di impegno religioso e socio-culturale, da qualche mese
in onda sulle frequenze di Elletv e su Tele Speranza (televisione on line
dell’Arcidiocesi di Benevento). È il primo “prodotto” del neonato settore radiotelevisivo dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della curia beneventana. Un programma
che in questi mesi ha coinvolto diversi ospiti, rappresentanti del mondo della
Chiesa, del volontariato, della politica, ma anche persone comuni che si sono
incontrate in studio per confrontarsi su argomenti di attualità, visti dalla prospettiva dell’impegno cristiano. Il titolo del programma vuole essere un richiamo immediato al mondo cattolico (l’ora media è infatti un momento della preghiera ufficiale
della Chiesa), ma anche riportare ai media, i mezzi di comunicazione sociale, strumenti ormai indispensabili per comunicare il vangelo. In onda da febbraio, Ora
Media ha affrontato argomenti impegnativi come l’aborto, la povertà, la legalità,
ma anche questioni legate al tempo libero come il divertimento dei giovani, lo
sport, la religiosità popolare. In onda la domenica sera alle 21.00 e in replica
durante la settimana, il programma andrà avanti fino alla fine di maggio per poi
riprendere dopo l’estate. In qualsiasi momento è possibile visualizzare le puntate
di questi mesi collegandosi a www.diocesidibenevento.it
9
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Maggio 2009
A Rotondi il mese di maggio
dedicato alla preghiera
Paolo Citarella
Rotondi. Maggio, mese Mariano.
Rotondi è un paese caratterizzato da
un culto mariano di antica tradizione, emblematicamente rappresentato dalla Madonna della Stella e dal
Santuario omonimo. I due momenti
forti, Pasqua e Ferragosto, vedono
grandi folle partecipare alle celebrazioni in onore della Vergine della
Stella. Tanta gente viene dalle località limitrofe e numerosissimi sono gli
immigrati che, anche dall’estero, si
ritrovano per queste occasioni. E
tuttavia, anche in altri momenti dell’anno il culto mariano trova modo di
manifestarsi, in maniera meno appariscente, ma con eguale partecipazione. E’ il caso del mese di maggio.
Come ormai da tradizione, per la
comunità credente rotondese
si preannuncia un intenso
mese di maggio dedicato
alla Madonna. Il parroco,
mons. Angelo Gallo, da
41 anni alla guida
della parrocchia
rotondese, annuncerà come ogni anno il programma di celebrazioni
mariane che segnerà l’intero mese e che si caratterizza per la grande partecipazione di popolo. La formula – collaudata e tanto cara ai fedeli – prevede la visita itinerante per l’intero
paese della Madonnina di Lourdes,
con lo stazionamento giornaliero
presso le abitazioni dei rotondesi.
Ogni giorno, in processione, la folla
di fedeli accompagna la Madonnina
da un quartiere all’altro
del paese; all’arrivo,
una famiglia accoglie
la statua e i tanti
rotondesi che per una
giornata si recano in
visita. In ognuna di
queste chiese domestiche
Don Angelo celebra la
messa serale, sempre affollata e,
negli anni, caratterizzata da crescente spiritualità, al punto che la
Curia lo ha da tempo notato con
soddisfazione. La riscoperta di una
religiosità e di una partecipazione
d’altri tempi pare un fatto consolidato che evidenzia peraltro il lavoro
continuo e instancabile della Chiesa
locale, parroco in testa, ma anche la
comunità di suore e i numerosi laici
impegnati (Confraternita …).
Quest’anno, a causa della crisi che
tante difficoltà ha provocato anche
nella società rotondese, pare scontato che le riflessioni di Mons.
Angelo Gallo porteranno grande
attenzione al tema del lavoro, interpretando una aspettativa diffusa tra
la gente di avere riferimenti cui
guardare nei momenti difficili. E la
Chiesa è sempre stata un riferimento importante che da sempre interpreta le attese e da voce alle ansie
di tanta parte della società rotondese. Ci si attende quindi un mese
mariano più di altri anni caratterizzato da partecipazione e raccoglimento.
Agorà, tre anni giovani nelle chiesa
Nella sessione di marzo 2006, il
Consiglio Permanente della CEI ha
approvato la proposta di un percorso
nazionale di speciale attenzione al
mondo giovanile articolato in tre anni:
l'Agorà dei giovani italiani con l'obiettivo di favorire una sempre maggiore
soggettività delle nuove generazioni
nella missione della Chiesa.
Il primo anno pastorale 2006 / 2007 è
stato dedicato all'ascolto del mondo
giovanile con l'intento di portare la
Chiesa (le comunità, i giovani, i sacerdoti, gli operatori...) fuori dei propri
spazi, per instaurare nuove relazioni
con i giovani. Evento centrale del
primo anno è stato l'incontro dei giovani a Loreto sul tema "Come io ho
amato voi". Il secondo anno pastorale
2007/2008 è stato dedicato alla dimensione interpersonale dell'evangelizzazione con l'obiettivo di proseguire la
dinamica estroversa del primo anno,
sia a livello di testimonianza e presenza quotidiana negli ambienti di vita, sia
come iniziative straordinarie di missione. Il momento centrale del secondo
anno è la GMG di Sydney 2008 sul
tema "Mi sarete testimoni". Il terzo
anno pastorale 2008/2009 che si concluderà nella notte di Pentecoste è
stato dedicato alla dimensione culturale e sociale dell'evangelizzazione.
Obiettivo è proseguire la dinamica
estroversa, affrontando la questione di
una testimonianza cristiana (personale, ma soprattutto comunitaria) esercitata sulle frontiere delle grandi questioni culturali e sociali. Tema centrale dell'evento è stato "Fino ai confini della
terra".
IL CALENDARIO DEGLI APPUNTAMENTI
La notte tra il 30 e 31 maggio prossimo, solennità di
Pentecoste, sarà la data conclusiva dell'Agorà dei giovani, il progetto voluto dalla Conferenza Episcopale
Italiana, articolatosi in tre anni con l'obiettivo di promuovere la pastorale giovanile e rilanciare una sempre
maggiore soggettività delle nuove generazioni nella
missione della Chiesa.
L'Agorà si concluderà con un evento in contemporanea
in tutte le diocesi italiane. L'equipe di pastorale giovanile della diocesi di Benevento ha in programma una
manifestazione che si svolgerà a piazza Roma a
Benevento. Come previsto, infatti, dall'itinerario
dell'Agorà, per il momento conclusivo di testimonianza
è stato scelto uno dei luoghi della città più frequentato
da giovani. Inoltre, la scelta di organizzare la manifestazione a Piazza Roma è stata dettata anche dal fatto
che, nella stessa serata e nello stesso luogo, prenderà
il via il PizzaFest. Un'occasione propizia, dunque, per
raggiungere e tentare di coinvolgere il maggior numero
possibile di giovani. La serata sarà incentrata soprattutto sulla festa, oltre che sulla preghiera. Dopo un
primo momento di accoglienza, prenderà il via un concerto di musica popolare di due gruppi locali, mentre
sul megaschermo che sarà allestito nella piazza verranno proiettate le immagini degli eventi più importanti
del triennio dell'Agorà. Nel frattempo gli organizzatori
di Pizzafest sforneranno pizze per tutti. Infine, momento centrale della chiusura dell'Agorà, alle ore 24, la
celebrazione della messa. Durante la settimana che
precede l'evento di Piazza Roma, in cinque quartieri di
Benevento, sarà allestita la tenda dell'eucarestia. Ogni
quartiere sarà gemellato con una o più zone pastorali
della diocesi. La tenda che resterà aperta dalle 16 alle
23 di ogni giorno darà la possibilità a chiunque di fermarsi a pregare e confrontarsi con i giovani e i sacerdoti che saranno presenti.
Ecco il caledario:
Lunedì 25 maggio: Rione Capodimonte (parrocchia
San Giuseppe Moscati) - zona pastorale Belvedere
Martedì 26 maggio: Viale Mellusi (parrocchie Sacro
Cuore e San Gennaro) - zone pastorale Irpina
Mercoledì 27 maggio: Rione Ferrovia (parrocchia
Santa Maria di Costantinopoli) - zone pastorali
Vitulanese e Fortore
Giovedì 28 maggio: Rione Libertà (parrocchie San
Modesto e SS Addolorata) - zone pastorali Sabatina e
Caudina
Venerdì 29 maggio: Quartiere Pacevecchia (parrocchie
Santa Maria della Pace) zona pastorale Tammaro
Il programma:
- ore 16.00: Apertura Tenda ed esposizione del
Santissimo
- ore 16.30: Rosario animato da un gruppo o associazione giovanile
- ore 17.30 - 18.30: Adorazione personale e possibilità
di confessione
- ore 18.30: celebrazione eucaristica a cura della parrocchia ospitante
- ore 19.30 - 20. 30: Adorazione personale e possibilità
di confessione
- ore 20.30 - 22: Adorazione comunitario a cura delle
zone pastorali
- ore 22 - 23 Adorazione personale e conclusione.
Maggio 2009
11
La Cappella della Vergine
del Rosario
Lilli Notari
L
a devozione alla Madonna del Rosario a
Benevento è molto antica ed una delle
cappelle della Basilica di San
Bartolomeo è a
lei dedicata. Qui si trova un
dipinto dove figura centrale
è la Vergine, scalza, in
piedi su di una nuvola,
vestita con tunica rossa e
mantello azzurro. Il velo sul
capo, circondato dalle
dodici stelle dell’iconografia tradizionale, e la cintura
della veste hanno toni marroni. Con il braccio e la
mano sinistra sorregge un
Gesù Bambino biondo e
ricciuto, il braccio destro è
alzato e la mano ha fra le
dita un lungo rosario a
grani continui, chiuso da
una medaglia. E’ facile
individuare che si tratta di
un rosario completo, composto da un numero di
grani (150) per la recita di
tutte e quindici le poste (i
misteri) del rosario tradizionale, che viene generalmente diviso in tre parti (5
misteri gaudiosi, 5 dolorosi e 5 gloriosi). La posizione del rosario che tiene in mano la Madonna è
rovesciata rispetto all’iconografia tradizionale: la
medaglia che chiude il cerchio dei grani non
pende in basso, ma è trattenuta in alto, tra le dita
della Vergine. I grani, tra loro diseguali, sembrano
realizzati con pietre preziose, com’era uso nel
Settecento.
A sinistra in basso, è raffigurato San Domenico
genuflesso che con la
destra trattiene un libro
appoggiato sul suo ginocchio; si narra che il libro,
simbolo dello studio sacro,
gli sia stato consegnato da
San Paolo nella Basilica
Vaticana, durante una
visione. La mano sinistra è
protesa verso la Madonna,
come per riceverne il rosario. Il Santo è identificabile
dalla tunica bianca con
cappa nera (abito tipico
dell’ordine da lui fondato),
dalla stella che gli brilla
sul capo (la leggenda
vuole che sia stata vista al
momento del battesimo
sulla fronte del neonato
dalla donna che lo reggeva al fonte) e dal cagnolino bianco che fa capolino,
in basso, tra il Santo e la
nuvola su cui poggiano i
piedi della Vergine. Il cane con in bocca una fiaccola è uno degli attributi dei domenicani, secondo
un’etimologia popolare, che legge la parola domenicano come Domini canes, ovvero: cani del
Signore. Si narra che la beata Giovanna Aza,
ICONOGRAFIE
La Madonna del Rosario
nelle Edicole
In Via Annunziata nei pressi del numero civico 99 un’edicola è dedicata alla Madonna del
Rosario.
La Vergine è rappresentata seduta ed una
corona dorata, ai cui lati sono raffigurati due
cherubini, è al di sopra del suo capo. Il
Bambino, in grembo alla Madre, si volge
verso un Santo, forse San Domenico.
Particolare il Rosario che la Madonna stringe
nella mano destra poiché si tratta di una
Corona del Rosario a grani continui, cioè
senza la divisione in decine e senza il grano
che indica la recita del Padre Nostro, chiusa
da una medaglietta finale e non da una croce.
Particolare degno di attenzione è un ferro con
punta arrotondata posto in alto sul centro
della cornice.
Si tratta del gancio che nel passato serviva a
mantenere una lampada. Uno degli scopi
principali delle edicole sacre era quello di illu-
minare gli incroci, le piazzette, gli slarghi.
Ideatore di questa funzione particolare per le
edicole sacre fu Padre Rocco, un frate domenicano che visse nel XVIII secolo a Napoli.
Notando che l’oscurità favoriva ruberie e
delitti, visti inutili i tentativi di realizzare un’illuminazione pubblica perché le lampade
erano presto spente o distrutte dai malviventi, pensò di porre delle immagini della
Madonna agli angoli delle strade, affidando
alla cura degli abitanti l’incarico di tenere
sempre accesa una luce come segno di devozione. Il tutto avveniva a cura dei fedeli, con
un notevole risparmio dell’amministrazione
pubblica ed il rispetto o la superstizione evitava che avvenissero i furti ed i danneggiamenti delle lampade che in precedenza avevano
impedito un’illuminazione pubblica.
l.n.
madre di San Domenico, avesse avuto una visione prima della nascita del figlio: dava alla luce un
piccolo cane che incendiava tutta la terra.
L’immagine del cane con la fiaccola in bocca
venne inserita anche dall’Orsini nel suo stemma,
in ricordo delle proprie origini di frate domenicano.
A destra del quadro, in basso, si riconosce San
Filippo Neri, raffigurato di scorcio, inginocchiato,
come vuole l’iconografia seicentesca proposta da
Guido Reni. I paramenti sacri, pianeta e manipolo
(la striscia di drappo, con sopra una croce, portata, in passato, all’avambraccio sinistro dal sacerdote durante la celebrazione della messa), indossati dal Santo, che tradizionalmente sono rossi, in
questo dipinto appaiono bianchi, con preziosi ricami in oro, mentre la fodera è rossa. La cotta bianca ha sui polsi e sull’orlo ricche trine, lavorate a
chiacchierino.
I due Santi sono inginocchiati su gradini in marmo
di colore verde dove spicca il bianco di due gigli,
simbolo di castità, attributo tradizionale di entrambi i Santi; in alto, fa da sfondo un panneggio
damascato a motivi dorati che sulla sinistra lascia
intravedere una colonna in marmo bianco. Sulla
destra, il panneggio è in parte nascosto da nuvole
che fanno da sfondo alla figura di San Filippo Neri
e da cui si affacciano tre cherubini. Uno è rivolto
verso la Madonna, gli altri due guardano San
Filippo.
( I parte – Continua) (I parte - L’analisi iconografica del dipinto sarà completata con la II parte sull’inserto del mese di giugno).
Le fotografie della pagina sono a cura di
Raffaele Notari
12
Aprile 2009
Maggio mese di Maria…
e di Padre Pio
Donato Calabrese
I
l mese di maggio richiama la
bellezza della stagione primaverile e l’esplosione vitale
della natura che riprende il
suo fulgore dopo la pausa invernale.
Il clima gaio ed effervescente che si
respira nel nostro emisfero, ravviva
i cuori ed esalta le menti, ispirando
l’arte, la musica e la poesia:
“Maggio risveglia i nidi, maggio
risveglia i cuori… ” scrive Carducci
in una delle sue più belle composizioni poetiche. Anche la Bibbia
canta lo splendore della bella stagione. Una delle opere più incantevoli dell’Antico Testamento è il
Cantico dei Cantici: “Il mondo intero
– proclamava Rabbi Akiba - non è
degno del giorno in cui il cantico è
stato donato a Israele. Tutti i libri
della Bibbia sono santi, ma il
Cantico è il più Santo di tutti”. Un
secolo dopo, Origene, uno dei massimi esegeti cristiani del terzo secolo, scriveva: “Beato Colui che penetra nel Santo, ma ben più beato
colui che penetra nel Santo dei
Santi. Beato chi comprende e canta
i cantici della Scrittura, ma ben più
beato chi canta e comprende il
Cantico dei Cantici”. Il Cantico dei
Cantici inneggia all’amore attraverso l’avvincente dialogo tra un uomo
e una donna. In effetti supera i confini dell’umano per trasferire, tale
dialogo, nella sfera di Dio. Esso
decanta l’arrivo della bella stagione
Palestinese invitando alla gioia ed
all’amore: “Alzati, amica mia, mia
bella, e vieni! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia,
se n’è andata; i fiori sono apparsi
nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si
fa sentire nella nostra campagna. Il
fico ha messo fuori i primi frutti e le
viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!
O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei
dirupi, mostrami il tuo viso, fammi
sentire la tua voce, perché la tua
voce è soave, il tuo viso è leggiadro”. Maggio è nel cuore della primavera: il mese dei fiori e delle rose
in particolare. Il sommo poeta indica
Maria santissima come “Il nome del
bel fior ch’io sempre invoco”. Da
quando, poi, il gesuita Alfonso
Muzzarelli pubblicò il prezioso
libretto Il Mese di Maria, è andato
sempre più sviluppandosi il culto
mariano in questo mese così gradito al cuore ed alla fantasia di coloro
che abitano il nostro emisfero.
Quindi, non desta alcuna meraviglia
il fatto che i santi, le anime consacrate ed ogni fedele cristiano guardino al mese di maggio con il pensiero rivolto al più bello, al più
Immacolato dei fiori sulla Terra:
Maria santissima. Per Padre Pio,
maggio è uno dei mesi privilegiati
per onorare con particolare devozione la sua Celeste Mammina: “Babbo
carissimo, oh! Le joli mois que le
mois de mai! C’est le plus beau de
l’année. Si, padre mio, questo mese
come predica bene le dolcezze e la
bellezza di Maria! La mia mente nel
pensare agli innumerevoli benefici
che ha fatto a me questa cara mammina mi vergogno di me stesso, non
avendo guardato mai abbastanza
con amore il di lei cuore e la di lei
mano, che con tanta bontà me li
compartiva; e quel che più mi dà
afflizione è di aver ricambiato le
cure affettuose di questa nostra
madre con tanti continui disgusti.
Quante volte ho confidato a questa
madre le penose ansie del mio
cuore agitato! E quante volte mi ha
consolato! Ma la mia riconoscenza
quale fu?...Nelle maggiori afflizioni
mi sembra di non aver più madre
sulla terra; ma di averne una molto
pietosa nel cielo”. E’ una delle pagine più belle dell’epistolario mariano
di Padre Pio. Ma per comprendere
ancora di più l’affetto del nostro
Santo per la Madre di Dio e la singolare Sua predilezione per lui,
occorre leggere il resto di questa
magnifica lettera che zampilla
amore filiale per la Madonna:
“Povera Mammina, quanto bene mi
vuole. L’ho constatato di nuovo allo
spuntare di questo bel mese. Con
quanta cura mi ha ella accompagnato all’altare questa mattina. Mi è
sembrato che ella non avesse altro
a pensare se non a me solo col
riempirmi il cuore tutto di santi affetti.
Un fuoco misterioso sentivo dalla
parte del cuore, che non ho potuto
capire. Sentivo il bisogno di applicarci del ghiaccio per estinguere
questo fuoco che mi va consumando.
Vorrei avere una voce sì forte per
invitare i peccatori di tutto il mondo
ad amare la Madonna. Ma poiché
ciò non è in mio potere, ho pregato
e pregherò il mio angiolino a compiere per me questo ufficio”.
Ogni volta che ritorna, il mese di
maggio innesca nel cuore consacrato e sacerdotale di Padre Pio i sentimenti della più intensa devozione
e gratitudine verso Maria: “Ecco
finalmente ritornato il mese della
bella Mammina. Quante belle cose
vorrei dirvi…
Questa cara Mammina seguita a
prestarmi premurosamente le sue
materne cure, specialmente in questo mese. Le di Lei cure verso di me
toccano la ricercatezza. Che cosa
ho io fatto per aver meritato tanta
squisitezza?”. Quello di Padre Pio è
un affetto inaudito che attraverso la
guida materna di Maria intende raggiungere il suo termine definitivo in
Cristo Gesù, come dimostra questa
bellissima lettera scritta a Padre
Agostino: “La Vergine Addolorata ci
ottenga dal suo santissimo Figliuolo
di farci penetrare sempre più nel
mistero della croce ed inebriarci con
lei dei patimenti di Gesù. La più
certa prova dell’amore consiste nel
patire per l’amato, e dopo che il
Figliuolo di Dio patì per puro amore
tanti dolori, non resta alcun dubbio
che la croce portata per lui diviene
amabile
quanto
l’amore.
La
Santissima Vergine ci ottenga l’amore alla croce, ai patimenti, ai
dolori ed ella che fu la prima a praticare il vangelo in tutta la sua perfezione, in tutta la sua severità, anche
prima che fosse pubblicato, ottenga
a noi pure ed essa stessa dia a noi
la spinta di venire immediatamente
a lei d’appresso. Sforziamoci noi
pure, come tante anime elette, di
tenere sempre dietro a questa
benedetta Madre, di camminare
sempre appresso ad ella, non
essendovi altra strada che a vita
conduce, se non quella battuta dalla
Madre nostra: non ricusiamo questa
via, noi che vogliamo giungere al
termine”.
In tutto l’epistolario di Padre Pio è
nascostamente presente il carattere
inconfondibile dell’azione Materna e
santificatrice di Maria Santissima:
“l’artista che ha estratto, dal suo
seno, l’immagine di suo Figlio Gesù
realizzata in questa umana creatura”.
TEMPI NUOVI - Periodico di Impegno Religioso e socio-culturale. Autorizzazione Tribunale di Benevento N° 204/96 del 20/12/1996.
Direttore Responsabile: Nicola De Blasio; Ufficio Comunicazioni Sociali Benevento - Progetto Grafico e impaginazione: Daniele
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TEMPI NUOVI può essere richiesto GRATUITAMENTE la settimana successiva all’uscita
presso la libreria Giovanni Paolo II o l’Ufficio Diocesano per le Comunicazioni Sociali
Maggio 2009
Quando le omelie
lunghe uccidono
L’ULTIMA
RICOGNIZIONE
E POI UN ADDIO
E IL PIANTO
Riandare alla semina. Dopo aver vangato,
dissodato il terreno, tolte le pietre, preparato il tutto, gettato il seme e atteso, subito
dopo ritornare. Per vedere come va, se si
procede secondo i piani.
E le attese. Questo detto in forma d’esempio fu il piano del terzo viaggio di Paolo.
Ritornare per vedere, visitare le comunità e
rafforzare nella fede, confermare.
Lo dice meglio il libro degli Atti: “Paolo partì
percorrendo successivamente le regioni
della Galazia e della Frigia, confermando
nella fede tutti i discepoli” (18,23).
Confermando nella fede. Con questo nel
cuore e nella mente, Paolo, ormai
l’Apostolo, il Convertito, il Missionario, il
Grande, prese da Antiochia la strada interna, sfiorò la catena montuosa del Tauro
verso l’interno, prima la Cilicia, poi la
Galazia, per giungere infine ad Efeso, ove
rimase abbastanza a lungo, forse un anno,
forse di più. In questa ricca cittadina, ove il
tempio dedicato alla dèa Artemide, “Signora
dell’Asia”, era vantato come una delle sette
bellezze dell’Antichità, le parole di Paolo
furono accolte con diffidenza.
Tanto che contro di lui si preparò un tumulto organizzato dagli argentieri e finito con
un processo al limite della condanna capitale contro i compagni di Paolo, Gaio e
Aristarco.
Il clima di ostilità giovò poco. Paolo decise
per la partenza. In tal modo, preso il mare,
toccò prima le
coste di
Tessalonica,
quindi per
la via interna Atene e
nuovamente a
Corinto, a
Sud. Il viaggio
fu identico a ritorno. Con due note caratteristiche cui è bene
dare evidenza.
Due coordinate cariche, pregne di significato. Il primo è una nota di rimpianto. Di ritorno dal viaggio infatti, Paolo si fermò a
Mileto, e di qua mandò a chiamare i presbiteri della chiesa di Efeso.
Le pagina 13 è a cura di
Leonardo Lepore
P
remetto una cosa. Un amico lettore mi
ha fatto notare che in un articolo
avevo commesso un errore, avevo
scritto “melenze” con la “z”, mentre
correttezza vuole che si utilizzi la “s”: mi scuso.
Dopo questa errata corrige, voglio dire di una
sera a teatro. Il vangelo secondo Pilato era il titolo. Invitante, non
c’era che dire. Dopo
il primo atto, un
monologo massacrante di circa 50
minuti, mi sento dire
da una persona
anzianotta che mi
sedeva a sinistra:
“Ammazza ao’, è
peggio de na predica!”. Lì per lì non
diedi peso alle parole.
Tornai a casa e pian
piano ci ripensai e
questa espressione
tanto banale quanto
efficace mi s’inchiodò nella mente.
È difficile da accettare, eppure lo dicono i fatti: oramai l’omelia, volgarmente detta ‘predica’, nel linguaggio comune
è sinonimo di qualcosa di noioso, pesante, che
massacra senza via di scampo i malcapitati che,
vuoi per un motivo, vuoi per un altro, si siedono
in chiesa per celebrare il sacrificio.
Quel monologo di 50 minuti, a teatro, inutile, per-
13
fettamente inutile, è stato valutato con l’omelia
come termine di paragone.
Mi spiego meglio: le cose barbose e tediose, che
non finiscono mai, si misurano in termini di omelie lunghe.
Le quali annoiano: questi sono i fatti.
Tutto il resto, al massimo, sarebbe una interpretazione.
Una sera ad Efeso, durante la celebrazione
eucaristica, Paolo prende la parola e parla parla
parla che ad un certo punto un ragazzo, di nome
Eutico, prima s’addormentò e poi cadde dal
primo piano morendo immediatamente. Sul
colpo (At 20,7-11). Di solito questo brano viene
letto e interpretato per giustificare le prediche
lunghe, forbite, cariche di serie lungaggini dogmatiche e
m i s t e r i c h e .
Proporrei di leggere
l’episodio in maniera più semplice e
diretta, come un
avvertimento.
Quello di non ri-provare ad uccidere gli
ascoltatori.
Paolo ne ha fatto
fuori uno, e poi lo
ha risuscitato. Noi
corriamo il serio
rischio di uccidere e
basta. Il predicatore
Paolo ci invita, con
tanto di buon tono,
ad evitare. Che è
meglio. Un’ultima cosa. Un quesito per i moralisti: se in una assemblea liturgica, mentre il prete
tiene la lunga omelia, si leva uno dei fedeli e
chiede ad alta voce di farla finita con la predica,
chi commetterebbe il peccato: il fedele perché
‘ha osato parlare’, o il prete perché ‘non ha avuto
il buon senso di ascoltare’?
PERCORSI
«Paolo. L’apostolo delle genti»
Qual è il messaggio di Paolo per il mondo
contemporaneo? Quali dei suoi tratti appaiono oggi più incisivi e decisivi per comprendere non solo il senso della fede cristiana e
della Chiesa Cattolica ma quello della vita
umana in tutte le sue dimensioni, dalla convivenza civile, alla politica, dalla morale alla
responsabilità personale? L’anno di san
Paolo è una sfida affidata in particolare alle
tante istituzioni religiose che portano il nome
di san Paolo e s’ispirano alla sua figura e al
suo insegnamento. Il libro raccoglie i testi
del papa Benedetto XVI - il discorso dell’indizione dell’anno paolino, un profilo dell’apostolo e una sintesi del suo insegnamento - e
costituiscono una guida preziosa per la
conoscenza del pensiero del grande apostolo. In particolare, si ritrova nel volume la
spiegazione della tipica “visione dell’unicità
dell’alleanza”, una concezione teologica
molto cara a papa Benedetto che proprio
nella teologia di Paolo trova il principale
sostegno.
14
Maggio 2009
I VANGELI DELLA DOMENICA
DOMENICA 10 MAGGIO 2009
Il brano del vangelo di oggi presenta l’allegoria della vite e dei tralci (Gv 15,1-8). San Giovanni mette in luce il rapporto tra l’agricoltore (= Dio Padre),
la vite (= Gesù) e i tralci (= i cristiani). Il legame di amore che unisce Gesù al Padre fonda la comunione di vita dei cristiani tra loro e con Cristo
stesso. Nella vita spirituale esiste una legge fondamentale che l’evangelista Giovanni sottolinea ripetutamente e vigorosamente: Gesù è la vita del
cristiano.
Come non è possibile un’esistenza umana senza riferimento a Dio creatore, così non è possibile un’autentica vita cristiana senza un “radicamento” in Cristo e alla sua parola.
Il cristiano che rimane legato al Vangelo ottiene un effetto salutare speciale: ogni preghiera o richiesta è accolta in forza dell’intima comunione di
vita tra lui e Gesù.
DOMENICA 17 MAGGIO 2009
Nel testo evangelico di questa domenica san Giovanni insiste sull’osservanza del comandamento dell’amore per sperimentare la gioia di Cristo;
gioia che a Gesù deriva dal suo amore, dalla sua obbedienza e dalla sua docilità al Padre, dal suo “dimorare” nel Padre. Il comandamento è “suo”
perché Egli lo ha consegnato ai suoi con la sua parola, ma specialmente con la sua vita: “Nessuno ha amore più grande di chi dà la vita per i suoi
amici” (Gv 15,13). È in questo modo che Cristo prova la sua gratuità e la sua universalità nell’amore. Desidera, tuttavia, dai suoi un contraccambio: la fedeltà allo stesso comandamento secondo il suo stile. L’amore divino nell’uomo diventa amore umano, rivestendosi di premura, di pazienza, di misericordia, di sentimento…
L’amore dell’uomo deve essere quindi “umano”, ossia deve tener conto delle componenti della persona umana, e non può essere solo una questione di “corpo” umano.
DOMENICA 24 MAGGIO 2009
Celebriamo oggi la solennità dell’Ascensione di Gesù al cielo e la giornata mondiale di riflessione sulle Comunicazioni Sociali.
L’Ascensione segna la vicenda di Cristo e del cristiano: come Gesù ha realizzato pienamente la volontà del Padre ed è stato associato alla sua
gloria celeste, così il cristiano realizza pienamente se stesso quando agisce in conformità alla volontà di Cristo, per condividere poi con Lui lo stesso destino di gloria.
Ma la festa di oggi non ha il sapore dell’evasione e dell’alienazione dal mondo. È significativo il fatto che tutti i testi biblici della liturgia ci invitino a
rimanere sulla terra degli uomini; e per loro e con loro costruire la civiltà dell’amore.
A questa responsabilità sono chiamati anche tutti gli operatori della comunicazione, prendendo coscienza della necessità di costruire autentici rapporti umani nella verità e nella solidarietà.
DOMENICA 31 MAGGIO 2009
A cinquanta giorni di distanza dalla Pasqua gli Apostoli non sono ancora in condizione di andare ad evangelizzare, nonostante il mandato ricevuto da Cristo nel giorno della risurrezione.
Permane in loro l’incertezza e soprattutto la paura. Perciò le porte del Cenacolo sono ancora chiuse. Ma Gesù mantiene la promessa fatta ai suoi:
salito al cielo e sedutosi alla destra del Padre, invia lo Spirito Santo e da quel giorno la Chiesa, pur nel succedersi delle generazioni e degli eventi, è viva ed operante nel mondo, guidata, sostenuta e santificata dal Paraclito.
Lo Spirito Santo da allora non è calato di tono e opera molto nel silenzio, a seconda delle persone, dei tempi, dei luoghi, delle culture; ma senza
discriminazioni, senza razzismo di sorta.
I suoi doni non sono mai per un arricchimento privato, ma sempre per “l’utilità comune”.
DOMENICA 7 GIUGNO 2009
E’ la domenica della Santissima Trinità. Gesù non rivela il grande mistero del Dio Uno e Trino per soddisfare la nostra curiosità di carattere più o meno intellettuale, ma per consentirci di vivere nel mistero trinitario.
Certo, dobbiamo crescere nello studio, nella conoscenza della Trinità; ma, soprattutto, dobbiamo crescere nel vivere con la Trinità, nel vivere la Trinità. La conoscenza del mistero trinitario per via di studio è soltanto per pochi, per chi ha tempo, preparazione, “stoffa”.
Vivere la Trinità avviene a livello di amore, attraverso i comportamenti che dalla Trinità traggono suggerimento, indicazione e approvazione. Questo non è di pochi; è nelle possibilità di tutti.
Maggio 2009
15
OPPORTUNITÀ?
...continua dalla prima pagina
Per rispondere invece agli spiritualisti, che di
“fede” sembrano averne troppa, bisognerà dilungarsi con qualche parola in più. Cominciamo subito col dire che, se fosse vera l’equazione secondo
cui “sofferenza uguale castigo”, non si capirebbe
come mai ci siano persone che soffrono fin dal
grembo materno, che non hanno avuto di fatto
tempo per compiere qualche nefandezza che ne
giustifichi quella condizione. Si dice allora: sono
anime-vittime, scelte da Dio per pagare i misfatti
degli empi, così come Gesù, che ha dato la sua
vita e ha soddisfatto per i peccati degli uomini di
ogni tempo.
L’affermazione convince poco almeno per tre
ragioni. Anzitutto in ciò che afferma: se infatti Gesù
ha pagato una volta per tutte e per tutti, perché Dio
ha poi bisogno di scegliersi ancora altre “animevittime”? Si dirà: perché, rendendole partecipi della
sofferenza di Cristo, le si rende partecipi anche
della sua gloria. E così l’’equazione “sofferenza
uguale castigo” si trasforma in “sofferenza uguale
merito”. Ma questo potrà essere vero per chi
accetta la sofferenza, e soprattutto l’accetta alla
luce della fede. Ma chi la fede non ce l’ha? E non
mi riferisco solo ai pagani, ma anche ai dementi, ai
pazzi, ai decerebrati che non hanno alcuna possibilità di ascoltare, capire e quindi accogliere
l’Annuncio. E quelli che la fede la respingono o che
respingono questa concezione della sofferenza
intesa come riscatto per un debito contratto da altri
con Dio? La sofferenza lucidamente rifiutata all’estremo di persone come un Piergiorgio Welby (che
tanto divise e fece riflettere l’opinione pubblica)
nella logica degli spiritualisti dovrebbe essere perciò
vana per una partecipazione meritoria alle sofferenze del Figlio di Dio.
Seconda ragione. Se la
sofferenza è tanto benefica, perché Dio concede
questo “privilegio” solo ad
alcuni, tra l’altro scelti da
Lui stesso? Si risponderà:
la volontà di Dio è imperscrutabile. Già. Ma anche
accettando questa risposta
– che, pur vera, spesso
diventa una risposta-rifugio per chi non ha da fornire argomenti convincenti –
resta sempre che l’equazione “sofferenza-merito”
squalificherebbe di fatto
da un ulteriore merito in
Paradiso persone che
hanno avuto la “sfortuna
della fortuna”, quella cioè di essere nate e vissute
in una vita sostanzialmente priva di grossi scossoni, eppure spesa a servire fedelmente il Signore.
Nei loro riguardi Dio compirebbe una grossa ingiustizia. E così un san Giovanni apostolo, che la tradizione vuole sia morto quasi centenario e di morte
naturale, sarebbe perciò più “disgraziato” del fratello Giacomo o degli altri compagni morti tutti
ancora in piena salute e in modo violento, e questo
in barba al privilegio che lo faceva essere “il discepolo che Gesù amava” e il custode della Madre di
Gli effetti del sisma in Pakistan
Dio all’indomani della Sua dipartita.
Terza ragione. Tra persone che soffrono le stesse
pene, chi soffre di più è chi le vive più a lungo. In
questo modo Cristo dovrebbe avere minor merito
di un san Francesco o di un san Pio da Pietrelcina
che hanno misteriosamente sofferto le sue stesse
piaghe per un lasso di tempo più lungo di quelle
drammatiche, ma poche, ore del giovedì e venerdì
santo. Si dirà: non esistono solo pene fisiche, ma
anche pene interiori, anzi, queste sono peggiori
delle prime e chi le vive – e questo è il caso di
Cristo – ha più merito di chi non le vive. Ma, presupponendo che la sofferenza interiore è proporzionata
all’esserne
coscienti, come giustificare, ancora una volta, la
sofferenza dei minorati o
dei pazzi? E perché a questo punto la Chiesa ci fa
venerare gli Innocenti,
infanti incoscienti vittime
della furia di Erode, come
santi?
Le risposte di Gesù si
discostano sia dalle contraddizioni del materialismo che dello spiritualismo.
Numerosi
brani
evangelici come ad esempio quello di Lc 13, 1-5 (le
vittime della persecuzione
di Pilato e del crollo della
torre di Siloe) o di Gv 9 (il
cieco nato) sono illuminanti. La fede cristiana
insegna che il male fisico (quello dei malanni, delle
deficienze, delle catastrofi) così come quello morale, sono conseguenza del peccato dell’uomo, i cui
effetti si sono riversati sul mondo fisico per il profondo legame che unisce realtà fisica e realtà
metafisica proprio in lui. Nessun “castigo”, quindi,
da parte di un Dio che ha mandato nel mondo il
suo unico Figlio non per condannare, ma per salvare (Gv 3, 17).
Un Figlio che non ha ricusato di sollevare l’uomo
dalle sue miserie e i suoi mali, quando poteva
lasciarvelo, se fosse vero che la sofferenza purifica. La verità è che ciò che purifica non è la sofferenza, ma l’amore (Lc 7, 47). Non dunque “sofferenza uguale merito”, ma “amore uguale merito”.
Dio non sta lì a pesare i nostri peccati per poi scagliare saette quando sbagliamo. A smentire la logica “sofferenza-castigo” c’è il fatto che molti malvagi vivono una vita tranquilla (Lc 16, 19-31). La sofferenza non viene dunque da Dio, ma dal peccato
come sua conseguenza; tuttavia se accettata con
amore come partecipazione alla Croce del Figlio,
essa diviene occasione per un atto di amore che
può convertire i cuori, a partire dal proprio. Così
come anche la sofferenza di chi non ha coscienza
può essere occasione di redenzione, perché interpellando i coscienti, in un certo qual modo li obbliga a darsi da fare nell’amore, impegnandosi a sollevare quei bisognosi dalle sofferenze: un impegno
che impedisce loro così a non impigrirsi nell’egoismo, a non sciupare la propria salute, ad abituare
lo spirito a provare sentimenti di compassione e a
disabituarlo a quelli malvagi che contaminano l’uomo (Mc 7, 20-23) e lo uccidono per l’eternità. Dio
dunque mantiene la sofferenza nel mondo, non per
castigare i cattivi, bensì per “costringere” i peccatori ad uscire dal loro egoismo e ad amare e a salvarsi. Sulla base di ciò, altamente suggestivo è
considerare come certe catastrofi avvengano talvolta in coincidenza di festività che celebrino in
maniera particolare il mistero del Dio-Amore, festività che vengono puntualmente eluse da una
società irreligiosa e opulenta che ha ormai riposto
ogni sua speranza di gioia nel denaro, nel piacere
e nella violenza. Il terremoto d’Abruzzo ci ha infatti impegnati per tutta la Settimana Santa. E chi non
ricorda il terremoto di Sumatra e il conseguente
tsunami che ha mietuto migliaia di vittime
nell’Oceano Indiano? Era il Natale del 2004. E che
dire del terribile terremoto dell’Irpinia di cui molti di
noi sono stati testimoni? Quel fatale 23 novembre
1980 era la domenica di Cristo Re. Segni dal Cielo
questi che chiamano tutti, nessuno escluso, a seri
cambiamenti di vita.
*Vicedirettore Ufficio Diocesano
Comunicazioni Sociali
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