Istituto Superiore di Sanità - Ministero dei Trasporti Il Sistema Ulisse Monitoraggio nazionale sull’uso dei dispositivi di sicurezza a cura di Franco TAGGI , Pietro MARTURANO (2), Giancarlo DOSI (3) (1) (1) Responsabile scientifico del sistema Ulisse dell’Istituto Superiore di Sanità (2) Responsabile scientifico del sistema Ulisse del Ministero dei Trasporti (3) Coordinatore del sistema Ulisse PRESENTAZIONE DEL MINISTRO DEI TRASPORTI Con la collaborazione di Antonella Crenca (4), Cinzia Cedri (5), Gianni Fondi (5), Marco Giustini (5) e Gruppo Ulisse 2007 (4) Responsabile della segreteria tecnica del sistema Ulisse (5) Segreteria tecnica del sistema Ulisse Anno 2007 Progetto promosso dal Ministero dei Trasporti e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità Istituto Superiore di Sanità - Ministero dei Trasporti Prima edizione: marzo 2008 © 2008 Istituto Superiore di Sanità - Ministero dei Trasporti Istituto Superiore di Sanità Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria Reparto Ambiente e Traumi Viale Regina Elena 299, 00161 Roma Tel. 0649902181 - Fax 0649902383 E-mail: [email protected] www.iss.it/stra Ministero dei Trasporti Dipartimento Trasporti Terrestri Direzione Generale Motorizzazione Via G. Caraci 36, 00157 Roma www.trasporti.gov.it I dati riprodotti nel presente rapporto possono essere liberamente riprodotti citando la fonte. Progetto promosso dal Ministero dei Trasporti e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità Istituto Superiore di Sanità - Ministero dei Trasporti Il Sistema Ulisse Monitoraggio nazionale sull’uso dei dispositivi di sicurezza a cura di Franco TAGGI (1), Pietro MARTURANO (2), Giancarlo DOSI (3) (1) Responsabile scientifico del sistema Ulisse dell’Istituto Superiore di Sanità (2) Responsabile scientifico del sistema Ulisse del Ministero dei Trasporti (3) Coordinatore del sistema Ulisse Presentazione del Ministro dei Trasporti Con la collaborazione di Antonella Crenca (4), Cinzia Cedri (5), Gianni Fondi (5), Marco Giustini (5) e Gruppo Ulisse 2007 (4) Responsabile della segreteria tecnica del sistema Ulisse (5) Segreteria tecnica del sistema Ulisse Anno 2007 SOMMARIO Sommario 9 11 13 Presentazione di Alessandro Bianchi Prefazione di Enrico Garaci Introduzione PRIMA PARTE LA NORMATIVA 17 21 47 Il sistema Ulisse nel contesto normativo italiano ed europeo Le esigenze di sicurezza e l’evoluzione normativa Appendice Gli articoli del Codice della Strada relativi a cinture, casco e telefoni cellulari SECONDA PARTE I DATI DEL SISTEMA ULISSE 59 59 61 65 72 73 77 80 85 89 90 93 95 Risultati delle rilevazioni svolte nell’anno 2007. Brevi note metodologiche Sintesi dei risultati delle rilevazioni svolte Le proporzioni d’uso delle cinture di sicurezza Confronto con altri Paesi dell’UE Le proporzioni d’uso del casco Altri comportamenti monitorati a livello sperimentale dal Sistema Ulisse Gli effetti di un possibile ulteriore incremento dell’uso dei dispositivi Dal tutto al nulla: un aspetto su cui riflettere attentamente Cinture e basse velocità Conclusioni Bibliografia Appendice I Dati storici del Sistema Ulisse (2000-2007) 7 SOMMARIO 105 Appendice II Partecipanti al Sistema Ulisse (2007, 2000-2006) TERZA PARTE PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE 117 127 135 147 159 169 8 Fattori di rischio per la sicurezza stradale, loro prevalenza e loro impatto nella genesi dell’incidentalità di Franco Taggi La percezione del rischio e il rischio della percezione: il caso della sicurezza stradale di Franco Taggi e Pietro Marturano Le cinture di sicurezza e il beneficio indotto dal loro uso di Franco Taggi L’uso del casco per la riduzione dell’incidenza e della gravità del trauma cranico secondario alla guida di veicoli a due ruote motorizzate di Franco Taggi Cellulari e guida: un rischio in rapida crescita di Franco Taggi, Antonella Crenca, Cinzia Cedri, Marco Giustini, Giancarlo Dosi, Pietro Marturano La fallacia delle multe di Franco Taggi PRESENTAZIONE Presentazione di Alessandro Bianchi Ministro dei Trasporti Una delle azioni più importanti per raggiungere gli obiettivi che l’Unione Europea ha fissato per il 2010 nel settore della sicurezza stradale è far sì che l’uso dei dispositivi di sicurezza divenga quanto prima generalizzato su tutto il territorio nazionale. Questa azione è stata già da tempo considerata prioritaria dal Piano Nazionale della Sicurezza Stradale che ad essa ha dedicato ampio spazio, sia in relazione alle necessarie rilevazioni periodiche sia ai fini dell’educazione-informazione degli utenti. L’uso dei dispositivi di sicurezza non evita gli incidenti stradali: per limitare l’accadimento di questi eventi è necessario far sì che gli utenti della strada percepiscano maggiormente i rischi a questa connessi e la necessità di attenersi alle regole. Tuttavia, in ogni Paese, all’uso del casco e delle cinture appare associata una consistente riduzione, pari a circa il 50%, dei traumi e della loro gravità. Non si tratta in questo caso, quindi, di evitare gli incidenti, quanto di ridurre il più possibile le loro conseguenze sanitarie. Ecco perché conoscere meglio, e più prontamente, i livelli d’uso di questi dispositivi è importante nella gestione di un problema complesso qual è la sicurezza stradale, dove l’armonizzazione di azioni diverse – siano esse di tipo preventivo, repressivo o di comunicazione - risulta essenziale. Il sistema Ulisse, di cui il presente rapporto riporta i dati rilevati per l’uso delle cinture di sicurezza e del casco relativi all’anno 2007, è la risposta a livello nazionale a questa necessità di conoscenza. Questo sistema nasce non solo dalla consolidata collaborazione tra il Ministero dei Trasporti e l’Istituto Superiore di Sanità, ma anche dalla partecipazione volontaria di un grandissimo numero di operatori, sanitari e non, di tutto il Paese e ai quali indirizzo un doveroso ringraziamento. Come si avrà modo di leggere, la situazione è certo migliore di quella che era dato osservare all’inizio degli anni 2000; tuttavia, essa è ancora 9 PRESENTAZIONE lontana dai livelli d’uso che si vorrebbero, come pure appare assai diversificata nelle diverse regioni del territorio nazionale. E’ augurabile che quanto mostrato nel rapporto sia oggetto di attenta riflessione da parte del pubblico, degli amministratori e dei media, anche al fine di indurre coloro che ancora sottovalutano l’utilità dei dispositivi di sicurezza a farne un uso sempre più ampio e continuo. Auspico inoltre che, con l’avvicinarsi del 2010, la sensibilità degli utenti su queste importanti tematiche possa ulteriormente migliorare con la conseguente riduzione del quadro della mortalità e della gravità dei traumi stradali, riduzione garantita dalla ricerca scientifica e non già da generiche speranze. Desidero infine augurare ai responsabili tecnico-scientifici del progetto, nonché curatori del volume, di proseguire nel loro impegno con il rigore e la concretezza testimoniati dai risultati ottenuti, come potrà essere valutato da ognuno leggendo le pagine che seguono. 10 PREFAZIONE Prefazione di Enrico Garaci Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Qualcuno dei lettori del presente documento potrebbe restare sorpreso dal fatto che l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sia così particolarmente impegnato nella sorveglianza nazionale dell’uso del casco e delle cinture di sicurezza. Infatti, anche se si tratta di un’attività importante per la sicurezza stradale, il suo nesso con aspetti specifici di sanità pubblica, in cui l’Istituto è concretamente attivo, non sembra a prima vista così stretto. In realtà, tale attività di sorveglianza - di cui questo rapporto fornisce un resoconto - è pienamente congruente con le missioni fondamentali dell’ISS, come ora cercherò brevemente di mettere meglio in evidenza. In primo luogo vi è l’aspetto di ricerca e di rigorosa applicazione del metodo scientifico al fine di ottenere dati affidabili. Anche se a molti potrà sembrare banale determinare con osservazioni dirette quanti indossano o meno un certo dispositivo, la cosa non è affatto così semplice. Come si è dimostrato proprio nello sviluppo del sistema Ulisse, se non si adotta una metodica di osservazione standardizzata, rilevatori diversi ottengono risultati diversi; talora, sensibilmente diversi. In secondo luogo, compare il compito di estrapolare dai dati raccolti – mediante idonee tecniche statistiche – informazioni precise a livello locale e nazionale, onde indirizzare azioni utili per la prevenzione (che in questo caso sono rappresentate da azioni che possano favorire un incremento dell’uso dei dispositivi di sicurezza). In terzo luogo, aspetto di particolare rilievo, c’è il momento della valutazione, ovvero dell’impatto in termini di riduzione del numero di morti, invalidi gravi, ricoveri, accessi al pronto soccorso per incidente stradale – e relativi costi socio-sanitari evitati – indotto da un incremento dell’uso dei dispositivi. In ultimo, ma non certo meno importante di quanto già segnalato, c’è la specifica attenzione all’emergere di nuovi rischi per la sicurezza stra11 PREFAZIONE dale, onde poterli caratterizzare – con modelli stocastico-deterministici – nella loro evoluzione temporale, al fine di intervenire il prima possibile per contrastarli. A questo riguardo basti pensare al lavoro già svolto, relativo al dilagare dell’uso del telefono cellulare alla guida, come pure – fatto nuovissimo ed assai inquietante – al sempre crescente uso del cellulare da parte di pedoni mentre attraversano la strada. In conclusione, quindi, alcune fondamentali missioni dell’Istituto – ricerca scientifica, prevenzione, valutazione, identificazione di nuovi rischi - trovano riscontro in questa attività, che a prima vista può falsamente apparire di carattere “contabile”. Il mio augurio è che l’ISS possa ancora in futuro contribuire al miglioramento della sicurezza stradale, collaborando con il Ministero dei Trasporti cui essa compete, come pure che, a fronte della maggiore attenzione che oggi viene posta su questa problematica, nel rapporto del prossimo anno compaiano per tutte le regioni proporzioni d’uso dei dispositivi di sicurezza che avvicinino l’Italia ai molti paesi dell’UE dove tale uso è ormai praticamente generalizzato. 12 INTRODUZIONE Introduzione La sicurezza stradale è da qualche anno oggetto di particolare attenzione da parte dei Governi di tutto il mondo in quanto il suo stato appare insoddisfacente, sia per quel che è dato attualmente a vedere, sia per quel che riguarda proiezioni nel tempo che possono essere prodotte. Nei fatti, ai livelli attuali, i costi sociosanitari degli incidenti stradali appaiono enormi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità riporta che ogni anno muoiono nel mondo 1.250.000 persone. L’Istituto Superiore di Sanità stima che oltre a questi decessi circa 3.125.000 persone restino gravemente invalide e ben 25.000.000 debbano essere ricoverati. Per il nostro Paese queste stime sono pari a circa 6.000 morti, 15.000 invalidi gravi, 120.000 ricoveri e più di un milione di accessi al Pronto Soccorso all’anno. Non a caso, quindi, nel 2007 l’ONU ha organizzato la “Settimana Mondiale della Sicurezza Stradale”, invitando i Governi del pianeta ad operare per un contrasto organico e sostanziale di questo fenomeno. Ancor prima (1999) l’Unione Europea aveva proposto ai paesi ad essa aderenti un obiettivo di riduzione della mortalità per incidenti stradali del 50%, da raggiungersi nel 2010. Tutti i paesi risposero allora positivamente; e anche quelli che entrarono successivamente a far parte dell’Unione si impegnarono per il raggiungimento di questo obiettivo. Da allora molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare. Tra le diverse azioni considerate dall’UE (quali il contrasto alla guida in stato di ebbrezza o sotto l’influenza di sostanze psicotrope, la messa in sicurezza delle strade, la riduzione della velocità media), una spicca per la sua efficacia e la sua semplicità: l’uso generalizzato del casco e della cintura di sicurezza. La ricerca scientifica (in particolare quella epidemiologica) ha infatti dimostrato che l’utilizzo di tali dispositivi dimezza in media, nel malaugurato caso di incidente, la probabilità di morte e la gravità delle 13 INTRODUZIONE lesioni riportate. Anche se l’uso di questi dispositivi è stato reso da tempo obbligatorio, nei fatti l’utilizzo che se ne fa è ben lungi dall’essere generalizzato su tutto il territorio nazionale. E questo avviene in Italia come pure in altri paesi. Onde operare per aumentare questo uso è apparso necessario attivare dei monitoraggi specifici di quantificazione nel tempo dell’uso stesso. A tal fine il Ministero dei Trasporti ha adottato una metodologia standardizzata di rilevazione, messa a punto dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) negli anni ’80, affidando all’ISS stesso il compito di coordinare le rilevazioni, che sono oggi svolte all’interno di un “sistema” denominato Ulisse. Il sistema Ulisse, basato sulla partecipazione volontaria di operatori sanitari e di enti ed istituzioni diverse, è attivo dal 2000 ed ha permesso nel corso di questi ultimi anni di tracciare una vera e propria mappatura dell’uso del casco e delle cinture nel nostro paese; di verificare l’efficacia di nuove normative nell’elevare le proporzioni di utilizzo; di quantificare le risultanti riduzioni di mortalità e gravità indotte dalla maggiore quota di utenti della strada così protetti. Il presente volume, oltre a richiamare aspetti normativi e le modificazioni intervenute recentemente, contiene i risultati delle rilevazioni effettuate nell’ambito del sistema Ulisse per l’anno 2007, come pure le stime delle proporzioni d’uso che da questi dati derivano. Inoltre, sono in esso riportati anche i dati storici del sistema, a partire dall’anno 2000, come pure – nell’ultima parte – una serie di articoli dedicati ad aspetti specifici, quali la percezione del rischio e l’evidenza epidemiologica dell’utilità dei dispositivi di sicurezza. In apertura, prima di mostrare i risultati relativi all’uso dei dispositivi, viene circostanziato maggiormente lo scenario all’interno del quale va inquadrata questa attività, in particolare per quel che riguarda l’Unione Europea, il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale e le innovazioni normative introdotte nel Codice della Strada nei recenti anni. Franco Taggi Responsabile scientifico del sistema Ulisse dell’Istituto Superiore di Sanità 14 Pietro Marturano Responsabile scientifico del sistema Ulisse del Ministero dei Trasporti PRIMA PARTE LA NORMATIVA IL SISTEMA ULISSE 16 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA Il sistema Ulisse nel contesto normativo italiano ed europeo Il problema della sicurezza stradale necessita, oltre ad un sistema di monitoraggio sulle singole azioni intraprese per ridurre la mortalità e l’incidentalità (feedback sulle azioni), anche di un sistema di monitoraggio più generale e sistematico sull’intero andamento del fenomeno (monitoraggio continuo). La perfetta conoscenza epidemiologica del fenomeno in tempi brevi (quanti morti, quanti feriti, dove, quando, con quali mezzi, in che condizioni psico-fisiche, in che condizioni ambientali, ecc.) è la base imprescindibile di qualsiasi strategia di intervento. Presso l’Istituto Superiore di Sanità e con la collaborazione e il cofinanziamento del Ministero dei Trasporti, nel 2000 è stato attivato il sistema di monitoraggio ULISSE (Osservatorio nazionale di rilevazione sull’uso dei dispositivi di sicurezza). Questo sistema può definirsi “specifico” in quanto prevede l’osservazione sulla prevalenza d’uso dei dispositivi di sicurezza (principalmente cintura di sicurezza e casco), consentendo, con cadenza mensile, la rilevazione sul campo – o meglio su strada - di questo specifico comportamento dei conducenti consentendo una precisa mappatura sull’uso di questi dispositivi. La conoscenza dei comportamenti degli utenti permette di tenere sotto controllo il livello di predisposizione al rispetto di una norma o il calo di attenzione nei confronti della sicurezza stradale. Il sistema ULISSE ci ha permesso di allinearci ai principali Paesi europei che già da tempo disponevano di analoghi sistemi di monitoraggio, consentendo di avere a disposizione dati affidabili per la rilevazione prevista al punto 4.2.1.2 del documento “Indirizzi generali e linee guida di attuazione” dove si evidenziava l’urgenza di avviare un ampio siste17 IL SISTEMA ULISSE ma di rilevazioni riguardo l’uso del casco e delle cinture di sicurezza, con caratteristiche adeguate a restituire risultati per ripartizione provinciale, per le principali tipologie territoriali (grandi città, strutture insediative diffuse, insediamenti turistici, ecc.) e per tipologia di mobilità. Il sistema Ulisse, inoltre, è in linea con quanto previsto dalla Raccomandazione della Commissione europea 2004/345/CE del 6 aprile 2004 relativa all’applicazione della normativa in materia di sicurezza stradale, la quale al punto 7 suggerisce agli Stati membri: “… garantire che almeno tre volte all’anno siano effettuati interventi intensivi di controllo per verificare l’uso delle cinture di sicurezza della durata di almeno due settimane, in luoghi in cui il mancato uso è constatato regolarmente e laddove sussista un rischio maggiore di incidenti e di garantire che venga fatto rispettare l’obbligo di indossare le cinture di sicurezza in ogni singolo caso in cui venga constatata tale infrazione e il veicolo venga bloccato; … “ Inoltre, il Sistema Ulisse è in linea con quanto riportato nell’Atto di indirizzo per il governo della sicurezza stradale presentato dal Ministro dei Trasporti ed approvato dal Consiglio dei Ministri nel marzo del 2007, dove, al Criterio generale n.4 si cita: Incentivare e diffondere le migliori pratiche Promuovere misure di sostegno per gli interventi di sicurezza stradale coerenti con gli obiettivi e gli indirizzi del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale e relativi a fattori di incidentalità prioritaria, ovvero a sistemi di mobilità o su fasce di utenti con il maggior numero di vittime, con i più alti tassi di rischio e con le evoluzioni di sicurezza stradale meno soddisfacenti. Costruire, con la collaborazione attiva dei Comuni, delle Province e delle Regioni una rete di monitoraggio sullo stato della sicurezza stradale, sulla sua evoluzione in relazione agli obiettivi comunitari e nazionali e sui risultati conseguiti dagli interventi posti in essere, al fine di individuare le migliori pratiche e promuoverne la diffusione. Inoltre, al punto 4.2.1.(2) dello stesso documento è previsto: Avvio del monitoraggio nazionale della sicurezza stradale, tale azione, complementare alla costruzione della rete di monitoraggio regionale e provinciale, da un lato tende a coordinare e fornire supporti alla rete dei centri di monitoraggio provinciali e regionali e dall’altro tende a fornire al Governo 18 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA nazionale e agli operatori pubblici e privati che possono contribuire al miglioramento della sicurezza stradale un quadro certo delle problematiche, delle azioni intraprese e delle misure che hanno conseguito i risultati più soddisfacenti. Infine, al punto 4.2.4.(11) è previsto: Rilevazione e analisi dei comportamenti di guida ad alto rischio. Rilevazione e analisi dei comportamenti ad alto rischio al fine di impegnare nel modo più efficace le risorse finanziarie e professionali disponibili per le azioni di prevenzione/dissuasione/repressione. Il programma sarà avviato in alcune aree specifiche del Paese dove si verificano quote molto alte di incidenti stradali con vittime. 19 IL SISTEMA ULISSE 20 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA Le esigenze di sicurezza e l’evoluzione normativa 1 - Brevi note storiche Fin dai tempi più antichi le strade rappresentano un chiaro segno di evoluzione della civiltà e una forte spinta al processo di sviluppo, socializzazione e comunicazione. Le prime tracce di tecniche costruttive stradali risalgono al 700 a.C. ad opera degli Etruschi, tecniche che successivamente furono riprese e migliorate dagli ingegneri della Roma imperiale. Sappiamo anche che i Greci erano soliti costruire le strade lastricandole con solchi longitudinali idonei per il passaggio delle ruote dei carri (una sorta di antichi binari stradali in materiale lapideo). I Romani, invece, quali abili ingegneri, svilupparono sistemi costruttivi sui quali ancora oggi si basa l’attuale tecnica delle costruzioni stradali. Il termine “strada”, infatti, deriva da “strata” cioè strati, in quanto la posa in opera di successivi strati di diversi materiali forniva ai manufatti romani le caratteristiche di solidità e resistenza per il passaggio dei carri, dei cavalli e degli eserciti. Pur essendo all’inizio solo dei sentieri polverosi e irregolari, le strade ben presto diventarono destinatarie di maggiori cure e manutenzione, divenendo sempre più, opere necessarie e strategiche al servizio delle crescenti esigenze militari, commerciali e di comunicazione fra le varie province dell’Impero romano. Ai margini sorsero di conseguenza fontane, locande e stazioni per il cambio dei cavalli, scandite dalla presenza delle pietre miliari, ancora oggi presenti su alcune moderne strade. Lo sviluppo delle strade, della società e degli interessi portò inevitabilmente, già dai tempi dell’antica Roma, all’incremento dei flussi di traffico, cosicché la circolazione stradale fu oggetto, fin da allora, di una precisa regolamentazione. E’ ben noto infatti che Giulio Cesare, nel 45 21 IL SISTEMA ULISSE a.C., un anno prima della sua morte, promulgò la “Lex Iulia Municipalis” una legge di carattere generale sull’organizzazione amministrativa e sociale delle città ma che comprendeva anche un insieme di regole riguardanti l’accesso e la conduzione dei carri all’interno dell’Urbe. Ai mezzi pesanti, per esempio, era vietato il transito dall’alba fino al pomeriggio inoltrato. I divieti non riguardavano però i veicoli adibiti all’igiene o al trasporto dei materiali da costruzione per edifici pubblici o templi per il culto ed i carri per il trasporto di sacerdoti e sacerdotesse durante le cerimonie pubbliche. Insomma, un vero e proprio Codice della strada ante litteram nato anche per cercare di decongestionare la città di Roma, già allora eccessivamente trafficata. Successivamente, altri simili regolamenti sono stati emanati in varie località del mondo, per arrivare infine, al marzo del 1865, sempre in Italia - dove le carrozze trainate da cavalli erano i principali mezzi di trasporto all’interno delle città - quando fu varata una legge che stabiliva alcune regole sulla velocità e il corretto comportamento per i conducenti dei veicoli a trazione animale. Successivamente, nel 1923, con un Regio decreto vennero scritte le norme per disciplinare il traffico di quel tempo e cinque anni dopo, nel 1928, fu istituita la “Milizia della Strada”, l’antesignana dell’attuale Polizia stradale, con il compito istituzionale di consentire il rispetto delle regole del Regio decreto. La Milizia della strada diventò, nel 1947 (anno della nascita della Lambretta e della Vespa), il Corpo di specialità al servizio del Ministero dell’Interno che tutti noi oggi conosciamo. Alla fine della seconda Guerra mondiale, con l’avvento dell’automobile, nasce il Ministero dei Trasporti (in origine c’era solo quello dei lavori pubblici) e nel 1955 parte la costruzione della rete autostradale italiana. Il 15 giugno 1959 entrò in vigore il decreto del Presidente della Repubblica numero 393, meglio noto come il primo testo unico della circolazione stradale (il primo vero codice della strada) che, con i suoi 147 articoli e 607 del Regolamento di attuazione, rimase in vigore per oltre trent’anni fino alla pubblicazione del cosiddetto “Nuovo Codice della Strada” (18 maggio 1992), ancora vigente dal 1° gennaio 1993, sebbene più volte modificato. Non appena si cominciarono a produrre veicoli a motore, al tempo stesso nacque anche l’esigenza di disciplinarne l’uso da parte degli utenti e quindi modalità e regole per l’accesso e la circolazione sulle strade. Nel 1903, infatti, sempre in Inghilterra, viene introdotta la 22 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA prima “patente di guida”, documento abilitante alla conduzione di queste “nuove macchine”, esigenza che via via è diventata sempre più pressante in proporzione al sempre maggiore numero di veicoli in circolazione. La nascita degli autoveicoli e lo sviluppo del traffico però, oltre a portare grossi benefici in termini di mobilità, ha portato con sé anche subdoli risvolti, probabilmente all’epoca neppure immaginabili, ma di certo impietosi quanto importanti: gli incidenti stradali. Questi ultimi infatti, nascono con l’avvento stesso degli autoveicoli. Si narra che l’inventore della prima automobile, un ingegnere francese di nome Nicolas-Joseph Cugnot, nel 1769, durante il primo giro di prova a bordo della sua nuova invenzione - il triciclo a vapore - si schiantò contro un muro nei pressi della sua abitazione riportando vari traumi e danni al veicolo. Il motore della macchina di Cugnot era dotato di due cilindri verticali per 62.000 cm3 di cilindrata che gli consentivano di raggiungere la velocità di soli 4-5 km/h. Questo veicolo fu quasi certamente la prima macchina semovente costruita dall’uomo, ma purtroppo, segnò anche l’inizio inesorabile del fenomeno degli incidenti stradali. La prima vittima registrata nelle cronache risale all’agosto del 1896 a Londra e, in Italia, le prime statistiche nazionali ufficiali, sistematiche ed attendibili, cominciarono ad essere compilate nel 1953. Per concludere questi brevi cenni storici e per anticipare una specifica problematica che sarà meglio descritta in un prossimo capitolo del volume (“La percezione del rischio e il rischio della percezione”), appare utile ricordare una frase di un grande fisico italiano, Giuliano Toraldo di Francia, il quale ha affermato che il genere umano non ha ancora interiorizzato il senso del pericolo connesso con la velocità (in orizzontale) perché i suoi spostamenti sui veloci mezzi di trasporto avvengono da troppo poco tempo. Dalla costruzione del primo veicolo stradale di serie ad oggi, sono passati infatti poco più di cento anni. Ebbene, se nella scala dei tempi, dalla preistoria ad oggi, l’uomo ben conosce cosa significa cadere (in verticale) da un albero o da una rupe, è solo da poco più di un secolo che ha cominciato a sperimentare sul campo – o meglio sulla strada - le conseguenze degli urti in velocità orizzontale. Solo per fare un esempio, chi di voi si lancerebbe dal terzo piano di un palazzo senza un paracadute? Risposta: nessuno. Chi, invece, si mette23 IL SISTEMA ULISSE rebbe al volante della propria automobile alla velocità di 50 kilometri orari, senza allacciare le cinture di sicurezza? Risposta: molti. Eppure, la velocità di impatto (al suolo – nel primo caso – e contro un muro o un altro veicolo - nel secondo) sarebbe esattamente la stessa! Splendido esempio di mancata o errata percezione del rischio, un problema annoso e di grande importanza al quale il sistema ULISSE, con l’analisi sull’uso dei dispositivi di sicurezza quali cinture e casco, sta cercando di dare il proprio contributo scientifico e di ricerca. 2 - Il codice della strada e le regole della sicurezza In generale, sono fonti del diritto tutti gli atti giuridici da cui trae origine una disciplina normativa1. In particolare, sono fonti del diritto della circolazione stradale: - l’art. 16 della Costituzione; il Codice della strada; il regolamento di esecuzione del CdS2; le leggi speciali3; i regolamenti comunitari, direttive e decisioni4; le sentenze della Corte Costituzionale; i decreti ministeriali5; le Convenzioni internazionali6, 7. Non sono fonti del diritto della circolazione stradale: - le circolari ministeriali8; le direttive o i regolamenti ECE-ONU9. la giurisprudenza10. la consuetudine11. Con il decreto legislativo n.285 del 30 aprile 1992, a partire dal 1° gennaio 1993, entra i vigore in Italia il “Nuovo Codice della Strada” (CdS). Nuovo in quanto è in effetti l’ultimo strumento legislativo varato in modo organico, ma in realtà anche “vecchio” in quanto più volte modificato e, a parere di molti operatori ed addetti ai lavori, per molti aspetti già obsoleto, non più in linea con le attuali esigenze di semplicità e di chiarezza. Le diverse modifiche che si sono succedute in questi ultimi quindici 24 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA anni non sono riuscite a completare quel processo di riforma connesso al rapido mutamento del contesto socio-economico del Paese e delle innumerevoli direttive comunitarie che disciplinano la materia in modo sempre più copioso e dettagliato. Tutti questi cambiamenti, integrazioni e correzioni dimostrano, da una parte, l’esigenza di stare al passo coi tempi e di ricercare sempre nuove formulazioni in grado di elevare i livelli di sicurezza e, dall’altra, di raggiungere gli ambiziosi obiettivi comunitari sulla sicurezza stradale12. L’articolo 1 del Codice della strada, nella versione modificata dal d.lgs. n.9/2002, prevede al comma 3 la redazione del Piano nazionale della sicurezza stradale (PNSS)13 da parte del Ministero dei Trasporti, con verifica dei risultati demandata alla relazione annuale al Parlamento. La sicurezza stradale, quindi, assurge a principio informatore di tutta la struttura del Codice. Tutti i cittadini hanno il diritto, garantito dalla Costituzione, alla sicurezza e a muoversi liberamente sul territorio della Nazione. Questi spostamenti possono avvenire in tanti modi diversi, o, se vogliamo usare una terminologia più tecnica, utilizzando diverse modalità di trasporto. Come è facile immaginare, il mezzo di trasporto che attualmente esprime al meglio la possibilità di movimento delle persone è senza dubbio l’autoveicolo privato. Di conseguenza, il traffico indotto dalla moltitudine di veicoli in circolazione14 deve comunque avvenire in piena sicurezza e nel rispetto delle regole. Questo rispetto deve avvenire nella piena consapevolezza dei rischi naturalmente connessi con l’attività del movimento15. Secondo il nostro Codice, per garantire la sicurezza dei trasporti stradali, i conducenti dei veicoli hanno tre tipi di doveri: giuridico, civile e sociale. Il dovere giuridico, è rappresentato dalla necessità di rispettare le norme e le regole dettate dal Codice stesso e dalle leggi complementari. L’interesse della sicurezza deve ritenersi prevalente rispetto agli interessi dei singoli. Il dovere civile (o morale), sebbene di collocazione più incerta nell’ambito della circolazione stradale, questo è connesso con il rispetto degli altri utenti, indipendentemente dalla cogenza di legge. Infine il dovere sociale, dove la formazione di una “coscienza sociale” dovrebbe consentire ad ogni singolo utente di frenare gli istinti egoistici e collaborare con il prossimo. Fin dalla sua redazione del 1959, il CdS è stato impostato sulla base di 25 IL SISTEMA ULISSE alcuni principi fondamentali, che sintetizzano i doveri di cui abbiamo accennato, ed ai quali, tutti gli utenti della strada dovrebbero sempre adeguarsi, nella consapevolezza che senza il rispetto delle regole non si potrà mai raggiungere un livello di sicurezza accettabile16, 17. 2.1 - Le ultime modifiche normative Con il decreto legge 3 agosto 2007, n.117 “Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza nella circolazione” (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.180 del 4 agosto 2007), convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n.160 (G.U. n.230 del 3 ottobre 2007), il codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285) è stato rivisto ed aggiornato con particolare riferimento ai temi della sicurezza. L’esigenza di varare un decreto legge, sebbene il Parlamento avesse già in itinere la discussione del ben più corposo disegno di legge sulla sicurezza stradale trova origine, da un lato, dal regresso della tendenza discendente che ha caratterizzato gli anni 2003, 2004 e 2005, dall’altro, dalla ferma volontà del Ministero dei Trasporti di porre un freno al fenomeno della mortalità sulle strade in tempi brevi, senza aspettare i tempi necessari all’approvazione del disegno di legge. Per quanto sopra, il decreto legge 117/2007 è una estrapolazione dei contenuti ritenuti più urgenti e più importanti del citato disegno di legge e riguarda principalmente i seguenti settori: - inasprimento delle sanzioni per i reati più gravi e per i comportamenti a maggior rischio - guida senza patente - limitazione alla guida per i neopatentati - trasporto di bambini sui motoveicoli - limiti di velocita’ - uso del telefono cellulare durante la guida - guida in stato di ebbrezza alcolica - guida sotto effetto di sostanze stupefacenti - educazione stradale e cultura della sicurezza 2.2 - Verso un nuovo Codice Come già accennato, le diverse stratificazioni dovute agli interventi del legislatore per modificare ed integrare il Codice hanno portato al vigente testo che evidenzia da un lato precarietà e dall’altro una certa 26 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA obsolescenza. Per quanto sopra, la riforma complessiva dell’attuale Codice della Strada rappresenta un processo indispensabile. Le linee guida della riforma ritenute prioritarie sono: elaborare un Codice con un articolato più semplice e snello, di non oltre 60-70 articoli, che contenga tutti i principi di carattere generale, la disciplina delle norme di comportamento ed il sistema sanzionatorio. Nel contempo, la disciplina di numerosi procedimenti amministrativi, tra i quali ad esempio quelli riferibili ai contenuti più tecnici e che attualmente sono irrigiditi in un contesto normativo pesante e poco elastico, potranno essere rinviati a norme regolamentari subordinate. Una maggiore leggibilità e versatilità del testo potrà consentire, quando necessario, le modifiche in tempi rapidi ed in coerenza con l’esigenza di mantenersi al passo con l’evoluzione tecnica e tecnologica del settore. In questa ottica di miglioramento e semplificazione la speranza è inoltre che il nuovo Codice possa rappresentare anche una sorta di manuale della sicurezza per tutti gli utenti della strada, di più facile e diffusa comprensione rispetto ai livelli attuali. 3 - Il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale Ad oggi si stima che in tutto il mondo un milione e duecentomila persone perdono la vita sulle strade, quarantacinquemila in Europa e circa seimila in Italia18. Il principale strumento di pianificazione adottato in Italia fin dai primi anni 2000, che in una logica di sistema globale assembla e gestisce strategie, azioni nel medio e nel breve termine, è il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale (PNSS). Questo documento programmatorio di carattere non cogente per il cittadini e per le Amministrazioni pubbliche, ha finalità di guida ed indirizzo unitario per tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nella problematica, con il fine ultimo del raggiungimento di una finalità sociale e sanitaria di assoluta priorità: ridurre il numero di incidenti, di decessi e feriti sulle strade del Paese. Già a partire dal 2001, la Commissione europea, con la pubblicazione del “Libro bianco sulla politica dei trasporti” ha puntato l’attenzione sulla necessità, per tutti i Paesi dell’UE, di ridurre almeno della metà il 27 IL SISTEMA ULISSE numero di vittime di incidenti stradali entro il 2010, ritoccando al rialzo il primo obiettivo del 1997 che prevedeva invece una riduzione del 40%19. A seguito delle indicazioni della Commissione europea, anche l’Italia ha attivato una serie di interventi finalizzati al contenimento del fenomeno. In particolare il Ministero dei trasporti ha attribuito una priorità molto elevata alla sicurezza stradale fin dalla fine degli anni ’90 quando, con la prima relazione al Parlamento sullo stato della sicurezza stradale20, del 1998, il Ministro competente segnalò la gravità del problema. Il nostro Paese era in notevole ritardo rispetto alla media europea, occorreva quindi intervenire in questo delicato settore con strategie d’azione importanti, significativi investimenti, adeguate professionalità e mediante uno strumento di pianificazione generale. Il Parlamento, con legge n.144/1999, ha istituito l’obbligo di redazione del PNSS (art.32) definendone anche il meccanismo di approvvigionamento finanziario. L’anno successivo il Ministero dei trasporti, con la collaborazione degli altri dicasteri interessati (Interno, Istruzione, Sanità, Ambiente), definì il documento di indirizzi generali e linee guida che, come previsto dalla norma, è un documento propedeutico alla redazione del Piano nazionale. Successivamente, questo documento, una volta approvato dalla Conferenza Stato-Regioni e Autonomie locali, ricevette il parere positivo del Parlamento, dando così il via libera ai bandi di concorso per la realizzazione dei progetti pilota, la definizione del Piano nazionale e i primi due programmi annuali di attuazione. Durante tutto questo periodo l’azione del Ministero dei trasporti in materia di pianificazione e governo della sicurezza stradale si è orientata secondo alcuni principi generali che qui di seguito si sintetizzano: - concordare e condividere gli interventi con tutti gli altri livelli di governo (regionale, provinciale e comunale) che fin dalle prime fasi sono direttamente coinvolti nella definizione degli obiettivi, delle priorità e dei campi di intervento. Alla base di questa scelta c’è la consapevolezza che la maggior parte delle vittime e degli incidenti si determina in ambito urbano e sulla rete stradale locale. Non a caso il Piano Nazionale prevede una serie di incentivi per Regioni, Province 28 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA e Comuni per lo sviluppo di nuovi interventi in materia di sicurezza stradale; - rafforzare il “sistema e la struttura di governo” della sicurezza stradale, rafforzare le competenze, le professionalità, le strutture tecniche, la strumentazione e le risorse finanziarie dedicate a questo settore. All’epoca bisognava infatti passare da un trend in aumento di vittime e di incidenti (in controtendenza rispetto al resto dell’Europa) ad una consistente riduzione con inversione della tendenza. Ciò, ovviamente, non era possibile senza un rafforzamento degli strumenti, delle strutture e delle risorse dedicate a questo obiettivo. Per questo motivo i primi impegni del Piano nazionale sono stati fortemente orientati a incentivare la costituzione di uffici speciali dedicati alla sicurezza stradale, di centri di monitoraggio21, di strumenti atti ad operare con maggiore specificità e competenza22. Uno dei maggiori successi riportati da questa linea di azione è rappresentato dalle realizzazioni eseguite da alcuni Comuni e Province – purtroppo ancora pochi - che ad oggi possono essere considerati esempi di eccellenza raggiungendo questo livello certamente per capacità proprie, ma anche grazie agli indirizzi ed incentivi messi a disposizione dal Piano Nazionale; - intervento diretto e specifico su alcune componenti di incidentalità particolarmente preoccupanti: punti neri23, componenti di mobilità a maggior rischio (interventi sugli utenti deboli come pedoni, ciclisti, ciclomotoristi, motociclisti), la diffusa trasgressività dei comportamenti individuali (interventi sulla cultura della sicurezza stradale, prevenzione dei comportamenti scorretti, controllo e repressione dei comportamenti più pericolosi). L’obiettivo di riferimento assunto dal Piano si basa sulle indicazioni contenute nel secondo programma della Commissione europea per la sicurezza stradale del 1997: riduzione del 40% del numero di morti e feriti entro il 2010 (“Promuovere la sicurezza stradale nell’Unione europea: Programma 1997-2001”). Obiettivo che nel 2001 è stato portato al 50% dalla stessa Commissione nel Libro bianco “Politiche europee dei trasporti per il 2010: è tempo di decidere”. In particolare il PNSS si configura come uno strumento funzionale alla creazione delle condizioni culturali, del quadro normativo regola29 IL SISTEMA ULISSE mentare, delle risorse, degli strumenti tecnici, degli interventi infrastrutturali e degli assetti organizzativi, necessari per ridurre il numero annuo delle vittime degli incidenti stradali di 2.700 morti e di 120.000 feriti (che poi, alla luce dell’obiettivo -50%, sono diventati rispettivamente oltre 3000 e più di 150.000). Tutto ciò implica una sostanziale ridefinizione degli obiettivi, delle priorità degli interventi e delle risorse destinate al settore. Senza questo stravolgimento radicale del sistema, con relativo cambiamento di cultura, il raggiungimento delle mete citate non poteva essere possibile. Il Piano Nazionale si fonda su cinque criteri base: 1) concentrare gli interventi per il miglioramento della sicurezza stradale sulle situazioni di massimo rischio; 2) estendere il campo di applicazione degli interventi per la sicurezza stradale promuovendo misure di tipo innovativo; 3) favorire un più stretto coordinamento tra i diversi livelli e settori della pubblica amministrazione competenti in materia di sicurezza stradale; 4) creare una rete di strutture tecniche, coerenti con la natura e l’ampiezza degli obiettivi da raggiungere, tra loro interconnesse e coordinate; 5) promuovere un maggiore coinvolgimento del settore privato nel campo del miglioramento della sicurezza stradale attraverso accordi di partenariato tra soggetti pubblici e soggetti privati. Il PNSS è strutturato in tre tomi e pianifica interventi per il decennio 2002 – 2011, prevedendo una revisione triennale dello stesso Piano per migliorarne progressivamente l’efficacia, tenendo conto dei risultati concretamente conseguiti nell’ambito delle diverse linee di azione: 1 - “Indirizzi Generali e Linee Guida di Attuazione”; 2 – “Azioni prioritarie”; 3 – “Allegati tecnici”. Il documento “Indirizzi Generali e Linee Guida di Attuazione” definisce: a) i riferimenti di base per l’elaborazione del PNSS, i campi di inter30 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA vento, le linee di azione e gli strumenti attuativi; b) le strutture e gli strumenti tecnico-organizzativi per l’attuazione e il monitoraggio del Piano e per il suo progressivo affinamento in funzione dei risultati concretamente conseguiti; c) una schematica allocazione di risorse, articolata per campi di intervento. Il documento è suddiviso in cinque sezioni: 1 - inquadramento generale, riferimenti normativi, obiettivi, contenuti generali e meccanismi d’attuazione del Piano. 2 - indirizzi generali, principi di riferimento, campi di intervento prioritari, misure di indirizzo, coordinamento e incentivazione; 3 - linee guida di attuazione e azioni da porre in essere; 4 - strutture e strumenti tecnici a supporto della definizione, attuazione e monitoraggio del Piano. 5 - fasi attuative e allocazione delle risorse. Il documento “Azioni prioritarie” è suddiviso in quattro sezioni: 1. “Riferimenti generali”: in relazione al quadro europeo e nazionale dell’incidentalità, dimensiona gli obiettivi e delinea i caratteri fondamentali del Piano; 2. “Azioni di primo livello”: obiettivi e gli interventi puntuali per migliorare la sicurezza stradale nei sistemi infrastrutturali e nei comparti di mobilità a massimo rischio; 3. “Azioni di secondo livello”: obiettivi e interventi di carattere sistematico, mirati al miglioramento generale della sicurezza stradale, presupposti tecnico-organizzativi per migliorare l’efficacia complessiva delle politiche di sicurezza stradale; 4. “Misure per il governo della sicurezza stradale”: strumenti e strutture per il coordinamento, gestione, aggiornamento e fabbisogno finanziario. Infine, negli “Allegati tecnici” sono riportati: A) l’elenco delle autostrade, delle strade di interesse nazionale, l’indice di rischio e il costo sociale determinato dagli incidenti stradali su ciascun tratta; 31 IL SISTEMA ULISSE B) il quadro sinottico delle strutture e delle linee di attività del Piano; C) l’elenco dei modelli di autovetture esaminate dal programma EuroNCAP. 3.1 - Lo stato di attuazione del PNSS Il Piano nazionale è stato avviato il 23 giugno 2003 con il decreto interministeriale (Infrastrutture e Trasporti di concerto Economia e Finanze) sulle procedure di accesso alle risorse finanziarie disponibili. La concreta realizzazione degli interventi del 1° Programma annuale di attuazione inizia nel 2004, dopo la fase di programmazione regionale e la selezione, tra le 705 proposte presentate da 684 amministrazioni provinciali e comunali, dei progetti da ammettere al cofinanziamento24. Sulla base di criteri premiali sono stati selezionati e ammessi al cofinanziamento 500 progetti per una spesa complessiva di 280 milioni di Euro. Il 2° programma parte nel 2005, con modalità e tempi del tutto analoghi. Le Regioni selezionano oltre 580 progetti su più di 1.000 proposte, per una spesa complessiva di 466 milioni di Euro, con termine degli interventi tra il 2005 e il 2007 e con fasi attuative comprese tra sei mesi e oltre due anni, a seconda che si tratti di interventi immateriali, come un corso di formazione e di educazione stradale, o di complesse opere infrastrutturali. Al momento il 1° e il 2° programma di attuazione hanno attivato 1.089 interventi per migliorare la sicurezza stradale, con una spesa complessiva attesa di 746 milioni di Euro, dei quali 336 a carico del PNSS. Circa il 20% delle Province e dei Comuni maggiori, grazie alle risorse rese disponibili dal Piano, si sono dotati di strumenti e strutture per rafforzare la propria capacità di governo della sicurezza stradale con risultati che in alcuni casi sono andati oltre le aspettative. Nel 2007, in relazione a quanto indicato nell’ “Atto di indirizzo per il governo della sicurezza stradale” approvato nell’aprile 2007, è stata concertata l’elaborazione del 3° Programma di attuazione con le Regioni e con le rappresentanze di UPI e ANCI, individuando meccanismi premiali e di allocazione delle risorse più semplici e procedure attuative più snelle al fine di ridurre i tempi attuativi e migliorare l’efficacia complessiva del programma. L’obiettivo del Ministero dei Trasporti, in accordo con le amministrazioni destinatarie dei fondi, è quello di semplificare le procedure, ridurre i tempi, migliorare la qualità degli interventi, su questo fronte le innovazioni del 3° programma annuale di attuazione costituiscono solo un primo passo. 32 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA 4 - I programmi di azione europei Il primo programma d’azione europeo in materia di sicurezza stradale (COM(93)246) è stato elaborato nel 1993 e si caratterizzava come un documento di principi generali. Ma già nel secondo programma25, la Commissione europea, per favorire il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza, evidenziava la necessità di attribuire una maggiore priorità alle politiche incentrate sulla sicurezza stradale, indicando agli Stati membri la convenienza, anche economica, a realizzare investimenti in sicurezza stradale, con particolare riferimento a misure per: 1) incentivare l’uso delle cinture di sicurezza; 2) sollecitare i costruttori a realizzare veicoli più sicuri per l’impatto con i pedoni e, più in generale, a migliorare la sicurezza passiva dei veicoli attraverso l’inserimento, di serie, di tutti i dispositivi di sicurezza resi disponibili dalle più recenti tecnologie; 3) ridurre la velocità media dei veicoli a motore; 4) ridurre il numero dei conducenti in stato di ebbrezza o sotto l’influsso di droghe o medicinali 5) migliorare le infrastrutture attraverso rotatorie, barriere di contenimento, ecc. Ovviamente, tutti questi punti sono stati ripresi e approfonditi nel Piano nazionale della sicurezza stradale. Queste cinque linee di intervento, coinvolgendo tre i fattori cardine del sistema: il veicolo, l’uomo e l’ambiente (sistema U-A-V), ancora oggi rappresentano le chiavi per il successo di qualsiasi strategia di riduzione della mortalità per incidente stradale. In riferimento alla misura di cui al punto 2, è utile ricordare che il pedone è l’”utente debole” per eccellenza di tutto il sistema26. Diversi studi scientifici, già a partire dalla fine degli anni ’70, hanno dimostrato che che circa il 10% dei pedoni in caso di impatto con un veicolo a 30 km/h, non sopravvive, la percentuale dei decessi passa al 45% nel caso d’urto a 50 km/h ed addirittura all’85% nel caso d’impatto col veicolo a 65 km/h27. Riguardo il punto 3, la stessa Commissione, nel citato programma, ha indicato l’assoluta importanza di questo fattore precisando che una riduzione della velocità media di 5 Km/h dei veicoli in circolazione, determinerebbe una riduzione tendenziale del numero di morti pari a -25%. 33 IL SISTEMA ULISSE 5 - L’atto di indirizzo per il governo della sicurezza stradale Per affrontare con successo il problema dell’incidentalità stradale è necessaria una strategia generale, ampiamente condivisa, che investe tutti i vari aspetti del sistema: informazione e formazione, comunicazione, prevenzione, controllo, repressione, regolamentazione del traffico, manutenzione e riqualificazione delle strade, miglioramento ed incentivazione del trasporto pubblico, educazione stradale. Questa visione generale e la capacità di raccordare i diversi settori e livelli dell’azione pubblica e di coinvolgere direttamente le imprese, i lavoratori e i cittadini, è essenziale per raggiungere importanti obiettivi di sicurezza stradale e per mantenerli stabili nel tempo. L’ ”Atto di indirizzo per il governo della sicurezza stradale” proposto dal Ministro dei Trasporti d’intesa con la Presidenza del Consiglio è il frutto dell’impegno di un apposito tavolo di lavoro al quale hanno partecipato, oltre ai tecnici del Ministero dei Trasporti, anche i rappresentanti degli altri Ministeri interessati al tema della sicurezza sulle strade: Ministero dell’Interno, Ministero delle Infrastrutture, delle Politiche Giovanili, della Pubblica Istruzione e della Salute. Questo documento è un disegno pianificatorio di carattere generale dal quale discenderanno progetti di legge, regolamenti, direttive e specifici interventi. Sotto questo profilo l’Atto di indirizzo, è uno strumento per ampliare l’operatività anche a nuovi settori e nuovi campi di intervento, per favorire una più ampia partecipazione pubblica – ma anche privata al miglioramento della sicurezza stradale. Più in particolare l’Atto di indirizzo è uno strumento per migliorare complessivamente la capacità di governo della sicurezza stradale a livello nazionale ma anche regionale e locale, attraverso un sistema di azioni innovativo e strutturato in una logica di sistema ed in grado di: imprimere un impulso deciso alla riduzione delle vittime e degli incidenti sulle strade; esercitare una forte azione di riequilibrio nei confronti dei livelli di incidentalità che, ad oggi, sono assai differenziati nelle diverse realtà territoriali del Paese. 5.1 - Struttura e contenuti dell’atto di indirizzo Data la necessità di ridurre il più rapidamente possibile il numero delle vittime degli incidenti stradali, la dimensione strategica dell’Atto di 34 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA indirizzo doveva necessariamente essere bilanciata da misure e interventi di immediata operatività, in grado cioè di esercitare una concreta azione di contrasto in tempi brevi. Si dovevano cioè conciliare i tempi medio-lunghi delle misure strutturali con le esigenze di tempestività e rapidità. Per modificare i caratteri strutturali del sistema di governo della sicurezza stradale, per aumentare significativamente la velocità di riduzione delle vittime, per migliorare la capacità di rimuovere le situazioni di massimo rischio e, soprattutto, per aumentare l’efficacia delle azioni poste in essere sono state definite dieci “azioni strutturali” che richiedono tempi medio-lunghi e un cospicuo impegno di risorse finanziarie e professionali. Per dare invece una risposta immediata ai problemi più urgenti, si è definito contestualmente un sistema di quindici “misure rapide” che: - possano essere avviate in tempi brevi, con un ciclo di attuazione compreso tra pochi mesi e un anno; - richiedano un impegno di risorse finanziarie e professionali immediatamente accessibili e utilizzabili; - abbiano una elevata visibilità per favorire lo sviluppo di processi emulativi e di benefiche sinergie; - promuovano un sostanziale aumento di efficacia delle misure poste in essere per migliorare la sicurezza stradale. Le azioni di entrambi i livelli, poi, sono guidate da cinque criteri generali di indirizzo: Criterio 1. Criterio 2. Criterio 3. Criterio 4. Criterio 5. Programmare, finanziare, coordinare Rafforzare la capacità di governo Formare una cultura della sicurezza stradale Incentivare e diffondere le migliori pratiche Informare e sensibilizzare Riportiamo qui di seguito, in estema sintesi, le dieci azioni strutturali e le quindici misure rapide previste nel documento: Azioni strutturali I. Aggiornamento del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale II. Predisposizione del 3° Programma di Attuazione del PNSS 35 IL SISTEMA ULISSE III. IV. V. VI. VII. VIII. IX. X. Emanazione di una norma per l’approvvigionamento finanziario del PNSS Riforma del Codice della Strada Rafforzamento della Consulta Nazionale sulla Sicurezza Stradale Creazione, presso il Ministero dei Trasporti, di una struttura tecnica nazionale dedicata in modo specifico alla sicurezza stradale Educazione stradale nelle scuole. Formazione dei tecnici e dei decisori. Promozione di master universitari e di altre iniziative formative in materia di sicurezza stradale dedicate a tecnici e decisori delle Amministrazioni nazionali, regionali e locali Formazione degli utenti Realizzazione di campagne nazionali di informazione e sensibilizzazione sul rischio stradale Misure rapide I. Costruzione di una rete di centri di monitoraggio provinciali e regionali II. Avvio del monitoraggio nazionale della sicurezza stradale III. Rafforzamento dell’azione di contrasto dei comportamenti di guida ad alto rischio attraverso la riorganizzazione delle sanzioni IV. Revisione dell’impianto della patente a punti V. Progetti pilota per l’educazione alla sicurezza stradale. VI. Miglioramento della preparazione per l’accesso alle patenti di guida VII. Progetti pilota per la formazione di tecnici e decisori. VIII. Messa in sicurezza delle dodici strade più pericolose. IX. Informazione e sensibilizzazione. Banca della comunicazione. X. Premio annuale per le Amministrazioni locali che hanno ottenuto i migliori risultati di sicurezza stradale. XI. Rilevazione e analisi dei comportamenti di guida ad alto rischio. XII. Tutela dei cittadini e tutela della sicurezza (regole, segnaletica e priorità di sanzionamento). Per contrastare l’errata percezione che le sanzioni possano rispondere non solo all’esigenza di “fare sicurezza” ma anche alla esigenza di 36 PRIMA PARTE XIII. XIV. XV. - LA NORMATIVA “fare cassa” Messa in sicurezza della mobilità su due ruote a motore. Progetto città sicure. Lavoro e sicurezza stradale. 6. Il Piano Generale della Mobilità Il presente paragrafo è un estratto della nota introduttiva al PGM del Ministro dei Trasporti. La versione integrale del testo è scaricabile dal sito web del Ministero dei Trasporti www.trasporti.gov.it. La finalità di ordine generale assunta dal Ministero dei Trasporti fin dal momento della sua costituzione come dicastero autonomo nel maggio 2006, è stata quella di riportare la politica dei trasporti al centro dell’azione del Governo, invertendo la tendenza a concentrare l’attenzione sulla realizzazione di opere infrastrutturali al di fuori di un pre-definito scenario programmatico e del relativo quadro di concertazione istituzionale. Questo era il senso ultimo della Legge Obiettivo che, non a caso, aveva perso ogni contatto con quello che doveva essere il suo naturale riferimento, ovvero il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica approvato nel 2001. Di qui è scaturita la decisione di avviare l’elaborazione di un nuovo piano, anche in considerazione del fatto che sia il PGTL del 2001 sia il Piano della Logistica approvato nel 2006 richiedevano una profonda rivisitazione per almeno tre ordini di motivi: - le profonde modificazioni che stanno interessando negli anni più recenti la mobilità a livello internazionale, che occorre interpretare e applicare alle dinamiche nazionali; - il progressivo aggravarsi del problema del trasporto pubblico locale, che riguarda milioni di pendolari, i quali sopportano costi notevoli, tempi di percorrenza elevati ed irregolari, deficit grave di qualità dei servizi; - la nuova sensibilità che nel Paese si sta sviluppando nei confronti della questione trasporti, sensibilità alla quale è necessario far corrispondere un salto di qualità nei processi decisionali propri della politica nazionale. La mobilità Il primo riferimento è di natura concettuale e riguarda la necessità che la questione venga posta nella sua massima generalità, acquisendo a fondamento di ogni elaborazione il concetto della mobilità, che rappresenta sempre più una delle funzioni vitali della società contemporanea. Infatti è la mobilità - intesa come esigenza di muoversi nello spazio delle persone e delle cose - la categoria 37 IL SISTEMA ULISSE che determina da parte di cittadini e imprese la domanda di servizi di trasporto che chiede di essere soddisfatta. Ed è la mobilità - intesa come capacità di muoversi nello spazio delle persone e delle cose - la categoria sulla quale va costruita da parte dei diversi operatori l’offerta di servizi in grado di soddisfarla. Occorre, dunque, porre questo concetto al centro delle elaborazioni programmatiche riguardanti i trasporti, nel rispetto del diritto che la nostra Costituzione pone in capo al cittadino e del diritto sancito dalla Comunità Europea per la libera circolazione di persone e cose all’interno dello spazio comunitario. Di qui la denominazione stessa del piano come Piano Generale della Mobilità, che sta a significare che i piani, i progetti, i provvedimenti finanziari e quelli normativi che si predisporranno e attueranno per il sistema dei trasporti dovranno essere finalizzati a fare in modo che questo sistema sia in grado, con i suoi vari modi, di rispondere alla domanda di mobilità che si vuole garantire al Paese. Ne discende che la sequenza logica degli atti di governo che il PGM sottende sono: previsione della mobilità; pianificazione dei sistemi di trasporto; programmazione delle infrastrutture e dei servizi. La parola chiave di questo Piano è integrazione, che si declina in tre modi diversi e concomitanti. L’integrazione tra le reti di mobilità interne e quelle degli altri Paesi, in particolare dell’Europa. Ciò significa massima attenzione alle connessioni con le grandi direttrici sulle quali punta la Comunità Europea - quella da Berlino a Palermo, quella da Lisbona a Kiev, quella da Genova a Rotterdam e quella adriatica verso i Balcani - e con quell’immensa rete a scala mondiale rappresentata dalle vie del mare, soprattutto per quel che riguarda le relazioni in area mediterranea. Su questo versante un’attenzione particolare sarà rivolta alla messa a punto di strumenti idonei a far compiere un salto di qualità in termini di efficienza ai porti italiani, a partire dalla loro “messa a sistema”. L’integrazione tra i diversi modi di trasporto, attraverso interventi alle diverse scale territoriali finalizzati alla creazione di cerniere di scambio che consentano di spostarsi con facilità dalla ferrovia, alla strada, alle linee aeree, alle vie del mare, che è la condizione prima per dare efficienza al nostro sistema di trasporto, in accordo con il concetto di co-modalità, sul quale ha posto di recente grande enfasi anche la Comunità Europea. 38 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA L’integrazione tra livelli, per tener conto del fatto che oltre a garantire le migliori e più rapide connessioni per le lunghe percorrenze (ruolo svolto dalla rete di autostrade e superstrade realizzate a partire dagli anni sessanta e dalla rete ferroviaria AV/AC in corso di realizzazione a partire dalla metà degli anni Novanta) è indispensabile tener conto della mobilità di breve e media percorrenza, in particolare quella dei milioni di pendolari che ogni giorno si spostano dai luoghi di residenza per motivi di lavoro, di studio, di svago, di accesso ai servizi che, malgrado alcune significative eccezioni come la linea RomaNapoli, ha visto ormai da anni un progressivo decadimento dell’offerta di trasporti pubblici - in particolare ferroviari - a favore del trasporto individuale su strada. Per questo aspetto sarà determinante il ruolo svolto dal trasporto pubblico a scala regionale e locale e, di conseguenza, sarà necessario un netto salto di qualità da parte delle Regioni per quel che riguarda la funzione di programmazione e gestione del trasporto pubblico locale, a partire dalla inversione delle scelte operate negli anni passati a favore del trasporto su strada. Uno strumento di programmazione e di indirizzo Un quadro difficile, dunque, con il quale occorre confrontarsi scrupolosamente fin dalla fase iniziale delle scelte sulle risposte da dare alla domanda di mobilità. Ma proprio a motivo di queste maggiori difficoltà, la strada da perseguire non può che essere quella di affrontare l’intera problematica nell’ambito dello strumento più pertinente - il Piano Generale della Mobilità - la cui efficienza dipende tuttavia da un preliminare chiarimento che discende da quanto si è appena detto con riguardo ai rapporti con il territorio. Ciò che deve essere chiaro è che il Piano Generale della Mobilità non può rimanere confinato in una dimensione settoriale, perchè se così avvenisse si commetterebbe un errore destinato ad inficiarne in partenza la validità, stante l’intima connessione che caratterizza il rapporto tra il sistema della mobilità e l’assetto del territorio. Ovviamente altra sarebbe la situazione se esistesse un quadro territoriale a scala nazionale (quale fu proposto nei primi anni settanta con le proiezioni territoriali del Progetto ‘80) al quale riferire un piano di settore come quello della mobilità, ovvero se ne avviassimo in parallelo l’elaborazione. Ma in assenza di uno dei due riferimenti non si può che partire dal presupposto che il territorio è un sistema a forte connettività interna e che quale che sia la componente di cui il piano si occupa, deve essere in grado di comprenderne (nel senso di averne complessiva cognizione) l’intera dimensione. 39 IL SISTEMA ULISSE Ciò implica la necessità di intraprendere due parallele e contemporanee direzioni di marcia per l’elaborazione del PGM: - quella del coordinamento con gli altri dicasteri competenti - in particolare quelli delle Infrastrutture e dell’Ambiente - e con Regioni, Province e Comuni in quanto soggetti titolari di competenze a scala locale in materia sia di territorio che di trasporti; - quella della costruzione di modelli simulativi di assetto del territorio, con i quali confrontare le scelte programmatiche relative al sistema di trasporto che via via verranno messe a punto. Per l’uno e l’altro dei due aspetti sarà necessario avere ben presente che il PGM, per la sua natura di strumento di programmazione e indirizzo, deve costituirsi come riferimento per il complesso di azioni che verranno intraprese da soggetti diversi - Ministeri, Regioni, Province, Comuni, Enti pubblici e privati, Operatori di settore - ciascuno per le sue competenze e con modalità e strumenti diversi. In particolare, il raccordo politico-amministrativo tra i diversi soggetti istituzionali coinvolti ai diversi livelli territoriali - a partire dalla sede deputata costituita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome - si deve concretizzare in un rapporto di collaborazione costruttiva, che non si esaurisca soltanto nella fase di formulazione degli interventi di interesse comune ma si estenda anche al momento della formazione dei rispettivi strumenti di programmazione. In considerazione di ciò, il PGM dovrà rappresentare un documento-quadro di sintesi programmatoria e di indirizzo, utile ad integrare i contenuti della pianificazione locale in una cornice di coerenza a livello nazionale. Un piano-processo Vi è, infine, da affrontare la questione della gestione del PGM, il che richiede due ordini di considerazioni in relazione ai tempi del piano. La prima riguarda la prospettiva temporale da assumere per il PGM che, stante la natura e la portata di tale strumento, non può che essere rapportata ai tempi di elaborazione e attuazione degli atti di programmazione di cui si pone come riferimento e ai tempi di evoluzione e verifica dei fenomeni che mira ad indurre e controllare. Da questo punto di vista, considerando anche il tempo stimabile per l’entrata in vigore del PGM, l’orizzonte del 2020 appare il più congruo. La seconda considerazione riguarda i tempi intermedi, ovvero quelli che partendo da ora vanno fino all’entrata in vigore del Piano (stimata alla fine del 40 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA 2008) e poi fino al suo orizzonte temporale di validità (come detto, il 2020) che è il termine entro il quale se ne prevede fin d’ora la revisione generale. Per questo aspetto è necessario evidenziare che mentre avanza il processo di elaborazione del PGM, si evolve anche il quadro dei provvedimenti che lo stesso Ministero dei Trasporti (spesso di concerto con altri Ministeri) via via mette a punto: da quelli già approvati o per i quali è in corso l’iter parlamentare (il ddl sulla sicurezza stradale o il ddl di riforma del trasporto aereo); a quelli ancora in fase di discussione (come il ddl per la riforma del codice della navigazione); agli atti di diversa natura che riguardano la portualità, l’autotrasporto, il trasporto pubblico locale, il riassetto del sistema ferroviario. Con questo quadro evolutivo dovrà continuamente correlarsi il PGM, sia nella fase di elaborazione che in quella di gestione. In questo lungo percorso risulteranno essenziali le verifiche periodiche che sembra opportuno collegare alle cadenze annuali dei DPEF, a partire da quello attuale relativo al triennio 2008-2011, nel quale è già presente un paragrafo Mobilità, che si pone sulla falsariga delle elaborazioni fin qui compiute per il PGM e dei provvedimenti già avviati ai quali si è fatto cenno, nonché alle molteplici azioni intraprese in attuazione della Finanziaria 2007. Per conferire al meglio al Piano Generale della Mobilità questo carattere di piano-processo, un’importanza particolare assumono proprio le Linee Guida esito di un percorso di elaborazione caratterizzato dal confronto tra scelte di natura politico-istituzionale e valutazioni di natura tecnico-scientifica - che ora vengono aperte alla discussione con coloro che, per ragioni e compiti diversi, sono interessati al tema della mobilità, al fine di recepire osservazioni e contributi di idee che ne consentano la definitiva formulazione e l’avvio della fase di vera e propria elaborazione del Piano. Riferimenti bibliografici Salute e sicurezza stradale: l’onda lunga del trauma. A cura di Franco Taggi & Pietro Marturano, CAFI editore; Linee guida di attuazione del Piano nazionale della Sicurezza stradale, Ministero dei trasporti, 2001; Piano Nazionale della Sicurezza Stradale – “Azioni Prioritarie”, Ministero dei Trasporti, marzo 2002; Linee guida del Piano generale della mobilità, Ministero dei trasporti, ottobre 2007. Note 1. Dopo la riforma dell’articolo 117 della Costituzione, sono sorti dei dubbi sul 41 IL SISTEMA ULISSE fatto che il diritto della circolazione stradale dovesse ancora essere di competenza dello Stato in via esclusiva o concorrente oppure dovesse rientrare nelle competenze delle Regioni e Provincia autonome. Su tale questione si è espressa la Corte costituzionale con la sentenza n.428/2004 ribadendo che la materia della sicurezza stradale deve rimanere di competenza esclusiva delo Stato. La suprema Corte ha ritenuto che, in ragione della capillare diffusione dei veicoli a motore su tutto il territorio della Nazione, il sistema della mobilità automobilistica conta incisivamente sul pino economico, sociale e culturale l’attuale stadio di sviluppo della società il che comporta che la circolazione stradale esprima una delle più rilevanti modalità di esercizio della libertà di movimento da un luogo ad un altro del territorio nazionale. Per questi motivi, la circolazione stradale, pur non espressamente menzionata all’art.117 della Costituzione, può essere collocata nell’ambito residuale ascritto alla potestà legislativa esclusiva delle Regioni, e deve rimanere nelle competenze statali esclusive in quanto funzionale alla tutela dell’incolumità personale dei cittadini ed all’ordine pubblico. 2. Il regolamento di esecuzione del CdS è una norma secondaria che ha la fnzione di specificare ed ampliare concetti riportati nel Codice. Eventuali disposizioni contrastanti sono da considerarsi non applicabili o illegittime al cospetto di quelle del Codice che prevalgono in ogni caso. In particolare, la violazione di norme di comportamento novellate dal regolamento e non dal codice, non costituenti quindi attuazione di una norma del CdS non possono comportare sanzioni ammministrative o penali a carico dei trasgressori. 3. A partire dall’entrata in vigore del CdS del 1959 ad oggi, si sono succedute diverse leggi che hanno modificato ed integrato il testo originario del CdS in base alle mutate esigenze della circolazione e della sicurezza. 4. Con il recepimento delle direttive comunitarie si determina automaticamente la disapplicazione di tutte le norme nazionali che dovessero essere in contrasto. 5. I decreti ministeriali emessi dai competenti ministri in materia di circolazione stradale hanno efficacia pari a quella del CdS o del Regolamento, solo nell’ipotesi in cui sono emanati in attuazione di norme del CdS o delle leggi speciali nelle quali le legge stessa abbia esplicitamente previsto l’emanazione di un tale atto (il DM) al fine di integrare o meglio specificare l’articolato. Per esempio, l’articolo 35 del CdS prevede che il Ministro dei trasporti può adeguare con propri decreti le norme del Regolamento di esecuzione per adeguarle al recepimento delle direttive comunitarie. In ogni caso, il DM è una fonte secondaria e pertanto rimane sempre subordinata alla legge che prevale sempre in caso di contrasto. 6. Una Convenzione internazionale cui l’Italia ha aderito, una volta ratificata con apposita legge, è da considerarsi equivalente ad una norma del CdS ed addirittura prevalente in caso di contrasto. Diversi aspetti della circolazione stradale sono stati oggetto di Convenzioni internazionali ratificate in Italia con leggi ordinarie. In particolare gli aspetti sui veicoli e sui documenti necessari per la circolazione sono stati spesso oggetto di tali Convenzioni, ma anche l’ar42 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA monizzazione della segnaletica e delle regole di comportamento. Con la Convenzione di Strasburgo del 30 novembre 1964, ad esempio, sono state regolamentate le operazioni di repressione delle infrazioni e le notifiche all’estero delle violazioni amministrative. Con la Convenzione di Vienna dell’8.11.1968, ratificata in Italia con legge n.308/1995 è stata disciplinata la circolazione internazionale dei veicoli. 7. Una delle prime Convenzioni internazionali sulla circolazione stradale è quella siglata a Ginevra il 19 settembre 1949, successivamente superata e sostituita da quella di Vienna del 1968. 8. Le circolari sono atti interni alla pubblica amministrazione e pertanto non hanno effetto nei confronti dei cittadini ma unicamente nei confronti degli uffici subordinati. La circolare è quindi un mezzo di comunicazione tra organi o uffici dello Stato senza riflessi immediati sui terzi interessati (Corte cassazione, sent. n.3699 del 19.11.1974). 9. Queste sono norme internazionali che per poter diventare vincolanti per l’utente, devono essere rese esecutive da apposite leggi di recepimento. 10. Con il termine giurisprudenza in genere si indica l’insieme delle sentenze emesse dagli organi giudicanti su una determinata questione. Questa non è fonte immediata di diritto, nel senso che le sue determinazioni non vincolano i cittadini ma solo le parti in causa. L’art.2909 c.c. afferma in tal senso che la sentenza ha efficacia esclusivamente tra le parti in giudizio e non rispetto a terzi. In via del tutto generale pertanto, i giudici non sono tenuti ad uniformarsi ad altre sentenze già emesse, purtuttavia, una giurisprudenza consolidata ed ampiamente condivisa, può avere influenza su successivi organi giudicanti.. 11. Generalmente la consuetudine è fonte del diritto solo quando espressamente richiamata da una legge e nel nostro caso, appunto, essa non è mai richiamata. 12. Purtroppo, a livello europeo, deve segnalarsi che sull’obiettivo -50% entro il 2010 delle vittime sulla strada, la Commissione europea, nel “Rapporto di medio termine” pubblicato nel maggio del 2006, ha valutato che alle attuali tendenze nel 2010 si raggiungerà una riduzione di vittime di circa il 35%; 13. Il PNSS è stato istituito dall’articolo 32 della legge n.144/1999. 14. Ad oggi in Italia ci sono più di cinquanta milioni di veicoli circolanti, di cui 34,7 milioni di autovetture, 4,9 milioni di motoveicoli, 5 milioni di ciclomotori e 4,2 milioni di autocarri (Fonte: Conto nazionale dei trasporti e delle infrastrutture, dicembre 2005). 15. Il concetto di rischio è assai vario. Genericamente si può affermare che il rischio è un fattore connesso alle aspettative di chi lo valuta o di chi lo percepisce. Il rischio indica un potenziale effetto (negativo) sulle persone o sulle cose determinato da particolari situazioni. Nella usuale accezione del termine, il rischio è usato come sinonimo di pericolo o meglio come probabilità che un determinato effetto negativo si verifichi realmente. Ingegneristicamente, il rischio (R) è dato dal prodotto tra la probabilità che un certo evento si verifichi (cioè la frequenza (f) stimabile di accadimento di quell’evento) e l’entità del danno che l’evento stesso potrebbe procurare (magnitudo (M)). In formule: R 43 IL SISTEMA ULISSE = f*M. Si può anche distinguere tra due tipi di rischio: il primo basato su stime tecnico-scientifiche (rischio teorico), il secondo, dipendente dalla percezione umana del rischio (rischio percepito o rischio reale). Su quest’ultimo aspetto si veda il capitolo: “La percezione del rischio e il rischio della percezione”. 16. Si vedano in particolare gli articoli nn. 1,5,6,7,9,15,140 e 141 del CdS. 17. In particolare gli utenti della strada hanno il dovere di rispettare: le norme che regolano la circolazione, gli altri utenti della strada, le infrastrutture e l’ambiente. Essi hanno inoltre il dovere di rispettare i seguenti principi: - osservare i comportamenti imposti dalla segnaletica stradale, dagli agenti del traffico e dalle Forze dell’Ordine; - adottare comportamenti e stili di guida prudenti e difensivi, atti a garantire una circolazione il più sicuro possibile; - non costituire intralcio o pericolo per la circolazione; - mettere in atto ogni azione possibile al fine di scongiurare situazioni pericolose, tamponamenti e incidenti in genere; - non utilizzare apparecchi elettronici e radiotrasmittenti il cui uso preveda l’utilizzo delle mani (telefonini, videofonini, TV-fonini, lettori MP3, lettori CD-ROM e DVD, palmari e simili) e che comunque possano intralciare il libero uso delle mani e/o arrecare disturbo o pericolo per una guida corretta e prudente; - rispettare gli eventuali obblighi e prescrizioni riportate sulla patente di guida (lenti, protesi, adattamenti particolari, ausili ecc.); - utilizzare per sé e far indossare gli altri occupanti il veicolo i prescritti dispositivi di sicurezza passiva (es. cinture, casco); - essere tolleranti nei confronti degli altri utenti, non avere dei comportamenti aggressivi o di competizione ed aiutare chi eventualmente si trova in difficoltà e prestare soccorso in caso di incidente; - sforzarsi, per quanto possibile, di prevedere i comportamenti degli altri utenti; - non abusare della potenza, delle dimensioni e della massa del proprio veicolo, cercando anzi di percepire e riconoscere il rischio che l’uso del proprio mezzo rappresenta per gli utenti più deboli. 18. Gli incidenti stradali in Italia nel 2006 sono stati 238.124 e hanno determinato 5.669 morti e 332.955 feriti con un conseguente costo sociale di circa 30 miliardi di Euro. Gli incidenti stradali sono responsabili del maggior numero di morti traumatiche per l’intera popolazione e, in assoluto, del maggior numero di morti per i cittadini sotto i 40 anni di età. A titolo esemplificativo si nota che il numero di morti per incidenti stradali risulta quasi sei volte più elevato del numero complessivo di morti sul lavoro, dieci volte più ampio del numero delle vittime di omicidi, oltre cento volte più elevato della somma delle vittime di tutti gli incidenti aerei, ferroviari e marittimi. 19. Il tasso di mortalità (numero di morti per 100.000 abitanti) colloca l’Italia al 9° posto nella graduatoria di sicurezza dei Paesi dell’UE15 (l’Unione europea a 15 membri, prima dell’ultimo allargamento). In particolare l’Italia nel 2005 registra un tasso di 9,6 morti per 100.000 abitanti mentre la media dell’UE15 44 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA non supera il tasso di 8,5. Questa posizione non esaltante deriva dal fatto che durante gli anni ’90 il Paese ha registrato una forte regressione dei livelli di sicurezza rispetto alla positiva evoluzione della media europea. Questo arretramento ha portato l’Italia dal 4° posto del 1990 (dopo Svezia, Olanda, Regno Unito e Danimarca) al 9° posto nel 2002. In tutti questi anni l’evoluzione italiana è stata in netta controtendenza rispetto all’evoluzione dell’UE (è da notare che il riferimento all’UE15 è fatto con l’intento di confrontare la situazione italiana con quella di altri Paesi con livelli di sviluppo socioeconomico, infrastrutturale e di mobilità paragonabili. Il confronto con i Paesi di nuovo accesso infatti, molti dei quali stanno affrontando in questi anni la fase di motorizzazione di massa e di ammodernamento della rete infrastrutturale, risulterebbe fuorviante e statisticamente non rilevante). Nella non luminosa classifica dei tassi di mortalità nei Paesi dell’UE, meglio dell’Italia si piazzano l’Olanda (4,9 morti per 100.000 abitanti), la Svezia (5,3), il Regno Unito (5,6), la Danimarca (6,8), la Germania (7,1), la Finlandia (7,2), la Francia (9,2) che fino al 2002 aveva tassi di mortalità più alti di quelli italiani e l’Irlanda (9,4). Fanno invece registrare tassi di mortalità superiori a quello italiano: l’Austria (10,8), il Portogallo (10,8), il Lussemburgo (10,9), la Spagna (11,2), il Belgio (13,0) e la Grecia (14,7). 20. La relazione al Parlamento è prevista dall’Art. 1 del DPR n.495/1992 (Regolamento di esecuzione del CdS). L’articolo prevede che la relazione annuale sia predisposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri sulla base di specifici rapporti e indagini sulla circolazione e sulla sicurezza stradale. La relazione deve essere trasmessa alla Presidenza del Senato e della Camera dei Deputati entro il 30 giugno di ogni anno. I rapporti e le indagini sono elaborati dai vari Ministeri che si occupano della materia, anche avvalendosi dell’apporto di studi e ricerche effettuati da istituzioni, pubbliche e private, particolarmente qualificate nel settore. Il comma due dello stesso articolo ha previsto che la relazione annuale deve essere trasmessa entro il 30 aprile al CNEL, che, entro quarantacinque giorni dalla ricezione, esprime il proprio parere sul documento. 21. I centri di monitoraggio differiscono dagli “Osservatori” o “Consulte” per la sicurezza stradale, in quanto solo i primi sono previsti dal PNSS (rappresentando le strutture di monitoraggio e governo della sicurezza stradale da creare o implementare per l’ottenimento dei finanziamenti), mentre i secondi, in genere, sono nati su base volontaria per la sensibilità di alcune Amministrazioni locali, ovvero per effetto di leggi regionali che hanno stanziato finanziamenti per la sicurezza stradale indipendentemente dal Piano Nazionale. Gli osservatori finora esistenti sono per la maggior parte tutti regionali. 22. In particolare, già da allora, si sentiva l’esigenza di uffici dotati di una completa autonomia (tecnica e finanziaria) e di una maggiore specificità di missione. 23. Si definiscono “Punti neri” i luoghi, in genere intersezioni stradali, dove si ha una concentrazione particolarmente elevata di incidenti, ovvero, tassi di 45 IL SISTEMA ULISSE mortalità molto elevati e superiori alla media. 24. La selezione è avvenuta tramite bando regionale basato su valutazioni di merito e meccanismi premiali. 25. Promuovere la sicurezza stradale nell’Unione europea: il programma 1997-2001”, aprile 1997, (COM (97)131). 26. Nel 2006, in Italia sono morti 758 pedoni (nel 2005 ne sono morti 703), altri 21.062 sono rimasti feriti. 27. Si pensi che in Europa, ogni anno, perdono la vita 7000 pedoni coinvolti in incidenti stradali, mentre altri 75.000 restano gravemente feriti. Queste considerazioni dovrebbero condurre a riflettere sulla gravità del problema, inducendo le amministrazioni competenti ad adottare le misure già previste dal PNSS circa la protezione degli utenti deboli (motociclisti, ciclisti e pedoni) come ad esempio la realizzazione delle “zone 30” (per le altre misure si vedano i paragrafi n. 2.2 e 2.3 del PNSS). 46 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA Appendice Gli articoli del Codice della Strada relativi a cinture, casco e telefoni cellulari e Articolo 171 CdS - Uso del casco protettivo per gli utenti di veicoli a due ruote 1. Durante la marcia, ai conducenti e agli eventuali passeggeri di ciclomotori e motoveicoli è fatto obbligo di indossare e di tenere regolarmente allacciato un casco protettivo conforme ai tipi omologati, secondo la normativa stabilita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti1. 1-bis. Sono esenti dall’obbligo di cui al comma 1 i conducenti e i passeggeri: a) di ciclomotori e motoveicoli a tre o a quattro ruote dotati di carrozzeria chiusa; b) di ciclomotori e motocicli a due o a tre ruote dotati di cellula di sicurezza a prova di crash, nonché di sistemi di ritenuta e di dispositivi atti a garantire l’utilizzo del veicolo in condizioni di sicurezza, secondo le disposizioni del regolamento1. 2. Chiunque viola le presenti norme è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 70 a euro 285. Quando il mancato uso del casco riguarda un minore trasportato, della violazione risponde il conducente2. 3. Alla sanzione pecuniaria amministrativa prevista dal comma 2 consegue il fermo amministrativo del veicolo per sessanta giorni ai sensi 47 IL SISTEMA ULISSE del capo I, sezione II, del titolo VI. Quando, nel corso di un biennio, con un ciclomotore o un motociclo sia stata commessa, per almeno due volte, una delle violazioni previste dal comma 1, il fermo del veicolo è disposto per novanta giorni. La custodia del veicolo è affidata al proprietario dello stesso1. 4. Chiunque importa o produce per la commercializzazione sul territorio nazionale e chi commercializza caschi protettivi per motocicli, motocarrozzette o ciclomotori di tipo non omologato è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 742 a euro 2.970. 5. I caschi di cui al comma 4, ancorché utilizzati, sono soggetti al sequestro ed alla relativa confisca, ai sensi delle norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI. ______ 1. Comma sostituito dall’ art.168 della Legge del 24 novembre 2006, n. 286 2. Comma modificato dal decreto-legge n. 151/2003, conv. con legge n. 214 del 1° agosto 2003. Articolo 172 CdS - Uso delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta per bambini1. 1. Il conducente ed i passeggeri dei veicoli delle categorie M1, N1, N2 ed N3, di cui all’articolo 47, comma 2, muniti di cintura di sicurezza, hanno l’obbligo di utilizzarle in qualsiasi situazione di marcia. I bambini di statura inferiore a 1,50 m devono essere assicurati al sedile con un sistema di ritenuta per bambini, adeguato al loro peso, di tipo omologato secondo le normative stabilite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, conformemente ai regolamenti della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite o alle equivalenti direttive comunitarie. 2. Il conducente del veicolo è tenuto ad assicurarsi della persistente efficienza dei dispositivi di cui al comma 1. 3. Sui veicoli delle categorie M1, N1, N2 ed N3 sprovvisti di sistemi di ritenuta: 48 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA a) i bambini di età fino a tre anni non possono viaggiare; b) i bambini di età superiore ai tre anni possono occupare un sedile anteriore solo se la loro statura supera 1,50 m. 4. I bambini di statura non superiore a 1,50 m, quando viaggiano negli autoveicoli per il trasporto di persone in servizio pubblico di piazza o negli autoveicoli adibiti al noleggio con conducente, possono non essere assicurati al sedile con un sistema di ritenuta per bambini, a condizione che non occupino un sedile anteriore e siano accompagnati da almeno un passeggero di eta’ non inferiore ad anni sedici. 5. I bambini non possono essere trasportati utilizzando un seggiolino di sicurezza rivolto all’indietro su un sedile passeggeri protetto da airbag frontale, a meno che l’airbag medesimo non sia stato disattivato anche in maniera automatica adeguata. 6. Tutti gli occupanti, di eta’ superiore a tre anni, dei veicoli in circolazione delle categorie M2 ed M3 devono utilizzare, quando sono seduti, i sistemi di sicurezza di cui i veicoli stessi sono provvisti. I bambini devono essere assicurati con sistemi di ritenuta per bambini, eventualmente presenti sui veicoli delle categorie M2 ed M3, solo se di tipo omologato secondo quanto previsto al comma 1. 7. I passeggeri dei veicoli delle categorie M2 ed M3 devono essere informati dell’obbligo di utilizzare le cinture di sicurezza, quando sono seduti ed il veicolo e’ in movimento, mediante cartelli o pittogrammi, conformi al modello figurante nell’allegato alla direttiva 2003/20/CE, apposti in modo ben visibile su ogni sedile. Inoltre, la suddetta informazione può essere fornita dal conducente, dal bigliettaio, dalla persona designata come capogruppo o mediante sistemi audiovisivi quale il video. 8. Sono esentati dall’obbligo di uso delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta per bambini: a) gli appartenenti alle forze di polizia e ai corpi di polizia municipale e provinciale nell’espletamento di un servizio di emergenza; b) i conducenti e gli addetti dei veicoli del servizio antincendio e sanitario in caso di intervento di emergenza; c) gli appartenenti ai servizi di vigilanza privati regolarmente ricono49 IL SISTEMA ULISSE sciuti che effettuano scorte; d) gli istruttori di guida quando esplicano le funzioni previste dall’articolo 122, comma 2; e) le persone che risultino, sulla base di certificazione rilasciata dalla unità sanitaria locale o dalle competenti autorità di altro Stato membro delle Comunità europee, affette da patologie particolari o che presentino condizioni fisiche che costituiscono controindicazione specifica all’uso dei dispositivi di ritenuta. Tale certificazione deve indicare la durata di validità, deve recare il simbolo previsto nell’articolo 5 della direttiva 91/671/CEE e deve essere esibita su richiesta degli organi di polizia di cui all’articolo 12; f) le donne in stato di gravidanza sulla base della certificazione rilasciata dal ginecologo curante che comprovi condizioni di rischio particolari conseguenti all’uso delle cinture di sicurezza; g) i passeggeri dei veicoli M2 ed M3 autorizzati al trasporto di passeggeri in piedi ed adibiti al trasporto locale e che circolano in zona urbana; h) gli appartenenti alle forze armate nell’espletamento di attività istituzionali nelle situazioni di emergenza. 9. Fino all’8 maggio 2009, sono esentati dall’obbligo di cui al comma 1 i bambini di età inferiore ad anni dieci trasportati in soprannumero sui posti posteriori delle autovetture e degli autoveicoli adibiti al trasporto promiscuo di persone e cose, di cui dell’articolo 169, comma 5, a condizione che siano accompagnati da almeno un passeggero di età non inferiore ad anni sedici. 10. Chiunque non fa uso dei dispositivi di ritenuta, cioè delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta per bambini, e’ soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 70 euro a 285 euro. Quando il mancato uso riguarda il minore, della violazione risponde il conducente ovvero, se presente sul veicolo al momento del fatto, chi e’ tenuto alla sorveglianza del minore stesso. Quando il conducente sia incorso, in un periodo di due anni, in una delle violazioni di cui al presente comma per almeno due volte, all’ultima infrazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da quindici giorni a due mesi, ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI2. 11. Chiunque, pur facendo uso dei dispositivi di ritenuta, ne altera od 50 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA ostacola il normale funzionamento degli stessi e’ soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 35 euro a 143 euro. 12. Chiunque importa o produce per la commercializzazione sul territorio nazionale e chi commercializza dispositivi di ritenuta di tipo non omologato e’ soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 742 euro a 2.970 euro. 13. I dispositivi di ritenuta di cui al comma 12, ancorché installati sui veicoli, sono soggetti al sequestro ed alla relativa confisca, ai sensi delle norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI. ______ 1. Articolo modificato dal Decreto Legislativo 13 marzo 2006, n. 150 (G.U. n.87 del 13.4.2006) 2. Comma modificato dal decreto-legge n. 151/2003, conv. con legge n. 214 del 1° agosto 2003. I soggetti obbligati ad utilizzare le cinture di sicurezza Veicoli per il trasporto di persone Autovetture Autoveicoli per trasporto promiscuo Taxi e NCC Autobus Conducente e passeggeri posti anteriori e posteriori Conducente e passeggeri posti anteriori e posteriori Conducente e passeggeri posti anteriori e posteriori di taxi e veicoli adibiti al noleggio con conducente Conducente e passeggeri di minibus e autobus (categoria M2 e M3) in servizio di trasporto. Non è obbligatorio l’uso delle cinture di sicurezza per i passeggeri di autobus di linea autorizzati al trasporto in piedi durante l’itinerario in zona urbana. 51 IL SISTEMA ULISSE Veicoli destinati al trasporto merci N1 N2 N3 Conducente e passeggeri posti anteriori e posteriori di veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa non superiore a 3,5 t Conducente e passeggeri posti anteriori e posteriori di veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa superiore a 3,5 t ma non superiore a 12 t Conducente e passeggeri posti anteriori di veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa superiore a 12 t ______ Il testo dell’art. 172 del Codice della strada in vigore fino al 13 aprile 2006 prevedeva l’obbligo dell’uso delle cinture di sicurezza solo per coloro che occupavano i sedili anteriori dei veicoli di categoria N1 (furgoni e autocarri fino a 3,5 t di massa complessiva) Regole per il trasporto di bambini I bambini di statura inferiore a 1,50 m devono essere assicurati al sedile con un sistema di ritenuta per bambini, adeguato al loro peso, di tipo omologato. Possono viaggiare sul sedile anteriore o su quello posteriore. Bambini fino a tre anni I bambini fino a tre anni di età non possono più essere trasportati sui veicoli (tranne gli autobus) senza l’apposito sistema di ritenuta, anche se siedono posteriormente e sono accompagnati da un adulto. Autovetture prive di E’ vietato il trasporto di bambini di età fino a cinture di sicurezza 3 anni su tutti i veicoli sprovvisti di cinture di sicurezza. I bambini di età superiore a 3 anni possono occupare il sedile anteriore dei veicoli sprovvisti di cinture di sicurezza solo se la loro altezza supera 1,50 m. Seggiolino e airbag I bambini non possono essere portati utilizzando un seggiolino di sicurezza rivolto all’indietro su un sedile protetto da airbag frontale, a meno che quest’ultimo non sia disattivato. Su tali posti possono viaggiare con il seggiolino rivolto nel senso di marcia. Bambini di statura inferiore a 1,50 m 52 PRIMA PARTE Autobus e minibus - LA NORMATIVA Non ci sono obblighi per i bambini di età fino a tre anni. I bambini di età superiore a 3 anni devono utilizzare i sistemi di sicurezza di cui i veicoli sono provvisti. I bambini devono essere assicurati con sistemi di ritenuta ido nei, presenti sul veicolo, solo se di tipo omologato. Proroghe: Fino all’8 maggio 2009 sono esenti dall’obbligo di uso dei sistemi di ritenuta i due bambini di età inferiore a 10 anni ammessi al trasporto in soprannumero sui posti posteriori delle autovetture e degli autoveicoli per trasporto promiscuo a condizione che siano accompagnati da almeno un passeggero di età non inferiore a 16 anni. Classificazione internazionale dei veicoli (art. 47 CdS) - categoria L1: - categoria L2: - categoria L3: - categoria L4: - categoria L5: veicoli a due ruote la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) non supera i 50 cc e la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) non supera i 50 km/h; veicoli a tre ruote la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) non supera i 50 cc e la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) non supera i 50 km/h; veicoli a due ruote la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) supera i 50 km/h; veicoli a tre ruote asimmetriche rispetto all’asse longitudinale mediano, la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) supera i 50 km/h (motocicli con carrozzetta laterale); veicoli a tre ruote simmetriche rispetto all’asse longitudinale mediano, la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) supera i 50 km/h; 53 IL SISTEMA ULISSE - categoria M: - categoria M1: - categoria M2: - categoria M3: - categoria N: - categoria N1: - categoria N2: - categoria N3: - categoria O: - categoria O1: - categoria O2: - categoria O3: - categoria O4: veicoli a motore destinati al trasporto di persone ed aventi almeno quattro ruote; veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente; veicoli destinati al trasporto di persone, aventi più di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e massa massima non superiore a 5 t; veicoli destinati al trasporto di persone, aventi più di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e massa massima superiore a 5 t; veicoli a motore destinati al trasporto di merci, aventi almeno quattro ruote; veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa massima non superiore a 3,5 t; veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa massima superiore a 3,5 t ma non superiore a 12 t; veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa massima superiore a 12 t; rimorchi (compresi i semirimorchi); rimorchi con massa massima non superiore a 0,75 t; rimorchi con massa massima superiore a 0,75 t ma non superiore a 3,5 t; rimorchi con massa massima superiore a 3,5 t ma non superiore a 10 t; rimorchi con massa massima superiore a 10 t . Articolo 173 CdS - Uso di lenti o di determinati apparecchi durante la guida 1. Il titolare di patente di guida, al quale in sede di rilascio o rinnovo della patente stessa sia stato prescritto di integrare le proprie deficienze organiche e minorazioni anatomiche o funzionali per mezzo di lenti o di determinati apparecchi, ha l’obbligo di usarli durante la guida. 54 PRIMA PARTE - LA NORMATIVA 2. È vietato al conducente di far uso durante la marcia di apparecchi radiotelefonici ovvero di usare cuffie sonore, fatta eccezione per i conducenti dei veicoli delle Forze armate e dei Corpi di cui all’articolo 138, comma 11, e di polizia, nonché per i conducenti dei veicoli adibiti ai servizi delle strade, delle autostrade ed al trasporto di persone in conto terzi. È consentito l’uso di apparecchi a viva voce o dotati di auricolare purché il conducente abbia adeguate capacità uditive ad entrambe le orecchie (che non richiedono per il loro funzionamento l’uso delle mani)1. 3. Chiunque viola le disposizioni di cui al comma 1 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 70 a euro 2852. 3-bis. Chiunque viola le disposizioni di cui al comma 2 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 148 a euro 594. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi, qualora lo stesso soggetto compia un’ulteriore violazione nel corso di un biennio3. ______ 1. Comma inserito dall’art. 2 del decreto-legge n. 121/2002, come modificato dalla legge di conversione, n. 168/2002, in G. U. 6 agosto 2002, con decorrenza 7 agosto 2002; il periodo tra parentesi è sopravvissuto alle modifiche. 2. comma modificato dal Decreto legge 3 agosto 2007 n.117 convertito , con modificazioni, in Legge 2 ottobre 2007 n.160 3. comma aggiunto dal Decreto legge 3 agosto 2007 n.117 convertito , con modificazioni, in Legge 2 ottobre 2007 n.160 55 IL SISTEMA ULISSE 56 SECONDA PARTE I DATI DEL SISTEMA ULISSE IL SISTEMA ULISSE 58 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Risultati delle rilevazioni per l’anno 2007 Brevi note metodologiche Le rilevazioni del sistema Ulisse sono basate su una metodologia specificamente messa a punto dall’ISS negli anni ’80, e successivamente perfezionata in base alle esperienze a mano a mano maturate. In sintesi, la procedura e i criteri sono questi: - la durata di ogni rilevazione è fissa (1 ora); - il punto dove si effettua la rilevazione (via, piazza, ecc.) è sempre lo stesso; - le rilevazioni hanno, nella gran parte, cadenza mensile; - lo schema di campionamento utilizzato è di tipo stratificato; - come proporzione nell’anno di utenti che utilizzano i dispositivi in un certo punto di osservazione si assume la media ponderata delle rilevazioni mensili effettuate nel punto stesso; - ponderando con la popolazione sottostante al punto, dalle osservazioni effettuate nei diversi punti di rilevamento appartenenti al territorio di una specifica provincia si calcola la proporzione d’uso provinciale; - la proporzione da assegnare ad una regione è calcolata ponderando le proporzioni provinciali disponibili con la popolazione ivi residente; - la proporzione da assegnare ad una macroarea (Nord Est, Nord Ovest, Centro, Sud, Isole) è calcolata ponderando le proporzioni regionali con la popolazione ivi residente; - analogamente si ottengono le proporzioni da assegnare alle macroaree più compatte (Nord, Centro, Sud-Isole), come pure all’Italia. Ricordando che il dato elementare del sistema è il risultato dicotomico derivante dall’osservazione del singolo utente (“Cintura sì” – “Cintura 59 IL SISTEMA ULISSE Fig. 1 - La struttura generale del Sistema Ulisse Dipartimento “Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria” Centri di Rilevamento C1 C2 …………. Sistema ULISSE Ck …………. Cn Informazione Indicativa a livello di Macroaree (Nord, Centro, SudSud-Isole) e Nazionale Informazione per il Territorio no”; “Casco sì” – “Casco no”); intenderemo nel seguito con “rilevazione” o “rilevamento” l’ osservazione di 60 minuti effettuata sugli utenti dal rilevatore (ovvero, l’osservazione da lui svolta in un certo giorno a una certa ora in un certo punto). Chiameremo poi “punto di osservazione” il particolare punto scelto dal rilevatore per effettuare nel tempo i suoi rilevamenti (punto che, come detto, deve essere sempre lo stesso). In relazione alla quantificazione del livello dell’uso di un dispositivo, si utilizzerà sia il termine “proporzione” che quello di “percentuale”. Ricordiamo che la proporzione è il rapporto tra i casi che interessano e tutti i casi osservati; la percentuale, invece, è data dal prodotto della proporzione per 100. Quindi, se su 100 utenti osservati 73 indossano il casco, diremo indifferentemente che la proporzione d’uso è pari a 0.73 (73/100=0.73) o che la percentuale d’uso è del 73% (0.73*100=73%). In campo epidemiologico, invece, si usa in genere per entrambi i casi il termine “prevalenza”. Gli aspetti statistici più tecnici, utilizzati nel trattamento dei dati e per le stime – e loro intervalli di confidenza – , sono già stati descritti nel 60 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE rapporto Ulisse 2000-2005, cui si rimanda. Osserviamo, infine, che i metodi osservazionali standardizzati del sistema Ulisse sono irrinunciabili per ottenere dati affidabili. Anche se a prima vista la necessità di utilizzare un metodo standardizzato comune per la classificazione degli utenti può sembrare inutile od eccessivo, questo non risponde ai fatti. Ad esempio, abbiamo notato che si possono avere risultati distorti ed incongruenti (anche non di poco) se si contano senza precauzioni utenti con cintura e senza cintura. Infatti, così facendo, si può essere portati a rilevare maggiormente quelli che portano la cintura (o, viceversa, quelli che non la portano). La tecnica usata in Ulisse è invece quella di utilizzare un’unità statistica di ingresso, che in questo caso è rappresentata dal singolo veicolo: individuato il veicolo, si classificano poi i soggetti in esso presenti nella parte anteriore come “cinturati” o “non-cinturati”. Così facendo, i soggetti che il rilevatore non riesce a classificare, ma che pur passano con il loro veicolo per il punto di osservazione, non hanno alcuna influenza sul conteggio effettuato, cioè sulla prevalenza che si deriva poi dalla rilevazione. Nella fig. 1 è riportata la struttura generale del sistema Ulisse. Sintesi dei risultati delle rilevazioni svolte Nel corso del 2007, tranne che nella Valle d’Aosta, il sistema Ulisse ha ricevuto dati da tutte le Regioni italiane. La tab. 1 riporta per ogni regione le province da cui tali dati sono pervenuti. Tab. 1 - Sistema Ulisse. Regioni e province monitorate nel 2007 Piemonte (Alessandria) Liguria (Genova) Lombardia (Milano, Monza e Brianza, Varese) Trentino Alto Adige (Trento) Veneto (Verona) Friuli Venezia Giulia (Gorizia) Emilia Romagna (Bologna, Forlì-Cesena) Toscana (Firenze, Pisa, Pistoia) Marche (Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Pesaro Urbino) Umbria (Perugia) 61 IL SISTEMA ULISSE Lazio (Frosinone, Latina, Roma) Abruzzo (Chieti, L’Aquila, Pescara, Teramo) Campania (Benevento, Caserta, Napoli, Salerno) Molise (Campobasso, Isernia) Puglia (Bari, Barletta Andria Trani, Brindisi, Foggia, Taranto) Basilicata (Matera, Potenza) Calabria (Catanzaro) Sicilia (Messina, Siracusa) Sardegna (Cagliari) Il numero totale di utenti osservati nel 2007 è riportato, stratificato per macroarea e per tipo di dispositivo, nella tab. 2. In ogni caso i rilevatori hanno verificato – con metodica standardizzata - se gli utenti utilizzassero o meno i dispositivi di sicurezza. Come si osserva, si tratta di circa mezzo milione di osservazioni. La diversa numerosità tra osservazioni relative alle cinture di sicurezza e quelle relative al casco è conseguente ai flussi naturali della circolazione nei territori esaminati. Tab. 2 - Sistema Ulisse. Numero di utenti osservati nel 2007 Nord Centro Sud Tot Cinture di sicurezza Casco 287.873 29.773 119.863 8.312 53.827 5.499 461.563 43.584 Totale utenti osservati 317.646 128.175 59.326 505.147 I dati raccolti ad oggi dalla nascita del sistema Ulisse, sono riportati nella tab. 3. Tab. 3 - Sistema Ulisse. Numero di utenti osservati dal 2000 al 2007 Nord Centro Cinture di sicurezza Casco 3.081.834 373.709 767.923 92.997 1.189.472 5.039.229 200.079 666.785 Totale utenti osservati 3.455.543 860.920 1.389.551 5.706.014 62 Sud Tot SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Si osservi che grazie a queste consistenti numerosità è possibile valutare affidabilmente anno per anno le variazioni delle percentuali d’uso dei dispositivi in quanto l’errore statistico delle proporzioni ottenute risulta assai ridotto. Entrando maggiormente nella struttura delle rilevazioni del sistema, nelle province precedentemente indicate sono stati svolti rilevamenti, in gran parte a cadenza mensile, che hanno interessato un totale di 155 diversi punti di osservazione (in altre parole, in ogni provincia monitorata c’è almeno un punto di osservazione; in alcune ce n’è più di uno: questo fatto non introduce distorsioni in quanto, come detto, le stime ottenute sono “stime pesate”). I punti di rilevazione risultano nel 2007 ripartiti per macroaree territoriali come mostrato in tab. 4: Tab. 4 - Sistema Ulisse. Punti di osservazione (2007) Nord Centro Sud Italia 66 54 35 155 Il totale delle rilevazioni effettuate in tali punti è piuttosto cospicuo, pari a 1.362 (in media circa 9 rilevamenti a punto), ripartito come riportato in tab. 5: Tab. 5 - Sistema Ulisse. Numero di Rilevazioni effettuate (2007) Nord Centro Sud Italia Cinture 348 296 94 Casco 334 212 78 Totale 682 508 172 738 624 1.362 Circa il 75% delle rilevazioni riguarda la zona urbana centrale; il restante, la zona urbana periferica e la zona extraurbana. Questo rapporto è rimasto sostanzialmente stabile nel tempo, come può desumersi dalla tab. 6: 63 IL SISTEMA ULISSE Tab. 6 - Sistema Ulisse. Rilevazioni in area urbana ed extraurbana (2000-2007 e solo 2007) 2000-2007 ass. % 2007 ass. % area urbana area extraurbana 6.248 1.573 79,9 20,1 539 199 73,0 27,0 Tot 7.821 100,0 738 100,0 Abbiamo, sin dalla costituzione del sistema (2000), concentrato le rilevazioni in zona urbana in quanto, già dai primi lavori degli anni ’80 le proporzioni osservate per uno stesso territorio in zona extraurbana erano sistematicamente superiori a quelle osservate in zona urbana. Questa scelta ci assicura sia di non soprastimare le proporzioni che ci interessano, sia di conoscere con maggior precisione quelle relative alla zona urbana dove è massima l’utilità dei dispositivi di sicurezza e dove avviene – come noto - la maggior parte degli incidenti stradali. Le rilevazioni del 2007 sono ben bilanciate in relazione ai due dispositivi monitorati, come può rilevarsi dalla tab. 7: Tab. 7 - Sistema Ulisse . Rilevazioni per singolo dispositivo (2007) Nord Centro Sud Italia Cinture 348 296 94 Casco 334 212 78 Totale 682 508 172 738 624 1.362 Questo bilanciamento riflette sostanzialmente quello osservato nell’intero periodo 2000-2007, come mostrato in tab. 8. 64 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Tab. 8 - Sistema Ulisse. Rilevazioni per singolo dispositivo (20002007) Cinture Casco Tot Nord Centro Sud 4.383 1.569 1.869 4.234 1.297 1.828 8.617 2.866 3.697 Italia 7.821 7.359 15.180 La cosa, d’altra parte, non è sorprendente in quanto, in genere, ogni rilevatore invia dati sia per le cinture che per il casco. Le proporzioni d’uso delle cinture di sicurezza Le proporzioni osservate nei rilevamenti effettuati nel tempo in un certo punto di osservazione sono state studiate al fine di mettere in luce un eventuale trend temporale (in aumento o diminuzione). La quasi totalità di esse è risultata stabile nel tempo (più rigorosamente, non si evidenziano trend). In quei rari casi in cui un trend è stato messo in luce (di entità sempre molto modesta, peraltro) è stata presa la proporzione centrale dell’andamento. Queste proporzioni caratterizzano la proporzione d’uso delle cinture in un certo punto di osservazione. Riunendo le proporzioni dei punti di osservazione relativi ad una stessa provincia (pesando ognuna per la popolazione sottostante), è stata stimata la proporzione d’uso della cintura nella provincia stessa. La fig. 2 riporta i risultati ottenuti per le province monitorate: 65 66 0.0 10.0 20.0 30.0 40.0 50.0 60.0 70.0 80.0 90.0 100.0 AL GE MI MB VA TN VR GO BO FC FI PI PT AN AP FM MC PU PG FR LT RM CH AQ PE TE BN CE NA SA CB IS BA BT BR FG TA MT PZ CZ ME SR CA Sistema Ulisse - Percentuali d'uso delle cinture di sicurezza nelle province italiane presidiate (anno 2 Fig. 2 - Percentuale d’uso delle cinture di sicurezza nelle province italiane (anno 2007) IL SISTEMA ULISSE SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Come può facilmente rilevarsi, analogamente a quanto osservato negli scorsi anni, assistiamo ad un preciso andamento decrescente dell’uso del dispositivo passando dal Nord al Sud. Fa eccezione in questo, come già costantemente in passato, la provincia di Cagliari dove la proporzione osservata risulta più allineata con i valori registrati nelle aree settentrionali. Successivamente, per ogni regione le proporzioni provinciali stimate sono state utilizzate (sempre pesate per la popolazione sottostante) per stimare la proporzione da assegnare alla regione stessa. I risultati di questa ulteriore stima sono riportati nella cartina 1 e in fig. 3. Cart. 1 - Sistema Ulisse. Percentuali d’uso regionali delle cinture di sicurezza, 2007 83,1 80,5 89,1 77,5 91,3 81,9 73,3 65,4 63,6 62,7 45,2 35,8 50,6 42,2 41,8 71,9 39,1 Legenda: 00-20 % 20-40% 40-60% 60-80% 80-100% 37,4 67 68 0 .0 10 .0 20 .0 30 .0 40 .0 50 .0 60 .0 70 .0 80 .0 90 .0 1 00 .0 PI E LI G LO M TR E V EN I FR EM I TO S R B A M M U LA Z R L G M AB CA MO PU L S BA CA C SI Sistema Ulisse - Percentuali d'uso delle cin ture di sicurezza n elle region i italiane p residiate (ann o 2 00 7) Fig. 3 - Percentuali d’uso delle cinture di sicurezza nelle regioni italiane (anno 2007) R SA IL SISTEMA ULISSE SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Come si osserva, il trend messo in luce sulla base delle prevalenze delle province si conferma nel trend delle prevalenze regionali (il dato della Sardegna non fornisce nuova informazione in quanto la regione è rappresentata da un’unica provincia – Cagliari – non già da più province). Analogamente a quanto fatto in precedenza (pesando quindi sempre le prevalenze per la popolazione sottostante), in base alle stime regionali sono state ricavate le stime per le macroaree e per l’Italia. I risultati ottenuti sono riportati nella tab. 9, nella fig. 4 e nella cartina 2. Tab. 9 - Sistema Ulisse . Percentuali d’uso delle cinture di sicurezza in Italia (anno 2007) Pop. residente Pop. campionata percentuali d’uso Nord Ovest Nord Est Centro Sud Isole 15.551.047 11.119.276 11.321.337 14.087.162 6.672.889 10.036.791 3.670.624 9.040.511 11.771.074 1.607.081 80,5 85,9 65,6 45,9 49,3 Nord Centro Sud e Isole 26.670.323 11.321.337 20.760.051 13.707.415 9.040.511 13.378.155 82,0 65,6 46,3 Italia 58.751.711 36.126.081 64,6 Per quanto è dato a vedere in base alle stime effettuate, il Paese marcia ancora a tre velocità: - proporzioni d’uso abbastanza soddisfacenti nel Nord, da aumentare ancora; - proporzioni d’uso da migliorare con decisione nel Centro; - proporzioni d’uso da incrementare consistentemente nelle regioni meridionali. Si osservi comunque che in nessun caso (localmente o globalmente) si hanno livelli tali da poter considerare come raggiunto l’obiettivo del 95% d’uso delle cinture di sicurezza (tenendo conto che ci sono esenzioni, il 95% d’uso può essere considerato – a nostro parere - un livello di arrivo, da mantenere invariato nel tempo). 69 70 0.0 2 0.0 4 0.0 6 0.0 8 0.0 10 0.0 NORD 82.0 CENT RO 65.6 SUD E ISOLE 46.3 Sistem a Ulisse - Pe rce ntua li d'uso (pe sa te) delle cinture in Italia - a nno 20 07 IT AL IA 64.6 Fig. 4 - Percentuali d’uso (pesate) delle cinture di sicurezza in Italia (anno 2007) IL SISTEMA ULISSE SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Cart. 2 - Sistema Ulisse. Percentuali d’uso delle cinture di sicurezza in Italia nel 2007 (Nord, Centro, Sud-Isole) ( e ce ua d uso de e c u e d s cu e a e e ac o a ee, 0 85,9 80,5 65,6 45,9 49,3 Legenda: 00-20 % 20-40% 40-60% 60-80% 80-100% Un fatto che merita poi grande attenzione è che la media nazionale stimata nel 2007 (64.6%) mostra una leggera flessione rispetto a quelle degli ultimi anni (2005: 72.5%; 2006: 71.6%). Questa variazione potrebbe essere in parte imputabile al carattere non strettamente probabilistico della rilevazione (non si dimentichi mai che la partecipazione al sistema è su base volontaria), come pure segnale di un inizio di disaffezione verso le cinture da parte dell’utenza. Tenendo conto che la media d’uso stimata nei mesi successivi alll’introduzione della patente a punti risultava essere pari a 83.5%, come pure che la diminuzione osservata nel tempo ha carattere monotòno, l’ipotesi di una effettiva riduzione dell’uso ci sembra più probabile. In ogni caso appare utile da 71 IL SISTEMA ULISSE questo punto di vista considerare l’opportunità di promuovere campagne di informazione-comunicazione più mirate, come pure attivare controlli più sistematici delle violazioni di questa importante norma del Codice della Strada. Quali che siano le ragioni della riduzione osservata dell’uso del dispositivo, queste azioni appaiono comunque necessarie in quanto, come visto, si è ben lontani da una situazione che possa definirsi soddisfacente su tutto il territorio nazionale. Confronto con altri paesi dell’UE (cinture di sicurezza) Anche grazie alle sollecitazioni dell’UE, finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo per il 2010, in tutta la regione europea l’uso della cintura di sicurezza è enormemente cresciuto negli ultimi anni. I livelli raggiunti, desumibili dagli ultimi dati pubblicati dall’ETSC (European Cart. 3. Livelli d’uso delle cinture di sicurezza in diversi paesi dell’area europea nel 2005 (tratto dal rapporto PINFLASH 4 dell’ETSC, 2007). 72 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Fig. 5. Livelli d’uso delle cinture di sicurezza nella parte anteriore e nella parte posteriore dell’autoveicolo in diversi paesi dell’area europea nel 2005 (tratto dal rapporto PINFLASH 4 dell’ETSC, 2007). Transport Safety Council), sono riportati nella cartina 3 e nella fig. 5: Come si vede chiaramente, sembra necessario un impegno specifico dell’Italia per incrementare l’uso delle cinture, in modo da aggregarsi al grosso dei paesi che hanno già raggiunto proporzioni ragguardevoli. Le proporzioni d’uso del casco Nel caso delle cinture si può osservare come le proporzioni d’uso non variano molto quando si considerino province abbastanza vicine. Scendendo più nel particolare, analizzando le proporzioni rilevate in diversi punti di una stessa provincia questo accordo tra le percentuali d’uso si conferma anche nel dettaglio. Tutto questo non avviene invece 73 IL SISTEMA ULISSE nel caso del casco. In pratica, per questo dispositivo accanto a situazioni che potremmo definire di saturazione (ovvero valori costantemente prossimi al 100%), si osservano sullo stesso territorio situazioni in cui l’uso è prossimo allo 0%. Volendo dare un esempio concreto di questo fenomeno basta riferirsi ad un’importante città del Sud monitorata dal Sistema Ulisse dove, cambiando quartiere, assistiamo a questo tipo di variazione: in un quartiere la quasi totalità degli utenti indossa il casco, in un altro questo non è praticamente utilizzato. In poche parole assistiamo, nel caso del casco, ad una notevole variabilità sul territorio delle percentuali d’uso, fatto che fa pensare tra l’altro che queste dipendano fortemente dalla presenza o meno di controlli specifici da parte della polizia locale. Questa sensibile variabilità è tale che, allo stato attuale del livello di campionamento del Sistema Ulisse, non è prudente fornire delle stime di proporzione d’uso, come fatto in precedenza nel caso delle cinture, in quanto queste stime non avrebbero quella affidabilità che si ritiene necessaria. Questo limite informativo verrà superato nell’anno 2008 in quanto è stata al proposito studiata una metodologia specifica che permetterà di generare anche in queste situazioni di grande variabilità delle stime valide. A questo fine verranno effettuate da parte dell’ISS delle rilevazioni ad-hoc proprio dove la variabilità risulta elevata. Va segnalato, tuttavia, che questo problema non riguarda l’intero territorio nazionale: per quanto si è potuto vedere nel corso degli anni in base alle circa 700.000 osservazioni di utenti di motocicli e ciclomotori svolte dal sistema Ulisse per l’uso del casco, in molte situazioni territoriali, nel Nord e in parte nel Centro del Paese l’uso risulta (in termini statisticamente corretti) molto elevato, collocandosi generalmente tra il 90 e il 100%. Questo fatto positivo, peraltro, si riscontra anche in molte metropoli del Centro-Nord, dove – data la vastità del territorio e l’elevata popolazione presente - i controlli della Polizia Locale sembrerebbero a prima vista più ardui. Con la nuova metodologia, che verrà utilizzata nel 2008, si tratterà quindi di concentrare le rilevazioni dirette dell’ISS, di cui prima si parlava, nel Sud del Paese dove le proporzioni d’uso hanno una caratteristica a macchia di leopardo, accompagnando il tutto con alcune verifiche di controllo sui territori del Nord e del Centro del Paese. Alla luce di tutto questo, per quanto riguarda il 2007, nel seguito ci limitiamo a riportare le prevalenze provinciali e regionali del Centro74 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Fig. 6 – Percentuali provinciali stimate nel 2007 dell’uso del casco in base alle proporzioni rilevate nei punti di osservazione delle relative province. Si stema Uli sse. Pe rc entua li d 'uso d el ca sco i n al cune provi nce moni to rate (200 7) 100.0 80.0 60.0 40.0 20.0 0.0 AL GE MI MB VA VR GO BO FC FI PT AN AP F M MC PU PG RM CA Nord in quanto queste possono essere affidabilmente desunte dai dati pervenuti, calcolandole con la procedura utilizzata in precedenza per le cinture (v. fig. 6, fig. 7 e cartina 4). Sottolineiamo ulteriormente che nel caso del Sud, in base ai dati disponibili per il 2007, le proporzioni non possono essere proiettate affidabilmente a livello provinciale e regionale poiché risultano, per quanto prima detto, più rappresentative del punto di osservazione che non del territorio cui il punto di osservazione appartiene (fa eccezione la Sardegna, i cui dati sono idonei per il calcolo, anche se riferiti alla sola provincia di Cagliari). 75 IL SISTEMA ULISSE Fig. 7 – Percentuali regionali stimate dell’uso del casco in base alle proporzioni delle relative province. Sistema Uli sse - Perce ntua le d 'uso de l casco in alcu ne r eg ion i itali an e (20 07 ) 10 0.0 8 0.0 6 0.0 4 0.0 2 0.0 0.0 PIE L IG L OM VEN FRI EMI TOS MAR UMB LAZ SAR Cart. 4 - Percentuali regionali stimate dell’uso del casco in base alle proporzioni rilevate nei punti di osservazione delle province monitorate. 100,0 99,7 1 00,0 99,5 10 0,0 99,9 97,1 99,8 98 ,2 1 00,0 95,0 Legenda: 00-20 % 20-40% 40-60% 60-80% 80-100% 76 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Altri comportamenti monitorati a livello sperimentale dal Sistema Ulisse Il Sistema Ulisse è un sistema in evoluzione in quanto le informazioni che da esso possono essere tratte sono le più diverse e non soltanto relative all’uso del casco e della cintura di sicurezza. Ad esempio, ricordiamo che le prevalenze riportate precedentemente per l’uso delle cinture riguardano soltanto gli occupanti la parte anteriore dell’autoveicolo: sarebbe importante conoscere tali prevalenze anche per i trasportati nella parte posteriore. Così pure, in relazione a rischi emergenti, potrebbe essere di rilievo conoscere la proporzione di coloro che utilizzano il telefonino guidando. Come è facile comprendere, l’osservazione di questi comportamenti richiede una standardizzazione metodologica che deve essere prima validata in termini sperimentali. Per questa ragione, accanto ai rilevamenti fondamentali, di cui abbiamo mostrato prima i risultati, abbiamo inserito nel Sistema delle rilevazioni complementari volte ad identificare quale sia il modo più praticabile ed affidabile per raccogliere ulteriori dati la cui conoscenza sembra utile per il governo della sicurezza stradale. Anche se i risultati ottenuti in questa fase di pura messa a punto metodologica non sono suscettibili di proiezione statistica a territori più ampi, riteniamo utile riportarli qui nel seguito, a titolo puramente informativo (v. Tab. 10). Queste rilevazioni sperimentali trattano comportamenti di grande rilievo per la sicurezza stradale: basti pensare, volendo fare un esempio, che le ricerche svolte in tutto il mondo negli ultimi dieci anni hanno mostrato come parlare al telefono cellulare mentre si guida comporti un rischio di provocare un incidente stradale pari a quello che corre un conducente con un’alcolemia di 1 grammo/litro (ricordiamo che questo valore è il doppio del limite alcolemico legale che, come noto, è di 0,5 grammi/litro); e tale rischio non è trascurabile, risultando quattro volte più grande di quello che corre un conducente sobrio. Casco slacciato Come ben noto, alcuni utenti indossano il casco senza allacciarlo. Questo fa sì che, in caso di incidente, viene vanificata la protezione che il dispositivo potrebbe dare alla testa e al collo del malcapitato. Le rilevazioni sperimentali del sistema Ulisse, svolte nel 2007 a Gubbio, Cesena, Norcia e Cagliari, ci forniscono una stima della percentuale di utenti che indossano il casco slacciato pari al 4,9%, con punte del 12,8% 77 IL SISTEMA ULISSE (3.684 soggetti osservati in 18 rilevamenti). Cinture non correttamente indossate Anche nel caso delle cinture, alcuni utenti non le indossano correttamente. E una cintura non allacciata non serve a nulla. Le rilevazioni sperimentali del sistema Ulisse, svolte nel 2007 a Cagliari e a Norcia ci forniscono una stima della percentuale di utenti che indossano scorrettamente la cintura di sicurezza pari al 2,3%, con punte del 15,7% (11.665 soggetti osservati in 30 rilevamenti). Uso del cellulare durante la guida L’uso del telefono cellulare durante la guida costituisce il rischio emergente più grave per la sicurezza stradale in quanto sono tantissimi coloro che guidano un veicolo, come pure ormai quasi tutti posseggono un cellulare. Le occasioni per utilizzarlo mentre si guida, dunque, non mancano certo. Dalla lettura dell’appendice II si potranno avere maggiori particolari su questo problema. Una cosa comunque è certa: l’epidemiologia ha definitivamente dimostrato che questo rischio esiste e lo ha anche quantificato. Le rilevazioni sperimentali del sistema Ulisse, svolte nel 2007 a Milano, Norcia, Gubbio, Cagliari, Roma, Bologna ci forniscono una stima della percentuale di conducenti di auto che conversano al cellulare guidando pari al 2.2%, con punte del 4.4% (98.192 conducenti osservati in 110 rilevamenti). In questa stima non sono compresi i conducenti che facevano uso di auricolare o viva-voce. A tre rilevamenti dedicati all’uso del cellulare durante la guida di una moto o un ciclomotore corrisponde una percentuale del 3.0%. Uso del cellulare da parte di pedoni che attraversano la strada L’uso del cellulare è molto pericoloso anche se fatto da parte di pedoni che attraversano la strada. Non si è ancora in grado di quantificare rigorosamente questo rischio, ma la sua esistenza è concreta. D’altra parte, sappiamo con assoluta certezza che qualunque cosa indebolisca l’attenzione di un conducente si riflette negativamente anche sulla sicurezza stradale. Qui il veicolo è costituito… dalle scarpe, ma i termini del problema sono sempre gli stessi. Peraltro, sarà bene ricordare che tra tutti gli utenti della strada il pedone è quello più vulnerabile. Le rilevazioni sperimentali del sistema Ulisse, svolte nel 2007 a Roma, gestite direttamente dall’Istituto Superiore di Sanità, ci forniscono una 78 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE stima della percentuale di pedoni che attraversano la strada su strisce pedonali (in presenza o meno di semaforo) parlando al cellulare, pari al 7.2%, (2.475 attraversamenti osservati in 17 rilevamenti). Luci accese di giorno L’opportunità di tenere accese le luci di giorno in zona extraurbana è stata confermata a livello epidemiologico non solo per i motociclisti, ma anche per gli automobilisti. Le rilevazioni sperimentali del sistema Ulisse, svolte nel 2007 in provincia di Cagliari, ci forniscono una stima della percentuale di utenti che tengono spenti i fari in presenza di obbligo pari al 29.9%, (1775 veicoli osservati in due rilevamenti). Tab. 10 - Altri comportamenti monitorati sperimentalmente in alcune province dal Sistema Ulisse nell’anno 2007 Prov. Casco slacciato Cinture non correttamente indossate Uso del cellulare durante la guida di un autoveicolo Uso del cellulare durante la guida di moto o ciclomotore Uso del cellulare da parte di pedoni che attraversano la strada Mancato uso di luci in presenza di obbligo (zona extraurbana) Rileva- n. utenti menti osservati % 4 18 3.684 4.9 2 30 11.665 2.3 6 110 98.162 2.2 1 3 136 3.0 1 17 2.475 7.2 1 2 1.775 29.9 Nel corso del 2008 verranno effettuati ulteriori rilevamenti sperimentali. La successiva fig. 8 riporta quelli ad oggi previsti. 79 IL SISTEMA ULISSE Fig. 8 - Ulteriori rilevamenti sperimentali previsti dal Sistema Ulisse nel 2008. Sistema Ulisse Monitoraggi sperimentali della prevalenza di alcuni comportamenti a rischio, previsti per il 2008: Uso del telefono cellulare hand-held alla guida - Pedoni che attraversano la strada parlando al cellulare Cinture mal portate Casco slacciato Bambino in braccio (parte anteriore dell’autoveicolo) Passaggio di veicoli col semaforo rosso Attraversamento di strisce pedonali col semaforo rosso Mancato uso degli indicatori di direzione (frecce) Mancato uso delle luci di giorno (auto, moto) Mancato uso delle luci di notte (sera) (auto, moto) Mancato uso delle luci per le biciclette Gli effetti di un possibile ulteriore incremento dell’uso dei dispositivi Come si è visto, la proporzione di utenti che indossano i dispositivi è sostanzialmente cresciuta nel tempo. Tuttavia, siamo ancora lontani dai valori “bersaglio” che vorremmo raggiungere (95% d’uso per le cinture, tenendo anche conto delle esenzioni; 100% d’uso per il casco). Al fine di comprendere meglio quali vantaggi comporti un aumento dell’uso dei dispositivi mostreremo ora cosa avverrebbe se il 95% degli utenti utilizzasse le cinture di sicurezza. Svolgeremo questo calcolo utilizzando un semplice modello matematico messo a punto dall’ISS all’inizio degli anni ’80, che è stato verificato con successo dopo l’introduzione dell’uso obbligatorio del casco e delle cinture di sicurezza (Modello IPP, Prevalenza prima, Prevalenza dopo, Incidenza). Per semplicità, nello sviluppare l’esempio, faremo riferimento ai soli conducente e trasportato anteriore (cui si riferisce la percentuale d’uso prodotta dal sistema Ulisse), trascurando i trasportati nella parte posteriore del veicolo. Questa semplificazione non è limitativa in quanto nella stragrande 80 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE parte dei casi gli autoveicoli risultano occupati da un conducente o da un conducente ed un trasportato anteriore (in media, su un autoveicolo viaggiano 1.2 persone). Si osservi che questo non deve indurre a trascurare l’uso delle cinture posteriori, che da alcune rilevazioni sperimentali del sistema Ulisse risulta bassissimo, meno del 10%: i traumi che i trasportati nella parte posteriore dell’autoveicolo riportano - se non cinturati - sono a volte molto gravi. Il loro numero è limitato (e quindi può essere trascurato nella valutazione che faremo) semplicemente perché, come già detto, la gran parte dei veicoli trasporta una o due persone. Tornando ora al modello, il ragionamento da esso sotteso è assai semplice e parte dal fatto che le innumerevoli ricerche svolte ci indicano che l’uso delle cinture dimezza le conseguenze dei traumi stradali. In base a questo dato possiamo dire che: se in un certo gruppo di conducenti che non indossano le cinture ne muoiono 10 in un anno, in un gruppo con analoghe caratteristiche, ugualmente numeroso, ma che indossi la cintura di sicurezza, in un anno ne morirà solo la metà, ovvero 5 (lo stesso vale per il livello di gravità dei traumi riportati in coloro che non muoiono: i cinturati avranno una gravità pari alla metà di quella dei non cinturati). Nella situazione attuale abbiamo visto che il 65% degli utenti indossa la cintura, e di conseguenza il 35% non le usa. Supponendo che ogni punto percentuale di quest’ultima utenza produca un morto all’anno, si avrebbero nell’anno 35 morti. Invece, il 65% che usa il dispositivo non produrrà 65 morti, bensì la metà, ovvero 32.5 morti. In questa situazione, quindi, avremo nell’anno 67.5 morti (35+32.5). Supponiamo ora di aver raggiunto il nostro obiettivo, ovvero una proporzione d’uso del 95%. In questa situazione il 5% che non indossa la cintura produrrà nell’anno 5 morti; il restante 95% non ne produrrà 95, ma grazie al dispositivo i morti saranno la metà, ovvero 47.5. In totale si avranno quindi 52.5 morti (5+47.5). Siamo ora in grado di quantificare il vantaggio derivante dal raggiungimento del nostro obiettivo, ovvero passare da un uso del 65% ad un uso del 95%. La riduzione del numero di morti sarà infatti data da: (52.5-67.5)/67.5=-0.222…, cioè –22.2%. In altre parole, se l’uso delle cinture di sicurezza passasse dal 65% al 95%, ne conseguirebbe una riduzione percentuale della mortalità che oggi osserviamo per conducenti e trasportati anteriori supe81 IL SISTEMA ULISSE Stima della riduzionedella dellamortalit mortalitààeedella dei Stima della Riduzione dellagravità gravit à traumi stradali (autoveicoli) che avrebbepassando passando dei traumi stradali (autoveicoli) che si si avrebbe dal 65% al 95% d’uso delle cinture sicurezza dal 65% al 95% d ’uso delle cinture di di sicurezza (modello IPP/ISS, elaborazione sistema Ulisse) (Modello IPP/ISS, elaborazione sistema Ulisse) 35% 65% 32.5 35 5% 95% 47.5 Totale: 67.5 5 Totale: 52.5 Stima della Riduzione che si avrebbe passando dal 65% al 95% d ’uso: (52.5 -67.5)/67.5= -0.222 -22.2% riore al 20%. Tutto questo vale come indicazione di riduzione percentuale. Se si volesse rispondere a domande quali “Quante vite saranno così risparmiate?”, dovremmo considerare anche i valori assoluti. Vediamolo. Poiché attualmente ci sono nell’anno circa 6.000 morti per incidenti stradali (stima ISS per il 2006), di cui circa 3.600 attribuibili alle quattro ruote motorizzate, applicando a quest’ultima cifra la riduzione prima calcolata si avrebbe un risparmio annuo di circa 800 vite. Tenendo conto poi che, secondo stime dell’ISS, per ogni morto ci sono circa 3 invalidi gravi e 20 ricoverati, avremmo in meno anche circa 2.400 invalidità gravi e circa 15.800 ricoveri. In base a queste cifre siamo ora in grado anche di valutare parte dei corrispondenti costi sociosanitari evitati. Per far questo ricordiamo che in termini di perdita di produzione un decesso ha un costo intorno a 920.000 euro e un’invalidità intorno a 210.000; il costo medio di un ricovero per incidente stradale è invece intorno a 2.500 euro (stime ISS 2006). 82 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE In base a queste stime possiamo quindi dire che se la percentuale d’uso delle cinture fosse del 95%, rispetto all’uso attuale del 65%, si avrebbe un risparmio pari a: 800*920.000+2.400*210.000+15.800*2.500 = =736.000.000+504.000.000+39.500.000=1.279.500.000 euro. Come si vede, si tratta di una cifra davvero ingente. Il fatto notevole, peraltro, è che permanendo nel tempo al 95% la percentuale d’uso delle cinture, questa importante ricaduta economica la si avrebbe ogni anno: in altre parole, ogni anno eviteremmo di gettare al vento qualcosa come un miliardo di euro. Il che non è poco. Valutazione (parziale) dei risparmi sociosanitari indotti dal passaggio dell’uso delle cinture di sicurezza dall’attuale 65% al 95%, ottenuta in base alle riduzioni del numero di morti, di invalidi gravi e di ricoveri, stimate mediante l’uso del modello IPP dell’ISS (conducenti e trasportati di autoveicoli) CS: 65% -> 95% Morti Invalidi gravi Ricoveri Totale generale Eventi evitati Costo unitario Totale 800,00 920.000,00 736.000.000 2.400,00 210.000,00 504.000.000 15.800,00 2.500,00 39.500.000 1.279.500.000 Al di là delle chiare ragioni di ordine umano, ovvero far sì che la gente rimanga in buona salute e non si abbia a soffrire – infortunati e famigliari – per cose che possono essere evitate o ridimensionate, ci sono quindi anche forti motivazioni economiche affinché tutti gli utenti della strada utilizzino i dispositivi di sicurezza, oggi forse ancor più importanti di un tempo essendo in atto uno sforzo per il risanamento del bilancio dello Stato. Il “conto” che abbiamo fatto è certo di massima, ma ha una concreta validità. Infatti, anche se molte grandezze utilizzate sono stimate, talora non certo al meglio a causa di incompletezza dei dati traumatologici, quello che in fondo ci interessa è l’ordine di grandezza del risparmio 83 IL SISTEMA ULISSE indotto dall’incrementato utilizzo delle cinture. Se usassimo altre stime, come abbiamo avuto già modo di verificare, avremmo numeri certamente diversi; tuttavia, le cifre finali che così otterremmo non sarebbero troppo diverse tra loro: più o meno risulterebbero sempre intorno ad un miliardo di euro. Un ulteriore aspetto assai vantaggioso, che non abbiamo preso in considerazione nel nostro calcolo, riguarda le cosiddette “risorse riallocabili”. Vediamo brevemente su un esempio di chiarire questo concetto, un poco “nascosto”, ma di grande rilevanza. Come si sa, in campo medico il sangue per le trasfusioni è risorsa preziosa e limitata. Ne sono testimonianza le numerose campagne nazionali che invitano la gente a donare sangue. Ebbene, se il quadro traumatologico degli incidenti stradali divenisse meno grave grazie all’aumentato uso delle cinture di sicurezza, molte trasfusioni non sarebbero necessarie. Quanto sangue si renderebbe così disponibile per curare le tante altre patologie? Non possiamo ancora rispondere a questa domanda con precisione (la valutazione è in corso da parte dell’ISS); tuttavia, sempre in termini di ordine di grandezza, una prima risposta è già disponibile ed è: tantissimo. Come ben si vede, migliorando la nostra protezione eviteremmo di sprecare risorse scarsamente disponibili, riallocandole dove servono di più. Si osservi che questo vale anche in termini di servizi: tanto per fare un solo esempio, l’uso massiccio del casco (dove lo si usa…) ha in pratica reso disponibili un gran numero di posti in rianimazione (che sono costosi e in numero limitato) che prima erano occupati da giovani centauri vittime di banali cadute. Oltre a tutto questo, c’è anche un altro aspetto di rilievo da tenere presente: nel computo prima svolto non compaiono ulteriori costi che possono essere evitati con l’uso delle cinture, ma che non sono quantificabili in termini monetari. Quanto vale il dolore delle persone? Quante patologie, o gravi eventi, prendono talora corpo a seguito della devastazione psicologica che un incidente stradale può determinare negli infortunati e in coloro che ad essi sono vicini (ad es., depressione, abbandono degli studi, divorzi, alcolismo, suicidi, ecc.)? Come si vede, paradossalmente la valutazione da noi effettuata in precedenza sottostima i vantaggi che deriverebbero dall’uso generalizzato delle cinture di sicurezza. Calcoli analoghi possono ovviamente essere svolti anche in relazione all’uso del casco e dei dispositivi di sicurezza per i bambini; e i risulta84 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE ti che si ottengono sono sempre molto positivi. Tutto questo testimonia l’importanza di disporre di un sistema, quale il sistema Ulisse, che ci informi in tempo reale su come sta evolvendo la situazione e ci fornisca indirizzi, generali e specifici, per far sì che le cose vadano sempre meglio e – se del caso – per intervenire con determinazione e rapidità qualora ciò fosse necessario. Dal tutto al nulla: un aspetto su cui riflettere attentamente In relazione all’opportunità di utilizzare i dispositivi di sicurezza c’è un aspetto su cui vale la pena riflettere attentamente: la possibilità che, in termini di conseguenze traumatologiche dell’incidente stradale, “tutto” diventi “nulla”. Cerchiamo di chiarirlo bene, anche perché a livello di grande pubblico questo specifico vantaggio dei dispositivi di sicurezza non è ben percepito. Nel farlo, ci riferiremo ancora una volta alle cinture. Onde evitare l’uso di formule e concetti complessi, la trattazione non sarà proprio rigorosa; ma quello che ci preme è che si comprenda pienamente il concetto. Procediamo. Quando diciamo che l’uso della cintura di sicurezza riduce della metà le conseguenze traumatologiche dell’incidente stradale, stiamo ragionando in media su quanto è dato a vedere di ciò che accade. I vantaggi indotti dal dispositivo sono infatti dovuti non solo alla sua capacità di “scaricare” sulle strutture dell’auto l’energia in gioco al momento dell’impatto, evitando che essa si scarichi sulle nostre ossa e sui nostri tessuti, ma anche da “come vanno le cose”. In altre parole, se l’urto avviene a 300 km/h, poco conta che si abbia o meno indossato la cintura (meglio averla allacciata, certo; ma meglio sarebbe stato viaggiare ad una velocità ben più ridotta!). Di contro, se l’urto avviene a 5 km/h, averla o non averla è sostanzialmente la stessa cosa (più avanti vedremo però che non è proprio così). Sicché, se tutti gli urti avvenissero a 300 km/h, come pure se avvenissero tutti a 5 km/h, non staremmo qui a parlare di cinture. Ma gli urti avvengono a velocità (quindi, energia) variabile; e la cintura può scaricare solo fino a una certa quantità l’energia corrispondente: quella che resta si scarica su di noi. Un’idea di come vadano le cose la si può desumere da una analisi svol85 IL SISTEMA ULISSE 86 0,000 2,000 4,000 0 20 Velocità all'impatto (km/h) 40 60 80 100 120 RR 6,000 8,000 10,000 Rischio relativo di morte di soggetti non cinturati vs. soggetti cinturati in funzione della velocità all'impatto 12,000 Rischio Relativo (RR) Fig. 9 - Rischio relativo di morte in soggetti non cinturati vs. soggetti cinturati in funzione della velocità d’impatto ta dall’ISS su dati svizzeri, i cui risultati sono sintetizzati in figura 9: Come si osserva, in un urto che avviene tra i 40-50 km/h, chi non indossa la cintura ha una probabilità circa dieci volte superiore di morire rispetto a chi la usa. Ricordandoci sempre che l’energia va con il quadrato della velocità (quindi, se la velocità raddoppia, l’energia quadruplica!), indichiamo con E l’energia in gioco al momento dell’incidente e con Q l’energia SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE massima che la cintura può scaricare. Se E è maggiore di Q, sul nostro corpo si scarica l’energia residua, cioè quella che resta dopo che la cintura ha fatto il suo dovere. Se indichiamo con R questa energia “cattiva”, sarà R=E-Q. Più grande sarà R, maggiori saranno i danni. Comunque, poiché R è minore di E, questi danni saranno comunque più limitati. Se invece E è minore o uguale a Q, evidentemente sul nostro corpo non si scarica energia residua di sorta. In altre parole, in queste condizioni tutta l’energia “cattiva” viene assorbita dalla cintura; e quindi non può accaderci niente di male. Ma in questa stessa condizione, cosa poteva accaderci se non avessimo usato la cintura? La domanda non è banale, in quanto energie che possono essere assorbite completamente dalla cintura possono, in assenza del suo uso, determinare lesioni gravi o anche la morte del soggetto. In altre parole, eventi che potevano essere gravi o mortali, grazie alla cintura non riescono a determinare alcun danno. Insomma, se le velocità al momento dell’urto sono abbastanza contenute, non si ottiene una riduzione della gravità dei traumi pari al 50% (ovvero della metà), bensì del 100%!!! Si passa così, per chi sarebbe morto, da tutto a nulla; e per chi sarebbe sopravvissuto da molto a nulla o da poco a nulla. Il tutto è schematicamente rappresentato dal semplice modello matematico riportato in figura, messo a punto nei primi anni ‘80 dall’ISS. Vogliamo far notare come non si debba affatto sottovalutare quel passaggio “da poco a nulla”, che a prima vista sembrerebbe trascurabile: potrebbe, invece, fare davvero la differenza! Si pensi ad esempio ad un urto a bassa velocità: senza cintura, per inerzia, si è proiettati comunque in avanti; ed è facile urtare contro il parabrezza dell’auto, procurandosi lesioni al viso e ai denti. Il trauma potrà magari essere modesto; ma una cicatrice al volto, anche se piccola, possiamo definirla “modesta”? Certamente, no. Anche se non deturpante, si tratta sempre di una cicatrice che peggiora la nostra estetica. Per un giovane potrebbe essere una piccola tragedia. E’ con piacere ricordare che del virtuoso passaggio da “tutto” a “nulla” hanno assai beneficiato tantissimi utenti delle due ruote motorizzate (quelli che hanno preso la buona abitudine di indossare il casco). Infatti, cadute anche da fermo possono determinare la morte del centauro che non porta tale dispositivo. E questi eventi sono molto frequenti in città: se cadendo si sbatte la testa contro un marciapiede, 87 IL SISTEMA ULISSE senza casco si muore (o si resta gravemente invalidi), col casco ci si rialza al massimo un poco storditi e si riprende la propria strada. Questo meraviglioso passaggio da “tutto” a “nulla” è stato messo bene in luce dall’ISS nel progetto di ricerca“Casco 2000”, finanziato dal Ministero dei Trasporti, dove è stato anche osservato, studiando gli incidenti dei motociclisti e dei ciclomotoristi, che nei territori dove l’uso del casco era divenuto generalizzato i ricoveri in neurologia e in neurotraumatologia erano diminuiti del 70% (avete letto bene: -70%). In conclusione, nel caso in cui malauguratamente si realizzasse un incidente stradale, l’uso della cintura (e degli altri dispositivi di sicurezza) ci assicura che in una parte dei casi non verranno riportati danni di sorta, e in un’altra parte dei casi questi danni saranno sostanzialmente meno gravi di quelli che si sarebbero determinati senza l’uso del dispositivo. Se poi tutti prendessimo la buona abitudine di viaggiare a velocità più moderata, questi benefici effetti diverrebbero ancor più consistenti. In conclusione, limitare sempre la velocità ed indossare sempre la cintura – come pure gli altri dispositivi di sicurezza - è la migliore forma di assicurazione sulla vita (e sulla nostra futura qualità di vita) che si Effetti dell ’uso dei dispositivi di sicurezza sulla gravit à dei traumi riportati, rispetto a chi non li indossa ( Modello MGML, ISS ) Morte Nessuna Lesione Lesioni Lievi 88 Lesioni Gravi Lesioni Moderate SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE possa stipulare. E, a differenza delle altre assicurazioni, non costa nemmeno nulla. Cinture e basse velocità Nelle precedenti pagine, nel mettere in luce la fascia di velocità all’interno della quale si esplica l’azione della cintura di sicurezza, abbiamo scritto: “Se tutti gli urti avvenissero a 300 km/h, come pure se avvenissero tutti a 5 km/h, non staremmo qui a parlare di cinture”. Ebbene, se per le alte velocità questa dichiarazione è attualmente ancora vera, per quelle basse oggi non lo è più. Infatti, come tutti sanno, una gran parte degli attuali autoveicoli è dotata di airbag. Questo dispositivo accresce l’utilità della cintura di sicurezza, ma è concepito per “lavorare” insieme alla cintura stessa. Non tutti sanno però che, in caso d’urto, l’airbag viene attivato da una carica esplosiva; e fuoriesce a velocità ben superiori ai 100 km/h. Non ci vuole certo una laurea in ingegneria meccanica per comprendere che se si è troppo vicini all’airbag al momento dell’esplosione questo può danneggiarci non poco. Quindi, se non saremo cinturati al momento dell’urto, ci sposteremo ineluttabilmente in avanti per inerzia, abbreviando così la distanza tra noi e questo “pallone” che fuoriesce con violenza, con tutte le conseguenze che ne possono derivare. Va sempre poi tenuto presente che l’airbag può esplodere anche per malfunzionamenti (ne sono tragica testimonianza alcuni bambini uccisi dall’airbag negli USA, perfino durante banali manovre per parcheggiare l’auto). Dunque… ieri forse no, ma oggi anche a 5 km/h è sempre bene allacciare la cintura. Con l’occasione, in relazione all’airbag, ricordiamo alle giovani mamme che la presenza di questo dispositivo rende ancor più pericoloso rispetto al passato trasportare in braccio il proprio bambino. Questa cattiva e perniciosa abitudine, che ancora stenta a scomparire, non è solo proibita dal Codice della Strada ma soprattutto dal buonsenso: parlando in modo crudo, se l’airbag esce, il bambino in braccio muore. Comunque, non va mai dimenticato che, anche se l’autoveicolo non è dotato di airbag, in caso d’urto o di brusca frenata il bambino sarà proiettato in avanti per inerzia, riportando ferite più o meno gravi dall’im89 IL SISTEMA ULISSE patto contro le strutture dell’auto, e ulteriormente danneggiato dalla madre la quale, se non cinturata, sarà – sempre per inerzia – proiettata contro il bambino stesso. Usate quindi sempre il seggiolino, ponendolo possibilmente nella parte posteriore dell’autoveicolo. Conclusioni Concludendo, desideriamo mettere in luce alcuni aspetti che, a nostro avviso, si possono desumere in base a quanto riportato nel presente rapporto. Questi aspetti pensiamo dovrebbero essere tenuti in particolare considerazione anche in vista del raggiungimento dell’obiettivo dell’UE per il 2010: - La situazione generale dell’uso dei dispositivi di sicurezza nel nostro Paese è certamente migliorata nel corso degli anni 2000; - Tale situazione, comunque, è ben lungi dall’essere ottimale in moltissimi territori del Paese. Nel tempo, specie negli ultimi anni, le proporzioni d’uso delle cinture di sicurezza mostrano peraltro una tendenza alla diminuzione; - Le proporzioni d’uso del casco hanno raggiunto in molti territori il livello ottimale; tuttavia persiste una sorta di utilizzo a macchia di leopardo, che nel Sud del Paese raggiunge la sua massima espressione; - Dalle proporzioni d’uso dei dispositivi osservate si può desumere che ad un loro sostanziale incremento corrisponderebbe una notevole riduzione sia della mortalità sia del quadro di gravità delle lesioni riportate per incidenti stradali; - Sembra necessario promuovere campagne informative mirate per il largo pubblico al fine di aumentare la consapevolezza dell’utilità dell’uso dei dispositivi di sicurezza, fatto che sembra a tutt’oggi scarsamente percepito dagli utenti; - In parallelo appare necessario far seguire dette campagne da una maggiore attenzione al rispetto delle norme di obbligo d’uso, ad esempio con controlli più diffusi, tali da rendere ben evidente che non indossare i dispositivi di sicurezza comporta un’elevata probabilità di essere sanzionati; 90 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE - In questo sembra particolarmente rilevante il ruolo della Polizia Municipale, come mostrato da alcuni rilevamenti del sistema Ulisse (in particolare per l’uso del casco) dove la proporzione osservata può raggiungere livelli anche del 100% laddove i controlli sono più frequenti, come pure rimanere a livelli assai bassi laddove l’attività sanzionatoria per queste importanti norme è meno serrata. Vale la pena osservare che, come più volte segnalato, azioni di questo tipo, volte a incrementare l’uso dei dispositivi di sicurezza, non solo sono a grande ritorno sociale ed economico – come anche mostrato in questo rapporto – ma non richiedono allocazioni di risorse specifiche. Anzi, a ben guardare esse sono in parte a costo nullo (in quanto l’attività sanzionatoria volta ad incrementare l’uso può essere svolta da personale già presente, specie a livello comunale), ed in parte, per così dire, a costo negativo in quanto dalle sanzioni comminate nella fase di transizione dai livelli attuali a livelli ottimali deriverà un sostanziale introito per le finanze pubbliche. Comunque, sempre a nostro parere, l’obiettivo più importante da raggiungere al fine di accrescere le proporzioni d’uso rimane quello di elevare negli utenti della strada la percezione dell’utilità dei dispositivi di sicurezza o, se si vuole, la percezione dell’elevato rischio associato al loro mancato uso. 91 IL SISTEMA ULISSE 92 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Bibliografia European Transport Safety Council, “PIN FLASH 4: increasing seat belt use”, ETSC, 22 febbraio 2007 (reperibile sul sito www.etsc.be , nella sezione Newsletters) F.Taggi, P.Maturano (a cura di) “Salute e Sicurezza Stradale: l’Onda Lunga del Trauma”, 610 pp., Ed. CAFI, Roma 2007 F.Taggi, A.Crenca, C.Cedri, M.Giustini, G.Dosi, P.Marturano “Road safety and the tsunami of cell phones”, Ann.Ig. 19, 269-274 (2007) F.Taggi, G.Dosi, M.Giustini, A.Crenca, G.Fondi, P.Iascone, P.Marturano e Gruppo Ulisse “Il sistema Ulisse per il monitoraggio dell’uso delle cinture di sicurezza e del casco in Italia (2000-2005)”, Istituto Superiore di Sanità – Ministero dei Trasporti, 95 pp., 2006, rapporto ISTISAN 06/39, ISSN 1123-3117 (scaricabile da www.iss.it o da www.iss.it/stra ) F.Taggi (a cura di) “Sicurezza Stradale: verso il 2010”, Rapporto progetto DATIS2, Istituto Superiore di Sanità – Ministero dei Trasporti, 351 pp., 2005 (scaricabile da www.iss.it/stra ) F.Taggi, G.Dosi (a cura di) “Guida e comportamenti a rischio: risultati generali dell’indagine AMR 2003”, Istituto Superiore di Sanità, 70 pp., 2004 (scaricabile da www.iss.it/stra ) F.Taggi (a cura di) “Aspetti Sanitari della Sicurezza Stradale”, Rapporto progetto DATIS, Istituto Superiore di Sanità – Ministero dei Trasporti, 463 pp., 2003 (scaricabile da www.iss.it/stra ) F.Taggi (a cura di) “Aspetti Sanitari della Sicurezza Stradale”, Ed. Istituto Superiore di Sanità-Ministero dei Trasporti, pp. 173-180 (2003) (scaricabile da www.iss.it/stra ) F.Taggi, M.Giustini, G.Dosi “Alcune considerazioni sull’efficacia dell’obbligo di tenere accese di giorno le luci dei veicoli in base ai risultati degli studi epidemiologici sull’effetto delle “Daytime Running Lights” (DRL)” , in “Aspetti Sanitari della Sicurezza Stradale” a cura di F.Taggi, Ed. 93 IL SISTEMA ULISSE Ministero dei Trasporti, pp. 451-460 (2003) F.Taggi, G.Di Cristofaro Longo (a cura di) “I dati sociosanitari della sicurezza stradale” Ed. Istituto Superiore di Sanità-Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, pp. 55-62 (2001) (scaricabile da www.iss.it/stra ) F. Taggi “Safety helmet law in Italy” , The Lancet, January 23, 182 (1988) P.Iascone, F.Taggi “Variazione della prevalenza d’uso del casco nella guida delle due ruote motorizzate indotta dall’introduzione della legge d’obbligo: risultati nazionali” , Boll.Coll.Med.Ital. Trasporti 2, 5-10 (1988) F. Taggi “Cinture di sicurezza: considerazioni statistico-epidemiologiche di efficacia ed efficienza” , Boll.Coll.Med.It.Trasp. 3-4, 129-31 (1986) F. Taggi “Un modello matematico per valutare la variazione della mortalità conseguente all’introduzione obbligatoria dell’uso del casco di protezione nella guida dei veicoli a due ruote motorizzati” , Boll.Coll.Med.Ital.Trasp. 5, 5160 (1984) 94 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Appendice I Dati storici del Sistema Ulisse (2000-2007) In questa appendice mostreremo alcuni risultati di interesse ottenuti nello sviluppo del sistema Ulisse negli anni passati, come pure serie storiche delle proporzioni d’uso rilevate o stimate. Questi risultati riguardano l’uso delle cinture di sicurezza, per le quali si hanno dati sufficientemente completi; per quel che riguarda l’uso del casco (che, come detto, nel Nord e nel Centro ha raggiunto da tempo livelli molto elevati, mentre nel Sud persiste una situazione a “macchia di leopardo”) si rimanda al rapporto Ulisse 2000-2005. L’uso delle cinture di sicurezza Nelle figure 1, 2 e 3 si possono osservare – in assenza di azioni speFig. 1 - Prevalenze d’uso delle cinture di sicurezza osservate in una cittadina del Nord (zona periferica, punto singolo) % uso cinture (2000-2003) 1 00.0 90.0 80.0 % Uso Cinture 70.0 60.0 50.0 Se rie1 40.0 30.0 20.0 10.0 0.0 0 10 20 30 40 50 60 seque nz a temporale de lle rileva zioni D ARAT ISS 2003 95 IL SISTEMA ULISSE Fig. 2 - Prevalenze d’uso delle cinture di sicurezza osservate in una cittadina del Nord (zona urbana centrale, punto singolo) % uso cinture (2000- 2001) 100 .0 90 .0 80 .0 % Uso Cinture 70 .0 60 .0 Ser ie1 50 .0 40 .0 30 .0 20 .0 10 .0 0 .0 0 10 20 30 40 50 60 sequenza tempor ale de lle rilev azioni D ARAT ISS 2003 Fig. 3 - Prevalenze d’uso delle cinture di sicurezza osservate in una cittadina del Nord (zona extraurbana, punto singolo principale e punti occasionali) % uso cinture (2000- 2001) 100 .0 9 0.0 % Uso Cinture 8 0.0 7 0.0 6 0.0 5 0.0 Se rie1 4 0.0 3 0.0 2 0.0 1 0.0 0.0 0 50 1 00 1 50 200 250 300 350 sequenza temporale delle rilevazioni D ARAT ISS 2003 96 40 0 450 500 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE cifiche volte ad incrementare l’uso delle cinture di sicurezza - esempi della sostanziale stabilità delle proporzioni d’uso osservate nel tempo in un singolo punto di rilevazione. Nelle figg. 4, 5 e 6 si può rilevare l’incremento dell’uso dopo l’introduzione della Patente a Punti in alcune città monitorate. Fig. 4 - Effetto Patente a Punti: prevalenze d’uso delle cinture di sicurezza osservate in una cittadina del Centro (zona extraurbana, punti multipli) % uso cinture (2000-2003) 100 .0 90 .0 % Uso Cinture 80 .0 70 .0 60 .0 Se rie1 50 .0 40 .0 30 .0 20 .0 10 .0 0.0 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 1 00 sequenza temporale delle rilevazioni D ARAT ISS 2003 Nuove norme (dal 1-07-2003) 97 IL SISTEMA ULISSE Fig. 5 - Effetto Patente a Punti: Prevalenze d’uso delle cinture di sicurezza osservate in una cittadina del Nord (zona extraurbana, punto singolo) % uso cinture (2000-2003) 100 .0 90 .0 % Uso Cintura 80 .0 70 .0 60 .0 50 .0 Ser e i 1 40 .0 30 .0 20 .0 10 .0 0 .0 0 20 40 60 80 100 120 sequenza temporale delle rilevazioni Nuove norme (dal 1-07-2003) D ARAT ISS 2003 Fig. 6 - Prevalenze d’uso delle cinture di sicurezza osservate in una grande città del Nord (zona periferica) %uso cinture (zona periferica, punti multipli) 10 0.0 9 0.0 % Uso Cinture 8 0.0 7 0.0 6 0.0 Se rie1 5 0.0 4 0.0 3 0.0 2 0.0 1 0.0 0.0 0 20 40 60 80 10 0 120 1 40 16 0 180 sequenza temporale delle rilevazioni Nuove norme (dal 1-07-2003) D ARAT ISS 2003 98 99 0.0 10.0 20.0 30.0 40.0 50.0 60.0 70.0 80.0 90.0 100.0 200 0 41.0 2001 36.1 2002 40.3 2003 40.5 PaP 87.6 2004 85.6 2005 67.0 2006 79.7 Percentuali d'uso delle cinture di s ic urezz a dal 2000 al 2007 in una grande c ittà del Nord 80.2 2 007 Fig. 7 - Percentuali d’uso delle cinture di sicurezza dal 2000 al 2007 in una grande città del Nord SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Nelle figg. 7 e 8 sono riportate le percentuali d’uso delle cinture di sicurezza (stimate nell’anno per il periodo 2000-2007) per due grandi città italiane, la prima del Nord, l’altra del Centro: 100 0.0 10.0 20.0 40.0 30.0 50.0 70.0 60.0 80.0 90.0 100.0 2000 18.5 2001 22.6 200 2 39.1 2003 41.6 PaP 71.1 2004 66.2 2 005 66.1 2006 62.7 Perc entuali d'uso delle cinture di sicurez za dal 2000 al 2007 in una grande città del Centro 2 007 63.6 Fig. 8 - Percentuale d’uso delle cinture di sicurezza dal 200 al 2007 in una grande città del Centro IL SISTEMA ULISSE 101 2001 2002 2003 PaP 2004 2005 2006 2007 SUD e ISOLE 40.0 2000 CENTRO 50.0 0.0 10.0 20.0 30.0 NORD 60.0 70.0 80.0 90.0 100.0 Perc entuali d'uso (pesate) delle c inture di sicurez za nelle macroaree dal 2000 al 2007 Fig. 9 - Percentuali annuali d'uso stimate per Nord, Centro e Sud-Isole nel periodo 2000-2007 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE La fig. 9 riporta invece le percentuali annuali d’uso stimate per Nord, Centro e Sud-Isole nel periodo 2000-2007: 102 0.0 20.0 40.0 60.0 80.0 100.0 2000 23.8 2001 29.4 2002 35.6 2003 48.0 PaP 83.5 2004 71.0 2005 72.5 71.6 2006 Perc entuali d'uso (pes ate) delle cinture di sicurez za in Italia dal 2000 al 2007 Fig. 10 - Percentuali annuali d'uso stimate per l’Italia nel periodo 2000-2007 2007 64.6 IL SISTEMA ULISSE La fig. 10 riporta infine le percentuali annuali d’uso stimate per l’Italia nel periodo 2000-2007. SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE L’uso del casco Nella tab. 1 sono riportati, per alcune province presenti nel sistema dal 2000 ad oggi le proporzioni d’uso del casco osservate nei primi anni di attivazione (2000-2002) a fronte di quelle rilevate nel 2006-2007. Tab 1 - Proporzioni d’uso del casco in zona urbana e in zona extraurbana in alcune province italiane (anni 2000-2002 e 2006-2007) anni 2000-2002 anni 2006-2007 89,1 99,3 91,7 96,0 99,6 99,7 99,1 99,2 99,7 98,7 96,2 92,6 92,9 58,2 57,6 60,8 48,2 92,3 99,5 100,0 99,7 100,0 100,0 100,0 100,0 99,8 96,3 99,7 100,0 98,2 100,0 56,6 97,3 81,4 71,5 95,0 95,5 98,5 99,6 100,0 35,2 64,5 73,1 99,7 100,0 100,0 97,1 47,7 100,0 99,8 Zona urbana Alessandria Genova Milano Venezia Verona Gorizia Bologna Forlì Cesena Firenze Lucca Ancona Perugia Roma Napoli Matera Catanzaro Reggio Calabria Cagliari Zona extraurbana Milano Venezia Gorizia Perugia Napoli Catanzaro Cagliari 103 IL SISTEMA ULISSE Come si osserva, in moltissimi casi le proporzioni d’uso, già elevate all’inizio, si sono ulteriormente rinforzate, mentre altre - all’inizio più limitate - sono in genere lontane da una saturazione dell’uso, ad eccezione della provincia di Matera passata dal 57,6% al 97,3% d’uso. Analogo discorso può essere svolto per le province di cui si ha la serie storica per l’uso in zona extraurbana. Al fine di comprendere quanto il metodo che applicheremo nel 2008 (rilevazioni in proprio da parte dell’Istituto Superiore di Sanità) possa migliorare l’affidabilità dei rilevamenti, come pure la loro rappresentatività, si rifletta attentamente sul seguente fatto, che rappresenta un classico errore sistematico introdotto da un’autoselezione dei rilevatori, caratteristico delle indagini basate su partecipazione volontaria. Il fatto consiste in questo: laddove le proporzioni d’uso risultano essere elevate, il rilevatore continua a partecipare negli anni al sistema; laddove invece le proporzioni d’uso sono molto basse, o comunque insoddisfacenti, dopo qualche tempo il rilevatore abbandona il sistema. Tutto questo, ampiamente verificato all’interno del sistema Ulisse (e questo spiega molti abbandoni osservati nelle regioni del Sud), fa sì che se si proiettano a tutto il territorio nazionale le proporzioni rilevate, cioè quelle fornite dai rilevatori partecipanti, si perverrebbe a una sovrastima della proporzione d’uso, in quanto, specificamente le regioni del Sud verrebbero rappresentate generalmente da proporzioni d’uso elevate, relative tuttavia - a causa dell’autoselezione - a situazioni di per sé molto soddisfacenti, tali da far sì che i rilevatori non abbandonino il sistema. La presenza del sottile errore sistematico che abbiamo ora brevemente illustrato fornisce un’ulteriore motivazione che ci ha portato a non proiettare a livello nazionale le proporzioni d’uso rilevate per il casco. Come già detto, un approfondimento relativo a questa situazione e ad altri aspetti è stato ampiamente discusso nel Rapporto Ulisse 2000-2005 cui si rimanda per maggiori dettagli. 104 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Appendice II Partecipanti al Sistema Ulisse (2007, 2000-2006) Appendice II.A ENTI E SOGGETTI CHE HANNO ADERITO AL “SISTEMA ULISSE” E COLLABORATO ALLE RILEVAZIONI NEL 2007 Abruzzo ASL 6 di Teramo – Dr. Antonio Carogna Associazione Familiari Vittime della Strada di Chieti – Sig.a Vitalina Labate Basilicata ASL 2 di Potenza – Dr. Rocco Perrotta Associazione Familiari Vittime della Strada di Matera – Sig. Domenico Carlomagno Calabria ASL 7 di Catanzaro – Dr. Bernardo Cirillo ASL 11 di Reggio Calabria – Dr. Domenico Allegra Campania ASL n. 2 di Avellino, Direzione Sanitaria Aziendale - Dr. Francesco Santangelo. Dr.ssa Alessandra Antocicco ASL Napoli 5 di Castellammare di Stabia (NA) – Dr. Francesco Giugliano Emilia Romagna ASL 5 di Bologna – Sig.a Simona Benassi Associazione Familiari Vittime della Strada di Bologna – Sig. Virgilio Rende ASL 12 di Cesena (FC) – Dr.ssa Nicoletta Bertozzi Friuli Venezia Giulia Genio Civile di Gorizia – Sig. Massimo Biasol Lazio ASL RMb – Dr.ssa Ivana Ciaramella Associazione Familiari Vittime della Strada di Roma – Ing. Luciano Fantini Istituto Superiore di Sanità, Roma – Sig.a Cinzia Cedri, Sig.a Antonella Crenca, Dr. Giancarlo Dosi, Sig. Gianni Fondi, Dr. Marco Giustini 105 IL SISTEMA ULISSE Liguria Associazione Familiari Vittime della Strada di Genova – Sig. Giovanni Bettanini Lombardia ASL 8 Città di Milano – Dr.ssa Anna Silvestri ASL 9 Milano 1, Magenta (MI) – Dr.ssa Maira Bonini ASL 11 Milano 3, Monza e Brianza – Dr. Giuseppe Monaco ASL 14 Varese – Dr. Roberto Bardelli Associazione Familiari Vittime della Strada di Brescia – Sig. Roberto Merli Marche Ministero dei Trasporti, Provveditorato Regionale OO.PP. per le Marche, Ancona – Geom. Fabio Andrenacci, Sig. Filiberto Angeloro, Sig.a Laura Bentivoglio Magner, Sig.a Chiara De Gregorio, Ing. Attilio Fralleone, Sig. Irene Licalfi, Geom. Mario Franco Stamile ASL n. 7 di Ancona, Ufficio Promozione della Salute – Dr.ssa Elisabetta Bernacchia, Dr. Stefano Berti , Mar. Sandro Cionchetti, Dr. Nicolino Di Tanna Carfagna, Dr. Giuseppe Donato, Dr.ssa Pierpaola Pierucci ASL n. 5 di Jesi (AN), Sert – Dr. Franco Burattini, Dr.ssa Laura Castiglioni, Dr. Sauro Sandroni Urbino (ASUR Marche - Zona Territoriale 2) Gianfranco Cantarini, Jacqueline Van Will Fabriano (ASUR Marche - Zona Territoriale 6) Virgilio Bernardi, Emanuela Tartarelli Macerata (ASUR Marche - Zona Territoriale 9) Annalisa Baryoli, Paolo Del Savio, Francesco Nottolini, Mauro Senigagliesi Fermo (ASUR Marche - Zona Territoriale 11) Mario Paci Ascoli Piceno (ASUR Marche - Zona Territoriale 13) Claudia Cannella, Adamo Conti, Augusto Girardi, Quinto Mariani, Quirino Olori Coordinamento regionale ASUR Marche, Daniel Fiacchini, Fabio Filippetti, Meri Paolucci, Giuliano Tagliavento Piemonte ASL 5 di Collegno (TO) – Sig. Marco Maniezzo ASL 6 di Ciriè (TO) – Sig. Vincenzo Incalza Azienda ULSS n. 20, Dipartimento di Prevenzione, Servizio Igiene e Sanità Pubblica, Tortona (AL) – Dr.ssa Maria Antonietta Brezzi, Dr.ssa Maria Luisa Repregosi Azienda ULSS n. 22, Aqui Terme, Novi Ligure, Ovada, Servizio Igiene e Sanità Pubblica, Novi Ligure (AL) – Dr.ssa Chiara Scaglia, Dr. Roberto Simonassi Associazione Familiari Vittime della Strada di Gassino (TO) –Sig. Giovanni Scalzo Associazione Familiari Vittime della Strada di Cuneo – Sig. Aldo Abello Puglia Ministero dei Trasporti, Provveditorato OO.PP: per la Puglia, Bari, Ispettorato Regionale Circolazione e Sicurezza Stradale – Sig. Giuseppe Caforio, Dr.ssa 106 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE Concetta Calcante, Sig. Giovanni D’Addiego, Sig. Nicola Marzano, Geom. Ignazio Pansini, Sig. Francesco Panzarino Sardegna Ministero dei Trasporti – Ufficio del Genio Civile di Cagliari – Ing. Mario Sergio Vargiu – Sig. Rinaldo Orazio Sulis - Sig. Rinaldo Cotza – Sig. Emanuele Fanni – Sig. Giovanni Pili – Sig. Luigi Vessillo – Sig. Antonello Puddu Sicilia Associazione Familiari Vittime della Strada di Messina – Prof.ssa Giuseppa Cassaniti Mastrojeni Toscana ASL 3 di Pistoia – Dr. Hartmut Sasse ASL 10 di Firenze – Dr.ssa Anna Mersi ASL 11 di Empoli (FI) – Dr. Antonio Panzardi Trentino Alto Adige Osservatorio Epidemiologico Regionale di Trento – Sig.a Antonella D’Alpaos Umbria ASL 1 Città di Castello (PG) – Dr.ssa Daniela Felicioni ASL 3 di Foligno – Dr.ssa Anna Rita Bucchi, Sig. Renzo Lipparelli, Sig. Francesca Mattioli Associazione Familiari Vittime della Strada di Perugia – Sig.a Monica Marinelli Veneto ASL 13 di Mirano (VE) – Dr.ssa Maria Luisa Fabris, Dr. Flavio Valentini Associazione Familiari Vittime della Strada di Venezia – Sig.a Pierina Guerra Associazione Familiari Vittime della Strada di Marcon (VE)– Sig. Andrea Follini ASL 20 Verona – Dr.ssa Silvana Manservisi Appendice II.B ENTI E SOGGETTI CHE HANNO ADERITO AL “SISTEMA ULISSE” E COLLABORATO ALLE RILEVAZIONI NEL PERIODO 20002006 Abruzzo AZIENDA ULSS – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SERVIZIO IGIENE, EPIDEMIOLOGIA E SANITA’ PUBBLICA – TERAMO – Dr. Leonardo RICOTTI - Dr. Antonio PAROGNA – Dott. Antonio DI ROCCO – Sig. Vincenzino LENZI Basilicata AZIENDA ULSS N. 2 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – POTENZA Dr. Rocco PERROTTA 107 IL SISTEMA ULISSE MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA BASILICATA – UFFICIO OPERATIVO DI POTENZA – Ing. Francesco D’EUGENIO MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA BASILICATA – UFFICIO OPERATIVO DI MATERA SEZIONE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – Ing. Saverio RICCARDI - Sig. Mario ARTERIA – Sig.ra Marcella CAMPAGNA – Sig.ra Lucia Maria Angela CENTOLANZE – Sig. Marco CRISTALLO – Sig. Michele DE SIMMEO – Sig.ra Antonia ETTORRE – Sig. Tommaso MARAGNO – Sig. Giuseppe Pompeo MONTESANO – Sig. Mario Franco MONTESANO – Sig. Vito Davide NICOLETTI – Sig. Giuseppe PENTASUGLIA – Sig. Michele PLASMATI – Sig. Rocco POSTIGLIONE – Sig.ra Patrizia SCAPPATURA – Sig.ra Maria Bruna TATARANNI - Sig. Angelo TEDESCO – Sig. Antonio VAMMACIGNO Calabria ASL N. 4 DI COSENZA – U.O. DI EPIDEMIOLOGIA E STATISTICA SANITARIA – Dr. Francesco SCONZA – Dr.ssa Amalia DE LUCA – Dr. Nello GUCCIONE AZIENDA ULSS N. 7 – SERVIZIO DI PREVENZIONE, IGIENE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO – CATANZARO – Dr. Bernardo CIRILLO - Sig.ra Anna Elisa METALLO - Sig.ra Simona FULCINITI - Sig.ra Sabrina SCERBO AZIENDA ULSS N. 11 – U.O. DI EPIDEMIOLOGIA E STATISTICA – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – REGGIO CALABRIA - Dr. Domenico ALLEGRA – – Dr.ssa Maria PANZERA MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA CALABRIA – ISPETTORATO GENERALE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – SEZIONE DI CATANZARO – Sig. Vincenzo SANDULLI – Sig. Pierino CERRELLI – Sig. Roberto COLOSIMO – Sig. Antonino DI PIETRO – Sig. Giancarlo FRUSCIO – Sig. Romualdo GULLI’ – Sig. Giuseppe MUSOLINO – Sig. Fabio PAONE – Sig. Vito RUBINO – Sig. Ottavio SANTULLI - Sig. Maurizio BASTA – Sig. Domenico CRISTOFALO – Sig. Luigi GIUDICE – Ing. Direttore Vincenzo SERGIO – Sig. Adelio RUSCIO – Dr. Giovanni BORRELLI – Sig. Antonio CICALA – Sig. Luigi FERRARO – Sig. Antonio FREGA – Sig. Gaetano GAUDIO – Sig. Francesco MAGGIOLINI – Sig. Mario PELLEGRINO – Ing. Francesco TRECROCI – Ing. Franca VAMPO – Dr. Luciano ARCUDI – Arch. Francesco FONTEGUONO – Sig. Nicola MACRI’ – Sig.ra Anna Maria REGOLO – Sig. Antonino ROMEO – Sig. Rinaldo LAPPANO – Dr. Antonio NAPOLITANO – Dr. Riccardo NAPOLITANO – Sig. Libero PAGLIARO – Sig. Paolo PAPALINO – Sig. Salvatore RIPEPI – Sig. Annunziato VAZZANA Campania ASL N. 1 DI NAPOLI – SERVIZIO DI EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE – Prof. Andrea SIMONETTI – Dr.ssa Patrizia NASTI – Sig.ra Linda SORBILLI ASL N. 2 DI AVELLINO – DIREZIONE SANITARIA AZIENDALE – Dr. Francesco SANTANGELO - Dr.ssa Alessandra ANTOCICCO 108 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE ASL N. 2 DI CASERTA – DIPARTIMENTO DI EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE – Dr. Crescenzo BOVE AZIENDA ULSS N. 5 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SERVIZIO EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE - POMPEI (NA) - Dr. Francesco GIUGLIANO MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA CAMPANIA – UFFICIO OPERATIVO DI NAPOLI SEZIONE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – Ing. Emilio BIZZARRI – Dr. Luigi VARRIALE – Sig. Antonio D’AMBROSIO Emilia Romagna ASL DI CESENA – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – Dr. Luigi SALIZZATO – Dr.ssa Nicoletta BERTOZZI - Dr.ssa CARROZZO – Dr. Fabio MOLARI – Dr. Roberto QUADALTI – Dr.ssa Patrizia VITALI ASL CITTA’ DI BOLOGNA - C.S.E.S. – PROGETTO SALUTE – Sig.ra Simona BENASSI – Sig.ra Annarita CAPASSO – Sig. Callisto VALMORI – Sig. Giuseppe LACAVA MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER L’EMILIA ROMAGNA – BOLOGNA – Geom. Sergio DI FRESCO - Geom. Antonio PALAMARA - Sig. Pietro MORLINO – Geom. Lino PINI – Sig.ra Franca ANGIUS – Sig.ra Fulvia FORTE – Sig. Rinaldo BUCCHI – Geom. Massimiliano DI BLASIO – Geom. Emanuele DEGLI ESPOSTI POLIZIA STRADALE – MAGISTRATO DEL PO – SERVIZIO DI PIENA DI PARMA – Personale del Magistrato per il Po di Parma ed Uffici Operativi coordinati dall’Ing. Francesco CERCHIA e dai Vice Coordinatori Geom. Primo OCCHIALINI e Geom. Franco DA SCORNO COMUNE DI RIMINI – COMANDO POLIZIA MUNICIPALE - UFFICIO EDUCAZIONE STRADALE – Vice Com. Leonardo FAZZIOLI - Ass. Paola DA COSTA – Dr.ssa Milena PERAZZINI – Dr. Paolo PASINI – Ass. Soc. Vol. Margherita CARBELLOTTI – Ass. Soc. Cabiria TIRABOSCHI – Dr.ssa Paola BAFFONI – Sig.ra Loredana SARTINI – Dr.ssa Maria Grazia PISCAGLIA – Dr. Luca MONTANARI – Dr.ssa Maria Stella SALARIS – Dr.ssa Patrizia CANINI – Dr. Alessandro RAVASIO – Dr.ssa Maria Grazia PISCAGLIA – Sig. Massimo LILLA – Sig. Morris BARATTI – Sig. Andrea ASTOLFI – Sig. Stefano BENEDETTINI – Sig. Lorenzo SAPUCCI – Sig. Alessandro NUCCI – Sig. Michele GIARDINI Lazio MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI (ora MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI) - Ispettorato Circolazione e Sicurezza Stradale – Dott.ssa Maria Grazia GIOVENCO, Ing. Pasquale CIALDINI, Arch. Alberto TODARO, Dott. Mario COBRE, Dott.ssa Maristella CIANCIO, Dott.ssa Elisabetta MARGHERINI MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER IL LAZIO – UFFICIO SPECIALE DEL GENIO CIVILE PER LE OO.PP. DELLA CAPITALE – Ing. Raffaele DE PALATIS – Geom. Agostino RICCARDELLI 109 IL SISTEMA ULISSE STUDIO DENTISTICO “LUCCHESE-GRIMALDI” DI FROSINONE – Dott. Gerardino GRIMALDI – Dott.ssa Alessandra PALUMBO ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME DELLA STRADA – SEDE DI ROMA Ing. Luciano FANTINI Liguria MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI - PROVVEDITORATO REGIONALE OO.PP. PER LA LIGURIA – GENOVA – SEZIONE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – Dr.ssa Lucia ANASTASIO - Sig. Riccardo ASSENZIO – Sig. Vittorio LAZZARONE – Sig.ra Marilena PORFIDO – Sig.ra Alessandra BUZZONE – Sig.ra Franca ANTONETTI – Sig. Pasquale SALVO – Sig. Stefano TENDOLA – Sig. Rosario GANCI Lombardia ASL DELLA PROVINCIA DI MILANO N. 1 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – Dr. Pasquale PELLINO – Dr.ssa Maira BONINI – Dr. Domenico COTRUPI – Dr. Graziano ORI – Dr. Aldo PIGORINI – Sig.ra Diana BONALI – Sig.ra Elena BORGHI – Sig. Giuseppe CISALGHI – Sig.ra Cristina COLOMBO – Sig. Cosimo QUIETANO – Sig.ra Susanna DELLA VEDOVA – Sig. Giuseppe DRAGOTTO – Sig. Roberto SISTI – Sig. Vito PIZZO ASL DELLA PROVINCIA DI LODI – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – Dr. Marco CARAZZINA - Dr. Carlo ROZZONI – Dr. Cesare RUSCA – Dr.ssa Marzia SORESINI – Sig.ra Rosanna CASELLA – Sig. Luigi FERRARI – Sig. Mario MAZZI - Sig.ra Laura MONICA – Sig. Roberto RIBOLDI – Sig. Maurizio ROSSI – Sig.ra Milva ROVEDA – Sig. Anna Maria SCARAVAGGI ASL DELLA PROVINCIA DI SONDRIO – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – Dr. Carlo BARLASSINA – Dr. Roberto TESSANDORI – Dr.ssa Jacqueline FRIZZA – Sig. Giuseppe FABANI AZIENDA ULSS DELLA PROVINCIA DI VARESE – SERVIZIO DI MEDICINA PREVENTIVA NELLE COMUNITA’ – VARESE - Dr. Renato SOMA - Dr. Roberto BARDELLI MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI - PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA LOMBARDIA – ISPETTORATO GENERALE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – SEZIONE DI MILANO – Sig. Riccardo MAURIELLO – Sig. Mario BERNARDI – Sig. Piersante CARLI – Sig. Gaetano COLACINO – Sig. Danilo DE CAMPO – Sig. Francesco DI DONNA – Sig. Antonio ESPOSTI – Sig. Adelino FABIANO – Sig. Roberto FALSETTI – Sig.ra Carla FERRARI - P.O. Luigi FREGA – Sig. Gerardo GRIECO – Sig. Rosolino INTERBARTOLO - Sig.ra Lara PODESTA’ – Sig.ra Angela QUAGLIATA – Sig.ra Francesca RICCIARDI – Sig. Raffaele ROSSI – Sig. Stefano SANTI Marche ASL N. 5 DI JESI (AN) – SERT – Dr. Franco BURATTINI – Dr. Sauro SANDRONI – Dr.ssa Laura CASTIGLIONI ASL N. 7 DI ANCONA – UFFICIO PROMOZIONE DELLA SALUTE – Dr. Stefano BERTI – Mar. Sandro CIONCHETTI – Dr. Nicolino DI TANNA CARFAGNA – Dr.ssa Elisabetta BERNACCHIA – Dr.ssa Pierpaola PIERUCCI – Dr. Giuseppe DONATO 110 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO REGIONALE OO.PP. PER LE MARCHE – ANCONA – Ing. Attilio FRALLEONE – Geom. Mario Franco STAMILE – Geom. Fabio ANDRENACCI – Sig. Filiberto ANGELORO – Sig.ra Chiara DE GREGORIO – Sig.ra Laura BENTIVOGLIO MAGNER – Sig.ra Irene LICALFI Molise ASL N. 3 DI CAMPOBASSO “CENTRO MOLISE” – Dr. Sergio RAGO – Dr. Michelino LOMBARDI MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP PER IL MOLISE – CAMPOBASSO – SEZIONE CIRCOLAZIONE E TRAFFICO – Ing. Antonio TRIVISONNO - Dr. Adolfo Celeste MENOTTI – Arch. Antonio SARACINO – Sig. Diodorino VETERE – Sig. Osvaldo RAMUNDI – Sig.ra Rossana CARUSO – C.T. Daniela MAGLIETTA – Sig.ra Daniela MAMMARELLA – Ing. Claudio FALCIONE – Sig. Renato CASTALDI – C.T. Franco FRATINI – C.T. Antonio DEL BIANCO – C.T. Peppino FARDONE – C.T. Ambrogio RICCHIUTI Piemonte AZIENDA ULSS N. 5 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SERVIZIO IGIENE E SANITA’ PUBBLICA - COLLEGNO (TO) – Dr. Nicola SUMA - Sig. Marco MANIEZZO AZIENDA ULSS N. 6 DI CIRIE’ – UNITA’ OPERATIVA AUTONOMA IGIENE E SANITA’ PUBBLICA – LANZO TORINESE (TO) – Dr. Alberico ARMOCIDA - Sig. Vincenzo INCALZA ASL N. 14 DI OMEGNA (VB) – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE - SERVIZIO IGIENE PUBBLICA – Dr. Paolo FERRARI AZIENDA ULSS N. 20 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SERVIZIO IGIENE E SANITA’ PUBBLICA – TORTONA (AL) – Dr.ssa Maria Antonietta BREZZI - Dr.ssa Maria Luisa REPREGOSI AZIENDA ULSS N. 22 ACQUI TERME, NOVI LIGURE, OVADA – SERVIZIO IGIENE E SANITA’ PUBBLICA – NOVI LIGURE (AL) – Dr.ssa Chiara SCAGLIA – Dr Roberto SIMONASSI MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER IL PIEMONTE – TORINO – ISPETTORATO CIRCOLAZIONE E TRAFFICO – Sig. Paolo VIGNALI – Sig. Guido BRANCALEONI – Sig. Mauro BRIZIO – Sig.ra Luciana CACCIAMANI – Sig.ra Gabriella CERRA – Sig. Pietro CONFORTI – Sig.ra Roberta CONTI – Sig.ra Maria Grazia DI BLASI – Ing. Antonio FIDELIBUS – Sig.ra Silvana GIOE’ – Sig. Giuseppe LO MAZZO – Sig.ra Francesca LUBRANO – Sig.ra Angela MADEO – Sig.ra Norma MAGRI – Ing. Anna MONACO – Sig.ra Adriana PENASSO – Sig. Giovanni MANCARDI - Sig. Angelo PUOPOLO – Sig.ra Sabrina RANGO – Sig.ra Margherita VERCELLONE – Sig. Alessandro MANCINI – Ing. Massimo DEL GAUDIO Puglia PRESIDIO OSPEDALIERO ”TESTA” DI TARANTO – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SERVIZIO PREVENZIONE E SICUREZZA NEGLI AMBIENTI DI LAVORO – Dr. Michele CONVERSANO – Dr. Francesco BAI111 IL SISTEMA ULISSE LARDI – Dr. Egidio BATTISTA – Dr. Archita MASTROCINQUE ASL N. 3 DI FOGGIA – U.O. DI EPIDEMIOLOGIA E STATISTICA – Dr. Vincenzo DI MARTINO – Dr.ssa Lucia FRISOLI – Sig.ra Paola LEPORE – Sig. Luigi BONFIGLIO ASL N. 8 DI CAGLIARI – DIREZIONE GENERALE - UFFICIO RELAZIONI ESTERNE – Dr.ssa Assunta FERRARACCIO – Dr.ssa Sandra MULAS – Dr. Antonio PODDA – Sig. Giuliano FRAU – Sig. Mario SECHI – Sig.ra Miranda PISU – Sig.ra Adriana MONNI – Sig.ra Delia SCHINTU MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA PUGLIA – BARI – ISPETTORATO REGIONALE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – Geom. Ignazio PANSINI – Sig. Francesco PANZARINO – Sig. Nicola MARZANO – Sig. Giovanni D’ADDIEGO – Sig. Giuseppe CAFORIO – Dr.ssa Concetta CALCANTE – Sig. Cosimo MICELLI – Sig. Nicola MINCUZZI – Dr.ssa Daniela CARLUCCI – Sig. Domenico MACCHIA – Sig. Aldo COTA – Sig. Pio DI CARLO Sardegna MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – UFFICIO DEL GENIO CIVILE PER LE OO.MM. – CAGLIARI – ISPETTORATO GENERALE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – SEZIONE SARDEGNA – Ing. Mario Sergio VARGIU – Sig. Rinaldo Orazio SULIS - Sig. Rinaldo COTZA – Sig. Emanuele FANNI – Sig. Giovanni PILI – Sig. Luigi VESSILLO – Sig. Antonello PUDDU Sicilia ASL N. 7 DI RAGUSA – UFFICIO DI IGIENE – Dr. Giuseppe FERRERA MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA SICILIA – PALERMO – CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – Ing. Antonio DOTTO - Ing. Giuseppe BUFFA – Ing. Andrea TAGLIAVIA – Dr. Giovanni SALMERI – Sig. Antonino SPITALERI – Geom. Calogero PULLARA – Geom. Matteo ADAMO – Geom. Gaetano JANIA – Geom. Pietro MARVUGLIA – Geom. Giuseppe DE SANTIS ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME DELLA STRADA – SEDE DI MESSINA -Prof.ssa Giuseppa CASSANITI MASTROJENI Toscana AZIENDA ULSS N. 2 LUCCA – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – CAPANNORI (LU) – Dr. Luca RICCI AZIENDA ULSS N. 3 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SERVIZIO IGIENE E SANITA’ PUBBLICA – PISTOIA – Dr.ssa Wanda WANDERLINGH Dr.ssa Lidia MARINO MERLO - Sig. Piero BARTOLINI – Sig. Gianni CALISTRI – Sig.ra Milena GIAGNONI AZIENDA ULSS N. 10 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – FIRENZE – Dr.ssa Gianna CIAMPI - Dr.ssa Anna MERSI AZIENDA ULSS N. 12 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – VIAREGGIO (LU) – Dr. Giuliano ANGOTZI - Sig. Antonino ROAS MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI - PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA TOSCANA – SEZIONE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA 112 SECONDA PARTE - I DATI DEL SISTEMA ULISSE STRADALE – FIRENZE – Ing. Sergio FITTIPALDI - Sig. Antonio GUIDA – Sig. Ernesto DE FEO – Sig. Valeriano CANNIZZARO – Sig. Raniero TINAGLI – Sig. Paolo MORETTI ISTITUTO COMPRENSIVO “CONVENEVOLE DI PRATO” – Prof. Franco FARINA - Prof.ssa Viviana BRUNI – Gli studenti della III classe della Scuola Media “POLO” Trentino Alto Adige OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO DI TRENTO – DIREZIONE PER LA PROMOZIONE E L’EDUCAZIONE ALLA SALUTE – Sig.ra Antonella D’ALPAOS – Sig.ra Marika GIOVANNINI – Sig.ra Marisa FORADORI – Sig.ra Albina VALZOLGHER – Sig. Paolo GUARISCI MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. DI TRENTO – GENIO CIVILE DI BOLZANO – Dr. Giovanni SALVIA – Rag. Nicola FAGGIANO – Sig. Sergio SCIERI Umbria AZIENDA ULSS N. 1 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – GUBBIO (PG) – Dr.ssa Daniela FELICIONI - Sig.ra Cinzia PROCACCI AZIENDA ULSS N. 3 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SEDE DI NORCIA – NORCIA (PG) - Dr.ssa Anna Rita BUCCHI AZIENDA ULSS N. 3 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SEDE DI FOLIGNO – FOLIGNO (PG) - Sig.ra Francesca MATTIOLI - Sig.ra Federica PETESSE AZIENDA ULSS N. 3 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SEDE DI SPOLETO – SPOLETO (PG) - Sig. Fabrizio CERASINI - Sig. Renzo LIPPARELLI MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER L’UMBRIA – ISPETTORATO GENERALE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – SEZIONE REGIONALE DELL’UMBRIA – Arch. Francesco di NITTO – Sig. Claudio AGOSTINELLI – Sig. Franco BASTIANELLI – Sig. Sergio BEVILACQUA – Sig.ra Susanna Maria BLANCO – Sig. Mario CROCETTI – Sig.ra Maddalena COZZARI – Sig. Nazzareno DESIDERI – Sig. Antonio GALIANO – Sig. Pasquale GIULIANI – Sig. Amerigo GORI – Sig.ra Marisa LANDI – Sig. Antonio MARZIALI – Sig.ra Iole MATTEUCCI – Sig.ra Alessandra PANCIANESCHI – Sig. Alvaro PECORARI – Sig. Giuseppe RAPAIOLI – Sig. Gianni SCHIAPPI – Sig. Fabrizio SILVESTRI – Sig. Andrea TARADDEI – Sig. Vito TIACCI – Sig. Maurizio TASCIATTI ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME DELLA STRADA – SEDE DI PERUGIA - RESINA (PG) - Sig.ra Monica MARINELLI Veneto ASL N. 13 DI DOLO (VE) – OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO - DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – Dr. Flavio VALENTINI - Dr.ssa Maria Luisa FABRIS – Sig. Roberto BERTOLIN - Sig. Pasqualino SASSO ASL N. 20 DI VERONA – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – Dr. Massimo VALSECCHI – Dr.ssa Silvana MONSERVISI – Dr.ssa Lucia DE NONI ISTITUTO DI MEDICINA LEGALE E DELLE ASSICURAZIONI – UNIVERSITA’ DI PADOVA – Prof. Santo Davide FERRARA – Dr. Raffaele GIORGETTI – 113 IL SISTEMA ULISSE Dr. Silvano ZANCANER – Dr. Alessandro FONTANA MINISTERO INFRASTRUTTURE E TRASPORTI - SERVIZI INTEGRATI INFRASTRUTTURE E TRASPORTI VENETO, TRENTINO ALTO ADIGE, FRIULI VENEZIA GIULIA – SETTORE INFRASTRUTTURE – UFFICIO GENIO CIVILE DI GORIZIA – Dott. Ing. Francesco SORRENTINO - Sig. Massimo BIASIOL ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME DELLA STRADA – VENEZIA - Sig.ra Pierina GUERRA ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME DELLA STRADA – COMUNE DI MARCON (VE) – Sig. Andrea FOLLINI. 114 TERZA PARTE PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE IL SISTEMA ULISSE 116 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Fattori di rischio per la sicurezza stradale, loro prevalenza e loro impatto nella genesi dell’incidentalità Franco Taggi Reparto “Ambiente e Traumi” Dipartimento Ambiente e connessa Prevenzione Primaria Istituto Superiore di Sanità Introduzione I problemi della sicurezza stradale sono oggi sotto l’attenzione di tutti. Le ragioni di questo interesse appaiono diverse, ma quella più importante sembra essere l’eco suscitata dall’obiettivo che l’Unione Europea ha proposto ai Paesi che la costituiscono: diminuire per il 2010 del 50% le conseguenze devastanti degli incidenti stradali (morti, invalidi, ricoveri, ecc.). Questa decisione dell’Unione rappresenta una delle prove tangibili di un profondo cambiamento culturale che si sta verificando da qualche tempo su questo tema. Per fare un solo esempio, la visione (da tempo confutata) dell’ineluttabilità degli incidenti stradali sta lentamente scomparendo: l’evidenza che questi eventi possono essere prevenuti con efficacia si sta imponendo a tutti i livelli, tra il pubblico, tra i decisori. Ciononostante, l’impressione di chi scrive è che – sia pur nel favorevole cambiamento di scenario – alcuni concetti fondamentali che sono alla base di scelte e decisioni volte a migliorare la sicurezza stradale restino ancora troppo vaghi, anche tra gli addetti ai lavori. Invero, le cose non sono così semplici in quanto gli incidenti stradali costituiscono un fenomeno di “sistema” ad elevata complessità; tuttavia, per quanto arduo possa apparire, vale sempre la pena tentare di esplicitare con accresciuta chiarezza certi punti di comprensione non immediata, che sono alla base di un approccio razionale al fenomeno e al suo controllo. In questo ordine di idee, nel breve articolo che segue cercherò di met117 IL SISTEMA ULISSE tere a fuoco quattro concetti-base: quello di “Fattore di Rischio”; quello di “Forza” del fattore di rischio; quello di “Prevalenza” del fattore di rischio”; quello di “Impatto” del fattore di rischio (in base alla sua forza e alla sua prevalenza) sul quadro osservato dell’incidentalità. Il “Fattore di Rischio” Per “Fattore di Rischio” si intende una certa caratteristica che, se presente in un soggetto, tende a rendere più probabile il realizzarsi di un certo evento indesiderato (più probabile rispetto a quanto può accadere ad un soggetto a lui molto simile, che però non presenta la detta caratteristica). Per chiarirci le idee, supponiamo che la caratteristica in questione sia quella di fumare tabacco e che l’evento indesiderato sia l’insorgenza di un tumore polmonare. Orbene, numerosi studi dimostrano che la probabilità di ammalarsi di tumore polmonare entro un dato periodo di tempo è maggiore per soggetti che fumano rispetto a coloro che non hanno mai fumato. Detto in parole crude, in un periodo di 20 anni, un gruppo di 1000 fumatori “produrrà” più casi di tumore polmonare che non un gruppo di 1000 non-fumatori, simili ai primi per sesso, età ed altre caratteristiche. Mettere in luce una relazione di questo genere non è sempre semplice come potrebbe apparire a prima vista, ma è possibile: studi di questo tipo fanno parte di una disciplina a cavallo tra la statistica e la medicina, che viene chiamata “Epidemiologia”. Nel momento in cui disponiamo di prove concrete sull’effetto indesiderato della caratteristica in studio, potremo indicare detta caratteristica come “Fattore di Rischio”. Riferendoci all’esempio precedente, possiamo oggi affermare che il fumo di tabacco è inequivocabilmente un fattore di rischio per l’insorgenza di tumore polmonare. Si osservi che un certo fattore può essere un fattore di rischio per più eventi indesiderati: sempre in relazione al fumo di tabacco, esso risulta fattore di rischio anche per altri tipi di tumore, malattie cardiovascolari, broncopneumopatia cronica ostruttiva, enfisema, ed altro ancora. Venendo alla sicurezza stradale, di fattori di rischio ben studiati e messi in luce, ce ne sono molteplici. D’altra parte, la guida di un veicolo è un’attività delicata e complessa che può essere “disturbata” in innume118 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE revoli modi. Ad esempio, è ormai ben noto che guidare dopo aver consumato bevande alcoliche rende più probabile che il conducente si renda responsabile di un incidente stradale grave o mortale. Questo vuol dire, parafrasando quanto esposto nel caso del fumo, che 1000 conducenti che guidano sotto l’influsso dell’alcol “produrranno” in un dato periodo più incidenti stradali rispetto a 1000 conducenti che, a parità di tutte le altre condizioni, guidano sobri. La “Forza” del Fattore di Rischio” Una volta provato che una certa caratteristica è fattore di rischio per un certo evento indesiderato, sembra importante chiedersi di “quanto” essa aumenti il rischio nei soggetti che la presentano rispetto a quelli che non la presentano. In altre parole, sempre riferendoci al fumo di tabacco, se questa abitudine aumentasse la probabilità di ammalarsi di tumore polmonare del 3% sarebbe un conto; ben diversa apparirebbe la cosa se la probabilità aumentasse del 50% o del 150%. Tanto per la cronaca, il fumo aumenta questa probabilità del 2370%! Dunque, anche se chi non fuma ha comunque una certa probabilità di ammalarsi di tumore polmonare, questa probabilità cresce in chi fuma di circa 24 volte. A questo punto viene naturale introdurre come misura della “forza” del fattore di rischio quello che si chiama “Rischio Relativo”. Questa grandezza, che indicheremo nel seguito con la scrittura RR, è un numero puro dato dal rapporto tra la probabilità di “generare” l’evento indesiderato tra chi presenta il fattore di rischio e quella di chi non lo presenta. Riferendoci all’esempio prima dato, il fumo comporta un rischio relativo di ammalarsi di tumore polmonare pari circa a 24. Nella pratica, quindi, dati due gruppi equinumerosi di soggetti simili in tutto, tranne per il fatto che il primo è costituito da persone che non hanno mai fumato e il secondo da fumatori, se in un certo tempo nel primo gruppo una persona si ammala di tumore polmonare, nel secondo se ne ammaleranno circa 24! Tornando alla sicurezza stradale, il rischio relativo (rispetto a chi è sobrio) di provocare un incidente grave o mortale guidando in stato di ebbrezza cresce molto rapidamente con la quantità di alcol presente nel sangue del conducente (si osservi che questo avviene anche col fumo: più sigarette si fumano più elevato è il rischio di ammalarsi di qualcosa di poco piacevole). La misura della quantità di alcol che il soggetto ha in circolo si chiama 119 IL SISTEMA ULISSE “Alcolemia” e viene espressa in diverse unità, in genere in termini di peso-volume (peso dell’alcol contenuto in un certo volume di sangue). Una sigla spesso usata è BAC, acronimo di “Blood Alcohol Concentration”. Nel seguito useremo come unità i milligrammi di alcol per 100 millilitri di sangue (mg/100ml). Dunque, dire che un soggetto ha alcolemia pari a 70 mg/100ml significa che in 100 ml di sangue del soggetto ci sono 70 milligrammi di alcol puro. In base a molte sperimentazioni effettuate (anche su simulatori di guida) si è visto che alcuni soggetti risentono degli effetti negativi dell’alcol già con alcolemie di appena 20mg/100ml; e questi effetti crescono rapidamente di intensità all’aumentare dell’alcolemia, riguardando alfine la totalità dei soggetti. Effettuando studi epidemiologici su conducenti che avevano causato incidenti e su altri che non ne avevano causati (controlli), si è però messo in luce che una reale pericolosità alla guida di chi ha bevuto rispetto a chi è sobrio comincia ad evidenziarsi solo per alcolemie superiori a 50mg/100ml. Alla luce di questo risultato, confermato da più ricerche, il limite legale dell’alcolemia dei conducenti è stato perciò fissato pari a 50mg/100ml, ovvero 0.5g/l (ciononostante, ci sono molte ragioni che segnalano come sarebbe bene evitare sempre di assumere bevande alcoliche, anche in modesta quantità, se poi si deve guidare). I numerosi studi epidemiologici svolti per quantificare l’andamento del rischio relativo di provocare un incidente grave o mortale al crescere dell’alcolemia del conducente, trovano tutti una curva del tipo di quella riportata in fig. 1. Sull’asse delle ascisse figura l’alcolemia; su quello delle ordinate, il corrispondente rischio relativo. I punti rappresentano dati sperimentali; la curva media l’andamento complessivo dei detti punti. Come si osserva, questa curva comincia a salire intorno ad un BAC di 50mg/100ml e già a 100mg/100ml il RR è (mediamente) intorno a 5. A 120mg/100ml il RR (sempre mediamente) supera 10; a 150mg/100ml siamosopra a 30; a 180mg/100ml siamo addirittura oltre 70. Dunque, ad esempio, dati due gruppi equinumerosi di conducenti, uno costituito da soggetti sobri, l’altro da soggetti simili in tutto ai primi ma con alcolemia intorno a 150mg/100ml, se il primo gruppo genererà un incidente grave o mortale, il secondo ne genererà più di 30! 120 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Fig. 1 SETTIMANA NAZIONALE DELLA SICUREZZA STRADALE 5 – 12 maggio 2002 RISCHIO RELATIVO DI PROVOCARE UN INCIDENTE GRAV E O MORTALE IN FUNZIONE DELL’ALCOLEMIA DEL CONDUCENTE 70.0 rischio relativo 60.0 50.0 40.0 30.0 20.0 10.0 0.0 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 BAC (mg/100ml) ISS – Reparto “AMBIENTE & TRAUMI” La “Prevalenza” del Fattore di Rischio Come abbiamo visto, per avere obiettivi elementi di giudizio il primo passo è dimostrare se un certo fattore (o caratteristica) è davvero un fattore di rischio; il secondo passo è invece determinare quanto il fattore aumenta il rischio (e questo lo si quantifica con il rischio relativo). Ma c’è ancora un terzo passo da fare, assai importante, per poter decidere la tipologia e l’urgenza delle azioni di prevenzione da promuovere: quantificare il numero di soggetti che presentano il fattore di rischio. Cerchiamo di capire meglio la cosa, riprendendo il discorso sul fumo. Sappiamo con sicurezza, in base a tantissime ricerche, che il fumo fa male, e molto. Ma se in Italia fumasse soltanto un certo signor Mario Rossi, il problema non avrebbe quelle caratteristiche sanitarie drammatiche che invece presenta. Certo, a Mario Rossi il fumo farebbe comunque male, ma la cosa non avrebbe certo un carattere “sociale”: sarebbe un problema del signor Rossi, essenzialmente suo. Poiché invece nel nostro paese i fumatori sono milioni, la faccenda assume ben altri termini: milioni di fumatori comportano centinaia di migliaia di casi di 121 IL SISTEMA ULISSE malattia che – in assenza dell’abitudine al fumo – non verrebbero a presentarsi. E il problema diventa allora sociale, per i tanti aspetti umani, per la spesa sanitaria, per le perdite produttive, e così via dicendo. E’ importante, quindi, per ben regolarsi su cosa fare in termini di prevenzione, conoscere anche quanti presentano il fattore di rischio, ovvero la proporzione di questi sulla popolazione in esame. Questa proporzione viene indicata in epidemiologia con il termine di “prevalenza”. Quando diciamo che le rilevazioni del sistema Ulisse indicano che l’attuale prevalenza del mancato uso delle cinture di sicurezza in Italia è pari al 30%, intendiamo dire che su 100 conducenti e trasportati anteriori osservati, 30 non la indossavano. Tenendo conto che ci sono circa 34 milioni di patenti di guida attive, questo significa che circa 10.200.000 conducenti (più circa 2.040.000 trasportati, visto che il tasso medio di occupazione di un veicolo è pari a 1.2) risultano nei fatti non protetti dalla cintura. In caso di incidente, poiché il rischio relativo di morire o ferirsi più gravemente per il mancato uso della cintura è circa 2, questi soggetti avranno – a parità di tipologia di incidente - una probabilità doppia di morire, come pure lesioni doppiamente gravi rispetto a chi invece porta la cintura. “Impatto” del fattore di rischio (e della sua prevalenza) sul quadro osservato dell’incidentalità Nota la forza del fattore di rischio (rischio relativo), e la sua prevalenza, è possibile quantificare con modelli matematici il suo impatto sul quadro osservato dell’incidentalità (morti, feriti, ecc.), come pure valutare cosa succederà se si riesce in qualche modo a ridurre la sua prevalenza (o se la prevalenza aumenta). L’argomento è un poco tecnico, ma credo di poter mettere in luce gli aspetti di maggiore interesse usando al minimo la matematica. Mi servirò di un modello deterministico (ulteriormente semplificato per questa occasione) messo a punto nei primi anni ’80 allo scopo di valutare preventivamente l’impatto nella riduzione del trauma cranico grave della futura legge sull’uso obbligatorio del casco per gli utenti delle due ruote motorizzate. Torniamo indietro nel tempo e ripercorriamo il ragionamento seguito per costruire uno strumento (il modello) rivelatosi poi idoneo a stimare quello che sarebbe accaduto con l’adozione obbligatoria del dispositivo. Innanzitutto, era necessario essere sicuri che il non-portare il casco 122 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE fosse realmente un fattore di rischio per il trauma cranico (ma anche che l’uso di detto dispositivo non comportasse effetti collaterali): questo risultava ben evidenziato da innumerevoli studi epidemiologici svolti in paesi diversi, dove al crescere dell’uso del casco si riscontrava sempre una riduzione dell’incidenza del trauma cranico, senza che fossero rilevati aumenti di altre lesioni indesiderate, nello specifico traumi del collo. In secondo luogo, era necessario conoscere il valore del rischio relativo di trauma cranico grave in chi non portava il casco rispetto a chi lo portava. Per stimare questa quantità, fu effettuata una meta-analisi degli studi svolti in tutto il mondo, e fu così possibile stimare il rischio relativo di riportare un trauma cranico grave in un incidente delle due ruote non indossando il casco rispetto a chi invece lo indossava. Risultava RR=2 (circa). In altre parole, l’evidenza scientifica mostrava che la probabilità di essere vittima di un trauma cranico grave era doppia nei centauri che non indossavano il casco rispetto a quelli che lo indossavano. La stessa cosa era peraltro riscontrabile anche per traumi cranici moderati o minori. Vediamo ora come possono essere ulteriormente utilizzati questi elementi. All’epoca (primi anni ’80) quasi nessuno portava il casco. La prevalenza del non-uso del dispositivo era quindi pari a circa 100%. Questo 100% di utenti non protetto (ovvero tutti) produceva nell’anno un certo numero di traumi cranici gravi, diciamolo X. Che sarebbe accaduto se una certa quota di utenti avesse preso ad indossare il casco (ovvero se si fosse ridotta la prevalenza del fattore di rischio, nel caso presente il non-uso del casco)? In fig. 2 è sintetizzato in forma grafica il tutto. Come si osserva da questa figura, nella situazione in cui nessuno (100%) indossa il casco si generano in un certo periodo di tempo (es. un anno) X traumi cranici gravi per incidenti delle due ruote motorizzate. Supponiamo ora che, in seguito a certi provvedimenti, questa quota scenda al 60% (ovvero, il 40% indossi il casco). Nell’anno, evidentemente, lo strato che non porta il casco produrrà un numero di traumi cranici gravi come avveniva in precedenza, in questo caso pari a 0.6X. D’altra parte, lo strato protetto (40%) che ne avrebbe prodotti senza protezione 0.4X, ne produrrà invece la metà, cioè 0.4X / 2 = 0.2X. Avremo, quindi, in questa nuova situazione un numero totale di traumi cranici gravi inferiore al precedente, pari a 0.6X + 0.2X = 0.8X. La 123 IL SISTEMA ULISSE Fig. 2 PREVALENZA DEL NON-USO DEL CASCO (Modello IPP) 0 100% Prima 100% Tot = X X 0 Dopo 60% 60% 100% 40% Tot = 0.8X 0.6X 0.4X / 2 ISS- Reparto “Ambiente e Traumi” corrispondente variazione percentuale del numero dei traumi cranici gravi tra i due periodi sarà quindi pari a (0.8X – X)/X = -0.2, che percentualizzata indica una riduzione del 20%. Per comprendere meglio l’utilità di questo approccio nel valutare come il sistema risponderà a certe variazioni della prevalenza dei fattori di rischio, prendiamo ora in considerazione una perniciosa abitudine, in netta crescita: quello dell’uso del cellulare durante la guida. Proprio quest’anno, studi australiani hanno definitivamente dimostrato che il rischio relativo di provocare un incidente grave o mortale perché distratti dall’uso del telefono cellulare durante la guida è molto elevato, addirittura pari a 4 (lo stesso rischio relativo era stato trovato in precedenza per incidenti senza feriti). Tanto per capirci, si tratta di un rischio relativo simile a quello di un conducente che guida con un’alcolemia intorno a 100mg/100ml. I dati del sistema Ulisse riferiscono che attualmente nel nostro paese circa il 2.5% dei conducenti osservati parlava al telefonino (e questa prevalenza appare in crescita nelle ulti124 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE me rilevazioni). Ora, fatti pari ad Y gli incidenti che si avrebbero se nessuno usasse il cellulare guidando, nella nuova situazione siamo dinanzi a due strati: uno, pari al 97.5% che non usa il cellulare e non avendo rischi aggiuntivi produrrà nell’anno 0.975Y incidenti; l’altro, pari a 2.5% che usando il cellulare non ne produrrà più 0.025Y, ma 0.025Y*4 = 0.10Y incidenti, quattro volte tanto. Sicché, a conti fatti, avremo 0.975Y + 0.10Y = 1.075Y incidenti, ovvero un incremento del 7.5% di tutti gli incidenti (gravi e meno gravi che siano). Si rifletta attentamente sul fatto che, dato il consistente rischio relativo in gioco, basta che una piccola quota di conducenti utilizzi il cellulare durante la guida per dar luogo ad un aumento non trascurabile dell’incidentalità stradale. Se, come risulta in alcuni paesi, questa quota raggiungesse il 7% avremmo un incremento ben superiore, pari a 0.93Y+ 0.07Y*4 = 0.93Y+ 0.28Y = 1.21Y, cioè del 21%. Peraltro, il tutto appare nei fatti ancor più critico in quanto i detti studi epidemiologici hanno mostrato che il rischio in questione resta inalterato anche se si usa l’auricolare o il viva-voce (e questa quota di conducenti non viene “contata” nelle osservazioni del sistema Ulisse). Il problema è dunque di tipo cognitivo, e riguarda in generale lo stato di attenzione del conducente che risulta “diviso” tra strada e telefonata. I cellulari usati durante la guida di un veicolo sono una spada di Damocle che incombe sulla sicurezza stradale del nostro paese. Spero che queste semplici valutazioni servano anche a far comprendere meglio come si sia in presenza di un allarme rosso (con buona pace dei gestori che nei loro continui spot televisivi non dicono una sola parola in proposito per allertare l’utenza). Conclusioni La sicurezza stradale è materia complessa, che richiede attenzione, cautela e l’utilizzo di strumenti diversi, provenienti da tante discipline. Al di là di questo modesto contributo che ho qui proposto mi auguro che, ai fini del raggiungimento dell’obiettivo per il 2010 dell’UE, la qualità delle argomentazioni utilizzate per indirizzare le azioni di prevenzione e le risorse messe a disposizione dal Piano Nazionale della Sicurezza Stradale siano sempre più basate su metodi scientifici, quantitativi, quali quelli qui mostrati, e sempre meno sull’emotività o su convinzioni personali destinate a lasciare il tempo che trovano. 125 IL SISTEMA ULISSE Bibliografia F. Taggi “Un modello matematico per valutare la variazione della mortalità conseguente all’introduzione obbligatoria dell’uso del casco di protezione nella guida dei veicoli a due ruote motorizzati” , Boll.Coll.Med.Ital.Trasp. 5, 51-60 (1984) F. Taggi “Safety helmet law in Italy” , The Lancet, January 23, 182 (1988) F.Taggi (a cura di) “Aspetti Sanitari della Sicurezza Stradale”, Istituto Superiore di Sanità, 463 pp., 2003 (scaricabile da www.iss.it/stra ) F.Taggi (a cura di) “Sicurezza Stradale: verso il 2010”, Istituto Superiore di Sanità, 351 pp., 2005 (scaricabile da www.iss.it/stra ) F.Taggi et al. “Il sistema Ulisse per il monitoraggio dell’uso delle cinture di sicurezza e del casco in Italia (2000-2005)”, Istituto Superiore di Sanità, 118 pp., 2005 (scaricabile da www.iss.it/stra ) McCartt A.T., Hellinga L.A., Bratiman K.A. “Cell phones and driving: review of research”, Traffic Injury Prevention 7, 89-106 (2006) D.L.Strayer, F.A.Drews, D.J.Crouch “A comparison of the cell phone driver and the drunk driver”, Human Factors 48, 381-391 (2006) 126 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE La percezione del rischio e il rischio della percezione: il caso della sicurezza stradale Franco Taggi (1), Pietro Marturano (2). (1) Reparto di Metodologie e Modelli Biostatistici, Istituto Superiore di Sanità (2) Ministero dei Trasporti 1. Introduzione La guida di un veicolo è un compito assai complesso, centrato sull’interazione di tre elementi principali: Uomo-Ambiente-Veicolo (UAV). La sicurezza di guida si realizza quando questa interazione dinamica si mantiene entro limiti di bilanciamento, determinati in gran parte, momento per momento, da opportune azioni-reazioni del conducente. Un elemento che gioca in maniera decisa nel far sì che il sistema UAV non vada fuori controllo è certamente la corretta percezione dei possibili rischi da parte di chi sta guidando. L’uomo è sopravvissuto e si è evoluto anche perché ha saputo organizzarsi nel prevedere (nel senso letterale di “vedere prima”) le evoluzioni possibili di certe situazioni: ad esempio, temiamo di cadere dall’alto, perché prevediamo cosa verosimilmente ci accadrà (cioè, di farci molto male). Una corretta percezione del rischio evita molti guai. Certamente, timori eccessivi (per esempio, di ammalarsi) possono in alcuni casi sconfinare nel patologico; tuttavia, nella gran parte delle situazioni l’abbondare in prudenza tende a far meno danni della troppa audacia o, peggio, dell’incoscienza. Banalizzando, è meglio controllare per tre volte se si è spento il gas, che non controllarlo affatto. Nella pratica, però, ci si trova molte volte di fronte ad una percezione del rischio assente o distorta. Questo accade spesso in relazione alle problematiche di sicurezza stradale, dove – come abbiamo proposto nel titolo – ci troviamo davanti al rischio di una percezione… che non riflette cosa effettivamente dobbiamo temere. 127 IL SISTEMA ULISSE In questa nota esamineremo alcune di queste situazioni, proponendo talora dei correttivi che a nostro modo di vedere potrebbero contribuire ad indirizzare correttamente la percezione del rischio di incidente stradale dei conducenti. 2. I riflessi Una grande fiducia nella rapidità dei propri riflessi è alla base di molte tragedie, in particolare dei giovani. Questa fiducia porta a sottovalutare la complessità del sistema UAV. Molte volte, poi, il credere di avere riflessi rapidi è basato su esperienze che non colgono, se non in minima parte, le capacità che debbono essere messe in gioco sulla strada. Supponiamo, infatti, di aver misurato con uno dei tanti apparecchi disponibili, la rapidità dei nostri riflessi (ad esempio, con un apparecchio che emette un segnale sonoro o luminoso, in seguito al quale il soggetto deve premere rapidamente un pulsante). Ora, risultare “rapidi” in questa prova attesta certo buone capacità di risposta, ma per quella prova: in altre situazioni, forse, le cose potrebbero non essere così soddisfacenti. Infatti, nella prova immaginata il soggetto che attende sa che da lì a poco l’apparecchio emetterà il segnale, e sa anche che cosa deve fare in risposta allo stimolo. Nella realtà di ogni giorno, le cose non sono così semplici. Schematizzando molto il tutto, quello che va considerato è quanto segue: tra un certo stimolo e una certa azione di risposta c’è una catena complessa che deve essere percorsa, catena che – per ben memorizzarla – abbiamo indicato con l’acronimo PERIDEA (la si fissa facilmente ricordando la frase “nemmeno per idea”). L’acronimo nasce dalla struttura sequenziale della catena, data da Percezione-Riconoscimento-Decisione-Azione. In primo luogo bisogna, dunque, percepire: e questo non è sempre detto che avvenga (ad esempio, tra noi e quello che dovremmo percepire potrebbe esserci un ostacolo). Una volta percepito qualcosa, il nostro cervello deve “riconoscere”, cioè categorizzare, il percepito. Capita talora di “vedere e non accorgersi”. Riconosciuti i caratteri salienti del segnale, bisogna poi decidere il da farsi, magari rapidamente se si è identificata una situazione di pericolo: non sempre questo è immediato, ognuno può in certe condizioni “esitare”. Deciso che si sia, comunque, bisogna dar corpo alla decisione, agire. E anche questo richiede del tempo. 128 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Sia pur su un modello altamente semplificato come quello qui utilizzato, dovrebbe essere ben chiaro ora cosa intendevamo all’inizio: nella prova di riflessi ipotizzata, si conosce già che qualcosa sarà nel breve percepito, c’è ben poco da riconoscere, ben poco da decidere, solo agire. Si provi, a mò di esercizio, ad immaginare l’influsso sulla durata delle diverse fasi della catena PERIDEA di condizioni di scarsa visibilità, dell’ebbrezza indotta dall’alcol o dalle droghe, della sonnolenza, della stanchezza e di altro ancora. 3. La velocità (1) In genere, il cervello valuta linearmente il rischio legato alla velocità: se a tot km/h c’è un certo rischio, raddoppiando la velocità sembra che il rischio raddoppi. Ora, può piacere o non piacere, ma la fisica ci insegna che l’energia di movimento va col quadrato della velocità. Questo significa che se viaggiamo a 20 km/h abbiamo addosso 400 punti di tale energia; se raddoppiamo la velocità, questa energia non raddoppia, ma quadruplica: a 40 km/h i nostri punti-energia saranno infatti 1600. Per evitare una probabile collisione, dobbiamo scaricare l’energia accumulata, e lo facciamo frenando, trasformando l’energia cinetica in calore che viene dissipato dall’impianto frenante del veicolo e trasferito, grazie all’attrito, dai pneumatici alla strada. Se non riusciamo a fermarci prima della collisione, l’energia che resta si “scarica” sulle strutture del veicolo e su di noi, provocandoci dei traumi. 4. La velocità (2) Il rischio percepito viene talora influenzato dalle unità di misura usate. Esprimere la velocità in km/h può essere utile per stimare la durata di un viaggio, non già per dare una percezione adeguata del rischio. Certo, se qualcuno va a 200 km/h non ci sono esitazioni nella valutazione, ossia il comune senso della percezione implica, in tale situazione, una sicura coscienza (e quindi una sicura percezione-riconoscimento) dello stato di “forte velocità”; ma i tempi cambiano: qualche anno fa, ad esempio, circolava una canzonetta che, per mostrare la spericolatezza del giovanotto che correva dalla sua ragazza, recitava “Andavo a cento all’ora …”: oggi, forse, il testo andrebbe modificato, almeno portando la velocità a 180. Quello che invece può far riflettere e percepire maggiormente lo stato 129 IL SISTEMA ULISSE delle cose è, a nostro avviso, usare i metri al secondo (m/s) e cioè utilizzare semplicemente una diversa unità di misura per esprimere la velocità istantanea, comunicando, di fatto, la stessa cosa. Tecnicamente, se si ha una velocità espressa in km/h, la stessa espressa in m/s la si ottiene moltiplicando la prima per il fattore di ragguaglio pari a 0.28. Dunque, un tranquillo signore che viaggia ad 80 km/h, e nel pieno rispetto dei limiti imposti dal Codice della strada, sta procedendo a 22 metri al secondo. In città, immaginando di guidare a 30 km/h, stiamo facendo più di 8 metri al secondo. Si calcoli, per curiosità, a quanti metri al secondo procede un veicolo che va a 200 km/h (risp. 55.6 m/s). Forse, sarebbe utile mettere sul tachimetro delle auto, accanto alla scala dei km/h anche quella dei metri al secondo. Ciò potrebbe avere un forte impatto psicologico sulla percezione del rischio da parte del guidatore, senza comportare alcuna spesa in termini costruttivi o di produzione dei mezzi. 5. La velocità (3) Una diffusa confusione che esiste è quella fra “velocità massima” (limite di velocità) e “velocità pericolosa”. La velocità massima è un limite insuperabile, al di sotto del quale l’utente deve scegliere la velocità da tenere in base alle condizioni generali: luminosità, manto stradale, traffico, visibilità, presenza di bambini, ecc. . Quindi, una velocità pericolosa non è una velocità superiore a quella massima (come è nella percezione di molti), bensì una velocità al di sotto della massima permessa, non congrua con delle ragionevoli condizioni di sicurezza cui l’utente è tenuto a contribuire. Andare a 40 km/h in città può essere corretto in alcuni tratti; forse, di fronte ad una scuola, o in prossimità di incroci o di strisce pedonali, questa velocità può testimoniare soltanto l’incoscienza del conducente. Applicando quanto visto in precedenza, a 40 km/h stiamo viaggiando quasi a 10 m/s, velocità assolutamente troppo elevata nella circostanza ipotizzata. Ricordiamo infatti che gli spazi di frenata sono anch’essi proporzionali al quadrato della velocità e pertanto a 10 m/s, e cioè “solo” 40 km/h, sono necessari mediamente 16 metri per consentire l’arresto del veicolo. 6. Distanza di Sicurezza e Spazio di Frenata “Tanto poi freno, io ho i riflessi molto rapidi…”. Dichiarazioni di questo genere sono tipiche di chi non ha ben chiaro il rischio che si corre 130 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE nel non mantenere un’adeguata distanza di sicurezza, fatto che in condizioni di emergenza riduce il tempo a nostra disposizione per evitare l’incidente. Quanto questo sia vitale per la nostra sicurezza dovrebbe essere ben chiaro alla luce di quel che si è discusso in precedenza. Lo spazio effettivo di frenata, peraltro, oltre a dipendere dalla velocità del veicolo e da come sono andate le cose mentre il nostro cervello percorreva la catena PERIDEA, dipende anche dalle condizioni del manto stradale (tipologia dello stesso, stato di manutenzione, se asciutto o bagnato, sua temperatura, ecc.), dallo stato e dalla pressione dei pneumatici, dalle caratteristiche e stato del sistema frenante del veicolo, ecc.. In termini indicativi, lo spazio di frenata netto (quello calcolato dal momento in cui il soggetto preme il pedale del freno) è pari mediamente a V2/100 metri, esprimendo la velocità (V) in km/h e può velocemente essere valutato, sempre in metri, elevando al quadrato la cifra delle decine (o centinaia-decine) della velocità: a 50 km/h si hanno quindi 5x5= 25 m; a 90 km/h risulta 9x9= 81 m; a 100 km/h sarà 10x10= 100 m; a 130 km/h avremo 13x13= 169 m. Si osservi che, in accordo con quanto detto a proposito dell’energia, se la velocità raddoppia lo spazio di frenata netto quadruplica: se per trasformare in calore la mia energia cinetica (frenando) necessito di X metri di strada, per smaltire un’energia 4 volte più grande avrò bisogno di 4X metri di strada (si vedano al proposito gli spazi netti di frenata a 50 e 100 km/h). D’altra parte, lo spazio effettivo di frenata deve includere anche il tempo impiegato dalla catena PERIDEA per attuare l’azione frenante (spazio di reazione): questo tempo, che possiamo - come vien fatto di solito - valutare mediamente intorno al secondo, comporta un ulteriore spazio che va ad aggiungersi a quello precedentemente calcolato. Ad esempio, a 80 km/h in un secondo percorriamo, come visto, circa 22 metri; lo spazio effettivo di frenata sarà dunque: 8x8= 64 metri (spazio netto di frenata) + 22 (spazio percorso nel tempo di reazione)= 86 metri. Come si vede, i calcoli sono abbastanza semplici, ma non di percezione immediata. A nostro parere, sarebbe quindi importante che il veicolo disponesse di un indicatore istantaneo di spazio di frenata (naturalmente con espressione degli spazi in metri), posto ad esempio accanto al tachimetro o al contagiri. Anche se l’indicazione fosse solo di massima, la percezione del rischio ne trarrebbe certamente giovamento: avere davanti un veicolo a 8-10 metri e vedere che, più o meno, lo spazio di frenata è sti131 IL SISTEMA ULISSE mato 40 metri dovrebbe sortire un qualche effetto di maggiore prudenza per il conducente. 7. Cinture di sicurezza Paradossalmente, mentre la percezione dell’utilità dell’uso del dispositivo è elevata (in base alle convinzioni manifestate dagli utenti), non altrettanto può dirsi dell’utilizzo effettivo del dispositivo. Mentre rimandiamo per questo problema ai numerosi studi svolti al proposito (alcuni riportati anche in questo stesso volume) vogliamo qui accennare al timore che molti hanno di rimanere, in caso di incidente, “intrappolati” nel veicolo per via della cintura. Al di là del fatto che il meccanismo di sgancio della cintura è di elevatissima affidabilità, per valutare correttamente le cose, si rifletta ad esempio sul fatto che l’uso della cintura evita in modo molto consistente la perdita dei sensi, fatto più probabile nei non-cinturati. Si pensi a cosa si può andare incontro, se si è svenuti, in caso di incendio, di caduta in acqua, o in altri casi dove la rapidità nell’abbandonare il veicolo è cruciale. 8. Casco Anche per il casco avviene quello che si osserva per le cinture, la crasi tra la percezione della sua utilità e l’uso effettivo, che non appare congruente con le opinioni espresse. Nel caso di questo dispositivo, un rischio da alcuni percepito è che l’uso del casco possa favorire il realizzarsi di traumi del collo. Questo fatto non ha evidenza epidemiologica; anzi, studi modellistici e simulazioni depongono per un effetto protettivo indotto dal casco anche sul collo stesso. 9. I seggiolini Sull’utilità dei seggiolini sono sostanzialmente tutti d’accordo. Fatto sta che ancora oggi non è raro vedere bambini piccoli trasportati in braccio alla madre nella parte anteriore dell’autoveicolo. Evidentemente, l’errata convinzione di poter trattenere e proteggere in caso d’urto il bambino, unitamente alla relativa rarità del realizzarsi dell’incidente, portano ad una distorta percezione del rischio. In questo caso, forse, sarebbe utile un intervento educativo delle madri, tramite canali del Servizio Sanitario Nazionale, nelle innumerevoli occasioni di contatto prevedibili (gestazione, parto e primi anni di vita del bambino). 132 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE 10. L’airbag “Tanto c’è l’airbag…”. Paradossalmente, la presenza di airbag è vista da alcuni come una buona ragione per non allacciare la cintura di sicurezza. Niente di più sbagliato, in quanto l’uso congiunto di airbag e cintura eleva i livelli di sicurezza ottenibili e previene possibili lesioni che possono derivare dall’uscita rapidissima dell’airbag. Non usare la cintura in presenza di airbag è, quindi, sempre un rischio. 11. Telefonini Il rischio dell’uso del telefono cellulare durante la guida sembra ben percepito nella popolazione dei conducenti. Tuttavia, come avviene per i dispositivi di sicurezza, niente è oggi più comune che trovarsi davanti qualcuno che guida telefonando. Peraltro, c’è una falsa percezione di sicurezza se l’uso è conforme ai termini di legge. In questo caso, pur essendo stati eliminati i rischi principali indotti dall’atto del rispondere, dal comporre il numero e altro, restano comunque i rischi legati ai problemi cognitivi che nascono nel dividere l’attenzione tra strada e telefonata. Infine, come l’ISS sta da tempo segnalando, questi problemi saranno aggravati dal recente avvento dei “videofonini”, dove l’immagine rappresenterà un ulteriore forte elemento di coinvolgimento. Pur non avendo svolto ancora studi specifici in merito, riteniamo che la percezione di questo rischio aggiuntivo (che potrebbe essere anche molto elevato) sia praticamente assente tra gli utenti. 12. L’alcol e le sostanze d’abuso “Sta tranquillo, io lo reggo”: frase tipica di chi ha buona confidenza con le bevande alcoliche. Quanto la percezione del rischio sia falsata in questo caso lo si evince facilmente considerando gli effetti dell’alcol sulla durata delle singole fasi della catena PERIDEA, inevitabili anche per chi “lo regge”. Lo stesso può dirsi per le sostanze d’abuso, dove una nostra indagine (riportata in questo stesso volume) ha rilevato che un giovane su cinque ritiene la cannabis ininfluente sulla sicurezza di guida. Allo stato delle conoscenze sembra ragionevole affermare in termini definitivi che alcol e sostanze sono incompatibili con la sicurezza di guida . In relazione all’alcol, poi, pur essendo stato stabilito (opportunamente, date le pesanti conseguenze per i trasgressori) un limite legale del tasso alcolemico (1) , il messaggio dovrebbe essere sintetizzato in “O bevi o guidi”. 133 IL SISTEMA ULISSE 13. Il sonno e la stanchezza “Io resisto al sonno”. Dichiarazione di molti, ma i risultati degli studi svolti al proposito parlano chiaro: al sonno non si resiste, né ci si rende conto di quando ci si sta addormentando alla guida. L’unico modo di contrastare questo problema è far guidare un altro che sia in migliori condizioni, o se questo non è possibile, dormire un quarto d’ora (non di più, altrimenti la sonnolenza si ripresenta presto) e poi prendere uno-due caffè (e non di più). Se la meta è lontana, meglio fermarsi a dormire da qualche parte. 14. CONCLUSIONI In termini di percezione del rischio di incidente stradale abbiamo a che fare, quindi, con diverse situazioni, quali: il rischio è percepito correttamente e ci si comporta di conseguenza; il rischio è percepito correttamente, ma il comportamento non corrisponde a questa percezione; il rischio non è percepito correttamente, perché ampiamente sottovalutato o addirittura non viene percepito affatto; un rischio minimo o inesistente viene percepito al punto da inibire la percezione di un rischio reale e consistente. Appare necessario far sì che in tempi brevi la percezione del rischio di incidente stradale tra gli utenti, specie se giovani, divenga prevalentemente corretta e, soprattutto, che a questo corrispondano comportamenti congruenti. E’ nostra opinione che ciò possa essere ottenuto attraverso l’attuazione di quanto previsto dal Piano Nazionale della Sicurezza Stradale, in particolare tramite azioni di educazione/informazione del pubblico e controlli/azioni mirate su conducenti che violino il Codice della Strada. Note 1 Con l’art.13 del D.Lgs. 15 gennaio 2002 n.9 è stato modificato il parametro di concentrazione alcolemica ammissibile da 0,8 grammi/litro a 0,5 grammi/litro (cfr. art. 186 C.d.S. e art.379 del Regolamento), inoltre l’articolo 14 dello stesso decreto ha reso più incisiva la procedura di controllo e sanzionamento di coloro che guidano sotto l’influenza di sostanze stupefacenti, innovando l’originario disposto dell’art.187 C.d.S. 134 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Le cinture di sicurezza e il beneficio indotto dal loro uso Franco Taggi Reparto “Ambiente e Traumi” Istituto Superiore di Sanità Introduzione L’uso delle cinture di sicurezza da parte di conducenti e trasportati di autoveicoli ha dato, in base agli studi epidemiologici svolti in tutto il mondo negli ultimi trenta anni, risultati notevolmente positivi. Già nel 1977, il prof. William Haddon, padre della moderna accidentologia, accompagnato dal dr. Ben Kelley e dal dr. Brian O’Neill, riferì ad una Commissione del Governo degli Stati Uniti sulla grande efficacia di questi dispositivi nel ridurre i traumi secondari ad incidenti stradali. Nel 1978, una meta-analisi, condotta sui risultati ottenuti in 21 paesi dall’Istituto dell’Economia dei Trasporti Svedese, mostrava la notevole efficacia delle cinture nel ridurre mortalità e morbosità; numerose altre esperienze maturate in tempi successivi in Paesi diversi hanno confermato questi risultati. Una prima considerazione generale che può essere fatta in base ai risultati osservati è che l’utilizzo delle cinture di sicurezza cresce con la severità della legislazione: nei Paesi in cui l’uso era volontario, la percentuale di utenti che utilizzavano durante la guida le cinture di sicurezza era sempre estremamente basso, mentre i livelli raggiunti con una legge di obbligo apparivano in genere piuttosto soddisfacenti, come può osservarsi dalla Tab. 1, relativa a dati degli anni 70. Nei Paesi in cui l’obbligo esiste, ma non sono previste sanzioni, le percentuali d’uso variano dal 15 al 36% nelle aree urbane e dal 40 al 63% nelle aree rurali. Queste percentuali scendono a valori intorno al 10% o meno nei Paesi in cui l’uso è ancora volontario, a meno di dispendiose campagne di sensibilizza135 IL SISTEMA ULISSE Tab. 1 (Adattata da Andersen, 1978 ) PAESE AUSTRALIA BELGIO DANIMARCA FINLANDIA FRANCIA OLANDA ISRAELE LUSSEMBURGO NUOVA ZELANDA CANADA (Ontario) SVEZIA SVIZZERA Percentuale di uso Percentuale di uso prima della legislazione %dopo la legislazione % 10-20 17 15 34 47 (a) 8 31 (b) 26 11 24 (b) 8 (c) 15 33 52 (b) 24 (d) 36 (e) 15 35 (b) 85-90 87 79 84 88 (a) 38 66 (b) 77-80 58 75 (b) 80-85 (e) non rilevato 87 91 (b) 60 (d) 79 78 85 (b) (a) rispettivamente in aree urbane, rurali e autostradali (b) rispettivamente in aree urbane e rurali (c) aree rurali (d)aree urbane (e) risultato dopo campagne nazionali d’informazione e promozione zione che, come vistoa suo tempo in Svezia, non cambiano però nella sostanza il risultato. In molti Paesi, dove sono state condotte indagini di opinione, è emerso che il 70-80% della popolazione è favorevole all’uso obbligatorio delle cinture di sicurezza, ma in assenza di obbligo le proporzioni di utilizzo restano su valori molto limitati. Come si ripercuote l’uso delle cinture di sicurezza sulla mortalità e sulla morbosità osservate per gli incidenti stradali? E’ molto difficile rispondere con precisione a questa domanda in quanto esistono molteplici fattori che possono distorcere una valutazione statistica del fenomeno. Tuttavia, per nostra fortuna, l’effetto in gioco è piuttosto consistente e, quindi, tenendo bene in mente che possono esistere dei limiti per una stima precisa, possiamo fornire alcune indicazioni di sicura validità.. In Australia, ad esempio, nello stato di Victoria, si è osservata una diminu136 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE zione del 27-32% delle morti attese, dopo l’introduzione della legislazione sull’uso delle cinture. In Belgio tale decremento è stato del 25%. Studi mirati effettuati nel Regno Unito hanno mostrato una particolare efficacia delle cinture di sicurezza nella riduzione delle lesioni gravi o mortali (decrementi intorno al 35%). La Tab. 2, che riporta sinteticamente i risultati ottenuti in uno studio effettuato su 1653 soggetti, mostra come diminuisca la proporzione di lesioni gravi o mortali in quei soggetti che indossavano la cintura di sicurezza al momento dell’incidente. Tab. 2 (Adattata da Sabey et al. , 1977 ) LESIONI CINTURE DI SICUREZZA Nessuna o minime Moderate Gravi Mortali (AIS=0-1) (AIS=2-3) (AIS=4-5) (AIS=6) USATE NON USATE 403 82.2% 85 7.3% 0 0.0% 2 0.4% 795 68.4% 333 28.6% 22 1.9% 13 1.1% Risultati analoghi sono stati trovati in ricerche effettuate negli USA. La Tab. 3 riporta i dati raccolti da uno studio che ha esaminato ben 15.818 soggetti coinvolti in incidenti stradali. Tab. 3 - LESIONI CINTURE DI SICUREZZA Nessuna o minime Moderate Gravi Mortali Totale soggetti (AIS=0-1) (AIS=2-3) (AIS=4-5) (AIS=6) USATE NON USATE 6095 92.7% 379 5.8% 86 1.3% 16 0.2% 7759 84.0% 1114 12.1% 229 3.2% 70 0.8% 6576 100.0% 9242 100.0% 137 IL SISTEMA ULISSE Come si osserva, la distribuzione dei soggetti per gravità delle lesioni si sposta in coloro che indossavano le cinture sensibilmente verso lesioni meno gravi. Va osservato che studi di questo tipo sono, da un punto di vista epidemiologico, quasi sempre non accurati nel valutare l’efficacia delle cinture nel senso che, essendo generalmente effettuati su soggetti osservati in dipartimenti di emergenza, considerano soltanto una parte selezionata dei soggetti che hanno avuto incidenti. Questa inaccuratezza conduce a sottostimare l’efficacia delle cinture di sicurezza in quanto, nel confrontare le lesioni di coloro che portavano e non portavano le cinture di sicurezza al momento dell’incidente, noi trascuriamo di considerare quei soggetti che, proprio perché indossavano la cintura, non hanno riportato lesioni o hanno riportato lesioni così lievi da non richiedere cure di pronto soccorso. I numerosissimi studi epidemiologici svolti dopo gli anni 70 hanno confermato quanto visto in precedenza. Volendo sintetizzare in una sorta di decalogo i risultati maturati dall’insieme delle ricerche effettuate, potremmo dire che: 1) l’uso delle cinture di sicurezza aumenta con la severità della legislazione relativa; 2) le campagne di informazione della popolazione, da sole, sono inefficaci per il raggiungimento di una soddisfacente proporzione di utilizzazione delle cinture di sicurezza; 3) l’uso delle cinture di sicurezza riduce consistentemente il numero di morti e feriti in incidenti stradali, nonché il numero di accessi al Pronto Soccorso, in quanto molti soggetti pur essendo incorsi in incidente non riportano lesioni di rilievo; 4) le cinture sono utili non solo fuori città, ma anche e soprattutto in città, dove avviene il maggior numero di incidenti. In città, le velocità sono in genere più contenute; tuttavia, le energie in gioco sono già a livelli tali da produrre lesioni gravi o mortali (come spesso si suole ricordare, un urto a 50 km/h è equivalente ad una caduta dal terzo piano); comunque, l’evidenza epidemiologica mostra che le cinture sono utili anche a velocità elevate; 138 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE 5) l’uso delle cinture aumenta la probabilità di rimanere coscienti dopo un incidente stradale, fatto determinante per salvarsi la vita in alcune situazioni specifiche (incendio dell’auto, caduta in acqua del veicolo, ecc.); 6) le eventuali lesioni provocate dalle cinture sono una minima parte delle lesioni che si avrebbero non portandole; 7) le cinture evitano in particolare traumi molto gravi (per es., al torace per urto contro il piantone dello sterzo, al cranio) o assai drammatici per la qualità di vita dell’individuo (es., lesioni deturpanti del viso); 8) le cinture sono utili anche posteriormente: molte lesioni sono provocate agli occupanti dei posti anteriori dai trasportati nei posti posteriori che vengono sbalzati loro contro al momento dell’impatto; 9) le cinture proteggono con efficacia anche le donne in stato di gravidanza; 10) le cinture migliorano l’efficacia dell’airbag: la triade cinture-airbag-poggiatesta è, insieme ad una guida difensiva e responsabile, la migliore assicurazione sulla vita che si possa stipulare. A fronte, poi, di argomentazioni di anticostituzionalità dell’obbligo, è bene ricordare come la legge non impedisca di guidare ma, più semplicemente, disciplini la modalità di guida, soprattutto alla luce del fatto che i costi sociali degli incidenti stradali, pagati dalla collettività, risultano elevatissimi (in Italia, prendendo in considerazione le perdite di capacità produttiva, i costi umani, i costi sanitari, i danni a materiali e cose, ed altri costi, l’ISTAT ha stimato per il 2002 tali costi sociali addirittura pari a circa 34 miliardi di euro, cifra che rappresenta il 2.7% del PIL). Anche se da più parti sono state sollevate in passato obiezioni sui diversi dispositivi di sicurezza, attribuendo ad essi, come nel caso del casco, la responsabilità di indurre incidenti o lesioni, talora anche gravi, i dati ad oggi disponibili mostrano una elevata efficacia di tali dispositivi, mentre un aumento di rischio connesso con il loro uso (specialmente a fronte di quello che accade con il loro non-uso) non appare di rilievo. Naturalmente, ci stiamo riferendo a dispositivi che rispettino le norme internazionali di omologazione. 139 IL SISTEMA ULISSE Le cinture di sicurezza in Italia: da ieri ad oggi Negli ultimi venti anni sono state svolte in Italia numerose ricerche sul fenomeno degli incidenti stradali. In relazione alle cinture, esiste una ricca letteratura italiana di studi clinici e di casistiche. In questa sede riporteremo, per brevità, solo due esempi relativi a studi di carattere prevalentemente epidemiologico e di valenza nazionale. In coda, mostreremo i dati che attualmente si osservano per l’uso delle cinture di sicurezza nel nostro paese. Il Progetto PRIDOL2 (PRIma-DOpo Legge, 1989) Nel 1989, l’Istituto Superiore di Sanità, in vista dell’introduzione della legge sull’uso obbligatorio delle cinture di sicurezza, prese contatti con l’Associazione Nazionale Comandanti e Ufficiali di Polizia Municipale (ANCUPM) al fine di monitorare la variazione di prevalenza d’uso in zona urbana. Rapporti tra ISS e ANCUPM per studi sulla sicurezza stradale erano già stati stretti da tempo: grazie alla grande disponibilità dell’ANCUPM (e del suo segretario, dr. Potito Iascone) era stato possibile anni prima valutare l’impatto della legge sull’uso obbligatorio del casco e la conseguente riduzione dell’incidenza del trauma cranico. Lo studio epidemiologico che derivò da questa collaborazione mostrò in maniera inequivocabile come gli italiani si fossero adeguati diligentemente a quanto disposto dalla legge. La prevalenza d’uso delle cinture, stimata più volte dall’ISS inferiore al 5%, salì poco prima dell’introduzione della legge intorno al 10%, per raggiungere, con legge in vigore, livelli al di sopra dell’80%. Questo incremento, purtroppo, non si rilevò poi stabile e molto rapidamente declinò, sino ad attestarsi intorno al 30% d’uso. Un successivo determinante incremento si ebbe poi con l’introduzione della Patente a Punti (luglio 2003), che portò detto uso ai livelli attuali, di cui si parlerà brevemente in seguito. Il progetto SISI (1989-1995) Nello stesso periodo in cui fu svolto il PRIDOL, il Ministero della Sanità assegnò un finanziamento a tre regioni (Liguria, Marche e Molise) al fine di sviluppare un programma epidemiologico sugli incidenti e la violenza. Il coordinamento scientifico di detto progetto (Progetto SISI, Studio Italiano sugli Incidenti) fu affidato all’ISS. Nell’ambito del SISI fu possibile stimare nel 1989 l’impatto sanitario della 140 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE legge sulle cinture nella regione Liguria. Tra aprile (prima della legge) e maggio (dopo la legge), nei Centri di Pronto Soccorso monitorati dal SISI, si ebbe in termini di accessi di automobilisti infortunatisi per incidente stradale un decremento del 31.3%, contro un atteso di 35.6%, atteso stimato con un modello matematico dell’ISS. Questo modello matematico, messo a punto per la valutazione dell’impatto della legge sul casco, teneva conto sia della protezione relativa indotta dall’uso della cintura, sia del fatto che la prevalenza d’uso delle cinture in Liguria era passata dal 5% all’86.2%. Il SISI, completato nel 1995, oltre a permettere di effettuare stime importanti (come, per esempio, quella del numero effettivo di ricoveri, che si aggirava allora tra 150.000 e 200.000 casi/anno), fornì ulteriori risultati a favore dell’uso delle cinture. Come può osservarsi nelle tabelle 4 e 5, relative a 3053 infortunati che portavano o meno la cintura al momento dell’incidente, il quadro del soccorso, delle lesioni, della prognosi, degli interventi e dei ricoveri appare sensibilmente ridotto nel caso dei soggetti cinturati. Attualmente, in base ai dati del sistema nazionale di monitoraggio (sistema Ulisse), risulta che gli italiani indossano la cintura in modo consistente: diciamo che mediamente siamo intorno al 70% d’uso (il monitoraggio è però limitato all’uso delle cinture di sicurezza nella parte anteriore dell’autoveicolo). Tuttavia, le proporzioni osservate sono assai variabili all’interno del paese. Il quadro tracciato dal monitoraggio (che avviene mese per mese), mostra, infatti, usi più consistenti nel nord, e molto più limitati nel centro e nel sud. Sicché, nel complesso, una quota consistente di utenti non usufruisce della protezione indotta dal dispositivo (mediamente 3 su 10). Si ricordi, poi, che stiamo parlando dell’uso delle cinture nella parte anteriore dell’autoveicolo: la proporzione di utilizzo delle cinture posteriori è purtroppo trascurabile. Conclusioni L’epidemiologia degli incidenti stradali è materia assai complessa: le difficoltà che si incontrano nello svolgere studi in altri settori, in particolare nelle malattie, sono sensibilmente più contenute. Nel nostro caso ci sono grossi problemi relativi ai dati di base ed è assai difficile la valutazione di alcuni fattori di rischio (es., uso di alcol e, sempre più di frequente, uso di droghe); molto c’è dunque ancora da fare per comprendere meglio e controllare maggiormente il fenomeno degli incidenti strada141 IL SISTEMA ULISSE Tab. 4 - Regioni Liguria, Marche, Molise Molise ProgettoProgetto SISI -SISI Regioni: Liguria, Marche, Arrivi al Pronto Soccorso in seguito ad incidente stradale. Arrivi al Pronto Soccorso in seguito ad incidente Proporzione di alcune variabili di interesse in soggetti stradal proporzione dicinturati alcunee variabili interesse in soggetti non cinturatidi (n=3.053) cinturati e non cinturati (n=3.053) Cinturati Non Cinturati (n=990) (n=2.063) 15,8 % 35,6 % Prognosi oltre 20 giorni 8,6 % 14,2 % Prognosi oltre 39 giorni 1,5 % 3,2 % Prognosi riservata 1,0 % 2,5 % Giunto cadavere 0,1 % 0,4 % Immobilizzazione 4,6 % 3,7 % Intervento chirurgico 0,0 % 0,4 % 10,2 % 21,9 % Variabili di interesse Arrivi al P.S. con ambulanza Ricoverati li; tuttavia, ad oggi, ci sono anche molte solide certezze. Tra queste, certamente, figurano i benefici indotti dal portare le cinture durante l’uso degli autoveicoli. E’ bene sottolineare che la cintura non solo può salvare la vita, ma anche salvaguardare la qualità di vita: per esempio, alcune lesioni al viso possono non essere mortali, né particolarmente gravi, ma possono influenzare 142 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Tab. 5 ProgettoProgetto SISI -SISI R egi oni: Liguria, LiguriMarche, a, M arche, - Regioni Molise M olise Percentuale di soggetti cinturati e non cinturati Percentuale di soggetti cinturati e non cinturati che presentavano una specifica lesione sul totale che presentavano una specifica lesione sul totale degli arrivi al Pronto Soccorso (n=3.053) degli arrivi alP.S. (n=3.053) Cinturati Non Cinturati (n=990) (n=2.063) 9,2 % 26,5 % Cranio e massiccio facciale 1,6 % 3,1 % Arti superiori 3,2 % 4,6 % Coste e sterno 1,6 % 3,9 % Ossa del bacino 0,1 % 0,7 % Arti inferiori 2,5 % 4,2 % Politraumatizzato 0,0 % 1,1 % Trauma Cranico 16,0 % 25,1 % Tipo di lesione Lesioni superficiali: Capo e viso Lesioni osteoarticolari: (certo o sospetto) profondamente il futuro di chi sfortunatamente ne è vittima. Nei prossimi anni, perciò, un obiettivo primario dovrà essere quello di elevare la prevalenza d’uso delle cinture di sicurezza (aumentando i controlli, informando correttamente il pubblico, ecc.) e far sì che indossarle divenga un’abitudine generalizzata, come già avviene in molti Paesi che ci hanno preceduto in queste azioni. 143 IL SISTEMA ULISSE BIBLIOGRAFIA - MMWR Morb Mortal Wkly Rep 1993 Sep 17;42(36):704-706 “Public health focus: impact of safety-belt use on motor-vehicle injuries and costs—Iowa, 1987-1988” - MMWR Morb Mortal Wkly Rep 1992 Jun 19;41(24):421-423 “Increased safety-belt use -United States, 1991” - MMWR Morb Mortal Wkly Rep 1992 Feb 21;41(7):111-114 “Safety-belt and helmet use among high school students—United States, 1990” - Agran PF, Castillo DN, Winn DG “Comparison of motor vehicle occupant injuries in restrained and unrestrained 4- to 14-year-olds”, Accid Anal Prev 1992 Aug;24(4):349-355 - Andreassen D “Seat belt laws and casualties”, Accid Anal Prev 1992 Feb;24(1):101102 - Beaglehole R “Road deaths: a neglected public health problem”, N Z Med J 1991 Mar 27;104(908):113-114 - Bodiwala GG, Thomas PD, Otubushin “A Protective effect of rear-seat restraints during car collisions”, Lancet 1989 Feb 18;1(8634):369-371 - Campello C, Preite G, Poli A, Zuppichini F, Marigo M “Effects of seat belt legislation on injuries of traffic accidents”, Epidemiol Prev 1996 Oct;20(4):313-317 - Chorba TL, Reinfurt D, Hulka BS “Efficacy of mandatory seat-belt use legislation. 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Nel seguito citeremo alcuni dei lavori metodologicamente più rilevanti, sottolineando gli aspetti di maggiore interesse in essi contenuti. Come si vedrà, detti lavori risalgono a non pochi anni fa; ma questo è naturale in quanto da tempo su questo tema sono state date tutte le risposte necessarie e quindi non c’è più particolare necessità di svolgere ricerche in merito. L’evidenza che l’uso del casco riduce l’incidenza del trauma cranico Una rassegna generale, aggiornata al 1980, degli studi svolti negli USA è contenuta nel rapporto preparato dal prof. Haddon (Haddon, 1980), fondatore della moderna accidentologia. Nel rapporto si dimostra in termini precisi l’efficacia del casco, in particolare esaminando in dettaglio le conseguenze derivate dall’indebolimento da parte di alcuni Stati delle leggi allora esistenti sull’uso obbligatorio generalizzato del dispositivo. Tale indebolimento determinò un aumento della mortalità intorno al 40% e costituì, paradossalmente, un vero e proprio studio epidemiologico sperimentale sull’efficacia del dispositivo. Una relazione più aggiornata per quel che riguarda gli USA è riportata nello State Law Facts del 1992 (Insurance Institute for Highway Safety, 1992), dove vengono analizzati diversi aspetti di interesse (situazione legislativa nei vari Stati, statistiche accidentologiche, costi, 147 IL SISTEMA ULISSE ecc.). In tempi più recenti, l’efficacia del casco nel contenere la mortalità in conducenti di motocicletta e trasportati è stata dimostrata da Evans e Frick (1988) che hanno trovato una riduzione intorno al 28%. Successivamente Weiss (1992) ha mostrato con eleganti metodi statistici come il casco riduca anche la gravità delle lesioni, stimando un aumento del 42% di soggetti che non avevano lesioni alla testa pur avendo avuto l’incidente e un risparmio sui costi medici di 1700 dollari per infortunato. Quando negli USA l’obbligo d’uso del casco tra i motociclisti fu indebolito, fu osservato un aumento di mortalità intorno al 40% da Watson e coll. (1980, 1981). Shankar e coll. (1992) hanno monitorato nel Maryland, in uno studio molto ben concepito, lesioni e costi associati ad incidente in 1900 motociclisti. Coloro che non portavano il casco avevano una frequenza doppia di lesioni al capo rispetto a coloro che lo portavano e venivano ospedalizzati circa una volta e mezzo più frequentemente; inoltre, i costi sanitari associati a questi soggetti erano tre volte superiori rispetto a quelli sostenuti per gli infortunati che portavano il casco. Anche Chenier ed Evans (1987) hanno studiato gli effetti dell’indebolimento della legge sul casco in alcuni Stati degli USA, trovando un aumento della mortalità nei motociclisti intorno al 25%. Nel trattare il tema in relazione a quanto rilevato in Italia, riteniamo opportuno sottolineare un aspetto che non è stato sufficientemente considerato, anche a livello internazionale, aspetto da tenere in conto prima, durante e dopo l’introduzione di una legge sull’uso obbligatorio del casco di protezione per gli utenti delle due ruote motorizzate: la netta distinzione che deve farsi tra l’efficacia del dispositivo (casco) e l’efficienza delle azioni che ne impongono l’uso (leggi). E’ bene ricordare che l’efficacia del casco nella prevenzione dei traumi alla testa delle due ruote è stata valutata positivamente in termini di biomeccanica, di epidemiologia analitica e con studi mirati e controllati, tipo prima-dopo, né sono stati mai dimostrati effetti collaterali non desiderati. D’altra parte, a costo di banalizzare la questione, un urto alla testa nel corso di un incidente è come ricevere sul capo una martellata: di certo, se la testa è protetta da un casco, i danni saranno minori. Non a caso, da sempre, i militari lo utilizzano durante le loro azioni (per non parlare di altri esempi, quali l’uso obbligatorio del 148 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE casco nella cantieristica). Comunque, per quanto riguarda il problema in questione, l’insieme dei risultati ottenuti dai ricercatori di tutto il mondo, parte dei quali riportati nel seguito, indica, secondo una meta-analisi dell’ISS, la presenza di una protezione relativa mediana intorno a 0.469, il che, sostanzialmente, equivale a dire che chi non fa uso del casco ha un rischio circa doppio di incorrere in un trauma cranico rispetto a chi invece lo porta. E’ chiaro che, nel momento in cui si va ad imporre l’uso di un dispositivo efficace in una popolazione, sorgono numerosi problemi che influiscono sull’efficienza del risultato finale (risultato che, peraltro, può anche essere simulato da variabili confondenti). In ogni caso, è necessario conoscere in maniera accurata la proporzione di utenti che usano il casco prima e dopo l’introduzione della legge, in quanto è solo partendo dalla variazione di prevalenza d’uso del dispositivo che si può sperare di valutare con correttezza l’impatto dell’obbligo. Da quanto detto si comprende come sia complessa allo stato attuale dei sistemi per la raccolta dei dati accidentologici esistenti nel nostro Paese, una valutazione dell’efficienza della legge. Come vedremo, tuttavia, esistono elementi che permettono di fornire risposte e suggerimenti conclusivi. In uno studio effettuato a livello nazionale dall’Istituto Superiore di Sanità (Taggi 1987, 1988) in collaborazione con l’Associazione Nazionale tra Comandanti e Ufficiali dei Corpi di Polizia Municipale, al fine di valutare l’impatto della legge che introduceva in Italia l’uso obbligatorio del casco (1986), sono stati considerati sia la variazione d’uso del casco sia la variazione dei dati di incidenza traumatologica. Detto studio collega i dati di prevalenza d’uso con quelli di incidenza mediante un modello matematico con il quale viene effettuata una previsione di riduzione della morbosità osservata (Taggi, 1986). Nella tabella sottostante sono riportati i dati di prevalenza d’uso, quelli accidentologici relativi ai trimestri settembre-novembre 1985 (prima della legge) e 1986 (dopo la legge). Si tratta di dati relativi a 1604 soggetti con lesioni al capo secondarie all’uso di motocicli o ciclomotori, osservati in un campione di trenta ospedali in quindici città italiane: 149 IL SISTEMA ULISSE Uso del casco Moto Ciclo Prima della legge Dopo la legge 15% 4% 97% 50% Riduzione Previsione osservata Modello dopo la legge (arrivi al Pronto Soccorso) -48.6% -29.0% -48.9% -24.7% (Adattato da: Taggi F. “Safety helmet law in Italy”, The Lancet, January 23, 182, (1988) ) Questo tipo di valutazione è stato scelto al fine di controllare al meglio le numerose variabili confondenti esistenti. In particolare, è di interesse osservare il consistente aumento percentuale dell’uso del dispositivo una volta entrata in vigore la legge sull’obbligo: questo risultato è di tipo generale, in quanto valori elevati di prevalenza d’uso sono stati raggiunti sempre ed esclusivamente con leggi sull’obbligo e mai con campagne di promozione od educazionali. L’informazione e l’educazione appaiono come cofattori per elevare e consolidare le percentuali d’uso, non già come fattori determinanti, ruolo svolto solo da precise leggi sull’uso obbligatorio dei dispositivi, come analogamente è sempre accaduto per quel che riguarda le cinture di sicurezza. Nello stesso periodo dello studio ISS-ANCUPM, Bollini et al. (dati non pubblicati, citati in Taggi & Iascone, 1987)) hanno effettuato una valutazione dei casi di trauma cranico grave osservati in cinque centri neurotraumatologici (Ancona, Bologna, Milano, Napoli e Palermo) trovando una diminuzione di casi incidenti di trauma cranico grave pari al 33.1%, risultato in accordo con le previsioni del modello matematico dell’ISS. Studi clinici, nei quali viene prevalentemente considerato l’aspetto medico del problema, e dove mancano tuttavia i dati d’uso del casco, sono stati effettuati da diversi gruppi. Il risultato comune a detti studi è l’osservazione di una riduzione generalizzata delle lesioni al capo. Tra gli studi effettuati, particolare pregio riveste quello sugli adolescenti effettuato da G.A. Marchi a Trieste (Marchi e coll., 1987), nel quale vengono considerate tutte le lesioni riportate dai soggetti (non solo quelle alla testa). Il risultato di Marchi è che mentre si ha una netta riduzione delle lesioni al capo (in accordo con le previsioni del model150 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE lo dell’ISS), non si ha alcuna riduzione delle altre lesioni (es. agli arti): questo risultato suggerisce che nelle esperienze citate il ruolo delle variabili confondenti (come, ad es., una possibile minore esposizione al rischio) non è determinante (al proposito, si veda nel seguito anche l’importante studio.di Rutledge & Stutts (1993)). Un’altra fonte di dati utilizzabile nell’esame del fenomeno è quella delle statistiche degli incidenti stradali verbalizzati dalle FF.OO. elaborati dall’ISTAT e dall’ACI. Questi dati, come ben noto, sono parziali in quanto si riferiscono ai soli incidenti verbalizzati (e mancano, quindi, spesso di dati riferiti ad incidenti senza scontro); tuttavia, essi sono quelli più prontamente disponibili per una valutazione generalizzata all’intero territorio nazionale. La tabella sottostante è relativa, per gli anni indicati, ai conducenti di ciclomotori e motocicli infortunati o morti nel semestre luglio-dicembre. 1985 1986 1987 Morti 826 (-17.8%) 679 (-24.9%) 620 Feriti 29.758 (-20.2%) 23.756 (-16.8%) 24.758 Come si osserva nei periodi considerati, dopo la legge si è riscontrato un calo della mortalità e del numero dei feriti intorno al 20% (ISTATACI, 1988). Lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità sull’efficacia del casco è l’unico che tenga conto, oltre che delle lesioni, anche della proporzione d’uso del dispositivo prima e dopo la legge; tuttavia, evidenze di efficacia si hanno anche con i soli dati traumatologici. E’ questo un aspetto che a suo tempo destò molta preoccupazione e che fu ridimensionato solo dopo che l’ISS segnalò come non soltanto la relazione tra uso del casco e aumento dei traumi del collo non esisteva, ma che si aveva evidenza di una protezione indotta dal casco sul collo stesso. Gli studi più recenti confermano quella che fu l’indicazione dell’ISS, indicazione ricavata in base a studi di biomeccanica, di simulazione e ad una metaanalisi degli studi epidemiologici al tempo disponibili (1985). Successivamente Cassinari e coll.(1988), hanno osservato a Bergamo 151 IL SISTEMA ULISSE dopo la legge una riduzione dei traumi cranici da motocicletta pari al 44%; a Faenza, Fusconi e coll. (1988) hanno invece osservato una riduzione intorno al 25%. Nell’ambito del progetto TRACER (studio sul trauma cranico grave in Emilia-Romagna, coordinato dall’ISS) è stata registrata, dopo l’introduzione della legge, una riduzione dei traumi cranici da motocicletta ad un terzo di quanto normalmente osservato (Damian & Pomponio, 1990). I risultati di questi e di altri studi sono certamente di grande interesse in quanto dimostrano che un fenomeno come quello discusso, in particolare il trauma cranico secondario ad uso delle due ruote motorizzate, può essere drasticamente ridimensionato aumentando la quota di utenti protetti dal dispositivo. Queste evidenze, ed altre ancora, sono state confermate o dettagliate in altri studi pubblicati negli anni ‘90. Forniremo qui nel seguito indicazioni specifiche in merito. Svilupperemo, al proposito, un quadro analitico del problema in esame, esplicitando, peraltro, alcuni aspetti di interesse cui gli studi in oggetto danno risposta. Le nostre considerazioni verteranno prima su dati della letteratura internazionale, poi sul risultati del progetto SISI (Studio Italiano sugli Incidenti), progetto svolto dall’ISS in collaborazione con le regioni Liguria, Marche e Molise. Rischio relativo del non-uso del casco e accuratezza dei dati Il rischio relativo è il rapporto tra la probabilità di incorrere in un certo evento (es. trauma cranico) se si è esposti ad un certo fattore di rischio (es., il non portare il casco) e la probabilità che ha di incorrere nello stesso evento colui che al fattore di rischio non è esposto (es., colui che porta il casco). Quando diciamo che chi non porta il casco ha un rischio relativo di 2.0 rispetto a chi lo porta di incorrere in un trauma cranico grave o mortale, intendiamo, perciò, dire che la probabilità di essere vittima di una tale lesione è doppia per chi non porta il casco rispetto a chi lo porta. La stima del rischio relativo tra soggetti non portatori di casco (NH, Non-Helmeted) e soggetti portatori (H, Helmeted) è spesso funzione di fattori confondenti che fanno sì che molti studi sottostimino l’efficacia del casco. Esiste un problema di qualità dei dati, comune a tutti i Paesi, che comporta talora una visione ridotta dell’utilità del dispositivo e spiega in parte i pochi risultati che vedono un’efficacia ridotta del casco (la spiegazione maggiore per tali studi mal condotti, pochi in verità, è che non si tiene conto della variazione della prevalenza d’uso del casco). 152 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Romano & McLoughlin (1992), ad esempio, trovano nella loro realtà (California) associazione tra rischio di trauma cranico e non-uso del casco nei dati autoptici dei medici legali, ma non tramite le schede ufficiali di morte degli stessi soggetti (errata compilazione, non indicazione dei dati essenziali, ecc.). La sensibilità da loro trovata sulle schede di morte per la diagnosi trauma cranico è soltanto del 36%: questo significa che ogni cento deceduti per trauma cranico, sulle schede di morte solo in 36 casi è indicato il trauma cranico! Inoltre, per una valutazione globale è necessario tener conto (anche se questo è difficilmente valutabile nei fatti, a meno di non effettuare uno studio di coorte, assai arduo e costoso da eseguirsi per il problema in esame) che molti soggetti portatori di casco, pur avendo l’incidente, non riportano lesioni e quindi non si recano al pronto soccorso (Taggi, 1984, non pubblicato). In ultimo, una ulteriore fonte d’errore è data dal fatto che molte volte, nel “contare” coloro che portano il casco, non è possibile stabilire se il dispositivo sia correttamente allacciato: un casco non allacciato, peraltro, non serve a proteggere l’utente ed è, anzi, probabilmente pericoloso per possibili momenti rotazionali che potrebbero essere trasmessi al collo del soggetto (Taggi, 1993, non pubblicato). Si osservi che tutte queste possibili fonti di errore portano a sottostimare l’efficacia del casco. Infondatezza di presunte controindicazioni sull’uso del casco Sull’uso del casco sono state scritte, anche da parte di fonti autorevoli, numerose inesattezze. Questo è stato possibile poiché molte volte basarsi sulla sola osservazione clinica può essere fuorviante: ad esempio, la presenza di un trauma del collo in un motociclista che portava il casco ha suggerito a molti la possibilità che il casco favorisse lesioni cervicali, possibilità che, senza ulteriori conferme, si è presto trasformata in certezza. Tuttavia, lo strumento per verificare se esiste una tale associazione non è certamente l’osservazione di tali casi (che è un punto di partenza...), quanto un’attenta valutazione epidemiologica del fenomeno. Come riportato da Haddon (Haddon, 1980, pagg.IV.19-IV.23) nel fondamentale rapporto citato e segnalato in Italia dai primi lavori specialistici nel settore (Taggi & Menniti-Ippolito, 1984; Taggi, 1985), le obiezioni sollevate contro l’uso del casco non trovano rispondenza nell’evidenza scientifica: 153 IL SISTEMA ULISSE a) b) c) d) e) f) Il casco non è efficace: come visto, le osservazioni e gli studi effettuati portano a concludere decisamente il contrario; Il casco non è efficace al crescere della velocità: numerosi studi, ed in particolare quanto si è osservato in statistiche relative a competizioni motociclistiche, mostrano che il casco è utile anche a velocità più elevate; Il casco è causa di incidenti per i problemi di visione ed udito che crea al conducente: non esiste alcuna evidenza epidemiologica di tutto questo (es. rif. Haddon, 1980, pagg. III.6 e V.20 e rif.14, pag.981); Il casco causa traumi del collo: anche in questo caso gli studi svolti al proposito hanno dato esito negativo; anzi, i modelli matematici suggeriscono che il casco attenui le sollecitazioni sul collo (es. rif. Haddon, 1980, pagg. II.5, V.21 e V.22); I caschi sono pericolosi perché sono pesanti e poco ventilati: le condizioni definite nella normativa di omologazione dei caschi sono state validate a livello internazionale come di assoluta garanzia per l’utente; a livello di studi epidemiologici non c’è evidenza che questi due fattori costituiscano un rischio reale, anche se ovviamente si cerca continuamente di produrre, a parità di sicurezza del dispositivo, casci sempre più leggeri e ventilati. Il casco crea un falso senso di sicurezza: questa tesi, basata su concetti omeostatici del rischio, non è stata mai dimostrata da studi epidemiologici. In definitiva, mentre le considerazioni contro l’uso del casco o non sono verificate o sono addirittura contraddette dalla realtà delle cose, l’efficacia del dispositivo stesso nel ridurre consistentemente mortalità, morbosità e gravità delle lesioni alla testa, e di conseguenza i costi a queste associati, è largamente supportata dalla letteratura specialistica. Conclusioni Il quadro che abbiamo sinteticamente tracciato, considerando nella presente relazione soltanto i lavori di maggiore spessore metodologico, porta a concludere che l’adozione del casco di sicurezza sia indicazione razionale e responsabile alla luce delle conoscenze epidemiologiche finora maturate. E questa è anche, da tempo, l’indicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 1981). Questa affermazione, peraltro, non è soltanto basata su quanto osservato all’estero, ma anche sui risultati che sono stati ottenuti nel nostro 154 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Paese con lo svolgimento di studi epidemiologici mirati e con studi valutativi sull’applicazione della legge d’uso obbligatorio del dispositivo stesso. BIBLIOGRAFIA BAKER S.P.”On lobbies, liberty and public good”, Am.J.Public Health 70, 573-575 (1980) BRADDOCK M., SCHWARTS R., LAPIDUS G., BANCO L. & JACOBS L. “A population based study of motorcycle injury and costs”, Ann. Emerg. Med. 1992 Mar. 21(3): 273-8. CASSINARI V. et al. “Valutazioni di interesse neurochirurgico sui dati clinico-statistici dopo un anno di applicazione della legge sul casco obbligatorio”, 2° Congresso Nazionale della Società Italiana di Traumatologia della Strada, 231-240, Ravenna, (1988) CENTER FOR DISEASE CONTROL AND PREVENTION “Head injuries associated with motorcycle use. 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In termini sociali, ciò sembra molto positivo in quanto questi dispositivi favoriscono i rapporti tra le persone e migliorano la loro sicurezza: ad esempio, gli anziani possono chiamare più facilmente i loro cari in caso di necessità o per pura compagnia; i genitori tenersi in ogni momento in contatto con i figli giovani; molti problemi di lavoro sono facilitati, anche per la possibilità di collegarsi ad Internet; le persone amate e gli amici sono sempre raggiungibili; i medici hanno reperibilità più affidabile; chiamare prontamente soccorso in caso di emergenza non costituisce più un problema. Nel caso di disastri, poi, il cellulare può essere decisivo per indirizzare le ricerche, come hanno più volte mostrato salvataggi di persone sepolte da macerie, rintracciate proprio grazie al fatto che avevano potuto comunicare con i soccorritori tramite il loro cellulare. E ancora, a chi non è capitato di rimanere chiuso in ascensore il 15 di agosto con 35 gradi all’ombra e tutti i condomini in ferie alle Maldive o a Portocervo? A fronte di questi vantaggi, tuttavia, non sembra che la gente si renda ben conto che l’uso del cellulare può impegnare pesantemente la nostra attenzione, e talora impedirci di percepire correttamente il mondo circostante. Questo “effetto collaterale” del cellulare sembra avere particolare importanza per la sicurezza stradale. Esistono, infatti, molte evidenze del fatto che usare il cellulare mentre si sta guidando comporta un rischio elevato di provocare un incidente. Il numero di ricerche pubblicate nel tempo su questo tema ha avuto 159 IL SISTEMA ULISSE carattere esplosivo, parallelo alla veloce diffusione di tali dispositivi: nel documentarci, abbiamo reperito 29 studi pubblicati nel ventennio 1980-1999 e ben 99 studi dal 2000 al 2005! Recentemente, i numerosi lavori scientifici prodotti al riguardo sono stati valutati criticamente in un’ampia rassegna (1). In base al copioso materiale esaminato gli autori concludono che: studi osservazionali indicano che i conducenti usano comunemente il cellulare e che l’uso sta aumentando; studi sperimentali, in genere svolti su simulatori, indicano che la capacità di guida risulta compromessa sia utilizzando cellulari (con o senza auricolare) o il “viva voce”; studi epidemiologici mostrano che il rischio relativo di incorrere in un incidente stradale con o senza feriti è intorno a 4, anche stavolta sia utilizzando cellulari con o senza auricolare o il viva voce; l’introduzione di leggi specifiche volte a contrastare l’uso del cellulare durante la guida sembra produrre effetti solo nel breve termine; Gli utenti della strada sembrano capire molto presto se il livello di attenzione, e quindi dei controlli su strada, viene mantenuto elevato, modificando di conseguenza i propri comportamenti. Ancor più recentemente, con l’uso di un simulatore ad alta fedeltà, è stato definitivamente confermato che il degrado della capacità di guida determinato dall’uso del cellulare è simile a quello indotto da un’alcolemia del conducente intorno a 80mg/100ml (si ricordi che il limite legale in Italia è pari a 50mg/100ml) (2). Tutta questa conoscenza accumulata sembra, purtroppo, scarsamente utilizzata per comunicare il rischio alla popolazione. Nei fatti siamo tutti continuamente bombardati da spot televisivi dove vengono presentate situazioni di uso esagerato dei cellulari, senza che sia mai fatto cenno a possibili effetti negativi sull’attenzione, in particolare in relazione alla sicurezza di guida. Il problema in Italia In Italia abbiamo studiato questo fenomeno nell’ambito delle nostre indagini nazionali nelle scuole superiori sui rischi per la guida (3,4,5). La prima di queste ricerche (relativa a 6.624 soggetti di 8 regioni) mostrava che già nel 1998 circa il 40% degli studenti possedeva un telefono cellulare. In un’analoga indagine svolta nel 2003 (22.348 soggetti di 19 regioni) tale proporzione aveva largamente superato l’80%. 160 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Da una rilevazione di approfondimento, svolta nel 2005 (958 soggetti), risultava che praticamente tutti gli studenti possedevano un cellulare; circa uno studente su tre aveva già un videofonino. Un’indagine intermedia, svolta nel 2002 su 759 studenti universitari (età: 19-30 anni) mostrava che più del 95% di essi possedeva un cellulare e circa l’80% guidava un autoveicolo. Tra questi ultimi, circa il 50% dichiarava di usare il cellulare durante la guida sia per ricevere che per fare telefonate (in media 2.5 telefonate al giorno, della durata di due minuti). Ma con i cellulari non si telefona soltanto: si possono anche inviare o ricevere messaggi (SMS-Short Message Service, ovvero MMS Multimedia Messaging Service, con suoni, immagini o addirittura brevi filmati!). Nel caso di SMS ricevuti durante la guida, il 41.2% dei maschi e il 24.3% delle femmine dichiarava di leggerli “quasi sempre”. Fatto ancora più interessante (e preoccupante) è che, sempre durante la guida, l’11.5% dei maschi e il 4.2% delle femmine riferiva di inviare molto spesso SMS (un ulteriore 22.1% di maschi e 18.2% di femmine dichiarava di farlo, ma non frequentemente). Nel 2005, nell’ambito del sistema nazionale di monitoraggio dell’uso del casco e delle cinture di sicurezza (Sistema Ulisse), abbiamo dedicato spazio anche all’osservazione diretta dell’uso del cellulare durante la guida (auricolare e viva-voce non rilevati): su 71.657 conducenti osservati, il 2.1% lo stava utilizzando (5,6). In Italia, il Nuovo Codice della Strada consente l’utilizzo del cellulare durante la guida di un veicolo soltanto con dispositivi hands-free (quelli, cioè, che lasciano le mani libere). In particolare, non è superfluo sottolineare che è proibito l’uso di qualsiasi apparecchiatura radiotelefonica durante la marcia del veicolo, con le eccezioni di cui sopra, di conseguenza è vietato anche inviare o leggere SMS o MMS (art.173 CdS). Nonostante questa facilitazione (che, come visto però non riduce il rischio) dal primo luglio 2003 al 30 giugno 2004 sono state elevate 89.015 contravvenzioni per questa infrazione, in gran parte a conducenti maschi (dati dell’archivio della patente a punti del Ministero dei Trasporti, v. fig.1). Questo numero rappresenta il 4.7% di tutte le sanzioni di interesse per la patente a punti e, rapportandolo al numero di patenti attive (oltre 35 milioni), si può stimare che la probabilità di essere sanzionati nell’anno per uso di cellulare durante la guida è intorno 161 IL SISTEMA ULISSE al 2.6 per mille (un valore certo trascurabile per suscitare un concreto timore di incappare in un controllo). Attualmente, anche per via dei Campionati del Mondo di calcio, si sta diffondendo in Italia, come in altri paesi, il TV-fonino, apparecchio che permette di ricevere anche trasmissioni televisive. A fronte di questa diffusione rapida e capillare di cellulari sempre più evoluti, con prestazioni diverse, c’è in noi grande preoccupazione per il futuro della sicurezza stradale del nostro Paese. E questa preoccupazione non è dettata solo dal fatto che la gran parte dei giovani guida un veicolo e possiede un cellulare, ma anche dalla constatazione che i diversi tipi di cellulari, come pure i vari usi che se ne possono fare, sottendono rischi diversi, via via crescenti. Una guida sicura presuppone infatti che si sia sempre in grado di far fronte a quattro fasi sequenziali: percezione, analisi-riconoscimento, decisione, azione (3,9). L’uso normale dei cellulari più semplici non interferisce molto sulla percezione in quanto, anche se l’attenzione è impegnata in parte nella telefonata, il soggetto la strada la guarda. Gli effetti della conversazione si manifestano sulle due fasi centrali, allungando il tempo necessario per l’analisi-riconoscimento di quanto si incontra sulla strada e quello per decidere cosa fare in caso di necessità. L’impatto sulla fase “percezione” si ha invece durante le operazioni di chiamata o di risposta. Nel caso degli SMS, specie se inviati, la percezione della strada diventa necessariamente frammentaria; lo stesso può dirsi per i videocellulari, se il conducente indulge ad osservare l’immagine comparsa sullo schermo. Il rischio di provocare un incidente stradale che nelle diverse situazioni viene a concretizzarsi dura per un tempo limitato, quanto dura la telefonata (la composizione di un messaggio, il leggere un messaggio, o – nel caso dei videofonini - il guardare l’immagine sullo schermo). Due nuovi rischi emergenti Accanto a questi rischi – da tempo studiati - ne stanno sorgendo però altri due, che andrebbero attentamente considerati per tempo, sia in termini di ricerca sia per azioni di prevenzione. Il primo riguarda i TV-fonini: cosa avverrà tra non molto quando questi dispositivi si saranno consistentemente diffusi? Quanti li utilizzeranno durante la guida? Non pochi di certo, visto che già alcune riviste ne pubblicano i programmi settimanali (v. fig.2). Telegiornali, partite di 162 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Fig. 1 - Contravvenzioni elevate per uso del cellulare durante la guida, per sesso ed età, rapportate al numero sottostante di patenti attive (Italia, Data base “Patente a punti”, periodo 1.07.2003 – 30.06.2004) Multe elevate per uso del cellulare Multe elevate per uso del cellulare durante la guida durante guida attive, (casi per 100.000lapatenti (casi per 100.000 patenti attive, Italia, PaP, 1.07.2003 - 30.06.2004) Multe/Patenti * 100.000/anno Italia, PaP, 1.07.2003 - 30.06.2004) 600 Maschi 400 Femmine Inf/P F Inf/Pat M 200 0 <20 20-29 30-49 50-69 70+ ETA' calcio, trasmissioni cui si è particolarmente affezionati, e altro ancora, saranno per molti conducenti tutte occasioni per accendere il TV-fonino, specie durante spostamenti sulla lunga distanza, verosimilmente in autostrada. E questo verrà fatto pensando: “Tanto ascolto soltanto”. Ma probabilmente non sarà così: non si realizzerà un episodico azzeramento della percezione della strada, ma un continuo staccare gli occhi dalla strada per guardare nello schermo del TV-fonino. E tutto questo non durerà quanto una breve telefonata, bensì molto di più, quanto la durata di una trasmissione! E’ bene osservare che questo rischio si potrà concretizzare anche quando sarà il trasportato ad usare il TV-fonino: è ragionevole pensare che la tentazione di dare un’occhiata allo spettacolo che il passeggero sta seguendo sarà continua per il conducente. Tutto questo appare, a nostro avviso, di particolare allarme, specie in relazione al trasporto professionale sulle lunghe distanze. Il secondo rischio emergente riguarda invece… i pedoni. Da circa un anno stiamo osservando il loro comportamento quando attraversano la strada (7). I più recenti dati da noi acquisiti, relativi alla città di Roma (1609 attraversamenti osservati in giugno-luglio 2006), ci mostrano che mediamente il 5.5% dei pedoni (circa uno su diciotto) attraversa la stra163 IL SISTEMA ULISSE Fig. 2 - Programma settimanale delle trasmissioni su TV-fonino (ÅgSorrisi e CanzoniÅh, settimanale nazionale italiano di guida ai programmi radiotelevisivi, settembre 2006) da parlando al cellulare. In più dell’80% di questi casi, quello che sorprende è che per il soggetto il mondo sembra non esistere. Mentre attraversa, il pedone che sta usando il cellulare non fa in genere attenzione alla strada e ai veicoli che sopraggiungono (che talvolta sono costretti a frenare bruscamente 164 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Tab. 1 Percentuale di pedoni che attraversano la strada parlando al cellulare (Istituto Superiore di Sanità, ricerca osservazionale in corso a Roma, dati relativi al mese di giugno 2006) Traversa la strada parlando al cellulare M Giovani F Giovani M Adulti F Adulte TOT NO 426 730 184 181 1521 YES 20 55 9 4 88 Tot 446 785 193 185 1609 %Cell 4,5 7,0 4,7 2,2 5,5 per non investirlo):egli è totalmente concentrato sulla conversazione, semplicemente indifferente al mondo che lo circonda. E non si tratta solo di giovani, come verrebbe da pensare (v. tab. 1). In definitiva, l’uso del telefonino da parte dei pedoni potrebbe rivelarsi come una delle maggiori cause di incidente all’interno delle aree urbane. Il pedone che attraversa la strada, infatti, è un soggetto a rischio nella giungla metropolitana, un “utente debole”; sicuramente ancor più debole se distratto da una conversazione telefonica. La questione non è banale: ricordiamoci che nel 2004 sono morti 700 pedoni in Italia. Quanti di questi stavano parlando al cellulare? Conclusioni Quanto abbiamo qui discusso tratteggia una situazione estremamente critica, in rapida evoluzione, e fa prevedere che se non verranno presi per tempo seri provvedimenti, sia repressivi sia di massiccia informazione del pubblico, dovremo aspettarci una crescita importante del numero di incidenti stradali legati all’uso del cellulare. Se questo avverrà, la cosa non sarà indolore, alla luce del fatto che è stato valutato (prima del diffondersi dei telefonini…) che un incidente stradale su quattro ha come causa principale un problema di attenzione (8). Per quel che ci riguarda, stiamo operando per far promuovere in Italia quattro azioni urgenti: - dare maggiore spazio nei corsi per l’acquisizione della patente di 165 IL SISTEMA ULISSE guida ai rischi dell’uso dei cellulari, sottolineando il loro grave impatto negativo sul “cognitivo” del conducente; - aumentare consistentemente il livello dei controlli su strada, facendo in modo che la possibilità di incorrere in una dura sanzione per uso del cellulare durante la guida sia maggiormente percepita rispetto a quanto avviene oggi; - promuovere da parte dello Stato specifiche (e periodiche) campagne di informazione, in modo che il rischio sia più concretamente percepito dalla gente; - far sì che all’interno degli spot pubblicitari dei cellulari sia reso obbligatorio un cenno sulla pericolosità del loro uso in certe situazioni (prima di tutto durante la guida). In fondo, questo è quello che già avviene nelle pubblicità dei farmaci e di altri prodotti che comportano anche rischi per l’acquirente. In relazione all’ultimo punto, ci rendiamo ben conto delle difficoltà connesse con la sua attuazione; ma il rischio dell’uso del cellulare durante la guida (o in altre situazioni che richiedono elevata attenzione, come attraversare una strada) non può restare confinato in poche righe del libretto di istruzioni dell’apparecchio. E’ quindi sperabile che Produtori e Gestori di cellulari comincino a sentirsi moralmente coinvolti nei problemi che abbiamo qui considerato, e decidano – anche in assenza di un obbligo di legge - di informare nei loro messaggi pubblicitari in modo più completo gli utenti. Nota a piè di pagina In Italia, dove la popolazione è di circa 57 milioni di abitanti, circolano più di 43 milioni di veicoli a motore (49 milioni se consideriamo anche i veicoli privi di motore come i rimorchi). Tra questi, circa 34 milioni sono autoveicoli, 5 milioni mezzi pesanti e 4 milioni motociclette. I titolari di patenti attive sono più di 35 milioni, e il 21.3% di questi ha età compresa tra 18 e 29 anni. Vi sono inoltre circa 7 milioni di ciclomotori (dato solo stimato in quanto veicoli privi di carta di circolazione), usati prevalentemente da giovani di età dai 14 ai 17 anni, per la guida dei quali solo da circa due anni è stata prevista un’apposita autorizzazione (il patentino). Dopo l’introduzione della patente a punti (luglio 2003) si è avuta in Italia una forte riduzione dell’incidentalità stradale (circa –20%), ma il fenomeno rimane sempre grave: nel 2004 sono stimabili a questo proposito dai dati sanitari: 6.250 morti, 120.000 ricoveri e più di 1.000.000 di accessi al pronto soccorso. 166 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Il rapporto maschi/femmine è circa 3.5:1 nei deceduti e circa 2:1 nei soggetti ricoverati. Circa un decesso su tre (34.3%) riguarda soggetti con meno di trenta anni di età. (3,5). Questo stato delle cose deve essere attentamente considerato ai fini della prevenzione, anche alla luce del fatto che il processo di riduzione dell’incidentalità innescato con la patente a punti, e che ha caratterizzato gli ultimi anni, appare affievolirsi nei suoi effetti. Bibliografia 1) McCartt A.T., Hellinga L.A., Bratiman K.A. “Cell phones and driving: review of research”, Traffic Injury Prevention 7, 89-106 (2006) 2) D.L.Strayer, F.A.Drews, D.J.Crouch “A comparison of the cell phone driver and the drunk driver”, Human Factors 48, 381-391 (2006) 3) F.Taggi (a cura di) “Aspetti Sanitari della Sicurezza Stradale”, Rapporto progetto DATIS, Istituto Superiore di Sanità – Ministero dei Trasporti, 463 pp., 2003 (scaricabile da www.iss.it/stra ) 4) F.Taggi, G.Dosi (a cura di) “Guida e comportamenti a rischio: risultati generali dell’indagine AMR 2003”, Istituto Superiore di Sanità, 70 pp., 2004 (scaricabile da www.iss.it/stra ) 5) F.Taggi (a cura di) “Sicurezza Stradale: verso il 2010”, Rapporto progetto DATIS2, Istituto Superiore di Sanità – Ministero dei Trasporti, 351 pp., 2005 (scaricabile da www.iss.it/stra ) 6) F.Taggi et al. “Il sistema Ulisse per il monitoraggio dell’uso delle cinture di sicurezza e del casco in Italia (2000-2005)”, Istituto Superiore di Sanità – Ministero dei Trasporti, 118 pp., 2005 (scaricabile da www.iss.it/stra ) 7) Istituto Superiore di Sanità, ricerca attualmente in corso 8) J-S. Wang, R.R.Kipling, M.J.Goodman “The role of driver inattention in crashes: new statistics from the 1995 crashworththiness Data System”, Proceedings of the 40th Annual Conference of the Association for the Advancement of Automative Medicine,377-392, AAAM, Des Planes,IL., 1996 9) F.Taggi, P. Marturano – “La percezione del rischio e il rischio della percezione: il caso della sicurezza stradale”, in F.Taggi (a cura di) “Aspetti Sanitari della Sicurezza Stradale”, Rapporto progetto DATIS, Istituto Superiore di Sanità – Ministero dei Trasporti, pp. 355-362, 2003 (scaricabile da www.iss.it/stra e da www.infrastrutturetrasporti.it ) 167 IL SISTEMA ULISSE 168 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE La fallacia delle multe “Del perché il numero di contravvenzioni nell’anno non può essere, da solo, un indicatore della (In)Sicurezza Stradale” (Articolo pubblicato nel 2007 sulla rivista dell’ASAPS “Il Centauro”, a firma di F.Taggi) Introduzione Recentemente, sono state diffuse tramite stampa alcune statistiche relative all’archivio della Patente a Punti (PaP). I dati riguardavano il numero di contravvenzioni elevate nell’anno, come pure il numero di punti sottratti, rapportandoli a quante patenti erano attive sul territorio. In sostanza, provincia per provincia, si mostrava un quadro dell’incidenza delle contravvenzioni di interesse per la PaP e della conseguente sottrazione dei punti. Fin qui nulla di particolare. I dati presentati, infatti, erano una pura relazione “contabile” di quanto accaduto nel periodo considerato. Tuttavia, una volta resi pubblici, su tali dati sono state svolte alcune considerazioni, le cui conclusioni sono sembrate a molti paradossali. In particolare, quello che ha più colpito è che – in base a tali ragionamenti - i conducenti più indisciplinati risultavano quelli di regioni in cui comunemente si ritiene che il rispetto delle norme del Codice della Strada sia maggiore che in altre. In realtà, gli autori dell’articolo giornalistico cui stiamo facendo riferimento avevano fatto un eccellente lavoro di informazione, mettendo peraltro in guardia il lettore dalle diverse possibili spiegazioni cui i dati si prestavano. Ma si sa come va il mondo: quando qualcosa fa notizia, le cautele interpretative – anche se ben segnalate – vengono messe da parte e sopravvengono immediatamente discussioni su discussioni che invece di partire dall’inizio (cioè dai dati e dal loro significato), parto169 IL SISTEMA ULISSE no dalla fine, ovvero da un “atto di fede” su quanto ci ha colpiti, che diventa “vero” per definizione. Cose di questo genere accadono ogni giorno, e su temi tra loro molto diversi, perché in questa nostra società che si considera smaliziata e scettica, c’è una religione che accomuna un po’ tutti: la “religione del numero”. Infatti, se da qualche parte compare un numero, esso per i più diventa certezza. Il numero non è un’opinione: se è ad esempio 33, allora 33 deve essere, non 32 o 34. Se è 33 non può che significare 33 e null’altro; e come 33 va interpretato da tutti. Ora, però, c’è numero e numero: ci sono quelli che si riferiscono ad idee (ad esempio, il pi greco di scolastica memoria), altri che parlano delle cose (ad esempio, la proporzione osservata di coloro che indossano la cintura di sicurezza). Quando i numeri trattano delle cose del mondo, questo approccio fideistico cui si accennava nasconde molti trabocchetti e non trova spesso rispondenza nei fatti. In primo luogo, quale sia il numero e cosa rappresenti in termini di misura di intensità di qualcosa, esso è intrinsecamente “ballerino”, nel senso che una volta può risultare 33, un’altra 35, un’altra ancora 28, anche se le condizioni di misura sono le medesime. E’ questa la “variabilità statistica”, con cui hanno a che fare un po’ tutti, dai fisici ai medici, dai chimici agli economisti. Ma, ammesso pure che tale variabilità venga opportunamente considerata e controllata, ad esempio proprio con la statistica, c’è anche dell’altro: l’interpretazione degli stessi numeri. Intendiamoci, non si sta negando il significato intrinseco dei numeri: se risulta 33, sarà certo 33 (più o meno qualcosa); quello che intendiamo è: se il numero è 33, che cosa ci sta dicendo questo numero in merito al fenomeno di cui esso è espressione? Cerchiamo di vederci più chiaro Vediamo su alcuni esempi (di pura fantasia) di chiarirci meglio le idee su quanto prima detto. - “A Catania risultano esserci 2.3 multe per ogni patente (all’anno); a Campobasso invece tale valore è pari a 3.2”. Quanto sono “veri” questi numeri? Dipende. Supponiamo infatti che a Catania qualche cosa sia sfuggito nei conteggi: magari, dietro quel 2.3 si nasconde un 2.7. A Campobasso potrebbero aver contato più volte le multe: sicché nella realtà quel 3.2 nasconde un 2.9. 170 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Ancora: Catania potrebbe aver contato solo le multe elevate dalla Polizia Urbana; Campobasso potrebbe aver invece considerato anche quelle della Polizia Stradale e dell’Arma dei Carabinieri. Quindi, anche per poter dire soltanto “Quest’anno nella nostra Provincia sono state elevate X multe”, bisogna mettersi bene d’accordo prima, per aver ben chiaro di cosa si stia parlando. Sembra un discorso sofistico, volto a confondere, ma non è così. Ad esempio, noi tutti ascoltiamo continuamente affermazioni fatte in pubblico (convegni, dibattiti televisivi, ecc.) del tipo: “I morti della strada in Italia sono oggi circa 5.500 all’anno”. Non è un’affermazione corretta. I “veri” morti nell’anno sono circa 6.000. Il dato precedente infatti fa riferimento ai morti calcolati sulle statistiche degli incidenti verbalizzati dalle FF.OO. che sottostimano il numero di coloro che muoiono nell’anno in seguito ad incidente stradale di circa il 10%. Questa sottostima non è da attribuire a trascuratezza, ma al fatto (inevitabile) che alcuni traumatizzati muoiono molti mesi dopo l’incidente, e non possono quindi comparire nei verbali. Sicché, quando andiamo poi a farci i conti sui certificati di morte relativi a tutti coloro che muoiono nell’anno, quale ne sia la causa, viene fuori che i morti per incidenti stradali sono 6.000 e non 5.500. L’utilizzo di quest’ultima cifra (5.500), dimostra comunque un certo grado di conoscenza del problema da parte di chi la usa, in quanto ci sono ancora molte persone che segnalano 9.000 morti all’anno, o cifre del genere, risalenti a molto tempo fa; ma il modo corretto di comunicare tale cifra (5500) dovrebbe essere: “Il numero di morti per incidente stradale nell’anno, riportato nelle Statistiche degli Incidenti Stradali Verbalizzati dalle FF.OO., è pari a 5.500”. La fallacia del numero di contravvenzioni (o multe, come dir si voglia) Ma torniamo adesso alle multe come segnale di un mondo che va “bene” o che va “male”. Mostreremo su un esempio come il loro numero rappresenti una informazione fondamentalmente “ambigua” se non accompagnata da altre informazioni. Supponiamo di essere in un certo territorio e di considerare il numero di multe elevato nell’anno per il mancato uso delle cinture di sicurezza. Ragionando grossolanamente, ai soli fini del presente discorso, diciamo che possiamo trovarci di fronte a “tante” multe o a “poche” multe. 171 IL SISTEMA ULISSE Stiamo usando l’accetta, certamente; ma ne guadagnerà la chiarezza. Spesso, in presenza della prima situazione (“tante”), qualcuno conclude che la cintura la indossano in pochi; di fronte alla seconda (“poche”) la conclusione di molti è che… va tutto bene. Questo è un modo semplicistico (e sbagliato) di ragionare. Infatti, un elevato numero di multe per il mancato uso delle cinture (o altro che sia) può sottendere sia un’elevata attenzione da parte delle FF.OO., sia uno scarso uso del dispositivo (o un misto delle due cose); come pure, poche multe possono derivare sia da una scarsa attenzione di chi deve controllare o dal fatto che l’uso è molto elevato (o, anche in questo caso, da entrambe le cose). Sicché, a questo livello informativo (numero di multe, tante o poche che siano), non siamo in grado di giungere ad una certezza, ma solo di considerare uno spettro di possibili spiegazioni. Ora, supponiamo di complementare l’informazione “numero di multe nell’anno per mancato uso della cintura” con il dato di prevalenza (proporzione) d’uso delle cinture di sicurezza, ricavato ad esempio in base alle osservazioni sul campo, svolte secondo la metodica standardizzata del Sistema Ulisse (il sistema nazionale di rilevamento dell’uso del casco e delle cinture di sicurezza). Sempre ragionando in modo grossolano, tanto per non complicarci la vita, supponiamo di trovarci di fronte ad una prevalenza d’uso “elevata” (per es. 88%) oppure “scarsa” (ad es., 22%). Adesso, seguendo attentamente la fig. 1, esaminiamo le quattro situazioni che possono presentarsi, determinate dal numero di multe nell’anno (“Tante” o “Poche”) e dalle possibili spiegazioni che ne potremmo dare (“Bassa-Alta attenzione delle FF.OO.” o “Uso Elevato-Scarso” del dispositivo). I situazione: Multe nell’anno: “Tante”; possibile spiegazione: alta attenzione delle FF.OO. Se la prevalenza d’uso risulta elevata, è evidente che le tante multe si spiegano col fatto che c’è alta attenzione delle FF.OO. su quei pochi utenti che non portano la cintura. Conclusione: lo stato delle cose è quindi soddisfacente. Se invece la prevalenza d’uso risulta bassa, allora c’è certamente alta attenzione da parte degli agenti, ma gli utenti sono poco rispettosi del Codice della Strada. Evidentemente, le multe da sole non bastano e andrebbero affiancate con altro (es. azioni di informazione-comunicazione). 172 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE Fig. 1 Possibili spiegazioni Pelevata Alta attenzione Pscarsa Numero di MULTE nell’anno “Poche” ? Alta attenzione, Uso elevato Pscarsa Alta attenzione, Scarso uso ULISSE CONCLUSIONI (monitoraggio) Pelevata Bassa attenzione Pscarsa Pelevata La “Fallacia” delle Multe Uso elevato Alta attenzione, Scarso uso Pelevata Scarso uso “Tante” Alta attenzione Pscarsa Uso elevato Bassa attenzione, Scarso uso Uso elevato Bassa attenzione, Scarso uso Conclusione: lo stato delle cose è insoddisfacente. II situazione: Multe nell’anno: “Tante”; possibile spiegazione: scarso uso del dispositivo Se la prevalenza d’uso risulta elevata, la spiegazione non è quella che pensavamo fosse. Le tante multe si spiegano con l’alta attenzione delle FF.OO. sulla minoranza che non indossa la cintura. Conclusione: lo stato delle cose è quindi soddisfacente. Se invece la prevalenza d’uso risulta bassa, allora nonostante l’alta attenzione da parte degli agenti, la gran parte degli utenti continua a non indossare il dispositivo. Anche in questo caso, poiché le multe da sole non riescono a modificare i comportamenti, bisognerà operare anche su altri fronti (come visto in precedenza, ad esempio tramite azioni di informazione-comunicazione). Conclusione: lo stato delle cose è insoddisfacente. III situazione: Multe nell’anno: “Poche”; possibile spiegazione: bassa attenzione delle FF.OO. 173 IL SISTEMA ULISSE Se la prevalenza d’uso risulta elevata, la situazione è largamente sotto controllo. Le multe sono poche semplicemente perché la gran parte degli utenti rispetta la disposizione del Codice della Strada. Conclusione: lo stato delle cose è quindi molto soddisfacente. Se invece la prevalenza d’uso risulta scarsa, allora c’è un’evidente bassa attenzione da parte degli agenti, che potrebbe peraltro essere uno degli elementi che portano gli utenti a persistere nel non indossare la cintura. In questo caso si impone un preciso richiamo a chi deve controllare, affinché controlli. Conclusione: lo stato delle cose è molto insoddisfacente. IV situazione: Multe nell’anno: “Poche”; possibile spiegazione: uso elevato del dispositivo Se la prevalenza d’uso risulta elevata, la situazione è largamente sotto controllo. Le multe sono poche perché non c’è occasione di farle. Conclusione: lo stato delle cose è quindi molto soddisfacente. Se invece la prevalenza d’uso risulta bassa, allora c’è anche in questo caso bassa attenzione da parte degli agenti, che potrebbe favorire il non-uso della cintura. Si impone, quindi, un preciso richiamo affinché i controlli vengano messi in atto, unitamente all’attivazione di azioni di informazione degli utenti. Conclusione: lo stato delle cose è molto insoddisfacente. Conclusioni Come spero sia ormai evidente, non sempre il significato di certi numeri è chiaro di per sé. Molte volte solo con una maggiore informazione (e quindi considerando anche altri numeri) possiamo farci un’idea precisa di come stiano le cose. L’esempio scelto era sulle cinture di sicurezza: ma lo stesso sarebbe stato se avessimo considerato il casco, la guida in stato di ebbrezza, o altro ancora. Quello che vorrei sottolineare è che da tutto questo discorso viene fuori l’insegnamento che i numeri da soli talora non bastano: bisogna anche interpretarli e, se necessario, complementarli con altri numeri per comprendere cosa essi ci stiano raccontando del mondo reale. E molte volte questa informazione complementare deve essere di natura casuale, indipendente da nostre scelte, statisticamente rappresentativa del fenomeno che stiamo considerando. Il discorso non è banale: ad esempio, che possiamo dire sulla prevalenza della guida in stato di ebbrezza o sotto l’influenza di sostanze, in 174 TERZA PARTE - PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE assenza di controlli casuali sistematici su strada? Forse, possiamo provare a “contare” quante multe abbiamo elevato in proposito? Certo: ma il numero di queste ci parla dell’attività preventiva e di controllo delle FF.OO., non già del fenomeno in questione. E allora: qual è la prevalenza in Italia di coloro che guidano in stato alterato? Non lo sappiamo: semplicemente non lo sappiamo. E continueremo a non saperlo (come pure accadrà per tante altre cose la cui conoscenza potrebbe indirizzare specifiche ed efficaci azioni di prevenzione) se continueremo a basare i nostri ragionamenti sul numero di controlli per fondato sospetto (o dopo l’incidente), che – pur avendo un’importanza fondamentale per la sicurezza stradale - non hanno funzione di conoscenza ma di contenimento e controllo. Gli anni passano e il 2010 si sta avvicinando rapidamente: il nostro modo di pensare dovrebbe, quanto prima, adeguarsi alle esigenze del XXI secolo. 175 Stampa: Registri Velox Contabilità - Roma