Istituto Superiore di Sanità - Ministero dei Trasporti
Il Sistema Ulisse
Monitoraggio nazionale
sull’uso dei dispositivi di sicurezza
a cura di
Franco TAGGI , Pietro MARTURANO (2), Giancarlo DOSI (3)
(1)
(1)
Responsabile scientifico del sistema Ulisse dell’Istituto Superiore di Sanità
(2)
Responsabile scientifico del sistema Ulisse del Ministero dei Trasporti
(3)
Coordinatore del sistema Ulisse
PRESENTAZIONE DEL MINISTRO DEI TRASPORTI
Con la collaborazione di Antonella Crenca (4), Cinzia Cedri (5),
Gianni Fondi (5), Marco Giustini (5) e Gruppo Ulisse 2007
(4)
Responsabile della segreteria tecnica del sistema Ulisse
(5)
Segreteria tecnica del sistema Ulisse
Anno 2007
Progetto promosso dal Ministero dei Trasporti e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità
Istituto Superiore di Sanità - Ministero dei Trasporti
Prima edizione: marzo 2008
© 2008 Istituto Superiore di Sanità - Ministero dei Trasporti
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www.trasporti.gov.it
I dati riprodotti nel presente rapporto possono essere
liberamente riprodotti citando la fonte.
Progetto promosso dal Ministero dei Trasporti
e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità
Istituto Superiore di Sanità - Ministero dei Trasporti
Il Sistema Ulisse
Monitoraggio nazionale
sull’uso dei dispositivi di sicurezza
a cura di
Franco TAGGI (1), Pietro MARTURANO (2), Giancarlo DOSI (3)
(1)
Responsabile scientifico del sistema Ulisse dell’Istituto Superiore di Sanità
(2)
Responsabile scientifico del sistema Ulisse del Ministero dei Trasporti
(3)
Coordinatore del sistema Ulisse
Presentazione del Ministro dei Trasporti
Con la collaborazione di Antonella Crenca (4), Cinzia Cedri (5),
Gianni Fondi (5), Marco Giustini (5) e Gruppo Ulisse 2007
(4)
Responsabile della segreteria tecnica del sistema Ulisse
(5)
Segreteria tecnica del sistema Ulisse
Anno 2007
SOMMARIO
Sommario
9
11
13
Presentazione
di Alessandro Bianchi
Prefazione
di Enrico Garaci
Introduzione
PRIMA PARTE
LA NORMATIVA
17
21
47
Il sistema Ulisse nel contesto normativo italiano ed europeo
Le esigenze di sicurezza e l’evoluzione normativa
Appendice
Gli articoli del Codice della Strada relativi a
cinture, casco e telefoni cellulari
SECONDA PARTE
I DATI DEL SISTEMA ULISSE
59
59
61
65
72
73
77
80
85
89
90
93
95
Risultati delle rilevazioni svolte nell’anno 2007.
Brevi note metodologiche
Sintesi dei risultati delle rilevazioni svolte
Le proporzioni d’uso delle cinture di sicurezza
Confronto con altri Paesi dell’UE
Le proporzioni d’uso del casco
Altri comportamenti monitorati a livello sperimentale
dal Sistema Ulisse
Gli effetti di un possibile ulteriore incremento dell’uso dei
dispositivi
Dal tutto al nulla: un aspetto su cui riflettere attentamente
Cinture e basse velocità
Conclusioni
Bibliografia
Appendice I
Dati storici del Sistema Ulisse (2000-2007)
7
SOMMARIO
105
Appendice II
Partecipanti al Sistema Ulisse (2007, 2000-2006)
TERZA PARTE
PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
117
127
135
147
159
169
8
Fattori di rischio per la sicurezza stradale, loro prevalenza
e loro impatto nella genesi dell’incidentalità
di Franco Taggi
La percezione del rischio e il rischio della percezione: il
caso della sicurezza stradale
di Franco Taggi e Pietro Marturano
Le cinture di sicurezza e il beneficio indotto dal loro uso
di Franco Taggi
L’uso del casco per la riduzione dell’incidenza e della
gravità del trauma cranico secondario alla guida di veicoli
a due ruote motorizzate
di Franco Taggi
Cellulari e guida: un rischio in rapida crescita
di Franco Taggi, Antonella Crenca, Cinzia Cedri,
Marco Giustini, Giancarlo Dosi, Pietro Marturano
La fallacia delle multe
di Franco Taggi
PRESENTAZIONE
Presentazione
di Alessandro Bianchi
Ministro dei Trasporti
Una delle azioni più importanti per raggiungere gli obiettivi che
l’Unione Europea ha fissato per il 2010 nel settore della sicurezza stradale è far sì che l’uso dei dispositivi di sicurezza divenga quanto prima
generalizzato su tutto il territorio nazionale.
Questa azione è stata già da tempo considerata prioritaria dal Piano
Nazionale della Sicurezza Stradale che ad essa ha dedicato ampio spazio, sia in relazione alle necessarie rilevazioni periodiche sia ai fini dell’educazione-informazione degli utenti.
L’uso dei dispositivi di sicurezza non evita gli incidenti stradali: per
limitare l’accadimento di questi eventi è necessario far sì che gli utenti
della strada percepiscano maggiormente i rischi a questa connessi e la
necessità di attenersi alle regole. Tuttavia, in ogni Paese, all’uso del
casco e delle cinture appare associata una consistente riduzione, pari a
circa il 50%, dei traumi e della loro gravità. Non si tratta in questo caso,
quindi, di evitare gli incidenti, quanto di ridurre il più possibile le loro
conseguenze sanitarie. Ecco perché conoscere meglio, e più prontamente, i livelli d’uso di questi dispositivi è importante nella gestione di
un problema complesso qual è la sicurezza stradale, dove l’armonizzazione di azioni diverse – siano esse di tipo preventivo, repressivo o di
comunicazione - risulta essenziale.
Il sistema Ulisse, di cui il presente rapporto riporta i dati rilevati per
l’uso delle cinture di sicurezza e del casco relativi all’anno 2007, è la
risposta a livello nazionale a questa necessità di conoscenza. Questo
sistema nasce non solo dalla consolidata collaborazione tra il Ministero
dei Trasporti e l’Istituto Superiore di Sanità, ma anche dalla partecipazione volontaria di un grandissimo numero di operatori, sanitari e non,
di tutto il Paese e ai quali indirizzo un doveroso ringraziamento.
Come si avrà modo di leggere, la situazione è certo migliore di quella
che era dato osservare all’inizio degli anni 2000; tuttavia, essa è ancora
9
PRESENTAZIONE
lontana dai livelli d’uso che si vorrebbero, come pure appare assai
diversificata nelle diverse regioni del territorio nazionale.
E’ augurabile che quanto mostrato nel rapporto sia oggetto di attenta
riflessione da parte del pubblico, degli amministratori e dei media,
anche al fine di indurre coloro che ancora sottovalutano l’utilità dei
dispositivi di sicurezza a farne un uso sempre più ampio e continuo.
Auspico inoltre che, con l’avvicinarsi del 2010, la sensibilità degli utenti su queste importanti tematiche possa ulteriormente migliorare con la
conseguente riduzione del quadro della mortalità e della gravità dei
traumi stradali, riduzione garantita dalla ricerca scientifica e non già da
generiche speranze.
Desidero infine augurare ai responsabili tecnico-scientifici del progetto, nonché curatori del volume, di proseguire nel loro impegno con il
rigore e la concretezza testimoniati dai risultati ottenuti, come potrà
essere valutato da ognuno leggendo le pagine che seguono.
10
PREFAZIONE
Prefazione
di Enrico Garaci
Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità
Qualcuno dei lettori del presente documento potrebbe restare sorpreso
dal fatto che l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sia così particolarmente
impegnato nella sorveglianza nazionale dell’uso del casco e delle cinture di sicurezza. Infatti, anche se si tratta di un’attività importante per
la sicurezza stradale, il suo nesso con aspetti specifici di sanità pubblica, in cui l’Istituto è concretamente attivo, non sembra a prima vista
così stretto.
In realtà, tale attività di sorveglianza - di cui questo rapporto fornisce
un resoconto - è pienamente congruente con le missioni fondamentali
dell’ISS, come ora cercherò brevemente di mettere meglio in evidenza.
In primo luogo vi è l’aspetto di ricerca e di rigorosa applicazione del
metodo scientifico al fine di ottenere dati affidabili. Anche se a molti
potrà sembrare banale determinare con osservazioni dirette quanti
indossano o meno un certo dispositivo, la cosa non è affatto così semplice. Come si è dimostrato proprio nello sviluppo del sistema Ulisse,
se non si adotta una metodica di osservazione standardizzata, rilevatori diversi ottengono risultati diversi; talora, sensibilmente diversi.
In secondo luogo, compare il compito di estrapolare dai dati raccolti –
mediante idonee tecniche statistiche – informazioni precise a livello
locale e nazionale, onde indirizzare azioni utili per la prevenzione (che
in questo caso sono rappresentate da azioni che possano favorire un
incremento dell’uso dei dispositivi di sicurezza).
In terzo luogo, aspetto di particolare rilievo, c’è il momento della valutazione, ovvero dell’impatto in termini di riduzione del numero di
morti, invalidi gravi, ricoveri, accessi al pronto soccorso per incidente
stradale – e relativi costi socio-sanitari evitati – indotto da un incremento dell’uso dei dispositivi.
In ultimo, ma non certo meno importante di quanto già segnalato, c’è
la specifica attenzione all’emergere di nuovi rischi per la sicurezza stra11
PREFAZIONE
dale, onde poterli caratterizzare – con modelli stocastico-deterministici – nella loro evoluzione temporale, al fine di intervenire il prima possibile per contrastarli. A questo riguardo basti pensare al lavoro già
svolto, relativo al dilagare dell’uso del telefono cellulare alla guida,
come pure – fatto nuovissimo ed assai inquietante – al sempre crescente uso del cellulare da parte di pedoni mentre attraversano la strada.
In conclusione, quindi, alcune fondamentali missioni dell’Istituto –
ricerca scientifica, prevenzione, valutazione, identificazione di nuovi
rischi - trovano riscontro in questa attività, che a prima vista può falsamente apparire di carattere “contabile”.
Il mio augurio è che l’ISS possa ancora in futuro contribuire al miglioramento della sicurezza stradale, collaborando con il Ministero dei
Trasporti cui essa compete, come pure che, a fronte della maggiore
attenzione che oggi viene posta su questa problematica, nel rapporto
del prossimo anno compaiano per tutte le regioni proporzioni d’uso
dei dispositivi di sicurezza che avvicinino l’Italia ai molti paesi dell’UE
dove tale uso è ormai praticamente generalizzato.
12
INTRODUZIONE
Introduzione
La sicurezza stradale è da qualche anno oggetto di particolare attenzione da parte dei Governi di tutto il mondo in quanto il suo stato appare
insoddisfacente, sia per quel che è dato attualmente a vedere, sia per
quel che riguarda proiezioni nel tempo che possono essere prodotte.
Nei fatti, ai livelli attuali, i costi sociosanitari degli incidenti stradali
appaiono enormi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità riporta che
ogni anno muoiono nel mondo 1.250.000 persone. L’Istituto Superiore
di Sanità stima che oltre a questi decessi circa 3.125.000 persone restino
gravemente invalide e ben 25.000.000 debbano essere ricoverati. Per il
nostro Paese queste stime sono pari a circa 6.000 morti, 15.000 invalidi
gravi, 120.000 ricoveri e più di un milione di accessi al Pronto Soccorso
all’anno.
Non a caso, quindi, nel 2007 l’ONU ha organizzato la “Settimana
Mondiale della Sicurezza Stradale”, invitando i Governi del pianeta ad
operare per un contrasto organico e sostanziale di questo fenomeno.
Ancor prima (1999) l’Unione Europea aveva proposto ai paesi ad essa
aderenti un obiettivo di riduzione della mortalità per incidenti stradali del 50%, da raggiungersi nel 2010. Tutti i paesi risposero allora positivamente; e anche quelli che entrarono successivamente a far parte
dell’Unione si impegnarono per il raggiungimento di questo obiettivo.
Da allora molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare.
Tra le diverse azioni considerate dall’UE (quali il contrasto alla guida
in stato di ebbrezza o sotto l’influenza di sostanze psicotrope, la messa
in sicurezza delle strade, la riduzione della velocità media), una spicca
per la sua efficacia e la sua semplicità: l’uso generalizzato del casco e
della cintura di sicurezza.
La ricerca scientifica (in particolare quella epidemiologica) ha infatti
dimostrato che l’utilizzo di tali dispositivi dimezza in media, nel
malaugurato caso di incidente, la probabilità di morte e la gravità delle
13
INTRODUZIONE
lesioni riportate. Anche se l’uso di questi dispositivi è stato reso da
tempo obbligatorio, nei fatti l’utilizzo che se ne fa è ben lungi dall’essere generalizzato su tutto il territorio nazionale. E questo avviene in
Italia come pure in altri paesi.
Onde operare per aumentare questo uso è apparso necessario attivare
dei monitoraggi specifici di quantificazione nel tempo dell’uso stesso.
A tal fine il Ministero dei Trasporti ha adottato una metodologia standardizzata di rilevazione, messa a punto dall’Istituto Superiore di
Sanità (ISS) negli anni ’80, affidando all’ISS stesso il compito di coordinare le rilevazioni, che sono oggi svolte all’interno di un “sistema”
denominato Ulisse.
Il sistema Ulisse, basato sulla partecipazione volontaria di operatori
sanitari e di enti ed istituzioni diverse, è attivo dal 2000 ed ha permesso nel corso di questi ultimi anni di tracciare una vera e propria mappatura dell’uso del casco e delle cinture nel nostro paese; di verificare
l’efficacia di nuove normative nell’elevare le proporzioni di utilizzo; di
quantificare le risultanti riduzioni di mortalità e gravità indotte dalla
maggiore quota di utenti della strada così protetti.
Il presente volume, oltre a richiamare aspetti normativi e le modificazioni intervenute recentemente, contiene i risultati delle rilevazioni
effettuate nell’ambito del sistema Ulisse per l’anno 2007, come pure le
stime delle proporzioni d’uso che da questi dati derivano.
Inoltre, sono in esso riportati anche i dati storici del sistema, a partire
dall’anno 2000, come pure – nell’ultima parte – una serie di articoli
dedicati ad aspetti specifici, quali la percezione del rischio e l’evidenza
epidemiologica dell’utilità dei dispositivi di sicurezza.
In apertura, prima di mostrare i risultati relativi all’uso dei dispositivi,
viene circostanziato maggiormente lo scenario all’interno del quale va
inquadrata questa attività, in particolare per quel che riguarda
l’Unione Europea, il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale e le innovazioni normative introdotte nel Codice della Strada nei recenti anni.
Franco Taggi
Responsabile scientifico
del sistema Ulisse
dell’Istituto Superiore di Sanità
14
Pietro Marturano
Responsabile scientifico
del sistema Ulisse
del Ministero dei Trasporti
PRIMA PARTE
LA NORMATIVA
IL SISTEMA ULISSE
16
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
Il sistema Ulisse nel contesto normativo
italiano ed europeo
Il problema della sicurezza stradale necessita, oltre ad un sistema di
monitoraggio sulle singole azioni intraprese per ridurre la mortalità e
l’incidentalità (feedback sulle azioni), anche di un sistema di monitoraggio più generale e sistematico sull’intero andamento del fenomeno
(monitoraggio continuo).
La perfetta conoscenza epidemiologica del fenomeno in tempi brevi
(quanti morti, quanti feriti, dove, quando, con quali mezzi, in che condizioni psico-fisiche, in che condizioni ambientali, ecc.) è la base imprescindibile di qualsiasi strategia di intervento.
Presso l’Istituto Superiore di Sanità e con la collaborazione e il cofinanziamento del Ministero dei Trasporti, nel 2000 è stato attivato il sistema di monitoraggio ULISSE (Osservatorio nazionale di rilevazione
sull’uso dei dispositivi di sicurezza).
Questo sistema può definirsi “specifico” in quanto prevede l’osservazione sulla prevalenza d’uso dei dispositivi di sicurezza (principalmente cintura di sicurezza e casco), consentendo, con cadenza mensile,
la rilevazione sul campo – o meglio su strada - di questo specifico comportamento dei conducenti consentendo una precisa mappatura sull’uso di questi dispositivi.
La conoscenza dei comportamenti degli utenti permette di tenere sotto
controllo il livello di predisposizione al rispetto di una norma o il calo
di attenzione nei confronti della sicurezza stradale.
Il sistema ULISSE ci ha permesso di allinearci ai principali Paesi europei che già da tempo disponevano di analoghi sistemi di monitoraggio,
consentendo di avere a disposizione dati affidabili per la rilevazione
prevista al punto 4.2.1.2 del documento “Indirizzi generali e linee guida
di attuazione” dove si evidenziava l’urgenza di avviare un ampio siste17
IL SISTEMA ULISSE
ma di rilevazioni riguardo l’uso del casco e delle cinture di sicurezza,
con caratteristiche adeguate a restituire risultati per ripartizione provinciale, per le principali tipologie territoriali (grandi città, strutture
insediative diffuse, insediamenti turistici, ecc.) e per tipologia di mobilità.
Il sistema Ulisse, inoltre, è in linea con quanto previsto dalla
Raccomandazione della Commissione europea 2004/345/CE del 6
aprile 2004 relativa all’applicazione della normativa in materia di sicurezza stradale, la quale al punto 7 suggerisce agli Stati membri:
“… garantire che almeno tre volte all’anno siano effettuati interventi intensivi di controllo per verificare l’uso delle cinture di sicurezza della
durata di almeno due settimane, in luoghi in cui il mancato uso è constatato regolarmente e laddove sussista un rischio maggiore di incidenti e di garantire che venga fatto rispettare l’obbligo di indossare le cinture
di sicurezza in ogni singolo caso in cui venga constatata tale infrazione e il
veicolo venga bloccato; … “
Inoltre, il Sistema Ulisse è in linea con quanto riportato nell’Atto di
indirizzo per il governo della sicurezza stradale presentato dal
Ministro dei Trasporti ed approvato dal Consiglio dei Ministri nel
marzo del 2007, dove, al Criterio generale n.4 si cita:
Incentivare e diffondere le migliori pratiche
Promuovere misure di sostegno per gli interventi di sicurezza stradale coerenti con gli obiettivi e gli indirizzi del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale
e relativi a fattori di incidentalità prioritaria, ovvero a sistemi di mobilità o su
fasce di utenti con il maggior numero di vittime, con i più alti tassi di rischio
e con le evoluzioni di sicurezza stradale meno soddisfacenti. Costruire, con la
collaborazione attiva dei Comuni, delle Province e delle Regioni una rete di
monitoraggio sullo stato della sicurezza stradale, sulla sua evoluzione in relazione agli obiettivi comunitari e nazionali e sui risultati conseguiti dagli interventi posti in essere, al fine di individuare le migliori pratiche e promuoverne la diffusione.
Inoltre, al punto 4.2.1.(2) dello stesso documento è previsto:
Avvio del monitoraggio nazionale della sicurezza stradale, tale azione,
complementare alla costruzione della rete di monitoraggio regionale e provinciale, da un lato tende a coordinare e fornire supporti alla rete dei centri di
monitoraggio provinciali e regionali e dall’altro tende a fornire al Governo
18
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
nazionale e agli operatori pubblici e privati che possono contribuire al
miglioramento della sicurezza stradale un quadro certo delle problematiche, delle azioni intraprese e delle misure che hanno conseguito i risultati più soddisfacenti.
Infine, al punto 4.2.4.(11) è previsto:
Rilevazione e analisi dei comportamenti di guida ad alto rischio.
Rilevazione e analisi dei comportamenti ad alto rischio al fine di
impegnare nel modo più efficace le risorse finanziarie e professionali
disponibili per le azioni di prevenzione/dissuasione/repressione. Il programma sarà avviato in alcune aree specifiche del Paese dove si verificano
quote molto alte di incidenti stradali con vittime.
19
IL SISTEMA ULISSE
20
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
Le esigenze di sicurezza e l’evoluzione normativa
1 - Brevi note storiche
Fin dai tempi più antichi le strade rappresentano un chiaro segno di
evoluzione della civiltà e una forte spinta al processo di sviluppo,
socializzazione e comunicazione.
Le prime tracce di tecniche costruttive stradali risalgono al 700 a.C. ad
opera degli Etruschi, tecniche che successivamente furono riprese e
migliorate dagli ingegneri della Roma imperiale.
Sappiamo anche che i Greci erano soliti costruire le strade lastricandole con solchi longitudinali idonei per il passaggio delle ruote dei carri
(una sorta di antichi binari stradali in materiale lapideo). I Romani,
invece, quali abili ingegneri, svilupparono sistemi costruttivi sui quali
ancora oggi si basa l’attuale tecnica delle costruzioni stradali.
Il termine “strada”, infatti, deriva da “strata” cioè strati, in quanto la
posa in opera di successivi strati di diversi materiali forniva ai manufatti romani le caratteristiche di solidità e resistenza per il passaggio dei
carri, dei cavalli e degli eserciti.
Pur essendo all’inizio solo dei sentieri polverosi e irregolari, le strade
ben presto diventarono destinatarie di maggiori cure e manutenzione,
divenendo sempre più, opere necessarie e strategiche al servizio delle
crescenti esigenze militari, commerciali e di comunicazione fra le varie
province dell’Impero romano. Ai margini sorsero di conseguenza fontane, locande e stazioni per il cambio dei cavalli, scandite dalla presenza delle pietre miliari, ancora oggi presenti su alcune moderne strade.
Lo sviluppo delle strade, della società e degli interessi portò inevitabilmente, già dai tempi dell’antica Roma, all’incremento dei flussi di traffico, cosicché la circolazione stradale fu oggetto, fin da allora, di una
precisa regolamentazione. E’ ben noto infatti che Giulio Cesare, nel 45
21
IL SISTEMA ULISSE
a.C., un anno prima della sua morte, promulgò la “Lex Iulia
Municipalis” una legge di carattere generale sull’organizzazione amministrativa e sociale delle città ma che comprendeva anche un insieme di
regole riguardanti l’accesso e la conduzione dei carri all’interno
dell’Urbe. Ai mezzi pesanti, per esempio, era vietato il transito dall’alba fino al pomeriggio inoltrato. I divieti non riguardavano però i veicoli adibiti all’igiene o al trasporto dei materiali da costruzione per edifici pubblici o templi per il culto ed i carri per il trasporto di sacerdoti
e sacerdotesse durante le cerimonie pubbliche. Insomma, un vero e
proprio Codice della strada ante litteram nato anche per cercare di
decongestionare la città di Roma, già allora eccessivamente trafficata.
Successivamente, altri simili regolamenti sono stati emanati in varie
località del mondo, per arrivare infine, al marzo del 1865, sempre in
Italia - dove le carrozze trainate da cavalli erano i principali mezzi di
trasporto all’interno delle città - quando fu varata una legge che stabiliva alcune regole sulla velocità e il corretto comportamento per i conducenti dei veicoli a trazione animale.
Successivamente, nel 1923, con un Regio decreto vennero scritte le
norme per disciplinare il traffico di quel tempo e cinque anni dopo, nel
1928, fu istituita la “Milizia della Strada”, l’antesignana dell’attuale
Polizia stradale, con il compito istituzionale di consentire il rispetto
delle regole del Regio decreto. La Milizia della strada diventò, nel 1947
(anno della nascita della Lambretta e della Vespa), il Corpo di specialità al servizio del Ministero dell’Interno che tutti noi oggi conosciamo.
Alla fine della seconda Guerra mondiale, con l’avvento dell’automobile, nasce il Ministero dei Trasporti (in origine c’era solo quello dei lavori pubblici) e nel 1955 parte la costruzione della rete autostradale italiana.
Il 15 giugno 1959 entrò in vigore il decreto del Presidente della
Repubblica numero 393, meglio noto come il primo testo unico della
circolazione stradale (il primo vero codice della strada) che, con i suoi
147 articoli e 607 del Regolamento di attuazione, rimase in vigore per
oltre trent’anni fino alla pubblicazione del cosiddetto “Nuovo Codice
della Strada” (18 maggio 1992), ancora vigente dal 1° gennaio 1993,
sebbene più volte modificato.
Non appena si cominciarono a produrre veicoli a motore, al tempo
stesso nacque anche l’esigenza di disciplinarne l’uso da parte degli
utenti e quindi modalità e regole per l’accesso e la circolazione sulle
strade. Nel 1903, infatti, sempre in Inghilterra, viene introdotta la
22
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
prima “patente di guida”, documento abilitante alla conduzione di
queste “nuove macchine”, esigenza che via via è diventata sempre più
pressante in proporzione al sempre maggiore numero di veicoli in circolazione.
La nascita degli autoveicoli e lo sviluppo del traffico però, oltre a portare grossi benefici in termini di mobilità, ha portato con sé anche subdoli risvolti, probabilmente all’epoca neppure immaginabili, ma di
certo impietosi quanto importanti: gli incidenti stradali. Questi ultimi
infatti, nascono con l’avvento stesso degli autoveicoli.
Si narra che l’inventore della prima automobile, un ingegnere francese
di nome Nicolas-Joseph Cugnot, nel 1769, durante il primo giro di
prova a bordo della sua nuova invenzione - il triciclo a vapore - si
schiantò contro un muro nei pressi della sua abitazione riportando vari
traumi e danni al veicolo.
Il motore della macchina di Cugnot era dotato di due cilindri verticali
per 62.000 cm3 di cilindrata che gli consentivano di raggiungere la
velocità di soli 4-5 km/h.
Questo veicolo fu quasi certamente la prima macchina semovente
costruita dall’uomo, ma purtroppo, segnò anche l’inizio inesorabile del
fenomeno degli incidenti stradali.
La prima vittima registrata nelle cronache risale all’agosto del 1896 a
Londra e, in Italia, le prime statistiche nazionali ufficiali, sistematiche
ed attendibili, cominciarono ad essere compilate nel 1953.
Per concludere questi brevi cenni storici e per anticipare una specifica
problematica che sarà meglio descritta in un prossimo capitolo del
volume (“La percezione del rischio e il rischio della percezione”), appare utile ricordare una frase di un grande fisico italiano, Giuliano
Toraldo di Francia, il quale ha affermato che il genere umano non ha
ancora interiorizzato il senso del pericolo connesso con la velocità (in
orizzontale) perché i suoi spostamenti sui veloci mezzi di trasporto
avvengono da troppo poco tempo. Dalla costruzione del primo veicolo stradale di serie ad oggi, sono passati infatti poco più di cento anni.
Ebbene, se nella scala dei tempi, dalla preistoria ad oggi, l’uomo ben
conosce cosa significa cadere (in verticale) da un albero o da una rupe,
è solo da poco più di un secolo che ha cominciato a sperimentare sul
campo – o meglio sulla strada - le conseguenze degli urti in velocità
orizzontale.
Solo per fare un esempio, chi di voi si lancerebbe dal terzo piano di un
palazzo senza un paracadute? Risposta: nessuno. Chi, invece, si mette23
IL SISTEMA ULISSE
rebbe al volante della propria automobile alla velocità di 50 kilometri
orari, senza allacciare le cinture di sicurezza? Risposta: molti. Eppure,
la velocità di impatto (al suolo – nel primo caso – e contro un muro o
un altro veicolo - nel secondo) sarebbe esattamente la stessa!
Splendido esempio di mancata o errata percezione del rischio, un problema annoso e di grande importanza al quale il sistema ULISSE, con
l’analisi sull’uso dei dispositivi di sicurezza quali cinture e casco, sta
cercando di dare il proprio contributo scientifico e di ricerca.
2 - Il codice della strada e le regole della sicurezza
In generale, sono fonti del diritto tutti gli atti giuridici da cui trae origine una disciplina normativa1.
In particolare, sono fonti del diritto della circolazione stradale:
-
l’art. 16 della Costituzione;
il Codice della strada;
il regolamento di esecuzione del CdS2;
le leggi speciali3;
i regolamenti comunitari, direttive e decisioni4;
le sentenze della Corte Costituzionale;
i decreti ministeriali5;
le Convenzioni internazionali6, 7.
Non sono fonti del diritto della circolazione stradale:
-
le circolari ministeriali8;
le direttive o i regolamenti ECE-ONU9.
la giurisprudenza10.
la consuetudine11.
Con il decreto legislativo n.285 del 30 aprile 1992, a partire dal 1° gennaio 1993, entra i vigore in Italia il “Nuovo Codice della Strada” (CdS).
Nuovo in quanto è in effetti l’ultimo strumento legislativo varato in
modo organico, ma in realtà anche “vecchio” in quanto più volte modificato e, a parere di molti operatori ed addetti ai lavori, per molti aspetti già obsoleto, non più in linea con le attuali esigenze di semplicità e di
chiarezza.
Le diverse modifiche che si sono succedute in questi ultimi quindici
24
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
anni non sono riuscite a completare quel processo di riforma connesso
al rapido mutamento del contesto socio-economico del Paese e delle
innumerevoli direttive comunitarie che disciplinano la materia in
modo sempre più copioso e dettagliato. Tutti questi cambiamenti, integrazioni e correzioni dimostrano, da una parte, l’esigenza di stare al
passo coi tempi e di ricercare sempre nuove formulazioni in grado di
elevare i livelli di sicurezza e, dall’altra, di raggiungere gli ambiziosi
obiettivi comunitari sulla sicurezza stradale12.
L’articolo 1 del Codice della strada, nella versione modificata dal d.lgs.
n.9/2002, prevede al comma 3 la redazione del Piano nazionale della
sicurezza stradale (PNSS)13 da parte del Ministero dei Trasporti, con
verifica dei risultati demandata alla relazione annuale al Parlamento.
La sicurezza stradale, quindi, assurge a principio informatore di tutta
la struttura del Codice.
Tutti i cittadini hanno il diritto, garantito dalla Costituzione, alla sicurezza e a muoversi liberamente sul territorio della Nazione. Questi
spostamenti possono avvenire in tanti modi diversi, o, se vogliamo
usare una terminologia più tecnica, utilizzando diverse modalità di trasporto. Come è facile immaginare, il mezzo di trasporto che attualmente esprime al meglio la possibilità di movimento delle persone è senza
dubbio l’autoveicolo privato. Di conseguenza, il traffico indotto dalla
moltitudine di veicoli in circolazione14 deve comunque avvenire in
piena sicurezza e nel rispetto delle regole. Questo rispetto deve avvenire nella piena consapevolezza dei rischi naturalmente connessi con
l’attività del movimento15.
Secondo il nostro Codice, per garantire la sicurezza dei trasporti stradali, i conducenti dei veicoli hanno tre tipi di doveri: giuridico, civile e
sociale.
Il dovere giuridico, è rappresentato dalla necessità di rispettare le
norme e le regole dettate dal Codice stesso e dalle leggi complementari. L’interesse della sicurezza deve ritenersi prevalente rispetto agli
interessi dei singoli.
Il dovere civile (o morale), sebbene di collocazione più incerta nell’ambito della circolazione stradale, questo è connesso con il rispetto degli
altri utenti, indipendentemente dalla cogenza di legge.
Infine il dovere sociale, dove la formazione di una “coscienza sociale”
dovrebbe consentire ad ogni singolo utente di frenare gli istinti egoistici e collaborare con il prossimo.
Fin dalla sua redazione del 1959, il CdS è stato impostato sulla base di
25
IL SISTEMA ULISSE
alcuni principi fondamentali, che sintetizzano i doveri di cui abbiamo
accennato, ed ai quali, tutti gli utenti della strada dovrebbero sempre
adeguarsi, nella consapevolezza che senza il rispetto delle regole non
si potrà mai raggiungere un livello di sicurezza accettabile16, 17.
2.1 - Le ultime modifiche normative
Con il decreto legge 3 agosto 2007, n.117 “Disposizioni urgenti modificative del codice della strada per incrementare i livelli di sicurezza
nella circolazione” (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.180 del 4 agosto 2007), convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007,
n.160 (G.U. n.230 del 3 ottobre 2007), il codice della strada (decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285) è stato rivisto ed aggiornato con particolare riferimento ai temi della sicurezza.
L’esigenza di varare un decreto legge, sebbene il Parlamento avesse già
in itinere la discussione del ben più corposo disegno di legge sulla sicurezza stradale trova origine, da un lato, dal regresso della tendenza
discendente che ha caratterizzato gli anni 2003, 2004 e 2005, dall’altro,
dalla ferma volontà del Ministero dei Trasporti di porre un freno al
fenomeno della mortalità sulle strade in tempi brevi, senza aspettare i
tempi necessari all’approvazione del disegno di legge.
Per quanto sopra, il decreto legge 117/2007 è una estrapolazione dei
contenuti ritenuti più urgenti e più importanti del citato disegno di
legge e riguarda principalmente i seguenti settori:
- inasprimento delle sanzioni per i reati più gravi e per i
comportamenti a maggior rischio
- guida senza patente
- limitazione alla guida per i neopatentati
- trasporto di bambini sui motoveicoli
- limiti di velocita’
- uso del telefono cellulare durante la guida
- guida in stato di ebbrezza alcolica
- guida sotto effetto di sostanze stupefacenti
- educazione stradale e cultura della sicurezza
2.2 - Verso un nuovo Codice
Come già accennato, le diverse stratificazioni dovute agli interventi del
legislatore per modificare ed integrare il Codice hanno portato al
vigente testo che evidenzia da un lato precarietà e dall’altro una certa
26
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
obsolescenza.
Per quanto sopra, la riforma complessiva dell’attuale Codice della
Strada rappresenta un processo indispensabile.
Le linee guida della riforma ritenute prioritarie sono: elaborare un
Codice con un articolato più semplice e snello, di non oltre 60-70 articoli, che contenga tutti i principi di carattere generale, la disciplina
delle norme di comportamento ed il sistema sanzionatorio.
Nel contempo, la disciplina di numerosi procedimenti amministrativi,
tra i quali ad esempio quelli riferibili ai contenuti più tecnici e che
attualmente sono irrigiditi in un contesto normativo pesante e poco
elastico, potranno essere rinviati a norme regolamentari subordinate.
Una maggiore leggibilità e versatilità del testo potrà consentire, quando necessario, le modifiche in tempi rapidi ed in coerenza con l’esigenza di mantenersi al passo con l’evoluzione tecnica e tecnologica del settore.
In questa ottica di miglioramento e semplificazione la speranza è inoltre che il nuovo Codice possa rappresentare anche una sorta di manuale della sicurezza per tutti gli utenti della strada, di più facile e diffusa
comprensione rispetto ai livelli attuali.
3 - Il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale
Ad oggi si stima che in tutto il mondo un milione e duecentomila persone perdono la vita sulle strade, quarantacinquemila in Europa e circa
seimila in Italia18.
Il principale strumento di pianificazione adottato in Italia fin dai
primi anni 2000, che in una logica di sistema globale assembla e
gestisce strategie, azioni nel medio e nel breve termine, è il Piano
Nazionale della Sicurezza Stradale (PNSS). Questo documento programmatorio di carattere non cogente per il cittadini e per le
Amministrazioni pubbliche, ha finalità di guida ed indirizzo unitario per tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nella problematica, con
il fine ultimo del raggiungimento di una finalità sociale e sanitaria di
assoluta priorità: ridurre il numero di incidenti, di decessi e feriti
sulle strade del Paese.
Già a partire dal 2001, la Commissione europea, con la pubblicazione
del “Libro bianco sulla politica dei trasporti” ha puntato l’attenzione
sulla necessità, per tutti i Paesi dell’UE, di ridurre almeno della metà il
27
IL SISTEMA ULISSE
numero di vittime di incidenti stradali entro il 2010, ritoccando al rialzo il primo obiettivo del 1997 che prevedeva invece una riduzione del
40%19.
A seguito delle indicazioni della Commissione europea, anche l’Italia
ha attivato una serie di interventi finalizzati al contenimento del
fenomeno. In particolare il Ministero dei trasporti ha attribuito una
priorità molto elevata alla sicurezza stradale fin dalla fine degli anni
’90 quando, con la prima relazione al Parlamento sullo stato della
sicurezza stradale20, del 1998, il Ministro competente segnalò la gravità del problema. Il nostro Paese era in notevole ritardo rispetto alla
media europea, occorreva quindi intervenire in questo delicato settore con strategie d’azione importanti, significativi investimenti, adeguate professionalità e mediante uno strumento di pianificazione
generale.
Il Parlamento, con legge n.144/1999, ha istituito l’obbligo di redazione
del PNSS (art.32) definendone anche il meccanismo di approvvigionamento finanziario. L’anno successivo il Ministero dei trasporti, con la
collaborazione degli altri dicasteri interessati (Interno, Istruzione,
Sanità, Ambiente), definì il documento di indirizzi generali e linee
guida che, come previsto dalla norma, è un documento propedeutico
alla redazione del Piano nazionale. Successivamente, questo documento, una volta approvato dalla Conferenza Stato-Regioni e Autonomie
locali, ricevette il parere positivo del Parlamento, dando così il via libera ai bandi di concorso per la realizzazione dei progetti pilota, la definizione del Piano nazionale e i primi due programmi annuali di attuazione.
Durante tutto questo periodo l’azione del Ministero dei trasporti in
materia di pianificazione e governo della sicurezza stradale si è
orientata secondo alcuni principi generali che qui di seguito si sintetizzano:
- concordare e condividere gli interventi con tutti gli altri livelli di
governo (regionale, provinciale e comunale) che fin dalle prime fasi
sono direttamente coinvolti nella definizione degli obiettivi, delle
priorità e dei campi di intervento. Alla base di questa scelta c’è la
consapevolezza che la maggior parte delle vittime e degli incidenti si
determina in ambito urbano e sulla rete stradale locale. Non a caso il
Piano Nazionale prevede una serie di incentivi per Regioni, Province
28
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
e Comuni per lo sviluppo di nuovi interventi in materia di sicurezza
stradale;
- rafforzare il “sistema e la struttura di governo” della sicurezza stradale, rafforzare le competenze, le professionalità, le strutture tecniche, la strumentazione e le risorse finanziarie dedicate a questo settore. All’epoca bisognava infatti passare da un trend in aumento di vittime e di incidenti (in controtendenza rispetto al resto dell’Europa)
ad una consistente riduzione con inversione della tendenza. Ciò,
ovviamente, non era possibile senza un rafforzamento degli strumenti, delle strutture e delle risorse dedicate a questo obiettivo. Per
questo motivo i primi impegni del Piano nazionale sono stati fortemente orientati a incentivare la costituzione di uffici speciali dedicati alla sicurezza stradale, di centri di monitoraggio21, di strumenti atti
ad operare con maggiore specificità e competenza22. Uno dei maggiori successi riportati da questa linea di azione è rappresentato dalle
realizzazioni eseguite da alcuni Comuni e Province – purtroppo
ancora pochi - che ad oggi possono essere considerati esempi di
eccellenza raggiungendo questo livello certamente per capacità proprie, ma anche grazie agli indirizzi ed incentivi messi a disposizione
dal Piano Nazionale;
- intervento diretto e specifico su alcune componenti di incidentalità
particolarmente preoccupanti: punti neri23, componenti di mobilità a
maggior rischio (interventi sugli utenti deboli come pedoni, ciclisti,
ciclomotoristi, motociclisti), la diffusa trasgressività dei comportamenti individuali (interventi sulla cultura della sicurezza stradale,
prevenzione dei comportamenti scorretti, controllo e repressione dei
comportamenti più pericolosi).
L’obiettivo di riferimento assunto dal Piano si basa sulle indicazioni
contenute nel secondo programma della Commissione europea per la
sicurezza stradale del 1997: riduzione del 40% del numero di morti e
feriti entro il 2010 (“Promuovere la sicurezza stradale nell’Unione europea: Programma 1997-2001”). Obiettivo che nel 2001 è stato portato al
50% dalla stessa Commissione nel Libro bianco “Politiche europee dei
trasporti per il 2010: è tempo di decidere”.
In particolare il PNSS si configura come uno strumento funzionale alla
creazione delle condizioni culturali, del quadro normativo regola29
IL SISTEMA ULISSE
mentare, delle risorse, degli strumenti tecnici, degli interventi infrastrutturali e degli assetti organizzativi, necessari per ridurre il numero
annuo delle vittime degli incidenti stradali di 2.700 morti e di 120.000
feriti (che poi, alla luce dell’obiettivo -50%, sono diventati rispettivamente oltre 3000 e più di 150.000).
Tutto ciò implica una sostanziale ridefinizione degli obiettivi, delle priorità degli interventi e delle risorse destinate al settore. Senza questo
stravolgimento radicale del sistema, con relativo cambiamento di cultura, il raggiungimento delle mete citate non poteva essere possibile.
Il Piano Nazionale si fonda su cinque criteri base:
1) concentrare gli interventi per il miglioramento della sicurezza
stradale sulle situazioni di massimo rischio;
2) estendere il campo di applicazione degli interventi per la sicurezza
stradale promuovendo misure di tipo innovativo;
3) favorire un più stretto coordinamento tra i diversi livelli e settori
della pubblica amministrazione competenti in materia di sicurezza
stradale;
4) creare una rete di strutture tecniche, coerenti con la natura e
l’ampiezza degli obiettivi da raggiungere, tra loro interconnesse e
coordinate;
5) promuovere un maggiore coinvolgimento del settore privato nel
campo del miglioramento della sicurezza stradale attraverso accordi di partenariato tra soggetti pubblici e soggetti privati.
Il PNSS è strutturato in tre tomi e pianifica interventi per il decennio
2002 – 2011, prevedendo una revisione triennale dello stesso Piano per
migliorarne progressivamente l’efficacia, tenendo conto dei risultati
concretamente conseguiti nell’ambito delle diverse linee di azione:
1 - “Indirizzi Generali e Linee Guida di Attuazione”;
2 – “Azioni prioritarie”;
3 – “Allegati tecnici”.
Il documento “Indirizzi Generali e Linee Guida di Attuazione”
definisce:
a) i riferimenti di base per l’elaborazione del PNSS, i campi di inter30
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
vento, le linee di azione e gli strumenti attuativi;
b) le strutture e gli strumenti tecnico-organizzativi per l’attuazione e il
monitoraggio del Piano e per il suo progressivo affinamento in funzione dei risultati concretamente conseguiti;
c) una schematica allocazione di risorse, articolata per campi di intervento.
Il documento è suddiviso in cinque sezioni:
1 - inquadramento generale, riferimenti normativi, obiettivi, contenuti
generali e meccanismi d’attuazione del Piano.
2 - indirizzi generali, principi di riferimento, campi di intervento prioritari, misure di indirizzo, coordinamento e incentivazione;
3 - linee guida di attuazione e azioni da porre in essere;
4 - strutture e strumenti tecnici a supporto della definizione,
attuazione e monitoraggio del Piano.
5 - fasi attuative e allocazione delle risorse.
Il documento “Azioni prioritarie” è suddiviso in quattro sezioni:
1. “Riferimenti generali”: in relazione al quadro europeo e nazionale
dell’incidentalità, dimensiona gli obiettivi e delinea i caratteri fondamentali del Piano;
2. “Azioni di primo livello”: obiettivi e gli interventi puntuali per
migliorare la sicurezza stradale nei sistemi infrastrutturali e nei
comparti di mobilità a massimo rischio;
3. “Azioni di secondo livello”: obiettivi e interventi di carattere sistematico, mirati al miglioramento generale della sicurezza stradale,
presupposti tecnico-organizzativi per migliorare l’efficacia complessiva delle politiche di sicurezza stradale;
4. “Misure per il governo della sicurezza stradale”: strumenti e strutture per il coordinamento, gestione, aggiornamento e fabbisogno
finanziario.
Infine, negli “Allegati tecnici” sono riportati:
A) l’elenco delle autostrade, delle strade di interesse nazionale, l’indice
di rischio e il costo sociale determinato dagli incidenti stradali su
ciascun tratta;
31
IL SISTEMA ULISSE
B) il quadro sinottico delle strutture e delle linee di attività del Piano;
C) l’elenco dei modelli di autovetture esaminate dal programma
EuroNCAP.
3.1 - Lo stato di attuazione del PNSS
Il Piano nazionale è stato avviato il 23 giugno 2003 con il decreto interministeriale (Infrastrutture e Trasporti di concerto Economia e Finanze) sulle
procedure di accesso alle risorse finanziarie disponibili. La concreta realizzazione degli interventi del 1° Programma annuale di attuazione inizia
nel 2004, dopo la fase di programmazione regionale e la selezione, tra le
705 proposte presentate da 684 amministrazioni provinciali e comunali,
dei progetti da ammettere al cofinanziamento24. Sulla base di criteri premiali sono stati selezionati e ammessi al cofinanziamento 500 progetti per
una spesa complessiva di 280 milioni di Euro. Il 2° programma parte nel
2005, con modalità e tempi del tutto analoghi. Le Regioni selezionano
oltre 580 progetti su più di 1.000 proposte, per una spesa complessiva di
466 milioni di Euro, con termine degli interventi tra il 2005 e il 2007 e con
fasi attuative comprese tra sei mesi e oltre due anni, a seconda che si tratti di interventi immateriali, come un corso di formazione e di educazione
stradale, o di complesse opere infrastrutturali.
Al momento il 1° e il 2° programma di attuazione hanno attivato 1.089
interventi per migliorare la sicurezza stradale, con una spesa complessiva attesa di 746 milioni di Euro, dei quali 336 a carico del PNSS. Circa il
20% delle Province e dei Comuni maggiori, grazie alle risorse rese disponibili dal Piano, si sono dotati di strumenti e strutture per rafforzare la
propria capacità di governo della sicurezza stradale con risultati che in
alcuni casi sono andati oltre le aspettative.
Nel 2007, in relazione a quanto indicato nell’ “Atto di indirizzo per il governo della sicurezza stradale” approvato nell’aprile 2007, è stata concertata
l’elaborazione del 3° Programma di attuazione con le Regioni e con le rappresentanze di UPI e ANCI, individuando meccanismi premiali e di allocazione delle risorse più semplici e procedure attuative più snelle al fine
di ridurre i tempi attuativi e migliorare l’efficacia complessiva del programma.
L’obiettivo del Ministero dei Trasporti, in accordo con le amministrazioni
destinatarie dei fondi, è quello di semplificare le procedure, ridurre i
tempi, migliorare la qualità degli interventi, su questo fronte le innovazioni del 3° programma annuale di attuazione costituiscono solo un
primo passo.
32
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
4 - I programmi di azione europei
Il primo programma d’azione europeo in materia di sicurezza stradale
(COM(93)246) è stato elaborato nel 1993 e si caratterizzava come un
documento di principi generali. Ma già nel secondo programma25, la
Commissione europea, per favorire il raggiungimento degli obiettivi di
sicurezza, evidenziava la necessità di attribuire una maggiore priorità
alle politiche incentrate sulla sicurezza stradale, indicando agli Stati
membri la convenienza, anche economica, a realizzare investimenti in
sicurezza stradale, con particolare riferimento a misure per:
1) incentivare l’uso delle cinture di sicurezza;
2) sollecitare i costruttori a realizzare veicoli più sicuri per l’impatto
con i pedoni e, più in generale, a migliorare la sicurezza passiva dei
veicoli attraverso l’inserimento, di serie, di tutti i dispositivi di
sicurezza resi disponibili dalle più recenti tecnologie;
3) ridurre la velocità media dei veicoli a motore;
4) ridurre il numero dei conducenti in stato di ebbrezza o sotto l’influsso di droghe o medicinali
5) migliorare le infrastrutture attraverso rotatorie, barriere di contenimento, ecc.
Ovviamente, tutti questi punti sono stati ripresi e approfonditi nel
Piano nazionale della sicurezza stradale.
Queste cinque linee di intervento, coinvolgendo tre i fattori cardine del
sistema: il veicolo, l’uomo e l’ambiente (sistema U-A-V), ancora oggi
rappresentano le chiavi per il successo di qualsiasi strategia di
riduzione della mortalità per incidente stradale.
In riferimento alla misura di cui al punto 2, è utile ricordare che il
pedone è l’”utente debole” per eccellenza di tutto il sistema26. Diversi
studi scientifici, già a partire dalla fine degli anni ’70, hanno dimostrato che che circa il 10% dei pedoni in caso di impatto con un veicolo a 30
km/h, non sopravvive, la percentuale dei decessi passa al 45% nel caso
d’urto a 50 km/h ed addirittura all’85% nel caso d’impatto col veicolo
a 65 km/h27.
Riguardo il punto 3, la stessa Commissione, nel citato programma, ha indicato l’assoluta importanza di questo fattore precisando che una riduzione
della velocità media di 5 Km/h dei veicoli in circolazione, determinerebbe
una riduzione tendenziale del numero di morti pari a -25%.
33
IL SISTEMA ULISSE
5 - L’atto di indirizzo per il governo della sicurezza stradale
Per affrontare con successo il problema dell’incidentalità stradale è
necessaria una strategia generale, ampiamente condivisa, che investe
tutti i vari aspetti del sistema: informazione e formazione, comunicazione, prevenzione, controllo, repressione, regolamentazione del traffico, manutenzione e riqualificazione delle strade, miglioramento ed
incentivazione del trasporto pubblico, educazione stradale.
Questa visione generale e la capacità di raccordare i diversi settori e
livelli dell’azione pubblica e di coinvolgere direttamente le imprese, i
lavoratori e i cittadini, è essenziale per raggiungere importanti obiettivi di sicurezza stradale e per mantenerli stabili nel tempo.
L’ ”Atto di indirizzo per il governo della sicurezza stradale” proposto dal
Ministro dei Trasporti d’intesa con la Presidenza del Consiglio è il frutto dell’impegno di un apposito tavolo di lavoro al quale hanno partecipato, oltre ai tecnici del Ministero dei Trasporti, anche i rappresentanti degli altri Ministeri interessati al tema della sicurezza sulle strade:
Ministero dell’Interno, Ministero delle Infrastrutture, delle Politiche
Giovanili, della Pubblica Istruzione e della Salute.
Questo documento è un disegno pianificatorio di carattere generale dal
quale discenderanno progetti di legge, regolamenti, direttive e specifici interventi.
Sotto questo profilo l’Atto di indirizzo, è uno strumento per ampliare
l’operatività anche a nuovi settori e nuovi campi di intervento, per
favorire una più ampia partecipazione pubblica – ma anche privata al miglioramento della sicurezza stradale.
Più in particolare l’Atto di indirizzo è uno strumento per migliorare
complessivamente la capacità di governo della sicurezza stradale a
livello nazionale ma anche regionale e locale, attraverso un sistema di
azioni innovativo e strutturato in una logica di sistema ed in grado di:
imprimere un impulso deciso alla riduzione delle vittime e degli incidenti sulle strade;
esercitare una forte azione di riequilibrio nei confronti dei livelli di incidentalità che, ad oggi, sono assai differenziati nelle diverse realtà territoriali del Paese.
5.1 - Struttura e contenuti dell’atto di indirizzo
Data la necessità di ridurre il più rapidamente possibile il numero delle
vittime degli incidenti stradali, la dimensione strategica dell’Atto di
34
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
indirizzo doveva necessariamente essere bilanciata da misure e interventi di immediata operatività, in grado cioè di esercitare una concreta
azione di contrasto in tempi brevi.
Si dovevano cioè conciliare i tempi medio-lunghi delle misure strutturali con le esigenze di tempestività e rapidità.
Per modificare i caratteri strutturali del sistema di governo della sicurezza stradale, per aumentare significativamente la velocità di riduzione delle vittime, per migliorare la capacità di rimuovere le situazioni di
massimo rischio e, soprattutto, per aumentare l’efficacia delle azioni
poste in essere sono state definite dieci “azioni strutturali” che richiedono tempi medio-lunghi e un cospicuo impegno di risorse finanziarie
e professionali.
Per dare invece una risposta immediata ai problemi più urgenti, si è
definito contestualmente un sistema di quindici “misure rapide” che:
- possano essere avviate in tempi brevi, con un ciclo di attuazione
compreso tra pochi mesi e un anno;
- richiedano un impegno di risorse finanziarie e professionali immediatamente accessibili e utilizzabili;
- abbiano una elevata visibilità per favorire lo sviluppo di processi
emulativi e di benefiche sinergie;
- promuovano un sostanziale aumento di efficacia delle misure poste
in essere per migliorare la sicurezza stradale.
Le azioni di entrambi i livelli, poi, sono guidate da cinque criteri generali di indirizzo:
Criterio 1.
Criterio 2.
Criterio 3.
Criterio 4.
Criterio 5.
Programmare, finanziare, coordinare
Rafforzare la capacità di governo
Formare una cultura della sicurezza stradale
Incentivare e diffondere le migliori pratiche
Informare e sensibilizzare
Riportiamo qui di seguito, in estema sintesi, le dieci azioni strutturali e
le quindici misure rapide previste nel documento:
Azioni strutturali
I. Aggiornamento del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale
II. Predisposizione del 3° Programma di Attuazione del PNSS
35
IL SISTEMA ULISSE
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
IX.
X.
Emanazione di una norma per l’approvvigionamento
finanziario del PNSS
Riforma del Codice della Strada
Rafforzamento della Consulta Nazionale sulla Sicurezza
Stradale
Creazione, presso il Ministero dei Trasporti, di una struttura
tecnica nazionale dedicata in modo specifico alla sicurezza
stradale
Educazione stradale nelle scuole.
Formazione dei tecnici e dei decisori. Promozione di master
universitari e di altre iniziative formative in materia di
sicurezza stradale dedicate a tecnici e decisori delle
Amministrazioni nazionali, regionali e locali
Formazione degli utenti
Realizzazione di campagne nazionali di informazione e
sensibilizzazione sul rischio stradale
Misure rapide
I. Costruzione di una rete di centri di monitoraggio provinciali
e regionali
II. Avvio del monitoraggio nazionale della sicurezza stradale
III. Rafforzamento dell’azione di contrasto dei comportamenti di
guida ad alto rischio attraverso la riorganizzazione delle
sanzioni
IV. Revisione dell’impianto della patente a punti
V. Progetti pilota per l’educazione alla sicurezza stradale.
VI. Miglioramento della preparazione per l’accesso alle patenti di
guida
VII. Progetti pilota per la formazione di tecnici e decisori.
VIII. Messa in sicurezza delle dodici strade più pericolose.
IX. Informazione e sensibilizzazione. Banca della comunicazione.
X. Premio annuale per le Amministrazioni locali che hanno
ottenuto i migliori risultati di sicurezza stradale.
XI. Rilevazione e analisi dei comportamenti di guida ad alto
rischio.
XII. Tutela dei cittadini e tutela della sicurezza (regole,
segnaletica e priorità di sanzionamento). Per contrastare
l’errata percezione che le sanzioni possano rispondere non
solo all’esigenza di “fare sicurezza” ma anche alla esigenza di
36
PRIMA PARTE
XIII.
XIV.
XV.
- LA NORMATIVA
“fare cassa”
Messa in sicurezza della mobilità su due ruote a motore.
Progetto città sicure.
Lavoro e sicurezza stradale.
6. Il Piano Generale della Mobilità
Il presente paragrafo è un estratto della nota introduttiva al PGM del
Ministro dei Trasporti. La versione integrale del testo è scaricabile dal
sito web del Ministero dei Trasporti www.trasporti.gov.it.
La finalità di ordine generale assunta dal Ministero dei Trasporti fin dal
momento della sua costituzione come dicastero autonomo nel maggio 2006, è
stata quella di riportare la politica dei trasporti al centro dell’azione del
Governo, invertendo la tendenza a concentrare l’attenzione sulla realizzazione di opere infrastrutturali al di fuori di un pre-definito scenario programmatico e del relativo quadro di concertazione istituzionale. Questo era il senso
ultimo della Legge Obiettivo che, non a caso, aveva perso ogni contatto con
quello che doveva essere il suo naturale riferimento, ovvero il Piano Generale
dei Trasporti e della Logistica approvato nel 2001.
Di qui è scaturita la decisione di avviare l’elaborazione di un nuovo piano,
anche in considerazione del fatto che sia il PGTL del 2001 sia il Piano della
Logistica approvato nel 2006 richiedevano una profonda rivisitazione per
almeno tre ordini di motivi:
- le profonde modificazioni che stanno interessando negli anni più recenti la
mobilità a livello internazionale, che occorre interpretare e applicare alle
dinamiche nazionali;
- il progressivo aggravarsi del problema del trasporto pubblico locale, che
riguarda milioni di pendolari, i quali sopportano costi notevoli, tempi di
percorrenza elevati ed irregolari, deficit grave di qualità dei servizi;
- la nuova sensibilità che nel Paese si sta sviluppando nei confronti della
questione trasporti, sensibilità alla quale è necessario far corrispondere un
salto di qualità nei processi decisionali propri della politica nazionale.
La mobilità
Il primo riferimento è di natura concettuale e riguarda la necessità che la questione venga posta nella sua massima generalità, acquisendo a fondamento di
ogni elaborazione il concetto della mobilità, che rappresenta sempre più una
delle funzioni vitali della società contemporanea. Infatti è la mobilità - intesa
come esigenza di muoversi nello spazio delle persone e delle cose - la categoria
37
IL SISTEMA ULISSE
che determina da parte di cittadini e imprese la domanda di servizi di trasporto
che chiede di essere soddisfatta.
Ed è la mobilità - intesa come capacità di muoversi nello spazio delle persone e delle cose - la categoria sulla quale va costruita da parte dei diversi operatori l’offerta di servizi in grado di soddisfarla.
Occorre, dunque, porre questo concetto al centro delle elaborazioni programmatiche riguardanti i trasporti, nel rispetto del diritto che la nostra
Costituzione pone in capo al cittadino e del diritto sancito dalla Comunità
Europea per la libera circolazione di persone e cose all’interno dello spazio
comunitario.
Di qui la denominazione stessa del piano come Piano Generale della Mobilità,
che sta a significare che i piani, i progetti, i provvedimenti finanziari e quelli
normativi che si predisporranno e attueranno per il sistema dei trasporti
dovranno essere finalizzati a fare in modo che questo sistema sia in grado, con
i suoi vari modi, di rispondere alla domanda di mobilità che si vuole garantire
al Paese.
Ne discende che la sequenza logica degli atti di governo che il PGM sottende
sono: previsione della mobilità; pianificazione dei sistemi di trasporto; programmazione delle infrastrutture e dei servizi.
La parola chiave di questo Piano è integrazione, che si declina in tre modi
diversi e concomitanti.
L’integrazione tra le reti di mobilità interne e quelle degli altri Paesi, in
particolare dell’Europa. Ciò significa massima attenzione alle connessioni con
le grandi direttrici sulle quali punta la Comunità Europea - quella da Berlino
a Palermo, quella da Lisbona a Kiev, quella da Genova a Rotterdam e quella
adriatica verso i Balcani - e con quell’immensa rete a scala mondiale rappresentata dalle vie del mare, soprattutto per quel che riguarda le relazioni in area
mediterranea. Su questo versante un’attenzione particolare sarà rivolta alla
messa a punto di strumenti idonei a far compiere un salto di qualità in termini di efficienza ai porti italiani, a partire dalla loro “messa a sistema”.
L’integrazione tra i diversi modi di trasporto, attraverso interventi alle
diverse scale territoriali finalizzati alla creazione di cerniere di scambio che
consentano di spostarsi con facilità dalla ferrovia, alla strada, alle linee aeree,
alle vie del mare, che è la condizione prima per dare efficienza al nostro sistema
di trasporto, in accordo con il concetto di co-modalità, sul quale ha posto di
recente grande enfasi anche la Comunità Europea.
38
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
L’integrazione tra livelli, per tener conto del fatto che oltre a garantire le
migliori e più rapide connessioni per le lunghe percorrenze (ruolo svolto dalla
rete di autostrade e superstrade realizzate a partire dagli anni sessanta e dalla
rete ferroviaria AV/AC in corso di realizzazione a partire dalla metà degli anni
Novanta) è indispensabile tener conto della mobilità di breve e media percorrenza, in particolare quella dei milioni di pendolari che ogni giorno si spostano
dai luoghi di residenza per motivi di lavoro, di studio, di svago, di accesso ai
servizi che, malgrado alcune significative eccezioni come la linea RomaNapoli, ha visto ormai da anni un progressivo decadimento dell’offerta di
trasporti pubblici - in particolare ferroviari - a favore del trasporto individuale
su strada.
Per questo aspetto sarà determinante il ruolo svolto dal trasporto pubblico a
scala regionale e locale e, di conseguenza, sarà necessario un netto salto di
qualità da parte delle Regioni per quel che riguarda la funzione di programmazione e gestione del trasporto pubblico locale, a partire dalla inversione delle
scelte operate negli anni passati a favore del trasporto su strada.
Uno strumento di programmazione e di indirizzo
Un quadro difficile, dunque, con il quale occorre confrontarsi scrupolosamente
fin dalla fase iniziale delle scelte sulle risposte da dare alla domanda di mobilità.
Ma proprio a motivo di queste maggiori difficoltà, la strada da perseguire non
può che essere quella di affrontare l’intera problematica nell’ambito dello strumento più pertinente - il Piano Generale della Mobilità - la cui efficienza
dipende tuttavia da un preliminare chiarimento che discende da quanto si è
appena detto con riguardo ai rapporti con il territorio.
Ciò che deve essere chiaro è che il Piano Generale della Mobilità non può
rimanere confinato in una dimensione settoriale, perchè se così avvenisse si
commetterebbe un errore destinato ad inficiarne in partenza la validità, stante
l’intima connessione che caratterizza il rapporto tra il sistema della mobilità e
l’assetto del territorio.
Ovviamente altra sarebbe la situazione se esistesse un quadro territoriale a
scala nazionale (quale fu proposto nei primi anni settanta con le proiezioni territoriali del Progetto ‘80) al quale riferire un piano di settore come quello della
mobilità, ovvero se ne avviassimo in parallelo l’elaborazione. Ma in assenza di
uno dei due riferimenti non si può che partire dal presupposto che il territorio
è un sistema a forte connettività interna e che quale che sia la componente di
cui il piano si occupa, deve essere in grado di comprenderne (nel senso di
averne complessiva cognizione) l’intera dimensione.
39
IL SISTEMA ULISSE
Ciò implica la necessità di intraprendere due parallele e contemporanee
direzioni di marcia per l’elaborazione del PGM:
- quella del coordinamento con gli altri dicasteri competenti - in particolare
quelli delle Infrastrutture e dell’Ambiente - e con Regioni, Province e
Comuni in quanto soggetti titolari di competenze a scala locale in materia
sia di territorio che di trasporti;
- quella della costruzione di modelli simulativi di assetto del territorio, con i
quali confrontare le scelte programmatiche relative al sistema di trasporto
che via via verranno messe a punto.
Per l’uno e l’altro dei due aspetti sarà necessario avere ben presente che il
PGM, per la sua natura di strumento di programmazione e indirizzo, deve
costituirsi come riferimento per il complesso di azioni che verranno intraprese
da soggetti diversi - Ministeri, Regioni, Province, Comuni, Enti pubblici e privati, Operatori di settore - ciascuno per le sue competenze e con modalità e
strumenti diversi.
In particolare, il raccordo politico-amministrativo tra i diversi soggetti istituzionali coinvolti ai diversi livelli territoriali - a partire dalla sede deputata
costituita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e
Province autonome - si deve concretizzare in un rapporto di collaborazione
costruttiva, che non si esaurisca soltanto nella fase di formulazione degli interventi di interesse comune ma si estenda anche al momento della formazione dei
rispettivi strumenti di programmazione.
In considerazione di ciò, il PGM dovrà rappresentare un documento-quadro di
sintesi programmatoria e di indirizzo, utile ad integrare i contenuti della
pianificazione locale in una cornice di coerenza a livello nazionale.
Un piano-processo
Vi è, infine, da affrontare la questione della gestione del PGM, il che richiede
due ordini di considerazioni in relazione ai tempi del piano.
La prima riguarda la prospettiva temporale da assumere per il PGM che,
stante la natura e la portata di tale strumento, non può che essere rapportata
ai tempi di elaborazione e attuazione degli atti di programmazione di cui si
pone come riferimento e ai tempi di evoluzione e verifica dei fenomeni che mira
ad indurre e controllare.
Da questo punto di vista, considerando anche il tempo stimabile per l’entrata
in vigore del PGM, l’orizzonte del 2020 appare il più congruo.
La seconda considerazione riguarda i tempi intermedi, ovvero quelli che partendo da ora vanno fino all’entrata in vigore del Piano (stimata alla fine del
40
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
2008) e poi fino al suo orizzonte temporale di validità (come detto, il 2020) che
è il termine entro il quale se ne prevede fin d’ora la revisione generale.
Per questo aspetto è necessario evidenziare che mentre avanza il processo di
elaborazione del PGM, si evolve anche il quadro dei provvedimenti che lo stesso Ministero dei Trasporti (spesso di concerto con altri Ministeri) via via mette
a punto: da quelli già approvati o per i quali è in corso l’iter parlamentare (il
ddl sulla sicurezza stradale o il ddl di riforma del trasporto aereo); a quelli
ancora in fase di discussione (come il ddl per la riforma del codice della navigazione); agli atti di diversa natura che riguardano la portualità, l’autotrasporto, il trasporto pubblico locale, il riassetto del sistema ferroviario.
Con questo quadro evolutivo dovrà continuamente correlarsi il PGM, sia nella
fase di elaborazione che in quella di gestione.
In questo lungo percorso risulteranno essenziali le verifiche periodiche che
sembra opportuno collegare alle cadenze annuali dei DPEF, a partire da quello attuale relativo al triennio 2008-2011, nel quale è già presente un paragrafo
Mobilità, che si pone sulla falsariga delle elaborazioni fin qui compiute per il
PGM e dei provvedimenti già avviati ai quali si è fatto cenno, nonché alle
molteplici azioni intraprese in attuazione della Finanziaria 2007.
Per conferire al meglio al Piano Generale della Mobilità questo carattere di
piano-processo, un’importanza particolare assumono proprio le Linee Guida esito di un percorso di elaborazione caratterizzato dal confronto tra scelte di
natura politico-istituzionale e valutazioni di natura tecnico-scientifica - che
ora vengono aperte alla discussione con coloro che, per ragioni e compiti diversi, sono interessati al tema della mobilità, al fine di recepire osservazioni e contributi di idee che ne consentano la definitiva formulazione e l’avvio della fase
di vera e propria elaborazione del Piano.
Riferimenti bibliografici
Salute e sicurezza stradale: l’onda lunga del trauma. A cura di Franco
Taggi & Pietro Marturano,
CAFI editore;
Linee guida di attuazione del Piano nazionale della Sicurezza stradale,
Ministero dei trasporti, 2001;
Piano Nazionale della Sicurezza Stradale – “Azioni Prioritarie”,
Ministero dei Trasporti, marzo 2002;
Linee guida del Piano generale della mobilità, Ministero dei trasporti,
ottobre 2007.
Note
1. Dopo la riforma dell’articolo 117 della Costituzione, sono sorti dei dubbi sul
41
IL SISTEMA ULISSE
fatto che il diritto della circolazione stradale dovesse ancora essere di competenza dello Stato in via esclusiva o concorrente oppure dovesse rientrare nelle
competenze delle Regioni e Provincia autonome. Su tale questione si è espressa la Corte costituzionale con la sentenza n.428/2004 ribadendo che la materia
della sicurezza stradale deve rimanere di competenza esclusiva delo Stato.
La suprema Corte ha ritenuto che, in ragione della capillare diffusione dei
veicoli a motore su tutto il territorio della Nazione, il sistema della mobilità
automobilistica conta incisivamente sul pino economico, sociale e culturale
l’attuale stadio di sviluppo della società il che comporta che la circolazione
stradale esprima una delle più rilevanti modalità di esercizio della libertà di
movimento da un luogo ad un altro del territorio nazionale. Per questi motivi,
la circolazione stradale, pur non espressamente menzionata all’art.117 della
Costituzione, può essere collocata nell’ambito residuale ascritto alla potestà
legislativa esclusiva delle Regioni, e deve rimanere nelle competenze statali
esclusive in quanto funzionale alla tutela dell’incolumità personale dei cittadini ed all’ordine pubblico.
2. Il regolamento di esecuzione del CdS è una norma secondaria che ha la
fnzione di specificare ed ampliare concetti riportati nel Codice. Eventuali disposizioni contrastanti sono da considerarsi non applicabili o illegittime al
cospetto di quelle del Codice che prevalgono in ogni caso. In particolare, la violazione di norme di comportamento novellate dal regolamento e non dal
codice, non costituenti quindi attuazione di una norma del CdS non possono
comportare sanzioni ammministrative o penali a carico dei trasgressori.
3. A partire dall’entrata in vigore del CdS del 1959 ad oggi, si sono succedute
diverse leggi che hanno modificato ed integrato il testo originario del CdS in
base alle mutate esigenze della circolazione e della sicurezza.
4. Con il recepimento delle direttive comunitarie si determina automaticamente la disapplicazione di tutte le norme nazionali che dovessero essere in
contrasto.
5. I decreti ministeriali emessi dai competenti ministri in materia di circolazione stradale hanno efficacia pari a quella del CdS o del Regolamento, solo
nell’ipotesi in cui sono emanati in attuazione di norme del CdS o delle leggi
speciali nelle quali le legge stessa abbia esplicitamente previsto l’emanazione
di un tale atto (il DM) al fine di integrare o meglio specificare l’articolato. Per
esempio, l’articolo 35 del CdS prevede che il Ministro dei trasporti può
adeguare con propri decreti le norme del Regolamento di esecuzione per
adeguarle al recepimento delle direttive comunitarie. In ogni caso, il DM è una
fonte secondaria e pertanto rimane sempre subordinata alla legge che prevale
sempre in caso di contrasto.
6. Una Convenzione internazionale cui l’Italia ha aderito, una volta ratificata
con apposita legge, è da considerarsi equivalente ad una norma del CdS ed
addirittura prevalente in caso di contrasto. Diversi aspetti della circolazione
stradale sono stati oggetto di Convenzioni internazionali ratificate in Italia con
leggi ordinarie. In particolare gli aspetti sui veicoli e sui documenti necessari
per la circolazione sono stati spesso oggetto di tali Convenzioni, ma anche l’ar42
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
monizzazione della segnaletica e delle regole di comportamento. Con la
Convenzione di Strasburgo del 30 novembre 1964, ad esempio, sono state regolamentate le operazioni di repressione delle infrazioni e le notifiche all’estero
delle violazioni amministrative. Con la Convenzione di Vienna dell’8.11.1968,
ratificata in Italia con legge n.308/1995 è stata disciplinata la circolazione internazionale dei veicoli.
7. Una delle prime Convenzioni internazionali sulla circolazione stradale è
quella siglata a Ginevra il 19 settembre 1949, successivamente superata e sostituita da quella di Vienna del 1968.
8. Le circolari sono atti interni alla pubblica amministrazione e pertanto non
hanno effetto nei confronti dei cittadini ma unicamente nei confronti degli uffici subordinati. La circolare è quindi un mezzo di comunicazione tra organi o
uffici dello Stato senza riflessi immediati sui terzi interessati (Corte cassazione,
sent. n.3699 del 19.11.1974).
9. Queste sono norme internazionali che per poter diventare vincolanti per l’utente, devono essere rese esecutive da apposite leggi di recepimento.
10. Con il termine giurisprudenza in genere si indica l’insieme delle sentenze
emesse dagli organi giudicanti su una determinata questione. Questa non è
fonte immediata di diritto, nel senso che le sue determinazioni non vincolano
i cittadini ma solo le parti in causa. L’art.2909 c.c. afferma in tal senso che la
sentenza ha efficacia esclusivamente tra le parti in giudizio e non rispetto a
terzi. In via del tutto generale pertanto, i giudici non sono tenuti ad uniformarsi ad altre sentenze già emesse, purtuttavia, una giurisprudenza consolidata ed
ampiamente condivisa, può avere influenza su successivi organi giudicanti..
11. Generalmente la consuetudine è fonte del diritto solo quando espressamente richiamata da una legge e nel nostro caso, appunto, essa non è mai
richiamata.
12. Purtroppo, a livello europeo, deve segnalarsi che sull’obiettivo -50% entro
il 2010 delle vittime sulla strada, la Commissione europea, nel “Rapporto di
medio termine” pubblicato nel maggio del 2006, ha valutato che alle attuali tendenze nel 2010 si raggiungerà una riduzione di vittime di circa il 35%;
13. Il PNSS è stato istituito dall’articolo 32 della legge n.144/1999.
14. Ad oggi in Italia ci sono più di cinquanta milioni di veicoli circolanti, di cui
34,7 milioni di autovetture, 4,9 milioni di motoveicoli, 5 milioni di ciclomotori
e 4,2 milioni di autocarri (Fonte: Conto nazionale dei trasporti e delle infrastrutture, dicembre 2005).
15. Il concetto di rischio è assai vario. Genericamente si può affermare che il
rischio è un fattore connesso alle aspettative di chi lo valuta o di chi lo percepisce. Il rischio indica un potenziale effetto (negativo) sulle persone o sulle
cose determinato da particolari situazioni. Nella usuale accezione del termine,
il rischio è usato come sinonimo di pericolo o meglio come probabilità che un
determinato effetto negativo si verifichi realmente. Ingegneristicamente, il rischio (R) è dato dal prodotto tra la probabilità che un certo evento si verifichi
(cioè la frequenza (f) stimabile di accadimento di quell’evento) e l’entità del
danno che l’evento stesso potrebbe procurare (magnitudo (M)). In formule: R
43
IL SISTEMA ULISSE
= f*M. Si può anche distinguere tra due tipi di rischio: il primo basato su stime
tecnico-scientifiche (rischio teorico), il secondo, dipendente dalla percezione
umana del rischio (rischio percepito o rischio reale). Su quest’ultimo aspetto si
veda il capitolo: “La percezione del rischio e il rischio della percezione”.
16. Si vedano in particolare gli articoli nn. 1,5,6,7,9,15,140 e 141 del CdS.
17. In particolare gli utenti della strada hanno il dovere di rispettare: le norme
che regolano la circolazione, gli altri utenti della strada, le infrastrutture e l’ambiente. Essi hanno inoltre il dovere di rispettare i seguenti principi:
- osservare i comportamenti imposti dalla segnaletica stradale, dagli agenti del
traffico e dalle Forze dell’Ordine;
- adottare comportamenti e stili di guida prudenti e difensivi, atti a garantire
una circolazione il più sicuro possibile;
- non costituire intralcio o pericolo per la circolazione;
- mettere in atto ogni azione possibile al fine di scongiurare situazioni pericolose, tamponamenti e incidenti in genere;
- non utilizzare apparecchi elettronici e radiotrasmittenti il cui uso preveda
l’utilizzo delle mani (telefonini, videofonini, TV-fonini, lettori MP3, lettori
CD-ROM e DVD, palmari e simili) e che comunque possano intralciare il libero uso delle mani e/o arrecare disturbo o pericolo per una guida corretta e
prudente;
- rispettare gli eventuali obblighi e prescrizioni riportate sulla patente di guida
(lenti, protesi, adattamenti particolari, ausili ecc.);
- utilizzare per sé e far indossare gli altri occupanti il veicolo i prescritti dispositivi di sicurezza passiva (es. cinture, casco);
- essere tolleranti nei confronti degli altri utenti, non avere dei comportamenti
aggressivi o di competizione ed aiutare chi eventualmente si trova in difficoltà e prestare soccorso in caso di incidente;
- sforzarsi, per quanto possibile, di prevedere i comportamenti degli altri utenti;
- non abusare della potenza, delle dimensioni e della massa del proprio veicolo, cercando anzi di percepire e riconoscere il rischio che l’uso del proprio
mezzo rappresenta per gli utenti più deboli.
18. Gli incidenti stradali in Italia nel 2006 sono stati 238.124 e hanno determinato 5.669 morti e 332.955 feriti con un conseguente costo sociale di circa 30
miliardi di Euro. Gli incidenti stradali sono responsabili del maggior numero
di morti traumatiche per l’intera popolazione e, in assoluto, del maggior numero di morti per i cittadini sotto i 40 anni di età. A titolo esemplificativo si nota
che il numero di morti per incidenti stradali risulta quasi sei volte più elevato
del numero complessivo di morti sul lavoro, dieci volte più ampio del numero
delle vittime di omicidi, oltre cento volte più elevato della somma delle vittime
di tutti gli incidenti aerei, ferroviari e marittimi.
19. Il tasso di mortalità (numero di morti per 100.000 abitanti) colloca l’Italia al
9° posto nella graduatoria di sicurezza dei Paesi dell’UE15 (l’Unione europea a
15 membri, prima dell’ultimo allargamento). In particolare l’Italia nel 2005
registra un tasso di 9,6 morti per 100.000 abitanti mentre la media dell’UE15
44
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
non supera il tasso di 8,5. Questa posizione non esaltante deriva dal fatto che
durante gli anni ’90 il Paese ha registrato una forte regressione dei livelli di
sicurezza rispetto alla positiva evoluzione della media europea. Questo arretramento ha portato l’Italia dal 4° posto del 1990 (dopo Svezia, Olanda, Regno
Unito e Danimarca) al 9° posto nel 2002. In tutti questi anni l’evoluzione italiana è stata in netta controtendenza rispetto all’evoluzione dell’UE (è da notare
che il riferimento all’UE15 è fatto con l’intento di confrontare la situazione italiana con quella di altri Paesi con livelli di sviluppo socioeconomico, infrastrutturale e di mobilità paragonabili. Il confronto con i Paesi di nuovo accesso
infatti, molti dei quali stanno affrontando in questi anni la fase di motorizzazione di massa e di ammodernamento della rete infrastrutturale, risulterebbe
fuorviante e statisticamente non rilevante).
Nella non luminosa classifica dei tassi di mortalità nei Paesi dell’UE, meglio
dell’Italia si piazzano l’Olanda (4,9 morti per 100.000 abitanti), la Svezia (5,3),
il Regno Unito (5,6), la Danimarca (6,8), la Germania (7,1), la Finlandia (7,2), la
Francia (9,2) che fino al 2002 aveva tassi di mortalità più alti di quelli italiani e
l’Irlanda (9,4). Fanno invece registrare tassi di mortalità superiori a quello italiano: l’Austria (10,8), il Portogallo (10,8), il Lussemburgo (10,9), la Spagna
(11,2), il Belgio (13,0) e la Grecia (14,7).
20. La relazione al Parlamento è prevista dall’Art. 1 del DPR n.495/1992
(Regolamento di esecuzione del CdS). L’articolo prevede che la relazione
annuale sia predisposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri sulla base
di specifici rapporti e indagini sulla circolazione e sulla sicurezza stradale. La
relazione deve essere trasmessa alla Presidenza del Senato e della Camera dei
Deputati entro il 30 giugno di ogni anno. I rapporti e le indagini sono elaborati dai vari Ministeri che si occupano della materia, anche avvalendosi dell’apporto di studi e ricerche effettuati da istituzioni, pubbliche e private, particolarmente qualificate nel settore.
Il comma due dello stesso articolo ha previsto che la relazione annuale deve
essere trasmessa entro il 30 aprile al CNEL, che, entro quarantacinque giorni
dalla ricezione, esprime il proprio parere sul documento.
21. I centri di monitoraggio differiscono dagli “Osservatori” o “Consulte” per
la sicurezza stradale, in quanto solo i primi sono previsti dal PNSS (rappresentando le strutture di monitoraggio e governo della sicurezza stradale da creare
o implementare per l’ottenimento dei finanziamenti), mentre i secondi, in
genere, sono nati su base volontaria per la sensibilità di alcune
Amministrazioni locali, ovvero per effetto di leggi regionali che hanno stanziato finanziamenti per la sicurezza stradale indipendentemente dal Piano
Nazionale. Gli osservatori finora esistenti sono per la maggior parte tutti regionali.
22. In particolare, già da allora, si sentiva l’esigenza di uffici dotati di una completa autonomia (tecnica e finanziaria) e di una maggiore specificità di missione.
23. Si definiscono “Punti neri” i luoghi, in genere intersezioni stradali, dove si
ha una concentrazione particolarmente elevata di incidenti, ovvero, tassi di
45
IL SISTEMA ULISSE
mortalità molto elevati e superiori alla media.
24. La selezione è avvenuta tramite bando regionale basato su valutazioni di
merito e meccanismi premiali.
25. Promuovere la sicurezza stradale nell’Unione europea: il programma 1997-2001”,
aprile 1997, (COM (97)131).
26. Nel 2006, in Italia sono morti 758 pedoni (nel 2005 ne sono morti 703), altri
21.062 sono rimasti feriti.
27. Si pensi che in Europa, ogni anno, perdono la vita 7000 pedoni coinvolti in
incidenti stradali, mentre altri 75.000 restano gravemente feriti. Queste considerazioni dovrebbero condurre a riflettere sulla gravità del problema, inducendo le amministrazioni competenti ad adottare le misure già previste dal PNSS
circa la protezione degli utenti deboli (motociclisti, ciclisti e pedoni) come ad
esempio la realizzazione delle “zone 30” (per le altre misure si vedano i paragrafi n. 2.2 e 2.3 del PNSS).
46
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
Appendice
Gli articoli del Codice della Strada relativi a
cinture, casco e telefoni cellulari
e
Articolo 171 CdS - Uso del casco protettivo per gli utenti
di veicoli a due ruote
1. Durante la marcia, ai conducenti e agli eventuali passeggeri di ciclomotori e motoveicoli è fatto obbligo di indossare e di tenere regolarmente allacciato un casco protettivo conforme ai tipi omologati, secondo la normativa stabilita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti1.
1-bis. Sono esenti dall’obbligo di cui al comma 1 i conducenti e i passeggeri:
a) di ciclomotori e motoveicoli a tre o a quattro ruote dotati di carrozzeria chiusa;
b) di ciclomotori e motocicli a due o a tre ruote dotati di cellula di sicurezza a prova di crash, nonché di sistemi di ritenuta e di dispositivi atti
a garantire l’utilizzo del veicolo in condizioni di sicurezza, secondo le
disposizioni del regolamento1.
2. Chiunque viola le presenti norme è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 70 a euro 285. Quando
il mancato uso del casco riguarda un minore trasportato, della violazione risponde il conducente2.
3. Alla sanzione pecuniaria amministrativa prevista dal comma 2 consegue il fermo amministrativo del veicolo per sessanta giorni ai sensi
47
IL SISTEMA ULISSE
del capo I, sezione II, del titolo VI. Quando, nel corso di un biennio, con
un ciclomotore o un motociclo sia stata commessa, per almeno due
volte, una delle violazioni previste dal comma 1, il fermo del veicolo è
disposto per novanta giorni. La custodia del veicolo è affidata al proprietario dello stesso1.
4. Chiunque importa o produce per la commercializzazione sul territorio nazionale e chi commercializza caschi protettivi per motocicli,
motocarrozzette o ciclomotori di tipo non omologato è soggetto alla
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 742 a
euro 2.970.
5. I caschi di cui al comma 4, ancorché utilizzati, sono soggetti al sequestro ed alla relativa confisca, ai sensi delle norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI.
______
1. Comma sostituito dall’ art.168 della Legge del 24 novembre 2006, n. 286
2. Comma modificato dal decreto-legge n. 151/2003, conv. con legge n. 214 del 1° agosto 2003.
Articolo 172 CdS - Uso delle cinture di sicurezza e dei
sistemi di ritenuta per bambini1.
1. Il conducente ed i passeggeri dei veicoli delle categorie M1, N1, N2
ed N3, di cui all’articolo 47, comma 2, muniti di cintura di sicurezza,
hanno l’obbligo di utilizzarle in qualsiasi situazione di marcia. I bambini di statura inferiore a 1,50 m devono essere assicurati al sedile con
un sistema di ritenuta per bambini, adeguato al loro peso, di tipo omologato secondo le normative stabilite dal Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti, conformemente ai regolamenti della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite o alle equivalenti direttive
comunitarie.
2. Il conducente del veicolo è tenuto ad assicurarsi della persistente
efficienza dei dispositivi di cui al comma 1.
3. Sui veicoli delle categorie M1, N1, N2 ed N3 sprovvisti di sistemi di
ritenuta:
48
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
a) i bambini di età fino a tre anni non possono viaggiare;
b) i bambini di età superiore ai tre anni possono occupare un sedile
anteriore solo se la loro statura supera 1,50 m.
4. I bambini di statura non superiore a 1,50 m, quando viaggiano negli
autoveicoli per il trasporto di persone in servizio pubblico di piazza o
negli autoveicoli adibiti al noleggio con conducente, possono non essere assicurati al sedile con un sistema di ritenuta per bambini, a condizione che non occupino un sedile anteriore e siano accompagnati da
almeno un passeggero di eta’ non inferiore ad anni sedici.
5. I bambini non possono essere trasportati utilizzando un seggiolino
di sicurezza rivolto all’indietro su un sedile passeggeri protetto da airbag frontale, a meno che l’airbag medesimo non sia stato disattivato
anche in maniera automatica adeguata.
6. Tutti gli occupanti, di eta’ superiore a tre anni, dei veicoli in circolazione delle categorie M2 ed M3 devono utilizzare, quando sono seduti, i sistemi di sicurezza di cui i veicoli stessi sono provvisti. I bambini
devono essere assicurati con sistemi di ritenuta per bambini, eventualmente presenti sui veicoli delle categorie M2 ed M3, solo se di tipo
omologato secondo quanto previsto al comma 1.
7. I passeggeri dei veicoli delle categorie M2 ed M3 devono essere
informati dell’obbligo di utilizzare le cinture di sicurezza, quando sono
seduti ed il veicolo e’ in movimento, mediante cartelli o pittogrammi,
conformi al modello figurante nell’allegato alla direttiva 2003/20/CE,
apposti in modo ben visibile su ogni sedile. Inoltre, la suddetta informazione può essere fornita dal conducente, dal bigliettaio, dalla persona designata come capogruppo o mediante sistemi audiovisivi quale il
video.
8. Sono esentati dall’obbligo di uso delle cinture di sicurezza e dei sistemi di ritenuta per bambini:
a) gli appartenenti alle forze di polizia e ai corpi di polizia municipale
e provinciale nell’espletamento di un servizio di emergenza;
b) i conducenti e gli addetti dei veicoli del servizio antincendio e sanitario in caso di intervento di emergenza;
c) gli appartenenti ai servizi di vigilanza privati regolarmente ricono49
IL SISTEMA ULISSE
sciuti che effettuano scorte;
d) gli istruttori di guida quando esplicano le funzioni previste dall’articolo 122, comma 2;
e) le persone che risultino, sulla base di certificazione rilasciata dalla
unità sanitaria locale o dalle competenti autorità di altro Stato membro
delle Comunità europee, affette da patologie particolari o che presentino condizioni fisiche che costituiscono controindicazione specifica
all’uso dei dispositivi di ritenuta. Tale certificazione deve indicare la
durata di validità, deve recare il simbolo previsto nell’articolo 5 della
direttiva 91/671/CEE e deve essere esibita su richiesta degli organi di
polizia di cui all’articolo 12;
f) le donne in stato di gravidanza sulla base della certificazione rilasciata dal ginecologo curante che comprovi condizioni di rischio particolari conseguenti all’uso delle cinture di sicurezza;
g) i passeggeri dei veicoli M2 ed M3 autorizzati al trasporto di passeggeri in piedi ed adibiti al trasporto locale e che circolano in zona urbana;
h) gli appartenenti alle forze armate nell’espletamento di attività istituzionali nelle situazioni di emergenza.
9. Fino all’8 maggio 2009, sono esentati dall’obbligo di cui al comma 1
i bambini di età inferiore ad anni dieci trasportati in soprannumero sui
posti posteriori delle autovetture e degli autoveicoli adibiti al trasporto promiscuo di persone e cose, di cui dell’articolo 169, comma 5, a condizione che siano accompagnati da almeno un passeggero di età non
inferiore ad anni sedici.
10. Chiunque non fa uso dei dispositivi di ritenuta, cioè delle cinture di
sicurezza e dei sistemi di ritenuta per bambini, e’ soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 70 euro a 285 euro.
Quando il mancato uso riguarda il minore, della violazione risponde il
conducente ovvero, se presente sul veicolo al momento del fatto, chi e’
tenuto alla sorveglianza del minore stesso. Quando il conducente sia
incorso, in un periodo di due anni, in una delle violazioni di cui al presente comma per almeno due volte, all’ultima infrazione consegue la
sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da
quindici giorni a due mesi, ai sensi del capo I, sezione II, del titolo VI2.
11. Chiunque, pur facendo uso dei dispositivi di ritenuta, ne altera od
50
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
ostacola il normale funzionamento degli stessi e’ soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 35 euro a 143 euro.
12. Chiunque importa o produce per la commercializzazione sul territorio nazionale e chi commercializza dispositivi di ritenuta di tipo non
omologato e’ soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di
una somma da 742 euro a 2.970 euro.
13. I dispositivi di ritenuta di cui al comma 12, ancorché installati sui
veicoli, sono soggetti al sequestro ed alla relativa confisca, ai sensi delle
norme di cui al capo I, sezione II, del titolo VI.
______
1. Articolo modificato dal Decreto Legislativo 13 marzo 2006, n. 150 (G.U. n.87 del
13.4.2006)
2. Comma modificato dal decreto-legge n. 151/2003, conv. con legge n. 214 del 1° agosto 2003.
I soggetti obbligati ad utilizzare le cinture di sicurezza
Veicoli per il trasporto di persone
Autovetture
Autoveicoli per
trasporto promiscuo
Taxi e NCC
Autobus
Conducente e passeggeri posti anteriori e
posteriori
Conducente e passeggeri posti anteriori e
posteriori
Conducente e passeggeri posti anteriori e
posteriori di taxi e veicoli adibiti al noleggio
con conducente
Conducente e passeggeri di minibus e
autobus (categoria M2 e M3) in servizio di
trasporto. Non è obbligatorio l’uso delle
cinture di sicurezza per i passeggeri di
autobus di linea autorizzati al trasporto in
piedi durante l’itinerario in zona urbana.
51
IL SISTEMA ULISSE
Veicoli destinati al trasporto merci
N1
N2
N3
Conducente e passeggeri posti anteriori e posteriori di veicoli
destinati al trasporto di merci, aventi massa non superiore a 3,5 t
Conducente e passeggeri posti anteriori e posteriori di veicoli
destinati al trasporto di merci, aventi massa superiore a 3,5 t ma
non superiore a 12 t
Conducente e passeggeri posti anteriori di veicoli destinati al
trasporto di merci, aventi massa superiore a 12 t
______
Il testo dell’art. 172 del Codice della strada in vigore fino al 13 aprile 2006 prevedeva
l’obbligo dell’uso delle cinture di sicurezza solo per coloro che occupavano i sedili anteriori dei veicoli di categoria N1 (furgoni e autocarri fino a 3,5 t di massa complessiva)
Regole per il trasporto di bambini
I bambini di statura inferiore a 1,50 m
devono essere assicurati al sedile con un
sistema di ritenuta per bambini, adeguato al
loro peso, di tipo omologato. Possono
viaggiare sul sedile anteriore o su quello
posteriore.
Bambini fino a tre anni I bambini fino a tre anni di età non possono
più essere trasportati sui veicoli (tranne gli
autobus) senza l’apposito sistema di
ritenuta, anche se siedono posteriormente e
sono accompagnati da un adulto.
Autovetture prive di
E’ vietato il trasporto di bambini di età fino a
cinture di sicurezza
3 anni su tutti i veicoli sprovvisti di cinture
di sicurezza. I bambini di età superiore a 3
anni possono occupare il sedile anteriore dei
veicoli sprovvisti di cinture di sicurezza solo
se la loro altezza supera 1,50 m.
Seggiolino e airbag
I bambini non possono essere portati
utilizzando un seggiolino di sicurezza
rivolto all’indietro su un sedile protetto da
airbag frontale, a meno che quest’ultimo non
sia disattivato. Su tali posti possono
viaggiare con il seggiolino rivolto nel senso
di marcia.
Bambini di statura
inferiore a 1,50 m
52
PRIMA PARTE
Autobus e minibus
- LA NORMATIVA
Non ci sono obblighi per i bambini di età fino
a tre anni. I bambini di età superiore a 3 anni
devono utilizzare i sistemi di sicurezza di cui
i veicoli sono provvisti. I bambini devono
essere assicurati con sistemi di ritenuta ido
nei, presenti sul veicolo, solo se di tipo
omologato.
Proroghe: Fino all’8 maggio 2009 sono esenti dall’obbligo di uso dei sistemi di ritenuta i due bambini di età inferiore a 10 anni ammessi al trasporto in soprannumero sui
posti posteriori delle autovetture e degli autoveicoli per trasporto promiscuo a condizione che siano accompagnati da almeno un passeggero di età non inferiore a 16 anni.
Classificazione internazionale dei veicoli (art. 47 CdS)
- categoria L1:
- categoria L2:
- categoria L3:
- categoria L4:
- categoria L5:
veicoli a due ruote la cilindrata del cui motore (se
si tratta di motore termico) non supera i 50 cc e la
cui velocità massima di costruzione (qualunque
sia il sistema di propulsione) non supera i 50 km/h;
veicoli a tre ruote la cilindrata del cui motore (se si
tratta di motore termico) non supera i 50 cc e la cui
velocità massima di costruzione (qualunque sia il
sistema di propulsione) non supera i 50 km/h;
veicoli a due ruote la cilindrata del cui motore (se
si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la cui
velocità massima di costruzione (qualunque sia il
sistema di propulsione) supera i 50 km/h;
veicoli a tre ruote asimmetriche rispetto all’asse
longitudinale mediano, la cilindrata del cui motore
(se si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la
cui velocità massima di costruzione (qualunque
sia il sistema di propulsione) supera i 50 km/h
(motocicli con carrozzetta laterale);
veicoli a tre ruote simmetriche rispetto all’asse
longitudinale mediano, la cilindrata del cui motore
(se si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la
cui velocità massima di costruzione (qualunque
sia il sistema di propulsione) supera i 50 km/h;
53
IL SISTEMA ULISSE
- categoria M:
- categoria M1:
- categoria M2:
- categoria M3:
- categoria N:
- categoria N1:
- categoria N2:
- categoria N3:
- categoria O:
- categoria O1:
- categoria O2:
- categoria O3:
- categoria O4:
veicoli a motore destinati al trasporto di persone
ed aventi almeno quattro ruote;
veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al
massimo otto posti a sedere oltre al sedile del
conducente;
veicoli destinati al trasporto di persone, aventi più
di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente
e massa massima non superiore a 5 t;
veicoli destinati al trasporto di persone, aventi più
di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente
e massa massima superiore a 5 t;
veicoli a motore destinati al trasporto di merci,
aventi almeno quattro ruote;
veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa
massima non superiore a 3,5 t;
veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa
massima superiore a 3,5 t ma non superiore a 12 t;
veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa
massima superiore a 12 t;
rimorchi (compresi i semirimorchi);
rimorchi con massa massima non superiore a 0,75 t;
rimorchi con massa massima superiore a 0,75 t ma
non superiore a 3,5 t;
rimorchi con massa massima superiore a 3,5 t ma
non superiore a 10 t;
rimorchi con massa massima superiore a 10 t .
Articolo 173 CdS - Uso di lenti o di determinati apparecchi
durante la guida
1. Il titolare di patente di guida, al quale in sede di rilascio o rinnovo
della patente stessa sia stato prescritto di integrare le proprie deficienze organiche e minorazioni anatomiche o funzionali per mezzo di lenti
o di determinati apparecchi, ha l’obbligo di usarli durante la guida.
54
PRIMA PARTE
- LA NORMATIVA
2. È vietato al conducente di far uso durante la marcia di apparecchi
radiotelefonici ovvero di usare cuffie sonore, fatta eccezione per i conducenti dei veicoli delle Forze armate e dei Corpi di cui all’articolo 138,
comma 11, e di polizia, nonché per i conducenti dei veicoli adibiti ai
servizi delle strade, delle autostrade ed al trasporto di persone in conto
terzi. È consentito l’uso di apparecchi a viva voce o dotati di auricolare purché il conducente abbia adeguate capacità uditive ad entrambe le
orecchie (che non richiedono per il loro funzionamento l’uso delle
mani)1.
3. Chiunque viola le disposizioni di cui al comma 1 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 70 a euro
2852.
3-bis. Chiunque viola le disposizioni di cui al comma 2 è soggetto alla
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 148 a
euro 594. Si applica la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a tre mesi, qualora lo stesso soggetto compia un’ulteriore violazione nel corso di un biennio3.
______
1. Comma inserito dall’art. 2 del decreto-legge n. 121/2002, come modificato dalla legge
di conversione, n. 168/2002, in G. U. 6 agosto 2002, con decorrenza 7 agosto 2002; il
periodo tra parentesi è sopravvissuto alle modifiche.
2. comma modificato dal Decreto legge 3 agosto 2007 n.117 convertito , con modificazioni, in Legge 2 ottobre 2007 n.160
3. comma aggiunto dal Decreto legge 3 agosto 2007 n.117 convertito , con modificazioni, in Legge 2 ottobre 2007 n.160
55
IL SISTEMA ULISSE
56
SECONDA PARTE
I DATI DEL SISTEMA ULISSE
IL SISTEMA ULISSE
58
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Risultati delle rilevazioni per l’anno 2007
Brevi note metodologiche
Le rilevazioni del sistema Ulisse sono basate su una metodologia specificamente messa a punto dall’ISS negli anni ’80, e successivamente
perfezionata in base alle esperienze a mano a mano maturate.
In sintesi, la procedura e i criteri sono questi:
- la durata di ogni rilevazione è fissa (1 ora);
- il punto dove si effettua la rilevazione (via, piazza, ecc.) è sempre lo
stesso;
- le rilevazioni hanno, nella gran parte, cadenza mensile;
- lo schema di campionamento utilizzato è di tipo stratificato;
- come proporzione nell’anno di utenti che utilizzano i dispositivi in
un certo punto di osservazione si assume la media ponderata delle
rilevazioni mensili effettuate nel punto stesso;
- ponderando con la popolazione sottostante al punto, dalle osservazioni effettuate nei diversi punti di rilevamento appartenenti al territorio di una specifica provincia si calcola la proporzione d’uso provinciale;
- la proporzione da assegnare ad una regione è calcolata ponderando
le proporzioni provinciali disponibili con la popolazione ivi residente;
- la proporzione da assegnare ad una macroarea (Nord Est, Nord
Ovest, Centro, Sud, Isole) è calcolata ponderando le proporzioni
regionali con la popolazione ivi residente;
- analogamente si ottengono le proporzioni da assegnare alle macroaree più compatte (Nord, Centro, Sud-Isole), come pure all’Italia.
Ricordando che il dato elementare del sistema è il risultato dicotomico
derivante dall’osservazione del singolo utente (“Cintura sì” – “Cintura
59
IL SISTEMA ULISSE
Fig. 1 - La struttura generale del Sistema Ulisse
Dipartimento “Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria”
Centri di Rilevamento
C1
C2
………….
Sistema
ULISSE
Ck
………….
Cn
Informazione Indicativa
a livello di Macroaree
(Nord, Centro, SudSud-Isole)
e Nazionale
Informazione
per il Territorio
no”; “Casco sì” – “Casco no”); intenderemo nel seguito con “rilevazione” o “rilevamento” l’ osservazione di 60 minuti effettuata sugli utenti dal rilevatore (ovvero, l’osservazione da lui svolta in un certo giorno
a una certa ora in un certo punto). Chiameremo poi “punto di osservazione” il particolare punto scelto dal rilevatore per effettuare nel
tempo i suoi rilevamenti (punto che, come detto, deve essere sempre lo
stesso).
In relazione alla quantificazione del livello dell’uso di un dispositivo,
si utilizzerà sia il termine “proporzione” che quello di “percentuale”.
Ricordiamo che la proporzione è il rapporto tra i casi che interessano e
tutti i casi osservati; la percentuale, invece, è data dal prodotto della
proporzione per 100. Quindi, se su 100 utenti osservati 73 indossano il
casco, diremo indifferentemente che la proporzione d’uso è pari a 0.73
(73/100=0.73) o che la percentuale d’uso è del 73% (0.73*100=73%). In
campo epidemiologico, invece, si usa in genere per entrambi i casi il
termine “prevalenza”.
Gli aspetti statistici più tecnici, utilizzati nel trattamento dei dati e per
le stime – e loro intervalli di confidenza – , sono già stati descritti nel
60
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
rapporto Ulisse 2000-2005, cui si rimanda.
Osserviamo, infine, che i metodi osservazionali standardizzati del
sistema Ulisse sono irrinunciabili per ottenere dati affidabili. Anche se
a prima vista la necessità di utilizzare un metodo standardizzato comune per la classificazione degli utenti può sembrare inutile od eccessivo,
questo non risponde ai fatti. Ad esempio, abbiamo notato che si possono avere risultati distorti ed incongruenti (anche non di poco) se si contano senza precauzioni utenti con cintura e senza cintura. Infatti, così
facendo, si può essere portati a rilevare maggiormente quelli che portano la cintura (o, viceversa, quelli che non la portano). La tecnica usata
in Ulisse è invece quella di utilizzare un’unità statistica di ingresso, che
in questo caso è rappresentata dal singolo veicolo: individuato il veicolo, si classificano poi i soggetti in esso presenti nella parte anteriore
come “cinturati” o “non-cinturati”. Così facendo, i soggetti che il rilevatore non riesce a classificare, ma che pur passano con il loro veicolo
per il punto di osservazione, non hanno alcuna influenza sul conteggio
effettuato, cioè sulla prevalenza che si deriva poi dalla rilevazione.
Nella fig. 1 è riportata la struttura generale del sistema Ulisse.
Sintesi dei risultati delle rilevazioni svolte
Nel corso del 2007, tranne che nella Valle d’Aosta, il sistema Ulisse ha
ricevuto dati da tutte le Regioni italiane. La tab. 1 riporta per ogni
regione le province da cui tali dati sono pervenuti.
Tab. 1 - Sistema Ulisse. Regioni e province monitorate nel 2007
Piemonte (Alessandria)
Liguria (Genova)
Lombardia (Milano, Monza e Brianza, Varese)
Trentino Alto Adige (Trento)
Veneto (Verona)
Friuli Venezia Giulia (Gorizia)
Emilia Romagna (Bologna, Forlì-Cesena)
Toscana (Firenze, Pisa, Pistoia)
Marche (Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Pesaro Urbino)
Umbria (Perugia)
61
IL SISTEMA ULISSE
Lazio (Frosinone, Latina, Roma)
Abruzzo (Chieti, L’Aquila, Pescara, Teramo)
Campania (Benevento, Caserta, Napoli, Salerno)
Molise (Campobasso, Isernia)
Puglia (Bari, Barletta Andria Trani, Brindisi, Foggia, Taranto)
Basilicata (Matera, Potenza)
Calabria (Catanzaro)
Sicilia (Messina, Siracusa)
Sardegna (Cagliari)
Il numero totale di utenti osservati nel 2007 è riportato, stratificato per
macroarea e per tipo di dispositivo, nella tab. 2. In ogni caso i rilevatori hanno verificato – con metodica standardizzata - se gli utenti utilizzassero o meno i dispositivi di sicurezza.
Come si osserva, si tratta di circa mezzo milione di osservazioni. La
diversa numerosità tra osservazioni relative alle cinture di sicurezza e
quelle relative al casco è conseguente ai flussi naturali della circolazione nei territori esaminati.
Tab. 2 - Sistema Ulisse. Numero di utenti osservati nel 2007
Nord
Centro
Sud
Tot
Cinture di sicurezza
Casco
287.873
29.773
119.863
8.312
53.827
5.499
461.563
43.584
Totale utenti osservati
317.646
128.175
59.326
505.147
I dati raccolti ad oggi dalla nascita del sistema Ulisse, sono riportati
nella tab. 3.
Tab. 3 - Sistema Ulisse. Numero di utenti osservati dal 2000 al 2007
Nord
Centro
Cinture di sicurezza
Casco
3.081.834
373.709
767.923
92.997
1.189.472 5.039.229
200.079
666.785
Totale utenti osservati
3.455.543
860.920
1.389.551 5.706.014
62
Sud
Tot
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Si osservi che grazie a queste consistenti numerosità è possibile valutare affidabilmente anno per anno le variazioni delle percentuali d’uso
dei dispositivi in quanto l’errore statistico delle proporzioni ottenute
risulta assai ridotto.
Entrando maggiormente nella struttura delle rilevazioni del sistema,
nelle province precedentemente indicate sono stati svolti rilevamenti,
in gran parte a cadenza mensile, che hanno interessato un totale di 155
diversi punti di osservazione (in altre parole, in ogni provincia monitorata c’è almeno un punto di osservazione; in alcune ce n’è più di uno:
questo fatto non introduce distorsioni in quanto, come detto, le stime
ottenute sono “stime pesate”).
I punti di rilevazione risultano nel 2007 ripartiti per macroaree territoriali come mostrato in tab. 4:
Tab. 4 - Sistema Ulisse. Punti di osservazione (2007)
Nord
Centro
Sud
Italia
66
54
35
155
Il totale delle rilevazioni effettuate in tali punti è piuttosto cospicuo,
pari a 1.362 (in media circa 9 rilevamenti a punto), ripartito come riportato in tab. 5:
Tab. 5 - Sistema Ulisse. Numero di Rilevazioni effettuate (2007)
Nord
Centro
Sud
Italia
Cinture
348
296
94
Casco
334
212
78
Totale
682
508
172
738
624
1.362
Circa il 75% delle rilevazioni riguarda la zona urbana centrale; il
restante, la zona urbana periferica e la zona extraurbana. Questo rapporto è rimasto sostanzialmente stabile nel tempo, come può desumersi dalla tab. 6:
63
IL SISTEMA ULISSE
Tab. 6 - Sistema Ulisse. Rilevazioni in area urbana ed extraurbana
(2000-2007 e solo 2007)
2000-2007
ass.
%
2007
ass.
%
area urbana
area extraurbana
6.248
1.573
79,9
20,1
539
199
73,0
27,0
Tot
7.821
100,0
738
100,0
Abbiamo, sin dalla costituzione del sistema (2000), concentrato le rilevazioni in zona urbana in quanto, già dai primi lavori degli anni ’80 le
proporzioni osservate per uno stesso territorio in zona extraurbana
erano sistematicamente superiori a quelle osservate in zona urbana.
Questa scelta ci assicura sia di non soprastimare le proporzioni che ci
interessano, sia di conoscere con maggior precisione quelle relative alla
zona urbana dove è massima l’utilità dei dispositivi di sicurezza e dove
avviene – come noto - la maggior parte degli incidenti stradali.
Le rilevazioni del 2007 sono ben bilanciate in relazione ai due dispositivi monitorati, come può rilevarsi dalla tab. 7:
Tab. 7 - Sistema Ulisse . Rilevazioni per singolo dispositivo (2007)
Nord
Centro
Sud
Italia
Cinture
348
296
94
Casco
334
212
78
Totale
682
508
172
738
624
1.362
Questo bilanciamento riflette sostanzialmente quello osservato nell’intero periodo 2000-2007, come mostrato in tab. 8.
64
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Tab. 8 - Sistema Ulisse. Rilevazioni per singolo dispositivo (20002007)
Cinture
Casco
Tot
Nord
Centro
Sud
4.383
1.569
1.869
4.234
1.297
1.828
8.617
2.866
3.697
Italia
7.821
7.359
15.180
La cosa, d’altra parte, non è sorprendente in quanto, in genere, ogni
rilevatore invia dati sia per le cinture che per il casco.
Le proporzioni d’uso delle cinture di sicurezza
Le proporzioni osservate nei rilevamenti effettuati nel tempo in un
certo punto di osservazione sono state studiate al fine di mettere in luce
un eventuale trend temporale (in aumento o diminuzione). La quasi
totalità di esse è risultata stabile nel tempo (più rigorosamente, non si
evidenziano trend). In quei rari casi in cui un trend è stato messo in
luce (di entità sempre molto modesta, peraltro) è stata presa la proporzione centrale dell’andamento. Queste proporzioni caratterizzano la
proporzione d’uso delle cinture in un certo punto di osservazione.
Riunendo le proporzioni dei punti di osservazione relativi ad una stessa provincia (pesando ognuna per la popolazione sottostante), è stata
stimata la proporzione d’uso della cintura nella provincia stessa.
La fig. 2 riporta i risultati ottenuti per le province monitorate:
65
66
0.0
10.0
20.0
30.0
40.0
50.0
60.0
70.0
80.0
90.0
100.0
AL GE
MI MB VA TN VR GO BO
FC
FI
PI PT AN AP FM MC PU PG FR LT RM CH AQ PE TE BN CE
NA SA CB
IS BA BT BR FG TA MT PZ CZ ME SR CA
Sistema Ulisse - Percentuali d'uso delle cinture di sicurezza nelle province italiane presidiate (anno 2
Fig. 2 - Percentuale d’uso delle cinture di sicurezza nelle province italiane (anno 2007)
IL SISTEMA ULISSE
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Come può facilmente rilevarsi, analogamente a quanto osservato negli
scorsi anni, assistiamo ad un preciso andamento decrescente dell’uso
del dispositivo passando dal Nord al Sud. Fa eccezione in questo, come
già costantemente in passato, la provincia di Cagliari dove la proporzione osservata risulta più allineata con i valori registrati nelle aree settentrionali.
Successivamente, per ogni regione le proporzioni provinciali stimate
sono state utilizzate (sempre pesate per la popolazione sottostante) per
stimare la proporzione da assegnare alla regione stessa. I risultati di
questa ulteriore stima sono riportati nella cartina 1 e in fig. 3.
Cart. 1 - Sistema Ulisse. Percentuali d’uso regionali delle cinture di
sicurezza, 2007
83,1
80,5
89,1
77,5
91,3
81,9
73,3
65,4
63,6
62,7
45,2
35,8
50,6
42,2
41,8
71,9
39,1
Legenda:
00-20 %
20-40%
40-60%
60-80%
80-100%
37,4
67
68
0 .0
10 .0
20 .0
30 .0
40 .0
50 .0
60 .0
70 .0
80 .0
90 .0
1 00 .0
PI
E
LI
G
LO
M
TR
E
V
EN
I
FR
EM
I
TO
S
R
B
A
M
M
U
LA
Z
R
L
G
M
AB CA MO PU
L
S
BA CA
C
SI
Sistema Ulisse - Percentuali d'uso delle cin ture di sicurezza n elle region i italiane p residiate (ann o
2 00 7)
Fig. 3 - Percentuali d’uso delle cinture di sicurezza nelle regioni italiane (anno 2007)
R
SA
IL SISTEMA ULISSE
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Come si osserva, il trend messo in luce sulla base delle prevalenze delle
province si conferma nel trend delle prevalenze regionali (il dato della
Sardegna non fornisce nuova informazione in quanto la regione è rappresentata da un’unica provincia – Cagliari – non già da più province).
Analogamente a quanto fatto in precedenza (pesando quindi sempre le
prevalenze per la popolazione sottostante), in base alle stime regionali
sono state ricavate le stime per le macroaree e per l’Italia. I risultati
ottenuti sono riportati nella tab. 9, nella fig. 4 e nella cartina 2.
Tab. 9 - Sistema Ulisse . Percentuali d’uso delle cinture di sicurezza
in Italia (anno 2007)
Pop.
residente
Pop.
campionata
percentuali
d’uso
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud
Isole
15.551.047
11.119.276
11.321.337
14.087.162
6.672.889
10.036.791
3.670.624
9.040.511
11.771.074
1.607.081
80,5
85,9
65,6
45,9
49,3
Nord
Centro
Sud e Isole
26.670.323
11.321.337
20.760.051
13.707.415
9.040.511
13.378.155
82,0
65,6
46,3
Italia
58.751.711
36.126.081
64,6
Per quanto è dato a vedere in base alle stime effettuate, il Paese marcia
ancora a tre velocità:
- proporzioni d’uso abbastanza soddisfacenti nel Nord, da aumentare
ancora;
- proporzioni d’uso da migliorare con decisione nel Centro;
- proporzioni d’uso da incrementare consistentemente nelle regioni
meridionali.
Si osservi comunque che in nessun caso (localmente o globalmente) si
hanno livelli tali da poter considerare come raggiunto l’obiettivo del
95% d’uso delle cinture di sicurezza (tenendo conto che ci sono esenzioni, il 95% d’uso può essere considerato – a nostro parere - un livello
di arrivo, da mantenere invariato nel tempo).
69
70
0.0
2 0.0
4 0.0
6 0.0
8 0.0
10 0.0
NORD
82.0
CENT RO
65.6
SUD E ISOLE
46.3
Sistem a Ulisse - Pe rce ntua li d'uso (pe sa te) delle cinture in Italia - a nno 20 07
IT AL IA
64.6
Fig. 4 - Percentuali d’uso (pesate) delle cinture di sicurezza in Italia (anno 2007)
IL SISTEMA ULISSE
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Cart. 2 - Sistema Ulisse. Percentuali d’uso delle cinture di sicurezza in
Italia nel 2007 (Nord, Centro, Sud-Isole)
( e ce
ua d uso de e c
u e d s cu e
a
e e
ac o a ee, 0
85,9
80,5
65,6
45,9
49,3
Legenda:
00-20 %
20-40%
40-60%
60-80%
80-100%
Un fatto che merita poi grande attenzione è che la media nazionale stimata nel 2007 (64.6%) mostra una leggera flessione rispetto a quelle
degli ultimi anni (2005: 72.5%; 2006: 71.6%). Questa variazione potrebbe essere in parte imputabile al carattere non strettamente probabilistico della rilevazione (non si dimentichi mai che la partecipazione al
sistema è su base volontaria), come pure segnale di un inizio di disaffezione verso le cinture da parte dell’utenza. Tenendo conto che la
media d’uso stimata nei mesi successivi alll’introduzione della patente
a punti risultava essere pari a 83.5%, come pure che la diminuzione
osservata nel tempo ha carattere monotòno, l’ipotesi di una effettiva
riduzione dell’uso ci sembra più probabile. In ogni caso appare utile da
71
IL SISTEMA ULISSE
questo punto di vista considerare l’opportunità di promuovere campagne di informazione-comunicazione più mirate, come pure attivare
controlli più sistematici delle violazioni di questa importante norma
del Codice della Strada. Quali che siano le ragioni della riduzione
osservata dell’uso del dispositivo, queste azioni appaiono comunque
necessarie in quanto, come visto, si è ben lontani da una situazione che
possa definirsi soddisfacente su tutto il territorio nazionale.
Confronto con altri paesi dell’UE (cinture di sicurezza)
Anche grazie alle sollecitazioni dell’UE, finalizzate al raggiungimento
dell’obiettivo per il 2010, in tutta la regione europea l’uso della cintura
di sicurezza è enormemente cresciuto negli ultimi anni. I livelli raggiunti, desumibili dagli ultimi dati pubblicati dall’ETSC (European
Cart. 3. Livelli d’uso delle cinture di sicurezza in diversi paesi dell’area
europea nel 2005 (tratto dal rapporto PINFLASH 4 dell’ETSC, 2007).
72
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Fig. 5. Livelli d’uso delle cinture di sicurezza nella parte anteriore e
nella parte posteriore dell’autoveicolo in diversi paesi dell’area europea nel 2005 (tratto dal rapporto PINFLASH 4 dell’ETSC, 2007).
Transport Safety Council), sono riportati nella cartina 3 e nella fig. 5:
Come si vede chiaramente, sembra necessario un impegno specifico dell’Italia per incrementare l’uso delle cinture, in modo da
aggregarsi al grosso dei paesi che hanno già raggiunto proporzioni
ragguardevoli.
Le proporzioni d’uso del casco
Nel caso delle cinture si può osservare come le proporzioni d’uso non
variano molto quando si considerino province abbastanza vicine.
Scendendo più nel particolare, analizzando le proporzioni rilevate in
diversi punti di una stessa provincia questo accordo tra le percentuali
d’uso si conferma anche nel dettaglio. Tutto questo non avviene invece
73
IL SISTEMA ULISSE
nel caso del casco. In pratica, per questo dispositivo accanto a situazioni che potremmo definire di saturazione (ovvero valori costantemente
prossimi al 100%), si osservano sullo stesso territorio situazioni in cui
l’uso è prossimo allo 0%.
Volendo dare un esempio concreto di questo fenomeno basta riferirsi
ad un’importante città del Sud monitorata dal Sistema Ulisse dove,
cambiando quartiere, assistiamo a questo tipo di variazione: in un
quartiere la quasi totalità degli utenti indossa il casco, in un altro questo non è praticamente utilizzato. In poche parole assistiamo, nel caso
del casco, ad una notevole variabilità sul territorio delle percentuali
d’uso, fatto che fa pensare tra l’altro che queste dipendano fortemente
dalla presenza o meno di controlli specifici da parte della polizia locale. Questa sensibile variabilità è tale che, allo stato attuale del livello di
campionamento del Sistema Ulisse, non è prudente fornire delle stime
di proporzione d’uso, come fatto in precedenza nel caso delle cinture,
in quanto queste stime non avrebbero quella affidabilità che si ritiene
necessaria.
Questo limite informativo verrà superato nell’anno 2008 in quanto è
stata al proposito studiata una metodologia specifica che permetterà di
generare anche in queste situazioni di grande variabilità delle stime
valide. A questo fine verranno effettuate da parte dell’ISS delle rilevazioni ad-hoc proprio dove la variabilità risulta elevata.
Va segnalato, tuttavia, che questo problema non riguarda l’intero territorio nazionale: per quanto si è potuto vedere nel corso degli anni in
base alle circa 700.000 osservazioni di utenti di motocicli e ciclomotori
svolte dal sistema Ulisse per l’uso del casco, in molte situazioni territoriali, nel Nord e in parte nel Centro del Paese l’uso risulta (in termini
statisticamente corretti) molto elevato, collocandosi generalmente tra il
90 e il 100%. Questo fatto positivo, peraltro, si riscontra anche in molte
metropoli del Centro-Nord, dove – data la vastità del territorio e l’elevata popolazione presente - i controlli della Polizia Locale sembrerebbero a prima vista più ardui.
Con la nuova metodologia, che verrà utilizzata nel 2008, si tratterà
quindi di concentrare le rilevazioni dirette dell’ISS, di cui prima si parlava, nel Sud del Paese dove le proporzioni d’uso hanno una caratteristica a macchia di leopardo, accompagnando il tutto con alcune verifiche di controllo sui territori del Nord e del Centro del Paese.
Alla luce di tutto questo, per quanto riguarda il 2007, nel seguito ci
limitiamo a riportare le prevalenze provinciali e regionali del Centro74
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Fig. 6 – Percentuali provinciali stimate nel 2007 dell’uso del casco in
base alle proporzioni rilevate nei punti di osservazione delle relative
province.
Si stema Uli sse. Pe rc entua li d 'uso d el ca sco i n al cune provi nce moni to rate (200 7)
100.0
80.0
60.0
40.0
20.0
0.0
AL GE
MI MB VA
VR GO BO FC
FI
PT AN AP F M MC PU PG RM CA
Nord in quanto queste possono essere affidabilmente desunte dai dati
pervenuti, calcolandole con la procedura utilizzata in precedenza per
le cinture (v. fig. 6, fig. 7 e cartina 4).
Sottolineiamo ulteriormente che nel caso del Sud, in base ai dati disponibili per il 2007, le proporzioni non possono essere proiettate affidabilmente a livello provinciale e regionale poiché risultano, per quanto
prima detto, più rappresentative del punto di osservazione che non del
territorio cui il punto di osservazione appartiene (fa eccezione la
Sardegna, i cui dati sono idonei per il calcolo, anche se riferiti alla sola
provincia di Cagliari).
75
IL SISTEMA ULISSE
Fig. 7 – Percentuali regionali stimate dell’uso del casco in base alle proporzioni delle relative province.
Sistema Uli sse - Perce ntua le d 'uso de l casco in alcu ne r eg ion i itali an e (20 07 )
10 0.0
8 0.0
6 0.0
4 0.0
2 0.0
0.0
PIE
L IG
L OM
VEN
FRI
EMI
TOS
MAR
UMB
LAZ
SAR
Cart. 4 - Percentuali regionali stimate dell’uso del casco in base alle proporzioni rilevate nei punti di osservazione delle province monitorate.
100,0
99,7
1 00,0
99,5
10 0,0
99,9
97,1
99,8
98 ,2
1 00,0
95,0
Legenda:
00-20 %
20-40%
40-60%
60-80%
80-100%
76
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Altri comportamenti monitorati a livello sperimentale dal Sistema
Ulisse
Il Sistema Ulisse è un sistema in evoluzione in quanto le informazioni
che da esso possono essere tratte sono le più diverse e non soltanto
relative all’uso del casco e della cintura di sicurezza. Ad esempio, ricordiamo che le prevalenze riportate precedentemente per l’uso delle cinture riguardano soltanto gli occupanti la parte anteriore dell’autoveicolo: sarebbe importante conoscere tali prevalenze anche per i trasportati nella parte posteriore. Così pure, in relazione a rischi emergenti,
potrebbe essere di rilievo conoscere la proporzione di coloro che utilizzano il telefonino guidando. Come è facile comprendere, l’osservazione di questi comportamenti richiede una standardizzazione metodologica che deve essere prima validata in termini sperimentali. Per questa
ragione, accanto ai rilevamenti fondamentali, di cui abbiamo mostrato
prima i risultati, abbiamo inserito nel Sistema delle rilevazioni complementari volte ad identificare quale sia il modo più praticabile ed affidabile per raccogliere ulteriori dati la cui conoscenza sembra utile per
il governo della sicurezza stradale. Anche se i risultati ottenuti in questa fase di pura messa a punto metodologica non sono suscettibili di
proiezione statistica a territori più ampi, riteniamo utile riportarli qui
nel seguito, a titolo puramente informativo (v. Tab. 10). Queste rilevazioni sperimentali trattano comportamenti di grande rilievo per la
sicurezza stradale: basti pensare, volendo fare un esempio, che le ricerche svolte in tutto il mondo negli ultimi dieci anni hanno mostrato
come parlare al telefono cellulare mentre si guida comporti un rischio
di provocare un incidente stradale pari a quello che corre un conducente con un’alcolemia di 1 grammo/litro (ricordiamo che questo valore è
il doppio del limite alcolemico legale che, come noto, è di 0,5
grammi/litro); e tale rischio non è trascurabile, risultando quattro volte
più grande di quello che corre un conducente sobrio.
Casco slacciato
Come ben noto, alcuni utenti indossano il casco senza allacciarlo.
Questo fa sì che, in caso di incidente, viene vanificata la protezione che
il dispositivo potrebbe dare alla testa e al collo del malcapitato.
Le rilevazioni sperimentali del sistema Ulisse, svolte nel 2007 a Gubbio,
Cesena, Norcia e Cagliari, ci forniscono una stima della percentuale di
utenti che indossano il casco slacciato pari al 4,9%, con punte del 12,8%
77
IL SISTEMA ULISSE
(3.684 soggetti osservati in 18 rilevamenti).
Cinture non correttamente indossate
Anche nel caso delle cinture, alcuni utenti non le indossano correttamente. E una cintura non allacciata non serve a nulla.
Le rilevazioni sperimentali del sistema Ulisse, svolte nel 2007 a Cagliari
e a Norcia ci forniscono una stima della percentuale di utenti che indossano scorrettamente la cintura di sicurezza pari al 2,3%, con punte del
15,7% (11.665 soggetti osservati in 30 rilevamenti).
Uso del cellulare durante la guida
L’uso del telefono cellulare durante la guida costituisce il rischio emergente più grave per la sicurezza stradale in quanto sono tantissimi
coloro che guidano un veicolo, come pure ormai quasi tutti posseggono un cellulare. Le occasioni per utilizzarlo mentre si guida, dunque,
non mancano certo. Dalla lettura dell’appendice II si potranno avere
maggiori particolari su questo problema. Una cosa comunque è certa:
l’epidemiologia ha definitivamente dimostrato che questo rischio esiste e lo ha anche quantificato.
Le rilevazioni sperimentali del sistema Ulisse, svolte nel 2007 a Milano,
Norcia, Gubbio, Cagliari, Roma, Bologna ci forniscono una stima della
percentuale di conducenti di auto che conversano al cellulare guidando pari al 2.2%, con punte del 4.4% (98.192 conducenti osservati in 110
rilevamenti). In questa stima non sono compresi i conducenti che facevano uso di auricolare o viva-voce. A tre rilevamenti dedicati all’uso
del cellulare durante la guida di una moto o un ciclomotore corrisponde una percentuale del 3.0%.
Uso del cellulare da parte di pedoni che attraversano la strada
L’uso del cellulare è molto pericoloso anche se fatto da parte di pedoni
che attraversano la strada. Non si è ancora in grado di quantificare
rigorosamente questo rischio, ma la sua esistenza è concreta. D’altra
parte, sappiamo con assoluta certezza che qualunque cosa indebolisca
l’attenzione di un conducente si riflette negativamente anche sulla
sicurezza stradale. Qui il veicolo è costituito… dalle scarpe, ma i termini del problema sono sempre gli stessi. Peraltro, sarà bene ricordare che
tra tutti gli utenti della strada il pedone è quello più vulnerabile.
Le rilevazioni sperimentali del sistema Ulisse, svolte nel 2007 a Roma,
gestite direttamente dall’Istituto Superiore di Sanità, ci forniscono una
78
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
stima della percentuale di pedoni che attraversano la strada su strisce
pedonali (in presenza o meno di semaforo) parlando al cellulare, pari
al 7.2%, (2.475 attraversamenti osservati in 17 rilevamenti).
Luci accese di giorno
L’opportunità di tenere accese le luci di giorno in zona extraurbana è
stata confermata a livello epidemiologico non solo per i motociclisti,
ma anche per gli automobilisti.
Le rilevazioni sperimentali del sistema Ulisse, svolte nel 2007 in provincia di Cagliari, ci forniscono una stima della percentuale di utenti
che tengono spenti i fari in presenza di obbligo pari al 29.9%, (1775 veicoli osservati in due rilevamenti).
Tab. 10 - Altri comportamenti monitorati sperimentalmente in alcune province dal Sistema Ulisse nell’anno 2007
Prov.
Casco slacciato
Cinture non correttamente
indossate
Uso del cellulare durante
la guida di un autoveicolo
Uso del cellulare durante
la guida di moto o ciclomotore
Uso del cellulare da parte di
pedoni che attraversano la strada
Mancato uso di luci in presenza
di obbligo (zona extraurbana)
Rileva- n. utenti
menti osservati
%
4
18
3.684
4.9
2
30
11.665
2.3
6
110
98.162
2.2
1
3
136
3.0
1
17
2.475
7.2
1
2
1.775
29.9
Nel corso del 2008 verranno effettuati ulteriori rilevamenti sperimentali. La successiva fig. 8 riporta quelli ad oggi previsti.
79
IL SISTEMA ULISSE
Fig. 8 - Ulteriori rilevamenti sperimentali previsti dal Sistema Ulisse
nel 2008.
Sistema Ulisse
Monitoraggi sperimentali della prevalenza di alcuni
comportamenti a rischio, previsti per il 2008:
Uso del telefono cellulare hand-held alla guida
- Pedoni che attraversano la strada parlando al cellulare
Cinture mal portate
Casco slacciato
Bambino in braccio (parte anteriore dell’autoveicolo)
Passaggio di veicoli col semaforo rosso
Attraversamento di strisce pedonali col semaforo rosso
Mancato uso degli indicatori di direzione (frecce)
Mancato uso delle luci di giorno (auto, moto)
Mancato uso delle luci di notte (sera) (auto, moto)
Mancato uso delle luci per le biciclette
Gli effetti di un possibile ulteriore incremento
dell’uso dei dispositivi
Come si è visto, la proporzione di utenti che indossano i dispositivi è
sostanzialmente cresciuta nel tempo. Tuttavia, siamo ancora lontani dai
valori “bersaglio” che vorremmo raggiungere (95% d’uso per le cinture, tenendo anche conto delle esenzioni; 100% d’uso per il casco). Al
fine di comprendere meglio quali vantaggi comporti un aumento dell’uso dei dispositivi mostreremo ora cosa avverrebbe se il 95% degli
utenti utilizzasse le cinture di sicurezza.
Svolgeremo questo calcolo utilizzando un semplice modello matematico messo a punto dall’ISS all’inizio degli anni ’80, che è stato verificato
con successo dopo l’introduzione dell’uso obbligatorio del casco e delle
cinture di sicurezza (Modello IPP, Prevalenza prima, Prevalenza dopo,
Incidenza). Per semplicità, nello sviluppare l’esempio, faremo riferimento ai soli conducente e trasportato anteriore (cui si riferisce la percentuale d’uso prodotta dal sistema Ulisse), trascurando i trasportati
nella parte posteriore del veicolo.
Questa semplificazione non è limitativa in quanto nella stragrande
80
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
parte dei casi gli autoveicoli risultano occupati da un conducente o da
un conducente ed un trasportato anteriore (in media, su un autoveicolo viaggiano 1.2 persone).
Si osservi che questo non deve indurre a trascurare l’uso delle cinture
posteriori, che da alcune rilevazioni sperimentali del sistema Ulisse
risulta bassissimo, meno del 10%: i traumi che i trasportati nella parte
posteriore dell’autoveicolo riportano - se non cinturati - sono a volte
molto gravi. Il loro numero è limitato (e quindi può essere trascurato
nella valutazione che faremo) semplicemente perché, come già detto, la
gran parte dei veicoli trasporta una o due persone.
Tornando ora al modello, il ragionamento da esso sotteso è assai semplice e parte dal fatto che le innumerevoli ricerche svolte ci indicano
che l’uso delle cinture dimezza le conseguenze dei traumi stradali.
In base a questo dato possiamo dire che: se in un certo gruppo di conducenti che non indossano le cinture ne muoiono 10 in un anno, in un
gruppo con analoghe caratteristiche, ugualmente numeroso, ma che
indossi la cintura di sicurezza, in un anno ne morirà solo la metà, ovvero 5 (lo stesso vale per il livello di gravità dei traumi riportati in coloro
che non muoiono: i cinturati avranno una gravità pari alla metà di
quella dei non cinturati).
Nella situazione attuale abbiamo visto che il 65% degli utenti indossa
la cintura, e di conseguenza il 35% non le usa. Supponendo che ogni
punto percentuale di quest’ultima utenza produca un morto all’anno,
si avrebbero nell’anno 35 morti. Invece, il 65% che usa il dispositivo
non produrrà 65 morti, bensì la metà, ovvero 32.5 morti.
In questa situazione, quindi, avremo nell’anno 67.5 morti (35+32.5).
Supponiamo ora di aver raggiunto il nostro obiettivo, ovvero una proporzione d’uso del 95%. In questa situazione il 5% che non indossa la
cintura produrrà nell’anno 5 morti; il restante 95% non ne produrrà 95,
ma grazie al dispositivo i morti saranno la metà, ovvero 47.5.
In totale si avranno quindi 52.5 morti (5+47.5).
Siamo ora in grado di quantificare il vantaggio derivante dal raggiungimento del nostro obiettivo, ovvero passare da un uso del 65% ad un
uso del 95%.
La riduzione del numero di morti sarà infatti data da:
(52.5-67.5)/67.5=-0.222…, cioè –22.2%.
In altre parole, se l’uso delle cinture di sicurezza passasse dal 65%
al 95%, ne conseguirebbe una riduzione percentuale della mortalità che oggi osserviamo per conducenti e trasportati anteriori supe81
IL SISTEMA ULISSE
Stima
della
riduzionedella
dellamortalit
mortalitààeedella
dei
Stima
della
Riduzione
dellagravità
gravit à
traumi
stradali
(autoveicoli)
che
avrebbepassando
passando
dei traumi
stradali
(autoveicoli)
che
si si
avrebbe
dal 65%
al 95%
d’uso
delle
cinture
sicurezza
dal 65%
al 95%
d ’uso
delle
cinture
di di
sicurezza
(modello
IPP/ISS,
elaborazione
sistema
Ulisse)
(Modello IPP/ISS, elaborazione sistema Ulisse)
35%
65%
32.5
35
5%
95%
47.5
Totale:
67.5
5
Totale:
52.5
Stima della Riduzione che si avrebbe passando dal 65% al 95% d
’uso:
(52.5 -67.5)/67.5= -0.222 -22.2%
riore al 20%.
Tutto questo vale come indicazione di riduzione percentuale. Se si
volesse rispondere a domande quali “Quante vite saranno così risparmiate?”, dovremmo considerare anche i valori assoluti. Vediamolo.
Poiché attualmente ci sono nell’anno circa 6.000 morti per incidenti
stradali (stima ISS per il 2006), di cui circa 3.600 attribuibili alle quattro
ruote motorizzate, applicando a quest’ultima cifra la riduzione prima
calcolata si avrebbe un risparmio annuo di circa 800 vite. Tenendo
conto poi che, secondo stime dell’ISS, per ogni morto ci sono circa 3
invalidi gravi e 20 ricoverati, avremmo in meno anche circa 2.400 invalidità gravi e circa 15.800 ricoveri.
In base a queste cifre siamo ora in grado anche di valutare parte dei
corrispondenti costi sociosanitari evitati.
Per far questo ricordiamo che in termini di perdita di produzione un
decesso ha un costo intorno a 920.000 euro e un’invalidità intorno a
210.000; il costo medio di un ricovero per incidente stradale è invece
intorno a 2.500 euro (stime ISS 2006).
82
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
In base a queste stime possiamo quindi dire che se la percentuale d’uso
delle cinture fosse del 95%, rispetto all’uso attuale del 65%, si avrebbe
un risparmio pari a:
800*920.000+2.400*210.000+15.800*2.500 =
=736.000.000+504.000.000+39.500.000=1.279.500.000 euro.
Come si vede, si tratta di una cifra davvero ingente. Il fatto notevole,
peraltro, è che permanendo nel tempo al 95% la percentuale d’uso delle
cinture, questa importante ricaduta economica la si avrebbe ogni anno:
in altre parole, ogni anno eviteremmo di gettare al vento qualcosa come
un miliardo di euro. Il che non è poco.
Valutazione (parziale) dei risparmi sociosanitari indotti dal passaggio dell’uso delle cinture di sicurezza dall’attuale 65% al 95%, ottenuta in base alle riduzioni del numero di morti, di invalidi gravi e di
ricoveri, stimate mediante l’uso del modello IPP dell’ISS (conducenti
e trasportati di autoveicoli)
CS: 65% -> 95%
Morti
Invalidi gravi
Ricoveri
Totale generale
Eventi
evitati
Costo
unitario
Totale
800,00
920.000,00
736.000.000
2.400,00
210.000,00
504.000.000
15.800,00
2.500,00
39.500.000
1.279.500.000
Al di là delle chiare ragioni di ordine umano, ovvero far sì che la gente
rimanga in buona salute e non si abbia a soffrire – infortunati e famigliari –
per cose che possono essere evitate o ridimensionate, ci sono quindi anche
forti motivazioni economiche affinché tutti gli utenti della strada utilizzino
i dispositivi di sicurezza, oggi forse ancor più importanti di un tempo
essendo in atto uno sforzo per il risanamento del bilancio dello Stato.
Il “conto” che abbiamo fatto è certo di massima, ma ha una concreta
validità. Infatti, anche se molte grandezze utilizzate sono stimate, talora non certo al meglio a causa di incompletezza dei dati traumatologici, quello che in fondo ci interessa è l’ordine di grandezza del risparmio
83
IL SISTEMA ULISSE
indotto dall’incrementato utilizzo delle cinture. Se usassimo altre
stime, come abbiamo avuto già modo di verificare, avremmo numeri
certamente diversi; tuttavia, le cifre finali che così otterremmo non
sarebbero troppo diverse tra loro: più o meno risulterebbero sempre
intorno ad un miliardo di euro.
Un ulteriore aspetto assai vantaggioso, che non abbiamo preso in considerazione nel nostro calcolo, riguarda le cosiddette “risorse riallocabili”. Vediamo brevemente su un esempio di chiarire questo concetto,
un poco “nascosto”, ma di grande rilevanza. Come si sa, in campo
medico il sangue per le trasfusioni è risorsa preziosa e limitata. Ne
sono testimonianza le numerose campagne nazionali che invitano la
gente a donare sangue. Ebbene, se il quadro traumatologico degli incidenti stradali divenisse meno grave grazie all’aumentato uso delle cinture di sicurezza, molte trasfusioni non sarebbero necessarie. Quanto
sangue si renderebbe così disponibile per curare le tante altre patologie? Non possiamo ancora rispondere a questa domanda con precisione (la valutazione è in corso da parte dell’ISS); tuttavia, sempre in termini di ordine di grandezza, una prima risposta è già disponibile ed è:
tantissimo.
Come ben si vede, migliorando la nostra protezione eviteremmo di
sprecare risorse scarsamente disponibili, riallocandole dove servono di
più. Si osservi che questo vale anche in termini di servizi: tanto per fare
un solo esempio, l’uso massiccio del casco (dove lo si usa…) ha in pratica reso disponibili un gran numero di posti in rianimazione (che sono
costosi e in numero limitato) che prima erano occupati da giovani centauri vittime di banali cadute.
Oltre a tutto questo, c’è anche un altro aspetto di rilievo da tenere presente: nel computo prima svolto non compaiono ulteriori costi che possono essere evitati con l’uso delle cinture, ma che non sono quantificabili in termini monetari. Quanto vale il dolore delle persone? Quante
patologie, o gravi eventi, prendono talora corpo a seguito della devastazione psicologica che un incidente stradale può determinare negli
infortunati e in coloro che ad essi sono vicini (ad es., depressione,
abbandono degli studi, divorzi, alcolismo, suicidi, ecc.)?
Come si vede, paradossalmente la valutazione da noi effettuata in precedenza sottostima i vantaggi che deriverebbero dall’uso generalizzato
delle cinture di sicurezza.
Calcoli analoghi possono ovviamente essere svolti anche in relazione
all’uso del casco e dei dispositivi di sicurezza per i bambini; e i risulta84
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
ti che si ottengono sono sempre molto positivi.
Tutto questo testimonia l’importanza di disporre di un sistema, quale
il sistema Ulisse, che ci informi in tempo reale su come sta evolvendo
la situazione e ci fornisca indirizzi, generali e specifici, per far sì che le
cose vadano sempre meglio e – se del caso – per intervenire con determinazione e rapidità qualora ciò fosse necessario.
Dal tutto al nulla: un aspetto su cui riflettere attentamente
In relazione all’opportunità di utilizzare i dispositivi di sicurezza c’è un
aspetto su cui vale la pena riflettere attentamente: la possibilità che, in
termini di conseguenze traumatologiche dell’incidente stradale,
“tutto” diventi “nulla”.
Cerchiamo di chiarirlo bene, anche perché a livello di grande pubblico
questo specifico vantaggio dei dispositivi di sicurezza non è ben percepito. Nel farlo, ci riferiremo ancora una volta alle cinture. Onde evitare
l’uso di formule e concetti complessi, la trattazione non sarà proprio
rigorosa; ma quello che ci preme è che si comprenda pienamente il concetto. Procediamo.
Quando diciamo che l’uso della cintura di sicurezza riduce della metà
le conseguenze traumatologiche dell’incidente stradale, stiamo ragionando in media su quanto è dato a vedere di ciò che accade. I vantaggi indotti dal dispositivo sono infatti dovuti non solo alla sua capacità
di “scaricare” sulle strutture dell’auto l’energia in gioco al momento
dell’impatto, evitando che essa si scarichi sulle nostre ossa e sui nostri
tessuti, ma anche da “come vanno le cose”.
In altre parole, se l’urto avviene a 300 km/h, poco conta che si abbia o
meno indossato la cintura (meglio averla allacciata, certo; ma meglio
sarebbe stato viaggiare ad una velocità ben più ridotta!).
Di contro, se l’urto avviene a 5 km/h, averla o non averla è sostanzialmente la stessa cosa (più avanti vedremo però che non è proprio così).
Sicché, se tutti gli urti avvenissero a 300 km/h, come pure se avvenissero tutti a 5 km/h, non staremmo qui a parlare di cinture. Ma gli urti
avvengono a velocità (quindi, energia) variabile; e la cintura può scaricare solo fino a una certa quantità l’energia corrispondente: quella che
resta si scarica su di noi.
Un’idea di come vadano le cose la si può desumere da una analisi svol85
IL SISTEMA ULISSE
86
0,000
2,000
4,000
0
20
Velocità all'impatto (km/h)
40
60
80
100
120
RR
6,000
8,000
10,000
Rischio relativo di morte di soggetti non
cinturati vs. soggetti cinturati in funzione della
velocità all'impatto
12,000
Rischio Relativo (RR)
Fig. 9 - Rischio relativo di morte in soggetti non cinturati vs. soggetti cinturati in funzione della velocità d’impatto
ta dall’ISS su dati svizzeri, i cui risultati sono sintetizzati in figura 9:
Come si osserva, in un urto che avviene tra i 40-50 km/h, chi non
indossa la cintura ha una probabilità circa dieci volte superiore di morire rispetto a chi la usa.
Ricordandoci sempre che l’energia va con il quadrato della velocità
(quindi, se la velocità raddoppia, l’energia quadruplica!), indichiamo
con E l’energia in gioco al momento dell’incidente e con Q l’energia
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
massima che la cintura può scaricare.
Se E è maggiore di Q, sul nostro corpo si scarica l’energia residua, cioè
quella che resta dopo che la cintura ha fatto il suo dovere. Se indichiamo con R questa energia “cattiva”, sarà R=E-Q.
Più grande sarà R, maggiori saranno i danni. Comunque, poiché R è
minore di E, questi danni saranno comunque più limitati.
Se invece E è minore o uguale a Q, evidentemente sul nostro corpo non
si scarica energia residua di sorta. In altre parole, in queste condizioni
tutta l’energia “cattiva” viene assorbita dalla cintura; e quindi non può
accaderci niente di male.
Ma in questa stessa condizione, cosa poteva accaderci se non avessimo
usato la cintura?
La domanda non è banale, in quanto energie che possono essere assorbite completamente dalla cintura possono, in assenza del suo uso,
determinare lesioni gravi o anche la morte del soggetto.
In altre parole, eventi che potevano essere gravi o mortali, grazie alla
cintura non riescono a determinare alcun danno. Insomma, se le velocità al momento dell’urto sono abbastanza contenute, non si ottiene
una riduzione della gravità dei traumi pari al 50% (ovvero della metà),
bensì del 100%!!! Si passa così, per chi sarebbe morto, da tutto a nulla;
e per chi sarebbe sopravvissuto da molto a nulla o da poco a nulla.
Il tutto è schematicamente rappresentato dal semplice modello matematico riportato in figura, messo a punto nei primi anni ‘80 dall’ISS.
Vogliamo far notare come non si debba affatto sottovalutare quel passaggio “da poco a nulla”, che a prima vista sembrerebbe trascurabile:
potrebbe, invece, fare davvero la differenza!
Si pensi ad esempio ad un urto a bassa velocità: senza cintura, per inerzia, si è proiettati comunque in avanti; ed è facile urtare contro il parabrezza dell’auto, procurandosi lesioni al viso e ai denti.
Il trauma potrà magari essere modesto; ma una cicatrice al volto, anche
se piccola, possiamo definirla “modesta”? Certamente, no. Anche se
non deturpante, si tratta sempre di una cicatrice che peggiora la nostra
estetica. Per un giovane potrebbe essere una piccola tragedia.
E’ con piacere ricordare che del virtuoso passaggio da “tutto” a “nulla”
hanno assai beneficiato tantissimi utenti delle due ruote motorizzate
(quelli che hanno preso la buona abitudine di indossare il casco).
Infatti, cadute anche da fermo possono determinare la morte del centauro che non porta tale dispositivo. E questi eventi sono molto frequenti in città: se cadendo si sbatte la testa contro un marciapiede,
87
IL SISTEMA ULISSE
senza casco si muore (o si resta gravemente invalidi), col casco ci si rialza al massimo un poco storditi e si riprende la propria strada. Questo
meraviglioso passaggio da “tutto” a “nulla” è stato messo bene in luce
dall’ISS nel progetto di ricerca“Casco 2000”, finanziato dal Ministero
dei Trasporti, dove è stato anche osservato, studiando gli incidenti dei
motociclisti e dei ciclomotoristi, che nei territori dove l’uso del casco
era divenuto generalizzato i ricoveri in neurologia e in neurotraumatologia erano diminuiti del 70% (avete letto bene: -70%).
In conclusione, nel caso in cui malauguratamente si realizzasse un incidente stradale, l’uso della cintura (e degli altri dispositivi di sicurezza)
ci assicura che in una parte dei casi non verranno riportati danni di
sorta, e in un’altra parte dei casi questi danni saranno sostanzialmente
meno gravi di quelli che si sarebbero determinati senza l’uso del dispositivo.
Se poi tutti prendessimo la buona abitudine di viaggiare a velocità più
moderata, questi benefici effetti diverrebbero ancor più consistenti.
In conclusione, limitare sempre la velocità ed indossare sempre la cintura – come pure gli altri dispositivi di sicurezza - è la migliore forma
di assicurazione sulla vita (e sulla nostra futura qualità di vita) che si
Effetti dell ’uso dei dispositivi di sicurezza
sulla gravit à dei traumi riportati, rispetto
a chi non li indossa ( Modello MGML, ISS )
Morte
Nessuna
Lesione
Lesioni
Lievi
88
Lesioni
Gravi
Lesioni
Moderate
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
possa stipulare.
E, a differenza delle altre assicurazioni, non costa nemmeno nulla.
Cinture e basse velocità
Nelle precedenti pagine, nel mettere in luce la fascia di velocità all’interno della quale si esplica l’azione della cintura di sicurezza, abbiamo
scritto: “Se tutti gli urti avvenissero a 300 km/h, come pure se avvenissero
tutti a 5 km/h, non staremmo qui a parlare di cinture”. Ebbene, se per le alte
velocità questa dichiarazione è attualmente ancora vera, per quelle
basse oggi non lo è più. Infatti, come tutti sanno, una gran parte degli
attuali autoveicoli è dotata di airbag. Questo dispositivo accresce l’utilità della cintura di sicurezza, ma è concepito per “lavorare” insieme
alla cintura stessa. Non tutti sanno però che, in caso d’urto, l’airbag
viene attivato da una carica esplosiva; e fuoriesce a velocità ben superiori ai 100 km/h.
Non ci vuole certo una laurea in ingegneria meccanica per comprendere che se si è troppo vicini all’airbag al momento dell’esplosione questo può danneggiarci non poco.
Quindi, se non saremo cinturati al momento dell’urto, ci sposteremo
ineluttabilmente in avanti per inerzia, abbreviando così la distanza tra
noi e questo “pallone” che fuoriesce con violenza, con tutte le conseguenze che ne possono derivare.
Va sempre poi tenuto presente che l’airbag può esplodere anche per
malfunzionamenti (ne sono tragica testimonianza alcuni bambini uccisi dall’airbag negli USA, perfino durante banali manovre per parcheggiare l’auto).
Dunque… ieri forse no, ma oggi anche a 5 km/h è sempre bene allacciare la cintura.
Con l’occasione, in relazione all’airbag, ricordiamo alle giovani
mamme che la presenza di questo dispositivo rende ancor più pericoloso rispetto al passato trasportare in braccio il proprio bambino.
Questa cattiva e perniciosa abitudine, che ancora stenta a scomparire,
non è solo proibita dal Codice della Strada ma soprattutto dal buonsenso: parlando in modo crudo, se l’airbag esce, il bambino in braccio
muore.
Comunque, non va mai dimenticato che, anche se l’autoveicolo non è
dotato di airbag, in caso d’urto o di brusca frenata il bambino sarà proiettato in avanti per inerzia, riportando ferite più o meno gravi dall’im89
IL SISTEMA ULISSE
patto contro le strutture dell’auto, e ulteriormente danneggiato dalla
madre la quale, se non cinturata, sarà – sempre per inerzia – proiettata
contro il bambino stesso.
Usate quindi sempre il seggiolino, ponendolo possibilmente nella parte
posteriore dell’autoveicolo.
Conclusioni
Concludendo, desideriamo mettere in luce alcuni aspetti che, a nostro
avviso, si possono desumere in base a quanto riportato nel presente
rapporto. Questi aspetti pensiamo dovrebbero essere tenuti in particolare considerazione anche in vista del raggiungimento dell’obiettivo
dell’UE per il 2010:
- La situazione generale dell’uso dei dispositivi di sicurezza nel nostro
Paese è certamente migliorata nel corso degli anni 2000;
- Tale situazione, comunque, è ben lungi dall’essere ottimale in moltissimi territori del Paese. Nel tempo, specie negli ultimi anni, le proporzioni d’uso delle cinture di sicurezza mostrano peraltro una tendenza alla diminuzione;
- Le proporzioni d’uso del casco hanno raggiunto in molti territori il
livello ottimale; tuttavia persiste una sorta di utilizzo a macchia di
leopardo, che nel Sud del Paese raggiunge la sua massima espressione;
- Dalle proporzioni d’uso dei dispositivi osservate si può desumere
che ad un loro sostanziale incremento corrisponderebbe una notevole riduzione sia della mortalità sia del quadro di gravità delle lesioni
riportate per incidenti stradali;
- Sembra necessario promuovere campagne informative mirate per il
largo pubblico al fine di aumentare la consapevolezza dell’utilità dell’uso dei dispositivi di sicurezza, fatto che sembra a tutt’oggi scarsamente percepito dagli utenti;
- In parallelo appare necessario far seguire dette campagne da una
maggiore attenzione al rispetto delle norme di obbligo d’uso, ad
esempio con controlli più diffusi, tali da rendere ben evidente che
non indossare i dispositivi di sicurezza comporta un’elevata probabilità di essere sanzionati;
90
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
- In questo sembra particolarmente rilevante il ruolo della Polizia
Municipale, come mostrato da alcuni rilevamenti del sistema Ulisse
(in particolare per l’uso del casco) dove la proporzione osservata può
raggiungere livelli anche del 100% laddove i controlli sono più frequenti, come pure rimanere a livelli assai bassi laddove l’attività sanzionatoria per queste importanti norme è meno serrata.
Vale la pena osservare che, come più volte segnalato, azioni di questo
tipo, volte a incrementare l’uso dei dispositivi di sicurezza, non solo
sono a grande ritorno sociale ed economico – come anche mostrato in
questo rapporto – ma non richiedono allocazioni di risorse specifiche.
Anzi, a ben guardare esse sono in parte a costo nullo (in quanto l’attività sanzionatoria volta ad incrementare l’uso può essere svolta da personale già presente, specie a livello comunale), ed in parte, per così
dire, a costo negativo in quanto dalle sanzioni comminate nella fase di
transizione dai livelli attuali a livelli ottimali deriverà un sostanziale
introito per le finanze pubbliche. Comunque, sempre a nostro parere,
l’obiettivo più importante da raggiungere al fine di accrescere le proporzioni d’uso rimane quello di elevare negli utenti della strada la percezione dell’utilità dei dispositivi di sicurezza o, se si vuole, la percezione dell’elevato rischio associato al loro mancato uso.
91
IL SISTEMA ULISSE
92
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Bibliografia
European Transport Safety Council, “PIN FLASH 4: increasing seat belt
use”, ETSC, 22 febbraio 2007 (reperibile sul sito www.etsc.be , nella
sezione Newsletters)
F.Taggi, P.Maturano (a cura di) “Salute e Sicurezza Stradale: l’Onda Lunga
del Trauma”, 610 pp., Ed. CAFI, Roma 2007
F.Taggi, A.Crenca, C.Cedri, M.Giustini, G.Dosi, P.Marturano “Road safety and the tsunami of cell phones”, Ann.Ig. 19, 269-274 (2007)
F.Taggi, G.Dosi, M.Giustini, A.Crenca, G.Fondi, P.Iascone,
P.Marturano e Gruppo Ulisse “Il sistema Ulisse per il monitoraggio dell’uso delle cinture di sicurezza e del casco in Italia (2000-2005)”, Istituto
Superiore di Sanità – Ministero dei Trasporti, 95 pp., 2006, rapporto
ISTISAN 06/39, ISSN 1123-3117 (scaricabile da www.iss.it o da
www.iss.it/stra )
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DATIS2, Istituto Superiore di Sanità – Ministero dei Trasporti, 351 pp.,
2005 (scaricabile da www.iss.it/stra )
F.Taggi, G.Dosi (a cura di) “Guida e comportamenti a rischio: risultati generali dell’indagine AMR 2003”, Istituto Superiore di Sanità, 70 pp., 2004
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progetto DATIS, Istituto Superiore di Sanità – Ministero dei Trasporti,
463 pp., 2003 (scaricabile da www.iss.it/stra )
F.Taggi (a cura di) “Aspetti Sanitari della Sicurezza Stradale”, Ed. Istituto
Superiore di Sanità-Ministero dei Trasporti, pp. 173-180 (2003) (scaricabile da www.iss.it/stra )
F.Taggi, M.Giustini, G.Dosi “Alcune considerazioni sull’efficacia dell’obbligo di tenere accese di giorno le luci dei veicoli in base ai risultati degli studi
epidemiologici sull’effetto delle “Daytime Running Lights” (DRL)” , in
“Aspetti Sanitari della Sicurezza Stradale” a cura di F.Taggi, Ed.
93
IL SISTEMA ULISSE
Ministero dei Trasporti, pp. 451-460 (2003)
F.Taggi, G.Di Cristofaro Longo (a cura di) “I dati sociosanitari della sicurezza stradale” Ed. Istituto Superiore di Sanità-Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, pp. 55-62 (2001) (scaricabile da
www.iss.it/stra )
F. Taggi “Safety helmet law in Italy” , The Lancet, January 23, 182 (1988)
P.Iascone, F.Taggi “Variazione della prevalenza d’uso del casco nella guida
delle due ruote motorizzate indotta dall’introduzione della legge d’obbligo:
risultati nazionali” , Boll.Coll.Med.Ital. Trasporti 2, 5-10 (1988)
F. Taggi “Cinture di sicurezza: considerazioni statistico-epidemiologiche di
efficacia ed efficienza” , Boll.Coll.Med.It.Trasp. 3-4, 129-31 (1986)
F. Taggi “Un modello matematico per valutare la variazione della mortalità
conseguente all’introduzione obbligatoria dell’uso del casco di protezione nella
guida dei veicoli a due ruote motorizzati” , Boll.Coll.Med.Ital.Trasp. 5, 5160 (1984)
94
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Appendice I
Dati storici del Sistema Ulisse (2000-2007)
In questa appendice mostreremo alcuni risultati di interesse ottenuti
nello sviluppo del sistema Ulisse negli anni passati, come pure serie
storiche delle proporzioni d’uso rilevate o stimate. Questi risultati
riguardano l’uso delle cinture di sicurezza, per le quali si hanno dati
sufficientemente completi; per quel che riguarda l’uso del casco (che,
come detto, nel Nord e nel Centro ha raggiunto da tempo livelli molto
elevati, mentre nel Sud persiste una situazione a “macchia di leopardo”) si rimanda al rapporto Ulisse 2000-2005.
L’uso delle cinture di sicurezza
Nelle figure 1, 2 e 3 si possono osservare – in assenza di azioni speFig. 1 - Prevalenze d’uso delle cinture di sicurezza osservate in una
cittadina del Nord (zona periferica, punto singolo)
% uso cinture (2000-2003)
1 00.0
90.0
80.0
% Uso Cinture
70.0
60.0
50.0
Se rie1
40.0
30.0
20.0
10.0
0.0
0
10
20
30
40
50
60
seque nz a temporale de lle rileva zioni
D ARAT ISS 2003
95
IL SISTEMA ULISSE
Fig. 2 - Prevalenze d’uso delle cinture di sicurezza osservate in una
cittadina del Nord (zona urbana centrale, punto singolo)
% uso cinture (2000- 2001)
100 .0
90 .0
80 .0
% Uso Cinture
70 .0
60 .0
Ser ie1
50 .0
40 .0
30 .0
20 .0
10 .0
0 .0
0
10
20
30
40
50
60
sequenza tempor ale de lle rilev azioni
D ARAT ISS 2003
Fig. 3 - Prevalenze d’uso delle cinture di sicurezza osservate in una
cittadina del Nord (zona extraurbana, punto singolo principale e
punti occasionali)
% uso cinture (2000- 2001)
100 .0
9 0.0
% Uso Cinture
8 0.0
7 0.0
6 0.0
5 0.0
Se rie1
4 0.0
3 0.0
2 0.0
1 0.0
0.0
0
50
1 00
1 50
200
250
300
350
sequenza temporale delle rilevazioni
D ARAT ISS 2003
96
40 0
450
500
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
cifiche volte ad incrementare l’uso delle cinture di sicurezza - esempi della sostanziale stabilità delle proporzioni d’uso osservate nel
tempo in un singolo punto di rilevazione.
Nelle figg. 4, 5 e 6 si può rilevare l’incremento dell’uso dopo l’introduzione della Patente a Punti in alcune città monitorate.
Fig. 4 - Effetto Patente a Punti: prevalenze d’uso delle cinture di sicurezza osservate in una cittadina del Centro (zona extraurbana, punti
multipli)
% uso cinture (2000-2003)
100 .0
90 .0
% Uso Cinture
80 .0
70 .0
60 .0
Se rie1
50 .0
40 .0
30 .0
20 .0
10 .0
0.0
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
1 00
sequenza temporale delle rilevazioni
D ARAT ISS 2003
Nuove norme (dal 1-07-2003)
97
IL SISTEMA ULISSE
Fig. 5 - Effetto Patente a Punti: Prevalenze d’uso delle cinture di sicurezza
osservate in una cittadina del Nord (zona extraurbana, punto singolo)
% uso cinture (2000-2003)
100 .0
90 .0
% Uso Cintura
80 .0
70 .0
60 .0
50 .0
Ser e
i 1
40 .0
30 .0
20 .0
10 .0
0 .0
0
20
40
60
80
100
120
sequenza temporale delle rilevazioni
Nuove norme (dal 1-07-2003)
D ARAT ISS 2003
Fig. 6 - Prevalenze d’uso delle cinture di sicurezza osservate in una
grande città del Nord (zona periferica)
%uso cinture (zona periferica, punti multipli)
10 0.0
9 0.0
% Uso Cinture
8 0.0
7 0.0
6 0.0
Se rie1
5 0.0
4 0.0
3 0.0
2 0.0
1 0.0
0.0
0
20
40
60
80
10 0
120
1 40
16 0
180
sequenza temporale delle rilevazioni
Nuove norme (dal 1-07-2003)
D ARAT ISS 2003
98
99
0.0
10.0
20.0
30.0
40.0
50.0
60.0
70.0
80.0
90.0
100.0
200 0
41.0
2001
36.1
2002
40.3
2003
40.5
PaP
87.6
2004
85.6
2005
67.0
2006
79.7
Percentuali d'uso delle cinture di s ic urezz a dal 2000 al 2007 in una grande c ittà del Nord
80.2
2 007
Fig. 7 - Percentuali d’uso delle cinture di sicurezza dal 2000 al 2007 in una grande
città del Nord
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Nelle figg. 7 e 8 sono riportate le percentuali d’uso delle cinture di sicurezza (stimate nell’anno per il periodo 2000-2007) per due grandi città
italiane, la prima del Nord, l’altra del Centro:
100
0.0
10.0
20.0
40.0
30.0
50.0
70.0
60.0
80.0
90.0
100.0
2000
18.5
2001
22.6
200 2
39.1
2003
41.6
PaP
71.1
2004
66.2
2 005
66.1
2006
62.7
Perc entuali d'uso delle cinture di sicurez za dal 2000 al 2007 in una grande città del Centro
2 007
63.6
Fig. 8 - Percentuale d’uso delle cinture di sicurezza dal 200 al 2007 in una grande città del Centro
IL SISTEMA ULISSE
101
2001
2002
2003
PaP
2004
2005
2006
2007
SUD e ISOLE
40.0
2000
CENTRO
50.0
0.0
10.0
20.0
30.0
NORD
60.0
70.0
80.0
90.0
100.0
Perc entuali d'uso (pesate) delle c inture di sicurez za nelle macroaree dal 2000 al 2007
Fig. 9 - Percentuali annuali d'uso stimate per Nord, Centro e Sud-Isole nel
periodo 2000-2007
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
La fig. 9 riporta invece le percentuali annuali d’uso stimate per Nord,
Centro e Sud-Isole nel periodo 2000-2007:
102
0.0
20.0
40.0
60.0
80.0
100.0
2000
23.8
2001
29.4
2002
35.6
2003
48.0
PaP
83.5
2004
71.0
2005
72.5
71.6
2006
Perc entuali d'uso (pes ate) delle cinture di sicurez za in Italia dal 2000 al 2007
Fig. 10 - Percentuali annuali d'uso stimate per l’Italia nel periodo 2000-2007
2007
64.6
IL SISTEMA ULISSE
La fig. 10 riporta infine le percentuali annuali d’uso stimate per l’Italia
nel periodo 2000-2007.
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
L’uso del casco
Nella tab. 1 sono riportati, per alcune province presenti nel sistema dal
2000 ad oggi le proporzioni d’uso del casco osservate nei primi anni di
attivazione (2000-2002) a fronte di quelle rilevate nel 2006-2007.
Tab 1 - Proporzioni d’uso del casco in zona urbana e in zona extraurbana in alcune province italiane (anni 2000-2002 e 2006-2007)
anni
2000-2002
anni
2006-2007
89,1
99,3
91,7
96,0
99,6
99,7
99,1
99,2
99,7
98,7
96,2
92,6
92,9
58,2
57,6
60,8
48,2
92,3
99,5
100,0
99,7
100,0
100,0
100,0
100,0
99,8
96,3
99,7
100,0
98,2
100,0
56,6
97,3
81,4
71,5
95,0
95,5
98,5
99,6
100,0
35,2
64,5
73,1
99,7
100,0
100,0
97,1
47,7
100,0
99,8
Zona urbana
Alessandria
Genova
Milano
Venezia
Verona
Gorizia
Bologna
Forlì Cesena
Firenze
Lucca
Ancona
Perugia
Roma
Napoli
Matera
Catanzaro
Reggio Calabria
Cagliari
Zona extraurbana
Milano
Venezia
Gorizia
Perugia
Napoli
Catanzaro
Cagliari
103
IL SISTEMA ULISSE
Come si osserva, in moltissimi casi le proporzioni d’uso, già elevate
all’inizio, si sono ulteriormente rinforzate, mentre altre - all’inizio più
limitate - sono in genere lontane da una saturazione dell’uso, ad eccezione della provincia di Matera passata dal 57,6% al 97,3% d’uso.
Analogo discorso può essere svolto per le province di cui si ha la serie
storica per l’uso in zona extraurbana.
Al fine di comprendere quanto il metodo che applicheremo nel 2008
(rilevazioni in proprio da parte dell’Istituto Superiore di Sanità) possa
migliorare l’affidabilità dei rilevamenti, come pure la loro rappresentatività, si rifletta attentamente sul seguente fatto, che rappresenta un
classico errore sistematico introdotto da un’autoselezione dei rilevatori, caratteristico delle indagini basate su partecipazione volontaria. Il
fatto consiste in questo: laddove le proporzioni d’uso risultano essere
elevate, il rilevatore continua a partecipare negli anni al sistema; laddove invece le proporzioni d’uso sono molto basse, o comunque insoddisfacenti, dopo qualche tempo il rilevatore abbandona il sistema. Tutto
questo, ampiamente verificato all’interno del sistema Ulisse (e questo
spiega molti abbandoni osservati nelle regioni del Sud), fa sì che se si
proiettano a tutto il territorio nazionale le proporzioni rilevate, cioè
quelle fornite dai rilevatori partecipanti, si perverrebbe a una sovrastima della proporzione d’uso, in quanto, specificamente le regioni del
Sud verrebbero rappresentate generalmente da proporzioni d’uso elevate, relative tuttavia - a causa dell’autoselezione - a situazioni di per
sé molto soddisfacenti, tali da far sì che i rilevatori non abbandonino il
sistema.
La presenza del sottile errore sistematico che abbiamo ora brevemente
illustrato fornisce un’ulteriore motivazione che ci ha portato a non proiettare a livello nazionale le proporzioni d’uso rilevate per il casco.
Come già detto, un approfondimento relativo a questa situazione e ad
altri aspetti è stato ampiamente discusso nel Rapporto Ulisse 2000-2005
cui si rimanda per maggiori dettagli.
104
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Appendice II
Partecipanti al Sistema Ulisse (2007, 2000-2006)
Appendice II.A
ENTI E SOGGETTI CHE HANNO ADERITO AL “SISTEMA ULISSE” E COLLABORATO ALLE RILEVAZIONI NEL 2007
Abruzzo
ASL 6 di Teramo – Dr. Antonio Carogna
Associazione Familiari Vittime della Strada di Chieti – Sig.a Vitalina Labate
Basilicata
ASL 2 di Potenza – Dr. Rocco Perrotta
Associazione Familiari Vittime della Strada di Matera – Sig. Domenico
Carlomagno
Calabria
ASL 7 di Catanzaro – Dr. Bernardo Cirillo
ASL 11 di Reggio Calabria – Dr. Domenico Allegra
Campania
ASL n. 2 di Avellino, Direzione Sanitaria Aziendale - Dr. Francesco
Santangelo. Dr.ssa Alessandra Antocicco
ASL Napoli 5 di Castellammare di Stabia (NA) – Dr. Francesco Giugliano
Emilia Romagna
ASL 5 di Bologna – Sig.a Simona Benassi
Associazione Familiari Vittime della Strada di Bologna – Sig. Virgilio Rende
ASL 12 di Cesena (FC) – Dr.ssa Nicoletta Bertozzi
Friuli Venezia Giulia
Genio Civile di Gorizia – Sig. Massimo Biasol
Lazio
ASL RMb – Dr.ssa Ivana Ciaramella
Associazione Familiari Vittime della Strada di Roma – Ing. Luciano Fantini
Istituto Superiore di Sanità, Roma – Sig.a Cinzia Cedri, Sig.a Antonella
Crenca, Dr. Giancarlo Dosi, Sig. Gianni Fondi, Dr. Marco Giustini
105
IL SISTEMA ULISSE
Liguria
Associazione Familiari Vittime della Strada di Genova – Sig. Giovanni
Bettanini
Lombardia
ASL 8 Città di Milano – Dr.ssa Anna Silvestri
ASL 9 Milano 1, Magenta (MI) – Dr.ssa Maira Bonini
ASL 11 Milano 3, Monza e Brianza – Dr. Giuseppe Monaco
ASL 14 Varese – Dr. Roberto Bardelli
Associazione Familiari Vittime della Strada di Brescia – Sig. Roberto Merli
Marche
Ministero dei Trasporti, Provveditorato Regionale OO.PP. per le Marche,
Ancona – Geom. Fabio Andrenacci, Sig. Filiberto Angeloro, Sig.a Laura
Bentivoglio Magner, Sig.a Chiara De Gregorio, Ing. Attilio Fralleone, Sig.
Irene Licalfi, Geom. Mario Franco Stamile
ASL n. 7 di Ancona, Ufficio Promozione della Salute – Dr.ssa Elisabetta
Bernacchia, Dr. Stefano Berti , Mar. Sandro Cionchetti, Dr. Nicolino Di Tanna
Carfagna, Dr. Giuseppe Donato, Dr.ssa Pierpaola Pierucci
ASL n. 5 di Jesi (AN), Sert – Dr. Franco Burattini, Dr.ssa Laura Castiglioni, Dr.
Sauro Sandroni
Urbino (ASUR Marche - Zona Territoriale 2) Gianfranco Cantarini, Jacqueline
Van Will
Fabriano (ASUR Marche - Zona Territoriale 6) Virgilio Bernardi, Emanuela
Tartarelli
Macerata (ASUR Marche - Zona Territoriale 9) Annalisa Baryoli, Paolo Del
Savio, Francesco Nottolini, Mauro Senigagliesi
Fermo (ASUR Marche - Zona Territoriale 11) Mario Paci
Ascoli Piceno (ASUR Marche - Zona Territoriale 13) Claudia Cannella,
Adamo Conti, Augusto Girardi, Quinto Mariani, Quirino Olori
Coordinamento regionale ASUR Marche, Daniel Fiacchini, Fabio Filippetti,
Meri Paolucci, Giuliano Tagliavento
Piemonte
ASL 5 di Collegno (TO) – Sig. Marco Maniezzo
ASL 6 di Ciriè (TO) – Sig. Vincenzo Incalza
Azienda ULSS n. 20, Dipartimento di Prevenzione, Servizio Igiene e Sanità
Pubblica, Tortona (AL) – Dr.ssa Maria Antonietta Brezzi, Dr.ssa Maria Luisa
Repregosi
Azienda ULSS n. 22, Aqui Terme, Novi Ligure, Ovada, Servizio Igiene e
Sanità Pubblica, Novi Ligure (AL) – Dr.ssa Chiara Scaglia, Dr. Roberto
Simonassi
Associazione Familiari Vittime della Strada di Gassino (TO) –Sig. Giovanni
Scalzo
Associazione Familiari Vittime della Strada di Cuneo – Sig. Aldo Abello
Puglia
Ministero dei Trasporti, Provveditorato OO.PP: per la Puglia, Bari, Ispettorato
Regionale Circolazione e Sicurezza Stradale – Sig. Giuseppe Caforio, Dr.ssa
106
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
Concetta Calcante, Sig. Giovanni D’Addiego, Sig. Nicola Marzano, Geom.
Ignazio Pansini, Sig. Francesco Panzarino
Sardegna
Ministero dei Trasporti – Ufficio del Genio Civile di Cagliari – Ing. Mario
Sergio Vargiu – Sig. Rinaldo Orazio Sulis - Sig. Rinaldo Cotza – Sig. Emanuele
Fanni – Sig. Giovanni Pili – Sig. Luigi Vessillo – Sig. Antonello Puddu
Sicilia
Associazione Familiari Vittime della Strada di Messina – Prof.ssa Giuseppa
Cassaniti Mastrojeni
Toscana
ASL 3 di Pistoia – Dr. Hartmut Sasse
ASL 10 di Firenze – Dr.ssa Anna Mersi
ASL 11 di Empoli (FI) – Dr. Antonio Panzardi
Trentino Alto Adige
Osservatorio Epidemiologico Regionale di Trento – Sig.a Antonella D’Alpaos
Umbria
ASL 1 Città di Castello (PG) – Dr.ssa Daniela Felicioni
ASL 3 di Foligno – Dr.ssa Anna Rita Bucchi, Sig. Renzo Lipparelli, Sig.
Francesca Mattioli
Associazione Familiari Vittime della Strada di Perugia – Sig.a Monica
Marinelli
Veneto
ASL 13 di Mirano (VE) – Dr.ssa Maria Luisa Fabris, Dr. Flavio Valentini
Associazione Familiari Vittime della Strada di Venezia – Sig.a Pierina Guerra
Associazione Familiari Vittime della Strada di Marcon (VE)– Sig. Andrea
Follini
ASL 20 Verona – Dr.ssa Silvana Manservisi
Appendice II.B
ENTI E SOGGETTI CHE HANNO ADERITO AL “SISTEMA ULISSE” E COLLABORATO ALLE RILEVAZIONI NEL PERIODO 20002006
Abruzzo
AZIENDA ULSS – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SERVIZIO IGIENE,
EPIDEMIOLOGIA E SANITA’ PUBBLICA – TERAMO – Dr. Leonardo RICOTTI - Dr. Antonio PAROGNA – Dott. Antonio DI ROCCO – Sig. Vincenzino
LENZI
Basilicata
AZIENDA ULSS N. 2 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – POTENZA Dr. Rocco PERROTTA
107
IL SISTEMA ULISSE
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA BASILICATA – UFFICIO OPERATIVO DI POTENZA – Ing.
Francesco D’EUGENIO
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA BASILICATA – UFFICIO OPERATIVO DI MATERA SEZIONE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – Ing. Saverio RICCARDI - Sig. Mario ARTERIA – Sig.ra Marcella CAMPAGNA – Sig.ra Lucia
Maria Angela CENTOLANZE – Sig. Marco CRISTALLO – Sig. Michele DE
SIMMEO – Sig.ra Antonia ETTORRE – Sig. Tommaso MARAGNO – Sig.
Giuseppe Pompeo MONTESANO – Sig. Mario Franco MONTESANO – Sig.
Vito Davide NICOLETTI – Sig. Giuseppe PENTASUGLIA – Sig. Michele PLASMATI – Sig. Rocco POSTIGLIONE – Sig.ra Patrizia SCAPPATURA – Sig.ra
Maria Bruna TATARANNI - Sig. Angelo TEDESCO – Sig. Antonio VAMMACIGNO
Calabria
ASL N. 4 DI COSENZA – U.O. DI EPIDEMIOLOGIA E STATISTICA SANITARIA – Dr. Francesco SCONZA – Dr.ssa Amalia DE LUCA – Dr. Nello GUCCIONE
AZIENDA ULSS N. 7 – SERVIZIO DI PREVENZIONE, IGIENE E SICUREZZA
NEI LUOGHI DI LAVORO – CATANZARO – Dr. Bernardo CIRILLO - Sig.ra
Anna Elisa METALLO - Sig.ra Simona FULCINITI - Sig.ra Sabrina SCERBO
AZIENDA ULSS N. 11 – U.O. DI EPIDEMIOLOGIA E STATISTICA – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – REGGIO CALABRIA - Dr. Domenico ALLEGRA – – Dr.ssa Maria PANZERA
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA CALABRIA – ISPETTORATO GENERALE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – SEZIONE DI CATANZARO – Sig. Vincenzo
SANDULLI – Sig. Pierino CERRELLI – Sig. Roberto COLOSIMO – Sig.
Antonino DI PIETRO – Sig. Giancarlo FRUSCIO – Sig. Romualdo GULLI’ – Sig.
Giuseppe MUSOLINO – Sig. Fabio PAONE – Sig. Vito RUBINO – Sig. Ottavio
SANTULLI - Sig. Maurizio BASTA – Sig. Domenico CRISTOFALO – Sig. Luigi
GIUDICE – Ing. Direttore Vincenzo SERGIO – Sig. Adelio RUSCIO – Dr.
Giovanni BORRELLI – Sig. Antonio CICALA – Sig. Luigi FERRARO – Sig.
Antonio FREGA – Sig. Gaetano GAUDIO – Sig. Francesco MAGGIOLINI – Sig.
Mario PELLEGRINO – Ing. Francesco TRECROCI – Ing. Franca VAMPO – Dr.
Luciano ARCUDI – Arch. Francesco FONTEGUONO – Sig. Nicola MACRI’ –
Sig.ra Anna Maria REGOLO – Sig. Antonino ROMEO – Sig. Rinaldo LAPPANO – Dr. Antonio NAPOLITANO – Dr. Riccardo NAPOLITANO – Sig. Libero
PAGLIARO – Sig. Paolo PAPALINO – Sig. Salvatore RIPEPI – Sig. Annunziato
VAZZANA
Campania
ASL N. 1 DI NAPOLI – SERVIZIO DI EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE –
Prof. Andrea SIMONETTI – Dr.ssa Patrizia NASTI – Sig.ra Linda SORBILLI
ASL N. 2 DI AVELLINO – DIREZIONE SANITARIA AZIENDALE – Dr.
Francesco SANTANGELO - Dr.ssa Alessandra ANTOCICCO
108
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
ASL N. 2 DI CASERTA – DIPARTIMENTO DI EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE – Dr. Crescenzo BOVE
AZIENDA ULSS N. 5 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SERVIZIO EPIDEMIOLOGIA E PREVENZIONE - POMPEI (NA) - Dr. Francesco GIUGLIANO
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA CAMPANIA – UFFICIO OPERATIVO DI NAPOLI SEZIONE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – Ing. Emilio BIZZARRI – Dr. Luigi VARRIALE – Sig. Antonio D’AMBROSIO
Emilia Romagna
ASL DI CESENA – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – Dr. Luigi SALIZZATO – Dr.ssa Nicoletta BERTOZZI - Dr.ssa CARROZZO – Dr. Fabio MOLARI – Dr. Roberto QUADALTI – Dr.ssa Patrizia VITALI
ASL CITTA’ DI BOLOGNA - C.S.E.S. – PROGETTO SALUTE – Sig.ra Simona
BENASSI – Sig.ra Annarita CAPASSO – Sig. Callisto VALMORI – Sig.
Giuseppe LACAVA
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER L’EMILIA ROMAGNA – BOLOGNA – Geom. Sergio DI FRESCO - Geom. Antonio PALAMARA - Sig. Pietro MORLINO – Geom. Lino PINI
– Sig.ra Franca ANGIUS – Sig.ra Fulvia FORTE – Sig. Rinaldo BUCCHI –
Geom. Massimiliano DI BLASIO – Geom. Emanuele DEGLI ESPOSTI
POLIZIA STRADALE – MAGISTRATO DEL PO – SERVIZIO DI PIENA DI
PARMA – Personale del Magistrato per il Po di Parma ed Uffici Operativi coordinati dall’Ing. Francesco CERCHIA e dai Vice Coordinatori Geom. Primo
OCCHIALINI e Geom. Franco DA SCORNO
COMUNE DI RIMINI – COMANDO POLIZIA MUNICIPALE - UFFICIO
EDUCAZIONE STRADALE – Vice Com. Leonardo FAZZIOLI - Ass. Paola DA
COSTA – Dr.ssa Milena PERAZZINI – Dr. Paolo PASINI – Ass. Soc. Vol.
Margherita CARBELLOTTI – Ass. Soc. Cabiria TIRABOSCHI – Dr.ssa Paola
BAFFONI – Sig.ra Loredana SARTINI – Dr.ssa Maria Grazia PISCAGLIA – Dr.
Luca MONTANARI – Dr.ssa Maria Stella SALARIS – Dr.ssa Patrizia CANINI
– Dr. Alessandro RAVASIO – Dr.ssa Maria Grazia PISCAGLIA – Sig. Massimo
LILLA – Sig. Morris BARATTI – Sig. Andrea ASTOLFI – Sig. Stefano BENEDETTINI – Sig. Lorenzo SAPUCCI – Sig. Alessandro NUCCI – Sig. Michele
GIARDINI
Lazio
MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI (ora MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI) - Ispettorato Circolazione e Sicurezza Stradale – Dott.ssa
Maria Grazia GIOVENCO, Ing. Pasquale CIALDINI, Arch. Alberto TODARO,
Dott. Mario COBRE, Dott.ssa Maristella CIANCIO, Dott.ssa Elisabetta MARGHERINI
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER IL LAZIO – UFFICIO SPECIALE DEL GENIO CIVILE PER LE
OO.PP. DELLA CAPITALE – Ing. Raffaele DE PALATIS – Geom. Agostino RICCARDELLI
109
IL SISTEMA ULISSE
STUDIO DENTISTICO “LUCCHESE-GRIMALDI” DI FROSINONE – Dott.
Gerardino GRIMALDI – Dott.ssa Alessandra PALUMBO
ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME DELLA STRADA – SEDE DI ROMA Ing. Luciano FANTINI
Liguria
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI - PROVVEDITORATO REGIONALE OO.PP. PER LA LIGURIA – GENOVA – SEZIONE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – Dr.ssa Lucia ANASTASIO - Sig.
Riccardo ASSENZIO – Sig. Vittorio LAZZARONE – Sig.ra Marilena PORFIDO
– Sig.ra Alessandra BUZZONE – Sig.ra Franca ANTONETTI – Sig. Pasquale
SALVO – Sig. Stefano TENDOLA – Sig. Rosario GANCI
Lombardia
ASL DELLA PROVINCIA DI MILANO N. 1 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – Dr. Pasquale PELLINO – Dr.ssa Maira BONINI – Dr. Domenico
COTRUPI – Dr. Graziano ORI – Dr. Aldo PIGORINI – Sig.ra Diana BONALI –
Sig.ra Elena BORGHI – Sig. Giuseppe CISALGHI – Sig.ra Cristina COLOMBO
– Sig. Cosimo QUIETANO – Sig.ra Susanna DELLA VEDOVA – Sig. Giuseppe
DRAGOTTO – Sig. Roberto SISTI – Sig. Vito PIZZO
ASL DELLA PROVINCIA DI LODI – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE –
Dr. Marco CARAZZINA - Dr. Carlo ROZZONI – Dr. Cesare RUSCA – Dr.ssa
Marzia SORESINI – Sig.ra Rosanna CASELLA – Sig. Luigi FERRARI – Sig.
Mario MAZZI - Sig.ra Laura MONICA – Sig. Roberto RIBOLDI – Sig. Maurizio
ROSSI – Sig.ra Milva ROVEDA – Sig. Anna Maria SCARAVAGGI
ASL DELLA PROVINCIA DI SONDRIO – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – Dr. Carlo BARLASSINA – Dr. Roberto TESSANDORI – Dr.ssa Jacqueline
FRIZZA – Sig. Giuseppe FABANI
AZIENDA ULSS DELLA PROVINCIA DI VARESE – SERVIZIO DI MEDICINA
PREVENTIVA NELLE COMUNITA’ – VARESE - Dr. Renato SOMA - Dr.
Roberto BARDELLI
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI - PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA LOMBARDIA – ISPETTORATO GENERALE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – SEZIONE DI MILANO – Sig. Riccardo
MAURIELLO – Sig. Mario BERNARDI – Sig. Piersante CARLI – Sig. Gaetano
COLACINO – Sig. Danilo DE CAMPO – Sig. Francesco DI DONNA – Sig.
Antonio ESPOSTI – Sig. Adelino FABIANO – Sig. Roberto FALSETTI – Sig.ra
Carla FERRARI - P.O. Luigi FREGA – Sig. Gerardo GRIECO – Sig. Rosolino
INTERBARTOLO - Sig.ra Lara PODESTA’ – Sig.ra Angela QUAGLIATA –
Sig.ra Francesca RICCIARDI – Sig. Raffaele ROSSI – Sig. Stefano SANTI
Marche
ASL N. 5 DI JESI (AN) – SERT – Dr. Franco BURATTINI – Dr. Sauro SANDRONI – Dr.ssa Laura CASTIGLIONI
ASL N. 7 DI ANCONA – UFFICIO PROMOZIONE DELLA SALUTE – Dr.
Stefano BERTI – Mar. Sandro CIONCHETTI – Dr. Nicolino DI TANNA CARFAGNA – Dr.ssa Elisabetta BERNACCHIA – Dr.ssa Pierpaola PIERUCCI – Dr.
Giuseppe DONATO
110
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO REGIONALE OO.PP. PER LE MARCHE – ANCONA – Ing. Attilio FRALLEONE – Geom. Mario Franco STAMILE – Geom. Fabio ANDRENACCI – Sig.
Filiberto ANGELORO – Sig.ra Chiara DE GREGORIO – Sig.ra Laura BENTIVOGLIO MAGNER – Sig.ra Irene LICALFI
Molise
ASL N. 3 DI CAMPOBASSO “CENTRO MOLISE” – Dr. Sergio RAGO – Dr.
Michelino LOMBARDI
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP PER IL MOLISE – CAMPOBASSO – SEZIONE CIRCOLAZIONE E
TRAFFICO – Ing. Antonio TRIVISONNO - Dr. Adolfo Celeste MENOTTI –
Arch. Antonio SARACINO – Sig. Diodorino VETERE – Sig. Osvaldo RAMUNDI – Sig.ra Rossana CARUSO – C.T. Daniela MAGLIETTA – Sig.ra Daniela
MAMMARELLA – Ing. Claudio FALCIONE – Sig. Renato CASTALDI – C.T.
Franco FRATINI – C.T. Antonio DEL BIANCO – C.T. Peppino FARDONE – C.T.
Ambrogio RICCHIUTI
Piemonte
AZIENDA ULSS N. 5 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SERVIZIO
IGIENE E SANITA’ PUBBLICA - COLLEGNO (TO) – Dr. Nicola SUMA - Sig.
Marco MANIEZZO
AZIENDA ULSS N. 6 DI CIRIE’ – UNITA’ OPERATIVA AUTONOMA IGIENE
E SANITA’ PUBBLICA – LANZO TORINESE (TO) – Dr. Alberico ARMOCIDA
- Sig. Vincenzo INCALZA
ASL N. 14 DI OMEGNA (VB) – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE - SERVIZIO IGIENE PUBBLICA – Dr. Paolo FERRARI
AZIENDA ULSS N. 20 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SERVIZIO
IGIENE E SANITA’ PUBBLICA – TORTONA (AL) – Dr.ssa Maria Antonietta
BREZZI - Dr.ssa Maria Luisa REPREGOSI
AZIENDA ULSS N. 22 ACQUI TERME, NOVI LIGURE, OVADA – SERVIZIO
IGIENE E SANITA’ PUBBLICA – NOVI LIGURE (AL) – Dr.ssa Chiara SCAGLIA – Dr Roberto SIMONASSI
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER IL PIEMONTE – TORINO – ISPETTORATO CIRCOLAZIONE
E TRAFFICO – Sig. Paolo VIGNALI – Sig. Guido BRANCALEONI – Sig.
Mauro BRIZIO – Sig.ra Luciana CACCIAMANI – Sig.ra Gabriella CERRA –
Sig. Pietro CONFORTI – Sig.ra Roberta CONTI – Sig.ra Maria Grazia DI BLASI
– Ing. Antonio FIDELIBUS – Sig.ra Silvana GIOE’ – Sig. Giuseppe LO MAZZO
– Sig.ra Francesca LUBRANO – Sig.ra Angela MADEO – Sig.ra Norma MAGRI
– Ing. Anna MONACO – Sig.ra Adriana PENASSO – Sig. Giovanni MANCARDI - Sig. Angelo PUOPOLO – Sig.ra Sabrina RANGO – Sig.ra Margherita VERCELLONE – Sig. Alessandro MANCINI – Ing. Massimo DEL GAUDIO
Puglia
PRESIDIO OSPEDALIERO ”TESTA” DI TARANTO – DIPARTIMENTO DI
PREVENZIONE – SERVIZIO PREVENZIONE E SICUREZZA NEGLI
AMBIENTI DI LAVORO – Dr. Michele CONVERSANO – Dr. Francesco BAI111
IL SISTEMA ULISSE
LARDI – Dr. Egidio BATTISTA – Dr. Archita MASTROCINQUE
ASL N. 3 DI FOGGIA – U.O. DI EPIDEMIOLOGIA E STATISTICA – Dr.
Vincenzo DI MARTINO – Dr.ssa Lucia FRISOLI – Sig.ra Paola LEPORE – Sig.
Luigi BONFIGLIO
ASL N. 8 DI CAGLIARI – DIREZIONE GENERALE - UFFICIO RELAZIONI
ESTERNE – Dr.ssa Assunta FERRARACCIO – Dr.ssa Sandra MULAS – Dr.
Antonio PODDA – Sig. Giuliano FRAU – Sig. Mario SECHI – Sig.ra Miranda
PISU – Sig.ra Adriana MONNI – Sig.ra Delia SCHINTU
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA PUGLIA – BARI – ISPETTORATO REGIONALE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – Geom. Ignazio PANSINI – Sig.
Francesco PANZARINO – Sig. Nicola MARZANO – Sig. Giovanni D’ADDIEGO – Sig. Giuseppe CAFORIO – Dr.ssa Concetta CALCANTE – Sig. Cosimo
MICELLI – Sig. Nicola MINCUZZI – Dr.ssa Daniela CARLUCCI – Sig.
Domenico MACCHIA – Sig. Aldo COTA – Sig. Pio DI CARLO
Sardegna
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – UFFICIO DEL
GENIO CIVILE PER LE OO.MM. – CAGLIARI – ISPETTORATO GENERALE
CIRCOLAZIONE E SICUREZZA STRADALE – SEZIONE SARDEGNA – Ing.
Mario Sergio VARGIU – Sig. Rinaldo Orazio SULIS - Sig. Rinaldo COTZA – Sig.
Emanuele FANNI – Sig. Giovanni PILI – Sig. Luigi VESSILLO – Sig. Antonello
PUDDU
Sicilia
ASL N. 7 DI RAGUSA – UFFICIO DI IGIENE – Dr. Giuseppe FERRERA
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA SICILIA – PALERMO – CIRCOLAZIONE E SICUREZZA
STRADALE – Ing. Antonio DOTTO - Ing. Giuseppe BUFFA – Ing. Andrea
TAGLIAVIA – Dr. Giovanni SALMERI – Sig. Antonino SPITALERI – Geom.
Calogero PULLARA – Geom. Matteo ADAMO – Geom. Gaetano JANIA –
Geom. Pietro MARVUGLIA – Geom. Giuseppe DE SANTIS
ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME DELLA STRADA – SEDE DI MESSINA -Prof.ssa Giuseppa CASSANITI MASTROJENI
Toscana
AZIENDA ULSS N. 2 LUCCA – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE –
CAPANNORI (LU) – Dr. Luca RICCI
AZIENDA ULSS N. 3 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SERVIZIO
IGIENE E SANITA’ PUBBLICA – PISTOIA – Dr.ssa Wanda WANDERLINGH Dr.ssa Lidia MARINO MERLO - Sig. Piero BARTOLINI – Sig. Gianni CALISTRI – Sig.ra Milena GIAGNONI
AZIENDA ULSS N. 10 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – FIRENZE –
Dr.ssa Gianna CIAMPI - Dr.ssa Anna MERSI
AZIENDA ULSS N. 12 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – VIAREGGIO
(LU) – Dr. Giuliano ANGOTZI - Sig. Antonino ROAS
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI - PROVVEDITORATO OO.PP. PER LA TOSCANA – SEZIONE CIRCOLAZIONE E SICUREZZA
112
SECONDA PARTE
- I DATI DEL SISTEMA ULISSE
STRADALE – FIRENZE – Ing. Sergio FITTIPALDI - Sig. Antonio GUIDA – Sig.
Ernesto DE FEO – Sig. Valeriano CANNIZZARO – Sig. Raniero TINAGLI –
Sig. Paolo MORETTI
ISTITUTO COMPRENSIVO “CONVENEVOLE DI PRATO” – Prof. Franco
FARINA - Prof.ssa Viviana BRUNI – Gli studenti della III classe della Scuola
Media “POLO”
Trentino Alto Adige
OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO DI TRENTO – DIREZIONE PER LA
PROMOZIONE E L’EDUCAZIONE ALLA SALUTE – Sig.ra Antonella D’ALPAOS – Sig.ra Marika GIOVANNINI – Sig.ra Marisa FORADORI – Sig.ra
Albina VALZOLGHER – Sig. Paolo GUARISCI
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. DI TRENTO – GENIO CIVILE DI BOLZANO – Dr. Giovanni SALVIA – Rag. Nicola FAGGIANO – Sig. Sergio SCIERI
Umbria
AZIENDA ULSS N. 1 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – GUBBIO (PG)
– Dr.ssa Daniela FELICIONI - Sig.ra Cinzia PROCACCI
AZIENDA ULSS N. 3 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SEDE DI NORCIA – NORCIA (PG) - Dr.ssa Anna Rita BUCCHI
AZIENDA ULSS N. 3 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SEDE DI FOLIGNO – FOLIGNO (PG) - Sig.ra Francesca MATTIOLI - Sig.ra Federica PETESSE
AZIENDA ULSS N. 3 – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – SEDE DI SPOLETO – SPOLETO (PG) - Sig. Fabrizio CERASINI - Sig. Renzo LIPPARELLI
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E TRASPORTI – PROVVEDITORATO OO.PP. PER L’UMBRIA – ISPETTORATO GENERALE CIRCOLAZIONE E
SICUREZZA STRADALE – SEZIONE REGIONALE DELL’UMBRIA – Arch.
Francesco di NITTO – Sig. Claudio AGOSTINELLI – Sig. Franco BASTIANELLI – Sig. Sergio BEVILACQUA – Sig.ra Susanna Maria BLANCO – Sig. Mario
CROCETTI – Sig.ra Maddalena COZZARI – Sig. Nazzareno DESIDERI – Sig.
Antonio GALIANO – Sig. Pasquale GIULIANI – Sig. Amerigo GORI – Sig.ra
Marisa LANDI – Sig. Antonio MARZIALI – Sig.ra Iole MATTEUCCI – Sig.ra
Alessandra PANCIANESCHI – Sig. Alvaro PECORARI – Sig. Giuseppe RAPAIOLI – Sig. Gianni SCHIAPPI – Sig. Fabrizio SILVESTRI – Sig. Andrea TARADDEI – Sig. Vito TIACCI – Sig. Maurizio TASCIATTI
ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME DELLA STRADA – SEDE DI PERUGIA - RESINA (PG) - Sig.ra Monica MARINELLI
Veneto
ASL N. 13 DI DOLO (VE) – OSSERVATORIO EPIDEMIOLOGICO - DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – Dr. Flavio VALENTINI - Dr.ssa Maria Luisa
FABRIS – Sig. Roberto BERTOLIN - Sig. Pasqualino SASSO
ASL N. 20 DI VERONA – DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE – Dr. Massimo
VALSECCHI – Dr.ssa Silvana MONSERVISI – Dr.ssa Lucia DE NONI
ISTITUTO DI MEDICINA LEGALE E DELLE ASSICURAZIONI – UNIVERSITA’ DI PADOVA – Prof. Santo Davide FERRARA – Dr. Raffaele GIORGETTI –
113
IL SISTEMA ULISSE
Dr. Silvano ZANCANER – Dr. Alessandro FONTANA
MINISTERO INFRASTRUTTURE E TRASPORTI - SERVIZI INTEGRATI
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI VENETO, TRENTINO ALTO ADIGE,
FRIULI VENEZIA GIULIA – SETTORE INFRASTRUTTURE – UFFICIO
GENIO CIVILE DI GORIZIA – Dott. Ing. Francesco SORRENTINO - Sig.
Massimo BIASIOL
ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME DELLA STRADA – VENEZIA - Sig.ra
Pierina GUERRA
ASSOCIAZIONE FAMILIARI VITTIME DELLA STRADA – COMUNE DI
MARCON (VE) – Sig. Andrea FOLLINI.
114
TERZA PARTE
PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
IL SISTEMA ULISSE
116
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Fattori di rischio per la sicurezza stradale,
loro prevalenza e loro impatto nella genesi
dell’incidentalità
Franco Taggi
Reparto “Ambiente e Traumi”
Dipartimento Ambiente e connessa Prevenzione Primaria
Istituto Superiore di Sanità
Introduzione
I problemi della sicurezza stradale sono oggi sotto l’attenzione di tutti.
Le ragioni di questo interesse appaiono diverse, ma quella più importante sembra essere l’eco suscitata dall’obiettivo che l’Unione Europea
ha proposto ai Paesi che la costituiscono: diminuire per il 2010 del 50%
le conseguenze devastanti degli incidenti stradali (morti, invalidi, ricoveri, ecc.).
Questa decisione dell’Unione rappresenta una delle prove tangibili di
un profondo cambiamento culturale che si sta verificando da qualche
tempo su questo tema.
Per fare un solo esempio, la visione (da tempo confutata) dell’ineluttabilità degli incidenti stradali sta lentamente scomparendo: l’evidenza
che questi eventi possono essere prevenuti con efficacia si sta imponendo a tutti i livelli, tra il pubblico, tra i decisori.
Ciononostante, l’impressione di chi scrive è che – sia pur nel favorevole cambiamento di scenario – alcuni concetti fondamentali che sono
alla base di scelte e decisioni volte a migliorare la sicurezza stradale
restino ancora troppo vaghi, anche tra gli addetti ai lavori.
Invero, le cose non sono così semplici in quanto gli incidenti stradali
costituiscono un fenomeno di “sistema” ad elevata complessità; tuttavia, per quanto arduo possa apparire, vale sempre la pena tentare di
esplicitare con accresciuta chiarezza certi punti di comprensione non
immediata, che sono alla base di un approccio razionale al fenomeno e
al suo controllo.
In questo ordine di idee, nel breve articolo che segue cercherò di met117
IL SISTEMA ULISSE
tere a fuoco quattro concetti-base:
quello di “Fattore di Rischio”;
quello di “Forza” del fattore di rischio;
quello di “Prevalenza” del fattore di rischio”;
quello di “Impatto” del fattore di rischio (in base alla sua forza e alla sua
prevalenza) sul quadro osservato dell’incidentalità.
Il “Fattore di Rischio”
Per “Fattore di Rischio” si intende una certa caratteristica che, se presente in un soggetto, tende a rendere più probabile il realizzarsi di un certo
evento indesiderato (più probabile rispetto a quanto può accadere ad
un soggetto a lui molto simile, che però non presenta la detta caratteristica).
Per chiarirci le idee, supponiamo che la caratteristica in questione sia
quella di fumare tabacco e che l’evento indesiderato sia l’insorgenza di
un tumore polmonare. Orbene, numerosi studi dimostrano che la probabilità di ammalarsi di tumore polmonare entro un dato periodo di
tempo è maggiore per soggetti che fumano rispetto a coloro che non
hanno mai fumato. Detto in parole crude, in un periodo di 20 anni, un
gruppo di 1000 fumatori “produrrà” più casi di tumore polmonare che
non un gruppo di 1000 non-fumatori, simili ai primi per sesso, età ed
altre caratteristiche.
Mettere in luce una relazione di questo genere non è sempre semplice
come potrebbe apparire a prima vista, ma è possibile: studi di questo
tipo fanno parte di una disciplina a cavallo tra la statistica e la medicina, che viene chiamata “Epidemiologia”.
Nel momento in cui disponiamo di prove concrete sull’effetto indesiderato della caratteristica in studio, potremo indicare detta caratteristica come “Fattore di Rischio”. Riferendoci all’esempio precedente, possiamo oggi affermare che il fumo di tabacco è inequivocabilmente un
fattore di rischio per l’insorgenza di tumore polmonare. Si osservi che
un certo fattore può essere un fattore di rischio per più eventi indesiderati: sempre in relazione al fumo di tabacco, esso risulta fattore di
rischio anche per altri tipi di tumore, malattie cardiovascolari, broncopneumopatia cronica ostruttiva, enfisema, ed altro ancora.
Venendo alla sicurezza stradale, di fattori di rischio ben studiati e messi
in luce, ce ne sono molteplici. D’altra parte, la guida di un veicolo è
un’attività delicata e complessa che può essere “disturbata” in innume118
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
revoli modi. Ad esempio, è ormai ben noto che guidare dopo aver consumato bevande alcoliche rende più probabile che il conducente si
renda responsabile di un incidente stradale grave o mortale.
Questo vuol dire, parafrasando quanto esposto nel caso del fumo, che
1000 conducenti che guidano sotto l’influsso dell’alcol “produrranno”
in un dato periodo più incidenti stradali rispetto a 1000 conducenti che,
a parità di tutte le altre condizioni, guidano sobri.
La “Forza” del Fattore di Rischio”
Una volta provato che una certa caratteristica è fattore di rischio per un
certo evento indesiderato, sembra importante chiedersi di “quanto”
essa aumenti il rischio nei soggetti che la presentano rispetto a quelli
che non la presentano. In altre parole, sempre riferendoci al fumo di
tabacco, se questa abitudine aumentasse la probabilità di ammalarsi di
tumore polmonare del 3% sarebbe un conto; ben diversa apparirebbe la
cosa se la probabilità aumentasse del 50% o del 150%.
Tanto per la cronaca, il fumo aumenta questa probabilità del 2370%!
Dunque, anche se chi non fuma ha comunque una certa probabilità di
ammalarsi di tumore polmonare, questa probabilità cresce in chi fuma
di circa 24 volte.
A questo punto viene naturale introdurre come misura della “forza”
del fattore di rischio quello che si chiama “Rischio Relativo”. Questa
grandezza, che indicheremo nel seguito con la scrittura RR, è un numero puro dato dal rapporto tra la probabilità di “generare” l’evento indesiderato tra chi presenta il fattore di rischio e quella di chi non lo presenta. Riferendoci all’esempio prima dato, il fumo comporta un rischio
relativo di ammalarsi di tumore polmonare pari circa a 24.
Nella pratica, quindi, dati due gruppi equinumerosi di soggetti simili
in tutto, tranne per il fatto che il primo è costituito da persone che non
hanno mai fumato e il secondo da fumatori, se in un certo tempo nel
primo gruppo una persona si ammala di tumore polmonare, nel secondo se ne ammaleranno circa 24!
Tornando alla sicurezza stradale, il rischio relativo (rispetto a chi è
sobrio) di provocare un incidente grave o mortale guidando in stato di
ebbrezza cresce molto rapidamente con la quantità di alcol presente nel
sangue del conducente (si osservi che questo avviene anche col fumo:
più sigarette si fumano più elevato è il rischio di ammalarsi di qualcosa di poco piacevole).
La misura della quantità di alcol che il soggetto ha in circolo si chiama
119
IL SISTEMA ULISSE
“Alcolemia” e viene espressa in diverse unità, in genere in termini di
peso-volume (peso dell’alcol contenuto in un certo volume di sangue).
Una sigla spesso usata è BAC, acronimo di “Blood Alcohol
Concentration”.
Nel seguito useremo come unità i milligrammi di alcol per 100 millilitri di sangue (mg/100ml). Dunque, dire che un soggetto ha alcolemia
pari a 70 mg/100ml significa che in 100 ml di sangue del soggetto ci
sono 70 milligrammi di alcol puro.
In base a molte sperimentazioni effettuate (anche su simulatori di
guida) si è visto che alcuni soggetti risentono degli effetti negativi dell’alcol già con alcolemie di appena 20mg/100ml; e questi effetti crescono rapidamente di intensità all’aumentare dell’alcolemia, riguardando
alfine la totalità dei soggetti.
Effettuando studi epidemiologici su conducenti che avevano causato
incidenti e su altri che non ne avevano causati (controlli), si è però
messo in luce che una reale pericolosità alla guida di chi ha bevuto
rispetto a chi è sobrio comincia ad evidenziarsi solo per alcolemie
superiori a 50mg/100ml.
Alla luce di questo risultato, confermato da più ricerche, il limite legale dell’alcolemia dei conducenti è stato perciò fissato pari a
50mg/100ml, ovvero 0.5g/l (ciononostante, ci sono molte ragioni che
segnalano come sarebbe bene evitare sempre di assumere bevande
alcoliche, anche in modesta quantità, se poi si deve guidare).
I numerosi studi epidemiologici svolti per quantificare l’andamento
del rischio relativo di provocare un incidente grave o mortale al crescere dell’alcolemia del conducente, trovano tutti una curva del tipo di
quella riportata in fig. 1.
Sull’asse delle ascisse figura l’alcolemia; su quello delle ordinate, il corrispondente rischio relativo. I punti rappresentano dati sperimentali; la
curva media l’andamento complessivo dei detti punti. Come si osserva, questa curva comincia a salire intorno ad un BAC di 50mg/100ml
e già a 100mg/100ml il RR è (mediamente) intorno a 5. A 120mg/100ml
il RR (sempre mediamente) supera 10; a 150mg/100ml siamosopra a
30; a 180mg/100ml siamo addirittura oltre 70.
Dunque, ad esempio, dati due gruppi equinumerosi di conducenti,
uno costituito da soggetti sobri, l’altro da soggetti simili in tutto ai
primi ma con alcolemia intorno a 150mg/100ml, se il primo gruppo
genererà un incidente grave o mortale, il secondo ne genererà più di 30!
120
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Fig. 1
SETTIMANA NAZIONALE DELLA SICUREZZA STRADALE
5 – 12 maggio 2002
RISCHIO RELATIVO DI PROVOCARE UN INCIDENTE GRAV E O MORTALE
IN FUNZIONE DELL’ALCOLEMIA DEL CONDUCENTE
70.0
rischio relativo
60.0
50.0
40.0
30.0
20.0
10.0
0.0
0
20
40
60
80
100 120 140 160 180
200
BAC (mg/100ml)
ISS – Reparto “AMBIENTE & TRAUMI”
La “Prevalenza” del Fattore di Rischio
Come abbiamo visto, per avere obiettivi elementi di giudizio il primo
passo è dimostrare se un certo fattore (o caratteristica) è davvero un fattore di rischio; il secondo passo è invece determinare quanto il fattore
aumenta il rischio (e questo lo si quantifica con il rischio relativo). Ma
c’è ancora un terzo passo da fare, assai importante, per poter decidere
la tipologia e l’urgenza delle azioni di prevenzione da promuovere:
quantificare il numero di soggetti che presentano il fattore di rischio.
Cerchiamo di capire meglio la cosa, riprendendo il discorso sul fumo.
Sappiamo con sicurezza, in base a tantissime ricerche, che il fumo fa
male, e molto. Ma se in Italia fumasse soltanto un certo signor Mario
Rossi, il problema non avrebbe quelle caratteristiche sanitarie drammatiche che invece presenta. Certo, a Mario Rossi il fumo farebbe comunque male, ma la cosa non avrebbe certo un carattere “sociale”: sarebbe
un problema del signor Rossi, essenzialmente suo. Poiché invece nel
nostro paese i fumatori sono milioni, la faccenda assume ben altri termini: milioni di fumatori comportano centinaia di migliaia di casi di
121
IL SISTEMA ULISSE
malattia che – in assenza dell’abitudine al fumo – non verrebbero a presentarsi. E il problema diventa allora sociale, per i tanti aspetti umani,
per la spesa sanitaria, per le perdite produttive, e così via dicendo.
E’ importante, quindi, per ben regolarsi su cosa fare in termini di prevenzione, conoscere anche quanti presentano il fattore di rischio, ovvero la proporzione di questi sulla popolazione in esame. Questa proporzione viene indicata in epidemiologia con il termine di “prevalenza”.
Quando diciamo che le rilevazioni del sistema Ulisse indicano che l’attuale prevalenza del mancato uso delle cinture di sicurezza in Italia è
pari al 30%, intendiamo dire che su 100 conducenti e trasportati anteriori osservati, 30 non la indossavano. Tenendo conto che ci sono circa
34 milioni di patenti di guida attive, questo significa che circa
10.200.000 conducenti (più circa 2.040.000 trasportati, visto che il tasso
medio di occupazione di un veicolo è pari a 1.2) risultano nei fatti non
protetti dalla cintura. In caso di incidente, poiché il rischio relativo di
morire o ferirsi più gravemente per il mancato uso della cintura è circa
2, questi soggetti avranno – a parità di tipologia di incidente - una probabilità doppia di morire, come pure lesioni doppiamente gravi rispetto a chi invece porta la cintura.
“Impatto” del fattore di rischio (e della sua prevalenza) sul quadro
osservato dell’incidentalità
Nota la forza del fattore di rischio (rischio relativo), e la sua prevalenza, è possibile quantificare con modelli matematici il suo impatto sul
quadro osservato dell’incidentalità (morti, feriti, ecc.), come pure valutare cosa succederà se si riesce in qualche modo a ridurre la sua prevalenza (o se la prevalenza aumenta).
L’argomento è un poco tecnico, ma credo di poter mettere in luce gli
aspetti di maggiore interesse usando al minimo la matematica. Mi servirò di un modello deterministico (ulteriormente semplificato per questa occasione) messo a punto nei primi anni ’80 allo scopo di valutare
preventivamente l’impatto nella riduzione del trauma cranico grave
della futura legge sull’uso obbligatorio del casco per gli utenti delle
due ruote motorizzate.
Torniamo indietro nel tempo e ripercorriamo il ragionamento seguito
per costruire uno strumento (il modello) rivelatosi poi idoneo a stimare quello che sarebbe accaduto con l’adozione obbligatoria del dispositivo.
Innanzitutto, era necessario essere sicuri che il non-portare il casco
122
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
fosse realmente un fattore di rischio per il trauma cranico (ma anche
che l’uso di detto dispositivo non comportasse effetti collaterali): questo risultava ben evidenziato da innumerevoli studi epidemiologici
svolti in paesi diversi, dove al crescere dell’uso del casco si riscontrava
sempre una riduzione dell’incidenza del trauma cranico, senza che fossero rilevati aumenti di altre lesioni indesiderate, nello specifico traumi del collo.
In secondo luogo, era necessario conoscere il valore del rischio relativo
di trauma cranico grave in chi non portava il casco rispetto a chi lo portava. Per stimare questa quantità, fu effettuata una meta-analisi degli
studi svolti in tutto il mondo, e fu così possibile stimare il rischio relativo di riportare un trauma cranico grave in un incidente delle due
ruote non indossando il casco rispetto a chi invece lo indossava.
Risultava RR=2 (circa). In altre parole, l’evidenza scientifica mostrava
che la probabilità di essere vittima di un trauma cranico grave era doppia nei centauri che non indossavano il casco rispetto a quelli che lo
indossavano. La stessa cosa era peraltro riscontrabile anche per traumi
cranici moderati o minori.
Vediamo ora come possono essere ulteriormente utilizzati questi elementi.
All’epoca (primi anni ’80) quasi nessuno portava il casco. La prevalenza del non-uso del dispositivo era quindi pari a circa 100%. Questo
100% di utenti non protetto (ovvero tutti) produceva nell’anno un certo
numero di traumi cranici gravi, diciamolo X. Che sarebbe accaduto se
una certa quota di utenti avesse preso ad indossare il casco (ovvero se
si fosse ridotta la prevalenza del fattore di rischio, nel caso presente il
non-uso del casco)?
In fig. 2 è sintetizzato in forma grafica il tutto.
Come si osserva da questa figura, nella situazione in cui nessuno
(100%) indossa il casco si generano in un certo periodo di tempo (es. un
anno) X traumi cranici gravi per incidenti delle due ruote motorizzate.
Supponiamo ora che, in seguito a certi provvedimenti, questa quota
scenda al 60% (ovvero, il 40% indossi il casco). Nell’anno, evidentemente, lo strato che non porta il casco produrrà un numero di traumi
cranici gravi come avveniva in precedenza, in questo caso pari a 0.6X.
D’altra parte, lo strato protetto (40%) che ne avrebbe prodotti senza
protezione 0.4X, ne produrrà invece la metà, cioè 0.4X / 2 = 0.2X.
Avremo, quindi, in questa nuova situazione un numero totale di traumi cranici gravi inferiore al precedente, pari a 0.6X + 0.2X = 0.8X. La
123
IL SISTEMA ULISSE
Fig. 2
PREVALENZA DEL NON-USO DEL CASCO
(Modello IPP)
0
100%
Prima
100%
Tot = X
X
0
Dopo
60%
60%
100%
40%
Tot = 0.8X
0.6X
0.4X / 2
ISS- Reparto “Ambiente e Traumi”
corrispondente variazione percentuale del numero dei traumi cranici
gravi tra i due periodi sarà quindi pari a (0.8X – X)/X = -0.2, che percentualizzata indica una riduzione del 20%.
Per comprendere meglio l’utilità di questo approccio nel valutare come
il sistema risponderà a certe variazioni della prevalenza dei fattori di
rischio, prendiamo ora in considerazione una perniciosa abitudine, in
netta crescita: quello dell’uso del cellulare durante la guida.
Proprio quest’anno, studi australiani hanno definitivamente dimostrato che il rischio relativo di provocare un incidente grave o mortale perché distratti dall’uso del telefono cellulare durante la guida è molto elevato, addirittura pari a 4 (lo stesso rischio relativo era stato trovato in
precedenza per incidenti senza feriti). Tanto per capirci, si tratta di un
rischio relativo simile a quello di un conducente che guida con un’alcolemia intorno a 100mg/100ml. I dati del sistema Ulisse riferiscono
che attualmente nel nostro paese circa il 2.5% dei conducenti osservati
parlava al telefonino (e questa prevalenza appare in crescita nelle ulti124
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
me rilevazioni). Ora, fatti pari ad Y gli incidenti che si avrebbero se nessuno usasse il cellulare guidando, nella nuova situazione siamo
dinanzi a due strati: uno, pari al 97.5% che non usa il cellulare e non
avendo rischi aggiuntivi produrrà nell’anno 0.975Y incidenti; l’altro,
pari a 2.5% che usando il cellulare non ne produrrà più 0.025Y, ma
0.025Y*4 = 0.10Y incidenti, quattro volte tanto. Sicché, a conti fatti,
avremo 0.975Y + 0.10Y = 1.075Y incidenti, ovvero un incremento del
7.5% di tutti gli incidenti (gravi e meno gravi che siano). Si rifletta
attentamente sul fatto che, dato il consistente rischio relativo in
gioco, basta che una piccola quota di conducenti utilizzi il cellulare
durante la guida per dar luogo ad un aumento non trascurabile dell’incidentalità stradale.
Se, come risulta in alcuni paesi, questa quota raggiungesse il 7%
avremmo un incremento ben superiore, pari a 0.93Y+ 0.07Y*4 = 0.93Y+
0.28Y = 1.21Y, cioè del 21%.
Peraltro, il tutto appare nei fatti ancor più critico in quanto i detti studi
epidemiologici hanno mostrato che il rischio in questione resta inalterato anche se si usa l’auricolare o il viva-voce (e questa quota di conducenti non viene “contata” nelle osservazioni del sistema Ulisse). Il problema è dunque di tipo cognitivo, e riguarda in generale lo stato di
attenzione del conducente che risulta “diviso” tra strada e telefonata.
I cellulari usati durante la guida di un veicolo sono una spada di
Damocle che incombe sulla sicurezza stradale del nostro paese. Spero
che queste semplici valutazioni servano anche a far comprendere
meglio come si sia in presenza di un allarme rosso (con buona pace dei
gestori che nei loro continui spot televisivi non dicono una sola parola
in proposito per allertare l’utenza).
Conclusioni
La sicurezza stradale è materia complessa, che richiede attenzione, cautela e l’utilizzo di strumenti diversi, provenienti da tante discipline. Al
di là di questo modesto contributo che ho qui proposto mi auguro che,
ai fini del raggiungimento dell’obiettivo per il 2010 dell’UE, la qualità
delle argomentazioni utilizzate per indirizzare le azioni di prevenzione e le risorse messe a disposizione dal Piano Nazionale della
Sicurezza Stradale siano sempre più basate su metodi scientifici, quantitativi, quali quelli qui mostrati, e sempre meno sull’emotività o su
convinzioni personali destinate a lasciare il tempo che trovano.
125
IL SISTEMA ULISSE
Bibliografia
F. Taggi “Un modello matematico per valutare la variazione della mortalità conseguente all’introduzione obbligatoria dell’uso del casco di protezione nella guida dei veicoli a due ruote motorizzati” , Boll.Coll.Med.Ital.Trasp. 5, 51-60 (1984)
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F.Taggi (a cura di) “Aspetti Sanitari della Sicurezza Stradale”, Istituto Superiore di
Sanità, 463 pp., 2003 (scaricabile da www.iss.it/stra )
F.Taggi (a cura di) “Sicurezza Stradale: verso il 2010”, Istituto Superiore di Sanità,
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drunk driver”, Human Factors 48, 381-391 (2006)
126
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
La percezione del rischio e il rischio della
percezione: il caso della sicurezza stradale
Franco Taggi (1), Pietro Marturano (2).
(1) Reparto di Metodologie e Modelli Biostatistici, Istituto Superiore
di Sanità
(2) Ministero dei Trasporti
1. Introduzione
La guida di un veicolo è un compito assai complesso, centrato sull’interazione di tre elementi principali: Uomo-Ambiente-Veicolo (UAV).
La sicurezza di guida si realizza quando questa interazione dinamica si
mantiene entro limiti di bilanciamento, determinati in gran parte,
momento per momento, da opportune azioni-reazioni del conducente.
Un elemento che gioca in maniera decisa nel far sì che il sistema UAV
non vada fuori controllo è certamente la corretta percezione dei possibili rischi da parte di chi sta guidando.
L’uomo è sopravvissuto e si è evoluto anche perché ha saputo organizzarsi nel prevedere (nel senso letterale di “vedere prima”) le evoluzioni possibili di certe situazioni: ad esempio, temiamo di cadere dall’alto, perché prevediamo cosa verosimilmente ci accadrà (cioè, di farci
molto male).
Una corretta percezione del rischio evita molti guai. Certamente, timori eccessivi (per esempio, di ammalarsi) possono in alcuni casi sconfinare nel patologico; tuttavia, nella gran parte delle situazioni l’abbondare in prudenza tende a far meno danni della troppa audacia o, peggio, dell’incoscienza. Banalizzando, è meglio controllare per tre volte se
si è spento il gas, che non controllarlo affatto.
Nella pratica, però, ci si trova molte volte di fronte ad una percezione
del rischio assente o distorta.
Questo accade spesso in relazione alle problematiche di sicurezza stradale, dove – come abbiamo proposto nel titolo – ci troviamo davanti al
rischio di una percezione… che non riflette cosa effettivamente dobbiamo temere.
127
IL SISTEMA ULISSE
In questa nota esamineremo alcune di queste situazioni, proponendo
talora dei correttivi che a nostro modo di vedere potrebbero contribuire ad indirizzare correttamente la percezione del rischio di incidente
stradale dei conducenti.
2. I riflessi
Una grande fiducia nella rapidità dei propri riflessi è alla base di molte
tragedie, in particolare dei giovani. Questa fiducia porta a sottovalutare la complessità del sistema UAV.
Molte volte, poi, il credere di avere riflessi rapidi è basato su esperienze che non colgono, se non in minima parte, le capacità che debbono
essere messe in gioco sulla strada.
Supponiamo, infatti, di aver misurato con uno dei tanti apparecchi
disponibili, la rapidità dei nostri riflessi (ad esempio, con un apparecchio che emette un segnale sonoro o luminoso, in seguito al quale il
soggetto deve premere rapidamente un pulsante). Ora, risultare “rapidi” in questa prova attesta certo buone capacità di risposta, ma per
quella prova: in altre situazioni, forse, le cose potrebbero non essere
così soddisfacenti. Infatti, nella prova immaginata il soggetto che attende sa che da lì a poco l’apparecchio emetterà il segnale, e sa anche che
cosa deve fare in risposta allo stimolo.
Nella realtà di ogni giorno, le cose non sono così semplici.
Schematizzando molto il tutto, quello che va considerato è quanto
segue: tra un certo stimolo e una certa azione di risposta c’è una catena complessa che deve essere percorsa, catena che – per ben memorizzarla – abbiamo indicato con l’acronimo PERIDEA (la si fissa facilmente ricordando la frase “nemmeno per idea”).
L’acronimo nasce dalla struttura sequenziale della catena, data da
Percezione-Riconoscimento-Decisione-Azione.
In primo luogo bisogna, dunque, percepire: e questo non è sempre
detto che avvenga (ad esempio, tra noi e quello che dovremmo percepire potrebbe esserci un ostacolo). Una volta percepito qualcosa, il
nostro cervello deve “riconoscere”, cioè categorizzare, il percepito.
Capita talora di “vedere e non accorgersi”. Riconosciuti i caratteri
salienti del segnale, bisogna poi decidere il da farsi, magari rapidamente se si è identificata una situazione di pericolo: non sempre questo è
immediato, ognuno può in certe condizioni “esitare”. Deciso che si sia,
comunque, bisogna dar corpo alla decisione, agire. E anche questo
richiede del tempo.
128
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Sia pur su un modello altamente semplificato come quello qui utilizzato, dovrebbe essere ben chiaro ora cosa intendevamo all’inizio: nella
prova di riflessi ipotizzata, si conosce già che qualcosa sarà nel breve
percepito, c’è ben poco da riconoscere, ben poco da decidere, solo
agire.
Si provi, a mò di esercizio, ad immaginare l’influsso sulla durata delle
diverse fasi della catena PERIDEA di condizioni di scarsa visibilità,
dell’ebbrezza indotta dall’alcol o dalle droghe, della sonnolenza, della
stanchezza e di altro ancora.
3. La velocità (1)
In genere, il cervello valuta linearmente il rischio legato alla velocità: se
a tot km/h c’è un certo rischio, raddoppiando la velocità sembra che il
rischio raddoppi. Ora, può piacere o non piacere, ma la fisica ci insegna
che l’energia di movimento va col quadrato della velocità. Questo
significa che se viaggiamo a 20 km/h abbiamo addosso 400 punti di
tale energia; se raddoppiamo la velocità, questa energia non raddoppia, ma quadruplica: a 40 km/h i nostri punti-energia saranno infatti
1600.
Per evitare una probabile collisione, dobbiamo scaricare l’energia accumulata, e lo facciamo frenando, trasformando l’energia cinetica in calore che viene dissipato dall’impianto frenante del veicolo e trasferito,
grazie all’attrito, dai pneumatici alla strada. Se non riusciamo a fermarci prima della collisione, l’energia che resta si “scarica” sulle strutture del veicolo e su di noi, provocandoci dei traumi.
4. La velocità (2)
Il rischio percepito viene talora influenzato dalle unità di misura usate.
Esprimere la velocità in km/h può essere utile per stimare la durata di
un viaggio, non già per dare una percezione adeguata del rischio.
Certo, se qualcuno va a 200 km/h non ci sono esitazioni nella valutazione, ossia il comune senso della percezione implica, in tale situazione, una sicura coscienza (e quindi una sicura percezione-riconoscimento) dello stato di “forte velocità”; ma i tempi cambiano: qualche anno fa, ad esempio, circolava una canzonetta che, per mostrare la
spericolatezza del giovanotto che correva dalla sua ragazza, recitava
“Andavo a cento all’ora …”: oggi, forse, il testo andrebbe modificato,
almeno portando la velocità a 180.
Quello che invece può far riflettere e percepire maggiormente lo stato
129
IL SISTEMA ULISSE
delle cose è, a nostro avviso, usare i metri al secondo (m/s) e cioè utilizzare semplicemente una diversa unità di misura per esprimere la
velocità istantanea, comunicando, di fatto, la stessa cosa.
Tecnicamente, se si ha una velocità espressa in km/h, la stessa espressa in m/s la si ottiene moltiplicando la prima per il fattore di ragguaglio pari a 0.28. Dunque, un tranquillo signore che viaggia ad 80 km/h,
e nel pieno rispetto dei limiti imposti dal Codice della strada, sta procedendo a 22 metri al secondo. In città, immaginando di guidare a 30
km/h, stiamo facendo più di 8 metri al secondo. Si calcoli, per curiosità, a quanti metri al secondo procede un veicolo che va a 200 km/h
(risp. 55.6 m/s).
Forse, sarebbe utile mettere sul tachimetro delle auto, accanto alla scala
dei km/h anche quella dei metri al secondo. Ciò potrebbe avere un
forte impatto psicologico sulla percezione del rischio da parte del
guidatore, senza comportare alcuna spesa in termini costruttivi o di
produzione dei mezzi.
5. La velocità (3)
Una diffusa confusione che esiste è quella fra “velocità massima” (limite di velocità) e “velocità pericolosa”. La velocità massima è un limite
insuperabile, al di sotto del quale l’utente deve scegliere la velocità da
tenere in base alle condizioni generali: luminosità, manto stradale, traffico, visibilità, presenza di bambini, ecc. . Quindi, una velocità pericolosa non è una velocità superiore a quella massima (come è nella percezione di molti), bensì una velocità al di sotto della massima permessa, non congrua con delle ragionevoli condizioni di sicurezza cui
l’utente è tenuto a contribuire. Andare a 40 km/h in città può essere
corretto in alcuni tratti; forse, di fronte ad una scuola, o in prossimità
di incroci o di strisce pedonali, questa velocità può testimoniare soltanto l’incoscienza del conducente. Applicando quanto visto in precedenza, a 40 km/h stiamo viaggiando quasi a 10 m/s, velocità assolutamente troppo elevata nella circostanza ipotizzata. Ricordiamo infatti
che gli spazi di frenata sono anch’essi proporzionali al quadrato
della velocità e pertanto a 10 m/s, e cioè “solo” 40 km/h, sono necessari mediamente 16 metri per consentire l’arresto del veicolo.
6. Distanza di Sicurezza e Spazio di Frenata
“Tanto poi freno, io ho i riflessi molto rapidi…”. Dichiarazioni di questo genere sono tipiche di chi non ha ben chiaro il rischio che si corre
130
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
nel non mantenere un’adeguata distanza di sicurezza, fatto che in condizioni di emergenza riduce il tempo a nostra disposizione per evitare
l’incidente. Quanto questo sia vitale per la nostra sicurezza dovrebbe
essere ben chiaro alla luce di quel che si è discusso in precedenza. Lo
spazio effettivo di frenata, peraltro, oltre a dipendere dalla velocità del
veicolo e da come sono andate le cose mentre il nostro cervello percorreva la catena PERIDEA, dipende anche dalle condizioni del manto
stradale (tipologia dello stesso, stato di manutenzione, se asciutto o
bagnato, sua temperatura, ecc.), dallo stato e dalla pressione dei pneumatici, dalle caratteristiche e stato del sistema frenante del veicolo, ecc..
In termini indicativi, lo spazio di frenata netto (quello calcolato dal
momento in cui il soggetto preme il pedale del freno) è pari mediamente a V2/100 metri, esprimendo la velocità (V) in km/h e può velocemente essere valutato, sempre in metri, elevando al quadrato la
cifra delle decine (o centinaia-decine) della velocità: a 50 km/h si
hanno quindi 5x5= 25 m; a 90 km/h risulta 9x9= 81 m; a 100 km/h sarà
10x10= 100 m; a 130 km/h avremo 13x13= 169 m.
Si osservi che, in accordo con quanto detto a proposito dell’energia, se
la velocità raddoppia lo spazio di frenata netto quadruplica: se per trasformare in calore la mia energia cinetica (frenando) necessito di X
metri di strada, per smaltire un’energia 4 volte più grande avrò bisogno di 4X metri di strada (si vedano al proposito gli spazi netti di frenata a 50 e 100 km/h).
D’altra parte, lo spazio effettivo di frenata deve includere anche il
tempo impiegato dalla catena PERIDEA per attuare l’azione frenante
(spazio di reazione): questo tempo, che possiamo - come vien fatto di
solito - valutare mediamente intorno al secondo, comporta un ulteriore spazio che va ad aggiungersi a quello precedentemente calcolato. Ad
esempio, a 80 km/h in un secondo percorriamo, come visto, circa 22
metri; lo spazio effettivo di frenata sarà dunque: 8x8= 64 metri (spazio
netto di frenata) + 22 (spazio percorso nel tempo di reazione)= 86 metri.
Come si vede, i calcoli sono abbastanza semplici, ma non di percezione immediata.
A nostro parere, sarebbe quindi importante che il veicolo disponesse di
un indicatore istantaneo di spazio di frenata (naturalmente con espressione degli spazi in metri), posto ad esempio accanto al tachimetro o
al contagiri. Anche se l’indicazione fosse solo di massima, la percezione del rischio ne trarrebbe certamente giovamento: avere davanti un
veicolo a 8-10 metri e vedere che, più o meno, lo spazio di frenata è sti131
IL SISTEMA ULISSE
mato 40 metri dovrebbe sortire un qualche effetto di maggiore prudenza per il conducente.
7. Cinture di sicurezza
Paradossalmente, mentre la percezione dell’utilità dell’uso del dispositivo è elevata (in base alle convinzioni manifestate dagli utenti), non
altrettanto può dirsi dell’utilizzo effettivo del dispositivo.
Mentre rimandiamo per questo problema ai numerosi studi svolti al
proposito (alcuni riportati anche in questo stesso volume) vogliamo
qui accennare al timore che molti hanno di rimanere, in caso di incidente, “intrappolati” nel veicolo per via della cintura. Al di là del fatto che
il meccanismo di sgancio della cintura è di elevatissima affidabilità, per
valutare correttamente le cose, si rifletta ad esempio sul fatto che l’uso
della cintura evita in modo molto consistente la perdita dei sensi, fatto
più probabile nei non-cinturati. Si pensi a cosa si può andare incontro,
se si è svenuti, in caso di incendio, di caduta in acqua, o in altri casi
dove la rapidità nell’abbandonare il veicolo è cruciale.
8. Casco
Anche per il casco avviene quello che si osserva per le cinture, la crasi
tra la percezione della sua utilità e l’uso effettivo, che non appare congruente con le opinioni espresse.
Nel caso di questo dispositivo, un rischio da alcuni percepito è che
l’uso del casco possa favorire il realizzarsi di traumi del collo. Questo
fatto non ha evidenza epidemiologica; anzi, studi modellistici e simulazioni depongono per un effetto protettivo indotto dal casco anche sul
collo stesso.
9. I seggiolini
Sull’utilità dei seggiolini sono sostanzialmente tutti d’accordo. Fatto
sta che ancora oggi non è raro vedere bambini piccoli trasportati in
braccio alla madre nella parte anteriore dell’autoveicolo.
Evidentemente, l’errata convinzione di poter trattenere e proteggere in
caso d’urto il bambino, unitamente alla relativa rarità del realizzarsi
dell’incidente, portano ad una distorta percezione del rischio. In questo caso, forse, sarebbe utile un intervento educativo delle madri, tramite canali del Servizio Sanitario Nazionale, nelle innumerevoli occasioni di contatto prevedibili (gestazione, parto e primi anni di vita del
bambino).
132
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
10. L’airbag
“Tanto c’è l’airbag…”. Paradossalmente, la presenza di airbag è vista
da alcuni come una buona ragione per non allacciare la cintura di sicurezza. Niente di più sbagliato, in quanto l’uso congiunto di airbag e
cintura eleva i livelli di sicurezza ottenibili e previene possibili lesioni
che possono derivare dall’uscita rapidissima dell’airbag. Non usare la
cintura in presenza di airbag è, quindi, sempre un rischio.
11. Telefonini
Il rischio dell’uso del telefono cellulare durante la guida sembra ben
percepito nella popolazione dei conducenti. Tuttavia, come avviene per
i dispositivi di sicurezza, niente è oggi più comune che trovarsi davanti qualcuno che guida telefonando. Peraltro, c’è una falsa percezione di
sicurezza se l’uso è conforme ai termini di legge. In questo caso, pur
essendo stati eliminati i rischi principali indotti dall’atto del rispondere, dal comporre il numero e altro, restano comunque i rischi legati ai
problemi cognitivi che nascono nel dividere l’attenzione tra strada e
telefonata. Infine, come l’ISS sta da tempo segnalando, questi problemi
saranno aggravati dal recente avvento dei “videofonini”, dove l’immagine rappresenterà un ulteriore forte elemento di coinvolgimento. Pur
non avendo svolto ancora studi specifici in merito, riteniamo che la
percezione di questo rischio aggiuntivo (che potrebbe essere anche
molto elevato) sia praticamente assente tra gli utenti.
12. L’alcol e le sostanze d’abuso
“Sta tranquillo, io lo reggo”: frase tipica di chi ha buona confidenza con
le bevande alcoliche. Quanto la percezione del rischio sia falsata in
questo caso lo si evince facilmente considerando gli effetti dell’alcol
sulla durata delle singole fasi della catena PERIDEA, inevitabili anche
per chi “lo regge”. Lo stesso può dirsi per le sostanze d’abuso, dove
una nostra indagine (riportata in questo stesso volume) ha rilevato che
un giovane su cinque ritiene la cannabis ininfluente sulla sicurezza di
guida.
Allo stato delle conoscenze sembra ragionevole affermare in termini
definitivi che alcol e sostanze sono incompatibili con la sicurezza di
guida . In relazione all’alcol, poi, pur essendo stato stabilito (opportunamente, date le pesanti conseguenze per i trasgressori) un limite legale del tasso alcolemico (1) , il messaggio dovrebbe essere sintetizzato in
“O bevi o guidi”.
133
IL SISTEMA ULISSE
13. Il sonno e la stanchezza
“Io resisto al sonno”. Dichiarazione di molti, ma i risultati degli studi
svolti al proposito parlano chiaro: al sonno non si resiste, né ci si rende
conto di quando ci si sta addormentando alla guida. L’unico modo di
contrastare questo problema è far guidare un altro che sia in migliori
condizioni, o se questo non è possibile, dormire un quarto d’ora (non
di più, altrimenti la sonnolenza si ripresenta presto) e poi prendere
uno-due caffè (e non di più). Se la meta è lontana, meglio fermarsi a
dormire da qualche parte.
14. CONCLUSIONI
In termini di percezione del rischio di incidente stradale abbiamo a che
fare, quindi, con diverse situazioni, quali:
il rischio è percepito correttamente e ci si comporta di conseguenza;
il rischio è percepito correttamente, ma il comportamento non corrisponde a questa percezione;
il rischio non è percepito correttamente, perché ampiamente sottovalutato o addirittura non viene percepito affatto;
un rischio minimo o inesistente viene percepito al punto da inibire la
percezione di un rischio reale e consistente.
Appare necessario far sì che in tempi brevi la percezione del rischio di
incidente stradale tra gli utenti, specie se giovani, divenga prevalentemente corretta e, soprattutto, che a questo corrispondano comportamenti congruenti. E’ nostra opinione che ciò possa essere ottenuto
attraverso l’attuazione di quanto previsto dal Piano Nazionale della
Sicurezza Stradale, in particolare tramite azioni di educazione/informazione del pubblico e controlli/azioni mirate su conducenti che violino il Codice della Strada.
Note
1 Con l’art.13 del D.Lgs. 15 gennaio 2002 n.9 è stato modificato il parametro di
concentrazione alcolemica ammissibile da 0,8 grammi/litro a 0,5 grammi/litro
(cfr. art. 186 C.d.S. e art.379 del Regolamento), inoltre l’articolo 14 dello stesso
decreto ha reso più incisiva la procedura di controllo e sanzionamento di coloro che guidano sotto l’influenza di sostanze stupefacenti, innovando l’originario disposto dell’art.187 C.d.S.
134
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Le cinture di sicurezza e il beneficio indotto dal loro
uso
Franco Taggi
Reparto “Ambiente e Traumi”
Istituto Superiore di Sanità
Introduzione
L’uso delle cinture di sicurezza da parte di conducenti e trasportati di autoveicoli ha dato, in base agli studi epidemiologici svolti in tutto il mondo
negli ultimi trenta anni, risultati notevolmente positivi.
Già nel 1977, il prof. William Haddon, padre della moderna accidentologia,
accompagnato dal dr. Ben Kelley e dal dr. Brian O’Neill, riferì ad una
Commissione del Governo degli Stati Uniti sulla grande efficacia di questi
dispositivi nel ridurre i traumi secondari ad incidenti stradali.
Nel 1978, una meta-analisi, condotta sui risultati ottenuti in 21 paesi
dall’Istituto dell’Economia dei Trasporti Svedese, mostrava la notevole efficacia delle cinture nel ridurre mortalità e morbosità; numerose altre esperienze maturate in tempi successivi in Paesi diversi hanno confermato questi risultati.
Una prima considerazione generale che può essere fatta in base ai risultati
osservati è che l’utilizzo delle cinture di sicurezza cresce con la severità
della legislazione: nei Paesi in cui l’uso era volontario, la percentuale di
utenti che utilizzavano durante la guida le cinture di sicurezza era sempre
estremamente basso, mentre i livelli raggiunti con una legge di obbligo
apparivano in genere piuttosto soddisfacenti, come può osservarsi dalla
Tab. 1, relativa a dati degli anni 70.
Nei Paesi in cui l’obbligo esiste, ma non sono previste sanzioni, le percentuali d’uso variano dal 15 al 36% nelle aree urbane e dal 40 al 63% nelle aree
rurali.
Queste percentuali scendono a valori intorno al 10% o meno nei Paesi in cui
l’uso è ancora volontario, a meno di dispendiose campagne di sensibilizza135
IL SISTEMA ULISSE
Tab. 1
(Adattata da Andersen, 1978 )
PAESE
AUSTRALIA
BELGIO
DANIMARCA
FINLANDIA
FRANCIA
OLANDA
ISRAELE
LUSSEMBURGO
NUOVA ZELANDA
CANADA (Ontario)
SVEZIA
SVIZZERA
Percentuale di uso Percentuale di uso
prima della legislazione %dopo la legislazione %
10-20
17
15 34 47 (a)
8 31 (b)
26
11 24 (b)
8 (c)
15
33 52 (b)
24 (d)
36 (e)
15 35 (b)
85-90
87
79 84 88 (a)
38 66 (b)
77-80
58 75 (b)
80-85 (e)
non rilevato
87 91 (b)
60 (d)
79
78 85 (b)
(a) rispettivamente in aree urbane, rurali e autostradali
(b) rispettivamente in aree urbane e rurali
(c) aree rurali
(d)aree urbane
(e) risultato dopo campagne nazionali d’informazione e promozione
zione che, come vistoa suo tempo in Svezia, non cambiano però nella
sostanza il risultato.
In molti Paesi, dove sono state condotte indagini di opinione, è emerso che
il 70-80% della popolazione è favorevole all’uso obbligatorio delle cinture
di sicurezza, ma in assenza di obbligo le proporzioni di utilizzo restano su
valori molto limitati.
Come si ripercuote l’uso delle cinture di sicurezza sulla mortalità e sulla
morbosità osservate per gli incidenti stradali?
E’ molto difficile rispondere con precisione a questa domanda in quanto
esistono molteplici fattori che possono distorcere una valutazione statistica
del fenomeno.
Tuttavia, per nostra fortuna, l’effetto in gioco è piuttosto consistente e, quindi, tenendo bene in mente che possono esistere dei limiti per una stima precisa, possiamo fornire alcune indicazioni di sicura validità..
In Australia, ad esempio, nello stato di Victoria, si è osservata una diminu136
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
zione del 27-32% delle morti attese, dopo l’introduzione della legislazione
sull’uso delle cinture.
In Belgio tale decremento è stato del 25%. Studi mirati effettuati nel Regno
Unito hanno mostrato una particolare efficacia delle cinture di sicurezza
nella riduzione delle lesioni gravi o mortali (decrementi intorno al 35%).
La Tab. 2, che riporta sinteticamente i risultati ottenuti in uno studio effettuato su 1653 soggetti, mostra come diminuisca la proporzione di lesioni
gravi o mortali in quei soggetti che indossavano la cintura di sicurezza al
momento dell’incidente.
Tab. 2 (Adattata da Sabey et al. , 1977 )
LESIONI CINTURE DI SICUREZZA
Nessuna o minime
Moderate
Gravi
Mortali
(AIS=0-1)
(AIS=2-3)
(AIS=4-5)
(AIS=6)
USATE
NON
USATE
403 82.2%
85 7.3%
0 0.0%
2 0.4%
795 68.4%
333 28.6%
22 1.9%
13 1.1%
Risultati analoghi sono stati trovati in ricerche effettuate negli USA. La Tab.
3 riporta i dati raccolti da uno studio che ha esaminato ben 15.818 soggetti
coinvolti in incidenti stradali.
Tab. 3 - LESIONI CINTURE DI SICUREZZA
Nessuna o minime
Moderate
Gravi
Mortali
Totale soggetti
(AIS=0-1)
(AIS=2-3)
(AIS=4-5)
(AIS=6)
USATE
NON USATE
6095 92.7%
379 5.8%
86 1.3%
16 0.2%
7759 84.0%
1114 12.1%
229 3.2%
70 0.8%
6576 100.0%
9242 100.0%
137
IL SISTEMA ULISSE
Come si osserva, la distribuzione dei soggetti per gravità delle lesioni si
sposta in coloro che indossavano le cinture sensibilmente verso lesioni
meno gravi.
Va osservato che studi di questo tipo sono, da un punto di vista epidemiologico, quasi sempre non accurati nel valutare l’efficacia delle cinture nel
senso che, essendo generalmente effettuati su soggetti osservati in dipartimenti di emergenza, considerano soltanto una parte selezionata dei soggetti che hanno avuto incidenti.
Questa inaccuratezza conduce a sottostimare l’efficacia delle cinture di
sicurezza in quanto, nel confrontare le lesioni di coloro che portavano e non
portavano le cinture di sicurezza al momento dell’incidente, noi trascuriamo di considerare quei soggetti che, proprio perché indossavano la cintura, non hanno riportato lesioni o hanno riportato lesioni così lievi da non
richiedere cure di pronto soccorso.
I numerosissimi studi epidemiologici svolti dopo gli anni 70 hanno confermato quanto visto in precedenza.
Volendo sintetizzare in una sorta di decalogo i risultati maturati dall’insieme delle ricerche effettuate, potremmo dire che:
1) l’uso delle cinture di sicurezza aumenta con la severità della legislazione relativa;
2) le campagne di informazione della popolazione, da sole, sono inefficaci per il raggiungimento di una soddisfacente proporzione di utilizzazione delle cinture di sicurezza;
3) l’uso delle cinture di sicurezza riduce consistentemente il numero
di morti e feriti in incidenti stradali, nonché il numero di accessi al
Pronto Soccorso, in quanto molti soggetti pur essendo incorsi in incidente non riportano lesioni di rilievo;
4) le cinture sono utili non solo fuori città, ma anche e soprattutto in
città, dove avviene il maggior numero di incidenti. In città, le velocità sono in genere più contenute; tuttavia, le energie in gioco sono già
a livelli tali da produrre lesioni gravi o mortali (come spesso si suole
ricordare, un urto a 50 km/h è equivalente ad una caduta dal terzo
piano); comunque, l’evidenza epidemiologica mostra che le cinture
sono utili anche a velocità elevate;
138
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
5) l’uso delle cinture aumenta la probabilità di rimanere coscienti
dopo un incidente stradale, fatto determinante per salvarsi la vita in
alcune situazioni specifiche (incendio dell’auto, caduta in acqua del
veicolo, ecc.);
6) le eventuali lesioni provocate dalle cinture sono una minima parte
delle lesioni che si avrebbero non portandole;
7) le cinture evitano in particolare traumi molto gravi (per es., al torace per urto contro il piantone dello sterzo, al cranio) o assai drammatici per la qualità di vita dell’individuo (es., lesioni deturpanti del
viso);
8) le cinture sono utili anche posteriormente: molte lesioni sono provocate agli occupanti dei posti anteriori dai trasportati nei posti posteriori che vengono sbalzati loro contro al momento dell’impatto;
9) le cinture proteggono con efficacia anche le donne in stato di gravidanza;
10) le cinture migliorano l’efficacia dell’airbag: la triade cinture-airbag-poggiatesta è, insieme ad una guida difensiva e responsabile, la
migliore assicurazione sulla vita che si possa stipulare.
A fronte, poi, di argomentazioni di anticostituzionalità dell’obbligo, è bene
ricordare come la legge non impedisca di guidare ma, più semplicemente,
disciplini la modalità di guida, soprattutto alla luce del fatto che i costi
sociali degli incidenti stradali, pagati dalla collettività, risultano elevatissimi (in Italia, prendendo in considerazione le perdite di capacità produttiva,
i costi umani, i costi sanitari, i danni a materiali e cose, ed altri costi, l’ISTAT
ha stimato per il 2002 tali costi sociali addirittura pari a circa 34 miliardi di
euro, cifra che rappresenta il 2.7% del PIL). Anche se da più parti sono state
sollevate in passato obiezioni sui diversi dispositivi di sicurezza, attribuendo ad essi, come nel caso del casco, la responsabilità di indurre incidenti o
lesioni, talora anche gravi, i dati ad oggi disponibili mostrano una elevata
efficacia di tali dispositivi, mentre un aumento di rischio connesso con il
loro uso (specialmente a fronte di quello che accade con il loro non-uso) non
appare di rilievo. Naturalmente, ci stiamo riferendo a dispositivi che rispettino le norme internazionali di omologazione.
139
IL SISTEMA ULISSE
Le cinture di sicurezza in Italia: da ieri ad oggi
Negli ultimi venti anni sono state svolte in Italia numerose ricerche sul
fenomeno degli incidenti stradali. In relazione alle cinture, esiste una ricca
letteratura italiana di studi clinici e di casistiche. In questa sede riporteremo, per brevità, solo due esempi relativi a studi di carattere prevalentemente epidemiologico e di valenza nazionale.
In coda, mostreremo i dati che attualmente si osservano per l’uso delle cinture di sicurezza nel nostro paese.
Il Progetto PRIDOL2 (PRIma-DOpo Legge, 1989)
Nel 1989, l’Istituto Superiore di Sanità, in vista dell’introduzione della legge
sull’uso obbligatorio delle cinture di sicurezza, prese contatti con
l’Associazione Nazionale Comandanti e Ufficiali di Polizia Municipale
(ANCUPM) al fine di monitorare la variazione di prevalenza d’uso in zona
urbana. Rapporti tra ISS e ANCUPM per studi sulla sicurezza stradale
erano già stati stretti da tempo: grazie alla grande disponibilità
dell’ANCUPM (e del suo segretario, dr. Potito Iascone) era stato possibile
anni prima valutare l’impatto della legge sull’uso obbligatorio del casco e
la conseguente riduzione dell’incidenza del trauma cranico.
Lo studio epidemiologico che derivò da questa collaborazione mostrò in
maniera inequivocabile come gli italiani si fossero adeguati diligentemente
a quanto disposto dalla legge. La prevalenza d’uso delle cinture, stimata
più volte dall’ISS inferiore al 5%, salì poco prima dell’introduzione della
legge intorno al 10%, per raggiungere, con legge in vigore, livelli al di sopra
dell’80%.
Questo incremento, purtroppo, non si rilevò poi stabile e molto rapidamente declinò, sino ad attestarsi intorno al 30% d’uso.
Un successivo determinante incremento si ebbe poi con l’introduzione
della Patente a Punti (luglio 2003), che portò detto uso ai livelli attuali, di
cui si parlerà brevemente in seguito.
Il progetto SISI (1989-1995)
Nello stesso periodo in cui fu svolto il PRIDOL, il Ministero della Sanità
assegnò un finanziamento a tre regioni (Liguria, Marche e Molise) al fine di
sviluppare un programma epidemiologico sugli incidenti e la violenza.
Il coordinamento scientifico di detto progetto (Progetto SISI, Studio Italiano
sugli Incidenti) fu affidato all’ISS.
Nell’ambito del SISI fu possibile stimare nel 1989 l’impatto sanitario della
140
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
legge sulle cinture nella regione Liguria. Tra aprile (prima della legge) e
maggio (dopo la legge), nei Centri di Pronto Soccorso monitorati dal SISI,
si ebbe in termini di accessi di automobilisti infortunatisi per incidente stradale un decremento del 31.3%, contro un atteso di 35.6%, atteso stimato con
un modello matematico dell’ISS.
Questo modello matematico, messo a punto per la valutazione dell’impatto della legge sul casco, teneva conto sia della protezione relativa indotta
dall’uso della cintura, sia del fatto che la prevalenza d’uso delle cinture in
Liguria era passata dal 5% all’86.2%.
Il SISI, completato nel 1995, oltre a permettere di effettuare stime importanti (come, per esempio, quella del numero effettivo di ricoveri, che si aggirava allora tra 150.000 e 200.000 casi/anno), fornì ulteriori risultati a favore
dell’uso delle cinture. Come può osservarsi nelle tabelle 4 e 5, relative a
3053 infortunati che portavano o meno la cintura al momento dell’incidente, il quadro del soccorso, delle lesioni, della prognosi, degli interventi e dei
ricoveri appare sensibilmente ridotto nel caso dei soggetti cinturati.
Attualmente, in base ai dati del sistema nazionale di monitoraggio (sistema
Ulisse), risulta che gli italiani indossano la cintura in modo consistente:
diciamo che mediamente siamo intorno al 70% d’uso (il monitoraggio è
però limitato all’uso delle cinture di sicurezza nella parte anteriore dell’autoveicolo). Tuttavia, le proporzioni osservate sono assai variabili all’interno
del paese. Il quadro tracciato dal monitoraggio (che avviene mese per
mese), mostra, infatti, usi più consistenti nel nord, e molto più limitati nel
centro e nel sud.
Sicché, nel complesso, una quota consistente di utenti non usufruisce della
protezione indotta dal dispositivo (mediamente 3 su 10).
Si ricordi, poi, che stiamo parlando dell’uso delle cinture nella parte anteriore dell’autoveicolo: la proporzione di utilizzo delle cinture posteriori è
purtroppo trascurabile.
Conclusioni
L’epidemiologia degli incidenti stradali è materia assai complessa: le difficoltà che si incontrano nello svolgere studi in altri settori, in particolare
nelle malattie, sono sensibilmente più contenute.
Nel nostro caso ci sono grossi problemi relativi ai dati di base ed è assai difficile la valutazione di alcuni fattori di rischio (es., uso di alcol e, sempre più
di frequente, uso di droghe); molto c’è dunque ancora da fare per comprendere meglio e controllare maggiormente il fenomeno degli incidenti strada141
IL SISTEMA ULISSE
Tab. 4
- Regioni Liguria,
Marche,
Molise Molise
ProgettoProgetto
SISI -SISI
Regioni:
Liguria,
Marche,
Arrivi al Pronto Soccorso in seguito ad incidente stradale.
Arrivi al
Pronto Soccorso
in seguito
ad incidente
Proporzione
di alcune variabili
di interesse
in soggetti stradal
proporzione dicinturati
alcunee variabili
interesse in soggetti
non cinturatidi
(n=3.053)
cinturati e non cinturati (n=3.053)
Cinturati
Non Cinturati
(n=990)
(n=2.063)
15,8 %
35,6 %
Prognosi oltre 20 giorni
8,6 %
14,2 %
Prognosi oltre 39 giorni
1,5 %
3,2 %
Prognosi riservata
1,0 %
2,5 %
Giunto cadavere
0,1 %
0,4 %
Immobilizzazione
4,6 %
3,7 %
Intervento chirurgico
0,0 %
0,4 %
10,2 %
21,9 %
Variabili di interesse
Arrivi al P.S. con ambulanza
Ricoverati
li; tuttavia, ad oggi, ci sono anche molte solide certezze.
Tra queste, certamente, figurano i benefici indotti dal portare le cinture
durante l’uso degli autoveicoli.
E’ bene sottolineare che la cintura non solo può salvare la vita, ma anche
salvaguardare la qualità di vita: per esempio, alcune lesioni al viso possono non essere mortali, né particolarmente gravi, ma possono influenzare
142
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Tab. 5
ProgettoProgetto
SISI -SISI
R egi
oni: Liguria,
LiguriMarche,
a, M arche,
- Regioni
Molise M olise
Percentuale di soggetti cinturati e non cinturati
Percentuale di soggetti cinturati e non cinturati
che presentavano una specifica lesione sul totale
che presentavano una specifica lesione sul totale
degli arrivi al Pronto Soccorso (n=3.053)
degli arrivi alP.S. (n=3.053)
Cinturati
Non Cinturati
(n=990)
(n=2.063)
9,2 %
26,5 %
Cranio e massiccio facciale
1,6 %
3,1 %
Arti superiori
3,2 %
4,6 %
Coste e sterno
1,6 %
3,9 %
Ossa del bacino
0,1 %
0,7 %
Arti inferiori
2,5 %
4,2 %
Politraumatizzato
0,0 %
1,1 %
Trauma Cranico
16,0 %
25,1 %
Tipo di lesione
Lesioni superficiali:
Capo e viso
Lesioni osteoarticolari:
(certo o sospetto)
profondamente il futuro di chi sfortunatamente ne è vittima.
Nei prossimi anni, perciò, un obiettivo primario dovrà essere quello di elevare la prevalenza d’uso delle cinture di sicurezza (aumentando i controlli,
informando correttamente il pubblico, ecc.) e far sì che indossarle divenga
un’abitudine generalizzata, come già avviene in molti Paesi che ci hanno
preceduto in queste azioni.
143
IL SISTEMA ULISSE
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TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
L’uso del casco per la riduzione dell’incidenza e
della gravità del trauma cranico secondario alla
guida di veicoli a due ruote motorizzate
Franco Taggi
Reparto “Ambiente e Traumi”
Istituto Superiore di Sanità
Introduzione
Le prove epidemiologiche, osservazionali e sperimentali, raccolte nel
corso degli ultimi trenta anni sull’efficacia del casco nella riduzione
della mortalità e morbosità secondarie a trauma cranico degli utenti
delle due ruote sono numerosissime. Nel seguito citeremo alcuni dei
lavori metodologicamente più rilevanti, sottolineando gli aspetti di
maggiore interesse in essi contenuti.
Come si vedrà, detti lavori risalgono a non pochi anni fa; ma questo è
naturale in quanto da tempo su questo tema sono state date tutte le
risposte necessarie e quindi non c’è più particolare necessità di svolgere ricerche in merito.
L’evidenza che l’uso del casco riduce l’incidenza del trauma cranico
Una rassegna generale, aggiornata al 1980, degli studi svolti negli USA
è contenuta nel rapporto preparato dal prof. Haddon (Haddon, 1980),
fondatore della moderna accidentologia. Nel rapporto si dimostra in
termini precisi l’efficacia del casco, in particolare esaminando in dettaglio le conseguenze derivate dall’indebolimento da parte di alcuni Stati
delle leggi allora esistenti sull’uso obbligatorio generalizzato del dispositivo. Tale indebolimento determinò un aumento della mortalità intorno al 40% e costituì, paradossalmente, un vero e proprio studio epidemiologico sperimentale sull’efficacia del dispositivo.
Una relazione più aggiornata per quel che riguarda gli USA è riportata nello State Law Facts del 1992 (Insurance Institute for Highway
Safety, 1992), dove vengono analizzati diversi aspetti di interesse
(situazione legislativa nei vari Stati, statistiche accidentologiche, costi,
147
IL SISTEMA ULISSE
ecc.).
In tempi più recenti, l’efficacia del casco nel contenere la mortalità in
conducenti di motocicletta e trasportati è stata dimostrata da Evans e
Frick (1988) che hanno trovato una riduzione intorno al 28%.
Successivamente Weiss (1992) ha mostrato con eleganti metodi statistici come il casco riduca anche la gravità delle lesioni, stimando un
aumento del 42% di soggetti che non avevano lesioni alla testa pur
avendo avuto l’incidente e un risparmio sui costi medici di 1700 dollari per infortunato.
Quando negli USA l’obbligo d’uso del casco tra i motociclisti fu indebolito, fu osservato un aumento di mortalità intorno al 40% da Watson
e coll. (1980, 1981). Shankar e coll. (1992) hanno monitorato nel
Maryland, in uno studio molto ben concepito, lesioni e costi associati
ad incidente in 1900 motociclisti. Coloro che non portavano il casco
avevano una frequenza doppia di lesioni al capo rispetto a coloro che
lo portavano e venivano ospedalizzati circa una volta e mezzo più frequentemente; inoltre, i costi sanitari associati a questi soggetti erano tre
volte superiori rispetto a quelli sostenuti per gli infortunati che portavano il casco.
Anche Chenier ed Evans (1987) hanno studiato gli effetti dell’indebolimento della legge sul casco in alcuni Stati degli USA, trovando un
aumento della mortalità nei motociclisti intorno al 25%.
Nel trattare il tema in relazione a quanto rilevato in Italia, riteniamo
opportuno sottolineare un aspetto che non è stato sufficientemente
considerato, anche a livello internazionale, aspetto da tenere in conto
prima, durante e dopo l’introduzione di una legge sull’uso obbligatorio del casco di protezione per gli utenti delle due ruote motorizzate: la
netta distinzione che deve farsi tra l’efficacia del dispositivo (casco) e
l’efficienza delle azioni che ne impongono l’uso (leggi).
E’ bene ricordare che l’efficacia del casco nella prevenzione dei traumi
alla testa delle due ruote è stata valutata positivamente in termini di
biomeccanica, di epidemiologia analitica e con studi mirati e controllati, tipo prima-dopo, né sono stati mai dimostrati effetti collaterali non
desiderati.
D’altra parte, a costo di banalizzare la questione, un urto alla testa
nel corso di un incidente è come ricevere sul capo una martellata:
di certo, se la testa è protetta da un casco, i danni saranno minori.
Non a caso, da sempre, i militari lo utilizzano durante le loro azioni (per non parlare di altri esempi, quali l’uso obbligatorio del
148
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
casco nella cantieristica).
Comunque, per quanto riguarda il problema in questione, l’insieme dei
risultati ottenuti dai ricercatori di tutto il mondo, parte dei quali riportati nel seguito, indica, secondo una meta-analisi dell’ISS, la presenza
di una protezione relativa mediana intorno a 0.469, il che, sostanzialmente, equivale a dire che chi non fa uso del casco ha un rischio circa
doppio di incorrere in un trauma cranico rispetto a chi invece lo porta.
E’ chiaro che, nel momento in cui si va ad imporre l’uso di un dispositivo efficace in una popolazione, sorgono numerosi problemi che
influiscono sull’efficienza del risultato finale (risultato che, peraltro,
può anche essere simulato da variabili confondenti).
In ogni caso, è necessario conoscere in maniera accurata la proporzione di utenti che usano il casco prima e dopo l’introduzione della legge,
in quanto è solo partendo dalla variazione di prevalenza d’uso del
dispositivo che si può sperare di valutare con correttezza l’impatto dell’obbligo.
Da quanto detto si comprende come sia complessa allo stato attuale dei
sistemi per la raccolta dei dati accidentologici esistenti nel nostro
Paese, una valutazione dell’efficienza della legge. Come vedremo, tuttavia, esistono elementi che permettono di fornire risposte e suggerimenti conclusivi.
In uno studio effettuato a livello nazionale dall’Istituto Superiore di
Sanità (Taggi 1987, 1988) in collaborazione con l’Associazione
Nazionale tra Comandanti e Ufficiali dei Corpi di Polizia Municipale,
al fine di valutare l’impatto della legge che introduceva in Italia l’uso
obbligatorio del casco (1986), sono stati considerati sia la variazione
d’uso del casco sia la variazione dei dati di incidenza traumatologica.
Detto studio collega i dati di prevalenza d’uso con quelli di incidenza
mediante un modello matematico con il quale viene effettuata una previsione di riduzione della morbosità osservata (Taggi, 1986). Nella
tabella sottostante sono riportati i dati di prevalenza d’uso, quelli accidentologici relativi ai trimestri settembre-novembre 1985 (prima della
legge) e 1986 (dopo la legge). Si tratta di dati relativi a 1604 soggetti con
lesioni al capo secondarie all’uso di motocicli o ciclomotori, osservati
in un campione di trenta ospedali in quindici città italiane:
149
IL SISTEMA ULISSE
Uso del casco
Moto
Ciclo
Prima
della legge
Dopo
la legge
15%
4%
97%
50%
Riduzione Previsione
osservata
Modello
dopo la legge
(arrivi al Pronto
Soccorso)
-48.6%
-29.0%
-48.9%
-24.7%
(Adattato da: Taggi F. “Safety helmet law in Italy”, The Lancet, January
23, 182, (1988) )
Questo tipo di valutazione è stato scelto al fine di controllare al meglio
le numerose variabili confondenti esistenti. In particolare, è di interesse osservare il consistente aumento percentuale dell’uso del dispositivo una volta entrata in vigore la legge sull’obbligo: questo risultato è di
tipo generale, in quanto valori elevati di prevalenza d’uso sono stati
raggiunti sempre ed esclusivamente con leggi sull’obbligo e mai con
campagne di promozione od educazionali. L’informazione e l’educazione appaiono come cofattori per elevare e consolidare le percentuali
d’uso, non già come fattori determinanti, ruolo svolto solo da precise
leggi sull’uso obbligatorio dei dispositivi, come analogamente è sempre accaduto per quel che riguarda le cinture di sicurezza.
Nello stesso periodo dello studio ISS-ANCUPM, Bollini et al. (dati non
pubblicati, citati in Taggi & Iascone, 1987)) hanno effettuato una valutazione dei casi di trauma cranico grave osservati in cinque centri neurotraumatologici (Ancona, Bologna, Milano, Napoli e Palermo) trovando una diminuzione di casi incidenti di trauma cranico grave pari al
33.1%, risultato in accordo con le previsioni del modello matematico
dell’ISS.
Studi clinici, nei quali viene prevalentemente considerato l’aspetto
medico del problema, e dove mancano tuttavia i dati d’uso del casco,
sono stati effettuati da diversi gruppi. Il risultato comune a detti studi
è l’osservazione di una riduzione generalizzata delle lesioni al capo.
Tra gli studi effettuati, particolare pregio riveste quello sugli adolescenti effettuato da G.A. Marchi a Trieste (Marchi e coll., 1987), nel quale
vengono considerate tutte le lesioni riportate dai soggetti (non solo
quelle alla testa). Il risultato di Marchi è che mentre si ha una netta
riduzione delle lesioni al capo (in accordo con le previsioni del model150
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
lo dell’ISS), non si ha alcuna riduzione delle altre lesioni (es. agli arti):
questo risultato suggerisce che nelle esperienze citate il ruolo delle
variabili confondenti (come, ad es., una possibile minore esposizione al
rischio) non è determinante (al proposito, si veda nel seguito anche
l’importante studio.di Rutledge & Stutts (1993)).
Un’altra fonte di dati utilizzabile nell’esame del fenomeno è quella
delle statistiche degli incidenti stradali verbalizzati dalle FF.OO. elaborati dall’ISTAT e dall’ACI. Questi dati, come ben noto, sono parziali in
quanto si riferiscono ai soli incidenti verbalizzati (e mancano, quindi,
spesso di dati riferiti ad incidenti senza scontro); tuttavia, essi sono
quelli più prontamente disponibili per una valutazione generalizzata
all’intero territorio nazionale.
La tabella sottostante è relativa, per gli anni indicati, ai conducenti di
ciclomotori e motocicli infortunati o morti nel semestre luglio-dicembre.
1985
1986
1987
Morti
826
(-17.8%)
679
(-24.9%)
620
Feriti
29.758
(-20.2%)
23.756
(-16.8%)
24.758
Come si osserva nei periodi considerati, dopo la legge si è riscontrato
un calo della mortalità e del numero dei feriti intorno al 20% (ISTATACI, 1988).
Lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità sull’efficacia del casco è
l’unico che tenga conto, oltre che delle lesioni, anche della proporzione
d’uso del dispositivo prima e dopo la legge; tuttavia, evidenze di efficacia si hanno anche con i soli dati traumatologici. E’ questo un aspetto che a suo tempo destò molta preoccupazione e che fu ridimensionato solo dopo che l’ISS segnalò come non soltanto la relazione tra uso
del casco e aumento dei traumi del collo non esisteva, ma che si aveva
evidenza di una protezione indotta dal casco sul collo stesso. Gli studi
più recenti confermano quella che fu l’indicazione dell’ISS, indicazione
ricavata in base a studi di biomeccanica, di simulazione e ad una metaanalisi degli studi epidemiologici al tempo disponibili (1985).
Successivamente Cassinari e coll.(1988), hanno osservato a Bergamo
151
IL SISTEMA ULISSE
dopo la legge una riduzione dei traumi cranici da motocicletta pari al
44%; a Faenza, Fusconi e coll. (1988) hanno invece osservato una riduzione intorno al 25%. Nell’ambito del progetto TRACER (studio sul
trauma cranico grave in Emilia-Romagna, coordinato dall’ISS) è stata
registrata, dopo l’introduzione della legge, una riduzione dei traumi
cranici da motocicletta ad un terzo di quanto normalmente osservato
(Damian & Pomponio, 1990). I risultati di questi e di altri studi sono
certamente di grande interesse in quanto dimostrano che un fenomeno
come quello discusso, in particolare il trauma cranico secondario ad
uso delle due ruote motorizzate, può essere drasticamente ridimensionato aumentando la quota di utenti protetti dal dispositivo.
Queste evidenze, ed altre ancora, sono state confermate o dettagliate in
altri studi pubblicati negli anni ‘90. Forniremo qui nel seguito indicazioni specifiche in merito. Svilupperemo, al proposito, un quadro analitico del problema in esame, esplicitando, peraltro, alcuni aspetti di
interesse cui gli studi in oggetto danno risposta. Le nostre considerazioni verteranno prima su dati della letteratura internazionale, poi sul
risultati del progetto SISI (Studio Italiano sugli Incidenti), progetto
svolto dall’ISS in collaborazione con le regioni Liguria, Marche e
Molise.
Rischio relativo del non-uso del casco e accuratezza dei dati
Il rischio relativo è il rapporto tra la probabilità di incorrere in un certo
evento (es. trauma cranico) se si è esposti ad un certo fattore di rischio
(es., il non portare il casco) e la probabilità che ha di incorrere nello
stesso evento colui che al fattore di rischio non è esposto (es., colui che
porta il casco). Quando diciamo che chi non porta il casco ha un rischio
relativo di 2.0 rispetto a chi lo porta di incorrere in un trauma cranico
grave o mortale, intendiamo, perciò, dire che la probabilità di essere
vittima di una tale lesione è doppia per chi non porta il casco rispetto
a chi lo porta. La stima del rischio relativo tra soggetti non portatori di
casco (NH, Non-Helmeted) e soggetti portatori (H, Helmeted) è spesso
funzione di fattori confondenti che fanno sì che molti studi sottostimino l’efficacia del casco. Esiste un problema di qualità dei dati, comune
a tutti i Paesi, che comporta talora una visione ridotta dell’utilità del
dispositivo e spiega in parte i pochi risultati che vedono un’efficacia
ridotta del casco (la spiegazione maggiore per tali studi mal condotti,
pochi in verità, è che non si tiene conto della variazione della prevalenza d’uso del casco).
152
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Romano & McLoughlin (1992), ad esempio, trovano nella loro realtà
(California) associazione tra rischio di trauma cranico e non-uso del
casco nei dati autoptici dei medici legali, ma non tramite le schede ufficiali di morte degli stessi soggetti (errata compilazione, non indicazione dei dati essenziali, ecc.). La sensibilità da loro trovata sulle schede di
morte per la diagnosi trauma cranico è soltanto del 36%: questo significa che ogni cento deceduti per trauma cranico, sulle schede di morte
solo in 36 casi è indicato il trauma cranico!
Inoltre, per una valutazione globale è necessario tener conto (anche se
questo è difficilmente valutabile nei fatti, a meno di non effettuare uno
studio di coorte, assai arduo e costoso da eseguirsi per il problema in
esame) che molti soggetti portatori di casco, pur avendo l’incidente,
non riportano lesioni e quindi non si recano al pronto soccorso (Taggi,
1984, non pubblicato).
In ultimo, una ulteriore fonte d’errore è data dal fatto che molte volte,
nel “contare” coloro che portano il casco, non è possibile stabilire se il
dispositivo sia correttamente allacciato: un casco non allacciato, peraltro, non serve a proteggere l’utente ed è, anzi, probabilmente pericoloso per possibili momenti rotazionali che potrebbero essere trasmessi al
collo del soggetto (Taggi, 1993, non pubblicato). Si osservi che tutte
queste possibili fonti di errore portano a sottostimare l’efficacia del
casco.
Infondatezza di presunte controindicazioni sull’uso del casco
Sull’uso del casco sono state scritte, anche da parte di fonti autorevoli,
numerose inesattezze. Questo è stato possibile poiché molte volte
basarsi sulla sola osservazione clinica può essere fuorviante: ad esempio, la presenza di un trauma del collo in un motociclista che portava
il casco ha suggerito a molti la possibilità che il casco favorisse lesioni
cervicali, possibilità che, senza ulteriori conferme, si è presto trasformata in certezza. Tuttavia, lo strumento per verificare se esiste una tale
associazione non è certamente l’osservazione di tali casi (che è un
punto di partenza...), quanto un’attenta valutazione epidemiologica
del fenomeno.
Come riportato da Haddon (Haddon, 1980, pagg.IV.19-IV.23) nel fondamentale rapporto citato e segnalato in Italia dai primi lavori specialistici nel settore (Taggi & Menniti-Ippolito, 1984; Taggi, 1985), le obiezioni sollevate contro l’uso del casco non trovano rispondenza nell’evidenza scientifica:
153
IL SISTEMA ULISSE
a)
b)
c)
d)
e)
f)
Il casco non è efficace: come visto, le osservazioni e gli studi effettuati portano a concludere decisamente il contrario;
Il casco non è efficace al crescere della velocità: numerosi studi, ed in
particolare quanto si è osservato in statistiche relative a competizioni motociclistiche, mostrano che il casco è utile anche a velocità più
elevate;
Il casco è causa di incidenti per i problemi di visione ed udito che crea al
conducente: non esiste alcuna evidenza epidemiologica di tutto questo (es. rif. Haddon, 1980, pagg. III.6 e V.20 e rif.14, pag.981);
Il casco causa traumi del collo: anche in questo caso gli studi svolti al
proposito hanno dato esito negativo; anzi, i modelli matematici suggeriscono che il casco attenui le sollecitazioni sul collo (es. rif.
Haddon, 1980, pagg. II.5, V.21 e V.22);
I caschi sono pericolosi perché sono pesanti e poco ventilati: le condizioni definite nella normativa di omologazione dei caschi sono state
validate a livello internazionale come di assoluta garanzia per
l’utente; a livello di studi epidemiologici non c’è evidenza che questi due fattori costituiscano un rischio reale, anche se ovviamente si
cerca continuamente di produrre, a parità di sicurezza del dispositivo, casci sempre più leggeri e ventilati.
Il casco crea un falso senso di sicurezza: questa tesi, basata su concetti
omeostatici del rischio, non è stata mai dimostrata da studi epidemiologici.
In definitiva, mentre le considerazioni contro l’uso del casco o non
sono verificate o sono addirittura contraddette dalla realtà delle cose,
l’efficacia del dispositivo stesso nel ridurre consistentemente mortalità,
morbosità e gravità delle lesioni alla testa, e di conseguenza i costi a
queste associati, è largamente supportata dalla letteratura specialistica.
Conclusioni
Il quadro che abbiamo sinteticamente tracciato, considerando nella
presente relazione soltanto i lavori di maggiore spessore metodologico,
porta a concludere che l’adozione del casco di sicurezza sia indicazione razionale e responsabile alla luce delle conoscenze epidemiologiche
finora maturate. E questa è anche, da tempo, l’indicazione
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 1981).
Questa affermazione, peraltro, non è soltanto basata su quanto osservato all’estero, ma anche sui risultati che sono stati ottenuti nel nostro
154
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Paese con lo svolgimento di studi epidemiologici mirati e con studi
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di Mortalità, 111-125, Firenze, (1986)
TAGGI F. “ Epidemiologia e prevenzione degli incidenti stradali”, in Per
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157
IL SISTEMA ULISSE
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158
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Cellulari e guida: un rischio in rapida crescita
(da: F.Taggi, A.Crenca, C.Cedri, M.Giustini, G.Dosi, P.Marturano “Road
safety and the tsunami of cell phones”, Ann.Ig. 19, 269-274 (2007); trad. italiana a cura di F.Taggi)
Introduzione
Negli ultimi anni in tutto il mondo c’è stata una diffusione esplosiva,
specie tra i giovani, dei telefoni cellulari: una sorta di “tsunami” della
comunicazione.
In termini sociali, ciò sembra molto positivo in quanto questi dispositivi favoriscono i rapporti tra le persone e migliorano la loro sicurezza:
ad esempio, gli anziani possono chiamare più facilmente i loro cari in
caso di necessità o per pura compagnia; i genitori tenersi in ogni
momento in contatto con i figli giovani; molti problemi di lavoro sono
facilitati, anche per la possibilità di collegarsi ad Internet; le persone
amate e gli amici sono sempre raggiungibili; i medici hanno reperibilità più affidabile; chiamare prontamente soccorso in caso di emergenza
non costituisce più un problema.
Nel caso di disastri, poi, il cellulare può essere decisivo per indirizzare
le ricerche, come hanno più volte mostrato salvataggi di persone sepolte da macerie, rintracciate proprio grazie al fatto che avevano potuto
comunicare con i soccorritori tramite il loro cellulare.
E ancora, a chi non è capitato di rimanere chiuso in ascensore il 15 di
agosto con 35 gradi all’ombra e tutti i condomini in ferie alle Maldive
o a Portocervo?
A fronte di questi vantaggi, tuttavia, non sembra che la gente si renda
ben conto che l’uso del cellulare può impegnare pesantemente la nostra
attenzione, e talora impedirci di percepire correttamente il mondo circostante. Questo “effetto collaterale” del cellulare sembra avere particolare importanza per la sicurezza stradale. Esistono, infatti, molte evidenze del fatto che usare il cellulare mentre si sta guidando comporta
un rischio elevato di provocare un incidente.
Il numero di ricerche pubblicate nel tempo su questo tema ha avuto
159
IL SISTEMA ULISSE
carattere esplosivo, parallelo alla veloce diffusione di tali dispositivi:
nel documentarci, abbiamo reperito 29 studi pubblicati nel ventennio
1980-1999 e ben 99 studi dal 2000 al 2005!
Recentemente, i numerosi lavori scientifici prodotti al riguardo sono
stati valutati criticamente in un’ampia rassegna (1). In base al copioso
materiale esaminato gli autori concludono che:
studi osservazionali indicano che i conducenti usano comunemente il
cellulare e che l’uso sta aumentando;
studi sperimentali, in genere svolti su simulatori, indicano che la capacità di guida risulta compromessa sia utilizzando cellulari (con o senza
auricolare) o il “viva voce”;
studi epidemiologici mostrano che il rischio relativo di incorrere in un
incidente stradale con o senza feriti è intorno a 4, anche stavolta sia utilizzando cellulari con o senza auricolare o il viva voce;
l’introduzione di leggi specifiche volte a contrastare l’uso del cellulare
durante la guida sembra produrre effetti solo nel breve termine;
Gli utenti della strada sembrano capire molto presto se il livello di
attenzione, e quindi dei controlli su strada, viene mantenuto elevato,
modificando di conseguenza i propri comportamenti.
Ancor più recentemente, con l’uso di un simulatore ad alta fedeltà, è
stato definitivamente confermato che il degrado della capacità di guida
determinato dall’uso del cellulare è simile a quello indotto da un’alcolemia del conducente intorno a 80mg/100ml (si ricordi che il limite
legale in Italia è pari a 50mg/100ml) (2).
Tutta questa conoscenza accumulata sembra, purtroppo, scarsamente
utilizzata per comunicare il rischio alla popolazione. Nei fatti siamo
tutti continuamente bombardati da spot televisivi dove vengono presentate situazioni di uso esagerato dei cellulari, senza che sia mai fatto
cenno a possibili effetti negativi sull’attenzione, in particolare in relazione alla sicurezza di guida.
Il problema in Italia
In Italia abbiamo studiato questo fenomeno nell’ambito delle nostre
indagini nazionali nelle scuole superiori sui rischi per la guida (3,4,5).
La prima di queste ricerche (relativa a 6.624 soggetti di 8 regioni)
mostrava che già nel 1998 circa il 40% degli studenti possedeva un telefono cellulare. In un’analoga indagine svolta nel 2003 (22.348 soggetti
di 19 regioni) tale proporzione aveva largamente superato l’80%.
160
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Da una rilevazione di approfondimento, svolta nel 2005 (958 soggetti),
risultava che praticamente tutti gli studenti possedevano un cellulare;
circa uno studente su tre aveva già un videofonino.
Un’indagine intermedia, svolta nel 2002 su 759 studenti universitari
(età: 19-30 anni) mostrava che più del 95% di essi possedeva un cellulare e circa l’80% guidava un autoveicolo.
Tra questi ultimi, circa il 50% dichiarava di usare il cellulare durante la
guida sia per ricevere che per fare telefonate (in media 2.5 telefonate al
giorno, della durata di due minuti).
Ma con i cellulari non si telefona soltanto: si possono anche inviare o
ricevere messaggi (SMS-Short Message Service, ovvero MMS Multimedia Messaging Service, con suoni, immagini o addirittura
brevi filmati!).
Nel caso di SMS ricevuti durante la guida, il 41.2% dei maschi e il
24.3% delle femmine dichiarava di leggerli “quasi sempre”. Fatto ancora più interessante (e preoccupante) è che, sempre durante la guida,
l’11.5% dei maschi e il 4.2% delle femmine riferiva di inviare molto
spesso SMS (un ulteriore 22.1% di maschi e 18.2% di femmine dichiarava di farlo, ma non frequentemente).
Nel 2005, nell’ambito del sistema nazionale di monitoraggio dell’uso
del casco e delle cinture di sicurezza (Sistema Ulisse), abbiamo dedicato spazio anche all’osservazione diretta dell’uso del cellulare durante la
guida (auricolare e viva-voce non rilevati): su 71.657 conducenti osservati, il 2.1% lo stava utilizzando (5,6).
In Italia, il Nuovo Codice della Strada consente l’utilizzo del cellulare
durante la guida di un veicolo soltanto con dispositivi hands-free
(quelli, cioè, che lasciano le mani libere). In particolare, non è superfluo
sottolineare che è proibito l’uso di qualsiasi apparecchiatura radiotelefonica durante la marcia del veicolo, con le eccezioni di cui sopra, di
conseguenza è vietato anche inviare o leggere SMS o MMS (art.173
CdS).
Nonostante questa facilitazione (che, come visto però non riduce il
rischio) dal primo luglio 2003 al 30 giugno 2004 sono state elevate
89.015 contravvenzioni per questa infrazione, in gran parte a conducenti maschi (dati dell’archivio della patente a punti del Ministero dei
Trasporti, v. fig.1). Questo numero rappresenta il 4.7% di tutte le sanzioni di interesse per la patente a punti e, rapportandolo al numero di
patenti attive (oltre 35 milioni), si può stimare che la probabilità di essere sanzionati nell’anno per uso di cellulare durante la guida è intorno
161
IL SISTEMA ULISSE
al 2.6 per mille (un valore certo trascurabile per suscitare un concreto
timore di incappare in un controllo).
Attualmente, anche per via dei Campionati del Mondo di calcio, si sta
diffondendo in Italia, come in altri paesi, il TV-fonino, apparecchio che
permette di ricevere anche trasmissioni televisive.
A fronte di questa diffusione rapida e capillare di cellulari sempre più
evoluti, con prestazioni diverse, c’è in noi grande preoccupazione per
il futuro della sicurezza stradale del nostro Paese.
E questa preoccupazione non è dettata solo dal fatto che la gran parte
dei giovani guida un veicolo e possiede un cellulare, ma anche dalla
constatazione che i diversi tipi di cellulari, come pure i vari usi che se
ne possono fare, sottendono rischi diversi, via via crescenti.
Una guida sicura presuppone infatti che si sia sempre in grado di far
fronte a quattro fasi sequenziali: percezione, analisi-riconoscimento,
decisione, azione (3,9). L’uso normale dei cellulari più semplici non
interferisce molto sulla percezione in quanto, anche se l’attenzione è
impegnata in parte nella telefonata, il soggetto la strada la guarda. Gli
effetti della conversazione si manifestano sulle due fasi centrali, allungando il tempo necessario per l’analisi-riconoscimento di quanto si
incontra sulla strada e quello per decidere cosa fare in caso di necessità. L’impatto sulla fase “percezione” si ha invece durante le operazioni
di chiamata o di risposta.
Nel caso degli SMS, specie se inviati, la percezione della strada diventa necessariamente frammentaria; lo stesso può dirsi per i videocellulari, se il conducente indulge ad osservare l’immagine comparsa sullo
schermo.
Il rischio di provocare un incidente stradale che nelle diverse situazioni viene a concretizzarsi dura per un tempo limitato, quanto dura la
telefonata (la composizione di un messaggio, il leggere un messaggio,
o – nel caso dei videofonini - il guardare l’immagine sullo schermo).
Due nuovi rischi emergenti
Accanto a questi rischi – da tempo studiati - ne stanno sorgendo però
altri due, che andrebbero attentamente considerati per tempo, sia in
termini di ricerca sia per azioni di prevenzione.
Il primo riguarda i TV-fonini: cosa avverrà tra non molto quando questi dispositivi si saranno consistentemente diffusi? Quanti li utilizzeranno durante la guida? Non pochi di certo, visto che già alcune riviste
ne pubblicano i programmi settimanali (v. fig.2). Telegiornali, partite di
162
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Fig. 1 - Contravvenzioni elevate per uso del cellulare durante la guida,
per sesso ed età, rapportate al numero sottostante di patenti attive
(Italia, Data base “Patente a punti”, periodo 1.07.2003 – 30.06.2004)
Multe elevate per uso del cellulare
Multe elevate per uso del cellulare durante la guida
durante
guida attive,
(casi per
100.000lapatenti
(casi
per
100.000
patenti
attive,
Italia, PaP, 1.07.2003 - 30.06.2004)
Multe/Patenti *
100.000/anno
Italia, PaP, 1.07.2003 - 30.06.2004)
600
Maschi
400
Femmine
Inf/P F
Inf/Pat M
200
0
<20
20-29
30-49
50-69
70+
ETA'
calcio, trasmissioni cui si è particolarmente affezionati, e altro ancora,
saranno per molti conducenti tutte occasioni per accendere il TV-fonino, specie durante spostamenti sulla lunga distanza, verosimilmente in
autostrada. E questo verrà fatto pensando: “Tanto ascolto soltanto”. Ma
probabilmente non sarà così: non si realizzerà un episodico azzeramento della percezione della strada, ma un continuo staccare gli occhi dalla
strada per guardare nello schermo del TV-fonino. E tutto questo non
durerà quanto una breve telefonata, bensì molto di più, quanto la durata di una trasmissione!
E’ bene osservare che questo rischio si potrà concretizzare anche quando sarà il trasportato ad usare il TV-fonino: è ragionevole pensare che
la tentazione di dare un’occhiata allo spettacolo che il passeggero sta
seguendo sarà continua per il conducente. Tutto questo appare, a
nostro avviso, di particolare allarme, specie in relazione al trasporto
professionale sulle lunghe distanze.
Il secondo rischio emergente riguarda invece… i pedoni. Da circa un
anno stiamo osservando il loro comportamento quando attraversano la
strada (7). I più recenti dati da noi acquisiti, relativi alla città di Roma
(1609 attraversamenti osservati in giugno-luglio 2006), ci mostrano che
mediamente il 5.5% dei pedoni (circa uno su diciotto) attraversa la stra163
IL SISTEMA ULISSE
Fig. 2 - Programma settimanale delle trasmissioni su TV-fonino
(ÅgSorrisi e CanzoniÅh, settimanale nazionale italiano di guida ai programmi radiotelevisivi, settembre 2006)
da parlando al cellulare.
In più dell’80% di questi casi, quello che sorprende è che per il soggetto il mondo sembra non esistere. Mentre attraversa, il pedone che sta
usando il cellulare non fa in genere attenzione alla strada e ai veicoli
che sopraggiungono (che talvolta sono costretti a frenare bruscamente
164
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Tab. 1 Percentuale di pedoni che attraversano la strada parlando al
cellulare (Istituto Superiore di Sanità, ricerca osservazionale in corso
a Roma, dati relativi al mese di giugno 2006)
Traversa la strada parlando al cellulare
M Giovani
F Giovani
M Adulti
F Adulte
TOT
NO
426
730
184
181
1521
YES
20
55
9
4
88
Tot
446
785
193
185
1609
%Cell
4,5
7,0
4,7
2,2
5,5
per non investirlo):egli è totalmente concentrato sulla conversazione,
semplicemente indifferente al mondo che lo circonda. E non si tratta
solo di giovani, come verrebbe da pensare (v. tab. 1).
In definitiva, l’uso del telefonino da parte dei pedoni potrebbe rivelarsi come una delle maggiori cause di incidente all’interno delle aree
urbane. Il pedone che attraversa la strada, infatti, è un soggetto a
rischio nella giungla metropolitana, un “utente debole”; sicuramente
ancor più debole se distratto da una conversazione telefonica. La questione non è banale: ricordiamoci che nel 2004 sono morti 700 pedoni
in Italia. Quanti di questi stavano parlando al cellulare?
Conclusioni
Quanto abbiamo qui discusso tratteggia una situazione estremamente
critica, in rapida evoluzione, e fa prevedere che se non verranno presi
per tempo seri provvedimenti, sia repressivi sia di massiccia informazione del pubblico, dovremo aspettarci una crescita importante del
numero di incidenti stradali legati all’uso del cellulare.
Se questo avverrà, la cosa non sarà indolore, alla luce del fatto che è
stato valutato (prima del diffondersi dei telefonini…) che un incidente
stradale su quattro ha come causa principale un problema di attenzione (8).
Per quel che ci riguarda, stiamo operando per far promuovere in Italia
quattro azioni urgenti:
- dare maggiore spazio nei corsi per l’acquisizione della patente di
165
IL SISTEMA ULISSE
guida ai rischi dell’uso dei cellulari, sottolineando il loro grave
impatto negativo sul “cognitivo” del conducente;
- aumentare consistentemente il livello dei controlli su strada, facendo
in modo che la possibilità di incorrere in una dura sanzione per uso
del cellulare durante la guida sia maggiormente percepita rispetto a
quanto avviene oggi;
- promuovere da parte dello Stato specifiche (e periodiche) campagne
di informazione, in modo che il rischio sia più concretamente percepito dalla gente;
- far sì che all’interno degli spot pubblicitari dei cellulari sia reso obbligatorio un cenno sulla pericolosità del loro uso in certe situazioni
(prima di tutto durante la guida). In fondo, questo è quello che già
avviene nelle pubblicità dei farmaci e di altri prodotti che comportano anche rischi per l’acquirente.
In relazione all’ultimo punto, ci rendiamo ben conto delle difficoltà
connesse con la sua attuazione; ma il rischio dell’uso del cellulare
durante la guida (o in altre situazioni che richiedono elevata attenzione, come attraversare una strada) non può restare confinato in poche
righe del libretto di istruzioni dell’apparecchio. E’ quindi sperabile che
Produtori e Gestori di cellulari comincino a sentirsi moralmente coinvolti nei problemi che abbiamo qui considerato, e decidano – anche in
assenza di un obbligo di legge - di informare nei loro messaggi pubblicitari in modo più completo gli utenti.
Nota a piè di pagina
In Italia, dove la popolazione è di circa 57 milioni di abitanti, circolano più di
43 milioni di veicoli a motore (49 milioni se consideriamo anche i veicoli privi
di motore come i rimorchi). Tra questi, circa 34 milioni sono autoveicoli, 5
milioni mezzi pesanti e 4 milioni motociclette. I titolari di patenti attive sono
più di 35 milioni, e il 21.3% di questi ha età compresa tra 18 e 29 anni. Vi sono
inoltre circa 7 milioni di ciclomotori (dato solo stimato in quanto veicoli privi
di carta di circolazione), usati prevalentemente da giovani di età dai 14 ai 17
anni, per la guida dei quali solo da circa due anni è stata prevista un’apposita
autorizzazione (il patentino).
Dopo l’introduzione della patente a punti (luglio 2003) si è avuta in Italia una
forte riduzione dell’incidentalità stradale (circa –20%), ma il fenomeno rimane sempre grave: nel 2004 sono stimabili a questo proposito dai dati sanitari:
6.250 morti, 120.000 ricoveri e più di 1.000.000 di accessi al pronto soccorso.
166
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Il rapporto maschi/femmine è circa 3.5:1 nei deceduti e circa 2:1 nei soggetti
ricoverati. Circa un decesso su tre (34.3%) riguarda soggetti con meno di trenta anni di età. (3,5).
Questo stato delle cose deve essere attentamente considerato ai fini della prevenzione, anche alla luce del fatto che il processo di riduzione dell’incidentalità innescato con la patente a punti, e che ha caratterizzato gli ultimi anni,
appare affievolirsi nei suoi effetti.
Bibliografia
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research”, Traffic Injury Prevention 7, 89-106 (2006)
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the drunk driver”, Human Factors 48, 381-391 (2006)
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(scaricabile da www.iss.it/stra )
4) F.Taggi, G.Dosi (a cura di) “Guida e comportamenti a rischio: risultati generali
dell’indagine AMR 2003”, Istituto Superiore di Sanità, 70 pp., 2004 (scaricabile
da www.iss.it/stra )
5) F.Taggi (a cura di) “Sicurezza Stradale: verso il 2010”, Rapporto progetto
DATIS2, Istituto Superiore di Sanità – Ministero dei Trasporti, 351 pp., 2005
(scaricabile da www.iss.it/stra )
6) F.Taggi et al. “Il sistema Ulisse per il monitoraggio dell’uso delle cinture di sicurezza e del casco in Italia (2000-2005)”, Istituto Superiore di Sanità – Ministero
dei Trasporti, 118 pp., 2005 (scaricabile da www.iss.it/stra )
7) Istituto Superiore di Sanità, ricerca attualmente in corso
8) J-S. Wang, R.R.Kipling, M.J.Goodman “The role of driver inattention in crashes:
new statistics from the 1995 crashworththiness Data System”, Proceedings of the
40th Annual Conference of the Association for the Advancement of
Automative Medicine,377-392, AAAM, Des Planes,IL., 1996
9) F.Taggi, P. Marturano – “La percezione del rischio e il rischio della percezione: il
caso della sicurezza stradale”, in F.Taggi (a cura di) “Aspetti Sanitari della Sicurezza
Stradale”, Rapporto progetto DATIS, Istituto Superiore di Sanità – Ministero dei
Trasporti, pp. 355-362, 2003 (scaricabile da www.iss.it/stra e da www.infrastrutturetrasporti.it )
167
IL SISTEMA ULISSE
168
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
La fallacia delle multe
“Del perché il numero di contravvenzioni nell’anno non può essere,
da solo, un indicatore della (In)Sicurezza Stradale”
(Articolo pubblicato nel 2007 sulla rivista dell’ASAPS “Il Centauro”, a firma
di F.Taggi)
Introduzione
Recentemente, sono state diffuse tramite stampa alcune statistiche relative all’archivio della Patente a Punti (PaP).
I dati riguardavano il numero di contravvenzioni elevate nell’anno,
come pure il numero di punti sottratti, rapportandoli a quante patenti
erano attive sul territorio. In sostanza, provincia per provincia, si
mostrava un quadro dell’incidenza delle contravvenzioni di interesse
per la PaP e della conseguente sottrazione dei punti. Fin qui nulla di
particolare. I dati presentati, infatti, erano una pura relazione “contabile” di quanto accaduto nel periodo considerato.
Tuttavia, una volta resi pubblici, su tali dati sono state svolte alcune
considerazioni, le cui conclusioni sono sembrate a molti paradossali. In
particolare, quello che ha più colpito è che – in base a tali ragionamenti - i conducenti più indisciplinati risultavano quelli di regioni in cui
comunemente si ritiene che il rispetto delle norme del Codice della
Strada sia maggiore che in altre.
In realtà, gli autori dell’articolo giornalistico cui stiamo facendo riferimento avevano fatto un eccellente lavoro di informazione, mettendo
peraltro in guardia il lettore dalle diverse possibili spiegazioni cui i dati
si prestavano. Ma si sa come va il mondo: quando qualcosa fa notizia,
le cautele interpretative – anche se ben segnalate – vengono messe da
parte e sopravvengono immediatamente discussioni su discussioni che
invece di partire dall’inizio (cioè dai dati e dal loro significato), parto169
IL SISTEMA ULISSE
no dalla fine, ovvero da un “atto di fede” su quanto ci ha colpiti, che
diventa “vero” per definizione.
Cose di questo genere accadono ogni giorno, e su temi tra loro molto
diversi, perché in questa nostra società che si considera smaliziata e
scettica, c’è una religione che accomuna un po’ tutti: la “religione del
numero”.
Infatti, se da qualche parte compare un numero, esso per i più diventa
certezza. Il numero non è un’opinione: se è ad esempio 33, allora 33
deve essere, non 32 o 34. Se è 33 non può che significare 33 e null’altro;
e come 33 va interpretato da tutti.
Ora, però, c’è numero e numero: ci sono quelli che si riferiscono ad idee
(ad esempio, il pi greco di scolastica memoria), altri che parlano delle
cose (ad esempio, la proporzione osservata di coloro che indossano la
cintura di sicurezza).
Quando i numeri trattano delle cose del mondo, questo approccio
fideistico cui si accennava nasconde molti trabocchetti e non trova
spesso rispondenza nei fatti. In primo luogo, quale sia il numero e cosa
rappresenti in termini di misura di intensità di qualcosa, esso è intrinsecamente “ballerino”, nel senso che una volta può risultare 33, un’altra 35, un’altra ancora 28, anche se le condizioni di misura sono le
medesime. E’ questa la “variabilità statistica”, con cui hanno a che fare
un po’ tutti, dai fisici ai medici, dai chimici agli economisti. Ma,
ammesso pure che tale variabilità venga opportunamente considerata
e controllata, ad esempio proprio con la statistica, c’è anche dell’altro:
l’interpretazione degli stessi numeri. Intendiamoci, non si sta negando
il significato intrinseco dei numeri: se risulta 33, sarà certo 33 (più o
meno qualcosa); quello che intendiamo è: se il numero è 33, che cosa ci sta
dicendo questo numero in merito al fenomeno di cui esso è espressione?
Cerchiamo di vederci più chiaro
Vediamo su alcuni esempi (di pura fantasia) di chiarirci meglio le idee
su quanto prima detto.
- “A Catania risultano esserci 2.3 multe per ogni patente (all’anno); a
Campobasso invece tale valore è pari a 3.2”. Quanto sono “veri” questi
numeri? Dipende. Supponiamo infatti che a Catania qualche cosa sia
sfuggito nei conteggi: magari, dietro quel 2.3 si nasconde un 2.7. A
Campobasso potrebbero aver contato più volte le multe: sicché nella
realtà quel 3.2 nasconde un 2.9.
170
TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Ancora: Catania potrebbe aver contato solo le multe elevate dalla
Polizia Urbana; Campobasso potrebbe aver invece considerato anche
quelle della Polizia Stradale e dell’Arma dei Carabinieri. Quindi,
anche per poter dire soltanto “Quest’anno nella nostra Provincia sono
state elevate X multe”, bisogna mettersi bene d’accordo prima, per
aver ben chiaro di cosa si stia parlando.
Sembra un discorso sofistico, volto a confondere, ma non è così. Ad
esempio, noi tutti ascoltiamo continuamente affermazioni fatte in pubblico (convegni, dibattiti televisivi, ecc.) del tipo: “I morti della strada in
Italia sono oggi circa 5.500 all’anno”. Non è un’affermazione corretta. I
“veri” morti nell’anno sono circa 6.000. Il dato precedente infatti fa riferimento ai morti calcolati sulle statistiche degli incidenti verbalizzati
dalle FF.OO. che sottostimano il numero di coloro che muoiono nell’anno in seguito ad incidente stradale di circa il 10%. Questa sottostima
non è da attribuire a trascuratezza, ma al fatto (inevitabile) che alcuni
traumatizzati muoiono molti mesi dopo l’incidente, e non possono
quindi comparire nei verbali. Sicché, quando andiamo poi a farci i conti
sui certificati di morte relativi a tutti coloro che muoiono nell’anno,
quale ne sia la causa, viene fuori che i morti per incidenti stradali sono
6.000 e non 5.500.
L’utilizzo di quest’ultima cifra (5.500), dimostra comunque un certo
grado di conoscenza del problema da parte di chi la usa, in quanto ci
sono ancora molte persone che segnalano 9.000 morti all’anno, o cifre
del genere, risalenti a molto tempo fa; ma il modo corretto di comunicare tale cifra (5500) dovrebbe essere: “Il numero di morti per incidente
stradale nell’anno, riportato nelle Statistiche degli Incidenti Stradali
Verbalizzati dalle FF.OO., è pari a 5.500”.
La fallacia del numero di contravvenzioni (o multe, come dir si
voglia)
Ma torniamo adesso alle multe come segnale di un mondo che va
“bene” o che va “male”. Mostreremo su un esempio come il loro numero rappresenti una informazione fondamentalmente “ambigua” se non
accompagnata da altre informazioni.
Supponiamo di essere in un certo territorio e di considerare il numero di
multe elevato nell’anno per il mancato uso delle cinture di sicurezza.
Ragionando grossolanamente, ai soli fini del presente discorso, diciamo che
possiamo trovarci di fronte a “tante” multe o a “poche” multe.
171
IL SISTEMA ULISSE
Stiamo usando l’accetta, certamente; ma ne guadagnerà la chiarezza.
Spesso, in presenza della prima situazione (“tante”), qualcuno conclude che la cintura la indossano in pochi; di fronte alla seconda (“poche”)
la conclusione di molti è che… va tutto bene.
Questo è un modo semplicistico (e sbagliato) di ragionare. Infatti, un
elevato numero di multe per il mancato uso delle cinture (o altro che
sia) può sottendere sia un’elevata attenzione da parte delle FF.OO., sia
uno scarso uso del dispositivo (o un misto delle due cose); come pure,
poche multe possono derivare sia da una scarsa attenzione di chi deve
controllare o dal fatto che l’uso è molto elevato (o, anche in questo caso,
da entrambe le cose).
Sicché, a questo livello informativo (numero di multe, tante o poche
che siano), non siamo in grado di giungere ad una certezza, ma solo di
considerare uno spettro di possibili spiegazioni.
Ora, supponiamo di complementare l’informazione “numero di multe
nell’anno per mancato uso della cintura” con il dato di prevalenza (proporzione) d’uso delle cinture di sicurezza, ricavato ad esempio in base alle
osservazioni sul campo, svolte secondo la metodica standardizzata del
Sistema Ulisse (il sistema nazionale di rilevamento dell’uso del casco e
delle cinture di sicurezza).
Sempre ragionando in modo grossolano, tanto per non complicarci la
vita, supponiamo di trovarci di fronte ad una prevalenza d’uso “elevata” (per es. 88%) oppure “scarsa” (ad es., 22%).
Adesso, seguendo attentamente la fig. 1, esaminiamo le quattro situazioni che possono presentarsi, determinate dal numero di multe nell’anno (“Tante” o “Poche”) e dalle possibili spiegazioni che ne potremmo dare (“Bassa-Alta attenzione delle FF.OO.” o “Uso Elevato-Scarso”
del dispositivo).
I situazione: Multe nell’anno: “Tante”; possibile spiegazione: alta
attenzione delle FF.OO.
Se la prevalenza d’uso risulta elevata, è evidente che le tante multe si
spiegano col fatto che c’è alta attenzione delle FF.OO. su quei pochi
utenti che non portano la cintura. Conclusione: lo stato delle cose è
quindi soddisfacente.
Se invece la prevalenza d’uso risulta bassa, allora c’è certamente alta attenzione da parte degli agenti, ma gli utenti sono poco rispettosi del Codice
della Strada. Evidentemente, le multe da sole non bastano e andrebbero
affiancate con altro (es. azioni di informazione-comunicazione).
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TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
Fig. 1
Possibili spiegazioni Pelevata
Alta attenzione
Pscarsa
Numero di
MULTE
nell’anno
“Poche”
?
Alta attenzione,
Uso elevato
Pscarsa
Alta attenzione,
Scarso uso
ULISSE
CONCLUSIONI
(monitoraggio)
Pelevata
Bassa attenzione
Pscarsa
Pelevata
La “Fallacia”
delle Multe
Uso elevato
Alta attenzione,
Scarso uso
Pelevata
Scarso uso
“Tante”
Alta attenzione
Pscarsa
Uso elevato
Bassa attenzione,
Scarso uso
Uso elevato
Bassa attenzione,
Scarso uso
Conclusione: lo stato delle cose è insoddisfacente.
II situazione: Multe nell’anno: “Tante”; possibile spiegazione: scarso
uso del dispositivo
Se la prevalenza d’uso risulta elevata, la spiegazione non è quella che
pensavamo fosse. Le tante multe si spiegano con l’alta attenzione delle
FF.OO. sulla minoranza che non indossa la cintura. Conclusione: lo
stato delle cose è quindi soddisfacente.
Se invece la prevalenza d’uso risulta bassa, allora nonostante l’alta
attenzione da parte degli agenti, la gran parte degli utenti continua a
non indossare il dispositivo. Anche in questo caso, poiché le multe da
sole non riescono a modificare i comportamenti, bisognerà operare
anche su altri fronti (come visto in precedenza, ad esempio tramite
azioni di informazione-comunicazione).
Conclusione: lo stato delle cose è insoddisfacente.
III situazione: Multe nell’anno: “Poche”; possibile spiegazione: bassa
attenzione delle FF.OO.
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IL SISTEMA ULISSE
Se la prevalenza d’uso risulta elevata, la situazione è largamente sotto
controllo. Le multe sono poche semplicemente perché la gran parte
degli utenti rispetta la disposizione del Codice della Strada.
Conclusione: lo stato delle cose è quindi molto soddisfacente.
Se invece la prevalenza d’uso risulta scarsa, allora c’è un’evidente
bassa attenzione da parte degli agenti, che potrebbe peraltro essere uno
degli elementi che portano gli utenti a persistere nel non indossare la
cintura. In questo caso si impone un preciso richiamo a chi deve controllare, affinché controlli. Conclusione: lo stato delle cose è molto
insoddisfacente.
IV situazione: Multe nell’anno: “Poche”; possibile spiegazione: uso
elevato del dispositivo
Se la prevalenza d’uso risulta elevata, la situazione è largamente sotto
controllo. Le multe sono poche perché non c’è occasione di farle.
Conclusione: lo stato delle cose è quindi molto soddisfacente.
Se invece la prevalenza d’uso risulta bassa, allora c’è anche in questo
caso bassa attenzione da parte degli agenti, che potrebbe favorire il
non-uso della cintura. Si impone, quindi, un preciso richiamo affinché
i controlli vengano messi in atto, unitamente all’attivazione di azioni di
informazione degli utenti. Conclusione: lo stato delle cose è molto
insoddisfacente.
Conclusioni
Come spero sia ormai evidente, non sempre il significato di certi numeri è chiaro di per sé. Molte volte solo con una maggiore informazione
(e quindi considerando anche altri numeri) possiamo farci un’idea precisa di come stiano le cose. L’esempio scelto era sulle cinture di sicurezza: ma lo stesso sarebbe stato se avessimo considerato il casco, la guida
in stato di ebbrezza, o altro ancora.
Quello che vorrei sottolineare è che da tutto questo discorso viene fuori
l’insegnamento che i numeri da soli talora non bastano: bisogna anche
interpretarli e, se necessario, complementarli con altri numeri per comprendere cosa essi ci stiano raccontando del mondo reale.
E molte volte questa informazione complementare deve essere di natura casuale, indipendente da nostre scelte, statisticamente rappresentativa del fenomeno che stiamo considerando.
Il discorso non è banale: ad esempio, che possiamo dire sulla prevalenza della guida in stato di ebbrezza o sotto l’influenza di sostanze, in
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TERZA PARTE
- PERCEZIONE DEL RISCHIO E SISTEMI DI PROTEZIONE
assenza di controlli casuali sistematici su strada? Forse, possiamo provare a “contare” quante multe abbiamo elevato in proposito? Certo: ma
il numero di queste ci parla dell’attività preventiva e di controllo delle
FF.OO., non già del fenomeno in questione. E allora: qual è la prevalenza in Italia di coloro che guidano in stato alterato? Non lo sappiamo:
semplicemente non lo sappiamo. E continueremo a non saperlo (come
pure accadrà per tante altre cose la cui conoscenza potrebbe indirizzare specifiche ed efficaci azioni di prevenzione) se continueremo a basare i nostri ragionamenti sul numero di controlli per fondato sospetto (o
dopo l’incidente), che – pur avendo un’importanza fondamentale per
la sicurezza stradale - non hanno funzione di conoscenza ma di contenimento e controllo.
Gli anni passano e il 2010 si sta avvicinando rapidamente: il nostro
modo di pensare dovrebbe, quanto prima, adeguarsi alle esigenze del
XXI secolo.
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Stampa: Registri Velox Contabilità - Roma
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