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K
I
S
Settimanale del Sabato
€ 1,00
23 Settembre 2006
ACIREALE
Assicurarvi soluzioni...è il nostro mestiere
IL GIORNALE DEL TERRITORIO DELLE ACI
Marino Giuseppe
-
C.so Italia, 96 - ACIREALE
Fantasmagoria di colori nei cristalli
delle lave dell’Etna
di Giovanni Tringali
IL SOGNO...
ATTUALITA’
KULTURA
INFORMAZIONE
SPORT & TURISMO
Il tutto
ed il contrario del tutto
La maratona che ha licenziato alle
7,30 del mattino il "bilancio"la dice
lunga sulle prospettive che si propongono alla città nei prossimi
mesi, per il resto della consiliatura.
Quella che era auspicabile, cioè la
ritrovata armonia in seno ai gruppi,
in seno ai singoli, nei fatti non è
stata trovata. Anzi! Si è assistito ad
un continuo scambiarsi accuse e
velenosi messaggi, con qualche
forma di cafoneria, poco consone
al luogo, che il presidente Busà
avrebbe fatto bene a stigmatizzare
e non tollerare affatto. Le dichiarazioni, da ambedue le parti in causa,
amministrazione e opposizionemaggioranza, risentono della negativa situazione politica e personale
(anche) che pervade tra i trenta e
più che siedono negli scranni del
Palazzo di Città. La città, "attaccata" al televisore, ha seguito il dibattito, vergognandosi un tantino, alle
volte, per quello che vedeva e sentiva (sentiva poco, alle volte, visto il
disastroso
impianto
nell'aula…)…poi, stanca, è andata a letto
- pochi, pochissimi hanno resistito
fino alle 7,30. Sono usciti distrutti i
consiglieri comunali, molti, la maggioranza-opposizione
contenti,
però, per avere messo alle corde
sindaco e compagine che lo sostiene. Un cornetto caldo o una fragrante brioche con granita hanno
lenito la sofferenza. Ora tutti a rilasciare dichiarazioni, secondo i
punti di vista…tutti hanno ragione,
tutti hanno vinto, come nelle elezioni. Ma qualcuno si è chiesto, forse,
se la Città, ha vinto o a perso?
Turi Consoli
[email protected]
Gresi
Cipriani
Pag. 4
C
on divertimento, ho seguito la polemica delle ultime settimane riguardo “l’informazione acese”. I proclami di “tv di regime”,
fino ad ora, erano stati affidati quasi esclusivamente ai più protervi girotondini, ai più rigorosi studiosi del fenomeno berlusconiano. In un contesto ben più ampio essi teorizzano l’assioma secondo il quale il capo di governo di una nazione, che sia nel
contempo editore e magnate tv, rappresenti, nella società mediacentrica contemporanea, l’emblema dell’anti-democraticità. Ora
il tema si sposta nella provincia acese, ed è qui che coglie i suoi risvolti più grotteschi. Nella gattopardiana terra del sonno e
dell’onirico perfetto l’informazione, che altro non è se non la voglia di verità di tanti spiriti critici, non può esistere, non è naturale che nasca e si sviluppi. Premetto subito che sono consapevole delle numerose eccezioni di tanti bravi e critici giornalisti,
ma non è certamente lecito chiudere gli occhi rispetto allo status generale siciliano e
acese. Nel nostro microcosmo sembra difettare la basilare esigenza di informazione,
inchiesta, verità. Sembra quasi che numerosi concittadini non vogliano sapere (o forse
già sappiano fin troppo bene) quali sono i limiti, i problemi, le disfatte della nostra terra.
E di tali sconfitte in molti sembrano non dispiacersi affatto. Dunque, il cancro si annida
alla sorgente e si traduce in strutturate barriere culturali e politiche. La democraticità di
una corpo sociale non si misura solo in base alle opportunità di autodeterminazione, di
libertà, di informazione, di cui gode in potenza, ma piuttosto si misura sulla effettiva
coscienza e sulla capacità di riscattare tali opportunità e diritti. E così, una comunità che
dimostra scarsissima capacità di conformarsi ai limiti e ai doveri che una organizzata
struttura sociale impone, non sarà mai in grado di godere dei diritti e delle libertà che lo
stesso reticolo di istituzioni, leggi, organismi offre. Se ad Acireale, come in Sicilia, esistesse un insieme di voci plurali, libere, magari anche parziali, si potrebbe allora discutere di una informazione asservita ad una fazione piuttosto che ad un’altra. Ma da noi
le cose non funzionano in tal modo ed evidentemente il consigliere comunale non ha
intuito le pesanti incognite dell’informazione acese, limitandosi ad accusare una rete
locale di essere pura vetrina di una sola campana. La verità è che l’informazione non
dovrebbe essere cristalliera né per i sindaci né per i consiglieri, non dovrebbe mai essere pensata né come amica né come nemica dalla politica, non dovrebbe mai stendere
metaforici tappeti rossi sotto nessuno se non a favore delle esigenze di verità e trasparenza della società. Ed è proprio questa necessità che deve rinascere negli acesi. E’
l’urgenza di onestà, coerenza, libertà, che è indispensabile risvegliare se effettivamente si vuole far risorgere (o meglio far nascere), nella terra del clientelismo e dell’ancipite affarismo, una efficace ed effettiva cultura dell’informazione. Intanto le inquietudini del
consigliere Maccarone possono essere facilmente smorzate. Basta attendere. La nostra
fragile informazione, come vascello di carta, sarà spostata verso altri lidi da poche folate di un più prepotente
Gregorio Romeo
vento. Una fastidiosa nuova corrente che per le vie di
[email protected]
Acireale già si avverte ed incomincia a scocciare…
L’opinione di mAd
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CREDITO SICILIANO
Nel prossimo numero
INFORMAZIONE E POLITICA.
ECCO PERCHE' LA NEUTRALITA' NON ESISTE ED E' PERICOLOSA.
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(Spagna)
Mario Funnedda
Mario Musmeci, ospite a tavola, in
una posa non insolita per lui.
Quando prendeva la parola, la sua
parlata acquistava una foga appassionata, fatta di termini ricchi di
pathos. Con la mano pare che voglia
impartire la benedizione apostolica.
In un dito fa bella mostra di sé un
anello con brillante, passione di
Mario, figlio di Marcantonio. Due
convitati ascoltano con attenzione le
parole dell 'amico. Cosa starà dicendo? Le bottiglie sono semivuote. Un
bicchiere contiene un dito di vino.
Un 'ampolla è colma a metà. Forse
sta ringraziando alla fine della
cenetta organizzata tra amici. In
primo piano Nello Grassi Bertazzi
sorridente.
da Via Galatea e Dintorni
di Salvatore Trovato
BULLI...
& PUPE
2
sabato 23 Settembre 2006
Ufficio Marketing e Pubblicità Akis - Franco Pulvirenti - tel. 328 8115194 - Grafica: MP - 347 1433135 - Foto: Nuccia Leotta
Prendiamo atto della lettera che il consigliere comunale dott. Salvatore Maccarrone ci fa pervenire con preghiera
di cortese pubblicazione e/o diffusione ma non riteniamo che la stessa sia “pubblicata e /o diffusa” dal nostro settimanale in quanto trattasi di “bega” privata, molto privata tra lo stesso consigliere comunale e il giornalista Antonio
Garozzo ed, in parte, Canale9. Ferma restando la nostra stima e solidarietà alla professionalità del collega Antonio
Garozzo e dell’emittente Canale 9, interveniamo soltanto per invitare lo scrivente a meglio spendere il proprio
tempo per occuparsi del “rapporto di ripresa dei lavori del consiglio comunale e del suo esatto adempimento nonché delle modalità di nomina dei Direttori Artistici delle maggiori manifestazioni organizzate dal Comune di
Acireale…” Tutto ciò per sgombrare il campo da illazioni, o falsità che possono essere trasmesse all’esterno del
Palazzo dal quale ci si aspetta sempre trasparenza (cosa avvenuta fino ad ora). Il giornale che dirigo è sempre
stato aperto a tutti, alle questioni pubbliche (non private), e continuerà con questa linea fino a quando Iddio e le
mie forze lo consentiranno.
Turi Consoli
IL VANGELO PER TUTTI
“Il Vangelo per tutti” , secondo libro di catachesi con le persone disabili, nato dal lavoro delle persone che lavorano
nella Comunità di Sant’Egidio, dall’amicizia con i disabili, è
…Mi hai preso per mano e qui mi hai portato
e tanti amici mi hai regalato.
C’è il pane, c’è il vino, ci sei tu Gesù,
sei tanto vicino e non ci lasci più.
Signore Gesù, che festa da re è bello restare con Te…
Arte in Fiera
La ritrovo dopo un anno
china su una tela…il volto di
Padre Pio a poco a poco
compare fino a quando in
tutta la sua luminosità e religiosità viene “apposto” sul
cavalletto all’ammirazione
dei passanti. L’anno scorso
si è distinta per un grande
quadro raffigurante la
nostra costa, quest’anno i
temi principali sono i santi,
gli angioletti. E’ una gran
bella ragazza, Elvira Basile, trentasei anni (non gliene
dai più di ventotto!), acese (nasce nel quartiere di San
Giovanni), sin da piccola, alle elementari, con la passione del disegno. E’ brava, bravissima ma di studiare
AKIS
LA RUBRICA SCIENTIFICA
a cura del dott. Giovanni Tringali*, dir. dell’Istituto Ricerca Medica e Ambientale di Acireale.
Più sesso,
più tumore del collo dell’utero.
Il carcinoma del collo dell’utero, definito anche cervice
uterina, è annoverato tra i più frequenti tumori che interessano la sfera genitale femminile. La sua incidenza
aumenta rapidamente a partire dai 25 anni di età fino ai
45, si mantiene stabile fino ai 60 anni e successivamente diminuisce. Numerosi studi epidemiologici
hanno dimostrato che questo tipo di tumore è raro fra
le donne che non hanno mai avuto rapporti sessuali e
che la sua incidenza è tanto più elevata quanto più precoce è l’età di inizio dell’attività sessuale, quanto maggiore è la frequenza dei rapporti sessuali ed infine
quanto più alto è il numero dei partners. Nell’anamnesi
remota risultano infezioni veneree più frequenti nelle
tipo di tumore la sua ricerca costituisce un valido ed
efficace strumento di prevenzione. Ovviamente i virus
non sono visibili al microscopio per cui il citologo ricerca particolari cellule modificate dall’infezione virale tecnicamente definite “coilociti” dal greco “koilos” che
significa “vuoto” e quindi “cellule vuote” dato che attorno al nucleo si ha un alone molto chiaro. Oggi i moderni laboratori specializzati di citoistopatologia effettuano
la preparazione dei vetrini con una nuova tecnica definita “strato sottile” che consente una migliore lettura
del preparato citologico tuttavia per il suo costo sono
pochi gli istituti clinico diagnostici che l’hanno adottata.
Purtroppo non sempre si evidenziano i coilociti e talora
possono anche sfuggire all’esame microscopico per il
loro esiguo numero per cui si possono avere falsi risultati negativi che inducono la donna a tranquillizzarsi
mentre invece vi è una condizione di rischio. Questa
percentuale di falsi risultati negativi al classico pap-test
può essere notevolmente ridimensionata dall’effettuazione contemporanea dei due esami: pap-test e ricer-
donne ammalate di carcinoma cervicale rispetto a
donne sane di pari età, stato civile e condizioni economiche. E’ quindi abbastanza chiaro che l’attività sessuale ed il numero dei partners costituisce un fattore di
rischio tant’è che l’infezione da papillomavirus, ritenuto
responsabile dell’insorgenza di questo tumore, è annoverata tra le malattie sessualmente trasmesse. Il papillomavirus, meglio conosciuto con la sigla HPV (Human
Papilloma Virus), è un virus oncogenetico, che cioè
può causare l’insorgenza di tumori. Tuttavia occorre
precisare che esistono oltre 100 genotipi di HPV e che
solo alcuni sono in grado di indurre quelle trasformazioni nel genoma delle cellule della cervice uterina che,
nel corso degli anni, possono sfociare nel carcinoma. I
genotipi più pericolosi sono l’HPV-16 e 18, seguono
come ordine di pericolosità i genotipi HPV-31 e 33 ed
infine i genotipi 6 e 11 che sono responsabili di alterazioni dell’epitelio cervicale definite condilomi. Per la
diagnosi precoce del carcinoma del collo dell’utero da
decenni viene effettuato il famoso pap-test dal nome
del ricercatore Gorge N. Papanicolau (1883-1962) i cui
studi diedero un decisivo ed efficace impulso alla
moderna citodiagnostica. Il test consiste nell’esame
citologico delle cellule prelevate dal collo dell’utero in
modo assolutamente indolore con una articolare spatola chiamata di Aire. Poiché la presenza dell’HPV è
posta in relazione alla possibile insorgenza di questo
ca HPV in PCR (una moderna tecnica di biologia molecolare). In considerazione del fatto che non tutti i genotipi virali dell’HPV sono pericolosi, una volta rilevato il
virus, occorre procedere con la genotipizzazione al fine
di evidenziare gli eventuali genotipi pericolosi precedentemente descritti. Nella stragrande maggioranza
dei casi il carcinoma della cervice uterina insorge dopo
una lunga serie di eventi prodromici che passano per lo
stadio cosiddetto displastico che rappresenta uno stadio pre-cancerogeroso. Attenzione a non confondere la
metaplasia con la displasia; infatti la metaplasia nulla
ha a che vedere con il tumore essendo la modificazione dell’epitelio cilindrico che riveste il canale cervicale
nell’epitelio pavimentoso che riveste la vagina.
Generalmente trascorrono diversi anni (secondo alcuni ricercatori da 8 a 15) dalla comparsa delle lesioni
precancerose iniziali per cui la donna che si sottopone
con regolarità (almeno biennale) potrebbe stare certa
di attuare una prevenzione efficace nei confronti del
carcinoma del collo dell’utero. Vista l’importanza dell’argomento ho pubblicato un volumetto dal titolo
“Infezioni e tumori da papillomavirus” edito da Bonanno
Editore che si trova nelle librerie. Coloro che volessero
saperne di più sui tumori indotti dall’HPV troveranno
sicuramente …pane per i loro denti.
* docente a contratto di Genetica Molecolare
presso l’Università di Messina
PAP test e ricerca HPV in PCR: due preziosi alleati della
donna nella lotta al carcinoma del collo dell’utero.
stato presentato in una sala della Parrocchia San Paolo, alla
presenza di S.E. il Vescovo, Mons. Pio Vittorio Vigo. Un libro
per tutti, ma non un libro che si pone come il cammino a
parte dei disabili o il cammino a parte di Sant’Egidio, ma un
libro che vuole essere una mano che sostiene chi percorre
la strada di tutti. E’, questa, una strada che porta alla liturgia
di tutti, alla Bibbia, al catechismo della Chiesa, alla predicazione, alla vita della Chiesa. Per la Comunità di Sant’Egidio
hanno partecipato il dott. Alessandro Pucillo e Diego Proietti,
per la Parrocchia San Paolo Padre Orazio Barbarino. T.C.
Nelle foto di Nuccia Leotta alcuni momenti dell’incontro.
non “ne mangia proprio”, peccato. Non coltiva gli studi,
ma solo il disegno. Uno scherzo in piscina la fa innamorare di Saro, suo marito: mancava l’istruttore, il
Saro in questione ne prende abusivamente il posto,
una nuotata tira l’altra ed i due si sposano. Due bei
ragazzi Mike (15 anni) e Angelo di 10 allietano i giorni
di Elvira che tra una faccenda di casa e l’ispirazione di
un paesaggio o di un santino passa le sue giornate a
Scillichenti, dove risiede. Non disdegna passeggiate in
bicicletta (due volte la settimana si “tira” una quarantina di silometri), attaccatissima alla famiglia, ha un solo
grande desiderio: la serenità, serenità che per la bella
Elvira significa anche felicità. Ed i suoi occhi parlano
proprio di questo.La Fiera dello Jonio è anche questo.
T.C.
Caro Direttore...
Riceviamo e pubblichiamo. In questa città impera una democratica dittatura che
impone il proprio pensiero. La si riscontra nei tanti professionisti incaricati dalla A/ne che
spesso, per quel poco di progettazione che si è vista nel nostro territorio, stabiliscono
forma e contenuti molto discutibili. Quando mai tali signori hanno suggerito una molteplicità di proposte consentendo alle commissioni di esperti di poter scegliere fra le tanti
possibili soluzioni l'opera che si intende realizzare. Ed entriamo nella specificità. Ad
Acireale gli amministratori hanno dimenticato le cosiddette incompiute ed anziché tentarne il completamento aprono una nuova stagione: si intraprende oggi la riqualificazione del centro storico. Da
quel poco che ho potuto vedere attraverso i grafici mostrati in televisione e dalle informazioni date dal telecronista
abbiamo appreso che è stata finanziata la ripavimentazione della Piazza del Duomo con materiale lapideo bianco
e nero in sintonia con l'insieme architettonico circostante. Alcuni dei presenti alla esibizione del progetto hanno
parlato di rifacimento in stile barocco. Uno dei progettisti ha precisato che l'opera riproduce l'interno di una volta
proiettata al suolo. Ho apprezzato la precisazione ma non la condivido. Per la verità mi è sembrato un disegno
arcaico rievocativo di temi sperimentali di età augustea .Chi conosce l'impianto della copertura interna del
pantheon non può negare che si rifà all'intradosso cassettonato con costoloni ed archi a giravolta
dell'opera tardo repubblicana romana. Trattasi
quindi di una rimasticazione improponibile. Una
visione di intolleranza dogmatica che nulla ha in
comune tra l'altro con il messaggio barocco a
sproposito citato. Condivido la bicromia lapidea
che altrove sarebbe ovvia, ma nella nostra città le
superfici che sicuramente saranno imbrattate di
oli o di grasso quanti secoli dovranno attendere
per essere ripulite? Non bisogna dimenticare che
le pietre bianche e nere si impregnano facilmente
e difficilmente dopo il trattamento restituiscono
l'antica verginità. Da noi il luridume pervade ogni
strada e piazza e rimane eterno. Se qualcuno
avesse dubbi in proposito vada a certificare di
persona ciò che trova attorno alle pilastrature di
Piazza Europa. In qualche modo la superficie
liscia marmorea è recuperabile, invece quella
porosa e ruvida non consente la ripulitura. Il risultato lo si vedrà dopo brevissimo tempo con l'inutile mea culpa dei progettisti. Ma entrando nella
questione, un disegno centrico bloccato in perfetProgetto elaborato dal Lions di Acireale negli anni ‘80
to equilibrio, tipico del periodo cinquecentesco,
durante il quale trionfavano i cupoloni, a che serve? E se qualcuno ha inteso rapportare il disegno proposto al
periodo barocco è bene che sappia che proprio a quel tempo i cupoloni non si esaltavano, ma addirittura si
nascondevano facendoli compenetrare nell' edificio murario sottostante. Per quanto mi riguarda, nel disegno non
si coglie nessuno spirito creativo né un atteggiamento disincantato libero dalle simmetrie. Non sarebbe più onesto un inserimento moderno in un ambiente neoclassico con una forte presenza anche barocca? In altre parole
perché non creare la novità e la morbidezza per esaltare il messaggio della fluidità e del dinamismo dei tempi
moderni? Cari signori il progetto non incanta e non commuove, ci sembra estraneo e lontano anche se nella
sostanza è condivisibile ed urgente la ripavimentazione con i criteri sopra citati per rivitalizzare l'orgoglio e l'appartenenza.
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Oggi, sabato 23 settembre,
equinozio di autunno, sarà
possibile in cattedrale
osservare il mezzogiorno
esatto o locale alle ore
12,52. In tale istante l'ellisse luminosa proiettata sul
pavimento dal raggio proveniente dal foro gnomonico passerà per il centro
della meridiana.
La meridiana della Cattedrale
Sua storia, sue caratteristiche scientifiche e sua valenza didattica.
Cristiano Federico Peters, il suo soggiorno in Sicilia e
alcune sue ricerche scientifiche come la determinazione della latitudine geografica di Catania e la posizione
sulla superficie terreste dell'Etna. Con l'inizio dell'autunno del 1838 il venticinquenne Christian H. Friederick
Peters, geodeta e geografo da Flensburg, assieme al barone Wolfgang Sartorius di Waltershausen, comincia il suo
avventuroso viaggio nella provincia di Catania. Sarà una di
quelle avventure cui si sottoponevano i "viaggiatori" che
scendevano in questa terra di Sicilia per provare il fascino
delle novità. Questo viaggio lascerà nel giovane danese
un'impronta indelebile che l'accompagnerà fino all'ultimo
periodo della sua vita trascorso a Clinton negli Stati Uniti.
Dopo aver realizzato la meridiana nella Chiesa di S. Nicolò
la Rena a Catania assieme al Sartorius, dall'inizio della primavera del 1842 alla fine della primavera dell'anno successivo ne realizza un'altra ad Acireale. Per la realizzazione di
questi due capolavori oltre alla determinazione della retta
Nord - Sud si è dovuto procedere al calcolo delle coordinate esatte delle due città. La "memoria sulla latitudine geografica di Catania scritta dal dott. Cristiano Errico Federico
Peters socio corrispondente dell'accademia Gioienia letta
nella tornata ordinaria del 1848" mette in mostra il rigore
scientifico con cui hanno lavorato i due studiosi. L'autore
parla della "necessità di fissare geograficamente con ogni
possibile esattezza almeno un punto, onde desumere la
posizione assoluta sulla superficie terrestre della rete triangolare, di cui fu circondato il cono del vulcano." Tale determinazione è stata effettuata tra il mese di febbraio e marzo
del 1841 "per mezzo di passaggio di stelle zenitali pel primo
verticale", stelle appartenenti alle costellazioni di Auriga,
Lince, Gemelli e Leone. Risolvendo un sistema di 70 equazioni in 11 incognite ha potuto determinare "per il centro
della cupola di S. Nicola del monistero dei PP. Benedettini
la latitudine geografica boreale 37° 30'
12'',78 con un errore
medio di meno di un
s e c o n d o . "
Costruzione grafica dell'analemma
per la meridiana di
Acireale. L'ellisse
luminosa determinata dal raggio di sole
proveniente dal foro
gnomonico alle ore
dodici (ora media
cioè fornita dall'orologio) solo in quattro
giorni dell'anno ha
come centro un
punto della retta
Nord - Sud; la sua
posizione, alla stessa ora nei vari giorni dell'anno, genera una curva a forma di
otto cui si da' il nome di analemma. Tale curva si trova tracciata nelle meridiane costruite dopo l'apparizione della ferrovia, pertanto non si trova nella meridiana del duomo di
Acireale. E' stato possibile effettuarne la costruzione grafica grazie ai dati forniti dall'Istituto di Astronomia
dell'Università di Catania. Per la descrizione dettagliata di
tale costruzione e per la sua valenza astronomica si rimanda alla memoria "La meridiana di Acireale e il suo analemma" dell'Accademia di Scienze Lettere e Belle Arti degli
Zelanti e dei Dafnici di Acireale - Serie V - Vol. II:
La meridiana di Acireale e il suo inserimento nell'architettura del Duomo. Il Peters appena individuato il punto
della volta della cappella di S, Venera dove praticare il foro
gnomonico ne ha calcolato la distanza dal pavimento e ha
dedotto che la meridiana avrebbe occupato l'intero transetto partendo dall'interno della cappella per giungere fin quasi
alla sacrestia. Quando l'astronomo De Cesaris ha realizzato la meridiana nel duomo di Milano nel 1786 ha osservato
le precise condizioni di "non turbare le cerimonie sacre e
che i cittadini potessero con la massima facilità accedervi"
per osservarla. Infatti è stata posta vicinissima all'ingresso
del duomo. Nel nostro caso è stata occupata quella parte
del duomo dove si svolgono le funzioni liturgiche. Non è
dato conoscere le operazioni di svellimento del pavimento
preesistente che hanno preceduto la posa in opera dei
sette lastroni di marmo. Certa fantasia laicista di vecchio
stampo parla di misteriosi cunicoli legati a tenebrose e
romanzesche vicende dei secoli passati. Una cosa è certa:
se possiamo ancora ammirare la meridiana della cattedrale di Acireale, commissionata a Cristiano Federico Peters
nel febbraio del ‘42 e da questi consegnata a giugno del
‘43. Nel 1918 è stata realizzata una cancellata a protezione della cappella di S. Venera costituita da quattro ante di
cui le due estreme, per diversi decenni sono rimaste bloccate da mensole rigidamente collegate al pavimento. Ciò
non ha consentito al raggio solare di pervenire sulla meridiana per i due mesi a cavallo del solstizio estivo. Da giugno di quest'anno, dopo lavori atti a ripristinare la completa
apertura delle quattro ante, la meridiana è efficiente anche
nei due mesi suddetti. La meridiana come orologio a
camera oscura e la sua valenza didattica per lo studio
dei fenomeni celesti. A ogni posizione dell'ellisse luminosa sul pavimento corrisponde un punto occupato dal Sole
nella sfera celeste nel suo movimento apparente attorno
alla Terra e quindi dai movimenti del raggio proveniente dal
foro gnomonico si possono dedurre i movimenti effettivi
della Terra nel ruotare attorno a se stessa e nel rivolvere
attorno al Sole. Notevole è l'interesse delle scolaresche per
la meridiana tanto che si susseguono le visite per l'intero
anno scolastico. L'evento astronomico che ha visto la cattedrale affollata con centinaia di studenti e curiosi vari è
stato quello dell'eclisse parziale di Sole avvenuto nella primavera del presente anno. L'interessante fenomeno astronomico è stato seguito dall'interno della cattedrale mentre
fuori, nella Piazza Duomo, era installato un telescopio ed
erano disponibili lenti idonee a non far subire danni alla
vista. Per rendersi conto di tanto interesse bisogna fare
qualche precisazione. Per il principio della camera oscura
se un corpo (come una nuvola o un aereo) dovesse transitare tra il foro gnomonico e il Sole, nell'ellisse luminosa
proiettata sul pavimento si vedrebbe l'immagine di tale
corpo invertita e capovolta. Avendo potuto fotografare tale
fenomeno durante l'eclisse solare dell'autunno passato,
cioè mentre la Luna transitava tra la Terra e il Sole, ho offerto la mia collaborazione ai docenti del Liceo Scientifico
Archimede di Acireale per preparare gli studenti a seguire
l'eccezionale evento astronomico di primavera da dentro la
cattedrale. Ho realizzato uno schermo di forma leggermente arcuata da disporre perpendicolarmente al raggio solare
in modo da seguire l'immagine catturata per qualche minuto senza deformazioni vistose. Una telecamera è stata
disposta in modo da riprendere il fenomeno dal suo inizio
fino all'istante del massimo ricoprimento. L'ampiezza dello
schermo superando di poco la lunghezza di un metro si è
stati costretti a spostarlo diverse volte.
Ing. Antonino Ortolani
AKIS
sabato 23Settembre 2006
Piazza Commestibili, poi Marconi…
sempre “ ‘a piscaria”
Mercato in pieno centro storico.
Pescheria con rivendita dei generi della quotidiana alimentazione. Con tutto il massimo rispetto per il grande scienziato, sarebbe stato più confacente che rimanesse Piazza
Commestibili. Come “Piazza delle Erbe” a Mantova e a
Verona , “Campo dei Fiori” a Roma. Commestibili arriva dal
latino “ comedo- comedere”, mangiare. Alla pescheria, ‘a
piscaria”, si accede attraverso via Davì, dalla parte di
Piazza Duomo e via Giovanni Meli attigua alla Piazza
Lionardo Vigo. Piazza Commestibili ha perduto non poco
del suo fascino con la costruzione del mastodonte, brutto
a vedersi, che ha coinvolto la perdita della caratteristica
fontana antica con i cannaggi della salita, “acchianata o
spezzi”, che porta alla Chiesa Parrocchiale di San
Giuseppe nei cui pressi si trovava il fondaco, “ ’u funnucu”, e la dimora del Vescovo Ottavio Branciforti, esule
a Catania. A proposito di questo illustre personaggio, il professore Giuseppe Cavicchi ha scritto il saggio filosofico “Le perturbazioni di un Vescovo del Seicento”. Branciforti è seppellito nella Cattedrale. Un pugno nell’occhio bello e buono, per non dire “brutto e cattivo”, quel casermone, orribile, partorito dalla prepotenza. Un
autentico sfregio arrecato al buon gusto. Piazza Commestibili aveva una propria fisionomia. E’ stata deturpata da un deplorevolissimo abuso devastante. Ora il
mastodonte giace inerte, abbandonato. Sic transit gloria mundi. Si parlò, per qualche tempo, di un’opera
avveniristica, ma poi cadde nel dimenticatoio. Così
vanno le cose del mondo! Quanti funghi sono spuntati! Lasciamo correre! Andare alla pescheria era, e lo è
tuttora, un autentico svago. Uomini e cose, colori,
odori e sapori, vocio di banditori inneggianti a squar-
La Piscaria di Jaci
La chiazza ca lu Sinnicu passa ppi piscaria,
e cosa ‘nsuppurttabili lu fetu si pistia.
Ca siddu ppi disgrazzia lu jomu tu ci passi,
cci voli senza smafiri la maschira antigassi.
E tantu scuncittabbuli zoccu si vidi ddà,
ca ‘na latrina pubblica cchiù picca fetu fa.
Ma chi s’aspetta n’angilu ca scinni di lu celu,
ppi dati lu rimediu a tuttu stu sfacelu?
Faciticci, faciticci ‘na visita a la chiazza!
e poi viditi Sinnicu! lu fetu si v’ammazza.
Tannu putiti cridiri la viritati mia,
fannu a la chiazza visita la Vostra Signuria
Lu Sinnicu chè Sinnicu di curaggiu e raggiuna,
non stati beddu comutu misu ‘nta la putruna.
Non sulu ppi discurriri li tassi d’aggravati,
ppi cosi meissarti macari c’ià pinzari.
Salvatore Trovato
la
KUOLA
ciagola alla bontà della propria merce. La classica
“vanniata” che ancora mi risuona nei timpani.
Quand’ero ragazzo andavo con il nonno Antonio al
mercato. Mi insegnò tante cose che sono rimaste
impresse indelebilmente in testa. Soprattutto la
nomeklatura dei pesci, molto varia, dei tagli della
carne e della varia gamma della pasta. Da lui appresi persino i pesi e le misure nonché le ammende da
essere comunicate in caso di frode annonaria, dall’apposito ufficio comunale di Piazza Commestibili
gestito dalle Guardie Municipali.
Nelle foto di Nuccia Leotta, la piazza e i suoi
venditori, il “casermone” (da notare gli affittasi
e vendesi del primo
piano), quello che resta
delle fontane.
Antonio Pagano
MA SI, TAGLIAMO GLI INSEGNANTI...
S
Come si fa a riportare il deficit pubblico italiano, ancora troppo, ma troppo elevato, già
sotto il 3 % entro il 2007? E’ questa l’angosciante domanda che il ministro dell’economia
Tommaso Padoa Schioppa si è posto qualche giorno fa a Cortina, nel suo incontro con
il presidente della Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. E alla quale, naturalmente, ha cercato di offrire una pubblica risposta attraverso qualche, come vedremo,
lampante esempio… Dunque, nel bel mezzo della discussione sul risanamento dei conti
pubblici, il ministro si è trovato ad affermare, non senza un pizzico di ovvietà, che per
recuperare efficienza nella pubblica amministrazione sono tante, ma tante le possibili
strade da percorrere…tante ma tante le categorie di lavoratori da mettere, come si suol
Silvana La Porta
dire, in riga…«Non si tratta di fare tagli - ha detto Tps - ma di ridare più efficienza ai sistemi pubblici essenziali, e magari realizzare anche economie di scala. Chiamarli tagli è
riduttivo». Poi si è fermato, Tommaso Padoa Schioppa, cercando un esempio, uno solo, ma che potesse essere calzante che più calzante non si può…e indovinate cosa ne è venuto fuori…semplicemente l’affermazione che segue: “Ad
esempio, spiega il ministro, «se il numero degli insegnanti di tutta Italia fosse uguale a quello degli altri Paesi, sarebbe
inferiore del 20%». Accidenti! Lo sapevamo. Eccola lì, la maxi categoria di dipendenti statali, la più numerosa che ci sia,
ancora una volta citata come candidata a tagli di personale…Vero è che si è trattato solo di un piccolo, banale esempio,
ma se si tramutasse in un triste presagio? Ma no, no. Semplicemente il ministro ha subito pensato agli insegnanti così,
d’istinto, dimenticando che le classi in molti istituti contano anche 30, 31 alunni… Boh. Meno male che un esempio è
sempre e solo un esempio. O almeno speriamo…
L’Albiru pecca e a Rama ricivi
Mi sentivo male. Avevo bisogno d’aria. Spalancai la finestra e la temperatura autunnale, un pò frizzantina, mi aiutò a star
meglio. All’improvviso sentii la voce di Daniela che mi chiamava dal piano di sopra, ”puoi salire un momento? Ho appena
fatto il caffè.” “Grazie,Dani, ma non ne ho nessuna voglia.” Risposi con un groppo alla gola. “Tu che rinunci al caffè? Mi
sembra impossibile” Dopo qualche minuto bussarono alla porta, era lei con la caffettiera in mano. “Cosa c’è, hai gli occhi
gonfi,qualche problema? ti posso aiutare?” sussurrò premurosa. ”Grazie, cara, ma in questo momento nessuno mi può aiutare.” “Dai,parla,sfogarti ti farà bene.” Daniela era la mia migliore amica, ci conoscevamo sin da bambine e sapevamo tutto
l’una dell’altra. Ma qualcosa di segreto, che vuoi tenere solo per te, c’è sempre. “Allora?” insistette.” Niente,una cosa passeggera, più tardi sarà tutte finito”. Non volevo avvilirla, sapevo che avrebbe sofferto con me. “Non mi muovo da qui se non
mi dici quello che hai!” Impossibile sottrarsi a Daniela. La sua non era curiosità ma affetto e disponibilità. ”E va bene, ti dirò
tutto.” Bevemmo il nostro caffè, tirai. un respiro profondo e, a fatica, cominciai. “Circa mezz’ora fa bussano alla porta e mi
trovo davanti un carabiniere con delle carte in mano.”E’ lei la signora Assunta C.?” mi chiede. “Si, sono io. E’ successo qualcosa?” “No, non si preoccupi, niente di grave, semplici
formalità. Se, gentilmente, mi può dare l’indirizzo di suo
padre.” “Non lo sò” risposi. gelida, mentre un brivido mi
percorreva la schiena. “Come, una figlia che non sà
dove si trova il padre?” “Guardi che le cose non stanno
esattamente cosi. E’ il padre che non sà, o non vuole
sapere, dove si trova sua figlia” L’ufficiale fece il gesto
di passarsi una mano tra i capelli, incredulo e perplesso. A questo punto sentii il dovere di dargli una spiegazione.”Ha abbandonato me e mia madre quando avevo
appena un anno fuggendo con un’altra donna. Da allora non ne abbiamo saputo più niente, può darsi pure
che sia già morto.” Negli occhi del carabiniere lessi
commozione, stupore e sgomento. “Scusi, signora, non
immaginavo… non volevo. .Tolgo il disturbo, ossequi”
Chiusi la porta poggiandovi contro le spalle, incapace
di muovere un passo, mentre lacrime cocenti rigavano
le mie guance. Il galantuomo,senza volerlo, aveva
messo il dito su una piaga che non si è mai rimarginata. Capisci, adesso, Daniela?” “Quanto mi dispiace,
povera Assuntina, chissà quanto avrai sofferto.” “Tanto,
Daniela, più di quanto tu non possa immaginare. E’ un vuoto così grande che nessuno riuscirà mai
a colmare. Dicevano bene gli antichi: ”L’ALBIRU PECCA E A RAMA RICIVI” “Questa non la sapevo, cosa vuol dire?”, domandò incuriosita, “Significa che se l’albero è marcio il ramo ne paga le
Maria Dorata
conseguenze”. Io sono il ramo!
LA CITTA’ E IL TERRITORIO DI ACI
IN UN DOCUMENTO DEL VESCOVO BRANCIFORTE (1640)
Uno spaccato significativo della società siciliana del
Seicento è quello che viene fuori dalla relazione sullo stato
della diocesi di Catania, che il vescovo Ottavio Branciforte
(1599-1646) inviò alla Santa Sede nell’anno 1640. Si tratta di un documento composito, costituito essenzialmente
dal racconto della visita pastorale compiuta subito dopo il
suo ingresso in diocesi, avvenuta nel 1638. Esso riporta i
provvedimenti presi dal vescovo per riordinare la cura delle
anime nelle città sottoposte alla sua giurisdizione, la
descrizione del viaggio compiuto per le diverse realtà diocesane (con dovizia di cenni sulla storia e geografia dei
luoghi visitati, insieme al racconto dei fatti accaduti e delle
persone incontrate), i dati sulla vita e sull’organizzazione
ecclesiastica e, nella sua ultima parte, contiene un piccolo
codice di norme sui temi principali della vita e dell’organizzazione ecclesiastica. Con particolare riguardo ad Aci, il
vescovo redasse un’interessante nota storico-geografica,
osservando innanzitutto come in essa “tutto si disperde
invece di riunirsi, come nella penombra di un bosco; infatti la città potrebbe essere considerata tra le più grandi di
Sicilia se le diverse frazioni fossero riunite; ma pur essendo una nei pubblici ufficiali, nelle leggi e nelle istituzioni,
tuttavia si frantuma in circa venti frazioni poste fra loro a
breve distanza”. Del castello di Aci, definito “meraviglioso”,
scrive che esso è “costruito su un altissimo scoglio, che si
erge come una gemma incastonata su un anello. Lo scoglio, scosceso da tutti i lati, non ha alcun accesso naturale; l’ingresso è possibile attraverso i ponti …deve essere
considerato inaccessibile soprattutto dal mare, sia per la
sua posizione naturale, sia per le opere di fortificazione
fatte dall’uomo”. Il Branciforte dimostra, pertanto, di essersi ben documentato quando riferisce notizie riguardanti la
storia, l’etimologia del nome, l’origine, gli antichi insediamenti, la situazione geografica e, perfino, le colture. Circa
l’antichità del “Castrum Acis”, respingendo come non veritiere le “tante favole” che anche allora si raccontavano,
riferisce che la sua prima costruzione era stata ordinata in
epoca successiva a quella del Gran Conte Ruggero (sec.
XII). Gustosa, e a volte romanzesca, la descrizione del suo
giro per i casali etnei. Trecastagni è definito come un villaggio di media grandezza alle porte di Catania, posto sulla
collina e dall’accesso impervio e difficoltoso. “Il suo clima
per la vicinanza all’Etna è freddo d’inverno e temperato
d’estate, così che molti nobili catanesi vi si sono costruite
ville e case di villeggiatura, dove trovano rifugio durante le
calure estive, fino al periodo della vendemmia”. Non ugualmente comoda fu, invece, la sosta del vescovo a causa del
maltempo e dell’alloggio. Per tre giorni fu, infatti, costretto
per la pioggia a rimanere chiuso in casa; una casa che
aveva “un tetto così malandato da sembrare una grotta e
così tarlato, che faceva entrare l’acqua da ogni parte”.
Anche peggio andò a Malopasso (l’attuale Belpasso): “per
noi fu veramente un mal passo” chiosa tra il serio e il faceto il prelato, che fu alloggiato col seguito in una casa angusta e sconnessa, “chiusa con tavole invece di mattoni e
gesso, in compagnia del freddo e della pioggia”. Che dire,
poi, della “villania” del vicario del paese, il quale non fu in
grado neppure di venire incontro alla richiesta di un po’ di
acqua per gli illustri visitatori, che furono costretti a fare,
come suol dirsi, la voce grossa per avere di che sfamarsi.
“Fu necessario sollecitare con rimproveri e grida quel vicario – ricorda nella sua relazione, stizzito, il Branciforte –
perché si preoccupasse di procurarci del pane e del com-
panatico”. La visita al nostro territorio si compì nello spazio di alcuni giorni. Branciforte giunse ad Aci il 13 settembre del 1638, a notte inoltrata. In quel tempo in città dimoravano 2.932 famiglie, per un totale di 8.888 abitanti, tra
cui, precisa il vescovo, 72 erano sacerdoti e, di questi, ben
20 svolgevano il ministero nella chiesa madre e amministravano i sacramenti. Oltre a quest’ultima, dedicata a
Maria SS.ma Annunziata, gli edifici destinati al culto erano
ventitré, due di questi (Santa Caterina e San Michele)
erano chiese sacramentali, coadiutrici della Matrice. Tra le
altre si distinguevano, per la assidua frequenza dei fedeli,
quella di San Sebastiano e quella dei SS. Apostoli Pietro e
Paolo e, per “l’impegno religioso”, quelle di Santa Maria dei
Miracoli (la cui immagine, ricorda il vescovo, “è stata trovata in una antica parete, dipinta con venerabile forma;
dopo il ritrovamento rifulge per la concessione di nuove
grazie”) e quella di Santa Maria di Loreto (“posta a un
miglio dalla città… piccola, ma nota per la generosità verso
chi entra, attira a sé tutto il vicinato”). Vi erano anche in Aci
tre case di religiosi: un convento di frati cappuccini (12)
con l’annessa chiesa dedicata a Santa Maria degli Angeli;
uno di frati carmelitani (20), attiguo alla chiesa omonima
(ed oggi in penoso stato di abbandono!) e un terzo di frati
francescani minori (8), nei pressi della chiesa di San
Biagio. Ottavio Branciforte iniziò la visita pastorale facendo
solenne ingresso, la mattina del 4 settembre, nella Matrice,
dove restò in adorazione del SS. Sacramento e pregò per
le anime dei defunti seppelliti in quel tempio. Il giorno
seguente iniziò ad amministrare il sacramento della confermazione; compito che portò a termine solo dopo tre
giorni, dato che il numero dei cresimandi era di quasi duemila. Dopo avere esaminato e vagliato ogni cosa nel rendiconto degli introiti e delle spese delle varie chiese, il
vescovo prese i provvedimenti del caso, passando poi ad
esaminare i sacerdoti ed i confessori sulle cognizioni che
questi avevano riguardo alla celebrazione delle cerimonie
e dei sacramenti e puntualizzando quelli che dovevano
essere i principali precetti da osservare.
Guido Leonardi
[email protected]
IL MIO RICORDO DI ERCOLE PATTI
Quello che segue è uno scritto del 1986. Apparve su "Lunarionuovo" anno Il, numero 9.
Vito Finocchiaro ricorda i suoi incontri con lo scrittore siciliano Ercole Patti.
3 - continua... Danno la sensazione di viaggiare in auto da
gran turismo pur essendo semplici utilitarie con il motore
compresso. Macchine ita-lianissime! anni fa ne avevo una
anch’io e me la sono tolta quando non potevo proprio fare
diversamente». Più tardi in giardino cenammo e bevemmo
di gusto, onorando un menù arditamente composto da un
primo d’oscura localizza-zione d’origine, dai secondi prettamente siciliani e dai vini dei Castelli. E, questa volta,
Ercole era ben diverso della lontana sera di Pozzillo, quando lo avevo conosciuto; anche perché - pensai -era in partenza per Roma. Tenne banco, parlando, per tutta la
sera-ta e per ore della notte già inoltrata e resa freschissima dall’aria fil-trata dagli alberi e dal prato inglese rorido di
irrorazioni d’acqua. S’infervorava fino a dare l’impressione
d’essere bello, lui che di norma era abbastanza brutto.
Disse di politica, di letteratura, di giornalismo, di progetti, di
cinema, di cultura con o senza aggetti-vi, di scandali, di
barzellette, di pettegolezzi raccolti e là detti e là negati, di
drammi della vita, di tragedie sconosciute o conosciute da pochi, di notti
romane. Solo su queste
ultime, da siciliano anti-co,
da «gentiluomo con le
ghette’> com’era rimasto
pur vivendo immerso in un
mondo in continua, precipitata
evoluzione,
fu
riser-vato, elusivo, sfumatissimo. Io, che avevo
ormai preso una certa confidenza, lo spronai con una
serie di domande sui vari
argomen-ti che ancor oggi
mi stupiscono, tanto erano
centrate e non ovvie. Verso
l’una Patti sorprese un po’
tutti chiedendo di risentire
certi struggenti canti siciliani, dal sapore di nenie arabe e
dallo stile dei lamenti dei carrettieri, che mia sorella, la
quale ne è anche l’au-trice, va dilettandosi di cantare le
rare volte che ne ha voglia. E’, soddisfatto, volle che si
concludesse con alcune ballate partigiane assai belle, che
nello stesso giardino anni prima Lea Padovani ci aveva
fatto ascoltare, e che accompagnò canticchiando in leggero sottofondo e scandendo il tempo con appena percettibili movimen-ti della testa. Al momento del commiato accadde uno spiacevolissimo imprevisto. Mentre con passi corti
e svelti si avvicinava al cancello, non si accorse, dell’inizio
dello scivolo interrato della rimessa ed appoggiò nel vuoto
un piede, rovinando a terra pesantemente. Si rialzò, però,
di scatto prima d’essere soccorso, con mossa giovanile di
cui dovette essere in cuor suo contento, rassicurando tutti
sulla sua completa incolumità, ma dalla faccia tiratissima si
vedeva bene che fosse assai sofferente e spaventato. In
macchina, mentre anda-vamo a Pozzillo nella notte sontuosamente stellata, chiese di abbassare tutto il finestrino
dello sportello in cerca di refrigero per la faccia che gli
vedevo sudatissima. Soffriva le pene dell’inferno ma disattese costantemente ogni domanda mia e di mia moglie
sulle sue condizioni di salute, limitandosi a chiedere ogni
tanto scusa per il disturbo che ci arrecava ed addirittura
sforzandosi di avviare conversazione le tante volte che
vedeva le infinitesimali iridescenze d’una stella cadente.
Notando che cercavo di guidare in modo da dargli il minor
disturbo possibile, mi fece un compli-mento squisito: «Lei
è gentilissimo. Per me sta guidando l’automo-bile come se
portasse a spasso una donna incinta». Quando fummo a
Pozzillo armeggiò nervosamente nella toppa della serratura del portone, che si aprì cigolando sui cardini con il rumore delle catene delle vecchie cisterne quando tirano su i
secchi ricolmi, baciò la mano a mia moglie e strinse la mia,
irrigidendosi quindi sull’attenti per poi piegare la testa e la schiena in un elegante
inchino da salotto. Seppi l’indomani che
s’era slogata una caviglia e che aveva passato una notte insonne per l’atroce dolore,
ma che comunque era partito lo stesso.
Non ebbi più il piacere di rivedere Patti.
Appresi con sgomen-to della sua malattia e con sincero
dispiacere della sua condanna senza appello. Stette per
qualche tempo in clinica prima di trasfe-rirsi definitivamente nella sua abitazione romana, dove non riceve-va quasi
letteralmente nessuno, non volendosi offrire alla pietà degli
altri e per quel ritegno estremo di sé che hanno coloro i
quali muoiono nel corpo prima che nella mente e nel
cuore. Lella, quan-do andava a Roma a vedere la figlia in
collegio, era tra i pochissimi ammessi ed intrattenuti nella
stanza da letto. Gli portava ogni volta un regalo, sempre
lo stesso, che egli gradiva moltissimo, tanto da sforzarsi di
sorridere, compito e delicato come sempre: pesce (le preferite occhiate) di Santa Maria la Scala o di Pozzillo o del
pescivendolo acese di fiducia, quel pesce sempre celebrato dallo scrittore, appena pescato, che poche ore di viaggio in aereo ed una opportuna custodia imbottita d’alghe
marine conservavano freschissimo. Per ore lo scrittore
s’informava di tutto e di tutti e sempre di Pozzillo, di cui si
beava di sentire parlare tenendo gli occhi socchiusi per
materializzare in visione i ricordi che lo assalivano.
Chiedeva di pescatori e di massari, di amici e conoscenti
della via Milena dove c’era casa sua, del proprietario del
piccolo bar che la mattina si alzava prestissimo, molto
prima che le barche rientrassero nello scaro, per avere l’onore di servirgli in un orario impossibile il primo caffè
espresso della giornata. Quando capiva che il piacere
delle rievocazioni stava per tenderlo ed immalinco-nirlo, la
buttava subito sullo scherzo spostando il discorso su
«Nembo Kid», una sorta di ricorrente «deux ex machina»
della situazione ma in effetti un giovane pozzilloto emigrato a Milano e così ribattezzato perché ogni estate, quando
rientrava per le ferie, faceva il bagno in costume e con un
casco da motociclista in testa. Della morte di Ercole Patti
appresi da pochi necrologi sul gior-nale, mescolati tra i
tanti che non mancano mai ogni giorno. C’era anche quello di mio cognato e della sua famiglia e c’era quello di Enzo
Marangolo. I funerali ebbero luogo a Catania nel Santuario
di Nostra Signora di Lourdes, al viale Odorico da
Pordenone, nel-l’ambiente e nel luogo sicuramente meno
congeniale al narratore catanese. Erano presenti soltanto i
parenti intimi e pochissimi amici, tra i quali Corrado
Brancati. A parte un imprevisto, com-mosso, struggente e
bellissimo ricordo, che Marangolo improvvisò quando la
bara era già sistemata nel carro funebre dapprima
par-lando con voce sommessa e poi via via accalorandosi
fino a rag-giungere il diapason del grido di dolore, non ci
furono commemorazioni d’alcun genere né le testimonianze che ogni città deve ren-dere, al limite per egoistico e
compiaciuto orgoglio, ai figli che l’hanno onorata. Catania,
tarda, involuta, incolta e malgovernata da una classe politica culturalmente sottosviluppata, perdette così una grande occasione di migliorarsi e di migliorare il proprio aspetto all’esterno. Strana città di geni e di nullità, di nobilità e di
miserie, di galantuomini e di farabutti, di uomini civilissimi
e di uomini incivili, senza vie di mezzo, con geni, nobiltà,
galantuomini ed uomini civilissimi ormai da troppo tempo
soppiantati dalle altre specie, Catania restò indifferente.
Una città che per forza era dovuta stare troppo stretta ad
un uomo come Patti, tanto da indur-lo, giovanissimo, ad
allontanarsi per un viaggio dal quale non sarebbe mai tornato definitivamente, pur nella pena della lonta-nanza e
dei ricordi d’un tempo perduto per sempre.
Fine
4
AKIS
sabato 23 Settembre 2006
Fantasmagoria di colori nei cristalli delle lave dell’Etna
Le variazioni tessiturali delle lave possono
essere usate per comprendere e quantificare i
processi magmatici. Infatti i cristalli presenti
nelle rocce ignee e le loro variazioni in composizione e dimensioni riflettono la storia del campione in termini
di
pressione,
temperatura,
composizione
chimica e tempo
di raffreddamento. Poiché la
nucleazione e la
crescita dei cristalli in un fuso
magmatico
avvengono in un
tempo finito (con
velocità dipendenti dalla temperatura,
dal
grado di sottoraffreddamento,
dalla composizione ecc), le
variazioni
di
composizione,
taglia e distribuzione della grandezza dei cristalli, permettono di capire i processi magmatici
responsabili, e la relativa scala temporale delle
manifestazioni eruttive. L’Etna è un vulcano attivo caratterizzato da frequenti eruzioni, ed i
magmi recenti; chiamati trachibasalti, mostrano
piccole differenze in composizione chimica
degli elementi maggiori, ma grandi differenze in
cristallinità. Ai lettori di Akis facciamo omaggio
di queste meravigliose immagini fotografiche
eseguite al microscopio ottico in luce polarizzata ed analizzata a nicols incrociati di sezioni sottili della lava del 15/07/06 prelevata dai ricercatori
dell’Osservatorio
Meteorologico
Geodinamico e
Ambientale
( O . M e . G. A . )
dell’I.R.M.A.
ingrandite
200volte. Sono
visibili i cristalli di
pirosseno e d’olivina (colori vivi,
rosso,blu...) ed i
plagioclasi (colori
bianco-grigio)
immersi in una
pasta di natura
vetrosa (fondo
n e r o ) .
L’informazione
che se ne può
trarre è indicativa
della presenza
della commistione di due diverse
lave una più calda circa 1070°C ed una più fredda sotto i 1000°C che costituirebbe la componente maggiore ecco perché le lave prelevate il
15 luglio scorso e probabilmente anche quelle
dell’attuale eruzione, ancora in corso, (per le
quale a breve avremo i risultati) sono molto
viscose.
Giovanni Tringali,
direttore scientifico dell’I.R.M.A..
Le tacche della neve
“fossili” di un’attività antropica d’altri tempi
Il mestiere del nevaiolo con l’avvento dei frigoriferi è scomparso; tuttavia restano importanti testimonianze sull’Etna di quella che diversi decenni orsono doveva essere un’attività che consentiva a
molti, a fronte 13 - 14 ore di duro lavoro e di una vita semplice ed a contatto con la natura di poter
sbarcare il lunario. Oggi sono pochissimi i nevaioli che possono raccontare la loro attività in quegli
anni dove la vita scorreva semplice ed autentica
senza lo stress del Grande Fratello e dell’Isola dei
Famosi. Generalmente si cominciava da bambini a
seguire le orme del padre coprendo la neve con la
sabbia vulcanica e con strati di felci. Si partiva alle
due o alle tre del mattino perché non vi erano auto
e generalmente il mezzo di locomozione era un
economico animale a quattro zampe. Il nevaiolo
preparava le balle di neve tagliandole con il “fugnone” che venivano poste in sacchi di iuta foderati di
felci per evitare lo scioglimento. Le balle di neve
pesavano da 90 a 100 chilogrammi che venivano
caricati sui carretti trainati da muli. La neve arrivava a Nicolosi, Pedara, Zafferana da dove giungeva
fino a Catania… poi vennero i frigoriferi e le tacche
della neve disseminate sull’Etna costituiscono una
sorta di “fossili” di un’attività antropica d’altri tempi
Giovanni Tringali
Nella foto: una tacca della neve in prossimità di Fornazzo ormai “requisita” dai castagni
La rubrica del micio
Ponte si, ponte no
Riceviamo e pubblichiamo:
Il quotidiano‘ La Sicilia’ del
26 Agosto c.m. riporta un
“pezzo” di Nello Pietropaolo
dal titolo “In ritardo la realizzazione de] ponte tra il
quartiere Suffragio e le
Chiazzette”. L’avvio dei
lavori era previsto per il
mese di giugno. L’U.T. della
Provincia ha comunicato che gli ostacoli sono stati
superati e ci si avvia sulla buona strada. Ho scritto
al Signor Sindaco Avv. Garozzo nel giugno scorso
facendo presente che l’ingegnere Enzo Siviero
dell’Università di Venezia ha elencato durante una
conferenza tenuta all’Ordine degli Ingegneri, tutta
una serie di cavalcavia, non sovrappasso, costruiti
nel territorio di Padova, Treviso, del Vajont (o
ponte della memoria), che permettono di essere
utilizzati da pedoni, ciclisti e da disabili in carrozzella. Ho chiesto, senza avere avuto nemmeno
uno straccetto di risposta; i tecnici hanno visionato il progetto e preso a cuore la necessità che
anche i diversamente abili ne possano usufruire?
Oggi sono in molti coloro i quali si mettono a disposizione di questi nostri fratelli non fortunati, per
alleviare le ore tristi; vedi i bagni a mare, le
“Paraolimpiadi” di Torino,e recentemente, le notizie
riportate dal quotidiano delle immersioni per paraplegici effettuate nello specchio d’acqua del
Plemmirio di Sìracusa. Hanno partecipato l’acese
Martino Florio, che è sceso a meno 51, Giuseppe
Marsiglia (tetraplegico) che ha toccato -31 e la non
vedente Benedetta Spampinato che si è spinta fino
a - 40. Le Associazioni di volontariato di Acireale
non potrebbero prendere a cuore l’argomento e
sollecitare che questo cavalcavia non sia negato ai
diversamente abili? Il Signor Sindaco come
Massima Autorità Sanitaria Comunale che ne dice?
Darà una risposta? Ai posteri l’ardua sentenza.
Antonino Arcidiacono
Egregio dottor Antonino Arcidiacono, che Lei sia
“testardo”, non ci piove affatto visto la continua,
incessante, volenterosa “testardaggine”(mi scusi la
cacofonia!) con la quale, anche da queste colonne,
Lei continua a scrivere, sollecitare, accusare, invitare….il sindaco (in special modo) e vari assessori o
responsabili delle nefandezze che affliggono il
nostro territorio e la nostra città, in particolare. Ha
mai sentito parlare, egregio dottore Arcidiacono,
della storiella che “non c’è peggiore sordo di chi non
vuol sentire?”.Il progetto per la creazione di un sottopassaggio, il primo in ordine temporale, risale al
Lions, presidente Felice Saporita (1981/82) - nella
foto; ebbene,nel caso in questione c’è la Provincia di
UNA STRADA LUNGHISSIMA...
È una strada che inizia dai primi anni…
asilo, dove si pensa (o forse è dato dall’istinto) solo a giocare…, le scuole elementari, dove s’inizia a “studiare” un pochino (e
dico studiare per restare nel campo scolastico), le medie, dove s’inizia a pensare alle
ragazze e alle partite a pallone, ma si è
ancora così…, un po’ all’arrembaggio!!! Le
[email protected]
scuole superiori, dove il biennio è contrassegnato ancora della residua “stupidità”
(immaturità!!!) della scuola precedente, e il triennio, dove invece si affaccia sempre più preponderante la visione di un sistema lungo e impegnativo (iniziano le corse in bagno prima dei compiti in
classe!!!)…, e si arriva all’università…, ultima tappa prima dell’inizio di un nuovo (e si spera entusiasmante… o almeno si spera di
entrarci…) mondo (quello lavorativo s’intende). STUDIARE, STUDIARE, STUDIARE!!! Sembra
essere questo il motto che va
molto di moda tra gli studenti…!
Bisogna correre, sudare, imbottirsi
di caffeina e via, verso lunghe
notti insonni e mattinate insolite
passate in compagnia di un libro
(o di una montagna di volumi
secondo le necessità della materia!!!). L’università sembra essere
la tappa più bella, ma anche la più
impegnativa…! Sei libero di fare
quello che vuoi, puoi scegliere
quando dare le materie, puoi frequentare quando ne hai voglia
(tranne quando si ha l’obbligo di
frequenza!!!), puoi studiare quando ti pare…, l’importante è darsi
tutte le materie!!! Tutte quante per
scappare via…, lontano verso nuovi orizzonti!!! Ricordate però che questa libertà può essere un’arma a doppio taglio…! Troppa libertà significa…, troppi anni a gironzolare come cani randagi per i
corridoi degli atenei! Poca libertà significa invece…, estraniarsi completamente dal mondo e diventare un tutt’uno con il libro, unico amico rimasto!!! Saper bilanciare bene i due aspetti risulta essere
la soluzione a quest’arcaico enigma della suddetta vita universitaria! Dicevamo che la strada è
lunga…! E tra feste delle matricole, festini di qua e festini di là, si rischia veramente di perdere la
“RETTA VIA”!!! Abbiamo un libretto da sfamare, un libretto “segna materie” che sembra non finire
mai! Sempre lì…, pronto a chiederti un altro osso!!! (MATERIA!!!)… e poi può capitare anche che
dopo aver studiato tutta la notte, il giorno dopo il professore non si presenta all’appello, e trovate
scritto sul davanti di una PORTA fermamente CHIUSA “oggi niente appello! Nel sito troverete maggiori informazioni”. E questa è la risposta migliore che si possa ricevere!!! Talvolta non c’è scritto
assolutamente niente, e si aspetta, sempre con la porta serrata, chi pazientemente, chi un po’
meno…, un paio d’ore… prima di prendere sacchi e valigie e dire, tra sé e sé,… vabbè…!!! (…E
QUESTA è LA RISPOSTA MIGLIORE CHE SI POSSA DARE!!!)
mezzo, e con l’amministrazione Lombardo è notorio
che tutto va male…specie il problema dei disabili
che viene costantemente ignorato; in città le cose
vanno nello stesso senso ed anche peggio. Un solo
esempio: l’anno scorso, su questo stesso giornale,
si invitava l’assessore Licciardello a “ripulire” l’ingresso della Fiera dello Jonio, abbellendolo, nel
contempo, con 4 alberi e rifacendo un metro quadrato di marciapiede…ebbene, l’inaugurazione di
quest’anno ha rivisto la mancanza degli alberi, 3
metri quadrati di marciapiedi sconnesso (il danno
aumenta!) e una montagnola di terra che ha infastidito le scarpe delle autorità presenti (qualcuno ha
battuto i piedi per togliere la polvere e la terra da
fuori e dentro le scarpe). Un’altra occasione mancata per l’assessore al Verde… veramente al “verde di
tutto…” Miao
LA LIBRERIA
di AKIS
E’ stato presentato con un
grande successo di pubblico il
libro “Ali D’Amore” della poetessa
acese
“Caterina
Grasso”. Il libro è una raccolta
sulle tematiche dell’Amore,
amore per la fede, per la
pace, per la libertà e soprattutto per il valore dell’amicizia.
Il titolo “Ali d’Amore”, l’autrice
sta a significare la fragilità
dell’amore paragonato alle
fragili ali di una farfalla. Amore pur tra luci ed ombre, che
comunque deve essere alla base di ciascuno di noi, perché
dove c’è amore c’è vita. Il libro, il terzo della poetessa, diviso in capitoli, affronta la tematica dell’amore con sfaccettature diverse. Il volume è ricco di poesie che denotano la
grande sensibilità dell’autrice che grazie ad esse fa scaturire nel lettore delle intense e profonde emozioni. A conclusione dell’incontro l’autrice ha sottolineato l’amore per la
sua città, nonostante viva al nord da tanti anni, nella sua
ph Nuccia Leotta
un
ci gr
at
u it
ti
Per informazioni
Tel. 347 1433135 - 349 5509188
to, nel vederli frignar. ho notato che essi tendono ad abbassare il
capo, rimanere in silenzio per pochi istanti, poi, d’improvviso, esplodere negli strilli più acuti. Quando osservai il reclinazione del capo
verso l’alto, di questo particolare bimbo di cui in ossequio alla Legge
sulla Privacy, taccio il vero patronimico, ma per filo logico di racconto
dirò che si chiama Arrigo, mi sembrò d’una inclinazione che volesse
essere quella di rivolgere un sguardo implorante alla mamma che,
stando in altro ed in alto rispetto a lui, non gli prestava quella dovuta
attenzione ch’Egli s’aspettava. Poiché ho avuto più e più occasioni di
seguire questa dinamica, ho potuto controllare che realmente l’inclinazione che io ritenevo fosse quella di un angolo che facesse triangolazione col viso della mamma, non lo era affatto ed io mi sbagliavo sonoramente. E per due motivi! In momento di “felice sfogo” delle
vie polmonari di Arrigo, mi punse vaghezza di misurare l’angolo acuto
d’inclinazione compreso fra la punta della sua spaziosa fronte e la
base dell’attacco del retro collo e quella misurazione mise in seria difficoltà la convinzione che fosse un pianto rivolto al viso della mamma,
ma quella che tolse ogni possibilità di equivoco fu una scena successiva, che oltre a farmi tanto ridere, mi pose la pulce d’un problema da risolvere. Il secondo e definitivo motivo fu il seguente. Arrigo
aveva, momentaneamente, smesso di piangere in questa inusuale
posizione, davanti alla mamma che teneva abbracciata per le ginocchia, e, non avendo ottenuto ciò che riteneva suo diritto ricevere, in
un momento si stasi florante, si stacca dalla gambe della mamma, si
allontana quel tanto che basta perché possa essere sentito “discretamente” e, rivolgendo il capo al cielo, continua imperterrito nel suo
frignare! Aggiungo che, più la mamma gli si avvicinava, più Arrigo
smetteva momentaneamente per allontanarsi in maniera veloce e
raggiunta una posizione distante, rivolgendo il capo al cielo, continuava a piangere! Che ne dite? Non pare strano pure a voi? Quando
risolverò il problema del perché di questo modo di piangere, ve lo farò
sapere! A proposito, prima di chiudere! Una prima spiegazione che
peregrina mi balena alla mente è la seguente: “Che in Arrigo affiorino
gli istinti più che ancestrali e sepolti nelle voluminose e spessissime
coltri delle pieghe del tempo in ordine al richiamo del maschio del
branca dei lupi imitato dagli ominidi dell’epoca, nostri progenitori?»
Se qualcuno elabora qualche altra
teoria, mi piacerebbe la rendesse
pandemia, facendo riferimento a
Salvatore Guglielmino
questo mio racconto, oltre che a me.
[email protected]
ACI S. ANTONIO
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n
An
IL “PIANTO” DI UN BIMBO
In seguito all’osservazione del variegato mondo dei pargoli, intendo
quelli che sono sotto i tre anni di età, non perché gli altri non meritino tale appellativo, ma solamente perché di questi sono più prossimo, mi sovviene, di un tale implume cucciolo d’uomo, il particolare
atteggiamento nel “modus lacrimandi”. La caratteristica di cui andrò a
raccontare non sta nella dinamica di svolgimento dell’azione flente
poiché non è un pianto singultato, non un pianto accorato, nè un
pianto che prevede delle interruzioni per la ripresa del fiato, neppure
un pianto che prevede un finale struggente tendente ad intenerire il
“cuor di sasso” dei genitori, ma è un pianto che viene “elevato” al
cielo. Si ! Un pianto che viene elevato verso l’alto e con gli occhi aperti che fissano un non ben identificato punto che si trova nell’infinito
della zona Zenit. Di norma, la maggior parte dei bimbi che ho studia-
Acireale essa trova linfa vitale per il suo versificare, e si
auspica che la nobile città di “Aci e Galatea” possa tornare
a ricoprire in tutti i campi il ruolo che le spetta. Alla serata
sono intervenuti l’Ass. alla Cultura, prof.ssa Nives Leonardi,
il prof.essore Alfio Rapisarda che ha commentato il volume,
la prof.ssa Rosa Grillo che ha letto alcune poesie accompagnata al violino dal maestro Seby Battiato.
Angelo Battiato.
Esclusivista
ACI S. ANTONIO
5
Sabato 23 settembre 2006
CINEMA “PANCIROLI”
Il detto “.chi si contenta gode”
calza a pennello solo per l’Acireale
che riesce a “rubare” (ma “rubare”
è una parola grossa), un punto al
Troina al termine di una partita che
la squadra di casa ha giocato in
dieci uomini dal 77° e che è stata
decisa da due calci di rigore. Un
Acireale che di questo passo
impiegherà oltre dieci anni per
recuperare, se la recupererà,
quella C1 miseramente persa grazie anche alla poca serietà delle
varie dirigenze succedutesi negli
ultimi anni. Parlare della partita?
Inutile. La massa dei tifosi ha, stavolta, seguito le direttive del presidente Massimino (“state buoni”, aveva implorato il giunonico e baffuto presidente) e buoni sono stati
anche quei “teppisti” che normalmente seguono la squadra del cuore. La classifica si fa miserevole, adesso, e domenica, a Linguaglossa
ci sarà da vendere cara la pelle anche perché si deve passare da Giarre (non necessariamente), e, si sa, i nostri affezionatissimi cugini
jonici, non vorranno perdere l’occasione per beffeggiarci, ancora una volta. Acireale avvisato….Acireale salvato?
Buona fortuna, ragazzi..
T.C.
Palazzo di Città
Natale Longo
A
C
I
R
E
A
L
E
Di questo passo...
La striscia di
AKIS
e
Hanno presentato presso il teatro dell’ “Archimede”, la
“Percorsi d’Arte e L’Atelier delle Culture”
“Venite ad me...”
Calatabiano si è messa. Nell’ultima serata di “E…state a Calatabiano”, presentata da Angela Maria
Vecchio, in una splendida cornice di pubblico, si è svolta la premiazione di “Sulle ali della fantasia”,
una manifestazione che ha premiato, fra gli altri, due nostri concittadini: il maestro puparo Salvatore
Pulvirenti e il pittore Francesco Taglieri. Gli altri premiati: lo scrittore Filippo Zappalà, il maestro Nino
Buda, il poeta Salvatore Puglia, il dott. Angelo Munzone, il cantastorie Luigi Di Pino, Carmela Pugliesi,
Maria Raineri, Melania La Colla, Stefano Simone Prestandrea.
La programmazione del film è effettuata
in “collaborazione” con canale 9
Un film di e con
Salvatore Maccarrone
Mister Gelato
Durante la solenne cerimonia che ha “ricordato” i cento anni
della posa della prima pietra del Porto di Riposto, da parte degli
alunni dell’Ipssar di Giarre è stato riproposto lo stesso menù che
ESTATE MILESE
il 5 agosto del 1906 è stato servito agli invitati di allora.
Qualche variante “moderna” è
stata concessa al Maestro
Gelataio Franco Patanè, titolare
della famosa gelateria di
Pozzillo Superiore (nella foto),
che ha preparato un gelato al
vino, autentica delizia per palati
sopraffini. Il Maestro Franco
Patanè recentemente ha vinto il
rinomato Premio dedicato al
gelato, “Procopio dei Coltelli”.
F.P.
3a Liceo Classico “Istituto San Luigi” 1957 - 49 anni dopo ancora insieme anno dopo anno
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30 ANNI
RADIO ETNA ESPRESSO 1976-2006
“ESPRESSO
FORTE”
Si è conclusa la seconda edizione del
Trofeo Vinimilo, torneo di calcio a 5 fra
le Città del vino”, che ha visto vincitrice
la squadra di Santa Venerina. E’ stata
la rappresentativa di Santa Venerina
ad aggiudicarsi il trofeo in palio nella
seconda edizione del Torneo di Calcio
a 5 "Città del Vino", strappandolo per soli tre punti alla
squadra locale, che ne era detentrice. La gara, inserita nel fitto cartellone di eventi della 26° edizione della
ViniMilo, si è svolta in cinque giornate secondo le regole del torneo all’italiana. Gli ultimi due incontri disputati
hanno visto confrontarsi la squadra locale ed il
Sant’Alfio, partita conclusasi per 7 a 6, mentre nella
seconda partita il Santa Venerina ha prevalso per 9-7
sul Castiglione di Sicilia. La classifica finale ha visto
quindi trionfare la squadra vincitrice con 12 punti,
seguita a ruota da Milo, con 9 punti, Castiglione di
Sicilia con 4 punti, Piedimonte Etneo con 3, chiude la
graduatoria Sant’Alfio con 1 punto. Al termine della
gara, davanti ad un folto pubblico, il Sindaco di Milo,
Giuseppe Messina, alla presenza dell’assessore
Francesco Sampognaro, ha consegnato il Trofeo al
Santa Venerina, comune nel quale si disputerà presumibilmente la 3° edizione del Torneo. La manifestazione, ha avuto luogo grazie all’organizzazione
dell'Associazione ViniMilo e con il patrocinio del
Comune di Milo, ed è stata interamente curata dal consigliere comunale del paese etneo, Michele Patanè.
Tutti gli incontri sono stati arbitrati da Giovanni
Messina, di Giarre.
U.S./E.C.
I laboratori dell’IRMA
sono aperti anche la domenica
2 - segue Durante questo
periodo fecero parte del gruppo amici australiani come Colin
Peterson (batteria) e Vince
Melouney (chitarra). Il secondo
singolo inglese "To Love
Somebody" fu un misto di
potenza narrativa e stile ballad.
Benchè il titolo non raggiunse
neanche la Top 40, esso ebbe
diverse cover ad opera di autori come "Nina Simone", e "The
Animals". Arrivò poi The Bee
con Marcello Muscuso
Gees First in cui ogni titolo
divenne un successo: "'Cucumber Castle", "Please Read Me",
"Holyday". I 14 brani vennero tutti composti dai gemelli e da Barry, che
avevano soltanto 17 e 19 anni rispettivamente. Nell'ottobre del 1967
giunse il loro primo numero 1:
"Massachusettes".
Il
trio
cominciò a sperimentare nuovi
percorsi musicali, districandosi
tra effetti speciali e nuovi stili
armonici, ma il tentativo finì per
"stordire" i fans che risposero
con freddezza al doppio album
"Odessa". Ma si ripresero coi
due singoli seguenti: "World" e
"Words" che raggiunsero
entrambi la top 10 in
Inghilterra.
2 - continua
AKIS: Anno II, numero 31 del 23 Settembre 2006, in vendita a € 1.00 - Editore e Direttore Responsabile: Turi Consoli - Autor. n. 22 del 23/05/2005 del Tribunale di Catania
IL GIORNALE
Sede e Redazione Akis: via M. di Casalotto 68 -95025 Aci S.Antonio - Tel.- Fax 095 7921786 –347 5382517 - 393 0516617 - e.mail: [email protected] - Site: www.akis-aci.com
DEL TERRITORIO
Tipografia-Litografia: “ITALGRAFICA” - via F. Guglielmino, 40/A - ACICATENA (CT) - Tel. 095 802962 - Distribuzione e arretrati: 340 7152814
DELLE ACI
Elaborazione grafica, fotomontaggi e impaginazione: MP Graphic di Maurizio Pagano - Tel. 347 1433135 - Pubblicità e Redazionali: 328 8115194
6
sabato 23 Settembre 2006
Ufficio Marketing e Pubblicità Akis - Franco Pulvirenti - tel. 328 8115194 - Grafica: MP - 347 1433135
VISTI IN FIERA
AKIS
Miss & Mr. Belli d'Italia
Finali Nazionali:
LA SICILIA FA LA PARTE DEL LEONE.
Sono due nostri conterranei i vincitori del famoso concorso di bellezza che ha visto svolgersi
le finali nazionali ad Ascoli Piceno. Sul palco gli
88 partecipanti (42 uomini e 46 donne) hanno
affrontato le varie prove che prevedevano, oltre
alle tradizionali sfilate in costume da bagno,
Lei è veramente bella...
con abbigliamento casual e in abito da sera,
anche una breve presentazione personale ed
una prova coreografica firmata da Valeria
Belleudi (cantante della trasmissione "Amici" di
Maria De Filippi) e da Giovanni Vinciguerra
(noto show-man siciliano). Alla fine hanno raccolto il titolo di Miss e Mister rispettivamente
Mary Aprile (20 anni di Gravina di Catania) e
Fabio Cani (23 anni di Canicattì).
Damiano Scala
Miss Riviera dei Limoni 2006
Si è svolta, al Giza di Acireale, la seconda tappa
della terza edizione del Concorso interprovinciale
di bellezza” Miss Riviera dei limoni” 2006, con la
partecipazione di 15aspiranti miss. La vincitrice
Miss Sicilia Mondo è stata Maria Cristina Piana ,
diciottenne di S. Pietro Clarenza, all’ ultimo anno
del Commerciale. Il suo sogno è di diventare un’
attrice. Secondo Maria Cristina «la bellezza deve
essere interiore…». La selezione da parte della
giuria, presieduta da Enza Baglieri, responsabile
delle attività culturali dell’ Associazione Gruppo
Foto servizio di Nuccia Leotta e Studio Consoli
Grazia Vinci e le sue modelle
Teatro “AR-Te”, è stata molto ponderata; si è tenuto conto non solo della prima impressione, ma
anche del portamento, della capacità e della spigliatezza delle giovani ragazze. Diceva Platone
«quando la dolcezza si unisce all’ armonia e alla
gioia del portamento, è la massima espressione
della bellezza». Miss Copertina Nicole Calabrò,
ventenne di Catania. Per lei «la bellezza a volte è
un portafortuna, ci vuole l’intelligenza…». Nicole
ha intenzione di continuare a studiare come scenografa a Londra. Mentre Valentina Agata ha
acquistato il titolo di “Ragazza in” con targa, Linda
Di Guardo e Antonella Zappalà si sono invece
classificate reginette. La serata è stata presentata
da Elisa Guccione , affiancata da Angelo Privitera,
presidente dell’ Associazione Gruppo Teatro “ARTE” e organizzatore della manifestazione di bellezza. Durante la serata ci sono stati momenti di
intrattenimento con la danza di Salvo e Vera
Grasso, coppia di rumba della scuola “EmiI Stef
Dance” e il canto di Enzo Ardizzone. Inoltre sfilate di moda con gli abiti degli stilisti Grazia Vinci e
Rosario Licciardello e le coreografie di Angela
Caruso.
Maria Carmen Catalano
Via A. Moro, 42 - ACICATENA
Nel prossimo numero
uno speciale di Rodolfo Puglisi
sulla Festa di Santa Tecla
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Copertina definitiva.qxp