Centro della Pastorale Sanitaria
della Diocesi di Roma
- Vademecum per gli
Ambienti Sanitari
Anno pastorale 2006-2007
Presentazione
“La gioia della fede e l’educazione delle nuove generazioni” è il titolo scelto dalla Diocesi per questo anno pastorale
2006-2007.
Il programma di quest’anno si rivolge in particolare
alle nuove generazioni, ma non vuole certamente trascurare
le famiglie da dove i giovani provengono.
Non è un “voltare pagina” rispetto agli obiettivi
pastorali che ci siamo assunti gli scorsi anni e che rimangono
validi, permanenti e continuamente da attuare.
È per questo che l’attenzione particolare verso le giovani generazioni va proposta nella “pastorale d’insieme”
che riguarda tutti, sani e malati, operatori sanitari e volontari
e tutti gli altri.
Questo Vademecum si compone di tre parti:
l
Il discorso del Santo Padre Benedetto XVI all’apertura del convegno ecclesiale del 5 giugno 2005 nella Basilica di
S. Giovanni in Laterano, da cui sono stati tratti gli obiettivi
generali da perseguire in questo anno.
l
Una parte del Vademecum Diocesano per l’anno
2006-2007 con gli obiettivi generali da raggiungere a tutti i
livelli.
l
Il programma per le nostre realtà sanitarie per l’anno
pastorale 2006-2007.
Accanto ad alcune indicazioni generali vi sono delle
proposte che possono aiutare a rendere concreto il programma. Non sono novità assolute, in quanto in alcune strutture
sanitarie tali proposte, da tempo si stanno attuando. Ciò che
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deve caratterizzare l’impegno di quest’anno è che le proposte
devono essere rivolte soprattutto ai giovani che lavorano
nelle strutture sanitarie, o che sono ricoverati, o che per qualsiasi motivo vengono a contatto con la sofferenza e la malattia.
Come sempre il programma è affidato alla creatività,
alla convinzione, all’entusiasmo e buona volontà dei
Cappellani, dei diaconi permanenti, dei ministri straordinari
della comunione, delle suore, dei volontari, degli operatori
sanitari cristiani impegnati, dei movimenti che collaborano con
la cappellania ospedaliera e di quanti altri hanno a cuore la
diffusione del Vangelo e l’amore per le giovani generazioni.
A tutti è chiesto di implorare l’aiuto dello Spirito
Santo, di credere nella bontà delle cose proposte, di essere
uniti in una profonda comunione d’intenti e di vita
Diocesana, di dare il meglio di sé per la missione di evangelizzare le giovani generazioni.
Maria, Madre della Chiesa, salute degli infermi e tutti i
santi patroni ospedalieri, ci ottengano tutte quelle grazie necessarie per un rinnovato impegno Apostolico.
Buon anno pastorale e buon lavoro a tutti.
X Armando Brambilla
Vescovo delegato per la pastorale sanitaria
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DISCORSO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI ALL’APERTURA
DEL CONVEGNO ECCLESIALE TENUTOSI IL
5 GIUGNO 2006 NELLA
BASILICA DI S. GIOVANNI IN LATERANO
Cari fratelli e sorelle,
sono lieto di essere nuovamente con voi per introdurre con una
mia riflessione questo nostro Convegno Diocesano, dedicato a una
tematica di grande bellezza e primaria importanza pastorale: la
gioia che proviene dalla fede e il suo rapporto con l’educazione
delle nuove generazioni. Riprendiamo così e sviluppiamo ulteriormente, in un’ottica che riguarda più direttamente i giovani, il
discorso iniziato un anno fa, in occasione del precedente
Convegno Diocesano, nel quale ci siamo occupati del ruolo della
famiglia e della comunità cristiana nella formazione della persona
e nella trasmissione della fede. Saluto con affetto ciascuno di voi,
Vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, laici, impegnati a
testimoniare la nostra fede. In particolare, saluto voi giovani che
intendete unire al vostro personale itinerario formativo l’assunzione di una responsabilità ecclesiale e missionaria nei confronti di
altri ragazzi e giovani. Ringrazio di cuore il Cardinale Vicario per
le parole che mi ha rivolto a nome di tutti voi.
Con questo Convegno, e con l’anno pastorale che si ispirerà ai suoi contenuti, la Diocesi di Roma prosegue in quell’itinerario di lungo periodo che ha iniziato, ormai dieci anni fa, con
la Missione cittadina voluta dal mio amato Predecessore
Giovanni Paolo II. Lo scopo infatti è sempre il medesimo: rav-
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vivare la fede nelle nostre comunità e cercare di risvegliarla
o suscitarla, in tutte le persone e le famiglie di questa grande
città, dove la fede è stata predicata e la Chiesa è stata impiantata già dalla prima generazione cristiana, e in particolare
dagli Apostoli Pietro e Paolo. Negli ultimi tre anni la vostra
attenzione si è concentrata soprattutto sulla famiglia, per consolidare con la verità del Vangelo questa fondamentale realtà
umana, oggi purtroppo pesantemente insidiata e minacciata, e
per aiutarla ad adempiere la sua insostituibile missione nella
Chiesa e nella società. Mettendo ora in primo piano l’educazione alla fede delle nuove generazioni, non abbandoniamo
certo l’impegno per la famiglia, alla quale appartiene la primaria responsabilità educativa. Veniamo incontro piuttosto ad
una preoccupazione diffusa in tante famiglie credenti che nel
contesto sociale e culturale di oggi temono di non riuscire a trasmettere la preziosa eredità della fede ai propri figli.
In realtà, scoprire la bellezza e la gioia della fede è un
cammino che ogni nuova generazione deve percorrere in proprio, perché nella fede viene messo in gioco quanto abbiamo di
più nostro e di più intimo, il nostro cuore, la nostra intelligenza,
la nostra libertà, in un rapporto profondamente personale con il
Signore che opera dentro di noi. Ma la fede è, altrettanto radicalmente, atto ed atteggiamento comunitario, è il “noi crediamo”
della Chiesa. La gioia della fede è dunque una gioia che va condivisa: come afferma l’apostolo Giovanni, “quello che abbiamo
veduto e udito (il Verbo della vita), noi lo annunziamo anche
a voi, perché anche voi siate in comunione con noi... Queste
cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta” (1Gv
1,3-4). Perciò educare le nuove generazioni alla fede è un com-
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pito grande e fondamentale che coinvolge l’intera comunità cristiana. Cari fratelli e sorelle, voi toccate con mano come questo
compito sia diventato oggi per vari aspetti particolarmente difficile, ma proprio per questo è ancora più importante e quanto mai
urgente. E possibile individuare infatti due linee di fondo dell’attuale cultura secolarizzata, tra loro chiaramente interdipendenti, che spingono in direzione contraria all’annuncio cristiano
e non possono non avere un’incidenza su coloro che stanno
maturando i propri orientamenti e scelte di vita. Una di esse è
quell’agnosticismo che scaturisce dalla riduzione dell’intelligenza umana a semplice ragione calcolatrice e funzionale e che
tende a soffocare il senso religioso iscritto nel profondo della
nostra natura. L’altra è quel processo di relativizzazione e di
sradicamento che corrode i legami più sacri e gli affetti più
degni dell’uomo, col risultato di rendere fragili le persone, precarie e instabili le nostre reciproche relazioni.
Proprio in questa situazione tutti noi abbiamo bisogno, e
specialmente i nostri ragazzi, adolescenti e giovani hanno bisogno, di vivere la fede come gioia, di assaporare quella serenità
profonda che nasce dall’incontro con il Signore. Ho scritto
nell’Enciclica Deus caritas est: “Abbiamo creduto all’amore di
Dio – così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della
sua vita. “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea bensì l’incontro con un avvenimento con una Persona, che da alla vita un nuovo orizzonte
e con ciò la direzione decisiva” (n. 1). La fonte della gioia cristiana è questa certezza di essere amati da Dio, amati personalmente dal nostro Creatore, da Colui che tiene nelle sue mani
l’universo intero e che ama ciascuno di noi e tutta la grande
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famiglia umana con un amore appassionato e fedele, un amore
più grande delle nostre infedeltà e peccati, un amore che perdona. Questo amore “è talmente grande da rivolgere Dio contro se
stesso”, come appare in maniera definitiva nel mistero della
Croce: “Dio ama tanto l’uomo che, facendosi uomo Egli stesso, lo segue fin nella morte e in questo modo riconcilia giustizia e amore” (Deus caritas est, 10).
Cari fratelli e sorelle, questa certezza e questa gioia di
essere amati da Dio deve essere resa in qualche modo palpabile
e concreta per ciascuno di noi, e soprattutto per le giovani generazioni che stanno entrando nel mondo della fede. In altre parole: Gesù ha detto di essere la “via” che conduce al Padre,
oltre che la “verità” e la “vita” (cfr Gv 14,5-7). La domanda è
dunque: come possono i nostri ragazzi e i nostri giovani trovare
in Lui, praticamente ed esistenzialmente, questa via di salvezza
e di gioia? È proprio questa la grande missione per la quale esiste la Chiesa come famiglia di Dio e compagnia di amici nella
quale veniamo inseriti con il Battesimo già da piccoli bambini e
nella quale deve crescere la nostra fede e la gioia e la certezza di
essere amati dal Signore. E indispensabile quindi – ed è il compito affidato alle famiglie cristiane, ai sacerdoti, ai catechisti,
agli educatori, ai giovani stessi nei confronti dei loro coetanei,
alle nostre parrocchie, associazioni e movimenti, finalmente
all’intera comunità diocesana – che le nuove generazioni possano fare esperienza della Chiesa come di una compagnia di
amici davvero affidabile, vicina in tutti i momenti e le circostanze della vita, siano esse liete e gratificanti oppure ardue e
oscure, una compagnia che non ci abbandonerà mai nemmeno nella morte, perché porta in sé la promessa dell’eternità.
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A voi, cari ragazzi e giovani di Roma, vorrei chiedere di
“Fidarvi a vostra volta della Chiesa, di volerle bene e di
avere fiducia in lei, perché in essa è presente il Signore e perché essa non cerca altro che il vostro vero bene”.
Colui che sa di essere amato è a sua volta sollecitato ad
amare. Proprio così il Signore, che ci ha amati per primo, ci
domanda di mettere a nostra volta al centro della nostra vita
l’amore per Lui e per gli uomini che Egli ha amato.
Specialmente gli adolescenti e i giovani, che avvertono prepotente dentro di sé il richiamo dell’amore, hanno bisogno di essere liberati dal pregiudizio diffuso che il cristianesimo, con i suoi
comandamenti e i suoi divieti, ponga troppi ostacoli alla gioia
dell’amore, in particolare impedisca di gustare pienamente quella felicità che l’uomo e la donna trovano nel loro reciproco
amore. Al contrario, la fede e l’etica cristiana non vogliono soffocare ma rendere sano, forte e davvero libero l’amore: proprio
questo è il senso dei dieci Comandamenti, che non sono una
serie di “no”, ma un grande “sì” all’amore e alla vita.
L’amore umano infatti ha bisogno di essere purificato, di maturare e anche di andare al di là di se stesso, per poter diventare
pienamente umano, per essere principio di una gioia vera e duratura, per rispondere quindi a quella domanda di eternità che
porta dentro di sé e alla quale non può rinunciare senza tradire se
stesso. È questo il motivo sostanziale per il quale l’amore tra
l’uomo e la donna si realizza pienamente solo nel matrimonio.
In tutta l’opera educativa, nella formazione dell’uomo e
del cristiano, non dobbiamo dunque, per paura o per imbarazzo,
lasciare da parte la grande questione dell’amore: se lo facessimo
presenteremmo un cristianesimo disincarnato, che non può inte7
ressare seriamente il giovane che si apre alla vita. Dobbiamo
anche, però, introdurre alla dimensione integrale dell’amore cristiano, dove amore per Dio e amore per l’uomo sono indissolubilmente uniti e dove l’amore del prossimo è un impegno quanto mai concreto. Il cristiano non si accontenta di parole, e nemmeno di ideologie ingannatrici, ma va incontro alle necessità del
fratello mettendo in gioco davvero se stesso, senza accontentarsi di qualche sporadica buona azione. Proporre ai ragazzi e ai
giovani esperienze pratiche di servizio al prossimo più bisognoso fa dunque parte di un’autentica e piena educazione
alla fede. Insieme al bisogno di amare, il desiderio della verità
appartiene alla natura stessa dell’uomo. Perciò, nell’educazione
delle nuove generazioni, la questione della verità non può certo
essere evitata: deve anzi occupare uno spazio centrale. Ponendo
la domanda intorno alla verità allarghiamo infatti l’orizzonte
della nostra razionalità, iniziamo a liberare la ragione da quei
limiti troppo angusti entro i quali essa viene confinata quando si
considera razionale soltanto ciò che può essere oggetto di esperimento e di calcolo. E proprio qui avviene l’incontro della
ragione con la fede: nella fede accogliamo infatti il dono che
Dio fa di se stesso rivelandosi a noi, creature fatte a sua
immagine; accogliamo e accettiamo quella Verità che la
nostra mente non può comprendere fino in fondo e non può
possedere, ma che proprio per questo dilata l’orizzonte della
nostra conoscenza e ci permette di giungere al Mistero in cui
siamo immersi e di ritrovare in Dio il senso definitivo della
nostra esistenza.
Cari amici, sappiamo bene che non è facile acconsentire
a questo superamento dei limiti della nostra ragione. Perciò la
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fede, che è un atto umano molto personale, rimane una scelta
della nostra libertà, che può anche essere rifiutata. Qui però
viene alla luce una seconda dimensione della fede, quella di
affidarsi ad una persona: non ad una persona qualsiasi ma a
Gesù Cristo, e al Padre che lo ha inviato. Credere vuol dire
stabilire un personalissimo legame con il nostro Creatore e
Redentore, in virtù dello Spirito Santo che opera nei nostri cuori,
e fare di questo legame il fondamento di tutta la vita. Gesù
Cristo, infatti, “è la Verità fatta Persona, che attira a sé il
mondo... Ogni altra verità è un frammento della Verità che
Egli è ed a Lui rimanda” (Discorso alla Congregazione per la
Dottrina della Fede, 10 febbraio 2006). Così Egli riempie il
nostro cuore, lo dilata e lo colma di gioia, spinge la nostra intelligenza verso orizzonti inesplorati, offre alla nostra libertà il suo
decisivo punto di riferimento, risollevandola dalle angustie dell’egoismo e rendendola capace di amore autentico.
Nell’educazione delle nuove generazioni non dobbiamo
dunque avere alcun timore di porre la verità della fede a confronto con le autentiche conquiste della conoscenza umana. I progressi della scienza sono oggi molto rapidi e non di rado vengono presentati come contrapposti alle affermazioni della fede,
provocando confusione e rendendo più difficile l’accoglienza
della verità cristiana. Ma Gesù Cristo è e rimane il Signore di
tutta la creazione e di tutta la storia: “Tutte le cose sono state
create per mezzo di Lui e in vista di Lui... e tutte sussistono
in Lui” (Col 1,16.1”). Perciò il dialogo tra fede e ragione, se
condotto con sincerità e rigore, offre la possibilità di percepire,
in modo più efficace e convincente, la ragionevolezza della fede
in Dio – non in un Dio qualsiasi ma in quel Dio che si è rivela9
to in Gesù Cristo – e altresì di mostrare che nello stesso Gesù
Cristo si trova il compimento di ogni autentica aspirazione
umana.
Cari giovani di Roma, inoltratevi dunque con fiducia e
coraggio sulla via della ricerca del vero. E voi, cari sacerdoti ed
educatori, non esitate a promuovere una vera e propria “pastorale dell’intelligenza”, e più ampiamente della persona, che
prenda sul serio le domande dei giovani – sia quelle esistenziali
sia quelle che nascono dal confronto con le forme di razionalità
oggi diffuse – per aiutarli a trovare delle valide e pertinenti
risposte cristiane, e finalmente a far propria quella risposta decisiva che è Cristo Signore.
Abbiamo parlato della fede come incontro con Colui che
è Verità e Amore. Abbiamo anche visto che si tratta di un incontro al tempo stesso comunitario e personale, che deve avere
luogo in tutte le dimensioni della nostra vita, attraverso l’esercizio dell’intelligenza, le scelte della libertà, il servizio dell’amore. Esiste però uno spazio privilegiato nel quale questo incontro
si realizza nella maniera più diretta, si rafforza e si approfondisce, e diventa così davvero in grado di permeare e caratterizzare
l’intera esistenza: questo spazio è la preghiera. Cari giovani,
molti di voi erano certamente presenti alla Giornata Mondiale
della Gioventù, a Colonia. Là, insieme, abbiamo pregato il
Signore, lo abbiamo adorato presente nell’Eucaristia, abbiamo
offerto il suo santo Sacrificio. Abbiamo meditato su quel decisivo atto di amore con il quale Gesù nell’ultima Cena anticipa la
propria morte, l’accetta nel suo intimo e la trasforma in azione di
amore, in quella rivoluzione che, unica, è veramente capace di
rinnovare il mondo e di liberare l’uomo, vincendo la potenza del
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peccato e della morte. Chiedo a voi giovani e a tutti voi che siete
qui, cari fratelli e sorelle, chiedo a tutta l’amata Chiesa di Roma,
in particolare alle anime consacrate, specialmente dei Monasteri
di clausura, di essere assidui nella preghiera, spiritualmente uniti
a Maria nostra Madre, di adorare Cristo vivo nell’Eucaristia,
di innamorarvi sempre più di Lui, che è il nostro fratello e
amico vero, lo sposo della Chiesa, il Dio fedele e misericordioso che ci ha amati per primo. Così voi giovani sarete pronti e
disponibili ad accogliere la sua chiamata, se Egli vi vorrà totalmente per sé, nel sacerdozio o nella vita consacrata.
Nella misura in cui ci nutriamo di Cristo e siamo innamorati di Lui, avvertiamo anche dentro di noi lo stimolo a portare
altri verso di Lui: la gioia della fede infatti non possiamo
tenerla per noi dobbiamo trasmetterla. Questo bisogno diventa ancora più forte e urgente in presenza di quella strana dimenticanza di Dio che esiste oggi in vaste parti del mondo, e in certa
misura anche qui a Roma. Da questa dimenticanza nasce molto
rumore effimero, molte inutili contese, ma anche una grande
insoddisfazione e un senso di vuoto. Perciò, cari fratelli e sorelle, nel nostro umile servizio di testimoni e missionari del Dio
vivo dobbiamo essere portatori di quella speranza che nasce
dalla certezza della fede: aiuteremo così i nostri fratelli e concittadini a ritrovare il senso e la gioia della propria vita.
So che lavorate con impegno nei vari ambiti della pastorale: me ne rallegro e rendo con voi grazie al Signore. In particolare nel mio primo anno di Pontificato ho già potuto sperimentare e apprezzare la vivacità della presenza cristiana tra i giovani e gli universitari di Roma, come tra i bambini della Prima
Comunione. Vi chiedo di continuare con fiducia, rendendo sem11
pre più profondo il vostro legame con il Signore e così più efficace il vostro apostolato. Non trascurate, in questo impegno,
alcuna dimensione della vita, perché Cristo è venuto per salvare tutto l’uomo, nell’intimo delle coscienze come nelle espressioni della cultura e nei rapporti sociali.
Cari fratelli e sorelle, vi affido con animo amico queste
riflessioni, come contributo al vostro lavoro nelle serate del
Convegno e poi durante il prossimo anno pastorale. Il mio affetto e la mia benedizione vi accompagnano oggi e per il futuro.
© Copyright 2006 – Libreria Editrice Vaticana
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DAL VADEMECUM DIOCESANO
PER L’ANNO PASTORALE 2006-2007
GLI OBIETTIVI GENERALI
I. Investire sull’educazione
Occorre che insieme corriamo questo “rischio” tanto più
indispensabile, quanto più constatiamo come le persone, oggi,
facciano fatica a vivere in quella gioia che è data dal ritrovamento del senso della vita che proviene in ultima analisi dall’incontro con Cristo.
La passione educativa che nasce dall’amore di Cristo
deve spingerci, verso i ragazzi e i giovani insieme a tutte le persone, comunità e istituzioni che perseguono lo stesso obiettivo.
Nel correre questo “rischio” dovrà esser viva in noi la
chiara consapevolezza che educare alla vita e educare alla fede
sono coincidenti e che anche se viviamo in un contesto scristianizzato e secolarizzato, “Questa situazione non può tuttavia
impedirci di parlare della gioia, di sperare la gioia. È nel
cuore delle loro angosce che i nostri contemporanei hanno
bisogno di conoscere la gioia, di sentire il suo canto”.
Siamo dunque chiamati a: proporre adeguatamente il
passato poiché “senza questa proposta del passato, della conoscenza del passato, della tradizione, il giovane cresce cervellotico o scettico. Se niente propone di privilegiare un’ipotesi di
lavoro, il giovane se la inventa, in modo cervellotico, oppure
diviene scettico, molto più comodamente, perché non fa nean13
che la fatica di essere coerente all’ipotesi che si è presa”.
A proporre il passato ma presentandolo ai giovani “dentro un vissuto presente che ne sottolinei la corrispondenza con
le esigenze ultime del cuore. Vale a dire: dentro un vissuto presente che dia le ragioni di sé. Solo questo vissuto può proporre
e ha il diritto e il dovere di proporre la tradizione, il passato.
Ma se il passato non appare, se non è proposto dentro un vissuto presente che cerchi di dare le proprie ragioni, non si può
neanche ottenere la terza cosa necessaria all’educazione: la critica”.
La vera educazione, infatti, deve essere una educazione
a prendere sempre più coscienza e responsabilità. Ossia tutto
ciò che è stato detto al giovane quando era bambino – ed è
necessario dire al bambino quanto va detto, compresa l’educazione alla fede – deve essere sottoposto ad una intelligenza più
profonda che ricalca i differenti passaggi di vita: dal bambino,
al giovane, all’adulto.
II. Presentare e far sperimentare
la Chiesa come “Compagnia affidabile”
Proprio perché siamo chiamati ad “educare alla gioia
della fede” e l’educazione, per rendere vero nel presente del
giovane quanto di tradizionale gli viene trasmesso, lo porta alla
criticizzazione, un altro obiettivo che dovremo tenere presente,
sarà quello di vivere la nostra appartenenza alla Chiesa e presentare la medesima come “Compagnia affidabile”, che non
lascia soli nel processo educativo.
Per presentare la Chiesa e chiedere l’adesione ad essa,
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non dovremo parlare subito e soltanto della Chiesa ma innanzitutto di Gesù Cristo come via che conduce al Padre, che conduce alla vita e soltanto quando i ragazzi e i giovani si domanderanno come praticamente ed esistenzialmente si possa trovare in Cristo la via della salvezza e della gioia, si potrà e dovrà
introdurre la presentazione della Chiesa come famiglia di Dio
e compagnia di amici affidabile e che non abbandona, in cui
abbiamo la certezza di essere amati dai fratelli e innanzitutto dal Signore.
Per raggiungere l’obiettivo di come “far sentire la
Chiesa una compagnia che non ci abbandonerà mai nemmeno
nella morte, perché porta in sé la promessa dell’eternità’’,
dovremo essere, insieme, vicini ai giovani, alle loro famiglie e
alle agenzie educative che cooperano con loro all’educazione
della persona (scuola, Università, luoghi del tempo libero e
dello sport, della sofferenza e della malattia, ecc.), “in tutti i
momenti e le circostanze della vita, siano esse liete e gratificanti oppure ardue e oscure”. Ai giovani, poi, dovremo chiedere di fidarsi a loro volta della Chiesa, di volerle bene e di avere
fiducia in lei “perché in essa è presente il Signore” e perché
essa non cerca altro che il loro vero bene.
III. Coltivare la pastorale integrata
Una “Chiesa-compagnia affidabile” dovrà anche mostrarsi capace di vivere la comunione con lo stile della
“pastorale integrata”.
Essa è un obiettivo da raggiungere sia tra le diverse persone e le diverse realtà ecclesiali ma anche tra quello che pos15
siamo chiamare l’interno della Chiesa e l’esterno della Chiesa,
dove l’interno sono la parrocchia, le realtà associative, i movimenti, ecc. e l’esterno sono gli ambienti nei quali i bambini, i
ragazzi, i giovani vivono. Pensiamo, ad esempio, alla scuola,
da quella materna in su, all’Università, ma anche, se pure per
una parte minoritaria di giovani più grandi, al lavoro, e inoltre
allo sport, al divertimento, al mondo della cultura, della malattia, del disagio, alla “strada”...
Durante il Convegno abbiamo sentito più volte il richiamo a “lavorare in rete” con quello stile che non permette di
essere gelosi l’uno dell’altro. C’è, infatti, uno spazio enorme
sul quale dobbiamo collaborare, rallegrandoci degli eventuali risultati positivi conseguiti dagli altri, allo stesso modo
dei nostri. Nessuno deve lavorare per se stesso ma tutti
lavoriamo per il Signore e per i fratelli. Questo vuol dire che
è necessaria una profonda comunione tra noi. Soltanto insieme, lavorando per il Vangelo in comunione, in rete, saremo
comunità credibile, educante, missionaria.
IV. La missionarietà permanente
Su questo obiettivo, da vari anni, la Diocesi sta lavorando con impegno. Esso, però, non deve cadere o rallentarsi
davanti alle difficoltà che incontriamo e soprattutto di fronte
alle sfide che ci propone l’attuale cultura secolarizzata e caratterizzata da linee che si oppongono all’annuncio cristiano e
hanno incidenza su quanti maturano i loro orientamenti e le
scelte di vita quali, è stato ricordato durante il Convegno,
l’agnosticismo e quel processo di relativizzazione che corrode
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i legami più sacri e gli affetti più degni dell’uomo, col risultato di rendere fragili le persone, precarie e instabili le nostre
reciproche relazioni.
In questo contesto socio-culturale tutta la comunità cristiana, ed in essa anche i giovani, dovranno unire al proprio itinerario formativo l’assunzione di responsabilità ecclesiali e
missionarie fondate sull’innamoramento di Cristo che spinge a
trasmettere agli altri la gioia suscitata dal suo amore nel nostro
cuore.
Questo urgenza missionaria diventa ancora più forte in
presenza di quella strana dimenticanza di Dio dalla quale, ci
diceva il Santo Padre durante il Convegno, nasce molto rumore effimero, molte inutili contese, ma anche una grande insoddisfazione e un senso di vuoto.
È proprio in questo contesto che siamo chiamati a essere portatori della speranza che nasce dalla fede per aiutare i
nostri fratelli e concittadini a ritrovare il senso e la gioia della
vita.
V. Vivere la preghiera che nasce
dall’incontro con una Persona
Ma a che cosa occorre educare? Primariamente a far
vivere a tutti, e soprattutto ai giovani, la fede come gioia,
facendo loro assaporare quella serenità che nasce dall’incontro con il Signore e dall’aver creduto in Lui “così il cristiano
può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All’inizio
dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una
grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una
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Persona, che da alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la
direzione decisiva”.
E la preghiera è lo “spazio privilegiato nel quale l’incontro con Cristo si realizza nella maniera più diretta, si rafforza e approfondisce e quindi diventa capace di permeare, plasmare e caratterizzare tutta la nostra esistenza e i nostri comportamenti”.
La preghiera, pertanto, dovrà essere il primario obiettivo da perseguire a partire dalla celebrazione della S. Messa,
soprattutto nel Giorno del Signore, da altre forme di incontro
con Cristo quali: l’Adorazione Eucaristica, l’ascolto della
Parola di Dio con il metodo della lectio divina, la partecipazione ai sacramenti, in particolare quello del perdono, ecc.
Tutti: comunità cristiane, aggregazioni laicali, anime
consacrate, specialmente i Monasteri di clausura, famiglie,
ragazzi e giovani dovremo tornare maggiormente alla preghiera intesa come innamoramento di Cristo, nostro fratello e
amico, sposo della Chiesa, Dio fedele e misericordioso che ci
ha amati per primo.
Da questo incontro con Cristo nasceranno anche, sicuramente, le vocazioni di speciale consacrazione poiché l’incontro
con la sua Persona non lascia mai indifferenti ma chiede accoglienza e risposta alla sua chiamata.
VI. Curare la pastorale dell’intelligenza
Un altro obiettivo da raggiungere sarà quello che il Santo
Padre ci ha indicato come “pastorale dell’intelligenza” “e più
ampiamente della persona, che prenda cioè sul serio le domande
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dei giovani – sia quelle esistenziali sia quelle che nascono dal
confronto con le forme di razionalità oggi diffuse – per aiutarli a
trovare delle valide e pertinenti risposte cristiane e finalmente a
far propria quella risposta decisiva che è Cristo Signore”. In tutto
il lavoro educativo delle famiglie, delle varie agenzie educative
e della Chiesa, “famiglia di famiglie” che deve agire in rete con
le altre realtà educative coinvolte nell’educazione delle nuove
generazioni, non si può evitare la questione della verità. Se snobbiamo tale questione, ci ricordava il Cardinale Vicario durante il
Convegno, ci adattiamo senza accorgercene al contesto agnostico del nostro tempo e rinunciamo alla pretesa di Gesù di essere
la Verità che salva e il modello della nostra vita.
“In sintesi – ci ricordava sempre il Cardinale Vicario –
per la mentalità di oggi, impregnata di una razionalità basata sull’esperimento e sul calcolo, si tratta di mostrare che questa razionalità da sola è limitante per l’uomo, perché lascia fuori per principio, per metodo, le domande più importanti, e quindi non può
essere la razionalità unica ed esclusiva, ma si tratta anche di
mostrare che questa razionalità presuppone qualcosa che riapre
il discorso e che reintroduce quanto meno “l’ipotesi” – parola
che ha usato il Papa – della Intelligenza creatrice, come ‘ipotesi
migliore’. Ipotesi migliore che possiamo abbracciare nella libertà e razionalità della fede cioè con una scelta libera ma profondamente razionale”.
La pastorale dell’intelligenza dovrà affrontare tutti gli
ambiti della cultura, a cominciare dall’antropologia, dalla conoscenza dell’uomo, le scienze, ecc. con una creatività e capacità
comunicativa anche a livello pubblico oltre che all’impegno e
alla passione educativa.
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Anche il dialogo fra fede e ragione, condotto con sincerità e rigore, andrà presentato nei cammini educativi delle giovani
generazioni perché se rispetta le condizioni sopra ricordate offre
la possibilità di percepire, in modo efficace e convincente, la
ragionevolezza della fede nel Dio che si è rivelato in Gesù Cristo
e altresì di mostrare che nello stesso Gesù Cristo si trova il compimento di ogni autentica aspirazione umana.
VII. Non aver paura dell’educazione all’amore
Un ulteriore obiettivo da raggiungere, sarà quello di
“liberare i giovani dal pregiudizio diffuso che il cristianesimo
con i suoi comandamenti e divieti ponga troppi ostacoli alla
gioia dell’amore, in particolare impedisca di gustare pienamente quella felicità che l’uomo e la donna trovano nel loro reciproco amore”.
Facendo costante riferimento all’Enciclica “Deus caritas est”, occorrerà presentare come la fede cristiana “ha considerato l’uomo sempre come essere uni-duale, nel quale spirito
e materia si compenetrano a vicenda sperimentando proprio
così ambedue una nuova nobiltà” ricordando come l’apparente
esaltazione del corpo può ben presto convertirsi in odio verso
la corporeità e che l’eros, come ci ricorda ancora l’Enciclica,
“vuole sollevarci ‘in estasi’ verso il Divino, ma proprio per
questo richiede un cammino di ascesa, di rinunce, di purificazioni e di guarigioni”.
L’uomo diventa veramente se stesso – infatti –, quando
corpo e anima si ritrovano in intima unità e la sfida dell’eros
può dirsi veramente superata, quando questa unificazione è riu20
scita a fare percepire che “non sono nè lo spirito nè il corpo da
soli ad amare: è l’uomo, la persona, che ama come creatura
unitaria, di cui fanno parte corpo e anima. Solo quando ambedue si fondono veramente in unità, l’uomo diventa pienamente
se stesso...”.
Sapendo questo, dunque, come la questione dell’amore
e dell’amore umano nella sua pienezza e concretezza è questione decisiva per tutti e specialmente per gli adolescenti e i giovani, occorrerà educarli a comprendere e vivere correttamente
l’approccio cristiano alla sessualità per il loro vero bene ed il
loro sereno futuro.
VIII. Aprirsi al servizio al prossimo
Infine, occorrerà perseguire l’obiettivo di educare e
vivere l’amore ed il servizio verso il prossimo. Educare a mettere al centro della vita l’amore per Colui che ci ha amato, vuoi
dire educare ad amare gli uomini come Egli ha amato. Amore
per Dio e amore per l’uomo – ci ha ricordato il Santo Padre –
sono indissolubilmente uniti e quindi il cristiano non potrà mai
accontentarsi di parole e nemmeno di ideologie ingannatrici ma
andrà incontro alle necessità del fratello mettendo in gioco davvero se stesso, senza accontentarsi di qualche sporadica buona
azione. “Proporre ai ragazzi e ai giovani esperienze pratiche
di servizio al prossimo più bisognoso fa dunque parte di
un’autentica e piena educazione alla fede”.
Anche il servizio al prossimo, tanto più se povero,
debole, solo, anziano, ammalato, straniero, sarà un modo di
incontrare Cristo stesso.
21
Soprattutto tramite le esperienze di servizio al prossimo
sarà possibile portare anche i “non frequentanti” a credere nella
fonte dell’Amore. In un mondo nel quale spesso si vive “come
se Dio non esistesse”, proporre di “vivere come se Dio esistesse”, e quindi vivendo le esperienze dell’amore verso il prossimo, aiuterà un processo di risalita verso la sorgente dell’amore: Dio, che in Cristo ci dona per amore il proprio Figlio e continua ad abitare in noi con lo Spirito dell’Amore.
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Programma per le realtà sanitarie
per l’anno pastorale 2006-2007
Nel programma preparato per tutta la Diocesi sono stati
individuati degli obiettivi generali che riprendono alcune tematiche sviluppate negli scorsi anni e altri che sono stati indicati dal
nostro Vescovo il Papa, dal Cardinale Vicario e dalle riflessioni
scaturite nel convegno di giugno dal titolo: “La gioia della fede
e l’educazione nelle nuove generazioni”.
Gli obiettivi sono:
– Investire sull’educazione
– Presentare e far sperimentare la chiesa come “compagnia
affidabile”
– Coltivare la pastorale integrata
– La missionarietà permanente
– Vivere la preghiera che nasce dall’incontro con una persona: Gesù Cristo
– Curare la pastorale dell’intelligenza
– Non avere paura dell’educazione all’amore
– Aprirsi al servizio al prossimo.
Il programma di quest’anno si rivolgerà in particolar alle
nuove generazioni, ma non vuole certamente trascurare le famiglie da dove i giovani provengono ne, tanto meno, tutti gli altri,
malati e sani.
Il piano pastorale che ogni anno sottolinea un aspetto o
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categoria – a cui rivolgere il messaggio evangelico – non è mai
un “voltare pagina” rispetto agli obiettivi pastorali che ci siamo
dati negli anni passati, ma è un ampliamento che aggiunge qualcosa in più.
Per questo è importante avere sempre nella pastorale uno
sguardo d’insieme, e mentre dedichiamo qualche specifica iniziativa al tema dell’anno che riguarda i giovani non bisogna mai
dimenticare l’impegno per tutti coloro che incontriamo sul
nostro cammino.
Si dice nella presentazione del piano pastorale della
Diocesi:
“Con la gioia e la speranza che ci vengono dalla fede in
Cristo, Salvatore dell’uomo e della storia, ci apprestiamo ad
affrontare il prossimo anno pastorale 2006-2007 in spirito di
vera comunione, quella comunione che possiamo vivere nella
chiesa «compagnia affidabile» che non abbandona mai l’uomo
che cammina nell’oggi della storia, guardando con fiducia alle
giovani generazioni ed impegnandoci per loro e con loro in una
«pastorale integrata» e «dell’intelligenza», capace di raggiungere tutti: frequentanti e non frequentanti, affinché sperimentino
la bellezza dell’incontro con Cristo e vivano di questo innamoramento che soltanto Lui sa provocare”.
L’impegno fondante di tutto il nostro operare pastorale e
la “comunione” con Cristo e fra di noi per essere veramente
negli ambienti sanitari una porzione di Chiesa “compagnia affidabile”, soprattutto nei momenti di sofferenza, di angoscia, di
solitudine, di abbandono, di disperazione e di morte.
L’essere presenti in questi momenti così importanti e
drammatici della vita di un giovane e meno giovane, della sua
24
famiglia o di qualsiasi altra persona è molto importante dal punto
di vista umano e cristiano.
La gente ha bisogno di sentire delle persone affidabili che
camminano accanto a loro come compagni di viaggio su cui si
può contare, soprattutto nei momenti dolorosi e tristi della vita.
Aiutare tutti, e in primis noi stessi, a sperimentare la bellezza dell’incontro con Cristo nostro unico salvatore, dono di
salute e salvezza, “buon samaritano, medico dei corpi e delle
anime, misura del vero umanesimo” e quanto di più importante e grande possiamo donare a coloro che incontriamo.
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Primo obiettivo: “Investire
sull’educazione”
La passione educativa per noi cristiani nasce dall’amore
di Cristo che ci spinge verso tutti, in particolare verso i giovani
che si aprono alla vita, per aiutarli a vivere quella gioia che è
data dal ritrovamento del senso dell’esistenza che proviene dall’incontro con il Signore Gesù: Via, verità e Vita.
Nel nostro ambito, educazione vuol dire anche aiutare i
giovani (e i meno giovani) a comprendere che la salute è un bene
prezioso cha va conservato e difeso, ma c’è anche la malattia e
la sofferenza che devono essere vissuti nella responsabilità e
nella capacità di dono, così per tutte le prove dell’esistenza. C’è
la speranza da vivere, come dono del Signore, che ci aiuta attraverso i sacramenti e la sua parola di vita a trasformare le prove
in possibilità di crescita e di maturazione.
Il nostro “investimento sull’educazione” è iniziato da
tempo, ma lo scorso anno ha avuto nella distribuzione del
“Compendio del Credo”, un suo sviluppo e approfondimento in ordine
l
alla formazione della persona
l
e alla trasmissione della fede cristiana
La prima carità da esercitare è quella dell’annuncio del
dono ricevuto da Dio: Gesù Cristo.
Il patrimonio di fede che abbiamo ricevuto dev’essere
trasmesso a tutte le generazioni per aiutare a formarsi in senso
cristiano.
Questo impegno perciò va continuato e approfondito,
26
soprattutto con i giovani infermieri – medici – ausiliari –
volontari – ammalati – parenti e amici che frequentano le
strutture sanitarie.
Iniziativa
l
Il Compendio del Credo che veniva distribuito a fascicoli l’anno scorso, sarà riformulato in un unico libretto per
essere distribuito a tutti in ogni periodo dell’anno.
Certamente, come già sottolineato lo scorso anno, occorre consegnare il Credo non come si distribuisce un depliant pubblicitario ma come un’occasione, uno stile pastorale per illuminare le persone giovani sui temi della fede, per aiutarle a raggiungere una fede che sia conoscenza di Dio, del suo disegno
d’amore, della sua volontà di salvezza, capacità di comprendere
ed interpretare tutte le cose secondo la pienezza di Cristo, così
da portarle ad esprimere la carità del Signore Gesù, che si è fatto
tutto a tutti.
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Secondo obiettivo: “Presentare
e far sperimentare
la Chiesa come «Compagnia affidabile»”
È questo l’obiettivo “antico e sempre nuovo” che ci
deve impegnare di più, perché richiede una autenticità di vita a
noi cristiani, una continua conversione del nostro modo di vivere e di stare insieme.
Rendere credibile la Chiesa come la comunità dei salvati, la famiglia dove ci si aiuta, ci si sostiene nelle prove, si vive
la solidarietà e l’amore, dove nessuno è straniero e ospite, ma
tutti sono figli dello stesso Padre e quindi fratelli fra di loro è il
compito più difficile ma non impossibile se c’è la presenza del
Signore Gesù e del suo Santo Spirito che opera in noi e fra noi.
l
l
l
Attraverso la “Cappellania Ospedaliera” si deve rendere presente in Ospedale e Case di Cura la Chiesa, come
“compagnia affidabile”.
La Cappellania dove non c’è va costituita e dev’essere
formata dagli Assistenti spirituali, dai diaconi, dalle religiose, dai ministri della comunione, dai volontari, dai vari
operatori sanitari e dovrebbe diventare un punto di riferimento per tutti, una comunità di aiuto e di sostegno per
sani e malati, soprattutto un modello che stimoli i giovani a superare l’individualismo e l’egoismo.
Le strutture cattoliche sanitarie dovrebbero essere dei
modelli di “compagnia affidabile” nella qualità delle
prestazioni, ma soprattutto nell’umanizzazione del servizio ai malati e alle loro famiglie, come pure agli operatori sanitari.
28
l
La cappellania dovrebbe eccellere nel suo stile di servizio alla fede e all’uomo in queste nostre strutture, che
esprimono la tenerezza e la premura della Chiesa di
Cristo verso le membra doloranti del suo corpo.
Iniziative
l
l
Sarebbe auspicabile poter realizzare un progetto comune
di pastorale sanitaria per le strutture cattoliche della
Diocesi, così da rendere maggiormente visibile che la
chiesa negli Ospedali cattolici è una “compagnia affidabile”.
Il centro per la Pastorale Sanitaria si farà promotore di
individuare alcune linee portanti di questo progetto, da
proporre a chi vorrà liberamente aderire.
Certamente l’attuazione di tale progetto sarà un passo in
avanti verso una pastorale di maggiore unità che potrebbe
diventare un modello da proporre, anche se in modo adeguato,
alle varie strutture pubbliche e private laiche.
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Terzo obiettivo: “Coltivare
la pastorale integrata”
Una “Chiesa – compagnia affidabile” dovrà anche mostrarsi capace di vivere la comunione con lo stile della “pastorale integrata” da realizzarsi fra le diverse persone, le realtà
ospedaliere, i volontariati, ma anche fra le strutture sanitarie e le
parrocchie, i vari gruppi e movimenti.
Bisogna imparare sempre più a “lavorare in rete” con
quello stile che non permette di sentirci isolati e autonomi, in
concorrenza o gelosi del bene che ognuno può fare per proprio
conto o con gli altri nei vari gruppi o realtà ecclesiali.
l
l
È importante collaborare fra strutture sanitarie e con il
Centro per la pastorale sanitaria e con tutta la Diocesi,
attuando le iniziative che vengono proposte su scala diocesana, ma anche comunicando e proponendo quanto di
buono si fa in ogni struttura particolare.
Lo strumento di raccordo è il “Vademecum” che ogni
anno presenta il piano pastorale particolare per la sanità;
come pure la rivista “Diaconia Christi” mezzo di comunicazione delle iniziative che si attuano nei vari Ospedali.
Iniziative
l
Con il territorio, in particolare con le parrocchie, per i
gruppi di ragazzi – adolescenti – giovani, le strutture
sanitarie devono offrire l’opportunità di conoscere la vita
cristiana ospedaliera, per fare sapere quanto si svolge, si
propone e si attua negli ambienti della sofferenza, sia per
30
l
i malati che per gli operatori sanitari, per le famiglie, i
visitatori e per quanti altri per vari motivi entrano nei luoghi di cura.
Sul versante della collaborazione è importante che si stimoli e si proponga, in collaborazione con le parrocchie,
ma anche con le scuole, di vari gruppi di ragazzi – adolescenti, giovani, di rendersi partecipi con delle visite o dei
gesti di carità, di affetto, di solidarietà e di altre iniziative, ai malati, soprattutto se questi sono dei ragazzi – adolescenti e giovani, in particolare nei periodi forti dell’anno, come Natale e Pasqua.
C’è uno spazio enorme nel quale si può collaborare con
le realtà del territorio per realizzare una pastorale integrata, cioè
un lavorare insieme per il Signore e per i fratelli, in una profonda comunione, per diventare sempre più una comunità credibile
secondo la misura dell’amore di Cristo.
Iniziativa
l
Il Centro per la Pastorale Sanitaria proporrà qualche iniziativa comune con le varie associazioni sanitarie parrocchiali e Diocesane.
31
Quarto obiettivo: “La
missionarietà permanente”
Ogni cristiano, forte della sua fede e di una grande carica
umana, deve sentire la missionarietà come una esigenza intrinseca al suo battesimo. È importante per la vita di ogni persona ma
soprattutto per quella dei giovani, annunciargli Gesù Cristo
attraverso l’atteggiamento accogliente, la misericordia, la solidarietà e l’amore.
I giovani (in particolare se sono ammalati) hanno bisogno
di incontrare persone amiche, che sanno farsi compagni di viaggio con quella passione per l’umanità che aveva Gesù quando
incontrava gli ammalati e tutti gli altri.
Per entrare in contatto con i giovani, siano essi ammalati o quelli che lavorano in Ospedale come infermieri e medici, o
studenti tirocinanti, bisogna imparare il linguaggio della condivisione, ma anche la capacità dell’ascolto del dialogo alla
“pari”. Certamente annunciare Gesù Cristo in un mondo distratto, che vive come se Dio non ci fosse, impregnato di agnosticismo e relativismo, di insofferenza religiosa, non è nè facile nè
semplice.
Eppure il Signore ci invita ad avere fiducia e andare nel
Suo nome ad annunciare il “regno di Dio che è giunto in mezzo
a noi”, nella persona di Gesù Cristo.
Sappiamo che il momento della malattia può essere un
tempo favorevole per riprendere il discorso sul senso della
vita alla luce del Vangelo, per questo deve essere “bene utilizzata”.
La Diocesi di Roma è da tanti anni impegnata nella nuova
evangelizzazione in senso missionario.
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l
l
Di fronte alle sfide che ci propone l’attuale cultura secolarizzata bisogna unire gli sforzi e cercare di trasformare
ogni occasione d’incontro, ogni iniziativa, la stessa
amministrazione dei sacramenti, o altra proposta culturale – ricreativa – sociale – caritativa in una possibilità di
annuncio missionario.
Tutta la pastorale sanitaria deve diventare pastorale
missionaria, capace di dire oggi Gesù Salvatore, portando la speranza che nasce dalla fede, per aiutare i giovani
(e meno giovani) a trovare il senso e la gioia della vita.
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Quinto obiettivo: “Vivere
la preghiera che nasce
dall’incontro con una persona: Gesù Cristo”
Riaffermare la centralità della preghiera nella nostra azione pastorale vuole dire riaffermare il primato di Dio. È dall’incontro con il Signore, nel dialogo quotidiano, che può scaturire
la vera e autentica modalità del nostro operare. Come ha detto il
Santo Padre Benedetto XVI al Convegno di giugno:
“All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione
etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che da alla vita un nuovo orizzonte e con
ciò la direzione decisiva …”.
“È la preghiera lo spazio privilegiato nel quale l’incontro con Cristo si realizza nella maniera più diretta, si rafforza e approfondisce e quindi diventa capace di permeare,
plasmare e caratterizzare tutta la nostra esistenza e i nostri
comportamenti”.
Se questo vale per tutti a maggior ragione vale per i nostri
ambienti di sofferenza e di dolore.
Quando le prove della vita si fanno sentire più forti, bisogna intensificare la preghiera per imparare a fare la volontà di
Dio e per cercare di capire il senso e il valore del soffrire in unione a Cristo sofferente.
I nostri Ospedali e case di cura devono diventare sempre
di più luoghi di preghiera da dove si irradia la vita divina di Gesù
che si è identificato con il malato.
La preghiera, unita alla sofferenza, potrà diventare benedizione di grazia per tutti, se i luoghi di cura diventeranno come
dei “roveti ardenti” di adorazione, di preghiera, di contempla34
zione, di impetrazione, di ringraziamento, di lode, di richiesta di
perdono e anche di guarigione, luoghi di speranza per la vita
terrena ed eterna.
Iniziative
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l
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l
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Ogni luogo di cura faccia in modo che non manchi mai la
celebrazione Eucaristica domenicale e per quanto è possibile celebrata nei reparti di degenza, almeno nei
momenti forti dell’anno liturgico.
L’Adorazione eucaristica settimanale e nei periodi di
Avvento e Quaresima (da prolungare anche per tutto il
giorno e la notte) invitando i gruppi giovanili delle parrocchie, dei movimenti o anche dei seminari ad animarla.
Proporre scuole di preghiera, brevi ma incisive, per malati e sani.
La Lectio divina che si trasforma in preghiera.
La recita comune dei salmi, respiro di preghiera che
abbraccia tutta la storia della salvezza e tutta la chiesa
presente in ogni luogo del mondo.
Nel mese di ottobre e maggio, seguendo la devozione
della pietà popolare, sarebbe bene celebrare anche nei
reparti dei degenti, il Santo Rosario, commentandolo con
brani del discorso del Papa al convegno o con altri commenti appropriati.
Chiedere ai gruppi giovanili delle parrocchie, dei movimenti e anche dei seminari, di animare qualche iniziativa
di preghiera con la caratterizzazione che ogni movimento esprime.
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Il Centro Diocesano per la Pastorale Sanitaria fornirà un
sussidio con le preghiere particolari per l’ammalato e i
familiari, per gli operatori sanitari, per i volontari, per
aiutarli alla preghiera semplice, breve e personale.
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Sesto obiettivo: “Curare
dell’intelligenza”
la pastorale
È importante anche per noi prendere in seria considerazione le domande che vengono rivolte alla Chiesa dai giovani a
riguardo della vita, della sofferenza, del dolore, della morte.
Abbiamo cercato di dare qualche risposta agli interrogativi che si pone la famiglia di fronte ad un suo componente malato, con il sussidio presentato gli anni scorsi dal titolo: “La
malattia e la sofferenza nella famiglia”.
Questo strumento potrà essere ancora utilizzato e
distribuito anche ai giovani.
Iniziative
l
l
Vorremmo effettuare una rivelazione attraverso un questionario, con poche ma mirate domande, da rivolgere ai
giovani che sono presenti a vario titolo nei luoghi di cura
e tentare di dare una risposta dal nostro punto di vista, per
instaurare un dialogo costruttivo che serva anche a chiarire molti pregiudizi che si hanno verso la fede cristiana e
la Chiesa cattolica, ma anche per aiutarli ad approfondire
un poco di più la loro fede.
Lo strumento che ne trarremo dall’indagine dovrà servire
a formulare un sussidio per i giovani che potrà interessare anche alle parrocchie e all’intera diocesi.
La pastorale dell’intelligenza deve sapere anche affrontare tutti gli ambiti della salute, e della malattia, in una parola la
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conoscenza della persona, soprattutto di quella ammalata e di ciò
che vi ruota attorno come la bioetica e le varie scienze che interessano la vita e la morte dell’uomo, con una capacità creativa e
propositiva.
Iniziative
l
l
È bene che, almeno negli Ospedali più grandi, si propongano dei dibattiti, degli incontri o convegni per discutere
dei problemi che riguardano tutti, ammalati e sani, medici, infermieri, pazienti e familiari, cappellani, suore e
volontari circa la bioetica e altre discipline.
Da parte del Centro per la pastorale sanitaria si proporrà unitamente al Forum regionale delle Associazioni cattoliche sanitarie, dei corsi di formazione per operatori
sanitari, denominati ECM, accreditati dal Ministero della
Salute da proporre alle varie strutture cattoliche e non, per
una adeguata formazione del personale, ispirandosi al
nuovo documento della Conferenza Episcopale (CEI) dal
titolo “Predicate il Vangelo e curate i malati”.
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Settimo obiettivo: “Non
avere paura
dell’educazione all’amore”
Il nostro Vescovo, il Papa Benedetto XVI, ci ha detto
nella prima enciclica “Deus caritas est”: “Non sono né lo spirito né il corpo da soli ad amare: è l’uomo, la persona, che
ama come creatura unitaria, di cui fanno parte corpo e
anima. Solo quando ambedue si fondano veramente in unità,
l’uomo diventa pienamente se stesso…”.
Talvolta questo viene dimenticato nei nostri ambienti
sanitari perché si cura solo il corpo, dimenticando la persona
nella sua interezza.
L’educazione all’amore passa attraverso l’amore a se
stesso e alla propria salute fisica e spirituale ma anche a quella
degli altri.
Forse il nostro compito negli ambienti sanitari a riguardo dell’educazione all’amore, si deve rivolgere soprattutto ad
educare ad amare la persona nella sua interezza come ci
dovremmo amare noi stessi perché capolavori di Dio, sia quando siamo sani e produciamo, sia quando siamo ammalati e
abbiamo bisogno di aiuto.
Dice ancora il Papa: “Secondo il modello offerto dalla
parabola del Buon Samaritano, la carità cristiana è dapprima semplicemente la risposta a ciò che, in una determinata
situazione, costruisce la necessità immediata: gli affamati
devono essere saziati, i nudi vestiti, i malati curati in vista
della guarigione, i carcerati visitati, ecc. … Per quanto riguarda il servizio che le persone svolgono per i sofferenti, occorre
innanzitutto la competenza professionale: i soccorritori devo39
no essere formati in modo da saper fare la cosa giusta nel
modo giusto, assumendo poi l’impegno del proseguimento
della cura. La competenza professionale è una prima fondamentale necessità, ma da sola non basta. Si tratta, infatti, di
esseri umani, e gli esseri umani necessitano sempre di qualcosa in più di una cura solo tecnicamente corretta: Hanno bisogno di umanità. Hanno bisogno dell’attenzione del cuore.
Quanti operano nelle istituzioni caritative della Chiesa devono
distinguersi per il fatto che non si limitano ad eseguire in modo
abile la cosa conveniente al momento, ma si dedicano all’altro
con le attenzioni suggerite dal cuore, in modo che questi sperimenti la loro ricchezza umana. Perciò, oltre alla preparazione professionale a tali operatori è necessaria anche, e soprattutto, la «formazione del cuore»: occorre condurli a quell’incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l’amore e apra il
loro animo all’altro, così che per loro l’amore del prossimo
non sia più un comandamento imposto per così dire dall’esterno, ma una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa
operante nell’amore (cfr. Gal 5,6)”.
Il Santo Padre invita tutti gli operatori sanitari a espletare la loro professione con umanità e amore, ed è per questo che
occorre una “formazione del cuore”.
“Dio è amore: e chi sta nell’amore sta in Dio e Dio sta
in lui”. Vivere nell’amore è vivere in Dio, per questo è molto
importante educare i giovani all’amore, aiutandoli a liberarsi dai
pregiudizi e cioè, che il cristianesimo con i suoi comandamenti
imponga troppi ostacoli alla gioia dell’amore, in particolare
impedisca di gustare pienamente quella felicità che l’uomo e la
donna trovano nel loro reciproco donarsi.
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Iniziative
l
l
Sarebbe opportuno sottolineare e valorizzare, nelle strutture dove sono allestiti i reparti di maternità, la nascita di
una nuova vita frutto dell’amore tra l’uomo e la donna,
con delle catechesi – segni – benedizioni – gesti di affetto appropriati, per sottolineare il valore dell’amore coniugale, della famiglia, della fiducia nella vita e in Dio.
Aiutare i giovani infermieri – ausiliari – medici tirocinanti “fuori sede” con dei corsi di preparazione al
Sacramento della cresima o con dei corsi di preparazione
al matrimonio, così da facilitare la celebrazione del matrimonio cristiano per aiutarli a superare la tentazione della
convivenza o del matrimonio solo civile.
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Ottavo obiettivo: “Aprirsi
al servizio al prossimo”
L’amore a Dio e l’amore al prossimo sono indissolubilmente uniti. Due facce della stessa medaglia, compendio di tutta
la vita cristiana.
Per noi che viviamo a contatto ogni giorno con la sofferenza l’esercizio dell’amore è come il pane quotidiano. Vivere
la nostra presenza vicino agli ammalati come servizio al prossimo è il modo migliore per rendere culto a Dio ed è una forma
di evangelizzazione che tutti possono comprendere. L’amore è
la migliore testimonianza di Dio, perché Dio è amore e si rende
presente proprio nel momento della sofferenza, dove talvolta
non si può fare altro che amare. Il più delle volte è la migliore
ed unica terapia.
Il Papa Benedetto XVI dice nell’enciclica “Deus caritas
est” che la “migliore difesa di Dio e dell’uomo consiste proprio nell’amore … La Chiesa in quanto famiglia di Dio
dev’essere, oggi come ieri, un luogo di aiuto vicendevole e al
contempo un luogo di disponibilità a servire anche coloro
che, fuori di essa, hanno bisogno di aiuto”.
Iniziative
l
La Cappellania Ospedaliera deve aiutare con strumenti
idonei la formazione di una mentalità di servizio negli
operatori sanitari, specialmente nei più giovani; gli sforzi
educativi per richiamare a vivere il lavoro come servizio
ai più deboli non saranno mai abbastanza, soprattutto nei
nostri ambienti di sofferenza.
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l
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Una speciale attenzione va posta alla formazione dei
volontari, di qualsiasi natura: pastorale – sociale – sanitario, ecc., in particolare dei più giovani, perché vivano il
loro impegno come autentico servizio, e non come affermazione di sé o con superficialità.
È importante, dove vi sono più gruppi di volontariati,
promuovere il confronto e la collaborazione per un arricchimento reciproco e una migliore organizzazione di servizio all’ammalato.
La cappellania si dovrebbe fare promotrice di corsi di
aggiornamento per il recupero delle motivazioni di fondo
della propria professione e come meglio servire, sia per
gli operatori sanitari che per i volontari e per quanti altri
lavorano nei luoghi di cura.
L’apertura ai problemi della universalità e le eventuali
iniziative in senso mondiale che le strutture sanitarie
assumono verso qualche missionario può diventare un
buon mezzo di educazione al servizio all’intera umanità.
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Calendario degli
Incontri di Formazione Permanente
per Sacerdoti – Laici – Suore
Anno Pastorale 2006-2007
La Pastorale Sanitaria Diocesana nella prospettiva della
"Gioia della fede e l'educazione delle nuove generazioni"
Domenica 24 settembre 2007, ore 16 in Seminario
ASSEMBLEA UNITARIA
Presentazione del Piano Pastorale 2006-2007
Sacerdoti: ultimo giovedì del mese – ore 9,30 in Vicariato
Presentazione della Nota pastorale CEI
l 26 ottobre
Rendere ragioni della speranza nel mondo della salute
l 30 novembre
La pastorale della salute nella comunità
l
l
l
25 gennaio
L'educazione delle nuove generazioni oggi: problemi e
opportunità
22 febbraio
Incontro col Papa
29 marzo
L'impegno educativo della famiglia e delle altre agenzie
formative nel mutato contesto socio-culturale
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l
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l
26 aprile
Comunità cristiana e l'educazione: quali prospettive oggi
24 maggio
L'esperienza della gioia nella spiritualità cristiana
7 giugno
VERIFICA dell'Anno pastorale presso il Santuario della
Madonna del Divino amore
Laici: ultimo venerdì del mese – ore 18 in Seminario
Presentazione della Nota pastorale CEI
l 27 ottobre
Rendere ragioni della speranza nel mondo della salute
l 24 novembre
La pastorale della salute nella comunità
l
l
l
l
l
26 gennaio
L'educazione delle nuove generazioni oggi: problemi e
opportunità
23 febbraio
L'impegno educativo della famiglia e delle altre agenzie
formative nel mutato contesto socio-culturale
30 marzo
Comunità cristiana e l'educazione: quali prospettive oggi
27 aprile
L'esperienza della gioia nella spiritualità cristiana
25 maggio
Comunicare il Vangelo oggi
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Suore: ultima domenica del mese – ore 16 in Seminario
Presentazione della Nota pastorale CEI
l 29 ottobre
Rendere ragioni della speranza nel mondo della salute
l 26 novembre
La pastorale della salute nella comunità
l
l
l
l
l
28 gennaio
L'educazione delle nuove generazioni oggi: problemi e
opportunità
25 febbraio
L'impegno educativo della famiglia e delle altre agenzie
formative nel mutato contesto socio-culturale
25 marzo
Comunità cristiana e l'educazione: quali prospettive oggi
29 aprile
L'esperienza della gioia nella spiritualità cristiana
27 maggio
Comunicare il Vangelo oggi
Domenica 17 giugno gita-pellegrinaggio per tutti gli operatori sanitari: cappellani – suore – laici
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Appuntamenti Comunitari
NOVEMBRE
Sabato 4 – 11 – 18 – 25 – ore 10,00 in Vicariato
Corso di formazione per cappellani, suore e laici.
Incontri di Settore per i cappellani:
Centro Mercoledì 15 – ore 18 presso l’Ospedale S. Giovanni
Sud
Giovedì 16 – ore 18 presso l’Ospedale Forlanini
Nord-Est Martedì 21 – ore 18 presso il Policlinico Umberto I
Ovest
Giovedì 23 – ore 18 presso il Policlinico Gemelli
DICEMBRE
Giovedì 8 – ore 11 presso la chiesa di Trinità dei Monti
Celebrazione Eucaristica e omaggio floreale all'immacolata
Domenica 10 – ore 9,15 – presso il Seminario Maggiore
Giornata di spiritualità per gli operatori sanitari (ritiro)
FEBBRAIO
Domenica 4 – Giornata per la vita
Domenica 11 – Giornata mondiale del malato. Nel pomeriggio
incontro del S. Padre con gli ammalati nella Basilica di S. Pietro
MARZO
Domenica 11 – ore 9,15 – presso il Seminario Maggiore
Giornata di spiritualità per gli operatori sanitari (ritiro)
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APRILE
Giovedì 5 – ore 9 – S. Messa Crismale presieduta dal S. Padre
Benedetto XVI
Domenica 8 – Pasqua del Signore
Lunedì 30 aprile – Domenica 6 maggio
Pellegrinaggio degli Operatori sanitari in Polonia
MAGGIO
Sabato 12 – ore 16 – Pellegrinaggio al Santuario della Madonna
del Divino Amore degli operatori Sanitari: cappellani, suore,
laici
Domenica 20 – ore 16 – Giornata della Fraternità "Premio del
Buon Samaritano"
GIUGNO
Giovedì 7 – ore 9,30 – presso il Santuario del Divino Amore –
Riunione di verifica per i Cappellani ospedalieri
Sabato 9 – ore 9 – presso il Seminario Maggiore
Giornata biblica per gli operatori Sanitari cappellani, suore,
laici
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Vademecum - per gli Ambienti Sanitari