[email protected] CULTURA 14 DICEMBRE 2005 C ORRIERE DEL M EZZOGIORNO 13 Pubblicato un doppio cd IL LIBRO L’esperienza (ir)reale del «Pinocchio» di Carmelo Bene LATERZA MANDA IN LIBRERIA LA NUOVA EDIZIONE DELLA «STORIA DELLA MEDICINA E DELLA SANITÀ IN ITALIA» DI GIORGIO COSMACINI MEDICINA Malattie, ospedali e tecniche Si può sostenere, parafrasando lo storico francese Philippe Ariès, che la storia della medicina sia storia degli individui (i medici) e degli avvenimenti da essi provocati, mentre la storia della salute è quella di un’umanità anonima in cui, tuttavia, ciascuno di noi può riconoscersi. Si occupa soprattutto delle vicende dei primi, senza tuttavia trascurare il milieu umano che ne costituisce lo sfondo, la penna feconda di Giorgio Cosmacini nella sua ultima edizione della Storia della medicina e della Sanità in Italia, appena uscita per i tipi di Laterza. Il titolo del ponderoso volume (più di 600 pagine) è anche la disciplina di cui il medico e filosofo milanese è docente nell’Università Vita-Salute dell'Istituto Scientifico San Raffaele della sua città. Come Cosmacini ricorda nella prefazione, l’opera pubblicata per la prima volta nel 1987 concludeva il suo excursus storico nel 1918. Con due successive integrazioni, pubblicate la primo nel 1989 e la seconda cinque anni più tardi, l’autore ha continuato la sua ricostruzione storica fino al 1994: rivolgendo lo sguardo rispettivamente alla realta sanitaria dai tempi della “Spagnola” alla II guerra mondiale e poi a quella dell’Italia contemporanea. A undici anni di distanza da quella conclusione , che egli stesso definisce provvisoria, l’insigne storico della medicina ripresenta oggi la sua Storia in un volume unico, comprensivo di parti integre o modificate della trilogia originaria, e aggiornato all’estate 2005 (vi figura anche il ministro Storace): «In questa pur esigua congiuntura - motiva Cosmacini non poche cose sono accadute nel ristretto ambito medico-sanitario del nostro paese». E non solo in quello, aggiungiamo noi: non sfugge ad esempio che, se la prima edizione si era fermata alle soglie della grande pandemia influenzale del 1918, quella attuale si conclude con un esplicito riferimento alle nuove emergenze virali e ai timori di una nuova ed incombente epidemia globale. Ma di una scienza che è filosofia di EDOARDO ALTOMARE l’intento dichiarato dello storico è ben altro: chiedersi cioè se all’ulteriore sviluppo fatto registrare negli ultimi anni dalle tecnoscienze della medicina e dalle loro applicazioni pratiche abbia corrisposto un parallelo e consensuale progresso sanitario, istituzionale, educativo, civile, morale. Siamo certi che Cosmacini condivida l’opinione, espressa dal suo collega francese Jean-Charles Sournia, che «l’evoluzione della medicina resterà sempre il più bel successo dell'uomo nella lotta contro la propria irrisoria condizione»; l’ampia ed esauriente ricognizione di Co- smacini attraverso i secoli fornisce del resto numerose evidenze a supporto di quella tesi. Ma tutti i conti non tornano: e lo storico non manca di segnalare i “peccati” della medicina odierna: gli intenti autocelebrativi, la concezione ingenuamente cumulativa del progresso tecnico-scientifico, la scarsa propensione alla formazione di medici dotati di autocritica e di consapevolezza epistemologica. Cosmacini ricostruisce la realtà sanitaria del Paese come un tutto, solido, formato dall’intersezione di tre piani ortogonali logici - epidemiolo- gico, socio-antropologico, tecnologico - nel quale inserisce la freccia del tempo. Tre piani o dimensioni spaziali per una quarta dimensione, temporale, storica. Così, nel primo piano l’autore sistema le malattie del passato remoto e prossimo - la peste anzitutto, con la quale inizia la trattazione, ma anche lebbra, sifilide, tifo petecchiale, vaiolo, colera e così via. Nel secondo piano colloca le strutture organizzative - università, collegi, ospedali, magistrature di sanità, accademie, cliniche, congressi, centri di potere amministrativo e politico - attraverso cui, osserva, «si LA STORIA E LA CRONACA La Puglia della malaria e del colera Malaria e colera. Nella ricostruzioquestione nazionale, come banco di ne storica di Giorgio Cosmacini sono prova dell’impegno politico per riscatle calamità che affliggono la gente di tare il Mezzogiorno dalle sue molte Puglia. Più della stessa peste, alla quaarretratezze. Il quadro della situaziole pure l’autore della Storia della mene malarica dipinto da Giuseppe Trodicina e della sanità in Italia dedica peano nel 1921 è eloquente: «La pamolte pagine, già dal Trecento è l’inrola Puglia, in provincia di Bari, signifezione malarica che distrugge verafica senzìaltro terra di malaria; ma la mente e definitivamente città e cammalattia è ancor più diffusa e radicapagna in talune regioni della penisota in provincia di Foggia, che dà un’inla. Nel mondo occidentale, del resto, tensità malarica del cento per cento». la malaria è stata una malattia italiaLa Puglia torna purtroppo protagona; e uno degli scienziati italiani che nista della Storia di Cosmacini nel Giorgio Cosmacini hanno fornito un contributo determi1973, anno del ritorno del colera in nante alla lotta contro il male, AngeItalia. Partito dieci anni prima dall’Inlo Celli, ha scritto che uno dei suoi maestri - il meri- donesia e dal subcontinente indiano, il vibrione del dionalista Giustino Fortunato - soleva ammonire che colera approda alla fine d’agosto a Bari, a Napoli, in «la storia dell’Italia meridionale fu e sarà la storia del- Sardegna. E non per caso: nel 1970 una pubblicaziola malaria». Nella mentalità e nella vita quotidiana ne dell’Oms ricordava che il colera si estende princidel contadino, annota Cosmacini, la malaria resta palmente nei Paesi insufficientemente dotati di serviuna presenza di lunga durata se non addirittura ineli- zi sanitari e nei quali il livello di bonificazione amminabile, nonostante l’arrivo del chinino nel 1900. bientale e dell’igiene personale è debole. E avvertiva: Ancora nel 1908, infatti, Fortunato così riporta il pa- il morbo non può essere eliminato senza un migliorarere del contadino meridionale: «Passa il terremoto, mento del livello di vita generale della popolazione. passa la peste, ma la malaria non passa». Nei primi Oggi sembra ormai solo un brutto ricordo. decenni del XX secolo, il problema è sentito come E. A. è esercitata nei secoli la difesa socio-istituzionale e socio-professionale della salute, o si sono messe a punto la strategia e la tattica per controllare le devianze morbose, o si è elaborato il rapporto interumano (medico/paziente) tra chi gestisce questa tattica o strategia e chi ne fruisce». Nel terzo piano stanno infine le operazioni tecniche e scientifiche. Cosmacini tesse la trama del suo affresco storico intrecciando con sapienza i tre bandoli inizialmente offerti al lettore. Che siano previste ulteriori, future integrazioni della Storia lo dimostra la «non conclusione» che chiude il libro: lo sguardo attento e critico di Cosmacini continuerà dunque a seguire l’evoluzione storica di una medicina in crisi, che sperimenta il cosiddetto “fallimento da successo”: cioè il fatto che, pur migliorando lo stato di salute della popolazione misurato in termini oggettivi, parallelamente peggiora la percezione soggettiva del benessere da parte dei fruitori. «L’uscita dalla crisi - avverte lo storico della medicina - è solo quella di una medicina possibile (contrapposta a quella impossibile del titolo di un saggio di Daniel Callahan, ndr) con riappropriazione da parte dei medici di un ruolo originario e statutario che fa di essi i punti di forza e di resistenza di tutto il sistema». Una resistenza morale che non ceda al mercato ed alla degenerazione mercantile della professione e che non venga meno a se stessa. La cultura della salute, conclude Cosmacini, va coniugata consapevolmente e responsabilmente alla cultura dell’uomo che vive e che muore: «non dobbiamo tendere - raccomanda - ad un aumento smisurato della longevità, all’immortalità fisica, ma ad un migliore equilibrio di fronte al nostro ambiente e ad un migliore andamento della nostra vita sociale». Non aveva del resto lo stesso medico-scrittore Cosmacini già sostenuto in un precedente saggio che la stessa qualità della vita sarebbe probabilmente migliore se fosse ancorata ai concetti e ai valori della perduta filosofia? Enzo Mansueto ASTERISCHI Da oggi a Bari una mostra su cinquant’anni di attività del maestro, dagli esordi baresi alle affermazioni in campo nazionale Un convegno internazionale di studio a Bari e Brindisi Mimmo Castellano, eclettico pioniere della grafica creativa Un’opera degli anni Settanta di Mimmo Castellano «Mimmo Castellano cinquant’anni di grafica e altri giochi» è un titolo che la dice lunga sul genere di eclettiche attività del maestro pugliese, nato a Gioia del Colle nel 1932, oriundo da ormai quarant’anni a Milano, secondo un destino condiviso da chiunque abbia voluto costruirsi una riconosciuta professionalità creativa a livello nazionale. Ma, come si vede dalla retrospettiva che celebra le tappe della gloriosa carriera, organizzata e promossa dalla Fidanzia Sistemi nelle sale del Castello Svevo di Bari (inaugurazione oggi alle h.18,00 alla presenza tra gli altri di Michele Mirabella), un piede in Puglia Castellano l’ha mantenuto perlomeno fino agli anni Settanta, quando rompe il sodalizio ventennale con la casa editrice Laterza, di cui aveva curato tutte le copertine tra il ’54 e il ’74. In mezzo c’è il lavoro per l’Ept e per il «Maggio di Bari» , la memorabile cover per la mostra «Aspetti dell’Informale» del ’71 e la lunga liason con la Fiera del Levante, per la quale disegna il logo (sostituito di recente) e progetta gli allestimenti in colla- fu delle avanguardie storiche, ha borazione con l’Italsider, l’Ina, concepito l’universo dei segni deLa Rai, il gruppo Eni. Al periodo stinato al mercato della comunicaappartengono anche pubblicazio- zione introducendo una geometrini, innovative nel loro genere, co- ca riduzione dei caratteri e dello me Moods(1959), manipolazioni spazio e ricorrendo ad una scansulla fotografia con bruciature e sione armonica dei tratti mai del processi di alterazione cromatica tutto “fredda”, perlopiù riscaldadell’immagine, Paese lucano, rea- ta da un richiamo al colore di gulizzato nel ’64 con Leonardo Sini- sto decisamente mediterraneo. Alla fine degli ansgalli, Noi vivi, ni Sessanta, l’apun saporoso e inprodo a Milano, consueto viaggio SEGNI RICONOSCIBILI a quel tempo, canei cimiteri di Pupitale un po’ di glia, e finanche Disegnò le copertine tutto, dell’arte un libricino di fotografie sui trulper Laterza e il marchio contemporanea come del design li, un tentativo di della Fiera del Levante o della moda ma sottrarre al topos soprattutto, si infolkloristico le artende, della grafichitetture della Valle d’Itria grazie ad uno sguar- ca, segna la sua definitiva consado minimalista concentrato solo crazione nazionale. su alcuni particolari decorativi. La mostra del Castello (realizDel resto, nel suo settore, a Ba- zata in collaborazione con la Sori Castellano è stato un pioniere, printendenza per i Beni Architetprima di lui infatti la grafica pub- tonici e per il Paesaggio della Publicitaria semplicemente non esi- glia, con il circolo «La Corte», steva. Fedele e al contempo auto- con l’AGI, Alliance Graphique Innomo seguace della lezione che ternationale e l’AIAP, Associazio- È tornato in questi giorni in libreria il Pinocchio di Carmelo Bene (2 cd + libretto, Luca Sossella Editore, Roma 2005, euro 20,00). Operazione meritoria, quella di Sossella, che dopo la leggendaria Lectura Dantis dell’81 dalla Torre degli Asinelli di Bologna, ci riconsegna fuor di vinile un altro capolavoro della discografia beniana. E in tempi di indifferenza e oblio istituzionale (che fine ha fatto la fondazione «L’Immemoriale di C.B.»? Che fine hanno fatto tutte le altre annunciate iniziative dei sedicenti sodali?), salvare il già noto e riproporlo su supporto adeguato a chi non ebbe la fortuna di vivere in tempo (ir)reale l’esperienza di quel Pinocchio, è davvero impresa degna di encomio. Speriamo presto di poter riavere e riascoltare agevolmente altri capolavori fonografici, come il Majakovskij o l’Adelchi. Come è noto, il lavoro su Pinocchio rappresenta, come quello su Amleto, un continuum di variazioni maniacali, un attraversamento infinito, nell’opera di Bene. Dal 1961, col primo adattamento scenico romano al Teatro Laboratorio, alla seconda edizione, nel 1966, al Teatro Centrale. Fu però la terza edizione, Pinocchio (storia di un burattino), che debuttò al Teatro Verdi di Pisa nel 1981, a imprimersi stabilmente nella nostra memoria, con una scenografia e delle maschere bellissime e inquietanti, le musiche di Gaetano Giani Luporini, i fregolismi dei due fratelli Mascherra e la voce di C.B. risuonante in tutti i personaggi, tranne la fatiCarmelo Bene na, affidata a Lydia Mancinelli. Il tutto in un play-back che toglieva di scena qualsiasi residua tentazione di un ministeriale teatrino della rappresentazione, dell’immedesimazione e, per assurdo, della finzione. Quel Pinocchio arrivò anche sul palco del Petruzzelli: un evento, come sempre. Un grande libro di legno squadernato in un buio palcoscenico claustrofobico e un’amplificazione possente che depensava il testo nel cuore di una Bari graziata. Oggi resta il disco, che fu uno stadio fondamentale nella costruzione di quel Pinocchio e comunque un autonomo momento del lavoro da Collodi. Nel 1998, Bene tornò sul luogo del delitto con una quarta edizione al Teatro dell’Angelo di Roma: Pinocchio, ovvero lo spettacolo della Provvidenza. Funerea resa dei conti con le rovine dell’equivoco fiabesco: «È un discorso sull’onnipotenza bambina. È lo spettacolo della provvidenza. In Pinocchio c’è la nostalgia di quanto non è mai stato», dichiarò Bene nel novembre di quell’anno. E adesso, sotto Natale, regaliamocelo come strenna quel “mai stato”, attorniati come siamo dalle ovvietà lobotomizzanti per l’essere diventati infine bambini “veri”, cittadini ben parlanti. ne italiana per la progettazione per la comunicazione visiva) parte dagli ultimi lavori di Castellano, «Frammenti di memoria», elaborazioni digitali di astratta rarefazione con qualche concessione alla figura, in cui riemerge l’antica passione per la pittura che, d’altronde, aveva caratterizzato il suo esordio nel mondo dei creativi: testimonianze di un amore sedimentato nel tempo e ora rivitalizzato dalle recenti tecnologie. Si prosegue con cinque pannelli esplicativi del progetto di segnaletica turistica realizzato per le Isole Eolie, un lavoro firmato alla fine degli anni Settanta, e si finisce nella ex cappella del Castello con un bilancio di tutta l’attività di grafico. Cinque grandi monitor mandano le schede riassuntive di un lavoro intenso svolto per enti e prestigiose aziende che ha abbracciato a tutto tondo corporate identity, architettura e archigrafica, poster, segnaletica e cartografia, editoria e design. Marilena Di Tursi I Santi venuti dal mare Si inaugura questa mattina (ore 10) nell’aula «Aldo Moro» della facoltà di Giurisprudenza dell’università di Bari, il Convegno internazionale di studio «I Santi venuti dal mare», che si concluderà il 17 dicembre con una sessione “in trasferta” a Brindisi. Attesi storici, storici dell’arte e antropologi da numerose università europee. Giovanna Carpagnano si occupa di tumori polmonari Premio Sapio a una barese Giovanna Elisana Carpagnano, barese e dottoranda di ricerca presso il dipartimento di Scienze mediche e del lavoro dell’Università di Foggia, sarà premiata oggi a Milano come una delle vincitrici del prestigioso Premio Sapio per la Ricerca Italiana, per un suo lavoro premiato sui fattori predittivi del tumore polmonare. Esce in Francia il libro sul sociologo dello studioso pugliese Nisio e Jean Carbonnier È stato pubblicato in Francia il volume di Francesco Saverio Nisio, docente all’università di Foggia, sul grande sociologo del diritto Jean Carbonnier. Jean Carbonnier. Regards sur le droit et le non droit è stato presentato nei giorni scorsi a Parigi in una tavola rotonda al ministero della Ricerca.