NUOVE NORME IMPIANTI
Decreto Ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37
Pagamenti P.A.
Decreto Ministeriale 18 gennaio 2008, n. 40
Credito imposta misure di sicurezza
Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 31 marzo 2008
Reverse charge edilizia
Estensione ai prefabbricati in calcestruzzo
Rendita catastale capannoni
Nuovi coefficienti
DURC
Circolare Casse Edili 21 marzo 2008
Autorità Vigilanza Lavori Pubblici
DUVRI e costi della sicurezza
Opere pubbliche eseguite da privati
Incarichi di collaudo
Consorzio stabili società ingegneria
IN QUESTO NUMERO SOMMARIO
SCADENZE FISCALI MAGGIO 2008........................................................................................ p.
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LE RECENSIONI DI LAVORI PUBBLICI........................................................................................
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AUTORITÀ LAVORI PUBBLICI – DUVRI E COSTI DELLA SICUREZZA..............................................
Determinazione dell’Autorità per la Vigilanza
sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture 5 marzo 2008, n. 3 ...............................
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AUTORITÀ LAVORI PUBBLICI – OPERE PUBBLICHE ESEGUITE DA PRIVATI ..................................
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Determinazione dell’Autorità per la Vigilanza
sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture 2 aprile 2008, n. 4.................................
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Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 4 marzo 2008, n. 76/E.............................................
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AUTORITÀ LAVORI PUBBLICI.
LEGITTIMI ANCHE QUELLI CON CONSORZIO STABILE SOCIETÀ INGEGNERIA ..............................
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Parere dell’Autorità per la Vigilanza
sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture 28 febbraio 2008, n. 64 ........................
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NORMATIVA NAZIONALE
PAGAMENTI P.A. – NUOVO REGOLAMENTO PER PAGAMENTI SUPERIORI A 10.000 EURO ............
Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 18 gennaio 2008, n. 40 ...................
REGOLAMENTO INSTALLAZIONE IMPIANTI NEGLI EDIFICI.
RISPOSTE DEL MINISTERO SU LOCAZIONI ................................................................................
Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 22 gennaio 2008, n. 37 .........................
NUOVI COEFFICIENTI – RENDITA CATASTALE CAPANNONI ........................................................
Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 10 marzo 2008 ................................
CIRCOLARE MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE.
VERIFICA STRAORDINARIA CERTIFICATI LAVORI ......................................................................
Circolare del Ministero delle Infrastrutture 28 febbraio 2008, n. 2169 ...............................
TELERISCALDAMENTO – AGEVOLAZIONI FISCALI SOLO PER GLI UTENTI UTILIZZATORI................
Circolare dell’Agenzia delle Entrate 7 marzo 2008, n. 17/E .................................................
RESISTENZA LA FUOCO PRODOTTI DA COSTRUZIONE.
LETTERA CIRCOLARE DI CHIARIMENTI .....................................................................................
Lettera Circolare del Ministero dell’Interno 28 marzo 2008, prot. n. P414/4122 sott. 55 ...
MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE – STABILIZZAZIONE CO.CO.CO. ............
Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 31 marzo 2008, n. 8 ...........
ANTINCENDIO – RESISTENZA AL FUOCO DI PARETI PORTANTI IN MURATURA ...........................
Circolare del Ministero dell’Interno 15 febbraio 2008, prot. 1968.......................................
CREDITO D’IMPOSTA PER LE MISURE DI SICUREZZA.
PROVVEDIMENTO AGENZIA DELLE ENTRATE ............................................................................
Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 31 marzo 2008, prot. n. 46245/2008.................
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISOLUZIONE ART. 19, D.P.R. N. 633/1972 .......................................
Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 15 febbraio 2008, n. 48 ..........................................
REVERSE CHARGE EDILIZIA.
INVERSIONE CONTABILE ESTESA AI PREFABBRICATI IN CALCESTRUZZO ...................................
4 LAVORI PUBBLICI
325
2008
SOMMARIO
AUTORITÀ LAVORI PUBBLICI – INCARICHI DI COLLAUDO .......................................................... p.
379
Parere dell’Autorità per la Vigilanza
sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture 28 febbraio 2008, n. 65 ........................
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CONSIGLIO DI STATO – VERIFICA DURC DEMANDATA AGLI ENTI PREVIDENZIALI........................
Decisione del Consiglio di Stato 23 gennaio, n. 147...........................................................
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CONSIGLIO DI STATO – COMPUTABILITÀ VOLUMETRIE FABBRICATI...........................................
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Testo Casse Edili 21 marzo 2008 .........................................................................................
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TABELLE INDICI ISTAT INTERESSI E TASSI .............................................................................
Tabella 00.01 Interessi di mora per ritardato pagamento parcelle....................................
Tabella 00.02 Rivalutazione crediti professionali...............................................................
Tabella 00.03 Rivalutazione crediti professionali...............................................................
Tabella 00.04 Tasso dell’interesse legale...........................................................................
Tabella 00.05 Adeguamento tariffe prestazioni urbanistiche ............................................
Tabella 00.06 Prime rate Associazione Bancaria Italiana (ABI) ..........................................
Tabella 00.07 Interessi di mora per l’appalto di opere pubbliche .....................................
Tabella 00.08 Valore dell’euro per anni precedenti al 2005 ...............................................
Tabella 00.09 Soglie comunitarie.......................................................................................
Tabella 00.10 Soglie WTO-GPA..........................................................................................
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TABELLE INDICI ISTAT COSTI DI COSTRUZIONE ......................................................................
Tabella 01.01 Costo di costruzione edifici di civile abitazione ..........................................
Tabella 01.02 Indice costo costruzioni residenziali (a base variabile)................................
Tabella 01.03 Indice costo costruzioni residenziali (raccordati a base 1970 = 100).........
Tabella 01.04 Indice costo costruzioni capannone (uso industriale) .................................
Tabella 01.05 Costo unitario di costruzione
per il calcolo del contributo nella concessione edilizia ...............................
Tabella 01.06 I.V.A. edilizia per concessioni e servizi ........................................................
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TABELLE INDICI ISTAT EQUO CANONE ..................................................................................
Tabella 02.01 Locazione immobili urbani ad uso diverso ..................................................
Tabella 02.02 Immobili urbani – Indici annuali ISTAT.........................................................
Tabella 02.03 Immobili urbani – Indici annuali ISTAT al 75%.............................................
Tabella 02.04 Riepilogo costo base di produzione 1975-1995..........................................
Tabella 02.05 Locazione immobili urbani (abitazioni ultimate entro il 1975) .....................
Tabella 02.06 Locazione immobili urbani (abitazioni ultimate dopo il 1975) .....................
Tabella 02.07 Locazione immobili urbani (canone annuo al metro quadrato) ...................
Tabella coefficienti di degrado per vetustà..........................................................................
Calcolo del canone aggiornato di un appartamento costruito sino all’anno 1975..............
Calcolo del canone aggiornato di un appartamento costruito nel 1987 .............................
Tabella 02.08 Immobili ad uso diverso – Indici biennali ISTAT ..........................................
Tabella 02.09 Immobili ad uso diverso – Indici biennali ISTAT al 75% ..............................
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TABELLE INDICI ISTAT TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO .......................................................
Tabella 03.01 Trattamento di fine rapporto........................................................................
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Decisione del Consiglio di Stato 29 gennaio 2008, n. 271..................................................
IMPRESE ILLEGITTIMAMENTE ESCLUSE.
RISARCIMENTO DEL DANNO NELLA SENTENZA C.D.S. ..............................................................
Sentenza del Consiglio di Stato 25 gennaio 2008, n. 213 ...................................................
CASSE EDILI E DURC.
NUOVA CIRCOLARE SUL DOCUMENTO UNICO DI REGOLARITÀ CONTRIBUTIVA ...........................
326
LAVORI PUBBLICI 4
2008
SCADENZE FISCALI MAGGIO 2008
Si ricorda che quando i termini di pagamento cadono di sabato o di giorno
festivo, il pagamento è considerato tempestivo anche se effettuato il primo giorno lavorativo successivo (articolo 6, comma 8 del D.L. n. 330/1994
convertito con Legge n. 473/1994 e articolo 18 del D.Lgs. n. 241/1997.
15 MAGGIO 2008
Giovedi
IVA – Annotazioni delle operazioni dei contribuenti minori e forfettari
Scade il termine relativo all’annotazione per aliquote delle operazioni del
mese precedente, comprese quelle non rilevanti ai fini IVA. Quanto alle
modalità di annotazione, essa può eseguirsi nei registri IVA od in quello dei
corrispettivi (purché ci sia la certificazione dello scontrino o della ricevuta
fiscale), ovvero nei prospetti che hanno ricevuto approvazione con i decreti ministeriali 11 febbraio 1997 e 12 febbraio 1997, tenuto a norma dell’articolo 39 del D.P.R. n. 633/1972.
Emissione fatture differite
I soggetti IVA entro oggi devono emettere ed annotare sul registro delle
vendite e dei corrispettivi, le fatture differite relative a beni consegnati o
spediti nel mese precedente e risultanti da documenti di accompagnamento, facendo riferimento al mese di consegna o di spedizione dei beni.
IVA e Ritenute di Acconto – Ravvedimento operoso
Regolarizzare gli adempimenti del mese precedente omessi o eseguiti in
maniera non regolare.
Il versamento da effettuare è pari a 1/8 del minimo al quale occorre aggiungere la sanzione in misura ridotta e gli interessi legali maturati alla data in
cui si effettua il pagamento.
16 MAGGIO 2008
Venerdi
Tassa bollatura libri e registri contabili con modello F24
Pagamento della tassa annuale per la numerazione e la bollatura dei libri e
dei registri delle società di capitali.
Versamento su modello di Pagamento Unificato F24
Entro oggi vanno effettuati i seguenti adempimenti:
– Versamento ritenute alla fonte su redditi di lavoro dipendente ed assimilati corrisposti nel mese precedente;
– Compensazione del credito per nuove assunzioni;
– Versamento della rata dell’addizionale regionale e comunale all’IRPEF
trattenuta ai lavoratori dipendenti e pensionati sulle competenze del
mese precedente;
– INPS gestione separata, contributi 10% o 13% per i committenti sulle
collaborazioni coordinate e continuative, per i pagamenti effettuati nel
mese precedente;
– Versamenti IVA mensili relativi alle operazioni del mese precedente, la
cui consegna di riferimento risulti da un DDT o da altro documento idoneo a identificare i soggetti fra i quali si effettua l’operazione;
– Imposte sui redditi – ritenute alla fonte del mese precedente sui redditi
di lavoro dipendente e assimilati, sui compensi di lavoro autonomo, sui
redditi di capitale;
– IRPEF dipendenti per i non titolari di partita IVA;
– Contributi INPS per datori di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti nel
mese precedente;
– INPS gestione separata, contributi 10% o 14% (per i collaboratori non
iscritti ad altre forme pensionistiche obbligatorie) per i committenti sulle collaborazioni coordinate e continuative, per i pagamenti effettuati
nel mese precedente;
4 LAVORI PUBBLICI
327
2008
SCADENZE FISCALI
–
Deposito a garanzia di finanziamenti. L’imposta da versare è pari al 20%
sui proventi che derivano dai depositi di denaro o di titoli.
Il versamento va effettuato presso Banche, Poste o Concessionari.
30 MAGGIO 2008
Venerdi
Versamento imposta – Imposta di Registro
Scade il termine per il versamento relativo ai contratti di locazione ed affitto di beni immobili.
Il versamento è relativo a cessioni, risoluzioni e proroghe con effetto dal
primo del mese in corso.
Entro oggi il contratto deve essere presentato all’Ufficio del Registro unitamente all’attestato di pagamento.
IVA – Schede carburante
Entro oggi, i soggetti che usano i mezzi di trasporto nell’esercizio di impresa, arte o professione devono rilevare il numero complessivo dei chilometri nelle scede carburanti.
INPS – Denuncia DM10
Entro oggi deve essere effettuato l’invio telematico del DM10 relativo alle
retribuzioni del mese precedente.
328
LAVORI PUBBLICI 4
2008
LE RECENSIONI DI LAVORI PUBBLICI Roberto Angioni – Davide Crovetti
LA SICUREZZA NELLE COPERTURE
GUIDA ALLA PROGETTAZIONE DI SISTEMI ANTICADUTA
Il volume si pone l’obiettivo di costituire un valido supporto ai professionisti, all’imprese, nonché ai committenti ed installatori, per progettare e realizzare coperture accessibili in sicurezza per l’esecuzione dei
successivi lavori di manutenzione. Alcune delle recenti normative
emanate dagli Enti locali impongono, pena la decadenza della concessione edilizia, di individuare ed adottare i dispositivi permanenti
per l’accesso e il transito in sicurezza delle coperture. Necessità comunque già indotta dalla previgente normativa e derivante anche dall’elaborazione del “fascicolo delle informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione” previsto dal D.Lgs. n. 494/1996, per la richiesta individuazione delle predisposizioni per la riduzione dei rischi per i
successivi interventi all’immobile. I criteri di progettazione, il confronto normativo, la corretta applicazione delle norme UNI, delle Linee
Guida della Ispesl, lo stato dell’arte dei sistemi anticaduta in commercio, gli esempi pratici sono gli elementi oggetto dell’opera nata dall’osmosi delle diverse esperienze degli autori. Gli “addetti ai lavori” possono trovare una raccolta normativa specifica, utili indicazioni per progettare e realizzare coperture che non siano solo l’elemento strutturale di chiusura superiore del volume edificato, ma un luogo sicuro per
il lavoro periodico di muratori, antennisti, idraulici.
Il CD-ROM allegato riporta modulistica, normativa, esempi e video.
GRAFILL Editoria tecnica Palermo, 2008
Formato 17 x 24, p. 224
ISBN 978-88-8207-274-2
Prezzo Euro 30,00
CD-ROM INCLUSO
Claudio Ciavattini
APERTURA VANI IN PARETI PORTANTI IN ZONA SISMICA
PROGETTO DEGLI INTERVENTI DI RINFORZO E CONSOLIDAMENTO
Il volume è rivolto ai tecnici progettisti che si occupano di interventi
sul patrimonio edilizio esistente. Si tratta del problema che nasce in
occasione di progetti di ristrutturazione o di riorganizzazioni funzionali di edifici in muratura, che prevedono una diversa distribuzione interna degli ambienti con conseguente modifica delle aperture interne
e/o esterne nei muri portanti. L’indebolimento causato alla struttura
da queste nuove aperture deve essere colmato attraverso la progettazione di adeguate opere di rinforzo e/o consolidamento delle strutture stesse in modo da ripristinare le condizioni iniziali ante intervento. Si impone quindi una valutazione analitica che dimostri, nel caso
del miglioramento sismico, un aumento del coefficiente di sicurezza,
in particolare nei confronti delle azioni orizzontali; ciò non si ottiene
sempre perseguendo il fine del massimo rinforzo. Infatti, un eccessivo aumento della rigidezza di alcune pareti rispetto ad altre, può provocare, in maniera sostanziale, una variazione del comportamento
globale del piano e quindi dell’edificio, con conseguente nascita di
azioni impreviste. Il testo, nel quale vengono presi a riferimento i contenuti delle recenti norme in materia (O.P.C.M. n. 3274/2003 fino al
D.M. 14 gennaio 2008), si propone quindi come una guida operativa
per i progettisti e il software allegato consente di accedere alle seguenti utility: esempio di relazione illustrativa sulle metodologie di
calcolo e di verifica adottate; foglio di calcolo per la verifica di aperture in pareti portanti; esempio numerico di calcolo.
4 LAVORI PUBBLICI
GRAFILL Editoria tecnica Palermo, 2008
Formato 17 x 24, p. 128
ISBN 978-88-8207-276-6
Prezzo Euro 25,00
CD-ROM INCLUSO
329
2008
LE RECENSIONI DI LAVORI PUBBLICI
Mauro Cappello
EFFICIENZA ENERGETICA DEGLI EDIFICI
GUIDA AGLI INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA
PER ACCEDERE ALLE DETRAZIONI FISCALI
GRAFILL Editoria tecnica
Palermo, 2008
Formato 17 x 24, pp. 256
ISBN 978-88-8207-264-3
Prezzo Euro 35,00
CD-ROM INCLUSO
È una valida guida agli interventi di riqualificazione energetica ai sensi
del decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311 e aggiornata alla
Legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Finanziaria 2008). L’autore, partendo
dall’analisi delle nuove competenze dello Stato e delle Regioni definite dalla Legge Costituzionale n. 3/2001, richiama la complessa evoluzione che ha caratterizzato la normativa energetica a partire dalla prima metà degli anni ’70, illustrando l’origine di alcune definizioni ancora di uso corrente, come la nozione di gradi giorno, di fattore di forma
S/V e quella relativa alla classificazione degli edifici. Un capitolo è dedicato alla disciplina del d.P.R. n. 380/2001 dove sono richiamati i principali concetti alla base dell’attività edilizia. La guida introduce in modo estremamente semplice il tecnico nel mondo della Fisica Tecnica
cui l’autore ha dedicato un capitolo. I concetti di gradi giorno, di classificazione di un edificio, di fattore di forma S/V sono illustrati con
esempi di calcolo relativi ad una villetta quadrifamiliare. La procedura
per la determinazione del fabbisogno energetico di un edificio viene
prima illustrata graficamente con uno schema a blocchi, quindi attuata con un esempio numerico. Il testo è, inoltre, corredato da una attenta trattazione delle nuove norme per le agevolazioni fiscali previste
dalla Legge Finanziaria 2008 in tema di efficienza energetica.
Il CD-ROM allegato consente l’installazione di un software per la gestione di una banca dati della normativa riportata nel volume.
Stefano Cascio
CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI
SOFTWARE DI CALCOLO DELLE DISPERSIONI TERMICHE E CERTIFICAZIONE
ENERGETICA AI SENSI DEL D.LGS. N. 192/2005 E N. 311/2006
GRAFILL Editoria tecnica
Palermo, 2007
Formato 17 x 24, pp. 288
ISBN 978-88-8207-253-7
Prezzo Euro 49,00
CD-ROM INCLUSO
330
Il volume affronta il tema della certificazione energetica degli edifici,
evidenziando i requisiti energetici, unitamente agli indici di prestazione per la climatizzazione invernale alla luce della normativa vigente in
materia, quali le norme UNI, unitamente al D.Lgs. n. 311/2006 ed al
Decreto Ministeriale 19 febbraio 2007.
Il CD-ROM allegato installa CERPREN software che consente: il calcolo della trasmittanza delle strutture e dei ponti termici e dei componenti finestrati; il calcolo della trasmittanza dei pavimenti su terreno;
la verifica termoigrometrica; il calcolo del fabbisogno di potenza dei
singoli locali; il calcolo del fabbisogno annuo di energia utile; la definizione delle caratteristiche dell’impianto termico; il calcolo rendimenti, con emissione, regolazione, distribuzione e produzione, nonché il calcolo del fabbisogno di energia primaria del sistema edificio
impianto; il calcolo dell’indice di prestazione energetica, con la verifica della trasmittanza, dell’indice di prestazione energetica e del rendimento globale medio stagionale.
Nel software sono presenti archivi dei materiali da costruzione, delle
strutture opache, delle finestre e degli infissi, dei ponti termici, delle
caldaie, della trasmittanza limite secondo normativa e dell’indice prestazione energetica, unitamente all’archivio dei dati climatici per le diverse località.
LAVORI PUBBLICI 4
2008
NORMATIVA NAZIONALE PAGAMENTI P.A. – NUOVO REGOLAMENTO PER PAGAMENTI SUPERIORI A 10.000 EURO
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 63 del 14 marzo 2008 è stato pubblicato il Decreto del ministero dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, recante: “Modalità di attuazione dell’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni in materia di pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni”.
Successivamente al 29 marzo 2008 le PP.AA., prima di effettuare il pagamento di un importo superiore a 10.000 euro devono procedere alla verifica di eventuali inadempimenti del creditore, inoltrando
una apposita richiesta a Equitalia Servizi S.p.A. Il soggetto pubblico, dopo la registrazione sul portale
wwwv.acquistinretepa.it, deve comunicare il codice fiscale dell’operatore incaricato di procedere al servizio di verifica, nonché l’indirizzo di posta elettronica cui ricevere le segnalazioni. Successivamente alla
procedura di registrazione Equitalia Servizi S.p.A. assegna all’operatore il codice utenza, che, unitamente alla parola chiave scelta dall’operatore stesso, abilita ad accedere al servizio di verifica, sempre attraverso il portale wwwv.acquistinretepa.it. Per effettuare la verifica l’operatore deve inserire il codice fiscale del beneficiario, l’importo da corrispondere ed il numero identificativo del pagamento da effettuare.
Equitalia Servizi S.p.A. comunicherà l’eventuale ammontare del debito del beneficiario per cui si è verificato l’inadempimento, comprensivo delle spese esecutive e degli interessi di mora dovuti.
Il soggetto pubblico non procede al pagamento delle somme dovute al beneficiario fino alla concorrenza dell’ammontare del debito comunicato per i trenta giorni successivi a quello della comunicazione.
Se durante la sospensione e prima della notifica dell’ordine di versamento di cui all’articolo 72-bis
del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 intervengono pagamenti da parte del beneficiario o provvedimenti dell’ente creditore che fanno venir meno l’inadempimento o ne riducono l’ammontare, Equitalia Servizi S.p.A. lo comunica prontamente al soggetto pubblico, indicando l’importo del
pagamento che quest’ultimo può conseguentemente effettuare a favore del beneficiario. Decorso il termine senza che il competente agente della riscossione abbia notificato, ai sensi dell’articolo 72-bis del
citato D.P.R. n. 602/1973, l’ordine di versamento di somme per l’importo dovuto, il soggetto pubblico
procede al pagamento delle somme spettanti al beneficiario.
Dal Regolamento in oggetto della presente sono escluse le società a prevalente partecipazione pubblica per le quali sarà adottata una disciplina diversa con successivo regolamento.
A seguito del provvedimento che nasce dall’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 introdotto dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286 facente parte del pacchetto di misure varate con la Finanziaria 2007, il Ministero dell’economia e delle finanze aveva pubblicato la circolare 6 agosto 2007,
n. 28 in cui era precisato che non vi erano dubbi sulla immediata applicabilità delle disposizioni di cui all’articolo 48-bis del D.P.R. n. 602/1973, che erano ritenute pienamente efficaci anche in assenza del regolamento. Avevano fatto seguito la circolare 4 settembre 2007, n. 29 della Ragioneria dello Stato nella
quale veniva precisato che he le PP.AA., prima di effettuare pagamenti superiori a 10.000 euro, dovevano limitarsi a chiedere una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e successivamente la direttiva del
soggetto riscossore nazionale (Equitalia) prot. DRI/AC/2007/010 dello scorso 12 settembre cui veniva allegato un modello di autocertificazione.
La circolare 6 agosto 2007, n. 28 è stata definitivamente sospesa, di fatto dall’articolo 19 del decretolegge 1 ottobre 2007, n. 159.
DECRETO DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 18 GENNAIO 2008, N. 40
Modalità di attuazione dell’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni in materia di pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni.
[G.U.R.I. 14-03-2008, N. 63]
IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
Visto l’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni in materia di adempimenti che le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica
effettuano prima di eseguire pagamenti di qualsiasi natura, introdotto dall’articolo 2, comma 9, del decreto-legge 3
ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286;
4 LAVORI PUBBLICI
331
2008
NORMATIVA NAZIONALE
Visto, in particolare, il comma 2 del citato articolo 48, il quale prevede che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 del predetto articolo 48;
Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante disposizioni in materia di decreti ministeriali aventi natura regolamentare;
Visto l’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante la ricognizione degli enti ricompresi nella nozione di pubblica amministrazione;
Visto l’articolo 3, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, recante misure di contrasto all’evasione fiscale
e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005,
n. 248, che dispone che le funzioni relative alla riscossione nazionale sono attribuite all’Agenzia delle entrate che le
esercita mediante la Riscossione S.p.A., ora Equitalia S.p.A.;
Rilevato che Equitalia Servizi S.p.A., società controllata da Equitalia S.p.A., gestisce le attività informatiche condivise tra gli agenti della riscossione;
Visto il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il codice dell’amministrazione digitale;
Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il codice in materia di protezione dei dati personali;
Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali ai sensi dell’articolo 154, comma 4, del decreto legislativo n. 196 del 2003, espresso nell’adunanza del 25 luglio 2007;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso nell’adunanza della sezione consultiva per gli atti normativi del
22 ottobre 2007;
Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, a norma dell’articolo 17, comma 3 della citata
Legge n. 400 del 1988 effettuata con nota n. 3-19462, in data 4 dicembre 2007;
Adotta
il seguente regolamento:
Art. 1
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento, si intendono per:
a) «soggetti pubblici»: le Amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e le società a totale partecipazione pubblica;
b) «beneficiario»: il destinatario di un pagamento, a qualunque titolo, di una somma superiore a
10.000 euro da effettuarsi da parte dei soggetti pubblici;
c) «agenti della riscossione»: Equitalia S.p.A. e le società dalla stessa partecipate, ai sensi dell’articolo 3, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 2 dicembre 2005, n. 248;
d) «sistema informativo»: l’insieme delle informazioni relative ai beneficiari che risultano inadempienti, contenute nelle banche dati condivise tra gli agenti della riscossione, con gestione delle
attività informatiche da parte di Equitalia Servizi S.p.A., e delle procedure di interrogazione di tali banche dati e di comunicazione delle relative informazioni;
e) «inadempimento»: il mancato assolvimento da parte del beneficiario, nel termine di sessanta
giorni previsto dall’articolo 25, comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973, dell’obbligo di versamento
di un ammontare complessivo pari almeno a 10.000 euro, derivante dalla notifica di una o più
cartelle di pagamento, relative a ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1°
gennaio 2000, ai sensi degli articoli 12 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, attuato con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 3 settembre 1999, n. 321;
f) «verifica»: il controllo che i soggetti pubblici devono effettuare, ai sensi dell’articolo 48, comma
1, del D.P.R. n. 602 del 1973, prima di effettuare il pagamento, per accertare se sussiste un inadempimento da parte del beneficiario;
g) «operatore»: la persona fisica incaricata dal soggetto pubblico di effettuare la verifica;
h) «comunicazione»: la risposta con la quale Equitalia Servizi S.p.A. informa che non risulta ovvero
risulta un inadempimento da parte del beneficiario, in quest’ultimo caso con la completa indicazione di quanto previsto dall’articolo 3, comma 2.
Art. 2
Procedura di verifica
1. I soggetti pubblici, prima di effettuare il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, procedono alla verifica inoltrando, secondo le modalità di cui all’articolo 4, apposita richiesta a Equitalia
Servizi S.p.A.
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NORMATIVA NAZIONALE
2. Equitalia Servizi S.p.A. controlla, avvalendosi del sistema informativo, se risulta un inadempimento a carico del beneficiario e ne dà comunicazione al soggetto pubblico richiedente entro i cinque giorni feriali successivi alla ricezione della richiesta di cui al comma 1.
Art. 3
Effetti della verifica
1. Se Equitalia Servizi S.p.A. risponde alla richiesta di cui all’articolo 2 comunicando che non risulta
un inadempimento, ovvero se non fornisce alcuna risposta nel termine previsto dal medesimo articolo
2, il soggetto pubblico procede al pagamento a favore del beneficiario delle somme ad esso spettanti.
2. Se Equitalia Servizi S.p.A. comunica che risulta un inadempimento, la richiesta del soggetto pubblico costituisce segnalazione ai sensi del citato articolo 48, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973.
3. Nel caso previsto dal comma precedente la comunicazione di cui al comma 2 dell’articolo 2 contiene l’indicazione dell’ammontare del debito del beneficiario per cui si è verificato l’inadempimento,
comprensivo delle spese esecutive e degli interessi di mora dovuti. Con la stessa comunicazione, Equitalia Servizi S.p.A. preannuncia l’intenzione dell’agente della riscossione competente per territorio di
procedere alla notifica dell’ordine di versamento di cui all’articolo 72 del D.P.R. n. 602 del 1973.
4. Il soggetto pubblico non procede al pagamento delle somme dovute al beneficiario fino alla concorrenza dell’ammontare del debito comunicato ai sensi del comma 3 per i trenta giorni successivi a
quello della comunicazione. Qualora il pagamento sia relativo ai crediti di cui all’articolo 545, terzo comma, del codice di procedura civile, il soggetto pubblico sospende il pagamento nei limiti previsti dal
quarto comma del medesimo articolo 545 e di cui all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180.
5. Se durante la sospensione di cui al comma 4 e prima della notifica dell’ordine di versamento di
cui all’articolo 72 del D.P.R. n. 602 del 1973 intervengono pagamenti da parte del beneficiario o provvedimenti dell’ente creditore che fanno venir meno l’inadempimento o ne riducono l’ammontare, Equitalia
Servizi S.p.A. lo comunica prontamente al soggetto pubblico, indicando l’importo del pagamento che
quest’ultimo può conseguentemente effettuare a favore del beneficiario.
6. Decorso il termine di cui al comma 4 senza che il competente agente della riscossione abbia notificato, ai sensi dell’articolo 72 del citato D.P.R. n. 602 del 1973, l’ordine di versamento di somme per l’importo di cui al comma 3, il soggetto pubblico procede al pagamento delle somme spettanti al beneficiario.
Art. 4
Registrazione, abilitazione e scambio delle informazioni
1. Il soggetto pubblico comunica ad Equitalia Servizi S.p.A. la documentazione contenente i dati
anagrafici ed il codice fiscale dell’operatore incaricato di procedere al servizio di verifica, nonché l’indirizzo di posta elettronica cui ricevere le segnalazioni, al fine di consentire che quest’ultimo possa procedere alla propria registrazione.
2. Le modalità per eseguire la procedura di registrazione sono rese disponibili sul portale www.acquistinre tepa.it
3. A seguito della procedura di registrazione Equitalia Servizi S.p.A. assegna all’operatore il codice
utenza, che, unitamente alla parola chiave scelta dall’operatore stesso, abilita ad accedere al servizio di
verifica attraverso il portale wwwv.acquistinretepa.it
4. Per effettuare la verifica l’operatore inserisce il codice fiscale del beneficiario, l’importo da corrispondere ed il numero identificativo del pagamento da effettuare.
5. Equitalia Servizi S.p.A. effettua la comunicazione dei soli dati indicati all’articolo 3, comma 3, attraverso il sistema informativo.
6. Le modalità di abilitazione e scambio di informazioni e comunicazioni di cui al presente articolo
possono essere modificate con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Art. 5.
Trattamento e sicurezza dei dati
1. Il trattamento dei dati indicati all’articolo 4, comma 1, nonché di quelli indicati al comma 3 del presente articolo è riservato esclusivamente agli operatori abilitati, quali soggetti incaricati ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Titolari del trattamento, ai sensi dell’articolo 28
del citato decreto legislativo, sono i soggetti pubblici. Gli agenti della riscossione restano altresì titolari
4 LAVORI PUBBLICI
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NORMATIVA NAZIONALE
del trattamento dei dati inerenti agli inadempimenti. Responsabile del trattamento, ai sensi dell’articolo
29 dello stesso D.Lgs. n. 196 del 2003, è Equitalia Servizi S.p.A. Il trattamento è ammesso esclusivamente per le finalità di cui all’articolo 48 comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, secondo i principi di necessità, pertinenza e non eccedenza stabiliti dal D.Lgs. n. 196 del 2003.
2. La sicurezza nello scambio dei dati è garantita dall’utilizzo del protocollo crittografico SSL.
3. Ogni verifica effettuata è identificata da una stringa alfanumerica composta da anno e progressivo univoco fornita automaticamente dal sistema informativo, nonché dal numero identificativo del pagamento da effettuare fornito dall’operatore. Tale stringa, che non riporta i dati inerenti il contenuto della verifica, viene conservata da Equitalia Servizi S.p.A. secondo le norme di sicurezza prescritte dal titolo V del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 per un periodo di due anni.
4. Equitalia Servizi S.p.A. si impegna a verificare periodicamente che non vi siano stati accessi non
autorizzati all’elenco delle verifiche di cui al comma 3.
Art. 6
Rinvio
1. Con successivo regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze verrà dettata la disciplina
integrativa delle disposizioni del presente regolamento per consentire l’attuazione dell’articolo 48, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 anche nei confronti delle
società a prevalente partecipazione pubblica.
Il presente regolamento, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta Ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
REGOLAMENTO INSTALLAZIONE IMPIANTI NEGLI EDIFICI – RISPOSTE DEL MINISTERO SU LOCAZIONI
Il Ministero dello sviluppo economico ha diffuso alcune risposte ai “quesiti interpretativi” sulla sicurezza degli impianti formulati da Confedilizia in merito ai contratti di locazione con una nota, il cui contenuto è riportato di seguito.
«Si fa riferimento ai quesiti formulati da codesta spettabile Confederazione con nota n. 12108.08/gst/dg
in data 27 marzo 2008 e concernenti il decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37, di riordino della disciplina per la sicurezza degli impianti all’interno degli edifici.
Al riguardo, è possibile fornire una risposta rassicurante, tale da consentire un ripensamento della
scelta di dare indicazione negativa circa la stipula di nuovi contratti di locazione. Infatti, come già evidenziato nella nota interpretativa in data 26 marzo 2008, cui la nota in epigrafe si riferisce, il decreto in oggetto semplifica notevolmente le procedure e gli adempimenti formali, non solo in caso di compravendita ma anche in caso di locazione degli immobili, rendendo contemporaneamente più efficaci le norme
a tutela della sicurezza delle persone che vivono o lavorano all’interno degli edifici, anche mediante il
rafforzamento dell’attuale sistema sanzionatorio.
In particolare, ai quattro singoli quesiti interpretativi proposti si osserva quanto segue.
Quanto alla possibilità di non consegnare la dichiarazione di conformità al conduttore, si osserva che
il testo dell’articolo 13 esplicita la possibilità del venditore e del compratore di accordarsi al fine di derogare al previsto obbligo di consegna della dichiarazione di conformità.
Lo stesso articolo 13 quando prevede che la “stessa documentazione” “sia consegnata al locatore”,
evidentemente richiama non solo l’indicazione dei documenti da consegnare, ma anche la possibile deroga in esame. Il locatore e il locatario potranno pertanto accordarsi per evitare la consegna della dichiarazione di conformità, come già peraltro evidenziato nella predetta nota del 26 marzo 2008.
Quanto alla possibilità di non consegnare anche il progetto si osserva quanto segue: se da un lato il progetto (o l’elaborato tecnico per i nuovi impianti “sotto soglia”) costituisce parte integrante della dichiarazione
di conformità, d’altro lato la dichiarazione di conformità completa le indicazioni del progetto (che pure mantiene una sua autonoma rilevanza) mediante l’attestazione del suo rispetto nella realizzazione dell’impianto.
Ne consegue che, sotto il profilo della finalità di interesse generale concernente la pubblica incolumità, la consegna del progetto senza la certezza che esso corrisponda all’impianto non è utile. Alla luce
di quanto considerato si ritiene che il tenore letterale della norma consenta di intendere che la prevista
deroga alla consegna di documenti possa estendersi al progetto.
Quanto all’individuazione degli impianti che necessitano di collaudo e ai rapporti fra collaudo e dichiarazione di conformità si osserva che esiste una profonda differenza tra lo specifico collaudo, specifi334
LAVORI PUBBLICI 4
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NORMATIVA NAZIONALE
ca verifica normativamente prevista solo per alcuni impianti, e la dichiarazione di conformità, resa dall’installatore circa la rispondenza di quanto realizzato alle norme di sicurezza applicabili.
In alcuni casi, la dichiarazione di conformità vale non come collaudo, ma come omologazione (cioè
prima verifica) degli impianti, così come accade per i dispositivi di messa a terra e di protezione contro
le scariche atmosferiche (D.P.R. n. 462/2001).
Fatte salve le normative più rigorose riferite a specifiche attività industriali “a rischio” (legge “Seveso”, impianti nucleari…) ben note agli operatori del settore, attualmente non si rinvengono impianti negli edifici di civile abitazione sottoposti a collaudo.
Alcuni impianti condominiali oggi sottoposti a marcatura CE, dovevano in precedenza essere collaudati e quindi devono essere tuttora accompagnati dal certificato di collaudo a suo tempo rilasciato.
In particolare:
– gli impianti di ascensore in servizio privato venivano collaudati dall’Enpi prima e Ispesl dopo, fino all’entrata in vigore del D.P.R. n. 162/1999 di attuazione della direttiva 95/16/CE entrato in vigore il 25 giugno 1999;
– le caldaie condominiali cioè di potenza superiore a circa 35kW, dovevano essere collaudate dall’Ancc e successivamente dall’Ispesl, fino al D.Lgs. n. 93/2000, di attuazione della direttiva
97/23/CE, entrato in vigore il 19 aprile 2000.
Quanto ai casi per i quali è obbligatoria la tenuta del libretto d’uso e di manutenzione dell’impianto si
individuano i seguenti casi:
– per gli appartamenti di civile abitazione, come già detto nella nota del 26 marzo u.s., solo l’eventuale impianto di riscaldamento autonomo;
– per tutti gli edifici di civile abitazione (impianti condominiali): il libretto dell’ impianto di riscaldamento centralizzato e il libretto dell’ascensore, ove tali impianti siano presenti;
– per gli edifici adibiti a uso diverso (commerciale o industriale): oltre agli impianti sopra indicati,
la documentazione relativa a ogni ulteriore impianto presente (cabina di trasformazione elettrica,
gruppo elettrogeno, impianto di condizionamento e aerazione, scale mobili e altri impianti, secondo la disciplina del D.P.R. n. 547/1955 e del D.P.R. n. 626/1994 e successive modifiche e integrazioni, ben nota agli operatori del settore).».
Fonte: www.sviluppoeconomico.gov.it
DECRETO DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO 22 GENNAIO 2008, N. 37
Regolamento concernente l’attuazione dell’articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a) della Legge n. 248 del 2 dicembre 2005, recante riordino delle disposizioni in materia di attività di
installazione degli impianti all’interno degli edifici.
[G.U.R.I. 12-03-2008, N. 61]
IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
di concerto con
IL MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Visto l’articolo 87, comma quinto, della Costituzione;
Visto l’articolo 11-quaterdecies, comma 13, lettera a), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito
in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, della legge 2 dicembre 2005, n. 248, recante misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria;
Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visti gli articoli 8, 14 e 16 della legge 5 marzo 1990, n. 46, recante norme per la sicurezza degli impianti; Visto
il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 392, recante il Regolamento recante disciplina del procedimento di riconoscimento delle imprese ai fini della installazione, ampliamento e trasformazione degli impianti
nel rispetto delle norme di sicurezza;
Vista la legge 5 gennaio 1996, n. 25, recante differimento di termini previsti da disposizioni legislative nel settore delle attività produttive ed altre disposizioni urgenti in materia e successive modificazioni;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 14 dicembre 1999, n. 558, recante il regolamento recante norme per la semplificazione della disciplina in materia di registro delle imprese, nonché per la semplificazione dei
procedimenti relativi alla denuncia di inizio di attività e per la domanda di iscrizione all’albo delle imprese artigiane
o al registro delle imprese per particolari categorie di attività soggette alla verifica di determinati requisiti tecnici;
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Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, recante il regolamento recante norme
per l’attuazione della direttiva 95/16/CE sugli ascensori e di semplificazione dei procedimenti per la concessione
del nulla osta per ascensori e montacarichi, nonché della relativa licenza di esercizio e successive modificazioni;
Visto l’articolo 1-quater del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, convertito in legge, con modificazioni, dalla
legge 12 luglio 2006, n. 228, recante proroga di termini per l’emanazione di atti di natura regolamentare.
Visto l’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse), convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2007, n. 17;
Udito il parere del Consiglio di Stato, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, espresso nell’adunanza generale del 7 maggio 2007, n. 159/2007;
Vista la comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, a norma dell’articolo 17 della Legge n. 400 del
1998, effettuata con nota n. 0018603-17.8.2/1 del 16 novembre 2007;
Adotta
il seguente regolamento:
Art. 1
Ambito di applicazione
1. Il presente decreto si applica agli impianti posti al servizio degli edifici, indipendentemente dalla
destinazione d’uso, collocati all’interno degli stessi o delle relative pertinenze. Se l’impianto è connesso
a reti di distribuzione si applica a partire dal punto di consegna della fornitura.
2. Gli impianti di cui al comma 1 sono classificati come segue:
a) impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, nonché gli impianti per l’automazione
di porte, cancelli e barriere;
b) impianti radiotelevisivi, le antenne e gli impianti elettronici in genere;
c) impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi
natura o specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali;
d) impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie;
e) impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei locali;
f) impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale
mobili e simili;
g) impianti di protezione antincendio.
3. Gli impianti o parti di impianto che sono soggetti a requisiti di sicurezza prescritti in attuazione
della normativa comunitaria, ovvero di normativa specifica, non sono disciplinati, per tali aspetti, dalle
disposizioni del presente decreto.
Art. 2
Definizioni relative agli impianti
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) punto di consegna delle forniture: il punto in cui l’azienda fornitrice o distributrice rende disponibile all’utente l’energia elettrica, il gas naturale o diverso, l’acqua, ovvero il punto di immissione del combustibile nel deposito collocato, anche mediante comodato, presso l’utente;
b) potenza impegnata: il valore maggiore tra la potenza impegnata contrattualmente con l’eventuale fornitore di energia, e la potenza nominale complessiva degli impianti di autoproduzione
eventualmente installati;
c) uffici tecnici interni: strutture costituite da risorse umane e strumentali preposte all’impiantistica, alla realizzazione degli impianti aziendali ed alla loro manutenzione i cui responsabili posseggono i requisiti tecnico-professionali previsti dall’articolo 4;
d) ordinaria manutenzione: gli interventi finalizzati a contenere il degrado normale d’uso, nonché a
far fronte ad eventi accidentali che comportano la necessità di primi interventi, che comunque
non modificano la struttura dell’impianto su cui si interviene o la sua destinazione d’uso secondo le prescrizioni previste dalla normativa tecnica vigente e dal libretto di uso e manutenzione
del costruttore;
e) impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica: i circuiti di alimentazione degli apparecchi utilizzatori e delle prese a spina con esclusione
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NORMATIVA NAZIONALE
degli equipaggiamenti elettrici delle macchine, degli utensili, degli apparecchi elettrici in genere. Nell’ambito degli impianti elettrici rientrano anche quelli di autoproduzione di energia fino a
20 kw nominale, gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere, nonché quelli posti
all’esterno di edifici se gli stessi sono collegati, anche solo funzionalmente, agli edifici;
f) impianti radiotelevisivi ed elettronici: le componenti impiantistiche necessarie alla trasmissione
ed alla ricezione dei segnali e dei dati, anche relativi agli impianti di sicurezza, ad installazione
fissa alimentati a tensione inferiore a 50 V in corrente alternata e 120 V in corrente continua,
mentre le componenti alimentate a tensione superiore, nonché i sistemi di protezione contro le
sovratensioni sono da ritenersi appartenenti all’impianto elettrico; ai fini dell’autorizzazione, dell’installazione e degli ampliamenti degli impianti telefonici e di telecomunicazione interni collegati alla rete pubblica, si applica la normativa specifica vigente;
g) impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas: l’insieme delle tubazioni, dei serbatoi e dei
loro accessori, dal punto di consegna del gas, anche in forma liquida, fino agli apparecchi utilizzatori, l’installazione ed i collegamenti dei medesimi, le predisposizioni edili e meccaniche per
l’aerazione e la ventilazione dei locali in cui deve essere installato l’impianto, le predisposizioni
edili e meccaniche per lo scarico all’esterno dei prodotti della combustione;
h) impianti di protezione antincendio: gli impianti di alimentazione di idranti, gli impianti di estinzione di tipo automatico e manuale nonché gli impianti di rilevazione di gas, di fumo e d’incendio;
i) CEI: Comitato Elettrotecnico Italiano;.
l) UNI: Ente Nazionale Italiano di Unificazione.
Art. 3
Imprese abilitate
1. Le imprese, iscritte nel registro delle imprese di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7
dicembre 1995, n. 581 e successive modificazioni, di seguito registro delle imprese, o nell’Albo provinciale delle imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443, di seguito albo delle imprese artigiane, sono abilitate all’esercizio delle attività di cui all’articolo 1, se l’imprenditore individuale o il legale
rappresentante ovvero il responsabile tecnico da essi preposto con atto formale, è in possesso dei requisiti professionali di cui all’articolo 4.
2. Il responsabile tecnico di cui al comma 1 svolge tale funzione per una sola impresa e la qualifica
è incompatibile con ogni altra attività continuativa.
3. Le imprese che intendono esercitare le attività relative agli impianti di cui all’articolo 1 presentano
la dichiarazione di inizio attività, ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive
modificazioni, indicando specificatamente per quali lettera e quale voce, di quelle elencate nel medesimo articolo 1, comma 2, intendono esercitare l’attività e dichiarano, altresì, il possesso dei requisiti tecnico-professionali di cui all’articolo 4, richiesti per i lavori da realizzare.
4. Le imprese artigiane presentano la dichiarazione di cui al comma 3, unitamente alla domanda d’iscrizione all’albo delle imprese artigiane per la verifica del possesso dei prescritti requisiti tecnico-professionali e il conseguente riconoscimento della qualifica artigiana. Le altre imprese presentano la dichiarazione
di cui al comma 3, unitamente alla domanda di iscrizione, presso l’ufficio del registro delle imprese.
5. Le imprese non installatrici, che dispongono di uffici tecnici interni sono autorizzate all’installazione, alla trasformazione, all’ampliamento e alla manutenzione degli impianti, relativi esclusivamente alle
proprie strutture interne e nei limiti della tipologia di lavori per i quali il responsabile possiede i requisiti
previsti all’articolo 4.
6. Le imprese, di cui ai commi 1, 3, 4 e 5, alle quali sono stati riconosciuti i requisiti tecnico-professionali, hanno diritto ad un certificato di riconoscimento, secondo i modelli approvati con decreto del
Ministro dell’industria del commercio e dell’artigianato dell’11 giugno 1992. Il certificato è rilasciato dalle competenti commissioni provinciali per l’artigianato, di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443, e successive modificazioni, o dalle competenti camere di commercio, di cui alla legge 29 dicembre 1993, n. 580,
e successive modificazioni.
Art. 4
Requisiti tecnico-professionali
1. I requisiti tecnico-professionali sono, in alternativa, uno dei seguenti:
a) diploma di laurea in materia tecnica specifica conseguito presso una università statale o legalmente riconosciuta;
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NORMATIVA NAZIONALE
b) diploma o qualifica conseguita al termine di scuola secondaria del secondo ciclo con specializzazione relativa al settore delle attività di cui all’articolo 1, presso un istituto statale o legalmente riconosciuto, seguiti da un periodo di inserimento, di almeno due anni continuativi, alle dirette dipendenze di una impresa del settore. Il periodo di inserimento per le attività di cui all’articolo 1, comma 2, lettera d) è di un anno;
c) titolo o attestato conseguito ai sensi della legislazione vigente in materia di formazione professionale, previo un periodo di inserimento, di almeno quattro anni consecutivi, alle dirette dipendenze di una impresa del settore. Il periodo di inserimento per le attività di cui all’articolo 1, comma 2, lettera d) è di due anni;
d) prestazione lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di una impresa abilitata nel ramo di attività
cui si riferisce la prestazione dell’operaio installatore per un periodo non inferiore a tre anni,
escluso quello computato ai fini dell’apprendistato e quello svolto come operaio qualificato, in
qualità di operaio installatore con qualifica di specializzato nelle attività di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di manutenzione degli impianti di cui all’articolo 1.
2. I periodi di inserimento di cui alle lettere b) e c) e le prestazioni lavorative di cui alla lettera d) del
comma 1 possono svolgersi anche in forma di collaborazione tecnica continuativa nell’ambito dell’impresa da parte del titolare, dei soci e dei collaboratori familiari. Si considerano, altresì, in possesso dei
requisiti tecnico-professionali ai sensi dell’articolo 4 il titolare dell’impresa, i soci ed i collaboratori familiari che hanno svolto attività di collaborazione tecnica continuativa nell’ambito di imprese abilitate del
settore per un periodo non inferiore a sei anni. Per le attività di cui alla lettera d) dell’articolo 1, comma
2, tale periodo non può essere inferiore a quattro anni.
Art. 5
Progettazione degli impianti
1. Per l’installazione, la trasformazione e l’ampliamento degli impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettere a), b), c), d), e), g), è redatto un progetto. Fatta salva l’osservanza delle normative più rigorose in materia di
progettazione, nei casi indicati al comma 2, il progetto è redatto da un professionista iscritto negli albi professionali secondo la specifica competenza tecnica richiesta mentre, negli altri casi, il progetto, come specificato all’articolo 7, comma 2, è redatto, in alternativa, dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice.
2. Il progetto per l’installazione, trasformazione e ampliamento, è redatto da un professionista iscritto agli albi professionali secondo le specifiche competenze tecniche richieste, nei seguenti casi:
a) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a), per tutte le utenze condominiali e per utenze
domestiche di singole unità abitative aventi potenza impegnata superiore a 6 kw o per utenze
domestiche di singole unità abitative di superficie superiore a 400 m2;
b) impianti elettrici realizzati con lampade fluorescenti a catodo freddo, collegati ad impianti elettrici, per i quali è obbligatorio il progetto e in ogni caso per impianti di potenza complessiva maggiore di 1200 VA resa dagli alimentatori;
c) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a), relativi agli immobili adibiti ad attività produttive, al commercio, al terziario e ad altri usi, quando le utenze sono alimentate a tensione superiore a 1000 V, inclusa la parte in bassa tensione, o quando le utenze sono alimentate in bassa tensione aventi potenza impegnata superiore a 6 kw o qualora la superficie superi i 200 m2;
d) impianti elettrici relativi ad unità immobiliari provviste, anche solo parzialmente, di ambienti soggetti a normativa specifica del CEI, in caso di locali adibiti ad uso medico o per i quali sussista
pericolo di esplosione o a maggior rischio di incendio, nonché per gli impianti di protezione da
scariche atmosferiche in edifici di volume superiore a 200 m3;
e) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), relativi agli impianti elettronici in genere quando coesistono con impianti elettrici con obbligo di progettazione;
f) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), dotati di canne fumarie collettive ramificate,
nonché impianti di climatizzazione per tutte le utilizzazioni aventi una potenzialità frigorifera pari
o superiore a 40.000 frigorie/ora;
g) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), relativi alla distribuzione e l’utilizzazione di gas
combustibili con portata termica superiore a 50 kw o dotati di canne fumarie collettive ramificate, o impianti relativi a gas medicali per uso ospedaliero e simili, compreso lo stoccaggio;
h) impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera g), se sono inseriti in un’attività soggetta al rilascio
del certificato prevenzione incendi e, comunque, quando gli idranti sono in numero pari o superiore a 4 o gli apparecchi di rilevamento sono in numero pari o superiore a 10.
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3. I progetti degli impianti sono elaborati secondo la regola dell’arte. I progetti elaborati in conformità alla vigente normativa e alle indicazioni delle guide e alle norme dell’UNI, del CEI o di altri Enti di
normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell’Unione europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo spazio economico europeo, si considerano redatti secondo la regola dell’arte.
4. I progetti contengono almeno gli schemi dell’impianto e i disegni planimetrici nonché una relazione tecnica sulla consistenza e sulla tipologia dell’installazione, della trasformazione o dell’ampliamento
dell’impianto stesso, con particolare riguardo alla tipologia e alle caratteristiche dei materiali e componenti da utilizzare e alle misure di prevenzione e di sicurezza da adottare. Nei luoghi a maggior rischio di
incendio e in quelli con pericoli di esplosione, particolare attenzione è posta nella scelta dei materiali e
componenti da utilizzare nel rispetto della specifica normativa tecnica vigente.
5. Se l’impianto a base di progetto è variato in corso d’opera, il progetto presentato è integrato con
la necessaria documentazione tecnica attestante le varianti, alle quali, oltre che al progetto, l’installatore è tenuto a fare riferimento nella dichiarazione di conformità.
6. Il progetto, di cui al comma 2, è depositato presso lo sportello unico per l’edilizia del comune in
cui deve essere realizzato l’impianto nei termini previsti all’articolo 11.
Art. 6
Realizzazione ed installazione degli impianti
1. Le imprese realizzano gli impianti secondo la regola dell’arte, in conformità alla normativa vigente
e sono responsabili della corretta esecuzione degli stessi. Gli impianti realizzati in conformità alla vigente normativa e alle norme dell’UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell’Unione europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo spazio economico europeo, si
considerano eseguiti secondo la regola dell’arte.
2. Con riferimento alle attività produttive, si applicano le norme generali di sicurezza di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 marzo 1989 e le relative modificazioni.
3. Gli impianti elettrici nelle unità immobiliari ad uso abitativo realizzati prima del 13 marzo 1990 si
considerano adeguati se dotati di sezionamento e protezione contro le sovracorrenti posti all’origine
dell’impianto, di protezione contro i contatti diretti, di protezione contro i contatti indiretti o protezione
con interruttore differenziale avente corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA.
Art. 7
Dichiarazione di conformità
1. Al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste dalla normativa vigente, comprese quelle di funzionalità dell’impianto, l’impresa installatrice rilascia al committente la dichiarazione di
conformità degli impianti realizzati nel rispetto delle norme di cui all’articolo 6. Di tale dichiarazione, resa sulla base del modello di cui all’allegato I, fanno parte integrante la relazione contenente la tipologia
dei materiali impiegati, nonché il progetto di cui all’articolo 5.
2. Nei casi in cui il progetto è redatto dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice l’elaborato
tecnico è costituito almeno dallo schema dell’impianto da realizzare, inteso come descrizione funzionale ed effettiva dell’opera da eseguire eventualmente integrato con la necessaria documentazione tecnica attestante le varianti introdotte in corso d’opera.
3. In caso di rifacimento parziale di impianti, il progetto, la dichiarazione di conformità, e l’attestazione di collaudo ove previsto, si riferiscono alla sola parte degli impianti oggetto dell’opera di rifacimento,
ma tengono conto della sicurezza e funzionalità dell’intero impianto. Nella dichiarazione di cui al comma
1 e nel progetto di cui all’articolo 5, è espressamente indicata la compatibilità tecnica con le condizioni
preesistenti dell’impianto.
4. La dichiarazione di conformità è rilasciata anche dai responsabili degli uffici tecnici interni delle
imprese non installatrici di cui all’articolo 3, comma 3, secondo il modello di cui all’allegato II del presente decreto.
5. Il contenuto dei modelli di cui agli allegati I e II può essere modificato o integrato con decreto ministeriale per esigenze di aggiornamento di natura tecnica.
6. Nel caso in cui la dichiarazione di conformità prevista dal presente articolo, salvo quanto previsto
all’articolo 15, non sia stata prodotta o non sia più reperibile, tale atto è sostituito – per gli impianti eseguiti prima dell’entrata in vigore del presente decreto – da una dichiarazione di rispondenza, resa da un
professionista iscritto all’albo professionale per le specifiche competenze tecniche richieste, che ha
esercitato la professione, per almeno cinque anni, nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiara-
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zione, sotto personale responsabilità, in esito a sopralluogo ed accertamenti, ovvero, per gli impianti
non ricadenti nel campo di applicazione dell’articolo 5, comma 2, da un soggetto che ricopre, da almeno 5 anni, il ruolo di responsabile tecnico di un’impresa abilitata di cui all’articolo 3, operante nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione.
Art. 8
Obblighi del committente o del proprietario
1. Il committente è tenuto ad affidare i lavori di installazione, di trasformazione, di ampliamento e di
manutenzione straordinaria degli impianti indicati all’articolo 1, comma 2, ad imprese abilitate ai sensi
dell’articolo 3.
2. Il proprietario dell’impianto adotta le misure necessarie per conservarne le caratteristiche di sicurezza previste dalla normativa vigente in materia, tenendo conto delle istruzioni per l’uso e la manutenzione predisposte dall’impresa installatrice dell’impianto e dai fabbricanti delle apparecchiature installate. Resta ferma la responsabilità delle aziende fornitrici o distributrici, per le parti dell’impianto e delle
relative componenti tecniche da loro installate o gestite.
3. Il committente entro 30 giorni dall’allacciamento di una nuova fornitura di gas, energia elettrica,
acqua, negli edifici di qualsiasi destinazione d’uso, consegna al distributore o al venditore copia della
dichiarazione di conformità dell’impianto, resa secondo l’allegato I, esclusi i relativi allegati obbligatori, o copia della dichiarazione di rispondenza prevista dall’articolo 7, comma 6. La medesima documentazione è consegnata nel caso di richiesta di aumento di potenza impegnata a seguito di interventi sull’impianto, o di un aumento di potenza che senza interventi sull’impianto determina il raggiungimento
dei livelli di potenza impegnata di cui all’articolo 5, comma 2 o comunque, per gli impianti elettrici, la
potenza di 6 kw.
4. Le prescrizioni di cui al comma 3 si applicano in tutti i casi di richiesta di nuova fornitura e di variazione della portata termica di gas.
5. Fatti salvi i provvedimenti da parte delle autorità competenti, decorso il termine di cui al comma
3 senza che sia prodotta la dichiarazione di conformità di cui all’articolo 7, comma 1, il fornitore o il distributore di gas, energia elettrica o acqua, previo congruo avviso, sospende la fornitura.
Art. 9
Certificato di agibilità
1. Il certificato di agibilità è rilasciato dalle autorità competenti previa acquisizione della dichiarazione di conformità di cui all’articolo 7, nonché del certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto dalle norme vigenti.
Art. 10
Manutenzione degli impianti
1. La manutenzione ordinaria degli impianti di cui all’articolo 1 non comporta la redazione del progetto né il rilascio dell’attestazione di collaudo, né l’osservanza dell’obbligo di cui all’articolo 8, comma 1,
fatto salvo il disposto del successivo comma 3.
2. Sono esclusi dagli obblighi della redazione del progetto e dell’attestazione di collaudo le installazioni per apparecchi per usi domestici e la fornitura provvisoria di energia elettrica per gli impianti di
cantiere e similari, fermo restando l’obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità.
3. Per la manutenzione degli impianti di ascensori e montacarichi in servizio privato si applica il decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162 e le altre disposizioni specifiche.
Art. 11
Deposito presso lo sportello unico per l’edilizia del progetto,
della dichiarazione di conformità o del certificato di collaudo
1. Per il rifacimento o l’installazione di nuovi impianti di cui all’articolo 1, comma 2, lettere a), b), c),
d), e), g) ed h), relativi ad edifici per i quali è già stato rilasciato il certificato di agibilità, fermi restando gli
obblighi di acquisizione di atti di assenso comunque denominati, l’impresa installatrice deposita, entro
30 giorni dalla conclusione dei lavori, presso lo sportello unico per l’edilizia, di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 del comune ove ha sede l’impianto, la dichiarazione di conformità ed il progetto redatto ai sensi dell’articolo 5, o il certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto dalle norme vigenti.
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2. Per le opere di installazione, di trasformazione e di ampliamento di impianti che sono connesse
ad interventi edilizi subordinati a permesso di costruire ovvero a denuncia di inizio di attività, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, il soggetto titolare del permesso di costruire o il oggetto che ha presentato la denuncia di inizio di attività deposita il progetto degli impianti da realizzare presso lo sportello unico per l’edilizia del comune ove deve essere realizzato l’intervento, contestualmente al progetto edilizio.
3. Lo sportello unico di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, inoltra copia della dichiarazione di conformità alla Camera di commercio industria artigianato e
agricoltura nella cui circoscrizione ha sede l’impresa esecutrice dell’impianto, che provvede ai conseguenti riscontri con le risultanze del registro delle imprese o dell’albo provinciale delle imprese artigiane, alle contestazioni e notificazioni, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e
successive modificazioni, delle eventuali violazioni accertate, ed alla irrogazione delle sanzioni pecuniarie ai sensi degli articoli 20, comma 1, e 42, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Art. 12
Contenuto del cartello informativo
1. All’inizio dei lavori per la costruzione o ristrutturazione dell’edificio contenente gli impianti di cui
all’articolo 1 l’impresa installatrice affigge un cartello da cui risultino i propri dati identificativi, se è prevista la redazione del progetto da parte dei soggetti indicati all’articolo 5, comma 2, il nome del progettista dell’impianto o degli impianti.
Art. 13
Documentazione
1. I soggetti destinatari delle prescrizioni previste dal presente decreto conservano la documentazione amministrativa e tecnica, nonché il libretto di uso e manutenzione e, in caso di trasferimento dell’immobile, a qualsiasi titolo, la consegnano all’avente causa.
L’atto di trasferimento riporta la garanzia del venditore in ordine alla conformità degli impianti alla vigente normativa in materia di sicurezza e contiene in allegato, salvo espressi patti contrari, la dichiarazione di conformità ovvero la dichiarazione di rispondenza di cui all’articolo 7, comma 6. Copia della
stessa documentazione è consegnata anche al soggetto che utilizza, a qualsiasi titolo, l’immobile.
Art. 14
Finanziamento dell’attività di normazione tecnica
1. In attuazione dell’articolo 8 della Legge n. 46/1990, all’attività di normazione tecnica svolta dall’UNI
e dal CEI è destinato il tre per cento del contributo dovuto annualmente dall’Istituto nazionale per la assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) per l’attività di ricerca ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del
decreto-legge 30 giugno 1982, n. 390, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1982, n. 597.
2. La somma di cui al comma 1, calcolata sull’ammontare del contributo versato dall’INAIL è iscritta
a carico di un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dello sviluppo economico per il 2007 e a carico delle proiezioni del corrispondente capitolo per gli anni seguenti.
Art. 15
Sanzioni
1. Alle violazioni degli obblighi derivanti dall’articolo 7 del presente decreto si applicano le sanzioni
amministrative da euro 100,00 ad euro 1.000,00 con riferimento all’entità e complessità dell’impianto, al
grado di pericolosità ed alle altre circostanze obiettive e soggettive della violazione.
2. Alle violazioni degli altri obblighi derivanti dal presente decreto si applicano le sanzioni amministrative da euro 1.000,00 ad euro 10.000,00 con riferimento all’entità e complessità dell’impianto, al grado di pericolosità ed alle altre circostanze obiettive e soggettive della violazione.
3. Le violazioni comunque accertate, anche attraverso verifica, a carico delle imprese installatrici sono comunicate alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio,
che provvede all’annotazione nell’albo provinciale delle imprese artigiane o nel registro delle imprese in
cui l’impresa inadempiente risulta iscritta, mediante apposito verbale.
4. La violazione reiterata tre volte delle norme relative alla sicurezza degli impianti da parte delle imprese abilitate comporta altresì, in casi di particolare gravità, la sospensione temporanea dell’iscrizione
delle medesime imprese dal registro delle imprese o dall’albo provinciale delle imprese artigiane, su
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proposta dei soggetti accertatori e su giudizio delle commissioni che sovrintendono alla tenuta dei registri e degli albi.
5. Alla terza violazione delle norme riguardanti la progettazione ed i collaudi, i soggetti accertatori
propongono agli ordini professionali provvedimenti disciplinari a carico dei professionisti iscritti nei rispettivi albi.
6. All’irrogazione delle sanzioni di cui al presente articolo provvedono le Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura.
7. Sono nulli, ai sensi dell’articolo 1418 del Codice Civile, i patti relativi alle attività disciplinate dal
presente regolamento stipulati da imprese non abilitate ai sensi dell’articolo 3, salvo il diritto al risarcimento di eventuali danni.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
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ALLEGATO I
(di cui all’articolo 7)
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ALLEGATO II
(di cui all’articolo 7)
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NUOVI COEFFICIENTI – RENDITA CATASTALE CAPANNONI
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 17 marzo 2008 è stato pubblicato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 10 marzo 2008 recante: “Aggiornamento dei coefficienti per la determinazione del
valore dei fabbricati, di cui all’articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, agli
effetti dell’Imposta comunale sugli immobili (ICI), dovuta per l’anno 2008.”.
Per i fabbricati sforniti di rendita catastale, classificabili nel gruppo “D”, sono stati approvati i coefficienti per la determinazione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) dovuta per l’anno 2008.
Per calcolare l’ICI degli immobili che hanno le seguenti caratteristiche: sono classificabili nel gruppo
“D”, appartengono ad imprese, sono distintamente contabilizzati, sono sforniti di rendita catastale, occorre applicare i seguenti coefficienti:
– per l’anno 2008 = 1,04
– per l’anno 2007 = 1,07
– per l’anno 2006 = 1,10
– per l’anno 2005 = 1,13
– per l’anno 2004 = 1,20
– per l’anno 2003 = 1,24
– per l’anno 2002 = 1,28
– per l’anno 2001 = 1,31
– per l’anno 2000 = 1,36
– per l’anno 1999 = 1,38
– per l’anno 1998 = 1,40
– per l’anno 1997 = 1,44
– per l’anno 1996 = 1,48
– per l’anno 1995 = 1,53
– per l’anno 1994 = 1,57
– per l’anno 1993 = 1,61
– per l’anno 1992 = 1,62
– per l’anno 1991 = 1,65
– per l’anno 1990 = 1,73
– per l’anno 1989 = 1,81
– per l’anno 1988 = 1,89
– per l’anno 1987 = 2,05
– per l’anno 1986 = 2,20
– per l’anno 1985 = 2,36
– per l’anno 1984 = 2,52
– per l’anno 1983 = 2,68
– per l’anno 1982 e precedenti = 2,83
al valore dell’immobile costituito dall’ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili; ovviamente al valore così ottenuto occorre, poi, applicare l’aliquota che il comune
ha deliberato per questi fabbricati.
DECRETO DEL MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 10 MARZO 2008
Aggiornamento dei coefficienti per la determinazione del valore dei fabbricati, di cui all’articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, agli effetti dell’Imposta comunale sugli immobili (ICI), dovuta per l’anno 2008.
[G.U.R.I. 17-03-2008, N. 65]
IL CAPO DIPARTIMENTO per le politiche fiscali
Visto l’articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, concernente i criteri di determinazione del valore, agli effetti dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), dei fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati;
Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante riforma dell’organizzazione del Governo;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 2001, n. 107, che disciplina l’organizzazione del Dipartimento per le politiche fiscali;
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Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche;
Considerato che occorre aggiornare i coefficienti indicati nel citato articolo 5, comma 3, ai fini dell’applicazione dell’ICI dovuta per l’anno 2008;
Tenuto conto dei dati risultanti all’ISTAT sull’andamento del costo di costruzione di un capannone;
Decreta:
Art. 1
Aggiornamento dei coefficienti per i fabbricati a valore contabile
1. Agli effetti dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) dovuta per l’anno 2008,
per la determinazione del valore dei fabbricati di cui all’articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, i coefficienti di aggiornamento sono stabiliti nelle seguenti misure:
per l’anno 2008 = 1,04; per l’anno 2007 = 1,07; per l’anno 2006 = 1,10;
per l’anno 2005 = 1,13; per l’anno 2004 = 1,20; per l’anno 2003 = 1,24;
per l’anno 2002 = 1,28; per l’anno 2001 = 1,31; per l’anno 2000 = 1,36;
per l’anno 1999 = 1,38; per l’anno 1998 = 1,40; per l’anno 1997 = 1,44;
per l’anno 1996 = 1,48; per l’anno 1995 = 1,53; per l’anno 1994 = 1,57;
per l’anno 1993 = 1,61; per l’anno 1992 = 1,62; per l’anno 1991 = 1,65;
per l’anno 1990 = 1,73; per l’anno 1989 = 1,81; per l’anno 1988 = 1,89;
per l’anno 1987 = 2,05; per l’anno 1986 = 2,20; per l’anno 1985 = 2,36;
per l’anno 1984 = 2,52; per l’anno 1983 = 2,68;
per l’anno 1982 e anni precedenti = 2,83.
Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
CIRCOLARE MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE – VERIFICA STRAORDINARIA CERTIFICATI LAVORI
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 19 marzo 2008 è stata pubblicata la circolare del Ministero delle Infrastrutture 28 febbraio 2008, n. 2169, recante: “Decreto 21 dicembre 2007, n. 272 – Regolamento recante norme per l’individuazione dei criteri, modalità e procedure per la verifica dei certificati dei lavori
pubblici e delle fatture utilizzati ai fini delle attestazioni rilasciate dalle SOA dal 1° marzo 2000 alla data di
entrata in vigore del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (1° luglio 2006).”.
La circolare precisa che la disposizione contenuta nel comma 2, dell’articolo 2 del Decreto
n. 272/2007 prevede che: “Entro sessanta giorni dalla comunicazione, le SOA trasmettono all’Osservatorio presso l’Autorità i dati relativi ai certificati ed alle fatture utilizzando i predetti modelli informatici di comunicazione.”. Il mancato rispetto del termine di sessanta giorni può comportare l’applicazione delle
sanzioni previste.
Nella circolare viene, altresì, precisato che, sebbene le attestazioni SOA abbiano efficacia quinquennale, la disposizione legislativa (articolo 253, comma 21, del D.Lgs. n. 163/2006) non limita la verifica alle attestazioni vigenti, ma la estende a tutte quelle rilasciate nel periodo dal 1° marzo 2000 al 1° luglio
2006 (data quest’ultima di entrata in vigore del codice), e dunque anche a quelle non più efficaci al momento in cui la verifica straordinaria ha inizio. A tale previsione si conforma l’articolo 1 del D.M.
n. 272/2007.
La circolare conclude precisando che la decorrenza del termine di sessanta giorni previsto dall’articolo 2, comma 2, per la comunicazione dei dati da parte delle SOA coincide con la trasmissione dei modelli informatici da parte dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e che
detta trasmissione avverrà, nel rispetto del principio della simultaneità per tutte le SOA destinatarie, per
periodi di tempo omogenei, che l’autorità, di volta in volta, individuerà, anche alla luce dell’esperienza
operativa dell’andamento della verifica straordinaria e delle eventualità criticità segnalate dai soggetti
chiamati a confermare i dati relativi ai certificati di lavori ed alle fatture. Ad esempio “se l’Autorità di vigilanza trasmetterà – leggiamo nella circolare – il modello informatico relativo alle attestazioni rilasciate nel
corso dell’anno 2005, le Soa, entro sessanta giorni, dovranno trasmettere all’Osservatorio i certificati e le
fatture relativi a quella annualità”.
In definitiva, le attestazioni verranno controllate anno per anno e non tutte insieme con la conclusione che dovrebbe essere attenuato l’impatto della revisione anche sulle amministrazioni pubbliche, chiamate a confermare uno per uno i dati sui certificati.
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Intanto l’Autorità di vigilanza con un comunicato stampa del 19 marzo scorso ha annunciato l’avvio di
un’indagine per verificare 1’adozione, la consistenza e la formazione dei prezzari per il calcolo della base d’asta nei pubblici appalti. Secondo l’Autorità l’obbligo di aggiornamento dei prezzari, considerando
che la congruità della base d’asta è questione di rilevanza generale, deve essere operante nei confronti
di tutte le gare di affidamento di lavori pubblici, indipendentemente dal criterio di aggiudicazione o dalle modalità di formulazione delle offerte. L’Autorità conclude il comunicato stampa precisando che la stazione appaltante che non dispone di un proprio prezzario dovrà utilizzare l’ultimo prezzario regionale vigente nel momento dell’approvazione del progetto, dopo averlo sottoposto ad una verifica di congruità.
CIRCOLARE DEL MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE 28 FEBBRAIO 2008, N. 2169
Decreto 21 dicembre 2007, n. 272 – Regolamento recante norme per l’individuazione dei criteri, modalità e procedure per la verifica dei certificati dei lavori pubblici e delle fatture utilizzati
ai fini delle attestazioni rilasciate dalle SOA dal 1° marzo 2000 alla data di entrata in vigore del
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (1° luglio 2006).
[G.U.R.I. 19-03-2008, N. 67]
A seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 35 dell’11 febbraio 2008, del decreto ministeriale 21 dicembre 2007 n. 272, concernente l’oggetto, si ritiene opportuno, previa intesa con l’Autorità per la vigilanza sui contratti di lavori, servizi e forniture, fornire alcuni chiarimenti con riferimento alla durata della verifica straordinaria ed al limite temporale per la trasmissione dei dati relativi ai certificati di lavori ed alle fatture utilizzati per il rilascio delle attestazioni SOA.
Al riguardo, la disposizione contenuta nel comma 2, dell’articolo 2 del predetto decreto prevede che:
«Entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, le SOA trasmettono all’Osservatorio presso
l’Autorità, di seguito denominato “Osservatorio”, i dati previsti dall’articolo 4, comma 1, relativi ai certificati ed alle fatture di cui all’articolo 1, utilizzando i predetti modelli informatici di comunicazione.» Il mancato
rispetto del termine di sessanta giorni può comportare l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 3.
Preliminarmente va precisato che, sebbene le attestazioni SOA abbiano efficacia quinquennale, la
disposizione legislativa (articolo 253, comma 21, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) non limita la verifica alle attestazioni vigenti, ma la estende a tutte quelle rilasciate nel periodo dal 1° marzo 2000
al 1° luglio 2006 (data quest’ultima di entrata in vigore del codice), e dunque anche a quelle non più efficaci al momento in cui la verifica straordinaria ha inizio. A tale previsione si conforma l’articolo 1 del
decreto ministeriale 21 dicembre 2007, n. 272.
Quanto al dies a quo di decorrenza del termine di sessanta giorni previsto dall’articolo 2, comma 2,
per la comunicazione dei dati da parte delle SOA, esso coincide con la trasmissione dei modelli informatici da parte dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Detta trasmissione avverrà, nel rispetto del principio della simultaneità per tutte le SOA destinatarie, per periodi di tempo omogenei, che l’autorità, di volta in volta, individuerà, anche alla luce dell’esperienza operativa dell’andamento della verifica straordinaria e delle eventualità criticità segnalate dai soggetti chiamati a confermare i dati relativi ai certificati di lavori ed alle fatture. Su tale via, se l’autorità di vigilanza trasmetterà,
ai sensi dell’articolo 2, comma 1, il modello informatico relativo alle attestazioni rilasciate nel corso dell’anno 2005, le SOA, entro sessanta giorni, dovranno trasmettere all’osservatorio i certificati e le fatture
relativi a quella annualità. Questo consentirà anche di programmare e scaglionare, nel rispetto dei principi di buon andamento, efficacia ed efficienza, l’attività di tutti i soggetti coinvolti dalla verifica straordinaria di cui all’articolo 253, comma 21, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
TELERISCALDAMENTO – AGEVOLAZIONI FISCALI SOLO PER GLI UTENTI UTILIZZATORI
Con la Circolare n. 17/E dello scorso 7 marzo l’Agenzia delle Entrate è intervenuta in merito alle agevolazioni fiscali previste dall’articolo 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448 che
prevede per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa nei comuni situati in specifiche zone climatiche, la concessione di un’agevolazione fiscale con credito d’imposta pari a lire 20 per
ogni chilowattora (Kwh) di calore fornito, da traslare sul prezzo di cessione all’utente finale, con decorrenza dall’1 gennaio 1999.
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L’agevolazione, inizialmente prevista per il periodo dal 3 ottobre 2000 al 31 dicembre 2001, prevedeva un credito d’imposta di 30 lire per ogni chilowattora di calore fornito. La Legge Finanziaria 2008 ha
prorogato l’agevolazione a tutto il 2008 e, come indicato dalla Circolare n. 95/E del 31 ottobre 2001 l’agevolazione prevede che il gestore dell’impianto o della rete di teleriscaldamento trasferisca l’agevolazione sul prezzo di cessione dell’energia all’utente finale, che è il vero destinatario del vantaggio economico connesso all’agevolazione, beneficiando di un credito d’imposta.
La Circolare n. 17/E dell’Agenzia delle Entrate ha sottolineato il termine utente finale, ritenendo che
l’agevolazione spetti solo al soggetto destinatario dell’ultima transazione, con la quale l’energia è destinata al consumo. Il fornitore che effettua l’ultima transazione a favore dell’utente finale applicherà l’agevolazione beneficiando del credito d’imposta. Mentre, sono escluse dall’agevolazione le precedenti
transazioni o passaggi di proprietà dell’energia, come ad esempio quelle tra il produttore di energia ed
altri soggetti intermediari che ne curano la distribuzione. In tali casi il gestore della rete di distribuzione
applicherà l’agevolazione ai propri utenti finali, ed usufruirà del credito d’imposta.
CIRCOLARE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE 7 MARZO 2008, N. 17/E
Agevolazioni fiscali a favore del teleriscaldamento alimentato con biomassa o con energia geotermica – Articolo 2, comma 138 della legge 24 dicembre 207, n. 244 (Legge Finanziaria 2008).
L’articolo 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nella sua originaria formulazione, ha previsto, per la gestione di reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa nei comuni situati in specifiche zone climatiche, la “concessione di un’agevolazione fiscale con credito d’imposta pari a lire 20 per ogni chilowattora (Kwh) di calore fornito, da traslare sul prezzo di cessione all’utente finale”, con decorrenza dal 1° gennaio 1999.
Per effetto di successivi interventi legislativi l’importo del credito d’imposta è stato elevato di 30 lire
per ogni chilowattora di calore fornito, per il periodo dal 3 ottobre 2000 al 31 dicembre 2001; inoltre, a
decorrere dal 1° gennaio 2001 l’agevolazione è stata estesa anche agli impianti e reti di teleriscaldamento alimentati da energia geotermica.
L’applicazione dell’agevolazione in commento è stata da ultimo prorogata al 31 dicembre 2008 ad
opera dell’articolo 1, comma 240, della legge 24 dicembre 207, n. 244 (Legge Finanziaria 2008).
Secondo gli orientamenti forniti con Circolare n. 95/E del 31 ottobre 2001 “l’agevolazione prevede
che il gestore dell’impianto o della rete di teleriscaldamento trasferisca l’agevolazione sul prezzo di cessione dell’energia all’utente finale, che è il vero destinatario del vantaggio economico connesso all’agevolazione, beneficiando di un credito d’imposta.
Considerata l’espressione ‘utente finale’ contenuta nella norma, si ritiene che l’agevolazione spetti
solo al soggetto destinatario dell’ultima transazione, con la quale l’energia è destinata al consumo. Il fornitore che effettua l’ultima transazione a favore dell’utente finale applicherà l’agevolazione beneficiando
del credito d’imposta.
Sono invece escluse dall’agevolazione le precedenti transazioni o passaggi di proprietà dell’energia,
come ad esempio quelle tra il produttore di energia ed altri soggetti intermediari che ne curano la distribuzione. In tali casi il gestore della rete di distribuzione applicherà l’agevolazione ai propri utenti finali,
ed usufruirà del credito d’imposta”.
Il quadro normativo sopra delineato è stato integrato dall’articolo 2, comma 138 della medesima
legge finanziaria 2008. Ai sensi di tale disposizione “L’articolo 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, si interpreta nel senso che la disciplina ivi prevista si
applica anche alla fattispecie in cui la persona giuridica gestore coincida con la persona giuridica utilizzatore dell’energia. Tale persona giuridica può utilizzare in compensazione il credito”.
La valenza interpretativa che il legislatore ha espressamente conferito alla disposizione da ultimo citata comporta un necessario adeguamento delle istruzioni fornite con la citata Circolare n. 95/E del 2001.
In particolare, alla luce del riportato comma 138, deve ritenersi che anche il soggetto contemporaneamente gestore della rete di teleriscaldamento alimentata con biomassa o ad energia geotermica e
utente finale, possa fruire del credito d’imposta istituito dall’articolo 8, comma 10, lettera f), della Legge
n. 448 del 1998.
In tal caso il credito d’imposta, qualificabile come contributo in conto esercizio, costituisce per il gestore-utente finale un ricavo ai sensi dell’articolo 85, comma 1, lettera h) del TUIR.
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LAVORI PUBBLICI 4
2008
NORMATIVA NAZIONALE
La natura interpretativa della norma in commento ne comporta l’applicazione anche ai rapporti pendenti, che non abbiano esaurito i loro effetti al 1° gennaio 2008, data di entrata in vigore della Legge
n. 244 del 2007.
Pertanto, si invitano gli Uffici dell’Agenzia a riesaminare caso per caso il contenzioso pendente in
materia e a provvedere al relativo abbandono, sempre che non siano sostenibili altre questioni.
Le Direzioni Regionali vigileranno sulla corretta applicazione della presente circolare.
RESISTENZA LA FUOCO PRODOTTI DA COSTRUZIONE – LETTERA CIRCOLARE DI CHIARIMENTI
Il Ministero dell’interno, dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile,
ha inviato, il 28 marzo scorso, ai direttori regionali e ai comandanti provinciali dei vigili del fuoco, la lettera circolare prot. n. P414/4122 sott. 55 in cui si forniscono chiarimenti e precisazioni sulla corretta applicazione dei due Decreti del Ministero dell’Interno 16 febbraio 2007 e 9 marzo 2007 pubblicati entrambi sul supplemento ordinario n. 87 alla Gazzetta Ufficiale n. 74 del 29 marzo 2007. Ricordiamo che i due
decreti in argomento recanti rispettivamente “Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione” e “Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, constano di pochi articoli, si applicano
ai prodotti e agli elementi costruttivi per i quali è prescritto il requisito di resistenza al fuoco ai fini della
sicurezza in caso d’incendio delle opere in cui sono inseriti e stabiliscono i criteri per determinare le prestazioni di resistenza al fuoco che devono possedere le costruzioni nelle attività soggette al controllo del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ad esclusione delle attività per le quali le prestazioni di resistenza al
fuoco sono espressamente stabilite da specifiche regole tecniche di prevenzione incendi.
Nella lettera circolare in argomento viene precisato che il campo di applicazione del decreto ministeriale 9 marzo 2007 è limitato alle attività non assistite da specifica regola tecnica di prevenzione incendi e vengono riportati chiarimenti ed indirizzi applicativi anche in merito alla definizione ed al valore del
carico d’incendio.
Per quanto attiene la problematica connessa al calcolo del carico di incendio in presenza di compartimenti che presentano in tutto o in parte elementi strutturali in legno, viene precisato che il contributo di
tali elementi strutturali debba essere considerato secondo il seguente procedimento:
– determinare la classe del compartimento prescindendo inizialmente dalla presenza degli elementi strutturali lignei;
– calcolare lo spessore di carbonizzazione degli elementi lignei corrispondente alla classe determinata adottando come valori di riferimento della velocità di carbonizzazione, quelli contenuti nella
norma EN 1995-1-2 “Progettazione delle strutture di legno – Parte 1-2: regole generali – Progettazione strutturale contro l’incendio”;
– determinare definitivamente la classe del compartimento, tenendo anche conto del carico d’incendio specifico relativo alle parti di elementi lignei corrispondenti allo spessore di cui al punto
precedente che hanno partecipato alla combustione.
LETTERA CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO 28 MARZO 2008, PROT. N. P414/4122 SOTT. 55
Decreto ministeriale 9 marzo 2007 – Prestazioni di resistenza al fuoco delle costruzioni nelle attività soggette al controllo del CNVVF. Chiarimenti ed indirizzi applicativi.
AI SIGG. DIRETTORI REGIONALI DEI VIGILI DEL FUOCO
LORO SEDI
AI SIGG. COMANDANTI PROVINCIALI DEI VIGILI DEL FUOCO
LORO SEDI
Ad alcuni mesi dall’entrata in vigore del decreto indicato in oggetto che, unitamente al decreto ministeriale 16 febbraio 2007, ha completamente rivisto gli aspetti legati alla resistenza al fuoco delle costruzioni abrogando la previdente normativa che regolamentava il settore, si ritiene utile fornire nel seguito alcuni chiarimenti e precisazioni sulla corretta applicazione delle recenti disposizioni, anche alla luce dei quesito finora pervenuti.
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NORMATIVA NAZIONALE
Il campo di applicazione del decreto ministeriale 9 marzo 2007 è limitato alle attività non assistite da
specifica regola tecnica di prevenzione incendi, esclusivamente per quanto attiene la determinazione
delle prestazioni di resistenza al Fuoco che devono possedere le costruzioni (classe di resistenza al fuoco), in quanto detto requisito è normalmente stabilito a priori dalla regolamentazione di settore; ciò premesso si precisa che qualora nell’ambito di una regola tecnica “verticale” venga richiamato il carico di
incendio ovvero la classe del compartimento rimandando ai criteri di calcolo previsti nella ex Circolare
n. 91/1961, tale riferimento è da ritenersi superato dall’entrata in vigore del decreto ministeriale 9 marzo 2007, dovendosi da tale data (25 settembre 2007) applicare i criteri ivi stabiliti.
Il punto 1 dell’allegato al decreto riporta una serie di definizioni che hanno preso spunto dalle attuali norme europee che regolano la materia, alle quale l’atto regolamentare nazionale si è quindi principalmente riferito, anche ai fini della definizione numerica di parametri e coefficienti che possono assumere rilevanza ai fini della sua applicazione. Tuttavia occorre rilevare che al punto 1, lettera c) dell’allegato
(definizione di CARICO DI INCENDIO) viene indicato, come corrispondente ad 1 MJ, un valore pari a
0,054 kg di legna equivalente, leggermente inferiore a quello contenuto nelle stesse norme europee
che prevedono un valore pari a 0,057 (ossia 1 kg di legna equivalente viene assunto pari a 17,5 MJ). Si
ritiene opportuno, al fine di una migliore e necessaria coerenza con gli atti normativi europei in materia
ed anche per evitare possibili equivoci o contraddizioni, fare riferimento a tale ultimo valore.
Per quanto attiene al fattore δq2, si fa presente che la classificazione delle aree previste dalla tabella
2 dell’allegato è di tipo qualitativo e, in analogia anche con quanto previsto per i diversi livelli di pericolosità di incendio dell’appendice B alla norma UNI 10779/2007, la valutazione deve tener conto della
quantità, disposizione spaziale e combustibilità dei materiali presenti, sia in termini di velocità di combustione che di potere calorifico, delle possibili fonti di innesco presenti, anche in relazione alle lavorazioni eseguite, della possibilità di propagazione delle fiamme, delle caratteristiche planovolumetriche e
della ventilazione del compartimento; pertanto non appare corretto, viste le finalità di calcolo, considerare l’aggravio di rischio derivante dagli effetti dell’incendio sulle persone presenti (grado di affollamento, vulnerabilità degli individui, stato di vigilanza, ecc.).
Per l’applicazione del coefficiente δn1 si precisa che possono considerarsi equivalenti ai sistemi automatici di estinzione ad acqua quelli che prevedono l’erogazione automatica di soluzioni schiumogene,
laddove tale sostanza estinguente sia più idonea a contrastare l’incendio in relazione alla tipologia di
materiale combustibile/infiammabile presente nell’attività da proteggere.
Si ritiene che possa applicarsi il fattore δn3 in presenza di qualsiasi sistema di controllo dei fumi che
garantisca risultati di analoga efficacia, in relazione allo smaltimento del calore alla sicurezza delle squadre di intervento, rispetto all’impianto di evacuazione automatica di fumo e calore espressamente citato nella tabella 3; a tal fine potranno quindi prendersi in considerazione anche aperture, purché sufficientemente dimensionate, permanenti o protette con elementi cedibili a basse temperature, confrontabili con quelle di azionamento degli EFC. Parimenti si potranno considerare superfici con serramenti
ed impianti di estrazione non automatici, purché entrambi azionabili anche in mancanza dell’alimentazione elettrica ordinaria, da comando a distanza pista in zona protetta, di facile accesso e con attivazione rapida e sicura garantita dalla presenza di un presidio permanente durante le 24 ore.
Il coefficiente δn4 può essere correttamente utilizzato qualora l’impianto automatico di rilevazione,
segnalazione e allarme di incendio sia in funzione durante le 24 ore e all’azionamento dell’allarme, eventualmente riportato in luogo permanentemente presidiato anche all’esterno dell’attività, segua l’attivazione delle procedure di emergenza appositamente codificate finalizzate a ridurre il tempo di contrasto
dell’incendio.
Il fattore riduttivo δn5 può essere adottato, al pari degli altri sistemi di protezione attiva, esclusivamente in caso di presenza continuativa durante le 24 ore della squadra aziendale incaricata della lotta
antincendio.
Per percorsi protetti di accesso, ai fini dell’applicazione del coefficiente δn8, devono intendersi quelli che consentono alle squadre di soccorso di raggiungere il compartimento interessato all’incendio partendo dall’esterno della costruzione. Tale condizione si ritiene quindi implicitamente verificata nel caso
di un compartimento avente accesso direttamente dall’esterno, mediante un sufficiente numero di uscite, correlate alle dimensioni e alla tipologia di di attività svolta, o in caso di presenza di un ascensore di
soccorso ai sensi del decreto ministeriale 15 settembre 2005.
Per l’accessibilità ai mezzi di soccorso dei vigili del fuoco (δn9) possono ritenersi validi i requisiti di
accesso all’area normalmente richiesti nelle regole tecniche di prevenzioni incendi, verificando che detti requisiti siano garantiti nell’arco delle 24 ore. Al riguardo può ritenersi accettabile la presenza di impe352
LAVORI PUBBLICI 4
2008
NORMATIVA NAZIONALE
dimenti all’accesso, per esempio nelle ore notturne, purché rapidamente rimovibili con gli usuali dispositivi in dotazione alle squadre di intervento dei Vigili del fuoco.
È legittimo assumere il valore 0,85 per il fattore di limitazione della partecipazione alla combustione
del materiale considerato (Ψi) qualora il materiale sia racchiuso in contenitori che, oltre ad essere non
combustibili, conservino la loro integrità durante l’esposizione all’incendio. Tale requisito non può quindi essere garantito ad esempio da contenitori in vetro, bombolette spray, o altri recipienti di facile cedimento in presenza di incremento della temperatura.
Il comma 2 del punto 2 consente di determinare il carico di incendio specifico attraverso una valutazione statistica in relazione all’attività in esame, adottando valori con probabilità di superamento inferiore al 20%; al riguardo si evidenzia come tale valutazione non tiene ovviamente conto del contributo di
carico di incendio apportato dalle eventuali strutture combustibili, del quale si dovrà tenere conto nei
termini di cui in seguito, ai fini della determinazione del carico di incendio specifico complessivo. Sempre ai fini della corretta applicazione del medesimo comma, si fa altresì presente che i valori del carico
di incendio riportati in letteratura sono ottenuti tramite sperimentazioni e rappresentano quindi generalmente dei valori medi. Per stimare la corrispondente deviazione standard e calcolare quindi il valore frattile 80% richiesto dal decreto, è necessario moltiplicare per un coefficiente amplificativo, secondo i criteri riscontrabili nella letteratura tecnica di settore:
– per attività piuttosto simili o con variabilità molto limitata per quanto riguarda il mobilio o le merci in deposito, come ad esempio abitazioni, alberghi, ospedali, uffici e scuole è sufficiente scegliere un valore del coefficiente moltiplicativo compreso tra 1,20e 1,50;
– per attività piuttosto dissimili o con variabilità maggiore per quanto riguarda il mobilio o le merci in deposito, come ad esempio centri commerciali, grandi magazzini attività industriali, è necessario scegliere un valore del coefficiente moltiplicativo compreso tra 1,20 e 1,75.
All’interno di tali intervalli il progettista potrà individuare il valore del coefficiente appropriato alla
trattazione del caso in esame, sulla base di più specifiche valutazioni da riportare nella documentazione
tecnica da presentare al comando.
Si evidenza, infine, come nell’appendice E della norma EN 1991-1-2 (Eurocodice 1, parte 1-2 azioni
sulle strutture esposte al fuoco) è presente la seguente tabella ove sono riportate le densità di carico di
incendio per diverse destinazioni d’uso, sia come valore medio che considerando il frattile 80%.
Attività
Valore medio (MJ/m2)
Frattile 80% (MJ/m2)
Civili abitazioni
780
948
Ospedali (stanza)
230
280
Alberghi (stanza)
310
377
Biclioteche
1500
1824
Uffici
420
511
Scuole
285
347
Centri commerciali
600
730
Teatri (cinema)
300
365
Per quanto riguarda la problematica connessa al calcolo del carico di incendio specifico in presenza
di compartimenti che possiedono, in tutto o in parte, elementi strutturali in legno, si premette innanzitutto che il decreto non affronta in maniera specifica tale problema, limitandosi a precisare, nella parte
dedicata alle definizioni, che per carico di incendio deve intendersi “il pontenziale netto della totalità dei
materiali combustibili contenuti in uno spazio…”.
Se da un lato gli elementi lignei strutturali potrebbero partecipare alla composizione del carico di incendio, dall’altro è importante evidenziare che lo scopo del calcolo di qf, ai fini dell’applicazione del decreto, è quello della determinazione della classe del compartimento in base alla quale verificare successivamente la resistenza al fuoco degli stessi elementi strutturali lignei.
In altri termini emergerebbe la contraddizione nel considerare un elemento strutturale ligneo che
partecipa al carico di incendio, e quindi al processo di combustione, e contestualmente dover valutare
la resistenza al fuoco dello stesso elemento ligneo.
4 LAVORI PUBBLICI
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NORMATIVA NAZIONALE
Sulla base di quanto sopra esposto ed anche in attesa di ulteriori confronti su base europea, si ritiene ragionevole che il contributo degli elementi strutturali di legno debba essere considerato secondo il
seguente procedimento:
1) determinare la classe di compartimento prescindendo inizialmente dalla presenza degli elementi strutturali lignei;
2) calcolare lo spessore di carbonizzazione degli elementi lignei corrispondente alla classe determinata, adottando come valori di riferimento della velocità di carbonizzazione, quelli contenuti
nella norma EN 1995-12 «Progettazione delle strutture in legno – Parte 1-2: Regole generali –
Progettazione strutturale contro l’incendio» di cui si riporta uno stralcio nella seguente tabella:
Essenza
a) Legname tenero
(conifere) e faggio
b) Legname duro
(latifoglie)
Tipologia di legno
mm/min
Legno laminato incollato con densità caratteristica ≥ 290 kg/m3
0,70
Legno massiccio con densità caratteristica ≥ 290 kg/m3
0,80
Legno duro massiccio o laminato incollato con densità caratteristica
≥ 290 kg/m3
0,70
Legno duro massiccio o laminato incollato con densità caratteristica
≥ 450 kg/m3
0,55
3) determinare definitivamente la classe del compartimento, tenendo anche conto del carico di incendio specifico relativo alle parti di elementi lignei corrispondenti allo spessore di cui al punto
2 che hanno partecipato alla combustione.
Tenendo conto del grado di approssimazione del procedimento, non si ritiene necessario reiterare
più volte il calcolo. Per tipologie di legnami non espressamente riportati in tabella, ci si potrà regolare
per analogia assumendo in ogni caso valori conservativi ai fini della sicurezza antincendio.
Si ribadisce che in presenza di costruzioni ove risultino integralmente soddisfatte tutte le condizioni
e le limitazioni portate al punto 3.2, quindi anche se adiacenti ad altre costruzioni purché funzionalmente e strutturalmente separate, è consentito fare riferimento al livello II di prestazione, indipendentemente dal valore assunto dal carico di incendio specifico di progetto. A tal fine si ritiene che l’esodo in sicurezza degli occupanti possa considerarsi garantito, in linea generale e salvo valutazioni più specifiche,
qualora siano osservate le misure relative alle vie di uscita in caso di incendio di cui all’allegato III al decreto ministeriale 10 marzo 1998.
I livelli di prestazione IV e V, oltre a poter essere proposti dal committente o dal progettista, potranno
essere prescritti da disposizioni a carattere generale emanate dai competenti uffici della DCPST per costruzioni che ospitano attività particolarmente rilevanti e vulnerabili ovvero, in casi particolari e debitamente motivati, possono essere richiesti dai Comandi provinciali VVF e salvaguardia di luoghi specifici come
ad esempio i locali adibiti a centro di gestione delle emergenze a servizio di stabilimenti industriali.
Al comma del punto 4 è riportato: “in un edificio multipiano sarà possibile considerare separatamente il carico di incendio dei singoli piani qualora gli elementi orizzontali di separazione posseggano una
capacità di compartimentazione adeguata nei confronti della propagazione verticale degli incendi”. Ne
discende che mentre in presenza di soppalchi aperti o comunque di elementi orizzontali di suddivisione
dei piani che non presentano alcun requisito di resistenza al fuoco in termini di capacità portante, tenuta ed isolamento, occorre riferirsi alla superficie in pianta di un singolo livello, quando invece il compartimento è comunque unico su più piani, perché ad esempio le scale di comunicazione sono di tipo aperto, ma i solai garantiscono una adeguata resistenza al fuoco, è ammesso considerare separatamente il
carico di incendio agente sui singoli livelli poiché è prevedibile un ritardo non trascurabile nella diffusione dell’incendio dal piano di origine a quelli immediatamente superiori.
Si informa che elementi di chiarimento ed approfondimento relativamente al punto 4.2 – curve naturali di incendio – saranno fornite nell’ambito delle linee guida per la valutazione dei progetti redatti con
l’approccio ingegneristico, di prossima emanazione.
Si precisa, infine, che in linea di principi, qualora non sia possibile l’integrale osservanza di qualche
disposizione tecnica del decreto ministeriale 9 marzo 2007, è consentito ricorrere all’istituto della deroga ai sensi dell’articolo 6 del D.P.R. n. 37/1998.
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LAVORI PUBBLICI 4
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NORMATIVA NAZIONALE
MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE – STABILIZZAZIONE CO.CO.CO.
Con la Circolare n. 8 del 31 marzo 2008, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha fornito
nuove indicazioni sul processo di trasformazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa
in rapporti di lavoro subordinato.
Il D.L. n. 248/2007, convertito dalla Legge n. 31/2008 ha prorogato al 30 settembre, considerate le
criticità operative che hanno accompagnato il primo periodo di applicazione, il termine per aderire alla
procedura di trasformazione dei rapporti di lavoro subordinato disciplinata dall’articolo 1, commi 1202 e
successivi, della Legge n. 296/2006.
L’articolo 1, comma 1203 della citata Legge n. 296/2006 stabilisce che gli accordi sindacali promuovono la trasformazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, mediante la stipula di contratti di lavoro subordinati.
La circolare chiarisce subito che parlando di trasformazione, la procedura presuppone, all’atto dell’attivazione della stessa, la necessaria sussistenza del rapporto di collaborazione e la conseguente preclusione ai rapporti di collaborazione già ricondotti ad una tipologia contrattuale di natura subordinata.
La nota fornisce, inoltre, ulteriori delucidazioni in merito alle tipologie di contratto meritevoli di migliore considerazione per l’applicazione della procedura di trasformazione, ed in particolare quegli accordi che prevedono criteri prioritari di trasformazione mediante:
– contratti di lavoro a tempo pieno e indeterminato;
– contratti part-time a tempo indeterminato superiori a 25 ore settimanali;
– contratti a tempo determinato (non inferiori ai 24 mesi);
– contratti di apprendistato.
Per quanto concerne i destinatari, l’accordo prevede la stabilizzazione delle posizioni di tutti i lavoratori per i quali sussistano le stesse condizioni dei lavoratori la cui posizione sia stata oggetto di accertamenti ispettivi. L’accordo prevede anche la trasformazione di tutti quei rapporti di collaborazione già oggetto di accertamento in sede amministrativa o giudiziale, purché non esistano provvedimenti o sentenze di natura definitiva, che abbiano già ricondotto i predetti accordi nell’ambito di lavoro subordinato con
conseguenti effetti sia sul piano contributivo che su quello sanzionatorio.
L’articolo 1, comma 1210 della Legge n. 296/2006 prevede che la durata del rapporto subordinato
abbia una durata di almeno 24 mesi. In relazione a questo comma, non è ammissibile nessuna deroga,
pena la decadenza della procedura di trasformazione. L’unica eccezione è rappresentata dall’ipotesi di
cessazione per giusta causa o dimissioni del lavoratore secondo la procedura introdotta dalla Legge
n. 188/2007.
CIRCOLARE DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE 31 MARZO 2008, N. 8
D.L. n. 248/2007 conv. da Legge n. 31/2008 e articolo 1, commi 1202 e ss., Legge n. 296/2006 –
Trasformazione dei rapporti di collaborazione – Chiarimenti interpretativi.
ALLE DIREZIONI REGIONALI
E PROVINCIALI DEL LAVORO
ALL’INPS
DIREZIONE CENTRALE VIGILANZA SULLE ENTRATE
ED ECONOMIA SOMMERSA
ALL’INAIL
DIREZIONE CENTRALE RISCHI
LORO SEDI
ALLA DIREZIONE GENERALE
PER LA TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO
ALLA DIREZIONE GENERALE
DEL MERCATO DEL LAVORO
ALLA DIREZIONE GENERALE
PER LE POLITICHE PREVIDENZIALI
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2008
NORMATIVA NAZIONALE
ALL’ENPALS
DIREZIONE VIGILANZA
ALL’AGENZIA DELLE ENTRATE
DIREZIONE CENTRALE ACCERTAMENTO
AL COMANDO CARABINIERI PER LA TUTELA DEL LAVORO
AL COMANDO GENERALE DELLE GUARDIA DI FINANZA
ALLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO
ALLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
ALL’ISPETTORATO REGIONALE DEL LAVORO DI PALERMO
ALL’ISPETTORATO REGIONALE DEL LAVORO DI CATANIA
LORO SEDI
Come noto il D.L. n. 248/2007, convertito dalla Legge n. 31 del 28 febbraio 2008 (G.U.R.I. n. 51 del
29 febbraio 2008), ha prorogato al 30 settembre p.v. il termine per aderire alla procedura di trasformazione dei rapporti di collaborazione in rapporti di lavoro subordinato disciplinata dall’articolo 1, commi
1202 e ss., della Legge n. 296/2006.
Ciò premesso e fermo restando quanto chiarito dall’INPS con Circolare n. 78/2007 – con la quale sono state fornite indicazioni di carattere procedurale – nonché quanto precisato da questo Ministero con
nota del 29 settembre 2007 prot, n. 25/SEGR/11899 – concernente i criteri di valutazione degli accordi
di trasformazione – si ritiene opportuno, anche sulla scorta di alcune criticità operative che hanno accompagnato il primo periodo di applicazione della disciplina, fornire ulteriori istruzioni per una corretta
applicazione della stessa.
Con tenuto degli accordi
L’articolo 1, comma 1203, della citata Legge n. 296/2006 stabilisce che gli accordi sindacali “promuovono la trasformazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto,
mediante la stipula di contatti di lavoro subordinato”. Da ciò si evince che detti accordi provvedono sia
ad individuare la platea dei destinatari del processo di trasformazione che te tipologie contrattuali, pur
sempre riconducibili a rapporti di lavoro subordinato, cui è possibile fare ricorso.
In primo luogo va sottolineato che la procedura sembra presupporre la necessaria sussistenza, all’atto dell’attivazione della stessa, del rapporto di collaborazione e ciò si desume direttamente dal comma 1203 che prevede appunto una “trasformazione” del rapporto. Con la modifica apportata dal D.L.
n. 248/2007 appare dunque possibile ammettere alla trasformazione i rapporti di collaborazione attualmente in essere e sino alla data del 30 settembre p.v.
Conseguentemente, inoltre, sembra preclusa la possibilità di “trasformare” i rapporti di collaborazione che siano già stati ricondotti ad una tipologia contrattuale di natura subordinata a seguito di provvedimenti ispettivi o giudiziali.
Quanto all’individuazione delle tipologie contrattuali mediante le quali e possibile procedere alla trasformazione, le stesse devono essere tutte riconducibili a rapporti di natura subordinata. In proposito,
senza voler condizionare le scelte demandate alla autonomia contrattuale, va considerato che la tipologia di contratto utilizzato non può non incidere sui criteri di approvazione dell’accordo da parte del Ministero in considerazione del meccanismo di “cofinanziamento” statale del contributo straordinario integrativo previsto dal comma 1206. Va infatti osservato che, stante il contingentamento delle risorse pubbliche stanziate – così come peraltro già indicato con la citata nota del 24 settembre 2007 – appaiono
meritevoli di una miglior considerazione e di una valutazione preferenziale quegli accordi che prevedono criteri prioritari di trasformazione mediante:
– contratti di lavoro a tempo pieno e indeterminato;
– contratti part-time a tempo indeterminato superiori a 25 ore settimanali;
– contratti a tempo determinato;
– contratti di apprendistato,
Per quanto attiene ai contratti a tempo determinato gli stessi evidentemente non potranno avere
una durata inferiore ai 24 mesi – così come previsto dal comma 1210 – e, per la loro sottoscrizione, sarà
356
LAVORI PUBBLICI 4
2008
NORMATIVA NAZIONALE
necessario verificare la sussistenza dei requisiti “tecnico, produttivi, organizzativi o sostitutivi”e visti dal
D.Lgs. n. 368/2001, mentre i contratti di apprendistato sono da ritenersi ammissibili solo in presenza dei
requisiti normativi e contrattuali.
Fra le tipologie contrattuali ammissibili alla procedura si ritiene invece che vada esclusa l’ipotesi del
contratto di inserimento in quanto la durata massima dello stesso è pari a 18 mesi mentre, per le ipotesi di lavoro part-time con prestazione inferiore alle 25 ore settimanali, le stesse potranno essere ritenute ammissibili ove comunque il limite minimo settimanale non sia inferiore alle 12 ore.
Quanto alla platea dei destinatari dell’accordo, la previsione secondo cui “l’accordo sindacale (...)
comprende la stabilizzazione delle posizioni di tutti i lavoratori per i quali sussistano le stesse condizioni
dei lavoratori la cui posizione sia stata oggetto di accertamenti ispettivi”, impone alle parti stipulanti di
definire compiutamente e con precisione i criteri di individuazione dei collaboratori ammessi alla trasformazione, tenendo presenti gli elementi ed i presupposti oggettivi risultanti dalla verbalizzazione degli organi ispettivi.
La procedura di trasformazione trova applicazione anche nei confronti di rapporti di collaborazione
gia oggetto di accertamento in sede amministrativa o giudiziale, purché non sussistano provvedimenti
o sentenze di natura “definitiva”, che abbiano già ricondotto i predetti rapporti nell’ambito del lavoro subordinato con i conseguenti effetti sia sul piano contributivo e sanzionatorio. Ciò comporta che il limite
alla possibilità di trasformazione e rappresentato da titoli esecutivi non impugnati (ordinanze ingiunzione o cartelle esattoriali) ovvero da sentenze passate in giudicato che accertino l’esistenza di rapporti di
lavoro subordinato.
Al riguardo è anche opportuno ricordare che in materia di collaborazioni coordinate e continuative “anche a progetto” – ed in particolare sulle modalità di indagine da parte del personale ispettivo nei confronti
di tali tipologie contrattuali – questo Ministero ha già fornito puntuali indicazioni con Circolare n. 4/2008.
Atti di conciliazione individuale
La disciplina normativa stabilisce inoltre che le conciliazioni ai sensi degli articoli 410 e 41 1 c.p.c.
costituiscono un elemento essenziale ai fini del buono esito della procedura giacché i relativi atti vanno
depositati, unitamente agli accordi sindacali, al contratto di lavoro subordinato con ciascun lavoratore e
alla attestazione dell'avvenuto versamento, alle sedi INPS territorialmente competenti, del terzo del contributo straordinario dovuto,
A tal fine va precisato che gli accordi conciliativi possono essere raggiunti sia in sede sindacale sia
nelle Commissione di conciliazione operanti presso le Direzioni provinciali del lavoro.
Durata del contratto di lavoro subordinato
Il comma 1210 prevede una durata del rapporto di lavoro subordinato pari ad almeno a 24 mesi. In
relazione a tale previsione – direttamente legata alla ratio della norma volta a garantire un periodo minimo di durata del rapporto – non è possibile alcuna deroga, pena l’inammissibilità o la decadenza dalla
procedura di trasformazione. Unica eccezione all’obbligo di durata almeno biennale del contratto è rappresentata dalle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro per giusta causa o dimissioni del lavoratore
secondo la procedura da ultimo introdotta dalla Legge n. 188/2007.
Contributo straordinario integrativo
La disposizione normativa prevede, quale condizione per l’efficacia dell’atto di conciliazione, il versamento alla Gestione separata INPS di un contributo straordinario integrativo “pari alla metà della quota di contribuzione a carico dei committenti per i periodi di vigenza dei contralti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto, per ciascun lavoratore interessato alia trasformazione del rapporto di lavoro”. Ferme restando le istruzioni fornite dall’INPS con la citata Circolare n. 78/2007, va sottolineato che il versamento dell’intero contributo straordinario, da verificarsi da parte dell’Istituto anche
con riferimento al versamento rateale, comporta inoltre “l’estinzione dei reati previsti da leggi speciali in
materni di versamenti di contributi o premi e di imposte sui redditi, nonché di obbligazioni per sanzioni
amministrative e per ogni altro onere accessorio connesso alla denuncia e il versamento dei contributi e
dei premi (…)”.
Dalla formulazione normativa restano pertanto escluse le sole ipotesi di reato afferenti a materie diverse da quelle “connesse” al versamento di contributi previdenziali. Per quanto attiene gli illeciti amministrativi invece, la nozione di “connessione” pare assumere un significato più ampio, che ricomprende
ogni illecito di carattere amministrativo comunque collegato all’impiego dei lavoratori stabilizzati con
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NORMATIVA NAZIONALE
contratti di collaborazione in quanto questa appare l’unica interpretazione possibile dal momento che
l’articolo 116, comma 12, Legge n. 388/2000, ha abrogato tutte le “sanzioni amministrative relative a violazioni in materia ai previdenza e assistenza obbligatorie consistenti nell’omissione totale o parziale del
versamento di contributi o premi o dalle quali comunque derivi l’omissione totale o parziale del versamento di contributi o premi”.
La prevista estinzione, inoltre, di ogni “onere accessorio connesso alla denuncia e il versamento dei
contributi e dei premi” non può che riferirsi alle sanzioni civili conseguenti alle eventuali omissioni contributive oggetto di accertamento ispettivo.
Si ritiene comunque opportuno precisare che il mancato pagamento dell’intero contributo aggiuntivo ovvero di una sola rata dello stesso, determina il venir meno dell’effetto estintivo riferito alle citate
sanzioni di natura penale, amministrativa o civile, rispetto alle quali si ritiene pertanto operi un regime di
sospensione della prescrizione relativa alla punibilità degli illeciti.
Preclusione degli accertamenti ispettivi
L’articolo 1, comma 1207, della Legge n. 296/2006 stabilisce che “per effetto degli atti di conciliazione, è precluso ogni accertamento di natura fiscale e contributiva per I pregressi periodi di lavoro prestato dai lavoratori interessati dalle trasformazioni (...)”.
Sotto il profilo soggettivo, la formulazione normativa va riferita ai soli collaboratori stabilizzati e per i
relativi periodi di attività denunciata.
Sotto il profilo oggettivo, invece, sembrano esclusi dall’accertamento i soli aspetti “di natura fiscale
e contributiva” legati a detti rapporti con la possibilità, quindi, che il personale ispettivo possa verificare,
ad esempio, eventuali violazioni in materia di sicurezza e igiene del lavoro, non riconducibili in alcun modo alle predette materie.
Trasformazione dei rapporti nelle attività di call center
La riapertura dei termini per aderire alla procedura di trasformazione disciplinata dall’articolo 1, commi 1202 e ss., della Legge n. 296/2006, stante la generalità del campo di applicazione della norma, esteso a tutti i settori produttivi, non può che trovare applicazione anche per le imprese che operano nelle
attività di call center le quali, come noto, hanno già avviato da tempo tale percorso di trasformazione.
Ciò comporta che, sia le imprese che ad oggi non hanno aderito alla procedura che quelle che hanno sottoscritto accordi parziali o carenti – in quanto non riferiti a tutti i collaboratori oggetto di possibile
trasformazione ovvero accordi non in linea con i requisiti minimi di legge – possono, entro il citato termine del 30 settembre p.v., attivare ex novo il percorso di trasformazione dei rapporti, ovvero ampliare
la platea dei collaboratori oggetto dei precedenti accordi sindacali.
Nell’ambito della definizione di tali accordi, tuttavia, nell’individuare i destinatari del percorso di trasformazione, non potrà non tenersi conto anche dell’esperienza maturata nel corso degli accertamenti
ispettivi effettuati durante il primo periodo di attivazione della procedura.
Più in particolare, va evidenziato che il criterio distintivo indicato dalla Circolare n. 17/2006 fra attività
in bound – caratterizzata da una prestazione non autonomamente determinabile dall’operatore – ed attività out bound – identificata invece come prestazione non eterodiretta – criterio sicuramente valido su
un piano astratto, presenta in concreto notevoli limiti applicativi.
L’esperienza ispettiva nell’ambito delle attività dei call center ha infatti frequentemente evidenziato
l’assenza degli elementi che contraddistinguono una prestazione genuinamente autonoma per le attività on bound e ciò induce inevitabilmente ad una più approfondita valutazione in ordine alla applicabilità in concreto del citato criterio distintivo.
Non appare superfluo ricordare in proposito che la prestazione non pub essere correttamente qualificata autonoma nello svolgimento di attività out bound qualora si riscontri anche una sola delle seguenti criticità:
a) il progetto o programma di lavoro non individui la specifica campagna promozionale cui l’operatore assegnato;
b) la prestazione di lavoro non sia circoscritta alle sole attività out bound e contempli, sia pur parzialmente, anche attività in bound;
c) la prestazione di lavoro non sia resa nell’ambito di un fascia oraria con possibilità per il collaboratore di gestire comunque la quantità e la collocazione temporale della stessa;
d) le concrete modalità di effettuazione della prestazione siano vincolate all’utilizzo di sistemi informatici che non consentono l’autodeterminazione dei ritmi lavorativi;
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NORMATIVA NAZIONALE
e) la postazione non sia dotata di apposito dispositivo “break” che consenta al collaboratore di interrompere in qualsiasi momento lo svolgimento della prestazione;
f) il committente eserciti un potere direttiva o disciplinare nei confronti dell’operatore.
Ciò premesso, ove si continuino a riscontrare una o piu di tali modalità di svolgimento della attività
con riferimento alle singole fattispecie, non sussistendo gli elementi che denotano una autentica prestazione resa in piena autonomia, non può configurarsi una forma genuina di out bound inquadrabile con
contratti di natura autonoma o di collaborazione e pertanto il rapporto va sempre e comunque ricondotto nell’ambito della subordinazione.
Alla luce delle indicazioni contenute nella presente circolare andranno pertanto valutati gli accordi di
stabilizzazione sia ai fini dell’approvazione da parte dell’Amministrazione, nell’ambito della necessaria
attività di verifica svolta da parte degli organi ispettivi alla scadenza del termine previsto per la definizione della procedura.
ANTINCENDIO – RESISTENZA AL FUOCO DI PARETI PORTANTI IN MURATURA
CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL’INTERNO 15 FEBBRAIO 2008, PROT. 1968
Pareti di muratura portanti resistenti al fuoco.
AI SIGG. DIRETTORI CENTRALI
LORO SEDI
AI SIGG. DIRETTORI INTERREGIONALI E REGIONALI
DEI VIGILI DEL FUOCO
LORO SEDI
AI SIGG. COMANDANTI PROVINCIALI
DEI VIGILI DEL FUOCO
LORO SEDI
ALL’UFFICIO DEL DIRIGENTE GENERALE CAPO
DEL C.N. VV.F.
SEDE
Il decreto del Ministro dell’interno 16 febbraio 2007 (G.U.R.I. n. 74 del 29 marzo 2007 – s.o. n.87) ha
introdotto nuovi elementi per la valutazione della prestazione di resistenza al fuoco di elementi costruttivi portanti e/o separanti. Lo stesso decreto, all’allegato D, definisce nuove tabelle contenenti indicazioni per la classificazione degli elementi suddetti.
Tra le tabelle presenti nel citato allegato D al decreto in parola, non sono presenti tabelle per le murature portanti resistenti al fuoco, ne risultano disponibili, al momento, metodi di calcolo consolidati alternativi all’impiego di tabelle.
Tenuto conto che il metodo sperimentale è praticamente inapplicabile per le costruzioni esistenti e
che quindi appare necessario completare il predetto allegato D, in attesa della definizione dell’appendice nazionale dell’Eurocodice EN 1996-1-2 (Progettazione delle strutture di muratura – Parte 1-2: Regole
generali – Progettazione strutturale contro l’incendio), acquisito il parere del CCTS per la PI, è stata predisposta la seguente tabella aggiuntiva che, temporaneamente, potrà essere utilizzata come riferimento per le murature portanti resistenti al fuoco presenti nelle costruzioni che ospitano attività soggette ai
controlli del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco (allegato alla presente lettera circolare).
Muratura portante in blocchi
La seguente tabella riporta i valori minimi (mm) dello spessore s di murature portanti di blocchi
(escluso l’intonaco) sufficienti a garantire i requisiti REI per le classi indicate, esposte su un lato, con le
seguenti limitazioni che dovranno comunque essere rispettate:
– rapporto h/s ≤ 20
– h ≤ 8m
dove h è l’altezza della parete fra due solai (o elementi di irrigidimento con equivalente funzione
di vincolo dei solai).
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Classi
Materiale
Tipo blocco
30
60
90
120
180
240
Laterizio
Pieno (foratura ≤ 15%)
120
150
170
200
240
300
Laterizio (*)
Pieno e foratura (15% < foratura ≤ 55%)
170
170
200
240
280
330
Calcestruzzo
Pieno, semipieno e forato (foratura ≤ 55%)
170
170
170
200
240
300
Calcestruzzo
leggeto (*)
Pieno, semipieno e forato (foratura ≤ 55%)
170
170
170
200
240
300
170
170
250
280
360
400
Pietra squadrata Pieno (foratura ≤ 15%)
(*)
Presenza di 10 mm di intonaco su ambedue le facce ovvero di 20 mm sulla sola faccia esposta al
fuoco; i valori in tabella si riferiscono agli elementi di laterizio sia normale che alleggerito in pasta.
(**) Massa volumica netta non superiore a 1700 kg/m3.
AUTORITÀ LAVORI PUBBLICI – DUVRI E COSTI DELLA SICUREZZA
L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, con la determinazione n. 3
del 5 marzo 2008 recante “Sicurezza nell’esecuzione degli appalti relativi a servizi e forniture. Predisposizione del documento unico di valutazione dei rischi (DUVRI) e determinazione dei costi della sicurezza
– Legge n. 123/2007 e modifica dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 626/1994, e articolo 86, commi 3 e 3-ter, del
D.Lgs. n. 163/2006” interviene sul problema relativo alla predisposizione del documento unico di valutazione dei rischi rilevabile nell’articolo 7, comma 3 della Legge n. 626/1994 nel testo modificato dall’articolo 3, comma 1, lettera a) della Legge n. 123/2007 recante il Testo unico sulla sicurezza.
La disposizione novellata prevede l’obbligo per il datore di lavoro committente di promuovere la
cooperazione ed il coordinamento tra committente e appaltatore attraverso l’elaborazione di un “documento unico di valutazione dei rischi” (DUVRI), che indichi le misure adottate per l’eliminazione delle
“interferenze”. La medesima disposizione aggiunge che “Tale documento è allegato al contratto d’appalto o d’opera. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell’attività
delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi”.
Un’altra importante novità è stata introdotta con l’articolo 8 della Legge n. 123/2007, che modifica il
comma 3-bis dell’articolo 86 del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), che ora prevede che
“Nella predisposizione delle gare d’appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificatamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle
caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture”.
Il citato articolo 8 ha, altresì, introdotto nell’articolo 86 del codice dei contratti, il comma 3-ter in cui
viene precisato che: “Il costo relativo alla sicurezza non può essere comunque soggetto a ribasso d’asta”.
La determinazione chiarisce la nozione di “interferenza” che consiste “nella circostanza in cui si verifica un contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di
imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti” e fra le situazioni rischiose vengono indicati i rischi:
– derivanti da sovrapposizioni di più attività svolte da operatori di appaltatori diversi;
– immessi nel luogo di lavoro del committente dalle lavorazioni dell’appaltatore;
– esistenti nel luogo di lavoro del committente, ove è previsto che debba operare l’appaltatore, ulteriori rispetto a quelli specifici dell’attività propria dell’appaltatore;
– derivanti da modalità di esecuzione particolari richieste esplicitamente dal committente (che
comportino pericoli aggiuntivi rispetto a quelli specifici dell’attività appaltata).
L’Autorità, dopo le necessarie premesse, ritiene che:
– per gli appalti di seguito riportati è possibile escludere preventivamente la predisposizione del
DUVRI e la conseguente stima dei costi della sicurezza:
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NORMATIVA NAZIONALE
–
la mera fornitura senza installazione, salvo i casi in cui siano necessarie attività o procedure
suscettibili di generare interferenza con la fornitura stessa, come per esempio la consegna di
materiali e prodotti nei luoghi di lavoro o nei cantieri;
– i servizi per i quali non è prevista l’esecuzione all’interno della Stazione appaltante, intendendo per “interno” tutti i locali/luoghi messi a disposizione dalla stazione appaltante per l’espletamento del servizio, anche non sede dei propri uffici;
– i servizi di natura intellettuale, anche se effettuati presso la stazione appaltante
– sono quantificabili come costi della sicurezza da interferenze le misure, in quanto compatibili, di cui all’articolo7 comma 1 del D.P.R. n. 222/2003 previste nel DUVRI, richiamate in precedenza;
– per i costi della sicurezza afferenti all’esercizio dell’attività svolta da ciascuna impresa, resta
immutato l’obbligo per la stessa di elaborare il proprio documento di valutazione e di provvedere all’attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre al minimo i rischi. I suddetti costi sono a carico dell’impresa, la quale deve dimostrare, in sede di verifica dell’anomalia
delle offerte, che gli stessi sono congrui rispetto a quelli desumibili dai prezzari o dal mercato.
I costi della sicurezza necessari per la eliminazione dei rischi da interferenze vanno tenuti distinti dall’importo a base d’asta e non sono soggetti a ribasso. In fase di verifica dell’anomalia, detti costi non sono oggetto di alcuna verifica essendo stati quantificati e valutati a monte dalla stazione appaltante.
DETERMINAZIONE DELL’AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E
FORNITURE 5 MARZO 2008, N. 3
Sicurezza nell’esecuzione degli appalti relativi a servizi e forniture. Predisposizione del documento unico di valutazione dei rischi (DUVRI) e determinazione dei costi della sicurezza – Legge n. 123/2007 e modifica dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 626/1994, e articolo 86, commi 3 e 3-ter,
del D.Lgs. n. 163/2006.
IL CONSIGLIO
CONSIDERATO IN FATTO
Con la legge 3 agosto 2007, n.123 recante “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul
lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia” è stata introdotta la necessità di redigere, tra i documenti a corredo dell’appalto, un “documento unico di valutazione dei rischi
da interferenze” (di seguito DUVRI) ed è stato modificato l’articolo 86 del codice degli appalti relativo al
“criteri di valutazione delle offerte anormalmente basse” soprattutto con riguardo all’ esclusione di ribassi d’asta per il costo relativo alla sicurezza.
Ai sensi dell’articolo 1 di siffatta legge il Governo deve emanare entro nove mesi dalla pubblicazione (avvenuta il 10 agosto 2007) uno o più decreti legislativi per il “riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro”.
La prima novità di rilievo operata dalla Legge n. 123/2007 è contenuta nell’articolo 3, comma 1, lettera a), il quale modifica l’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo 16 settembre 1994, n. 626, riguardante il “miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”. La disposizione novellata prevede l’obbligo per il datore di lavoro committente di promuovere la cooperazione ed il coordinamento tra committente e appaltatore attraverso l’elaborazione di un “documento unico di valutazione
dei rischi” (DUVRI), che indichi le misure adottate per l’eliminazione delle “interferenze”. La medesima
disposizione aggiunge che “Tale documento è allegato al contratto d’appalto o d’opera. Le disposizioni
del presente comma non si applicano ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o dei
singoli lavoratori autonomi”.
Un’altra importante novità è stata introdotta con l’articolo 8 della Legge n. 123/2007, che modifica il
comma 3-bis dell’articolo 86 D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), che ora prevede che
“Nella predisposizione delle gare d’appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo
alla sicurezza, il quale deve essere specificatamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle
caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture”. Il citato articolo 8, ha altresì introdotto un comma
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3 ter dell’articolo 86 del codice dei contratti pubblici: “Il costo relativo alla sicurezza non può essere comunque soggetto a ribasso d’asta”.
Dal delineato quadro normativo emerge, quindi, che i costi della sicurezza – sia nel comparto dei lavori che in quello dei servizi e delle forniture – devono essere dalla stazione appaltante adeguatamente
valutati ed indicati nei bandi; a loro volta le imprese dovranno nelle loro offerte indicare i costi specifici
connessi con la loro attività. Naturalmente, in sede di verifica dell’anomalia di tali offerte, la stazione appaltante dovrà valutarne la congruità rispetto all’entità e alle caratteristiche del lavoro, servizio o fornitura.
Viene, infine, normativamente escluso, anche in questo caso per lavori, servizi e forniture data la natura generale del principio esposto all’articolo 86 comma 3-ter, che il costo della sicurezza sia suscettibile di ribasso.
Considerata la rilevanza delle questioni e delle problematiche già insorte nell’applicazione delle nuove disposizioni in materia di appalti di servizi e forniture, l’Autorità ha proceduto ad effettuare apposite
audizioni con i rappresentanti dell’ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani, dell’UPI – Unione delle Province d’Italia, di ITACA – Istituto per l’innovazione e la trasparenza degli appalti e la compatibilità
ambientale, del Ministero del Lavoro e Previdenza – Direzione Generale per le politiche Previdenziali, del
Ministero della Solidarietà Sociale – Direzione Generale della Tutela Cond. Lav., dell’ANCE – Direzione
Generale Relazioni Industriali e Direzione Generale Sicurezza Costruzioni, dell’ANIEM – Associazione
Nazionale Imprese Edili, della CNA Costruzioni – Conf. Naz. Artig. Piccola e Media impresa, della CONFAPI, della CONFINDUSTRIA, dell’Associazione Nazionale Ingegneria della Sicurezza, della FILCA – CISL, della FILLEA – CGIL, dell’INAIL, dell’INPS, di ASSTRA – Associazione Trasporti, dell’ANAEPA, della
FILCAMS – CGIL, della TUCS – UIL, della FISASCT – CISL, della FENEAL –UIL.
In tali audizioni è emersa l’importanza della tematica sulla sicurezza e l’esigenza di un atto di indirizzo dell’Autorità che dia indicazioni utili alle stazioni appaltanti ed alle imprese; sono stati, inoltre, forniti
importanti contributi che hanno concorso a chiarire alcuni aspetti della normativa in materia.
RITENUTO IN DIRITTO
Le citate novità introdotte a Legge n. 123/2007 in materia di sicurezza creano difficoltà operative alle Stazioni Appaltanti con particolare riguardo al settore dei servizi e delle forniture, poiché, non c’è, allo stato attuale, una normativa analoga a quella prevista per gli appalti di lavori (D.Lgs. n. 494/1996 e
D.P.R. n. 222/2003), che dia indicazioni specifiche sia sulle modalità di redazione del DUVRI, sia sulle
modalità di valutazione dei relativi costi.
Gli aspetti che si ritiene di dover chiarire riguardano in particolare:
A. Esistenza di “interferenze” e il conseguente obbligo di redazione del DUVRI;
B. Valutazione dei costi della sicurezza;
C. Costi della sicurezza da non assoggettare a ribasso.
A. Esistenza di “interferenze” e il conseguente obbligo di redazione del DUVRI
Il DUVRI si configura quale adempimento derivante dall’obbligo, previsto dal novellato articolo7
comma 3, del D.Lgs. n. 626/1994, del datore di lavoro committente di promuovere la cooperazione e il
coordinamento tra lo stesso e le imprese appaltatrici e/o i lavoratori autonomi. Si tratta di un documento da redigersi a cura delle stazioni appaltanti e che deve dare indicazioni operative e gestionali su come superare uno dei maggiori ostacoli alla prevenzione degli incidenti nei luoghi di lavoro e nei cantieri: l’”interferenza”.
Si parla di interferenza nella circostanza in cui si verifica un “contatto rischioso” tra il personale del
committente e quello dell’appaltatore o tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti.
In linea di principio, occorre mettere in relazione i rischi presenti nei luoghi in cui verrà espletato il
servizio o la fornitura con i rischi derivanti dall’esecuzione del contratto.
Le Stazioni Appaltanti hanno come unico riferimento per la redazione del DUVRI l’articolo 7 del citato D.Lgs. n. 626/1994 riguardante i contratti di appalto o contratti d’opera, che non fornisce indicazioni
di dettaglio sulle modalità operative per la sua redazione.
Dal dettato normativo, tuttavia, discende che il DUVRI deve essere redatto solo nei casi in cui esistano interferenze. In esso, dunque, non devono essere riportati i rischi propri dell’attività delle singole
imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi, in quanto trattasi di rischi per i quali resta immutato l’obbligo dell’appaltatore di redigere un apposito documento di valutazione e di provvedere all’attuazione delle misure necessarie per ridurre o eliminare al minimo tali rischi.
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LAVORI PUBBLICI 4
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NORMATIVA NAZIONALE
In assenza di interferenze non occorre redigere il DUVRI; tuttavia si ritiene necessario indicare nella
documentazione di gara (bandi, inviti e richieste di offerta) che l’importo degli oneri della sicurezza è pari a zero. In tal modo, infatti, si rende noto che la valutazione dell’eventuale esistenza di interferenze è
stata comunque effettuata, anche se solo per escluderne l’esistenza. Per quanto riguarda la problematica inerente la sussistenza o meno di interferenze, a mero titolo esemplificativo si possono considerare interferenti i seguenti rischi:
– derivanti da sovrapposizioni di più attività svolte da operatori di appaltatori diversi;
– immessi nel luogo di lavoro del committente dalle lavorazioni dell’appaltatore;
– esistenti nel luogo di lavoro del committente, ove è previsto che debba operare l’appaltatore, ulteriori rispetto a quelli specifici dell’attività propria dell’appaltatore;
– derivanti da modalità di esecuzione particolari richieste esplicitamente dal committente (che
comportino pericoli aggiuntivi rispetto a quelli specifici dell’attività appaltata).
Si rammenta che la circolare interpretativa del Ministero del lavoro e della previdenza sociale n. 24
del 14 novembre 2007 ha escluso dalla valutazione dei rischi da interferenza le attività che, pur essendo
parte del ciclo produttivo aziendale, si svolgano in luoghi sottratti alla giuridica disponibilità del committente e, quindi, alla possibilità per la Stazione Appaltante di svolgere nei medesimi luoghi gli adempimenti di legge.
Appare utile, in ogni caso, precisare come taluni appalti di servizi o forniture si svolgono all’interno
di edifici pubblici ove è presente un datore di lavoro che non è committente (scuole, mercati, musei, biblioteche). In tali fattispecie è necessario che il committente (in genere l’ente proprietario dell’edificio)
si coordini con il datore di lavoro del luogo ove si svolgerà materialmente la fornitura o il servizio.
Deve, inoltre, essere sottolineato che la valutazione dei rischi da interferenza, in particolare negli
edifici quali, a titolo esemplificativo, ospedali e scuole, deve avvenire con riferimento non solo al personale interno ed ai lavoratori delle imprese appaltatrici, ma anche agli utenti che a vario titolo possono
essere presenti presso la struttura stessa quali i degenti, gli alunni ed anche il pubblico esterno.
Per gli appalti di seguito riportati è possibile escludere preventivamente la predisposizione del DUVRI e la conseguente stima dei costi della sicurezza:
– la mera fornitura senza installazione, salvo i casi in cui siano necessarie attività o procedure suscettibili di generare interferenza con la fornitura stessa, come per esempio la consegna di materiali e prodotti nei luoghi di lavoro o nei cantieri (con l’esclusione di quelli ove i rischi interferenti sono stati valutati nel piano di sicurezza e coordinamento, come precisato nel seguito);
– i servizi per i quali non è prevista l’esecuzione all’interno della Stazione appaltante, intendendo
per “interno” tutti i locali/luoghi messi a disposizione dalla stessa per l’espletamento del servizio, anche non sede dei propri uffici;
– i servizi di natura intellettuale, anche se effettuati presso la stazione appaltante.
La citata circolare del Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha poi chiarito che il DUVRI è
un documento “dinamico”, per cui la valutazione dei rischi effettuata prima dell’espletamento dell’appalto deve essere necessariamente aggiornata in caso di situazioni mutate, quali l’intervento di subappalti o di forniture e posa in opera o nel caso di affidamenti a lavoratori autonomi. L’aggiornamento della valutazione dei rischi deve essere inoltre effettuato in caso di modifiche di carattere tecnico, logistico
o organizzativo resesi necessarie nel corso dell’esecuzione dell’appalto o allorché, in fase di esecuzione
del contratto, emerga la necessità di un aggiornamento del documento. Nei contratti rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 494/1996, per i quali occorre redigere il Piano di sicurezza e Coordinamento, l’analisi dei rischi interferenti e la stima dei relativi costi sono contenuti nel Piano di Sicurezza e
Coordinamento e, quindi, in tale evenienza non appare necessaria la redazione del DUVRI.
Infine, si fa presente che il DUVRI è un documento tecnico, che dovrà essere allegato al contratto
di appalto, poiché l’appaltatore dovrà espletare le attività ivi previste, volte alla eliminazione dei rischi.
Pertanto, esso va considerato alla stessa stregua delle specifiche tecniche (articolo 68 del Codice contratti pubblici), in quanto deve consentire pari accesso agli offerenti, non deve comportare la creazione di ostacoli ingiustificati alla concorrenza e deve, quindi, essere messo a disposizione dei partecipanti alla gara.
B. Valutazione dei costi della sicurezza
Per quantificare i costi della sicurezza da interferenze, in analogia agli appalti di lavori, si può far riferimento, in quanto compatibili, alle misure di cui all’articolo 7 comma 1 del D.P.R. n. 222/2003 inserite
nel DUVRI ed in particolare:
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a) gli apprestamenti (come ponteggi, trabattelli, etc.);
b) le misure preventive e protettive e dei dispositivi di protezione individuale eventualmente necessari per eliminare o ridurre al minimo i rischi da lavorazioni interferenti;
c) gli eventuali impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche, degli impianti antincendio, degli impianti di evacuazione fumi (se non presenti o inadeguati all’esecuzione del
contratto presso i locali/luoghi del datore di lavoro committente);
d) i mezzi e servizi di protezione collettiva (come segnaletica di sicurezza, avvisatori acustici, etc.);
e) le procedure previste per specifici motivi di sicurezza;
f) gli eventuali interventi finalizzati alla sicurezza e richiesti per lo sfasamento spaziale o temporale
delle lavorazioni interferenti;
g) le misure di coordinamento relative all’uso comune di apprestamenti, attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva.
La stima dei costi dovrà essere congrua, analitica per singole voci, riferita ad elenchi prezzi standard
o specializzati, oppure basata su prezziari o listini ufficiali vigenti nell’area interessata, o sull’elenco prezzi delle misure di sicurezza del committente; nel caso in cui un elenco prezzi non sia applicabile o non
sia disponibile, la stima dovrà essere effettuata con riferimento ad una analisi dei costi dettagliata e desunta da indagini di mercato.
Si precisa che anche nell’ipotesi di subappalto gli oneri relativi alla sicurezza non devono essere soggetti a riduzione e vanno evidenziati separatamente da quelli soggetti a ribasso d’asta nel relativo contratto tra aggiudicataria e subappaltatore. In tal caso, inoltre, il direttore dell’esecuzione è tenuto a verificare
che l’appaltatore committente corrisponda i costi della sicurezza anche all’impresa subappaltatrice.
Potrebbe, infine, verificarsi la situazione in cui è prevista la possibilità per gli offerenti di presentare varianti, quando il criterio di aggiudicazione della gara è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa
(articolo 76 del Codice dei contratti pubblici) o quando emerge la necessità di modifiche in corso di esecuzione del contratto derivanti da intervenute esigenze di carattere tecnico, logistico ed organizzativo nei casi stabiliti dal codice (articolo 114 del Codice dei contratti pubblici). In tali casi si potrebbe verificare la necessità di modificare il DUVRI, attività che può comportare una rideterminazione degli oneri di sicurezza
per interferenza. Al riguardo, si palesa l’opportunità da parte della stazione appaltante di prevedere tra le
somme a disposizione una voce relativa ad imprevisti a cui poter attingere anche in tale evenienza.
Non è da escludere, infine, che nella fase di cooperazione e coordinamento che precede la stesura
finale del DUVRI da allegare al contratto emerga la necessità di apportare modifiche al documento già
posto a base d’appalto.
In analogia a quanto previsto dall’articolo 131 del codice, relativamente ai lavori, può, quindi, prevedersi in tale fase la possibilità per l’appaltatore di presentare proposte integrative al DUVRI, proposte
che naturalmente dovranno rappresentare oggetto di attenta valutazione da parte delle stazioni appaltanti. L’articolo 131, comma 2, lettera a) del codice prevede infatti che entro 30 giorni dall’aggiudicazione e comunque prima della consegna dei lavori, l’appaltatore od il concessionario può presentare alle
amministrazioni aggiudicatrici eventuali proposte integrative del piano di sicurezza e di coordinamento.
Si evidenzia, quindi, l’opportunità di inserire nel capitolato d’oneri una apposita dicitura, la quale indichi che il committente ha redatto (o non ha redatto) il DUVRI e che tale documento potrà essere aggiornato dallo stesso committente, anche su proposta dell’esecutore del contratto, in caso di modifiche
di carattere tecnico, logistico o organizzativo incidenti sulle modalità realizzative; tale documento potrà,
inoltre, essere integrato su proposta dell’aggiudicatario da formularsi entro 30 giorni dall’aggiudicazione ed a seguito della valutazione del committente.
C. Costi della sicurezza da non assoggettare a ribasso
In merito al novellato articolo 86, comma 3-bis del Codice dei contratti pubblici, occorre chiarire se i
costi della sicurezza non assoggettabili a ribasso siano soltanto quelli relativi alle misure preventive e
protettive necessarie ad eliminare o ridurre al minimo i rischi di interferenza oppure siano tutti i costi riguardanti l’applicazione delle misure di sicurezza, ivi compresi quelli a carico dell’impresa connessi ai rischi relativi alle proprie attività.
Per risolvere questa problematica è necessario considerare che le modifiche all’articolo 86 del Codice dei contratti pubblici si collocano nell’ambito dei “criteri di valutazione delle offerte anormalmente
basse”, come recita espressamente la titolazione della disposizione citata. In quest’ottica, il legislatore
ha chiesto alla stazione appaltante di valutare, nella verifica della congruità delle offerte, che il valore
economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza. Que364
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NORMATIVA NAZIONALE
st’ultimo costo, pertanto, deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e
alle caratteristiche dei lavori, servizi e forniture. D’altro canto anche l’articolo 87, comma 4, allo stesso
riguardo del Codice dei contratti pubblici precisa che “Nella valutazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell’offerta
e risultare congrui rispetto all’entità e caratteristiche dei servizi e delle forniture”.
Va inoltre considerato che la più volte citata circolare del Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha precisato che “…, per tutti gli altri rischi non riferibili alle interferenze resta immutato l’obbligo
per ciascuna impresa di elaborare il proprio documento di valutazione dei rischi e di provvedere all’attuazione delle misure di sicurezza necessarie per eliminare o ridurre al minimo i rischi specifici propri
dell’attività svolta”.
Infine, occorre rilevare che i rischi dell’attività svolta da ciascuna impresa sono noti alla stessa in
maniera puntuale, mentre non è possibile per la stazione appaltante conoscere le diverse realtà organizzative delle imprese che si aggiudicheranno il servizio o la fornitura, realtà cui sono strettamente connessi i rischi delle relative attività.
Sulla base di quanto sopra discende che:
1) per i costi della sicurezza afferenti all’esercizio dell’attività svolta da ciascuna impresa, resta immutato l’obbligo per la stessa di elaborare il proprio documento di valutazione e di provvedere
all’attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre al minimo i rischi. I suddetti costi
sono a carico dell’impresa, la quale deve dimostrare, in sede di verifica dell’anomalia delle offerte, che gli stessi sono congrui rispetto a quelli desumibili dai prezzari o dal mercato;
2) per quanto riguarda i costi della sicurezza necessari per la eliminazione dei rischi da interferenze, essi vanno tenuti distinti dall’importo a base d’asta e non sono soggetti a ribasso. In fase di
verifica dell’anomalia, detti costi non sono oggetto di alcuna verifica essendo stati quantificati e
valutati a monte dalla Stazione Appaltante.
Rispetto alla valutazione dei costi a carico delle imprese di cui al precedente punto 1), si sottolinea
che la stessa deve essere effettuata anche in quei casi in cui non si procede alla verifica delle offerte
anomale (ad esempio per l’affidamento mediante procedura negoziata).
Conclusioni
Alla luce delle precedenti considerazioni l’Autorità ritiene che:
A. Per gli appalti di seguito riportati è possibile escludere preventivamente la predisposizione del
DUVRI e la conseguente stima dei costi della sicurezza:
a. la mera fornitura senza installazione, salvo i casi in cui siano necessarie attività o procedure
suscettibili di generare interferenza con la fornitura stessa, come per esempio la consegna
di materiali e prodotti nei luoghi di lavoro o nei cantieri;
b. i servizi per i quali non è prevista l’esecuzione all’interno della Stazione appaltante, intendendo per “interno” tutti i locali/luoghi messi a disposizione dalla stazione appaltante per l’espletamento del servizio, anche non sede dei propri uffici;
c. i servizi di natura intellettuale, anche se effettuati presso la stazione appaltante
B. Sono quantificabili come costi della sicurezza da interferenze le misure, in quanto compatibili, di
cui all’articolo7 comma 1 del D.P.R. n. 222/2003 previste nel DUVRI, richiamate in precedenza;
C. Per i costi della sicurezza afferenti all’esercizio dell’attività svolta da ciascuna impresa, resta immutato l’obbligo per la stessa di elaborare il proprio documento di valutazione e di provvedere
all’attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre al minimo i rischi. I suddetti costi
sono a carico dell’impresa, la quale deve dimostrare, in sede di verifica dell’anomalia delle offerte, che gli stessi sono congrui rispetto a quelli desumibili dai prezzari o dal mercato.
I costi della sicurezza necessari per la eliminazione dei rischi da interferenze vanno tenuti distinti dall’importo a base d’asta e non sono soggetti a ribasso. In fase di verifica dell’anomalia, detti costi non sono oggetto di alcuna verifica essendo stati quantificati e valutati a monte dalla stazione appaltante.
AUTORITÀ LAVORI PUBBLICI – OPERE PUBBLICHE ESEGUITE DA PRIVATI
L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture è intervenuta sul problema
della realizzazione da parte di privati di opere pubbliche oggetto di accordi convenzionali stipulati con le
amministrazioni in attuazione di specifici programmi urbanistici quali i piani di riqualificazione urbana
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con la propria Determinazione n. 4 del 2 aprile 2008 recante “Realizzazione di opere pubbliche da parte
di privati nell’ambito di accordi convenzionali stipulati con le amministrazioni”.
L’Autorità, nelle premesse ha rilevato che gli accordi convenzionali citati rientrano nei cosiddetti
“programmi complessi”, che a partire dagli anni ’90 sono stati introdotti nel sistema nazionale di governo del territorio, attribuendo ai soggetti privati interessarti un ruolo attivo nella politica di trasformazione
territoriale.
Detti programmi si caratterizzano, quindi, per rappresentare un complesso sistematico di interventi
pubblici e privati accompagnato anche da un completamento delle opere di urbanizzazione, al fine di
valorizzare qualitativamente l’ambito territoriale oggetto di intervento.
Tali accordi convenzionali, quindi, trovano la loro espressione formale, in particolare, nelle convenzioni urbanistiche, il cui archetipo è la convenzione di lottizzazione prevista dall’articolo 28 della Legge
n. 1150/1942 e si iscrivono a pieno titolo nell’alveo dell’amministrazione negoziata, ove l’esercizio del
potere viene canalizzato nelle forme dell’accordo con i potenziali destinatari dei suoi effetti.
Nel chiedersi se le opere che il privato si impegna a realizzare mediante le convenzioni citate siano
da ritenersi assoggettate alla disciplina comunitaria e nazionale vigente in materia, l’Autorità ha richiamato la sentenza della Corte di Giustizia europea del 12 luglio 2001, in materia di esecuzione di opere
a scomputo degli oneri di urbanizzazione oggetto delle convenzioni di lottizzazione, così come disciplinata dalla normativa italiana di riferimento all’epoca vigente (decreto del Presidente della Repubblica 6
giugno 2001, n. 380; legge 29 settembre 1964, n. 867; legge 17 agosto 1942, n. 1150) e tale sentenza
ha affermato che la realizzazione delle opere di urbanizzazione di cui trattasi è da ricondurre al genus
“appalto pubblico di lavori” con l’obbligo, quindi, di esperire procedure ad evidenza pubblica secondo
la normativa comunitaria; obbligo che sussiste anche nel caso in cui la scelta degli imprenditori incaricati della progettazione e dell’esecuzione delle opere spetti al lottizzante (titolare del permesso di costruire), non essendo necessario che il soggetto che conclude un contratto con l’amministrazione aggiudicatrice sia in grado di realizzare direttamente la prestazione pattuita, potendo tale soggetto farla
eseguire a terzi.
L’Autorità conclude la propria determinazione evidenziando che le procedure ad evidenza pubblica
che risultano più consone al tipo di affidamento in questione sembrano essere la finanza di progetto di
cui agli articoli 153 e seguenti ed il dialogo competitivo di cui all’articolo 58 del Codice dei contratti (al
momento non ancora concretamente utilizzabile, non essendo stato emanato ed entrato in vigore il regolamento attuativo ex articolo 5) a seconda che l’amministrazione ritenga di addivenire ad un affidamento concessorio, includendovi quindi anche l’eventuale successiva gestione delle opere realizzate,
ovvero ad un mero appalto per l’esecuzione delle opere e ritenendo, in conclusione, che:
– la realizzazione di opere prevista dalle convenzioni urbanistiche rientra nella nozione di appalto
pubblico di lavori;
– l’affidamento dell’esecuzione delle suddette opere soggiace alla disciplina contenuta negli articoli 32, comma 1, lettera g), 121, comma 1, e 122, comma 8, del D.Lgs. n. 163/2006, salvo il caso in cui le amministrazioni procedenti abbiano esperito preventivamente una procedura ad evidenza pubblica per la scelta del privato sottoscrittore del relativo accordo convenzionale.
DETERMINAZIONE DELL’AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E
FORNITURE 2 APRILE 2008, N. 4
Realizzazione di opere pubbliche da parte di privati nell’ambito di accordi convenzionali stipulati con le amministrazioni.
CONSIDERATO IN FATTO
Sono state sottoposte all’attenzione dell’Autorità alcune richieste di parere relative alle procedure
da seguire per la realizzazione di opere pubbliche nell’ambito di accordi convenzionali stipulati con amministrazioni pubbliche, in particolare nell’ambito della disciplina dei piani di riqualificazione urbana (legge 4 dicembre 1993, n. 493) e dei piani integrati di intervento (legge 17 febbraio 1992, n. 179).
Stante il rilievo della questione ed il coinvolgimento di numerosi interessi di settore, è stata convocata un’audizione, alla quale hanno partecipato i rappresentanti del Ministero delle Infrastrutture, dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE), dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia (ANCI) e
della Associazione Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro (ANCPL).
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Sono peraltro pervenuti apporti documentali anche da parte dell’Associazione Imprese Generali
(AGI), e dell’Associazione Costruttori Edili di Roma e Provincia (ACER).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In via preliminare, occorre rilevare che gli accordi convenzionali citati rientrano nel più ampio genus dei cosiddetti “programmi complessi”, che a partire dagli anni ’90 sono stati introdotti nel sistema
nazionale di governo del territorio, trasferendo sul piano negoziale sia i rapporti tra i soggetti pubblici
coinvolti, sia quelli tra gli stessi soggetti pubblici e i soggetti privati interessati, attribuendo a questi ultimi un ruolo attivo nella politica di trasformazione territoriale. Detti programmi si caratterizzano, quindi,
per rappresentare un complesso sistematico di interventi pubblici e privati accompagnato anche da un
completamento delle opere di urbanizzazione, al fine di valorizzare qualitativamente l’ambito territoriale
oggetto di intervento.
L’accordo sulla base del quale si dà attuazione al programma si fonda, sostanzialmente, su uno
“scambio di prestazioni”: a fronte del riconoscimento al soggetto privato di diritti edificatori, vengono
cedute dallo stesso privato aree e/o realizzate opere di adeguamento infrastrutturale e di trasformazione del territorio. Si tratta di ipotesi in cui, a compenso di benefici conseguiti dai privati (come ad esempio quelli derivanti da modificazioni di destinazione urbanistica di aree), questi si impegnano a realizzare, quale controprestazione in favore dell’amministrazione, opere di pubblico interesse.
Questi accordi trovano la loro espressione formale, in particolare, nelle convenzioni urbanistiche, il
cui archetipo è la convenzione di lottizzazione prevista dall’articolo 28 della Legge n. 1150/1942 e si
iscrivono a pieno titolo nell’alveo dell’amministrazione negoziata, ove l’esercizio del potere viene canalizzato nelle forme dell’accordo con i potenziali destinatari dei suoi effetti.
2. Ciò premesso, occorre ora chiedersi se le opere che il privato si impegna a realizzare mediante le convenzioni citate siano da ritenersi assoggettate alla disciplina comunitaria e nazionale vigente in materia.
A tal fine sembra opportuno, in primo luogo, richiamare la sentenza della Corte di Giustizia europea
del 12 luglio 2001 (causa C399-98), in materia di esecuzione di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione oggetto delle convenzioni di lottizzazione, così come disciplinata dalla normativa italiana di riferimento all’epoca vigente (decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380; legge 29 settembre 1964, n. 867; legge 17 agosto 1942, n. 1150).
Ebbene, il giudice europeo, con la sentenza citata, ha affermato che la realizzazione delle opere di
urbanizzazione di cui trattasi è da ricondurre al genus “ appalto pubblico di lavori”, stante il ricorrere dei
seguenti elementi:
– la qualità di amministrazione aggiudicatrice degli enti procedenti (enti pubblici territoriali);
– la riconducibilità delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria alla categoria delle opere
pubbliche in senso stretto, stante la loro idoneità funzionale a soddisfare le esigenze della collettività ed il pieno controllo dell’amministrazione competente sulla realizzazione delle opere
medesime, a nulla rilevando che l’opera sia inizialmente privata, in quanto le opere di urbanizzazione hanno per propria natura una intrinseca finalità pubblica;
– la natura contrattuale del rapporto fra l’amministrazione e il privato lottizzante, posto che la convenzione di lottizzazione, sottoscritta dalle parti, stabilisce diritti ed obblighi delle parti, ivi compresa l’esatta individuazione delle opere di urbanizzazione che il privato è tenuto a realizzare,
nonché le relative condizioni di esecuzione;
– la natura onerosa di tale contratto, considerando che l’amministrazione comunale, accettando la
realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, rinuncia a pretendere il pagamento dell’importo dovuto a titolo di contributo, ai sensi dell’articolo 3 della Legge n. 10/1977, e che, pertanto, il titolare della concessione edilizia o del piano di lottizzazione, attraverso la realizzazione diretta delle opere, estingue un debito di pari valore, secondo lo schema civilistico dell’obbligazione alternativa.
Poiché si tratta, quindi, di appalti pubblici di lavori, la Corte di giustizia ha ritenuto applicabile agli
stessi l’obbligo di esperire procedure ad evidenza pubblica secondo la normativa comunitaria; obbligo
che sussiste anche nel caso in cui la scelta degli imprenditori incaricati della progettazione e dell’esecuzione delle opere spetti al lottizzante (titolare del permesso di costruire), non essendo necessario che il
soggetto che conclude un contratto con l’amministrazione aggiudicatrice sia in grado di realizzare direttamente la prestazione pattuita, potendo tale soggetto farla eseguire a terzi.
Da ciò l’applicabilità alla fattispecie in questione del concetto di mandato, quale conferimento dei
poteri relativi all’espletamento delle gare al privato lottizzante, fatti comunque salvi i poteri relativi alla
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sorveglianza, al controllo ed alla direzione nella realizzazione delle opere, che rimangono in capo all’amministrazione.
Alla luce di tale arresto comunitario, occorre comprendere se i principi enucleati nella descritta pronuncia eccedano l’ambito preso in esame nel caso di specie e possano trovare applicazione nei confronti di altre forme di negoziazione tra la pubblica amministrazione ed il privato.
In particolare, occorre stabilire se, anche per le fattispecie in esame, ricorrano gli elementi che hanno indotto la Corte di Giustizia ad ascrivere all’“appalto pubblico di lavori” la realizzazione delle opere di
urbanizzazione a scomputo. Invero, anche nelle ipotesi oggetto della presente determinazione non
sembra dubbio che ricorra la qualità di amministrazione aggiudicatrice in capo all’ente pubblico procedente e, sotto il profilo oggettivo, che oggetto di esecuzione siano opere pubbliche, trattandosi comunque e sempre di opere di interesse generale realizzate a vantaggio della collettività.
Del pari, può sostenersi la natura negoziale del rapporto pubblico-privato, in quanto le convenzioni
urbanistiche hanno indubbia natura contrattuale, disciplinando il rapporto tra le parti con valore vincolante, sulla base di uno scambio sinallagmatico.
Infatti, il carattere oneroso della prestazione deve ritenersi sussistere in qualunque caso in cui, a
fronte di una prestazione, vi sia il riconoscimento di un corrispettivo che può essere, a titolo esemplificativo, in denaro, ovvero nel riconoscimento del diritto di sfruttamento dell’opera (concessione) o ancora mediante la cessione in proprietà o in godimento di beni. In altri termini, il vantaggio economico in cui
consiste la causa del negozio non deve obbligatoriamente essere limitato ad una corresponsione in denaro, ma ben può consistere in un riconoscimento di diritti suscettibili di valutazione economica.
Ne consegue, quindi, che le convenzioni urbanistiche mediante le quali i privati si obbligano a realizzare opere pubbliche presentano elementi e natura tali da essere riconducibili, sul piano tassonomico,
allo stesso genus dei piani di lottizzazione, ancorché si configurino come tipi differenti di piani attuativi
(i cosiddetti programmi complessi).
Ciò in quanto, come sopra riferito, la realizzazione di opere da parte del privato avviene comunque
sulla base di accordi convenzionali conclusi dallo stesso con l’amministrazione per il raggiungimento di
un proprio interesse patrimoniale, che è la causa del negozio giuridico in base al quale il privato stesso
assume su di sé l’obbligo di realizzare le opere di cui trattasi.
Alla luce di quanto sopra, pertanto, si può ritenere che le fattispecie in esame siano da ricondurre alla categoria dell’“appalto pubblico di lavori”, da ciò derivando, come necessario corollario, che esse
debbano essere affidate secondo procedure ad evidenza pubblica nel rispetto del diritto comunitario e
nazionale vigente.
Né osta a tale ricostruzione il fatto che la realizzazione delle opere avviene tramite soggetti privati,
atteso che la Corte Costituzionale, con sentenza 28 marzo 2006 n. 129, ha espressamente stabilito che
“ il ricorso a procedure ad evidenza pubblica per la scelta del contraente non può essere ritenuto incompatibile con gli accordi tra privati e pubblica amministrazione, giacché la possibilità che tali procedure siano svolte dagli stessi privati risulta già ammessa dal citato articolo 2, comma 5, della Legge
n. 109/1994.”.
3. Sulla base di quanto suesposto, si pone ora il problema di individuare quali siano in concreto le
procedure ad evidenza pubblica da applicare. Ciò in quanto le fattispecie in esame, pur contemplando,
come sopra visto, la realizzazione di opere pubbliche, non trovano tuttavia una specifica regolamentazione nel D.Lgs. n. 163/2006, avendo il legislatore ivi disciplinato in maniera espressa, a fianco delle ordinarie procedure per la realizzazione di opere pubbliche, la sola fattispecie delle opere di urbanizzazione a scomputo di contributi concessori o conseguenti a piani di lottizzazione.
Occorre, quindi, stabilire se le fattispecie in esame possano essere ricondotte nella speciale disciplina dettata dal Codice per le opere a scomputo di oneri concessori o relative a convenzioni di lottizzazione o se invece debbano ricadere nella generale disciplina in materia di contratti pubblici contemplata nel medesimo decreto legislativo. Ovviamente la soluzione dovrà avere particolare riguardo al fatto
che nell’ambito degli accordi convenzionali in questione può essere ricompresa non solo la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ma anche altri tipi di interventi edilizi a queste ultime non strettamente assimilabili (cfr. Tar Lombardia, Milano, n. 6541/2007).
Com’è noto, per quanto riguarda le opere di urbanizzazione a scomputo di oneri concessori, la relativa disciplina positiva è individuabile nel combinato disposto dell’articolo 32, comma 1, lettera g), del
D.Lgs. n. 163/2006 (come modificato dal D.Lgs. n. 113/2007), per gli interventi di valore superiore alla
soglia comunitaria, e nell’articolo 121, comma 1, e 122, comma 8, dello stesso decreto legislativo, per
quelli di valore inferiore a tale soglia.
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Dalle norme sopra citate si evince che il titolare del permesso di costruire o il privato lottizzante, per
la realizzazione dei lavori di urbanizzazione primaria e secondaria di importo superiore alla soglia comunitaria, ha la duplice possibilità di esperire egli stesso le procedure di gara nel rispetto della disciplina
normativa contenuta nel Codice (sulla base di un mandato conferito dall’amministrazione: cfr. Corte Giustizia 12 luglio 2001, C-399/98, sopra citata) ovvero assumere la veste di promotore nell’ambito di una
procedura ispirata al modello del project financing.
Analogamente, per i lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria, ad eccezione delle opere di
urbanizzazione primaria, per le quali il legislatore ammette la diretta realizzazione da parte del titolare
del permesso di costruire o privato lottizzante, occorre fare applicazione della disciplina comune dettata per la scelta del contraente.
Orbene, ai fini dell’estensibilità della disciplina richiamata anche alle opere da realizzarsi nell’ambito
dei cosiddetti “programmi complessi”, si formulano le seguenti osservazioni.
Da un lato il legislatore, relativamente alle opere di valore superiore alla soglia comunitaria, sembra
aver voluto delimitare l’applicabilità della disciplina ivi dettata alla sola ipotesi delle opere previste a
fronte di un singolo “permesso di costruire”, eventualmente ricomprese nei piani di lottizzazione, avendo omesso di riportare la locuzione “a quanto agli interventi assimilabile”, presente invece nel previgente articolo 2, comma 5, della Legge n. 109/1994 e s.m..
D’altro canto, però, per quanto riguarda le opere di valore inferiore alla soglia comunitaria, con la
modifica apportata all’articolo 122, comma 8, del Codice da parte del secondo decreto correttivo
(D.Lgs. n. 113/2007), il legislatore ha utilizzato un parametro ben più flessibile, laddove ha ritenuto di ricomprendere (peraltro in recepimento delle osservazioni espresse dal Consiglio di Stato) anche le ipotesi in cui le opere siano funzionalmente connesse all’intervento edilizio assentito. Si tratta, cioè, di una
fattispecie più ampia di quella dell’intervento pertinenziale al singolo edificio e conformata da un vincolo di funzionalità teleologica sotto il profilo edilizio-urbanistico.
Inoltre, occorre considerare che la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza citata n. 129/2006,
ha sostanzialmente ritenuto assimilabili le fattispecie delle opere realizzate a scomputo degli oneri di urbanizzazione a quelle derivanti in genere da accordi conclusi fra l’amministrazione e i privati, trattandosi
pur sempre di fattispecie appartenenti alla cosiddetta urbanistica negoziata, nelle quali l’intervento si
iscrive in un contesto pattizio tra amministrazione e privati. In entrambi i casi, infatti, si tratta di accordi
a titolo oneroso che i privati proprietari stipulano con le amministrazioni e che sfociano nella realizzazione diretta degli interventi necessari.
Peraltro, va evidenziato come il contenuto dei piani di lottizzazione è comune a tutti i piani attuativi,
dai Programmi integrati d’intervento ai Programmi di riqualificazione urbana, per cui un’interpretazione
restrittiva del campo di applicazione del citato articolo 32 del Codice non risulterebbe coerente con i
principi ermeneutici di non contraddizione e di intrinseca coerenza logico-istematica.
D’altro lato, ove si ritenessero non assimilabili le fattispecie in esame, si dovrebbe optare per la pedissequa applicazione della disciplina relativa alla scelta del contraente e ciò renderebbe concretamente non praticabile l’accordo complesso finalizzato alla trasformazione del territorio, con correlata disapplicazione della normativa di riqualificazione urbana e del territorio sopra richiamata. Osterebbe a tale
possibilità, infatti, la presenza di soggetti direttamente individuati dal rapporto dominicale con le aree interessate dalle trasformazioni del territorio. La riconduzione delle medesime fattispecie alla disciplina
delle opere a scomputo dei contributi di urbanizzazione consente, invece, la coesistenza ordinamentale
dei due ordini di regolamentazione, con salvezza, quindi, dei principi in materia di concorsualità nella individuazione dei contraenti della pubblica amministrazione.
Può, pertanto, ritenersi che la realizzazione di opere ricomprese nei “programmi complessi” debba
essere disciplinata ai sensi dei citati articolo 32, 121 e 122 del D.Lgs. n. 163/2006.
4. Dalle due fattispecie sopra descritte va tenuto distinto il caso in cui la scelta del soggetto con cui
concludere la convenzione urbanistica non discenda da un proposta autonoma del privato interessato,
ma derivi da un reale confronto concorrenziale posto in essere preventivamente dall’amministrazione,
con la fissazione dei criteri di scelta del privato contraente, accompagnata dalla richiesta dei prescritti
requisiti di qualificazione per la esecuzione dei lavori.
In questa ipotesi, infatti, il privato formula le proprie proposte in piena concorrenza con altri operatori economici, sulla base di un’adeguata pubblicizzazione dell’iniziativa da parte dell’amministrazione e
il soggetto che risulterà aggiudicatario potrà legittimamente eseguire in proprio l’intervento.
Al riguardo è opportuno evidenziare che le procedure ad evidenza pubblica che risultano più consone al tipo di affidamento in questione sembrano essere la finanza di progetto di cui agli articoli 153 e se-
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NORMATIVA NAZIONALE
guenti ed il dialogo competitivo di cui all’articolo 58 del Codice dei contratti (al momento non ancora
concretamente utilizzabile, non essendo stato emanato ed entrato in vigore il regolamento attuativo ex
articolo 5) a seconda che l’amministrazione ritenga di addivenire ad un affidamento concessorio, includendovi quindi anche l’eventuale successiva gestione delle opere realizzate, ovvero ad un mero appalto
per l’esecuzione delle opere.
Entrambi gli istituti richiamati consentono, infatti, all’amministrazione di instaurare un dialogo aperto con gli offerenti, stante la flessibilità delle procedure ivi previste, che rispondono maggiormente alla
complessità degli interventi che l’amministrazione generalmente pone in essere nell’ambito dei cosiddetti programmi complessi.
In particolare, il ricorso all’istituto del dialogo competitivo consentirebbe all’amministrazione di verificare le risposte del mercato relativamente a tutti gli aspetti dell’intervento, al fine di addivenire alla miglior definizione del progetto anche mediante la combinazione dei migliori elementi delle proposte pervenute dai privati.
Sulla base di quanto sopra considerato,
IL CONSIGLIO
ritiene che:
– la realizzazione di opere prevista dalle convenzioni urbanistiche rientra nella nozione di appalto
pubblico di lavori;
– ’affidamento dell’esecuzione delle suddette opere soggiace alla disciplina contenuta negli articoli 32, comma 1, lettera g), 121, comma 1, e 122, comma 8, del D.Lgs. n. 163/2006, salvo il caso in cui le amministrazioni procedenti abbiano esperito preventivamente una procedura ad evidenza pubblica per la scelta del privato sottoscrittore del relativo accordo convenzionale.
CREDITO D’IMPOSTA PER LE MISURE DI SICUREZZA – PROVVEDIMENTO AGENZIA DELLE ENTRATE
La legge finanziaria (articolo 1, commi da 228 a 232 e da 233 a 237, della Legge 24 dicembre 2007,
n. 244) ha previsto per gli anni 2008, 2009 e 2010 l’attribuzione di un credito d’imposta per l’acquisizione e l’installazione, nel luogo di esercizio dell’attività, di impianti e attrezzature di sicurezza, inclusi gli
strumenti di pagamento con moneta elettronica, a favore delle piccole e medie imprese esercenti attività commerciali di vendita al dettaglio e all’ingrosso e attività di somministrazione di alimenti e bevande, nonché dei soggetti esercenti attività di rivendita di generi di monopolio, operanti in base a concessione amministrativa.
Con il Provvedimento recante “Approvazione del modello d’istanza di attribuzione del credito d’imposta per le misure di sicurezza (mod. IMS), da presentare ai sensi dell’articolo 1, commi da 228 a 232 e
da 233 a 237, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e dei rispettivi decreti del Ministero dell’economia
e delle finanze 6 febbraio 2008 (Pubblicato il 1 aprile 2008 ai sensi dell’articolo 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244)” è approvato il modello d’istanza di attribuzione del credito d’imposta per
le misure di sicurezza.
L’istanza deve essere presentata per la prima volta a partire dalle ore 10.00 del 28 aprile 2008 utilizzando il prodotto di gestione denominato “CREDITOSICUREZZA”, reso disponibile gratuitamente a partire dal 15 aprile 2008.
Il Provvedimento richiama, anche due decreti del Ministero dell’Economia e delle Finanze 6 febbraio 2008 pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 52 dell’1 marzo 2008 e relativi a:
– Modalità di attuazione dei commi da 233 a 237, dell’articolo 1, della Legge n. 244/2007 – credito
d’imposta in favore degli esercenti attività di rivendita di generi di monopolio, per le spese sostenute per l’acquisizione e l’installazione di impianti e attrezzature di sicurezza e per favorire la diffusione degli strumenti di pagamento con moneta elettronica, al fine di prevenire il compimento
di atti illeciti ai loro danni.
– Modalità di attuazione dei commi da 228 a 232, dell’articolo 1, della Legge n. 244/2007 – credito
d’imposta in favore delle piccole e medie imprese commerciali di vendita al dettaglio e all’ingrosso e quelle di somministrazione di alimenti e bevande per l’adozione di misure finalizzate a
prevenire il rischio di comportamento di atti illeciti da parte di terzi.
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NORMATIVA NAZIONALE
PROVVEDIMENTO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE 31 MARZO 2008, PROT. N. 46245/2008
Approvazione del modello d’istanza di attribuzione del credito d’imposta per le misure di sicurezza (mod. IMS), da presentare ai sensi dell’articolo 1, commi da 228 a 232 e da 233 a 237, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e dei rispettivi decreti del Ministero dell’economia e delle finanze 6 febbraio 2008.
IL DIRETTORE DELL’AGENZIA
In base alle attribuzioni conferitegli dalle norme riportate nel seguito del presente provvedimento,
DISPONE
1. Approvazione del modello d’istanza di attribuzione del credito d’imposta per le misure di sicurezza
1.1. È approvato il modello d’istanza per l’attribuzione del credito d’imposta per l’adozione delle misure di sicurezza (mod. IMS), unitamente alle relative istruzioni, da presentare ai sensi dell’art 1, commi
da 228 a 232 e da 233 a 237, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e dei rispettivi decreti di attuazione
del Ministero dell’economia e delle finanze 6 febbraio 2008.
1.2. Il modello di cui al punto 1.1 deve essere utilizzato da:
a) soggetti esercenti attività commerciali di vendita al dettaglio e all’ingrosso e attività di somministrazione di alimenti e bevande, rientranti nella definizione di piccole e medie imprese di cui al
decreto del Ministro delle attività produttive del 18 aprile 2005, che intendono beneficiare del
credito d’imposta previsto dall’articolo 1, comma 228, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
b) soggetti esercenti, esclusivamente o prevalentemente, attività di rivendita di generi di monopolio, operanti in base a concessione amministrativa ai sensi della legge 22 dicembre 1957,
n. 1293, e successive modificazioni, e del relativo regolamento di esecuzione, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n. 1074, al fine di beneficiare del credito d’imposta previsto dall’articolo 1, comma 233, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
1.3. Il modello d’istanza di cui al punto 1.1 è composto dal frontespizio, contenente i dati identificativi dell’impresa richiedente, e dal quadro A, contenente i dati relativi ai documenti di spesa, al credito
d’imposta richiesto e al luogo di esercizio dell’attività.
2. Reperibilità del modello
2.1. Il modello di cui al punto 1.1 è reso disponibile gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate in formato elettronico sul sito internet www.agenziaentrate.it.
2.2. Il modello può essere, altresì, prelevato da altri siti internet, a condizione che lo stesso sia
conforme, per struttura e sequenza, a quello approvato con il presente provvedimento, e rechi l’indirizzo del sito dal quale è stato prelevato, nonché gli estremi del presente provvedimento.
2.3. Il modello può essere riprodotto con stampa monocromatica, realizzata in colore nero, mediante l’utilizzo di stampanti laser o di altri tipi di stampanti, che comunque garantiscano la chiarezza e l’intelligibilità del modello nel tempo.
2.4. È consentita la stampa del modello nel rispetto della conformità grafica, al modello approvato,
e della sequenza dei dati.
3. Modalità e termini di presentazione dell’istanza
3.1. L’istanza di cui al punto 1. è presentata all’Agenzia delle Entrate in via telematica direttamente,
da parte dei soggetti abilitati dall’Agenzia delle Entrate, ovvero tramite i soggetti incaricati di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive
modificazioni.
3.2. L’istanza, redatta sul modello approvato con il presente provvedimento, è presentata nell’anno
2008 a partire dalle ore 10.00 del 28 aprile 2008; negli anni 2009 e 2010, dalle ore 10.00 del 2 febbraio
di ciascun anno.
3.3. La trasmissione telematica dei dati contenuti nell’istanza è effettuata utilizzando il prodotto di
gestione denominato “CREDITOSICUREZZA”, reso disponibile gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate
sul sito internet www.agenziaentrate.gov.it a partire dal 15 aprile 2008.
3.4. È fatto comunque obbligo, ai soggetti incaricati della trasmissione telematica, di rilasciare al
soggetto interessato un esemplare cartaceo dell’istanza predisposta con l’utilizzo del prodotto informa-
4 LAVORI PUBBLICI
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2008
NORMATIVA NAZIONALE
tico di cui al punto 3.3 nonché copia della comunicazione dell’Agenzia delle Entrate che ne attesta l’avvenuto ricevimento e che costituisce prova dell’avvenuta presentazione. L’istanza, debitamente sottoscritta dal soggetto incaricato della trasmissione telematica e dall’interessato, deve essere conservata
a cura di quest’ultimo.
3.5. Al Centro operativo di Pescara è demandata la competenza per gli adempimenti conseguenti alla gestione delle istanze di cui al punto 1.
Motivazioni
L’articolo 1, commi da 228 a 232 e da 233 a 237, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, prevede per
gli anni 2008, 2009 e 2010 l’attribuzione di un credito d’imposta per l’acquisizione e l’installazione, nel
luogo di esercizio dell’attività, di impianti e attrezzature di sicurezza, inclusi gli strumenti di pagamento
con moneta elettronica, a favore delle piccole e medie imprese esercenti attività commerciali di vendita
al dettaglio e all’ingrosso e attività di somministrazione di alimenti e bevande, nonché dei soggetti esercenti attività di rivendita di generi di monopolio, operanti in base a concessione amministrativa di cui alla legge del 22 dicembre 1957, n. 1293, e successive modificazioni, e al relativo regolamento di esecuzione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n. 1074, e successive
modificazioni.
I decreti del Ministero dell’Economia e delle Finanze 6 febbraio 2008, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 52 del 1 marzo 2008, emanati in attuazione, rispettivamente, dei commi da
228 a 232 e dei commi da 233 a 237 dell’articolo 1 della citata Legge n. 244 del 2007, disciplinano le modalità di accesso al beneficio, prevedendo l’obbligo per i soggetti interessati di presentare all’Agenzia
delle Entrate apposita istanza, secondo modalità e termini definiti dalla Agenzia medesima.
I citati decreti, inoltre, prevedono che le istanze non accolte per esaurimento delle risorse annualmente stanziate costituiscono titolo di precedenza per la concessione del credito d’imposta nel secondo o terzo anno di vigenza dell’agevolazione.
Al fine di garantire il predetto diritto di precedenza, l’Agenzia delle Entrate negli anni 2009 e 2010
provvede ad assegnare le risorse stanziate per ciascuno di detti anni, in via prioritaria, ai soggetti che
hanno presentato istanza negli anni precedenti e non hanno ottenuto l’attribuzione del credito per esaurimento dei fondi disponibili; l’accoglimento o il diniego del contributo è comunicato, in via telematica,
ai soggetti interessati entro il 30 gennaio di ciascuno dei detti anni.
In attuazione delle sopra citate disposizioni, è emanato il presente provvedimento, con il quale viene approvato il modello di istanza per l’attribuzione del credito d’imposta per le misure di sicurezza
(Mod. IMS), con le relative istruzioni.
Per le procedure tecniche necessarie per la trasmissione telematica, il provvedimento fa rinvio ad
un prodotto di gestione denominato “CREDITOSICUREZZA”, che sarà reso disponibile gratuitamente
dall’Agenzia delle Entrate sul sito internet www.agenziaentrate.gov.it a partire dal 15 aprile 2008.
Il termine iniziale di presentazione della istanza, redatta sul modello approvato con il presente provvedimento, è stabilito per l’anno 2008, attesi i tempi tecnici connessi alla trasmissione telematica delle
istanze, al 28 aprile 2008; per gli anni 2009 e 2010, il termine iniziale di presentazione è fissato al 2 febbraio di ogni anno, in considerazione della necessità di assegnare, prioritariamente, le risorse stanziate
alle istanze presentate negli anni precedenti che costituiscono titolo di precedenza.
Si riportano i riferimenti normativi del presente provvedimento.
Attribuzioni del direttore dell’Agenzia delle Entrate
– Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante la riforma dell’organizzazione del Governo, a
norma dell’articolo11 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (articolo 57; articolo 62; articolo 66; articolo 66; articolo67, comma 1; articolo 68, comma 1; articolo 71, comma 3, lettera a); articolo
73, comma 4);
– Statuto dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 2001
(articolo 5, comma 1; articolo 6, comma 1);
– Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
36 del 13 febbraio 2001 (articolo 2, comma 1);
– Decreto del Ministro delle Finanze 28 dicembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 9 del
12 febbraio 2001, concernente disposizioni recanti le modalità di avvio delle Agenzie fiscali e l’istituzione del ruolo speciale provvisorio del personale dell’Amministrazione finanziaria, emanato
a norma degli articoli 73 e 74 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
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LAVORI PUBBLICI 4
2008
NORMATIVA NAZIONALE
Disciplina normativa di riferimento
– Legge 24 dicembre 2007, n. 244, concernente disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008);
– Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 6 febbraio 2008, recante modalità di attuazione dei commi da 228 a 232 dell’articolo 1 della Legge n. 244 del 2007;
– Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 6 febbraio 2008, recante modalità di attuazione dei commi da 233 a 237 dell’articolo 1 della Legge n. 244 del 2007;
– Regolamento CE n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all’applicazione
degli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità europea agli aiuti di importanza minore;
– Decreto del Ministro delle Attività produttive del 18 aprile 2005;
– Legge del 22 dicembre 1957, n. 1293, e successive modificazioni;
– Decreto del Presidente della Repubblica del 14 ottobre 1958, n. 1074, e successive modificazioni;
– Decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive e all’imposta sul valore aggiunto;
– Decreto del Ministero delle finanze 31 luglio 1998, concernente le modalità tecniche di trasmissione telematica delle dichiarazioni e dei contratti di locazione e di affitto da sottoporre a registrazione, nonché di esecuzione telematica dei pagamenti, e successive modificazioni.
La pubblicazione del presente provvedimento sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate tiene luogo
della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’articolo 1, comma 361, della legge 24 dicembre
2007, n. 244.
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISOLUZIONE ART. 19, D.P.R. N. 633/1972
RISOLUZIONE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE 15 FEBBRAIO 2008, N. 48
Istanza di interpello. Studio ALFA. Acquisto immobile strumentale. Articolo 19 e seguenti del
D.P.R. n. 633 del 1972.
Con l’interpello specificato in oggetto, concernente l’interpretazione dell’articolo 19 del D.P.R. n. 633
del 1972 è stato esposto il seguente
QUESITO
Lo Studio ALFA ha deciso di acquistare un immobile categoria A/10 da adibire esclusivamente a bene strumentale, affittandone eventualmente una parte ad altri professionisti.
Tanto premesso chiede di sapere se:
– la fattura di acquisto dell’immobile deve essere emessa nei confronti dello studio associato;
– la relativa IVA pagata possa essere detratta;
– l’immobile deve essere inserito nel registro cespiti con relative quote di ammortamento deducibili;
– nel caso di vendita dell’immobile dopo dieci anni, si realizza ai fini delle imposte dirette una plusvalenza tassabile;
– nel caso di scioglimento dell’ associazione professionale (sempre dopo dieci anni), la retrocessione dell’immobile ai singoli associati deve essere autofatturata con addebito dell’IVA agli Associati.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L’istante non propone alcuna soluzione interpretativa.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Per quanto riguarda il trattamento fiscale da riservare ai fini dell’IVA all’acquisto da parte dello studio
associato di un immobile strumentale, si ritiene che, poiché l’associazione in discorso rappresenta un
autonomo soggetto passivo al tributo, titolare di propria partita IVA, alla stessa compete, ricorrendone
le condizioni previste dagli articoli 19 e seguenti dal D.P.R. n. 633 del 1972, il diritto a detrarre l’IVA assolta per rivalsa. Peraltro, atteso che anche l’associazione professionale è priva di personalità giuridica, gli
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2008
NORMATIVA NAZIONALE
effetti del trasferimento dell’immobile si producono nei confronti dei singoli associati. Ciò non esclude
il diritto dell’associazione a detrarre l’IVA relativa all’immobile, a condizione che risulti comprovata, attraverso previsione contenuta nell’atto d’acquisto o altra idonea documentazione, la destinazione dello
stesso all’esercizio dell’attività professionale.
Per quanto riguarda la necessità di iscrivere il bene nel registro dei cespiti, si ricorda che ai sensi
dell’articolo 19, comma secondo, del D.P.R. n. 600 del 1973 “deve essere annotato, entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione, il valore dei beni per i quali si richiede la deduzione di quote di ammortamento raggruppati in categorie omogenee e distinti per anno di acquisizione”.
Si rammenta che, in merito alla possibilità di effettuare l’ammortamento di un bene immobile strumentale da parte di un’associazione professionale, il Governo, in risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-00752 del 21 febbraio 2007, ha precisato che “Per quanto riguarda la possibilità di estendere agli
studi associati le regole di deducibilità dei costi d’acquisto (o di locazione finanziaria) relativi agli immobili previste dalle nuove norme introdotte dalla finanziaria 2007, l’Agenzia delle Entrate ritiene che l’ammortamento del costo d’acquisto (o
di locazione finanziaria) dell’immobile strumentale all’esercizio in comune della professione possa
essere riconosciuto unicamente laddove l’immobile risulti essere iscritto nei pubblici registri immobiliari a nome dei partecipanti all’associazione professionale ed utilizzato come bene strumentale per l’esercizio della professione”.
Per quanto riguarda il quesito riguardante gli effetti tributari della cessione eventualmente posta in
essere quando siano già trascorsi i dieci anni dell’immobile, si fa presente che l’articolo 54, comma 1,
del Tuir, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2006, convertito dalla Legge n. 248 del 4 agosto 2006, e, successivamente, dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296
(legge finanziaria per il 2007), dispone che concorrono, tra l’altro, a formare il reddito di lavoro autonomo le plusvalenze realizzate dalla cessione dei beni strumentali, esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione.
Pertanto, l’eventuale cessione dell’immobile strumentale sarà idonea a generare plusvalenze tassabili a prescindere dal periodo in cui intervenga.
Per quanto concerne l’IVA, la cessione dell’immobile, ove intervenga quando siano già trascorsi dieci anni da quello dell’acquisto, esclude la necessità di effettuare interventi di rettifica della detrazione
esercitata all’atto dell’acquisizione.
Ciò in quanto l’articolo 192 del D.P.R. n. 633 del 1972, che disciplina la rettifica della detrazione,
espressamente stabilisce, al comma 8, che per i fabbricati o porzioni di fabbricato “il periodo di rettifica
è stabilito in dieci anni, decorrenti da quello di acquisto o di ultimazione”.
Resta quindi esclusa, una volta decorsi i dieci anni, l’applicabilità del comma 6 del richiamato articolo 192, che detta le modalità per l’effettuazione della rettifica in caso di cessione di un bene ammortizzabile durante il periodo di “osservazione fiscale”.
Infine, con riferimento all’ipotesi di scioglimento dell’associazione professionale, si ricorda che, ai
sensi dell’articolo 2, comma 5, del D.P.R. n. 633 del 1972, costituisce una cessione di beni, rilevante ai
fini del tributo, la destinazione di beni all’uso o al consumo personale o familiare dell’imprenditore o di
coloro i quali esercitano un’arte o una professione o ad altre finalità estranee alla impresa o all’esercizio
dell’arte o della professione, anche se determinata da cessazione dell’attività, con esclusione di quei
beni per i quali non è stata operata, all’atto dell’acquisto, la detrazione dell’imposta di cui all’articolo 19
del D.P.R. n. 633/1972.
Pertanto, in occasione dello scioglimento dell’associazione, la stessa dovrà emettere fattura imponibile ad Iva nei confronti dei propri associati.
La presente risposta, sollecitata con istanza di interpello presentata alla Direzione Regionale …, viene resa dalla scrivente ai sensi dell’articolo 4, comma 1, ultimo periodo del decreto ministeriale 26 aprile 2001, n. 209.
REVERSE CHARGE EDILIZIA – INVERSIONE CONTABILE ESTESA AI PREFABBRICATI IN CALCESTRUZZO
Il reverse charge si estende alla realizzazione di prefabbricati in calcestruzzo effettuata direttamente
all’interno del cantiere edile. Questo è quanto prevede la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 76/E dello scorso 4 marzo, che fa rientrare nel reverse charge un’attività che sulla carta non fa parte della sezione F della tabella di classificazione delle attività ATECOFIN.
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LAVORI PUBBLICI 4
2008
NORMATIVA NAZIONALE
Ricordiamo, infatti, che per applicare il meccanismo dell’inversione contabile, occorre verificare:
– che il soggetto appaltatore e il soggetto subappaltatore operino entrambi nel quadro di un’attività
riconducibile alla sezione F della tabella ATECOFIN;
– che l’operazione considerata sia riconducibile ad una prestazione e non ad una cessione di beni
con posa in opera.
La precisazione dell’Agenzia delle Entrate, di rilevante interesse per il settore delle costruzioni, è arrivata a seguito di un’istanza di interpello di una ditta di produzione di prefabbricati in cemento armato
precompresso, con codice attività 26.61.0 della tabella ATECOFIN 2004 (confluito nel codice 23.61.00
della nuova tabella ATECO 2007), che, avendo stipulato con l’impresa edile committente un contratto di
appalto per la realizzazione di opere prefabbricate, ne ha affidato in subappalto il montaggio e l’installazione. Il quesito posto dalla ditta è sapere se, non appartenendo al settore F della Tabella ATECOFIN, l’Iva debba essere applicata con il meccanismo dell’inversione contabile o meno.
La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate ha, però, precisato che nella sezione D della Tabella ATECOFIN sono escluse le attività di costruzione di strutture e operazioni di fabbricazione eseguite nel cantiere
edile, classificate più correttamente nella sezione F. Infatti, in tale ultima sezione rientra l’attività di montaggio di edifici e strutture prefabbricati completi con elementi prodotti in proprio se il principale materiale utilizzato è il calcestruzzo.
Nel caso in esame, i prefabbricati sono realizzati in calcestruzzo e la fabbricazione dell’opera ed il relativo montaggio avviene nel cantiere edile, per cui, in concreto, la società istante non si limita alla fabbricazione di elementi prefabbricati in calcestruzzo ma alla realizzazione degli edifici con il montaggio
nel cantiere degli elementi stessi. La risoluzione precisa, inoltre, che l’attività di montaggio e installazione in loco di opere prefabbricate che la società istante è tenuta ad eseguire secondo quanto stabilito dal
contratto di appalto rientra nella sezione F della tabella ATECOFIN, codice 45.21.1, e costituisce un’attività differente da quella elencata con codice ATECOFIN 26.61.0, che concerne la completa costruzione
presso lo stabilimento del fabbricante (e quindi fuori cantiere) di strutture prefabbricate in cemento,
mentre il codice ATECOFIN 45.21.1 comprende il montaggio e la installazione in cantiere di opere prodotte in fabbrica.
Per quanto concerne la tipologia del contratto stipulato, la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate ha
stabilito che quello in questione non può essere qualificato come cessione di beni con posa in opera,
questo in base alla risoluzione n. 220 del 10 agosto 2007 che ha chiarito, nelle ipotesi in cui siano poste
in essere prestazioni di servizi e cessioni di beni, che è necessario far riferimento alla volontà contrattualmente espressa dalle parti per stabilire se sia prevalente l’obbligazione di dare o quella di fare. In particolare, se la volontà contrattuale è quella di addivenire ad un risultato diverso e nuovo rispetto al complesso dei beni utilizzati per l’esecuzione dell’opera, allora la prestazione di servizi si deve considerare
assorbente rispetto alla cessione del materiale impiegato. Nel caso in esame, emerge che le parti non
hanno voluto pattuire una cessione di materiali con relativa posa in opera, ma hanno inteso affidare l’esecuzione di un’opera con strutture prefabbricate e che costituisce un risultato diverso rispetto al complesso dei beni utilizzati. In conclusione, la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le prestazioni fatturate dalla società istante sono soggette all’applicazione del meccanismo del reverse-charge.
RISOLUZIONE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE 4 MARZO 2008, N. 76/E
Istanza di interpello – Articolo 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. ALFA S.r.l. Interpretazione del
D.P.R. n. 633 del 1972, articolo 17, comma 6 – reverse-charge.
Con l’interpello specificato in oggetto, è stato esposto il seguente
QUESITO
La società istante (ALFA S.r.l.) svolge attività di produzione di prefabbricati in cemento armato precompresso, con codice attività 26.61.0 della tabella ATECOFIN 2004 (confluito nel codice 23.61.00 della nuova tabella ATECO 2007).
La medesima società ha stipulato, in qualità di società appaltatrice, un contratto di appalto con la
BETA S.r.l., per la realizzazione di opere fabbricate. La ALFA S.r.l., a sua volta, si avvale di una società terza per il montaggio e l’installazione delle opere prefabbricate realizzate per conto della società committente (BETA S.r.l.).
4 LAVORI PUBBLICI
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2008
NORMATIVA NAZIONALE
Ciò premesso, la società istante, in persona dell’Ammistratore Unico, chiede se in riferimento ai due
rapporti contrattuali intercorrenti l’uno con la BETA S.r.l. (appaltante principale) e l’altro con società terze specializzate nel montaggio delle opere realizzate sia applicabile il regime dell’inversione contabile ai
sensi dell’articolo 17, comma 6, lettera a) del D.P.R. n. 633 del 1972.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
A parere della società istante il regime del reverse-charge non è applicabile:
– nel rapporto con la BETA S.r.l. in quanto:
1) la società interpellante non opera nel quadro di un’attività riconducibile alla sezione F della
tabella di classificazione delle attività ATECOFIN intitolata “Costruzioni”;
2) la posa in opera assume una funzione accessoria rispetto alla fornitura di opere prefabbricate, pertanto l’obbligazione di “dare” è prevalente rispetto a quella di “facere” in quanto trattasi di attività di produzione e dunque di natura industriale.
– nel rapporto con il terzo specializzato nel montaggio poiché la prestazione non discende da un
contratto di appalto.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’articolo 17, sesto comma, lettera a) del D.P.R. n. 633 del 1972, così come sostituito da ultimo dall’articolo 1, comma 44, della Legge n. 296 del 27 dicembre 2006, prevede l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile “a) alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore”.
La Circolare n. 37 del 29 dicembre 2006 ha chiarito che i soggetti tenuti all’applicazione del meccanismo del reverse-charge devono essere individuati in relazione alle prestazioni dipendenti da subappalti.
Tali prestazioni, rese nell’ambito del settore edile, sono riconducibili alle attività di costruzione elencate nella sezione F (“Costruzioni”) della tabella di classificazione delle attività economiche ATECOFIN
2004 (sostituita ora dalla tabella ATECO 2007).
La Circolare n. 11 del 16 febbraio 2007 (punto n. 5.2), ha ulteriormente precisato, che il sistema dell’inversione contabile nell’edilizia è applicabile solo a condizione che sia il soggetto appaltatore che il soggetto subappaltatore operino nel quadro di un’attività riconducibile alla sezione F della tabella ATECOFIN.
Inoltre, la citata Circolare n. 37 del 29 dicembre 2006 (punto n. 3), in riferimento ai contratti interessati dal sistema del reverse-charge, ha chiarito che devono ritenersi escluse dal reverse-charge le forniture
di beni con posa in opera poiché tali operazioni, nelle quali la posa in opera assume una funzione accessoria rispetto alla cessione del bene, ai fini IVA costituiscono cessioni di beni e non prestazioni di servizi.
Dalla documentazione allegata all’istanza risulta che nello schema contrattuale, rappresentato, riguardante la realizzazione di opere con strutture prefabbricate sono presenti:
– la ditta GAMMA, committente principale e proprietaria della medesima opera che si rivolge alla
BETA S.r.l. per la realizzazione di tali lavori;
– la BETA S.r.l., che svolge lavori generali di costruzione di edifici con codice ATECOFIN 45.21.1
(corrispondente al codice 41.20.00 della tabella di classificazione delle attività economiche ATECO 2007) e stipula un contratto di appalto con la società istante (ALFA S.r.l.) per la realizzazione
di strutture prefabbricate;
– la ALFA S.r.l. che in base a quanto previsto al punto 12 del citato contratto di appalto, si riserva
il diritto di subappaltare a terzi specializzati i servizi e le forniture oggetto del contratto medesimo (quali ad es. il trasporto e montaggio del prefabbricato o l’installazione).
Ciò premesso, al fine di stabilire se nei rapporti intercorrenti tra la BETA S.r.l. e la ALFA S.r.l. e tra
quest’ultima e i terzi specializzati si applichi il meccanismo dell’inversione contabile, occorre verificare:
a) che il soggetto appaltatore e il soggetto subappaltatore operino entrambi nel quadro di un’attività riconducibile alla sezione F della tabella ATECOFIN;
b) che l’operazione considerata sia riconducibile ad una prestazione e non ad una cessione di beni
con posa in opera.
Orbene, in riferimento al punto a), la scrivente fa presente che dalla documentazione trasmessa si
evince che il soggetto appaltatore è la società BETA S.r.l. che riceve in appalto, dalla ditta GAMMA, la
realizzazione dell’opera con strutture prefabbricate.
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LAVORI PUBBLICI 4
2008
NORMATIVA NAZIONALE
La società istante, subappaltatrice dell’opera medesima nei confronti della società BETA S.r.l., esercita attività di produzione di prefabbricati, il cui codice (26.61.0 della tabella ATECOFIN 2004 e corrispondente al codice 23.61.00 della tabella ATECO 2007) è compreso nella sezione D (Attività manifatturiere) e non nella sezione F, come richiesto ai fini dell’applicazione del meccanismo del reverse-charge.
Tuttavia, dalla sezione D sono escluse le attività di costruzione di strutture e operazioni di fabbricazione eseguite nel cantiere edile, classificate più correttamente nella sezione F.
Infatti, in tale ultima sezione rientra l’attività di montaggio di edifici e strutture prefabbricati completi con elementi prodotti in proprio se il principale materiale utilizzato è il calcestruzzo.
Nel caso di specie i prefabbricati, come dichiarato dalla società istante, sono realizzati in calcestruzzo ed, inoltre, la fabbricazione dell’opera ed il relativo montaggio avverrà nel cantiere edile, come risulta dal fatto che nella descrizione della fornitura, elencata nella conferma d’ordine della ALFA S.r.l., viene
compreso anche il servizio di montaggio della struttura ed il trasporto in loco degli elementi e dei materiali necessari alla costruzione dei prefabbricati.
Da quanto descritto risulterebbe che la prestazione della ALFA S.r.l., in concreto, non si limita esclusivamente alla fabbricazione di elementi prefabbricati in calcestruzzo ma alla realizzazione degli edifici
con il montaggio nel cantiere degli elementi stessi.
L’attività di “montaggio e installazione in loco di opere prefabbricate” che la ALFA S.r.l. è tenuta ad
eseguire in forza del citato contratto di appalto rientrerebbe nella sezione F della tabella ATECOFIN, codice 45.21.1, e costituirebbe una attività differente da quella elencata con codice ATECOFIN 26.61.0.
Quest’ultimo codice, infatti, concerne la completa costruzione presso lo stabilimento del fabbricante (e quindi fuori cantiere) di strutture prefabbricate in cemento mentre il codice ATECOFIN 45.21.1
comprende il montaggio e la installazione in cantiere di opere prodotte in fabbrica.
Per quel che concerne il punto sub b), riguardante la tipologia del contratto stipulato, la scrivente ritiene che lo stesso non possa essere qualificato come cessione di beni con posa in opera.
Ciò in quanto, come la Risoluzione n. 220 del 10 agosto 2007 ha chiarito, nelle ipotesi in cui siano
poste in essere prestazioni di servizi e cessioni di beni, è necessario far riferimento alla volontà contrattualmente espressa dalle parti per stabilire se sia prevalente l’obbligazione di dare o quella di fare.
In particolare, se la volontà contrattuale è quella di addivenire ad un risultato diverso e nuovo rispetto al complesso dei beni utilizzati per l’esecuzione dell’opera, allora la prestazione di servizi si deve considerare assorbente rispetto alla cessione del materiale impiegato. Nel caso sottoposto alla scrivente,
emerge che le parti non hanno voluto pattuire una cessione di materiali con relativa posa in opera, ma
hanno inteso affidare l’esecuzione di un’opera con strutture prefabbricate e che costituisce un risultato
diverso rispetto al complesso dei beni utilizzati.
In conclusione, operando entrambe le società (BETA S.r.l. e ALFA S.r.l.) nel quadro di un’attività riconducibile al settore edile e consistendo, l’opera, in una prestazione di servizi realizzati in base a contratti di subappalto, la scrivente ritiene che le prestazioni fatturate dalla società istante alla BETA S.r.l.
sono soggette all’applicazione del meccanismo del reverse-charge.
Allo stesso meccanismo dell’inversione contabile, inoltre, sono soggette le prestazioni di scarico,
movimentazione e montaggio rese dai terzi specializzati alla ALFA S.r.l., ove le stesse operazioni di subappalto, derivanti dal contratto di appalto stipulato a monte tra la società istante e la BETA S.r.l., siano
resi da soggetti che realizzano attività riconducibili alle categorie di cui alla sezione F della richiamata Tabella ATECOFIN 2004.
AUTORITÀ LAVORI PUBBLICI – LEGITTIMI ANCHE QUELLI CON CONSORZIO STABILE SOCIETÀ INGEGNERIA
L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici è recentemente intervenuta sul problema della legittimità dei raggruppamenti fra progettisti in cui siano presenti anche i consorzi stabili di società di ingegneria con il proprio Parere n. 64 del 28 febbraio 2008 depositato il 6 marzo scorso.
L’Autorità ha emesso il parere in argomento su richiesta di una associazione temporanea che era stata esclusa dalla partecipazione ad una gara in quanto all’interno della stessa era presente un consorzio
stabile di società di ingegneria.
In riferimento al problema evidenziato, l’Autorità precisa, nel parere in argomento che l’articolo 90,
comma 1, lettera g) del codice dei contratti (D.Lgs. n. 163/2006), prevede che i raggruppamenti temporanei di progettisti siano composti esclusivamente da professionisti singoli o associati, società di professionisti e società di ingegneria, mentre nella successiva lettera h) (sempre dell’articolo 90, comma 1 del
4 LAVORI PUBBLICI
377
2008
NORMATIVA NAZIONALE
Codice dei contratti) non viene richiamata la precedente lettera g) con la conseguenza che i consorzi,
con una interpretazione letterale, sarebbero esclusi dai raggruppamenti.
L’Autorità, affrontando, invece, il problema con una interpretazione sistematica, nel parere espresso, ha
rilevato che “già nel previgente assetto normativo di cui alla legge Merloni, i consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria erano stati inseriti nel novero dei soggetti che possono rimanere affidatari di incarichi di progettazione prevedendo un rinvio alle disposizioni dell’allora vigente articolo 12 della
Legge n. 109/1994”. Chiarendo, ulteriormente, che l’articolo 34, comma 1, lettera d), del Codice dei contratti “riconosce la possibilità di costituire raggruppamenti temporanei di concorrenti anche ai consorzi stabili”.
L’autorità, in conclusione si pone dunque il problema di difetto di coordinamento della norma, che
deve essere affrontato con un approccio sistematico, secondo il quale, “l’applicazione del principio comunitario della libera prestazione di servizi e della tutela della concorrenza nonché del rispetto del paritetico esercizio della professione da parte di tutti i titolari della funzione, singoli o comunque associati,
comporta a ritenere che non si rilevano elementi atti a suffragare il diniego del riconoscimento della forma aggregativa di cui all’istituto del raggruppamento temporaneo anche in riferimento ai consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria, così come avviene per i consorzi stabili operanti
nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.” In conclusione, dunque, l’Autorità, nel parere in argomento, ha precisato che ogni esclusione di raggruppamenti in cui vi sia un consorzio stabile
di società di professionisti o di società di ingegneria è, quindi, illegittima.
PARERE DELL’AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE 28
FEBBRAIO 2008, N. 64
Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n), del
D.Lgs. n. 163/2006 presentata dall’ATP Building Design Partnership Ltd/Altri – progettazione
preliminare, definitiva ed esecutiva per il completamento dell’area Ospedaliero Universitaria di
Cisanello. S.A. Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana.
IL CONSIGLIO
Vista la relazione dell’Ufficio del precontenzioso
CONSIDERATO IN FATTO
In data 12 novembre 2007 è pervenuta all’Autorità l’istanza di parere in oggetto con la quale l’Associazione temporanea di professionisti Building Design Partnership Ltd/Altri ha richiesto l’avviso dell’Autorità in relazione alla controversia insorta con l’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana a seguito dell’esclusione dell’associazione istante, disposta dalla commissione di gara, che non ha ritenuto legittima
la partecipazione alla gara di detta associazione temporanea, in quanto al suo interno è presente un
consorzio stabile di società di ingegneria.
In sede di istruttoria procedimentale, ha rappresentato che l’articolo 90, comma 1, del D.Lgs.
n. 163/2006, nell’individuare i soggetti che possono espletare le attività di progettazione, alla lettera g),
prevede la possibilità di costituire raggruppamenti temporanei esclusivamente in relazione ai liberi professionisti singoli o associati nelle forme di cui alla Legge n. 1815/1939, alle società di professionisti ed
alle società di ingegneria.
RITENUTO IN DIRITTO
L’articolo 90, comma 1, lettera g) del D.Lgs. n. 163/2006 individua i liberi professionisti singoli o associati nelle forme di cui alla Legge n. 1815/1939, le società di professionisti e le società di ingegneria
quali soggetti autorizzati a costituire raggruppamenti temporanei al fine dell’espletamento delle prestazioni attinenti all’architettura ed all’ingegneria.
I consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria, di cui alla successiva lettera
h), non sono espressamente indicati nel novero dei soggetti che possono costituire detti raggruppamenti temporanei.
Si pone quindi un problema interpretativo sulla legittimità della costituzione di un raggruppamento
temporaneo tra un consorzio stabile di cui all’articolo 90, comma 1, lettera h), del D.Lgs. n. 163/2006 e
uno o più soggetti di cui al medesimo articolo 90, comma 1, lettere d), e) ed f). Per la definizione della
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NORMATIVA NAZIONALE
questione giova richiamare il dettato della citata lettera h) dell’articolo 90 che recita “da consorzi stabili di
società di professionisti e di società di ingegneria, anche in forma mista, formati da non meno di tre consorziati che abbiano operato nel settore dei servizi di ingegneria e architettura, per un periodo di tempo
non inferiore a cinque anni, e che abbiano deciso di operare in modo congiunto secondo le previsioni del
comma 1 dell’articolo 36. È vietata la partecipazione a più di un consorzio stabile. Ai fini della partecipazione alle gare per l’affidamento di incarichi di progettazione e attività tecnico-amministrative ad essa
connesse, il fatturato globale in servizi di ingegneria e architettura realizzato da ciascuna società consorziata nel quinquennio o nel decennio precedente è incrementato secondo quanto stabilito dall’articolo
36, comma 6, della presente legge; ai consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 36, commi 4 e 5 e di cui all’articolo 253, comma 8.”
Per espresso richiamo normativo, quindi, ai consorzi stabili di società di professionisti e di società di
ingegneria si applicano i commi 1, 4, 5 e 6, dell’articolo 36 del D.Lgs. n. 163/2006, contenente la disciplina generale dei consorzi stabili dettata per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
Del resto, già nel previgente assetto normativo di cui alla Legge n. 109/1994, in virtù delle modificazioni introdotte dalla Legge n. 166/2002, i consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria erano stati inseriti nel novero dei soggetti che possono rimanere affidatari di incarichi di progettazione prevedendo un rinvio alle disposizioni dell’allora vigente articolo 12 della Legge n. 109/1994.
Si deve inoltre rilevare che, relativamente ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, l’articolo
34, comma 1, lettera d), del D.Lgs. n. 163/2006 riconosce la possibilità di costituire raggruppamenti
temporanei di concorrenti anche ai consorzi stabili.
Si pone dunque un problema di difetto di coordinamento della norma, da affrontarsi secondo un approccio sistematico, secondo il quale, l’applicazione del principio comunitario della libera prestazione di
servizi e della tutela della concorrenza nonché del rispetto del paritetico esercizio della professione da
parte di tutti i titolari della funzione, singoli o comunque associati, comporta a ritenere che non si rilevano elementi atti a suffragare il diniego del riconoscimento della forma aggregativa di cui all’istituto del
raggruppamento temporaneo anche in riferimento ai consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria, così come avviene per i consorzi stabili operanti nel settore dei contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture.
In base a quanto sopra considerato
IL CONSIGLIO
ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che l’esclusione del RTP Building Design Partnership Ltd/Altri non
è conforme alla normativa di settore.
AUTORITÀ LAVORI PUBBLICI – INCARICHI DI COLLAUDO
L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici è recentemente intervenuta sul problema dell’affidamento degli incarichi di collaudo con il proprio parere n. 65 del 28 febbraio 2008 depositato il 6 marzo scorso.
La questione della conformità dell’affidamento del collaudo mediante incarico diretto è stata affrontata dall’Autorità con la precedente deliberazione n. 82 del 27 marzo 2007, nella quale sono state riportate le seguenti considerazioni:
– a decorrere dal 1° luglio 2006, il collaudo di lavori pubblici rientra tra i servizi soggetti alla disciplina del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 163/2006, in quanto i “servizi di collaudo
e di verifica di edifici” ricadono nella categoria 12 dell’allegato IIA del Codice dei contratti e che
i servizi ivi elencati, a mente dell’articolo 20, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006, sono integralmente soggetti alle disposizioni di quest’ultimo;
– ciò è confermato dall’articolo 91, comma 8 del D.Lgs. n. 163/2006 che vieta l’affidamento di attività di collaudo “con procedure diverse da quelle previste dal codice” e dal successivo articolo
120, comma 2, che rinvia al regolamento la disciplina del collaudo con modalità ordinarie e semplificate, in conformità a quanto previsto dal codice stesso;
Inoltre, per quanto riguarda gli incarichi per i quali il valore dei servizi interessati è inferiore alla soglia di
applicazione della soglia comunitaria, l’assenza, nelle disposizioni nazionali applicabili, di menzione esplicita relativa all’applicazione degli obblighi derivanti dal Trattato, non può significare che non è imposto il rispetto del principio di parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza nell’attribuzione di tali appalti.
4 LAVORI PUBBLICI
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NORMATIVA NAZIONALE
In conclusione, l’Autorità, nel proprio Parere n. 65/2008, ha affermato che gli incarichi di collaudo devono essere affidati, anche per importi sotto la soglia comunitaria, con regole ad evidenza pubblica ed è
illegittimo qualsiasi affidamento diretto a trattativa privata.
Gli incarichi di collaudo sono soggetti alla disciplina del Codice dei contratti (D.Lgs. n. 163/2006) e
devono essere affidati con le procedure previste nel codice stesso e per gli incarichi con importi di onorario inferiore alla soglia comunitaria (206.000,00 Euro) devono, comunque, essere rispettati i principi di
parità di trattamento e di trasparenza (con la necessaria pubblicità).
PARERE DELL’AUTORITÀ PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE 28
FEBBRAIO 2008, N. 65
Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del D.Lgs.
n. 163/2006 presentata dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Campobasso e dall’Ordine
degli Ingegneri della Provincia di Isernia – a) incarico di collaudo statico sismico e tecnico amministrativo in corso d’opera dei lavori di “realizzazione dell’Acquedotto Molisano Centrale”; b)
incarico di collaudo statico sismico e tecnico amministrativo in corso d’opera dei lavori di “realizzazione dell’Acquedotto Molisano Destro”. S.A. Molise Acque.
IL CONSIGLIO
Vista la relazione dell’Ufficio del precontenzioso
CONSIDERATO IN FATTO
In data 17 dicembre 2007 è pervenuta all’Autorità l’istanza di parere in oggetto con la quale
l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Campobasso e l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di
Isernia hanno rappresentato la controversia insorta con la MOLISE ACQUE -Azienda Speciale Regionale, in relazione alla procedura negoziata senza pubblicazione di bando per l’affidamento degli incarichi di
collaudo indicati in oggetto.
In particolare, gli Ordini professionali istanti contestano:
– il richiamo, per la formazione della commissione di collaudo, all’Albo regionale dei collaudatori
istituito con D.A. n. 39/2004, da intendersi abrogato in virtù dell’articolo 24, comma 8, della Legge n. 62/2005, che ha, a suo volta, abrogato l’articolo 188, commi 8, 9 e 10 del D.P.R. 554/1999.
A parere degli Ordini istanti, gli incarichi di collaudo non possono essere affidati in via diretta;
– la mancata indicazione dell’importo dei lavori delle opere oggetto di collaudo, in relazione al
quale si deve calcolare l’importo dell’onorario da porre a base di gara;
– la legittimità della richiesta della garanzia di cui all’articolo 75 del D.Lgs. n. 163/2006;
– l’eccessività del ribasso (oltre 80% sull’onorario) offerto per l’espletamento dell’incarico sub a).
In sede di istruttoria procedimentale, la Stazione appaltante, nel rappresentare la correttezza del proprio
operato, ha fatto presente che il richiamato articolo 24 della Legge n. 62/2005 è stato a sua volta abrogato
dall’articolo 256 del D.Lgs. n. 163/2006, che gli incarichi di collaudo non sono soggetti, in relazione alle cauzioni, alle prescrizioni dettate per gli incarichi di progettazione e che l’abrogazione dei minimi tariffari comporta la facoltà, per il professionista, di espletare gli incarichi con ridotti margini di investimento economico.
Ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento sul procedimento per la soluzione delle controversie, in data 20 febbraio 2008 si è tenuta presso l’Ufficio del precontenzioso una audizione alla quale la Stazione
appaltante ha ritenuto di non partecipare.
RITENUTO IN DIRITTO
La questione della conformità dell’affidamento del collaudo mediante incarico diretto è stata affrontata dall’Autorità con la Deliberazione n. 82 del 27 marzo 2007, nella quale sono state riportate le seguenti considerazioni.
A decorrere dal 1° luglio 2006, il collaudo di lavori pubblici rientra tra i servizi soggetti alla disciplina
del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 163/2006, in quanto i “servizi di collaudo e di verifica
di edifici” ricadono nella categoria 12 dell’allegato IIA del Codice dei contratti e che i servizi ivi elencati,
a mente dell’articolo 20, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006, sono integralmente soggetti alle disposizioni di quest’ultimo.
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LAVORI PUBBLICI 4
2008
NORMATIVA NAZIONALE
Ciò è confermato dall’articolo 91, comma 8 del D.Lgs. n. 163/2006 che vieta l’affidamento di attività
di collaudo “con procedure diverse da quelle previste dal codice” e dal successivo articolo 120, comma
2, che rinvia al regolamento la disciplina del collaudo con modalità ordinarie e semplificate, in conformità a quanto previsto dal codice stesso.
Inoltre, l’abrogazione degli elenchi di professionisti abilitati al collaudo, disposta dall’articolo 24 della Legge n. 62/2005, conferma la regola secondo cui gli incarichi di collaudo rientrano nel novero dei
servizi tecnici: si tenga conto, al riguardo, anche della procedura d’infrazione aperta dalla Commissione
Europea nei confronti dell’Italia (IP/03/1415) con cui si richiamava il legislatore nazionale all’applicazione
delle regole di concorrenza, pubblicità e trasparenza tanto per gli appalti sottosoglia relativi ai servizi di
progettazione e validazione dei progetti, quanto per tutti gli appalti relativi ai servizi di direzione dei lavori e di collaudo.
Pertanto, alla luce del predetto articolo 91 comma 8 e tenuto conto dell’assoggettamento degli incarichi di collaudo al regime normativo del Codice, deve ritenersi che nel regime transitorio, in attesa
del regolamento di esecuzione – in corso di pubblicazione – operano anche per l’affidamento del collaudo le regole generali definite dalla Parte II del Codice ed in particolare dal Titolo I, Capo III, per gli appalti sopra soglia comunitaria, e dal Titolo II, per gli appalti sottosoglia.
Per la soluzione della fattispecie, afferente a incarichi di collaudo nei settori speciali, deve inoltre farsi rinvio alla recente pronuncia della Corte di Giustizia Europea sez. II 21 febbraio 2008 n. C- 412/4, con
la quale è stato dichiarato l’inadempimento dello Stato italiano agli obblighi che ad esso incombono in
forza della Direttiva n. 92/50 e della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/38/CEE, che coordina le
procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, relativamente all’articolo 28,
comma 4, della Legge n. 109/1994.
La Corte ha ritenuto che l’affidamento delle attività di verifica dei lavori deve essere effettuata conformemente alle regole enunciate dalle Direttive n. 92/50 e n. 93/38, e, pertanto, l’affidamento a soggetti esterni alle condizioni enunciate dagli articoli 28, comma 4, della Legge n. 109/1994, e 188 del D.P.R. n. 554/1999,
viola le dette direttive per quanto riguarda gli appalti che rientrano nel loro campo di applicazione.
Inoltre, per quanto riguarda gli appalti per i quali il valore dei servizi interessati è inferiore alla soglia
di applicazione delle Direttive n. 92/50 e n. 93/38, l’assenza, nelle disposizioni nazionali applicabili, di
menzione esplicita relativa all’applicazione degli obblighi derivanti dal Trattato, non può significare che
non è imposto il rispetto del principio di parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza nell’attribuzione di tali appalti.
Sulla base delle considerazioni sopra riportate gli affidamenti in esame, effettuati mediante procura
negoziata senza bando, non sono conformi ai principi comunitari di parità di trattamento e di concorrenza.
Gli ulteriori motivi di doglianza sono da ritenere assorbiti.
In base a quanto sopra considerato
IL CONSIGLIO
ritiene, nei limiti di cui in motivazione, che il collaudo di lavori pubblici rientra tra i servizi soggetti alla disciplina del Codice dei contratti pubblici per il cui affidamento esterno è necessario il ricorso alle procedure di evidenza pubblica.
CONSIGLIO DI STATO – VERIFICA DURC DEMANDATA AGLI ENTI PREVIDENZIALI
DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO 23 GENNAIO, N. 147
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione ANNO 2006 ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul ricorso in appello n. 7210/2006 del 23/08/2006, proposto dalla EDILPARTI S.R.L. rappresentata e
difesa: dall’avv. FRANCESCO GUAGLIANONE con domicilio eletto in Roma VIA CICERONE, 44 presso la
sig.ra ANNAMARIA RIZZO
4 LAVORI PUBBLICI
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2008
NORMATIVA NAZIONALE
–
–
–
–
CONTRO
il COMUNE DI BARI rappresentato e difeso dall’avv. RENATO VERNA con domicilio eletto in Roma
VIA FLAMINIA N.79 presso l’avv. ROBERTO CIOCIOLA;
l’I.N.A.I.L. rappresentato e difeso dalle avvocatesse ADRIANA PIGNATARO EMILIA FAVATA con domicilio eletto in Roma VIA IV NOVEMBRE 144 presso l’UFFICIO LEGALE DELL’INAIL
E NEI CONFRONTI
della EDILSCAVI S.N.C. Q. MANDATARIA A.T.I. rappresentata e difesa: dall’avv. FULVIO MASTROVITI con domicilio eletto in Roma VIALE DELLE MILIZIE, 34 presso l’avv. ANDREA BOTTI
della A.T.I. – ADDANTE GIOVANNI S.R.L. rappresentata e difesa: dall’Avv. FULVIO MASTROVITI con
domicilio eletto in Roma VIALE DELLE MILIZIE, 34 presso l’avv. ANDREA BOTTI;
PER LA RIFORMA
della sentenza del TAR PUGLIA – BARI:Sezione I n. 2926/2006, resa tra le parti, concernente GARA
PER LAVORI DI RISANAMENTO IMMOBILI E.R.P.;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del COMUNE DI BARI, dell’I.N.A.I.L., della EDILSCAVI S.N.C.
Q. MANDATARIA A.T.I. e della A.T.I. – ADDANTE GIOVANNI S.R.L.;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 15 giugno 2007, relatore il Cons. Caro Lucrezio Monticelli uditi gli avvocati Ciociola, Zammataro e Pappalepore, rispettivamente in sostituzione degli avv.ti Verna, Pignataro e Mastroviti;
–
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi al Tar Puglia-Bari la Edilparti s.r.l., la quale ha partecipato al pubblico incanto indetto il 21.10.2005 dal Comune di Bari per l’affidamento dei lavori di risanamento di immobili
edilizia residenziale pubblica, ha impugnato i seguenti atti:
1) il provvedimento di aggiudicazione definitiva della gara all’ATI Edilscavi s.n.c.- Addante Giovanni s.r.l.,
comunicato con nota prot. n. 1061173 Settore Appalti dell’1 aprile 2006, ricevuta il 19 maggio 2006;
2) ogni altro atto comunque connesso, sia esso presupposto o conseguente, per quanto d’interesse, ivi incluso – ove occorra – a nota INAIL, sede di Bari, prot. n. 6443 del 20 marzo 2006 concernente la regolarità contributiva della Addante Giovanni s.r.l.
La ricorrente ha chiesto altresì il risarcimento di tutti i danni subiti dalla medesima mediante reintegrazione in forma specifica e, in subordine, per equivalente nella misura non inferiore al 10% del valore
dell’appalto o di quell’ altra, maggiore o minore, accertata in corso di causa, anche secondo equità
Con motivi aggiunti notificati il 30 giugno-3 luglio 2006 sono stati chiesti la declaratoria di caducazione, inefficacia e/o nullità del contratto d’appalto stipulato tra il Comune di Bari e l’A.T.I. Edilscavi S.n.c. –
Addante Giovanni S.r.l., nonchè l’annullamento della nota n. 151601 del 30 maggio 2006 relativa allo
svincolo della cauzione provvisoria prestata dalla società ricorrente.
Il Tar Puglia – Bari, sez.I, con sentenza in forma semplificata n. 2926/2006, ha respinto il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni:
“Considerato quanto ai vizi dedotti col primo e secondo motivo di ricorso che legittimamente l’Amministrazione comunale ha ritenuto provato il requisito della regolarità contributiva dell’impresa mandante
Addante Giovanni S.r.l., a fronte di atti provenienti dall’I.N.A.I.L. che, da ultimo espressamente annullando
e/o revocando originaria dichiarazione negativa di regolarità contributiva, hanno asseverato l’insussistenza
di profili di irregolarità, non disponendo di autonomi poteri di accertamento e valutazione (cfr. T.A.R. Puglia,
Bari, Sez. I, 25 gennaio 2005, n. 217, 218, 219 e 227) e dovendo quindi prendere soltanto atto di tali asseverazioni, espressive dei poteri pubblicistici riconosciuti all’Istituto assicuratore, e delle connesse valutazioni di stretta discrezionalità tecnica (su cui vedi T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 24 marzo 2005, n. 2477);
Considerato, quanto ai vizi dedotti col terzo motivo, che l’attestazione SOA presentata dall’impresa
mandante Addante Giovanni S.r.l., esibita dalla stessa società ricorrente, reca espressa indicazione,
senza distinzione alcuna, che “l’impresa possiede la certificazione (articolo 2, comma 1, lettera q) D.P.R.
n. 34/2000) valida fino al 1 aprile 2007 rilasciata da DNV ITALIA S.r.l.”, e rammentato al riguardo che, ai
sensi dell’articolo 4 comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34, “Il
possesso della certificazione di qualità aziendale ovvero il possesso della dichiarazione della presenza
di requisiti del sistema di qualità aziendale, rilasciate da soggetti accreditati, ai sensi delle norme euro382
LAVORI PUBBLICI 4
2008
NORMATIVA NAZIONALE
pee della serie UNI CEI EN 45000, al rilascio della certificazione nel settore delle imprese di costruzione,
è attestato dalle SOA”;
Considerato, in definitiva, che il ricorso deve essere rigettato siccome infondato;”
Avverso detta sentenza ha proposto appello la Edilparti s.r.l. (ric. n. 7210/2006), asserendo che nella
fattispecie l’aggiudicataria non poteva considerarsi in regola con gli obblighi contributivi (censura proposta sotto vari profili nei primi quattro motivi di gravame) e che non era in possesso della prescritta certificazione di qualità (doglianza dedotta nel quinto motivo).
Si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello il Comune di Bari, l’INAIL e l’ATI Edilscavi s.n.c.Addante Giovanni s.r.l.
DIRITTO
L’appello è infondato.
I primi quattro motivi di gravame si fondano sull’assunto che l’aggiudicataria della gara in questione
non fosse in regola con gli obblighi contributivi e che pertanto dovesse essere esclusa dalla gara stessa.
Deve tuttavia concordarsi con il Tar allorquando afferma che l’amministrazione non poteva che tener
conto di quanto dichiarato dall’INAIL in ordine alla regolarità contributiva, unico soggetto abilitato ad attestare il rispetto degli obblighi contributivi nella materia di propria competenza.
Va infatti considerato che, a seguito dell’entrata un vigore della disciplina sul certificato di regolarità
contributiva, dettata dall’articolo2 del decreto-legge 25 settembre 2002 n. 210, così come modificato
dalla legge di conversione 22 novembre 2002 n. 266 e dall’articolo 3, comma 8 lettera b) del decreto legislativo 14 agosto 1996 n. 494, lettera aggiunta dall’articolo 86, comma 10, del D.Lgs. 10 settembre
2003 n. 276, la verifica della regolarità contributiva non è più di competenza delle stazioni appaltanti, ma
è demandata agli enti previdenziali.
La stazione appaltante in una siffatta situazione non deve dunque far altro che prendere atto della
certificazione senza poter in alcun modo sindacarne le risultanze (come avviene del resto con riferimento a qualsiasi certificazione acquisita per comprovare requisiti, il cui accertamento è affidato ad altre
amministrazioni).
Conseguenza di quanto testé evidenziato è inoltre che il procedimento di rilascio della certificazione
di regolarità contributiva ha una sua autonomia rispetto al procedimento di gara (si è già del resto sottolineato che la stessa certificazione è richiesta anche per i lavori privati, ove non si fa certo riferimento a
procedimenti di gara) ed è sottoposto alle regole proprie della materia previdenziale, della cui corretta
applicazione è peraltro competente a conoscere il giudice ordinario.
Con il quinto motivo di gravame l’appellante lamenta il mancato possesso da parte dell’aggiudicataria del certificato di qualità.
Anche in proposito deve essere condivisa la conclusione cui è giunto il Tar sulla base della dichiarazione contenuta nell’attestazione SOA circa il possesso di tale certificato di qualità e dell’articolo 4 comma 3
del decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34, il quale prevede che “Il possesso della
certificazione di qualità aziendale ovvero il possesso della dichiarazione della presenza di requisiti del sistema di qualità aziendale, rilasciate da soggetti accreditati, ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI
EN 45000, al rilascio della certificazione nel settore delle imprese di costruzione, è attestato dalle SOA”.
Nè la predetta conclusione può essere disattesa per il fatto che l’impresa interessata aveva prodotto in gara una specifica certificazione sulla qualità che poteva far sorgere qualche dubbio sull’effettiva
portata della certificazione stessa, perché ogni dubbio in proposito doveva essere fugato dalla circostanza, prevista espressamente dal bando al punto10 lettera b), che il possesso del requisito di qualità
doveva essere indicato nell’attestazione SOA, sicché nella fattispecie l’amministrazione avrebbe comunque dovuto considerare decisivo quanto dichiarato in quest’ultima attestazione.
L’appello deve dunque essere respinto.
Sussistono ragioni, in considerazione della particolarità della fattispecie, per disporre l’integrale
compensazione tra le parti delle spese del grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello indicato in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 15 giugno 2007 con l’intervento dei Sigg.ri:
(omissis)
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2008
NORMATIVA NAZIONALE
CONSIGLIO DI STATO – COMPUTABILITÀ VOLUMETRIE FABBRICATI
DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO 29 GENNAIO 2008, N. 271
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
–
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 8859 R.G. dell’anno 2006, proposto da Centrella Alessandro nato a Montemiletto il 12 maggio 1948, e da Centrella Alessandro nato ad Avellino il 30 giugno 1966, quale procuratore di Centrella Rinaldo, entrambi rappresentati e difesi dall’avv. Modestino Acone, con il quale elettivamente domiciliano in Roma, via Buccari n. 3 (presso la sig.ra Maria Teresa Acone);
–
CONTRO
il Comune di Montemiletto, in persona del sindaco in carica rappresentato e difeso dall’avv. Attilio Imbriani, con il quale elettivamente domicilia in Roma via Bardanzellu n. 71 (studio avv Enzo Giardiello)
–
E NEI CONFRONTI
Centrella Augusto, rappresentato e difeso dall’avv. Domato Cicenia ed elettivamente domiciliato in
Roma, alla via Alberto Guglielmotti n. 2 (studio avv. Stefano Brizi),
–
PER L’ANNULLAMENTO
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sede di Salerno, sez. IIª, del
21 luglio 2005 n. 1320;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della parti appellate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive;
Visti tutti gli atti di causa;
relatore alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2007 il Cons. Sandro Aureli;
Uditi, altresì, gli avv.ti Acone Modestino e Lentini su delega dell’avv. Donato Cicenia;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO
Gli attuali appellanti hanno impugnato in primo grado la concessione edilizia n. 1772 del 30 marzo
1995, insieme agli atti ad essa connessi, che il sindaco del Comune di Montemiletto ha rilasciato ad Augusto Centrella per la sanatoria di opere riguardanti l’aumento dell’altezza del piano sottotetto e per assentire alcuni interventi in variante di precedenti titoli edilizi, relativi tutti a fabbricato situato in via Serra.
Il giudice di primo grado, con la sentenza impugnata, e meglio descritta in epigrafe, ha respinto il ricorso.
Con il gravame in esame, gli appellanti contestano radicalmente le argomentazione sviluppate dal
primo giudice, rinvenendovi errori di fatto e di diritto nel ritenere legittimo ed assentibile l’intervento, nonostante l’eccesso di volumetria realizzata in contrasto con le prescrizioni urbanistiche
La parte appellata ha eccepito la tardività dell’appello ed ha chiesto la conferma della sentenza impugnata, sviluppando gli stessi argomenti utilizzati nella sentenza gravata.
Anche l’Amministrazione comunale ha chiesto la conferma della sentenza impugnata.
Con breve memoria gli appellanti hanno replicato all’eccezione di tardività dell’appello.
All’udienza dell’11 dicembre 2007, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
L’eccezione di tardività del gravame sollevata dall’appellato ing. Centrella non può essere accolta.
Assume quest’ultimo che la notifica dell’appello effettuata utilizzando il termine annuale, in data 26 ottobre
2006, è tardiva rispetto alla data del deposito della sentenza impugnata, giacché avvenuto il 21 luglio 2005.
Tardività che non viene meno anche se debbono non essere conteggiati i periodi di sospensione dei
termini processuali di cui alla Legge n. 742/1969.
Sennonché, seguendo un orientamento di questo Consesso da cui non v’è ragione di discostarsi,
deve essere osservato in punto di fatto che la notifica del gravame è stata effettuata dall’appellante an384
LAVORI PUBBLICI 4
2008
NORMATIVA NAZIONALE
che nell’antecedente giorno 18 ottobre 2006, e quindi tempestivamente, sia nei riguardi di entrambe le
parti del giudizio di primo, vale a dire sia la parte privata che l’amministrazione comunale.
La notifica eseguita il giorno 26 ottobre 2007 ha riguardato soltanto la parte privata ed è di quella effettuata il giorno 18 una ripetizione, resasi necessaria per essersi trasferito il domiciliatario del difensore di quest’ultima dal domicilio indicato dalla sentenza impugnata, ed utilizzato dall’appellante ex articolo 330 c.p.c.
Alla luce di quanto precede, essendo quest’ultima notifica nulla ma non inesistente, e non avendo
l’eccepiente dato prova della possibilità di conoscere il mutamento del proprio domicilio, deve ritenersi
che tale nullità sia stata senz’altro sanata con l’avvenuta costituzione della parte, ancorchè tardiva rispetto al termine di trenta giorni stabilito per controdedurre dall’articolo 37, comma 1° R.D. n. 1054/1924 (v.
Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2005, n. 4415; Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2003, n. 5311).
L’eccezione deve pertanto essere respinta.
Venendo al merito della controversia, deve essere rilevato che assume importanza decisiva ai fini
della definizione della lite, la questione concernente l’eccesso della volumetria dedotto dagli appellanti
invocando l’articolo 26 del p.r.g. del Comune di Montemiletto, prescrivente il limite di 500 mc per i volumi residenziali.
In particolare, occorre stabilire se con l’intervento assentito dalla concessione edilizia impugnata in
primo grado, detto limite sia stato superato, come sostengono appunto gli appellanti, ovvero sia rimasto al di sotto, cioè in misura pari a 495,75 m3, non dovendosi considerare ai fini del calcolo dell’anzidetta volumetria complessiva residenziale prescritta, il primo livello del fabbricato, che l’appellato con il
consenso del Comune ha realizzato, dando ad esso la destinazione a “garage” ed “atrio”, e facente parte, in particolare, del seminterrato.
In siffatta situazione, la Sezione ritiene indispensabile ai fini del decidere, definire le condizioni che
occorrono per identificare il seminterrato di un fabbricato destinato ad uso residenziale.
Al riguardo, non può essere condiviso quanto argomentato dal primo giudice, con il conforto del
consulente tecnico della parte privata ed in dichiarato dissenso dalla valutazione del consulente tecnico d’ufficio.
Seguendo un orientamento risalente ma confermato in seguito, dal quale la Sezione non ritiene di
discostarsi “ai fini del computo della volumetria del fabbricato è computabile il volume che superi il piano di campagna o quello che sopravanza lo sbancamento del livello zero, non già la cubatura sottostante, come deve essere considerato il piano seminterrato” (Cfr. Cons. Stato, V Sez., 4 agosto 1986 n. 390)
Un seminterrato, in particolare, è tale, quindi, se in ogni sua parte rimane al di sotto del piano di
campagna o del livello zero di sbancamento, essendo compatibile con tale situazione, nei limiti ritenuti
dalle norme comunali, che parte della struttura sopravanzi il piano di campagna o la quota zero, per
quanto strettamente necessario per assicurare una sufficiente areazione e luminosità, ovvero, che rimanga scoperta in larghezza per realizzare un accesso dall’esterno.
Consegue, in virtù delle su descritte necessarie caratteristiche, funzionali all’isolamento della struttura, della residenza soprattutto, dal terreno circostante in cui è immersa, che non è consentito utilizzare il seminterrato per usi residenziali, dovendo altrimenti considerarsene la volumetria nel calcolo della
cubatura massima consentita, mentre possono essere in esso consentiti soltanto usi al servizio o per la
migliore utilizzazione di quest’ultimi.
Le ricadute di quanto sopra chiarito, comportano che il primo livello dell’abitazione assentita con
l’impugnata concessione edilizia, al cui interno sono stati collocati spazi destinati ad “atrio” dell’abitazione medesima e “garage”, poiché presenta, indiscutibilmente, una intera parete esterna completamente fuori terra, non può qualificarsi come seminterrato, ancorché degli altri tre lati di essa, due siano completamente interrati, e l’altro sia chiuso da un muro di altra proprietà posto al di sotto del piano
di campagna.
In questa situazione, esattamente, pertanto, il c.t.u. nominato dal giudice di primo grado, interpretando in modo corretto l’articolo 26 del p.r.g. del Comune di Montemiletto, ancorchè la sua altezza dal
lato fuori terra non supera i metri 2,00, ha incluso il primo livello dell’abitazione dell’appellato, la cui volumetria è pari a 102,07 m3, nella cubatura computabile ai fini del rispetto del limite di 500 m3 residenziali prescritti da tale norma, con la conseguenza che la cubatura complessiva è risultata essere pari non
a 494,75 m3, ma a 596,82 m3, maggiore di quella assentibile.
Detta norma, invero, proprio per evitare l’utilizzazione a fine residenziale del seminterrato, prevede
che “…ai fini del computo della cubatura si farà riferimento al piano di calpestio del primo livello fuori terra, sempre che l’eventuale seminterrato non ecceda per l’altezza dal piano di campagna i metri 2,00…”.
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NORMATIVA NAZIONALE
Coerentemente a detta sua finalità, la norma in esame deve essere allora intesa nel senso rigoroso che tale ammissibile altezza deve essere eccedente, deve cioè sopravanzare il piano di campagna
esistente e non trovarsi al di sotto di esso ovvero della sua linea ideale, come avviene, invece,nel caso
in esame.
Infatti, la parete d’ingresso al “garage” ed all’atrio dell’abitazione dell’appellato è completamente
scoperta, per effetto del totale fuori terra, fino al piano di campagna che chiude gli altri lati, innalzandosi dal livello di calpestio fino a mt 2,00.
Parimenti poiché tale parete è scoperta per tutta la sua larghezza, pari a quella del fabbricato, non
può ammettersi che ciò avvenga essendo essa di gran lunga maggiore rispetto a quanto strettamente
necessita per realizzare l’accesso dall’esterno all’ ”atrio “ ed al “garage”.
Il primo motivo d’appello è dunque meritevole d’accoglimento, e di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere riformata integralmente, ivi inclusa quindi la parte che concerne l’addebito delle spese della consulenza tecnica d’ufficio, poste a carico dell’odierna parte appellante.
Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano per entrambi i gradi di giudizio come
da dispositivo che segue.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunciando sull’appello in
epigrafe, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla la concessione edilizia n. 1772 del 30 marzio 1995.
Condanna la parti resistenti, in solido tra di loro, al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi euro 7.000,00 di cui 3.500,00 a titolo di compenso per la consulenza tecnica d’ufficio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 11 dicembre 2007 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV),
riunito in Camera di Consiglio con l’intervento dei signori:
(omissis)
IMPRESE ILLEGITTIMAMENTE ESCLUSE – RISARCIMENTO DEL DANNO NELLA SENTENZA C.D.S.
Con la sentenza del 25 gennaio 2008, n. 213, la VI sezione del Consiglio di Stato interviene sulla questione del risarcimento del danno spettante ad un’impresa illegittimamente esclusa dall’aggiudicazione
di una gara, ancorché il contratto di appalto sia stato stipulato ed, in parte, già eseguito.
In merito, nella sentenza in commento viene affermato anzitutto che, per quanto concerne le prestazioni contrattuali già eseguite, l’impresa può esclusivamente ottenere un risarcimento del danno in forma economica, secondo taluni specifici criteri di calcolo, cui si accennerà oltre.
Per quanto attiene alle prestazioni contrattuali ancora da eseguire, il supremo collegio conferma l’indirizzo giurisprudenziale prevalente, (su cui, v. da ultimo, Cons. Stato, VI, n. 1523/2007 e Cass. Civ., I,
n. 7481/2007) a tenore del quale, in omaggio al principio di effettività della tutela sancito a livello comunitario e costituzionale, l’intervenuta stipula del contratto non impedisce in alcun modo la condanna della stazione appaltante ad un risarcimento in forma specifica, rappresentato dal subentro dell’impresa vittoriosa nel contratto stesso.
Il passaggio più innovativo della pronuncia in commento si rinviene, però, nella parte in cui viene rimesso alla scelta dell’impresa vittoriosa se procedere al subentro nel contratto di appalto, al fine di proseguire nel rapporto contrattuale fino al suo esaurimento, ovvero se optare per il risarcimento del danno
per equivalente monetario anche in relazione alla parte del contratto non eseguita.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, infatti, l’interesse originario dell’impresa era indirizzato all’esecuzione dell’appalto per il suo complessivo valore, come identificato dal bando di gara; la sua esecuzione
per un periodo di durata inferiore, invece, introducendo nuove condizioni economico-organizzative, implica, conseguentemente, un impegno di mezzi ed attrezzature ed un livello di remunerazione diversi rispetto all’offerta presentata in sede di gara, talché l’esecuzione parziale potrebbe non essere obiettivamente satisfattiva del danno subito dall’impresa per la mancata aggiudicazione.
Ad avviso del supremo collegio, peraltro, la possibilità di optare per il risarcimento per equivalente e
di rifiutare l’esecuzione solo parziale del contratto deriverebbe anche dall’applicazione di un principio di
carattere generale, desumibile dall’articolo 1181 c.c., secondo cui il creditore (nella specie: l’impresa illegittimamente esclusa dall’aggiudicazione) può sempre rifiutare l’offerta di un adempimento parziale ri386
LAVORI PUBBLICI 4
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NORMATIVA NAZIONALE
spetto all’originaria configurazione del rapporto obbligatorio (ad un adempimento parziale è equiparabile la possibilità di consentire l’esecuzione solo parziale del contratto).
Sulla base di tali argomentazioni, la sentenza in esame riconosce, quindi, all’impresa vittoriosa la possibilità di scegliere per il solo risarcimento economico del danno, rinunciando al subentro nel contratto.
Nella pronuncia vengono, infine, precisati i criteri in base ai quali la stazione appaltante dovrà effettuare la proposta di pagamento a titolo risarcitorio, riassumibili come segue:
– nel caso in cui l’impresa opti per il subentro nel contratto, dovrà essere corrisposta una somma
pari al 10% del valore della parte di contratto già eseguita, calcolata in base all’offerta presentata
in sede di gara dalla ricorrente;
– nel caso, invece, che la ricorrente scelga il solo risarcimento del danno, la suddetta percentuale
del 10% dovrà essere rapportata all’intero valore del contratto, come determinato alla luce dell’offerta presentata in sede di gara dalla stessa ricorrente.
La percentuale del 10% viene peraltro giustificata quale utile presuntivo dell’utile economico che sarebbe derivato all’impresa dall’esecuzione dell’appalto (Cons. Stato, IV, 6 luglio 2004 n. 5012).
Fonte: www.ance.it
SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO 25 GENNAIO 2008, N. 213
Risarcimento del danno spettante ad un’impresa illegittimamente esclusa dall’aggiudicazione
di una gara.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto dall’ENTE AMBITO N. 6 – CHIETINO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Pierluigi Maria Tenaglia con domicilio eletto in Roma
viale delle Milizie n. 106 presso l’Avv. Domenico Bellantoni;
CONTRO
SOC. C. LOTTI & ASSOCIATI SOCIETA’ DI INGEGNERIA P.A., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Daniele Vagnozzi e Giulio Cerceo con domicilio eletto in Roma via L. Bissolati, 76, presso l’Avv. Daniele Vagnozzi – Studio legale Villata e Associati;
E NEI CONFRONTI
IDROSFERA S.R.L. IN PR. E N.Q. MANDATARIA CAPOGRUPPO A.T.I. con IMPRESE IDROSTRADE
INGEGNERIA S.R.L. e SIF S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Boschetti con domicilio eletto in Roma via Albalonga n. 7, presso l’Avv. Clementino Palmiero;
per l’annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sezione di
Pescara, n. 373/07 pubblicata il 3-4-2007;
Visto il ricorso con i relativi allegati e i ricorsi in appello incidentale;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di SOC. C. LOTTI & ASSOCIATI SOCIETÀ DI INGEGNERIA P.A.,
IDROSFERA S.R.L. IN PR. E N.Q. MANDATARIA CAPOGRUPPO A.T.I. con IMPRESE IDROSTRADE INGEGNERIA S.R.L. e SIF S.R.L.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 20 novembre 2007 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.
Uditi l’Avv. Tenaglia, l’Avv. Vagnozzi e l’Avv. Masini per delega dell’Avv. Boschetti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1. Con bando di gara pubblicato sulla G.U.C.E. del 6 aprile 2005, l’Ente Ambito n. 6 – Chietino ha indetto un pubblico incanto per l’affidamento dei servizi inerenti la mappatura delle reti idriche, la ricerca
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NORMATIVA NAZIONALE
ed il recupero delle perdite nei Comuni di Lanciano, Ortona, Vasto, Casoli e Casalbordino, da aggiudicarsi a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’articolo 23, I comma, lettera b), del
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, con i criteri specificati al punto 5 del Disciplinare di Gara.
Con determinazione del 19 aprile 2006, n. 21, il Responsabile dei servizi dell’Ente Ambito n. 6 – Chietino ha aggiudicato la gara in via definitiva all’a.t.i. costituita tra le società Idrosfera s.r.l. (mandataria),
Idrostrade Ingegneria s.r.l. e S.I.F. s.r.l. (punti 84,09), mentre la Società C. Lotti & Ass.ti Società di Ingegneria p.a. si è classificata al secondo posto della graduatoria (punti 80,50).
Con Sentenza n. 373/2007 il Tar per l’Abruzzo, dopo aver respinto alcune eccezioni pregiudiziali, ha
accolto il ricorso della società Lotti, ritenendo assorbente e fondato il motivo relativo alla carenza di motivazione in ordine all’attribuzione dei punteggi, ed ha accolto la domanda di risarcimento del danno,
quantificato, a titolo di responsabilità precontrattuale, in Euro 35.000.
L’Ente Ambito n. 6 – Chietino ha impugnato tale decisione e si sono costituite in giudizio, proponendo entrambe ricorso in appello incidentale, la società Idrosfera s.r.l., in proprio e quale mandataria dell’A.T.I. con Idrostrade Ingegneria s.r.l. e S.I.F. s.r.l. e la Società C. Lotti & Ass.ti Società di Ingegneria p.a..
Con Ordinanza n. 4085/2007 questa Sezione ha respinto la domanda di sospensione dell’efficacia
dell’impugnata sentenza ed ha disposto in via istruttoria l’acquisizione del fascicolo di primo grado e di
una relazione dall’Ente appellante, comprensiva dei seguenti elementi:
a) il nominativo della persona fisica che ha predisposto gli elaborati di gara e i relativi files (con dichiarazione attestante tale circostanza resa da tale soggetto);
b) le modalità di pubblicazione degli atti di gara on line;
c) una spiegazione in ordine alle contestazioni mosse con riguardo alla “proprietà” dei file in questione;
d) una dichiarazione del responsabile del procedimento attestante l’assenza di rapporti tra l’Ente e
la società Idroservizi.
Espletata l’istruttoria, alla odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
2. L’oggetto del presente giudizio è costituito dal contestato esito di una procedura di gara per l’affidamento di servizi inerenti la mappatura delle reti idriche e la ricerca ed il recupero delle perdite di tali
reti. La sentenza con cui il Tar ha accolto il ricorso della seconda classificata, condannando l’Ente al risarcimento del danno è stata contestata da tutte le tre parti del giudizio di primo grado.
Si tratta di tre appelli autonomi, i quali hanno assunto la sola forma dell’appello incidentale perché
proposti dopo la notificazione dell’appello principale dell’Ente Ambito n. 6 – Chetino.
Deve, quindi, essere seguito un ordine logico per stabilire il criterio di priorità nell’esame delle censure.
3. Seguendo l’ordine logico, è prioritario l’esame del primo motivo proposto in appello dalla società
Lotti, avente ad oggetto l’ordine seguito dal Tar nell’esaminare i motivi del ricorso di primo grado e l’erroneo assorbimento dei motivi ulteriori rispetto a quello accolto.
Da tale ordine di esame delle censure dipende, infatti, anche la rilevanza delle diverse censure di
tardività del ricorso di primo grado e dei motivi aggiunti, sollevate dalle altre due parti appellanti.
Il motivo è fondato.
Il giudice di primo grado ha esaminato una sola censura proposta dalla società Lotti, relativa al difetto di motivazione nell’attribuzione dei punteggi, ritenendola fondata ed assorbendo gli altri motivi.
La società Lotti aveva proposto diverse altre censure, riguardanti la mancata esclusione della prima
classificata ed aveva indicato tali censure in ricorso prima di quella accolta (IV motivo).
L’ordine del giudice di esaminare le censure non può prescindere dal principio dispositivo, che regola anche il processo amministrativo e comporta la necessità di esaminare prima quelle censure, da cui
deriva un effetto pienamente satisfattivo della pretesa del ricorrente.
È evidente che in presenza di un motivo diretto ad escludere il primo classificato di una gara di appalto e di altro motivo tendente ad una rinnovazione (parziale o totale) delle operazioni di gara, solo l’accoglimento della prima censura soddisfa l’interesse della seconda classificata ad ottenere l’aggiudicazione dell’appalto.
Tali censure dovevano quindi essere esaminate per prime.
Peraltro, anche seguendo un diverso ordine, risulta errato il disposto assorbimento degli ulteriori
motivi di ricorso; infatti, quale sia l’ordine di esame dei motivi, il giudice è tenuto a proseguire tale esame finché è certo che dall’accoglimento di un ulteriore motivo non deriva più alcuna utilità al ricorrente.
Non era proprio questo il caso, come dimostra il fatto che la domanda risarcitoria sia stata poi solo
in parte accolta in quanto “avendo il vizio in parola travolto l’intera gara, non [può] ritenersi che la ricorrente sarebbe risultata di certo aggiudicataria della gara”.
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NORMATIVA NAZIONALE
Ma il mancato accertamento dell’aggiudicazione della gara in favore della ricorrente è dipeso proprio dall’omesso esame delle censure, con cui questa, seconda classificata, intendeva contestare la
non avvenuta esclusione della prima in graduatoria.
La prassi del giudice amministrativo di assorbire alcuni motivi del ricorso, che già in precedenza poteva condurre a risultati errati, deve essere del tutto riconsiderata ora che è ammesso il risarcimento del
danno derivante dall’esercizio illegittimo dell’attività amministrativa, in quanto, per assorbire un motivo,
deve essere evidente che dall’eventuale accoglimento della censura assorbita non possa derivare alcun
vantaggio al ricorrente, neanche sotto il profilo risarcitorio.
Va, infine, rilevato che il mancato esame delle prime censure non può essere escluso in quanto – come affermato dal Tar – “occorrerebbe svolgere un’ulteriore attività istruttoria”, in quanto in alcun modo difficoltà istruttorie o esigenze di economia processuale possono condurre ad una limitazione della tutela.
Avrebbe, quindi, dovuto il giudice di primo grado svolgere quell’attività istruttoria, che è stata poi disposta in questa sede di appello con la già richiamata ordinanza.
La fondatezza di tale motivo conduce ad esaminare in via prioritaria le censure attinenti alla mancata esclusione dell’aggiudicataria, con la conseguenza che il motivo del ricorso di primo grado relativo ai
punteggi sarà esaminato, unitamente alle contestazioni delle appellanti sul punto, solo in caso di rilevanza all’esito delle statuizioni sulle precedenti censure.
4. In relazione a tali motivi è prioritario l’esame dei motivi di appello con cui l’Ente Ambito n. 6 e l’aggiudicataria hanno eccepito la tardività dell’impugnativa di primo grado.
L’eccezione di tardività è infondata in relazione alle censure relative all’omessa esclusione dell’aggiudicataria.
Tali censure sono state in parte proposte con il ricorso introduttivo di primo grado (questione della asserita predisposizione degli elaborati di gara da parte della società Idroservizi) ed in parte con i motivi aggiunti (assenza del requisito del fatturato e violazione dell’articolo 6, comma 8 della Legge n. 415/1998 e
mancata produzione di documenti entro il termine di 15 giorni).
Con riferimento al ricorso introduttivo, premesso che correttamente la contestazione è stata mossa avverso l’aggiudicazione e non avverso l’atto, ancora non lesivo, dell’ammissione dell’aggiudicataria alla procedura, è infondata l’eccezione secondo cui il ricorso sarebbe tardivo perché la notificazione si è perfezionata dopo il termine di sessanta giorni decorrente dalla pubblicazione dell’atto impugnato all’albo dell’ente.
Infatti, anche senza dover entrare nel merito della questione dell’effettiva data di perfezionamento
della notificazione, è sufficiente rilevare che costituisce principio pacifico quello secondo cui la conoscenza del provvedimento di aggiudicazione definitiva non può essere ricondotta alla data di pubblicazione dello stesso, sussistendo un onere per le stazioni appaltanti di portare gli esiti delle procedure di
gara a conoscenza dei concorrenti per mezzo di apposite comunicazioni (cfr., fra tutte, Cons. Stato, VI,
n. 2445/2006; principio poi codificato dall’articolo 11, comma 10, del D.Lgs. n. 163/2006).
Essendo richiesta la comunicazione individuale dell’atto di aggiudicazione, il termine per l’impugnazione non può farsi decorrere dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione.
Nessun rilievo assumono, quindi, le argomentazioni dell’aggiudicataria relative alla dedotta mancata annotazione delle ragioni per cui non era andato a buon fine il primo tentativo di notificazione nei
suoi confronti.
Alcuna prova dell’effettiva conoscenza del provvedimento impugnato in data antecedente di sessanta
giorni a quella della notificazione è stata data dalle parti, che hanno eccepito la tardività del ricorso e ciò è
sufficiente per respingere l’eccezione e il relativo motivo di appello proposto dalla controinteressata.
5. Entrambe le parti hanno invocato la tardività dei motivi aggiunti proposti dalla società Lotti in primo grado.
Anche questa eccezione è infondata, quanto meno con riferimento all’aspetto – che qui ora interessa – delle contestazioni mosse alla mancata esclusione dell’aggiudicataria.
Infatti, la presenza del rappresentante dell’impresa Lotti alla seduta della Commissione dell’11-112005 (verbale n. 8) e l’avvenuta lettura in tale sede del verbale n. 7 non hanno determinato alcuna conoscenza dei profili di censura, sopra sintetizzati e relativi all’omessa esclusione dell’ATI Idrosfera.
Da tali verbali si ricavano elementi relativi all’attribuzione dei punteggi, ma non anche i suddetti ulteriori profili.
Né le controparti hanno dimostrato che la conoscenza di tali profili sia avvenuta prima dell’accesso
agli atti di gara esercitato dalla società Lotti nel giugno del 2006.
6. Si può ora passare ad esaminare i motivi proposti dalla società Lotti e relativi all’omessa esclusione dell’ATI aggiudicataria. Con una prima censura è stato dedotto che dalla consultazione del bando di
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gara pubblicato on line, è emerso che nella schermata relativa alle “proprietà” dei file in questione appariva “autore” del testo la società Idroservizi, che verserebbe in una situazione di “intreccio tecnico ed
amministrativo” con la società aggiudicataria Idrosfera, con alterazione, quindi, della par condicio e dei
principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento.
La Commissione di gara avrebbe superato tali rilievi senza svolgere un’adeguata istruttoria, ma limitandosi ad affermare che non era stato conferito un incarico esterno per la redazione del bando e che
non risulterebbe alcun collegamento tra la società Idroservizi con le società partecipanti all’ATI vincitrice della gara.
Tale questione è stata oggetto di specifica richiesta istruttoria con la richiamata ordinanza della Sezione.
Gli elementi richiesti erano:
a) il nominativo della persona fisica che ha predisposto gli elaborati di gara e i relativi files (con dichiarazione attestante tale circostanza resa da tale soggetto);
b) le modalità di pubblicazione degli atti di gara on line;
c) una spiegazione in ordine alle contestazioni mosse con riguardo alla “proprietà” dei file in questione;
d) una dichiarazione del responsabile del procedimento attestante l’assenza di rapporti tra l’Ente e
la società Idroservizi.
La circostanza dedotta dalla società Lotti è, infatti, del tutto anomala in una procedura di gara, dovendo essere attentamente verificato per quale motivo nella schermata autore dei file degli atti di gara
appaia il nominativo di una società, di cui si deduce il collegamento con la vincitrice e che comunque
nulla dovrebbe a che fare con la stazione appaltante.
Non è dubitabile che nel file degli atti di gara, pubblicato on line, dalla schermata proprietà emerge
come autore del file “Idroservizi”.
Tale elemento non era stato posto in dubbio in sede di gara e la commissione – come detto – si era
limitata a contestare il collegamento tra l’aggiudicataria e la società risultante come autore del file.
Solo nell’ultima memoria, la controinteressata avanza l’ipotesi che il file non avesse tale nome nella
schermata proprietà, che è modificabile da chiunque; sennonché, tale giustificazione appare debole di
fronte al fatto che già in sede di gara ben due concorrenti avevano rilevato tale elemento (v. verbale n. 8).
Le spiegazioni, peraltro solo parziali, fornite dell’Ente in risposta alla richiesta istruttoria della Sezione non sono idonee a fornire una giustificazione del suddetto elemento.
Secondo tali spiegazioni, gli atti di gara sarebbero stati redatti personalmente dal responsabile del
procedimento e successivamente la pubblicazione sarebbe stata affidata alla ditta Info s.r.l., cui gli atti
sarebbero stati consegnati nella sola versione cartacea. La pubblicazione on line sarebbe quindi avvenuta per iniziativa della Info s.r.l., che avrebbe anche provveduto a formare il file.
Si rileva innanzitutto come la risposta all’istruttoria sia stata solo parziale, non essendo stato allegato quanto richiesto al punto d) e non essendo a tal fine sufficiente la dichiarazione del responsabile unico del procedimento ing. Palmerio, che nel frattempo ha interrotto i rapporti con l’Ente.
Tale parziale risposta può essere valutata ai sensi dell’articolo 116, comma 2, c.p.c. come elemento
a carico dell’ente appellante.
Inoltre, è irrilevante il soggetto che ha provveduto alla pubblicazione su internet, in quanto l’inserimento on line degli atti di gara è comunque avvenuto per conto dell’ente, come dimostra la fattura del
31 maggio 2006, che include tra i servizi resi dalla Info s.r.l. all’ente l’inserimento dell’avviso sul sito internet “infopubblica”.
Le prestazioni indicate in tale fattura non sono idonee a dimostrare che la formazione del file sia avvenuta da parte della Info s.r.l., essendo più ragionevole ritenere che l’ente, come avviene nei normali
rapporti di collaborazione, abbia messo a disposizione della Info s.r.l. anche i file degli atti di gara.
In base a tali elementi continua a mancare una spiegazione del nome “Idroservizi” nella schermata
autore del file.
Peraltro, la Commissione non sembra aver approfondito tale elemento, ma si è limitata a negare l’esistenza di un rapporto di collegamento tra aggiudicataria ed Idroservizi.
La società Lotti aveva, invece, introdotto specifici elementi idonei a dimostrare l’esistenza di rapporti
tra Idroservizi e Idrosfera: entrambe le società, con sede in Campobasso, hanno come socio la Tecnosud
s.r.l.; l’altro socio (nonché amministratore delegato e direttore tecnico) della Idrosfera (Tucci) ha svolto rilevanti compiti tecnici nella Idroservizi; altro soggetto (Luciani) è stato, seppur in periodi diversi, ai vertici
societari delle due s.r.l. (v. nota della società Lotti del 22 novembre 2005 e il prospetto riepilogativo all. 11,
prodotto in primo grado con i relativi allegati, non smentiti dalle produzioni delle controparti).
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NORMATIVA NAZIONALE
Non si trattava in questo caso di verificare ai fini della partecipazione alla gara un collegamento tra le
due società, ma di accertare rapporti tra le stesse, tenuto conto del fatto che una compariva come autore
del file degli atti di gara con la conseguenza che la società Idrosfera avrebbe potuto conoscere anzitempo,
e con vantaggio rispetto agli altri concorrenti, gli elementi necessari per la formulazione dell’offerta.
L’Ente appellante avrebbe dovuto o procedere ad escludere l’ATI, risultata poi aggiudicataria, o
quanto meno accertare in via istruttoria in modo maggiormente approfondito le circostanze sopra indicate. Ciò che non era consentito fare era ritenere legittima la partecipazione dell’ATI Idrosfera, in presenza dei gravi elementi dedotti dalla società Lotti.
Il motivo del ricorso in appello è, quindi, fondato.
7. Parimenti fondata è la censura, con cui la società Lotti ha dedotto la violazione dell’articolo 3, lettere h) ed i) del disciplinare di gara, non possedendo l’ATI aggiudicataria i requisiti di fatturato, dichiarati attraverso l’illegittimo utilizzo dei requisiti di professionisti soci e direttori tecnici delle società. Ed ha
anche dedotto la violazione dell’articolo 6, comma 8, della legge 18 novembre 1998, n. 415 in considerazione della inapplicabilità della norma alla gara in questione.
Il bando di gara richiedeva una determinata soglia di fatturato globale negli ultimi cinque esercizi e
di fatturato per prestazioni simili negli ultimi dieci esercizi.
Per raggiungere il fatturato minimo le società dell’ATI aggiudicataria si sono avvalse della disposizione dell’articolo 6, comma 8, della legge 18 novembre 1998, n. 415, che prevede che “ai fini della partecipazione alla gara per gli affidamenti di cui all’articolo 17 della Legge n. 109, come modificato dal presente articolo, le società costituite dopo la data di entrata in vigore della presente legge, per un periodo
di tre anni dalla loro costituzione, possono documentare il possesso dei requisiti economicofinanziari e
tecnico-organizzativi richiesti dal bando di gara anche con riferimento ai requisiti dei soci delle società,
qualora costituite nella forma di società di persone o di società cooperativa, e dei direttori tecnici o dei
professionisti dipendenti della società con rapporto a tempo indeterminato e con qualifica di dirigente
o con funzioni di collaborazione coordinata e continuativa, qualora costituite nella forma di società di capitali; per le società costituite fino a tre anni prima della data di entrata in vigore della presente legge
detta facoltà è esercitabile per un periodo massimo di tre anni da tale data”.
Gli affidamenti di cui all’articolo 17 della Legge n. 109, cui si applica la disposizione, sono quelli inerenti le attività di progettazione, direzione dei lavori e accessorie (Cons. Stato, V, n. 1996/03), mentre nel
caso in esame si è al di fuori di tale ambito, trattandosi di attività di rilevazione (servizio di mappatura e
ricerca perdite); né l’applicabilità della norma deriva dalla lex specialis della procedura, che in alcun modo richiama tale disposizione.
A tale elemento, che già determina l’insussistenza del requisito in capo all’ATI aggiudicataria e la
sua conseguente necessaria esclusione dalla gara, si aggiunge che comunque la norma non determina
l’acquisizione in via permanente dei requisiti dei direttori tecnici, ma consente ciò solo nel limitato periodo di un triennio dalla data di costituzione delle nuove società, già decorso nel caso di specie per la
società Idrostrade, costituita il 31 gennaio 2001 in relazione al bando pubblicato il 6 aprile 2005 (in senso conforme, v. Cons. Stato, V, n. 3840/2007).
Tenuto conto che non è contestato che l’ATI aggiudicataria non possedeva i requisiti di fatturato
senza considerare quello del direttore dei lavori, la stessa andava esclusa dalla gara per l’assenza del
predetto requisito, oltre che per la questione dei rapporti con la Idroservizi, in relazione alla quale – come già detto – l’Ente avrebbe quanto meno dovuto procedere ad accertamenti istruttori.
8. L’accoglimento di tali motivi del ricorso della società Lotti conduce ad accertare la fondatezza della pretesa di tale impresa, seconda classificata, a risultare aggiudicataria in conseguenza dell’esclusione della prima in graduatoria.
Il pieno effetto satisfattivo dell’accoglimento dei due motivi rende superfluo esaminare le altre censure, che devono, quindi, essere assorbite, non potendo derivare dall’esame di queste alcuna ulteriore
utilità alla ricorrente.
Resta, quindi, assorbita anche la questione della motivazione dei punteggi attribuiti in sede di gara,
che non avrebbe dovuto essere esaminata dal Tar, se avesse proceduto all’esame delle censure nell’ordine corretto; si ricorda che la statuizione del Tar in ordine alla censura della motivazione del punteggio
è da ritenersi caducata a seguito dell’accoglimento del primo motivo dell’appello incidentale della società Lotti.
Ciò determina anche l’improcedibilità degli ulteriori motivi proposti con il ricorso in appello dall’Ente
ambito n. 6 (ad eccezione di quello relativo al risarcimento del danno trattato di seguito) e con il ricorso
in appello incidentale dell’ATI Idrosfera.
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9. Passando appunto alla domanda risarcitoria, si rileva come a seguito dell’accertamento della fondatezza della pretesa della società Lotti ad essere l’aggiudicataria della gara sia venuto meno il presupposto su cui il Tar aveva fondato il parziale accoglimento della domanda a titolo di responsabilità precontrattuale (impossibilità di accertare che la ricorrente sarebbe risultata aggiudicataria della gara).
Ora tale prova è stata acquisita e si deve, quindi, esaminare la domanda risarcitoria per il danno derivante dalla mancata aggiudicazione della gara.
Tale danno si pone in rapporto di diretta causalità con illegittima mancata esclusione dell’ATI aggiudicataria e, anche sotto il profilo soggettivo, non può che rilevarsi la sussistenza della colpa dell’amministrazione appellante, con conseguente reiezione del relativo motivo di appello proposto dall’Ente Ambito n. 6.
Al riguardo, si ricorda che, secondo l’orientamento prevalente, al privato non è chiesto un particolare sforzo probatorio per dimostrare la colpa della p.a.: può invocare l’illegittimità del provvedimento
quale presunzione (semplice) della colpa o anche allegare circostanze ulteriori, idonee a dimostrare che
non si è trattato di un errore non scusabile. Spetterà a quel punto all’amministrazione dimostrare che si
è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di
una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata (Cons. St., sez. VI, 3 giugno 2006 n. 3981; 9
marzo 2007, n. 1114).
Nessuna di tali circostanze idonee ad integrare l’errore scusabile è presente nel caso di specie, dove anzi l’ente appellante si è reso responsabile quanto meno di una grave negligenza in sede di formazione degli atti di gara, oltre ad aver valutato in modo superficiale la sussistenza del requisito del fatturato in capo alla ATI aggiudicataria.
Con riferimento al rapporto tra l’azione risarcitoria e gli effetti conformativi dell’annullamento dell’aggiudicazione si rileva il contratto stipulato con l’aggiudicataria è stato (certamente almeno in parte) eseguito e che per la parte già eseguita non può che residuare la tutela risarcitoria, secondo i criteri che saranno di seguito indicati ai sensi dell’articolo 35, comma 2, del D.Lgs. n. 80/1998.
La possibilità di indicare i criteri del risarcimento consente di prescindere dall’accertamento dell’esatto stato di esecuzione del contratto.
Tenuto conto che secondo la prevalente giurisprudenza la stipula del contratto non è di ostacolo al subentro del ricorrente in caso di annullamento dell’aggiudicazione (v., da ultimo, Cons. Stato, VI,
n. 1523/2007 e Cass. Civ., I, n. 7481/2007) e non essendo rilevante in questa sede approfondire la questione del tipo di vizio da cui è affetto il contratto, né quella di giurisdizione connessa, spetterà alla ricorrente
Lotti scegliere se procedere al subentro nel contratto, qualora questo non sia stato ancora interamente
eseguito, o se optare per il risarcimento del danno anche in relazione alla parte del contratto non eseguita.
Infatti, questa Sezione ha già affermato che spetta al ricorrente la scelta tra il conseguimento degli effetti della tutela demolitorio-conformativa e la tutela risarcitoria, nel caso, che qui ricorre, in cui comunque il
bene della vita controverso è ormai conseguibile solo in parte (Cons. Stato, VI, 10 novembre 2004, n. 7256).
Infatti, mentre l’interesse originario della impresa è indirizzato all’esecuzione dell’appalto per il suo complessivo valore, quale identificato dal bando di gara, la prestazione del servizio per un periodo di limitata durata introduce, invece, condizioni nuove negli aspetti economici ed organizzativi, che l’impresa può valutare
con la più ampia sfera di autonomia con riguardo sia al diverso impegno di mezzi ed attrezzature, sia al mutato livello di remunerazione che ne può conseguire in relazione all’offerta presentata in sede di gara.
Del resto, la possibilità di optare per il risarcimento per equivalente e di rifiutare l’esecuzione, ormai
solo parziale, del giudicato deriva anche dall’applicazione del principio di carattere generale, desumibile
dall’articolo 1181 c.c., secondo cui il creditore può sempre rifiutare l’offerta di un adempimento parziale rispetto all’originaria configurazione del rapporto obbligatorio (ad un adempimento parziale è equiparabile la possibilità di consentire l’esecuzione solo parziale del contratto).
Deve, quindi, riconoscersi la possibilità per la ricorrente Lotti di optare per il solo risarcimento del
danno, rinunciando ad avvalersi degli effetti conformativi del giudicato, non essendo l’esecuzione del
giudicato più possibile in modo pieno.
Sulla base di tali ponderazioni questi sono i criteri, in base ai quali, l’ente appellante dovrà effettuare, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione della presente decisione, la proposta di pagamento
alla società Lotti a titolo risarcitorio:
a) nel caso in cui la società Lotti opti per il subentro nel contratto, dovrà essere corrisposta una
somma pari al 10% del valore della parte di contratto già eseguita, calcolata in base all’offerta
presentata in sede di gara dalla ricorrente;
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b) nel caso, invece, che la ricorrente scelga il solo risarcimento del danno, la suddetta percentuale
del 10% dovrà essere rapportata all’intero valore del contratto, come determinato alla luce dell’offerta presentata in sede di gara dalla stessa ricorrente.
La percentuale del 10% si giustifica quale utile presuntivo dell’utile economico che sarebbe derivato all’impresa dall’esecuzione dell’appalto (Cons. Stato, IV, 6 luglio 2004, n. 5012), non ricorrendo, in
considerazione della peculiarità della fattispecie, i presupposti che hanno condotto questa Sezione in altre occasioni a ridurre tale percentuale (Cons. Stato, sez. VI, 9 novembre 2006, n. 6607).
Tenuto conto del riconoscimento della percentuale “piena” del 10%, l’importo dovrà ritenersi comprensivo di ogni voce di danno (compresa la lamentata mancata acquisizione dei requisiti di qualificazione e di valutazione invocabili in successive gare) e già attualizzato alla data di pubblicazione della sentenza e su tale importo dovranno essere riconosciuti gli interessi legali da tale data di pubblicazione fino all’effettivo soddisfo.
In conclusione, l’appello incidentale proposto dalla società Lotti deve essere accolto nei sensi indicati in precedenza e deve essere confermato l’annullamento degli atti impugnati, seppur per diversi motivi rispetto a quelli accolti dal Tar.
Sempre in riforma dell’impugnata sentenza, l’ente appellante deve essere condannato al risarcimento del danno in favore della società Lotti secondo i sopra menzionati criteri ai sensi dell’articolo 35, comma 2, del D.Lgs. n. 80/1998.
Devono, invece, essere in parte respinti e in parte dichiarati improcedibile i ricorsi in appello proposti dall’Ente Ambito n. 6 Chietino e dalla Idrosfera s.r.l., in proprio e n.q. di mandataria dell’ATI aggiudicataria. Alla soccombenza dell’Ente appellante e della controinteressata seguono le spese del presente
grado di giudizio nella misura indicata in dispositivo (euro 7.000, oltre IVA e C.P., che ciascuna parte dovrà corrispondere alla società Lotti, in aggiunta a quanto statuito dal giudice di primo grado sulle spese
giudiziali).
P. Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, in parte respinge e in parte dichiara improcedibile il ricorso in appello principale proposto dall’Ente Ambito n. 6 Chietino e il ricorso in appello
incidentale proposto dalla Idrosfera s.r.l., in proprio e n.q. di mandataria dell’ATI;
Accoglie il ricorso in appello incidentale proposto dalla società LOTTI e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, conferma con diversa motivazione l’annullamento degli atti impugnati e
condanna l’Ente ambito n. 6 Chietino al risarcimento del danno in favore della società Lotti nei termini di
cui in parte motiva.
Condanna l’appellante principale e l’appellante incidentale Idrosfera al pagamento, in favore della
società Lotti, delle spese di giudizio, liquidate in Euro 7.000,00 oltre IVA e CP, a carico di ciascuna parte.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2007 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sez.VI -,
riunito in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
(omissis)
CASSE EDILI E DURC – NUOVA CIRCOLARE SUL DOCUMENTO UNICO DI REGOLARITÀ CONTRIBUTIVA
Il Consiglio di Amministrazione della Commissione nazionale paritetica per le Casse edili (CNCE) – di
cui fanno parte, com’è noto, tutte le Associazioni nazionali maggiormente rappresentative del settore
delle costruzioni – ha deliberato la pubblicazione di un testo riguardante le regole nazionali per il rilascio
del DURC da parte delle Casse Edili.
Il documento riporta quanto deciso dalle parti sociali sia in sede contrattuale, sia nel Comitato della bilateralità e sia attraverso le comunicazioni emanate dalla Commissione, in relazione alla necessità di adeguamento delle procedure organizzative delle Casse Edili alle innovazioni legislative in materia di DURC.
L’elaborazione di un “testo unico” permette di rispondere efficacemente alle sollecitazioni pervenute in materia da parte di numerose Casse Edili e determina un’applicazione univoca su tutto il territorio
nazionale.
Il testo contenente le regole per il rilascio del DURC riporta importanti indicazioni in merito a:
1. Denuncia e versamento
2. Ore denunciate
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3. Inadempienza non superiore a 100 euro
4. Data di verifica della regolarità
5. Accertamento della data di versamento
6. Irregolarità di natura previdenziale e in materia di tutela delle condizioni di lavoro
7. Sospensione di attività
8. Impresa senza dipendenti o con soli impiegati
9. Interessi di mora
10. Rateazione
11. Imprese straniere
12. Invito alla regolarizzazione
13. Procedure di contestazione
14. Cassa edile competente al rilascio
15. Firma del DURC
16. Trasmissione del documento
17. Durata del DURC
18. Verifica autocertificazione per partecipazione a gare per lavori pubblici
19. Verifica autocertificazione per aggiudicazione di lavori pubblici
20. Stipula contratto lavori pubblici
21. SAL e Saldo finale
22. Trasferta
23. Lavori privati
24. Lavori privati pluralità di imprese
25. Responsabilità solidale
Nel testo viene precisato che per i SAL e gli stati finali è competente esclusivamente la Cassa Edile
del luogo di svolgimento dei lavori.
In tutti gli altri casi, di norma è competente la Cassa del luogo in cui l’impresa ha la sede legale tuttavia l’impresa stessa ha facoltà di richiedere il DURC anche ad altre Casse, dovendosi in ogni caso consultare la BNI: pertanto in tale ipotesi la Cassa Edile che riceve la richiesta è tenuta a rilasciare il DURC.
Nel testo allegato è possibile riscontrare nel dettaglio tutte le indicazioni relative ai 25 punti precedentemente elencati.
TESTO CASSE EDILI 21 MARZO 2008
Regole nazionali per il rilascio del DURC da parte delle Casse Edili.
REGOLE DURC PER LE CASSE EDILI
1. Denuncia e Versamento
L’impresa è regolare se ha non solo versato ma ha anche presentato la denuncia entro il mese successivo a quello di competenza.
In caso di versamento senza denuncia:
– invito della Cassa Edile all’impresa affinché presenti la denuncia entro 15 giorni dalla scadenza
ordinaria;
– se l’impresa ha presentato la denuncia entro il suddetto termine, emissione del DURC regolare;
– altrimenti l’impresa è irregolare (considerando grave l’inadempienza ai fini della verifica dell’autocertificazione per la partecipazione alle gare e per l’aggiudicazione non essendo possibile effettuare il riscontro tra versato e dovuto ai sensi del decreto ministeriale 24 ottobre 2007), con
segnalazione alla BNI e rilascio di DURC irregolare.
2. Ore denunciate
Condizione per la regolarità dell’impresa è che la stessa dichiari nella denuncia un numero di ore –
lavorate e non – non inferiore a quello contrattuale.
Il numero delle ore di lavoro deve essere commisurato a quelle dell’orario ordinario di lavoro a norma di legge e di contratto, salve le esimenti di cui all’articolo 29 della Legge n. 341/1995. Per i permessi non retribuiti l’esimente è riconosciuta fino ad un massimo di 40 ore annue.
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In mancanza delle suddette condizioni il DURC è irregolare, con segnalazione alla BNI (previo invito
anche in questo caso a regolarizzare entro 15 giorni).
Qualora l’importo relativo alle ore non denunciate sia superiore al 5% di quello complessivamente
dovuto, l’irregolarità è da considerarsi grave.
3. Inadempienza non superiore a 100 euro
Ogni qual volta siano in corso accertamenti amministrativi sulla differenza tra quanto versato dall’impresa e quanto risultante alle Casse Edili, per un ammontare che non superi 100 euro, l’impresa è
considerata regolare e quindi non va segnalata alla BNI.
L’impresa deve comunque provvedere al pagamento della somma non versata.
In caso di accertamenti amministrativi per più mesi di importo complessivamente superiore a 100
euro, l’impresa è considerata irregolare, con segnalazione alla BNI.
Ai fini del computo dei 100 euro,rilevano anche gli interessi di mora.
Il debito va valutato al netto dell’importo degli eventuali crediti dell’impresa verso la Cassa Edile
(es.rimborsi malattia).
4. Data di verifica della regolarità
Ai fini della verifica della regolarità contributiva dell’impresa, ad eccezione delle richieste di DURC
per i casi di verifica di autodichiarazione per la partecipazione a gara e di aggiudicazione di appalti di
opere pubbliche e di SAL e stati finali per periodi scaduti, la data di verifica sarà quella della effettuazione dell’istruttoria da parte della Cassa Edile, con riferimento al periodo fino all’ultimo mese per il quale
è scaduto l’obbligo di versamento.
La data da indicare sul DURC è sempre quella della effettuazione dell’istruttoria.
5. Accertamento della data del versamento
Ai fini dell’accertamento della data di effettivo versamento dei contributi alla Cassa Edile da parte
dell’impresa, si fa riferimento alla data di accredito comunicata dall’istituto bancario alla Cassa.
Sono considerati regolari i versamenti accreditati non oltre il quinto giorno successivo a quello di
scadenza dell’obbligo di versamento.
Analogamente la data di avvenuta regolarizzazione contributiva sarà quella del quinto giorno antecedente la data di accredito.
Resta salva la facoltà dell’impresa di dimostrare che il versamento è stato effettuato in data anteriore al quinto giorno antecedente la data di accredito.
6. Irregolarità di natura previdenziale e in materia di tutela delle condizioni di lavoro
Il decreto del ministro del lavoro del 24 ottobre 2007 prevede all’articolo 9 che siano ostative al rilascio del DURC determinate irregolarità di natura previdenziale ed in materia di condizioni di lavoro.
Lo stesso Decreto stabilisce che l’interessato è tenuto ad autocertificare l’inesistenza a suo carico
di provvedimenti definitivi in ordine alle suddette violazioni.
Nella circolare del 30 gennaio 2008 il Ministero del Lavoro ha chiarito che la suddetta norma riguarda il DURC richiesto per ottenere benefici contributivi e non i DURC per gli appalti di opere pubbliche ed
i lavori edili privati.
Ne consegue che le imprese edili non sono tenute a rilasciare la suddetta autocertificazione per le
varie fattispecie relative appunto alle opere pubbliche ed ai lavori edili privati.
7. Sospensione di attività
La sospensione di attività deve essere segnalata dall’impresa alla Cassa Edile prima possibile e comunque con il modulo di denuncia relativo al mese d’inizio della sospensione.
Qualora ciò non avvenga la Cassa Edile invita l’impresa a motivare, entro 15 giorni dalla scadenza ordinaria, il mancato invio della denuncia: ove l’impresa non presenti tale dichiarazione, verrà emesso un
DURC irregolare, considerando grave l’ inadempienza, ai fini della partecipazione alle gare di appalto di
opere pubbliche. L’irregolarità va segnalata alla BNI.
8. Impresa senza dipendenti o con soli impiegati
Qualora,al momento della richiesta del DURC, non abbia cantieri attivi e/o non abbia dipendenti o
abbia solo dipendenti impiegati,l’impresa è tenuta a presentare alla Cassa edile una domanda di iscrizio-
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ne con indicazione della causa della mancata effettuazione di denunce e con l’impegno a procedervi
non appena iniziata una attività con dipendenti operai.
Ai fini DURC l’impresa è considerata regolare.
Qualora l’impresa dichiari di avere cantieri in altra provincia,la Cassa Edile verificherà la presenza
dell’impresa nel settore “anagrafico”della BNI e successivamente richiederà alla BNI l’eventuale segnalazione di irregolarità.
9. Interessi di mora
Il tasso d’interesse per il ritardato versamento è pari al 50% di quello individuato dall’INPS per i casi
di omissione contributiva. Tale tasso di interesse sostituisce qualsiasi altra pattuizione sottoscritta in sede locale.
La non corresponsione dei soli interessi dovuti (per importo superiore a 100 euro) comporta irregolarità contributiva dell’impresa.
10. Rateazione
La rateazione dei contributi e degli accantonamenti può essere concessa, in via eccezionale, per un
periodo massimo di sei mesi, purché vengano rispettati i seguenti criteri:
a) la rateizzazione va deliberata dal Comitato di presidenza della Cassa Edile con successiva ratifica del Comitato di gestione;
b) l’impresa presti idonee garanzie;
c) la durata della rateizzazione non vada oltre le scadenze utili per il pagamento in termini agli operai degli accantonamenti relativi alla somma rateizzata;
d) sulle somme oggetto della rateizzazione va applicato l’interesse di cui al punto 9 del presente
documento;
e) il beneficio della rateizzazione decade allorché non vi sia correntezza nelle denunce e nei versamenti durante il periodo di rateizzazione stessa.
L’impresa che rispetta il piano di rateizzazione va considerata regolare. In caso di mancato adempimento anche di una sola rata, l’impresa è in situazione di irregolarità grave, che va segnalata alla BNI.
Valgono ovviamente le regole generali qualora l’importo della rata sia inferiore a 100 euro.
11. Imprese straniere
Se l’impresa non è iscritta ad INPS e INAIL (in quanto provenienti da paesi UE o convenzionati con
l’Italia) il DURC non può essere rilasciato.
In tale ultimo caso, la Cassa Edile cui l’impresa è iscritta rilascia una propria certificazione di regolarità o meno. Per quanto concerne gli adempimenti obbligatori di natura pensionistica o infortunistica nel
paese di origine, l’impresa straniera potrà esibire ai committenti richiedenti una documentazione al riguardo rilasciata dagli Enti competenti dello stesso paese di origine.
Eventuali irregolarità verso la Cassa Edile vanno comunque segnalate alla BNI.
12. Invito alla regolarizzazione
Prima dell’emissione del DURC, se non è in regola (per quanto risulta alla Cassa Edile o dalla BNI)
l’impresa è invitata dalla Cassa a regolarizzare entro 15 giorni.
Se l’impresa ha regolarizzato entro 15 giorni, viene emesso un DURC regolare previa nuova richiesta
alla BNI.Se l’impresa non ha regolarizzato viene emesso un DURC irregolare.
L’invito a regolarizzare non va inviato in caso di richiesta di DURC per verifica autocertificazioni e aggiudicazioni, in quanto le irregolarità in tali casi non sono sanabili.
13. Procedure di contestazione
Nel caso in cui alla Cassa Edile sia fornita una documentazione relativa ad una probabile evasione
contributiva dell’impresa la Cassa Edile chiederà all’impresa stessa di provvedere, entro 15 giorni, alla regolarizzazione o a dare proprie giustificazioni. Qualora l’irregolarità risulti definitivamente accertata sarà
rilasciato un DURC di irregolarità, grave o meno secondo i criteri generali, con segnalazione alla BNI.
14. Cassa Edile competente al rilascio
Per i SAL e gli stati finali è competente esclusivamente la Cassa Edile del luogo di svolgimento dei
lavori.
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In tutti gli altri casi, di norma è competente la Cassa del luogo in cui l’impresa ha la sede legale. Tuttavia l’impresa ha facoltà di richiedere il DURC anche ad altre Casse, dovendosi in ogni caso consultare
la BNI: pertanto in tale ipotesi la Cassa Edile che riceve la richiesta è tenuta a rilasciare il DURC.
15. Firma del DURC
Il Presidente della Cassa Edile è responsabile del procedimento e firma il DURC, in quanto legale
rappresentante della Cassa Edile
Il Presidente, pur rimanendo in qualità di rappresentante legale dell’Ente l’unico responsabile dell’atto emesso, può delegare ad altri la firma del DURC, sul quale comunque deve essere apposto il suo nominativo
16. Trasmissione del documento
Il DURC è trasmesso al richiedente utilizzando il canale postale (con raccomandata A/R) ovvero tramite posta elettronica certificata.
17. Durata del DURC
Per i lavori edili privati il DURC ha validità trimestrale:
– per le agevolazioni normative e contributive in materia di lavoro e per i finanziamenti e sovvenzioni previste dalla normativa comunitaria, il certificato ha validità mensile;
– negli altri casi, la validità del DURC è correlata alla specifica normativa di riferimento e quindi:
a) per tutti gli appalti pubblici, la validità è legata allo specifico appalto ed è limitata alla fase
per la quale il certificato è stato richiesto (es. stipula contratto, pagamento SAL, ecc.);
b) per l’attestazione SOA, allo specifico motivo della richiesta
18. Verifica autocertificazione per partecipazione a gare per lavori pubblici
Va consultata la BNI.
L’impresa è irregolare quando vi è grave inadempienza, segnalata alla BNI da almeno una Cassa Edile, rispetto all’ultimo mese scaduto alla data indicata dal richiedente. L’irregolarità non è sanabile.
L’impresa è regolare quando non vi sono segnalazioni di irregolarità o vi sono solo di irregolarità non
gravi.
La Cassa Edile non deve segnalare alla BNI l’impresa come irregolare se l’inadempienza non è superiore a 100 euro.
Se l’inadempienza è superiore a 100 euro viene segnalata alla BNI una irregolarità non grave se lo
scostamento tra somme dovute e somme versate è inferiore o pari al 5% con riferimento a ciascun periodo di paga;se l’inadempienza è superiore al 5% viene segnalata una irregolarità grave.
Anche in caso di irregolarità non grave, l’impresa deve comunque provvedere al pagamento della
somma non versata, di norma entro 30 giorni. Fermo restando il credito della Cassa, l’eventuale inadempienza non comporta revoca del DURC, in quanto non muta la situazione di irregolarità non grave.
19. Verifica autocertificazione per aggiudicazione di lavori pubblici
Valgono le stesse regole per la verifica dell’autocertificazione per partecipazione a gare.
20. Stipula contratto lavori pubblici
Va consultata la BNI.
La verifica dei versamenti va effettuata con riguardo all’ultimo mese scaduto alla data di validazione
dell’istruttoria.
L’impresa è in regola se il mancato versamento non è superiore a 100 euro.
Se non è in regola (per quanto risulta alla Cassa Edile o dalla BNI) l’impresa è invitata dalla Cassa a
regolarizzare entro 15 giorni.
Al riguardo si invia al paragrafo 12 del presente documento.
21. SAL e Saldo finale
Non va consultata la BNI
a) nel caso in cui la data di conclusione del SAL o Saldo finale (indicata nella richiesta) sia riferita a
periodi per i quali non siano scaduti i termini di versamento, va verificato il versamento relativo
all’ultimo mese scaduto alla data di effettuazione dell’istruttoria;
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b) nel caso in cui, invece, la data indicata nella richiesta del DURC sia riferita a periodi per i quali
siano scaduti i termini di versamento, vanno verificati i versamenti di competenza fino alla suddetta data, non rilevando eventuali irregolarità per il periodo successivo.
– Esempio a): DURC richiesto il 25 ottobre per SAL relativo a lavori fino al 10 ottobre:
– Se l’istruttoria è completata in ottobre, la verifica riguarda l’ultimo versamento scaduto,
cioè le contribuzioni di agosto da versare entro settembre;
– Se l’istruttoria è completata in novembre, va verificato anche il versamento relativo al
mese di settembre;
Nel DURC va indicata la data di effettuazione dell’istruttoria.
– Esempio b):DURC richiesto in ottobre per Stato avanzamento lavori fino al 31 maggio: va verificato se sono stati versati i contributi di competenza fino al mese di maggio compreso;
non rileva la situazione di adempimento relativa ai mesi da giugno ad ottobre.
Nel DURC va indicata la data del 31 maggio
c) Se l’impresa è irregolare, la Cassa Edile invita a regolarizzare entro 15 giorni. Se ciò non avviene,
viene emesso un DURC irregolare. Si rinvia in proposito al paragrafo 12.
22. Trasferta
Nell’ambito di lavori pubblici, ai fini dell’emissione del DURC per i casi di SAL e saldo finale da parte della Cassa Edile ove ha sede il cantiere, per gli operai in trasferta iscritti alla Cassa Edile di provenienza ai sensi delle norme contrattuali tale ultima Cassa dovrà comunicare mensilmente alla Cassa Edile di competenza la posizione contributiva di tutti gli operai in trasferta.
In caso di controversia la Cassa Edile, prima di rilasciare un DURC irregolare, interpellerà la CNCE e
si atterrà alla decisione della stessa.
23. Lavori privati
Va consultata la BNI.
Verifica sull’adempimento relativo all’ultimo mese scaduto alla data di effettuazione dell’istruttoria.
DURC regolare se non risultano inadempienze superiori a 100 euro.
Se l’impresa risulta irregolare, la procedura viene sospesa e l’impresa viene invitata a regolarizzare
entro 15 giorni: se ciò non avviene il DURC è irregolare;se avviene la regolarizzazione, il DURC è regolare previa nuova consultazione della BNI.
24. Lavori privati pluralità d’imprese
Il DURC va presentato prima dell’inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della DIA.
Nel caso in cui il lavoro sia svolto da più imprese, ognuna deve presentare Il DURC prima dell’inizio
della propria attività. Ciò deve essere effettuato anche se un impresa interviene nel cantiere in una fase
successiva all’inizio dei lavori oggetto del permesso o della DIA.
Se l’impresa esecutrice non muta nel corso del lavoro privato da eseguire,non debbono essere richiesti più documenti di regolarità contributiva nell’ambito dello stesso lavoro, in previsione di più DIA o
permessi di costruire in variante.
25. Responsabilità solidale
In caso di inadempienza dell’impresa subappaltatrice, la Cassa Edile trasmette all’impresa subappaltante copia della corrispondenza che intercorre con l’impresa subappaltatrice, secondo i criteri indicati dalla CNCE per la procedura di recupero crediti.
Se l’inadempienza permane oltre 15 giorni dal ricevimento della seconda lettera prevista dalla citata
procedura, per SAL e liquidazioni finali all’impresa subappaltante è rilasciato un DURC irregolare; inoltre
l’irregolarità è segnalata alla BNI come non grave. Rimane altresì ferma la segnalazione alla BNI dell’irregolarità dell’impresa subappaltatrice, irregolarità la cui gravità va definita sulla base del criterio generale.
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