Corte di Cassazione
Sezione Lavoro civile
Sentenza 30 settembre 2014 n. 20605
Integrale
LAVORO ED OCCUPAZIONE - LAVORO A TEMPO DETERMINATO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAMORGESE Antonio - Presidente
Dott. VENUTI Pietro - Consigliere
Dott. DI CERBO Vincenzo - Consigliere
Dott. NOBILE Vittorio - rel. Consigliere
Dott. AMENDOLA Fabrizio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19592-2011 proposto da:
1
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che
lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- ricorrente contro
(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
(OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- controricorrente avverso la sentenza n. 603/2010 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 13/07/2010 R.G.N. 331/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/07/2014 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;
udito l'Avvocato (OMISSIS);
udito l'Avvocato (OMISSIS) per delega (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio che ha concluso per
l'inammissibilita', in subordine rigetto.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza n. 6a95/2007 il Giudice del lavoro del Tribunale di Milano, in accoglimento della domanda proposta da
(OMISSIS) nei confronti della s.p.a. (OMISSIS), dichiarava la nullita' del termine apposto al contratto di lavoro
intercorso tra le parti, dal 17-7-1998 al 30-9-1998, per esigenze eccezionali ex articolo 8 ccnl 1994 come integrato
dall'acc. 25-9-97 e succ., con la conseguente sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato dal 17-7-1998, e
condannava la societa' a riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli le retribuzioni a decorrere dalla
messa in mora del 27-2-2002.
La societa' proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto della domanda.
L'appellato si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte d'Appello, con sentenza depositata il 13-7-2010, in accoglimento dell'appello rigettava la domanda e
compensava le spese di entrambi i gradi.
2
Per la cassazione di tale sentenza l'(OMISSIS) ha proposto ricorso con quattro motivi.
La societa' ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
Cio' posto va rilevato che il ricorrente:
con il primo motivo, denunciando violazione dell'articolo 1372 c.c., lamenta che la Corte di merito ha ritenuto nella
specie la sussistenza della risoluzione del rapporto per mutuo consenso tacito sulla base del mero decorrere del
tempo (unica circostanza allegata dalla societa');
con il secondo motivo, denunciando violazione degli articoli 1321 e 1362 c.c., rileva la necessita' quanto meno di un
comportamento commissivo od omissivo del lavoratore che faccia presumere con ragionevole certezza la volonta' di
porre fine al rapporto e che non sia considerato semplicemente il trascorrere del tempo che, a causa
dell'imprescrittibilita' dell'azione promossa, non assurge a elemento determinante;
con il terzo motivo, denunciando vizio di motivazione, lamenta che la Corte di merito, ha dato rilevanza ai rapporti
di lavoro instaurati dal ricorrente successivamente alla cessazione del contratto a termine (peraltro tutti temporanei
e provvisori ed altresi' in qualita' di socio lavoratore), senza spiegarne pero' l'effettivo significato come adesione alla
definitiva dismissione del diritto a far valere la nullita' del termine;
con il quarto motivo denunciando violazione dell'articolo 1372 c.c. e vizio di motivazione, premesso che la Corte
territoriale ha dato altresi' rilevanza alla cancellazione di un precedente giudizio avente lo stesso oggetto, deduce
che tale cancellazione e' del tutto irrilevante in assenza di altri indici determinanti ai fini di verificare l'effettiva
volonta' dismissiva del lavoratore.
I detti quattro motivi, che in quanto strettamente connessi possono essere trattati congiuntamente, risultano in
parte inammissibili e contraddittori ed in parte infondati.
Come questa Corte ha piu' volte affermato nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un
unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell'illegittima apposizione al contratto di un
termine finale ormai scaduto, affinche' possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, e'
necessario che sia accertata - sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a
termine, nonche' del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative - una chiara e certa
comune volonta' delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo (v. Cass. 10-11-
3
2008 n. 26935, Cass. 28-9-2007 n. 20390, Cass. 17-12-2004 n. 23554, nonche' da ultimo Cass. 18-11-2010 n.
23319, Cass. 11-3-2011 n. 5887, Cass. 4-8-2011 n. 16932). La mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del
contratto a termine, quindi, e' di per se' insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo
consenso (v. da ultimo Cass. 15-11-2010 n. 23057, Cass. 11-3-2011 n. 5887), mentre grava sul datore di lavoro,
che eccepisca tale risoluzione, l'onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volonta' chiara e certa
delle parti di volere porre definitivamente fine ad ogni rapporto di lavoro (v. Cass. 2-12-2002 n. 17070 e fra le altre
da ultimo Cass. 1-2-2010 n. 2279, Cass. 15-11-2010 n. 23057, Cass. 11-3-2011 n. 5887).
Tale principio, del tutto conforme al dettato di cui agli articolo 1372 e 1321 c.c., va ribadito anche in questa sede,
cosi' confermandosi l'indirizzo prevalente ormai consolidato, basato in sostanza sulla necessaria valutazione dei
comportamenti e delle circostanze di fatto, idonei ad integrare una chiara manifestazione consensuale tacita di
volonta' in ordine alla risoluzione del rapporto, non essendo all'uopo sufficiente il semplice trascorrere del tempo e
neppure la mera mancanza, seppure prolungata, di operativita' del rapporto. Al riguardo, infatti, non puo'
condividersi il diverso indirizzo che, valorizzando esclusivamente il piano oggettivo nel quadro di una presupposta
valutazione sociale tipica (v. Cass. 6-7-2007 n. 15264 e da ultimo Cass. 5-6-2013 n. 14209), prescinde del tutto
dal presupposto che la risoluzione per mutuo consenso tacito costituisce pur sempre una manifestazione negoziale,
anche se tacita (v. da ultimo Cass. 28-1-2014 n. 1780).
In ogni caso, come pure e' stato precisato da questa Corte, la valutazione del significato e della portata del
complesso degli elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di
legittimita' se non sussistono vizi logici o errori di diritto (v. Cass. 11-3-2011 n. 5887, Cass. 4-8-2011 n. 16932).
Orbene nella fattispecie la Corte di merito, attenendosi a tali principi, ha rilevato che nel caso in esame:
-il contratto stipulato dalle parti in data 17-7-1998 era scaduto il 30-9-1998;
- successivamente (OMISSIS) aveva instaurato altri rapporti di lavoro: uno con la coop. (OMISSIS) cessato nel
giugno 1999 (si ignora la data di inizio), quindi con la coop. (OMISSIS) dal novembre 1999 al gennaio 2000; di
nuovo con la (OMISSIS) dal marzo al luglio 2000, con la (OMISSIS) dall'agosto 2000 al gennaio 2004 e quindi con
la (OMISSIS) a far tempo dal 15-1-04 (i dati si desumono dalla copia del libretto di lavoro in atti);
- (OMISSIS) aveva intanto chiesto nel febbraio 2002 il tentativo di conciliazione prodromico all'impugnativa
giudiziale del termine;
- il 6-5-2002 aveva instaurato avanti il Tribunale di Milano il giudizio n. 3488/2002 per l'impugnativa del termine;
- lo stesso si era concluso nel dicembre 2002 con provvedimento di estinzione per inattivita' delle parti;
- il ricorso che ha dato origine al presente giudizio e' stato poi instaurato tre anni dopo e cioe' nel giugno 2005, a
4
distanza di sette anni dalla cessazione del rapporto.
In base alla valutazione di tutte le dette circostanze, interpretate nel loro complesso, la Corte di merito ha
affermato che nella specie e' emerso un quadro caratterizzato dal disinteresse del lavoratore al rapporto di lavoro
per cui e' causa protratto per anni nel corso dei quali il lavoratore ha anzi assunto iniziative incompatibili con la
volonta' di far valere la nullita' del termine e di ricostituire il rapporto, avendo lo stesso instaurato una serie di
rapporti di lavoro e, soprattutto, avendo lasciato estinguere un precedente giudizio avente identico oggetto al
presente.
Tale accertamento di fatto, conforme ai principi sopra richiamati, risulta altresi' congruamente motivato e resiste
alle censure del ricorrente le quali, in sostanza, da un lato, invocano la irrilevanza, di per se', del mero trascorre del
tempo, come se la decisione fosse stata basata esclusivamente su tale dato, e dall'altro (contraddittoriamente)
sostengono la insufficienza di ciascuna delle ulteriori circostanze considerate dalla Corte di merito, trascurando di
considerare la (esplicita) valutazione complessiva operata dalla detta Corte.
Per il resto le censure si risolvono, poi, in una inammissibile richiesta di revisione del ragionamento decisorio, non
sussumibile nel controllo di logicita' del giudizio di fatto, consentito dall'articolo 360 c.p.c., n. 5 (v., fra le altre,
Cass. 7-6-2005 n. 11789, Cass. 6-3-2006 n. 4766, Cass. 7-1-2014 n. 91).
Il ricorso va pertanto respinto.
Infine, in considerazione dell'esito alterno dei giudizi di merito, le spese vanno compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
5
Scarica

Sentenza - Krlavoro