Programma amministrativo del candidato Sindaco
Pierluigi VINAI
Indice
Introduzione
con un estratto da: Graziano Delrio, Città delle persone - Donzelli Editore
1. Ripartire dalla persona e dalla famiglia
• Famiglia, reddito e trattamento fiscale. Riequilibrio delle spese per i servizi a favore
delle famiglie
• Servizi per la prima infanzia
• Servizi per gli anziani
• Inclusione sociale
• Emergenza casa
2. La città deve ripartire, i genovesi e gli investitori devono ritornare
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Il Porto, Genova capitale del mare
Protezione civile
Urbanistica
Infrastrutture
Mobilità urbana
Sicurezza
Commercio
3. La città come ambiente sano
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Energia Verde
Lotta agli inquinamenti
Acqua bene indispensabile
Le acque marine
La politica del verde per il bene pubblico e per il turismo
I rifiuti urbani come risorsa
La tutela degli animali
Una città ben tenuta
4. Lavoro per Genova
• La grande industria
• Fare azienda
• Il distretto dell'alta tecnologia
5. Città della cultura e dello sport
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Riordino amministrativo
Per una nuova offerta culturale e turistica
Il turismo della cultura. Genova ancora alla ricerca di un brand
Expo 2015
Sport popolare e impianti sportivi
Città sportiva internazionale
6. Bilancio comunale e razionalizzazione
• Linee guida
• IMU
• Il funzionamento dell'amministrazione comunale
Appendice
“Genova, il declino in pochi decenni”. Di Pierluigi Vinai
Introduzione
Per introdurre al programma di governo per Genova, che insieme alle liste che mi sostengono
abbiamo elaborato, ho scelto di riportare qui la parte introduttiva di un saggio di Graziano
Delrio, attuale Sindaco di Reggio Emilia, perché la sua riflessione e la sua analisi coincidono
con la mia. Solo a partire da un fondamento ideale chiaro e forte si possono affrontare lavori
impegnativi, specie se coinvolgono una comunità intera, la città delle persone. E' su questa
premessa che si fonda il mio impegno per Genova.
Pierluigi Vinai
Estratto da: Graziano Delrio, Città delle persone - Donzelli Editore
“L’Italia non è ancora fuori dalla congiuntura economica che ha travolto il mondo intero e il
nostro paese attende la ripresa nel mezzo di una delle sue più importanti crisi politiche.
Mentre ci interroghiamo su come sarà il dopo crisi, cosa cambierà nei mercati, nelle nostre
aziende, nel lavoro, e più in generale nelle nostre vite, vediamo l’Italia incapace di attrezzarsi
per investire e guardare al proprio futuro. Non può farlo perché da troppo tempo senza
strategie di governo. Perché si trova a fare i conti con il fallimento del modello politicoculturale neoliberista.”
… “L’Italia è un paese che è rimasto fermo: senza riforme, senza strategie, senza politiche
capaci di farci imboccare la strada per l’Europa.
E’ tempo di ripensare a un altro, possibile modo di interpretare la comunità alla quale
apparteniamo e di darle speranza. C’è bisogno di un’altra idea di politica, di società, di
democrazia. C’è bisogno di un’altra idea di politiche pubbliche, più integrate tra loro e più
capaci di creare innovazione in campo economico, sociale e territoriale.
E’ proprio la prospettiva delle città che consente di pensare al futuro. Si può pensare al futuro
della propria città mentre la si governa in un’epoca di crisi.
Si può agire politicamente durante una forte difficoltà economica-finanziaria, senza farsi
assorbire dalle contingenze.
Si può coniugare concretamente la quotidianità con la costante necessità di ripensare il
proprio agire.
Le città sono infatti il luogo in cui le politiche locali, nazionali e le trasformazioni globali
prendono forma nella vita e nei volti dei cittadini.”
…“ Ripartire da ciò che di buono è stato costruito nella storia politico-amministrativa del
nostro paese, ripartire dal territorio e dalle competenze di buon governo, potrà far compiere
all’Italia quello scatto necessario rispetto ad un immobilismo centralista e a una debole cultura
politica di cui siamo vittime.
La città è il luogo per eccellenza del “noi”, dell’agire comune, della possibilità di migliorarsi
insieme anche in un’epoca di forte crisi economica in cui si riducono le possibilità di
progettare e mantenere servizi per le persone, soprattutto per le più deboli. A quel “noi” non
possiamo rinunciare. Nessuna crisi economica o politica può toglierci le parole, la possibilità
che le parole facciano politica, che le persone agiscano per relazioni e pratiche di convivenza.
Si tratta di ripartire dalle persone e dalla città: la nostra esperienza di vita collettiva più vicina
e spesso anche la migliore.
La città è, per sua natura, “città delle persone”: luogo che prende vita dalle relazioni tra le
persone, dall’esercizio dei diritti di cittadinanza, dalla pratica della convivenza.
Parlare di “città delle persone” significa parlare di città conviviali, in cui al centro del pensiero
che orienta le politiche pubbliche c’è la persona. C’è la persona, molto prima delle cose e
degli strumenti di cui questa si serve. Con la persona, implicitamente, si mette al centro la
relazione con l’altro. Questa idea di città conduce a scelte che hanno come obiettivo ultimo
quello di migliorare il benessere della comunità, assicurando a tutti i cittadini le opportunità di
una vita dignitosa.
Le persone e la loro vita diventano il centro dei pensieri, contemporaneamente, sia di chi
governa, sia di chi vive la città. In queste città non esiste e non può esistere techne senza
humanitas.
Sono al centro le persone.
Le persone nei loro diritti e nelle loro libertà. Le persone nella loro complessità, nel loro
essere multiformi e al contempo uniche, nel loro essere portatrici di competenze, di bisogni
molteplici e contrastanti, nel loro essere in grado o meno di badare a se stesse o di
contribuire al bene comune, nel loro essere forti o fragili in momenti diversi della vita.
Nelle “città delle persone”, al centro sono le persone declinate al plurale. Per rispettare le
diversità, per evidenziare la comunità. Le persone nei loro doveri, nella relazione con l’altro,
nella convivenza. Ciò significa che ognuno ha diritto alla propria soggettività e che, al
contempo, le persone, insieme, sono comunità: nessuno sarà lasciato indietro o abbandonato
alla propria solitudine. Significa vivere in una comunità fatta di altri che si riconoscono, una
comunità che si dà del “noi”.
Le città, le comunità, le istituzioni appartengono alle persone che le vivono e le vivranno. La
città è di tutti, anche di chi non ha voce: gli ultimi e chi ancora deve venire. Nelle “città delle
persone” sono le persone che fanno la differenza. Le città sono lo spazio delle persone che le
vivono: sono fatte dal loro protagonismo, dal loro senso civico, dai valori che interpretano,
dall’etica che le muove, dal rispetto e dalla cura che portano verso se stesse, la comunità e lo
spazio pubblico. Senza persone competenti e responsabili che collaborino tra loro per il bene
reciproco e per quello di tutti, le città si sfaldano. Senza persone capaci di offrire qualità e
protagonismo alla vita delle città, le città implodono. Dove invece questo avviene, dove i
cittadini dedicano le proprie risorse al bene delle città, le comunità prosperano, sono più
solide e la fiducia e la forza si possono percepire camminando per le strade.
La “città delle persone” poggia sulle donne e sugli uomini che vivono innanzi tutto sui legami
di comunità, sui beni pubblici intergenerazionali, sul protagonismo coniugato con la
responsabilità. Cardini che devono essere concretamente ancorati a un’idea di democrazia e
di governo e a nuove politiche pubbliche.
Ci sono storie e pratiche di molte città che raccontano che questo è possibile e che in molti
casi è già in atto. È da questa idea di “città delle persone”, assunta come unità elementare di
base della comunità pubblica, che possiamo e dobbiamo ripartire per pensare a un futuro
migliore per il nostro paese.”
1. Ripartire dalla persona e dalla famiglia
La famiglia è l'estensione della persona umana e noi vogliamo una città che sia trattata come
un'estensione della famiglia. Il sostegno alla famiglia e la sua promozione restano priorità,
anche di fronte alla crisi economica.
Certamente è necessario ricreare il lavoro che manca e che permette il formarsi delle famiglie
ed una loro vita dignitosa; in parallelo, il compito del Comune, attraverso politiche di equità, è
di aiutare le famiglie ad essere se stesse ed a partecipare alla ripresa economica.
Vogliamo favorire la costituzione e il mantenimento di nuclei familiari improntati alla stabilità,
con l'obiettivo di assicurare i loro diritti propri e tipici: abitazione, educazione dei figli, fiscalità
equa.
Un intervento a favore delle famiglie con figli permette di proteggere le famiglie con redditi
medio-bassi, prevenendo la povertà dei minori; permette di riportare nel circuito economico
una capacità di spesa che innescherebbe crescita dei consumi, nuova occupazione, ripresa
dell’economia.
Famiglia, reddito e trattamento fiscale.
Riequilibrio delle spese per i servizi a favore delle famiglie numerose o con particolari
responsabilità di cura.
I carichi familiari vanno riconosciuti nella loro natura sociale. Va quindi introdotto un sistema
fiscale che, a parità di reddito percepito, tenga conto dei componenti del nucleo familiare. Per
superare quelli che vengono definiti i limiti del quoziente familiare si propone di intervenire
con il fattore famiglia introducendo un’area non tassabile, proporzionale alle necessità
primarie della persona, necessità che non possono costituire “capacità contributiva” e che
quindi non possono essere tassate (cfr Art.53 della Costituzione Italiana).
Anche in condizioni di ristrettezze di bilancio è possibile rivedere i piani tariffari avendo come
riferimento la situazione economica delle famiglie a vantaggio dei nuclei numerosi, con figli
minori, disabili o anziani a carico.
Apporteremo correzioni al metodo di calcolo dell'Isee che sarà calibrato mediante un
quoziente famigliare che tenga conto dei fattori di capacità contributiva. Per esempio: il
nucleo famigliare e l'età dei figli, minori di 25 anni, le condizioni temporanee di difficoltà
economica, gli oneri sostenuti per la cura famigliare e le spese essenziali. La modifica sarà
applicata a partire dalla tassa sui rifiuti.
Servizi per l'infanzia e l'adolescenza
A Genova l'offerta dei servizi comunali per l’infanzia resta bassa. E' necessario l'accredito
delle strutture private alle quali le famiglie potranno rivolgersi a parità di condizioni col
servizio comunale. Favoriremo anche nuove modalità di cura della prima infanzia che
riescano a coniugare flessibilità e personalizzazione, come il servizio “tagesmutter” e la
valorizzazione delle associazioni familiari.
Ripristineremo il ruolo dell’osservatorio dell’infanzia ed adolescenza del Comune per
monitorare la condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in città, con la partecipazione del
terzo settore.
Servizi per gli anziani
Dobbiamo potenziare le possibilità di cura e di servizio a domicilio, perché rientra nel rispetto
della persona fare in modo che resti il più a lungo possibile nel proprio contesto di riferimento.
Al tempo stesso ciò comporta un risparmio per l'amministrazione comunale, che risponde dei
costi di “parte alberghiera” nelle residenze protette.
Da sostenere anche il finanziamento dei LEA (livelli essenziali di assistenza per le persone
non autosufficienti) affinché vengano presi urgenti provvedimenti necessari per assicurare la
completa copertura finanziaria delle prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali
riguardanti le persone con handicap invalidanti, gli anziani malati cronici non autosufficienti, i
soggetti colpiti da Alzheimer o da altre forme di demenza senile e i pazienti psichiatrici. È
stata sottoscritta una petizione parlamentare in tale indirizzo.
Un servizio più efficace è prevenzione e quindi risparmio sui costi sanitari. In tale ottica
prevediamo di dialogare con la Regione riguardo i trasferimenti dal “capitolo sanità” a quello
“assistenziale-preventivo” che fa capo al Comune.
Inclusione sociale
Per agevolare l'inclusione sociale degli immigrati è necessario incrementare i corsi di italiano,
legati anche alla conoscenza della cultura della nazione che li accoglie. E' giusto chiedere
una consapevolezza del patto di cittadinanza (diritti, doveri, regole, valori comuni).
L'apprendimento dell'italiano e la conoscenza del contesto civile nazionale non devono
essere visti come un onere, ma come un'opportunità di promozione sociale delle persone.
Il Comune deve avere un dialogo costante con una rappresentanza dei mediatori culturali che
lavorano nelle scuole, nelle strutture pubbliche e private, per avere una rappresentazione
aggiornata dei processi di integrazione e delle criticità connesse.
Il Comune, anche attraverso l'opera di associazioni dedicate, deve riportare all'obbligo
scolastico i molti bambini stranieri che ancora oggi vi sfuggono e che sono a rischio di
delinquenza minorile.
La questione della moschea è stata gestita senza il rispetto dei cittadini e anche senza
rispetto per la comunità islamica, che ha seguito un iter molto rigoroso in termini di garanzie
richieste e che ha diritto a vedere riconosciuta la propria libertà di culto. Oggi gli islamici
parlano di ritornare al loro immobile di Coronata. Tuttavia esistono innanzitutto dei problemi
logistici, di sicurezza pratica e di viabilità nel collocare un centro di aggregazione così
importante in quel luogo. La nostra amministrazione comunale risolverà il problema in tempi
brevi; la città si deve prendere le sue responsabilità, è possibile trovare un'altra area meglio
servita e di minor impatto verso i residenti.
Emergenza casa
A Genova ci sono migliaia di famiglie prive di alloggio. L'assenza di questi determina anche
tensioni sociali, spesso accade che le graduatorie di assegnazione privilegino lavoratori,
spesso stranieri, che non dichiarano correttamente i loro redditi. Per questo è necessario uno
stringente monitoraggio dell'idoneità di assegnazione, ridefinendo rigidi criteri di priorità.
Si deve "alleggerire" il regolamento edilizio riguardo il frazionamento degli appartamenti, la
cui dimensione a Genova è superiore alla media.
E' urgente un censimento chiaro del patrimonio immobiliare pubblico sottoutilizzato e
riutilizzabile a fini abitativi, ma valuteremo anche la concessione di “buoni-casa” agli aventi
diritto, da spendere sul mercato immobiliare privato: questa soluzione è senz'altro meno
onerosa della costruzione, fino a totale soddisfazione della domanda, di nuova edilizia
pubblica.
2. La città deve ripartire, i genovesi e gli investitori devono ritornare
Genova deve ritrovare l’orgoglio della propria storia, fatta di intraprendenza, di professionalità,
di voglia di rischiare.
Compito di un’amministrazione comunale deve essere quello di agevolare la possibilità di
lavorare, che oggi passa principalmente per il rinnovamento delle infrastrutture: bisogna
spezzare l’isolamento fisico cui la città è costretta.
Dobbiamo favorire gli investimenti, secondo le chiare linee strategiche di uno sviluppo fondato
sia sugli assets tradizionali della città, della sua posizione e delle sue bellezze (città di mare,
capitale dello shipping), che sulle nuove opportunità del futuro (città della ricerca e
dell’innovazione).
Sono però necessari un progetto di lungo termine che funga anche da coerente guida per gli
interventi di breve termine e la dotazione delle infrastrutture per spezzare l'isolamento fisico in
cui la città è costretta.
Il Porto, Genova capitale del mare
Genova deve valorizzare la sua posizione strategica sul corridoio ferroviario GenovaRotterdam, detto dei “due mari”, previsto nel progetto europeo TEN 24. Allo stato attuale, il
traffico merci sviluppato sul corridoio viene effettuato per il 75% nella modalità stradale e
l’obiettivo dell’Unione Europea è di raddoppiare entro il 2020 la capacità di trasporto nella
modalità ferroviaria.
L'estensione portuale non può essere illimitata, quindi per aumentare il lavoro nello scalo
marittimo e nell'indotto è di vitale importanza che sia accelerata la movimentazione delle
merci e che la città e gli snodi verso i terminal portuali siano alleggeriti dal traffico sia pesante
che di passaggio non interessato alla città.
Il Comune di Genova deve adoperarsi per favorire una governance portuale che veda il
dialogo tra le istituzioni preposte e un corretto rapporto pubblico/privato che, superando
logiche consortili e commistioni, consenta una illuminata pianificazione dello sviluppo ed il
perseguimento della massima efficienza.
Il Piano Regolatore Portuale, con i suoi cambiamenti, sarà una “sponda” anche per facilitare
nuove soluzioni urbanistiche e di lavoro.
Esso consentirà anche un adeguato strumento per consolidare i posti di lavoro attuali,
valorizzando l’esperienza della CULMV e delle maestranze delle singole aziende.
Le riparazioni navali devono restare a Genova, ma essere più competitive e non parliamo di
Oriente, ma dell'efficienza della vicina Marsiglia. Occorre definire urgentemente le idonee
infrastrutture di bacino.
Ove possibile la città deve restituire spazi a quella parte di abitanti penalizzata
urbanisticamente dalle infrastrutture portuali: in quest'ottica, ad esempio, pensiamo al
prolungamento verso Ponente del Canale di calma di Prà. Questo è uno dei casi in cui il
progetto può almeno in parte autofinanziarsi, dato l'interesse a realizzare servizi diportistici in
loco.
Istituiremo delle apposite deleghe assessorili dedicate al porto e alle infrastrutture connesse.
Protezione civile
Il declino di Genova negli ultimi 40 anni è coinciso col degrado urbanistico ed ambientale.
Questi fattori, uniti all'inerzia di fronte ad interventi urgenti, sono causa dei disastri che hanno
martoriato la città. La tragedia dell'alluvione nel 2011 è il triste emblema di scelte errate o
mancanti. Lo scolmatore “Fereggiano – Bisagno” od un'opera alternativa verso mare a
Levante vanno fatti e devono prevedere sia l'intervento governativo che la possibilità delle
obbligazioni di scopo.
Urbanistica
Genova deve attrarre risorse qualificate, provenienti da tutto il mondo, deve invertire il flusso
di giovani che vanno a lavorare fuori, lasciando in città sempre più anziani soli.
La città deve essere viva ed attraente offrendo spazi vivibili e piacevoli, verde e sicurezza.
Al tempo stesso si deve rendere la città adatta agli anziani e ai disabili con l’abbattimento di
barriere architettoniche, sia quelle create da uno sviluppo caotico e irresponsabile, che quelle
moltiplicatesi con il degrado.
Per aiutare ad accogliere nuove risorse si possono censire tutte le aree nella disponibilità
comunale, offrendo a condizioni vantaggiose spazi per nuove attività, foresterie, residenze
per giovani; si trasformerebbe un problema in opportunità.
Molte alture sono trascurate ma sono aree di grandissimo pregio panoramico e
rappresentano un potenziale turistico che nessuna amministrazione può permettersi di
sprecare.
Il centro motore delle politiche urbanistiche deve essere spostato in un autentico “Lab”
urbano, in grado di coordinare il lavoro dell’Università, dei giovani ricercatori, dei creativi; non
più disegni e consulenti che analizzano, scrutano e ripercorrono il passato, ma un incontro
delle conoscenze e dei saperi per guardare al futuro, una sintesi del sistema città.
Infrastrutture
Le grandi infrastrutture, a partire dal Terzo valico ferroviario e dalla “gronda”, sono necessarie
e richiedono tempi lunghi. La loro realizzazione non dipende solo dal Comune. Abbiamo
l'obiettivo di vedere finalmente compiute queste opere e vi contribuiremo con il nostro chiaro
indirizzo politico e con la responsabilità amministrativa che ci compete.
A fronte dei dubbi sulla realizzazione della bretella autostradale (la “gronda”) ricordiamo che è
in vigore un aumento delle tariffe autostradali per il finanziamento delle opere di interesse
nazionale, che noi pagheremo in ogni caso, e che con un nulla di fatto, pagheremmo per
opere che vengono realizzate altrove senza averne alcun vantaggio e le disposizioni di legge
sono tali per cui non potremmo ottenere più alcun finanziamento fino al 2024.
La realizzazione della “gronda” comporterà il declassamento a tangenziale urbana dell'attuale
tratto autostradale tra Voltri, Genova Ovest e Genova Est, portando alla diminuzione del
traffico e dell'inquinamento. Inoltre la nostra amministrazione si attiverà per chiedere la
copertura finanziaria da parte di ANAS delle risorse mancanti per realizzare anche la gronda
di levante, così da offrire la definitiva soluzione al permanente ingorgo del traffico
autostradale del nodo genovese.
In parallelo occorre concentrarsi nel miglioramento della viabilità esistente, eliminando o
riducendo le interferenze, sfruttare spazi inutilizzati creando rotatorie, sottopassi, passaggi
pedonali con avvistamento, zone filtro a verde, nuovi tunnel cittadini anche per nuovi
collegamenti fra le vallate.
Lo sviluppo di un piano di infrastrutture organico deve comprendere percorsi ferroviari
metropolitani per l’aeroporto, collegamenti a pettine con le direttrici autostradali tali da
alleggerire i volumi oggi gravanti sul nodo di Genova Ovest (e conseguentemente su
Sampierdarena e sulla Sopraelevata), l'incremento di aree e parcheggi di interscambio.
Mobilità urbana
La situazione di Amt è notoriamente critica, è necessario il coinvolgimento di più soggetti per
continuare a garantire un servizio essenziale. Valuteremo se gli abbonamenti a basso costo
(però annuali) portano un segno “più” nell'introito complessivo. Gli aumenti di prezzo infatti
stanno facendo calare il numero di abbonati, molti giovani non hanno rinnovato la tessera.
Bisogna poi estendere il diritto di abbonamento agli universitari residenti fuori sede, basta che
presentino il libretto: vivono a Genova, ma oggi non possono abbonarsi.
Proporremo convenzioni con i taxisti per trasporto a prezzo ridotto di particolari categorie di
utenti, disabili, anziani, donne sole o con minori e, nelle direttrici meno servite, nelle fasce
orarie serali.
Alcuni accorgimenti relativi al servizio bus e metro, vanno subito attuati:
–
migliorare il controllo dei pagamenti e dei flussi di traffico, introducendo sui bus la
bigliettazione elettronica a scalare al posto dell'obliteratrice. Questo permetterebbe di avere
statistiche sui movimenti degli utenti e di organizzare il servizio su dati certi. Il lettore va
posizionato all'ingresso anteriore, come accade in molte città. Chi guida non è un controllore
in senso vero e proprio, ma il posizionamento disincentiva dal viaggiare senza biglietto.
–
Nella metro, mettere in funzione i tornelli, già esistenti, ma sempre aperti, come
denunciato da molti utenti.
Come misura complementare, va agevolata la circolazione e la sosta dei mezzi a due ruote,
che invece oggi si vedono stretti tra difficoltà simili a quelle delle auto private. Va rivisto il
sistema delle Blu Area, anche alla luce della recente sentenza del Tar, che obbliga a
ripristinare centinaia di parcheggi liberi. I parcheggi di interscambio varati col nuovo Puc non
sono sufficienti, specie guardando alla Val Polcevera e al Levante, quartieri per i quali è
necessario individuare aree dedicate.
La metropolitana rischia di essere un'ulteriore zavorra, è necessario introdurre il project
financing e valutare l'intervento di Trenitalia come gestore, vista la collaborazione già avviata
a Napoli.
Il trasporto via mare a Ponente, il trenino Genova – Casella e un nuovo sistema per la Val
Bisagno, se ben organizzati possono avere un valore economico turistico e commerciale che
si può tradurre in investimento e copertura dei costi del servizio stesso.
Sicurezza
Impegnarsi nel recupero urbano e nell'integrazione sociale è anche un investimento nella
sicurezza. Più specificamente è necessaria una mappatura aggiornata delle criticità del
territorio cittadino, e sulla base di questa, il coordinamento puntuale e mirato con le forze
dell'ordine che ad oggi il Comune attua con molta difficoltà.
Le emergenze sono molte in tutta la città, ma sono emblematiche le situazioni di alcune zone
del centro, verso le quali vogliamo cambiare passo e in fretta: pensiamo all'area della
Maddalena, al fronte mare di Via Cavour e alla zona di Pré.
Luoghi che dovrebbero essere un richiamo turistico e dei quali invece si parla solo per la
criminalità e il degrado. Alla Maddalena le delibere della giunta non hanno cambiato nulla sul
fronte della prostituzione; a Pré lo spaccio e l'abusivismo la fanno ancora da padrone; inoltre,
l'area soggetta a lunghe ristrutturazioni edilizie, vede oggi alloggi comunali nuovi e non
ancora assegnati da cinque anni. Si tratta di zone teoricamente “ad alto valore aggiunto” per
abitanti e commercianti, eppure chi ha investito qui si trova in grande difficoltà (è a rischio
fallimento commerciale il rilancio dei Truogoli di Santa Brigida) e il proliferare di attività illegali
a Pré come alla Maddalena, scaccia il commercio e i residenti “buoni” in una spirale negativa.
Per invertire questa tendenza è necessario che il Comune prenda in considerazione anche
progetti privati di valorizzazione commerciale e residenziale, promuovendoli con
determinazione, ove sia chiaro il profilo progettuale del risanamento oltre alla remunerazione
dell'investimento.
E' urgente contrastare il fenomeno delle baby gang e favorire la prevenzione tramite un
maggior collegamento dell'amministrazione con i mediatori culturali.
Provvederemo all'installazione di nuovi punti luce nelle zone più buie della città e
all'azzeramento dell’abusivismo nelle case popolari.
E' necessario attuare, particolarmente dopo l'orario di chiusura dei locali, una seria
repressione di atti vandalici, schiamazzi e comportamenti incivili che spesso sfociano in
aggressioni da parte di persone alterate dall'alcool.
Le forze di polizia urbana devono essere meglio presenti sul territorio, il progetto dei “vigili di
quartiere” è stato annunciato, ma in realtà non è mai veramente partito e perciò va rilanciato.
Sul modello del “Protocollo d'intesa” stipulato nel 2011
tra Comune di Genova e
Confederazioni Sindacali intendiamo ampliare gli accordi e le consultazioni con tutte le realtà
associative che possono aiutare a prevenire l'infiltrazione delle organizzazioni malavitose,
tanto nell'ambito degli appalti quanto nell'intero spettro delle attività commerciali, di locazione
o di attività illegali in genere, svolte sul territorio genovese.
Commercio
Innanzitutto il Comune deve semplificare l'espletamento delle pratiche burocratiche che
gravano su questo settore. La grande distribuzione non deve cancellare la rete di esercenti
locali, unica luce e presidio in molti quartieri. Alleggerire la pressione fiscale sulle attività
commerciali non è facile, ma il Comune con le associazioni di categoria e con i Civ può
individuare nuove modalità di utilizzo degli spazi pubblici senza oneri per i commercianti.
La repressione dell'abusivismo in questi anni è stata troppo carente, è intollerabile che sotto
gli occhi di tutti e dei commercianti che devono sottostare a numerosi obblighi, si svolga un
traffico di merci illegale senza quasi nemmeno temere una possibilità di sanzione. La
tolleranza zero in materia, sarà un aiuto tangibile al commercio regolare.
3. La città come ambiente sano
La complessità dei problemi ambientali richiede il coinvolgimento di una molteplicità di
soggetti interessati. Le istituzioni pubbliche debbono interloquire con i diversi attori economici
e sociali (imprese, associazioni, cittadini) per rendere realmente efficaci gli interventi di
politica ambientale.
Il concetto di sostenibilità ambientale non è un pretesto per imporre vincoli, ma la premessa
per favorire il corretto sviluppo tecnologico e l’innovazione in un settore che può assorbire
personale ad alta specializzazione e mano d’opera qualificata.
In generale la tematica ambientale deve essere volta al risparmio e all’uso razionale delle
risorse, deve contemplare il controllo e la minimizzazione dei rischi, alla fine se ne devono
giovare la qualità della vita e la salute dei cittadini.
Temi qualificanti per una politica ambientale possono essere considerati: le energie
rinnovabili, il risparmio energetico, la politica delle acque, il ciclo dei rifiuti, i metodi di
riduzione dell’inquinamento, la politica del verde, la riduzione dei rischi naturali ed indotti.
Ci impegneremo per una revisione della politica di incentivi alle energie rinnovabili in modo
che sia rimodulata tenendo presente il ruolo dei Comuni nell'attuazione del risparmio
energetico, dall'illuminazione, ai trasporti, e nella definizione di agevolazioni per chi costruisce
o ristruttura secondo obiettivi di efficienza energetica degli edifici.
Energia verde
Il Comune deve promuovere la stesura di un piano energetico che valorizzi le risorse naturali
(vento, sole) per l’abbattimento dell’inquinamento atmosferico, tenendo conto della necessità
di integrare sorgenti rinnovabili, notoriamente discontinue, con quelle convenzionali.
Il piano energetico, oltre a considerare l’eolico, il solare termico e il geotermico, non può
prescindere dallo sfruttamento e valorizzazione degli impianti idroelettrici collegati con gli
acquedotti genovesi attualmente di proprietà IREN e di biogas (Scarpino-AMIU)
Sul medio periodo ipotizziamo un impianto di cogenerazione, alimentato da biogas, come
fornitore dei depuratori cittadini, con particolare riguardo al costruendo depuratore di
Cornigliano: ciò potrebbe sia ridurre i costi di esercizio, sia produrre calore
(teleriscaldamento) ed energia elettrica da erogare quasi gratuitamente alla popolazione
residente nelle vicinanze dell’impianto a parziale rimborso dei disagi apportati.
Ulteriori fonti di calore, da utilizzare anche come teleriscaldamento, potrebbero derivare
anche dei depositi di rifiuti urbani a discarica.
Lotta agli “inquinamenti”
L’aria, l’acqua ed il rumore possono essere fonte di pericolo a causa delle azioni degli esseri
umani.
Controlli e monitoraggi su acqua, aria, inquinamento elettromagnetico, radioattività naturale
(Radon), devono essere potenziati e i rilevamenti messi a disposizione dei cittadini.
Sulla base del piano di zonizzazione acustica è indispensabile predisporre una serie di
interventi atti a ridurre e abbassare i livelli di inquinamento acustico.
Acqua bene indispensabile
Di importanza strategica è la gestione degli acquedotti cittadini e della rete di distribuzione.
Può essere utile ricordare che la rete di distribuzione, con uno sviluppo di circa 550 km, è un
colabrodo con livelli di perdita che toccano il 30-35%.
Le acque marine
I problemi principali sono legati all'inquinamento dovuto a sbocchi fognari, cattivo
funzionamento dei depuratori, perdita di materiali inquinanti da parte delle navi in porto,
trasporto solido dai fiumi in occasione di piene.
In un documento della Regione Liguria sin dal 2007 veniva denunciato che la maggior parte
dei depuratori non funzionava bene e solo 3 depuratori su otto sarebbero a norma. Un' analisi
impietosa, quella della Regione: il depuratore di Cornigliano non funziona, la Darsena scarica
direttamente in porto, Punta Vagno è completamente da rifare, Vernazzola è da adeguare,
Quinto lavora solo in minima parte, e persino Voltri e Pegli hanno bisogno di interventi. Inoltre,
tanto la Darsena quanto Punta Vagno, quando sono "a tappo", attraverso un by-pass versano
i liquami direttamente in mare. Cioè, invece di immettere in mare acqua pulita derivata dal
trattamento immettono una concentrazione di fanghi e liquami a scapito della salute delle
persone e della fauna e flora marina (Si ricordano, per inciso i malesseri che colpirono tre
anni fai i bagnanti di Punta Vagno).
Le acque marine vanno anche considerate per gli effetti che il moto ondoso può produrre sui
litorali. I punti essenziali sono: erosione delle spiagge e conseguente necessità del loro
ripascimento, interventi a seguito di mareggiate particolarmente intense.
La politica del verde per il bene pubblico e per il turismo
Nel corso degli anni il verde pubblico di Genova è stato soggetto ad un inesorabile e costante
decadimento, raggiungendo livelli di degrado assolutamente inaccettabili.
Oggi osserviamo una scarsa manutenzione ordinaria che spesso viene mal sostituita da
interventi di natura straordinaria, molto costosa per l’amministrazione e che non produce gli
effetti desiderati.
Bisogna integrare il budget finanziario comunale con risorse derivanti da altre iniziative:
individuare siti all’interno dei parchi da affidare ad associazioni, le quali, in cambio delle
opportunità di disporre aree per le attività, garantiscano il presidio e la cura degli stessi spazi;
attivare la collaborazione con i cittadini volenterosi ed appassionati di giardinaggio per
affidare la gestione di piccoli lavori di manutenzione concordati con gli enti preposti (iniziative
come gli “amici dell’orto botanico” e “il giardino dell’erba voglio”).
A Genova, su iniziativa dell'Anci, è partito il progetto “Orti Urbani”: va promosso ancora,
diverse aree si possono recuperare all'agricoltura di nicchia.
Inoltre, proprio in tema di orti urbani, vogliamo dare un segnale ambientale piccolo ma forte:
da una parte, con la diversità di approccio rispetto alle modifiche urbanistiche che vedono
nascere solo nuovi centri commerciali e complessi residenziali su aree che potrebbero avere
diversa destinazione produttiva, come è anche l'agricoltura; dall'altra, vogliamo che anche
Genova partecipi alla dinamica positiva della produzione a “chilometri zero”, già incoraggiata
con legge della Regione Liguria. Per questo, ci impegniamo ad individuare un'area, anche
pienamente urbana, ove produrre piante e ortaggi con le moderne tecniche di coltivazione
“fuori suolo”, secondo un sistema avviato con successo in diverse metropoli internazionali.
Bisogna incrementare poi le manifestazioni floro-vivaistiche per ottenere fondi destinati alla
manutenzione dei parchi, attraverso un semplice iter burocratico che stimoli le iniziative di
privati appassionati del verde e desiderosi di sviluppare le attività commerciali in contesti
originali; favoriremo la riqualificazione dei giardinieri, coinvolgendo gli istituti professionali
(Istituto Marsano o enti come il consorzio Sol.Co. Liguria), operanti nella formazione dei
giardinieri, dandogli la possibilità di affiancare allo studio l'esperienza pratica nella
manutenzione delle aree verdi.
I Rifiuti urbani come risorsa
Nel settore dello smaltimento dei rifiuti Genova ha fatto una non scelta: lo smaltimento dei
rifiuti indifferenziati a discarica rappresenta da sempre il sistema meno costoso e più
remunerativo che, proprio per la sua alta redditività, ha dato vita al fenomeno dell’ecomafia.
Va sottolineato che questo sistema è quello in assoluto più inquinante e i percolati delle
discariche, se non trattati in modo completo e con continuità saranno, per i prossimi decenni,
fonte di continuo e persistente inquinamento.
Sulla scelta di dotare Genova di un impianto di gassificazione esistono grandi perplessità sia
per quanto riguarda il tipo di impianto sia per la sua localizzazione. E’ noto che gli impianti di
gassificazione sono ancora in fase sperimentale, richiedono un approvvigionamento continuo
di materiale selezionato, costano più dei termovalorizzatori. Il sito di Scarpino presenta delle
peculiari difficoltà, come la creazione, nella zona sommitale del monte, di un’ampia area
pianeggiante dove inserire, oltre all’impianto, le attività di selezione e separazione del rifiuto
indifferenziato.
Il Comune così, spendendo qualche milione di euro per un piano preliminare, accontenta a
parole quanti richiedono un impianto di incenerimento e contemporaneamente gioca la carta
della non finanziabilità da parte dei privati di un simile complesso.
Perciò la nostra azione amministrativa, riguardo le modalità di smaltimento dei rifiuti,
prevederà innanzitutto una approfondita analisi dei modelli alternativi.
I termovalorizzatori di ultima generazione (modello Vienna) indicano un continuo e netto
miglioramento nei dati sugli inquinanti; (valuteremo l'installazione in altro sito, con la
possibilità di produrre energia elettrica e teleriscaldamento da distribuire alla cittadinanza)
Gli impianti mediante trattamento meccanico-biologico a freddo, in questi anni sono cresciuti
nella capacità e nell'affidabilità, mettendo a punto avanzate tecniche di smaltimento dell'
indifferenziato. Altre tecnologie, impostate su processi biologici non inquinanti, stanno dando
seri risultati anche in termini quantitativi, come dimostra il grande centro di smaltimento di
Verona. Molto interessante la verifica di un processo di riciclo totale sulla scorta di progetti
avviati in comuni di minori dimensioni; in questo caso il problema principale consisterebbe
nell’individuare l’allocazione di un impianto di compostaggio per l’umido. Nel frattempo, la
raccolta differenziata va potenziata.
La tutela degli animali
La tutela degli animali è una questione di civiltà. La politica e le istituzioni debbono
impegnarsi per assicurare una protezione ampia e concreta agli animali e agli habitat
indispensabili per la loro esistenza. Gli animali da compagnia hanno inoltre un ruolo positivo
nelle famiglie riconosciuto anche nella crescita dei bambini e soprattutto sono una presenza
affettiva fondamentale per molti anziani. Con riferimento ad una recente sentenza, ci
attiveremo presso Federsanità ANCI Liguria, per proporre una convenzione tra comuni ed
ASL, affinché gli animali da compagnia abbiano accesso alle visite dei loro proprietari
ricoverati in ospedale.
L'abbandono è una piaga ben nota, che va prevenuta con l'educazione. Il Comune di Genova
oggi chiede 330 euro a chi decide di rinunciare formalmente al proprio cane ed affidarlo al
canile. Questo è di fatto un incentivo all'abbandono, quindi aboliremo immediatamente questa
tariffa.
Una Città ben tenuta
Negli ultimi anni è emersa una sempre più evidente difficoltà da parte del Comune di Genova
e dell'azienda partecipata nel provvedere ad una adeguata opera di manutenzione della città,
nonostante i recenti ed
importanti investimenti di denaro. La scarsa capacità di
coordinamento degli interventi spesso è accompagnata da una scarsa qualità degli interventi
stessi. Ciò comporta che la città è un eterno cantiere in cui lavori appena eseguiti presentano
necessità di rattoppi e i rifacimenti talora sono molto approssimati. Inoltre si interviene sul
manto stradale e si dimenticano i marciapiedi che sono una vera insidia e spesso quando
piove si trasformano in un percorso ad ostacoli.
Si deve provvedere ad una riorganizzazione del settore manutenzioni, perseguendo maggiori
coordinamento e qualità degli interventi, verifiche e collaudi dei lavori, verifiche dei costi.
4. Lavoro per Genova
Genova deve avere il coraggio di poche, ma chiare e determinate scelte “forti”, consapevole
che, all’attuale crisi demografica, nei prossimi venti anni seguirà un’ulteriore e progressiva
diminuzione della forza attiva con costante incremento di quella inattiva. Nessun serio
programma può prescindere dal considerare questo fenomeno di estinzione biologica della
città, realtà che sposta radicalmente l'attenzione dai problemi del lavoro, tipici di una società
giovane e dinamica, a quelli di come gestire con una scarsa popolazione attiva e con scarse
risorse e per grandi masse di persone inattive.
La Grande Industria
Non si può rinunciare alle eccellenze di quel che resta della “grande industria” tradizionale e
ad alto contenuto innovativo, pena la cancellazione di una parte del sistema-città. Genova
deve attrarre gli investimenti e favorire il consolidamento e lo sviluppo delle nostre imprese.
La destinazione di aree disponibili deve privilegiare l'insediamento produttivo, mentre invece
in questi anni si ricordano scelte urbanistiche che hanno consumato preziose risorse
territoriali a favore di speculazioni residenziali o di grandi centri commerciali.
Genova deve ottenere degli strumenti normativi tesi a riconoscere un “Distretto delle
Riparazioni navali” in Liguria ed a Genova in particolare; verificare se il mercato è in grado di
creare del valore per il settore delle costruzioni navali sostituendo dove possibile il pubblico
con il privato.
Fare azienda
La liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali non è una soluzione
sufficiente quando la creazione di ipermercati impoverisce il tessuto sociale delle periferie e
dei centri storici con effetti di desertificazione che non vanno sottovalutati.
L’indirizzo economico della città non dovrebbe prescindere dal Piano di Sviluppo Locale frutto
di una rinnovata sintonia fra pubblico e privato.
Genova deve impegnarsi per attirare gli investitori esterni ed esteri, attraverso:
a- agenzia per le soluzioni: un team che assista gli investitori esterni a Genova e che
abbiano bisogno di aiuto per potere inquadrare tempi, occasioni, alleanze, strategie. Uno
sportello che dia risposte concrete e risolutive per chi vuole insediarsi o un’agenzia per
attrarre investimenti
b- Genoa workshop: un workshop itinerante, che sia magnete di attrazione verso la città,
una sorta di finestra delle opportunità da presentare professionalmente all'esterno che utilizza
professionisti che vantano network di relazioni industriali, commerciali e finanziarie nazionali
ed internazionali
c- convegnistica propedeutica: serie di convegni con relatori operativi prevalentemente
fuori piazza, con la finalità di individuare le migliori strategie sulla città
d-collegamenti
strategici: individuare città che abbiano avuto simili problemi di
trasformazione e con le quali Genova possa confrontarsi
Il Distretto dell’Alta Tecnologia
Da quando nel 2004 è stata costituita in Genova la Fondazione Istituto Italiano di Tecnologia,
questo polo di eccellenza scientifica si è rapidamente sviluppato fino ad assorbire 800
persone, in gran parte giovani. Il suo sviluppo ulteriore non solo genera posti di lavoro ad
altissima qualificazione, ma incrementa il livello culturale cittadino. Il Comune deve svolgere il
ruolo che gli compete fornendogli le infrastrutture necessarie.
5. Città della cultura e dello sport
Riordino amministrativo
Occorre semplificare il sistema delle competenze attraverso un accentramento delle funzioni
con specifiche conoscenze alla cultura e alla promozione della città.
Il compito dell’Amministrazione deve essere quello di valorizzare le istituzioni culturali locali
favorendone il coordinamento e la sinergia attraverso la collaborazione pubblico/privato.
Occorre razionalizzare l’offerta museale migliorandone la promozione e l’integrazione. I
musei, insieme al teatro Carlo Felice, devono essere protagonisti di un'efficace offerta del
“prodotto turistico di Genova”.
Per una nuova offerta culturale e turistica
Il contesto generale dell’offerta turistica deve rispondere a determinati criteri di qualità nei
servizi (trasporti, mobilità urbana e parcheggi), nel decoro urbano, nella sicurezza,
nell’assistenza ai visitatori.
A questi fattori generali deve essere affiancata la messa a sistema di una “tipicità” diffusa,
come ad esempio la costruzione di un sistema integrato che coinvolga gli operatori di settore
(albergatori, ristoratori, commercianti) e la revisione della stessa segnaletica turistica spesso
insufficiente e confusa.
Fino a oggi infatti nonostante l’importante trasformazione di Genova l’Acquario è rimasto
l’unico vero polo di attrazione turistica.
Genova ha molte risorse culturali sottovalutate, come i Rolli, le ville del genovesato, i parchi
urbani e le aree verdi periurbane, che sicuramente vanno messe a regime attraverso organici
piani d’intervento. Da anni si parla del recupero della cerchia dei Forti, per i quali ad oggi
sono stati spese molte risorse per poi abbandonarli di nuovo al degrado. E’ inutile proporre al
turismo la “grande muraglia” genovese, senza un adeguato trasporto pubblico, perciò
pensiamo al prolungamento della cremagliera di Granarolo verso i Forti Begato e Sperone
anche come attrattiva turistica.
Occorre insistere per “conquistare” il turista e condurlo anche alla Genova del turismo storicoculturale, aumentando il suo tempo medio di permanenza.
Il turismo della cultura. Genova ancora alla ricerca di un “brand”
Genova ha bisogno di un “brand” in questo momento in cui nonostante la crisi mondiale si
stanno aprendo nuovi mercati turistici internazionali. Il brand turistico culturale di una città
deve essere un fattore immediatamente percepito dal turista, Genova non offre una
percezione chiara come accade per l'arte a Firenze o per l'incanto lagunare di Venezia.
Il turismo culturale a Genova trova nell’asse “Palazzo Ducale - via Garibaldi - Cattedrale” il
suo perno, ma va promossa tutta la città antica, il turista deve venire a Genova cosciente di
introdursi nel più grande centro medievale del mondo.
Sono necessarie più attrattive “forti” della città, e noi le abbiamo: la storia, la cultura musicale
e la tradizione alimentare hanno dato alla nostra città:
- Genova capitale del Medioevo: abbiamo il più grande centro medievale del mondo che va
rimesso in luce e visitato: siamo in un tempo di grande riscoperta di questo periodo storico e
artistico, la domanda esiste e noi dobbiamo intercettarla. Ci attiveremo in sede nazionale ed
europea per accedere ai finanziamenti che possono rivalutare un così grande patrimonio
storico e architettonico. Cercheremo sinergie con l'Acquario e con gli operatori dell'area
congressuale e diportistica per incentivare le visite dei turisti attraverso i percorsi della
Genova medievale.
- Genova città di De André: il grande cantautore, tra i più popolari nella storia musicale
contemporanea, ci ha lasciato una poesia senza tempo nella quale Genova è presente con
immagini che hanno affascinato milioni di persone. Dopo la mostra al Ducale poco è stato
fatto nel nome di De André. Esposizioni permanenti, percorsi urbani e valorizzazione della
scuola musicale genovese sono la traccia da seguire per accrescere presenza turistica e
cultura in un circolo virtuoso.
- Genova città del Pesto: secondo dati recenti il Pesto è oggi la salsa più conosciuta al
mondo. Il campionato mondiale del Pesto a Genova ha ottenuto in pochi anni un grande
successo internazionale. Dobbiamo rendere permanente l'attrattiva di questa eccellenza
culinaria e agricola genovese a partire da Prà, impegnandoci per la crescita del “Parco del
basilico” e, attraverso una forte strategia di promozione, attirare quel turismo globale sempre
alla ricerca della buona cucina italiana. Il Pesto può essere poi il traino della tradizione
culinaria tradizionale genovese non ancora conosciuta come merita.
Intanto occorre subito coordinare al meglio sedi e tempi di manifestazioni, incrementando e
valorizzando le occasioni in cui convergono spettacoli, mercati tipici, esibizioni sportive nei
contesti urbani.
Dalla sinergia del privato e del pubblico può nascere finalmente a Genova il “Distretto del
Turismo Culturale”.
Expo 2015
Non secondario, nell’individuazione di nuovi flussi turistici, è l’appuntamento dell’Expo 2015,
che si terrà a Milano tra il 31 marzo ed il 23 novembre dello stesso anno.
Il tema proposto “Nutrire il Pianeta – Energia per la Vita” deve trovare spazio a Genova, in
ragione della collocazione territoriale e dei suoi tradizionali legami con il mare.
Così come fatto da altre città, Genova deve sottoscrivere un “accordo di collaborazione” con
Milano al fine di realizzare una positiva sinergia e sviluppare progetti comuni in ambito
turistico, culturale ed infrastrutturale.
Sport popolare e impianti sportivi
La gestione degli impianti sportivi, di grandi e piccole dimensioni, richiede livelli di
competenza e risorse che l’amministrazione locale ha disatteso. La creazione di una società
pubblica a ciò dedicata non ha ottenuto grandi risultati.
Partendo dalla fotografia della realtà crediamo che si debba contemplare anche la
liberalizzazione degli impianti sportivi per evitare il collasso del settore.
E’ fondamentale che l'opportunità di svolgere attività sportive sia capillare nei quartieri ma è
anche vero che una città come Genova ha bisogno di un vero fulcro per le manifestazioni ad
alto livello. Perciò sarà nostra priorità, in collaborazione con Fiera di Genova, tornare ad
avere un Palasport di livello internazionale, sulla base dell'impianto esistente nella fiera
stessa.
Per la composizione anagrafica della popolazione genovese e per la funzione sociale dello
sport dilettantistico, compito del Comune di Genova deve essere quello di valorizzare
l’associazionismo di settore, di “quartiere” e parrocchiale, attraverso progetti mirati rendendo
più trasparente l’uso degli impianti disponibili e migliorando i rapporti con le Federazioni
Sportive operanti sul territorio.
Città sportiva internazionale
La collocazione geografica della città ne fa naturalmente la capitale della nautica e degli sport
legati al mare. In collaborazione con le Federazioni Sportive, in particolare con la
Federazione Italiana Vela che ha a Genova la sua sede nazionale, è necessario innalzare
l’offerta di strutture in grado di ospitare eventi di portata internazionale proponendo Genova
come città olimpica per gli sport del mare.
6. Bilancio comunale e razionalizzazione
Linee Guida
I trasferimenti di fondi dallo Stato ai Comuni sono in contrazione e l'autonomia degli enti
locali, promessa dal federalismo fiscale, sta vivendo una fase contraddittoria dovuta
all'eccezionalità delle misure decise dal Governo nazionale.
I Comuni sono tenuti a riduzioni lineari dei bilanci, ma queste correzioni sono ancora
largamente insufficienti. Il federalismo tende a premiare le amministrazioni efficienti che non
sprecano e non dissipano le risorse, ma le riforme costituzionali in corso pongono nuovi
vincoli anche ai comuni virtuosi.
La trasformazione in Città Metropolitana segna il passo e la soppressione delle province
porterà una nuova distribuzione di compiti. Se questi riassetti non avverranno in tempi
ragionevoli va rivisto radicalmente anche il ruolo dei Municipi: permanendo l'Ente Comune
nella sua forma attuale crediamo che debba cessare il ruolo “politico” dei Municipi che
dovranno diventare dei presidi tecnico-logistici del territorio. Il ruolo politico potrà essere
invece rilanciato proprio con l'avvento della Città Metropolitana.
Nel caso del Comune di Genova permane un deficit di bilancio associato ad un debito
consistente (anche se lievemente in calo) e ad una situazione sinistrata delle partecipate.
Appare inevitabile prospettare un programma di bilancio che preveda come linee guida:
1. tagliare tutte le spese superflue
2. privilegiare le spese sociali, in ottica sussidiaria e quelle a sostegno delle attività
economicamente produttive che operano nel territorio comunale senza ridurre i soggetti no
profit ad erogatori di mano d'opera a basso costo.
3. razionalizzare la filiera lavorativa riducendo la quota sia del personale precario sia di quello
a ruolo, che dovrebbe svolgere solo compiti direzionali e di controllo
4. creare una holding delle società partecipate la cui direzione operi in stretta relazione col
Sindaco, con il fine di snellire le strutture, risparmiare, riguadagnare efficienza ed avere
indirizzi operativi armonizzati.
5. alienare beni immobili non più utilizzati od utilizzabili, finalizzando questi nuovi introiti
esclusivamente alla riduzione della situazione debitoria.
6. rivalutazione delle competenze dei dipendenti comunali: nuova visione delle risorse umane
presenti all’interno del Comune di Genova attraverso un’azione di formazione tesa al
recupero della qualità nel rapporto con il cittadino-utente.
IMU
Noi ci batteremo, con tutti gli strumenti possibili, affinché la legge nazionale che ripristina la
tassa sulla prima casa sia abolita. In questo momento Genova soffre per la crisi economica
ed è impensabile aumentare ancora il prelievo fiscale. Se la nuova IMU (ex ICI) non sarà
abolita, noi applicheremo degli sgravi per le fasce sociali deboli, a partire dalle famiglie
numerose o che hanno in carico anziani non autosufficienti, disabili, disoccupati di lunga
durata.
Il funzionamento dell'amministrazione comunale
Vogliamo una struttura organizzativa semplice e snella, finalizzata ad accompagnare e
facilitare la vita dei cittadini e delle aziende, volta a servire lo sviluppo economico e sociale
della città valorizzando le competenze delle persone che vi lavorano.
E’ fondamentale attivare dall’inizio del mandato momenti strutturati di condivisione e di
confronto sugli obiettivi prefissati con i dirigenti e i funzionari che avranno il compito di tradurli
in azioni.
Pensiamo a veri workshop, tra livello politico e livello tecnico, dove si pervenga ad una
progettazione partecipata e condivisa degli obiettivi da perseguire, nel pieno rispetto delle
reciproche peculiarità e funzioni.
La partecipazione degli utenti finali (cittadini, aziende, associazioni) alla definizione delle
metodiche migliori per l’erogazione dei servizi, è uno degli elementi distintivi dell’azione di
governo. La finalità è non solo di facilitarne l’accesso e la fruizione, ma anche di definirne
standard qualitativi rispondenti alle reali esigenze.
E' urgente semplificare molti processi amministrativi di forte impatto sugli utenti, come ad
esempio il rilascio delle autorizzazioni in materia edilizia, dove i tempi attuali dei procedimenti
e la loro complessità sono un onere indebito sulle attività private; i difficoltosi rapporti con i
Municipi per il rilascio di autorizzazioni, permessi e certificazioni in genere devono essere
rivisti e semplificati.
Concordare e condividere con i cittadini significa anche formalizzare gli impegni che
l’Amministrazione si assume e porre le basi per una rendicontazione chiara dei risultati
raggiunti.
Il circolo virtuoso “co-progettazione – miglioramento dei servizi - rendicontazione risultati riprogettazione” con l’ottica del miglioramento continuo, è il modello che va assunto.
Il PEG, che dovrà essere posto online, sarà elaborato in una fase provvisoria ex-ante la
redazione del bilancio, per assumere, poi, la veste ufficiale dopo l’approvazione dello stesso.
Tutto ciò consentirà l’applicazione reale del principio di sussidiarietà che consentirà di aprire
Palazzo Tursi alla città. Se il bilancio è il documento principale della vita di una comunità e
non solo un foglio di rilevanza contabile, occorre che esso sia costruito insieme con i soggetti
attori della vita comunitaria e quindi condiviso.
Nello stesso tempo il Comune deve diventare una casa di vetro, tutti i documenti rilasciati
devono essere posti online (fatto salvo il rispetto della normativa sulla privacy) e, riguardo agli
appalti, la consuetudine deve diventare l’utilizzo della “centrale unica appaltante” in
collaborazione con la Prefettura.
L’obiettivo deve essere non solo quello di facilitare la vita ai cittadini, ma anche quello di
liberare risorse intellettuali e di tempo dei dipendenti da operazioni ripetitive e formali per
dedicarle ad attività più di carattere strategico e innovativo.
Significativo in tal senso è il caso delle attività di gestione del patrimonio comunale
schiacciato da adempimenti formali, sicuramente da semplificare per lasciare il posto ad
azioni più legate alla sua valorizzazione, alla riqualificazione e a modalità di gestione
rigorose, date le critiche condizioni del bilancio comunale.
Strumento fondamentale per la semplificazione è l’innovazione tecnologica ancora troppo
carente negli uffici comunali.
La complessità della gestione della “cosa pubblica” rende necessaria una rivisitazione dei
profili di professionalità richiesta ai manager e ai dipendenti tutti dell’Amministrazione
Comunale ed una diversa articolazione del rapporto tra assessorati e settori.
Appendice
Genova, il declino in pochi decenni.
di Pierluigi Vinai
Il contesto storico del mutamento.
A partire dalla seconda metà degli anni ’80 si verifica un processo di radicale mutamento degli
assetti produttivi (concentrazioni, fusioni, acquisizioni internazionali) e della composizione
sociale. In particolare tale processo colpisce proprio quei settori economici - impiantistica,
siderurgia, elettromeccanica, cantieristica, portualità - che avevano caratterizzato l’immagine
di Genova, città del triangolo industriale. Ognuna di queste aree industriali condizionava non
solo la vita del quartiere di appartenenza, ma dell’intera città. La “classe operaia” non era
un’invenzione ideologica, ma affondava le sue radici nella realtà sociale e ne plasmava lo
sviluppo politico e culturale. Erano le aziende a partecipazione statale, producevano beni
industriali (e non beni di consumo), occupavano l’80% degli addetti nell’industria e il 54%
lavorava in imprese con oltre 500 dipendenti (1960). Un livello di concentrazione superiore a
tutte le altre province italiane. In tutta la Regione gli addetti dell’IRI occupavano il 25% del
totale nazionale che aumentava ulteriormente nel comparto siderurgico (26%) e nell’industria
meccanica e cantieristica (36%). In questo tipo di industrie non c’era la catena di
montaggio taylor-fordistica con una massa di “operai comuni”, come nel classico esempio
della Fiat di Torino, ma operai (qualificati e specializzati) che si formavano come apprendisti
nella scuola aziendale e poi continuavano a lavorare nella stessa fabbrica fino all’età della
pensione. Non era neanche diffusa l’impresa privata d’origine familiare, dove ad un certo
punto del ciclo di vita dell’azienda si pone il problema della presenza di un manager in grado
di sostituire l’imprenditore-fondatore. Genova, all’interno del “triangolo industriale”, si
presentava come portatrice di questa precisa identità. Tale componente del lavoro industriale
aveva le basi in due aziende particolari: Ansaldo e San Giorgio, localizzate nel tessuto urbano
cittadino e le loro continue trasformazioni segnavano i tempi e la cultura della città stessa. In
un’area territoriale piuttosto ristretta - il ponente genovese, da Sampierdarena a Cornigliano/
Campi e Sestri ponente - si addensava il cuore della tradizione industriale (Ansaldo
meccanico, Italsider, Cantiere navale, Asgen, San Giorgio); in centro una grande azienda
impiantistica, Italimpianti. L’unica azienda privata di grandi dimensioni era la Marconi di Sestri
ponente (oltre 2.000 dipendenti); poi, in pieno clima di privatizzazione, nell’estate del 2002,
una parte di essa (l’elettronica per la difesa della Marconi Mobile con circa 800 dipendenti),
sarà, paradossalmente, acquisita proprio da Finmeccanica.
Come si può constatare si trattava di una realtà socio culturale forte che nel decennio
successivo, quello degli anni ’70, sarà determinante nel raggiungimento di importanti
conquiste a livello nazionale: l’inquadramento unico operai-impiegati, le “150 ore” di diritto allo
studio, le riforme sociali in diversi settori (sanità, scuola, casa). E soprattutto sarà capace di
darsi una rappresentanza sindacale unitaria (la Flm tra i metalmeccanici e la Federazione
Cgil Cisl Uil). Negli anni ’80, come affermato all’inizio, comincia il declino, Genova subisce
duri colpi, ma il simbolo più eloquente è quello della notte del capodanno 1982 rappresentato
dalla visione del porto deserto quando le navi ormeggiate sembrano un ricordo del passato,
non emanano nessuna luce, non si leva nessuna sirena. Una notte di San Silvestro
all’insegna del silenzio.
L’annuncio di pesanti ristrutturazioni, proprio nei suoi storici punti di forza, provoca
smarrimento e all’orizzonte non emergono alternative in grado di compensare le perdite. Si
diffonde la conflittualità e riprendono le manifestazioni di piazza dei lavoratori delle grandi
fabbriche. I lunghi cortei sindacali partono dal cantiere navale di Sestri Ponente, arrivano in
piazza Montano a Sampierdarena dove si congiungono con gli operai dell’Ansaldo,
proseguono per via Cantore e si concludono in piazza De Ferrari col comizio dei
rappresentanti sindacali. Si teme la scomparsa dell’Italcantieri, la fine del ciclo integrale
dell’Italsider con la chiusura della parte a caldo, il ridimensionamento dell’Ansaldo. Il 29
settembre 1983 lo sciopero generale, proclamato col motto “Perché Genova viva”, ottiene
l’adesione di tutte le forze sociali ed economiche cittadine; si tratta dell’ultima grande
manifestazione della storia sociale genovese, destinata a segnare un’epoca. Le trattative in
corso tra governo e parti sociali vengono sovraccaricate di significati politici e ideologici; i
problemi dell’industria genovese si intrecciano con quelli delle discussioni nazionali sulle
scelte di politica economica. Il 1983 è l’anno dei convegni sul futuro di Genova e della Liguria.
Vi partecipano ministri del governo e manager dell’industria; il primo, alla fine di febbraio,
viene organizzato dal Psi alla Fiera del Mare: sia il Presidente della Regione (Rinaldo
Magnani), che il sindaco di Genova (Fulvio Cerofolini) e il Presidente del Consorzio del porto
(Giuseppe Dagnino) appartengono al Psi. Il ministro delle Partecipazioni statali Gianni De
Michelis, anch’egli socialista, prevede un futuro con meno industria e afferma che qui, più che
altrove, si governa il cambiamento della società diventata “post industriale”, un termine
quest’ultimo che nessuno vuol sentire pronunciare. Concluse il convegno il segretario
nazionale, Bettino Craxi, che alcuni mesi più tardi sarebbe diventato Presidente del Consiglio.
In questo contesto s’inquadrano le decisioni dell’Iri di apportare radicali tagli ai settori storici
(in particolare la siderurgia) e di sviluppare l’elettronica. Decisioni che, per la prima volta,
vengono esposte dal suo Presidente, Romano Prodi, al convegno del Pci del mese di
novembre (Genova: frontiera tra recessione e sviluppo) svoltosi sempre all’Auditorium della
Fiera del mare. Il 21 gennaio 1984 con una lettera aperta, apparsa sulla stampa locale, il
presidente dell’IRI rilancia l’appello ai genovesi:
“L’IRI non può essere il solo interlocutore per Genova. La nostra chiara e pronta disponibilità
non deve distogliere le forze politiche e sociali locali dal ricercare altri interlocutori per la
risoluzione dei problemi di Genova”.
In ogni incontro sui temi del futuro dell’industria emergono accese discussioni tra chi si
schiera decisamente a favore della nuova era dell’elettronica e chi sostiene la necessità di
mantenere il nucleo industriale manifatturiero; i riflessi di tali ragionamenti, non privi di
contraddizioni e di un certo manicheismo, significano per Genova intravvedere un futuro di
città del “terziario avanzato” contrapposto a quello di città dell’industria matura, ormai in
irreversibile declino. Nei primi anni ’80 la proposta di chiudere la parte più inquinante
dell’Italsider (quella a caldo) viene giudicata un “attacco alla classe operaia”, mentre nel
decennio successivo saranno gli stessi cittadini di Cornigliano a volerne la chiusura per
risanare l’ambiente del territorio. Nonostante le lotte e le mobilitazioni cittadine, i processi di
ristrutturazione (come negli anni ’50) proseguono il loro percorso grazie all’uso massiccio
degli ammortizzatori sociali, soprattutto in siderurgia e nel porto, settori dove si concentra
oltre il 65% dei prepensionamenti; tra il 1981-86 in Liguria ne vengono attuati 11mila.
Tommaso Giglio, direttore de “Il Secolo XIX”, dà voce alle diffuse frustrazioni presenti in città:
“Si vive ancora adagiati sui vecchi schemi, quando tutto andava bene e bastava chiedere a
Roma per ottenere. Adesso i legami con il centro politico del Paese sono molto più labili, non
basta più la delegazione che si reca a Roma a chiedere, non è più sufficiente la politica della
protesta. Bisogna avere la capacità di utilizzare le grandi doti di specializzazione che hanno
gli operai, i tecnici, gli intellettuali di questa Regione. E’ tenendo conto di questa capacità che
Genova è stata scelta come sede della futura fabbrica automatica. Abbiamo una tradizione
culturale, tecnica, commerciale, che solo l’inerzia e una mentalità non adeguata ai tempi può
rendere sterile. Non possiamo permetterci di sperperare un patrimonio di questo genere”1.
Nel novembre 1983, l’Iri, per attuare una maggior sinergia nel comparto elettronico, avvia la
costituzione, nell’ambito della Stet, del “Raggruppamento Selenia Elsag” (composto anche da
Ansaldo Elettronica Industriale). Un’aggregazione complessiva di 13mila dipendenti e 18
insediamenti industriali distribuiti in sette regioni italiane. Responsabile della gestione
operativa è Luigi Stringa, Amministratore delegato di Selenia (società capofila) e di Elsag. Sul
versante della riorganizzazione interna, nel 1984, viene costituita Esacontrol con la missione
di supervisione e controllo dei processi industriali continui e in cui confluiscono, da Ansaldo, la
“Elettronica Industriale” ed il “Biomedicale” e da Elsag la “Divisione Sistemi di Regolazione”
che portava in dote la licenza Bailey Controls. Responsabile di Esacontrol è nominato Alberto
Lina e per il Biomedicale Carlo Castellano; in seguito verrà scorporata la Divisione
biomedicale che fusa con Ote Biomedica di Firenze costituirà la nuova società Esaote
Biomedica che ha la missione di produrre e commercializzare apparecchiature per la
diagnostica per immagini e la terapia strumentale medica. Nel 1988 Elsag dalla Stet passa
definitivamente nel gruppo Finmeccanica e l’anno successivo, con l’acquisizione della
statunitense Bailey Controls Company (leader mondiale nel settore dell’automazione dei
processi industriali continui), sarà protagonista del più grande processo di penetrazione
internazionale mai tentato da un’azienda italiana.
1 Tommaso
Giglio, Il Secolo XIX, 7 Ottobre 1984
Dal 1980 al 1985 l’industria perse il 25,4% degli addetti. Dal punto di vista quantitativo la
maggioranza dei lavoratori (133mila unità) in Provincia di Genova è impiegata in piccole unità
produttive con scarsa tutela sindacale, ma il peso politico della grande fabbrica (84mila unità)
ha sempre condizionato l’azione del sindacato, dei partiti politici e delle istituzioni. Dal punto
di vista socio culturale le caratteristiche della generazione dei lavoratori genovesi del
dopoguerra possono essere così riassunte: provenienza famigliare operaia, si entrava in
fabbrica a 14/16 anni e si usciva all’età della pensione, alto livello di professionalità, orgoglio
del proprio saper fare, forte identità collettiva, ruolo autorevole e politicamente significativo
dell’organizzazione sindacale (iscrizioni ai sindacati intorno al 60%-80%), stabile
orientamento politico nel PCI che, per tutti gli anni ’70, otteneva la maggioranza assoluta dei
voti nei quartieri popolari (gli iscritti aderenti alla Federazione genovese erano circa 40.000),
rapporto continuo con il governo e le politiche industriali, immediato impatto con la politica; si
costruivano prodotti e impianti industriali venduti in tutto il mondo (turbine, centrali elettriche,
acciaierie, macchine utensili, navi, locomotori ferroviari, sistemi di automazione). La presenza
del mare, storicamente, è stato il luogo privilegiato di localizzazione industriale (cantieristica,
portualità, siderurgia, marineria). Ciò non significa che i lavoratori costituissero una classe
sociale omogenea: le differenze erano tante (in primo luogo tra operai dell’industria e portuali)
e poi all’interno della stessa industria tra operai e tecnici, tra uomini e donne, ma esisteva un
quadro valoriale di riferimento, un contesto che favoriva il raggiungimento di livelli di
mediazione superiori. Per i metalmeccanici, la nascita della FLM rappresentò la punta più
dinamica di questo processo. Il dato paradossale è che proprio Genova, apparentemente
chiusa nelle sue rigidità ideologiche, sperimentò processi di privatizzazione da far invidia a
qualsiasi città liberista. Infatti, fino a metà degli anni ’80 le lotte sono caratterizzate dalla
difesa dell’esistente, compresa l’area a caldo della siderurgia. Nel 1972 al momento della
costituzione della FLM gli iscritti ai tre sindacati dei metalmeccanici sono così distribuiti:
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FIOM CGIL: 17.264 pari al 53%
FIM CISL: 11.193 pari al 36%
UILM UIL: 3.324 pari al 11%
Totale iscritti FLM: 31.781
Tutti i processi d’innovazione tecnologica e organizzativa si sviluppano all’interno del tessuto
produttivo delle partecipazioni statali. Da Ansaldo, San Giorgio, Italsider si sono sviluppate:
elettronica e automazione industriale (il primo nucleo biomedicale nasce come Divisione
Ansaldo), ICT (information and communication technology), impiantistica. Ma la
mondializzazione dell’economia non diede tregua: a fine anni ’80 nel comparto
elettromeccanico nel quale opera Ansaldo, il mercato del turbogas è dominato da tre
competitori (General Electric, Siemens, Alsthom) che si spartiscono circa il 90% degli ordini
mondiali.
Gli anni ’90
Nel 1992, secondo una ricerca sui giovani lavoratori di 18-29 anni di tutti i settori, effettuata
da Maria Teresa Torti e commissionata dalla Cisl, essi risultavano molto attaccati alla stabilità
del posto di lavoro e al luogo di residenza. Il 64% degli intervistati pur essendo iscritti ai
sindacati davano più importanza alla capacità individuale di contrattare la propria condizione
che non all’azione collettiva perché convinti che la retribuzione doveva essere correlata con la
professionalità posseduta e il rendimento. In questo modo appariva tramontata l’epoca
dell’egualitarismo degli anni ’70 (ricordo la battagli sindacale per l’inquadramento unico e per
l’unificazione del punto di contingenza nel 1975). Non sorprende l’affermazione del merito e
della professionalità che, come abbiamo visto, è stata la caratteristica prevalente dell’operaio
professionalizzato genovese. La differenza, di vera rottura col passato, consiste invece nella
diffidenza o sfiducia dell’azione collettiva. L’iscrizione al sindacato diventa sempre più una
scelta strumentale e sempre meno una scelta valoriale. Un atteggiamento che va di pari
passo con l’orientamento strumentale del lavoro (come opportunità di reddito e di
sopravvivenza, per vivere si deve pur lavorare). Comunque, il 59% del campione è
abbastanza soddisfatto (l’8% molto soddisfatto) e il 27% insoddisfatto. Il contesto genovese
del periodo era contrassegnato da un diffuso pessimismo dovuto alle ristrutturazione
dell’apparato produttivo, al senso di smarrimento della generazione dei padri, quella dei
cinquantenni protagonisti della storia sociale genovese. Il giudizio sulla politica per il 55% era
fortemente negativo. La generazione dei giovani degli anni ’90 è la prima a vivere e lavorare
in una città dove sono crollate le rendite di posizione del passato, ha ereditato modelli
culturali basati sul posto fisso quale principale componente di formazione identitaria.
A metà degli anni ’90 (1994-96) si portò a compimento l’annunciata privatizzazione delle
acciaierie di Cornigliano con l’ingresso del gruppo Riva, la privatizzazione di Esaotebiomedica
(proveniente dal nucleo di elettronica industriale di Ansaldo) tramite un originale processo
di management by out diretto da Carlo Castellano (i manager che acquistano la maggioranza
dell’azienda) e lo smembramento di Italimpianti in tre unità. Quest’ultima si era distinta, da
molti anni, per la costruzione di impianti industriali (in particolare impianti siderurgici) in tutto il
mondo e per un sistema di relazioni industriali moderno e innovatore. Gli anni ’90 si
concludono con l’ennesima ristrutturazione delle aziende Finmeccanica: chiusura della sede
direzionale Ansaldo di Piazza Carignano, vendita di Elsag Bailey e di altre aziende del gruppo
Ansaldo. Sul versante portuale abbiamo la legge 84/1994 di liberalizzazione delle attività
portuali, ma già il Piano strategico del CAP del 1990 aveva avviato il processo di
privatizzazione delle banchine del porto (i terminalisti). Nello stesso anno diventa operativo il
Nuovo Terminal di Voltri che successivamente (nel 1998) vedrà l’ingresso di PSA di
Singapore. La multinazionale americana Carnival acquista il celebre marchio genovese Costa
Crociere e la tedesca Siemens acquista una delle poche aziende private, la Orsi Automation.
Si chiude così il ventesimo secolo e con esso l’egemonica presenza delle partecipazioni
statali.
Gli anni 2000
Negli anni 2000 la frantumazione del lavoro diventa un dato strutturale della nuova realtà
socio economica: tanti lavori e tanta flessibilità che diventa precarietà. L’altro aspetto,
destinato a modificare la dinamica sociale del futuro, è la competizione più agguerrita tra i
giovani con partita Iva, e tra i professional per conquistare i lavori più gratificanti; devono
inventarsi il lavoro, devono competere per riuscire ad imporsi. Ma non è una competizione
basata sull’eguaglianza delle opportunità: la famiglia di provenienza e il contesto delle
relazioni sociali continua ad avere un peso enorme, anzi un peso ancora maggiore che nel
passato. Scompare quel processo di mobilità sociale degli anni ’70. Chi ha più risorse cerca
altrove: molti studenti dopo il triennio lasciano Genova per proseguire la specializzazione in
altre città dove ritengono di trovare maggiori sbocchi occupazionali.
Ma chi lavora a Genova? Su 100 residenti, lavora una minoranza del 33,5% (nelle città del
Nord Ovest è di circa il 45%).
Il dibattito politico culturale è stato dominato dall’attenzione verso il mutamento degli assetti
produttivi e urbanistici, molto meno verso le persone, le loro ansie, le loro attese: un’intera
generazione di lavoratori, dopo l’uscita dalla grande fabbrica è rimasta distante dalla politica,
salvo poche eccezioni. Nella stragrande maggioranza (soprattutto in siderurgia e nel porto)
l’uscita è avvenuta tramite il più grande ammortizzatore sociale di tutti i tempi: il
prepensionamento.
La dimensione culturale
In tutte le metropoli del mondo risultano vincenti le città che sanno meglio utilizzare le proprie
peculiarità storico culturali. La ristrutturazione del Porto antico avviata nel 1992, grazie ai
finanziamenti delle Colombiane, costituisce a tale riguardo un esempio da manuale. Così
come il 2004, anno di Genova capitale europea della cultura, ha rappresentato il momento più
alto di riappropriazione da parte dei cittadini del valore storico culturale della città; rinasce
l’orgoglio di una storia da riscoprire e da mostrare a parenti e amici. L’hanno dimostrato gli
oltre mille progetti presentati e l’esplicita e positiva scelta di non limitarsi all’organizzazione di
eventi, ma anche al rinnovamento dei beni culturali esistenti, che oggi persistono. L’azione
successiva di Palazzo Ducale ha ulteriormente qualificato l’offerta culturale e possiamo dire
che la cultura sta diventando una componente significativa dello sviluppo della città. Proprio
perché rilevante, occorre individuare anche i nodi problematici: nella programmazione delle
attività bisogna tener conto dell’intera città e non solo del centro, così come avevano pensato
gli amministratori del passato (epoca di Attilio Sartori assessore alla cultura del comune di
Genova), che avevano costituito l’ Ente del decentramento culturale; le diverse zone della
città devono poter contare di servizi di trasporto pubblico adeguati (la metropolitana chiude
alle 21.00!) altrimenti risulta difficile lo scambio di iniziative; occorre stimolare la produzione
culturale autonoma; la discussione pubblica intorno ai temi fondanti lo sviluppo della città è un
fatto di grande rilevanza culturale e non può essere relegato a questione locale da discutere
soltanto in consiglio comunale o nei consigli municipali.
Passato e presente: una domanda cruciale
L’etica e la cultura del lavoro descritte in precedenza che cosa hanno lasciato sul territorio?
Come hanno trasmesso i propri orientamenti valoriali? Quale rapporto tra persistenze e
rotture? In termini generali possiamo affermare che il lascito valoriale più rilevante sia quello
di considerare la stabilità del lavoro quale fonte principale di realizzazione personale, che
oggi però entra in profonda crisi a causa della diffusa frantumazione e precarietà. Le nuove
tipologie di lavoro precario mettono in discussione un patrimonio di cultura del lavoro
accumulato nel corso di tutto il Novecento. Ma più grave ancora è il fatto che questa
tradizione non ha prodotto istituzioni in grado di ripensare una stagione significativa della
storia sociale di Genova e dell’Italia. Come se l’innovazione per essere vincente dovesse fare
tabula rasa della storia. Anziché governare il cambiamento, come si direbbe con una
semplificazione convegnistica, siamo di fronte a processi spontanei che si svolgono davanti ai
nostri occhi, ma che non riusciamo a vedere. Non è un caso che in un’indagine condotta da
Dixet e Confindustria (febbraio 2011) sulle imprese high tech le aziende intervistate abbiano
lamentato, quale elemento negativo che influisce sulla crescita, la carenza di cultura
industriale, ciò significa che la grande storia di “Genova città industriale” si è disciolta col
ridimensionamento delle partecipazioni statali? Eppure si tratta di una realtà che occupa circa
14mila addetti (compresi quelli di grandi aziende Finmeccanica quali Selex Elsag, Ansaldo
Sts e di Marconi/Ericcson).2
2 Vento, S., “150° di esperienza Italia”, Elledici, Genova , 2011
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