www.lameridianadicasteldaccia.it
Immaginiamo il lettore, davanti a questa ciò non potranno mancare le pagine di
pagina, porsi almeno un paio di domande: analisi delle maggiori problematiche che
coinvolgono la nostra cittadina, così
› Che cos’è?
come non potranno mancare le pagine
dedicate alle diverse associazioni presen› Perché questo nome?
ti sul territorio che si occupano del sociaCosì, andando per ordine e con la sem- le, per dare voce alle stesse e per proplicità che ci contraddistinguerà, partia- muoverne una conoscenza adeguata, né
infine, potranno mancare le pagine dedimo dalla prima domanda.
La Meridiana è un periodico a tiratura cate alla pubblicazione di opere artistimensile e di ampio respiro, che vuole che di creazione locale.
impegnarsi nella realtà sociale, civile e La Meridiana vuole essere un periodico
artistica del paese di Casteldaccia e per- che si occupa di informazione nel senso
Dicembre 2006 - Numero 0
più nobile di questa parola, di quella
informazione che finisce per diventare
formazione nella misura in cui fornisce
conoscenza e quindi consapevolezza.
Non potranno quindi mancare le pagine
curate da esperti in diversi settori: filosofia e pedagogia, scienze, diritto, tributi e
materie affini e ciò non solo con intento
di mero intrattenimento ma, ancora una
volta, col preciso scopo di fornire utili
strumenti di arricchimento del bagaglio
umano e culturale dei nostri lettori e
anche di noi stessi.
È
2 - LA MERIDIANA DI CASTELDACCIA
La Meridiana - Numero 0
sommario
La Meridiana
pag.
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Cicalata semplice sulla novena di Natale
Il Mistero del Natale
Natale, nasce il sole
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22
23
[email protected]
La Meridiana nella storia
“
24
[email protected]
La Meridiana è on line!!!
Editoriale
Edilizia scolastica: anno zero
Edilizia scolastica: cosa prevede la legge
ICI, il Comune non rispetterebbe la legge
“Grande Mandamento”, primo atto
La condizione delle donne musulmane
Un velo davanti ai nostri occhi
Patente europea online
Salita libera
Kick-Boxing un casteldaccese campione del mondo
Sei in cerca di un lavoro?
Le disposizioni sul lavoro nella Legge Finanziaria 2007
Quattro cani per casa
Lo scoutismo questo sconosciuto...
Il Paese degli sbadigli
ll Bullismo visto da una undicenne
La piccola meridiana
La meta
Grandi eventi in provincia
Un caricaturista della Bagheria anni trenta
Invito ai lettori
Speciale Natale
La Meridiana
di Casteldaccia
Periodico in attesa di registrazione
Fondato da
Lorenzo Canale
Direttore Responsabile
Nicolò Di Salvo
Caporedattore
Mara Luisa Florio
Redazione
Giuseppe Amenta
[email protected]
Alessio Buglino
[email protected]
Lorenzo Canale
[email protected]
Paolo Di Giacinto
[email protected]
Giuseppe Mancuso
[email protected]
Rosalia Manzella
on line
Hanno contribuito alla realizzazione del giornale Carmelo Calò e Giuseppe Guttilla
è anche
Navigate, gente, navigate...
Giuseppe Amenta
Ebbene sì, La Meridiana di Casteldaccia continuerà a scandire il vostro tempo libero tutti i
giorni 24 ore su 24, dalle pagine del sito
www.lameridianadicasteldaccia.it, attraverso il
quale voi lettori potrete interagire con la redazione e confrontarvi con gli altri, utilizzando il
mezzo di comunicazione più attuale, ossia
Internet.
Sul sito de La meridiana sono pubblicati tutti gli
articoli e le rubriche presenti su questo periodico
che, a differenza dell'edizione cartacea, potranno
essere discussi ed approfonditi in tempo reale,
attraverso la funzione commenti che verrà visualizzata in calce ad ogni articolo pubblicato. In più
saranno di volta in volta pubblicate le notizie di rilievo riguardanti l'attualità locale.
Sempre sul sito è presente anche un forum, ossia una sorta di bacheca virtuale dove ognuno
potrà scrivere qualcosa, porre un quesito, lasciare un messaggio, proporre una discussione,
salutare la nonna che vi sta ascoltando, eccetera eccetera.
Completano la pubblicazione on-line: una galleria fotografica aperta a tutti, una chat per chi
vuole chiaccherare, una sezione dedicata ad un sondaggio mensile, un'area download da dove
potrà essere scaricata documentazione varia ed infine una sezione contenente i numeri e gli
indirizzi di pubblica utilità. Ogni suggerimento sul miglioramento del sito stesso è gradito.
Inutile dire che siete tutti invitati a partecipare attivamente: scrivete, commentate, date il
vostro contributo alla cittadinanza facendo sentire la vostra voce. Internet serve anche a questo. Buona navigazione sulle pagine de lameridianadicasteldaccia.it
Giuseppe Troncale
[email protected]
Sonia Zito
Collaboratori
Gaetano Aiello
Salvatore Caeto
Carmelo Calò
Giovanni Castiglia
Pippo Di Giacinto
Nancy Di Salvo
Pietro Fiorentino
Giuseppe Guttilla
Francesco La Spisa
Giusy La Monica
Mariolina La Monica
Umberto Lo Cascio
Vincenzo Manzella
Nino Mineo
Michele Pedone
Rosalba Pinello
Ignazio Riscili
Ines Scardina
Scout di Casteldaccia
Hanno inoltre collaborato
in questo numero:
Matilde Mancuso
Michele Ragnatelli
Antonino Russo
Sito Internet
www.lameridianadicasteldaccia.it
E-mail
[email protected]
Impaginazione e stampa
Stamperia Zito
Via Nuova, 112, - Palermo
Tel. 091 7542822
www.stamperiazito.it
La Meridiana - Numero 0
la nostra avventura
Ciò che muove questo gruppo di persone,
per lo più vostri concittadini, fieri di cimentarsi in questa nuova avventura, è anche
l’obiettivo non secondario di creare un circolo culturale culla di idee e laboratorio formativo che, proprio per le sue intrinseche
potenzialità, abbia anche la capacità di vivere
di vita propria e contribuire alla crescita reciproca di quanti partecipino al progetto.
Diceva Platone: Colui che si è dato cura
dell’amore della conoscenza e dei pensieri
veri, mantiene ben ordinato il demone che
abita in lui.
Ebbene, questo amore per la conoscenza
abbiamo voluto simboleggiarlo nel nobile
simbolo della meridiana, misuratore del
tempo mediante il gioco di ombre creato
dal sole, meridiana che a Casteldaccia scandisce la vita della piazza, centro ideale della
vita del paese.
Quanto alla scritta Lucro Appone che fa
bella mostra di sé sulla meridiana della piazza, forse non tutti sanno che è una locuzione latina che si traduce: ‘consìderalo guadagno’; riferito al tempo, che non sempre è
LA MERIDIANA DI CASTELDACCIA -
3
(dalla prima di copertina)
denaro, ma a volte, più prezioso. Troviamo
questa locuzione in una bell’ode del poeta
latino Orazio dedicata alla gioventù e ai suoi
piaceri (pubblicata integralmente nell’ultima di copertina).
Sapere e conoscenza, a loro volta, saranno gli strumenti con cui opereremo, sia che
si parlerà di cultura sia che si parlerà di problemi della gente, con l’obiettivo di informare su fatti e notizie vere ed obiettive narrate
con serenità e senza pregiudizi, consapevoli, d’altronde, che l’informazione è oggi uno
dei più potenti strumenti di cui può disporre l’uomo e solo se usata correttamente
libera il timone delle menti dei lettori.
Il periodico convoglia l’opera di quanti
volontariamente intendono apportare il
proprio contributo culturale e artistico.
Tutti i collaboratori sono entusiasti di questo progetto e, come si sa, l’entusiasmo è
contagioso. Ci darà una mano e offrirà il
proprio poliedrico contributo uno dei curatori del Settimanale di Bagheria.
Riferiremo i fatti con onestà, proporremo
le nostre idee (così come consentiremo a
chiunque di fare), con passione magari, ma
sempre con il rispetto dovuto alle opinioni
e alla dignità altrui.
Ed eccoci qui con il nostro primo numero, nel quale abbiamo cercato di mantenere
fede a quelli che sono e rimarranno i nostri
propositi: ci piace pensarvi riflessivi sul
senso che porta una notizia, e non dubitanti sulla bontà della notizia stessa. L’onestà
intellettuale sarà il nostro debito nel rispetto di voi lettori, e la nostra forza nel rispetto
di noi stessi.
Se ci siamo decisi a prendere questa iniziativa è perché crediamo nel valore e nel
potere della parola. Quella parola che, nitidamente proferita, è promotrice di dialogo
e civiltà.
Certo, l’intento è arduo, ma non manca la
volontà di riuscire e l’impegno di farlo con
metodo e costanza.
Rimetteremo poi ad ogni lettore il giudizio di valore del caso.
La Redazione de
La Meridiana di Casteldaccia
Abbiamo chiesto ad alcuni passanti sulla qualità della vita a Casteldaccia...
4 - INCHIESTA
Edilizia scolastica:
anno zero
La Meridiana - Numero 0
La precaria situazione casteldaccese: carenze di aule, doppi turni, lavori in corso
Maria Luisa Florio
stato dei luoghi. Sono considerati lavori a scomputo: cioè le ditte
che costruiscono, invece di pagare gli oneri di urbanizzazione al
comune, che servono poi a realizzare strade illuminazione e
quant’altro, trasformano la somma dovuta in lavori da effettuare.
Intanto però la popolazione scolastica per via dei disagi è diminuita: venticinque bambini sono andati via, più del dieci per
cento. I genitori hanno richiesto il nulla-osta trasferendoli per lo
più in scuole bagheresi. Per chi è rimasto, la scuola di via Trapani
si è trasformata in sede di doppi turni, spesso a rotazione: quindici giorni la mattina e quindici di pomeriggio, dalle quattordici
alle diciannove. Ma in mezzo a tanta edilizia privata fiorita a più
non posso negli ultimi anni, c’è posto per una nuova scuola? La
popolazione è aumentata, è ormai oltre i diecimila abitanti, ma
non lo sono stati i servizi.
“Il progetto per una nuova scuola c’è - spiega il vicesindaco
Casteldaccia. Scuola elementare Pietro Piraino di via Lungarini
Giacomo Di Salvo - dovrebbe sorgere nella zona di via Fiume,
Stop ai doppi turni, e lavori di ristrutturazione nella parte alta del paese, il progetto è esecutivo ma ha un
della scuola non ancora ultimati. E’ questa l’ultima notizia relativa costo di circa sei milioni di euro e quindi è difficilmente
alla situazione scolastica dell’elementare Piraino. Anno scolastico finanziabile”.
all’insegna dei disagi a Casteldaccia per la chiusura della scuola
Qualcuno chiede però che fine abbiano fatto gli oneri di urbaelementare di via Lungarini causata dal crollo di parte del soffitto. nizzazione secondari, quelli che, per legge, i costruttori debbono,
Il crollo è avvenuto lo scorso giugno e l’estate
in soldi, ai comuni e che vengono destinati
è trascorsa tra sopralluoghi e ispezioni da parte
proprio ai servizi come scuole, asili, centri
del Comune. Dunque disagi, doppi turni a sin- Che fine hanno fatto gli diurni per giovani e anziani. Ma la civiltà di
ghiozzo, ricerca di nuovi locali scolastici coin- oneri di urbanizzazione un paese non si misura soprattutto dalla
volgono da mesi ormai oltre duecento famiglie
qualità dei servizi che offre alla cittadinanza?
secondari?
casteldaccesi.
I doppi turni cominciano già a settembre con
l’annuncio, a dir poco ottimistico, che sarebbero durati solo una
I fatti in breve. La scuola di via Lungarini costruita
settimana. Invece si protraggono per oltre due mesi. La notizia è alla fine degli anni trenta, edificio storico per le scuole di
di qualche settimana fa: sei aule sono state ricavate presso il cen- Casteldaccia, viene chiusa, a causa del distacco di alcuni calcinactro diurno per anziani di via Ugo La Malfa grazie a un progetto che ci dal soffitto, nel mese di giugno. Con ordinanza sindacale del 20
utilizza pannelli modulari, del tipo generalmente usato per uffici, giugno, infatti, il sindaco Giovanni Di Giacinto ordina, a seguito
dello spessore di circa dieci centimetri e per una somma di poco del fax a firma del dirigente scolastico professore Amenta, di chiupiù di 33 mila euro. Ma l’acustica permetterà lo svolgimento nor- dere i locali della scuola fino a quando, si legge nella delibera:
male delle attività didattiche? Inoltre, sei aule bastano ad evitare i «saranno eseguiti i lavori necessari per l’eliminazione della situadoppi turni? “Certamente no - afferma il Dirigente Scolastico zione di pericolo seguita al crollo dell’intonaco del soffitto con
Gregorio Amenta - infatti altre quattro aule sono state ricavate conseguente distacco dei pannelli del controsoffitto».
sempre presso il centro diurno e altre due presso la locale
Successivamente il sindaco, nel mese di luglio, incarica la ditta
biblioteca comunale di via Ospizio”. Una situazione un po’ Geolab di verificare l’agibilità strutturale della scuola. La situaziodispersiva ma per adesso si pensa soltanto ad evitare il disagio dei ne però si presenta più grave del previsto e la ditta sentenzia la
doppi turni.
presenza di difetti statico-strutturali. Da qui l’incarico all’ingegneI lavori di ristrutturazione di via Lungarini dovrebbero invece re strutturista Michelangelo Bonomolo per il progetto di ristrutiniziare a giorni - a dire del sindaco Giovanni Di Giacinto - ed turazione. Si dovranno sistemare sul soffitto delle nuove travi in
essere completati entro un mese, in modo tale che i bambini già acciaio e poi ripristinare il tutto. Si prevedono un mese di lavori
alla fine delle feste natalizie potrebbero tornare nelle loro vecchie circa. I bambini nel frattempo sono stati ospitati in doppio turno
aule. I lavori saranno effettuati dalla ditta Marrone Vincenzo, noto presso l’altro plesso scolastico elementare di Casteldaccia sito in
costruttore, per una somma ammontante a circa cento mila euro via Trapani. L’edifico è degli anni sessanta e lo scorso anno ha
più altri cinquanta mila per rifare i controsoffitti e ripristinare lo subito lavori di ristrutturazione causati da infiltrazioni d’acqua.
La Meridiana - Numero 0
INCHIESTA -
5
Edilizia scolastica: cosa prevede la legge
Nuove aule in proporzione ai nuovi insediamenti abitativi
L’art. 3 del D.I. 1444/1968 (emanato in attuazione dell’art. 41 quinquies L. 1150/1942 a sua
volta introdotto dall’ art. 17 L. 765/1967) fissa
gli standard urbanistici in misura tale da assicurare per ogni abitante insediato o da insediare la dotazione minima inderogabile di 18
mq per abitante di spazi pubblici, verde pubblico e parcheggi.
In particolare, in relazione alle opere di
urbanizzazione secondarie, è prevista la realizzazione di complessivi mq 11 di aree così
ripartite:
- mq 4,50 di aree per l’istruzione pubblica (asili
nido, scuole materne e scuole dell’obbligo);
- mq 2,00 di aree per attrezzature comunitarie
(attrezzature religiose, culturali, sociali, esistenziali, sanitari);
- mq 4,50 di aree per verde attrezzato (parchi,
parchi-gioco, impianti sportivi).
Per esser chiari, in sede di pianificazione
degli strumenti urbanistici, sia generali come il
P.R.G. sia particolari come i piani attuativi e di
lottizzazione, gli enti locali devono rispettare
gli standard urbanistici minimi suddetti.
Poiché nel nostro P.R.G. (approvato nel
marzo 2003) è già stata individuata l’ubicazione delle aree per l’istruzione, è possibile in
sede di lottizzazione (art. 6 comma 8 della
circolare ARTA 2/79) procedere anche alla
monetizzazione delle aree di urbanizzazione
secondarie (attrezzature scolastiche e attrezzature comunitarie).
La determinazione sindacale n. 53 del
17/08/06, che ha per oggetto “l’adeguamento
oneri di urbanizzazione e costo di costruzione
anno 2006”, fissa in euro 629,94 per abitante
insediato o da insediare la monetizzazione in
questione.
Posto che ogni abitante da insediare equivale in termini volumetrici a circa 80-100 mc
e considerando che dall’approvazione del
P.R.G. ad oggi sono stati realizzati circa 400
appartamenti di superficie media di 100 mq
corrispondenti a circa 300 mc, si computano circa 120.000 mc di nuove costruzioni
realizzate corrispondenti, a sua volta, a
1.200 abitanti insediati.
Tutto ciò posto, è giocoforza ritenere che
oggi il nostro Comune dovrebbe essere dotato
di nuove aree per l’istruzione pari a circa
mq 5.400,00 (1200 AB x 4,50 mq) ovvero in
alternativa a circa euro 309.240 (1200 AB
x euro 629,94x4,50: 11) da destinare alle stesse.
Lorenzo Canale
Un comitato di genitori per la scuola
A seguito della chiusura della scuola di via Lungarini è sorto spontaneamente un comitato
di genitori presieduto dal casteldaccese Michele Pedone di professione operatore sociale.
Il comitato si è prefisso l’obiettivo di essere parte attiva nel delicato rapporto scuola-famiglia e di seguire via via tutti i passaggi che consentiranno alla scuola elementare di ritornare, si spera quanto prima, alla normalità.
La scelta di ricavare dieci aule dal centro diurno per anziani è frutto di una loro concertazione con il Comune per cercare di ridurre al minimo i già pesanti disagi vissuti negli ultimi
mesi dalle famiglie.
“Abbiamo chiesto - dice Pedone - che le pannellature divisorie venissero allungate fino al tetto
per evitare problemi acustici e che nelle due aule della biblioteca possano andare classi quarte
o quinte magari seguite dallo stesso modulo di insegnanti. Tutto ciò nella speranza che davvero dopo le feste natalizie i bambini casteldaccesi possano riavere la loro scuola elementare”.
Ma il comitato, composto da quarantacinque genitori, si è dato anche uno statuto a norma di legge
e si propone di potere partecipare attivamente alla redazione del POF (Piano dell’Offerta Formativa
che per legge ogni scuola redige ad inizio d’anno) o di potere gestire progetti a sfondo sociale.
“Con la chiusura della Caritas di Casteldaccia infatti tante famiglie hanno bisogno di aiuto dice Pedone - ci stiamo attivando, insieme ad altre associazioni bagheresi, affinché possano
partire anche qui da noi iniziative quali il banco alimentare o raccolte fondi”.
Come dire: dalla scuola parte anche la solidarietà! (mlf)
Gli obiettivi del Comitato Genitori
All'interno del gruppo dei genitori matura la
volontà di investire parte del loro tempo per
occuparsi di quanto detto, prima fra tutte l'inagibilità della sede storica di via Lungarini. Così a
Casteldaccia nasce un Comitato di Genitori,
sancito secondo la normativa dall'art. 15
comma 2 del D.L.vo 297/94 - Testo Unico.
Il Comitato nasce come strumento propositivo e
rappresenta l'esordio di un impegno civile,
sociale, culturale che noi genitori intendiamo
assumere nei confronti dei nostri figli.
Questi sono alcuni degli obiettivi che perseguiamo:
- il Comitato è uno spazio democratico in grado
di garantire a tutti i genitori una partecipazione
attiva alla vita della Scuola; è uno spazio che
permette la discussione, la conoscenza reciproca, il confronto e, soprattutto, l'elaborazione di
problemi, temi e proposte da sottoporre all'esame delle altre componenti; è anche uno spazio
in cui i genitori possono esprimere liberamente
la propria opinione e partecipare fino in fondo
alla formazione dei propri figli.
- permette il flusso di informazioni tra i genitori rappresentanti di classe, quelli del Consiglio
d'Istituto e tutti gli altri; esso rappresenta uno
strumento utilissimo per informare e formare i
genitori dei propri diritti e doveri, e vuole rappresentare un'interfaccia indispensabile tra le
famiglie e la scuola.
- è uno strumento per l'elaborazione di proposte e per la focalizzazione di problemi ampiamente condivisi; ottimizza l'impegno e le energie volte alla risoluzione dei problemi di tutti e,
contemporaneamente, è in grado di limitare
l'impatto di quelle rivendicazioni e istanze di
carattere prettamente personale che tanto
innervosiscono (e non a torto!) le componenti
chiamate a farsene carico.
Il Comitato di Genitori, in quanto rappresentativo non di uno ma di molti, avanza proposte e
solleva problemi che non possono essere ignorati dal CdI, inoltre può svolgere una funzione di
controllo e di stimolo affinché le varie componenti rispettino e adempiano ai doveri cui sono
chiamate.
Il Comitato dei Genitori è un importantissimo
strumento di partecipazione alla vita politica
della scuola in quanto organo di espressione dei
genitori e può costituirsi come luogo di iniziative per la difesa del diritto alla democrazia dell'organizzazione scolastica.
I Comitati, in quanto "associazioni di fatto",
hanno il potere di formulare proposte e di esprimere pareri in merito ai Piani di Offerta
Formativa (Regolamento dell'Autonomia, DPR
275/99) la cui prerogativa è esclusiva del CdG e
dalla quale sono esclusi i rappresentanti in quanto tali (rappr. di Classe, rappr. nel CdI e CdC).
Per qualsiasi richiesta/informazione i
genitori della scuola elementare "Pietro
Piraino" Si possono rivolgere a:
Michelangelo Pedone cell. 348 1004772
Gioacchino Cannata cell. 338 2158926
Annamaria Ingenio cell. 339 7851624
Laura Bucalo
6 - ATTUALITÀ
ICI: il Comune non rispetterebbe la legge
La Meridiana - Numero 0
Secondo il Gruppo PD di Casteldaccia, gli avvisi di accertamento non sono regolari
In queste ultime settimane i servizi comunali competenti hanno
provveduto a notificare a molti contribuenti casteldaccesi avvisi di
accertamento con la liquidazione dell'imposta o maggiore imposta
dovuta e delle sanzioni ed interessi per ICI relativa agli anni trascorsi - risalendo anche all’anno 2000 - per le aree divenute edificabili
a seguito dell'adozione del Piano Regolatore Generale.
Avendo riscontrato non poche incongruenze e inosservanze
della legge in materia, i consiglieri Carmelo Calò e Giuseppe
Guttilla, del gruppo Partito Democratico di Casteldaccia, hanno
inoltrato al comune richiesta di convocazione urgente del
Consiglio.
Le violazioni riguarderebbero i principi di collaborazione, buona
fede, semplificazione, chiarezza, trasparenza, e informazione (artt.
2,5,6,10 della legge 212/2000) e, in particolare, l'articolo 31 della
legge 289/2002, il cui comma 20 recita: «I comuni, quando attribuiscono ad un terreno la natura di area fabbricabile, ne danno comunicazione al proprietario a mezzo del servizio postale con modalità idonee a garantirne l'effettiva conoscenza da parte del contribuente», comunicazione che, stando alle dichiarazioni dei due consiglieri, non si è verificata.
I suddetti consiglieri, pertanto, chiedono di conoscere il metodo
di calcolo con cui gli uffici hanno attribuito il “valore venale” alle
diverse aree edificabili, affermando la necessità che venga modificato il vigente regolamento ICI nel senso previsto dalla legge
446/1997 (artt. 52 e 59) che dà potestà regolamentare ai comuni.
“Dobbiamo mettere i cittadini - hanno dichiarato i due consiglieri nella condizione di sapere in modo trasparente e chiaro come e
quanto devono pagare” .
Con tali argomentazioni, e con riserva di illustrare con intervento in Consiglio ogni ulteriore profilo connesso all'argomento, il
gruppo PD di Casteldaccia ha inoltrato al Presidente del Consiglio
comunale la richiesta «di voler disporre la convocazione di una
seduta urgente del consiglio comunale, al fine di verificare e
valutare la complessiva attività che il Comune sta espletando in
materia di accertamento I.C.I. sui terreni edificabili.
Per l'esercizio delle attribuzioni spettanti al Consiglio comunale,
in ordine al continuo "monitoraggio" dell'attività dei competenti
organi esecutivi, è necessario che, nel corso della seduta scaturente dalla presente richiesta, l'Organo consiliare esamini gli atti
generali adottati dai competenti Servizi comunali a monte dell'attività di accertamento impositivo di cui alle premesse.
La conoscenza di tali atti consentirà al Consiglio di valutare a
fondo la situazione attuale per poter coerentemente promuovere
l'iter finalizzato all'adozione degli atti normativi in premessa e
ogni ulteriore iniziativa che dalla discussione si prospettasse come
opportuna con più diretto riguardo agli avvisi di accertamento
recentemente notificati ai contribuenti per ICI su aree edificabili.
In relazione all'attività - che compete ai revisori dei conti - di
vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica
della gestione delle entrate, si ritiene opportuno che il Consiglio
Comunale si avvalga della collaborazione dei medesimi revisori».
ICI – LA PAROLA ALL’ESPERTO
L’articolo 10, comma 2 del D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, poi sostituito dall’articolo 18 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, sancisce il
pagamento dell’Ici, Imposta Comunale sugli Immobili.
Sono tenuti ad effettuare il versamento di tale imposta:
l i proprietari di fabbricati, aree fabbricabili o terreni agricoli siti nel
territorio dello Stato salvo che questi siano esclusi dall’ambito di
applicazione dell’imposta oppure esenti dell’imposta medesima;
l i titolari di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie dei suddetti immobili, anche se non residenti nel territorio dello
Stato o se non hanno ivi la sede legale/amministrativa o non vi esercitano l’attività.
Un’area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzabile a
scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo.
Ciò è quanto stabilito dal collegato alla manovra 2006 all’articolo 11
quaterdecies, comma 16, del DL 203/2005.
Con ciò il Legislatore ha inteso risolvere i problemi creati soprattutto
dall’articolo 2 del Dlgs 504/1992, secondo il quale per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio “in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi”.
Dal susseguirsi di varie opinioni giurisprudenziali, anche in seno alla
Cassazione, di seguito si elencano i profili operativi, sia a carico del
Comune sia a carico del contribuente.
A carico del primo sussiste:
l comunicazione di edificabilità ai proprietari. La nuova norma chiarisce indirettamente che l’obbligo di comunicare la sopravvenuta edificabilità dell’area decorre dalla pubblicazione in Gazzetta del decreto
del Presidente della Regione che approva il PRG. I Comuni, quando
attribuiscono a un terreno la natura di area fabbricabile, ne danno
comunicazione al proprietario a mezzo del servizio postale con
modalità idonee a garantirne l’effettiva conoscenza da parte del contribuente;
l determinazione dei valori venali per evitare il contenzioso, art. 59
comma 1, Dlgs 446/97;
l annullamento in autotutela. L’amministrazione finanziaria può procedere, in tutto o in parte, all’annullamento o alla rinuncia all’imposizione
in caso di accertamento, senza necessità di istanza di parte, anche in
pendenza di giudizio.
A carico del secondo sussiste l’obbligo dichiarativo. I contribuenti che
posseggono suoli edificatori devono denunciarne le modificazioni entro
il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno
in cui le modificazioni si sono verificate.
La legge 248/2006, DL Bersani, per l’articolo 36 di tale norma
un’area è da considerarsi edificabile «se utilizzabile a scopo edificatorio in
base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente
dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo».
Si tratta di capire se la norma è interpretativa o meno, sia quindi efficace anche per il passato. Secondo la Ctr del Lazio (sentenza n. 238
del 3.10.06) la norma è da considerarsi di interpretazione autentica e,
quindi, retroattiva.
Tale affermazione, però, non può essere condivisa. In primo luogo, perché occorre considerare che l’articolo 1 dello Statuto del Contribuente
ammette la retroattività per le norme interpretative se le stesse vengono
qualificate come tali da parte del legislatore.
Nel DL 223/2006 non c’è traccia alcuna di tale qualificazione.
In secondo luogo, occorre ricordare che anche le norme di interpretazione autentica devono fare i conti con il principio dell’affidamento.
Addirittura, non può essere considerata retroattiva quella norma di interpretazione autentica che interviene con notevole ritardo, sovvertendo il
convincimento che si era formato tra i contribuenti/cittadini.
Ignazio Riscili
La Meridiana - Numero 0
“Grande Mandamento”:
primo atto
ATTUALITÀ -
7
46 condanne tra gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato
Il primo capitolo del processo "Grande
Mandamento" si è chiuso il 15 novembre scorso, con la sentenza di primo grado per i 57
imputati che hanno scelto il rito abbreviato, tra
i quali 11 sono stati assolti (Giovanni Napoli,
Rosario Di Giovanni, Stefano Polizzi, Gaspare
Zucchetto, Bruno e Renzo Rivetta, Castrenze
Pollara, Mario Antonio Di Salvo, Filippa
Sciortino, Valentina Miosi e Pietro Mineo) e 46
condannati (elenco nel riquadro a destra).
Per i rimanenti diciotto imputati è ancora in
corso il processo per rito ordinario.
Oltre alle condanne, sono state confiscate
due imprese (Consud Tir e Sicula Marmi), e un
milione di euro fra contanti e titoli, in gran
parte frutto delle estorsioni, ritrovati a casa del
bagherese Giuseppe Di Fiore, tenutario del
libro mastro dei commercianti che avevano
pagato il pizzo. Sono anche state risarcite le
associazioni antiracket che si sono costituite
parte civile (provvisionale di 5 mila euro a ciascuna associazione), tra le quali la CNA, il
Consorzio Metropoli Est e i comuni di
Bagheria e Casteldaccia.
La pena più pesante è toccata al boss del
Belmonte Mezzagno, Benedetto Spera, condannato a 28 anni in continuazione con procedenti reati. Condanne dure anche per il boss di
Bagheria, Onofrio Morreale, diciotto anni, e
Giuseppe Di Fiore, quattordici anni.
Tutte le condanne inflitte dal Gup Adriana Piras
Benedetto Spera, 3 anni, ma con la continuazione con altre tre sentenze e il ricalcolo
delle pene riportate, è arrivato a una pena complessiva di 28 anni;
Onofrio Morreale, ritenuto il boss di Bagheria, 18 anni;
Salvatore Sciarabba, considerato il capomafia di Misilmeri, 14 anni e 8 mesi;
Giuseppe Di Fiore, bagherese, colui che a casa teneva il libro mastro, 14 anni;
Nicola Mandalà, 13 anni e 4 mesi, presunto capomafia di Villabate che avrebbe “ospitato” Bernardo Provenzano durante la latitanza e ad organizzare il viaggio a Marsiglia.
Giuseppe Pinello, 12 anni e 8 mesi;
Angelo Tolentino, Antonino Episcopo, Pasquale Badami, 10 anni e 8 mesi ciascuno;
Ignazio Fontana, 10 anni;
Giuseppe Virruso, (classe 1938) e Sebastiano Vazzano, 9 anni e 10 mesi;
Carmelo Bartolone, 7 anni e 6 mesi;
Salvatore Troia, 7 anni;
Giovanni Spera, Michele Rubino, Ignazio Spera, Guglielmo Musso, Damiano e
Nicolò Rizzo, 6 anni e 8 mesi;
Francesco Episcono, Giuseppe Giglia, Ciro Badami, Salvatore Badami,
Giuseppe e Luigi Spera, Stefano Lo Verso, Giuseppe Comparetto, Emanuele
Lentini, 5 anni e 8 mesi;
Gerlando Spinaccio, Giuseppe La Mantia, Antonino Ignazio La Barbera, 5 anni
e 4 mesi;
Giuseppe Rocco, Roberto D’Ippolito, Vincenzo Di Salvo, Vito Signorelli, 4 anni
e 4 mesi;
Giuseppe Virruso (classe 1948), 4 anni;
Domenico Sannasardo e Francesco Lo Gerfo, 3 anni e 2 mesi;
Mariano La Duca, 2 anni;
Provvidenza Francaviglia, un anno, 9 mesi e 20 giorni;
Francesco Eucaliptus, un anno e 4 mesi;
Francesco Orlando, Rosario Miosi, Antonino Mineo e Cosimo Galioto, 4 mesi.
8 - ATTUALITÀ
La Meridiana - Numero 0
La condizione delle donne musulmane
A Casteldaccia come in tutto il resto del mondo?
Per conoscere la situazione delle donne
musulmane che vivono in Italia, nella fattispecie a Casteldaccia, mi sono recato da alcune di
loro per dialogare, parlare delle loro tradizioni, della loro cultura, religione, ideologia; per
sapere come si erano ambientate nel tessuto
sociale casteldaccese e i loro rapporti con chi
vive a Casteldaccia. Soprattutto capire se
rispettano le nostre leggi o mantengono inalterata la legge coranica. Purtroppo, non sono
riuscito nel mio intento, in quanto sono stato
letteralmente cacciato fuori. Ho ricevuto
minacce di punizioni divine, insulti vari, del
tipo “Dio, nostro padrone Allah ti punirà” o
anche “ si tu non vai subito fuori i martiri
nostri punire te”, e così via, più altre imprecazioni arabe che, naturalmente, non ho capito.
Ma ho capito bene però una cosa: prima di
tale reazione, alcune di queste donne mi avevano detto che non potevano parlare poichÈ i
mariti vietano loro di farlo senza permesso.
Questo non mi ha fermato e sono andato a
parlare con i loro vicini per conoscere dettagli
sulla loro integrazione. Qualcuno mi ha riferito
che “la moglie del musulmano non esce mai
di casa e il marito di questa quando mi vede
non mi saluta, ma saluta mio marito”.
Addirittura alcuni non sapevano che lì vivessero delle donne e altri invece hanno riferito:
“Ma quello ne ha due!”.
Fermo restando che la libertà di culto di
qualsivoglia religione è sancita dall’articolo 19
della costituzione italiana, quest’ultima garantisce anche le libertà fondamentali di ogni
individuo, uomo o donna che sia, ed è quindi
evidente che in queste famiglie di
Casteldaccia tali diritti non verrebbero rispettati poichÈ appartengono ad una cultura che
non è la loro.
Ma il Corano cosa pensa delle donne? C’è
un versetto molto chiaro (Sura II, 228): ´Gli
uomini sono un gradino più in
altoª. Usa proprio questa formula il Libro Sacro: i maschi sono
superiori. Questa non è una
frase suscettibile di interpretazioni, perchè Maometto non
èstato soltanto ispirato da Dio
come gli autori biblici, i quali
dunque risentivano del clima
culturale dell’epoca. Secondo
l’Islam, il Corano è, fino alle virgole, il pensiero medesimo di
Allah. Questa superiorità è strutturale, ed essa
è la chiave di volta su cui è costruita la società. Insomma, la donna non è vittima di qualche ingiustizia per cui basta un ritocco delle
leggi o della mentalità. No, sarebbe minorata
per volontà divina, ed anzi la vita comune si
basa su questo principio, tanto che la schiavitù verrebbe sancita e benedetta. Nella Sura
sulle donne (IV, 34) il Corano spiega: ‘Gli
uomini hanno autorità sulle donne, perchÈ
Dio ha preferito alcune creature ad altre e perchè gli uomini spendono i propri beni per
mantenere le donneª. Da questi versetti èderivato il costume musulmano del totale dominio maschile. L’uomo è superiore in essenza,
la donna quindi taccia e si copra e scopra a
comando. I versetti sono considerati leggi, per
cui le disuguaglianze risultano giuridicamente
sancite. Anzitutto, per ciò riguarda il matrimonio, all’uomo viene concesso il diritto di avere
contemporaneamente fino a quatto mogli, se
può mantenerle, mentre alla donna non è
riconosciuto il reciproco. In Italia la faccenda
della poligamia resta un problema di principio
irrisolto: una sentenza del tribunale di
Bologna del 13 marzo 2003 ha indirettamente
riconosciuto il diritto alla poligamia in Italia,
sostenendo che ´il reato di bigamia può essere commesso solo dal cittadino italiano sul
territorio nazionale essendo irrilevante il comportamento tenuto all’estero dallo straniero la
cui legge nazionale riconosce la possibilità di
contrarre più matrimoniª.
Rimanendo nell’ambito familiare, sintetizzo
la “legislazione” che vige all’interno di un
nucleo familiare islamico: I) Uomo poligamo,
donna no. II) la donna non può sposare un
uomo di altra fede religiosa. III) I figli devono
adottare la religione del padre, che ne è il proprietario. IV) se una cristiana sposa un musulmano, non può insegnare ai figli le sue convin-
Alessio Buglino
zioni culturali di fede e di morale. V) Divorzio.
Il marito può ripudiare la moglie tranquillamente. Basta che ripeta tre volte davanti a testimoni: “Sei ripudiata”. Non deve fornire spiegazioni. La moglie, invece, può farlo solo in particolari e restrittive condizioni. VI) dopo il ripudio, i figli vanno sempre al padre. Ma ciò si verifica anche senza divorzio.
Riguardo al velo con cui le donne si coprono in parte o del tutto il volto, l’adozione di
questo indumento è stato stabilito nel 1330
circa, ben 700 anni dopo la morte di
Maometto. E’ stata una trovata posteriore ma
tracce evidenti risalgono a S. Paolo: quindi ha
radici cristiane più che musulmane. Infatti le
donne occidentali fino a poco tempo fa si
velavano il capo in chiesa e ancora oggi le
spose entrano in chiesa velate, ma è pur vero
che una Sura coranica ne fa espressamente
cenno: ´O Profeta, dì alle tue spose, alle tue
figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei
loro veli, così da essere riconosciute e non
essere molestateª (Sura XXXIII, 59).
Ed infatti alcune donne indossano il velo
volontariamente e con cognizione: ´Il velo
islamico – afferma Patrizia Khadija Dal
Monte, veneta convertita all’Islam, che indossa il velo da 17 anni – ha una funzione di protezione per la donna giusta, è uno “schermo”
che la separa da chi compie il male e anche
da chi non dà importanza alla conoscenza di
Dio. Le musulmane lo vivono come un precetto religioso, non come un’imposizione del
maschio. La religione islamica si applica allo
spirito come anche al corpo, non c’è separazione. L’uomo non deve indossare la seta e
l’oro, la donna deve indossare il velo. «un
obbligo morale.» uno strumento che avvicina
alla pienezza della fedeª.
Tra donne che si adeguano senza difficoltà
ai dettami coranici, anche i più restrittivi, e
donne che invece si sentono vittime dei
mariti-padroni, e che contestano l’assenza in
Italia di una legge che le protegga, il problema si presenta alquanto complesso. Si può
solo auspicare una rivoluzione culturale che
prenda il via proprio dalle donne per vedere
eguagliati i propri diritti a quelli degli uomini, ma anche gli uomini dovrebbero andare
loro incontro. Una rivoluzione tutta al femminile oggi sembra, se non impossibile,
ardua e ardimentosa.
La Meridiana - Numero 0
Un velo davanti
ai nostri
Patente
Europea online
ATTUALITÀ -
occhi
Paolo Di Giacinto
In posizione di forza o di debolezza, l’occidente ha dovuto confrontarsi con il mondo islamico sin dal suo comparire ( VII sec. d.C.).
Oggi la presenza islamica suscita in noi, da un lato senso
di superiorità (economica, politica, culturale, civile), e dall'altra una tremenda paura. Non è tanto la quantità di
musulmani nella nostra terra a metterci a disagio. È che li
vediamo, a torto o a ragione, troppo diversi da noi per
poterci vivere gomito a gomito, irrimediabilmente chiusi in
un orizzonte culturale premoderno. Sentiamo impossibile il
dialogo nei fatti per via di linguaggi intraducibili nei rispettivi codici. Tutte ragioni per spingerci a pensare, senza troppe distinzioni, che in ogni caso meglio sarebbe se ciascuno
rimanesse nel proprio recinto senza troppe occasioni per
incontrarsi.
Dopo quella del crocifisso, dopo quella delle scuole islamiche, oggi si discute se proibire alle donne islamiche che
vivono nel nostro paese di portare il velo.
Ora, io non so effettivamente se la tradizione delle donne
musulmane di portare il velo corrisponda a un dettato coranico, se sia comunque una esigenza imprescindile della
fede islamica, oppure se sia un atto di devozione libero,
oppure ancora se sia l’espressione più visibile della condizione di sottomissione delle donne musulmane ai loro
padri, mariti o fratelli, come sostengono i meno propensi a
cercare occasioni di dialogo. So invece per certo che se si
volesse proibirlo, con provvedimenti legislativi appositi,
potrebbe diventare presto, nel clima di incomprensione in
cui spesso si sviluppa questo rapporto, un simbolo di rivendicazione di una minoranza che a quel punto si sentirebbe
incompresa e perseguitata. Come la nostra stessa storia
dimostra, quello dei rapporti dei due sessi è una questione
di cultura e di civiltà in primis e poi anche di diritto. Se la
preoccupazione per i diritti delle donne islamiche è sincera
e non nasconde altro, ci si muova su questo piano, non con
i termini perentori della legalità o illegalità.
Sinceramente, non riesco a liberarmi dal sospetto che
ci siano in giro troppi ipersensibili, troppi che malamente
nascondono l'idea che altri meno avveduti dichiarano.
L'idea cioè che gli “ospiti” debbano semplicemente omaggiare la nostra “generosità” assumendo d'incanto tutte le
nostre “buone” abitudini (buone perché sono nostre) o,
come oggi si dice, i nostri stili di vita. Si confessa in tal
modo la propria incapacità a entrare in dialogo con altri
che non siano come se stessi.
Pure questo “stile di vita” necessita di una riflessione.
9
Vincenzo Manzella
La patente europea è un attestato riconosciuto a livello europeo che certifica l’acquisizione
delle nozione informatiche di
base utili al normale svolgimento lavorativo d’ufficio.
Da circa un paio d’anni esiste
la possibilità di ottenere la
patente europea semplicemente tramite il sito
www.italia.gov.it al link Formazione On Line accedendo
all’area corsi piuttosto che frequentare delle lezioni in sedi e
in orari poco comodi per le nostre esigenze.
Una volta registrati, bisogna creare il proprio percorso formativo in base alle conoscenze informatiche di cui si è in possesso, per esempio si può scegliere di cominciare dai fondamenti dell’informatica piuttosto che dall’elaboratore di testi o
che dall’ICT (Information and Communication Tecnology ).
A questo punto possiamo accedere al sito senza nessun vincolo di tempo e cominciare l’autoformazione. Sul sito oltre
alle lezioni sono presenti anche delle esercitazioni per valutare quanto appreso. Il tutto naturalmente è gratuito, l’unico
onere di cui ci si deve far carico è il costo della connessione ad
internet.
Terminato il nostro percorso formativo non ci rimane altro
che procedere a sostenere gli esami. Sempre sul sito è presente un link che riporta su una pagina dove vengono spiegate le
regole di svolgimento degli esami, e un link dove vengono
riportate tutte le sedi d’Italia dove è possibile eseguire gli stessi. Online viene anche fornita, per aiutare gli studenti, la simulazione dell’esame, infatti l’esame non è cartaceo, ma viene
svolto al computer tramite un programma in cui sono inserite
sia delle semplici domande con risposte multiple, sia esercizi.
Gli esami sono suddivisi in sette moduli. Per accedere alla
patente europea bisogna superare tutti e sette i moduli previo
pagamento di un piccolo contributo per accedere agli stessi.
Sempre alla sezione formazione on line del sito
www.italia.gov.it sono presenti altri corsi che riguardano: lingue straniere (inglese e spagnolo), informatica avanzato (protocolli, servizi, firewall, linguaggi di programmazione etc.).
Esiste anche una sezione molto interessante dedicata ai più
piccoli che tratta di fiabe, filastrocche, giochi, ricerche, lingue
e corsi; per esempio nella sezione ricerche si può imparare la
struttura del sistema solare in modo molto divertente.
Sicuramente un’alternativa valida alla solita play station.
L “e-learning” (dall’inglese learning, ‘apprendimento’) rappresenta uno strumento molto potente e comodo per l’apprendimento, in quanto ci libera dagli eventuali impedimenti
che si frappongono fra noi e il nostro obiettivo.
Salita
10 - COSTUME E SOCIETÀ
libera
Com’è delizioso andar su per Casteldaccia...
Eccolo là in fondo, è lui!
Lo riconoscerei a un miglio: andamento lento,
gilettino kaki da safari, bermuda, scarpa da tennis, calzino bianco di spugna, cappello parasole
a falda larga e un sogno nel cassetto: scalare
quella maledetta salita per vedere cosa c’è oltre!
E’ l’uomo di punta, la testa d’ariete della
spedizione partita pochi minuti prima dall’hotel Solunto Mare, alla volta dell’inesplorato e
selvaggio territorio di Casteldaccia.
In fila indiana, per evitare di essere calpestati dagli automobilisti indigeni, la scarpinata si
presenta subito promettente: rigogliose pampine di limone fanno capolino da dietro le barriere di fil di ferro ai margini della strada, cariche di frutti gialli come il sole che a volte i più
fortunati riescono persino a cogliere furtivamente quando penzolano al di qua della barricata; la collinetta alla loro sinistra lascia intravedere le bellissime ville in stile liberty della
nobiltà che fu, ed alla loro destra il Viale degli
Oleandri, fiorito di glicini e anch’esso ricco di
belle costruzioni di altri tempi. Se solo la carovana avesse l’ardire di abbandonare il cavalcavia per inoltrarsi in uno di questi due percorsi
alternativi, probabilmente
vedrebbe già in parte ripa- “avvolte”
gato il sudore speso per affrontare l’immane
fatica d’agosto. E invece...
E invece i turisti vanno dritto per la strada
grande e subito dopo il verde e le ville si scontrano con la dura realtà che ha inizio con la scritta di benvenuto che immancabilmente adorna il
muro del ponte sotto l’autostrada. Siamo passati da un delicatissimo “Via delle troie” all’inquietante interrogativo “Troia.. sì, ma ladra picchì?” fino ad arrivare al più recente capolavoro
di ortografia “avvolte ritornano www.ipiupazzi.com” (che ancora mi chiedo cosa significhi).
Se i turisti sono stranieri tanto meglio, penseranno si tratti di un caloroso “welcome” in lingua locale, se sono italiani invece ci rimarranno
un po’ male e cominceranno a dubitare della
loro felice idea di affrontare quella salita con 40
gradi all’ombra.
La situazione non migliora andando avanti
nel percorso. Certo la pendenza si fa meno
ardua ma, a meno che non tu non sia appassionato di automobili e possa quindi trovare il
tuo paradiso nella concessioritornano naria all’angolo, la strada per
l’agognato centro storico
non è certo tra le più interessanti: case, case,
benzinaio, case, busto di Enrico Alliata (questo sconosciuto), case, case e finalmente la
piazza, fulcro di storia e cultura locale: due
negozi di elettrodomestici, uno di liste nozze,
un castello non disponibile, una chiesa del
Settecento (meno male, almeno quella...), il
tabaccaio-ricevitoria-edicola-bar-polliallospiedo-echipiùnehapiùnemetta che effettivamente è stato ristrutturato per benino. E poi? E poi
sarà come morire, cantava Giorgia qualche
anno fa, perché effettivamente, dopo due chilometri di salita al sole, uno si aspetta come
minimo una medaglia al valore, un diplomino
di scalatore, oppure anche solo una stretta di
mano del sindaco ed un libro degli ospiti dove
poter apporre con fierezza la propria firma ed
il proprio nome “SONO STATO QUI, A PIEDI”
e invece niente di niente. Non un chioschetto
per le informazioni turistiche (comprate i cannoli qui e l’acqua da bere lì), non un depliant
con un po’ di storia del paese, non una reticella promozionale di “limoni di Sicilia” o una
boccetta di “Aria di Castaldaccia”, una bocca
della verità dove infilare una mano, o un
pozzo di San Giuseppe dove gettare una
monetina per fare realizzare un desiderio.
La Meridiana - Numero 0
Giuseppe Amenta
È vero che di miracoli non se ne possono
fare. Il paese non nasce con la vocazione turistica, il mare ce lo hanno tolto tanti anni fa e di
storia da far vedere ce n’è ben poca, ma basta
guardare l’interesse con cui questi coraggiosi
esploratori stranieri studiano la famosa pampina di limone per capire che la vocazione turistica è innata nel popolo e nella terra siciliana
proprio per quella “diversità” che tante volte ci
penalizza, ma che in questo caso potrebbe trasformarsi in una peculiarità territoriale da dare
in pasto a carovane di turisti ansiose di vedere
di persona questo misterioso animale siculo e
questo habitat selvaggio in cui vive. Sa un po’ di
zoo-safari, ma chissenefrega: mettiamoli su un
pullmino, facciamo loro indossare un paio di
anfibi e portiamoli a guadare il fiume Milicia.
Poco importa se di acqua non ce n’è neanche
l’ombra, il loro spirito di avventura sarà comunque placato dalla passeggiata fra la vegetazione
tipica e lontano dall’asfalto... se sono fortunati
beccano anche il topo di passaggio... e dopo
l’avventura, il meritato relax: pranzo tipico in
agriturismo arroccato, passeggiata a cavallo
fino all’abbeveratoio e lì puoi anche vendere
loro i carretti siciliani o i merletti fatti a mano
dalla zia Cuncittina e li renderesti felici.
Ovviamente è solo un esempio ma se ci
pensiamo, di occasioni per trasformare la
scialba realtà locale in un minimo di roba interessante per coloro che non sono del luogo,
ce ne sarebbero tante.
Il problema è appunto che ci vuole qualcuno che ci pensi... e se proprio non vogliamo
portarli ai Ciuriddi, diamo loro almeno un
pullmino che li porti in piazza, prima che qualcuno su quella salita ci lasci le penne e allora
sì, sarebbe una bella pubblicità!
P.S. Il muro sotto il ponte è stato nuovamente ripulito... SOTTO A CHI TOCCA!
La Meridiana - Numero 0
Kick-Boxing
SPORT E TEMPO LIBERO -
un casteldaccese
campione del mondo
Il trentunenne Pietro Nolasco conquista il podio
Il 19 Novembre 2006, al Palasport di Malta, Pietro Nolasco
alza la coppa di campione del mondo, la maggiore soddisfazione della sua carriera agonistica, come lui stesso l’ha
definita.
Pietro nasce in Francia, ad Annecy, e lì vive i primi otto anni
della sua vita. Ma la sua famiglia è originaria di
Casteldaccia e, come spesso capita in questi casi, non desidera altro che tornare al proprio paese di origine. Così a
otto anni Pietro deve fare i conti con una nuova vita: nuova
scuola, nuovi compagni, nuovi amici.
E proprio a questo punto cominciano i suoi guai o forse (è
meglio dire) la sua fortuna: “Prendevo legnate da tutti gli
altri bambini”, racconta sorridendo, “ed ero sempre nervoso,così un giorno il nonno un pò per trovarmi uno sfogo,
un pò per fare in modo che io imparassi a difendermi, mi
porta alla palestra Eclettica e lì ho conosciuto il maestro
Tony Cardella”. Ed in quella palestra casteldaccese Pietro
continua ad allenarsi per sei anni fino a quando il maestro
Cardella si trasferice a Palermo. Pietro rimarrà sempre fede-
11
Rosalia Manzella
le al suo maestro e continuerà ad allenarsi saltuariamente a
Palermo con lui, ma la necessità di allenamenti costanti e
quotidiani lo conduce a Bagheria ad allenarsi col maestro
Lo Galbo, e sarà proprio con lui che vincerà i campionati
Europei in Inghilterra nel 2003.
Sì, perchè Pietro è un vero campione della kick-boxing,
cumulando negli anni titoli su titoli: ha vinto i Campionati
Italiani per otto volte consecutive; nel 2004 vince a Marsala
la Coppa Del Mondo (la coppa che premia il vincitore della
sfida tra Italiani ed il resto del mondo, Europa esclusa); nel
2005 e nel 2006 tenta per ben due volte, prima a
Copenaghen e poi a Chicago, di salire sul gradino più alto
della kick-boxing, ma in entrambe le volte sfiora quel gradino ed arriva secondo.
Ma il 19 Novembre di quest’anno nessuno potrà fermarlo,
nemmeno quello strappo muscolare accadutogli durante gli
allenamenti pochi giorni prima della partenza per Malta.
“La gara era tutta in salita: c’erano più di 800 partecipanti ed
io gareggiavo nella categoria inferiore ai 90 kg. Le selezioni
sono durate a lungo, da sabato mattina a domenica notte:
ho affrontato 15 incontri prima di salire sul podio. Ricordo
ancora il primo divertente incontro: si trattava di un ragazzo appartenente ad una categoria ben più pesante della mia,
mi sembrava un pachiderma e non riuscivo a credere ai miei
occhi. Mi sono chiesto: ma chi mi hanno dato? La vittoria,
però, con mia grande sorpresa, lì fu semplice”.
Ma non sono mancati i momenti di conforto. Racconta
Pietro che durante la gara si è creato un certo feeling tra
maltesi e italiani: “Così, dopo che gli agonisti maltesi
sono stati eliminati, tutto il palasport - stracolmo di cittadini locali - mi sosteneva e faceva a gran voce il tifo
per me (con grande stizza del presidente di gara che
essendo cittadino inglese avrebbe preteso che i maltesi
tifassero per gli anglosassoni soprattutto nelle finali).»
stato troppo bello!”
E quando si chiede a Pietro di raccontare le emozioni
della vittoria, con una battuta lascia sbottare una gran
risata: “Avevo una fame da morire! Ho subito pensato a
mangiare!”
Certo, i sacrifici non sono stati pochi: quattro ore e
mezzo di duri allenamenti al giorno; né sono mancati i
compromessi: “Il sacrificio più grande in questi anni è
stato il dover sottrarre tempo alla mia famiglia e
soprattutto ai miei figli”.
Oggi Pietro continua a lavorare presso la gelateria “la
Rotonda” ma instancabile com’è, insegna anche in due
palestre, una ad Altavilla (paese in cui risiede da quando, a
25 anni, si è sposato) e l’altra a Palermo.
Per il suo futuro sogna di sfruttare nel lavoro le capacità
acquisite nella kick-boxing e di allenare lui stesso un futuro campione del mondo. Forse perchè la kick-boxing è per
lui qualcosa di più di uno sport: “Mi ha insegnato a essere
più calmo e più sicuro nella vita”.
12 - INFORMAGIOVANI
La Meridiana - Numero 0
Sei in cerca di un lavoro?
Per un orientamento alla formazione
e sei alla ricerca di un lavoro, hai bisogno di
saperne di più. Perché saperne di più?
Perché la ricerca di lavoro richiede oggi conoscenze e accorgimenti che altrimenti devi
imparare (se le impari) a tue spese. Per esempio: come impostare correttamente una ricerca di lavoro? Come scrivere una lettera di
autocandidatura? Come distinguere fra l’offerta di lavoro serio e una fregatura?
La maggior parte delle persone che cominciano a cercare lavoro commette sempre gli
stessi errori. Imparare dall’esperienza degli
altri permette di risparmiare fatica e arrivare
prima e meglio all’obiettivo desiderato.
Questa rubrica cercherà di insegnarti non solo
come utilizzare gli strumenti per la ricerca di
lavoro (curriculum, passaparola, etc.), ma
anche come costruire una professionalità e
arricchire il tuo curriculum in un mondo in
cui trovare datori di lavoro disposti ad insegnarti un mestiere è sempre più difficile.
Conoscere le tecniche di ricerca è fondamentale, ma questo per molte persone non basta.
E’ inutile saper scrivere correttamente un curriculum quando poi gran parte della pagina
rimane desolatamente bianca. Trovare lavoro
non richiede ancora, per fortuna, capacità
sovrumane o supreme prove di eroismo. La
possibilità di trovare lavoro rimane alla portata di tutti. Ma questa possibilità, per trasformarsi in realtà, richiede adesso un impegno
costante e strategie precise.
Da cosa dipende, per la singola persona
(cioè per te), la possibilità di trovare lavoro?
- Lascia da parte le cose su cui non puoi fare
niente: l’andamento dell’economia, le raccomandazioni, la fortuna, il sesso, l’età; e (se è il
tuo caso) i fattori su cui non vuoi fare niente:
la tua mancata disponibilità a svolgere attività
diverse da quella che desideri, ad accettare
lavori a termine, a spostarti oltre una certa
distanza.
Per trovare lavoro, devi concentrarti sui due
fattori sui quali puoi intervenire direttamente:
- il modo di condurre la tua ricerca
- il tuo livello di preparazione
Se sei disponibile a impegnare una parte del
tuo tempo ed energie nella costruzione del
tuo percorso professionale e nella ricerca di
lavoro, e se il tuo obiettivo è commisurato alle
tue caratteristiche e capacità, ottenere il risultato che desideri è solo questione di tempo.
Condurre bene la propria ricerca di lavoro
vuol dire innanzitutto contattare ogni settimana
un numero elevato di possibili datori di lavoro.
S
Perché il numero dei contatti è essenziale?
Lo spieghiamo con un esempio.
- Se sei un produttore di frutta, porti il tuo
raccolto ai mercati generali. Lì tutte le mattine si
recano i venditori al dettaglio, e lo scambio è
fatto. Se i mercati generali non esistessero
dovresti tutte le mattine fare il giro dei fruttivendoli, oppure metterti all’angolo di una strada
transitata e vendere i tuoi prodotti direttamente ai passanti. Il sistema sarebbe molto più faticoso e costoso, ed è per questo che è stata creata una struttura (i mercati generali) che accentra gran parte della domanda e offerta di prodotti agricoli e dove venditori e acquirenti possono incontrarsi con facilità.
- Le strutture equivalenti ai mercati generali, per quel che riguarda il lavoro, sono i centri
per l’impiego pubblici e privati e le agenzie di
lavoro interinale. Il primo problema che chi
cerca lavoro deve affrontare è che in Italia solo
una parte dei datori di lavoro in cerca di
dipendenti si rivolge ai centri per l’impiego, e
che le offerte di lavoro raccolte dai diversi
intermediari non sono ancora consultabili
tutte assieme. In particolare i datori di lavoro
cercano dipendenti attraverso vari canali
diversi dai centri per l’impiego e dalle agenzie
di lavoro interinale, per esempio:
- il passaparola: chiedono cioè a conoscenti e dipendenti se conoscono e come entrare
in contatto con persone disposte a lavorare
presso la propria impresa;
- le autocandidature per posta, posta elettronica, telefono o di persona: prendono in
considerazione le richieste di lavoro arrivate
Pietro Fiorentino
per posta, per telefono, o da persone che si
sono presentate direttamente alla porta dell’azienda o dello studio;
- le inserzioni: mettono inserzioni sui giornali invitando i lettori con le caratteristiche
desiderate a segnalare la loro disponibilità,
oppure leggono i giornali alla ricerca di inserzioni messe da persone in cerca di lavoro;
Se vuoi migliorare le tue possibilità di trovare lavoro devi perciò fare passaparola, presentare autocandidature, mettere e rispondere a
inserzioni, contattare tutti gli intermediari
(centri per l’impiego pubblici e privati, agenzie di lavoro interinale, società di ricerca e
selezione del personale). In una situazione di
questo tipo, se hai i requisiti richiesti, la tua
possibilità di trovare lavoro è direttamente
proporzionale al numero di possibili datori di
lavoro e di intermediari contattati. Tutto questo può essere molto stancante ma, se non
vuoi o non puoi affidarti a fortuna e raccomandazioni, non ci sono alternative. E’ per questo
motivo che si dice che cercare lavoro è un
lavoro. La ricerca di lavoro è cioè diventata
un’attività che, per ottenere risultati, va svolta
a tempo pieno, o perlomeno in maniera sistematica e continuata.
Le disposizioni sul lavoro
nella Legge Finanziaria 2007
La Meridiana - Numero 0
PUNTO LAVORO -
Gaetano Aiello
In materia di lavoro la
Legge Finanziaria 2007
contiene alcune innovazioni interessanti che
meritano un approfondimento per informare i lettori di questo periodico.
Le novità sul mondo del
lavoro
coinvolgono
anche Casteldaccia ed il suo territorio.
Le disposizioni della Legge Finanziaria che tratteremo riguardano le misure di stabilizzazione dei
rapporti di lavoro, le misure per favorire l’emersione del lavoro nero, le misure di stabilizzazione dei
precari delle pubbliche amministrazioni, gli
ammortizzatori sociali, cuneo fiscale e tutele sociali per lavoratori parasubordinati ed apprendisti.
1) Misure di stabilizzazione dei rapporti di
lavoro per favorirne la trasformazione da
Co.Co.Co., Co.Co.Pro in lavoro subordinato.
La misura è destinata ad operare, a seguito di
accordi aziendali o territoriali tra datori di lavoro
e organizzazioni sindacali, fino al 30 Aprile 2007.
La disposizione è finalizzata ad introdurre un percorso consensuale di stabilizzazione dei rapporti
di Co.Co.Co. e Co.Co.Pro.
Per un assunzione di lavoratore, già utilizzato con
Co.Co.Pro., con contratto di lavoro subordinato, il
datore di lavoro verserà una somma a titolo di
contributo straordinario integrativo alla gestione
speciale INPS, cui corrisponderà, a carico dello
stato, un contributo nella misura massima utile a
raggiungere l’aliquota contributiva prevista per il
lavoro subordinato. La misura favorisce soprattutto i giovani impegnati in rapporti di Co.Co.Pro.
migliorandone l’aspetto contributivo per il periodo di tale attività, che consentirà loro un miglior
trattamento pensionistico e contribuisce a contrastare la permanenza in una situazione di precarietà, agendo sulle convenienze offerte dallo Stato in
sinergia con le altre misure previste in Finanziaria
(cuneo fiscale e lavoro a tempo indeterminato).
2) Misure per favorire l’emersione del lavoro
irregolare e per contrastare il lavoro nero.
Su questa misura la Finanziaria introduce dei meccanismi per garantire, a partire dal 1° Luglio 2007,
il rispetto degli obblighi contributivi a tutti i settori di attività; l’incremento dell’importo delle sanzioni amministrative in materia di lavoro e di legislazione sociale a favore del fondo per l’occupazione; l’estensione dell’obbligo di comunicare a tutti
i settori di attività dell’instaurazione del rapporto
di lavoro il giorno antecedente; le misure volte a
promuovere l’emersione spontanea, rendendola
conveniente per il datore di lavoro senza danneggiare il lavoratore per una regolare e stabile occupazione; meccanismi di rafforzamento dell’attività
ispettiva sul lavoro sommerso o irregolare.
3) Stabilizzazione dei precari della Pubblica
amministrazione in servizio a tempo determinato da almeno tre anni purché assunti
mediante concorso o selezione pubblica.
La previsione costituisce anche una norma di principio cui le Regioni e gli Enti locali possono fare
riferimento per quanto riguarda le assunzioni,
valutando la possibilità di trasformare il rapporto
di lavoro da precario a tempo indeterminato.
4) Interventi in materia di ammortizzatori
sociali e misure a tutela dell’occupazione.
La Finanziaria prevede alcune misure interessanti:
a) trattamenti di Cassa integrazione starordinaria
e di mobilità ai dipendenti delle Imprese commerciali con più di 50 dipendenti, delle agenzie di
viaggio e turismo con più di 50 dipendenti e delle
Imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti;
b) criteri e modalità nuove dei programmi per la
riqualificazione professionale ed il reinserimento;
c) interventi in materia di LSU che assegnano ai
Comuni con meno di 50.000 abitanti risorse finanziarie nel limite complessivo di 1 miliardo di Euro
per il 2007;
d) la proroga fino al 31 Dicembre 2007 della possibilità di intervenire in via amministrativa in situazioni particolari di crisi occupazionale;
e) mantenimento del livello dell’attuale indennità
di disoccupazione;
f ) misure a sostegno dei livelli occupazionali in
caso di crisi economica dell’Impresa di rilevanti
dimensioni, soprattutto con l’istituzione di apposita struttura al fine di contrastare il declino dell’apparato produttivo e salvaguardare e consolidare le attività delle grandi Imprese (cosiddetta
finanza di Stato);
g) mobilità lunga nel limite massimo di 5.000
unità da attivare entro il 2007 dietro accordi sindacali e il Ministero del Lavoro.
5) Interventi di riduzione del cuneo fiscale
ed incentivi all’occupazione nelle aree svantaggiate.
L’art. 18 del D.D.L. di Legge Finanziaria introduce
nuove deduzioni della base imponibile dell’IRAP: i
datori di lavoro privati, ad esclusione di alcuni settori quali banche, assicurazioni ed imprese di concessione e a tariffa (trasporti, acqua, energia, poste, telecomunicazioni) possono operare ora due nuove
deduzioni in riferimento ai soli lavoratori a tempo
indeterminato, compresi i lavoratori part-time:
h) deduzione forfettaria consistente in una riduzione pari a 5.000 Euro su base annua per ogni
lavoratore a tempo indeterminato impiegato nel
periodo d’imposta; l’importo è raddoppiato nelle
regioni meridionali (10.000 Euro);
i) deduzione dalla base imponibile dei contributi
previdenziali ed assistenziali a carico dei datori di
13
(segretario territoriale UIL FLP Palermo)
lavoro, sempre relativamente ai lavoratori a
tempo indeterminato.
Le misure entrano in vigore in due tempi: da febbraio a Giugno 2007 nella misura del 50 % e per
intero da Luglio 2007. Sono ammessi in deduzione inoltre le spese relative agli apprendisti, ai
disabili e agli assunti con contratto di formazione
e lavoro.
L’intervento riduce il costo del lavoro, ma persegue anche l’obiettivo di incentivare il ricorso a
forme stabili di occupazione e si coniuga con la
rimodulazione delle aliquote fiscali sui redditi.
6) Aliquote contributive tutele sociali per
lavoratori parasubordinati e apprendisti e
Contributo di solidarietà per pensioni di
importo elevato:
j) per i lavoratori parasubordinati, incremento
dell’aliquota contributiva per migliorare il trattamento pensionistico, fissandola nella misura del
23 % per coloro che non siano iscritti ad altre
forme di previdenza o non siano pensionati; corresponsione di un’indennità giornaliera di malattia a carico dell’INPS entro il limite massimo di 20
giorni nell’arco dell’anno solare ai lavoratori a
progetto e categorie assimilate iscritti alla gestione separata, non titolari di pensione e non iscritti
ad altre forme previdenziali obbligatorie. A questi
lavoratori, che abbiano titolo dell’indennità di
maternità, è corrisposto per la nascita di un bambino verificatasi a decorrere dal 1° Gennaio 2007
un trattamento economico per congedo parentale, limitatamente ad un periodo di tre mesi entro
il primo anno di vita del bambino;
k) rideterminazione al 10 % della contribuzione ai
fini previdenziali dovuta dai datori di lavoro per
gli apprendisti artigiani e non artigiani; estensione
ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato delle disposizioni in materia di indennità giornaliera di malattia secondo la disciplina generale
prevista per i lavoratori subordinati;
l) incremento dello 0,3 % dell’aliquota pensionistica a carico del lavoratore che passa dal 32,7 al
33 %;
m) determinazione delle aliquote contributive
delle gestioni pensionistiche degli artigiani e
commercianti nella misura del 19,5 % per il 2007
e del 20 % dal 2008;
n) introduzione di un contributo triennale di solidarietà nella misura del 3 % a carico dei trattamenti pensionistici i cui importi risultino complessivamente superiori a 5.000 Euro mensili.
In questa sede, colgo l’occasione per esprimere a
tutti i lavoratori e a tutti i concittadini casteldaccesi i più sinceri auguri di buone feste.
14 - LA VOCE DEL PADRONE
Quattro
cani
La Meridiana - Numero 0
per casa
Aiuto distrugge casa quando non ci sono
L’ansia da separazione, consigli utili
La voce del padrone
È con molto piacere che da oggi inizierò a
gestire questa rubrica sui cani.
Spero di contribuire così alla diffusione della
cultura cinofila soprattutto tra le nuove
generazioni, perché ritengo che il rispetto per il mondo animale sia esempio di civiltà.
Vorrei innanzitutto presentarmi, perché forse non tutti mi
conoscono.
Mi chiamo Ines e ci tengo a sottolineare che non sono un
veterinario, quindi per tutte le patologie di ordine medico, è
bene rivolgersi a persone del settore.
Sono un'istruttrice cinofila, diplomata al Centro Studi Del
Cane Italia di Milano, dove ho avuto la fortuna di avere
come mio formatore Luca Rossi.
Oltre al Corso Istruttori Cinofili, ho frequentato diversi corsi
di perfezionamento sul clicker training avanzato (che vi
spiegherò con mio immenso piacere cos'è), sull'agility dog,
sulla psicologia e i disturbi di comportamento del cane.
Ho fatto parte del progetto DSD finanziato dalla provincia
di Palermo e relativo all'addestramento di cani da supporto
all'handicap e al progetto CANI DA SOCCORSO, volto all'addestramento di cani di protezione civile per la ricerca di persone scomparse, finanziato anche questo dalla provincia di
Palermo. Prossimamente farò dei corsi di addestramento ai
ragazzi ospiti del carcere minorile della città.
Il mio settore è dunque l'addestramento, la psicologia canina e i disturbi del comportamento del cane, queste sono le
materie che ho approfondito frequentando corsi vari in giro
per l'Italia.
Detto questo, buona lettura a tutti.
’ansia da separazione è un problema
comportamentale molto diffuso che
crea non pochi problemi ai padroni di
cani. Essa indica una particolare condizione
nella quale il cane esprime il proprio disagio
quando viene lasciato a casa da solo o quando è impossibilitato a ricongiungersi con il
proprio padrone perché magari quest’ultimo
si trova in un’altra stanza o comunque lontano da lui.
A quanti di voi è capitato di tornare a casa
dopo un’assenza anche breve e di trovare la
casa letteralmente distrutta? Questo è lo scenario tipico: cuscini fatti a pezzi, mobili e
tappeti distrutti, pezzi di carta o giornali fatti
a brandelli, e talvolta deiezioni in giro per
casa e i vicini inferociti che si lamentano perché il cane ha abbaiato, pianto o ululato
tutto il tempo. Questa è una situazione sicuramente estrema e non è detto che siano presenti contemporaneamente tutti questi
atteggiamenti, alcuni cani si limitano infatti
a grattare con rabbia dietro la porta nella
speranza di abbattere la barriera e raggiungere il padrone, altri si limitano a piangere
tutto il tempo.
Spesso si pensa erroneamente che ciò sia
dovuto al fatto che il cane abbia fatto un
sacco di dispetti perché è stato lasciato a casa
da solo. E al rientro cosa si fa? Lo si rimprovera severamente e ci si arrabbia con lui, non
facendo altro che peggiorare la situazione. I
più poi affermano che il cane capisca perfettamente il motivo per il quale viene sgridato,
dato che, a detta loro, assume un’aria colpevole e affranta. È bene chiarire subito che i cani
non fanno dispetti, non rientra proprio nella
loro logica mentale. L’aria colpevole che assumono in questi casi, altro non è che una sot-
L
tomissione dovuta al fatto che percepiscono
chiaramente la nostra aria minacciosa e cercano di placare il nostro stato severo con dei
segnali di rassicurazione. Vediamo di capire
perché succede tutto questo e qual è l’approccio corretto per eliminare il problema.
Il cane è un animale sociale che in natura
vive in branco. Questo già serve a farci comprendere che i cani hanno un estremo bisogno di vivere in compagnia e poco tollerano
dunque la solitudine.
Non sono certe le cause dell’insorgere di questa patologia, vi è probabilmente una componente di tipo ereditario, pare però che i cani
maggiormente affetti siano quelli che hanno
alle spalle esperienze di abbandono, che provengono dai canili o che sono stati allontanati precocemente dalla madre. A tutto ciò si
aggiunge un comportamento sbagliato da
parte del padrone, che favorisce l’instaurarsi
di questo problema. I cani con ansia da separazione sono spesso cani totalmente dipendenti dalla figura di attaccamento. Spesso è
proprio il padrone a creare i presupposti perché si manifesti l’ansia da separazione, sommergendo il cane di attenzioni in ogni
momento della giornata, e ponendolo al centro della propria vita. Il risultato è che diventa talmente forte il legame che si viene a
creare tra queste due figure, tale cioè diventa la dipendenza del cane al padrone, che
quando il cane viene lasciato da solo e vede
mancare la figura di riferimento entra in un
vero e proprio stato d’ansia, perché pensa di
non essere in grado di cavarsela da solo.
Questo stato di stress e nervosismo viene dal
cane scaricato su tutto ciò che gli capita a
tiro con i conseguenti fenomeni di distruttismo di cui si è parlato. Capite bene che sgridare il cane per gli eventuali danni che si trovano rientrando a casa, altro non fa che
aumentare il suo stato ansioso e quindi peggiorare il problema.
Come fare dunque? Il percorso è lungo e
richiede molta pazienza, ma i risultati spesso
sono ottimi.
Il primo passo da fare è quello di cercare di
riorganizzare il rapporto tra il padrone e
l’animale, cercando di favorire il distacco,
rendendo il cane indipendente e aumentando la sua autostima. Si deve cioè cercare di
fargli capire che può sopravvivere anche
senza di noi.
Il cucciolo che viene allontanato dalla madre
e dai fratelli intorno ai due mesi, arrivato nel
nuovo nucleo familiare, ha l’assoluta necessità di stabilire un nuovo legame con una
figura di riferimento. Questo tipo di attaccamento è perfettamente normale ed è giusto
che avvenga, purché però intorno ai 5 mesi il
nuovo proprietario cerchi di favorire il cosiddetto distacco, così come la cagna farebbe in
natura. Quando il distacco tra il nuovo
padrone e il cucciolo non avviene si parla di
persistenza del legame di attaccamento pri-
Ines Scardina
mario, e nel 20-30% dei casi ciò è dovuto ad
una carenza affettiva del proprietario che
scarica sul cane questa sua mancanza circondandolo di affetto.
Per favorire il distacco e consentire al cane di
diventare adulto ed equilibrato, bisogna cercare di ignorarlo in determinate situazioni e di
non farlo sentire sempre al centro delle nostre
attenzioni. Non bisogna mai coccolarlo indiscriminatamente, a maggior ragione se è lui a
chiedere qualche tipo di interazione, ma
aspettare che si tranquillizzi per poi essere noi
a chiamarlo e a iniziare a coccolarlo. Non
bisogna altresì permettere al cane di seguirci
in ogni angolo della casa, ma sarebbe utile
cominciare a mettere dei divieti e a non permettergli di entrare in tutte le stanze. Risulta
inoltre utile non farlo dormire sul letto insieme a noi, ma mettergli a disposizione una
brandina e abituarlo a passare lì la notte.
Il passo successivo è quello di desensibilizzare il cane nei confronti di tutto ciò che precede la nostra uscita. Quando il padrone sta
per uscire di casa, i cani affetti da ansia da
separazione manifestano spesso la cosiddetta
anticipazione emotiva, entrano cioè in agitazione ancor prima che il padrone esca, perché
riconoscono tutta quella serie di rituali che
precedono l’uscita vera e propria: il padrone
che si veste, che si trucca, che si mette il cappotto e prende le chiavi e via dicendo.
Bisogna pertanto abituare il cane a poco a
poco a rimanere tranquillo quando tutti questi rituali avvengono. A questo proposito è
bene cominciare a svolgere una di queste
azioni senza che però alla fine si esca veramente. Quindi si potranno ad esempio prendere le chiavi della macchina in mano e poi
posarle e tornare a sedersi sul divano. Ci si
potrà vestire e mettere le scarpe senza poi
uscire realmente. Il cane va premiato ogni
volta che riesce a rimanere tranquillo in queste circostanze. Qualsiasi evento che provoca
uno stato ansioso da parte del cane perché
viene da questo associato alla nostra imminente uscita, deve essere dissociato dal
nostro reale uscire.
Si procederà poi abituando il cane a rimanere tranquillo mentre ci si allontana da lui, inizialmente per brevi periodi per poi allungare
sempre più i tempi e la distanza: all’inizio
potrete anche lasciarlo da solo in un’altra
stanza, per poi procedere con delle brevissime
uscite.
È importante cercare di ignorare sempre il
cane nei 10 minuti che precedono la nostra
uscita e nei dieci minuti che seguono il
nostro rientro. Dilungarsi in saluti all’uscita e
al rientro è un comportamento che va assolutamente evitato. Si deve altresì evitare di
rientrare in casa mentre il cane piange o
abbaia, ma farlo solo ed esclusivamente
quando il cane è tranquillo, proprio per evitare che associ al suo lamentarsi il nostro
rientro.
La Meridiana - Numero 0
SPAZIO GIOVANI -
15
Lo Scoutismo questo sconosciuto...
Gruppo Scout di Casteldaccia
Lo scoutismo è ormai conosciuto
ovunque, ma, nonostante siano passati
molti anni dalla sua fondazione, tale
conoscenza si ferma il più delle volte
agli elementi esteriori: uniforme, distintivi, insegne, etc.. Così scrivevano una
ventina di anni fa alcuni capi scout italiani e, nonostante il tempo passato, la
situazione non è cambiata granchè.
Cos’è lo scoutismo?
Prima di rispondere a questa domanda bisognerebbe tornare un
pò indietro nel tempo ed esattamente al 1857, anno in cui nacque Robert Baden-Powell, il fondatore dello scoutismo mondiale, meglio conosciuto come B.P. Dopo gli studi giovanili, B.P. si
arruola nella cavalleria di Sua Maestà Britannica e, grazie alle sue
qualità che lo fanno apprezzare dai suoi superiori ed amare dai
suoi uomini, fa una rapida carriera.
Diventa celebre per la battaglia di Mafeking durante la guerra
Anglo-Boera in Africa dove, per la scarsezza di uomini, impiega
alcuni ragazzi per compiti di retrovia.
Tornato in Inghilterra, B.P. ha l’intuizione di sfruttare a scopo
educativo la naturale tendenza dei ragazzi all’avventura per abituarli allo spirito di osservazione, al sacrificio personale, alla laboriosità ed al servizio verso il prossimo. Nel 1907 organizza il
primo campo scout della storia a cui partecipano una ventina di
ragazzi londinesi di diversa estrazione sociale che prima di allora
non avevano la minima idea su come accendere un fuoco o su
come distinguere un gallo da una gallina. Da allora lo scoutismo
si diffonde in tutti i continenti e continua tuttora ad essere praticato in tutto il mondo.
L’ 8 Gennaio del 1941 si conclude l’avventura terrena di B.P. che
viene pianto da milioni di ragazzi e ragazze; tutt’oggi, il 22 Febbraio
di ogni anno viene ricordata la nascita di questo grande uomo.
Alla luce di quello che vi abbiamo raccontato finora possiamo
meglio comprendere cos’è lo scoutismo.
Lo scoutismo è un metodo educativo che si rivolge ai ragazzi in
modo piacevole attraverso il gioco e l’avventura; ha un insieme
di mete precise intendendo formare, con l’aiuto della famiglia,
della chiesa e della scuola, il buon cristiano e il buon cittadino.
Quindi, scopo dello scoutismo è la formazione dell’uomo e della
donna intesi come individui dal carattere forte e la mente sveglia,
dotati di abilità manuali e di un corpo sano, che si pongono al
servizio della comunità nello spirito della fede.
Questi ideali nel 1983 spinsero un piccolo gruppo di ragazzi a
piantare nella nostra comunità il seme dello scoutismo che
sarebbe diventato quello che oggi è il nostro gruppo scout
Casteldaccia, i Santa Chiara d’Assisi; ma questa è un’altra storia
di cui parleremo un’altra volta.
Concludiamo con l’ultimo messaggio di B.P., una lettera indirizzata agli scout e scritta dal “Capo Scout del mondo”, che fu ritrovata dopo la sua morte e, meglio di qualsiasi altro discorso o pubblicazione, sintetizza la sua figura ed il suo spirito.
L’ultimo messaggio di B.P.
Cari scouts, se avete visto la commedia Peter Pan vi ricorderete che il capo dei pirati ripeteva ad ogni occasione il suo ultimo discorso per paura di non avere il tempo di farlo quando fosse giunto per lui il momento di morire davvero. Succede press’a poco lo stesso anche a me e per quanto non sia ancora in punto di
morte quel momento verrà un giorno o l’altro; così desidero mandarvi un ultimo saluto, prima che ci separiamo per sempre.
Ricordate che sono le ultime parole che udrete da me, meditatele.
Io ho trascorso una vita felicissima e desidero che ciascuno di voi abbia una vita altrettanto felice.
Credo che il Signore ci abbia messo in questo mondo meraviglioso per essere felici e godere della vita. La felicità
non dipende dalle ricchezze né dal successo nella carriera, né dal cedere alle nostre voglie. Un passo verso la felicità lo farete conquistandovi salute e robustezza finché siete ragazzi, per poter “essere utili” e godere la vita pienamente, una volta fatti uomini.
Lo studio della natura vi mostrerà di quante cose belle e meravigliose Dio ha riempito il mondo per la vostra felicità. Contentatevi di quello che avete e cercate di trarne tutto il profitto che potete.
Guardate al lato bello delle cose e non al lato brutto.
Ma il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri. Procurate di lasciare questo mondo
un pò migliore di quanto lo avete trovato e quando suonerà la vostra ora di morire potrete morire felici
nella coscienza di non avere sprecato il vostro tempo, ma di avere “fatto del vostro meglio”.
“Siate preparati” così a vivere felici ed a morire felici: mantenete la vostra promessa di esploratori, anche
quando non sarete più ragazzi, e Dio vi aiuti in questo.
Il vostro amico Baden Powell (autografa)
La Meridiana - Numero 0
16 - L’ANGOLO AZZURRO
Il paese degli sbadigli
Rosalba Pinello
L’angolo Azzurro
"L'angolo azzurro" è lo spazio che questo mensile riserva alle fiabe. La
fiaba, nutrimento per eccellenza del cuore e della fantasia dei bambini,
non è esclusivo patrimonio dei più piccoli, ma trova una precisa valenza
anche presso gli adulti. Le fiabe, infatti, fanno bene anche a chi le racconta, perché raggiungono il pudico bambino che vive nella nostalgia di
ogni uomo, e annotano, qualora ce ne fosse il bisogno, i valori di cui
quest'ultimo è portatore nel suo personale "angolo azzurro". Da qui il
nome della rubrica, che non vuole semplicemente richiamare il colore
istituzionalizzato del cielo delle fiabe, ma intende dare una configurazione irreale di spazio alla capacità, necessaria e vitale, di credere nel
loro incanto e nel loro valore. Avvalendosi di un linguaggio fantastico, le
fiabe sono il modo irreale di dire la realtà, o meglio, di esprimere il desiderio di quella realtà più profonda che è in ciascuno di noi. Per cui, se
per il bambino le fiabe, o favole che siano, sono un po' come gli anticorpi del latte materno, per l'adulto rappresentano l'inventario magico dei
sentimenti e dei principi che rimprovera il disincanto. Va da sé, dunque,
che la fiaba non è l'inutile inganno che l'uomo perpetra a se stesso, ma
uno dei linguaggi con cui dire, a tutte le età, del suo bisogno e della sua
speranza di un mondo migliore.
strofinò l'erba tra le dita. Che strano, l'erba era
proprio uguale a quella di Grigiolandia.
Mosso dall'incontenibile bisogno di capire,
Brasco prese a toccare quanto incontrava sulla
sua strada. Tutto al tatto, però, era della stessa
natura che a Grigiolandia. Egli non riusciva proprio a comprendere cosa conferisse quei colori
alle cose, e intanto che si arrovellava tra le domande, si
ritrovò davanti alla piccola scuola di Colorandia.
Così spiò dai vetri di un'aula alcuni bimbi seduti tra i banchi, attratti dalla voce coloratissima di un maestro che narrava di antichi luoghi e di antichi eroi con occhi pieni di
mille riflessi, come i mille riflessi che, a loro volta, incrociavano dai banchi.
"Che cosa assurda", si stupì il pastore, "un maestro che non
sonnecchia con le gambe sulla cattedra, nella baldoria
generale dei ragazzini!"
Ad un tratto un profumo irresistibile lo distolse e lo
guidò fino alla bottega del fornaio, dove un ometto
tarchiato intonava acuti da tenore, mentre sfornava
pagnotte fumanti e profumatissimi biscotti di ogni
forma.
Brasco si ritrovò di nuovo il naso pigiato contro il
vetro, nello stupore assoluto di vedere un fornaio che si
apparecchiava al suo cuore, e di lì a poco il naso di Brasco
si ritrovò per la terza volta contro un vetro: quello della
finestra di una delle casette di Colorandia, stracolma di
gerani e violette. Al suo interno una donna canticchiava
allegramente, tutta intenta ad imbandire la tavola per il
pranzo dei suoi familiari, e aveva sul viso e nella voce una
strana luce colorata.
"Niente a che vedere", pensò il pastore basito, "con le
donne tristi di Grigiolandia, lamentose ed indolenti di
ogni compito".
Nella gioia serena che quelle scene di vita quotidiana
infondevano al suo cuore, Brasco capì il motivo del grigiore che albergava da sempre al suo paese.
Così, leggero e felice per quella scoperta, risalì verso i monti
di Grigiolandia con il bisogno di comunicarla ai suoi compaesani.
Giunto al paese, paonazzo dalla fatica e dall'euforia, radunò i parenti, gli amici, i conoscenti, e disse semplicemente:
"Ho visto un luogo dove nessuno sbadiglia".
A Grigiolandia, infatti, l'unica attività a tempo pieno
dei suoi abitanti era proprio lo sbadigliare. Un flusso
continuo di sbadigli, una vera e propria massa d'aria
che aveva creato una coltre di nebbia nel cielo del
paese, e per la quale il sole appariva perennemente assente.
Da quel giorno gli abitanti di Grigiolandia impararono a
mettere passione, positività, convinzione ed impegno nelle
loro giornate, fino a che, a poco a poco, i colori tornarono
ciascuno al loro posto.
v
A Grigiolandia, un paesino tra i monti, non sorgeva
mai il sole e tutto era privo di colori, o meglio, l'unico
indistinto, tetro ed opprimente colore che regnava nel
luogo era il grigio.
Grigia era la piccola chiesa di montagna, grigia era la
scuola, grigi gli alberi e i prati, grigie le case, così come
grigi erano gli animali, gli abiti, i libri, i giocattoli, le botteghe, le strade.
La gente del luogo non si accorgeva nemmeno di quell'enorme grigiore che attanagliava il cuore, perché, essendo nata lì, non conosceva altro colore.
Un bel giorno, però, accadde che Brasco, il giovane pastore del paese, non trovò più la sua capra nel recinto degli
animali. Così si mise sulle sue tracce fino a spingersi
oltre il perimetro conosciuto dei monti che circondavano Grigiolandia.
Fu lì che, ad un tratto, la sorpresa lo colpì come un fulmine a ciel sereno ed una gioia immensa si impadronì di lui
alla vista di una vallata coloratissima, di cui non avrebbe
saputo riconoscere nulla, se non fosse stato per la forma
delle cose.
Quelli laggiù dovevano essere degli alberi, ma di che strani
colori… e poi i prati, i ruscelli, le casette.
Strofinando gli occhi preoccupato, Brasco si chiese quale
strana malattia avesse colpito la sua vista, giacché vedeva
colori che pensava non esistessero. E se quei colori
fossero, invece, esistiti realmente? Come tornare a
vivere nel grigiore di Grigiolandia senza provare a
capire il segreto di quella vallata e senza rivelarlo ai
suoi compaesani?
Brasco, allora, meditò di scendere per il pendio, a studiare
da vicino come fosse fatto il colore.
Giunto a Colorandia, uno dei variopinti comuni della vallata, si distese felice sul primo prato che incontrò e, curioso,
s
r
La Meridiana - Numero 0
SPAZIO GIOVANI -
17
Il Bullismo visto da una undicenne
Matilde Mancuso
In un istituto per grafici pubblicitari, a Torino un ragazzo disabile è stato picchiato dai suoi stessi compagni di classe. Del fatto sono stati accusati quattro ragazzi di circa 16- 17 anni. Un ragazzo ha picchiato il compagno down, un
altro ha scritto frasi naziste alla lavagna, un altro ancora ha registrato la
scena con un telefonino e una ragazza ha riversato il contenuto del telefono nei
siti internet. Il ragazzo down è autistico, vede poco e sente poco, ma il padre
racconta che ha una grande sensibilità e ama ascoltare canzoni di Zucchero.
I quattro sono indagati per violenza privata, un reato che prevede fino a quattro anni di prigione. Gli investigatori hanno perquisito le case dei ragazzi: case
borghesi di gente né povera né ricca. Gli accusati sono stati poi interrogati
nel tribunale dei minori. La polizia ha detto che il video è stato realizzato nel
giugno dell'anno scorso, quando i ragazzi erano insieme in seconda superiore. Questo atto di bullismo è incomprensibile e il padre del ragazzo pensa di non mandarlo a scuola per un periodo di tempo, dato che ormai in
ogni scuola c'è troppa violenza.
Il padre del ragazzo i primi giorni, guardando il video in tv, non capiva che il down picchiato fosse suo figlio, poi
una telefonata della vicepreside della scuola lo ha informato dell'accaduto. La scuola stava organizzando proprio un progetto contro il bullismo. Varie associazioni di aiuto ai disabili hanno protestato e anche l'insegnante, che era presente all'accaduto, è stata accusata di non avere sorvegliato bene i ragazzi che poi sono stati
sospesi per tutto l'anno. Il ministro dell'Istruzione Fioroni ha detto che i telefonini in classe devono stare spenti e che bisogna limitare l'uso dei videogiochi violenti. Io penso che quando succede qualcosa del genere è importante parlare con gli adulti, genitori e professori, per capire perché questi ragazzi si comportano così e aiutarli a cambiare questo modo di fare.
La piccola Meridiana
Questo spazio è dedicato ai Baby-giornalisti
che vogliono cimentarsi in questa
entusiasmante avventura.
Per le vostre opinioni sui fatti di cronaca
e attualità in genere, contattare
[email protected]
18 - ARTE E CULTURA
La meta La
un racconto di
Mariolina La Monica
Anche se era Marzo, una piacevole brezza
agitava i rami dei pini che delimitavano l’antico cortile del convento e il calore del sole
baciava le panchine di pietra, dove due frati
francescani e un giovane di circa trenta, trentacinque anni se ne stavano a conversare.
«Allora dimmi” disse il più anziano dei
monaci rivolgendosi al giovane, «da dove
parte la tua scelta di giungere sin qui e stare
per qualche tempo con noi?». E, così dicendo,
si chinò in avanti come a volere ascoltare
meglio la risposta.
«Sì, sì. Dicci pure liberamente, Roberto, perché, vedi, è giusto metterci in condizione di
capire il tuo richiamo» disse il secondo, sorridendo bonario.
Il giovane distolse lo sguardo dai sandali
che portavano i due nonostante il clima e,
come per riordinare le idee, si volse verso gli
edifici che, con i bellissimi cornicioni, i portali, i tetti ricoperti di tegole, occupavano quasi
interamente il lato sinistro del cortile. «È una
lunga storia, la mia» affermò, «una storia difficile che, in parte, frate Anselmo conosce».
Il vecchio frate sbuffò e tornò a mettersi
con la schiena eretta. «Questo lo so bene
figliolo, se no, non avrei chiesto la sua presenza! Ma andiamo al dunque, partendo dall’inizio s’intende, perché il buon Dio ci ha regalato una bella e serena giornata in cui i passeri
vanno di ramo in ramo senza pensare allo
scorrere delle ore. Quindi prendi esempio da
loro e parla».
Istintivamente il giovane osservò il volo degli
uccelli e vide la bruma che aveva avvolto parecchi suoi momenti, l’oceano di falsità, le vuote
parole in cui sguazzava il mondo, la perlacea
trasparenza che aveva intravisto nella solitudine, e infine si decise a spiegare. «Nacqui in una
notte d’inverno. Non so perché, ma mia madre
non mi accolse come avrebbe dovuto, pur
essendo il primo figlio. Ma, forse, era troppo
giovane ed io ho rappresentato per lei un grande vincolo al quale non si è mai sentita di aderire. Inoltre, credo proprio che desiderasse
ardentemente una femmina e si è ritrovata a
cullare un tizio col sesso opposto».
«Capita figlio mio, capita spesso!»
L’anziano, considerando l’osservazione
inopportuna, guardò con intenzione frate
Anselmo e lo ammonì: «Vi prego, state zitto e
lasciatelo continuare!»
«Scusate fratello Paolo, ma volevo soltanto
far notare che a volte noi uomini viviamo
immersi nel nostro buio». E, detto ciò, fece
segno a Roberto di proseguire.
La Meridiana - Numero 0
meta La
Lui assentì sorridendo. «A questo punto
penserete che la mia fanciullezza sia stata un
inferno ed il resto della mia vita altrettanto;
ma avete ragione solamente in parte, perché,
grazie a quella insofferenza materna nei miei
confronti, sono stato spinto sin da piccolo
verso il mondo e la vita.
Così imparai presto a socializzare e a catturare l’amore che potevo, a ingenerarlo in
parecchi degli amici di famiglia che spesso mi
ospitavano a casa loro e in ogni altra creatura
che attraversava la mia vita. Tuttavia ciò non è
avvenuto per puro artificio, bensì ogni volto,
ogni animale, ogni pianta o altra espressione
della natura è rimasta nel mio animo, come io
spero nel loro.
Ricordo che in quegli anni un sogno ricorrente ha inseguito le mie notti: quello di nuotare tra nuvole simili a ovattate culle che mi
accoglievano nelle cadute, inevitabili, per me
piccolo uomo non munito di razzi, né di ali».
Fratello Paolo si lasciò sfuggire una risatina
e si accarezzò la barba, ma non avendo la
minima intenzione di prenderlo in giro, allungò le gambe sul terreno ghiaioso dinanzi la
panchina, chiuse gli occhi e assicurò al giovane di essere tutto orecchi.
Il giovane parve non seguirlo, né sentirlo,
ma, immerso nei suoi pensieri, continuò:
«Forse, inconsciamente, anche quel sogno era
la ricerca di un contatto caldo che andasse al
di là dell’ordinario ritmo della mia esistenza,
tanto che, in seguito, ho studiato e letto
molto, cercando la verità delle cose nei classici, nella filosofia, nei testi religiosi, ma nonostante non recassi mai offesa a qualcuno,
meta
nonostante mi ponessi con schiettezza, sono
stato ripetutamente ferito dall’umano contesto nel quale confidavo. Così mi sono chiuso
in me. Ho chiuso in me ogni delusione, ogni
dispiacere, ogni puro dolore, non fidandomi
più e non rivelando mai ad essere umano
quanto portavo dentro.
Questo modo d’agire, però, non mi ha donato la felicità e anzi ha permesso che molti, compresi i miei familiari, vedessero in me un essere senza midollo né polso, un mite e scimunito
inetto con tutte le carte in regola per farsi raggirare a dovere. Vi confesso che, nel costatare
tutto ciò, molto spesso, mi è venuta voglia di
urlare, invece l’unica via di fuga alla portata del
mio animo è stata l’aspirazione di montare su
un candido cavallo alato o qualcosa di simile,
raccogliere le mie terrene e squallide vesti
colme di angustie, di attese, di cattiverie degli
altri e vizi miei, e librarmi oltre ogni affanno, nel
cuore stesso dell’infinito.
Tuttavia, mi sono reso perfettamente conto
che a questo mondo non esistono cavalli alati
puri e immacolati in grado di consentirmi un
tale viaggio. Essi, se esistono, stanno in noi,
che, per quanto effimeri esseri immersi nella
nostra ricerca di felicità, di tanto in tanto sentiamo alitare la magnificenza del divino, dell’inconoscibile.
Quindi, andando al nocciolo, il mio problema consiste nel fatto che sono incapace di
trattenere in me tali stati d’animo di appagamento, al punto di portarli per davvero nella
mia esistenza quotidiana. Così, per giungere a
possedere quelle ali, sono giunto al vostro
sperduto monastero diverse volte, soffermandomi con frate Anselmo. Però, adesso, qualcosa mi ha spinto a venire qui per restare e tentare di trovare uno stato di grazia che, possibilmente, consiste nel non essere, nell’abbandonarmi, nel non avere scopo, nel non cercare lode o compenso, ma nel donare quanto
posso senza nulla pretendere».
Fratello Paolo sollevò le palpebre e stirò con
le mani le grinze della sua tunica. «Dimmi
Roberto, hai mai avuto una donna? Perché sai,
la serenità ci visita per diverse strade e non
vorrei che tu fuggissi il mondo per ritrovarti a
rimpiangerlo».
«Sì, ma vedete, voi siete un monaco che di
certo non conosce la vita a due, perché, per
come la vedo io, l’amore è un paradiso spesso
irto di spine. Lì vi sono due mondi e due modi
di essere che, nell’incontro, non è inconsueto
che si accapiglino. Comunque, se volete
saperlo, l’ho avuta amandola veramente. Per
La Meridiana - Numero 0
La meta
lei avrei dato l’anima... e lei, cosciente di ciò, me
l’ha battuta come si fa con un tappeto sporco.
Eppure, anche se voglio provare a bussare alle
porte del cielo, so bene che la mia passione per lei
è ancora desta».
Tra il frusciare del fogliame che il nuovo vento
sopraggiunto creava e l’involarsi di qualche
pagliuzza secca, il vecchio parlò ancora.
«Bene figliolo, se vuoi resta pure qualche giorno. Non si dica mai che noi rifiutiamo l’ospitalità a
qualcuno! Però, in tutta sincerità, per me sei paranoico. Vedi nemici ovunque e non posso assicurarti che degli umili frati come noi possano indirizzarti verso ciò che è indescrivibile, e neppure
ridarti quell’amore materno mancato che ancora
ti morde dentro. Ma intravedo un lume che mi
dice che senza il male non può esistere il bene,
che senza la notte non esiste il mattino, che in
questo tuo presente, in cui molte sono ormai le
illusioni cadute, fai bene a tentare di vivere in
armonia con le piccole cose. Tuttavia stai attento,
perché puoi benissimo stare qui e non vedere che
dei fraticelli immersi in minuzie quotidiane e non
accedere affatto per la porta misteriosa. Per farlo,
tu e soltanto tu dovrai trovare la strada».
«Ha ragione» confermò frate Anselmo, «e tu
Roberto, se vuoi un consiglio, fuggi, perché sei un
sacco sporco e non ti vedo disposto a farti spolverare per benino dall’amore di Dio, come invece hai
fatto con la tua donna. Anzi, a parer mio, sei uno
che si è già posto sul capo l’aureola da sé, giacché
quella che racconti è unicamente la tua verità.
Io sono un ignorante, amico mio, ma mi pare
che la verità per giungere a noi nella sua essenza
s’attende che noi svuotiamo completamente la
stanza, che buttiamo alle ortiche i valori, la polvere,
le cose che vi si sono accumulate nel tempo, e dal
suo vuoto, e solo dal suo vuoto, incominciamo ad
osservare le diverse sfaccettature della luce e delle
ombre. Del resto basta che osservi le cose del
mondo e da esse capirai che i veri grandi sono stati
e sono coloro i quali hanno saputo fare fagotto del
passato e dall’osservazione costruire il nuovo».
E, così dicendo, i due monaci si alzarono,
lasciando il giovane da solo.
«Per la miseria» pensò il povero Roberto, «questi qua sono due folli! Ma dove sono caduto? Porte
misteriose, sacchi sporchi, previsioni di ulteriori
spolverate, svuotamenti di camere!». E, come a
cercare una risposta alla sua confusione, si sollevò
e si avvicinò ai pini che circondavano il cortile. Si
accorse che un vero e proprio formicaio si muoveva incessantemente sul fusto di alcuni di essi,
mentre altri ne erano sprovvisti. «Vai a capire, perché li hanno attratti questi e non quelli» si disse.
Poi si soffermò sul fatto che i pini, pure se distur-
bati, attraversati, corrosi, non parevano dolersi
della presenza delle minuscole formiche, né di
quella dei parassiti e degli uccelli tra i loro rami.
Loro stavano, traevano sostentamento dalla terra,
dall’acqua, dal cielo posto in alto e basta.
«Forse, se la sorte mi ha riservato un percorso
più difficile di altri, devo smetterla di commiserarmi e aprirmi alla vita senza alcuna remore, smetterla con le mie paure e osare l’esistenza infine».
E attraversato da quella determinazione, stabilì
d’avere perso del tempo prezioso e che, di conseguenza, sarebbe stato saggio tornarsene a casa
molto presto. Nondimeno, non volendo apparire
né scortese, né pusillanime, decise di restare per
almeno due giorni in quel convento. Quindi pranzò con tutta la congregazione di monaci nella
grande sala a volta alta e, quando gli fu assegnata
la sua scarna cella, si dedicò a sistemare le sue
quattro cose e a scrivere una lettera al suo unico
amico Giuseppe.
Poi uscì dalle mura del convento, rendendosi
conto che l’aria attorno si era fatta fine e sempre
più impregnata dal profumo della verde pineta,
dei castagni, delle piante selvatiche, e si avviò giù
per il declivio, lasciando che i rovi s’infilassero tra
il tessuto dei pantaloni, i calzini, le sue scarpe e
pungessero la sua pelle.
Infine, sentendosi stanco, sedette a contemplare la vallata. Si occorse presto che più se ne stava
a guardare e a respirare quell’aria, più la sua
mente si faceva limpida, le membra rilassate, le
ombrose barriere dell’esistenza sparite.
D’improvviso gli tornarono in mente le parole
di frate Anselmo che poche ore prima aveva contestato. «Svuotare per riempire di vero» si disse.
E lì sostò beato, indifferente a ogni cosa attraversata, appresa, sentita sulla pelle, simile a un
moribondo che, attraverso il trapasso, si congiungeva infine al cielo, comprendendo e riscoprendo
la verità delle cose.
Da allora, come un barlume di speranza lo spinse a vivere pienamente e a costruirsi una famiglia.
Tuttavia comprendeva che, sostanzialmente, attorno a lui nulla era mutato e che non c’erano insegnamenti di sorta che reggevano dinanzi alla crudezza del reale, ahimè, a volte così lontano dal tranquillo percorso della natura. Nonostante ciò, quando sentiva il tumulto giungere in lui, richiamava alla
mente le parole di frate Anselmo per trovare un
indirizzo, una voce, una parvenza di verità.
«Sfugge» si diceva spesso, «eppure basta l’idea e il
ricordo di quel momento magico a consolarmi».
Così invecchiò, bussando, cercando e, soprattutto, amando il fiume in cui era caduto e le sue
cose.
ARTE E CULTURA -
19
Grandi eventi
in
Provincia
Giusy La Monica
Dopo parecchie riflessioni, ho deciso di presentare la mia rubrica condividendo con i lettori proprio il
modo assolutamente "libero" con
cui l'ho immaginata, ovvero un
mezzo di comunicazione e interazione per poter confrontarsi, discutere, informarsi, approcciarsi con lo
spettacolo palermitano, o "immigrato" a Palermo, inteso in qualunque forma e da qualunque punto di
vista. Vorrei che questo fosse o per
lo meno diventasse un appuntamento per tutti i lettori della
Meridiana, dove si possa discutere
di cinema, teatro, fotografia, eventi interessanti che avvengono e
avverranno su Palermo e provincia.
Vorrei anche comunicare ai lettori
che esistono già dei gruppi di lavoro su Palermo che esercitano un
interessante intervento artistico
sulla città, attraverso l'organizzazione di cineforum, mostre, ed
eventi culturali in generale. Ma
avremo modo di parlarne più
approfonditamente.
Vorrei appunto, invitare a riflettere
tutti coloro che, come me, vorrebbero dare un contributo artistico
con le loro piccole iniziative, e che
magari non riescono ad esprimersi
a causa di tutti quei sistemi burocratici e politici, che a loro volta
impediscono la fluidità delle "strade" più semplici. Quindi sarebbe
interessante far diventare questa
rubrica un punto d'incontro per
scambiare le nostre opinioni sull'argomento.
Maggiori approfondimenti, nel
prossimo numero.
Chiesa del Gesù
Piazza Casa Professa
Palermo
Venerdì 29 dicembre 2006 - ore 21
Concerto di natale
Domenica 7 gennaio 2007 - ore 21
Giovani in musica
Ingresso 12 euro
(una parte dell’incasso sarà devoluta a Francesca
Piazzese, una bimba di un anno affetta da una rara
malformazione all’esofago: “atresia esofagea”).
Per informazioni biglietteria:
Ars Nova, via Sampolo 121 Palermo
tel. 091.8887050.
Mogok, piazza Castelnuovo 45 - Tel. 091.326456
caricaturista della Bagheria anni trenta:
20 - ARTE CULTURA
Un
Peppino Verdone
Antonino Russo
Sin dai primi anni del
novecento a Bagheria
diversi uomini di cultura
si sono cimentati nella
compilazione di giornali
che, per motivi economici, hanno avuto vita
breve: a volte si sono arenati dopo il numero di
prova. Sono giornali
importanti perché forniscono elementi di cronaca, anche sui paesi circostanti, che altrimenti
sarebbero stati non facilmente recuperabili.
Sono degli anni trentuno
e trentadue alcuni giornaletti scritti a mano e poi
riprodotti in un numero
limitato di copie per gli
amici. Tali giornaletti
sono stati prodotti da
Peppino Verdone, uno dei
personaggi più attivi al
"Circolo di Cultura" che
nel 1911 aveva compilato
la notissima "Guida illustrata". Il Verdone era
abile caricaturista, persona di spirito e intraprendente.
Tra i giornaletti meglio
riusciti
vi
erano
D'Artagnan, Momus e Il
pappagallo. Quest'ultimo
sopra la testata portava la
scritta: Stagione estiva
1931 - Riviera di
Casteldaccia. La parte
scritta conteneva prose
satiriche (ma anche di varia
cultura) a volte pungenti,
mai oltraggiose, su personaggi amici del compilatore; barzellette non eccessivamente esilaranti e
vignette dai disegni
approssimativi.
Ogni numero forniva una
galleria di ritratti caricaturali che riprendeva i personaggi più noti della vita
bagherese, di quella dei
paesi limitrofi e di Palermo,
cogliendo in ognuno di essi
le particolari caratteristiche
fisiche e i singolari atteggiamenti. Il tratto è sicuro, il
disegno morbido e il chiaroscuro discreto. Pare che i
personaggi rappresentati
gradissero moltissimo le
caricature del Verdone:
sommai erano dispiaciuti
coloro i quali rimanevano
fuori dalla galleria. Era
quella un'epoca in cui le
persone intelligenti avevano la capacità di ridere di
se stessi.
E adesso?
La Meridiana - Numero 0
INVITO AI LETTORI
A l c u n i
responsabili
della pagina
culturale de
La Meridiana
intendono
rivalutare
alcune figure
del
nostro
passato che hanno lasciato in
qualche modo un segno tangibile
del loro vissuto.
Intendiamo ricordare e porre
all'attenzione delle nuove generazioni tutte quelle personalità che
rischiano l'oblio. In questa prima
occasione vorremmo iniziare
infatti con il rivalutare il pittore
contadino Calogero Drago,
casteldaccese D.O.C., il quale fu
anche scultore, aiutante ed allievo dell'illustre concittadino, maestro e scultore Pietro Piraino.
Al fine di non lasciare che la
figura di Calogero Drago venga
dimenticata, lanciamo un appello
a tutti coloro che lo hanno conosciuto, ai parenti, ai collezionisti,
e a tutti coloro che posseggono
una testimonianza del suo operato (come pitture, sculture, foto o
altri documenti): contattateci.
Il nostro scopo è quello di realizzare una mostra commemorativa
con eventuale pubblicazione; in
base alle forze anche economiche
che ci sosterranno, speriamo inoltre di produrre anche altri materiali per rendere viva ed attuale il
lavoro artistico di Calogero
Drago. Ci teniamo comunque a
ricordare che tutte le iniziative di
cui ci occuperemo non hanno
nessun fine economico, lucroso o
di alcuna speculazione commerciale, ma è soltanto un'operazione
atta a rivalutare un nostro concittadino che merita il suo posto
nella nostra memoria.
Grazie al Vostro contributo, ciò
sarà possibile.
Speciale Natale
Cicalata semplice sulla novena di Natale
La Meridiana - Numero 0
NATALE -TRADIZIONI -
La Natività nella tradizione casteldaccese
Le festività natalizie, secondo antica tradizione, cominciano con le novene dedicate a
Gersù Bambino: tali preghiere, stabilite con
criterio liturgico, venivano composte in lingua
dialettale e cantate per nove giorni, dal 16
dicembre alla vigilia del giorno di Natale, eseguite in genere nelle chiese o nelle cappelle
dedicate ai Santi, ma anche in luoghi pubblici
differenti quali strade, piazze o case private,
sempre dinanzi ad una particolare immaggie
della Natività. Le manifestazioni devozionali
del popolo siciliano, per tale evento, sono
numerose, interessanti, degne di nota e di
ricerca, trattandosi di un patrimonio oggi
quasi in via di estinzione.
Eppure il grande demologo siciliano
Giuseppe Pitrè nei suoi studi sottolineava
l’importanza del dato di tradizione, non come
semplice reliquia del passato, ma come artefatto culturale vero e proprio, caratteristico di
un determinato popolo. In ogni capoluogo di
provincia della Sicilia, come in ogni piccolo
centro urbano, e in particolare nei comuni
situati poco lontano dalla costa, si conservano
piccoli ricordi di una tradizione natalizia giunta a noi in modo frammentaria e sparsa, difficilmente ricucibile in tutte le sue componenti.
Gli studi più importanti in questo campo
sono stati condotti da grandi uomini che seppero comprendere l’importanza della demopsicologia (così venivano chiamati gli studi riguardanti tradizioni, usi e costumi di un popolo),
nuova disciplina scientifica a tutti gli effetti,
nascente agli inizi del ‘900. Il musicista di Noto,
Corrado Ferrara, raccolse novene natalizie e ci
parlò di zampognari e “ciaramiddari”. Pitrè si
sofferma molto sui canti eseguiti dai cosiddetti
“orbi” e ci descrive una tradizione viva e attiva
nel suo tempo. Alberto Favara include nelle sue
ricerche composizioni natalizie, oggi raccolte
nel famoso Corpus di musiche popolari siciliane, e così pure le melodie raccolte dal musicista Francesco Paolo Frontini.
Gli “orbi” di cui scrisse il Pitrè erano suonatori ambulanti di diversi strumenti musicali,
ma in particolare ottimi violinisti e chitarristi:
nel 1661 i Gesuiti di Palermo li riunirono in
Congregazione in modo tale da diffondere le
composizioni religiose in lingua dialettale e
garantire loro una minima possibilità di sostentamento. Erano le famiglie del tempo che, privatamente, chiamavano gli “orbi” ad eseguire il
“Triunfu” al proprio santo protettore o a Gesù
Bambino nel periodo di Natale. Alla fine dell’esecuzione, gli “orbi” ricevevano il proprio
compenso e il padrone di casa si impegnava
nel “fari u firriatu”, cioè nell’offrire ai suonatori ed ai presenti vino, ceci, “cucciddati”, uva
passa e fichi secchi. A tal proposito, riportiamo
21
Giuseppe Mancuso
campane, benedetto almeno dal nutrito
gruppo di devoti che sa fare una mortificazione per Gesù e non teme il freddo [...]».
Ora pi divuzioni di Natali
Per tale importante e sentita ricorrenza il
Offritinni nu picculu spuntinu
parroco
chiamava a predicare i Padri
Pani, sasizza e costi di maiali,
Cappuccini.
Nel 1973 la novena perde la sua
turruni, nuci, crispeddi e bon vinu
connotazione
originaria, spostandosi al pomepi spunzicari, tantu p’assaggiari.
riggio. Nel 1993, grazie all’interesse dell’attuaGli “orbi” erano popolani chiamati ad istruile parroco Don Leonardo Ricotta, viene nuore a loro modo il popolo e,
vamente celebrata nelle
attraverso novene, canti e
prime ore del mattino, tortriunfi contribuirono a
nando ad essere un momenlegare assieme le verità relito centrale del nostro modo
giose fornite dai canonici e
di celebrare il Natale. Nel
la spontaneità dei villani.
pomeriggio, sempre negli
Numerose erano le compostessi giorni, i bambini del
sizioni che venivano richiepaese si recano in Chiesa
ste, ma le più famose erano
per trascorrere momenti di
certamente: Lu camminu
formazione e di ricreazione
di San Giuseppi, A la notti
con canti e sorteggi di piccodi Natali, Ninu Ninu lu
li doni. Nel 1999 il parroco
picuraru, Li tri re, Dinghi
intese raccogliere in un picdinghi la campanedda, La
colo libretto (disponibile
Sarvi Regina di Natali e
Natività, di Beato Angelico
nella parrocchia Maria SS
poi ninne nanne e pastorali.
Immacolata di Casteldaccia) le composizioni
Fra queste novene la più antica è “Lu viaggiu
utilizzate dai devoti casteldaccesi i giorni della
dulurusu di Maria Santissima e lu Patriarca
novena natalizia: i 7 Misteri Natalizi e il Salve
San Giuseppi” composta dal monaco monreaRegina natalizio in lingua dialettale, i versetti
lese Antonino Diliberto e pubblicato nella
dei Salmi Responsoriali, diversi canti dedicati
metà del ‘700 sotto il nome di Binidittu
a Gesù Bambino e il Dormi dormi
Annuleru: novena che negli anni ‘90 è stata
Bambineddu, tradizionalissimo canto in linmusicata dal nostro concittadino Vincenzo
gua siciliana, composto dal nostro concittadiMancuso e da Don Cosimo Scordato.
no Giuseppe Vassallo, a cui ogni casteldaccese
Alberto Favara include nella sua raccolta è particolarmente affezionato.
questa breve composizione popolare:
La novena si articola in due momenti: alle
E la notti di Natali c’è la festa principali
5.30 il rosario tradizionale con i misteri cantaparturiu la gran Signura
ti in dialetto, e alle 6 la celebrazione della
nna n’afflitta manciatura
messa. Cito il quarto mistero:
qui una breve strofa (una delle tante varianti)
che concludeva i canti degli “orbi”:
mmenzu l’oi e l’asineddu fici a Gesù
bammineddu e ognunu lu biniricia: chistu è
lu fruttu chi fici Maria.
La musicalità delle parole, la semplicità
delle immagini, il diretto comunicare l’evento
senza tanti giri ma in maniera precisa, concentrandosi al cuore della vicenda “la nascita del
Bambino”, ci danno un esempio dell’alta qualità poetica nascosta dietro ogni piccolo “artefatto” del popolo.
Anche a Casteldaccia è presente una novena dedicata a Gesù Bambino, celebrata per
nove giorni alle 5.30 del mattino. Così scriveva padre R. Russo nel suo libro “Casteldaccia”:
«[...] la novena di Natale all’alba del 16
dicembre nella Chiesetta del Rosario aveva
un tono intimo di patriarcalità familiare: ed
era sempre ressa fino al marciapiede nella
minuscola Chiesa capace di cinquanta posti.
Continua nella Chiesa Parrocchiale ancora
all’alba rotta da un più squillante suono di
San Giuseppi lu sò spusu
stava tuttu pinsirusu
nun sapennu lu chi e lu comu
ca Gesù si fici omu...
Questi brevi versi sono emblematici del modo
popolare di esprimere i misteri della fede o,
come in questo caso, gli episodi evangelici.
E così, il dubbio di Giuseppe riguardo alla
gravidanza della sposa Maria, riportato nei
vangeli, si carica di suggestiva plasticità, rendendo partecipe l’orante in maniera quanto
mai diretta ed emotivamente coinvolta del
dramma interiore di quest’uomo.
Ad oggi, la novena casteldaccese dedicata al
Bambino Gesù, continua ad essere un importante momento di aggregazione che ci auguriamo possa avere seguito in futuro nel rispetto della tradizione.
(sulla ricostruzione della novena di Casteldaccia
ha collaborato Michele Ragnatelli)
22 - NATALE - TEOLOGIA CATTOLICA
Speciale Natale
Il mistero del Natale
«Siete tutti dèi, figli dell’Altissimo»
Il dogma dell’incarnazione, cioè la verità di
fede secondo la quale Cristo è il Figlio di Dio
che si fa uomo, è sempre stato al centro dell’annuncio della Chiesa e della riflessione dei
teologi. Si potrebbe per questo pensare che
in due millenni di storia cristiana tutto il dicibile sull’argomento è stato detto. E invece il
nostro tempo dimostra che l’uomo ancora
avverte il bisogno di avanzare in tutti gli
ambiti della vita, non escluso quello della
fede.
Il popolo di Dio, stimolato dallo Spirito
Santo che soffia come vuole e quando vuole,
sente la necessità di approfondire verità di
fede che sempre tiene presente, ma che in
alcuni momenti, coniugati in circostanze inedite, mostrano aspetti e valenze prima latenti. E’ il caso ripetiamo del dogma dell’incarnazione che la ormai prossima festa natalizia
riporta alla nostra attenzione.
Cristo è il Figlio di Dio che si fa uomo perché l’uomo possa scoprire e vivere la stupefacente realtà che lo apparenta a Dio. Se
Dio si decide a salvare l’uomo mandando
suo Figlio è perché ritiene l’uomo salvabile.
Attenzione, non “ancora” salvabile, quasi
che al precipitare ulteriore, potesse non
esserlo più, ma salvabile in assoluto, in virtù
di una dignità congenita, grazie alla sua
genitura divina.
C’è un implicito antropologico dunque nel
fatto della incarnazione che non deve sfuggire. Il fatto della redenzione in Cristo significa
al contempo che l’uomo aveva bisogno di
una redenzione dall’alto e che, agli occhi di
Dio, ne valeva proprio la pena, anche pagando un prezzo alto.
Non dobbiamo dimenticare che noi
nasciamo da Dio, che Dio non ci ha semplicemente dato la vita; ci ha dato la sua vita, il
suo alito vitale (Genesi 2), e dunque per grazia siamo “dei” pure noi. Si dirà che stiamo
forzando i termini e che si debbano fare
distinzioni per evitare equivoci tremendi. Ma
è la stessa Scrittura che ci autorizza ad essere audaci per non correre il rischio ancora
peggiore di lasciare in ombra verità fondamentali su Dio e sull’uomo. S. Paolo, facendo
una sorta di autoanalisi della sua nuova vita
di credente e testimone di Cristo, giunge a
dire: «Io vivo ma non sono io che vivo; è
Cristo che vive in me».
La Meridiana - Numero 0
Paolo Di Giacinto
Natività, Ghirlandaio
Senza eccessivo azzardo il cristiano si può
e può essere considerato un «alter
Christus», un altro Cristo. E non sembra
confermare ciò il fatto che Cristo stesso
abbia detto ai suoi: «Farete cose più grandi
di quelle che ho fatto io»? Come sarebbe
possibile all’uomo realizzare cose più grandi di Cristo stesso senza questo pregio di
fondo che si ritrova e senza questa sorta di
«transustanziazione» continua che avviene
nell’intimo per opera dello Spirito di Dio?
Né tutto ciò è fuori della logica voluta da
Dio nel costruire il suo rapporto con l’uomo in particolare. Non per niente Gesù si
difende dai giudei che lo accusano di
bestemmiare per avere detto di essere «una
sola cosa con il Padre», citando il Salmo 81
dove si legge l’alto proclama: «Ho detto:
siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo», a cui
aggiunge: «E questo passo della scrittura
non può essere abolito» (Gv. 10). Come
dire: dove sta il motivo dello scandalo nel
presentarmi come mi sono presentato cioè
come il Figlio di Dio fatto uomo se addirittura la Scrittura a cui voi ed io teniamo fede
si spinge a dire che pure voi siete dèi? E, a
scanso di equivoci, impegnando Dio stesso
in tale audacia.
Se Gesù «non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio» (Fil. 2,1) ma
non vede nemmeno nella filiazione divina
dell’uomo un pericolo per Lui, una minaccia e una privazione. «Siete dèi» e Cristo lo
conferma con tutta la Sua autorità, intuendo piuttosto nella incomprensione dell’uomo un rischio pure per lui. In altre parole,
se non capite che «siete dèi» non capirete
nemmeno che Io sono il Figlio primogenito
del Padre fatto uomo, che dunque il vostro
destino si è legato al mio.
Siamo figli di Dio ed Egli è il Figlio di Dio,
ma non basta. Egli è uomo e anche noi lo
siamo. Ritrovarci in Dio e ritrovarlo fra noi,
questo è il conforto più grande offerto
all’uomo.
A lungo abbiamo avuto paura di questa
splendida verità, abbiamo avuto paura di
doverci confermare a quell’altezza e con
quella nobiltà. Abbiamo preferito convincerci della miseria dell’uomo, tanto da definirlo a partire dai suoi limiti. è sembrato che
l’animo religioso si dovesse alimentare
facendo a pezzi il mondo, che l’affermazione di Dio esigesse la negazione dell’uomo,
che per riconoscere la nobiltà di Dio bisognasse negare nella stessa misura quella
umana. Il regime di concorrenza interumano è stato proiettato in Dio. Per esaltare la
realtà di Dio lo si è ridotto alla più misera
delle versioni umane.
La Meridiana - Numero 0
Speciale Natale
Natale, nasce il Sole
Un antico culto pagano al servizio del cristianesimo
Dicembre, un presepe, un albero di
Natale pieno di luci e
sfere colorate, la
festa del solstizio
invernale, giorno in
cui l’altezza massima
raggiunta dal sole è
la più bassa dell’anno, il giorno più
corto, in cui minima
è la quantità di luce
diurna,
preludio
della “rinascita” dell’astro solare.
La data del 25
dicembre cristiano
suggella il continuum dell’ancestrale
Botticelli, Natività mistica
culto solare penetrato
in Roma grazie all’identificazione di Apollo con Helios, il Sole
non come semplice fenomeno fisico, bensì come ierofania.
Successivamente, l’imperatore Aureliano (270-75 d.C.) introdusse il Sol Invictus, divinità solare di Emesa1, e gli consacrò un tempio nel campus Agrippae2, fissandone il natale al 25 dicembre
(dies natalis Solis Invicti) - tre giorni dopo il solstizio, quando il
nuovo sole era salito percettibilmente sull’orizzonte - celebrandolo con cerimonie e giochi spettacolari che attiravano molti cristiani, con l’immaginabile timore della Chiesa che temeva l’arrestarsi della diffusione del vangelo anche per l’avanzare del
mithraismo, la cui morale e spiritualità era simile a quella del cristianesimo3, tanto da decidere di fissare per quel giorno, il 25
dicembre, il Natale del Cristo come vero Sole. La simbologia solare del Cristo non era infondata, soltanto rischiava di tenere viva
la fiamma del paganesimo, di ritardarne la totale estinzione. Nel
V secolo, papa Leone Magno polemizzò con quei cristiani che
IL BUE E L’ASINELLO
Un errore di trascrizione
L'usanza del bue e l'asinello nasce da un semplice errore di trascrizione di
un testo profetico che annunciava la nascita di un salvatore «in mezzo a
due eoon», dal greco ‘eoni, epoche, ere’, erroneamente trascritto «in mezzo
a due zoon», cioà tra due ‘animali’.
Per avere un’idea di cosa si debba intendere per “tra due eoni”, ricorriamo
all’eminente psicologo e studioso di religioni, Jung, il quale scrive: «Nella
misura in cui Cristo fu concepito come nuova era, fu chiaro a ogni conoscitore di astrologia che egli da un lato era nato come primo Pesce dell'era
dei Pesci, dall'altro sarebbe morto come ultimo Ariete dell'era in declino».
(C.G. Jung, Aion: Ricerche sul simbolismo del Sé, pp. 84-85, Bollati, 1997).
NATALE - TEOLOGIA ALTERNATIVA -
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Nicolò Di Salvo
continuavano ad adorare il sole alla maniera dei pagani:
«Alcuni cristiani prima di entrare nella basilica di San Pietro [...]
si volgono verso il sole e, piegando la testa, si inchinano in onore
dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per
questo fatto che viene ripetuto in parte per ignoranza e in parte
per mentalità pagana».4
Il problema fu risolto da un dottore della Chiesa, san Bernardino da
Siena (1380-1440), il quale, al centro dell’altare, invece del disco solare in oro luccicante, pose una teca
con dentro il simbolo eucaristico, il
pane, divenuto poi ostia alla fine del
quindicesimo secolo. Anche il
primo giorno della settimana, festività introdotta da Costantino nel
321 con il nome di dies solis, ‘giorno del sole’, fu poi mutato in domenica, ‘giorno del signore’. Nei paesi
anglosassoni, tuttavia rimase la
forma originaria: sun-day in inglese
Iside e il piccolo Horus
e son-tag in tedesco.
Il solstizio invernale ha sempre
avuto un’importanza cruciale nella religione di tutti i popoli e di
tutti i tempi, per la ragione che durante il solstizio il sole sembra
fermarsi in cielo, per riprendere subito dopo il suo cammino
verso l’alto, fino al solstizio estivo durante il quale si verifica il
fenomeno inverso.5
In Egitto, a Heliopolis, nella notte del solstizio si celebrava la
festa di Ra (poi Aton), figlio del dio supremo, anche lui, come
Mithra, figlio del Sole e Sole egli stesso.
Ad Alessandria ricorreva il Natale di Horus: le statue della dea
madre Iside, col piccolo in grembo attaccato al seno, venivano
portate in processione di notte verso i campi al lume delle torce,
con la folla che invocava le “litanie di Iside” le quali, nella versione greca sembrano concordare con quelle successive della
Madonna.
Ma si hanno ovviamente tracce di celebrazioni solstiziali praticamente presso tutti i popoli: persiani, fenici, siriani, celti, peruviani, messicani, indù.
Antica città della Siria Apamene, sul fiume Oronte. Raggiunse il suo massimo splendore nel
II secolo d.C. Oggi si chiama Homs.
2
L'attuale piazza San Silvestro.
3
Mithra era considerato il figlio del Sole, dio supremo e Sole egli stesso. Il mithraismo, di origine iranica, si era sviluppato tramite l'incontro con la teologia astrale dei Caldei e con riti e
credenze dell'Asia Minore. Lo si festeggiava proprio il 25 Dicembre. Componenti essenziali
del mithraismo erano la salute dell'anima e l'immortalità, mentre il suo culto prevedeva un battesimo e una specie di pasto sacro, consistente in pane, acqua e vino, a ricordo dell'ultimo
pasto di Mithra che, dopo averlo consumato come atto sacrificale, salì al cielo portato dal carro
del Sole per unirsi a quest'ultimo.
4
San Leone Magno, VII Sermone tenuto nel Natale del Signore.
1
5
Solstitiu(m) significa ‘sole fermo’.
Le Meridiana nella storia
La meridiana è un antico strumento di misurazione del
tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. È
costituita da un’asta (gnomone, dal greco gnomon, ‘indicatore’, ‘giudice’, ‘che ha conoscenza’) che sotto la luce
del sole proietta la sua ombra su un quadrante orario.
Le origini di questo ingegnoso metodo sono sconosciute, gli storici narrano del filosofo Anassimandro che
cercò di ricavare su di un piano forse orizzontale le proiezioni di alcuni dei circoli della sfera celeste attraverso
la semplice osservazione del percorso dell’ombra del
Nicolò Di Salvo
Sole proiettata da un’asta fatta di materiale qualsiasi.
Si ha notizia di una meridiana anche in un passo biblico, nel messaggio che il Signore rivolse a Isaia da portare a Ezechia: «Ecco, io faccio tornare indietro di dieci
gradi l’ombra sulla meridiana …
E il Sole retrocesse di dieci gradi…» (Isaia, 38,4-8).
Secondo lo storico Erodoto, la diffusione di questa
conoscenza astronomica fu dovuta principalmente ai
Babilonesi, ma siamo propensi a pensare che le sue origini si perdano nella notte dei tempi.
A Taliarco (Inno alla gioventù)
Quinto Orazio Flacco
Non vedi il monte come sia candido
di molta neve e più non sostengano
il peso i boschi stanchi e il gelo
rigido abbia fermato i fiumi?
Che serbi a te il domani non chiedere,
e ciò che il caso t'offre considera
un gran guadagno: i dolci amori
godi, o fanciullo, e le danze, mentre
Vides ut alta stet nive candidum
Soracte nec iam sustineant onus
silvae laborantes geluque
flumina constiterint acuto.
Quid sit futurum cras fuge quaerere, et
quem Fors dierum cumque dabit,
LUCRO APPONE, nec dulcis amores
sperne puer neque tu choreas,
Discaccia il freddo, legna in gran copia
aggiungi al fuoco, quindi, più prodigo,
il vecchio vino dalla doppia
brocca sabina, o Taliarco, spilla.
l'età fiorisce e lungi la torpida
canizie sta. Per ora ti attendono
le piazze, il Campo e, quando è l'ora
solita, i dolci notturni amori.
Dissolve frigus ligna super foco
large reponens atque benignius
deprome quadrimum Sabina,
o Thaliarche, merum diota.
donec virenti canities abest
morosa. Nunc et campus et areae
lenesque sub noctem susurri
conposita repetantur hora,
Gli dei del resto fa' che si curino,
i quali, come placano i turbini
sul mare mosso, né i cipressi
scuotono più, né i vetusti orni.
Per ora cogli il riso piacevole
che a te l'amata scopre in un angolo
e il caro pegno a lei strappato
via dalle braccia o dal lento dito.
Permitte divis cetera, qui simul
stravere ventos acquore fervido
deproeliantis, nec cupressi
nec veteres agitantur orni.
nunc et latentis proditor intumo
gratus puellae risus ab angulo
pignusque dereptum lacertis
aut digito male pertinaci.
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