Il Sistema bancario
MEDITERRANEO E MEDIO ORIENTE
Business Focus Mediterraneo e Medio Oriente
Avv. Piergiorgio Mancone
21 settembre 2012
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Autorizzazione all'attività bancaria, succursali e
libera prestazione di servizi
La disciplina delle autorizzazioni per la costituzione di succursali e lo svolgimento di attività bancaria in regime di libera
prestazione di servizi in Italia per banche straniere (comunitarie ed extracomunitarie) e all’estero per banche
italiane è contenuta nelle Istruzioni di Vigilanza al titolo III capitoli 2 e 3 e al titolo VII capitoli 2 e 3 (Circolare
Banca d’Italia n.229/1999) ed è coerente con il Testo unico bancario e con il dettato comunitario.
Libera prestazione di servizi
(Art. 16 TUB) 1. Le banche italiane possono esercitare le attività ammesse al mutuo riconoscimento in uno Stato
comunitario senza stabilirvi succursali, nel rispetto delle procedure fissate dalla Banca d'Italia.
2. Le banche italiane possono operare in uno Stato extracomunitario senza stabilirvi succursali previa
autorizzazione della Banca d'Italia.
3. Le banche comunitarie possono esercitare le attività previste dal comma 1 nel territorio della Repubblica senza
stabilirvi succursali dopo che la Banca d'Italia sia stata informata dall'autorità competente dello Stato di
appartenenza.
4. Le banche extracomunitarie possono operare in Italia senza stabilirvi succursali previa autorizzazione della Banca
d'Italia, rilasciata sentita la CONSOB per quanto riguarda le attività di intermediazione mobiliare.
5. La Banca d'Italia, nei casi in cui sia previsto l'esercizio di attività di intermediazione mobiliare, dà notizia alla
CONSOB delle comunicazioni ricevute ai sensi del comma 3 e della prestazione all'estero di servizi da parte di
banche italiane.
Attività non ammesse al mutuo riconoscimento
(Art. 17 TUB) La Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, disciplina l'esercizio di attività non
ammesse al mutuo riconoscimento comunque effettuato da parte di banche comunitarie nel territorio della
Repubblica.
Le disposizioni prevedono inoltre, in attuazione dell'art. 18 del T.U.B, la possibilità di operare in regime di libera
prestazione di servizi anche per le società finanziarie italiane ammesse al mutuo riconoscimento.
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Succursali di banche italiane all’estero
Le banche italiane possono stabilire succursali nel territorio
della Repubblica e degli altri Stati comunitari. La Banca
d'Italia può vietare lo stabilimento di una nuova succursale
per motivi attinenti all'adeguatezza delle strutture
organizzative o della situazione finanziaria, economica e
patrimoniale della banca (art. 15 comma 1 TUB).
Le banche italiane possono stabilire succursali in uno Stato
extracomunitario previa autorizzazione della Banca
d'Italia. (art. 15 comma 2 TUB).
La Banca d'Italia, nei casi in cui sia previsto l'esercizio di
attività di intermediazione mobiliare, dà notizia alla
CONSOB delle comunicazioni ricevute ai sensi del
comma 3 art. 15 TUB e dell'apertura di succursali
all'estero da parte di banche italiane (art. 15 comma 5
TUB).
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Uffici di rappresentanza
Banche Italiane
(Ist. Vigilanza, sez. III, cap. II, par. 5) Le banche possono aprire uffici di
rappresentanza sul territorio nazionale e all'estero.
L'apertura di uffici di rappresentanza all'estero è sottoposta alle procedure
previste dall'Autorità competente del paese ospitante.
Banche extracomunitarie
(Ist. Vigilanza, sez. VII, cap.II, par. 6) Le banche extracomunitarie che
intendano aprire un ufficio di rappresen- tanza in Italia ne danno
comunicazione preventiva alla Filiale della Banca d'Italia nella cui provincia
intendono insediare l'ufficio.
Alla comunicazione è allegata copia dello statuto della banca e un'attestazione
delle Autorità competenti del Paese d'origine che dimostri che la banca
segnalante ha adempiuto alle eventuali formalità previste dalla disciplina del
Paese d'origine.
La Banca d'Italia può esercitare sull'ufficio di rappresentanza controlli ispettivi
volti a verificare che l'ufficio stesso non svolga di fatto attività bancarie.
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Succursali di banche extracomunitarie in Italia
Lo stabilimento in Italia della prima succursale di una banca
extracomunitaria è autorizzato dalla Banca d'Italia, sentito il
Ministero degli affari esteri, subordinatamente al rispetto di
condizioni corrispondenti a quelle del comma 1, lettere b), c) ed e):
b) il capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello
determinato dalla Banca d'Italia;
c) venga presentato un programma concernente l'attività iniziale,
unitamente all'atto costitutivo e allo statuto;
e) i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e
controllo abbiano i requisiti di professionalità, onorabilità ed
indipendenza indicati nell'articolo 26 TUB;
L'autorizzazione è rilasciata tenendo anche conto della condizione
di reciprocità (art. 14 c.4 TUB).
Le banche extracomunitarie già operanti nel territorio della Repubblica
con una succursale possono stabilire altre succursali previa
autorizzazione della Banca d'Italia (art. 15 comma 4 TUB)
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I sistemi bancari del Mediterraneo
analoga ai paesi occidentali.
2.
Egitto, Marocco, Tunisia, Giordania
e Arabia Saudita: le banche hanno
segnato progressi importanti sulla
strada del miglioramento della loro
struttura e dei loro prodotti, ma
molte sono le riforme da portare a
compimento.
3.
Siria, Algeria e Libia: sistema
bancario arretrato caratterizzato da
I sistemi bancari del Mediterraneo
ritardi nell’operatività e nello
meridionale e orientale presentano
sviluppo della struttura finanziaria.
differenze profonde. Con riguardo al
I paesi del Mediterraneo hanno sistemi
grado di sviluppo dell’attività
creditizi molto concentrati, sia nei
bancaria essi possono essere divisi
sistemi finanziari molto arretrati, sia
in 3 gruppi:
in quelli più evoluti. Questa struttura
1.
Cipro, Malta, Israele, Turchia e
deriva dal prevalere di politiche
Libano: le banche offrono prodotti e
restrittive all’entrata di nuove
servizi in maniera sostanzialmente
banche.
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Finanza e precetti religiosi
Elemento caratterizzante della finanza islamica è il suo esplicito richiamo
ai precetti della legge religiosa islamica (sharī‘ah). Il divieto di ribā
(pagamento di interessi fissi o determinabili su fondi prestati) e la
proibizione di pratiche economiche che implicano il concetto di gharār
(irragionevole incertezza), maysīr (speculazione) e harām
(comportamenti proibiti dal Corano) costituiscono le principali
prescrizioni coraniche rilevanti in materia economica e finanziaria.
Il divieto di ribā va inquadrato all’interno di una riflessione islamica
sull’economia che, a partire dalla metà del secolo scorso, ha avuto
l’obiettivo di creare un ordine economico i cui principi fondamentali
fossero l’equità e l’inviolabilità degli obblighi contrattuali e il legame
tra transazioni finanziarie ed attività economica reale. Esso si fonda
sul presupposto che non ci possa essere guadagno senza assunzione
di rischi; il prestito è consentito, quindi, solo se la remunerazione è
legata ai risultati dell’impiego del capitale, che non possono essere
prefigurati ex ante. È questo il fondamento del sistema profit and loss
sharing (PLS), su cui dovrebbe fondarsi il sistema contrattualistico ed
operativo delle banche islamiche.
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La banca islamica
Al pari delle banche convenzionali, le banche islamiche sono imprese che
perseguono finalità di lucro svolgendo le funzioni tipiche di raccolta del
risparmio ed erogazione del credito, accanto ad altri servizi di natura
finanziaria, con le peculiarità, sul piano teorico, di non applicare interesse
sui prestiti e di operare in base al principio di partecipazione al rischio delle
operazioni finanziate (PLS).
Sulla base dei principi islamici il rendimento di un investimento è giustificato
solo se il capitale prende la forma di un’attività reale; non monetaria, e se
tale ritorno è a fronte dell’assunzione di un rischio imprenditoriale. Ne
consegue che:
• la banca islamica si configura come un gestore/distributore di fondi, attività
e progetti. In particolare la banca islamica è responsabile dell’identificazione
di progetti in cui investire il denaro proprio e e quello dei suoi clienti
• I depositanti non sono dei creditori verso la banca per le somme depositate
ma si configurano come investitori della stessa banca.
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Shari’ah Board
Altra caratteristica distintiva del sistema bancario islamico è rinvenibile
nel ruolo strategico ricoperto, all’interno del sistema di governance
delle banche, dagli Sharī‘ah Supervisory Board (SSB), organi di
supervisione cui spetta la verifica del costante rispetto dei principi
islamici. Tale sistema di governance ha fatto sinora emergere diversi
problemi:
(i) i potenziali conflitti di interesse dovuta alla penuria di esperti di
diritto islamico, portatori al contempo di competenze economicofinanziarie, che sono spesso designati a far parte di più di un
consiglio sciaraitico;
(ii) la possibilità che la competenza dello Shari‘ah Board vaa oltre la
mera funzione di consulenza fino ad incidere sull’operatività della
banca. A tale ultimo proposito, l’autorità di vigilanza inglese richiede
alle banche islamiche da essa vigilate che lo Shari‘ah Board abbia
mera funzione di consulenza e che non debba influire sulla gestione
della banca.
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Modelli operativi
Da un punto di vista organizzativo, la banca islamica può operare
essenzialmente attraverso tre modelli:
• banca islamica pura, ossia operante esclusivamente secondo i
precetti della sharī‘ah;
• filiale o succursale di una banca convenzionale, specializzata
nell’offerta di prodotti finanziari coerenti con la sharī‘ah;
• finestra o sportello islamico, ossia unità ad hoc che, all’interno
di banche convenzionali, offre prodotti finanziari islamici.
La praticabilità delle ultime due opzioni è subordinata, almeno sul
piano teorico, al rispetto dell’obbligo di separazione dei fondi
islamici da quelli rivenienti da attività bancarie di tipo
convenzionale, incluso il capitale. Dal punto di vista operativo ciò
equivale alla creazione di un sistema contabile e informativo
diverso per ciascun tipo di attività.
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Strumenti di raccolta e d’impiego
A causa dell’assenza di riferimenti normativi
universalmente accettati e della ridotta
standardizzazione dei contratti utilizzati, la
classificazione delle forme tecniche utilizzate dalle
banche islamiche per la raccolta del risparmio e per il
suo impiego non è agevole.
Dal lato della raccolta, gli strumenti utilizzati dalle banche
islamiche sono riconducibili essenzialmente a:
• depositi non remunerati e
• depositi partecipativi (conti di deposito e conti di
investimento).
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Depositi non remunerativi
I depositi non remunerativi, che assolvono una funzione di
custodia sicura del denaro e di ausilio nella gestione dei
pagamenti, sono depositi a vista per i quali non è
prevista alcuna remunerazione, né il pagamento di
spese da parte dei depositanti; la banca, di contro,
garantisce il rimborso delle somme versate. Essi
possono prevedere, su base meramente volontaristica,
piccole donazioni o facilitazioni nell’accesso al credito in
favore dei depositanti. Le parti possono configurare il
rapporto come conto corrente (wadi‘ah) o come deposito
a risparmio con libretto nominativo.
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Depositi partecipativi
I depositi partecipativi sono depositi a termine con i quali la banca acquisisce la
disponibilità dei fondi conferiti dai clienti con l’obbligo di restituzione alla
scadenza; i fondi sono remunerati attraverso la partecipazione in misura
predeterminata agli utili e alle perdite dell’attività finanziata. Nel caso in cui
la banca utilizzi le somme depositate per finanziare indistintamente tutti i propri
impieghi, i depositi partecipativi assumono la forma di conti di deposito o
unrestricted mudàrabah; se invece la raccolta viene destinata al
finanziamento di specifiche iniziative, si è in presenza di conti di investimento o
restricted mudàrabah, che vengono remunerati attraverso una partecipazione
agli utili e alle perdite del progetto o dello specifico investimento finanziato.
Le modalità di gestione dei depositi partecipativi presentano affinità con la
gestione in monte dei fondi comuni di investimento; tuttavia, al contrario dei
fondi comuni, non sono previste regole di separatezza che valgano a garantire
l’isolamento delle risorse conferite dai depositanti rispetto a quelle della banca.
Inoltre, quanto meno nei conti di investimento, i depositanti assumono una
posizione del tutto simile a quella dei soci di capitale, ma a differenza di questi
ultimi non hanno poteri gestori né sulla società finanziata, né sulla banca.
Tale struttura è ampiamente utilizzata sia per i contratti di deposito partecipativi ma
anche per operazioni di finanziamento, di seguito descritte.
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Impieghi
Sul fronte degli impieghi, si distinguono tecniche di
finanziamento basate sul profit and loss sharing (PLS)
e forme di finanziamento di natura non partecipativa
(cosiddette trade based o indirettamente partecipative).
I contratti che la dottrina islamica considera più
rigorosamente allineati ai dettami della shari‘ah sono
quelli direttamente partecipativi della mudàrabah e della
mushàrakah, di derivazione medievale, basati sul
principio PLS.
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Mudàrabah
“Nel contratto mudàrabah (fig. 1) le parti coinvolte sono il mudàrib e il
rabb al-mal. Il primo apporta al progetto il lavoro e le competenze
mentre il secondo il capitale. La caratteristica principale di tale
contratto è che entrambe le parti partecipano ai profitti mentre le
perdite gravano solo sul rabb al-mal. Nell’ipotesi in cui il progetto
non fosse profittevole il mudàrib ha già perso tempo, impegno e
competenze per cui le perdite finanziarie gravano solo su chi
apporta capitale”.
• La banca deve verificare che si tratti di un progetto coerente
con i principi della shari’a;
• Nel contratto deve essere specificata la quota di partecipazione
agli utili e l’ammontare della commisione che viene pagata al
mudàrib come retribuzione per lo svolgimento del lavoro
giornalmente prestato.
R. Hamaui, M. Mauri, Economia e finanza islamica, pagg. 86-87, Il Mulino, Bologna, 2009
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Mushàrakah
“In un contratto di mushàrakah (fig. 2) le parti partecipano sia ai profitti
che alle perdite del progetto finanziato. A differenza del contratto
mudàrabah in questo caso ogni partner conferisce una parte del
capitale che può assumere diverse forma: denaro, immobili,
terreni ma anche ben immateriali come il marchio, la reputazione
acquisita nel tempo, tali da consentire l’esercizio dell’attività
d’impresa finanziata”.
• entrambi i partner conferiscono capitale che può essere in quote
eguali e/o differenti. In linea teorica ogni partner può partecipare alla
gestione (conferendo il lavoro) ma di norma viene nominato un
membro della partnership o un terzo esterno ad essa per la
conduzione dell’operatività giornaliera.
• nel contratto viene definita la percentuale di partecipazione ai
profitti del progetto per entrambi partner;
• la partecipazione alle perdite è proporzionale all’ammontare di
capitale conferito.
R. Hamaui, M. Mauri, Economia e finanza islamica, pagg. 89-90, Il Mulino, Bologna, 2009
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Forme di finanziamento non partecipative
Le più diffuse forme di finanziamento di natura non partecipativa
(non PLS), impiegate soprattutto per il credito al consumo e per il
finanziamento a breve e medio termine, sono la muràbahah
(vendita a termine), il salam e l’ijàrah (leasing). I contratti di
questo tipo, detti anche indirettamente partecipativi o trade
based, prevedono un rendimento predeterminato
dell’investimento: benché tale remunerazione non venga
esplicitamente riferita alla dimensione temporale dell’operazione
e sia, invece, considerata il corrispettivo di un servizio di
intermediazione commerciale (nel caso della muràbahah) o
dell’utilizzo di un bene (per l’ ijàrah), i flussi finanziari generati
dalle forme tecniche in esame tendono, nei fatti, a replicare quelli
tipici del credito bancario convenzionale; queste operazioni sono,
altresì, di norma associate a forme indirette di garanzia, quali la
proprietà del bene oggetto della transazione reale che genera i
movimenti di fondi di quella finanziaria.
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Muràbahah
Il contratto di muràbahah si configura come una doppia vendita con
pagamento differito.
1. L’acquirente comunica alla banca le caratteristiche e il prezzo del
bene individuato con il venditore/fornitore;
2. Banca e cliente stabiliscono il guadagno della banca per il servizio
offerto nella forma di margine di profitto, che costituisce un elemento
essenziale, pena la nullità del contratto;
3. la banca islamica acquista la proprietà del bene dal venditore
pagando un prezzo.
4. Successivamente la banca islamica trasferisce la proprietà del bene
all’acquirente (cliente-finanziato) al prezzo stabilito in sede di stipula
del contratto. Il pagamento di tale somma può essere differito e/o
dilazionato nel tempo.
R. Hamaui, M. Mauri, Economia e finanza islamica, pagg. 82-83-84 Il Mulino, Bologna, 2009
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Salam
“Un altro contratto di scambio particolarmente utilizzato è il
contratto salam. Esso ha analogie con un contratto a termine
convenzionale in cui le parti si accordano sul prezzo di
vendita di un bene la cui consegna è differita nel tempo.
Tuttavia il contratto salam si distingue da un contratto a
termine poiché mentre in quest’ultimo il prezzo viene regolato
alla consegna del bene, nel contratto islamico il prezzo è
pagato alla stipula.
La giurisprudenza commerciale islamica ritiene che il contratto
salam sia più equo di un contratto a termine convenzionale
poiché entrambe le parti ricevono un contestuale beneficio:
l’acquirente elimina il rischio legato all’incertezza futura del
prezzo del bene da acquistare mentre il venditore riceve il
prezzo che può investire nel processo produttivo”.
R. Hamaui, M. Mauri, Economia e finanza islamica, pagg. 85.86, Il Mulino, Bologna, 2009
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Ijàrah
Altra grande categoria di contratti di natura non PLS sono i contratti di affitto o
locazione (Ijàrah). Nel diritto islamico la locazione equivale al trasferimento
del usufrutto di un determinato bene verso un corrispettivo, fissato al
momento del contratto e calcolato sulla base dell’uso che l’imprenditore
intende fare del bene in oggetto. Il contratto deve prevedere un uso effettivo
del bene in locazione, da cui l’utilizzatore deve poter trarre beneficio. La
proprietà del bene locato resta al finanziatore che sopporta, quindi, per
la durata del contratto il rischio correlato.
“Tale tipologia di contratto ha un ampio utilizzo sia in campo bancario che
finanziario. Infatti forme di finanziamento, anche di natura immobiliare, in
particolare con necessità di pagamenti dilazionati trovano in tale struttura
contrattuale un adeguato strumento. Il canone di locazione può essere fisso
o soggetto a negoziazioni periodiche.
Anche se non vi è unanime consenso tra le scuole giuridiche islamiche è ormai
ampiamente utilizzata la struttura contrattuale ijàrah wa iqtuna in base alla
quale al termine del contratto il locatario può riscattare la proprietà del bene,
a fronte del pagamento del valore residuo”
R. Hamaui, M. Mauri, Economia e finanza islamica,pagg. 91.92, Il Mulino, Bologna, 2009
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La presenza di banche estere risulta marginale in Algeria e in Libia, è invece
significativa in Giordania, dove le banche private sono possedute in
prevalenza da fondi dei Paesi del Golfo Persico. Un ruolo importante è
coperto in Marocco e in Tunisia soprattutto dalle banche francesi e in Egitto
dall’Italia, dopo l’acquisto della Bank of Alexandria da parte di SanpaoloIMI
nel 2006 oggi Banca Intesa San Paolo.
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Il contesto italiano
In Italia il fenomeno è pressoché sconosciuto. L’impiego in Italia di contratti
bancari shari‘ah-compliant dovrebbe, naturalmente, superare il vaglio di
liceità e di meritevolezza di cui all’art. 1322 del codice civile, che
potrebbe richiedere modifiche delle formulazioni adottate in altri
ordinamenti. Sotto questo profilo, ad esempio, un’eventuale clausola
inserita nei contratti che colleghi la validità e vincolatività dell’accordo
alla sua conformità rispetto alle norme coraniche, come interpretate da
eventuali comitati o consigli tecnico-religiosi, solleverebbe importanti
questioni di ammissibilità.
Ciò premesso, anche in Italia lo sviluppo del fenomeno potrebbe essere
stimolato dall’azione dei fattori già delineati con riferimento al contesto
europeo. In primo luogo, la dinamica demografica italiana, con una
comunità musulmana di 1,3 milioni di immigrati regolari, attualmente
caratterizzata da livelli di bancarizzazione ed utilizzo dei servizi
finanziari molto contenuti, potrebbe costituire un fattore di sviluppo
anche del segmento retail. Ciò, oltre a garantire una maggiore raccolta
di liquidità dalla comunità musulmana, potrebbe contribuire alla sua
integrazione sociale.
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La diffusione della finanza islamica in Italia va considerata anche nel contesto della
competitività del sistema paese, quale opportunità di business e strumento per
migliorare la capacità dell’Italia di attrarre capitali dai mercati del Golfo; infine essa
potrebbe facilitare l’integrazione del sistema finanziario nazionale con quelli del
Mediterraneo allargato, a sostegno degli investimenti in tali paesi, anche grazie ad un
migliore supporto finanziario all’internazionalizzazione delle imprese.
Nell’analisi delle prospettive evolutive in Italia va, infine, tenuta in debito conto la
dimensione europea del mercato unico dei servizi finanziari che consente alla banche
islamiche insediate in altri paesi europei di offrire servizi in Italia, beneficiando del
passaporto europeo.
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Profili di rischio nella banca islamica
La banca islamica ha profili di rischio diversi da quelli di una banca
convenzionale:
L’asimmetria informativa tra il conduttore del progetto finanziato (l’agente) e il
soggetto finanziatore (il principale) rende possibili comportamenti di moral
hazard da parte dell’affidato. Il rischio di moral hazard cresce con
l’incertezza del risultato economico sottostante. La natura del contratto di
PLS richiede quindi alla banca islamica un’azione di monitoraggio sul
soggetto finanziato significativamente maggiore rispetto al caso
convenzionale. L’azione di monitoraggio è più semplice in Paesi dotati di
regolamentazione tributaria evoluta, ma potrebbe diventare molto difficile in
Paesi con regimi e controlli tributari incompleti e destrutturati. Nella prassi
operativa, le banche islamiche adottano spesso una clausola contrattuale
per riservarsi il diritto di effettuare ricognizioni amministrative e
approfondimenti di auditing sull’impresa finanziata, qualora il flusso di profitti
si riveli inferiore ad una certa soglia minima prestabilita. Tale soglia minima
si traduce in un tasso di interesse de facto, in quanto le imprese finanziate
dichiarano, di norma, un flusso di profitti non inferiore a quello minimo
anche al termine di esercizi poco redditizi, con lo scopo di evitare il controllo
amministrativo.
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Il rischio legale che, nel caso dell’intermediazione islamica, assume una dimensione
specifica legata sia all’obbligo di rispettare la legge religiosa, sia alla necessità di
seguire le evoluzioni della sua giurisprudenza (« shari‘ah risk»).
Il rischio di valutare in maniera impropria prodotti e operazioni, ossia di giudicare halal
(lecito) ciò che invece è haram (illecito), espone la banca ad una particolare forma di
rischio legale, particolarmente complessa nel caso in cui la banca operi in un Paese
con ordinamento giuridico laico: cosa accade nel caso in cui la liceità religiosa di un
prodotto, asseverata dallo Shari‘ah Board, è messa in discussione da altri, autorevoli
giureconsulti islamici? Un siffatto pronunciamento contrario infliggerebbe alla banca
un danno reputazionale, ma i contratti posti in essere secondo il diritto civile
resterebbero comunque validi, anche se il regolamento degli stessi potrebbe
incontrare complicazioni.
Tale rischio può essere in parte controllato attraverso un’accurata selezione dello
Shari‘ah Board La scarsità di consulenti legali islamici esperti al contempo sia di
shari‘ah sia di finanza è stato fino a oggi il principale limite all’innovazione finanziaria
di prodotti shari‘ah- compliant.
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Approfondimenti:
D. Atzori. Fede e mercato: verso una via islamica al capitalismo?, Il mulino,
Bologna, 2010.
R. Hamaui, M. Mauri, Economia e finanza islamica, Il Mulino, Bologna, 2009.
G. Gomel, A. Cicogna, D. De Falco, M. V. Della Penna, L. Di Bona De Sarzana,
A. Di Maria, P. Di Natale, A. Freni, S. Masciantonio, G. Oddo e E. Vadalà,
Finanza islamica e sistemi finanziari convenzionali. Tendenze di mercato,
profili di supervisione e implicazioni per le attività di banca centrale, Banca
d’Italia Questioni di Economia e Finanza Numero 73, 2010.
G. Gomel e M. Roccas, Le economie del Mediterraneo, Banca d’Italia, 2000.
C. Porzio, Banca e finanza islamica : contratti, pecularità gestionali, prospettive
di crescita in Italia, Bancaria editrice, Roma, 2009.
G. Salecci, A. Pesce, W. Vergi, D. Zucchelli, R. Donnini, S. Mazzocchi , E. E.
Hemmat El-Masry, S. Khaled, S. Oraby, M. Aboud. N. El-Hadidy, I Paesi del
Sud del Mediterraneo:Crescita e Opportunità di Business nel Contesto delle
Relazioni con l’Unione Europea, Servizio Studi e Ricerche di Intesa
SanPaolo, 2010.
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