MARIA ARRIGO
LA DEA BIANCA
I CAP.
Beatrice guardava il suo interlocutore con un'aria così apertamente annoiata che quello,
poverino sudava freddo e non vedeva il momento di finire in un modo soddisfacente il suo
discorso, che a dire il vero era senza dubbio noioso, e raggiungere un gruppo di donne
anziane ben disposte verso la sua allocuzione.
- Interessante, davvero interessante signor Ciano, a suo avviso il Neoclassicismo che, come
sappiamo, fu una mediocre riesumazione dei miti antichi; è stato il punto culminante del
ritorno alla religiosità messa in crisi dall'Illuminismo. Forse ero distratta e non ho seguito tutto
il suo lungo discorso, ma mi permetto di ricordarle che l'esempio più vivo del Neoclassicismo
non fu Vincenzo Monti e tutta la bella compagnia del suo stampo; bensì Ugo Foscolo, che
non credeva affatto in Dio.
Era una aperta offesa dire a quel critico d'arte che non lo aveva ascoltato e si era distratta!
Ma Beatrice pur di imporre il suo pensiero era capace di questo e altro.
Un giovane che guardava quella splendida ragazza insolentire un autorevole critico d'arte con
la sicumera di chi, pur non avendo capito l'argomentazione dell'avversario si permette di
definirla una baggianata, si sentì in dovere di intervenire.
- Mi scusi, ma la religiosità del poeta neoclassicista non era una fede della religione, bensì un
formale rispetto e una commossa rievocazione del bagaglio religioso degli antichi. Certo, il
Foscolo non credeva, tuttavia... - Continuò così per un bel po' facendo la felicità di quella
vittima, che svelto svelto si congedò da loro, per andare a prendersi la sua parte di
soddisfazione in quella brillante riunione in casa dei ricchi e colti Orsini.
Beatrice replicò a lungo non disposta ad ammettere che il Neoclassicismo, ad esclusione del
Foscolo che si trattava di un protoromantico, non fosse un'accozzaglia di mediocri poeti e che
la loro riesumazione dei miti antichi non fosse affatto mediocre.
- D'accordo, mi arrendo, ha ragione lei. - Concluse il giovane, pensando che non era il caso di
contrariare una ragazza così bella, per tutta la serata.
- Così va bene. Tutti devono darmi ragione.
- Anche quando non ce l'ha?
- Specialmente allora! Ride?
II giovane si era messo a ridere a quell'affermazione orgogliosa, e ciò rese da una parte
seccata Beatrice e dall'altra divertita che quel tizio non si nascondesse sotto la maschera
seria di una compiaciuta galanteria. Anzi l'aveva cominciato a definire un'idiota perché aveva
ammesso di arrendersi, mentre lei che poteva definirsi la regina delle discussioni sapeva per
esperienza che non bisognava mai dirlo, anche se si trattava della verità.
"Ammettere a voce alta una sconfitta la rende tale per sempre", questa ed altre massime del
genere formavano il suo bagaglio morale.
- Cosa fate? Beatrice, come osi monopolizzare l'unico rappresentante giovane della riunione?
- Chi aveva parlato così era una ragazza bruna con degli enormi, famelici occhi scuri. Il suo
corpo statuario attirava tutti gli sguardi maschili.
- Patrizia! Io non monopolizzo nessuno, e poiché conosci il signore fammi il piacere di
presentarmelo. Dato che non ho questo piacere.
- Ma come parlate da un'ora, come minimo, e non sai il suo nome? Mia cugina è proprio una
terribile snob.
- Anche se può sembrare incredibile, la signorina ha detto la verità, non le ho detto il mio
nome, né io so il suo, anche se da quanto hai detto ho capito che deve essere una Orsini.
- E appartiene al ramo principale! Beatrice, questo è l'architetto Davide Bellonci. Davide
questa leggiadra e capricciosa fanciulla è Beatrice Orsini, figlia del principe Orsini, mio zio.
Si strinsero la mano e Davide oltre ad alzarsi le fece un inchino profondo.
- Si sente già mio suddito? E' meglio che lasci perdere, siamo nella meravigliosa e odiata
repubblica. Piuttosto mi dica; nessuna parentela con la scrittrice Bellonci?
- No, purtroppo; la conosco, sono introdotto nel suo salotto, ma non siamo assolutamente
parenti.
- Tuo padre con questa mania di fare riunioni letterarie invita sempre gente anziana.
- Cosa vuoi farci mia cara? Bisogna rispettare la tradizione, coloro che si intendono d'arte
sono tutte persone vecchie! I giovani non amano la letteratura. Lo si vede con quale poca
voglia studiano e hanno bandito dall'università le materie umanistiche. Ed infatti gli scrittori
giovani scrivono malissimo e non introducono più quelle belle dissertazioni sulla poetica e
sulla tematica del bello scrivere, dicono che non conta lo stile ma il contenuto; ma quale
contenuto se in mezzo a tante storie da marciapiede non si vede una tesi filosofica? Perciò
se almeno scrivessero bene, se indugiassero a criticare questo o quel mezzo espressivo io
potrei approvare o dissentire invece di sentire solo voglia o di prendere un cachet o di andare
nel bagno a lavarmi! I vecchi almeno un certo pudore ce l'avevano, ma oggi i giovani non lo
conoscono nemmeno e quel che è brutto non se ne rendono conto. E poi anche a cercarla
con il lumicino una personalità giovane sotto i trent'anni che abbia scritto opere valide sotto
questo punto di vista non c'è. I critici, gli scrittori affermati hanno poca voglia di andarsene e
lasciar posto a questi scalzacani, e debbo dire che come istituzionalmente ci sono uomini
politici decrepiti che non mollano le loro sedie dirigenziali è altrettanto giusto che i mostri
sacri della nostra letteratura non si muovano di un passo.
Davide era rimasto senza parole, perché il modo serio e deciso con cui Beatrice aveva fatto
la sua filippica contro la nuova leva di critici e di scrittori lo aveva persuaso che fosse
un'amante della critica tradizionale e altrettanto letteratura tradizionale e approvasse
l’incrollabilità e la fertilità dei mostri sacri, tuttavia quell'accenno finale agli uomini politici fatto
con un ironico sorriso lo rese di colpo perspicace!
Beatrice lo aveva preso in giro! Patrizia rise apertamente di lui.
- Ci avevi creduto vero?! Beatrice la pensa come in me in fatto di letteratura: apposta ostenta
gusti raffinati, ma legge tutti gli autori moderni e con acume eccezionale fiuta il genio e se lo
segna in un libriccino, mentre i nomi che scarta non li vedrai più comparire in libreria, anche
se hanno sfornato degli ottimi best-sellers. Sai perché? Perché sono frutto di operazioni
commerciali, mentre gli altri sono dei veri scrittori.
- Basta, Patrizia, se no in questo modo il nostro amico crederà che sono una ragazza troppo
intellettuale; invece io sono capace di perdere la testa per un attore e persino per un vestito,
oltre ad amare il nuoto, il tennis e lo sci.
Si alzò e con andatura regale andò dal padre, gli disse qualche parola, lo baciò su una
guancia e tornò da loro.
- Venite, possiamo andare via da questo mortorio; conosco un Night eccezionale.
Patrizia fu trattenuta dalla zia, la seconda moglie del principe Orsini, e non poté seguire
Beatrice e Davide. Uno sguardo d'odio accompagnò l'uscita della coppia dei due privilegiati.
Era quello di Patrizia.
***
Quando verso l'alba Beatrice rientrò, prima di poter andare a dormire, dovette sorbirsi dalla
cugina un'astiosa domanda: - Ti sei divertita?
- Sì, Davide è il ragazzo più in gamba che conosco.
- Ha fatto il cascamorto come gli altri?
- No, e ciò anche se può sorprenderti mi fa piacere. Non mi ha baciata, però lo farà presto,
perché lo desidero. E tu sai che questo è un miracolo.
Beatrice infatti disprezzava un po' gli uomini e trovava estremamente ridicole le loro
attestazioni di passione e quelle volgari "avances" , di conseguenza pur pretendendo di
essere oggetto dei desideri maschili non desiderava che nessuno di loro si azzardasse a
sfiorarla, né tantomeno desiderava carezzare o baciare un esemplare di quella fauna umana
che andava sotto il nome di uomo.
Beatrice, ad esclusione del padre, aveva ben ragione di disprezzare gli uomini, perché aveva
sempre accanto a sé uomini meschini e superficiali; ed era un peccato, poiché ad onor del
vero lei sarebbe stata pronta a cambiare idea qualora ne avesse avuto motivo. Erano tutti
uguali: egoisti, fatui e, come diceva sprezzantemente Beatrice, chi ne ha più ne metta di vizi e
debolezze, senza contare che non avevano neanche l'umiltà di riconoscersi tali pozzi di
miseria morale.
Che non l'avesse neanche lei questa decantata umiltà era un discorso che lei non prendeva
neanche in considerazione, forse perché era convinta che la perfidia della donna era acqua di
rose in confronto alla perfidia dell'uomo, che per Beatrice emanava un lezzo nauseabondo.
Insomma tutta questione di punti di vista.
Ma Davide era diverso da tutti e ne avrebbe avuto testimonianza più tardi. Con questa
consapevolezza si addormentò
II CAP.
Beatrice Orsini, discendente femminile di una delle migliori famiglie romane era una bella
ragazza bionda, con occhi verdi-azzurri splendidi, meno formosa della cugina aveva un fisico
snello, scattante, ma pieno nei punti giusti che pur avendo vent’anni le dava sempre un'aria di
adolescente. Interiormente si sentiva vecchia, come quel mondo di convenienze da rispettare
che in certi momenti la soffocava ma a dispetto di tutto non si lasciava trascinare da quel
senso di morte che si trascinava dentro, da quando aveva saputo che la sua nascita aveva
decretato la fine immatura della sua giovane e bellissima madre. Comunque pur essendo
orgogliosa e testarda, come può esserlo una ragazza ricca che ha avuto una dorata e facile
esistenza, non si era guastata completamente; né aveva perduto la capacita di amare e di
godere la vita che doveva svolgersi secondo i suoi desideri, e modellarsi secondo le sinuosità
contorte della sua personalità. Coltivava degli interessi culturali e politici, ma con quella indifferenza da dilettante che trova lo stesso entusiasmante un defilé di moda, un ballo, una
cavalcata al maneggio, un film, una crociera.
Senza volerlo ammettere Beatrice aveva sempre sentito una certa insoddisfazione di se
stessa, degli altri e dell'esistenza che conduceva; perché come una maledizione tutto ciò che
la riguardava si rivelava sempre o indegno di essere apprezzato oppure finiva per decomporsi
per varie ragioni in qualcosa di squallido.
Una di tale ragioni si imputava al suo carattere egoista e troppo sicuro di sé che non sapeva
reagire nel modo giusto; infatti taceva i suoi sentimenti quando doveva esprimerli, sicura che
l’oggetto del suo amore fosse immutabile, reclamava una forte attenzione ai suoi diritti, ma
non era altrettanto pronta a concederla agli altri, imponeva clamorosamente i suoi desideri;
insomma voleva che tutta la vita fosse modellata a lei, ai suoi sogni, al suo modo di pensare,
invece di modellarsi lei alla vita come capirà il giorno della sua maturazione. Le altre ragioni
sfuggivano al suo controllo, e proprio per questo doveva imparare quella grande cosa che è
l'adattamento, la non-lotta contro l'ineluttabile, e rinunciare alla perfezione dei sogni perché
volente o nolente si vive nella grigia realtà.
Due lezioni aveva ricevuto sino ai vent’anni e le aveva a modo suo messe in pratica suo
padre l'adorava e ed era felice che fosse una creatura originale, libera di ogni ipocrisia e non
sapeva che una specie di ipocrisia gliela aveva imposta fin da bambina costringendola a
comportarsi come gli piacesse che si comportasse: arrogante e capricciosa, con rari sprazzi
di generosità e se fosse il caso un po’ bugiarda.
Una volta Beatrice da bambina vide la figlia della loro cuoca, una piccina foruncolosa e triste,
per chissà quale misterioso movimento della sua personalità la portò nella sua camera e volle
giocare con lei, le fece provare tutti i suoi migliori vestitini e risero insieme, persino quando
quella bambina involontariamente stracciò il vestito di seta che Beatrice doveva mettere per
la prima volta in una festa per bambini, lei non smise di essere allegra e addirittura le regalò
una delle sue bambole, per consolarla, infatti quella poverina si era messa a piangere per il
dispiacere e la confusione del danno arrecato al vestito nuovo. In quel momento entrò il
Principe, mandò via l'intrusa e volle sapere tutto, avendo equivocato tutto. Beatrice sotto lo
sguardo del padre si sentì costretta a mentire per non deludere l'immagine della monella
bizzosa che lui si era fatta di lei; e gli raccontò che per capriccio aveva voluto giocare con
quella bambina, mentre in realtà lo aveva fatto per non vederla triste e sola in cucina, e che
invano si era opposta al suo desiderio di indossare il proprio vestito e glielo aveva stracciato,
perché non sopportava l'idea di indossarlo dopo lei, però vedendola piangere le aveva
regalato la bambola. Suo padre aveva creduto a questa versione dei fatti e Beatrice non
aveva mai potuto mostrarsi generosa apertamente, non perché il Principe fosse di sentimenti
meschini, ma perché credeva una forzatura dei sentimenti educare la figlia ad essere più
altruista.
Ma questo sbaglio di valutazione non compromise la natura di sua figlia, fu qualcosa di più
che lo riguardava personalmente a scuotere la fiducia incondizionata di Beatrice nella bontà,
nella bellezza dell'amore. A tredici anni per caso ascoltò una conversazione fra un gruppo di
uomini; amici di casa; certe frasi brutali sul matrimonio, sulle donne, e di conseguenza sugli
istinti dell’uomo la turbarono.
"Il matrimonio è una prostituzione legale."
“L'amore, è solo una romantica parola; i favori della donne si ottengono per denaro e per
amore, al primo ricorrono i vecchi, i viziosi. al secondo i giovani; ma è sempre la stessa cosa,
si finisce sempre a letto...
" La donna è solo e soltanto la femmina dell'uomo, un animaletto grazioso con cui passare
delle ore piacevoli."
"Tutte le donne sono sgualdrine... eccetto mia madre, ma anche lei è donna, perciò anche lei
lo è! "
“I preti non sono tanto cretini hanno trovato il modo per condannarci tutti, chi in materia di
lussuria è senza peccato scagli la prima pietra. “
Suo padre aveva cercato di replicare e un altro ridendo con uno strano risolino aveva detto:
"Lei Altezza è una mosca bianca, dopo la morte della Principessa non ha cercato le facili
conquiste, però... Ogni tanto un naufragio lo fa anche lei, se non sbaglio quella signora con
cui l’ho vista...
“Quella signora diventerà mia moglie appena mia figlia sarà in età adulta da capire come mai
dopo una dozzina d'anni di venerazione al ricordo di mia maglie, cioè sua madre, io le metta
a fianco un'estranea che, pur essendo degna di farle da madre, non lo è, e non lo potrà mai
essere, per tanti motivi."
Beatrice aveva riflettuto su due cose, primo: suo padre aveva un'amante che intendeva
sposare e ciò significava che lo aveva perso, perché pur potendo accettare che secondo
l’espressione di quel tizio avesse qualche “naufragio” trovava insopportabile il pensiero di una
donna che le rubava il suo grande e meraviglioso papà; secondo: l'amore non era una bella
cosa, gli uomini lusingavano le donne per ottenerne i favori, ma dentro di sé le
disprezzavano, perché le consideravano oggetti o animali. A questa terribile lezione di vita,
diede due risposte; per suo padre, dato, che ormai lo aveva perduto, era meglio che seguisse
la morale e gli togliesse il disonore di fronte al mondo di avere un'amante che tutti gli sporchi
debosciati del loro ambiente gli rinfacciavano.
Con casuale noncuranza un giorno gli disse: - Come sarebbe bello avere una padrona in
casa, i servi fanno ciò che vogliono e nessuno li riprende; la nostra governante è vecchia e fra
poco dovremo mandarla in pensione.
- Ne prenderemo un'altra...- Azzardò suo padre, che non voleva illudersi.
- E dove la trovi? con i tempi che corrono è inutile illudersi... Sai, papà, mi è venuta un'idea:
perché non ti sposi?
Il resto non merita un resoconto particolare. Il Principe si sposò e Beatrice assistette al suo
matrimonio con la sua ex amante senza fare drammi. L'accolse con serena cordialità,
naturalmente non la chiamava mamma, ma con il suo nome, Luisa, e lei divenne una specie
di amica, di alleata per ottenere più di quanto potesse ottenere prima da sola; infatti suo
padre non si faceva più scrupolo a soddisfare i suoi capricci dato che avevano l'approvazione
di Luisa. L'altra risposta fu un'orgogliosa presa di posizione contro l'amore fisico, avrebbe
fatto impazzire tutti gli uomini ma non avrebbe concesso niente, non per virtù, ma per restare
nel suo piedistallo di regina, di dea. Lei, l'orgogliosa Beatrice avrebbe dovuto sottostare ai
volgari appetiti di un tizio qualsiasi che accecandola con le sue lusinghe l'avrebbe degradata
dal suo piedistallo e resa schiava; no, mai! Meglio la solitudine, meglio macerarsi il corpo
nell'astinenza piuttosto di una simile schiavitù. Non avrebbe mai avuto né amanti, né
fidanzati, né mariti ma solo corteggiatori, cavalieri serventi.
Più tardi parlando alla sua matrigna in generale della sua risoluzione ebbe da lei una preziosa
lezione:" E' un gioco pericoloso, rischi di bruciarti senza accorgertene; vedi, un uomo può
entusiasmarti se ti stringe una volta fra le braccia perché sei fatta di carne e non di marmo. E
per di più rischi di scegliere un uomo indegno."
Beatrice ebbe un pensiero ingenuo e lo esternò:" Vuol dire che non mi farò mai abbracciare
da nessun uomo".
Luisa sorrise. Bastò questo sorriso a farle capire che non bastava questa sua ingenua difesa
e che in tutti casi doveva essere capace di distinguere un uomo indegno da uno degno,
anche se personalmente Beatrice era convinta che della genia degli uomini non si salvasse
nessuno. La interrogò ancora e Luisa le spiegò che la miglior maniera di giudicare un uomo
era affidarsi alla propria sensibilità.
“ ...Se ti senti estasiata non solo quando ti abbraccia , ma anche quando ti parla vuol dire che
è degno di te, che lo ami veramente. “
Negli anni seguenti Beatrice fu combattuta dalla sua femminilità che si accresceva e dalla
consapevolezza che fra tutte le dee della mitologia lei poteva riconoscersi in Diana, l'unica
dea vergine che non aveva conosciuto l’amore umano e che era selvaggiamente gelosa della
sua debolezza femminile, non per niente aveva reso eterno il sonno del pastore Endemione.
Rileggendo questo mito nei Dialoghi di Leucò" di Cesare Pavese, si rese conto che una dea
dei boschi, simile a una ragazzetta, poteva avere una forza che stava in lei stessa, nella sua
determinazione e non nella sua divinità assente; bastava che gli altri la credessero
invulnerabile agli attacchi di passione per scoraggiarli, per costringerli ad un ideale sonno.
Peccato che gli Endemioni che conosceva fossero ben svegli dal punto di vista fisico e
addormentati dal punto di vista morale, altrimenti si sarebbero accorti da un bel pezzo che
quando facevano i cascamorti erano irrimediabilmente condannati ad essere scartati. Infatti al
contrario del previsto Beatrice avrebbe voluto incontrare qualcuno che rispettando la sua
personalità e le sue prerogative di dea le facesse cambiare idea sull'uomo e sull’amore.
Si trovava in questo stato d'animo quando incontrò Davide.
III CAP.
Davide con la sua corte discreta riuscì a conquistare Beatrice perché era un tipo semplice,
diverso dagli altri, né il denaro, né l’ambiente corrotto lo avevano reso meschino ed egoista,
ed era capace di grandi slanci. Amava il bello e il buono, si appassionava come un bambino a
tante cose, era dolce, forse un po' debole di carattere, ma si sforzava di non esserlo. A
ventiquattro anni era pieno di entusiasmo per la vita, per l'amore puro. Recisamente rifiutò di
occuparsi di affari come gli suggeriva suo padre, e sebbene non ne avesse bisogno volle
laurearsi in architettura e appena laureato esercitò questa professione come una giocosa
avventura, infatti non dovendo lottare per la carriera si fece un vanto di costruire e arredare
case secondo il suo genio; gli altri suoi colleghi stentavano, a trovare un lavoro e dovevano
accontentarsi di impieghi non consoni alla loro laurea oppure di cominciare come miseri
assistenti negli studi di altri architetti affermati; invece lui si era subito allestito uno studio
proprio e poteva benissimo accettare o rifiutare qualsiasi offerta.
Davide non era stupido e capiva benissimo che la sua posizione sociale lo avvantaggiava e
ciò a volte gli procurava una certa crisi di coscienza. Questa sua sensibilità agli occhi di
Beatrice lo onorava e quando gliene parlò, lei gli consigliò di non lasciar perdere come era
tentato di fare, ma di continuare a fare sempre meglio, soltanto così poteva dimostrare a se
stesso e agli altri che se la sorte gli aveva risparmiato dei sacrifici, in fondo, non aveva
favorito un incapace.
- Tu hai delle capacità per il tuo lavoro, lo ami; anche se non salti il pasto e la cena per non
tradire le tue convinzioni e per affermarti non devi aspettare la vecchiaia non vedo perché ti
devi sentire umiliato quando pensi ai tuoi ex compagni. Figurati se loro non vorrebbero essere
al tuo posto! ti assicuro che non avrebbero i tuoi scrupoli! Appena laureato hai uno studio tuo
e dei clienti, ma che vuol dire ciò? In fondo vivi del tuo, da quando hai cominciato a lavorare
non hai più voluto un soldo dalla tua famiglia, perciò sei a posto moralmente.
Beatrice si innamorò furiosamente di lui perché la capiva e le aveva ridato la fiducia nel
mondo e negli uomini. Lui sapeva circondare la sua dea, come la chiamava, di mille
romantiche attenzioni, e sciolse il suo blocco psicologico, formatosi tanti anni fa in quel
terribile pomeriggio quando non vista aveva ascoltato una conversazione non adatta alla sua
età. Le spiegò fra l'altro, che esiste l’amore-piacere che è vizio, quando è ricercato soltanto
quello, e che esiste l'amore-gioia che non degrada perché è connaturato alla stima,
all'altruismo e all’eternità.
- Baciami e stringimi forte fra le braccia Davide!
L'abbracciò e la baciò con tenera passione e Beatrice estasiata scopri che ciò non gli dava la
ripugnanza prevista, anzi si sentiva morire dalla felicità, il suo corpo vibrava di ingenua
passione. Adesso sapeva che si era realizzata la profezia di Luisa; una dea non si degrada
se ama, se l'uomo amato è degno di lei. E Davide lo era! Formavano una coppia perfetta:
giovinezza, bellezza, ricchezza e comunione di gusti! Stavolta niente avrebbe Incrinato la sua
felicità, o l'avrebbe resa meno splendida, perché così voleva. Il fato non poteva contrastare i
desideri degli dei e loro lo erano!
Davide lesse sul suo viso tutte queste emozioni e sentì una dolorosa, assurda fitta al cuore;
perché l'intensità del sentimento di Beatrice quasi lo spaventava, perché si accorgeva che la
sua superba dea lo aveva elevato alla sua altezza e lui non si sentiva capace di dominare gli
eventi e le persone come lei. Lo sgomento passò presto e si trovo a ridere.
- Perché ridi?
- E' perché sono felice, e anche per un'altra ragione.
- Quale?
- Ho scoperto che la principessa Beatrice Orsini, la famosa divoratrice di uomini...
- Io non sono mai stata una divoratrice di uomini, ma soltanto una calpestatrice di uomini e
delle loro vanità.- Puntualizzò subito lei, non facendolo finire. – Scusami, ti ho interrotto,
continua.
- Volevo dire che con tutta la tua terribile fama ho scoperto che sei inesperta come una
fanciulla d'altri tempi, non sai baciare per esempio.
- E’ vero, pur sapendo teoricamente tutto, non ho nessuna esperienza di queste cose; ho
sfuggito sempre il contatto personale con i miei cavalieri serventi. Mi ripugnava ogni loro
tentativo di intimità, ma adesso con te è diverso. Mi sembra così naturale e bello stare fra le
tue braccia che sono contenta di poterti dedicare la mia inesperienza, la mia incredula gioia,
la mia meravigliosa voglia di amare.
- Cara! Ti amo tanto e non vedo l'ora che tuo padre ci conceda di sposarti al più presto, e non
ponga nessuna obiezione al nostro matrimonio.
- Obiezione non ne farà, però vorrà che ci sia fra noi un periodo regolare di fidanzamento
prima di convolare a giuste nozze; lo conosco e conosco persino il suo cerimonioso modo di
affrontare quest'argomento: "giuste nozze", "fidanzamento” ti assicuro che userà sicuramente
queste espressioni antiquate. E parlerà anche di "dote"! - Beatrice derise la mentalità del
padre con vero scandalo di Davide, che in un certo senso approvava che, almeno nelle
questioni cerimoniali, le famiglie si prendessero le loro lecite soddisfazioni.
***
Specialmente il Principe non era disposto a transigere che le "giuste nozze" non avvenissero
dopo un normale periodo di “fidanzamento” in modo che potessero essere compiuti tutti i
tradizionali preparativi e tutte le tradizionali feste; non si sposava certo una comune mortale,
ma la principessina Beatrice! Intanto che “dote” darle? Bisognava che questa fosse adeguata
al loro ceto, sebbene i ricchi borghesi del loro tempo possedessero ricchezze superiori a
quelle delle ultime famiglie nobili che con i denti e con piccoli compromessi mantenevano il
decoro e la dignità del loro grado, non bisognava sfigurare. La famiglia degli Orsini era
indubbiamente ricca, però realizzare subito una cospicua dote non era facile, le procedure
legali erano lunghe e fastidiose; ecco un altro motivo perché il Principe Giulio Orsini voleva
prendere tempo. Sua moglie Luisa sapeva però che queste considerazioni pratiche servivano
solo per gli estranei, il fatto era che quell'intruso venuto a rubargli la figlia adorata non godeva
tutte le sue simpatie; sebbene fosse un ottimo partito; perciò con varie scuse procrastinava le
nozze, voleva ancora godersi la sua meravigliosa Beatrice e rimandare di giorno in giorno il
momento della separazione, il momento in cui l'avrebbe persa.
- Ma non la perdi! I futuri sposi abiteranno a Roma e potrai vedere Beatrice a tuo piacimento.
- Io non sono così sentimentale come credi, mia cara, io...
Mentre il principe Giulio cercava invano di convincere la moglie di non essere un cuore tenero
il fidanzamento proseguiva. Venne l’estate e tutta la famiglia andò nella loro villa al mare,
Davide con il suo cutter e il suo equipaggiamento subacqueo al completo li raggiunse,
prendendo alloggio nel miglior albergo della zona.
Patrizia, che da quando erano morti i suoi genitori viveva stabilmente in casa degli zii, aveva
visto con disappunto esplodere quell'amore; perché aveva avuto un debole per Davide, ma si
mise il cuore in pace. Quell'estate aveva conosciuto un ragazzo danese e con il permesso
degli zii lo aveva invitato e lo aspettava di giorno in giorno. Non lo amava veramente, però
voleva che la sua superba cugina capisse che non le era certo da meno nelle conquiste
amorose. Inoltre era imbarazzante vedere "quei due" sempre assieme e fare la parte del
terzo incomodo. Le gite e tutto il resto potevano avere un altro sapore se lei non fosse stata
costretta a cambiare cavaliere ogni volta: Beatrice e Davide, Patrizia e vattelapesca! I suoi
accompagnatori erano bravi ragazzi, ma senza grinta; con Mark tutto sarebbe stato diverso e
poteva anche darsi che in un ambiante così suggestivo fra loro potesse nascere quella cosa
splendida ch'era l'amore! Finora con Mark tutto si era mantenuto nei limiti di una
spregiudicata schermaglia.
La povera Patrizia non sapeva che il suo piano di rivalsa nei confronti di Beatrice era
destinato a fallire!
***
- Dai, corri, facciamo a chi arriva prima alla spiaggia!
- Fermati Beatrice! Che idea di voler fare il bagno a quest’ora!
- C’è una luna meravigliosa e tu vorresti andare a dormire? Vergognati Davide! La notte è
mia, anzi nostra!
Arrivarono fino alla spiaggia, a stento Davide trattenne Beatrice dal fare il bagno.
- Sei accaldata e sudata, e per di più non hai il costume da bagno; non vorrai tuffarti in abito
da sera o addirittura nuda, spero?
- D'accordo, d'accordo. Rinuncio a fare il bagno, però permettimi di sdraiarmi su questa
solitaria spiaggia e contempliamo insieme la divina Selene.
- Sdraiamoci pure, tuttavia non lasciarti andare in voli troppo romantici, perché la luna, la tua
divina Selene non è diventata la altro che un volgare satellite dove degli altrettanto volgari
uomini hanno lasciato le loro volgari impronte.
- Davide, Davide non essere così prosaico! La luna che voglio contemplare io non è questo
modesto satellite della terra, ma l'altra quello degli antichi miti. Tu sei come quello sventurato
di Gagarin che davanti allo spettacolo dello spazio celeste seppe solo dire: " In cielo non ho
trovato Dio”.
- In compenso c'è stato un altro astronauta, americano però, che si è messo a citare la
Bibbia!
- Che peccato! Persino nella libera galassia abbiamo dato esempio di essere schiavi delle
ideologie! Noi non siamo schiavi, pertanto contempliamo con serena e commossa gioia
questo cielo e questa luna.
- Sì, Beatrice.
- Lo sai che gli antichi confusero la dea Selene con Artemide, cioè la dea Luna con Diana?
- Sì, ma dimmi perché ti piace tanto il mito di Artemide o Diana?
- Perché mi sono sempre riconosciuta in lei. Appoggia la tua testa sulle mie ginocchia e chiudi
gli occhi e fingi di dormire.
- Ecco fatto! Ma non capisco perché devo farlo.
Beatrice si chino su di lui e lo baciò.
- Adesso lo hai capito? Davide, rispondimi, su, apri gli occhi, non intendo baciarti ancora.
Davide finse di non sentire e Beatrice capì cosa si aspettava; lo baciò ancora.
- E' meraviglioso fare Endimione! - Esclamò felice, aprendo gli occhi.
- Allora lo avevi già capito, vero?
- Debbo confessare di sì. Selene o Artemide, secondo le due versioni, rende eterno il sonno
di Endimione, un pastore greco, per poter scendere la notte a baciarlo sul monte Datmo. Così
hai voluto fare tu, in una dolcissima imitazione. Ma adesso andiamo; voglio domani, compiere
una nuova esplorazione subacquea. Tu ti estasi guardando il cielo, io immergendomi nel
fondo del mare.
Ripercossero il tratto di spiaggia già percosso e salirono in macchina che avevano lasciato
sulla strada. Di lì a poco si salutarono e Beatrice andò nella sua stanza.
IV CAP.
L'autista degli Orsini il giorno seguente raggiunse la banchina del porto dov'era attraccato il
veloce cutter dell'architetto Bellonci.
Era mattina presto e Davide era appena sceso dall'albergo e trafficava con le bombole di
ossigeno controllando che tutto fosse a posto. Sollevò lo sguardo al rumore della macchina,
sorpreso vide scendere l'azzimato autista di casa Orsini. Ebbe un presentimento di sciagura,
ma lo scacciò.
- Buongiorno signore.
- Buongiorno Auselmo. tutto bene? La signorina Beatrice sta bene? E anche gli altri?
- Sì, signore. Sono venuto perché la signorina Beatrice mi ha detto di venire subito a cercarla
e di dirle di venire alla villa. Immediatamente.
- Non capisco... La mia fidanzata sta bene davvero? Non è successo niente di grave?
Forse....
- Non è accaduto niente, si tranquillizzi, la signorina insieme ai signori e a sua cugina e
all'ospite stavano facendo un'allegra colazione.
- L'ospite? Quale ospite?
- Il signor Maxk, il suo cognome non lo ricordo, è così difficile, non per niente lui è straniero,
anche se parla un discreto italiano. E' arrivato ieri sera tardi, poco dopo che la signorina è
rientrata.
Davide immaginò che quell'improvviso ordine fosse un capriccio di Beatrice, probabilmente
per dimostrare il suo, ascendente su di lui. Non ci voleva molto per rappresentarsi la scena:
tutti in giardino, qualche parola, un sorriso troppo impertinente della cugina e subito Beatrice
saltare su, chiamare l'autista, e farlo latore di un assurdo messaggio. Guardò la faccia
paziente di quell'uomo, poi il mare, poi il suo equipaggiamento di sub; infine decise!
- Dica alla signorina che sarò alla villa fra due ore, il tempo di fare la progettata escursione
subacquea, anche se durerà meno di quanto avevo stabilito, per poter essere da lei all'ora
che ho detto.
- Mi scusi signore, ma poiché è già disposto a fare una concessione simile, non sarebbe
meglio che venisse adesso alla villa?
- No, sono un fidanzato innamorato, ma non debole fino a questo punto! – E senza più
badargli riprese a fare i suoi controlli e poco dopo si era già staccato dalla banchina
All'autista non restò che fissare il veloce battello che si allontanava e scuotere il capo. Da una
parte approvava il comportamento del giovane e dall'altra si rammaricava che fosse così
orgoglioso nel suo tentativo di non mostrarsi debole.
Risalì in macchina e si diresse alla villa.
Beatrice era ancora in giardino, avevano finito di fare colazione, il principe e sua moglie si
erano ritirati, erano rimasti le due cugine e l'ospite a chiacchierare. Beatrice subito chiese
ansiosamente all'autista dove fosse il signor Davide; ascoltò pallida la sua ambasciata. Non
raccolse gli inviti scherzosi di Patrizia e di Mark di non prendersela con il suo fidanzato, di
lasciarlo un po’ in pace, non c'era pericolo che la tradisse con qualche sirena marina!
Ella non aveva mandato a chiamare Davide per capriccio o per provare di fronte alla cugina e
la sua conquista il suo potere su Davide, come aveva sospettato lui; bensì per un
superstizioso affanno, proprio quella notte, dopo aver ricevuto cordialmente Mark era ritornata
nella sua stanza e si era addormentata facendo un orribile sogno! Aveva visto prima Davide
uscire in mare con il cutter e poi tuffarsi al largo equipaggiato da sub e non veniva più in
superficie! Poi vide Davide sulla spiaggia, sembrava addormentato, lei chiamandolo
Endimione lo baciava e cercava di svegliarlo, ma era morto! Si era svegliata in un bagno di
sudore. Quel sogno le sembrò premonitore e sebbene cercasse di sfuggire alla sua
suggestione non poté resistere all'angoscia che le dava il pensiero che Davide
inconsapevolmente si avviasse a un orribile sorte e diede quell'imperativo ordine di chiamare
Davide, di fermarlo e di portarlo alla villa. Rimase immobile, sgomenta di non essere riuscita a
fermarlo! “ Dovevo andarci io, supplicarlo di non compiere questa maledetta escursione
subacquea! Mi dovevo infischiare della reazione dei miei parenti al mio gesto!” Beatrice con
quella spaventosa fantasia che aveva si era già immaginata gli sviluppi tragici della sua
premonizione e considerava Davide perduto!
Visse due ore come in trance in attesa che le portassero la notizia della catastrofe. Questo
fatalismo esagerato e fra l'altro per lei inconsueto ricevette un duro colpo quando invece della
luttuosa notizia, portata da uno sconvolto messaggero, arrivò Davide tranquillo e sorridente!
Beatrice, scioltasi la sua paura alla sua vista; non si rallegrò, quasi non potesse ammettere
che la sua premonizione fosse stata smentita così clamorosamente e che pertanto non
essendo Davide morto la sua agghiacciante angoscia provata in quelle lunghe ore fosse stata
inutile. Si sentì invadere dall'ira, non perché Davide fosse scampato alla disgrazia
immaginata, non era tanto crudele da voler avere ragione anche in tal caso e sentirsi irata
perché l'aveva contraddetta e non era morto; bensì perché riflettendo si rese conto che lui
con il suo rifiuto di venire da lei, qualunque fosse stata la causa, l'aveva offesa. Appena
furono soli l'attaccò e concluse infine tragica: - E' inutile che cerchi di giustificarti, ti ho
mandato a chiamare e non sei venuto! Potevo essere moribonda...
- Ma l'autista mi ha detto che...
- Qualunque cosa ti avesse detto tu dovevi venire, dovevi pensare che se ti mandavo a
chiamare un motivo c’era.
- Per capriccio, non c’era altro un altro motivo lo so, e la tua permalosità è troppa lascia che
te lo dica. Mi fai una scenataccia, perché? per niente, senza motivo, come senza motivo mi
hai mandato a chiamare. - Davide era un po' seccato, non riusciva a capire come per un
capriccio la sua cara fidanzata, che per lui aveva messo da parte le sue arie pretenziose, lo
tormentasse così.
Beatrice intuiva che avrebbe avuto ai suoi piedi Davide grato e pentito se gli avesse rivelato il
motivo della convocazione; ma era troppo orgogliosa per dirglielo, non voleva rivelargli
quanto fosse sciocca e innamorata di lui. Perciò tacque e cercò di fargli capire che in tutti casi
aveva mancato con lei di fiducia e di considerazione.
- Sarò permalosa, ma una cosa è certa: mi hai dimostrato che non posso contare su di te,
non riempio la tua vita; io valgo meno di una banale escursione subacquea ammettilo!
- La verità è che tu non permetti al tuo schiavo di trasgredire un ordine, la dea ha capricci
divini é, come tali, sono ordini. - Replicò lui con una punte di sarcasmo.
- Stupido! Non voglio più vederti, non sei buono neanche come schiavo! E mi sento
degradata ad averti considerato uguale a me!
Beatrice poteva sopportare tutto, meno che Davide avvilisse se stesso e lei in quel modo.
Indispettita mantenne il suo proposito, inutili furono tutti i tentativi di Davide di rivederla,
eppure era sicuro che se l’avesse rivista ancora una volta l'avrebbe riconquistata; e proprio
per questo lei evitava in tutti i modi di rivederlo. Intanto per smaltire la sua rabbia si faceva
corteggiare da Mark che sembrava aver perduto la testa per lei, con grave disappunto di
Patrizia.
***
La voce e il viso della cameriera erano contriti.
- Mi dispiace signor Bellonci, la principessina Orsini non vuoi riceverla... Potrei dirle che è
occupata ma sarebbe una bugia.
- Ho capito, buongiorno.- Davide furioso di quest'ennesimo rifiuto penso al da farsi. Mentre si
allontanava vide Patrizia, la fece salire in macchina e si sfogò con lei: - Beatrice non vuol
vedermi; non esce dalla villa o se lo fa evidentemente lo fa in orari insoliti, non risponde alle
mie telefonate, mi rimanda indietro fiori, lettere e regali con cui cerco di farmi perdonare, e
quando vengo a cercarla mi fa rispondere esplicitamente che non vuole ricevermi! E’ una
creatura perfida, senza cuore.
- A chi lo dici! La cara Beatrice mi ha “soffiato” anche Mark!
A questa notizia Davide sentì venire meno il suo risentimento e pensò disperato: “ Debbo
vederla assolutamente o se no la perdo!" Guardò Patrizia ed ebbe un'idea: alla villa Orsini
non lo ammettevano più perché rotto il fidanzamento, era un estraneo; ma cosa gli impediva
di entrarvi ancora sotto un'altra veste?
La sua voce divenne dolce e carezzevole quando si rivolse a Patrizia.
- Possiamo dimenticare i nostri rispettivi partners e consolarci tra noi, che ne dici?
- Non sarebbe un'idea cattiva, anche perché... insomma, io...per me non sarebbe solo una
vendetta...
Davide ebbe per un momento scrupolo ad approfittare della sua evidente simpatia per lui e
lusingarla così bassamente, ma lo scacciò subito: Patrizia era una ragazza moderna, non si
sarebbe certo ammazzata quando avrebbe saputo la verità.
Confidando in ciò le gratificò il suo migliore sorriso e le mormorò – Anche per me non si
tratterebbe una vendetta...
Non furono necessarie altre dichiarazioni per far credere alla povera Patrizia d'aver sostituito
a meraviglia nel suo cuore la perfida Beatrice, o meglio si sforzò di crederlo, perché intuiva
confusamente che la capitolazione di Davide era sospetta, tuttavia poiché apparentemente gli
avvenimenti sembravano rafforzare le sue illusioni non vedeva la necessità di mostrarsi
troppo diffidente. Così nel giro di qualche giorno Davide fu accolto e considerato come un
fidanzato, seppure non ufficiale, di Patrizia.
Veramente il principe dapprima non voleva accettare questa svolta degli avvenimenti; in fin
dei conti si trattava sempre dell’ex fidanzato di sua figlia e non sarebbe stato di buon gusto fra
l'altro offendere la suscettibilità di Beatrice; però Luisa sua moglie, che vedeva più lontano di
lui, gli consigliò di non fare storie, perché tutto sarebbe finito nel migliore dei modi, sempre
che non si ostacolava il corso delle cose.
V CAP.
Si tornò in città, e le cose, non ostacolate da inopportune severità, si misero nel migliore dei
modi. Beatrice si sforzò invano di trattare freddamente Davide, ma infine non poté fare a
meno di dimenticare tutto e ricominciare ad amarlo con rinnovata intensità. Riguardo a
Patrizia non si preoccupava, sapeva benissimo che solo per riaccostarsi a lei Davide aveva
finto di amarla.
Questa storia d’amore che aveva rischiato di finire male per un puntiglio fece capire a
Beatrice quanto fosse importante per lei, e in fondo sebbene si fossero lasciati era stata
sicura che tutto prima o poi si sarebbe sistemato.
- Così, mentre io mi tormentavo per salvare il nostro amore, tu eri tranquilla?
- Perché ero certa che non ti avevo veramente perduto e che saresti tornato da me. Giocavo
a fare l'offesa e aspettavo, fingevo con me stessa di non sapere che mai avrei potuto
dimenticarti e mi affannavo a farmi corteggiare da Mark, del quale sia detto per inciso non mi
importava niente.
Risero felici di essersi ritrovati.
Patrizia, secondo la previsione di Davide non si ammazzò quando seppe la verità. Però non
la prese del tutto sportivamente, perché si può essere moderne quanto si vuole, ma in queste
genere di faccende non c'è modernità che tenga.
Patrizia prima si rose di rabbia e di delusione, poi passò al contrattacco, dimostrando che non
si può giocare impunemente con i sentimenti femminili. Essere stata solo un paravento per le
manovre di riconquista di Davide l'esasperava e all'amore per Davide si univa anche la
gelosia verso la cugina.
Con cura preparò la sua battaglia, mise fuori tutto il suo fascino e tutte le sue astuzie
maliziose per conquistare Davide. Beatrice intuì subito i maliziosi propositi di Patrizia, ma non
volle umiliarsi, mostrandosi gelosa di lei e persino dapprima superbamente ne rise,
eccessivamente sicura di sé e dell'amore di Davide; poi fu troppo tardi per padroneggiare gli
avvenimenti, che precipitarono verso l'inevitabile epilogo.
Patrizia non faceva un gioco leale e non combatteva con le stesse armi di Beatrice, ma,
dimenticando ogni dignità, faceva leva sull'attrazione fisica e sul desiderio che suscitava negli
uomini il suo stupendo corpo. Davide non era un santo ed era difficile rifiutare sempre quelle
sfacciate profferte, tanto più che non era aiutato da Beatrice a sfuggire quell'affascinante
tentazione, infine crollò.
Tutto avvenne in un modo banale, mentre si trovavano a Cortina d 'Ampezzo, all'inizio della
stagione sciistica. Avevano preso alloggio nel migliore albergo, oltre loro tre c'erano anche
Luisa e Mark, quest'ultimo era ricomparso all’improvviso sempre più innamorato di Beatrice.
Con una scusa Patrizia si era trascinato dietro Davide per un'escursione a due, e invano
Beatrice attese il loro ritorno in albergo, soltanto verso l'alba sentì rientrare Patrizia
nell'adiacente stanza, e la sentì canterellare mentre si svestiva.
Dormì fino a tardi e quando scese a fare colazione disse con leggerezza: - Abbiamo fatto
tardi, perché siamo stati bloccati al rifugio dalla neve, vero Davide?
Lui non disse niente. Beatrice aveva voglia di urlare, di correre fuori verso la montagna e
lasciarsi morire perché non sopportava la laidezza di quel tradimento, ma non si lasciò
sfuggire una sillaba. Pur essendo l'albergo riscaldato sentiva un gelo incredibile in tutto il
corpo. Stavolta sapeva ch’era davvero finita con Davide; no, lui non l'avrebbe mai lasciata per
Patrizia, che in questo si era sbagliata completamente, amava sempre lei, Beatrice, e
avrebbe continuato ad amarla anche dopo qualunque avventura! Era pentito e si sarebbe
ammazzato per cancella re quel momento di debolezza.
Beatrice lo sapeva e sapeva che non aveva perduto neanche una briciola del suo amore,
eppure irrimediabilmente era finito tutto, non per l'improvvisa delusione, perché onestamente
se l'aspettava, né tantomeno per la morte del suo sentimento, perché al contrario del previsto
continuava ad amare Davide con la consueta intensità. Forse se si fosse lasciata andate a
sfogare il suo dolore e il suo sdegno con parole e pianti, invece di tenersi tutto dentro,
avrebbe potuto ritrovare se stessa e il perduto incanto di quell’amore, ossia dimenticare
l'infedeltà e sposare il pentito Davide. Con Davide e Patrizia finse di non sapere e si mostrò
tranquilla come prima.
Con fredda determinazione aspettò il momento giusto per lasciarlo a Patrizia; infatti
assurdamente provava una specie di pietà verso la cugina e voleva che almeno lei fosse
felice, e che non fosse inutile il gesto di bassezza che aveva compiuto... C'era una specie di
solidarietà femminile nel suo operato; infatti, se lei avesse perdonato Davide, tutto il peso di
quel riprovevole e indegno tradimento sarebbe ricaduto su Patrizia e Davide ne sarebbe
uscito fuori netto e pulito, quasi che non fosse anche lui colpevole quanto Patrizia o forse più,
perché almeno lei lo aveva fatto per amore. Qualunque fosse la molla segreta che spingeva
Beatrice a mettersi da parte e favorire i due amanti, non lo sapeva in fondo neanche lei, una
cosa era certa, condusse le cose con tanta abilità che ingannò tutti.
Finse di essersi innamorata di Mark sul serio e chiese addirittura perdono a Davide di ciò, e
con queste proteste di perdono lo lasciò. Aveva previsto tutto; così si prese l'amara
soddisfazione di decidere per gli altri.
- Ma come puoi permettere che quel Davide sposi Patrizia? - Protestò suo padre.
- Non vedo perché dovrei impedirglielo... In fondo l'ho piantato per Mark e non c'è niente di
male che si consoli con Patrizia! Se andava bene come partito della principessa Beatrice
Orsini andrà bene anche per Patrizia, che appartiene a un ramo collaterale della nostra
famiglia.
- Che c’entra? Non si tratta di questo!
- Meglio ancora allora. Piuttosto papà, che ne dici di MarK? Va bene come mio marito?
- Vuoi davvero sposarlo? – domandò stupito suo padre e diede un’occhiata a sua moglie in
attesa di un suo parere illuminante.
Luisa stavolta non poteva consigliarlo, ne sapeva qualcosa di più di lui, però ingannata dal
modo come Beatrice aveva reagito alla spiacevole storia di Cortina d'Ampezzo non riusciva a
collegare le due cose; cioè il matrimonio di Davide e Patrizia con il travolgente amore che
Beatrice mostrava per Mark, e la cosa più disorientante era che a quanto pareva Beatrice
intendeva sposare Mark!
- Non so, Beatrice mi aveva già parlato di questa sua intenzione, ma non l'ho presa sul serio,
ed evidentemente ho sbagliato. Tocca a te decidere, caro.
- Ti sbagli, Luisa, tocca a me decidere: Mark mi piace e me lo sposo! Tuttavia per non dare
l’impressione di fare le cose affrettate, lasciamo che Patrizia sposi il suo Davide e poi
penseremo al mio matrimonio.
Quest’idea piacque al principe che non vedeva di buon occhio quel Vikingo.
***
Mark, quando andò a prenderla, nel suo incerto italiano, domandò a Beatrice: - Non capisco,
tuo padre mi ha osservato poco fa in un modo strano, non ha risposto al mio saluto e voltato
spalle come estraneo; perché?
- Perché non gli vai a genio come futuro marito di sua figlia.
- Cosa vuoi dire?
- L'hai già capito.
- Io non speravo certo che tu…sì, insomma... Allora vuoi dire che mi ami davvero, che...?
Aiutami a dirlo, gioco, niente gioco?
- Sei troppo intelligente per non capire che in effetti si è trattato di un gioco e che sto
portandolo avanti fino in fondo. Mi dispiace per Mark, ma io non ti amo; anche se ho fatto in
modo che tutti lo credessero.
- Anche il matrimonio, il nostro, sarà una finzione, un gioco?
- Tra noi non ci sarà nessun matrimonio. Dopo ti spiegherò.
Mark la guardò con quei suoi occhi troppo chiari, dentro c'era smarrimento e una spirale
sottile di furore represso. Beatrice pensò nella sua granitica calma che l'unico a rimetterci in
quella disgraziata storia era Mark, incapace di capire i motivi di quel castello di menzogne, di
raggiri. A questo pensiero sentì un fremito di rimorso e di compassione per lui. Per un attimo
provò la dolcezza di soffrire per lui.
Sollevò la mano, gli carezzò il viso angoloso, i capelli, la nuca, e seguendo il suo impulso lo
costrinse ad abbassare la testa e lo baciò dolcemente sulle labbra.
Era un bacio dolce, privo di sensualità e voleva chiedere perdono e comprensione.
Lui non lo capì e, scambiando il significato di quel bacio, allungò pesantemente le mani,
Beatrice si rivoltò con decisione e si rincantucciò in un angolo della macchina, che Mark
aveva preso a nolo. Era triste perché non poté fare a meno di pensare che Davide, sì,
l'avrebbe capita e non avrebbe mai approfittato di un momento d'abbandono per trattaria
come una poco di buono. Lui la conosceva, e sapeva rispettare la sua sdegnosa riservatezza
e mai si sarebbe azzardato ad offendere la sensibilità della sua dea. In quel momento le
apparve inconsistente il motivo per cui stava rinunciando all’unico uomo che amava.
Ebbe una voglia matta di tornare indietro, ma oramai era troppo tardi; tardi per pentirsene,
tardi per dimenticare, tardi per non sapere l'altra verità spiacevole, cioè che Patrizia dopo
quell'avventura in montagna aspettava un bambino! Questo fatto aveva convinto Davide,
altrimenti non si sarebbe mai rassegnato all'abbandono di Beatrice.
- Offesa? - Le domandò Mark.
- No, figurati! - rispose con voce sprezzante al gigante biondo che le sedeva al fianco.
- Allora tutto come prima?
Annuì, e pensò sarcastica: “ Ma certo, mio bel cavaliere dei fiordi norvegesi! non posso ancora mandarti al diavolo, mi serve un fidanzato fasullo e in mancanza di meglio vai bene tu!”
Andarono a ballare e poi lui la riaccompagnò a casa, poiché proprio in quel momento si
imbatterono in Davide, che usciva dopo aver partecipato a una riunione familiare, Beatrice
con simulata passione abbracciò Mark, mentre intimamente avrebbe voluto tagliarsi le braccia
piuttosto che abbracciare quell'idiota.
***
Venne il gran giorno e Beatrice sfoggiò una toilette straordinaria, più splendida di quella della
sposa. Apparentemente niente turbava Beatrice, ma il suo cuore di dea orgogliosa
sanguinava mentre assisteva alle nozze di Davide e di Patrizia, che in gran pompa univano le
loro vite.
Partiti gli sposi per il viaggio di nozze Beatrice preparò anche lei la sua partenza. Con la
scusa di andare a conoscere i genitori di Mark partì in aereo con lui. Giunta ad Oslo licenziò il
suo fasullo fidanzato, girò la città e poi scrisse al padre: " Caro papà, forse ti farà piacere
sapere che ho troncato il mio fidanzamento con Mark; la realtà non fa mai bene agli eroi, il
mio cavaliere dei fiordi si è rivelato una persona comune, con una famiglia comune, piena di
fratelli, tutti biondi e con gli occhi slavati; spaventoso risveglio! Le terre nordiche non fanno
per me, perciò con il tuo permesso mi ritemprerò dalla delusione andando un po’ in giro per il
mondo. Assieme a Luisa ti abbraccio Sempre la tua folle Beatrice - P. S. I maglioni norvegesi
promessi a Luisa li ho già spediti, ma non sono un granché, sono migliori quelli falsi comprati
in Italia."
Questa lettera, o meglio il suo tono, mise tranquillo suo padre che credette nella sua originale
spensieratezza e non seppe mai che Beatrice la scrisse dopo aver pianto a lungo. E poiché in
effetti gli faceva piacere quella rottura di fidanzamento le accordò il suo permesso, e le
mandò un ricco assegno.
Subito dopo Beatrice lasciò Oslo e si buttò nella vita mondana di Parigi.
Fu solo l’inizio, viaggiò a lungo, fece persino una crociera favolosa nei mari del Sud, si
comprò abiti e gioielli meravigliosi, ebbe molti flirts; ma nonostante ciò non riuscì a
dimenticare Davide, era divenuto il suo amore una specie di maledizione che le impediva di
essere felice.
Lei voleva dimenticare la sua pena d'amore, ma non ci riusciva
VI CAP.
A ventitré anni Beatrice andò in Spagna, dove ebbe un incontro decisivo con qualcuno che
doveva mutare la sua vita.
In Spagna Beatrice, da brava turista, non mancò di andare ad una corrida; e com'era nel suo
carattere bizzarro parteggiò per il toro, anche se ovviamente non c’era speranza che potesse
vincere, le corride ormai erano troppo addomesticate, e tutte a vantaggio del matador...
Il toro non avrà mai più il cuore in alto, come ai tempi di Garcia Lorca; la morte di Manolete ha
insegnato a non affrontare tori pericolosi; e persino a renderli inoffensivi, Hemingway
chiuderebbe gli occhi disgustato di fronte alla viltà di quelle corride ad uso e consumo dei
turisti.
Espresse questo suo pensiero a un tipo che le stava vicino e quello scandalizzato esclamò: Ma cosa vorrebbe? Vorrebbe vedere morire sbudellato un uomo!
- E perché deve morire ad ogni costo una povera bestia, che aveva tutt’altro che intenzioni di
crepare in una lotta sleale?
L’uomo a corto di argomenti, ma estimatore dei toreri e non dei tori gridò un olè di
incoraggiamento a una elegante mossa dell’uomo fiero in arena che sfidava la forza bruta.
Il povero toro perdeva sangue dalla schiena - i picador avevano fatto un buon lavoro per
avvantaggiare il torero e favorire l’esito di quell’epico scontro – ed era sfinito dalla danza
grottesca di quell’essere minuscolo che agitava un drappo dove si nascondeva la spada per
finire in bellezza quella lotta e godersi, tra le acclamazioni, la vittoria.
Ed era in realtà una cosa meschina! non aveva mai visto un toro pavoneggiarsi scioccamente
nell’arena con le orecchie mozzate dell’uomo.
Beatrice immaginò che il suo vicino avrebbe fatto un salto dalla ruvida panca se avesse
espresso la sua idea paradossale che sarebbe stato interessante vedere i ruoli rovesciati e
infatti soltanto così si poteva condannare quell’insensato divertimento.
Fuori incontrò una coppia di conoscenti che la invitarono per quella sera ad un ricevimento.
Vi andò consapevole che non si sarebbe divertita; in effetti la serata si presentava banale
come tante altre, quando il padrone di casa annunciò una sorpresa.
Quella sera, in via eccezionale, si sarebbe esibito Manuel Silveira, il famoso cantante
brasiliano, venuto da poco tempo in Spagna.
Un lungo scrosciante applauso salutò l'ingresso del cantante.
Beatrice smise di ballare per osservarlo.
Manuel Silveiraz era un giovane uomo di colore, alto e aitante. Nei suoi modi compiti si
intuiva un'energia e una forza d'animo poco comuni. La carnagione scura e la bellezza dei
lineamenti rivelava la sua origine: infatti ere un negro con lontane immissioni di sangue
europeo.
Cantò in portoghese e in spagnolo, accompagnandosi con il pianoforte, alcune sue canzoni
più note; mostrando una perfetta padronanza di sé davanti a quel pubblico sofisticato. Le sue
dita scure scorrevano i tasti del piano con agilità e amore, sembrava essere tutt’uno con lo
strumento.
Dopo, tutti i presenti se lo contesero ammirati.
Beatrice, che pur desiderava avvicinarlo, non ebbe stranamente il coraggio di rivolgergli la
parola. Fu proprio ciò ad attrarre l'attenzione di Manuel su di lei, che se ne stava in disparte.
Con estrema semplicità le si avvicinò e le domandò sorridendo con una punta di stupore nella
voce:- Come mai lei, signorina, è l'unica persona a non farmi dei complimenti? Non le sono
piaciute le mie canzoni?
Beatrice sorrise a sua volta e rispose:- Non ci crederà, ma non ho avuto il coraggio di farmi
avanti e farle i complimenti, come tutti gli altri.
- Strano, lei non mi sembra affatto un tipo timido.
- Non lo sono infatti, non si è trattata di timidezza; semplicemente mi ripugnava parlarle in
mezzo a tutte quelle persone e dirle le solite sciocche cose che si dicono in questi casi,
quando l'ammirazione è generale. Una lode, anche se meritata, specialmente se è meritata,
non può essere espressa frettolosamente.
- Ciò vuol dire che le mie canzoni le sono piaciute davvero?
- Sì, certo!
L'entusiasmo contenuto in quella breve risposta fece sorridere di nuovo Manuel.
Per tutta la serata Manuel non lasciò Beatrice, perché come le dichiarò la trovava una donna
intelligente e spontanea in un mondo dove le donne sono tutte sciocche e artificiose.
Beatrice provò un piacere nuovo a ballare con un uomo e specialmente ad ascoltarlo.
A un certo punto Manuel, il quale aveva notato che lei beveva troppo, le impose di smettere,
ma Beatrice gli rispose che ormai era abituata all'alcool, e per dimostrarglierlo bevve di più
del solito.
A notte inoltrata infine Manuel accompagnò al suo albergo Beatrice ch'era ubriaca.
Beatrice, nonostante abusasse di alcolici, manteneva sempre una certa lucidità, ma stavolta
era fuori di sé, si sentiva male e aveva una strana voglia di piangere Per mascherare il suo
stato si metteva a ridere ad ogni piccola cosa.
Manuel appena arrivati la salutò con una stretta di mano, senza neppure tentare di baciarla
come facevano sempre i suoi accompagnatori o addirittura proporle di farlo salire in camera
sua con una scusa.
Beatrice all'improvviso sentì farsi le gambe molli, richiamò Manuel che stava andandosene, e
si aggrappò a lui. Prima di svenire provò la dolce sensazione di essere stretta tra le forti
braccia di Manuel.
***
Il sole filtrava dalle imposte chiuse e un raggio di sole si posava sul letto. Beatrice apri gli
occhi, senza ricordare niente. Aveva un mal di testa terribile e la bocca amara, impastata.
Girò lo sguardo attorno, ancora incapace di distinguere bene gli oggetti, poi lo fermò stupita
su un'ombra, che la fece trasalire.
Guardò meglio e vide che addormentato su una poltrona ai piedi del letto c'era un uomo di
colore!
Soffocò un gemito, tentò d'alzarsi, ma le gambe non la sorreggevano, perciò si sedette sulla
sponda del letto.
In quel momento l'uomo si svegliò e le sorrise, poi si alzò e con premura le disse: - Torni a
sdraiarsi, adesso le farò portare un intruglio già sperimentato da me dopo le mie serate,
quando sono costretto a bere per tenermi su.
- Ma chi è lei? Cosa ci fa nella mia camera? E cosa ci faccio io con questo vestito da sera? Domandò affannosamente Beatrice senza capire.
- Si calmi, mi chiamo Manuel Silveira. Ci siamo conosciuti ieri sera a quella festa, non
ricorda?
- Manule Silveira? Sì, è vero... Ho una forte emicrania e ho la testa confusa... Ma cos’è
successo stanotte dopo la festa? – Ponendo questa domanda Beatrice tremò, perché un
terribile sospetto le era balenato in mente.
- Niente, non abbia paura. L'ho accompagnata all'albergo e mentre me ne stavo andando è
svenuta.
- E dopo?
- Dopo l'ho portata nella sua camera, stendendola sul letto. Si è ripresa e mi ha pregato di
non lasciarla sola, così le sono rimasto vicino per tutto il resto della notte, vegliandola. Alla
fine quando ho visto che riposava tranquilla mi sono addormentato su questa poltrona, che ho
trovato piuttosto scomoda.
- Non è successo davvero altro?
- Niente, perché non ho l’abitudine di approfittare delle ragazze senza conoscenza.
Beatrice arrossì vergognosa della sua diffidenza.
- Mi scusi, ma è la prima volta che mi succede una cosa del genere.
- Anche a me, se debbo essere sincero - rispose sorridendo.
Dopo aver telefonato al Bureau, una cameriera entrò nella stanza di Beatrice, portando un
bicchiere con un intruglio che Manuel le fece bere quasi a forza.
- Adesso posso andare. Riposi un po' e vedrà che il mal di testa le passerà presto.
- Grazie, grazie di tutto! - Dicendo le porse la mano che Manuel strinse nelle sue con estrema
dolcezza.
Quando la porta si chiuse alle spalle di Manuel, Beatrice, aiutata dalla cameriera si spogliò e
si coricò di nuovo.
Riposò per tutta la mattinata, quando si svegliò non aveva più quel terribile mal di testa e si
sentiva proprio bene. Mentre si stava vestendo la cameriera le portò un meraviglioso mazzo
di fiori.
- Chi lo manda? - Domandò incuriosita Beatrice.
- Il signor Silveira. C'è qui un biglietto.
Beatrice lo lesse: era un invito per far colazione con lui. Finì di vestirsi e scese nell'hall dove
già l'attendeva Manuel.
- Si sente bene? - Le domandò dopo averla salutata.
Annuì.
- Mi fa piacere, andiamo.
- Dove mi porta?
- In un locale caratteristico, non ancora rovinato dalla mania turistica.
Con la sua macchina andarono a far colazione.
Beatrice fece onore ai cibi semplici e gustosi che Manuel ordinò, infine una sigaretta completò
il tutto.
Manuel dietro il fumo della sua sigaretta l’osservava in un modo strano e lei provò un senso
spiacevole di vergogna ripensando al suo comportamento di quella notte. Glielo disse:- Mi
vergogno tanto, stanotte, mi sono comportata male, lo so. Chissà cosa adesso penserà di
me; le ho dato proprio una bella dimostrazione di essere una donna intelligente, come mi
aveva qualificata prima.
- Non si preoccupi, conservo nonostante tutto una buona opinione di lei. Le lacrime di
stanotte non erano le lacrime di una ubriaca, ma di una donna che soffriva.
Io ho pianto?!
Sì, e ho capito che lei non è come le altre. Mi parli della sua vita, di ciò che la rende triste e
sola. - La esortò infine Manuel.
Beatrice, senza avere la forza di schermirsi, gli parlò di sé come non aveva mai fatto con
nessuno.
VII CAP.
- Mia madre è morta nell’attimo stesso che sono nata, e questa di aria di morte mi ha
specialmente sempre accompagnata ho avvertita nell'infanzia, nelle carezze materne che mi
sono mancate e quella continua sensazione di crollare improvvisamente e scoprire il sapore
della morte. Interrompevo i giochi e restavo immobile, assorta, invasa da un’angoscia
inesprimibile. II vuoto, la solitudine, il rimpianto di ciò che avevo perso mi afferravano senza
che sapessi spiegarli; infatti non sapevo che quella tristezza. quella voglia di gridare, di
piangere erano dovuti alla mutilazione interna che mi portavo dalla nascita; sì, una parte di
me era morta con mia madre, con la mia splendida e giovane madre. La sua assenza
l’avvertivo continuamente perché i suoi oggetti, i suoi ritratti, la sua stanza erano rimasti come
li aveva lasciati; e nessun’altra presenza femminile la sostituiva. Mio padre venerava il suo
ricordo, me ne parlava sempre; per lui ciò era una consolazione, ma per me era un tormento,
almeno finche fui bambina, perché rinnovava il mio dolore e accresceva il mio senso di colpa;
infatti la mia nascita difficile aveva provocato la sua fine. A volte mi sembrava di cogliere nello
sguardo di mio padre questo rammarico, quest’odiosa avversione per me; ma erano attimi
fuggevoli, probabilmente falsati dalla mia esasperata sensibilità. Per il resto mi circondava di
premure, riversava su di me troppo amore, un amore grandissimo. Mi viziava e continua a
farlo anche oggi. Posso chiedere a mio padre qualunque cosa ed egli me la concederà senza
chiedermi nulla, eppure, nonostante ciò, non ha potuto darmi la felicità. Forse è più facile
amare molto che amare bene. Per esempio, io avrei voluto essere amata per me stessa e
non perché ero il ricordo vivente di una persona cara; non so se sono riuscita a spiegarmi
bene, ma la mia esperienza di figlia mi ha insegnato che l’affetto apparentemente più grande
ha spesso delle motivazioni egoistiche. Mentre per me mio padre era tutto, per lui non lo ero,
e ne ho avuto la prova in piccole mille occasioni. E’ triste non poter contare su qualcosa, su
qualcuno per sempre e le cose si disfanno sempre. Tu rimani uguale e gli altri cambiano; la
felicità di ottenere ciò che si vuole l’ho conosciuta poco, ed essa riguardava solo oggetti
materiali, proprio quello che ti fa conoscere la tua miseria. Io posso comprarmi ciò che voglio,
ciò vedo in una vetrina, ma non posso comprare l’amicizia, la serenità, la felicità, I’ amore,
non posso evitare con i soldi il tradimento, le false amicizie, gli inganni e tutto il resto. Forse
perché non ho mai provato il bisogno economico parlo così, eppure credo di essere nel giusto
disprezzando le ricchezze. Tolte queste, cos'ho io? Niente!
Ci sono insetti che depongono le loro uova su carcasse di animali, e si vede poi lo spettacolo
dalla morte nasce la vita di quei minuscoli esseri; anch’io sono nata dalla morte, hanno
tagliato il cordone ombelicale mentre mia madre agonizzava.
Dopo non è stato altro che coprire con giocattoli, abiti di seta, vacanze, svaghi ecc. il mio
dolente slancio di vita. Tutto ciò che doveva esaltarmi mi deprimeva. Il mio egoismo non
controllato da nessuno educatore mi ha reso più disperata e sola; ma d'altra parte non è un
egoismo peggiore andare a strumentalizzare i poveri e i malati, come fanno certune, per
vincere la loro noia? L'umanità intera mi ha disgustato, i ricchi per la loro ottusa avidità e per
la loro eterna paura dei poveri, dei comunisti; i poveri per la loro viltà, per la loro facilità di
crearsi dei padroni, anche quando sono liberi. L’amore, specialmente quando per una
conversazione udita per caso, lo collegai con il sesso mi lasciò indifferente fino ai vent’anni;
per reazione, anzi, mi ripromisi di ritorcere contro gli uomini tale sentimento. Mi divertivo a
calpestare il loro orgoglio e la loro sensualità. Poi incontrai Davide,un uomo straordinario,
incarnava l'ideale che avevo inconsciamente sognato. Era dolce, tenero, entusiasta davvero
di vivere, non come me che in un certo senso fingevo dell'entusiasmo per esorcizzare la mia
paura della morte. La sua vitalità, il suo altruismo mi hanno conquistata; amarlo era facile.
Nessuno si fa venire degli scrupoli se ha la fortuna di essere un privilegiato, invece lui li
aveva... Mi comprese subito e mi amò così com’ero. Viveva in me ed io in lui, non avevo mai
provato con un uomo questa completa unione. Era un amore bellissimo che travalicava il
tempo e lo spazio; eravamo due dei felici, pazzamente felici, nessuna meschinità, nessun
dolore poteva toccarci; invece la vita si prese la rivincita e distrusse tutto; mi lasciò solo il
rimpianto di averlo perduto.
- E' morto?
- No, ma è come se lo fosse, anche se continuo ad amarlo disperatamente. Tutto avvenne in
un modo banale. Ci fu dapprima una breve separazione tra noi, dovuta a un mio puntiglio, e
lui per riavvicinarsi a me finse di legarsi a mia cugina Patrizia. Presto tutto tornò come prima
tra noi, e non poteva essere diversamente, legati com'eravamo da quell'invincibile amore.
Purtroppo Patrizia non si rassegnò: si insinuò tra noi e riuscì a provocare un cedimento
momentaneo di Davide al suo fascino. Fu solo un'avventura, un capriccio dei sensi; non un
vero tradimento, ma questo non rese meno amara la mia delusione. Mi tenni tutto dentro e
lasciai Davide, senza rivelargli che sapevo la verità. Credevo che l'amore potesse finire con il
disprezzo, ma non fu così, quando si ama davvero si finisce con il trovare attenuanti, scuse
per perdonare gli errori della persona amata… Se non avessi saputo che Patrizia aspettava
un bambino avrei finito con il ritornare da Davide; invece feci in modo che loro due si
sposassero. Sono passati tre anni ed io ancora non sono riuscita a dimenticarlo. Nonostante i
miei sforzi continuo a portare in giro per il mondo il mio infelice amore, il mio desiderio
insoddisfatto delle sue carezze. Mai come in questi anni ho sentito intorno a me il vuoto, il fascino della morte. L'avrei fatta già finita se non mi trattenesse il pensiero di mio padre; gli
farebbe troppo male un mio eventuale suicidio, non la mia morte in sé, ma la mia vigliaccheria
perché mi ha abituata ad essere superiore alle debolezze comuni.. Vivo intensamente, mi
butto nei divertimenti, bevo, corro sperando di dimenticare; ma è inutile. Non riesco a
cancellare dalla mia mente neanche il più piccolo particolare che lo riguardi. Il suo viso bello,
ridente tormenta i miei sogni... Avrei potuto avere. tutti gli uomini che avessi voluto, non per
niente sono giovane, ricca e di nobile famiglia, ma ho rifuggito il loro amore, non per virtù, né
tantomeno per orgoglio come un tempo, bensì perché mi è impossibile amare qualcuno
avendo nel sangue un altro. Prima, nonostante tutto, avevo fiducia nella vita e speravo di
poter godere con pienezza i suoi frutti, di poterla dominare ed essere felice... Invece è tutto
un insensato caos, anche se sei un gigante soccombi, e scopri l’inutilità di ogni cosa. So che
è inutile arrovellarmi, pensando che le cose potevano andare diversamente, so che è inutile
soffrire così... E poi perché? Per amore! E' ridicolo, vero? Talmente ridicolo che per non
pensarci ho bisogno di bere altrimenti mi disprezzerei troppo. Ma non serve lo stesso, non ho
speranze di strapparmi di dosso quest'infelice e ridicolo amore e più il tempo passa più ho
voglia di morire, per non svegliarmi sempre con questa tormentosa voglia di lui! - Si copri il
viso con le mani dopo quell'ultima dolorosa affermazione.
Manuel l'aveva lasciata parlare senza interromperla, ascoltandola con raccolta comprensione
e alla fine disse semplicemente: - Ho conosciuto una grande miseria, ho visto i miei fratelli
soccombere nell'infanzia per malattie che oggigiorno non uccidono più nessuno e tutto questo
a causa della denutrizione; tuttavia non ho mai perso fiducia nella vita. Rispetto qualsiasi
forma di dolore, non dico mai questa sofferenza è nulla in confronto a quella di certa gente
che muore di fame e di fatica. Lei, Beatrice, soffre per una pena d'amore e sarebbe sciocco
ed inutile consolarla con la riflessione che altri stanno peggio di lei. Intanto non è ridicolo
soffrire per amore, in un certo senso è una fortuna, serve a dimostrare la nostra sensibilità e a
confermarci che non siamo automi di carne. Non voglio discutere sugli avvenimenti passati,
sul comportamento più o meno riprovevole di quelle due persone, sul suo orgoglio di decidere
delle vite altrui; non avrebbe senso, tanto più che lei si è rassegnata alla sua sorte.
Ho notato infatti che considera irrimediabile l’accaduto, mentre in fondo non lo è se lui l'ama
ancora.
Quanti matrimoni si spezzano nell'alta società, senza più suscitare scandalo! Perché non
torna da lui?
- Non voglio distruggere ciò che ho fatto, e poi non si può ricucire il passato, senza
compromessi. Potrei tornare da lui e dirgli “ Eccomi” e sono sicura che Davide verrebbe via
con me; perché anche lui non mi ha dimenticata. Però non voglio far soffrire nessuno,
specialmente il loro bambino. - Per timore di apparire patetica soggiunse cinicamente: - Non è
probabilmente questo il motivo, ma è bello giustificare così il mio orgoglioso rifiuto a una
felicità di seconda mano; la generosità si addice alle dee. Una cosa è certa: tutto è finito da
tempo e mai cederò alla tentazione di riavere ciò che ho perduto. Anche se continuo ad
amarlo ho chiuso con lui, definitivamente! Non mi vergogno della mia passione amorosa
perché rivolta a un fantasma.
- Un fantasma che le impedisce di amare ancora, ma forse si è cristallizzate in lei
quest’amore perché nessun altro ha lottato seriamente per ottenere il suo amore; coloro che
ha avuto finora intorno volevano solo un'avventura. Penso che prima o poi troverà qualcuno
che vincerà la sua presunta incapacità d'amare. In tutti i casi non può buttare via la sua vita
per un amore finito male. Non ci sono ricette miracolose, è vero, per dimenticare; né io sono
la persona adatta a suggerirle i rimedi necessari, ma nonostante ciò sono convinto che non
ha scelto un buon metodo per dimenticare: viaggiare dissennatamente, bere fino a perdere i
sensi: no, non è un buon sistema; così lei si perde in una vacua e sterile lotta contro i ricordi.
- Secondo lei cosa dovrei fare?
- Smettere di bere e vivere in maniera meno dispersiva, ciò forse non l'aiuterà a dimenticare,
ma almeno le risparmierà molte squallide esperienze. - Dopo queste parole così categoriche
Manuel sorrise. - Naturalmente lei è libera di fare quello che vuole, e di sprecare la sua
intelligenza nelle avventure mondane... Può anche infischiarsene delle mie parole, in fondo il
consiglio le viene da qualcuno che non è certo un campione di moralità; anch'io bevo,
sebbene non per vizio, e ho un lavoro che molta gente considera poco serio, in un ambiente
fatuo e corrotto; infatti sono il trastullo delle ore di noia delle persone più o meno ricche. Non
mi faccio illusioni: so benissimo che le mie canzoni sebbene siano tristi e parlino di cose
importanti non raggiungono il pubblico da cui traggono ispirazione. Le bidonvilles, la miseria,
l'ingiustizia, il tragico carnevale di Rio; sono tra i motivi ispiratori delle mie canzoni, che hanno
il solo difetto di essere ascoltate da gente che se ne infischia di questi problemi.
- Perché si butta a terra così? Lei è un artista sensibile, è il rappresentante più genuino della
sua terra perciò...
Manuel ebbe una smorfia e l'interruppe subito:- Basta, non ne parliamo più. Cosa intende fare
stasera?
- Non so...Lei si esibisce in qualche locale questa sera?
- Sì. Vuole venire?
- Con piacere.
Per una settimana Beatrice andò a sentire cantare Manuel, e stavano insieme prima e dopo
lo spettacolo.
Presero a darsi del tu, ma non si scambiarono né un bacio, né una parola d'amore, pur
sentendo entrambi un’attrazione reciproca.
VIII CAP.
Beatrice quel giorno si stupì del silenzio di Manuel; è vero che lui parlava poco, ma stavolta
nel suo ostinato mutismo c'era qualcosa di strano, del dispetto o della tristezza. Come da
bambina avrebbe voluto possedere dei poteri telepatici per coglie i suoi pensieri.
- E’ strano Manuel in questi giorni ti ho stordito con le mie confidenze, ma tu della tua vita
mi hai parlato poco di te, perché?
- Perché non c'è molto da dire sulla mia vita. Eppure nonostante ciò, non mi hai sentito vicino
come se mi conoscessi da sempre?
- Sì, è vero. Con te mi sento sicura e serena. Finora non avevo mai sperimentato
una solidarietà così improvvisa e forte... Nel mio ambiente i contatti personali hanno sempre
qualcosa di superficiale e prima di arrivare a un minimo di confidenza devono passare anni,
per poi scoprire che non valeva la pena coltivare una simile amicizia. Con i miei amici posso
parlare di arte, di politica, ecc., ma non certo dei miei sentimenti o delle mie paure; sarebbe
un segno di debolezza che li imbarazzerebbe molto. E' triste non poter contare su qualcuno.
Ma grazie a te ho scoperto che l'incomunicabilità è una sciocchezza. Credo di essermi
innamorata di Davide anche perché era l'unico a capirmi e a rispettare la mia personalità,
cioè non si servì del suo acume per dominarmi, più mi comprendeva più diventava discreto.
Era un effetto dell'amore questa comprensiva accettazione di me? Prima pensavo di si, ma
ora conoscendoti ho cambiato idea: esistono esseri straordinari come Davide e te che non
violentano le anime altrui in nome dell'amore o dell'amicizia, ed è molto bello.
- Bello ma falso, mi dispiace Beatrice toglierti quest'illusione.
- Cosa vuoi dire? Davide mi accettava completamente
- Sì, ma perché gli piacevi com'eri e non faceva nessuno sforzo ad aderire alla tua
personalità, a rispettare i tuoi gusti.
- E tu? Non ti piaccio come sono?
- No, o meglio non del tutto.
- Eppure mi hai mostrata tanta comprensione finora, non si è trattata solo d 'indifferenza,
allora!
- Vedi, nessuno accetta un altro completamente, chi lo afferma è un bugiardo o un egoista
indifferente; puoi invece comprendere faticosamente le sue ragioni che lo portano ad agire in
quel modo, e se è possibile si cercano i motivi per stimarlo nonostante i difetti, ma tutto
questo non implica un'accettazione totale... Io, per esempio, non ti condanno, ma non ti
accetto incondizionatamente, proprio perché stimo e rispetto la tua intelligenza e le tue doti e
non le voglio mischiare con il tuo egoismo e altri tuoi difetti che troverò sempre più
inaccettabili quanto più conoscerò i tuoi pregi.
- Sei molto severo.
- Puoi essere perfetta, se vuoi... La meschinità di imporre i propri lati deboli, facendosi forte
delle altre virtù che si possiedono, è disgustosa. Il tuo orgoglio di dea ti ha tenuto lontana
dalle altre meschinità, ma non da questa. Combattila e sarai veramente grande.
- Tu fai leva sul mio orgoglio, ma non sai che anche l'orgoglio è un difetto?
- Un giusto orgoglio non è mai riprovevole, specialmente quando è di sprone alla virtù. Se ci
pensi bene ne converrai anche tu. In fondo la tua noncuranza per il denaro, per i privilegi
della tua nascita non è anche effetto di orgoglio? Sai di valere non solo per ciò che possiedi
o per il nome illustre ma per quello che sei; una persona intelligente, ricca di sensibilità.
- Anche tu sei noncurante del denaro e non ti fanno impressione le persone dell'alta società
come mai? Si tratta di orgoglio, oppure perché ormai sei ricco e famoso? - Ve-dendo che lui
sussultava colpito, si affrettò a scusarsi: - Scusami Manuel non volevo offenderti...
- Non devi scusarti, perché non mi hai affatto offeso, ricordandomi le mie origini. Soltanto mi
ha fatto male pensare che... Non sono ricco e famoso! Voglio dire, non è necessario essere
ricchi e famosi per capire che perfino un re è un piccolo uomo come gli altri, e che tremare di
soggezione di fronte a lui è fargli torto, perché lo si rende dispotico e ingiusto. Tutti i potenti, i
dittatori resistono ai loro posti perché la gente non ha capito questo...
A questo punto Manuel tacque e si chiuse in un ostinato silenzio.
Che cosa pensasse con la fronte aggrottata in a quel modo Beatrice non lo sapeva, ma
avrebbe dato qualunque cosa per saperlo.
Davide aveva una personalità chiara, ingenua e i suoi silenzi erano più eloquenti delle
parole... Sospirò di non poter fare a meno di pensare a lui ed era proprio Manuel che
l'esortava a non farsene un'ossessione a riportarglielo in mente. Ciò l'indispettì, e si mise a
parlare come se non le importasse che lui la escludesse dei suoi pensieri.
Incredibilmente sono costretta ad ammettere che davvero nessuno accetta l'altro, o meglio
non accetta i difetti dell'altro se non sono anche i suoi. Il libertino non rimprovererà la
spregiudicatezza altrui , per esempio... Eppure Davide era tutto il mio opposto perché gli
piacevo ma forse mi accettava come trasfigurazione delle sue inconsapevoli aspirazioni.
Forse anche lui voleva dominare le persone, ma senza pagare il giusto tributo alla solitudine,
come lo pagavo e lo pago io. Ma nonostante ciò non sento diminuire la mia dipendenza al
suo ricordo... Anche se scoprissi ch'era tutta una mia illusione, che non possedeva neanche
la metà delle virtù che gli attribuivo lo amerei lo stesso; per l'incanto di quelle ore passate
insieme, per quel suo lasciarsi amare da me senza affettazione e orgoglio. Basta! Andiamo
via di qui, voglio camminare.
Manuel si alzò e l’accontentò senza protestare. Lasciata la frescura del bar in cui si erano
rifugiati camminarono senza meta. Beatrice pensava ch'era tutto inutile, persino l'amicizia più
bella e profonda non riusciva a tirarti fuori da te stessa, dai tuoi dolori...
Ad un tratto Manuel si fermò e le disse, come se avesse letto dentro di lei: - Dovrai d'ora
innanzi contare solo sulle tue forze, hai allentato la tua tensione interiore parlando delle tue
amarezze, delle tue difficoltà; ma parlare non basta, bisogna fare, anche poco ma fare
qualcosa di valido. Ci vuole forza d'animo e dignità per non ricadere nei vecchi errori.
- Cosa vuoi dire? Che io non ho avuto dignità?...
- Perché trovavi dignitoso ubriacarti?
- Hai ragione, ma ti prometto di non bere più neanche un goccio d'alcool.
- E di sforzarti a ricominciare una nuova vita: tutti noi dentro abbiamo dentro una incredibile
capacità di ripresa; ricominciare daccapo non è difficile... Non farti influenzare dal tuo
passato, con molta sensibilità hai riconosciuto che la tua condizione di privilegio non vale
nulla, perché sei nonostante ciò un'anima sola e tormentata, ebbene cancella la parte
negativa a cui il tuo ambiente dovizioso ti ha condannata, cioè quella della parassita annoiata
e scopri il fascino di impiegare le tue capacità in qualcosa di produttivo. Hai mai lavorato
Beatrice?
- Lavoro vero e proprio no, ma mi sono interessata a varie cose. Inoltre ho studiato Lingue,
avevo delle ambizioni a questo riguardo, ma poi ho lasciato perdere, sai perché. Comunque
in tutti i casi mi sentirei capace di fare qualsiasi lavoro. Ho due braccia buone e, se tu volessi,
non esiterei ad accettare la più umile e faticosa occupazione.
- Se io volessi... Che strano modo di esprimerti! Sembra quasi che debba decidere io per te, e
poi perché debbo importi qualcosa? Non mi Convince questa tua improvvisa umiltà, essa è
dovuta a un tuo calcolo.
- Non è umiltà, è semplice riconoscimento che tutto quello che vuoi per me è per il mio bene;
quindi sono disposta ad accettarlo, anche se cozza contro la mia pigrizia e il mio orgoglio.
Con la mia indipendenza finora non sono riuscita a dimenticare, può darsi che rimettendomi
alle decisioni di un amico che mi conosce ormai abbastanza ci riesca, ecco in fondo l'unico
mio calcolo; lo trovi meschino?
- Umano direi.
- Allora aiutami
- Sembra facile, ma in coscienza non posso farlo. Cosa posso dirti? Vai a fare la commessa o
addirittura la sguattera per liberarti dei ricordi! Tu lo faresti, ma a che servirebbe? sentiresti la
fatica, rovineresti le tue mani delicate; però non ciò cambierebbe la tua natura, né tantomeno
ti aiuterebbe a mettere un punto fermo nella tua vita. Perché? perché le esperienze fuggevoli,
sia pure eroiche, non si addicono al tuo caso; tu hai bisogno di un’attività che sia l’inizio di
qualcosa di duraturo, dev’essere il primo gradino di una scala, domani nel tuo futuro devi su
ciò che hai fatto oggi e quindi non devi scegliere, né io posso importi, un lavoro pesante,
senza soddisfazioni perché deve durare per sempre. Se vai in fabbrica o a zappare la terra
oggi lo dovrai fare anche domani, proprio perché è facile per te farne a meno; sei ricca, e hai
avuto apparentemente un'esistenza dorata; queste cose te le rinfacceranno in tanti, a
cominciare dai tuoi familiari. Scegli quindi con serietà ciò che ti piace fare.
- Apprezzo la tua ruvida sincerità. Non approfitti dell'occasione per costringermi a scelte
difficili, anzi, vuoi evitarmele; ma nello stesso tempo umilii la mia capacità di sacrificio.
Tuttavia hai ragione, la serietà mi impone di dedicarmi a qualcosa che sia anche piacevole,
oltre che valido, per non rischiare di pentirmene.
Ripresero a camminare, rifacendo il cammino inverso fino al bar dove Manuel aveva
posteggiato la macchina.
L'accompagnò al suo albergo e si lasciarono con il solito "a stasera".
Beatrice mentre attraversava il corridoio per andare nella sua stanza si imbatté in una vecchia
signora, carica di libri e di riviste, che si trovava in evidente difficoltà ad aprire la porta della
propria stanza.
Beatrice gentilmente l'aiutò, così fece conoscenza con Claire Dumont, una studiosa d'arte.
Parlava con gaia semplicità del proprio affascinante lavoro e fu ben lieta di trovare in quella
ragazza una ottima interlocutrice; infatti Beatrice non solo conosceva molto bene la storia
dell'arte ma cosa più importante sapeva apprezzarla, com'era giusto, nelle varie forme.
Sfogliò con crescente interesse le pubblicazioni curate da Claire Dumont, e le rincrebbe di
aver finora viaggiato finora senza vedere nulla.
- Peccato che i miei casi personali mi abbiano impedito di accostarmi alle bellezze artistiche
dei vari paesi.
- Se vuole può rimediare... Io fra poco riprenderò a viaggiare per il resto dell’Europa, per
raccogliere materiale. Che ne pensa di aiutarmi? Naturalmente firmeremo insieme i nostri lavori. Non credo che il principe Orsini, suo padre, possa trovare da ridire; è un’attività degna
della sua approvazione che ho conosciuto una volta come un uomo amante dell'arte.
- Lei conosce mio padre?
- Sì, per ragioni del mio lavoro, quando sono andata a Roma, anni fa. Sembra dispiaciuta
che abbia scoperto la sua nobile discendenza, ma non si preoccupi, per me lei rimarrà "la
signorina Orsini" come si è presentata, Allora cosa ne dice della mia proposta?
- Vorrei pensarci prima di risponderle.
- Come desidera.
IX CAP.
- Questa sera hai cantato magnificamente Manuel, non che le altre sere hai cantato male sia
ben chiaro, ma questa sera hai superato te stesso; è una mia impressione o sbaglio?
- No, non sbagli. E’ stata la mia serata d'addio alla Spagna. Domani vado in Francia per una
serie di spettacoli.
- Parti?
- Sì.
- Ed io? - Domandò Beatrice smarrita.
- Te l'ho già detto: devi contare solo sulle tue forze, io non posso aiutarti più di quanto abbia
già fatto.
- Era questo che intendevi?
- Proprio così. Mi hai promesso di ricominciare una nuova vita, di non bere più e di dedicarti a
qualcosa di meno avvilente che fare le ore piccole in inutili divertimenti; spero che manterrai
la tua parola.
Beatrice si sforzò di mostrarsi tranquilla e di padroneggiare lo sgomento che le dava l'idea
dell'imminente separazione.
- Su questo non ci sono dubbi... Sai, proprio oggi, ho incontrato una vecchia signora che
collabora a varie riviste specializzate, e mi ha proposto che l'accompagni in giro alla
riscoperta di tesori dell'arte in Europa, cioè quadri, sculture, chiese, ville, ecc.
- E' un'ottima proposta. L'hai accettata?
- Non ancora, anche se mi alletta, perché potrebbe diventare il mio lavoro; ma richiede
impegno e serietà, infatti non è qualcosa che non funziona con il dilettantismo e
l'improvvisazione. E' uno studio continuo che ti confesso mi spaventa un po’ per quell’essere
fine a se stesso; per esempio io devo sapere tutto su quell'opera d'arte, capirla, gustare la
bellezza, ma per esporla agli altri debbo sempre farlo in termini d'arte.
- Ciò che ti spaventa è l'apparente inutilità dell'arte, la difficoltà di comunicare alle persone
incompetenti quegli elevati pensieri che suscita in te; ebbene prova a indirizzare alla gente i
tuoi studi, cioè mettiti dalla loro parte e sii il più possibile semplice. Il fatto stesso che ti poni
questi scrupoli significa che svolgerai senza freddi accademismi e superbi compiacimenti
quest'attività; in un certo senso sei troppo “dea” per non spargere a piene mani il tuo ingegno,
e tenere per te le tue purissime emozioni.
- Allora se tu pensi che...cioè, se insomma mi consigli d'accettare, io accetterò... Collaborerò
con la grande esperta Claire Dumont.
- Personalmente non mi intendo d'arte, ma credo che per una creatura colta e intelligente,
come te sia un'occasione da prendere al volo anche perché suppongo ti permetterà
d'introdurti in questo campo.
- Non ti sbagli.
- Non mi resta allora che augurarti buona fortuna
- Grazie; e a te cosa devo augurare?
- Ciò che ti piace, sarà sempre meglio di ciò che mi attende in Francia... Scusami, è stato un
momento di malinconia; sono contento del mio lavoro di cantante e se le platee cambiano ha
poca importanza.
- Sei imprevedibile, sembra quasi che tu odi il canto; eppure nella tua voce quando canti ci
sono brividi di commozione... Non credere che non intuisca la tua interiore rivolta, tu noni sei
un manichino come gli altri cantanti e credi in quello che canti, ma non vuoi illuderti che gli
altri ti capiscano... Ti hanno capito qui in Spagna, ti capiranno in Francia.
- Ne dubito, ma non importa; è il prezzo che debbo pagare.
- Per cosa? Per avere successo anche in Europa oltre che nella tua patria?
- Dimmi, Beatrice, quando sono il pianoforte la musica ti sembra sforzata o naturale? - Le
chiese inopinatamente senza rispondere alle sue domande, preso da un bislacco capriccio.
- Molto naturale, esce spontanea dalle tue dita, sembri una cosa sola con il pianoforte, ma
non capisco…
- Nulla, volevo solo togliermi un dubbio, sai, uno di quegli sciocchi dubbi che vengono agli
artisti... Non me ne volere se non ti spiego altro. L'amicizia è anche comprensione dei silenzi
e delle zone d'ombra altrui.
- Ora so cosa augurarti, di essere meno saggio e di essere più felice. Sii felice per me,
Manuel, tu che lo puoi. Alla mia infelicità si è aggiunta un’altra infelicità, quella di perdere un
amico. Pazienza, soffrire un po’ per te è il meno che possa fare.
Manuel inghiottì il nodo che gli stringeva la gola, e disse falsamente ironico:
- Non recitare, non recitare Beatrice una parte così melodrammatica, finirai per crederci, e
peggio ancora mi costringerai a crederci! Dobbiamo salutarci con molta semplicità, anzi, sai
cosa ti dico? lo faremo davanti all’assonnato portiere del tuo albergo, così saremo costretti a
dire poche parole.
- Non ti vedrò domani prima della tua partenza?
- No.
- Ti prego, non riaccompagnarmi subito in albergo...
- Come vuoi.
- Dimmi, Manuel, perché sei venuto in Spagna? Per i tuoi spettacoli, sarebbe stato più utile
andare direttamente in Francia.
- Infatti, ma il mio più che altro è stato un pellegrinaggio alle origini prima sono stato in
Portogallo e poi qui origini; tutto il Brasile è imperniato della cultura iberica... Quando mi sarà
possibile andrò in Africa, anche lì ci sono nostre origini culturali, non solo dei brasiliani neri
come me... Inoltre ho voluto vedere come si vive dopo una dittatura. Soddisfatta della
risposta?
- Sì, ma non era questo che ti volevo chiedere o meglio non solo questo.
- Allora forza ! Sono pronto a rispondere a tutte o quasi alle tue domande.
- Una bella premessa la tua; quali sono le domande a cui non intendi rispondere?
- Quelle troppo personali o che non servono a renderci più amici.
- Abbiamo già raggiunto il massimo dell'amicizia?
- Per quanto mi riguarda sì.
- Eppure ci conosciamo da poco.
- Cosa importa la durata di una conoscenza? Quella che conta è l'intensità.
- E’ vero…
Divenne pensierosa.
Manuel la guardava e quasi indovinava il triste lavorio della sua mente. Per distrarla le chiese:
- Vuoi fumare?
- Sì, grazie.
Accettò la sigaretta che le offriva e attese che gliela accendesse.
La fiammella dell'accendino illuminò i suoi occhi azzurri smarriti.
- Cosa c'è Beatrice? Il tuo smarrimento mi preoccupa.
- Perché?
- Perché vuol dire che non hai ancora capito che tu sei più forte moralmente di quanto pensi e
che non hai bisogno di nessuno, neanche di me… Finora la tua errata convinzione di essere
schiava dei tuoi ricordi ti ha reso debole. Ma tu non sei affatto fragile, sì; hai bisogno del
contatto umano, ma come ne hanno bisogno tutti per non essere soli e non rinchiudersi nel
proprio egoismo; però ciò non è determinante per vivere bene. Avere sempre una spalla dove
piangere, spinge all'auto compassione, al vittimismo.
- Che strano, proprio ora che mi sono accorta dell'utilità di non arroccarsi nell'orgogliosa
solitudine quando si soffre; vieni tu a dirmi di non contare sugli altri e di fare assegnamento
solo sulle mie forze.
- Il tuo primitivo atteggiamento di solitudine era egoistico, quello che ti suggerisco io invece ha
il colore della liberalità. Possibile che non capisci che gli amici non puoi averli sempre? che a
volte devi dire loro addio per non opprimerli?
- L'amicizia non è oppressione, almeno non lo è come ho incominciato a stimarla con te;
allora perché debbo farne a meno? Perché non devo prolungare all'infinito il piacere che mi
dà la loro compagnia?
- L'infinito non esiste.
- Allora è vero! Tutto quello che mi riguarda sfuma nella delusione, nella lontananza!
- Perché sei così esasperata? così amara?
- Perché constato che non posso fare affidamento su nulla; tutti vivono la loro vita, sbagliano,
mi lasciano e si portano via un pezzetto della mia faticosa sicurezza. Vorrei essere una dea di
marmo e dimenticare di avere un cuore.
- Sei proprio una bambina, una bambina sola che non ha ancora capito com'è esaltante avere
un cuore, anche se ci fa soffrire.
Quelle parole tenere, prive di affettazione commossero Beatrice, che ebbe voglia di chiedergli
scusa per essersi lasciata andare a quello sfogo egoistico, ma non pronunciò a tale riguardo
una sillaba.
- Sei sempre pronto a rispondere alla mia domanda?
Annuì.
- Allora dimmi sinceramente: ce la farò a cambiare?
- Se lo vorrai veramente.
- E dimenticherò Davide?
- Non leggo nell’avvenire, ma credo di sì, o almeno me lo auguro. In tutti i casi fai in modo che
il suo ricordo non ti impedisca di essere migliore.
Come sempre si lasciarono con una stretta di mano. Manuel sembrava essersi fatto un punto
di onore affinché la loro separazione non scivolasse nel melodrammatico o addirittura nel
sentimentale; e Beatrice gliene fu grata.
Il sorriso non abbandonò il volto di lei finché non fu nella sua stanza, allora pianse un po’ ma
con dolcezza.
Era ormai tutta protesa alla speranza della sua nuova vita.
CAP. X
La nuova vita di Beatrice fu tutta intessuta di immagini artistiche, di capolavori, di di figure, di
colori che si ricomponevano nel suo cervello e nella sua sensibilità e l’esaltavano. Dopo con
impegno scriveva le sue impressioni; di tutto coglieva i tratti ~ essenziali, poi consultava libri e
vi aggiungeva le notizie storiche.' I suoi articoli piacevano a Claire Dumont per la sua voluta
semplicità e il suo entusiasmo.
Beatrice vedeva solo l’arte, le chiese, le ville, i monumenti celebri, nient’altro distraeva il suo
occhio. C’era in ciò un esasperato fanatismo,come se le bellezze artistiche fossero staccate
dal paesaggio, dalle città, dalle campagne in cui si trovavano. Attraversava i paesi europei ed
era come se si trovasse in un immenso museo. Avvertiva il fastidio che non si trovassero
riunite in un solo luogo, assurdamente avrebbe voluto che pietra su pietra certi edifici storici
fossero spostati in modo da ammirarli in una continua galleria di bellezza.
La signora Dumont era più pratica e ben volentieri dopo il lavoro si concedeva i piaceri frivoli
del turismo. Si faceva un punto d’onore di conoscere la cucina dei vari luoghi, comprava
anche la paccottiglia dei souvenir locali.
- Non sono una studiosa fanatica. E’ bello ridere con i camerieri stranieri, farmi insegnare
anche dai più modesti chef le loro ricette. E spedire a casa, alla mia governante tanti ricordini.
La serietà del lavoro non implica la rinuncia ad essere umani. Guai anzi! se succede, i nazisti
amavano l'arte e uccidevano gli uomini, si commuovevano al canto degli uccellIni e
ascoltavano impassibili i gemiti dei torturati. Amo l’arte, ma di più gli uomini, e mi riempie di
compassione la gente che vive in certi tuguri accanto ad orgogliose costruzioni principesche.
Talvolta vorrei che le guide sovvertissero i loro giri e invece di farmi vedere la cattedrale, o il
mausoleo dov’è sepolto il grande uomo mi guidassero verso certe catapecchie e dicessero
“Qui abitano i discendenti di coloro che hanno costruito il famoso monumento.
Beatrice ebbe un sorriso per quella utopistica aspirazione che rivelava il carattere generoso e
bizzarro della sua maestra.
Stando con lei Beatrice - e le sembrava un miracolo, - non riusciva a pensare a Davide.
Parlava tanto, progettava tante cose, la incitava a condividere i suoi futili piaceri ch’era
impossibile concentrarsi nell’abituale infelicità. Armata di un notes e di una penna seguiva le
guide, gli incaricati dei musei poneva domande inconsuete, voleva vedere cose non previste,
tornava sola quando qualcosa la colpiva,spulciava libri,cataloghi, registri e scovava sempre
qualcosa che gli altri critici non avevano mai visto, e le sue correlazioni audaci trovavano
conferma.
Beatrice si era affezionata aquella signora così dinamica e originale e a stimarla,non solo sul
piano della serietà professionale ma anche umano. Una volta in Grecia, a Salonicco, che
rimase ad attenderla fu presa dal timore per un suo ritardo.
Stette ad aspettarla alla finestra preoccupata per lei che non sapeva cavarsela bene in mezzo
al traffico; quante volte l’aveva fermata dal compiere manovre azzardate e con sollievo aveva
preso a guidare personalmente la sua robusta e antiquata macchina con la scusa di evitarle
la stanchezza della guida.
Finalmente la vide arrivare. Non era sola, con lei c’era un moccioso sbrindellato.
Le corse in incontro e Claire Dumont senza preoccuparsi di niente, né tantomeno della
curiosità stava ordinando al Bureau in bagno per il piccolo e il pranzo per tre persone.
- In camera?
- No, in sala da pranzo… Ah, sei qui Beatrice? Questo è un mio piccolo amico. Entrò in
ascensore con Beatrice e il bambino.
Poi appena furono sole le spiegò che aveva visto il piccolo Leonida solo, piangente nelle
vicinanze della chiesa Panaghia Chalkeòn ( Vergine dei fabbri ). Dopo aver visto gli affreschi
lo aveva avvicinato e se lo era portato dietro. Aveva fame, suo padre sarebbe tornato quella
sera dopo un massacrante lavoro al porto , e solo allora si mangiava a casa sua, ma lui la
fame la sentiva adesso.
- Ma cosa intende farne?
- Niente… Ripulirlo, regalargli un vestitino nuovo che abbiamo comprato insieme e dargli da
mangiare; il pacchetto di biscotti che gli ho allungato non ha riempito il vuoto spaventoso del
suo stomaco. E’ tutta fame arretrata. Da un po’ di giorni non riesce a far qualche lavoretto o
qualche furtarello necessario a riempirsi la pancia. Se fosse possibile lo terrei con me, ma ha
i suoi genitori, ed io ho trovato sempre insopportabile i benefattori che tolgono i figli ai poveri.
Beatrice stava per aprire la bocca e pronunciare una frase cinica ma guardando con quanta
allegra cura lavava il bambino e lo vestiva capì che Claire Dumont non si illudeva di fare
granché soccorrendo quel bambino, però tutto sommato era meglio di lasciarlo morto di fame
pensando che anche domani avrebbe continuato ad aver fame.
Più tardi con la manina nella mano della vecchia signora il piccolo Leonida fece il suo
ingresso nella sala da pranzo dove mangiavano i ricchi ospiti dell’albergo.
Il cibo ingurgitato dal piccolo in sala da pranzo era enorme e con i suoi occhioni neri saettava
occhiate grate alla sua benefattrice. Beatrice da una parte era imbarazzata e dall’altra
commossa dalla presenza al suo tavolo di quel piccolo vagabondo. Ammirava la spontaneità
di Claire Dumont in quella situzione, ma non riusciva del tutto a imitarla.
A sera lo accompagnarono alla sua misera casa. Mentre ripartivano Beatrice vide che la
donna prendeva un appunto.
- Che cosa ha scritto?
- Niente, niente di speciale.
Beatrice non lo sapeva ancora ma regolarmente in varie case povere dei paesi più disparati
arrivava un assegno anonimo di Claire Dumont; infatti amava fare della beneficenza anonima
e insieme personale, cioè conoscendo le persone a cui spediva dei soldi. Anche il piccolo
Leonida avrebbe assistito alla gioiosa sorpresa dei suoi genitori all’arrivo del primo assegno.
Beatrice non ricordava mai di aver dato qualcosa a chicchessia , ci pensava suo padre a
mandare sostanziose offerte all’UNICEF ed altri organismi internazionali del genere.
Questa fu la prima occasione per pensare alla propria vita e alle proprie azioni.
In seguito Beatrice si stupì quando si accorse di qualcosa che aveva accettato con
indifferenza: infatti Claire Dumont ogni volta che entrava in una chiesa, cattedrale o cappella
che fosse, prima di ammirare gli affreschi, i quadri, le sculture andava all’altare centrale e si
inginocchiava per un breve omaggio. Non ci aveva mai badato, come se fosse una bizzarria
di quella donna anziana già tanto bizzarra. Poi capì che c'era sotto qualcosa di più e le
domandò il motivo del suo comportamento.
- Perché prima di tutto si inginocchia all’altare?
- Perché le bellezze artistiche non debbono farci dimenticare chi è il divino Ospite di queste
chiese. Dio non abita le dimore che gli costruiamo, però vi è presente in una forma
specialissima. Gli ori, gli affreschi, le colonne e tutto il resto servono per noi; ma per Lui, che
è diventato pezzo di pane per la nostra debolezza,serve solo un piccolo spazio, quanto ce n'è
in un tabernacolo.
- Lei ha fede vero?
-Sì, perché è impossibile non avere fede in Dio dopo aver guardato un cielo stellato, due
bambini che giocano, e gli effetti meravigliosi dell’intelligenza e della virtù umana. Il genio di
alcuni uomini, Ia bellezza di un prato a primavera mi servono come ulteriori prove per
l’esistenza divina. Ma ne farei a meno se mancassero, per credere mi basta leggere certe
pagine del Vangelo. Se il Cristo non è Dio,se Dio non è suo Padre potrebbero esistere mille
dèi, ma non mi rassegnerei, piangerei per la creazione avvenuta senza di Lui e continuerei ad
amarLo come Lo amo
Beatrice sussultò.
- Credi che bestemmi? Anche Dostoevskij in una sua lettera ha scritto qualcosa del genere,
infatti afferma che se anche gli dimostrassero che la verità non sta con Gesù Cristo
preferirebbe restare con Lui. -Sorrise e il viso le si raggrinzì in quel modo arguto e simpatico
che già conosceva:- E tu Beatrice, hai fede?
- Non lo so,penso di sì. Sono stata educata nella religione cattolica,e quando ho fatto la prima
comunione ero piena di fervore e mille fioretti la precedettero.
- Grazioso ricordo, ma non c’è altro dietro?
- No.
E si perse nelle sue riflessioni che quella domanda aveva suscitato. Claire Dumont rispettò il
suo silenzio.
Beatrice ricordava sempre di aver visto per casa Orsini sempre dei prelati, non per niente suo
padre aveva una carica onorifica al Vaticano. Dio e la filosofia tomista erano argomenti di tutti
i giorni, però ciò non aveva rafforzato la sua fede nell'adolescenza. Andando a messa,
leggendo la Bibbia dimostrava ampiamente di aver fede. Ma in effetti nessuno si preoccupava
se nascesse da intime convinzioni o da abitudine.
Dopo quella disgraziata storia di Davide e Patrizia aveva abbandonato ogni pratica esteriore,
rinunciando a quella forma di ipocrita osservanza religiosa, Beatrice a dire il vero non si era
mai preoccupata di approfondire la natura dei suoi rapporti con Dio, credeva in Lui, ma lo
pregava raramente e non pensava che potesse avere una determinante influenza nella sua
vita. Per orgoglio non aveva voluto mai dubitare della sua esistenza, le sarebbe sembrato
degradante avere paura di Lui, del suo inferno; conosceva il mondo, sapeva che gli atei, oltre
a quelli in buonafede sono per lo più persone a cui fa comodo non dover rendere conto delle
proprie azioni a qualsivoglia divinità.
Non dobbiamo pensare che dopo queste lezioni ricevute da Claire Dumont Beatrice si
infervorasse per le opere filantropiche o si gettasse nell'Assoluto divino;no, era troppo dea
per avere simili sussulti incontrollati, però imparò a guardarsi attorno, a non vedere solo li
quadri e le statue ma anche le persone e inoltre la volta seguente che accompagnò Claire
Dumont si inginocchiò anche lei davanti all'altare e vi sostò in preghiera. E così fece anche in
seguito. Queste preghiere furono le più sincere della sua vita.
La sua stima per la Dumont si era mescolata all'affetto che le portava istintivamente e non si
sarebbe staccata mai da lei.
Ma proprio quando era sicura di ciò Claire Dumont le parlò della sua decisione di andare in
una località climatica a Sud della Francia.
-Naturalmente non ti chiedo di venire a seppellirti in una stazione termale, sarebbe un insulto
alla tua giovinezza e alla tua salute. Ho bisogna di riposarmi e di ritemprarmi un po', dopo
ricominceremo a viaggiare, e a lavorare. Ha quasi un anno che siamo insieme, separarci ci
farà bene, ci renderà sopportabile la prossima vicinanza.- Sorrideva dicendo così.- Vai in
Italia, dalla tua famiglia?
- L'ho già vista. –Infatti in queII'anno passando per l'Italia aveva fatto rapide visite ai suoi
parenti.
-E allora?
-Andrò a Parigi,dato che mi trovo già in Francia. Per me la Francia è solo Parigi. Salutò con
un abbracciò la sua compagna e partì alla volta di Parigi. Il viaggio, il daffare a procurarsi una
stanza nel migliore albergo le impedirono di avvertire tutta la solitudine, l’amarezza del
distacco era troppo recente. Tuttavia appena ebbe disfatto la valigia e dopo aver guardato
fuori dalla finestra si voltò e guardò la stanza elegantemente arredata e il morbido tappeto
conservava l'impronta dei suoi piedi. Un brivido la prese.
Era sola.
La solitudine saliva verso di lei come una dolce marea e sommergeva tutto.
CAP. XI
La solitudine avvolse Beatrice con le sue familiari spire,e in quel momento come un'atroce
maledizione sentìi che tutto era stato inutile; era al punto di prima.
Nel guardarsi allo specchio mosse le labbra e compitò lentamente un nome: Davide...
La sua angoscia fu grande, e il desiderio di precipitare in un abisso dove non esistesse la
memoria si fece impellente.
Possibile che i ricordi siano così tenaci? Ma chi è Davide? Perché desidero vederlo?
Endimione dorme, o sono io che dormo e sogno sempre lui? Sì, le parti si sono
rovesciate,l'amore ha inchiodato Diana a sonno infelice, e Davide discende su di me e un
raggio della sua presenza mi bacia... No, impazzisco così! Basta! Davide,che tu sia
maledetto! No! cosa dico? Sia maledetta io che ti amo e non so tornare da te... Perché non
vieni tu da me? perché non mi supplichi di dimenticare il passato? Morirei di gioia se ciò
avvenisse; dimenticheremo tua moglie, tuo figlio, il mondo e... Guai a te se tu lo facessi,
perderesti la mia stima e ti direi: no! Ma cosa voglio allora? Non sono altro che una stupida
donnicciola ... Perché l’orologio del mondo non torna indietro? Non ti lascerei a Patrizia,
combatterei contro le sue arti ammaliatrici e mi mostrerei apertamente gelosa, com'ero allora
in fondo... O meglio ancora non ti tacerei il motivo per cui volevo interrompere la tua
escursione subacquea e non
ci lasceremo per un banale puntiglio come avvenne allora, aprendo così la porta agli inganni
successivi. "
Si perdette in quella fantasticheria, ricucendo il passato; ma la triste realtà del presente la
colse e si infuriò; contro se stessa, contro la saggezza delle esortazioni di Manuel;." Perfetta,
e che mi importa essere perfetta, ma in-felice? E' meglio il contrario, mille volte meglio il
contrario! La virtù si addice alle creature inferiori, non a quelle superiori; il superuomo è al di
là del bene e del male... In fondo Nietzsche aveva centrato bene il problema... Ma che bella
cornice filosofica alla mia idiozia, alla mia sofferenza sentimentale! Mi faccio pena e rabbia
accorgendomi di sprecare così le mie capacità. Muoiono al mondo milioni di esseri umani,
muoiono letteralmente di fame ed io sazia,non solo di cibo, ma anche di cultura odio la vita,
odio il mio istinto di conservazione… Morire, non è poi difficile: una manciata di barbiturici, un
salto dalla finestra, due tagli ai polsi, una corda al collo! "
Tanto per provare scrisse una lettera d'addio a Davide e le riuscì un capolavoro di tragica
passione; poi cercò di scrivere al padre,si fermò al "Caro papà.. “ non le riuscì assolutamente
di andare avanti. Due lacrime dure le appannarono gli occhi.
Strappò quei fogli e rimase a guardare nel vuoto.
Infine per sfuggire al suo tormento si lasciò tentare da una serata di follie. Si vestì sfoggiando
una ricca toilette. Girò tanti locali notturni e prese a bere, prima furono dei semplici martini,
che centellinò lentamente, poi passò ai liquori, che mandava giù in fretta con la voluttà di una
lunga astinenza. Alcuni uomini l'avvicinarono,
ma lei dopo averci ballato un paio di volte li liquidò; non voleva la banale avventura per una
notte, ed essi volevano solo quella.
Così fini in un locale dove c'era una bisca clandestina, nella quale giocavano anche delle
persone ricche e rispettabili.
Beatrice si mise a giocare a baccarà e sfidata da un tizio enigmatico,che in quel momento
teneva il banco, si lasciò trascinare a puntare somme sempre più alte; e alla fine, presa dal
fascino del gioco, decise di puntare più di quanto possedesse in denaro liquido nel tentativo
di rifarsi. In quel momento qualcuno si avviCinò a lei e la chiamò: - Beatrice!
Lei sorpresa si voltò ed esclamò: - Manuel!
Era proprio lui che la guardava serio e triste.
- Beatrice,vieni via di qua.
- Adesso non; posso, per favore aspettami al bar, fra poco ti raggiungo.
Manuel fece per protestare, poi capì ch'era meglio non insistere e andò ad aspettarla al bar.
Beatrice continuò a giocare la partita decisiva, chiese una terza carta e fu sconfitta
tristemente.
- Mi spiace.. .- Mormorò falsamente dispiaciuto quell 'antipatico vincitore.
Semi-brilla accolse la sconfitta senza eccessive tragedie: prese il suo,libretto degli assegni,
ne staccò uno segnando la somma perduta, e lo diede a quell'uomo dicendo: - Per lei va
bene,vero?
- Dipende, in genere non li accetto da persone sconosciute, ma...
- Il nome dei principi Orsini è un'ottima garanzia anche in Francia.
- Non mi ha lanciato finire,volevo proprio sottolineare la mia fidaucia a tale nome, e rinnovare
il mio rincrescimento di conoscere la principessa Orsini in un'occasione così...
Beatrice tagliò corto a quelle galanti quanto inopportune proteste con un: - Sono attesa.
Raggiunse Manuel al bar.
-Grazie per avermi aspettata,confesso che ho temuto te ne fossi andato.
- Ne ho avuto infatti la tentazione: il tuo tono di voce mi relegava fra i lacché, ma poi ho
pensato che non era il caso di badare all'orgoglio, in fondo avevi bisogno di me e
abbandonarti sarebbe stato crudele.
La sua voce era calma, e la faceva sentire stranamente colpevole.
-In quale albergo alloggi? O sei in casa d'amici?
Gli disse il nome del suo albergo e lui ve l'accompagnò con la sua macchina.
- Come mai eri lì?
- Ti ho vista per caso, quando sei entrata nel Night precedente dove avevo appena finito di
esibirmi. Sei uscita subito dopo e ti ho seguita in quella bisca clandestina.- Rispose con un
tono sostenuto. Poi disse con amarezza: - Non hai mantenuto la promessa di non bere più e
per colmo di tutto hai peggiorato la qualità delle tue avventure; e non dirmi che ciò ti serviva
per collaborare a riviste d'arte!
- Non dire così! Sono arrivata a Parigi da qualche giorno, dopo aver lasciato la signora
Dumont. Ho lavorato davvero in questi mesi con lei... Questa è stata la prima volta che mi
sono lasciata andare. Non so perché l’ho fatto o meglio lo so,ma voglio dimenticarlo...
- Perché l’hai fatto? - Le chiese dopo un lungo silenzio.
- Perché sono debole, perché la solitudine mi faceva impazzire e il fantasma di Davide si era
nuovamente insinuato nella m'a anima e nel mio cervello. In questi mesi non ho toccato una
goccia d'alcool; la figura di quella vecchietta faceva da paravento ai miei ricordi,
parlava,progettava tante cose,mi impediva di pensare... Poi quando ci siamo
temporaneamente separate tutto è crollato. Non condannarmi ti prego, dimmi che mi perdoni.
- Non ho niente da perdonarti.
- Invece sì! ti ho deluso e devi perdonarmi la delusione che ti ho inflitta, avanti dillo che mi
perdoni. Se mi perdoni, potrò perdonarmi anche io, o forse neanche allora! Era un effetto
dell'ubriachezza questa sua insistenza a chiedere perdono di Ma-nuel, per il resto era sincero
pentimento.
Manuel sorrise.
- Non essere troppo severa con te stessa, come vedi ti perdono…Sai, nonostante tutto, sono
contento di averti rivista.
- Davvero?
- Sì, mia incredula principessa. – Mentre diceva così le aggiustò una ciocca di capelli con
improvvisa tenerezza, ma fu solo un attimo e riprese il suo tono amichevole:- Come stai? Te
la senti di salire nella tua stanza o vuoi che ti accompagni?
- Siamo già arrivati all'albergo? Sì, ce la faccio, non sono così ubriaca come quella volta in
Spagna. Un buon sonno basterà a rimettermi su.
Manuel parcheggiò e l’aiutò a scendere Beatrice che gli domandò ansiosamente: - Ci
vedremo domani, vero?
- Faresti meglio a dire oggi data l'ora, comunque non temere..
Beatrice pendeva dalle sue labbra e trovava meravigliose le sue spiegazioni perché voleva
che si vedessero nel pomeriggio,così lei nel frattempo avrebbe potuto riposarsi.
***
Appena fu sola, nella sua stanza, Beatrice ripensò a tutte le sue azioni e senti una spiacevole
sensazione di scontentezza,ma non sapeva a cosa attribuirla : Manuel l’aveva perdonata, si
era dichiarato contento di averla rivista e anche lei aveva sentito la gioia della sua vicinanza,
gioia che si sarebbe rinnovata domani ed anche in seguito…
Si addormentò senza essere riuscita ad analizzare il suo incomprensibile senso di
insoddisfazione.
L’indomani quando si svegliò e ritrovò la sua lucidità scopri subito perché si sentisse pungere
da quell'intima insoddisfazione
L'assegno che con tanta leggerezza aveva emesso non era coperto! Naturalmente
appena avesse avvisato suo padre la faccenda in un breve giro di tempo si sarebbe
sistemata, però guai se l'assegno fosse stato presentato in questo frattempo!
Che scandalo! Un bel motivo per fare sbizzarrire la malignità di certa stampa! Ebbe voglia di
infischiarsene,ma qualcosa la fermò.
Pensò al padre, al suo antiquato senso dell'onore e si buttò sul telefono per avvertirlo ma non
poté parlargli e rispose solo la voce di un domestico. Richiamò più volte senza risultato. Non
si allontanò dal telefono e fece appena uno spuntino.
Soltanto nel pomeriggio riuscì a mettersi in contatto telefonico con suo padre, che proprio
quel mattino era risultato assente da casa e anche Luisa era stata irreperibile; lui se ne scusò
come di una colpa.
Beatrice non ascoltò le sue parole di rammarico e senza mezzi termini lo pregò di versare nel
suo conto corrente la somma occorrente per coprire il famigerato assegno vuoto.
Suo padre capì subito quale pericolo correva il buon none della famiglia, se non vi si poneva
un immediato riparo, ma com’era nel suo costume non rimproverò la leggerezza della figlia.
Rassicurò Beatrice che a costo di qualunque sacrificio avrebbe versato quella somma non
indifferente.
Esausta infine Beatrice si lasciò cadere sul letto.
Più tardi il portiere l'avverti che un signore la cercava. Pensando che fosse Manuel, venuto un
po' in anticipo Beatrice si vestì rapidamente e scese nell'HaII si trovò invece davanti
quell'uomo enigmatico, che si chiamava Gilbert De la Croix.
Con gentilezza la invitò a sedersi in un salottino appartato e al suo perentorio invito spiegarle
cosa volesse,le diede con un gesto magnifico l'assegno.
- Non voglio niente, voglio solo darle qualcosa. Io non accettò soldi da una don-na,
specialmente quando è una creatura Incantevole come lei.
- Sono letteralmente senza fiato per la sua gentilezza signor De la Croix; pero, senza
sembrarle scortese, vorrei avvertirla che non si faccia illusioni: non sono il tipo che
mercanteggia i suoi favori, sono abituata alla galanteria maschile, ma appunto per questo non
pago i miei debiti vendendomi.
- Se pensa ciò mi fa torto, poiché non ho avuto affatto una simile intenzione. Non ci vuole
molto per capire che per far breccia nel suo cuore non servono tutte le ricchezze del mondo.
- Meglio così. Grazie! Mi dispiace non poter restare con lei questa sera,ma ho già un
impegno,comunque domani possiamo pranzare insieme... Come vede,le ho evitato
l’'imbarazzo di chiedermelo. Arrivederci a domani.- Lo salutò con un affascinante sorriso e
andò via.
CAP. XII
Beatrice, inutile dirlo, era sollevata dalla piega presa, dagli avvenimenti.
Per il suo carattere anticonformista si profilava una storia interessante, inoltre era curiosa di
capire quell'insolito ammiratore.
Quando. vide Manuel gliene accennò ridendo. Lui non rise, e provò una sensazione di freddo.
II giorno seguente Beatrice pranzò .con Gilbert. De laCroix, e ammirò il suo comportamento,
estremamente corretto. Pur. ripetendosi che non doveva fidarsi, non poteva fare a meno di
considerarlo sotto una luce romantica infatti era eccezionale per un uomo di affari,come lui si
era qualificato rinunciare con tanta indifferenza a un:sostanzioso assegno, scoperto sì, ma. lui
non lo sapeva e in particolare non chiedere un contraccambio volgare nella sua naturalezza,
e proprio per questo inevitabile data la situazione. Gli uomini non danno mai qualcosa senza
sperare niente; i loro gesti di generosità sono sola apparenti, nascondono sempre il calcolo,
Beatrice aspettava, con .una sorta di. impazienza, da, un momento all’altro aspettava con una
sorta di impazienza un suo gesto sconveniente, un 'allusione offensiva per mandarlo a quel
paese e per ripetersi che non c'era niente di nuovo sotto il sole. Passavano invece i giorni e
Gilbert De la Croix, pur esternandole una viva ammirazione non si sbilanciava. e sembrava
divertirsi a non confermare la sua pessimistica opinione sugli
uomini. Con estrema cortesia si intratteneva con lei, la portava in vari luoghi di divertimento,
accettava - con sorridente calma di essere soppiantalo da Manuel e non le faceva mai a tale
riguardo domande indiscrete.
Le mandava dei fiori, ma senza ostentazione; come senza ostentazione approfittava
dell’amichevole concessione di chiamarla per nome; essere passati al tu non menomava il
suo galante rispetto.
Cosa voleva? Cosa sperava? un'avventura no di certo, e allora? Beatrice era indispettita,
vedendo come egli stesse conquistando il suo cuore proprio perché si comportava come un
vero gentiluomo.
Manuel vedendola distratta da quella conoscenza maschile si tenne in disparte. Con la scusa
ricorrente del lavoro o delle prove cercò di evitarla.
Beatrice dapprima si sentì smarrita, poi si dedicò maggiormente a Gilbert, che più passava; il
tempo più trovava affascinante. Non era bello,né giovane, tuttavia sapeva suscitare nella
romantica Beatrice, con la sua ineccepibile compitezza e la sua strana dolcezza,echi del suo
infelice amore. Intimamente definiva strana la sua dolcezza perché, come intuiva Beatrice,
essa era solo indirizzata a lei, non era innata come in Davide e non proveniva sicuramente da
un carattere debole. Era uomo navigato, con una vasta, sia pure superficiale cultura e ciò
accresceva il suo fascino.Che avesse uno scopo in mente era indubbio e che stesse usando
tutte le sue per armi per arrivarvi era altrettanto indubitabile. Ma nessuna parola d'amore gli
uscì dalle labbra mentre la circondava di delicate attenzioni. Poi all'improvviso un giorno
Gilbert le chiese seriamente di sposarlo.
Sebbene Beatrice fosse abituata a non stupirsi di nulla, rimase di sasso e non potè che
avanzare la smarrita obiezione di chi vuol prendere tempo: - Ma se ci conosciamo da
pochissimo…
- Forse che l'amore ha bisogno di tempo?
- No, però non è indice di saggezza precipitare le cose.
- Io sono saggio solo negli affari. Né tu mi sembri il tipo ipocrita che considera ragionevole
una proposta di matrimonio solo se formulata dopo un lungo lasso di tempo.
- La fretta indica amore, lo so e non sono ipocrita da rifuggirlo, specie se non serve
chiaramente come passaggio per infilarsi nel mio letto senza tanti complimenti; tuttavia come
mi convince poco l'avventura mi convince altrettanto poco un matrimonio frettoloso. Vedi
finora tu Gilbert non mi hai dimostrato quelle effusioni sentimentali che in genere precedono
una simile richiesta,perciò sono sconcertata.
- Il mio interessamento per te non nasceva certo dall'indifferenza, io non sono un tipo
volgarmente passionale; detesto le smancerie quando amo davvero.
- E tu mi ami davvero?
- Si, Beatrice. Allora posso sperare in una risposta positiva?
- Sperare non costa niente,ma non chiedermela adesso, debbo pensarci, seriamente.
- E il tuo pensarci seriamente quando tempo richiede? Un’ora, un giorno,una settimana, un
mese?
- Un giorno, meglio una notte dato che ormai oggi è quasi passato. La notte porta consiglio
no? - Fece con sarcasmo.
Appena sola Beatrice lascio perdere la sua maschera sarcastica e si abbandonò
all'incertezza di quella nuova svolta della sua vita affidata a un semplice sì. Sapeva
benissimo di non amare veramente Gilbert, ne era affascinata questo sì,ma non lo amava;
tuttavia si chiedeva se non fosse meglio accettare la sua seria proposta di matrimonio invece
di vivere nella solita maniera dispersiva.
Con il matrimonio avrebbe messo fine in modo definitivo alla sua vita sbandata infatti inutile
illudersi non sarebbe bastato il suo lavoro di critica d'arte a darle la stabilità interiore. Si era
trattato di un vuoto tentativo, un capriccio, altrimenti come spiegare la facilità con cui era
ritornata alla vita mondana lontana da quella cara donna Claire Dumont? Solo sposandosi
avrebbe messo quel famoso punto fermo nella sua vita, come tante volte insisteva Manuel. A
quel nome le sue riflessioni si interruppero e sentì un groppo in gola.
Manuel! Il suo caro e dolce amico Manuel! Perché la sfuggiva? Perché non era vicino a lei ad
aiutarla? Soltanto adesso rimpianse la sua compagnia che sapeva liberarla d'ogni angoscia.
Avvertì di più la sua solitudine e ciò accelerò la sua decisione. Spinta dal desiderio di vincere
la propria solitudine si convinse ad accettare quella proposta matrimoniale Prima o poi
l'amore sarebbe venuto Perché Gilbert avrebbe fatto di tutto per farsi amare; era un uomo
eccezionale e non sarebbe stato difficile amarlo, intanto aveva scacciato dal suo cuore il
tormentoso ricordo di Davide e ciò era un buon segno.
Lo conosceva da poco più di due settimane ed era riuscito ad ottenere quello che lei in tanti
anni andava ala disperata ricerca: l'oblio di quell'amore infelice.
L'indomani mattina, mentre si accingeva a vestirsi per uscire e andare da lui e dargli la
risposta positiva che Gilbert sperava, ricevette. una telefonata improvvisa dal padre
- Beatrice che cosa hai combinato?
- Io? Niente, non capisco…
-Tu esattamente quindici giorni mi avevi rassicurato riguardo quella faccenda dell’assegno ed
io non ci ho pensato più, pero ho saputo durante il solito disbrigo bancario che qualcuno si è
informate sull’ammontare del tuo deposito bancario e proprio poco prima che tu mi avvertissi
che eri a secco. La mattina dello stesso giorno e ciò indica una sola cosa che la tua
insolvenza è stata scoperta. Adesso ho paura che questo tizio che si è informato sia il
possessore dell’assegno. Non ci sono dubbi che sia lui infatti, chi altri potrebbe avere
interesse per i tuoi soldi e proprio quel giorno? Per caso Beatrice non avrai combinato dei
pasticci? Altri debiti o che so io? Oppure hai voluto tacermi la verità?
- Non temere papà, non ho combinato pasticci! non ho contratto debiti e non emesso altri
assegni a vuoto come sembri supporre. Riguardo la faccenda dell’assegno ti ho detto la
verità, è chiusa sistemata! L'assegno ce l'ho io, perciò rassicurati, niente rischia di intaccare
l’onorabilità del nostro nome. Stammi bene e salutami Luisa.
Dopo aver rassicurato il padre Beatrice si mise a riflettere.
Gilbert era uno sporco ipocrita, sapeva benissimo che l'assegno era scoperto per questo
gliel'aveva dato! Prima infatti si era informato: se fosse stato un gentiluomo che non
accettava soldi da una donna avrebbe dovuto rifiutarlo prima o perlomeno consegnarglielo
senza offensive indagini! Certo, non perdeva niente a fare il bel gesto!
Con una chiarezza precisa intuì tutti i moventi di quell’anima arida e affarista. Conquistare e
sposare una donna ricca che in un momento di follia aveva emesso un assegno scoperto era
un grande affare per quel miserabile frequentatore di bische clandestine. Finora si era
accontentata della sua spiegazione perché si trovasse là quella voltata, ma adesso vedeva
tutte sotto un altro aspetto e la sua ambiguità risaltò in tanti piccoli particolari.
Altro che gentiluomo, rispettandola e chiedendola in matrimonio voleva solo assicurarsi la
gallina dalle uova d'oro! L'amore era un investimento per quel meschino individuo arrivista!
Ecco perché non era geloso di Manuel,non aveva mai avuto uno slancio non dico passionale
ma affettuoso verso di lei. La sua dolce galanteria, la sua ammirazione coprivano solo il
calcolo. Come aveva potuto ingannarsi su Gilbert, credere che la sua proposta di matrimonio,
fatta di punto in bianco,fosse segno di amore e di serietà?
Lei non era una sprovveduta ragazzina, eppure aveva creduto in quella rivoltante commedia.
In un certo senso esultava di constatare che lei non aveva perduta la capacità di illudersi e
che nello stesso tempo quell’individuo confermasse la sua pessimistica opinione sugli uomini
non c’era davvero niente di nuovo sotto il sole. Ma ciò non leniva il suo risentimento e il suo
disprezzo per lui grandissimi come si conviene a una dea che è stata ingannata.
Doveva buttargli in faccia quei maledetti soldi!
Si rammaricò di aver detto a suo padre ch'era tutto a posto. Orgogliosamente non gli avrebbe
mai confessato di aver bisogno di denaro per quella faccenda. Disponeva di denaro liquido
sufficiente per sue spesucce, ma non certo per buttarlo in faccia a Gilbert. Anche se avesse
chiesto un prestito a Luisa, prima di avere la somma necessaria sarebbero passati dei giorni
e lei non sopportava di vedere Gilbert e fingere di non sapere la verità. Questa infatti era la
maniera giusta per non calpestare la propria fierezza. Offenderlo con delle rimostranze, le
recriminazioni senza dargli i soldi era meschino, umiliante.
Chi poteva aiutarla? E come faceva ad ottenere subito il denaro? I gioielli! Come aveva fatto
a non pensarci prima? Si precipitò alla piccola cassaforte e trasse il cofanetto de suoi gioielli
Scelse quelli di cui poteva disfarsi senza incorrere nelle ire paterne, infatti guai se avesse
venduto i gioielli antichi appartenenti alla sua famiglia per generazioni! Soppesò il collier, gli
anelli, le spille pensò che vendendoli forse non avrebbe ricavato quella somma. Il loro valore
reale sarebbe stato decurtato spaventosamente. Nel dubbio prese una decisione ardita;
avrebbe impegnato anche la parure ch'era stata di sua madre e delle sue antenate. Ma non
poteva svolgere lei una simile operazione, né affidarsi a qualche banca: avrebbe perduto troppo tempo e inoltre un po’ di decoro le impediva di far sapere
che la principessa Orsini svendeva e impegnava le sue gioie. E allora? Ci voleva qualcuno
che l’aiutasse al più presto: l’appuntamento con Gilbert era alle undici. Lei aveva avuto
intenzione di andare direttamente da lui, nella sua casa, ecco perché si era alzata presto…
Un nome le venne alle labbra: Manuel.
CAP. XIII
Andò da Manuel a chiedergli aiuto. Lo informò brevemente di tutto e lui non ebbe esitazioni.
- Lascia stare quei gioielli, ti servono soldi? Aspetta un momento che parlo con il mio
impresario e li avrai.
Uscì e tornò prestissimo. Si era già procurato la somma di denaro e gliela diede, con
semplicità commentò:
- Avevo già saputo da certe informazioni che quel Gilbert De la Croix non è une stinco da
santo: è un abile avventurerò dei quartieri alti.
- Ti ringrazio Manuel fra qualche giorno ti restituirò queste denaro. Adesso posso togliermi la
soddisfazione di smascherarlo. Accompagnami ti prego.
Più tardi gli indicò un caffè.
- Ecco mi attende in quel caffè, gli parlerò da sola, tu entra subito dopo di me e goditi la
scena.
Gilbert che si aspettava una Beatrice arrendevole pronta a dirgli di sì o perlomeno a
procrastinare le sue speranze di vantaggiosa sistemazione, si vide buttare in faccia tutto il
suo disprezzo.
- Tu sapevi la verità, per questo hai fatto il gran bel gesto di restituirmi l’assegno! Ti eri
informato prima!
- Ma ragiona Beatrice, se fosse stato così, se avessi saputo la verità sarei stato ben sciocco a
privarmi dell'unico documento che attestava la tua insolvenza. In tal caso dovevo denunciarti,
e non l’ho fatto.
- Per un motivo molto semplice! non volevi scandali e inoltre in un processo sarebbe saltato
fuori che il mio debito con te era un debito di gioco contratto per di più in una bisca
clandestina. Tutti sanno che è illegale pretendere il pagamento di simili debiti. Quell'inutile
pezzo di carta perciò lo hai rifilato a me, fra l'altro ti eri informato che sono ricca e speravi in
un matrimonio di convenienza.
- La nobiltà oggi non conta, e il tuo blasone non ha un valore tale da accendere la cupidigia di
nessuno riconoscilo mia cara Beatrice.
- Il blasone no, ma il mio patrimonio sì; questo aveva valore ai tuoi occhi, infatti non ho parlato
di nobiltà. Invano cerchi di rigirare la questione: sei un ipocrita e un bugiardo, un vero Tartufo!
La tua giustificazione di poco fa mi ha fatte sorgere il sospetto che tu abbia la fotocopia
dell'assegno. Come ti ho spiegato anche se tu avessi l'originale non potresti intentarmi causa
o danneggiarmi in altra maniera senza danneggiare te stesso con uno scandalo e per di più
non otterresti niente. Tuttavia poiché sono abituata a pagare i miei debiti ti dò i soldi che hai
vinto quella sera.
- Ma io…
Gilbert comprendendo ch'era davvero inutile sostenere la commedia del gentiluomo fece dei
commenti che rivelarono la sua vera natura.
- Uh,quante storie! La principessa è indignata! Non fosse altro per il piacere che ti dò,
Beatrice, di mostrarti altezzosa merito questi soldi.
Scrisse su un foglio di carta la ricevuta e prese il pacchétto di banconote.
Manuel poco lontano si stava davvero godendo la scena e a un cenno di Beatrice si avvicinò.
- Questo è Gilbert De la Croix, il più grande giocatore di baccarà...E questo è Manuel Silveira,
famoso cantante brasiliano, che non gioca, però è il mio più sincero amico.
Manuel non poté fare a meno di commentare vedendo che Gilbert controllava il denaro con
meschina avidità.
- Stai tranquillo amico,non sono falsi.
-In compenso sei falso tu,amico.- Rispose mentre intascava i soldi - Sai?ho visto un paio di
volte gli spettacoli di Manuel Silveira,durante un mio viaggio in Brasile,ma non gli somigli per
niente,forse sul palcoscenico si diventa più grassi. Addio Beatrice lasci un Tartufo e trovi un
altro Tartufo peggiore, almeno io ho la pelle bianca.
Con queste ultime parole sibilline se ne andò.
Beatrice rimase un po’ stupita, ma non ci badò,pensando che fosse la normale reazione di un
imbroglione scoperto uscire fuori con frasi balorde.
- Che vuol dire Tartufo?
- E’ il nome di un personaggio teatrale di Moliére,famoso per la sua ipocrisia e
doppiezza;perciò è diventato sinonimo di ipocrita,di imbroglione, di impostore che carpisce la
fiducia altrui camuffando la propria natura. Sono contenta di essermene liberata e di averlo
distrutto moralmente E pensare che stavo convincendomi a sposarlo!
- Cosa?
- Proprio cosi! se non avessi saputo la verità da una telefonata di mio padre avrei finito con
l'accettare la sua proposta di matrimonio. Non c'è davvero niente di nuovo sotto il sole, gratta,
gratta trovi sempre il calcolo, l’avarizia, la menzogna e ogni sorta di vizi negli uomini.
- E il tuo Davide allora?- Fece con una punta di animosità nella voce.
- E’ meno colpevole di quanto sembri: ha cercato la compagnia di mia cugina Patrizia soltanto
per riavvicinarsi a me, anche se tutto è cominciato purtroppo da lì. Comunque non farmi
parlare di lui; perché credo che ormai l’ho dimenticato.
- Almeno è servita a qualcosa la conoscenza con quell’avventuriero perché grazie a lui hai
dimenticato Davide,vero?
- Già, mi ha fatto capire che è assurdo buttare via la propria esistenza per un amore infelice.
Sai le tue esortazioni hanno trovato conferma nella realtà. Per vincere il ricordo tormentose di
Davide è bastato che qualcuno lottasse per ottenere il mio amore. D'accordo, Gilbert non era
l'uomo ideale e lo faceva per secondi fini, non mi amava; tuttavia così ho capito che le mie
risorse affettive non si sono cristallizzate dentro e possono riversarsi su qualcuno veramente
innamorato e degno di stima; il mio cinismo non ha ucciso il mio cuore, la mia capacità di
illudermi. Io, Beatrice Orsini, sono viva e ho tanto amore da dare!
Eccitata continuava a parlare su qualcosa che prima lei considerava impensabile e intanto
Manuel ammirava con dolorosa intensità la sua voce vibrante d'entusiasmo e il suo viso
luminoso.
Nei giorni seguenti godette istante per istante la compagnia vivace di Beatrice.
Lei gli restituì i soldi, ma come affermò, la sua gratitudine per lui non si esauriva così. E
quando lui le domandò poi perché accettava i suoi inviti, rispose ridendo! - Non certo per
gratitudine, anzi, se fosse solo questa a legarci ti odierei.
- Non mi odi allora! E’ già qualcosa! passare dall'amicizia all'odio sarebbe tipico della tua
personalità fiera.
- Potrei passare a qualcos’altro.
I suoi occhi azzurri cercarono i suoi occhi neri, seri di Manuel e vi si perdette. Poi arrossendo
lievemente distolse lo sguardo e indicando la svettante cattedrale di Notre Dame fece una
scherzosa illustrazione di quella celebre costruzione gotica.
II loro rapporto si approfondì e Beatrice, senza saperlo aspettava speranzosa che quello che
doveva accadere accadesse, cioè che una folgorazione improvvisa li rendesse consapevoli
del loro reciproco sentimento.
***
Una sera Manuel, prima di salire sul palcoscenico del night dove cantava affrontò con lei
l'argomento.
Era serio e la sua voce era grave mentre diceva: - Forse il luogo non è più adatto, eppure per
dirti quello che devi sapere non ce n'è un altro migliore per renderlo meno melodrammatico.
Prima di tutto sappi che tu per me sei un sogno, o meglio una musica bellissima che è
diventata realtà, che si è incarnata nel tuo sorriso, nel tuo volto,nella tua figura e nella tua
voce. Non voglio Ingannarti su di me .anche se a pensarci bene io non l'ho fatto, si inganna
qualcuno con le bugie, ma con il silenzio. Beatrice,non guardarmi con quella intensità mi fai
dimenticare il mio proposito di sincerità e mi rendi capace di dirti solo una cosa: io ti….»
- Beatrice!
- Oh,che bella sorpresa! Tu qui?
Tre giovani,due donne e un uomo, erano sopraggiunti e con scoppi allegri di sorpresa si
erano avvicinati a loro due. Erano amici di Beatrice,appartenenti alla Roma "bene".
Si sedettero al loro tavolo.
Beatrice si informò sulle novità romane dopo aver fatto le debite presentazioni. Essi
l’accontentarono con dovizia di particolari, poi parlarono di fatti personali.
- Complimenti Beatrice;per la tua nuova attività di critica d’arte. Gianluigi si è letto tutti i tuoi
articoli... Tuo padre ci aveva detto ch’eri a Parigi, ma non speravamo proprio d'incontrarti...
Sai, Lauretta sta viaggiando per toglierai dalla testa un tizio per cui. aveva preso una
sbandata; non era del nostro ambiente, pensa uno scribacchino di un oscuro ufficio! – E
subito soggiunse vedendo che l’interessata stava per replicare furiosamente: - Su Lauretta
non dire che non è così...
- E tu Beatrice quando trovi il tuo Dante? O meglio quando lo strapazzi tirandolo per la barba?
- Certo, che sono stati stupidi a raffigurare il sommo poeta glabro, a cominciare da Doré,
mentre lui stesso afferma nel paradiso, per bocca della sdegnosa Beatrice, di avere la barba,
e infatti lei vuole tirargliela per gelosia!
- I poeti non fanno per me, anche se qualcuno che conosco può definirsi un poeta. Per
quanto riguarda Dorè, l'incisore, non ha fatto altro che rifarsi alla tradizione, c’è
quell’immagine…- Beatrice rispondeva a tono
alle battute degli amici, e non perdeva di vista Manuel, nemmeno quando Gianluigi la portòo
a una discussione d'arte piuttosto impegnativa. Come per tacito accordo tutti parlavano in
francese, dato che Manuel parlava il portoghese e il francese, oltre un po’ di spagnolo,e
anche del francese non capiva tutte le sfumature. Comunque non venne isolato per questo, fu
lui che preferì tacere. Quando fu il momento cantò
con travolgente impegno, guardava talvolta nella sala, verso Beatrice e i suoi amici con l’aria
di dire:" Questo so farlo bene, ammiratemi anche se non so niente di poeti e di incisori e di
tutte quelle disquisizioni sull'arte pittorica.”
E quei giovani lo ammirarono e gli fecero un sacco di complimenti, perché in fondo erano
bravi ragazzi, anche se provenivano da ricche famiglie, e la loro superficialità e la loro
saccenteria non erano altro che l’inevitabile pedaggio che dovevano pagare all'ambiente,
perdendoci in umanità e sincerità.
Alla fine si lasciarono con esagerate affermazioni di piacere per le ore passate insieme e di
impegno a rivedersi.
Manuel accompagnò Beatrice al suo albergo senza parlale. Ma lei prima che si accomiatasse
le chiese con un sorriso: - Cosa volevi dirmi prima che quei guastafeste arrivassero?
- Nulla.
-Ti prego, dimmelo! - Lo implorò con il viso basso.
- Come vuoi. – La costrinse a guardarlo e le disse semplicemente: -Ti voglio bene.
Il viso di Beatrice si illuminò e stava per parlare. Le fece cenno di tacere e l'abbracciò per un
attimo. Le sfiorò la tempia con un bacio e poi risali in macchina e partì subito.
Beatrice trasognata conservò come un tesoro la dolcezza di questi momenti.
Era serena, quella tenera attestazione d'amore e quel bacio aveva pacificato il suo animo, e
si sentiva finalmente sicura d'aver dimenticato Davide, perché un nuovo amore era entrato
nella sua vita. Ed era un amore meraviglio, come era meraviglioso Manuel. Le sue labbra
sulla sua pelle avevano tremato.
L'indomani Beatrice per prima cosa telefono a Manuel,voleva sentire la sua voce, ma al suo
albergo le risposero ch'era partito! Aveva lasciato una lettera per lei che più tardi con un
fattorino le venne recapitata.
Beatrice carissima, i sogni non durano, la musica si disperde e la realtà, il silenzio si
impongono. Ieri sera avevo deciso di dirti tutto,ma l’arrivo dei tuoi amici mi ha fatto capire che
la sincerità non avrebbe distrutto tutti gli ostacoli che ci dividono .La principessa Orsini, con la
sua ricchezza e la sua incredibile cultura appartiene a un mondo che è agli antipodi del mio.
Non è diversa solo la nostra pelle, ma tutto il modo di pensare, di agire, di parlare e persino di
amare. I miei sentimenti, i miei pensieri seno elementari,
ecco perché ho potuto illudermi che averti sarebbe stato facile .Finché siamo stati amici le
differenze potevano dimenticarle,che importanza aveva la mia ignoranza e tutto il resto?
musa In fondo non risaltavano, stavano così poco vicini ed erano giustificate ch’ero straniero;
invece amandoci siamo spinti verso una completa unione, che è impossibile, propino perché
siamo diversi. Ogni tuo gesto di raffinata educazione conferma ciò. Se mai tu per una follia
d’amore nonostante tutto mi accettassi, sarebbero i tuoi amici, la tua famiglia a ricordartelo,
che io non sono degno di te. Nella mia vita ho poche cose a cui tengo,e una di queste è la
mia dignità; non mi sento inferiore a nessuno,diverso sì, ma non inferiore! Guai se colei che
amo dovesse reputarmi tale! Proprio per questo vado via, per evitare che l'orgoglio del tuo
mondo inquini il tuo amore. Mi resta solo questo, mi appartiene, me lo prendo e ti lascio il
cuore libero di amare un altro. Addio amore, addio piccola mia. Ancora un’ultima volta il tuo
Manuel.
Beatrice soffrì tremendamente per il suo abbandono. Quello che vi era di ragionevole in esso
non volle accettarlo, lo amava e nient’altro esisteva! Possibile che Manuel non avesse capito
come lei fosse indifferente alle convenienze della società
Presa da una violenta ansia di ritrovarlo partì e girò tutti i locali notturni alla moda della Costa
Azzurra, ricordando che lui una volta le aveva detto che Inevitabilmente il trastullo dei ricchi
sarebbe andato de quelle parti.
Dopo un paio di mesi stava per arrendersi: Manuel era scomparso e mai lei lo avrebbe
ritrovato... All’improvviso, ad Antibes, vide in un locale campeggiare il nome di Manuel
Silveira! Il grande cantante brasiliano si esibiva là con il suo gruppo di orchestarli e ballerini
del suo paese; così annunciava il cartellone. Veramente Beatrice aveva sempre visto Manuel
esibirsi solo sulla scena, con il suo pianoforte; comunque badò poco a ciò. Entrò e rimase di
sasso vedendo che si trattava di un altro cantante di colore,eppure le canzoni erano quelle
che già aveva sentito cantare da Manuel!
Com'era possibile?Si informò e tutti furono concordi nell'affermare che quel cantante al centro
era Manuel Silveira. La colpì specialmente una frase:- Certo che è Manuel Silveira, basta
vedere come canta e come si muove sul palcoscenico.
Quell’uomo infatti aveva una voce forte, bellissima, ben impostata e una straordinaria
capacità espressiva, dominava la scena e spiccava sul gruppo: cantava e suonava qualche
strumento; il tutto denotava la disinvolta sicurezza di un uomo di spettacolo ormai affermato.
Manuel invece non aveva una voce forte, sebbene fosse dolce e melodiosa, e inoltre non
aveva sulla scena la verve scintillante di quel massiccio negro, sembrava più sicuro di sé
quando si trovava al pianoforte e non doveva esporsi al pubblico solo con il microfono in
mano. Soltanto adesso Beatrice si accorgeva di ciò . Perplessa andò alla fine dello spettacolo
nel camerino del grande cantante. Indossava ancora il costume sgargiante e pieno di lustrini
e anche questo le fece notare la differenza con l’altro Manuel che persino sulla scena vestiva
sobriamente.
Intanto l’uomo la guardava e scambiò la sua esitazione per timidezza.
II suo largo sorriso di soddisfazione a quell'inconsueta ammiratrice lasciò ben presto il posto
ad una smorfia di stupore quando lei gli domandò: - Mi scusi, lei è proprio Marnisi Silverra?
- Sicuramente non sono il suo fantasma, se è questo che intende dire.
- No, la prego, non mi prenda per matta. Il fatto è che io ho incontrato in Spagna prima e a
Parigi dopo un certo Manuel Silveira che cantava le stesse canzoni che lei ha cantato
stasera... Era anche lui un uomo di colore, soltanto meno…Insomma meno robusto di lei.
-Lo dica pure: "meno grasso di "lei". Comunque io sono Manuel Silveira e non capisco , non
so niente di questo sosia, di questo millantatore che ha incontrato. Mi dispiace.
II dolore che si disegnò sul viso di Beatrice fu così infinito e repentino che l'uomo ebbe un
sussulto di esitazione e la f ermò nell’attimo che stava uscendo e le disse: - Aspetti! - Chiuse
la porta del camerino e guardandola con attenzione le chiese: - Lei lo ama, vero?
Annuì.
- Ascolti, poco fa ho mentito, conosco la persona che ha incontrato. Si tranquillizzi, non creda
di essersi imbattuta in un volgare impostore. L'uomo che lei ha conosciuto era il mio
pianista ,che ha composto la maggior parte delle mie canzoni. Con il mio permesso e per
varie ragioni ha accettato di venire al mio posto in Europa, per questo si è servito del mio
nome. Qui nessuno conosceva personalmente Manuel Silveira e gli è stato facile assolvere
gli impegni che il mio impresario aveva preso e finalmente ho potuto due mesi fa venire e lui
come d'accordo si è intascato la somma promessa ed è sparito.
-Ma chi è, come si chiama?
- Sebastian Perez,ed è un valente compositore, oltre ad essere un mezzo rivoluzionario.
- Adesso dov'è? Parli! Ormai non può tacermi la verità,la prego! - Beatrice anche nel suo
smarrimento" di quella rivelazione non perdeva la sua imperiosità.
- E’ tornato in brasile, credo.
- E laggiù come potrei ritrovarlo?
- Mi dispiace, sarebbe una pazzie, tentare così alla cieca. Sa quante persone di colore vivono
nella sola Rio de Janeiro? Appena saprò qualcosa di lui glielo farò sapere, mi aveva
promesso di darmi sue notizie e di continuare a comporre canzoni per me.
- E’ inutile, lo so.
-Sì, forse; però per tutte le eventualità mi dia il suo indirizzo.
Gli porse uno dei suoi biglietti da visita dopo avervi scritto l'indirizzo della sua casa romana
paterna e dell'albergo dove abitualmente scendeva a Parigi.
Lui la guardò stupefatto: addirittura una principessa! Sebastian,che proveniva come lui dal più
miserabile quartiere di Rio, era amato da una principessa italiana! Che stupido quel
Sebastian a lasciarla così! O forse no. Forse era stato davvero saggio ritirandosi nell'ombra.
Eppure le lacrime che velavano gli occhi di quella stupenda ragazza non indicavano un
capriccio. Una specie di rivalsa contro il destino sempre duro con quelli della sbarazza
spinse il vero Manuel a voler salvare quell'amore che aveva come oggetto il suo amico.
- Le scriverò, presto saprà dov'è;glielo prometto.
La carica di intensa sincerità sentita nella sua voce non consolò Beatrice, temeva che fosse
una frase detta tanto per dire, per incoraggiarla. E '-poi Manuel,cioè Sebastian era ormai
perduto per lei.
La sua partenza per il Brasile rendeva definitiva la loro separazione.
Beatrice ricordava le parole sibilline di Gilbert :" …sei falso tu amico. . lasci un Tartufo e trovi
un altro Tartufo peggiore, io almeno sono bianco “ Adesso "capiva queste insinuazioni e
capiva anche perché Sebastian alludeva sempre a una verità nascosta, e si mostrava
insofferente ai suoi accenni della ricchezza e fama possedute. Quella sera voleva dirle tutto,
ma l'arrivo dei suoi amici e tutto il resto glielo avevano fatto rimangiare il suo proposito di
sincerità, tanto dato che dovevano lasciarla che importava dirle la verità sulla sua vera
identità? Così era scomparso: aveva ben due motivi per farlo l’imminente fine della sua
commedia e la sconsolata riflessione che l’amore non poteva distruggere le differenze che
esistevano tra loro.
La ricchezza e la fama non sarebbero servite a coprire l'oscura e miserabile estrazione di lui,
né lo avrebbero reso accettabile all'orgoglio del principe Orsini. Questo lo sapeva, ma solo in
quel momento senti assurdamente tangibili i motivi addotti da lui, poiché lo aveva perrduto,
soltanto per questo lasciò che la voce delle convenienze si imponesse su di lei. Eppure
l’assommarsi delle differenze, venute fuori con la verità, non uccise il suo amore, ma lo
potenziò. Amava Manuel, cioè Sebastian,e non gli portava rancore per averla ingannata;
c’era una certa nobiltà per come lui 'aveva condotto le cose; al massimo gli portava rancore
per non aver continuato ad ingannarla ancora.
***
Tornò a Roma, a casa sua facendo felice suo padre. Era a decisa a dimenticare quello
sconosciuto Sebastian Perez,perché era impossibile amarlo ancora ed accettarlo,lei,una
Orsini che aveva avuto come antenati degli uomini illustri e persino dei papi!
Si lasciava vivere e per abulia declinò l'offerta di Claire Dumont di partire con lei.
Odiava l'arte, l'odiava perché "lui" non poteva apprezzarla, così come odiava la musica
classica, la letteratura per lo stesso motivo. Fu una rivolta poco movimentata e appariscente,
anche il suo dolore non aveva niente di drammaticamente esteriore . Niente follie né,
escandescenze, né viaggi forsennati; era impassibile come una vera dea pagana e rideva
talvolta di sé.
Era veramente sceso il silenzio della realtà in lei dopo il sogno, dopo la musica inebriante di
quell'amore.
Davide un giorno si presentò a lei in un moménto ch'era sola.
- Beatrice, basta, non resisto, da quando sei tornata mi tratti gentilmente,e non mi eviti come
facevi prima nelle tue rapide visite, ciò mi fa impazzire. Mark ti ha rubata a me, ma lui non c'è
più, e tu mi ami ancora, lo sento. Io ti amo, non ho .smesso d'amarti. Lascerò Patrizia e
staremo insieme; perché sacrificarci? E in nome di chi? Dio non è tiranno, e se sbagliamo a
cercare la felicità ci perdonerà.
- Dio non è mai stato un ostacolo;ma tua figlio, sì.
- Mio figlio! Una creatura che vedo pochissimo e che è stato concepito in un momento di
debolezza. Ha il mio nome e il benessere che gli spetta. Patrizia, non mi ama più, ha un
amante,secondo lei, l'ho spinta io nelle sue braccia, per ripicca contro la mia freddezza, e
forse è vero; perché una dea saia ho amato e amo. Una semplice donna non può, e non
potrà mai,sostituirla. Beatrice è Diana, Selene; e io sono il suo Endimione: Ricordi? Chiudevo
gli occhi e tu mi baciavi. Fallo .ancora,dimmi in questo modo che mi ami e torneremo insieme.
.Beatrice esitò, il viso di Davide era bello e indifeso nella sua fremente attesa, ad occhi chiusi,
di un suo bacio .Posò le labbra sulle sue in un bacio dolce, ritrovò il suo respiro... Ma restò
fredda. Si passò le dita sulla tempia dove per la prima ed unica volta Sebastian l'aveva
baciata e un dolore acuto la trafisse.
- Apri gli occhi, Davide, e anche gli orecchi: non si torna indietro. Non ti amo più. Vai da
Patrizia,riconquistati il suo amore e amala. Io te l'ho data e tu devi amarla. Mark non mi ha
rubata a te, sei stato tu con la .tua debolezza a rubarmi a te stesso.Quella volta a Cortina
d’'Armpezzo, hai scelto, e non puoi rinnegare la tua scelta di allora. Conservati la mia stima:
ama Patrizia e perdonale il suo tradimento; anche tu l'hai tradita, da tanti anni conservando in
cuore un amore assurdo;e anche oggi l'hai tradita volendo tornare da me.
- Non capisco…Tu mi amavi allora! E adesso?
- Adesso non più. Stavolta amo veramente un altro. Forse ciò che finora ti ha impedito di
dimenticarmi è stato l'aver intuito che non amavo nessuno, che Mark era soltanto un ripiego,
un rivale inesistente. Ora invece non è così e finalmente mi dimenticherai.
La voce di Beatrice era comprensiva ma decisa. La sua determinazione, dura come l’acciaio,
toglieva ogni volontà. Davide percepì con tristezza di aver perduto definitivamente il suo idolo,
il suo rifugio sentimentale. C’era una specie di giustizia nel suo imperioso ordine di tornare da
Patrizia e perdonarla. Triste e rassegnato andò via.
XV CAP.
Davide se n'era appena andato che entrò una cameriera a portare la posta per la
principessina.
Lettere di amiche, un paio di inviti mondani, una cartolina d'Istanbul firmata Claire Dumont e
con una sola frase:" Quando mi raggiungi? “ La vecchia signora non demordeva, ed era
sicura che prima o poi Beatrice l'avrebbe raggiunta. Stava pensando a quest'eventualità
quando una lettera che non aveva ancora aperto attrasse la sua attenzione, non poteva
essere una delle sue amiche: nessuna avrebbe mai messo il suo titolo
nobiliare così sulla busta. L'apri e scoprì subito chi fosse lo scrivente: era Manuel Silveira, il
vero Manuel.
Con semplicità l’infornava che aveva notizie di Sebastian Perez: era prima andato in Brasile,
ma dopo una breve permanenza là era tornato in Europa. Adesso si trovava a Lisbona, e
cantava in un modesto locale con il suo vero nome. Se voleva ritrovarlo bastava che andasse
là direttamente, dove Sebastian abitava. C’era l'indirizzo della pensione e del locale.
Beatrice non svenne, non gridò, e non mostrò in alcun modo i suoi sentimenti: non aveva
atteso in fondo altro, sì nella sua abulica indifferenza era rimasta in attesa di notizie di
Sebastian che attraverso Manuel le sarebbero arrivate
Con freddezza prenotò il posto sull'aereo che l'avrebbe portata a Lisbona e preparò le valigie.
Quando i suo padre e Luisa rientrarono la videro sul punto di partire.
-Che cosa fai Beatrice?
- Parto, faccio un viaggetto a Lisbona, per vincere la monotonia della vita.
Li abbracciò sorridendo, poi salì un momento in camera sua per prendere il beauty-case che
aveva dimenticato di sopra. Mentre saliva le scale la sentirono canticchiare. Questo fu l'unico
segno della sua gioia interiore. Dopo mostrò una faccia decisa. Al principe Crsini sembrò che
sua figlia fosse sul punto di partire e non tornare più. La paura assurda di non rivederla più gli
fece venire meno la consueta indifferenza per i suoi spostamenti.
-Perché vai a Lisbona? Che ti importa del Portagallo?
- E’ l'unico paese dove regni la pace dopo una lunghissima dittatura, e voglio vedere se è
vero - Rispose sarcastica, poi divenne tenera: - Arrivederci a presto papa, e goditi la vita! e
anche tu Luisa,mia quasi mamma, stammi bene.
- Arrivederci Beatrice e fai buon viaggio. - La salutarono stupiti.
il viaggio andò bene e presto Beatrice si trovo a Lisbona.
Un tassì la portò prima a un buon albergo, consigliatelo dallo stesso tassista, e poi alla
pensione di Sebastian. Fu con un certo disappunto che scoprì che lui aveva cambiato
abitazione; decise allora di andare a trovarlo dove cantava. Non sapeva Beatrice se nel
frattempo il suo sentimento per lui si fosse affievolito, tuttavia non si arrese. Soltanto quando
si sarebbe trovata davanti a Sebastian avrebbe potuto capire se la sua ansia di vederlo fosse
testardaggine dispettosa o amore. Era amore! Lo capì subito senza ombra di dubbio più tardi.
Le bastò sentire, la sua cara e indimenticabile voce, mentre: chiedeva alle sue spalle: - Chi mi
cerca?
Si voltò e guardandolo rispose sorridendo: - Una tua ammiratrice.
- Beatrice!
Lei senza curarsi del cameriere a cui aveva appena finito di chiedere dove si trovasse il
signor Perez gli andò vicino e lo abbracciò sussurrandogli: - Non potrai mai liberarti di me…
- Se sei qui vuol dire che…
- Sì., so tutto o quasi tutto. Ciò che ancora non so me lo dirai tu.
- D’accordo, ma andiamo via di qui.
E il cameriere stupito vide andare via quella splendida giovane donna con quell'antipatico di
Sebastian Perez,. che non dava confidenza a nessuno e si credeva chissà chi, mentre in
fondo era un mediocre cantante e per di più di colore!
Da quel pomeriggio avrebbe visto spesso la bionda straniera in sala ad ascoltare Sebastian
cantare ed uscire poi con lui alla fine dello spettacolo.
***
- Mi sembra incredibile, tu Beatrice sei qui con me!
- Anche a me sembra incredibile averti ritrovato. In questi, mesi di separazione non vivevo
più, ero fuori di me e non mi annebbiava il cervello l’alcool; solo il dolore, puro e semplice
dolore. Mi veniva da ridere a pensare alle mie scomposte reazioni quando lasciai Davide. Il
vero dolore non l’avevo provato, esso è assenza di vita ma ora è tutto finito, siamo insieme.
- Sì,siamo insieme… - Sebastian guardò a lungo Beatrice, poi riprese ancora incredulo: - Non
vuoi dirmi come hai fatto a ritrovarmi?
- E’ stato Manuel Silveira a scrivermi, sì l'ho conosciuto mentre cercavo te, e mi ha promesso
che mi avrebbe informata appena avrebbe avuto tue notizie. E così è stato.
- Non ti ha spiegato perché ho preso il suo posto?
-No, ma mi ha detto che non eri un impostore, e che l’hai fatto d'accordo con lui.
- Ascolta Beatrice, devi sapere tutto della mia vita, almeno tu sappia chi è Sebastian Perez.
Sono nato in un quartiere miserabile di Rio . E per quanto mi ricordi l'unico mio desiderio era
di uscirne e di dare un po' di benessere alla mia disgraziata. famiglia. I miei fratellini morirono
nell’infanzia e i miei:vecchi continuavano a sfiancarsi lavorando nelle case dei ricchi. Ho
accettato tutto ciò con fatalismo: la povertà,le malattie, gli stenti, la massacrante fatica come
qualcosa di inevitabile da sopportare come la pioggia o il sole. Non pensavo che questi mali,
fossero provocati dal disumano egoismo di alcuni sfruttatori. Strano a dirsi non odiavo la vita
per i suoi dolori, ma per reazione l'amavo di più. Cominciai prestissimo a lavorare, poi mentre
facevo l’inserviente in un locale notturno conobbi un vecchio pianista, mi insegnò a suonare e
da quel momento la musica divenne la mia consolazione e la mia arma di riscatto. Suonai in
varie orchestrine nei locali più malfamati e squallidi, poi via via in altri di rilievo a Capocabana
ci sono Night 'club di lusso e qui ho conosciuto la sfacciata opulenza dei discendenti dei
colonizzatori portoghesi. Suonavo e componevo canzonette d'evasione,egoisticamente non
volevo saperne di politica. Cinque anni fa entrai nell'orchestra del grande Manuel Silveira.
Nell'ambiente musicale di Rio era già famoso, e tutti i ricchi se lo contendevano .La sua
verve, il suo innato senso dello spettacolo oltre alla sua splendida voce lo rendevano
l'immagine ideale del divo. Anche lui,come me,non voleva occuparsi di cose politiche, di
proposito,anzi, esasperava la superficialità del suo mestiere. Era in fondo comodo non vedere
niente, non sentire niente. Il Brasile è un paese splendido, ma corroso dalle contraddizioni
laceranti che vi sono. La sua ricchezza e la sua crescente potenza si basa sullo sfruttamento
dei poveri, sugli appoggi delle multimazionali, sulla dittatura che annienta ogni tentativo di
denuncia e sul genocidio degli indios. Un paese profondamente cristiano che uccide, giorno
per giorno il Cristo. In quello stesso anno che mi sembrò di essermi assicurato
definitivamente il benessere incontrai Zelide. - Si interruppe,colto da un improvviso ritegno.
- Continua Sebastian,è naturale che tu abbia incontrato e amato qualcuna prima di me, Non
amavo forse io Davide?
- Sì,hai ragione,non c'è motivo di essere imbarazzato se ti parlo dei miei sentimenti verso
un'altra. Zelide era una, ragazza mulatta, bellissima e piena di rabbia, dentro. Conosceva la
miseria, ma al contrario di me non si rassegnava, fu lei ad aprirmi gli occhi sulla realtà
sociale,a indicarmi le cause, le persone responsabili di tutto il dolore e l'oppressione dei
poveri. L’ingiustizia non era qualcosa di fatale,invece bisognava combatterla con tutte le
forze. Zelide lo ripeteva sempre. L’amavo moltissimo, volevo sposarla; fino ad allora avevo
avuto solo avventure. Per compiacerla decisi di fare qualcosa anch'io per la giustizia. Scrissi
canzoni di denuncia, Manuel dapprima non voleva cantarle, poi si convinse e, sebbene
alcune le rimaneggiasse, la sua voce divenne il simbolo di un profondo desiderio di giustizia.
Ricevette delle minacce, ma, ormai era troppo famoso per essere toccato,inoltre a certi
esponenti delle classi ricche piaceva sentirsi dire, in maniera gradevole, quante vigliaccate
commettevano: toccava il loro lato sentimentale, che pure negli uomini più perversi esiste
sempre.
Per un attimo Sebastian tacque e si perse dietro ai suoi ricordi, poi incitato dolcemente da lei
si fece forza e continuò: - Zelide faceva parte di un movimento rivoluzionario,e poiché tutti
quelli che rivendicano eque condizioni di vita sono definiti dal governo sovversivi lei venne
arrestata. Fu una cosa atroce, venne torturata e morì in carcere. Aveva appena diciannove
anni! Per cercare di liberarla mi misi in contatto con i suoi amici rivoluzionari, abbracciai le
loro idee, perché per queste idee Zelide, la mia splendida Zelide era stata seviziata e uccisa
come appresi poi. Il resoconto di quello che le fecero mi pervenne per vie traverse e prima
me lo ripetevo sempre per non avere scrupoli qualora mi fosse stato ordinato di ammazzare
quei luridi assassini. Poi ho preferito dimenticare perché mi rendeva simile a loro nella
ferocia. Grazie al cielo non mi venne mai chiesto qualcosa che ripugnasse alla mia
coscienza. Avevano bisogno di soldi per aiutare dei compagni a fuggire ed io li procuravo
loro. Ormai il denaro non mi interessava più, fra l’altro anche i miei vecchi erano morti, perciò
non avevo più alcun motivo per desiderare il benessere. Manuel voleva andare in Europa a il
suo impresario aveva già preso degli accordi per una lunga, tournée. Purtroppo delle difficoltà
falsamente burocratiche gli impedirono di partire,le autorità ricordando il contenuto pungente
delle sue canzoni decisero di punirlo ritirandogli il passaporto. Nel frattempo venne
organizzata la fuga di un pezzo grosso del movimento rivoluzionario. Mi impegnai
personalmente di contribuire a pagare la somma necessaria. Il colpo riuscì,coloro che
avevano finanziato l'azione aspettavano di essere rimborsati. I miei amici erano in un bel
guaio perché senza fondi e il mio modesto contributo non bastava; fu in questo periodo che
Manuel mi propose di partire al posto suo. C'erano degli impegni favolosi da soddisfare e
rinunciarvi sarebbe stato pazzesco. Al limite non correvo rischi perché avrei firmalo con il mio
vero nome e avrei lasciato credere che Manuel Silveira fosse uno pseudonimo. Così ho fatto.
Venni in Europa,conobbi te in Spagna, ci rivedemmo a Parigi, stavo per dirti la verità, perché
mi ripugnava nasconderti la mia vera identità, ma l'incontro con ì tuoi amici mi tolse ogni
illusione e preferii lasciarti.
- Questa è l'unica cosa che ti rimprovero,anche se capisco le tue motivazioni .Ma di questo
parleremo dopo, dimmi piuttosto cosa hai fatto dopo.
- Manuel aveva potuto partire con il suo gruppo ed io come nei patti dovevo sparire. Intascai
la mia parte di soldi e tornai in Brasile. Versai nelle casse del movimento rivoluzionario ciò
che avevo guadagnato sotto mentite spoglie di Manuel. Non so perché ma la mia adesione
alle loro idee si allentò, forse perché io, nonostante tutto, non potevo accettare tutti i sistemi
messi in atto. per abbattere il regime dittatoriale. Non ci furono tragedie, mi misero da parte,
d'altronde avevo assolto il mio compito. Stavo per riprendere la mia professione, quando mi
avvertirono che le autorità volevano arrestarmi per attività sovversiva allora lasciai il paese!
Informai Manuel della mia decisione di stabilirmi qui a Lisbona e il resto lo sai. Non ho più
niente, né radici, né uno scopo per cui lottare.
- Hai me!
- Sì, ho te, ma ho paura di crederci. Quello che ti scrissi rimane valido tutt'ora, e forse oggi
ancora di più; è anche una questione di saggezza.
- Il fatto che io sia qui ti dimostra in quale considerazione tenga ai pregiudizi del mio
ambiente. La saggezza non si accorda con l'amore, ed io ti amo tanto! - Gli chiuse la bocca
con un bacio appassionato per impedirgli di protestare.
E Sebastian stringendo a sé Beatrice fremente di passione rinunciò a farlo.
XVI CAP.
La passione di Beatrice con il passare dei giorni cresceva sempre più e nella sua orgogliosa
felicità non pensava a nulla tutta tesa a godere la vicinanza con l’oggetto del suo amore che
la estasiava non solo stringendola fra le braccia, ma semplicemente parlandole. Neanche con
Davide ciò le era accaduto soltanto con Sebastian si era realizzata pienamente la quasi
profetica affermazione di
Luisa a questo riguardo, Sebastian era degno di lei e lo amava davvero;la sua sensibilità lo
aveva giudicato l'uomo ideale e non era solo l’amore a piegar favorevolmente il suo giudizio,
ma anche la sua intelligenza. Con tutta sicurezza poteva dichiarare veramente di non aver
mai amato nessuno come lui; infatti Davide era l'amore giovane spensierato
di una
creatura immatura e il suo ricordo l'aveva
perseguitata soltanto perché non si era esaurito in modo naturale ma un volgare tradimento lo
aveva spezzato nel pieno del suo fulgore. Sebastian era invece era l’amore di una donna,
una vera donna.
Il contrasto della sua pelle candida di bionda con quella scura di lui la esaltava. Si sentiva
ogni giorno più sua e le voci fievoli del passato, del suo mondo attraverso le lettere e le
telefonate del padre, di Luisa e degli ami ci non la raggiungevano. Talvolta Sebastian faceva
allusioni al futuro e specialmente se non fosse il caso di parlare di lui alla sua famiglia dato
che sembrava decIsa a non tornare a Roma e lei rispondeva: “ Più tardi l'informerò." Ma
lasciava che il tempo scorresse senza preoccupazioni di sorta. D’altronde, immersa com’era
nel felice presente il futuro le
appariva assurdo, perché tutto composto di oggi,vissuti con esaltante spasimo.
La passione bruciava ogni pensiero, ogni remora, erano insieme e nient’altro contava.
Una sera come una naturale conseguenza, di essa invitò Sebastian a salire nella sua stanza
d’albergo. Era la prima volta che ciò succedeva ma lui, pur essendone turbato,finse di non
capire ciò che significava quell’invito e volle credere che fosse solo un modo per prolungarne
vicinanza.
Beatrice era allegra, disinvolta, e insieme dolce e riservata; rideva e taceva di colpo e lo
guardava con i suoi occhi chiari pieni di desiderio, c’era grandezza in questa sua muta offerta
che in un’altra sarebbe sembrata solo sfacciata sensualità Sebastian immaginava che anche
nell'intimità, Beatrice avrebbe conservato sempre quel riserbo orgoglioso di dea che tutto
prendendo, non tutto concede.
Tremò di desiderio, ma si impose di non bruciare l’incanto del loro amore in una banale
avventura.
Scherzosamente dopo aver bevuto disse: - Adesso e meglio che me ne vada altrimenti non
rispondo più di me.
- Ed è proprio quello che desidero!- Esclamò Beatrice - abbracciandolo, incapace di fingere
ancora.
- No, Beatrice, non è così che ti voglio - Replico staccandosi dal suo abbraccio.
- Mi fai sentire una donnaccia…
- Non lo sei di certo! Se ti rispetto lo faccio proprio perché io ti amo, e capisco che la tua
offerta è dettata solo dall’amor e non certo dal vizio.
- Già, intanto mi rifiuti. - Un furore sottile la prese vedendosi rifiutata e sfoderò l’arma in cui
eccelleva di più il disprezzo mostrato apertamente. - Ma che uomo sei? Chi ti credi di essere
con la tua virtuosa freddezza? Dovresti esultare che una donna, come me che non ha mai
concesso a nessuno il suo corpo ami un tipo come te… Invece tu osi respingermi! Dovresti
inginocchiarti e…
- E magari piangere di gioia perché la orgogliosa dea bianca si concede a un povero negro
come me.
- Non l’ho detto!
- Ma l’hai pensato,era questo che ti riferivi quando hai detto “un tipo come te”!
- Potevo alludere a qualcos'altro per esempio che sei un mediocre cantante in confronto al
vero Manuel Silveira,- Fece dispettosamente Beatrice, riprendendo una, critica udita per caso
durante uno dei suoi spettacoli. - Senza contare tutto il resto.
- Non importa, in tutti i casi avresti fatto uno pessimo affare mettendoti con me, dopo ti saresti
accorta che non ne valeva la pena, soltanto per soddisfare un capriccio, buttarti via con
qualcuno del quale tu non hai mai avuto stima.
- Sono una pessima affarista in effetti e me ne rendo conto adesso.
Si guardarono cupi e infelici.
- Amami e dimenticherò tutto... - Mormorò lei, falsamente imperiosa avvicinandosi a lui in un
desiderio di pace.
- No! Lo stallone è una parte che si addice ai tuoi amici non a me.
- Stupido! miserabile ignorante! vattene! Ti odio!
Sebastian dopo averle lanciato un’occhiata sprezzante se ne andò.
Beatrice pianse a lungo e dopo aver riflettuto capì che il rifiuto di Sebastian alle sue profferte
era un segno di amore… Solo dopo intuì che quel “non ti voglio così” di Sebastian rivelava il
suo desiderio di sposarla, di proiettare la loro storia in un futuro di coppia come più volte
aveva alluso e lei invece di essergliene grata di questa meravigliosa aspirazione lo aveva
umiliato. Era stata ferita la sua vanità di donna sciocca, per questo aveva detto quelle parole
pungenti senza pensarle.
A questo punto delle sue riflessioni volle essere onesta con se stessa.
Forse perché Sebastián era negro e per di più non era ricco, né famoso, né colto non aveva
lei pensato al matrimonio? E aveva preferito buttarglisi fra le braccia come una poco di
buono? Stranamente infatti non aveva mai pensato a quest’eventualità. Perché? Perché
aveva perso la testa per Sebastian oppure perché ,come sospettava lui, non lo stimava? Ci
pensò con lucidità, ma non seppe rispondersi, perché non si era mai posta il problema, lo
aveva accettato istintivamente sotto la spinta dell'amore e la stima le sembrava una
inevitabile appendice di esso; però amare una persona non significa automaticamente
stimarla.
Lentamente il processo di maturazione della sua personalità, che si era avviato ritrovando
Sebastian, si avvicinò alla conclusione in quella notte di tormento e di rimorso nel cercare la
verità.
Amava Sebastìan di questo solo poteva essere sicura,e nel volere essere sua non era stata
spinta da altra ragione che l’amore. Sì la sua passione non era dettata dai sensi, sebbene
non sapesse dire dove finisse l’istinto e dove il sentimento. In che cosa consisteva la sua
accettazione di Sebastian?Aveva obliato le differenze per stima o per ribellione ai pregiudizi
del suo ambiente? Si ripeté tutti i racconti della sua povera vita che lui le aveva fatto e cercò
di vedere oltre l’estasi che le procurava in quei momenti la sua voce, la sua pacata, triste
saggezza. Rimase confusa perché tutto il suo essere vibrava di comprensione e di disagio.
Un fiotto di tristezza l’invase e pianse. Riprese a piangere con un abbandono totale al dolore
che quell'incertezza le dava.
Amava, ma non era sicura dI stimare profondamente l’oggetto del suo amore.
Lei era stata sempre antirazzista e più volte aveva messo in imbarazzo i suoi amici per le sue
idee al riguardo.
Ricordò come una volta li avesse scandalizzati commentando - all’uscita dal teatro dove
insieme a loro: aveva assistito alla tragediA “OTELLO” - che Desdemona era stata punita
con la morte per il suo amore per un negro, un moro. Shakespeare l’aveva uccisa non per
rendere completa la tragedia o per rifarsi alle fonti storiche originali (perché in realtà il Moro di
Venezia non era mai esistito, la repubblica veneziana infatti non si era mai servita di gente
moresca), ma soltanto per rispettare le convenienze. Otello non aveva strangolato
Desdemona per gelosia, era stato il pubblico di allora a volere quel tragico epilogo perché
trovava insopportabile quell’ibrida unione, e l’autore si era piegato a non urtare i loro
pregiudizi. Allora era facile parlare...
Con rabbia si disse “Sposerò Sebastian, subito e vada al diavolo tutto! " Ma questa
decisione, questo matrimonio non significava ancora che lo stimasse; poteva essere frutto di
orgoglio e guai se nell’amore si insinua l’orgoglio! Avrebbe calpestato la dignità di lui se si
fosse decisa a un matrimonio di rivalsa.
Sebastian teneva alla sua dignità e gli ostacoli che aveva frapposto al loro amore non erano
dettati dall’umiltà di riconoscersi inferiore a lei, ma dalla constatazione ch’erano diversi.
Infine Beatrice si chiese se,come segno di stima avesse voluto un figlio da lui. L’orgoglio qui
non poteva arrivare, perché si trattava di accogliere nel proprio ventre aristocratico il seme di
un discendente di schiavi.
Dopo una lunga esitazione in cui bruciò tutti i pregiudizi che pure permeavano la sua natura
anticonformista convenne di sì, avrebbe voluto un figli suo. Stare con lui sarebbe stato
meraviglioso e sarebbe stata una cosa altrettanto meraviglioso avere un bambino da lui. La
cosa, più meravigliosa del mondo. Stimava allora Sebastian! Sul serio! Perché non voleva
essere resa madre da lui solo per il desiderio di dimostrargli sua stima, ma per un profondo e
semplice amore materno. Sì, voleva un figlio suo con la pelle scura, i capelli crespi e il naso
schiacciato; perché già amava questo sconosciuto e non concepito bambino di Sebastian.
La dea era scesa dal suo piedistallo e il suo cuore sussultava di tenerezza
Ma la sua non era incoscienza; immaginava tutti gli ostacoli, tutte le malignità, le squallide
illazioni che avrebbero accompagnato la sua decisione di sposare Sebastian e avere figli da
lui.
Conosceva la grettezza del suo ambiente e quella in genere, del mondo; nessuno sarebbe
stato comprensivo; avrebbe avuto tutti contro. Ma purché al suo fianco le fosse stato lui non
avrebbe tremato; era debole però la forza di Sebastian si trasmetteva a lei.
Domani appena avrebbe visto Sebastian, andando alla sua pensione voleva dirgli proprio
questo: “ Dammi la mano e perdonami Sebastian, ho capito, sposiamoci subito. ”
Si addormentò tardi ma il suo sonno fu felice perché aveva vinto la sua battaglia, e sognò
Sebastian.
***
Lui mentre Beatrice piangeva e si arrovellava a cercare la verità, sentiva tutto l’amaro sapore
della disperazione. Era finita, tutto gli si era sbriciolato fra le dita. Sconvolto in macchina si
aggirò per le strade di Lisbona. Si fermò a un distributore di benzina alla periferia della città
che faceva il turno notturno e le poche parole scambiate con il gestore gli fecero sentire di più
la sua solitudine, la sua estraneità a quel paese. Perfino la lingua portoghese era un po’
diversa da quella che si parlava in Brasile. Lui che pur nella miseria e nel dolore non aveva
mai provato la desolazione di vivere scoprì la vacuità della vita. La notte, con il suo buio e il
suo silenzio, esasperava la sua angoscia,.
Era solo lo era sempre stato, ma stavolta lo era in maniera totale, perché anche la sua fiera
dignità lo aveva abbandonato; si sentiva una povera cosa dopo che lei lo aveva disprezzato.
Un annientamento simile, così spaventoso, della sua personalità provocato da una modesta
causa - le parole di rabbia di una donna – nessuno aguzzino, nessun dittatore poteva sperare
di ottenerlo. Lo meravigliava che la sua natura forte e poco incline alla astrazioni potesse
essere ferita così. Forse ciò era accaduto perché non aveva nulla a cui aggrapparsi,
quell’amore splendido era la sua unica speranza di felicità. Nella sua disgraziata esistenza
non aveva avuto granché: i suoi affetti la morte se li era presi; le sue illusioni politiche erano
svanite nel pessimismo. La sua professione di cantante era appunto una professione che non
rendeva fra l’altro, e non gli dava lo sperato successo.
Pensò ai suoi familiari, alla cara e indimenticabile Zelide e un desiderio struggente di rivederli
dovunque loro fossero lo pervase. Raggiunse la sua pensione, salì nella sua stanza e prese
dalla mensola il rasoio. Si sedette sul letto. Era stanco, disperato. Morire per una donna è
sciocco, ma non quando la si ama e lei ti ha annientato.
Senti sui polsi il freddo della lama e poi il caldo sgorgare del sangue.
CAP. XVII
Beatrice appena sveglia pensò: “Sebastian, amore fra poco ti rivedrò”.
E lo rivíde più tardi in un lettino d’ospedale: si era tagliato come le dissero le vene dei polsi,ed
era stato salvato per miracolo. La telefonata di un agentediscografico francese che voleva
assolutamente parlare con Monsieur Perez aveva permessoalla padrona della pensione di
scoprire in tempo che aveva appena tentato di suicidarsi, chiuso in camera sua.
NeI biancore del letto Sebastion sembrava più nero del solito.I polsi fasciati e l’ago della
fleboclisi infsso nel braccio, rivelavano da quale terribile avventura era appena uscito.Era
debole, ma lucido. La sua disperazione era svanita nel fiotto di sangue sgorgato dopo i due
fatali colpi di rasoio e adesso restava la cupa indifferenza di continuare a vivere. E
quest’indifferenza non era scossa
dalle parole e dalle lacrime di un’addolorata Beatrice.
- Ti amo, Sebastian, perdonami... Stanotte mentre tu disperato cercavi la morte, ho capito che
cosa intendevi dire che non mi volevi in quel modo; infatti non era un’avventura che
desideravi, ma qualcosa di più. Adesso ti dico soltanto che desidero sposarti e non lasciarti
più.
- Povera Beatrice come ti costano queste pietose menzogne…
- Menzogne? Ma è la verità!
- L'unica verità è che tu, forse inconsapevolmente, mi consideri inferiore a te, poiché ti pesa
essere schiava di questa passione volevi ieri sera distruggerla soddisfacendola. Il tuo
sentimento è troppo contorto per essere sincero, genuino, per non essere quello che è: una
semplice attrazione fisica.
- No, non dire così! Io amo te, il tuo corpo, la tua anima, tutto di te! Ho sbagliato molte cose
nella mia vita, non ho saputo mai dimostrare i miei sentimenti nel modo giusto, ecco perché
hai creduto il mio amore soltanto una passione dei sensi ed hai addirittura pensato che…- Il
pianto le impedì di proseguire. Appena si calmò riprese con intensità: - Ti prego, non
distruggere tutto così, ricorda la nostra meravigliosa affinità in Spagna, eravamo estranei e
siamo diventato amici e poi a Parigi ci siamo innamorati e la felicità esaltante di esserci
ritrovati qui…Ti supplico dimentica le mie parole sconsiderate dell’altra sera e perdonami...
Se non ti so amare, insegnami ad amarti.
Non l’ascoltò e con voce lontana disse: - Sai, perché ho cercato di morire? Perché mi avevi
disprezzato: certo, sono un cantante negro mediocre, nient'affatto ricco e famoso e neanche
istruito; ma tu sapevi tutto ciò e mi avevi accettato, almeno così credevo e invece
improvvisamente in un momento di rabbia me lo hai rinfacciato... Mi è crollato il mondo
addosso, non avevo più desiderio di vivere, perché proprio la donna che amavo mi
disprezzava e disprezzava il nostro amore. Ti sono bastate poche dispettose parole per
annientarmi. La mia desolazione è stata tale che, proprio io che nonostante tutto ho sempre
amato la vita, volevo farla finita. Adesso eccomi qui ad ascoltare le tue parole di pentimento e
di dolore che non raggiungono il mio cuore. Smetti di piangere Beatrice, non umiliarti davanti
a me, domani potresti pentirtene: una dea non ha simili debolezze; la vergogna di avervi
ceduto può esasperarla
- Ti ho fatto del male lo so, ma non portarmi alla disperazione, Sebastian! Qualunque cosa tu
dica, sappi che ti amo e ti stimo profondamente, non ci sono altre verità.
- Dimostramelo!
- Come?
- Appena esco di qui vieni a vivere con me e fallo sapere alla tua famiglia e ai tuoi amici.
- Va bene come vuoi;è proprio il mio sogno vivere con te.
- Ma non è finita!
- Cosa c’è ancora?
- Devi darmi anche un figlio, e soltanto allora avrò la prova completa che mi ami e mi stimi
veramente, e forse allora ti chiederò di sposarmi.
Al contrario di quello che pensava Sebastian, Beatrice non si inalberò a quelle condizioni che
esprimevano una cruda rivalsa.
- Non ci crederai Sebastian, ma proprio stanotte pensavo a ciò e sono giunta alla conclusione
che avere un bambino tuo è la cosa più meravigliosa del mondo.
Beatrice parlò con semplicità e Sebastian trasalì di gioia. L’indifferenza che fasciava il suo
cuore si spezzò. Si sollevò e strinse forte a sè Beatrce e Ia baciò con furiosa tenerezza.
- Attento, Sebastian, il dottore ti ha raccomandato di non fare movimenti bruschi. - Fece poi
lei per nascondere la sua commozione.
- E che importa?
- Importa sì! Perché devi guarire al più presto per me.
- Sì, hai ragione, adesso che ti ho ritrovata voglio uscire presto di qui.
Tornò a sdraiarsi e sorrise all’infermiera, chiamata da Beatrice, che rimetteva a posto i tubi
trasfusionali del plasma.
Appena furono di nuovo soli mormorò: - Beatrice…
- Sì?
- Dato che non posso muovermi, abbracciami e baciami tu; ho bisogno di sentirti vicina per
convincermi che ti ho ritrovata davvero.
Beatrice si chinò su di lui e lo accarezzò a lungo e lo baciò più volte dolcemente.
Questi suoi gesti d’amore erano così teneri e spontanei che non c’erano assolutamente dubbi
che non nascessero da un vero sentimento.
Rassicurato ormai del tutto Sebastian le chiese di sposarlo, ottenendone un entusiastico
consenso.
***
- Questa è mia madre. - Fece Beatrice indicando il grande quadro ad olio che campeggiava
nel salone, uno dei tanti di casa Orsini
- Adesso capisco perché tuo padre ti voglia tanto bene, non solo sei sua figlia, ma somigli in
modo sorprendente a tua madre…
- presto sapremi fino ahce punto lui mi voglia bene; guai se scoprissi che il mio sospetto di
essere amata per me stessa non era infondato. Le tue parole Sebastian hanno toccato un
tasto dolente.
- Beatrice ...
- Taci, non mi faccio illusioni, ma vorrei salvare, il mio mondo d'affetti prima di voltargli le
spalle. Comunque ti avverto mio padre sa essere sgradevole nella sua fredda íra.
- Sgradevole? Ho conosciuto di peggio.
Si guardarono e si sorrisero
Poco dopo entrò il principe Orsini che abbracciò la figlia e non degnò neanche di un’occhiata
il suo ospite.
- Bentornata a casa, Beatrice, il viaggio è andato bene?
- Benissimo. Papà, questo è Sebastian, Sebastian Perez… Questo è mio padre, principe
Giulio Orsini, gentiluomo di camera al Vaticano e altri titoli che non è il caso di elencare Beatrice, fece le presentazioni in francese, dando così l’indicazione al padre come rivolgersi a
Sebastian
- Benvenuto, gli amici di mia figlia sono i miei. Conosce l’italiano? No? Peccato, non è una
lingua difficile, ma come ha imparato il francese imparerà l’italiano. II portoghese insieme allo
spagnolo e il Iadino, oltre appunto al francese fa parte delle lingue latine, romanze . Anche se
mi sembra che il portoghese parlato in Brasile sia un po' diverso di quello parlato in
Portogallo, o sbaglio? Immagino che sia come l’inglese americano dall’inglese britannico.
- Papà, smetti di blaterare e vieni al sodo.
- Beatrice! Che linguaggio è questo? Il tuo amico si scandalizzerà sentendo come parli.
- Sebastian non è mio amico, è mio marito.
- Cosa?!
- Certo, ci siamo sposati alla data stabilita, anche non avendo ricevuto un segno di risposta
da parte tua all mia lettera. Credevi forse che avrei rinunciato di sposarmi perche con il tuo
silenzio mostravi la tua disapprovazione?
- Ma io non ho ricevuto nessuna tua lettera!
Lo guardò per accertarsi che dicesse la verità. La costernazione del padre era troppo
evidente.
- Arriverà prima o poi se non è andata dispersa. E’ un sollievo per me che la mia lettera non ti
sia arrivata…
- E’ già arrivata.
L’affermazione secca e perentoria proveniva da Luisa ch’era entrata in quel momento e
aveva ascoltato le ultime battute di quel colloquio.
- Tu sapevi che Beatrice…?
- Sì. Ma credevo che il suo proposito di sposarsi fosse un capriccio, un momento di follia che
si sarebbe esaurito notando come venisse implicitamente disapprovato. D’aItronde tua figlia
non si sarebbe piegata a una scena melodrammatica: il rifiuto paterno alle nozze d'amore è
un tipico contorno che accresce la felicità e ribellione orgogliosa. Almeno così hai salvato la
tua dignità e hai lasciato a lei il peso della la sua avventata decisione.
- Perfetto Luisa, sei una moglie eccellente, la tua saggezza è insuperabile. - Fece Beatrice,
con ironia: - Vero papa?
Il povero Giulio Orsini in verità non si sentiva d'accordo con la moglie e volentieri si sarebbe
sfogata con lei investendola con dure rampogne, ma l'accenno alla sua dignità gli diede una
certa padronanza di sé.
- E’ una follia il tuo matrimonio, ma ormai l’hai compiuta, spero che tu sia soddisfatta, se non
felice.
- Soddisfatta? Felice? Ma io sono… non so neanche definire il mio stato d'animo, la mia
beatitudine è tale che nemmeno in paradiso credo si può provarla - Beatrice si volse a
guardare Sebastian con espressione così raccolta e insieme raggiante di gioia che la sua
frase tutto poteva far pensare meno che fosse un'esagerazione sentimentale.
- .Bene, preferisco, sorvolare sulla tua involontaria eresia, e offrirvi qualcosa da bere; ci vuole
lo champagne per festeggiare l'avvenimento.
Lo champagne d'annata siglò la notizia di un matrimonio considerato una follia, come se si
fosse trattato l’acquisto di un terreno o un’automobile. I due sposi accettarono con tranquillità
quella situazione falsa.
Beatrice versò ancora dello champagne e mise la coppa nella mano di Sebastian,
sussurrandogli: - Parte prima del patto…
Fu un gesto semplice, eppure solo in quel momento suo padre sussultò di odio e di
ripugnanza per quello sconosciuto negro che gli aveva rubato sua figlia. La mano candida di
Beatrice vicina a quella nera di Sebastian attraverso il cristallo si possedevano con un
esaltante amore che rendeva definitiva quell'unione. Ecco gli dava orrore considerare la
continuazione nel tempo di quell'ibrida vicinanza, per consolarsi preferì pensare che quel
ripugnante marito fosse soltanto un nuovo ed eccitante passatempo di Beatrice, che sarebbe
stato abbandonato al più presto.
Le verso una coppa di champagne e ridendo acido disse: - Auguri, sposina.
- Grazie papa.
- E dove andrete a passare la luna di miele? che intenzioni avete? Immagino che il nostro
caro Sebastian non abbia preferenze. Perché non andate nella nostra villa di campagna? I
boschi circostanti non ricordano certo le foreste dell’Amazzonia, pero, sono suggestivi. Dopo
non vale che vi prendiate un appartamento, potrete stare benissimo qui nella tua camera, con
rispetto parlando, possono alloggiare anche un reggimento di mariti. Certo che il tuo desiderio
di anni fa di abbattere tutti i muri di tre stanze contigue è stato lungimirante. - Si rivolse
all’usurpatore con tono cordiale di confidenza: - Pensa, Sebastian, che le varie zone, quelle
del soggiorno, ecc. sono immerse in uno spazio che toglie il senso dell'intimità; è stato un
capriccio che ha rischiato di far crollare metà di casa; perché Beatrice non sopportava la
presenza di colonne nella sua. camera, perciò l'architetto ha faticato moltissimo per
accontentarla. Ricordo ch’egli velatamente mi avvertì, e io gli ho risposto: " Per la bambina crolli pure tutto il palazzo Orsini." Oh, i capricci di Beatrice! Ma lo sai che…
La voce del principe si levò compiacente ed elencò tutti i capricci della figlia.
Nella sua lunga carrellata delle stravaganze di Beatrice fu validamente aiutato da Luisa.
CAP. XVIII
Sebastian con pazienza ammirevole ascoltò tutto ciò senza mostrarsi sorpreso o
scandalizzato. La sua faccia seria, senza un sorriso alla fine meravigliò il principe e sua
moglie.
Con una raffinata manovra il principe allora portò la conversazione su discorsi seri di politica.
Con aria di civile comprensione parlò della miseria del Nord-est brasiliano, della pesante
dittatura che gravava sul paese, sulla forza innata del popolo brasiliano che sapeva
dimenticare i suoi problemi avvicinandosi da una .parte alla fede e dall’altra al piacere pagano
della danza e da questa fusione di preghiera e di samba scaturiva la sua tragica allegria,
-La samba è il nostro rifugio, ecco perché chi compone ottime canzoni sul ritmo della samba
è un benefattore del popolo. Io vivo facendo ballare la gente.
— Beatrice nella sua lettera diceva appunto che tu sei un compositore e un cantante
-Specificò Luisa più che altro per il marito.
-Già, è l'unica via che a quelli della sua razza viene concessa in Brasile oltre al calcio, per
emergere. Non è così,Sebastian?
— Il razzismo vero e proprio in Brasile non esiste, ma esiste un altro razzismo peggiore,
quello del profitto. Il genocidio degli indios non avviene per motivi, razziali, ma soltanto per
lasciare libertà alle speculazioni economiche. E sempre, per questo tipo universale di
razzismo c’è tanta miseria a Rio,a San Paulo e altrove; ma non c'è da scandalizzarsi: ho
visto, passando, le bidonvilles anche qui a Roma
- Sei molto acuto, ma e ovvio il marito di mia figlia non può che essere intelligente. Beatrice
quando gioca preferisce giochi e avversari di rilievo, anche se ciò non rende eterno il suo
interesse.
Sebastian istintivamente guardò Beatrice. Lei aveva il viso impassibile, anche se dentro era
un groviglio di rabbia. Passandogli accanto mormorò al marito: - Parte seconda del patto…
Si piazzò al centro del salone e con voce decisa disse: - Papà, mentre tu stavi stordendo
Sebastian con il resoconto dei miei capricci, mi è venuto in mente un altro mio capriccio.
Voglio dare una festa grandiosa e invitare i miei amici oltre che i rappresentanti della Roma
"bene"; sarà una festa in gran stile, degna dell'avvenimento che celebra: la presentazione di
mio marito al nostro ambiente.
- Deve proprie avvenire in modo così ufficiale? – Obiettò Luisa.
- Ma è giusto, Luisa, è nell'economia delle cose di Beatrice essere portate avanti con superba
ostentazione. Vorresti rovinare quello è il supremo piacere della sua folle scelta?
- Tuttavia mio caro Giulio una certa discrezione vorrebbe che la notizia di questo matrimonio
improvviso arrivasse ai nostri amici e conoscenti in maniera più indiretta, in sordina insomma.
Presentare quel… tipo come dice Beatrice significa attirarsi tutti i pettegolezzi e le maldicenze
del nostro giro. – Luisa sconvolta esternò le sue perplessità in italiano per non offendere il
suo ospite.
- Per favore Luisa non parlare in italiano, se non vuoi che io traduca a Sebastian parola per
parola ciò che dici.
La sua voce decisa fece capire che non scherzava, qualunque parola irrispettosa sarebbe
stata tradotta da lei, senza badare all'etichetta; e a questa forma di educazione i principi
Orsini ci tenevano;quindi tacquero e lasciarono che Beatrice dettasse i nomi più in vista.
- A proposito sai Beatrice che Giovanna e Alberto Faliero hanno divorziato? E pensare che
fino a ieri una simile cosa sembrava impossibile, anche nel nostro ambiente non fa più
scandalo un divorzio sebbene prima si ricorresse ad altri mezzi per riottenere la propria
libertà.
-Già, l’annullamento, ungendo ben bene la sacra Rota non cigola… e la libertà è benedetta
da Dio !
II suo feroce sarcasmo fu accolto con una smorfia di disappunto da parte del principe Orsini;
infatti cominciò a temere che quella follia Beatrice la prendesse più sul serio di quanto
pensasse.
***
La festa riuscì, almeno in senso mondano; ma fu un fallimento per un altro verso, infatti gli
amici di Beatrice accolsero malissimo la presentazione di Sebastian e gli altri invitati di rilievo
si mostrarono di proposito indifferenti.
I commenti maligni si sprecarono e alcuni osarono persino proporre a Sebastian di esibirsi.
Costoro così indiscreti furono quei tre amici incontrati mesi fa a Parigi. Inoltre vollero sapere
come mai allora era stato presentato come Manuel Silveira.
- Era il mio pseudonimo, riguardo al fatto di cantare ho un fastidioso abbassamento di
voce,sarà l'aria romana. Ora permettete, vedo che Beatrice mi cerca. – Si allontanò fingendo
di non sentire l'antipatico strascico di malignità che si levò alle sue spalle.
Beatrice era felice e serena, niente la turbava, nemmeno certe affermazioni lanciate in un
tono di voce che voleva essere falsamente sommesso non essere udito da lei; invece suo
padre e Luisa erano visibilmente turbati da questa marea di pettegolezzi che non sapevano
come arginare, perché in verità non potevano non condividere i commenti acidi degli invitati a
questo colpo di testa della loro figliola. Le illazioni delle persone erano così odiose e persino
indecenti.
L'odiosità della gente non era però inferiore all'odiosità mostrata da loro nei confronti di
Sebastian; infatti lo trattavano cordialmente davanti agli invitati, ma in certi momenti che
nessuno li ascoltavano gli lanciavano delle frecciate velenose, specialmente il principe Orsini
sfogava su di lui la collera di quell’imbarazzante situazione.
Sebastian avrebbe detto poi a Beatrice:- Avevi ragione,specialmente tuo padre ha saputo
essere davvero sgradevole e non c’è paragone che valga. La spocchia e l'arroganza di certi
ricchi clienti conosciuti nei night di Rio sono meno sgradevoli e offensivi della fredda ira di tuo
padre. Tuttavia consolati amore,anche in questa speciale occasione ti ha dimostrato un
affetto immenso, sia pure distorto. Ha difeso pubblicamente la tua scelta.
- Non è affetto, è orgoglio; sì l'orgoglio di avere una figlia forte. Quando saprà che la mia forza
sei tu, si dimostrerà spietato e meschino.
La pessimistica previsione di Beatrice si rivelò esatta.
- Bella festa, - commentò alla fine Luisa.
- Sì, proprio una bella festa;rimarrà nella memoria dei nostri amici per un bel po’,non fosse
altro per criticare.- Fece Beatrice.
- Dimenticheranno. Le follie si dimenticano presto,come gli effetti di una sbornia; nessuno che
abbia un briciolo di educazione ricorda le sconvenienze dette o fatte sotto l'effetto dell'alcool.
E anche per te mia cara Beatrice sarà così.
- Signor Orsini! Ora basta! - Esplose Sebastian, calcando di proposito la voce sul "signor
Orsini” infatti finora si era ben guardato dal rivolgersi a lui con qualsiasi appellativo.- Tutte le
sue continue allusioni sull'imminente fine di quello che considera un capriccio, una follia, un
gioco sono rivoltanti. Beatrice non è la creatura egoista, frivola e orgogliosa che lei conosce,
o meglio non lo è più. Io non sono il suo giocattolo che butterà poi via, come molto spesso mi
ha paragonato. Non divorzierà da me quando sarà stanca! Inoltre della sua falsa
compiacenza non sappiamo cosa farcene, e smetta organizzare la nostra vita. Abbiamo i
nostri progetti che non collimano affatto con i suoi: per prima cosa non resteremo a casa sua,
poi lasceremo presto Roma, ho avuto un'offerta di lavoro a Parigi, abiteremo lì e in un
modesto appartamentino! Infatti io non sono ricco e famoso, come il vostro stupido orgoglio vi
ha fatto sbandierare ai quattro venti. Avevamo voglia di ridere durante la festa quando
scusavate il colpo di testa di Beatrice vantando la mia fama e la mia ricchezza!
- Beatrice!
- Sì papa, è proprio così. Non sono tornata per restare, non ti basterà concedermi ciò che non
ti costa niente per avermi accanto a te. II tempo in cui la tua Beatrice ti divertiva con i suoi
capricci è finito. Un marito non è un giocattolo e il mio matrimonio è una cosa terribilmente
seria. Se tu mi volessi bene veramente non mi augureresti di pentirmi della mia scelta, perché
Sebastian è l'uomo migliore del mondo, e il pensiero di vedermi libera, sola e infelice come
prima dovrebbe farti soffrire e non rallegrare.
- Perché allora sei venuta?
- Perché volevo, come desiderio di Sebastàan, farvi sapere chi era l'uomo che ho sposato.
Ho voluto questa festa per farlo conoscere alla gente del mio vecchio mondo e dimostrare
così che sono fiera di essere la signora Perez! Mi è costato affrontare questa stupida
commedia, ma sostenuta da lui ce l'ho fatta a non esplodere e mandarvi subito al diavolo.
Che squallore, che marciume dietro la facciata di raffinatezza ostentata da voi e dagli altri!
- Bella gratitudine! Sei una figlia snaturata e incosciente! Ci trascini in uno scandalo e per di
più dobbiamo sorbirci in pace le tue escandescenze. Sai che ti dico? Sono stufo dei tuoi colpi
di testa e di sborsare soldi per i tuoi viaggi, i tuoi abiti e i tuoi gioielli! Sputi nel piatto dove
mangi e intanto indossi un abito da sera pagato da me e anche la preziosa parure di smeraldi
che sfoggi con tanta noncuranza è mia,comprata con i miei soldi.Vuoi andartene? Vattene,e
smetti di fingerti cambiata; compiango questo stupido negro che ti ha sposata. Ti piace
provare il brivido di un nuovo ed eccitante piacere! Non sei diversa da certe creature viziose,
sei una piccola… - La parola gli bruciava le labbra, ma pur essendo infuriato seppe
trattenersi. - Basta! Non voglio scendere in basso insultando colei che un tempo è stata
un’Orsini. Sappi che neanche passerà un anno e tu tornerai pentita del tuo errore. Sì, il tuo
matrimonio fallirà! Fallirà! Non può riuscire un'unione così ibrida e rivoltante! Fa senso!
Beatrice stava scagliandosi contro il padre per graffiarlo, ma Sebastian la fermò e
stringendola forte a sé disse rivolto al principe:- La compiango, signor Orsini, e quasi mi
stupisco che Beatrice sia sua figlia; lei non e mai stata meschina neanche nei suoi momenti di
debolezza o di ira.
- Andiamo via Sebastian, andiamo via! Non voglio restare un attimo di più in questa casa.
- Come vuoi.
- Dammi soltanto il tempo di cambiarmi.
Rapidamente Beatrice salì in camera, si spogliò e si rivestì di un abito semplice sportivo.
Luisa era sconvolta vedendo che lei e Sebastian avevano intenzione di andarsene subito, in
piena notte. Riuscì a convincerli a restare ed evitare una separazione così esasperata.
Stretta fra le braccia di Sebastian passò parte di quelle ore notturne a tormentarsi. Aveva
previsto che suo padre sarebbe stato crudele, ma non aveva immaginato di attirarsi tutto quel
disprezzo. Sebastian ebbe parole tenere e seppe placare il suo livore. Infine il sonno chiuse
gli occhi della giovane coppia.
Il principe Giulio Orsini, nonostante le esortazioni della moglie non andò nemmeno a letto. Si
chiuse nello studio a rimuginare passeggiando avanti e indietro come un leone in gabbia e
infine stracco si abbandonò su una poltrona e un dormiveglia torbido invase il suo cervello.
L’indomani mattina Beatrice scese con Sebastian e chiese calma alla matrigna: - Dov'è
papa?
- Nello studio - rispose Luisa, stupita di vederla già vestita e truccata.
- Vieni Sebastian, ci aspetta, un ultimo compito; il più penoso. - Entrò con lui nello studio. Papa, sono venuta a salutarti. Abbiamo trasceso un po' tutti quanti stanotte. Ho lasciato di
sopra tutti i miei abiti e i gioielli; ho tenuto come vedi quest'anello di brillanti che apparteneva
alla mamma e alcuni abiti sportivi. Sarebbe stato eccessivo andarmene lasciando tutto alla
lettera. D'altronde per la vita nuova che mi attende non ho bisogno di niente.
Il principe accasciato sulla poltrona non udì quasi le sue parole. Una ciocca di capelli grigi gli
attraversava il viso, la mandò indietro e la fissò come trasognato.
- Fatti guardare, hai la stessa espressione dolce e decisa di tua madre quando volle,
nonostante tutto, che tu nascessi. Ti:voglio bene Beatrice.
- Lo so papa, sono il ritratto vivente della mamma, me l'hai ripetuto sempre, ma io non sono
lei, anche se da stanotte sento di somigliarle davvero nell'anima. II suo coraggio è adesso il
mio, per affrontare la mia nuova vita.
Lo abbracciò e lo baciò. Poi si sollevò, strinse la mano di Sebastian e andò via con lui.
Il principe Orsini avrebbe voluto fermarla in nome della sua autorità paterna o perlomeno
blandirla come si fa con i bambini capricciosi, ma sapeva ch’era inutile. Poteva solo aspettare
che lei si pentisse della sua avventata decisione.
XIX CAP.
Beatrice con incredibile serenità si adattò alla sua nuova e semplice vita. Lei che mai si era
occupata di faccende domestiche imparò a cavarsela bene in casa.
L'appartamentino dove vivevano era modesto eppure Beatrice seppe renderlo confortevole e
persino con qualche tocco elegante qua e là. Per rimpinguare il loro magro bilancio
economico collaborava a riviste d'arte, prima non aveva mai badato all'aspetto finanziario del
suo lavoro, dopo lo trovò interessante proprio sotto questo punto di vista.
Ridendo diceva a Sebastian: - Sono divenuta materialista.
Sebastian cantava in vari locali, e le sue esibizioni attiravano molti clienti, ma non riusciva a
sfondare; il suo sogno di portare al successo con la sua voce le proprie canzoni non si
realizzava. Ma spronato da Beatrice non si arrendeva.
Nei primi tempi, pur vedendo che Beatrice non aveva avuto esitazioni ad abbandonare il suo
mondo ricco ed elegante, provava un po’ di rimorso.
-Sei felice Beatrice? Veramente? Non hai rimpianti per quello che hai abbandonato?
Sposandomi ti ho costretta a rinunciare a tante cose.
-Non ho rimpianti di aver dato un taglio netto a tutto. O meglio ho un solo rimpianto, ma non
riguarda quello che pensi.
Scrutò in fondo ai suoi occhi con un senso di paura.
- Qual è questo rimpianto?
-Quello di aver rimandato di prendere la decisione di sposarti per troppo tempo:, infatti, se
non fossi stata così sciocca, ti avrei evitato quella terribile esperienza.- Così dicendo Beatrice,
presa da un’appassionata tenerezza, impresse due baci sui polsi di Sebastian dove
spiccavano le tragiche cicatrici di quel tentato suicidio.
- Non pensarci più, è stato un mio attimo di debolezza, non sei tu la colpevole, ma il mio
maledetto orgoglio. Purtroppo chi ha conosciuto troppa miseria come me diventa vile o
eccessivamente consapevole del proprio valore come persona.
- Stringimi Sebastian e dimentichiamo il passato. La ricchezza non mi ha mai reso felice e
serena come sono accanto ate.
La noia,quel senso di morte che accompagnavano Beatrice come una maledizione erano
scomparsi e non c’era più in lei traccia dell'arroganza, dell'orgoglio di un tempo. Nell'amore
profondamente vissuto con Sebastian aveva scoperto la bellezza dell'umiltà, della
rassegnazione. Aveva infatti imparato a rassegnarsi a ciò che non poteva cambiare. I suoi
rapporti con la sua famiglia erano tesi, suo padre non le perdonava quel matrimonio che
durava troppo contro le sue previsioni, e cosa più rivoltante non le perdonava di non aver
bisogno di lui, del suo denaro e delle sue amicizie influenti. Poiché non poteva capacitarsi che
la sua serena forza e la sua maturità erano dovute a Sebastian capovolgeva le cose e
accusava quel negraccio di aver plagiato sua figlia, togliendole ogni vigore interiore.
Durante una delle visite della figlia l’accusò di essere una creatura calcolatrice e falsa:
soltanto per dispetto viveva con semplicità e fingeva di non voler niente, ma in fondo sapeva
che alla sua morte avrebbe ereditato tutto il patrimonio degli Orsini.
Beatrice, che in realtà non aveva mai pensato a ciò, replicò con fermezza: - Allora
scialacquati tutto, regalalo a Patrizia e ai nipoti di Luisa o a chi ti pare; ma non lasciarmi
niente! così saprai che se vengo a trovarti è soltanto per affetto.
Per ferirla si era messo sogghignare.
Questa intollerante incomprensione era l'unica spina nella felicità di Beatrice, ma ormai
sapeva rassegnarsi alle inevitabili amarezze della vita, come si rassegnò per la morte
improvvisa della vecchia signora Claire Dumont.
Da Patrizia seppe che dopo la sua sbandata si era riconciliata con Davide ed erano
abbastanza felici insieme e ciò consolò Beatrice, perché temeva di aver deciso per loro.
A dispetto di tutte le catastrofiche previsioni del principe Orsini il matrimonio di Beatrice e
Sebastian riuscì benissimo. Solo una cosa mancava alla loro felicità: il figlio tanto desiderato.
Purtroppo Beatrice non riusciva a rimanere incinta pur essendo del tutto normale.
- E' una maledizione. Sono una donna a metà.
-Basta,non parlare così. Hai sentito cosa ha detto il ginecologo,è tutto a posto. Ci vuole solo
pazienza.
Le analisi che abbiamo fatto entrambi sono rassicuranti: avremo un bambino quando sarà il
momento. Piuttosto ascolta ho un nuovo progetto: ho deciso di riprendere a scrivere e a
comporre canzoni per Manuel Silveira e per altri cantanti.
-Perché Sebastian hai cambiato idea? La tua grande aspirazione era cantare tu stesso le tue
canzoni.
- Sì, e lo è tutt'ora; ma non posso farcela finché non diventò famoso: è un circolo vizioso; se
le canto io non avranno mai successo e non potrò diventare famoso se non per mezzo delle
mie canzoni.
- Appunto, perciò aspetta non buttare via il tuo talento per altri.
- Ma finora non ho combinato niente ed io desidero uscire da questi squallidi locali notturni ed
offrirti una vita più tranquilla. Non voglio vederti a scartabellare libri d'arte e odiare ciò che
scrivi perché non sentito scritto sotto l'assillo del tempo e di ragioni economiche.
Beatrice fu stupita che avesse intuito ciò che lei non osava neanche confessare a se stessa;
Rispettava troppo l'arte, eppure con i suoi articoli l’aveva immiserita riducendola a merce e
spacciando giudizi scontati che facevano a pugni con le sue convinzioni artistiche e peggio
ancora facendo credere di aver visitato quel tal museo o ammirato quella scultura, mentre in
realtà era rimasta chiusa nel suo studio e aveva solo consultato dei cataloghi.
Per un attimo pensò che forse avrebbe fatto bene ad approfittare della proposta del padre
che conosceva persone dell’ambiente musicale che potevano aiutare Sebastian ad avere
successo con le sue canzoni.
Com’era ormai abituata esternò il suo pensiero e lui come aveva già immaginato rifiutò.
- Non voglio il suo aiuto. Mi sono già messo in contatto con una casa discografica; e sono
disposti, a pagarmi bene le mie canzoni. Così finalmente sarai serena e…
- Sebastian, ti prego non pensare a me. Non cederò più a nessun compromesso, ma tu devi
fare solo ciò che desideri.
-Ciò che desidero è entrare come autore di testi e musica in quella casa discografica .Ho
pensato a tutto: oltre a risolvere i nostri problemi economici sarà per me un buon trampolino
di lancio.
- D'accordo, ciò che decide il mio signore va sempre bene.- Beatrice stringendosi a lui sorrise
felice, e Sebastian baciandola colse quel sorriso di donna innamorata.
Un ultimò dolore consolidò quell'unione contrastata. Beatrice nonostante le sue precauzioni
non riuscì a portare a compimento la sua prima gravidanza.
Le sue lacrime di delusa maternità fecero male a Sebastian che in quel momento avrebbe
voluto morire per averle fatto involontariamente del male suscitando quella fallace speranza.
In seguito Beatrice lottò molto con lui per vincere la sua determinazione di non voler più figli.
- Non veglio vederti soffrire ancora.
- Non importa Sebastian, soffrirò, piangerò, urlerò ma avrò la nostra creatura. Non sono forte,
non ho fianchi fecondi, ma non morirò come mia madre, non temere. Il nostro bambino, frutto
del nostro amore, deve conoscere il sapore meraviglioso della vita, la forza degli affetti
familiari. Mi fanno male le braccia per il desiderio di stringerlo a me e dirti “ ecco nostro figlio!”
Non lo volevi anche tu? Faceva parte del nostro patto, ti prego dammi l'occasiona di mostrarti
quanto ti amo.
- Sono stato un egoista,un sporco egoista a parlare in quel modo. Ora non ho bisogno di
prove. E non dire che adesso devo essere io a darti una prova del mio amore, perché è
proprio per questo, perché ti amo tanto che...
- Lo so, ma ti prego non costringermi a nessun sotterfugio per avere un bambino.
- Saresti capace di farlo?
- Sì, li userei tutti, e mi dispiacerebbe mentirti. - Un fremito di orgoglio antico vibrò nella sua
voce.
Sebastian scherzosamente l’accusò di essere una perfida bugiarda. La loro schermaglia finì
in un appassionato amplesso.
***
-Grazie amore mio… - Mormorò Beatrice con profonda umiltà quando fu sicura di essere
nuovamente incinta.
- E di che? - Chiese Sebastian interrompendo per un attimo di suonare il pianoforte.
- Non lo immagini?
Contemplò il volto raggiante della moglie e capì. In silenzio le carezzò i capelli e tornò a
suonare, ma le sue mani brune tremavano sui tasti. Quella muta ed intensa emozione
commosse Beatrice.
Le mani di Sebastian tremarono ancora dopo la nascita di Annalisa nel sollevare quel caldo e
indifeso corpicino.
Annalisa era una graziosa bambina, infatti si erano fuse armoniosamente in lei le
caratteristiche fisiche di sua madre e suo padre, e fin dall’inizio si godette la felicità di essere
immersa in un oceano d’amore, lei ch’era la prova vivente del grande amore che univa i suoi
genitori.
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la dea bianca