VoceVallesina della Settimanale d’informazione ANNO LVIII- N. 17 www.vocedellavallesina.it euro 1 Jesi, domenica 15 maggio 2011 Impôt reprisé Tassa riscossa Ufficio di Jesi Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB - Jesi azione cattolica regione Roma, MsAc: la cronaca di una tre-giorni bella ed intensa di Allegra Moreschi san marcello Approvato il nuovo accordo per le attività degli oratori 13 musica Uno spettacolo per sostenere e conoscere il Cav, il 13 maggio 5 libri La Brunella Maggiori in concerto con la corale de L’Aquila 10 11 Un nuovo libro di Lucia Romiti sulla vita di papa Wojtyla 10 XVI edizione del Palio di San Floriano Un tuffo nella storia, leggenda e tradizione di Paola Cocola Con la sfida tra arcieri e la gara della corsa della campana, Belvedere Ostrense ha conquistato lo stendardo della sedicesima edizione del Palio di San Floriano, «una rievocazione storica sempre suggestiva e sorprendente soprattutto per la forza del volontariato che la muove» ha sottolineato il direttore di “Voce”, Beatrice Testadiferro, al tavolo di apertura della manifestazione, nel pomeriggio del 6 maggio presso la chiesa di San Nicolò. Per l’avvocato Giancarlo Catani, presidente dell’Ente Palio, «una notevole rappresentazione della storia medievale, che merita l’attenzione delle scuole da coinvolgere di più nelle prossime edizioni; un evento - oggi - dallo spessore culturale più profondo rispetto a quello di precedenti edizioni». E in effetti, le iniziative che l’hanno connotata sono state rilevanti. Ha cominciato l’Emporio delle parole, assieme al Duo arpe celtiche e voce “Erin’s Fairies” e la scuola di danza “Dance Attitude” con il recital “La parola, l’anima della storia”, un carosello di danze e musiche rinascimentali alternate alla lettura di sonetti di William Shakespeare. A seguire, il grande successo riscosso dal convegno del Comitato storico scientifico dell’Ente Palio su “I templa- ri tra storia e leggenda”, con la partecipazione dell’associazione Cavalieri Templari Cattolici d’Italia. Gli interventi, molto interessanti, del dr. Mauro Giorgio Ferretti, del prof. Fabio Bertarelli e del prof. Riccardo Ceccarelli, hanno tracciato un quadro preciso e affascinante della storia dei Cavalieri Ospitalieri o Ospedalieri, nati come Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, quindi conosciuti come Cavalieri di Rodi e in seguito come Cavalieri di Malta. Una tradizione che inizia come ordine ospedaliero benedettino intorno alla prima metà dell’XI secolo a Gerusalemme e divenuto, in seguito alla prima crociata, un ordine religioso cavalleresco cristiano dotato di un proprio statuto a cui fu affidata la cura e la difesa dei pellegrini diretti in Terra santa. Durante il convegno sono state evidenziate le tracce della loro presenza anche a Jesi. E ancora, la premiazione a Palazzo dei Convegni delle scuole elementari e medie della Vallesina, da parte della Raffaello Editore, con l’esposizione degli elaborati del concorso di “Giù pe’ Sant’Anna” accanto alla mostra per immagini dal titolo “Il Palio nelle fotografie”. Il concerto “Musica Antiqua” dell’Istituto Comprensivo Carlo Urbani e il concerto del coro Cardinal Petrucci. E poi il torneo di scacchi under 18 “San Floriano”, le danze orientali e i tamburi per il corso con i gruppi Aynin e Crazy Diamond. Sempre spettacolare, il lungo corteo storico con circa 300 figuranti, aperto dai sindaci dei Comuni della Vallesina assieme all’assessore regionale Serenella Moroder, assieme all’assessore regionale Serenella Moroder e al consigliere regionale Enzo Giancarli, rappresentanti della Provincia, il gruppo Avalon e le associazioni delle città ospiti: Palio dei castelli di San Severino, Palio dei terzieri di Montecassiano, Aesis milites del contado di Maiolati Spontini, Festa della castellana di Scapezzano, Cavalcata dell’Assunta di Fermo. A sfilare, quest’anno, anche le delegazioni di Montecassiano, Urbino, Fabriano, Filottrano, Maiolati e San Marcello. Dopo il discorso del sindaco Fabiano Belcecchi e l’abbinamento degli arcieri ai Comuni per la gara del palio, il corteo ha raggiunto il Duomo per la tradizionale offerta del cero e la partecipazione alla santa messa dedicata al patrono e celebrata dal vescovo Gerardo Rocconi. Non sono mancate le esibizioni degli sbandieratori, dei musici, dei giocolieri e quella sempre carica di suspense del gruppo L’antico volo in piazza Baccio Pontelli. A ricreare l’atmosfera medievale - che ha richiamato in piazza e nelle vie del centro, sabato sera, oltre cinquemila persone, tra cui molti giovani - hanno contribuito gli allestimenti delle tende e le dodici taverne deliziosamente arredate e adornate per la festa. Quella “De li commedianti” in vicolo delle Terme si è distinta, conquistando la giuria, con le squisitezze del lo Svevo, la zuppa de lo Speziale, il companatico de lo Rodorico e il dialetto di Fra’ Giovanni. Frequentatissimo anche il Mercatino medievale di arti e mestieri in piazza Federico II, ma soprattutto molto seguite le gare tra i quartieri storici della città: tiro con l’arco, tiro alla fune, corsa della Campana, staffetta podistica. La somma dei punteggi raggiunti ha collocato Monsano e Santa Maria Nuova al secondo posto dopo Belvedere Ostrense che ha tolto la palma dell’edizione scorsa a Monte Roberto. Jesi è ferma al successo del 1999. Lo spettacolo dei giochi pirotecnici - dedicato a San Floriano e controllato dai volontari del Palio - ha chiuso la complessa manifestazione che, assieme all’entusiasmo e ai consensi raccolti, se ne va anche per quest’anno con il suo suggestivo carico di storia, leggende e tradizioni avvolto puntualmente da un alone di polemiche, proteste e disappunti: non trascurabili per poter far meglio, ma certamente non determinanti per rinunciare alla prossima edizione! Foto di Paola Cocola e Augusta F. Cardinali Dopo i moti rivoluzionari e l’uccisione di Bin Laden, nonostante la guerra in Libia, è possibile guardare avanti con più fiducia Le reazioni del mondo arabo preannunciano la caduta del secondo muro È vero: nonostante la morte di molti in Libia per la guerra civile che si consuma in tanti centri e per i bombardamenti da parte di tante nazioni, e nonostante una pericolosissima stagnazione delle pesanti azioni militari alle porte di casa nostra, solo che guardiamo un po’ più lontano, il pessimismo che pure ci tiene, passa in secondo ordine. Nessuno, infatti, può negare che i moti esplosi da mesi in una decina di nazioni arabe, tutte ricche e tutte sotto dominio assoluto, si originano da una spontaneità di base, espressa soprattutto da masse giovanili. Non si spiegano con il comando della guerra santa, ma soltanto con una diversa mentalità culturale delle nuove generazioni che hanno potuto contattare tutto il mondo grazie ai nuovi massmedia, dalla tv, al personal computer, ai cel- lulari. Sono queste invenzioni degli ultimi decenni che hanno permesso di scavalcare i giornali guidati dalle dittature. E l’orizzonte di tanti si è espanso e si è aperto verso altri valori rispetto a quelli tradizionali, in primis verso i valori del mondo occidentale. Insomma, siamo di fronte ad una cultura che si è “mescolata”, “imbastardita” nel senso migliore della parola. Se, come da tante parti è stato sottolineato, i moti così spontanei e così tragici non hanno visto, per la prima volta, le bandiere incendiate degli Stati europei e americani, è segno evidente che siamo di fronte ad una svolta culturale prima ancora che politica. Perché quella politica potrà venire e potrà non venire, ma ormai c’è un seme presente in tutto il mondo arabo che nessuno potrà più distruggere. Un seme che ha come unica prospettiva quella di crescere, e poi crescere, e infine crescere ancora. Forse che lo stadio intermedio – i moti, le guerre civile, i morti – attraverso cui sono dovuti passare gli Stati occidentali prima di raggiungere libertà e democrazia, verrà risparmiato al mondo arabo e più in generale, a tutti gli Stati ancora “liquidi”? Se neppure l’esecuzione – e che esecuzione – di un simbolo come Bin Laden e dello sfacciato giubilo di tanti americani non hanno movimentato le masse arabe, quelle stesse che si erano stravolte per un libro e per una caricatura, è segno indubbio che qualche cosa sta cambiando e che non dovrebbe essere troppo lontano il tempo in cui il secondo muro – quello che ha diviso il mondo arabo dall’Occidente dopo la nascita dello stato israeliano – dovrà cadere. Troppo ottimismo? Come la mettiamo con le minacce di Al Quaeda che, certo, vanno prese sul serio? Ecco: sono solo minacce di dirigenti di un partito colpito nel suo leader. Non sono le minacce di un’intifada, della base, di masse di giovani. Non escludo, certo, altri attentati, né escludo che i tempi saranno ancora scanditi da sobbalzi improvvisi e inattesi. Ma, prima o poi, l’Occidente avrà modo di lasciare l’intesa con le monarchie assolutiste per allacciarsi a nuovi sistemi politici legati a valori reciproci, alla intermediazione naturale e non “dettata o subita”, alla stretta di mano sincera dall’una e dall’altra parte, una stretta che dovrebbe consacrare il superamento della tanto paventata guerra di civiltà. Dovrebbe consacrare l’addio alle teocrazie. Non è un caso che i due tronconi politici della Palestina abbiano ritrovato la loro unità. Una unità difficile e precaria quanto volete, ma pur sempre indice che qualche cosa di rilevante sta avvenendo. Certo, se Israele continuerà a chiudersi a riccio nelle sue conquiste e nelle sue miopi paure, il cammino sarà più lungo prima di raggiungere l’ambita meta di una grande intesa fra le due sponde storico-culturali. Conclusione. Alla luce di questa grande prospettiva, la stessa invasione di tanti derelitti appare meno drammatica. Crea problemi, spinge a litigare con l’Europa per la sua cecità, ma si apre anche alla agognata integrazione utile a noi e utile ai tanti ospiti “non invitati”. Vittorio Massaccesi [email protected] 2 jesi e l’unità d’italia La seconda guerra d’indipendenza di Giuseppe Luconi IX Nel 1857, con la fondazione a Torino della «Società Nazionale», un nuovo fervore di indipendenza si era propagato intanto nella penisola al grido di Italia e Vittorio Emanuele! (i repubblicani, sollecitati da Mazzini, avevano iniziato nel giugno di quell’anno a Genova un moto insurrezionale, ma il tentativo era stato frustrato e diversi rivoluzionari, tra cui lo jesino Francesco Politi, erano stati arrestati e tradotti in carcere). Il 29 aprile 1859, l’esercito austriaco, comandato dal generale Ferencz Gyulai e forte di 180 mila soldati, varcava il Ticino per affrontare i 70 mila uomini di Vittorio Emanuele II e i 10 mila “cacciatori delle Alpi” di Garibaldi. La notizia della ripresa delle ostilità richiamò subito folti gruppi dì volontari sui campi di battaglia. Anche da Jesi ne partirono in buon numero. Fin dai primi scontri, l’esercito austriaco non riuscì a far valere la propria superiorità numerica e le cose si misero male per il generale Gyulaj con l’arrivo dei 120 mila francesi comandati personalmente da Napoleone III. Le sconfitte subite dagli austriaci costrinsero l’imperatore Francesco Giuseppe (anche lui postosi direttamente al comando delle sue truppe) a richiamare attorno a sé anche gli uomini di presidio nei territori «protetti». Cosicché, dopo dieci anni di occupazione, anche la guarnigione austriaca di stanza ad Ancona abbandonò la città. Alle 4 del mattino del 12 giugno la lunga colonna - composta di 5.300 uomini di fanteria, di 150 cavalli, 100 carriaggi da trasporto e una batteria di artiglieria da campagna - prendeva la via per il Nord. Non appena i soldati austriaci lasciarono la città, ad Ancona si costituì un governo provvisorio affidato al gonfaloniere Michele Fazioli. A Jesi il 17 giugno un gruppo di liberali abbatté gli stemmi pontifici ed innalzò 1a bandiera tricolore sugli edifici del Governo e del Comune. Venne nominata una giunta provvisoria di governo composta da Antonio Colocci, Luigi Colini e Gabriele Greppi. Moti identici a quello di Jesi si verificarono il 18 giugno anche a Senigallia, Chiaravalle, Arcevia, Massaccio (Cupramontana), Monteroberto, Castelbellino, San Marcello e San Paolo di Jesi, ma ormai era trascorso troppo tempo dalla partenza degli austriaci e l’insurrezione non aveva più serie probabilità di successo, in quanto si era dato tempo alle forze pontificie di riorganizzarsi per ristabilire il dominio papale in tutto il territorio dello Stato. I liberali, vista la piega presa dagli avvenimenti, ritennero prudente mettersi in salvo. Scapparono per lo più a Firenze, dove, con altri emigrati, formarono la «Giunta superiore delle Marche e dell’Umbria», la cui presidenza venne affidata ad Antonio Colocci. Intanto la nostra città si era venuta a trovare momentaneamente senza direzione governativa. Il 24 giugno la Magistratura pensò bene, a scanso di noie, di rimettere gli stemmi pontifici al posto del tricolore. L’incarico di far osservare l’ordine pubblico venne affidato all’ufficiale comandante la piazza Lo stesso giorno, nella vittoriosa e decisiva battaglia di Solferino, cadeva da eroe sotto il piombo austriaco il giovane jesino Paride Cherubini. Altri due volontari di Jesi - Agapito Salvati e Francesco Petrini - rimanevano feriti. Il 12 luglio, con l’armistizio di Villafranca, aveva termine la Seconda Guerra d’Indipendenza. (9 – continua) Il poeta Roberto Dellabella vincitore a Terni La forza della ricerca poetica tenuto numerosi apprezzamenti. Dellabella, nel corso della cerimonia di premiazione, ha letto una sua poesia “Sopraffazione e vigliaccheria”. Si è classificato quinto nella sezione vernacolo premiato con coppa e diploma con la poesia “’Na ricetta pe’ la vita” mentre il componimento “Antica notte d’estate” ha ottenuto il premio speciale con diploma d’onore. Roberto Dellabella è nato a Montecarotto nel 1947 e risiede a Moie dal 1972. Dopo l’attività lavorativa come rappresentante Poeti e scrittori italiani si sono dati ap- e poi funzionario commerciale, ha iniziapuntamento a Terni, presso il “Centro to a scrivere poesie prima per gli amici e Culturale”di Via Aminale per le cerimo- per i familiari e poi raccolte in pubblicanie di premiazione del concorso letterario zioni o inviate ai concorsi. “San Valentino”, organizzato dal “Comi- Roberto Dellabella omaggerà tutti i tato per la premiazione di un messaggio lettori di Voce della Vallesina della sua d’amore” con il patrocinio di Regione ultima raccolta di poesie in lingua e in dialetto “Il silenzio e le parole”. Il libro Umbria, provincia e comune di Terni. Il tema che ha visto il maggior numero arriverà insieme al numero 18 del 22 di partecipazioni dall’Italia e dall’estero, maggio. La redazione ringrazia Roberè quello d’amore nel senso più ampio del to per questo gradito dono con l’auspitermine, per le sezioni di poesia singola cio di condividere ancora il valore e la inedita, silloge di poesia inedita, narrativa forza garbata della sua ricerca poetica. e saggistica inedita e libro edito di poesia e di narrativa. Nella foto, l’autore mentre declama una Nel corso della cerimonia è stato premia- sua poesia alla cerimonia di premiazione to il libro “Con il cuore da bambino” di del concorso di letteratura Roberto Dellabella: una raccolta di me“Premio San Valentino”, svoltasi morie dell’infanzia dell’autore che ha otil 7 maggio scorso a Terni. Giornata Nikon per i 35 anni di attività di Gino Candolfi Il fotografo festeggia la sua passione Nell’immagine, la battaglia di Solferino in cui cadde lo jesino Paride Cherubini Auguri, Maria e Giacinto! Domenica 8 maggio alle ore 11,15 presso la chiesa di Santa Maria del Piano, insieme ai familiari, parenti ed amici hanno voluto condividere la loro gioia davan- Voce della Vallesina Cultura e società 15 maggio 2011 ti al Signore, Maria Giuliani e Giacinto Amadio per i loro 50° di vita insieme. Durante la celebrazione eucaristica presieduta dal parroco don Giovanni Rossi, In onore dei trentacinque anni di attività dietro l’obbiettivo e un indissolubile legame con la Nikon, Gino Candolfi ha festeggiato presso il suo negozio in via Gallodoro a Jesi, insieme a sua moglie Daniela, suo figlio Lorenzo e sua figlia Roberta. Stiamo parlando di uno dei più autorevole fotografi e fotoreporter della città, che ha speso trentacinque anni dei suoi cinquantanove dedicandosi alla fotografia e alle sue innumerevoli e affascinanti tecniche. Per festeggiare l’evento, nel grande negozio si sono potuti ammirare gli scatti più suggestivi di Gino e tanti altri in cui lui stesso è presente, come le foto che lo ritraggono insieme a personaggi di prestigio: la foto con Papa Giovanni Paolo II (cui è stata dedicata una parete della sua vetrina per la beatificazione), le foto con Virna Lisi e con mister Roberto Mancini. Una mostra particolare, fatta di ricordi legati alla vita personale e professionale del fotografo e del campionario al completo, dalle più rudimentali alle innovative, con tanto di obbiettivi, cavalletti, filtri e flash. Oltretutto si è tenuto un corso di fotografia che ha avuto un notevole successo e molti iscritti, tanto che oltre alla mattina dalle 10 alle 12 si è poi ripetuto nel pomeriggio per un totale di circa cinquanta iscritti. Come vorrà poi ricordare Gino: «Il negozio non è sempre stato in via Gallodoro, prima nel 1976 era aperto in via Battisti ed erano non più di venti metri quadrati. Ma la mia grandissima e profonda passione per le foto e per le Nikon mi ha sempre accompagnato lungo ogni percorso e spostamento, anche qui nella nuova sede inaugurata nel 1983. Oggi infatti siamo in due a festeggiare: Io e la Nikon». L’azienda partner storica del fotografo Candolfi ha poi presentato in anteprima nazionale la nuova Nikon 5100, una macchina digitale e fotocamera innovativa non ancora sul mercato. Una lunga carriera coronata anche dal Premio fedeltà al lavoro assegnatogli dalla Camera di Commercio di Ancona e che continuerà, assicura Candolfi, a riservare grandi sorprese e soddisfazioni. Ilaria Latini l’amica, nonché presidente dell’Apostolato della Preghiera, dopo aver invocato la benedizione del Signore e la protezione della Madre Celeste, ha ringraziato gli sposi per la bella testimonianza di fedeltà e di amore, mentre il parroco dava loro appuntamento al prossiNella foto al centro Gino Candolfi con mo traguardo delle nozze l’ospite Alice Bellagamba e il fotoamatore d’avorio. di Fano, Daniele Poldo, che ha acquistato la Agli auguri dei familiari Nikon D5100 presentata nella giornata. e del parroco si uniscono quelli della redazione di Voce della Vallesina: GiaIncontri sull’arte conviviale cinto collabora con puntualità e generosità nella di- “Convivio italiano di civiltà e millenni. Storia italiano dal Rinascimento al Barocco” e venerdì stribuzione del settimanale della costruzione di una identità nazionale a ta- 20 maggio alle ore 19 su “Il percorso di identità ogni mercoledì pomeriggio. vola” a cura di Tommaso Lucchetti, storico della dal secolo dei Lumi ad oggi”. Alle ore 21 del 20 A Giacinto e alla sua sposa cultura gastronomica e dell’ arte conviviale. La maggio verrà servita, su ordinazione, una cena esprimono le migliori fe- proposta è dell’Archeoclub d’Italia con il patro- a tema. licitazioni per la loro vita cinio del comune di Jesi. I prossimi incontri sa- Le conferenze si terranno presso la sede di Italranno giovedì 12 maggio alle ore 18 su “L’estro cook in via Conti, 5 a Jesi. L’ingresso è libero. coniugale. Voce della Vallesina arte Scusate il bisticcio (ghiribizzi lessicali) Peter Pun (con la u) Un bohémien del nostro tempo L’ERA DI EVA (E DI ERA) Un pronome al contrattacco Il cda RAI ha designato Lorenza Lei direttore generale all’unanimità. Finalmente: dopo tanti “lui”, una “lei” a dirigere l’Ente di via Teulada. ALTER E/O ATER EGO Scarto identitario Nel celebre romanzo di Stevenson, Mr Hyde potrebbe essere definito l’alter ego (= il secondo se stesso) del Dr Jekyll e, contemporaneamente, l’ater ego (= la parte tenebrosa della personalità) del medesimo. PS: per i non latinisti: in latino ater significa scuro, nero, tenebroso. DEFINIZIONI BALORDE orata = lasso di tempo corrispondente a una sessantina di minuti (durante il quale può anche capitare di prendere all’amo qualche pesce pregiato). Cfr. annata, mesata, settimanata (l’ultima è un po’... stiracchiata). MARIO A GIULIO: OK (O QUASI)! Aggiunta sillabica iniziale Nell’editoriale del Corsera del 1° maggio u.s. il presidente dell’Università Bocconi approva - con qualche riserva - l’operato del ministro dell’Economia. In altre parole: Xxxxx plaude (plaudicchia) a Yyyxxxxx *** trilli - trulli La Citazione a cura di Riccardo Ceccarelli “Il Cortile dei Gentili” Credenti e non credenti stanno su territori differenti, ma non si devono rinserrare in un isolazionismo sacrale o laico, ignorandosi o peggio scagliandosi sberleffi o accuse, come vorrebbero i fondamentalisti di entrambi gli schieramenti. Certo non si debbono appiattire le differenze, liquidare le diverse concezioni, ignorare le discordanze. Ognuno ha i piedi piantati in un ‘cortile’ separato, ma i pensieri e le parole, le opere e le scelte possono confrontarsi e persino incontrarsi, senza per questo rinunciare alla propria identità, senza scolorirsi in un vago sincretismo ideologico. Card. Gianfranco Ravasi in “Avvenire”, 5 maggio 2011, p. 31. La Pulce Di fianco alla maxi-rotatoria prima del ponte di Cingoli (quella abbellita da una grande “fontana” a maxi-zampilli in… tondini d’acciaio) si nota in questi giorni un grande andirivieni di macchine da lavoro di ogni genere. Tutto fa pensare alla costruzione di un nuovo impianto per la distribuzione di carburanti e servizi annessi. È questo un altro ettaro di verde (un tempo irrigato dal rotone dell’adiacente Vallato) che viene massacrato e sepolto sotto una lastra tombale di quel cemento-asfalto, che in questi ultimi vent’anni in Italia ha sottratto alla luce solare un’area pari a Lazio e Abruzzo. Progresso o suicidio? Che risponde piazza Indipendenza? 3 Per Scompagina /4: “Fiezze scomposte” di Renato Borsoni www.peterpun.it FORTUNA SFACCIATA Cognome salvagente Esaminatore: Sapresti dirmi chi è l’autore di Letteratura come vita, pietra miliare della critica letteraria? Candidato: Boh. Esaminatore: Bravo! Si vede che sei preparato. Il saggio è proprio di Bo, del famoso Carlo Bo, pioniere della cosiddetta “critica ermetica”. 15 maggio 2011 Ha le dimensioni di un opuscolo o di una piccola agenda. Già per questo è simpatico: un libro tascabile, per niente ingombrante: da leggere a brevi sorsi. Il titolo è “Fiezze scomposte”; l’autore, Renato Borsoni, ritratto in copertina nell’impeccabile completo bianco con cui interpretò il personaggio di Trigorin ne ‘Il gabbiano’ di Cechov. Lo sguardo è pensoso, indagatore, un po’ malinconico. Si direbbe quello di un bohémien svagato, sognatore. Effettivamente un po’ bohémien Renato Borsoni lo è stato. Ha attraversato la vita di corsa, con il vento fra i capelli e nel cuore una grande passione per il teatro; trasmessa da suo padre, Torquato Borsoni. ‘Il più giovane direttore didattico d’Italia’, lo avevano definito: conosciutissimo anche a Jesi dove svolse attività per diversi anni. Ancora indimenticabile e forse rimpianto. Lo ammirava entusiasticamente anche Valeria Moriconi che molto probabilmente dovette a lui la nascita di un interesse su cui avrebbe costruito la sua carriera. Già, perché il direttore Borsoni oltre a seguire da vicino e con massima responsabilità le attività d’insegnamento, oltre a percorrere chilometri in bicicletta per raggiungere le sedi rurali più lontane, alla fine di ogni anno scolastico si occupava dell’allestimento di recite alle quale partecipavano con gioia, come attori-cantanti o spettatori, tutti gli scolari assistiti anche dai loro genitori che collaboravano a mettere in piedi lo spettacolo in qualità di attrezzisti o sceneggiatori. Erano soprattutto operette, presentate solitamente nella chiesa sconsacrata di San Floriano, giusto accanto alla scuola elementare ‘G. Mestica’ dove aveva sede la direzione didattica. Torquato Borsoni non immaginava certo che sarebbe diventata un Teatro Studio intitolato a una alunna della sua scuola che sarebbe diventata famosa, Valeria Moriconi. C’è qualcuno che ancora ricorda quelle recite? Anche Renato Borsoni vi prese parte e fu senz’altro per lui un’esperienza indelebile. Nel piccolo libro tuttavia l’autore non si attarda molto a descrivere i suoi primi passi in palcoscenico. Parla di molte altre esperienze, trascorrendo dall’infanzia al presente. I ricordi vengono a folate, scompigliati, descritti episodicamente, ma progressivi nel tempo: il paese natale, S. Maria Nuova; la morte in tenera età di un fratello; Cupramontana dove a sua madre Argia, perduta a soli quattro anni, venne intitolato il Colle, sede di una Colonia Elioterapica. Il suo nome, purtroppo, venne cancellato dopo la caduta del fascismo. A queste più lontane memorie gradualmente altre se ne aggiungono. Alcune sono raccontate in forma di dialogo, quasi come pagine di un testo teatrale: il liceo classico, le peregrinazioni da una città all’altra in cui suo padre aveva dovuto trasferirsi per permettere ai suoi figli di seguire studi universitari, gli incontri. Poi, a briglia sciolta, l’indipendenza, i circoli culturali frequentati, le amicizie, la vita da nomade, con scarsi mezzi a disposizione. Infine la grande via del teatro. Per tutto il tempo Renato Borsoni coltiverà saggiamente anche un’altra attività: la grafica, che lo aiuterà pure ad affermarsi e a superare non poche difficoltà economiche. Procederà guardando sempre avanti. Negli anni ’50 collabora alla fondazione del Piccolo Teatro Città di Brescia.; nel ’61 a quella della Compagnia della Loggetta che diventerà Centro Teatrale Bresciano, diretto fino al 1988, quando si dimetterà opponendosi alle lottizzazioni in cui venivano spartite le attività. Gli vengono più tardi affidate cariche importanti a livello nazionale: di vicepresidente del Teatro Pubblico Italiano; di condirettore e poi di direttore del Teatro Stabile della Regione Toscana; di rappresentante della Deputazione della Società del Teatro Grande della cui Fondazione diventerà presidente. A questi incarichi Renato Borsoni accenna rapidamente. Più gli interessano gli eventi che hanno impresso una svolta alla sua vita. Importantissimi gli affetti familiari. Di suo padre ricorda con tenerezza ‘le mani morbide che al mattino mi lavavano le mani e il viso con l’acqua tiepida del catino, presa dal caldaio nel focolare già acceso’’. Torquato Borsoni non interferirà mai nella vita del figlio, né nelle sue decisioni artistiche e professionali, né in quelle politiche, pure diverse dalle sue. Lascerà il figlio libero di volare, ma dopo averlo reso forte e pronto ad affrontare rischi e tempeste. Il piccolo libro non va tuttavia considerato un ‘amarcord’. È piuttosto un’agenda densa di appunti, di rapide note biografiche, di segnalazioni a fatti e personaggi che hanno dato impulso al teatro contemporaneo ritornato poco a poco a nuova vita dopo l’ultimo conflitto. Lo stile è incisivo, rapido, vividamente descrittivo, a tratti colloquiale. Una insegnate di italiano, conosciuta al Liceo Classico di Jesi e incontrata di nuovo a distanza di anni, gli rimproverò il fatto di non essere diventato giornalista. Aveva ragione: relativamente, s’intende, ma è credibile che, se il suo alunno avesse svolto una simile professione, non minore successo avrebbe ottenuto. Inquieto, irrequieto, intraprendente, aveva scelto invece altre vie per andare lontano. Il bilancio che oggi Renato Borsoni può redigere è quello di una vita avventurosa, vissuta in tempi difficili di speranze, furori, fremiti, fermenti culturali. Potrebbe essere soggetto di un film. Qualcuno in futuro forse potrà pensarci. Fotoservizio Augusta Franco Cardinali Nella foto: da destra Franco Cecchini, Renato Borsoni, Katia Mammoli e l’assessore Leonardo Lasca nel teatro V. Moriconi alla presentazione del libro “Fiezze scomposte”, La Quadra Editrice, Brescia. A Jesi Grazie a tutti coloro che sono qui e a coloro che hanno parlato del mio libro, vecchi amici o nuove conoscenze. Ma grazie soprattutto a Franco Cecchini che mi ha proposto questo incontro. Franco sa quanto ha significato per me questa città nella mia vita, anche se a vent’anni ho dovuto lasciarla. E questo palazzo, dove mio padre direttore didattico ha lavorato per anni al piano superiore, dove io stesso ho compiuto le elementari per trasferirmi poi sul Corso, al GinnasioLiceo. E questo luogo, dedicato a Valeria Moriconi, diventata in seguito splendida compagna di lavoro mio e di mia moglie, con la quale abbiamo vissuto vicinissimo anni di Teatro, forse posso dirlo, tra i più belli della scena italiana del secondo Novecento. Grazie, Jesi, dove dopo tanto tempo conservo alcune delle amicizie più care, insieme con quelle, ahimè, molto più fresche, ma altrettanto importanti. Grazie, Jesi. Renato Borsoni Messaggio inviato dopo l’incontro Ultimo concerto della Stagione Sinfonica 2010/2011“Turn out the stars” Quartetto jazz classico e grande orchestra Quest’anno la Filarmonica Marchigiana ne ha fatte ascoltare di tutti i colori. Con disinvoltura si è passati dal barocco alle avanguardie musicali del novecento, da Beethoven a Sciostakovic, da Mozart a Webern: per concludere, il 3 maggio con “Turn out the stars”, concerto dedicato a uno dei miti del jazz d’oltreoceano, Bill Evans. Pianista statunitense scomparso nel 1980, dopo aver militato ed essersi affermato nel complesso del trombettista Miles Davis, Evans costituì autonomamente alcuni trii. Nel primo, il più famoso, ha avuto accanto Scotto La Faro (basso) e Paul Mautian (batteria). Il concerto finale della Stagione Sinfonica, realizzato in collaborazione con l’Associazione Spazio Musica Marche Jazz Network, prevedeva l’inserimento in orchestra del Martin Wind Quartet, che si è presentato in formazione classica (piano, contrabbasso, sax, batteria). I componenti hanno in attivo molte esperienze con i più gloriosi nomi del jazz, ma forse è risultata nuova per loro quella che hanno affrontato in un prezioso teatro storico italiano quale è il Pergolesi. Non ne esistono certo di simili in America. Cool jazz bianco e orchestra dispiegata alla grande. Viene subito da pensare ad Artie Shaw, Henry James, Ray Conniff e all’epoca dei grandi musical d’America. Quando il quartetto è incastonato nella Filarmonica Marchigiana si sogna davvero ad occhi aperti. Quando invece il Martin Wind Quartet si esibisce da solo il clima cambia. È un jazz meditativo soft, ‘confidential’ (si può dire?); per niente aggressivo anche quando, uno dopo l’altro, i componenti si esibiscono in strabilianti ‘assolo’. Il pubblico in sala non è prevalentemente composto di giovanissimi galvanizzati e urlanti, ma da adulti composti che ascoltano attentamente e applaudono spesso; senza schiamazzi però, come farebbero per Brahms o Chaikovskij. Sono forse un po’ disorientati e ne avrebbero motivo. Non hanno a disposizione un depliant che illustri al minimo il programma. A spiegare poi e nemmeno brevemente un brano dopo l’altro è il contrabbassista del quartetto che, confidando eccessivamente sulle competenze linguistiche del pubblico, si esprime in un inglese per certo inintelligibile da oltre il novanta per cento dei presenti. Inutile presentazione, quindi. Meglio se a questa avesse provveduto il giovane direttore d’orchestra, Massimo Morganti; bravo, ma da attendere in altre più rassicuranti prove. All’inizio del concerto saluti e ringraziamenti ha rivolto Fabio Tiberi, direttore artistico, a tutti coloro che hanno preso parte alla Stagione Sinfonica, anche quest’anno approdata con successo nonostante le difficoltà ripetutamente denunciate. Ora numerosi altri impegni sono previsti per la Filarmonica Marchigiana, in regione e oltre, a breve scadenza e durante tutta l’estate. Ne siamo ben lieti, ma attendiamo presto di nuovo la ‘nostra’ orchestra anche al Pergolesi. Augusta Franco Cardinali Nella foto, Martin Wind conduttore del quartetto 4 Voce della Vallesina attuALITà 15 maggio 2011 Può il lavoro essere a fondamento della Repubblica? Il prete di oggi, il prete di domani... di Remo Uncini Domenica 15 maggio si celebra in tutta la Chiesa la giornata per le vocazioni sacerdotali. Quest’anno si collega all’appuntamento di settembre dedicato al Congresso Eucaristico di Ancona alla presenza del papa Benedetto XVI. Oggi parlare di vocazioni sacerdotali e del ruolo del prete, in un tempo in cui la Chiesa deve affrontare il relativismo della società, è porsi delle domande su come è cambiato il modo di vivere la religiosità. Allora è d’obbligo porsi delle domande. Nel relativismo sociale che stiamo vivendo quanto ha posto la ricerca spirituale? Quale ruolo hanno le comunità cristiane in una società multi-etnica e multireligiosa? Quanto i giovani sono attratti dalla fede? Perché la scelta vocazionale religiosa non viene valutata come le altre vocazioni, ma posta come scelta estrema di vita, vista come sacrificio e non come donazione? Quale ruolo di responsabilità hanno i laici nella Chiesa di Dio? Riflettendo su queste domande voglio tentare di avviare un dibattito, perché oggi cominciamo a vivere l’emergenza della mancanza di sacerdoti in un momento in cui invece c’è sempre più richiesta di spiritualità come difesa da quel razionalismo che non risponde a tutte le domande dell’esistenza umana. Il relativismo pone l’esigenza dello “star bene”, del “consumare”, del “fare carriera”, del “tutto e subito”; vuole rispondere all’esistenza facendo a meno di Dio. Esigenze comprensibili dell’uomo che vuole raggiungere il benessere e la tranquillità. Noi, come comunità cristiana, abbiamo l’obbligo di proporre il Dio della salvezza. Ma come? Il relativismo risponde a tutto e cerca nel fare la risoluzione dei problemi materiali. La Chiesa ha delineato i pericoli e le ambiguità della società che, facendo a meno del Mistero, vuole affrontare l’esistenza della vita. Il relativismo ha relegato la spiritualità ad esigenza privata, mentre essa vuole essere pubblica per ricordare l’infinito in un mondo delineato dalla temporalità. La conquista dei giovani da parte della società è nel portarli al consumo mentre a loro volta essi vengono consu- mati. Le regole che pone la Chiesa sono d’impiccio, perché moraliste e per questo poco attraenti dal momento che pone il giovane di fronte a scelte dove deve giocare se stesso non solo per se stesso ma per gli altri. Il ruolo della comunità cristiana è quello di immergersi, anche da testimone, nella società. Diventa esigente porsi un nuovo modo di evangelizzare e di interagire nei confronti della società comunicando con essa. Il ruolo del prete non è più quello di accentrare in sé tutte le attività, come avveniva fino a qualche anno fa. Il laico deve essere sempre più impegnato nella gestione delle comunità parrocchiali e avere un ruolo di appartenenza e non solo quello di fruitore dei servizi e della spiritualità. Il laico deve essere partecipe di un cammino evangelico in cui la parola si coniuga con la comunità e si dividono le responsabilità. L’idealità che viene trasmessa deve collegarsi alla vita, in cui i giovani vedono l’annuncio evangelico non scollegato alla realtà. Sarebbe opportuno che si formino comunità dove preti giovani e anziani sperimentino insieme la comunità, a contatto con i quartieri, per ricondurre tutto al Ministero della Parola e dell’Eucarestia. Il ruolo del diaconato spesso si limita alla sola celebrazione, deve invece diventare anch’esso partecipe alla testimonianza e collegare il fuori della società con il dentro della spiritualità. Il culto con la vita. La comunità parrocchiale è inserita in mezzo alla gente; è coinvolta nei processi di trasformazione, non può vivere senza che il suo messaggio di salvezza ponga l’esigenza di vivere il vangelo. Attrarre alla vita sacerdotale è far conoscere che il sacerdote non è fuori della realtà ma che la vive nella spiritualità che annuncia. I giovani sono confusi dalla società. Le comunità cristiane devono essere il luogo dello “stare” per immergersi nel mistero della Parola, non estraniati dalla realtà. La ricerca di spiritualità è mezzo di riscatto verso un mondo che ci usa e ci abusa; diventare prete è essere uomo di Dio al servizio degli uomini che cercano la salvezza. Corsi di ceramica a Castelplanio Un laboratorio creativo sulla manipolazione dell’argilla si terrà presso il bed&breakfast “In casa d’Arte” a Castelplanio in piazza della Libertà. Il corso sarà tenuto dalla maestra d’arte Anna Rita Moretti. La docente, con una lunga esperienza nel settore, nel 2001 ha tenuto un laboratorio a Jesi, nel 2007 ha svolto corsi di ceramica per bambini presso un centro ricreativo in Olanda ed ora vive nella campagne di Castelplanio. Nelle varie serate verranno approfonditi alcuni metodi di lavorazione dell’argilla come la modellazione a lastra, a stampa o a colaggio al fine di arrivare a diversi prodotti finali in ceramica che i partecipanti potranno portare a casa. I laboratori si terranno nei giovedì 12, 19 e 26 maggio e mercoledì 1 giugno dalle 21 alle 23. Il costo di partecipazione è di 80 euro. Per informazioni e prenotazioni si può telefonare al numero 0731 811282 oppure al 347 1155211. di Riccardo Ceccarelli Indubbiamente quello fatto da Giuliano Amato il 30 aprile scorso al Quirinale in occasione della cerimonia per la Festa del Lavoro, è stato un bel discorso, anche leggendone la sintesi pubblicata da “Il Sole 24 Ore” del primo maggio. Un discorso che aveva l’intenzione di approfondire e giustificare l’art. primo della nostra Costituzione che recita “L’Italia è un Repubblica democratica fondata sul lavoro”. «Si volle affermare, dice Amato riprendendo quanto aveva scritto Costantino Mortati, il valore del lavoro come veicolo attraverso il quale ciascuno potesse esprimere la sua capacità creativa, la valorizzazione di sé e allo stesso tempo il proprio contributo alla crescita della società in cui vive». E continua poco dopo: «Non c’è nell’articolo 1 alcun connotato classista, che fu anzi esplicitamente scartato proprio perché il testo vigente resistette a un emendamento, presentato da una pluralità di Costituenti prevalentemente di sinistra, che definiva l’Italia una “Repubblica democratica di lavoratori”. Ma non c’era soltanto il futuro nell’impegnativa affermazione dell’articolo 1. Essa raccoglie anche il meglio della storia precedente italiana, nella quale la costruzione stessa dell’Unità e il consolidamento dell’identità nazionale sono fortemente legati al ruolo del lavoro e dei suoi diversi protagonisti». Ed Amato si sofferma su quanto detto e fatto da Camillo Benso di Cavour, da Giovanni Giolitti, da Giuseppe Di Vittorio, rimarcando “È questa, nel passato che la precede, nella sua stessa storia e nel suo presente, la Repubblica fondata sul lavoro”. Un bel discorso, si diceva, di circostanza e con qualche inevitabile tocco di retorica, come quell’accenno al futuro che sarebbe compreso nell’articolo 1. Per fortuna poi che fu respinto quell’emendamento di diversi Costituenti “prevalentemente di sinistra”: saremmo diventanti una repubblica “democratica di lavoratori” come la Germania dell’Est, l’Ungheria o la Cecoslovacchia di quei tempi. La domanda che da tempo mi sono posto e che mi è ritornata prepotente dopo la lettura del discorso di Amato: “Si può fondare, cioè procedere a stabilire principi fondamentali di uno Stato, di una Repubblica, su un aspetto per quanto importante ed essenziale dell’uomo, come il lavoro?”. Quello che dice Amato, e non solo lui, del lavoro, va condiviso, ma non mi pare possa essere il fondamento di una Repubblica, di uno Stato, di una convivenza cioè, ampia e articolata di uomini e donne che lavorano sì, ma non esauriscono il loro essere più vero e totale nel lavoro. Gli uomini non sono tali perché lavorano, il lavoro non è la discriminante della loro essenza e della loro verità. Anche una macchina “lavora”, produce, realizza qualcosa – opportunamente usata o programmata – non per questo è fondamento di alcunché, men che meno di una Repub- terrelementari Ex zuccherificio e università per contadini Nelle ultime settimane frequento quelli che chiamo i “luoghi ortolani”. Ovvero negozi e centri specializzati per la vendita di quanto occorre per la coltivazione di piante da frutto e da ortaggi. Complice anche la stagione della semina e delle prime messe a dimora, ho notato con stupore che attorno agli orti domestici gravita un mondo variegato di persone, di ogni età e di ogni mestiere e professione. Con stupore ho visto vecchiettine chiedere concime fosfatato e farmaci antilumaca; o giovanotti in tuta da jogging domandare informazioni dettagliate sulle varietà di melanzane con o senza innesto; o professionisti ricercare qualità di pomodori da poter coltivare con ampia soddisfazione gastronomica. Questo mondo variegato è pieno di curiosità, pronto a chiedere informazioni su esperienze andate a buon fine o su errori compiuti che hanno dato vita a nuovi saperi su terra, concime, fotosintesi, umidità, parassiti, etc. Un mondo che parla e discute e si scambia contenuti che potremmo definire scientifici. Uscendo da uno di questi negozi, una mattina, nei pressi c’era in bella vista la locandina di un giornale quotidiano che poneva in evidenza il problema/ tema dell’ex zuccherificio Sadam: mentre lo leggevo in silenzio un signore vicino a me lo commentava ad alta voce, caricando un sacco di granaglie sulla sua vecchia utilitaria: “cari miei, qui veniamo dalla terra, siamo tutti contadini, chi più chi meno…e allora perché dove stava lo zuccherificio non ci facciamo una bella università per contadini…?”. Detto questo, e caricato il sacco, buongiorno e arrivederci alla prossima. Però quella idea buttata lì come un sacco di granaglie nel bagagliaio, quella idea lì in realtà può essere considerata una idea che ha un senso concreto, che si innesta sulla storia naturale e sociale ed economica del nostro territorio. Perché tante persone sentono il fascino della coltivazione? Perché la terra e i suoi frutti appartengono al gene della nostra cultura, non solo economica. E se così è, perché non amplificare questa “vocazione” attraverso la costruzione di luoghi di ricerca, di studio, di sperimentazione che guardino al futuro guardando la terra? Che dà frutti se rispettata, che dà qualità se non inquinata, che restituisce quello che gli viene “suggerito” dalla mano dell’uomo. Provate a seminare nei giorni sbagliati, a concimare troppo azoto e pochi fosfati, a potare quando la luna non è calante, a dare troppa o poca acqua, insomma provate a non rispettare e vedrete i risultati. L’ex zuccherificio trasformato in un campus di ricerca agro-alimentare, suggeriva quel signore che comprava granaglie. Un intellettuale dell’orto, diranno i miei due lettori abitanti del centro storico e con la benevola battuta ironica pronta all’uso; ma in fondo una riflessione la merita quella sua proposta. Riflettere è pur sempre un sano esercizio del pensiero, come sanno bene gli ortolani che producono buoni frutti. Silvano Sbarbati blica. Dietro al lavoro c’è l’uomo che ha un’intelligenza e un’anima, c’è un soggetto pensante con una dignità, con un suo specifico che lo determina e lo fa essere quello che è. Fondamento allora è non la capacità di fare quello che fa o che sa fare, ma quello che è, soggetto di diritti e di doveri, una persona, un ‘unicum’ nella storia dell’universo. Fondamento, discutibile anch’esso al limite, potrebbe essere anche un patto, ma fatto sempre da persone, queste sono la base di ogni società, di ogni aggregazione. Le persone vengono prima di ogni Stato. Sono esse che lo formano e lo realizzano. L’essere insomma viene prima dell’agire, non è l’agire che definisce l’essere. Diversamente si può dar luogo a tanti equivoci. È vero che poi la Repubblica riconosce tutta una serie di diritti, ma se la Repubblica fosse stata fondata sulla persona come detentrice inviolabile di valori “non negoziabili”, per riprendere una espressione attuale e significativa, avremmo avuto fondamenta più solide. Anche il lavoro lo avrebbe avuto. Perché è sempre la persona che rende nobile e grande il lavoro. Il resto sono discorsi belli quanto si vuole, fascinosi pure, con facili cadute nella retorica. Ce ne rendiamo conto (forse) un po’ tutti ma non si dice, anzi non si deve dire o è meglio non dirlo. Personalmente l’ho scritto perché lo penso, dicendone anche le motivazioni. Con l’ovvio rispetto di quanti non condividono. notiziebrevi Prevenzione e qualità della vita Manuale pratico del benessere: libro di psicoprofilassi, di Paolo Zucconi, psicoterapeuta comportamentale. Testo divulgativo, conduce il lettore, passo dopo passo, lungo molte verifiche pratiche di apprendimento per una reale crescita personale quotidiana (concretamente misurabile con gli strumenti proposti) per ridurre le probabilità di contrarre disturbi psicosomatici e psicopatologie che, quasi sempre, si possono prevenire. Un percorso individuale da fare per raggiungere il benessere. Ci sono luoghi comuni da sfatare sul benessere. «Il primo è che per averlo o mantenerlo ci vogliono molti soldi. Non è vero. Si mantiene il benessere utilizzando agenti naturali a costo zero come luce, aria, acqua, sole e influssi della luna. Anche l’uomo dipende da questi influssi. Un esempio? Si depuri il corpo in luna calante; invece per una terapia si scelga quella crescente. Il tutto cercando di far tesoro delle conoscenze del passato utilizzandole in chiave moderna e unendole a quelle scientifiche». Sulla famiglia «Si pensa che lo stress sia solo quello che viene da fuori. C’è stress anche dentro. Quello dei figli, quando i comportamenti non collimano con ciò che i genitori hanno in testa. Poi c’è quello della coppia se le aspettative sono diverse». Sonno e riposo, vita di relazione, cibi sani, attività fisica, bandire alcol e fumo sono i segreti del benessere fisico. E il benessere spirituale? «Necessaria non solo la spiritualità religiosa ma anche quella laica. La meditazione è importante per il benessere perché aiuta a rilassare corpo e mente». Acqua necessaria Recenti studi dimostrano che il 5% degli Italiani non beve abbastanza acqua, talora con danni gravi. Essa ha grande importanza per il corpo umano: un’insufficiente idratazione porta a seri problemi. Non è sufficiente la quantità introdotta con gli alimenti: gli studiosi dicono che è necessario bere acqua. E sottolineano che per i soggetti in sovrappeso, addirittura obesi, il consumo d’acqua dev’essere superiore al normale. In Italia il 5% di persone tra i 18 e i 64 anni non beve acqua. Ciò comporta sull’ organismo gravissimi danni, perché essa idrata ed elimina le scorie; quindi, un’assenza d’acqua crea problemi come affaticamento del cuore, maggiore viscosità del sangue e altera la termoregolazione del corpo. La speranza ci fa liberi L’Osservatore Romano (6/5/2011) tributa un omaggio a Ernesto Sábato, scrittore argentino scomparso da poco. «La vita si fa in brutta copia, senza la possibilità di correggerla e ricopiarla in bella». Così diceva Sábato, uno degli ultimi “grandi” della narrativa latino-americana, morto il 30 aprile all’età di 99 anni. Il suo ultimo libro, La Resistenza, scritto e pubblicato sulla soglia dei novant’anni, è diffuso gratuitamente in Rete in formato elettronico. Definito «una profonda riflessione sul degrado morale dell’essere umano in una società senza valori», La Resistenza pone domande importanti: «È strano che l’uomo interroghi la vastità del cosmo prima di farlo con se stesso». La proposta di Sábato era resistere alle negatività della società e della Storia; «Solo la speranza ci fa liberi» era la sua soluzione al degrado della civiltà. Oreste Mendolìa Gallino Voce della Vallesina regione 15 maggio 2011 5 approvata l’intesa di 600mila euro per la valorizzazione e il sostegno degli oratori con la firma dei Vescovi delle Marche Luoghi di aggregazione per la crescita dei ragazzi Il presidente della Conferenza Episcopale Marchigiana, mons. Luigi Conti e il presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca hanno rinnovato la sottoscrizione del Protocollo d’intesa per la valorizzazione della funzione socio-educativa degli oratori nel corso di un incontro a Colle Ameno di Ancona. Pochi i cambiamenti rispetto al precedente accordo e tutti di carattere tecnico finalizzati alla semplificazione burocratica dei rapporti tra i due soggetti. «È con particolare piacere – commenta Spacca - che sottoscriviamo l’accordo proprio in questi giorni. È anche questo un modo per rendere omaggio, mentre sono ancora vive nella nostra mente le immagini della sua beatificazione, a papa Wojtyla, una figura che continua ad essere un faro per i milioni di giovani in tutto il mondo ai quali ha sempre prestato la massima attenzione. È quello che nel nostro piccolo proviamo a fare anche noi con questo Protocollo convinti che il futuro dei nostri figli sia il futuro di tutta la comunità e che gli oratori abbiano una funzione sociale ed educativa preziosa nei confronti dei giovani. Parliamo infatti di luoghi di aggregazione che, in stretto rapporto con le famiglie, favoriscono da decenni la crescita delle migliori doti dei ragazzi e lo sviluppo delle loro potenzialità. Il pallone, la chitarra, la batteria, il gruppo, il nuoto, il campeggio, il canto, le letture, raccolti dentro il contenitore “oratorio” permettono di trovare armonie tra fisico, psiche ed etica e di prevenire situazioni di rischio o disagio. Questo accordo ha già dato frutti importanti: sono stati avviati ben 26 progetti. Su questa strada vogliamo continuare». «È proprio questa tradizione dei nostri oratori – comunica mons. Conti – che ha formato numerose generazioni di uomini e donne che oggi ci ricordano l’importanza insostituibile dell’educazione e, allo stesso tempo, degli oratori come luoghi di incontro, di crescita umana e spirituale e di formazione per i giovani. Questa intesa tra autorità civile e religiosa favorirà sicuramente tale dinamica virtuosa e gli oratori da sempre deputati ed attenti alle necessità della gioventù e luoghi di ascolto, accoglienza, condivisione. Luoghi aperti a tutti, cattolici e non, pronti a trovare ed affrontare le nuove sfide dell’educazione, pronti a rispondere agli orientamenti dei Vescovi italiani con la necessità di Educare alla vita buona del Vangelo: l’oratorio. Esso accompagna nella crescita umana e spirituale le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidando loro responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità, che impegna animatori, catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suo linguaggio sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport, musica, teatro, gioco, studio». Il Vangelo, la buona notizia di cui tutti hanno bisogno e, in modo speciale i nostri giovani, oggi dove la cultura dominante non è la positività della vita ma l’oscuramento delle belle prospettive che la vita ha e propone di affrontare e vivere. Questo accordo può dare un sostegno ma sta a tutti noi dare senso alle scelte e alle priorità che si devono sviluppare all’interno dei percorsi educativi a cui tutti dobbiamo contribuire: Vescovi, sacerdoti, laici». Le finalità dell’intesa riguardano la valorizzazione della funzione socio-educativa degli Oratori, le loro modalità di collaborazione con il sistema degli interventi regionali, i criteri per il sostegno delle attività e per la gestione degli interventi da parte dei soggetti beneficiari. Rientrano tra le aree di intervento dei progetti la formazione, l’educazione, l’integrazione interculturale, la solidarietà, lo sport, il tempo libero, la cultura e l’arte. Sono esclusi gli interventi in conto capitale per la realizzazione di strutture o di opere edilizie. La Regione Ecclesiastica Marche ha costituito una apposita commissione regionale, presieduta dal vescovo delegato alla pastorale giovanile mons. Giancarlo Vecerrica e composta da altri tre membri: don Francesco Pierpaoli, don Gianluca Merlini e l’avv. Simone Longhi. Ogni diocesi inoltre ha nominato un referente diocesano oratori. Il provvedimento approvato dalla Giunta Regionale può contare su una disponibilità di 600 mila euro. I criteri per la concessione dei contributi sono stati concertati con la Conferenza Episcopale Marchigiana. Dalla Provenza a Palermo: nascita e formazione della Scuola Poetica Siciliana Cantautori alla corte di Federico II Intorno alla nascita della Scuola Poetica Siciliana ha indagato il prof. Giuseppe Magaletta, studioso, musicista, musicologo, ascoltato il 6 maggio presso la sede della Fondazione Federico II Hohenstaufen in una conferenza a titolo “Musica e poesia alla corte di Federico II”. Quanto il relatore ha riferito è riportato in un libro di prossima pubblicazione che si aggiunge a numerose altre sue opere specialistiche già stampate. All’argomento trattato non è stato dato un taglio tradizionale, conforme cioè a quanto le antologie letterarie generalmente riportano riguardo alle origini della lingua italiana. Più indietro nel tempo è risalito il prof. Magaletta per spiegare come e perché la poesia giunse alla corte federiciana; da chi pure e in quale modo venisse coltivata. Fu Costanza d’Aragona, figlia del duca di Provenza e prima moglie di Federico II, che non aveva ancora quindici anni quando la sposò, ad iniziare alla poesia provenzale il giovanissimo imperatore. Federico II se ne innamorò, la coltivò lui stesso. L’amore cortese cantato dai trovatori entrò così per la prima volta alla sua corte. Erano liriche dedicate, il più spesso, alle consorti dei mecenati che ospitavano i menestrelli. Poesia d’imitazione quindi fu quella pervenuta a Palermo e in terra d’Apulia. Venne ripresa tuttavia non da veri menestrelli, ma dai personaggi colti che frequentavano la corte, che non erano propriamente dei letterati. Il primo rimatore siciliano, Jacopo da Lentini, era un notaio che tale divenne non per aver frequentato una vera scuola giuridica, ma per decreto dell’Imperatore. Di eterogenea estrazione sociale erano altri frequentatori della corte federiciana. Allietavano la vita di palazzo danzatrici e musici saraceni, come pure, con la loro salace arguzia, i giullari. Proprio a questi si deve l’introduzione di una poesia vivace e popolaresca, molto diversa da quella provenzale. Si ricorda un personaggio che potrebbe richiamare quello di Rigoletto: il giullare Dallio, gobbo e impertinente, amato e odiato, con il quale Federico II amava scherzare. Erano rimatori anche licenziosi i giullari di corte. Proprio per questo vennero condannati dalla Chiesa fino a quando non comparve S. Francesco che si definì ‘un giullare di Dio’. È certo che i trovatori di Provenza, di qualunque estrazione fossero, componevano musica sui loro versi e cantavano, come risulta dai testi rinvenuti. Poiché documenti simili non sono stati ritrovati in Italia si è pensato che non fosse avvenuto lo stesso per i poeti della Scuola Siciliana. Si può dubitare. Smentirebbe una simile ipotesi una mi- niatura, conservata a Firenze, che raffigura Jacopo da Lentini con un foglio in mano sul quale sono tracciate parole e annotazioni musicali. Altre testimonianze indirette, ma attendibili. Un giullare, Giacomo Pugliese, è autore di un ‘discorso’, cioè di una composizione poetica che prevedeva l’inserimento di musica e canto. Giovanni di Brienne, similmente, scrisse un ‘centone’, dove la poesia era sicuramente presentata accompagnata da canti e balli. Di più: il ‘Magister Casella’ mise in musica nientemeno che una lirica di Dante. E ancora un’argomentazione di cui tenere conto. Ai rappresentanti della Scuola Poetica Siciliana, che erano notai, avvocati o giuristi, non mancavano certo conoscenze in fatto di musica poiché nelle università da loro frequentate si insegnava anche teoria musicale. È allora possibile formulare altre ipotesi. I testi, almeno finora non ritrovati, di questi ‘cantautori di corte’ vennero distrutti dalla censura ecclesiastica che si preoccupava di salvare solamente quelli in uso della liturgia. Non è però da escludere che la musica potesse anche essere improvvisata sulle paro- le di una lirica. Siamo forse alle più remote origini del jazz? Certo è che la musica – e lo dimostrerebbe, se non altro, il teatro classico greco e romano - non è stata mai disgiunta dalla poesia. Quella della Scuola Siciliana poi, così come in Provenza, profumava di fiori, di sole, di mare. Non diversa quindi poteva essere l’ispirazione di poesia, canto e musica che, in melodiosa connessione, avranno fatto pensare anche alle armonie sonore in cui Dante immaginava si muovessero le sfere celesti. Fotoservizio Augusta Franco Cardinali Nella foto: il prof. Giuseppe Magaletta, a destra, Gianni Gualdoni, direttore artistico della rassegna ‘Alla Corte di Federico II’ e Franca Tacconi, direttrice del Centro Studi Federiciani. Democrazia e convivenza: le sollecitazioni dalla conversazione di Mancini Dalla crisi di risorse alla crisi di pensiero «Dobbiamo favorire la conoscenza reciproca e i canali di incontro; è necessario un osservatorio che abbia uno sguardo complessivo e sappia fare una lettura integrata segnalando le situazioni di violazione di diritti; serve una casa per l’educazione in cui i genitori possano scambiarsi le loro esperienze; servono luoghi di preghiera comuni poiché nel cuore della speranza di una cultura c’è uno spirito religioso. Se riscoprissimo le iniziative di democrazia dal basso potremmo dire di vivere la Costituzione come stile di vita e comprendere come la democrazia possa essere uno strumento per eliminare le cause sociali dell’infelicità.» Queste sono state alcune delle proposte e delle sollecitazioni che il prof. Roberto Mancini, ordinario di filosofia all’Università di Macerata, ha portato ai partecipanti all’incontro su “La città accogliente, famiglia migrante e comunità ritrovata” che si è svolto il 27 aprile scorso nella sala della parrocchia di San Giuseppe. La conversazione di Mancini è stata introdotta dall’assessore all’Integrazione del comune di Jesi, Gilberto Maiolatesi, il quale ha messo in evidenza le risposte dell’amministrazione rispetto al tema dell’accoglienza, tra cui l’adesione al progetto ministeriale Sprar (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati). «Dobbiamo intensificare il lavoro di rete per ricostruire il tessuto comunitario e dare accoglienza alle persone che vivono in difficoltà, tra le quali i migranti sono coloro che hanno maggiore bisogno» ha detto infine l’assessore. Il coordinatore dell’Ambito Sociale Territoriale di Jesi, Riccardo Borini, ha presentato i dati di uno studio di cinque anni fa secondo il quale le Marche avevano un livello di integrazione molto elevato: attualmente la presenza degli immigrati a Jesi corrisponde all’8,8 per cento dei residenti mentre la media della Regione è dell’8,3%. Emerge il dato di Fabriano con l’11%. «In questi anni ci sono state le politiche per l’immigrazione con sportelli di assistenza varia ma ora dobbiamo fare in modo di accogliere una cittadinanza multietnica e in un contesto di crisi economica e di ta- gli alla spesa pubblica – ha sottolineato Borini – corriamo il rischio di lasciarci paralizzare dalla paura e di rinunciare ad investire ma dobbiamo fare di tutto affinché la crisi di risorse non diventi anche crisi di pensiero». Con queste sollecitazioni, il dott. Borini ha introdotto il filosofo Mancini che ha aperto la sua lunga conversazione mettendo in evidenza come il non rispondere alla crisi significhi danneggiare la democrazia. La questione dello straniero riguarda tutti noi: non basta parlare di accoglienza che corrisponde ad una intenzione e ad una disposizione dell’animo ma serve un metodo di cooperazione tra i cittadini che crei sane relazioni e ponga la questione della rappresentanza degli stranieri. Questi alcuni dei passaggi della conversazione di Mancini che hanno suscitato poi un interessante dibattito. L’incontro è stato promosso dall’Ambito Sociale, dall’Asur, dalla Casa delle Culture e dai centri interculturali dell’istituto comprensivo “L. Lotto” e del Liceo Scientifico di Jesi. b.t. 6 Beata Chiara Luce Badano la benedizione originaria La sua giovane vita Già in tenera età, a poco più di 9 anni, è attratta dalla novità di vita della spiritualità dell’unità di Chiara Lubich. Tutto ha inizio su un treno, dall’incontro con una ragazzina poco più grande di lei che diverrà la sua amica più intima. Scriverà in seguito: «Ho riscoperto il Vangelo. Non ero una cristiana autentica perché non lo vivevo fino in fondo. Ora voglio fare di questo magnifico libro l’unico scopo della mia vita». È Chiara che trascina i suoi genitori a Roma, al Familyfest dell’81, incontro internazionale del Movimento Famiglie Nuove dei Focolari. Dice la sua mamma: «La nostra vita è cambiata totalmente, tanto che se ci avessero chiesto quando ci siamo sposati avremmo risposto: quando abbiamo incontrato Dio Amore». L’11 giugno a Jesi in Cattedrale i genitori della beata racconteranno la loro esperienza Nel 1983 Chiara è tra le gen 3 più impegnate (gen 3 = terza generazione dei Focolari – 9/16 anni). Chiara Lubich, proprio a loro aveva lanciato la sfida di essere “una generazione di santi”. «Per fare città nuove e un mondo nuovo – aveva aggiunto - non bastano solo tecnici, scienziati e politici, occorrono sapienti, occorrono santi». Non teme di consegnare a loro il suo segreto: Gesù che in croce giunge a gridare l’abbandono del Padre. “Senza di lui – dice – non si sta in piedi”. Insegna come riconoscerlo e amarlo nei piccoli e grandi dolori di ogni giorno e trasformare così il dolore in amore. “Poi vi buttate di nuovo ad amare, non troverete più ostacoli. Non abbiate paura! Lasciate fare a lui a ricompensarvi di amore!” Chiara Luce ascolta queste parole al suo primo congresso internazionale a Roma. Immediata è la sua risposta: “Il congresso è stato un’esperienza meravigliosa”, scrive a Chiara Lubich. A lei confida il proposito di riconoscere il volto di Gesù abbandonato in ogni dolore e “accoglierlo con gioia, soprattutto con tutto l’amore possibile”. Le occasioni non mancano. Voce della Vallesina psicologia e società 15 maggio 2011 di (2) La sua vita è fatta di successi e insuccessi: apprezzamento e incomprensioni da parte di alcuni professori (in quarta ginnasio la bocciatura da lei ritenuta un’ingiustizia), amicizie e emarginazioni (per il suo impegno cristiano viene tacciata come “suorina”). Un primo innamoramento è presto deluso; le costa non poco il trasferimento della famiglia da Sassello a Savona, per via degli studi a cui si impegna, anche durante la malattia, anche pochi giorni prima di morire. Piccole e grandi difficoltà che Chiara trasforma in amore, sempre proiettata verso chi le sta accanto. Anche se non sempre ci riesce , “ma – dice la mamma - donava a Gesù il suo desiderio di farcela”. Intesse con Chiara Lubich una corrispondenza che si farà sempre più fitta. A lei confida scoperte e prove, sino all’ultimo. Dalle sue letterine e dalle testimonianze traspare la gioia e lo stupore nello scoprire la vita: una visione positiva e solare. Chiara è una ragazza come tutte: allegra e vivace, ama la musica (ha una bellissima voce), il nuoto e il tennis, le passeggiate in montagna. Ha molti amici. Specie d’estate si incontrano al bar di Sassello, unico luogo di ritrovo. C’è chi si apre e confida dubbi e difficoltà trovando in lei apertura e ascolto. Alla mamma che le chiede se a loro parla di Dio, risponde: “Io non devo parlare di Gesù, io lo devo dare”. E come fai? “Con il mio ascolto, con il mio modo di vestire, ma soprattutto amandoli”. Il suo non è un percorso solitario. È un camminare insieme agli altri giovani: non perdono occasione per “cementare la loro unità” – come dicono loro – negli incontri in cui si raccontano reciprocamente esperienze di Vangelo vissuto, ma anche con telefonate, visite, bigliettini, feste, gite, regali. Tra loro la comunione dei beni è una realtà: Chiara conserva fino alla morte nella sua stanza una lista delle sue cose, per metterle a disposizione di chi più ne ha bisogno. A cura del Movimento dei Focolari Generazioni a dialogo: il 19 maggio alle ore 21 La cultura giovanile «La cultura giovanile nell’era del digitale. Una sfida per gli educatori del XXI secolo». Il tema della tavola rotonda che si terrà giovedì 19 maggio alle ore 21 presso la biblioteca Planettiana al Palazzo della Signoria e promossa dalla Biblioteca diocesana e dalla Biblioteca Planettiana del comune di Jesi. Il tema della conversazione è “La cultura giovanile nell’era digitale”. Saranno presenti il prof. Pier Cesare Rivoltella, docente ordinario di Tecnologie dell’Istruzione presso l’Università Cattolica di Milano e la prof.ssa Laura Sartori, docente di sociologia presso l’Università di Bologna. Riprendiamo oggi la nostra riflessione sulla lettera di Annalisa e Franco, due genitori preoccupati perché vedono il loro bambino che, frequentando il catechismo per la prima comunione, è preso più dalla paura del peccato che dalla gioia di poter incontrare nel suo cuore il Signore Gesù nella pienezza della comunione. Ci dicevamo domenica scorsa di come sia facile scivolare in una religione della legge, fatta cioè di regole e di tradizioni che dicono ciò che si deve e ciò che non si deve fare, piuttosto che in una religione che coltivi la libertà del cuore, una religione dello spirito. Una religione, cioè, che diventa strada per una relazione d’amore con Dio, Padre-e-Madre. Dei bambini e degli adulti. Oggi diamo uno sguardo ad un altro aspetto che, credo, gioca un peso non da poco in quest’atteggiamento. Nell’atteggiamento di quella parte di chiesa (= comunità dei credenti) che parla molto più di peccato e assai meno di relazione d’amore. Per farlo proviamo ad aprire insieme la Bibbia. Questa Lettera straordinaria che Dio scrive a tutti gli uomini e le donne del mondo. Facendolo, ricordiamo che questa non è un libro di storia o di scienza, ma una raccolta di ‘piccoli libri’ (questo è il significato della parola greca biblìa da cui ha origine la parola bibbia) che, scritti in un periodo di circa mille anni, attraverso gli stili più diversi, ci fanno entrare nel grande mistero di Federico Cardinali Dio, visto nella sua relazione con il mondo e con l’umanità. Che in Lui trovano l’origine e la vita. Leggiamo proprio le prime due pagine (Genesi 1 e 2). In un linguaggio mitico, esse descrivono con immagini molto suggestive e poetiche l’opera creatrice di Dio che pian piano (= in ‘sei giorni’) chiama alla vita il cielo e la terra, il sole e la luna e le stelle, le piante e gli animali. E infine, come a completare la sua grande opera, l’uomo e la donna. E la sera, al termine di ognuno dei ‘sei giorni’ in cui porta avanti la sua opera creatrice, quando guarda ciò che ha fatto, è felice perché vede che ciò che ha fatto “è buono”. Fermiamoci un momento ad ascoltare queste parole del Creatore: le possiamo sentire in tutta la loro pienezza e luminosità. Esse sono una benedizione. E quando al ‘sesto giorno’ dà vita all’uomo e alla donna, queste sue creature speciali, così grandi da essere ‘simili a Lui’, li benedice. Così ha inizio la relazione tra il Creatore e la sua creatura: con una benedizione. È una relazione di piacere e di amore: proprio come tra un padre e una madre con i loro figli. E sempre nel linguaggio proprio dei miti, ci viene descritto il Signore Dio che “passeggiava nel giardino” dove vivevano anche l’uomo e la donna. Qui ha origine il genere umano: nell’intimità con il suo Creatore. È solo successivamente che ci viene raccontata una storia che, sempre attraverso immagini di fantasia, ci pone davanti ad un processo di crisi dell’uomo. Crisi che lo porta verso la scelta di fidarsi più di sé che del suo Creatore. Dobbiamo arrivare al terzo capitolo per trovarci di fronte al racconto della ‘disobbedienza’ di Eva e di Adamo all’indicazione che avevano ricevuto dal Creatore di non cibarsi dei frutti dell’albero del bene e del male. A questo episodio, solo dopo tanto tempo, con S. Agostino (siamo nel IV secolo d.C.), è stato dato il nome di peccato originale. Parole che non troviamo in nessuna pagina della Bibbia. Perché tutte queste osservazioni? Perché quando nel catechismo o nella predicazione incontriamo tanta insistenza sul peccato piuttosto che sull’amore di Dio, noi rischiamo di tradire la Bibbia. Dimenticando la vera storia degli inizi, saltiamo a piè pari i primi due capitoli (= la benedizione originaria) e facciamo iniziare con un ‘peccato’ la storia della relazione di Dio con il mondo. Il punto è che gran parte della catechesi e delle nostre riflessioni sembra che abbiano dimenticato che il ‘peccato’ è un incidente di percorso. Ricordavamo domenica scorsa che la parola peccato (nel greco biblico, amartìa) significa mancare l’obiettivo: come una freccia che manca il bersaglio e devia dalla sua traiettoria, dalla sua ‘strada’. Oggi ampliamo questa riflessione ricordando che non è con il peccato che ha origine la storia dell’umanità. La nostra storia ha ini- zio con una benedizione: che è relazione di vicinanza e di amore con Dio, nostro Creatore. Ed è questa il fondamento della nostra esistenza. Cari Annalisa e Franco, su una pagina di giornale non possiamo approfondire oltre e dobbiamo fermare qui i nostri pensieri. Magari ci ritorneremo in altre occasioni. Ma vedete dove ci ha portati la vostra riflessione? Il vostro bambino ha la fortuna di avere due genitori che sanno cogliere il pericolo di lasciarci catturare più dalla paura del peccato che dalla gioia di essere in una relazione d’amore con Dio. Oggi, nel salutarci, ci auguriamo che la prima comunione sia una benedizione per lui e per tutti bambini, anche quelli i cui genitori non possono essere così vicini e attenti a questa dimensione della vita dei loro figli. Vi ringrazio per il vostro intervento. Questi pensieri che abbiamo condiviso ci hanno fatto riflettere su quanto abbiamo bisogno di ritrovare la benedizione originaria se vogliamo ritrovarci nella nostra vera natura di creature benedette dal Creatore, e riscoprire, giorno dopo giorno, anche la dimensione spirituale della vita. Credo che proprio a quest’origine voleva riportarci Gesù di Nazareth quando ci indicava che la strada che conduce al Padre non è una strada fatta di leggi e leggine, di regole e di tradizioni, ma un cammino da percorrere “in spirito e verità”. (2. fine) Chi vuole scrivere allo psicologo può farlo o per e-mail ([email protected] o [email protected]) o per posta a Voce della Vallesina - colloqui con lo psicologo - P.za Federico II, 8 - 60035 JESI Una meditazione sulla festa della “Divina Misericordia” Misericordiosi per ottenere misericordia La domenica successiva a quella della Resurrezione di Gesù, la Chiesa professa la festa della Divina Misericordia. Sì, è una festa, perché testimonia l’amore straordinario di Dio per ciascuno. La consapevolezza di essere tutti “figli prodighi” e la certezza che c’è un Padre buono sempre disposto ad aprirci le sue braccia, ci riempiono il cuore di speranza. È una misericordia che dobbiamo implorare quotidianamente in considerazione della nostra fragilità e di fronte a tutti i fenomeni del male fisico e morale. La misericordia è un dono scaturito dal Cuore squarciato di Gesù, ma è anche un talento da far fruttificare perché non diventi sterile moneta che perda di splendore e di valore nel nostro egoismo. “Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia” proclama una delle beatitudini. Questo perché l’amore di Dio, riversato su di noi, è amore continuamente creatore che rinnova chi ne è l’oggetto e spinge a praticarlo. “Amerai il prossimo tuo come te stesso” ha comandato il Signore; il samaritano della parabola lucana ha applicato alla lettera la regola del codice morale, soccorrendo il fratello sofferente che Dio gli ha messo sulla strada e facendosi prossimo lui stesso. Diverse sono le forme in cui ciascuno di noi è chiamato a farsi prossimo, una di queste è l’amicizia. Quando questa è sincera diventa corrispondenza nell’amore, condivisione di gioie e dolori in una reciprocità creatrice. L’amicizia vera mira ad alleviare le sofferenze dei fratelli senza distinzione di ceti sociali, razza, religione, lingua, colore della pelle perché Cristo ha effuso sulla croce il suo sangue per tutti e tutti unisce nell’abbraccio della sua misericordia. Ma in questo nostro mondo sembra che non ci sia posto per la misericordia. Da ogni parte si chiede giustizia, non quella proclamata da Dio ma quella istituita dall’uomo a suo piacere: la legge del taglione. La giustizia umana esula dagli schemi della legge divina: diventa aggressione, violenza brutale a livello di esseri che sembrano non possedere più né ragione né cuore. Anche se nell’organizzazione di una società la giustizia è necessaria, bisogna però che vi trovino posto anche la misericordia e il perdono. Quest’ultima parola suona molto male ai nostri orecchi, ci fa male pronunciarla perché ci ferisce nel profondo del cuore. Va a colpire il nostro orgoglio e la presunzione di essere la parte lesa che va riscattata con il proposito della vendetta. E allora è il momento di alzare gli occhi verso il Calvario per contemplare l’Amore e il perdono, crocifissi, per imparare cosa vogliono dire le parole “Misericordia voglio, non sacrificio”. Allora forse potremo credere che il peccatore è più capace di amare Gesù perché cenava con i peccatori, capire che l’amore è più importante della nostra vita e che il perdono è più importante della legge e dell’offesa ricevuta. Marisa Moreschi Opera della Regalità e AdP Maria “Tenda della parola” La presidente dell’Opera della Regalità, Beniamina Santoni e la presidente dell’Apostolato della Preghiera, Lucina Longhi, invitano i soci e i fedeli della comunità cristiana di Jesi a partecipare all’incontro che si svolgerà nella parrocchia “Madonna del Divino Amore” giovedì 26 maggio, con il seguente pro- gramma. Alle 17,30: “Ora mariana”; alle 18,30, celebrazione dell’Eucaristia; alle 20: cena comunitaria in fraterna letizia. Chi desidera partecipare alla cena può prenotarsi telefonando al numero 0731/202537 (don Mario Massaccio) entro martedì 24 maggio. Voce della Vallesina LA CHIESA LOCALE IL DIARIO DEL VESCOVO GERARDO Giovedì 12 maggio Ore 9.30: Ritiro Sacerdoti più giovani di Ordinazione Ore 15.30: Incontro con Ragazzi di Cresima Venerdì 13 maggio Ore 21: Cattedrale: Concerto per la Beatificazione di Giovanni Paolo II Sabato 14 maggio Ore 17: Parrocchia S. Francesco di A. S. Messa e Amministrazione della Cresima Ore 21: Loreto, Veglia di preghiera per le Vocazioni Domenica 15 maggio Ore 11.15: Cattedrale, S. Messa e amministrazione della Cresima Ore 18: Parrocchia di San Giuseppe, S. Messa e Consacrazione a Maria SS Ore 21: Incontro a carattere vocazionale Lunedì 16 maggio Ore 15: Parrocchia San Sebastiano, incontro con Bambini di Prima Comunione Ore 21: Parrocchia San Sebastiano, incontro con i Genitori dei Bambini di Prima Comunione Martedì 17 maggio ore 15: Moie, incontro con i ragazzi della Cresima ore 18.30: Moie, incontro con genitori e padrini di Cresima Mercoledì 18 maggio ore 15: Moie, incontro con i ragazzi della Cresima Giovedì 19 maggio Ore 9.30: Incontro Clero Venerdì 20 maggio Ore 10: Partecipazione all’incontro al Centro Direzionale Esagono Ore 15: Incontro con i ragazzi di Cresima di Chiaravalle Ore 21.15: Santuario delle Grazie, affidamento a Maria Santissima Sabato 21 maggio Ore 9.30: Ritiro per un gruppo di consacrate nell’Ordo Virginum Ore 15: Sassoferrato, predicazione e S. Messa Domenica 22 maggio Ore 9.30: Monsano, S. Messa e amministrazione della Cresima Ore 11.30: Pianello V., S. Messa e amministrazione della Cresima Ore 15: Parrocchia San Massimiliano K. Festa della Famiglia Ore 18.30: Cattedrale, S. Messa in suffragio di P. Oscar Ore 21: Incontro a carattere vocazionale Giornata per le vocazioni Sabato 14 maggio alle 20 ci sarà a Loreto una veglia vocazionale e il mandato dei giovani alla Gmg. Il tema è “Date voi stessi da mangiare. Quanti pani avete? Andate a vedere”; tutta la notte veglia di adorazione e confessioni. Domenica 15 maggio alle 11 la celebrazione dell’Eucarestia in diretta su Rai Uno nella giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Settimanale di ispirazione cattolica fondato nel 1953 vita ecclesiale Parola di Dio 15 maggio 2011 7 15 maggio 2011 - quarta domenica di pasqua (anno a) Seguire Gesù in una relazione alimentata dalla parola Dal Vangelo secondo Giovanni (gv 10,1-10) In quel tempo Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti ad esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». Commento Il brano evangelico è collocato a conclusione della festa dei tabernacoli o delle capanne (Gv 7,2), nella quale Gesù intende rispondere ai capi religiosi per aver loro espulso dal tempio il cieco nato, guarito da Lui. Mi soffermo su due espressioni: Chi entra (greco: eis-èrkhomai) dalla porta (greco: thyra), è pastore delle pecore (greco: pròbaton); e: Il pastore cammina (greco: porèuomai) davanti ad esse. Chi entra dalla porta, è pastore delle pecore. Provo prima a tradurre la frase alla lettera e poi tento di spiegarla: L’entrante attraverso la porta è guardiano del bestiame minuto. La parola greca thyra indica la porta della casa e non della città, così la parola pròbaton indica il bestiame minuto, tra il quale c’è la pecora e la capra, perché sono animali molto comuni e molto più piccoli del bue, del cammello, del cavallo, ecc. Gesù parla quindi di un guardiano che conduce animali piccoli e innocui per l’uomo e si esprime in termini di piccolezza anche per ciò che riguarda l’entrata nel recinto: una porta di casa. Gesù gioca anche alla contrapposizione con i responsabili religiosi del popolo d’Israele che, nel loro atteggiamento duro e ostile, non danno prova di essere delle guide illuminate e buone. Il luogo nel quale essi entrano è il recinto delle pecore: un simbolo per indicare il luogo santo, il tempio di Gerusalemme. Gesù invece si fa pastore che entra per la porta, nuovo Pastore che si presenta al tempio per rivelarsi ai giudei durante la festa dei tabernacoli. L’unico modo per dimostrare di essere autentici pastori del gregge, il cui proprietario è solo Dio, è quello di entrare per la porta. Ora, l’errore grave dei Giudei è quello di respingere Gesù e di non passare attraverso la porta che è lui stesso, il luogo della presenza di Dio Padre. Occorre entrare in comunione con Lui, perché solo Lui può condurre il gregge (= popolo d’Israele) alla salvezza. Oggi siamo tentati di passare per tante porte aperte dal mondo, esse non conducono nell’ovile ove si è accolti da qualcuno, ma solo ci si trova in balìa di tanti interessi materiali e si è esclusi da un’accoglienza disinteressata e amorosa, come è quella di Gesù. Io a che punto mi trovo in questo cammino di comunione con Gesù che è la vera porta dell’ovile? Il pastore cammina davanti ad esse. Il pastore nella Palestina è colui che cammina avanti al gregge, è un punto di riferimento per tutto il gregge, mentre in occidente il pastore segue da dietro il proprio gregge. Il simbolismo, anche qui, è molto forte. L’identità di Gesù è farsi compagno di viaggio d’ogni persona umana, è colui che non indica la strada, ma è la via stessa che conduce all’esperienza dell’amore paterno di Dio. Il cieco graziato da Gesù è diventato un uomo nuovo e per questo è cacciato dal tempio e paga di persona la propria testimonianza di fede. Gesù, invece, lo accoglie tra i suoi e si fa sua guida spirituale nel cammino verso Dio. Gesù cammina davanti al gregge e le pecore lo seguono e riconoscono la sua voce, quindi è colui che mostra e si fa cammino. Nell’Antico Testamento Dio stesso precede nel cammino il suo popolo, ora è Gesù che cammina davanti ai suoi discepoli ed essi lo seguono. Essi, dopo la chiamata iniziale e l’appartenenza al Maestro, lo seguono con docilità e abbandonano per sempre i precedenti falsi maestri. Il segreto del seguire Gesù è nell’intimità della relazione personale, alimentata dalla sua parola, che il Signore instaura con chi gli è fedele. Conseguenza di questo discorso: coloro che nella comunità cristiana hanno il compito di rendere presente GesùPastore (vescovi, sacerdoti, padri e madri di famiglia, catechisti, ecc.) devono costantemente verificare se stessi ed essere riconosciuti dalla comunità sulla base della loro identificazione con Gesù Cristo. Ho mai pensato che Gesù si serve ora di me, nel ruolo che occupo, per indicare agli altri Lui-via? P. Silvio Capriotti ofm Dall’Istituto teologico marchigiano una rivista di ricerche religiose “Eucarestia come dono d’amore” È in distribuzione il nuovo volume di “Sacramentaria e scienze religiose”, la rivista semestrale pubblicata dall’Istituto teologico marchigiano e dagli Istituti superiori di scienze religiose di Ancona, Ascoli Piceno e Pesaro. Fondata nel 1991 la rivista nella sua prima serie s’intitolava “Quaderni di scienze religiose”; a partire dal numero 25 ha assunto la denominazione attuale, per evidenziare il ruolo di primo piano che s’intendeva dare alla sacramentaria, che è oggetto della specializzazione del biennio di licenza dell’ITM. La rivista, diretta da Giancarlo Galeazzi, si struttura in tre sezioni: la prima, dedicata alla Teologia sacramentaria, è curata da Mario Florio; la seconda incentrata sulle Scienze umane e religiose, è curata da Francesco Giacchetta; la terza, infine, è riservata alle recensioni e segnalazioni. Ogni fascicolo di oltre 200 pagine, documenta prevalentemente l’attività di studio e di insegnamento dei docenti degli Istituti che pubblicano la rivista. Così biblisti, storici, teologi, filosofi, eticisti, liturgisti, pedagogisti si alternano nelle varie rubriche in cui si articolano le tre sezioni. Nel nuovo fascicolo si dà particolare rilievo nella prima parte ad una tematica, quella dell’Eucaristia, in vista del prossimo Congresso eucaristico nazionale e vengono pubblicati al riguardo alcuni contributi presentati a convegni dedicati all’Eucaristia: così la coinvolgente meditazione sulla “Eucaristia come dono d’amore” del cardinale Angelo Comastri, la riflessione su “Eucaristia e condivisione” che il cardinale Angelo Scola ha tenuto ad un convegno a Fabriano e le interessanti relazioni lette alla Giornata filosofica del 2010 sull’Eucaristia. Fanno corona a questi contributi tematici alcuni apporti relativi all’esegesi degli Atti degli Apostoli, alla mistagogia, alla cristologia ad opera, rispettivamente, dei docenti Gino Fattorini, Giovanni Frausini e Paola Thellung. Non meno nutrita è la seconda parte che si apre con un saggio di Cataldo Piazza Federico II, 8 - 60035 Jesi An Telefono 0731.208145 Fax 0731.208145 [email protected] www.vocedellavallesina.it c/c postale 13334602 Direttore responsabile Beatrice Testadiferro • Proprietà Diocesi di Jesi • Registrazione Tribunale di Ancona n. 143 del 10.1.1953 • Composizione grafica Giampiero Barchiesi • Stampa Galeati Industrie Grafiche, Imola www.galeati.it • Spedizione in abbonamento postale • Abbonamento annuo 35 euro - di amicizia 50 euro - sostenitore 100 euro • Tutti i diritti riservati • Esce ogni mercoledì • Associato alla Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici) • Comitato di redazione: Vittorio Massaccesi, Giuseppe Quagliani, Antonio Quaranta, Antonio Lombardi Ai sensi dell’articolo 13 del D. Lgs 196/2003 (Codice privacy) si comunica che i dati dei destinatari del giornale sono contenuti in un archivio informatico idoneo a garantire la sicurezza e la riservatezza. Saranno utilizzati, salvo divieto espresso per iscritto dagli interessati, oltre che per il rispetto al rapporto di abbonamento, anche per proprie attività istituzionali e per conformarsi ad obblighi di legge. Zuccaro, rettore della Pontificia Università Urbaniana e assistente nazionale del Meic, su “identità e dialogo”; seguono contributi di docenti del Polo teologico di Ancona: Michele Carmine Minutiello e Giancarlo Galeazzi sul cielo, di Marco Strona su Cornelio Fabro, e ancora interventi e note di Paola Mancinelli, Gaetano Tortorella e Galeazzi. Nella terza parte, infine, vengono recensiti libri (Giacomo Ruggeri e Morena Baldacci), convegni (Gina Masi), riviste (Strona) e mostre (Andrea Fiamma). Dunque, un fascicolo che tocca una molteplicità di temi, ma che (come scrive mons. Edoardo Menichelli nell’editoriale) “privilegia il tema eucaristico, com’è giusto che sia dal momento che ci stiamo avvicinando al Congresso Eucaristico Nazionale”. Coloro che fossero interessati alla rivista, possono chiederne copia alla segreteria del Polo teologico marchigiano in via Monte Dago n. 87 di Ancona (tel. 071.891851 dalle 9 alle 12). G.T. 8 Voce della Vallesina pastorale 15 maggio 2011 Scisciano: la via crucis per le vie del paese POGGIO CUPRO: processione del venerdì santo Un appuntamento e una data da ricordare. Via crucis, il venerdì Santo a Scisciano. Merita veramente di andare, cattolici o non credenti, andiamo. Alcuni “malati” che si trovano in quel periodo nella casa di cura Villa Jolanda, permettono, con la loro rappresentazione di realizzare l’ultimo giorno da uomo di Gesù, nella storia della via Crucis: tutto questo si svolge all’aperto, per i vicoli del paese. Che cosa è importante? Andare, partecipare, restare in silenzio, aprire il cuore, mettersi in ascolto. Il resto viene da sé: meditazione, emozione, riflessione. In più, se si è fortunati di incontrare una bella giornata come lo è stata il 22 aprile di quest’anno, allora questa pia pratica è ancora più bella, sentita, partecipata. Ad ogni stazione provi un cambiamento interno che ti prende, ti coinvolge, questo non accade solo per gli attori, più o meno giovani, ma anche per i partecipanti. Alla quarta stazione, Gesù incontra sua Madre. Accanto a me una giovane con le lacrime che le scendevano dietro gli occhiali, rimanendo composta e sotto voce, con tutto il cuore e con quanto amore chiedeva aiuto alla Mamma celeste! Venerdì Santo, giorno di riflessione, di silenzio, giorno anche di tradizione. Ogni comunità parrocchiale ha vissuto questo momento a suo modo con celebrazioni e riti. Nella parrocchia di San Salvatore di Poggio Cupro il parroco don Maurizio Fileni ci racconta che in questo giorno di penitenza la chiesa è stata lasciata aperta a disposizione dei fedeli e delle persone che hanno voluto pregare. Qui è custodito un Cristo morto ligneo di grande rilievo dal punto di vista artistico: è oggetto di fede, ma anche una bella eredità ricevuta dai padri degli abitanti della piccola frazione. Le persone, per tutto il giorno, hanno transitato all’interno della chiesa e sostato davanti all’altare preparato dal giorno precedente. «La gente entra nella chiesa, sosta davanti al Cristo morto, alla Madonna Addolorata e poi compie un gesto che per le nuove generazioni forse non ha molta importanza, cioè toccano i piedi del Cristo morto, una forma di devozione che la Sovrintendenza non contempla ma che favorisco con molto piacere» afferma il parroco «perché le sculture sono state concepite innan- “L’ho fatto con il cuore” Alla dodicesima stazione: Gesù muore. Più si va avanti con la via Crucis, più la piccola fatica del camminare in salita ed il dolore spirituale per il dramma di Gesù ti aiutano a meditare. Tutto questo accade anche grazie ai protagonisti che rievocano i momenti della via dolorosa di Gesù. Per le due ultime stazioni si entra nella chiesa parrocchiale di San Rocco. Gesù è nel sepolcro e Gesù risorge. È con tanta gioia e felicità che insieme hanno gridato dolcemente: “Gesù è vivo!” Sono sicura che in tutti noi che abbiamo potuto partecipare a questa sacra rappresentazione sia scorso un brivido di emozione. È uscita La fede e la tradizione dai loro cuori la bella notizia che il Signore è vivo! Uno degli attori mi è passato vicino e l’ho ringraziato per l’impegno e per il suo lavoro e lui, stringendomi forte la mano, è stato felice per il mio apprezzamento, mi ha augurato buona Pasqua e mi ha detto: “L’ho fatto con il cuore”. Desidero ringraziare tutti gli educatori e i collaboratori per il lavoro fatto, grazie ai sacerdoti don Aldo Anderlucci e don Marco Cecconi e grazie ai semplici e grandi attori che lasciando parlare il cuore ci hanno ricordato con forza che Gesù è vivo. d.d. Foto Claudia Zampetti “San Massimiliano Kolbe” Ricordo di mio padre, Alberto Mario Ponzelli «Vi lascio solo l’onestà» Era un ragazzo del “99” che correva nel suo tempo sventolando la bandiera dell’onestà e dell’eguaglianza, cavaliere di Vittorio Veneto, lo chiamavano il “sergente di ferro” per il suo fisico robusto che incuteva un certo timore ma il suo cuore era quello di un bambino. Ricordo che con commozione mostrava a noi figli le foto degli aerei di guerra caduti a causa di una guerra feroce ed insensata dove persero la vita molti dei suoi giovani commilitoni ma nonostante tanto dolore, lui era speranzoso che un giorno si sarebbero formate delle nuove coscienze aperte alla fratellanza e all’amore. Il suo motto era quello: “di non fare agli altri ciò che non vuoi lo si facci a te”. Proveniva da una famiglia di artigiani, il padre detto “Landò” era uno dei più quotati ciabattini della città e per questo suo talento ricorrevano a lui anche i nobili della città, il credo di questo mio caro avo era la Patria, l’onestà e l’edera. Prima di lasciare questa vita le ultime parole di mio padre sono state queste: «Io non vi lascio in eredità monete sonanti ma ciò che vi ho dato e che voi ricorderete sempre è un tesoro che nessuno potrà mai distruggervi: l’onestà, virtù che non la si può cancellare ma soltanto imitare per formare una vera vita da uomini nuovi per un mondo migliore». Rosanna Ponzelli ricordo Admeto Belardinelli Venerdì 6 maggio, in Ancona, dove risiedeva, è deceduto all’età di 86 anni. Nato a Jesi nel 1924 e vissuto per tanti anni nella nostra città, si era distinto per il suo impegno nelle Acli, nella valorizzazione delle iniziative connesse con la chiesa dell’Adorazione, nell’impegno politico e nelle opere dell’Azione Cattolica. Geometra, la professione lo aveva portato in vari centri fino a stabilizzarsi da tanti decenni in Ancona, ma ha sempre desiderato rimanere in contatto con gli amici di un tempo attraverso il Ferrini e attraverso l’abbonamento al nostro settimanale. La direzione di Voce e i tanti jesini che lo hanno conosciuto e stimato in vita per la sua operosità e partecipazione alla vita privata e pubblica esprimono il più vivo cordoglio alla moglie Flora, ai figli Anna e Andrea, al fratello Mario, musicista al “Massimo” di Palermo, alla nuora Francesca, al genero Reza, ai cari nipoti Giacomo e Giovanni. Una messa di suffragio sarà celebrata sabato 14 alle ore 18,30 presso la chiesa di San Giovanni Battista (San Filippo). zitutto quali oggetti di culto della nostra fede». Il Cristo morto all’imbrunire “tra lume e scuro” è stato portato per le vie precedentemente preparate dalla gente del posto con fiaccole per illuminare i due chilometri di percorrenza della processione. Un’ora e mezzo di cammino, di silenzio e di commozione. La processione è stata preceduta dall’Ostensione della Croce: una croce coperta da un telo viola che è stata poi mostrata e concessa alla pietà popolare perché potesse essere toccata e baciata. Come ormai è tradizione, anche quest’anno ha preso parte al corteo il cireneo: di questo fedele nessuno, oltre al sagrestano, conosce 14 agosto 1941 – 14 agosto 2011 decima parte Padre Massimiliano Kolbe era un frate francescano e in lui sono costantemente presenti la volontà e lo sforzo di confrontarsi con la testimonianza di san Francesco e di vivere con radicalità la spiritualità francescana. Nell’anno 1917 papa Benedetto XV pubblicò il nuovo Codice di Diritto Canonico. Tutti i vari Ordini Religiosi hanno riveduto le proprie Costituzioni “per la revisione e l’adattamento” allo spirito e alla lettera del nuovo Codice. Padre Massimiliano Kolbe è profondamente consapevole dell’importanza di una tale opera. Scrive, infatti, in una lettera al fratello, il 12 dicembre 1923: «Sono anch’io del parere che il problema di adeguare le Costituzioni al Codice e al nostro tempo è una cosa importantissima, perché se saranno “fatte bene”, regoleranno il resto». Aderisce con entusiasmo e diventa l’anima del Circolo dei Religiosi, istituito all’interno della sua Provincia, allo scopo di preparare un documento con cui contribuire al lavoro delle nuove Costituzioni. Nell’opera di revisione delle Costituzioni suggerisce che sia messa particolare attenzione al problema della “povertà”, che egli vuole sia riaffermato con chiarezza dalla nuova legislazione dell’Ordine. Si mostra disponibile alle proposte dei Superiori per una maggiore attenzione ai valori della vita francescana. Una volta pubblicate le Costituzioni, padre Massimiliano Kolbe le medita personalmente (come durante gli Esercizi Spirituali del 1937) e, come Guardiano di Niepokalanov, le spiega ai frati. Durante il viaggio di ritorno dal Giappone alla Polonia, nell’aprile del 1933, per partecipare al Capitolo Provinciale, scrive: «Ho riflettuto sul fine del nostro Ordine. Dalla Regola (e dalle Costituzioni) risulta che il fine è: la preghiera, la mortificazione, la predicazione (percorrendo le varie località e, per chi lo vuole, recandosi nelle nazioni degli infedeli, vale a dire le missioni estere)… E la nostra caratteristica specifica è la “povertà”, cioè non possedere nulla». Ma in questo scritto sulla nave che lo riportava in patria, c’è una considerazione molto importante sulla povertà. «Povertà - si chiede padre Massimiliano Kolbe - significa forse: non servirsi di alcun mezzo? E il problema del denaro? Sicuramente il nostro padre san Francesco, non aveva affatto intenzione di correggere Gesù, ma piuttosto di imitarlo nella maniera più perfetta possibile. Ebbene, Gesù accettava offerte… e gli apostoli acquistavano il cibo e pagavano le tasse. Che fare nel nostro tempo? Che cosa comanderebbe oggi il Padre san Francesco? Proibirebbe forse l’uso del denaro e, conseguentemente, dei mezzi più moderni? O forse utilizzerebbe qualsiasi mezzo: la posta, la stampa, la radio e altri ancora? Oppure si potrebbe rinunciare al denaro e a servirsi di qualsiasi mezzo per proclamare la parola di Dio? Non lo so. Maria Immacolata, qual è la cosa migliore? Tu ti sei servita del denaro? Sembra di sì, dato che Gesù stesso se n’è servito. Non permettere che noi ce ne serviamo male, ma come hai fatto tu. Tu te ne sei servita a vantaggio di Gesù e noi a vantaggio tuo e, attraverso di Te, a vantaggio di Gesù…». È interessante che padre Massimiliano Kolbe non pensa ad una imitazione pedissequa del comportamento esteriore di san Francesco, ma a coglierne lo spirito; anzi a svilupparlo e perfezionarlo: «Non è effetto di umiltà, ad esempio, pregare il Padre san Francesco affinché ci ottenga una “parte” del suo amore verso Dio, oppure un amore uguale al suo, ma il nostro Padre san Francesco sarà perfettamente contento solo quando, per sua intercessione, chiederemo a Dio un amore più grande del suo, anzi un amore infinitamente più grande. Ed egli vuole “evolvere” il suo spirito nei suoi figli e non stabilire la sua santità come termine, come limite della nostra perfezione. Il germe da lui posto nell’Ordine deve evolversi “senza alcun limite”». A cura di don Gianfranco Rossetti l’identità. è spesso un giovane padre di famiglia che sente il bisogno di chiedere una Grazia o vuole ringraziare il Signore per i doni elargiti. Ha percorso a piedi scalzi tutto il tragitto con la croce sulle spalle e portando sul piede destro una catena il cui rumore caratteristico accompagna da secoli la processione del Venerdì Santo. Quest’anno, oltre al cireneo, hanno preso parte dei volontari fedeli che hanno voluto arricchire il gesto vestendo i panni dei soldati e della gente del popolo ed i bambini hanno portato i simboli della passione di Gesù come la lancia, i dadi, la scala, l’orecchio, la mano, la colonna, la fune. Mentre in molte comunità parrocchiali queste tradizioni si sono perse, qui il parroco partecipa e le sostiene perché accoglie volentieri ciò che i suoi predecessori gli hanno tramandato con la convinzione che il popolo sia un popolo molto semplice “che non frequenta regolarmente i Sacramenti ed è spesso polemico con la gerarchia ecclesiastica. Partecipa però molto volentieri a queste tradizioni a cui è molto attaccato. Queste sono espressioni del popolo e toglierle non è saggio. Moltissime le persone che hanno partecipato all’atto di devozione e moltissime quelle che si sono adoperate ad organizzarlo. La passione del Signore si può meditare nel silenzio e nella lettura del testo scritto della Parola di Dio, ma si può meditare anche partecipando a questi semplici gesti.” Giovanna Ortolani Anniversario 1924 – 1981 Alberto Mario Berti Nel trentennale del suo passaggio da questo mondo al Padre, domenica 15 maggio alle ore 11,30 nella chiesa parrocchiale di s. Giovanni Battista sarà celebrata una santa Messa in memoria e suffragio. Quanti lo hanno conosciuto e stimato, anche per il suo impegno fra gli Scout e l’Archeoclub, sono particolarmente invitati a partecipare. Voce della Vallesina in diocesi 15 maggio 2011 9 Chiesa di san Giuseppe: catechesi di Padre Sergio Cognini alla “Milizia” Strada maestra per la santità Con lo spirito è del profeta che parla in nome di Dio e con il gesto energico e deciso del generale che incita i soldati alla battaglia contro le potenze di questo mondo di tenebre, il padre francescano Sergio Cognini, assistente regionale della “Milizia dell’Immacolata”, ha offerto il 6 maggio, nella chiesa di san Giuseppe, una forte testimonianza di fede e di impegno missionario ai soci di Jesi e a quanti si consacreranno all’Immacolata il 15 maggio. “La Milizia”, diffusa in tutto il mondo, come è noto, fu fondata nel 1917 dal padre francescano Massimiliano Kolbe, proclamato Santo per aver suggellato la sua fede con il martirio, ad Auschwitz, donando la vita per salvare un padre di famiglia. Ripercorrendo a grandi linee, con realismo e alla luce della fede, l’iter della umanità dal Medioevo ad oggi, padre Sergio si è soffermato sul «mutamento epocale della fine del Medioevo quando la società italiana, che si avviava al Rinascimento, stava cambiando..…ma senza Dio: crescente cristianizzazione, chiese vuote, riti senza contenuto… Dio manda allora san Francesco e san Domenico» Ma senza dubbio «più radicali sono i cambiamenti del nostro tempo: dal crollo dell’Urss alla crisi economica, etica e politica mondiale che minaccia anche gli Usa e l’Europa… Che fare? Vivere di nostalgia, senza radici e senza valori, in una società scristianizzata? o prendere sul serio quanto ci dice Maria per mettere le basi della vita cristiana del terzo millennio?…». Consacrarsi: perché? Un invito luminoso viene dal Beato Giovanni Paolo II, che nel 1984 scriveva: “Il significato della consacrazione a Maria non è un effimero gesto devozionale, ma è l’accoglienza della Madre alla quale Cristo ci ha affidati”. Padre Sergio dichiara: «Giovanni Paolo II è un testimone, un milite consacrato alla Madonna e spesso andava in chiesa a pregare in ginocchio davanti alla statua della Vergine Immacolata “strada maestra per la santità”. San Massimiliano prega e riscopre la missione di Maria: sconfiggere il male del mondo e portare il bene, la luce. L’antico serpente nulla può contro di Lei che è l’Immacolata Concezione». Il cristiano che appartiene a Maria non vive più per se stesso, ma porta Cristo in ogni ambiente, dove Dio lo chiama, anche attraverso la sofferenza, la croce: «Il “milite” canta e vive il Magnificat perché il Signore “fa grandi cose sempre…”; dobbiamo offrirci come Maria, non piangere ma dire il nostro Eccomi con gioia e fiducia, per amore dei fratelli. Il Signore ci chiede generosità infinita e con Maria tutto è possibile». Affidarsi a Maria significa anzitutto riscoprire il Battesimo e affidarlo a Lei perché ci aiuti a viverlo conformando il cuore al progetto di Dio. Il padre Cognini ha poi illustrato le diverse forme di partecipazione alla “Milizia” precisando che un milite consacrato può Parrocchia San Pietro Martire: La messa di Prima Comunione Ogni giorno in viaggio con il Risorto Domenica 8 maggio, festa grandissima nella parrocchia di san Pietro Martire: 27 bambini: Viola Agostinelli, Alessia Anconetani, Federica Barchiesi, Riccardo Barchiesi, Ludovica Beldomenico, Emanuele Buonocore, Edoardo Campanelli, Elena Celli, Alessandro Cerioni, Michele Cocola, Andrea Corinaldesi, Elena Corinaldesi, Francesca Cutropia, Enei Alessandro Fioretti Andre’e, Giulia Goro, Nicole Grassi, Edoardo Maffia, Matteo Pandolfi, Jack Perez Gomez, Giacomo Perni, Serena Pigliapoco, Sofia Ponzelli, Lorenzo Rossi, Giovanna Santarelli, Alessandro Sgreccia e Giovanni Simonetti hanno ricevuto la Prima Comunione, preparati con affetto e dedizione da Antonietta ed Elisabetta. Il parroco ha illustrato il significato della celebrazione riflettendo sul vangelo della Domenica che riporta l’esperienza dei due discepoli di Emmaus: cioè la storia di una viaggio in andata e ritorno: da Gerusalemme ad Emmaus. L’andata è caratterizzata dal volto triste, il muso lungo e il cuore sconvolto: l’amato Maestro era morto. Il misterioso personaggio, che li affianca nel viaggio, con le sue parole incendia il loro cuore. All’invito di fermarsi, l’ospite misterioso acconsente e si fa riconoscere nell’atto dello spezzare il pane, come un buon padre di famiglia e poi… scompare dai loro occhi. A quel punto si aprono gli occhi della fede per un viaggio di ritorno a Gerusalemme con il cuore gonfio di immensa gioia, per portare ai fratelli il lieto annunzio della risurrezione del Maestro. Anche i bambini possono fare questo viaggio di ritorno nella vita di ogni giorno, nella scuola, nella famiglia con la certezza di avere con sé il Risorto ricevuto nell’Eucaristia: il parroco invita tutti i bambini, i loro genitori e l’intera assemblea ad essere capaci di farsi riconoscere, dall’odierna società, nello spezzare il pane, come facevano i primi cristiani della comunità dei discepoli. Vuol essere un augurio che rivolgiamo anche a tutti i lettori di “Voce della Vallesina”. La comunità parrocchiale di san Pietro Martire Foto Ubaldi aderire senza assumere impegni specifici e può continuare il suo cammino lì dove si trova, in parrocchia o altrove… Chi lo desidera, può incontrarsi ogni settimana con il gruppo della Milizia per pregare e vivere insieme la missionarietà. Ci sono nell’associazione alcune persone che si impegnano totalmente, a tempo pieno, come ha fatto la presidente Anna Susat dopo il pensionamento. Ma al di là delle diverse forme di adesione, quel che conta é vivere, in unità d’intenti, la vocazione cristiana: «Tutti i militi cristiani, dovunque si trovino, sono chiamati a dare la vita offrendo se stessi per la conversione dei peccatori e la santificazione di tutti, per estendere con l’Immacolata corredentrice, il Regno di Dio all’umanità intera». L’auspicio: che in ogni parrocchia si formi un gruppo della Milizia. “Sia questa una scelta di radicalità evangelica per la Chiesa di Jesi”. Maria Crisafulli La consacrazione all’Immacolata è l’essenza della Milizia Immacolata. Che cosa significa consacrarsi a Maria? Vuol dire accogliere il dono di Gesù morente, cioè la sua Madre come nostra Madre, e comportarsi come San Giovanni che accolse Maria nella sua casa, e cioè nella sua esistenza, per vivere con Lei La Cresima nella Parrocchia “Regina della Pace” Con il sigillo dello Spirito Santo Ben ventotto ragazzi e ragazze, domenica 10 aprile, hanno ricevuto la S. Cresima dalle mani del Vescovo mons. Gerardo Rocconi, concludendo così il cammino preparatorio che li aveva visti partecipi con i catechisti Silvia Cortucci, Romina Giacconi e Andrea Polzonetti, i genitori e i sacerdoti, in particolare il vice parroco don Claudio Procicchiani. Segnati ora con il sigillo dello Spirito Santo, questi ragazzi dovranno impegnarsi per rafforzare la loro fede e la te- stimonianza di vita cristiana, entrando, come si spera, a far parte del gruppo dei giovanissimi. La Comunità parrocchiale si impegna a seguirli con la preghiera in questo itinerario di approfondimento e maturazione nella fede. Ecco ora i nomi dei partecipanti alla tradizionale foto-ricordo insieme al Vescovo Gerardo ed ai ministranti: I cresimati: Carolina Bianchelli, Gabriele Borgiani, Nicola Bozzi, Nicola Carbonari, Marco Cardinali, Martina Ciattaglia, Alessandro Ciuffolotti, Giovanni Cicerchia, Andrea Donninelli, Greta Latini, Lorenzo Lattanti, Eleonora Mancinelli, Federico Mancinelli, Giulia Mancini, Arianna Mazzarini, Matteo Mengoni, Laura Messersì, Elisa Ortolani, Aurora Paolucci, Vincenzo Patti, Francesco Peri, Alessandro Romagnoli, Francesco Sabbatini, Giovanni Silvestri, Francesco Sorana, Beatrice Stronati, Eleonora Taruchi e Lorenzo Zoppi. I catechisti: Silvia Cortucci, Romina Giacconi e Andrea Polzonetti. Il diacono Alberto Massaccesi. Il vice parroco: don Claudio Procicchiani. Il parroco: don Emilio Campodonico. Foto Binci Spirito Santo, che sei Signore, cosa hai inteso fare di noi? Abbiamo bisogno di “Consiglio”. Tu ci hai chiamato a compiere ciò che edifica, non ciò che gratifica. Guidaci, Luce divina! Vieni, Santo Spirito, donaci il consiglio per non confondere la via giusta con la via facile. Monsano, paese dell’anima, inaugura le edicole nel viale del Parco volute da don Savino Capogrossi La Madonna itinerante e le figurette del Rosario San Massimiliano M. Kolbe, già internato nel famigerato carcere di Varsavia, il Pawink, scriveva parole di gioia sull’antica tradizione del mese mariano, che per lui era più forte e importante dei travagli della prigionia. Recentemente, in Monsano, paese dell’anima per antonomasia, con inizio dalla festa patronale di San Gregorio, due copie dell’immagine venerata presso il Santuario di Santa Maria fuori Monsano hanno compiuto un itinerario durato 40 giorni, in sosta giornaliera presso 80 famiglie monsanesi ove si recitava il Rosario. Oggi, la comunità monsanese, per confermare la sua vocazione di paese dell’anima, vive con rinnovato entusiasmo maggio, mese (insieme a ottobre) tradizionalmente dedicato alla Madre di Dio. Il mese mariano si celebra nelle cinque zone in cui è stato suddiviso il territorio: ogni sera, alle ore 21 si recita il Rosario per chiedere alla Madonna la pace per ognuno di noi, le nostre famiglie e il mondo. Le zone sono: Montesangiacomo – abitazione Livio Gigli; Aroli – Chiesa degli Aroli; Selva Torta – casa Senesi e Donninelli; Sant’Ubaldo – Casa Fernando Cotechini ; Via Santa Maria – Condominio Ottavio Secconi. Sabato 28 maggio si celebrerà il pellegrinaggio dalle cinque suddette zone al Santuario di Santa Maria fuori Monsano che culminerà, alle 18,15, con l’inaugurazione delle “figurette” del Rosario della Redenzione, nel viale del parco attiguo, fortemente volute da don Savino Capogrossi per celebrare il suo 50° di ordinazione sacerdotale. Da queste pagine (cfr. 14 dicembre 2010, pag. 9) abbiamo già diffuso la notizia della pubblicazione, pro manoscritto a uso interno della comunità parrocchiale, del libretto relativo ai cosiddetti cinque “misteri della Redenzione”. Alle 19, la Messa vespertina, unica celebrata in Monsano in quel giorno, concluderà le celebrazioni del mese mariano monsanese e della posa in opera delle figurette del Rosario che, insieme alle stazioni della Via Crucis, già presenti dall’11 aprile 2010, alimentano la devozione popolare monsanese e ne sono prova tangibile. Rimane viva, perciò, la fiduciosa speranza che il Santuario mariano rimanga il luogo «in cui ci sarà gran devozione», dove Maria potrà continuare a donare «molti miracoli», come Ella aveva promesso nelle apparizioni del 1471. Oreste Mendolìa Gallino 10 Voce della Vallesina pastorale 15 maggio 2011 Rosora: il 15 maggio sarà inaugurato l’organo di San Michele Un piccolo centro, un grande organo Un celebre ed innovativo organaro, Nicola Morettini (1836-1924), della famiglia omonima dedita all’arte organaria di Perugia, costruì l’Organo “meccanico” della Chiesa di S. Michele di Rosora nel 1893 su commissione del Pievano don Giuseppe Bruciaferri. Fu inaugurato, nello stesso anno, dal card. Cosimo Corsi, Vescovo di Jesi. Dopo un lungo ed appassionato lavoro di restauro dell’organaro e maestro d’ organo, Riccardo Sabbatini di Pesaro, domenica 15 maggio, alle ore 17 sarà inaugurato dal concerto del m.o Mario Ciferri di Fermo, cattedra di Organo e canto gregoriano al Conservatorio statale di Musica “N. Rota” di Monopoli (BA). L’Organo è ritenuto un gioiello per la dolcezza dei suoni, adatto a concerti e con l’accompagnamento di canti liturgici. La popolazione di Rosora ha sovvenzionato il restauro di questo bene culturale insieme al contributo del Comune di Rosora e del Fondo CEI (Conf. Episcopale Italiana). Caratteristiche Organo di Rosora 720 canne, tastiera 56 tasti (Do1-Sol5) con prima otta- va cromatica, pedaliera 24 pedali, 20 registri compresi “Registri da concerto” e le famose Ance proprie del Morettini. Firmato nella Tastiera e sotto la bocca a mitria arrotondata della canna più grande (alta m.2,30 e 11,7 cm diam) della facciata con l’incisione “MORETTINI PERUSINI MDCCCXCIII”. Un nuovo libro della giornalista jesina Lucia Romiti Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura” È firmato dalla giornalista jesina Lucia Romiti il libro in formato tascabile dedicato a Giovanni Paolo II ed edito dalla casa editrice piacentina Berti in coedizione con il settimanale della diocesi di Piacenza, Il Nuovo Giornale. La pubblicazione è scritta con uno stile agile, semplice e sintetico, e arricchita da foto storiche e illustrazioni di Renato Vermi che dipingono alcuni eventi salienti della vita di Papa Wojtyla, come quello dell’attentato, in piazza San Pietro, il 13 maggio 1981, o l’apertura ecumenica del Giubileo in San Paolo Fuori Le Mura, il 18 gennaio 2000. Nel libro, di 64 pagine illustrate, viene ripercorsa l’esistenza terrena di Papa Wojtyla, delineandone il grande carisma di comunicatore, la grandezza umana e spirituale, la lotta al comunismo e la promozione della vita e della pace. Con rapide pennellate, l’autrice ripercorre l’infanzia e la giovinezza del futuro Giovanni Paolo II, la nascita della vocazione, durante la guerra, i primi anni di sacerdozio. Fino al giorno dell’elezione, a quell’appello accorato lanciato dal balcone della loggia di San Pietro: “Non abbiate paura, aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”. La pubblicazione è arricchita da una prefazione scritta da mons. Piero Marini, che fu cerimoniere di Papa Wojtyla, e che dona ai lettore il suo ricordo personale del Pontefice. Giovanni Paolo II, “Non abbiate paura”, usci- San Marcello: il 13 maggio con Lucarini Serata benefica per il Cav Il C.A.V. Jesi invita a partecipare all’iniziativa del 13 maggio alle ore 21 presso il teatro di San Marcello. L’autore, attore e regista Antonio Lucarini presenta “Cabaret della Vita”. La serata si svolge grazie al sostegno dell’Amministrazione Comunale sensibile alle tematiche della vita e del vice sindaco Mario Ceccarelli con deleghe per la cultura. Si esibiranno gli artisti Antonio Lucarini e la cantautrice Barbara Vagnini con la sua band, selezionata come giovane cantante in diverse manifestazioni nazionali. Il punto vendita “Sapore di Mare” di Jesi in via Bordoni è sponsor unico dell’iniziativa che ha l’obiettivo di sensibilizzare a favore del centro di Aiuto alla Vita di Jesi. to in occasione della beatificazione del Papa polacco è il primo della collana editoriale “I santi in tasca”, che vedrà l’uscita nei prossimi mesi di circa dodici biografie. Tra i protagonisti, Madre Teresa di Calcutta e i coniugi Beltrame Quattrocchi, grande esempio di sposi cristiani. La lotteria del Palio di San Floriano Sul sito tutti i numeri L’associazione Ente Palio San Floriano comunica che la lotteria del Palio si è conclusa l’8 maggio con l’estrazione dei premi nella sede di via Andrea da Jesi. Il primo premio, un computer portatile, è andato al biglietto 440, serie F; il secondo premio, un televisore, è andato al biglietto n. 952, serie F. L’elenco completo dei 42 biglietti estratti si può consultare nel sito internet www.paliosanfloriano.it nella pagina L’Araldo del Palio. I premi si possono ritirare entro il 31 maggio presso la sede dell’associazione in piazza Baccio Pontelli il martedì e il giovedì dalle 18,30 alle 20 o telefonando al 338 7508624. Il ricavato della lotteria del Palio sarà devoluto al Telefono Azzurro di Jesi. Delegazione ASSONAUTICA Autoscuole Corinaldesi s.r.l. Point AUTOMOBIL CLUB d’ITALIA Autoscuole – Scuola Nautica – Corsi di recupero punti per patenti – Corsi di Formazione Professionale CQC – per merci pericolose A.D.R. – per Autotrasportatori – Studi di consulenza Automobilistica e nautica Jesi, Via Mura Occidentali, 31 - tel. 0731 209147 c.a. - fax. 0731 212487 - Jesi, Via Gallodoro, 65 - tel. 0731 200809 - fax 0731 201914 Jesi, Via Gallodoro, 65 - tel. 0731 200809 - sede Consorzio Autoscuole Corinaldesi. - Jesi, Via Marx, Zipa - operazioni collaudi Senigallia, via R. Sanzio, 71 - tel. 07160062 Altre sedi: Falconara M.ma (Corinaldesi - Adriatica - Falconarese) - Ostra - Marina di Montemarciano - Marzocca di Senigallia Voce della Vallesina vallesina 15 maggio 2011 11 Corale Brunella Maggiori: al santuario delle Grazie, il concerto del 21 maggio per l’Ail Canti tradizionali e spiritual: musica e solidarietà Dedizione, speranza e amore verso il prossimo animano da ormai vent’anni il tradizionale appuntamento, “Serata per l’AIL”, organiz- zato dalla Corale Brunella Maggiori di Jesi. È in questa occasione che la corale jesina decide di dedicare la serata alla ricerca contro le leucemie e a tutti coloro che ne sono purtroppo colpiti. Dopo il grande successo di pubblico dell’anno scorso al Teatro Pergolesi di Jesi, in cui abbiamo potuto sentire le pure ed armoniche voci del Coro dei Crodaioli diretti dal M° Bepi de Marzi, quest’anno ospite della serata sarà la Corale polifonica Gran Sasso dell’Aquila diretta dal M° Carlo Mantini. È uno dei cori più antichi d’Abruzzo, fondato nel 1951 da Paolo Mantini, vanta molte esibizioni in Italia e all’estero e numerose partecipazioni ad importanti spettacoli e rassegne nazionali radiofoniche e televisive. È interprete di canti della tradizione abruzzese, brani sinfonico-corali e spirituals. C’è da aggiungere poi, che in questa ricorrenza non è mai venuta a mancare la generosità della gente, che partecipando all’evento, si è sempre dimostrata preziosa donando una speranza in più a tutti coloro che credono che, per aiutare gli altri, l’unione e l’amore verso il prossimo siano l’arma vincente. Così la voglia di andare avanti per raggiungere buoni risultati e il desiderio di organizzare una bella serata musicale tra amici, darà vita ad un nuovo appuntamento per l’A.I.L Sabato 21 maggio alle ore 21.15 presso il Santuario delle Grazie di Jesi. In questa sede si ripresenterà l’occasione per ascoltare un repertorio pieno di ogni sonorità capace di toccare tutti i cuori, dagli amanti del moderno agli appassionati delle antiche storie. La serata si aprirà con l’esibizione della corale jesina che proporrà un repertorio ricco di canti popolari, ma che saprà anche riprodurre le polifoniche melodie dei Queen. A seguire la corale abruzzese allieterà e stupirà il pubblico eseguendo canti della sua tradizione. Sarà certamente interessante confrontarsi con le tradizioni della nostra penisola che le corali ci presenteranno, come fiabe di un tempo lontano che guidano, ancora oggi, i nostri passi del vive- re quotidiano. Non resta che augurarci che la cittadinanza intervenga numerosa e che sappia, come ogni anno, dare prova del suo altruismo, donando un piccolo contributo che sarà devoluto alle realtà abruzzesi colpite dal terremoto del 2009, ed alla sezione A.I.L dell’Aquila. Maiolati e Moie: due celebrazioni per la festa della Liberazione A Monsano, un monumento per celebrare il XXV Aprile Festa della liberazione per le vie di Moie, come da tradizione. Un lungo corteo aperto dalla banda musicale l’Esina, verso piazza S. Maria. L’omaggio ai caduti - i partigiani Augusto Chiorri e Libero Leonardi-, con la deposizione di due corone d’alloro, il suggestivo brano “Signore delle cime” cantato dalla corale David Brunori. Poi gli interventi del sindaco Giancarlo Carbini, del sindaco dei ragazzi Giuseppe Devanna e dei consiglieri Silvia Carbini e Filippo Marinelli, degli alunni dell’Istituto Comprensivo “C.Urbani”, accompagnati dal dirigente Nicola Brunetti e dalle insegnanti, del rappresentante dell’Anpi Marco Bini. «È un dovere della nostra generazione trasmettere ai ragazzi e ai giovani il senso degli avvenimenti che oggi celebriamo – ha sottolineato il sindaco Carbini- e mantenere viva la memoria storica, perché i popoli che non hanno memoria del loro passato non riescono a costruire il loro futuro.» Sottolineando queste parole di Carlo Azeglio Ciampi, e ricordando la figura di Sandro Pertini, un combattente instancabile della Resistenza, ha evidenziato quanto siano importanti la conoscenza e la comprensione dei grandi avvenimenti del secolo scorso e l’opportunità di indicare ai giovani figure significative di riferimento, modelli che possano indicare quei valori di pace, libertà e giustizia che sono il fondamento della nostra Costituzione. «Da 66 anni ricordiamo tutti coloro che hanno esposto la loro vita per la patria.- ha affermato il sindaco dei ragazzi Devanna, rivolgendo un pensiero anche alle vittime del terremoto del Giappone. I consiglieri dei ragazzi Silvia Carbini e Filippo Marinelli hanno ripercorso le principali tappe storiche del periodo che ha portato alla liberazione dell’Italia dal regime fascista, riflettendo sulle vicende e sui valori dell’unità nazionale: «Ogni 25 aprile, festa di tutti gli italiani, celebriamo la dignità e l’iden- “La libertà non è star sopra un albero/non è neanche il volo di un moscone/la libertà non è uno spazio libero/libertà è partecipazione”. La targa è incisa ai piedi del monumento; oggi, Pasquetta e Lunedì dell’Angelo – che quest’anno “sovrappone” la festività del XXV Aprile –, Monsano lo inaugura nella via omonima. LXVI anniversario della Liberazione: le parole di Giorgio Gaber sono più che azzeccate; un plauso all’architetto Giulietti, che le ha riesumate dal repertorio musicale del cantautore milanese, a corollario del progetto di cui è autore. «Quando parliamo di monumento», dice Giulietti, «intendiamo un elemento nella città ma anche nel territorio, che riassume, con la sua presenza, la commemorazione di un evento e la testimonianza di una memoria che ha bisogno di essere ricordata dalla collettività. Il XXV aprile è di per sé una giornata monumentale, poiché la commemorazione della Liberazione traccia un solco profondo nel ricordo popolare, una linea retta che non potrà mai essere raggirata. Per questo l’opera pone il suo accento sul Tricolore, punto di arrivo di un percorso, realizzato con l’intento di enfatizzare la concretezza e la durevolezza della pietra colorata. Innanzi a questo, una figura di persone, da cui si distacca quella di un bambino, come se da quelle nascesse nel suo contorno, alza braccia e speranze al cielo, a gridare “Libertà!” e a raccontare di una coscienza sociale propria di ogni cultura civile». Intervengono alla manifestazione le autorità religiose e civili; ospite illustre il partigiano Giuseppe Cingolani, il quale non si lascia scappare l’occasione d’invitare i giovani a un’attenta riflessione sulla libertà: valore universale ed eterno cui la Resistenza si è ispirata per ribellarsi all’ideologia nazifascista. I giovani: terreno fertile e prezioso sul quale investire per il futuro. In un tempo di precarietà sotto tutti i fronti, come questo, l’invito Dobbiamo essere costruttori di giustizia L’inaugurazione a Pasquetta tità del nostro popolo. Dobbiamo essere tutti costruttori di libertà, pace, giustizia.» Un saluto commosso ai partigiani Libero Leonardi, Augusto Chiorri, Giannino Pastori è stato rivolto da Marco Bini dell’Anpi, che ha letto un denso messaggio di don Luigi Ciotti:«La carta nata dalla Resistenza ci chiede di continuare a resistere, perché la libertà sia sempre un sogno realizzato per tutti, perché non esistano privilegi per pochi. La politica deve conoscere i suoi contenuti etici e deve essere volta al bene comune.» Il sindaco Carbini ha comunicato l’apertura di una sezione Anpi della Media Vallesina, di cui Bini è presidente, intitolata ad Augusto Chiorri e Libero Leonardi e l’opportunità di iscriversi. Gli alunni dell’Istituto Comprensivo “C.Urbani” hanno letto brani sulla Resistenza e colorato di poesia e sentimenti la ricorrenza: “I bambini giocano alla guerra. È raro che giochino alla pace perché gli adulti da sempre fanno la guerra, tu fai “pum” e ridi; il soldato spara e un altro uomo non ride più. E’ la guerra. C’è un altro gioco da inventare: far sorridere il mondo, non farlo piangere.. Canta la pace: il sogno più bello del mondo... L’aria della pace è una farfalla che riposa sopra un fiore...” L’inno di Mameli suonato dalla banda e cantato da tutti i partecipanti ha chiuso la manifestazione. Tiziana Tobaldi va colto, approfondito e tutelato sia dalla rituale perniciosa retorica sia dalla tentazione di fare politica dove non è il caso. La festa è di tutti e spiace veramente che proprio alla vigilia di quest’inaugurazione un consigliere comunale abbia pubblicamente affermato che «questo monumento non sarà capito da tutti». In effetti, egli ha ragione: neppure 200 persone che partecipano alla celebrazione non sono certo tutte quelle che hanno sostenuto l’attuale maggioranza civica, in un paese di oltre 3 500 abitanti… Allora, qual è la lezione da imparare? Oltre a rinunciare all’astio, mai sopito, all’ideologia, alla demagogia appunto, tentare di capire che la libertà non ha un colore e neppure l’aria che possiamo respirare senza dover chiedere il permesso ad alcuno… Oreste Mendolìa Gallino Festa della Liberazione con “La Macina” nelle canzoni popolari e nelle speranze degli italiani Centocinquanta anni dell’Unità d’Italia Il 25 Aprile presso il Teatro “Valeria Moriconi” di Jesi si è svolto lo spettacolo popolare dal titolo “1861-2011: Un paese mancato?”. Diviso in cinque parti, diretto e narrato dal cantastorie Gastone Petrucci del gruppo la Macina; Milena Gregori ha preso parte come voce recitante delle speranze italiane, citando storie e difficoltà di ogni epoca, dalla seconda metà dell’ottocento agli anni novanta, fino agli interrogativi di oggi. La forza dei briganti di fine ottocento, i fatti di Gorizia, la guerra del ’15-’18… Ciò che descrive al meglio il temperamento italiano, è, e lo sappiamo, il periodo fascista. Il caos del terrorismo, che ha solo anticipato il ma- rasma attuale, ha sempre messo fuori gioco chiunque aveva l’audacia di affrontarlo come Giovanni Falcone a cui la Macina ha dedicato un brano. Il nostro paese, ora, fermo e narcotizzato, sta cancellando la propria storia. Poi, dopo l’evento immigrazione, l’orizzonte sociale si è appannato completamente. Chi pensa di cambiarlo? Sembra forte l’omologazione delle culture secondo Pier Paolo Pasolini. Gli Italiani hanno provato a rinascere, nel ’43 con la Resistenza; quale roccia può rappresentare una dignità di riscatto? Perfino popoli a noi lontani ed indigeni ne hanno conservato una loro. Gastone canta in forma narrativa la Vallesina, l’Italia, l’espatrio verso le due Americhe dove abbiamo lasciato molta della nostra creatività. La fisarmonica ed il mandolino, alternato alla chitarra, hanno accompagnato le atmosfere dell’entroterra, di Serravalle e delle montagne, scalate da chi era partigiano. Come ricreare un’antropologia dopo le varie prigionie tra vittime e carnefici? Dove guardare? Chi ha saputo silenziosamente lavorare quel giardino che va oltre l’inganno muto? La semplicità è in coloro che per forza, per dovere, ma anche per proprio sentire, sono vissuti nell’essenziale seminando la speranza. Elisabetta Rocchetti 1923 12 Voce della Vallesina jesi 15 maggio 2011 Confartigianato: Per i consumi non è “primavera” perché limitati dalla loro contrazione BIELLA: LA STORIA DI URBANI Nel primo trimestre del 2011 è proseguito il ristagno dei consumi delle famiglie della Vallesina, frenati dalla contrazione degli acquisti di beni durevoli. Confartigianato stima un -6% sul periodo precedente. Il reddito disponibile delle famiglie è penalizzato dalle meno favorevoli condizioni del mercato del lavoro. I redditi si riducono e così le famiglie non consumano; i consumi restano cauti e i segnali per i mesi estivi non ne delineano un recupero. La crisi ha cambiato anche il modo di fare la spesa degli jesini. Una famiglia su tre ha ridotto la quantità o la qualità dei prodotti alimentari acquistati. Con riferimento ai diversi prodotti, abbiamo comprato meno carne, pane e pasta mentre resta invariato il consumo di frutta e verdura, pesce e latticini. In ogni caso la maggior parte della spesa alimentare (circa il 25 per cento) se ne va ancora nell’acquisto di carne. nonostante si registrino alcuni segnali positivi, il 2011 non sarà l’anno in cui assisteremo ad una inversione di rotta. Il settore dell’artigianato e della piccola impresa registra particolari difficoltà sia nelle imprese di produzione, spesso legate a rapporti di sub-fornitura con medie-grandi aziende in crisi, sia in quelle dei servizi, in questo caso conseguenza del calo dei consumi e della domanda interna. Una situazione di difficoltà che sta portando ad un ulte- L’Associazione Italiana Carlo Urbani ha partecipato nei giorni scorsi a Biella all’incontro “I giovani e il volontariato” organizzato da Massimo Ramella con l’associazione Piccolo Fiore presso l’auditorium universitario di Città Studi. L’iniziativa ha coinvolto circa cinquecento studenti delle scuole medie e superiori della provincia proponendo ai giovani diverse esperienze nel settore del volontariato, del disagio e delle emergenze sociali. Tra i relatori il giornalista di Famiglia Cristiana Alberto Bobbio, con una testimonianza su Sarajevo, e il giornalista Roberto Gigli dell’AICU, che ha presentato la storia del dottor Carlo Urbani e le iniziative dell’Associazione. A raccontare le loro esperienze ai ragazzi sono stati anche Alessio Tavecchio, vittima di un incidente motoristico invalidante oggi promotore di iniziative sulla sicurezza stradale, e Davide Cerullo, autore del libro “Ali bruciate. I bambini di La crisi ha cambiato il modo di fare la spesa L’Aicu e gli studenti riore calo del numero di imprese artigiane. Fondamentale il ruolo degli ammortizzatori sociali in deroga. «La possibilità di accesso a questi strumenti per le aziende artigiane e le Pmi in generale – dice Giuseppe Carancini responsabile della Confartigianato di Jesi - ha costituito un aiuto significativo a sostenere il reddito dei lavoratori delle imprese coinvolte dalla crisi e al contempo a scongiurare la tensione sociale che si sarebbe potuta innescare nel caso in cui questo “paracadute” non fosse stato disponibile. Ma ora questi strumenti sono finiti.» Confartigianato ha il polso della situazione e monitora da vicino l’evoluzione dei comportamenti dei consumatori e i conseguenti riflessi sul piano economico. Confartigianato esprime preoccupazione per il protrarsi di questa situazione che soffoca l’economia jesina: per questo chiede alle Istituzioni locali che vengano intensificate misure a sostegno delle famiglie. La Vallesina sconta la stagnazione del sistema economico produttivo i cui effetti si riflettono sulle famiglie costringendole a sacrifici per sbarcare il lunario. Serve incrementare il potere di acquisto dei consumatori perché possano tornare in condizione di fare acquisti. La circolazione del denaro è linfa indispensabile per far rifiorire le piccole attività, riattivare la molla occupazionale e generare ulteriore ricchezza. Per rilanciare i consumi delle famiglie, sottolinea la Confartigianato, va ridotta la pressione fiscale su famiglie ed imprese, sia del Governo sia degli enti locali in modo da lasciare alle famiglie più soldi da spendere mensilmente dando ossigeno al sistema economico e stabilendo un circuito virtuoso. Ci auguriamo che i bilanci comunali vadano in questa direzione. Nella foto Giuseppe Carancini responsabile della Confartigianato di Jesi. Scampia”, un atto di denuncia e d’amore per i minori di quel luogo, costretti a crescere in drammatiche condizioni tra soprusi e illegalità. La partecipazione di un rappresentante dell’Aicu a Biella rientra pienamente nelle attività di sensibilizzazione che l’Associazione rivolge in particolare ai giovani attraverso l’esempio lasciato da Carlo Urbani. “Ho fatto dei miei sogni la mia vita e il mio lavoro”: così diceva il medico di Castelplanio. E a partire dalle sue scelte a favore del prossimo, nel suo paese prima e all’estero poi come medico senza frontiere, gli studenti piemontesi hanno potuto conoscere la sua storia. L’Associazione Italiana Carlo Urbani agisce in Africa ed Asia con i contributi raccolti dalle donazioni, per questo è importante sostenere l’Associazione utilizzando i riferimenti pubblicati nel sito - www. aicu.it - o devolvendo il 5 x mille della dichiarazione dei redditi. Presentato a Castelplanio Il fratello greco di diego zandel Le radici della memoria La Pro Loco Castelplanio ha organizzato venerdì primo aprile presso la Vineria comunale di Palazzo Fossa Mancini la presentazione del libro Il fratello greco dello scrittore Diego Zandel. Il presidente della Pro Loco, Adriano Santelli, dopo un’ampia introduzione ha intervistato l’autore impegnato in un vasto giro d’Italia che, con questa tappa, è passato anche per le Marche. È stata una bellissima festa per Castelplanio con grande partecipazione di pubblico e una calda accoglienza riservata a Zandel, che ha firmato dediche ai cittadini che hanno acquistato il suo libro. Al termine, buffet accompagnato da brindisi con ottimo verdicchio castelplanese e dei Castelli di Jesi – non a caso l’incontro è avvenuto in Vineria – ai successi dell’amico romanziere nella fiducia di poter ripetere la manifestazione in occasione dei suoi prossimi libri. Zandel, esule istriano, marchigiano di passaggio, romano d’adozione e greco per scelta di vita, è nato nel DAL 1923 campo profughi di Servigliano, nel Fermano, e per questo suo nuovo lavoro ha scelto una casa editrice della nostra regione: Hacca di Matelica, guidata da un piccolo gruppo di giovani imprenditrici. Il romanzo è ambientato in Grecia e narra – con qualche accenno autobiografico – della vicenda di Errico Sapori, prepensionato forzato di una grande azienda di telecomunicazioni che va in viaggio a Kos, isola del Dodecanneso, per smaltire lo sconforto derivato dalla sua nuova condizione di disoccupato. Lo scrittore ha scelto di soggiornare a Kos perché la conosce molto bene poiché vi trascorre abitualmente le vacanze d’estate. A Kos, Errico si mette sulle tracce del padre Achille che, in quell’isola, fu soldato durante l’ultimo conflitto mondiale, scampato fortunosamente a un eccidio dei tedeschi, e scoprirà verità imbarazzanti, come quella di avere un insospettato fratello greco. Oltre a inquadrare gli avvenimenti bellici sull’isola greca all’indomani dell’8 settembre 1943, nel racconto di Zandel non manca una splendida storia d’amore con la dolce Soula, conosciuta subito dopo la partenza da Roma. Il finale riserva una sorpresissima che non riveliamo per non guastare nei lettori l’effetto della trovata letteraria. a.s. Tel. 0731-21.33.70 - www.mattoli.it Voce della Vallesina economia Gruppi di acquisto solidale: una proposta di legge di Bucciarelli 15 maggio 2011 13 Roma, Azione Cattolica: La Regione intende sostenerli e svilupparli Scuola e costituzione Il consigliere regionale Raffaele Bucciarelli ha presentato all’assemblea legislativa delle Marche una proposta di legge identificata con il numero 73 dal titolo “Norme per il sostegno dei gruppi di acquisto solidale (Gas) e per la promozione dei prodotti alimentari da filiera corta e di qualità”. La proposta vuole sostenere un modello di consumo diverso e consapevole attraverso l’incentivazione dell’uso dei prodotti locali e di qualità e il riconoscimento dell’azione dei Gas. Nella relazione ai consiglieri, Bucciarelli fa presente come l’organizzazione della distribuzione commerciale, con particolare riferimento ai prodotti alimentari, favorisce la crescita ed il consolidamento di filiere lunghe, la standardizzazione dei prodotti e lo spropositato aumento della forbice tra i prezzi al consumo e quelli al produttore (fino al 200%). Tutto ciò a scapito della biodiversità, del sensibile aumento dell’impatto ambientale (CO2 trasporti, packaging, ecc.) e della diminuzione del reddito dei piccoli produttori agricoli. In questi ultimi tempi si sta assistendo ad una inversione di tendenza ed una valorizzazione della cosiddetta filiera corta in modo da riconnettere il prodotto con il produttore e con la zona di produzione. I consumatori sono sempre più sensibili alla qualità ed alla sostenibilità delle produzioni e ne è prova la crescita dei Gas che hanno avuto un riconoscimento istituzionale con la legge 244 del 2007. In Italia se ne contano 500, molto eterogenei tra loro, più o meno organizzati, ai quali partecipano circa 25.000 famiglie. Molti Gas sfuggono al monitoraggio in quanto non ufficialmente aderenti alla Rete nazionale. Si può quindi stimare un fenomeno ben più ampio rispetto ai dati ufficiali. Anche nelle Marche sono nate esperienze di questo tipo ed è stato costituito un coordinamento regionale che ha organizzato di recente un incontro a Chiaravalle. Entrando nello specifico della legge fra le finalità vi è il sostegno dei GAS, della filiera corta e dei prodotti di qualità attraverso contributi economici e l’incentivazione all’impiego da parte dei gestori dei servizi di ristorazione collettiva. Vengono poi definiti i GAS, secondo la richiamata legge 244/07, indicati i prodotti di qualità, tra i quali vengono ricompresi il prodotti biologici, le DOP e le IGP, (anche DOC, e DOCG), i prodotti tipici e tradizionali, nonché tutti i prodotti a “filiera corta” acquistati direttamente dal produttore. Da valorizzare anche i prodotti provenienti da aree appartenenti all’ambito regionale con distanze non superiori a 40 Km fra il luogo di produzione e quello di acquisto o consumo. Il sostegno regionale prevede: fino a 5.000 euro per ciascun GAS favorendo quelli che acquistano prodotti biologici e/o da cooperative agricole sociali; incentivazione per i gestori di servizi di ristorazione collettiva per acquisti da filiera corta e prodotti di qualità; contributi ai comuni per avviare mercati o punti vendita riservati ai produttori locali Farmer’s market. Sono previste anche campagne di informazione e di comunicazione e la promozione di incontri tematici sul consumo sostenibile per la valorizzazione delle risorse naturali, sociali e culturali dei territori. La dotazione finanziaria per il 2011 di 100mila euro non è consistente ma può essere idonea per iniziare. Sicuramente una buona iniziativa con finalità etiche e di solidarietà sociale e che va verso la difesa dell’ambiente, la valorizzazione delle produzioni locali ed il sostegno del reddito degli agricoltori. Una volta approvata la legge dovrà essere recepita e fatta propria da comuni e da parte delle agenzie di gestione della ristorazione collettiva, in quanto destinatari ed attuatori degli interventi. Siamo certi che i GAS non si faranno sfuggire l’opportunità di qualificare e sviluppare la propria attività di acquisto collettivo. Andrea Bordoni Aato: tante classi hanno preso parte al concorso sulla risorsa idrica L’acqua non è una risorsa inesauribile “Acqua buona per tutti”: il progetto per le scuole primarie e secondarie di primo grado per l’anno scolastico in corso indetto dall’Autorità di Ambito Territoriale Ottimale n. 2 “Marche Centro – Ancona”. Il concorso a premi, al suo primo anno di vita, aveva l’obiettivo di sensibilizzare i ragazzi sul tema dell’acqua in tutti i suoi aspetti, per stimolarli ad un uso consapevole e renderli responsabili ed impegnati nella collaborazione quotidiana per la salvaguardia della risorsa idrica. L’acqua è una risorsa preziosa per la vita, è un diritto fondamentale che dovrebbe essere garantito per tutta l’umanità in ogni parte del mondo. Il territorio in cui viviamo offre ai suoi abitanti acqua abbondante e di buona qualità ma questo non deve indurci a considerarla inesauribile! Con piccoli gesti quotidiani e la giusta informazione possiamo preservare questa eredità anche per le generazioni future. I numerosi elaborati che sono stati presentati all’Aato e la loro ottima qualità dimostrano il forte interesse sul tema dell’acqua e il tanto impegno che ragazzi e insegnanti hanno dedicato alla loro realizzazione. Tutti i lavori ricevuti saranno raccolti in un opuscolo e sarà allestita una mostra in occasione della giornata di premiazione dei vincitori del concorso che si terrà sabato 14 maggio presso il Teatro “G. Spontini” di Maiolati Spontini, con inizio alle ore 9,30. Saranno presenti il presidente dell’AATO 2 Marisa Abbondanzieri, il direttore dell’AATO 2 Massimiliano Cenerini e l’assessore della Provincia Carla Virili. Venerdì 8 aprile: sono le ore 8.05 e sono sul treno per Roma, diretta al congresso dello Msac (Movimento Studenti di Azione Cattolica), che è il movimento attraverso cui l’Azione Cattolica viene promossa all’interno delle scuole. A Jesi non è presente, ma io sono stata scelta dalla diocesi per fare da osservatrice e riportare le osservazioni del congresso. In un certo senso mi è stato chiesto di fare da cronista. Ed è quello che sto facendo con questo articolo. Arrivo a Roma alle ore 10.30 ed essendo in anticipo sul programma, approfitto per fare un giro nel centro della capitale. Nel pomeriggio appuntamento alla Consulta, in piazza del Quirinale, per l’incontro con il presidente della corte costituzionale, Ugo de Siervo, la quinta carica dello Stato. In un incontro durato due ore il presidente si è sottoposto molto volentieri alle domande dei partecipanti al congresso. De Siervo ci ha ricordato che è stato allievo di un grande docente universitario e sindaco santo di Firenze, Giorgio La Pira. Ci ha parlato della Costituzione. Ci ha detto che noi giovani ci dobbiamo dare “una smossa” per migliorare l’ambiente in cui viviamo, attraverso il nostro dovere di votare. Ci ha ricordato l’insegnamento di don Lorenzo Milani che voleva un mondo in cui tutti, compresi quelli che sono ai margini della società, devono avere le stesse possibilità. In un mondo in cui c’è chi conta e chi no, De Siervo ci ha dato una grande lezione: la Costituzione, ci ha detto, tutela il voto eguale, perché tutti sono uguali davanti alla legge. Successivamente sono andata alla Domus Mariae, sede del congresso, per la cena. La mattina di sabato 9 aprile, dopo la preghiera del mattino, ci ha riservato una bella sorpresa: l’incontro con lo scrittore Domenico Starnone. Docente per trenta anni nella scuola pubblica, ha lasciato l’insegnamento dieci anni fa per dedicarsi alla scrittura. Ci ha trasmesso degli utili insegnamenti su come dovrebbe essere la scuola ideale. A noi ha detto che dobbiamo fare le “domande”. Non quelle domande buttate là, tanto per guadagnare tempo e non fare didattica. Ma, ci ha detto Starnone, quelle belle domande che mettono tutto in dubbio e non danno nulla per scontato. «È bello – ha spiegato – vivere in una scuola dove nessuno resta indietro e dove tutti sono stimolati ad andare avanti, soprattutto chi è più svantaggiato». Nella restante mattinata abbiamo discusso il documento congressuale per decidere i vari cambiamenti da fare prima del voto. Una serie di lunghi emendamenti sono stati presentati e votati nel pomeriggio. Dopo cena ci siamo dedicati a “Roma e la Capoccia”, una visita guidata su alcuni luoghi storici per noi del Msac. Prima tappa in piazza San Pietro sotto le finestre illuminate di Benedetto XVI. Poi in via della Conciliazione al numero uno dove è ubicata la sede storica dell’Azione Cattolica. Dopo aver attraversato i Fori Imperiali siamo arrivati al Colosseo, giusto in tempo per prendere l’ultima metropolitana che ci ha riportati alla Domus Mariae. Domenica mattina appuntamento con la santa Messa officiata da monsignor Domenico Sigalini, assistente nazionale di Azione Cattolica. Durante la mattinata si sono poi succedute le votazioni per l’elezione del nuovo segretario nazionale Elena Poser e dei cinque componenti del consiglio nazionale MSAC. Sono tornata a casa molto contenta, spero che il Msac a Jesi si possa veramente fare! Allegra Moreschi Le iniziative per i giovani universitari: Young International Forum e seminari alla Luiss A colloquio con il futuro: l’incognita del post laurea “Datti una prospettiva!” Questo è lo slogan dello Yif (Young orientare le loro scelte professionali in maniera consapeInternational Forum), una manifestazione che offre ai gio- vole e di farli sentire una risorsa”. Di certo non pochi neovani un’occasione di confronto e discussione circa le scelte laureati si riconosceranno in queste parole: l’incognita del professionali e formative, svoltasi a Roma nelle giornate “postlaurea” infatti, non è una leggenda metropolitana ma di 11, 12 e 13 aprile per la terza edizione. Un’esortazione piuttosto un problema concreto e preoccupante, con cui i questa, che dovrebbe mettere sull’attenti qualsiasi studen- giovani si trovano inevitabilmente a fare i conti; sono i sonte che prenda seriamente il proprio futuro e che tema di daggi e le interviste a darci questi segnali allarmanti: uno naufragare un giorno nel mare magnum del precariato studente su tre in possesso di una laurea triennale, conuniversitario. sidera il proprio titolo assolutamente inutile. La maggior Gli ideatori dell’evento hanno cercato di mettersi nei panni parte degli impiegati nei call center sono laureati. Sono di tutti quei giovani che hanno visto troppe volte cestinare sempre più frequenti i fenomeni delle cosiddette “lauree di i loro curricula o che sono stanchi di ripiegare su lavoret- ritorno”, ossia giovani che reinventano i loro lavori di riti part-time lontani anni luce dalla laurea ottenuta, maga- piego, ricorrendo a originali espedienti per applicare i loro ri anche con il massimo dei voti. “Il problema principale skills. è il deficit formativo” spiega Mariano Berriola, direttore Senza dubbio generalizzare troppo non fa mai bene: inidel Corriere dell’università Job durante il suo intervento ziative come quelle dello Yif fanno sperare che le cose posal convegno inaugurale “c’è uno scarso collegamento tra sano ancora cambiare e che i giovani trovino la loro strada università e mondo del lavoro che impedisce ai giovani di nonostante le difficoltà e gli ostacoli; in concreto, è stata Castelplanio - 60032 (An) - Via Roma, 117 Tel. 0731.813444 r.a. - Fax 814149 www.fazibattaglia.com allestita un’area in cui gli studenti potessero affrontare una prima esperienza di colloquio e presentare i loro curricula a diverse aziende anche di levatura internazionale. Un altro esempio confortante sono i seminari tenuti periodicamente all’università Luiss Guido Carli intitolati “Conversazioni serali con vista sul futuro” e “Mi sono laureato e adesso?” in cui gli studenti hanno la possibilità di incontrare personaggi competenti del mondo del lavoro, indirizzando i ragazzi secondo le loro capacità ed esigenze. Il panorama è vasto ma soprattutto in continua evoluzione: quello che si richiede è, ai giovani, una tenacia e una preparazione non indifferenti per affrontare la futura vita professionale, mentre alle istituzioni, in particolare alle università, una maggiore attenzione al problema, nella speranza di veder finalmente una realtà diversa da quella della “Generazione mille euro” anzi, forse oggi sarebbe il caso di dire “Generazione ottocento euro”. Ilaria Stronati 14 Voce della Vallesina pagina aperta 15 maggio 2011 JESI - IL PALAZZO E DINTORNI Lo straordinario prato verticale Mi fanno sorridere quelli che ancora si ostinano ad esaltare la nostra città perché culla di un grande imperatore – così grande che più grande non si può – al punto di avergli noi dedicato un bel monumento (si fa per dire). O quelli che vantano Jesi per la presenza e la grandezza di un musicista come Pergolesi. O quelli che ancora si esaltano perché Spontini ha compiuto i suoi primi passi di artista a Jesi, presso la Parrocchia di santa Maria del Piano. O chi ci vede come la grande città dalle grandi tradizioni industriali. Che sciocchezze! Che uno, uno solo, abbia esaltato Jesi per i suoi prati verticali! Dove li trovate, se non a Jesi, i prati verticali? Tutte le altre città ce li hanno orizzontali. O comunque, anche se alcuni centri avessero tentato di imitarci, chi può negare che i nostri prati verticali siano di gran lunga i migliori, i più ricchi, gonfi di verde e di orgoglio, di uno spessore che mi richiamano gli immensi prati orizzontali dell’Islanda con vellutina spessa fino a 50 centimetri. Non lo credete? Guardate queste foto, ma più ancora fate una lenta passeggiata lungo la salita del Montirozzo e contemplate le nostre mura medievali. Non ne trovate di pari, nel nostro universo, così tappezzate di un intenso verde verticale. Una ricchezza da fare invidia a quanti, in Inghilterra, in Francia, in Germania e in tutto il nord Europa curano e mane e sera i tanti prati orizzontali senza riuscire a superarci per densità, originalità, ricchezza di verde verticale. È da notare che i nostri prati sulle mura si espandono non solo verso nord-est, ma anche a nord e a nord-ovest. Purtroppo gli amministratori non sono riusciti ancora a crearli nel lato sud dove le belle torri e le merlate mura rimangono ancora aride e spoglie di verde. Ma non dobbiamo disperare. Ci riusciranno! Quante volte mi sono chiesto perché noi jesini siamo destinati a godere in perpetuo di questa ricchezza mentre le mura di Ostra, di Corinaldo, di Morro d’Alba, che pure godono della stessa nostra temperatura e dello stesso nostro sole, rimangano così aride, pulite, insignificanti, mancanti di ogni ornamento naturale di tipo prataiolo. Quali delitti hanno mai compiuto quei cittadini a noi così vicini per essere stati condannati ad avere mura medievali così lisce e disadorne? Vengano essi a passeggiare lungo il nostro Montirozzo e ammirino l’antica nostra arte di custodire con verde originalissimo le mura che i nostri avi seppero costruire così bene e tali da reggere ancora oggi giardini pensili naturali e niente affatto bisognosi dell’opera dell’uomo. È la natura che, ricca e generosa, è sempre presente sulle nostre mura, ma in primavera esplode con rigogliosa superbia. Andate, amici cittadini, andate ad ammirare! A est, a nord, a ovest! Et censeo sancti Nicolai monumentum liberandum esse. v.m. Sadam: opinioni di Rifondazione Comunista sulla riconversione Si apra un confronto chiaro con la città Sorprende il coro generalizzato con cui le forze politiche e sociali jesine esprimono contrarietà al nuovo piano di riconversione dell’ex zuccherificio Sadam presentato dal gruppo Maccaferri. La prudenza è certamente giustificata: vengono in mente le parole pronunciate da Laoconte ai Troiani “Temo i greci anche quando portano i doni” quando, nell’Eneide, li invitava a non far entrare il cavallo di Troia entro le mura della città. È vero: il gruppo Maccaferri fino ad oggi ha sempre portato a Jesi cavalli lignei pieni di problemi o, come la strega di Biancaneve, mele avvelenate. La prudenza è ancor più necessaria specie perché un piano così importante e complesso è stato presentato in poche paginette piene di storia industriale della Vallesina, ma pressoché vuote di contenuti circa il futuro dell’area e dei lavoratori. Però il fatto che gli stessi che solo pochi mesi fa senza verifiche, senza cautele, senza preoccupazioni erano pronti ad accettare una raffineria a biodisel, un oleodotto di diversi km, una centrale a biomasse, a fronte di garanzie pressoché nulle per i lavoratori, e oggi non vogliono nemmeno discutere e approfondire un progetto che prevede aree commerciali, produttive e insediamenti per la ricerca di spin-off propedeutici alla nascita di nuove e innovative realtà imprendi- toriali fa pensare male, molto male. Non vorremmo che la riconversione commerciale prevista nel piano fosse ostacolata solo perché rompe le uova nel paniere di chi ha le stesse intenzioni ma altre aree e altri terreni da valorizzare, non vorremmo che l’assenza di un confronto pubblico sulla pianificazione della bassa Vallesina, le reticenze, i silenzi odierni, nascondessero scelte e intenzioni già programmate su altri tavoli e che oggi il nuovo piano Sadam rischia di mettere in discussione. Rifondazione Comunista, l’unica forza politica che sulla vicenda Sadam a Jesi ha detto parole chiare e praticato la coerenza, può oggi chiedere che su questo piano si apra nella città e nelle istituzioni un confronto chiaro, aperto e trasparente che veda protagonisti per primi i lavoratori e i tanti cittadini che generosamente attraverso i comitati hanno speso il loro impegno e la loro intelligenza per evitare un ulteriore gravissimo vulnus al territorio. Circolo del PRC di Jesi e il gruppo del PRC in Consiglio Comunale Jesi: il 13 maggio un seminario sulla residenzialità Dall’istituto alla comunità Venerdì 13 maggio, dalle 9 alle 13, il Gruppo Solidarietà organizza a Jesi, presso la Sala II Circoscrizione di via san Francesco, un seminario sul tema “La residenzialità: tra vecchie e nuove necessità”: «Se da un lato il passaggio dall’istituto alla comunità non si è mai compiutamente realizzato e non solo perché non si sono chiusi tutti gli istituti ma perché spesso servizi comunitari mantengono modelli istituzionali -, sono andate emergendo nuove problematiche: dall’indispensabile accompagnamento alla residenzialità, alla sempre più grande difficoltà di far diventare la comu- nità come una casa; dal problema delle strutture accorpate, fino alle questioni derivate dall’aggravamento delle condizioni di salute, legate spesso all’invecchiamento, che pongono problemi nuovi per il mantenimento della persona all’interno della stessa comunità» spiegano gli organizzatori. Si confronteranno sul tema Paolo Aliata, Lega per i diritti delle persone con disabilità (Ledha) di Milano, Marco Bollani responsabile della Cooperativa sociale “Come noi” di Mortara, in provincia di Pavia e Mauro Burlina, responsabile Ufficio Disabilità della Ulss 6 di Vicenza Intervista al dottor Luciano Paolucci, consigliere di Filottrano La Rsa, un servizio utile per tanti Conosciuto ed apprezzato per le sue competenze professionali e le doti umane, il dott. Paolucci è nato a Filottrano nel 1947. Iscritto alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Bologna, si è laureato nel 1972 e nel ’75 si è specializzato in Otorinolaringoiatria e Patologia Cervico-Facciale presso l’Università di Modena. È stato eletto Consigliere comunale a Filottrano il 7 giugno 2009 e nominato l’8 giugno 2009 nella lista civica “Tutti per Filottrano”. Di solito le cose positive rimangono nell’ombra ed emergono le cose negative. Questa volta è diverso e la riapertura della Residenza Sanitaria Assistenziale di Filottrano ne è una dimostrazione. Dottor Paolucci, da consigliere comunale, come si esprime a proposito dell’evento? Dico che la riapertura della RSA di Filottrano è stata una cosa “sacrosanta” per due motivi: per prima cosa la riapertura era dovuta in base alla programmazione regionale e secondariamente il comune di Filottrano aveva, a suo tempo, contribuito in modo sostanziale alle casse dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale cedendo numerose proprietà terriere (a quanto mi risulta probabilmente unico Comune dell’ambito della Zona Territoriale di Jesi). Il percorso fino alla riapertura della RSA è stato semplice? Assolutamente no! Sono passati cinque lunghi anni fra disinteresse locale, inspiegabili lungaggini amministrative unite a scarsa volontà di riaprire questo servizio da parte dell’ex direttore della Zona Territoriale n. 5 che magari preferiva favorire altre iniziative sanitarie, nonostante fosse evidente la priorità della riapertura della RSA di Filottrano, un’indiscutibile esigenza territoriale alternativa al ricovero ospedaliero. La comunità di Filottrano quindi chi deve ringraziare? La comunità di Filottrano deve un sentito grazie all’attuale direttore dell’ASUR/Zona Territoriale n. 5 di Jesi, l’ingegnere Maurizio Bevilacqua, che ha preso a cuore la problematica e ne ha fatto una questione di principio: l’RSA di Filottrano doveva essere riaperta e così è stato, pur tra molte difficoltà, non ultima quella di reperire fondi per il personale necessario alla gestione. Lei si è interessato a risolvere qualche problematica? Personalmente mi sono interessato a risolvere alcune problematiche di gestione della struttura e non ho dovuto attendere: sono stato ascoltato immediatamente. In questo modo ho preso atto dell’interessamento fattivo dell’attuale Direttore di Zona per migliorare la situazione di efficienza della RSA. Dalle sue parole trapelano stima e gratitudine… Certamente sì. E visto che ci siamo gli voglio esprimere tutto il mio apprezzamento per come ha deciso di gestire la gravosa problematica del nuovo ospedale, non promesse di trasferimenti globali dei servizi e reparti nel nuovo ospedale, ma realizzazioni graduali. Forse adesso in tempi ragionevoli i cittadini della Vallesina potranno finalmente usufruire del nuovo ospedale. Complimenti ingegner Bevilacqua, sicuramente un ottimo inizio e se il buongiorno si vede dal mattino… la sanità jesina è in buone mani! Laura Cognigni Voce della Vallesina esperienze All’ I.C “Federico II” un progetto con attori/insegnanti madrelingua 15 maggio 2011 Compleanni nella famiglia Gianfelici: auguri a Palmina e Carola Ritorna il “Theatrino” nella scuola Una grande festa tutta in famiglia A distanza di sei anni, a Jesi, nell’Istituto Comprensivo “Federico II”, torna il “Theatrino”, con attori/insegnanti madrelingua inglesi. Per due mattinate: 25 e 26 marzo, dalle 8:15 alle 12:30 tutte le classi della scuola media Federico II, Monsano inclusa, sono state coinvolte. I ragazzi sono stati divisi in gruppi ed ogni gruppo ha avuto un’ora di spettacolo in aula magna e un’ora circa di workshop nelle aule, su attività di drammatizzazione (molti giochi di movimento ed a squadre), per “sciogliersi” ed abbassare le inibizioni nella produzione in lingua inglese. I temi degli sketches erano di diverso livello, a seconda delle classi, e riproponevano situazioni molto divertenti e vicine al vissuto dei ragazzi, coinvolgendone anche qualcuno che veniva chiamato a fianco degli attori: all’aeroporto di Londra, con una coppia italiana abbastanza sprovveduta e con un inglese alquanto incerto; alla mensa, in cui al povero studente, scelto tra gli alunni, vengono serviti i peggiori “cibi spazzatura” di plastica e dalle dimensioni spropositate; al ristorante, con un cameriere pazzoide Palmina 102 anni e Carola 90 anni, due sorelle nonché cognate, hanno festeggiato il loro compleanno domenica 3 aprile presso il ristorante Country da Lino (alla Chiusa di Agugliano), una festa dal sapore molto particolare. Erano due sorelle sposate con due fratelli, rispettivamente Luigi e Domenico Tomassetti, soprannominati “Brisca” i quali hanno vissuto insieme per molti anni a Moscosi di Cingoli. Attualmente Carola abita a Moie da molti anni, mentre Palmina risiede a Marina di Montemarciano. Le due festeggiate, nonostante l’età, sono in ottima salute e lo hanno dimostrato con la loro allegra presenza. Alla festa erano presenti anche un’altra sorella, Adele, di 92 anni, e la cognata Ida di 94 anni, anche loro in buona salute. Alla festa non ha potuto partecipare un’altra sorella delle due festeggiate, Maria, di anni 88, quel giorno malata. Palmina ha 7 figli: Vittoria, Natale, Maria, Rita, Assunta, Rosa e Pia. Carola ne ha 4: Antonio, suor Maria Assunta, Angela e Pietro. È per questo che le due nonnine erano circondate da uno folto stuolo di parenti, anche le foto, un po’ mosse, in realtà… perché questi ragazzi/attori non si fermavano un secondo!. Davvero travolgenti e veri professionisti, recitavano in maniera egregia e molto comprensibile: una ragazza era del Canada, un’altra della Tanzania, una Gallese e tre Inglesi. Arrigo Speziali, l’”anziano” fondatore del Theatrino, che ha sede in Liguria, ha trovato il giusto canale di comunicazione per fare arrivare l’inglese ai ragazzi: quello dell’emozione, per dare loro occasioni di esperienze significative in lingua inglese che sicuramente rimarranno nella loro memoria… Paola Cocola Jesi: continua il Progetto Chernobyl in Bielorussia Scambio economico tra aziende Una delegazione jesina sarà presente al Promo Expo di Gomel in Bielorussia dal 16 al 22 maggio. È il proseguimento del progetto tra Legambiente, Cna e Premio Vallesina sostenuto dalla Regione Marche, dalla Provincia di Ancona, dagli sponsor Gastreghini, Consorzio Grotte di Frasassi e Zannotti Vini per promuovere il sostegno a questa zona che ancora subisce le conseguenze del disastro di Chernobyl. All’Expo parteciperanno aziende di venti nazioni in rappresentanza di tre continenti. La Cna si augura che da questa esperienza nascano nuove opportunità di sviluppo e progresso economico per le piccole imprese sia della Vallesina che della Bielorussia ed assicura l’assistenza nel tempo. Inoltre, tre giovani universitari bielorussi saranno ospitati in Italia per il servizio civile e per uno scambio culturale. Anna V. Vincenzoni Nella foto da sinistra Cristiano Bernardi dell’Arci, Vincenzo Russo di Legambiente, Gianluca Fioretti del Premio Vallesina, Emilio Berionni della Cna regionale e Maurizio Paradisi della Cna di Jesi nel corso della presentazione di questa iniziativa che si è svolta il 10 maggio presso i locali della Cna di Jesi. La banda L’Esina a Mirabilandia Una giornata nel grande parco divertimenti Mirabilandia tra musica, giochi, attrazioni varie. I musicanti della banda L’Esina di Moie hanno vissuto una domenica diversa insieme e con i loro familiari accompagnati dal presidente Virgilio Contadini e dal direttivo. Accolti all’arrivo nel parco, i musicanti schierati e sotto la direzione del maestro Gabriele Bartoloni hanno sfilato per le vie di Mirabilandia suscitando interesse e ammirazione dei tanti presenti nell’assolata domenica 8 maggio. Le allegre marcette hanno allietato la mattinata nel parco e molti hanno seguito la banda marciando insieme ai trenta musicanti. tra figli, nipoti e pronipoti: in tutto una settantina. Le due sorelle sono nate nel territorio cingolano, in una famiglia contadina di ben dodici fratelli; la famiglia Gianfelici ha radici molto antiche nei territori di Cingoli e Staffolo, soprattutto nelle frazioni di Castreccioni e Castel Sant’Angelo. Alla loro famiglia è strettamente legato un curioso soprannome, “U bugiardu”, la cui origine si deve al capostipite della famiglia, un certo Gianfelice di Staffolo, detto il bugiardo, vissuto nel XVI secolo. Il titolare del ristorante Lino Butani, anche lui originario di Moscosi e parente delle festeggiate (poiché nipote) ha organizzato la festa in modo eccellente, come è solito fare; oltre a un ottimo menù ha invitato il gruppo folcloristico “La Damigiana” di Monte San Vito che ha allietato l’incontro con canti e stornelli marchigiani rinverdendo così i ricordi delle nonnine che seguivano battendo le mani al ritmo della musica. Lino ha invitato alla festa anche le telecamere della rete locale TVRS, che hanno ripreso l’avvenimento (trasmesso poi nei giorni successivi) e intervistato le due festeggiate. La giornata si è conclusa con un simpatico “arrivederci” al prossimo anno. Paolo Tomassetti BASKET FILENI BPA - Si è concluso il “Progetto Scuola” Sconfitta a Pistoia: addio play-off Il sogno della Fileni Bpa di raggiungere i play-off si è spento proprio sul traguardo, nell’ultima gara della stagione regolare. Venerdì 7 maggio a Pistoia, in quello che era un vero spareggio dove in palio c’era l’ultimo posto nella post season, è finita 84 a 73 per i toscani, sempre padroni della gara. Il ko del PalaFermi chiude anzitempo la stagione degli arancio-blu, ai quali non sono bastati i 22 punti di Maggioli (nella foto). «Non andiamo ai play-off – ha detto a fine partita un deluso coach Stefano Cioppi - solo per un discorso di differenza canestri, ma sono orgoglioso di questo gruppo che ha lavorato fra mille difficoltà». Per l’Aurora Basket si tratta della seconda esclusione dai play-off in sei campionati di Lega due. La classifica finale della stagione regolare: Casale Monferrato, Venezia 42 punti; Rimini, Scafati 38; Barcellona 37; Veroli 36; Udine 34; Pistoia, Fileni Bpa Jesi 28; Imola 26; Casalpusterlengo, Forlì, Reggio Emilia, Ferrara 24; Verona 22; San Severo 12 punti. I verdetti della stagione regolare. Accedono ai playoff promozione le prime otto della classifica; retrocedono in B1 Verona e San Severo. Lo scorso 15 aprile si è conclusa la settima edizione del “Progetto Scuola” organizzato dall’Aurora Basket. Trecento i bambini che avevano affollato la sala “Bacci” del centro direzionale “Esagono” della Banca Popolare di Ancona. Il tema dell’edizione di quest’anno è stato l’ecologia, insieme al rispetto delle regole nello sport. Alla festa sono intervenuti, oltre ai giocatori della Fileni, anche i dirigenti, gli sponsor, il responsabile del settore giovanile aurorino, Vittorio Fiorentino ed il presidente regionale della Federbasket, Davide Paolini. Giuseppe Papadia Serie D CALCIO che alla fine uccide una mosca spruzzando spray dappertutto, anche nel piatto del cliente; sul set di un film, con attori del calibro di Tom Cruise e Lady Gaga, per la regia di Tina, la sorella di Quentin Tarantino; alla galleria d’arte, dove un custode imbranato rovina un quadro di Picasso e di van Gogh gettando nella disperazione la direttrice, mentre arriva una famosa critica d’arte; il re del wrestling Ray Mystirio e ancora la cantante pop Lady Gaga, che si mettono ad intervistare il pubblico su notizie della loro biografia. I ragazzi si sono divertiti tutti molto, sono stati coinvolti e le loro facce lo dimostrano… 15 Jesina 0 – Real Rimini 3. Un risultato pesante, alquanto attutito dalla distrazione del playoff della prossima domenica (oggi con il Teramo). Sugli spalti del Carotti, la festa ai nostri biancorossi certamente ha impedito la concentrazione ed i romagnoli ne hanno approfittato… regalandoci una tripletta fastidiosa. Tanto da far esclamare al mister Fenucci: “Azzeriamo questo match e ripartiamo”. Ma quei tre gol siglati da Granito, non rimandati ancora una volta, ma Casolla e Pica rimangono indigesti sul allestiti subito e bene. conto di una Jesina poco sveglia e non Vir molto reattiva! Scusanti ci sono, speNella foto di Binci un momento della cialmente da diverse assenze imporpartita al Carotti di domenica scorsa. tanti, a guisa di riposo in vista dello In mattinata i Pulcini e i Piccoli Amici spareggio odierno. E allora fateci ausi erano sfidati in un mini-torneo spicare un risveglio concreto e illumipromosso dalla Banca Popolare nato: freschezza e durevole impegno, di Ancona. Ascolta radioDuomo SenigalliainBlu 95,2Mhz 16 15 maggio 2011 Voce della Vallesina esperienze Il libro di Vittorio Graziosi edito dall’Assemblea Legislativa delle Marche e presentato dall’autore Eraclio Cappannini: una vita per la libertà È stata un’iniziativa indovinata quella del ricordo di Eraclio Cappannini collegata felicemente con le celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia. Non che la giovinezza di Eraclio offerta alla patria due mesi prima del passaggio del fronte nelle Marche non sia nota agli jesini e alla nostra regione, ma il suo richiamo con penna leggera e suadente da parte di Vittorio Graziosi - un “quaderno” a cura del Consiglio Regionale di novanta pagine - ha voluto essere l’occasione per fondere un grande anniversario della nostra patria con il sacrifico di tanti, soprattutto di quanti ci hanno aiutato a liberarci dalla dittatura fascista. Hanno presieduto la manifestazione, che si è svolta il 27 aprile, l’assessore alla cultura Leonardo Lasca, il consigliere regionale Enzo Giancarli, il prof. Dino Mogianesi e l’autore del libro Vittorio Graziosi. Sul ruolo dei giovani nel Risorgimento nella Resistenza si è soffermato l’assessore Lasca che ha invitato a riflettere sulla durezza delle scelte che i ragazzi del 1944 si trovarono a dover fare. Alla manifestazione erano presenti fratelli, sorelle e i familiari di Cappannini. Vittorio Graziosi ha ripercorso la genesi del suo libro, il dramma della guerra che squarcia e ferisce la tranquillità e l’equilibrio della campagna marchigiana. «La storia di Eraclio dimostra l’anacronismo della guerra. Bisognerebbe cancellare – ha detto provocatoriamente - dalle nostre piazze tutti gli obelischi e i monumenti rievocativi del conflitto e ricordare invece i pacificatori.» Alle parole di ringraziamento e di circostanza dei due rappresentanti politici è seguita, da parte di Mogianesi, una utile e sobria ricostruzione degli avvenimenti politicomilitari dei mesi di fine 1943 e del primo semestre del 1944 legati in particolare ai movimenti dei partigiani nella zona. L’attore Dante Ricci ha letto, con l’anima e con il cuore, alcune toccanti pagine del libro. Crediamo opportuno riportare quanto del libro ha scritto la nostra collaboratrice Paola Cocola, un commento riportato nelle ultime pagine della pubblicazione. v.m. Arcevia 5 maggio 1944 Sono il giovane Cappannini Eraclio prigioniero dei tedeschi. Nulla può salvarmi dalla fucilazione. Chi trova il presente è pregato di farlo avere alla mia famiglia, sfollata da Jesi a Serra de’ Conti presso il contadino Carbini. Cari Genitori e Parenti tutti: il mio ultimo pensiero sarà rivolto a voi ed alla mia, alla nostra cara Patria, che tanti sacrifici chiede ai suoi figli. Non piangete per me, vi sarò sempre vicino, vi amerò sempre anche fuori del mondo terreno; voi sarete la mia sola consolazione. Siate forti come lo sono stato io. Salutatemi tutti i miei conoscenti. Vostro per l’eternità, Eraclio. Bacioni alla piccola Maria Grazia. Ringrazio perennemente il latore. Una lettera breve, essenziale, accorata, ma senza debolezze. Scritta con calma lucidità e determinazione. Tre sole parole negative: prigioniero, fucilazione, sacrifici. Cui si contrappongono altrettante parole positive: famiglia-conoscenti, Patria, consolazione. Poche, pochissime parole che, nel breve spazio del loro fronteggiarsi, rivelano lo splendore di una giovane vita e, al contempo, ne esprimono per intero il dramma che la sta per spegnere. Un destino funesto, che è poi lo stesso di tante altre giovani vite, accreditato dalla indicibile follia di quei giorni bui. Una lettera breve, capace però di sprigionare una vitalità tale, di suscitare emozioni ed immagini così forti, da condurre il nostro autore a scriverne il romanzo. Qui la personalità di Eraclio emerge con naturalezza, di pagina in pagina, carica di tutto il suo peso specifico di figlio, di giovane istruito, di cittadino, di soldato, di uomo… E con essa, quella dei familiari, dei conoscenti, degli amici, degli altri giovani soldati… È proprio l’umanità del partigiano - ossia, il suo essere un giovane come tanti: con affetti, ideali, sogni e delusioni, desideri, ansie e aspettative, coraggio e paure, slanci generosi, grandi gesta e comprensibili errori -, che l’autore riesce, con sensibilità e sapienza, a fare emergere e far vivere nel coinvolgente canovaccio del racconto. Pur parlando di guerra, in effetti il romanzo non se ne appesantisce, e la pone solo come sfondo e spiegazione delle vicende e delle emozioni che via via si dipanano, dando principalmente corpo, anima e voce a tutti quei giovani combattenti che, fuori da tale intuizione, resterebbero soltanto “partigiani ed eroi” intrappolati nell’aurea patina celebrativa. Il racconto, ricco di ritmo e di momenti di intensa commozione e liricità, si apre con l’incontro, cercato e voluto tra tanti pericoli, dei familiari con il corpo esanime di Eraclio. Riprende poi - andando a ritroso nel tempo - dall’8 settembre del 1943, quando a seguito dello sbandamento generale dell’esercito italiano succedutosi alla dichiarazione di armistizio da parte del governo Badoglio, gran parte dei militari in servizio nel territorio fece ritorno nelle loro case, nonostante le autorità tedesche di occupazione avessero fatto affiggere dei manifesti con minacce di morte contro quanti disertassero. Molti giovani, stanchi della guerra che non avevano mai condiviso nelle sue finalità e mossi dall’avversione verso gli occupanti tedeschi, preferirono raggiungere le formazioni Partigiane che intanto si andavano costituendo sulle montagne. Così andò anche per il protagonista del libro, Eraclio Cappannini, nato a Jesi l’8 gennaio del 1924. Figlio di un operaio comunista, frequentò - nei primi anni della sua giovinezza -, le organizzazioni fasciste. Aveva appena concluso gli studi presso l’Istituto industriale di Foligno (Perugia), quando fu chiamato a prestare il servizio di leva nel 14º Reggimento compagnia marconisti, a Belluno. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, riuscì a sfuggire alla cattura da parte dei tedeschi e a ritornare a casa. Nell’insistente avvicendarsi dei richiami alle armi messi in atto del governo fascista, il giovane rifiutò l’adesione alla Rsi e, nel novembre 1943, entrò nelle fila della 5ª Brigata Garibaldi che operava nella zona di Ancona - e di cui diventò ben presto Capo di Stato Maggiore - , partecipando così a diversi combattimenti e a numerose azioni di sabotaggio. Cadde vittima, assieme ai suoi uomini, in un’imboscata ad opera dei tedeschi all’alba del 4 maggio 1944 sulla strada di Avacelli. Rinchiuso nelle carceri di Arcevia, Eraclio Cappannini venne fucilato, senza processo, il giorno successivo, assieme ad altri quattro compagni: Giuseppe Latieri, Giuseppe Milletti, Marino Patrignani e Dealdo Scipioni. Era il 5 maggio del 1944. Scrive nel suo libro “L’anno più lungo” Giuseppe Luconi, storico e giornalista: «Un violento sanguinoso scontro si ha il 4 maggio a Sant’Angelo di Arcevia dove i tedeschi, dopo aver invaso il paese, fucilano cinque giovani, obbligando la popolazione ad assistere alle esecuzioni; tra i cinque è un giovane jesino, Eraclio Cappanini. Durante l’operazione di rastrellamento, il Cappanini, insieme ad altri sei partigiani, fra i quali due slavi, si trova sulla strada per Avacelli. Vedendo sopraggiungere due camion tedeschi ed ignorando che si tratta dell’avanguardia di un’autocolonna, il giovane jesino si porta sulla strada e intima l’alt. I due camion si fermano, ma ci saranno solo due autisti; e non farà in tempo nemmeno a disarmarli perché sarà circondato col suo gruppo proprio dai tedeschi che poche centinaia di metri prima erano scesi per prenderli alle spalle. Poi sopraggiungeranno anche altri camion. Mentre i due slavi riescono a scappare, i cinque italiani vengono catturati. Eraclio Cappanini si rende subito conto della fine che lo attende e mentre è trascinato su un camion che lo trasporterà ad Arcevia, raccoglie da terra una busta intestata “Previdenza sociale” e vi scrive la lettera di addio ai suoi cari». Paola Cocola Raccolta differenziata I cittadini della provincia di Ancona si dimostrano sensibili al tema dell’ambiente e collaborativi riguardo alla raccolta differenziata. In tre anni, dal 2007 al 2010, si è ridotta la produzione di rifiuti procapite passando da 575 a 505 chilogrammi: questo a dimostrazione di una aumentata attenzione anche al momento dell’acquisto di prodotti con imballaggi non riciclabili. È raddoppiata, invece, la raccolta differenziata, dal 22 al 45 per cento e sono quindi notevolmente ridotti i conferimenti alla discarica da 210 mila a 135mila tonnellate. È quanto emerso nel corso dell’ultima Conferenza delle autonomie locali, in cui la presidente della Provincia di Ancona Patrizia Casagrande e l’assessore all’Ambiente Marcello Mariani hanno presentato ai Comuni lo stato di attuazione del ciclo dei rifiuti. Dati che lasciano ben sperare per il raggiungimento degli obiettivi di legge che fissano al 65 per cento la soglia minima della raccolta differenziata entro il 2012. In un territorio che da anni dà prova di virtuosità nelle realtà comunali più piccole, incoraggianti appaiono i risultati conseguiti da città come Ancona (50,72%), Senigallia (58,40%) e Jesi (51,21%).