UN ANNO IN CENTRO- Ovvero manuale esperenziale per giovani coppie che desiderano trasferirsi nel centro storico di Napoli. INTRODUZIONE Vi starete chiedendo ‘A cosa serve un manuale?’ Starete sicuramente pensando che vivere al centro di Napoli è come vivere al centro di Roma o Milano, o qualunque altra grande città. Bhe! Io non ho mai vissuto al centro di Roma o di Milano, ma immagino che sia diverso o comunque so per certo che per farlo a Napoli ci vuole qualche consiglio esperenziale, cioè nato dall’esperienza di chi lo ha fatto. Un anno fa non l’avrei pensato: dicevo ‘che ci vuole? Fitto un appartamento, porto le mie cose e vado. Invece oggi, a distanza di un anno, capisco che non è così. Il centro è fatto per chi è del centro. Non conta essere ricchi, poveri o medio-borghesi: è una questione di mentalità. Insomma l’area metropolitana di Napoli conta circa 4 milioni di abitanti (l’ha detto l’assessore ai trasporti della Regione Campania) ma questi si muovono tra la provincia e i quartieri periferici o residenziali. Se sei ricco vai a vivere a Chiaia o a Posillipo, se sei un borghese prendi casa a Fuorigrotta, Vomero, Arenella, Colli Aminei. Il resto a tutti gli altri, con diverse sfumature. Ma in centro, nel centro storico, non ci viene a vivere nessuno. Chi abita qui ci è cresciuto e pasciuto, la sua famiglia risiede in questa zona da generazioni e molto probabilmente continuerà a farlo. L’unico elemento estraneo sono gli studenti fuori sede, sempre meno tra l’altro, ma questo è un altro discorso. Non so se mai qualcuno leggerà queste pagine e, comunque, non so chi lo farà. Insomma non so se il mio interlocutore abbia o meno idea di come sia fatta questa zona di Napoli, dal punto di vista architettonico intendo. Pianta greco-romana: insomma cardini e decumani. All’esame di storia medievale il professore ci fece studiare la pianta medievale della città, che era ristretta a questa zona più la Marina. Una serie di stradine strette, di vicoli e vicoletti che s’incrociano su una struttura a tela: verticali e orizzontali. Cardini e decumani appunto. In alcuni di questi, via dei Tribunali ne è un esempio, nel medioevo erano presenti dei porticati e dunque le strade erano essenzialmente più larghe di come lo sono ora. Infatti nel tempo per bisogno sempre maggiore di spazio, i portici sono stati chiusi per fare nuovi appartamenti o negozi. Il risultato di tutte le modifiche avvenute negli ultimi duemila anni sono un’architettura alquanto bizzarra. Non solo nel centro storico, in cui anche i nomi delle vie sono curiosi, ma in tutta la zona antica della città. Ti può capitare che per passare da una strada ad un’altra tu non debba girare un angolo o oltrepassare un incrocio, ma prendere un ascensore. Io ancora non ho capito bene come possa essere, insomma come funziona che una strada sta in realtà sulla testa di un’altra ma è così. Da via Chiaia prendi un ascensore comunale e sei in via Monte di Dio, da via Santa Teresa prendi un altro ascensore e scendi alla Sanità, e così via. Poi oltre alle ascensori ci sono anche le scale mobili. Queste le ho scoperte da poco a dire il vero: a Montesanto ci sono delle scale mobili in una specie di palazzo che ti portano sopra a via Tarsia. Dico sopra, sotto, scendere e salire perché a Napoli si dice così. E’ tutto un sopra e un sotto: sotto la Sanità, sopra i quartieri Spagnoli, ‘abbascio à’ alla Marina, ‘aret’ò Puorto’, sopra Posillipo, sopra il Vomero e per i provinciali giù Napoli. Insomma, avrete capito che per girare la città non basta una cartina stradale. ‘Napoli è una Città Stato’: ho sentito dire da qualcuno e credo di essere pienamente d’accordo. Non perché sia un esempio di civiltà o di sviluppo sociale, ma per la sua unicità nel bene e nel male. Credo che l’architettura cittadina sia collegata, in un certo senso, alla particolarità di Napoli con un rapporto bidirezionale. Poi ci sono i bassi. Non so se sia una caratteristica di Napoli, ma sicuramente molto spesso i turisti si fermano a fotografarli. Mia madre, originaria di Piazza Enrico De Nicola, mi dice che prima ce n’erano molti di più. In via Nilo, via San Biagio, vicoletto San Severo e tutta la zona del quartiere San Lorenzo quelli che oggi sono vinerie, disco pub, pizzerie, negozietti per turisti o boutiques per giovani alternativi, prima erano dei bassi. I bassi, oppure ‘vascio’, è un tipo di abitazione fronte strada. Qualcuno l’avrà già vista in una delle commedia di Eduardo probabilmente: case povere con le porte di legno e vetro, un grande letto matrimoniale, una cucina, scuri e umidi. Oggi i bassi si sono adeguati allo sfarzo imperante nel mondo occidentale: i pavimenti sono in genere composti da grandi mattonelle lucide e bianche,così come le porte, di alluminio bianco o anodizzato; al centro del basso si ergono trionfali televisori al plasma, superstero con casse dolby surraund, lampadari psichedelici; su un lato si possono ammirare cucine lucide dai colori vivaci, tavoli e sedie bianche e mobili laccati. I basso poi non si ferma sulla sua soglia, ma continua nel vicolo. E’ un tutt’uno con la strada dove affaccia, perché è per strada che si svolge la vita dei suoi abitanti, in particolare d’estate. Camminando per i vicoli stretti del centro, vico Fico al Purgatorio, vico Scassacocchi, vico Zoccolelle, si possono, infatti, incontrare stendi panni con calze e mutande accostati al muro con discrezione, specchi appesi al muso con tanto di armadietto, incavi usati a mò di scarpiere, donne in vestaglia che spazzano la strada come se fosse casa loro o sedute sull’uscio che lavano la verdura o tagliano patate; e se si passa ad ora di pranzo non bisogna sorprendersi se per percorrere i vicolo bisogna attraversare una tavola imbandita, con la gente che mangia per strada e la televisione accesa. IL PARCHEGGIO Ho sempre pensato che l’aspetto più difficile di possedere un’auto fosse, innanzitutto comprarla, poi l’assicurazione, il bollo, la manutenzione, la revisione il bollino blu. Invece no. Per chi vive qui la difficoltà maggiore è dove parcheggiarla. Starete pensando: ‘cosa ci vuole? Ci sono i garages, i boxes oppure le strisce blu dove fermare la macchina. Già…questo magari in un posto banale, ma non nel Centro storico di Napoli. Armando ed io abbiamo passato i primi tre o quattro mesi a studiarci quella che ormai chiamiamo ‘la situazione dei parcheggi’. Chi passa a piedi per queste strade, gli studenti o i turisti, evidentemente non ci pensa, ma un napoletano non verrebbe mai fin qui con la macchina, sarebbe una specie di suicidio da compiere solo se strettamente necessario e comunque da limitare alle ore serali o ai giorni di festa. Quando abbiamo preso casa, naturalmente, avevamo sottovalutato il problema. Non abbiamo un granché di macchina e quindi l’idea era di lasciarla prevalentemente per strada e quando non ci serviva per un po’ andarla a mettere in O.P.G. L’O.P.G., ovvero Ospedale Psichiatrico Giudiziario, è dove lavora Armando: un manicomio criminale insomma, che però ha un parcheggio per i dipendenti. L’idea era di piazzarla là a parcheggio perché è il posto più vicino che abbiamo a disposizione, ma intendiamoci ‘vicino’ per le distanze cittadine. Si tratta in realtà di circa mezz’ora a piedi, quasi tutta in salita e non nella zona più salubre di Napoli. Esiste anche la possibilità di prendere un autobus: basta arrivare a piazza Dante, che non è dietro l’angolo, e lì aspettare con pazienza l’R1. Naturalmente in teoria si dovrebbe fare il biglietto, perché anche se si tratta di tre fermate se il controllore ti acchiappa ti fa 150 euro di multa, quindi alla fine per andare a prendere la macchina devi pure pagare 1 euro. Stesso discorso vale per la metro, con un problemino in più. Anche la stazione della metropolitana sta a piazza Dante ( nel contro storico non bisogna parlare di linee metropolitane perché sotto ci sono gli acquedotti grecoromani) e anche per la metro c’è da fare il biglietto. Il problema aggiuntivo sta nel fatto che questa benedetto O.P.G. sta a via Imbriani, alle spalle c’è Materdei, che non è uno dei quartieri più ‘in’ di Napoli e la fermata a cui bisognerebbe scendere è proprio Materdei: il che di giorno non è un gran problema ma come incomincia a far scuro diventa pericoloso e questo lo dico con cognizione di causa. Una delle volte che Armando è andato a posare la macchina infatti, ha incontrato due giovani rapinatori, dietro la stazione della metro che si sono presi portafoglio, orologio e cellulare. Da quel giorno abbiamo abbandonato l’idea di usare la metropolitana. A questo punto vi starete chiedendo perché non ci tenevamo la macchina sotto casa: bella domanda! I primi giorni, allora andavamo a parcheggiare a via del Sole, vicino al vecchio Policlinico: non era molto comodo perché lontanuccio e poi perché anche lì trovare un posto era una lotteria. Una volta poi, un uomo su una sedia a rotelle motorizzata, ha pure chiamato i vigili perchè stavamo sulle strisce gialle. Da premettere che prima di fermarci, pieni di buste dell’Ikea, avevamo chiesto ai vigili se potevamo sostare cinque minuti giusto per scaricare e, quindi, con il loro permesso stavamo portando la roba a casa. Quello stronzo del vecchio, permettetemi di dirlo, invece di farsi i cazzi suoi è andato ad avvertire altri vigili e quasi si stavano portando via la macchina col carro attrezzi. La cosa più bella è stata poi che ci è venuto pure ad avvertire di far presto che si stavano portando via la macchina. Comunque alla fine 75 euro di multa per colpa di un povero vecchio invalido che non ha niente fare dalla mattina alla sera e gira tutto il giorno sulla sua carrozzella a motore tra via Tribunali e piazza Miraglia rompendo le palle a tutti quanti. In ogni caso da quel giorno eliminammo l’opzione via del Sole e cercammo altre strade. In realtà gli abitanti del centro hanno tutti un rapporto molto strano con le automobili, oggetti scomodi e lontani. Sono pochi quelli che possono permettersi il lusso di parcheggiare sotto casa, nel portone, col posto auto nel palazzo, perché la maggior parte ogni volta che gli serve la macchina deve fare un viaggio per andarsela a prendere. Vicino a casa nostra c’è un solo garage, ma oltre al fatto di chiedere una cifra assurda, è anche tutto pieno e quindi l’abbiamo scartato subito. La strada dove abitiamo è larga circa cinque metri ed in teoria è chiusa al traffico, dico in teoria perché poi le auto e i motorini ci passano lo stesso. Innanzitutto ci abbiamo messo un mese per capire come arrivarci dai vicoletti perché via San Biagio ad un’estremità è chiusa dai paletti di pietra e dell’altro lato c’è una stazione di Polizia, davanti la quale naturalmente è preferibile non farsi vedere spesso con la macchina. Una volta capito come arrivare è iniziata la sfida al parcheggio: è una specie di gioco di ruoli. La strada è tutta piena di negozi, prevalentemente presepi, oggetti sacri, cornici, souvenirs, oreficerie, ma anche abbigliamento, scarpe, detersivi etc.., proprio di fronte al nostro palazzo però c’è il Palazzo del Monte di Pietà del Banco di Napoli, un bel palazzo rosso pompeiano, con una splendida cappella e tutti i tesori del Banco di Napoli. Insomma il succo è che non essendoci i negozi sotto il palazzo si può parcheggiare, ovvero c’è lo spazio per parcheggiare. Il problema è che proprio di fianco al palazzo del Banco di Napoli e nello specifico in linea d’aria diretta con nostro balcone, c’è il vicoletto della Facoltà di Sociologia. Cosa significa questo? Significa che c’è l’immancabile ambulante che vende i libri e che in questo caso si è piazzato con una bancarella lunga cinquanta metri sotto il palazzo del Banco di Napoli occupando gli spazi per il parcheggio. Lo so che in teoria non si potrebbe parcheggiare, ma in teoria non ci dovrebbe stare neanche quello che noi chiamiamo il tipo dei libri. Comunque dopo vari studi e ore di osservazione passate affacciati al balcone abbiamo individuato dei buchi d’orario in cui si può parcheggiare. Il tipo dei libri, che ha le chiavi della Facoltà e mette tutta la sua mercanzia nel vicoletto che è chiuso da un cancello, arriva verso le sette di mattina e piazza la sua roba quasi lungo tutto il perimetro frontale del Palazzo, lasciando lo spazio per una macchina. Verso le cinque, o a volte le sei, se ne va liberando spazio per altre due macchine (già, perché tutto questo casino in realtà è solo per tre posti auto). Appena il tipo sloggia i posti sono già occupati, inoltre in modo del tutto irregolare che non permette quasi mai alla terza macchina di fermarsi, a meno che non sia una Smart. Io e Armando ancora ci chiediamo se sia una specie di dispetto di chi arriva primo, perché certo non si può dire che chi arriva fin qui con l’auto non sa guidare o parcheggiare. Allora dopo le diciannove e fino alle sette si può parcheggiare, se ci riesci. Il sabato e la domenica però la situazione è diversa perché di sabato il tipo dei libri verso le 14.00 se ne va, ma a prendere il suo posto arrivano subito i nigeriani che vendono le borse e che restano fin dopo le 20.00 ( sono dei lavoratori!) Idem la domenica, che il tipo dei libri si prende di festa lasciando spazio ai suoi colleghi. Di domenica però i negozi, sono chiusi ( bisogna escludere il periodo di Natale naturalmente) allora c’è si parcheggia davanti alle saracinesche oppure fino a qualche tempo fa ci si poteva fermare in largo San Gregorio, sì proprio dove inizia la via dei Presepi. Si chiama ‘largo’ ma in realtà non è largo, è solo un spazzietto davanti da una chiesa quasi sempre chiusa: tre o quattro posti auto insomma. Si può parcheggiare solo se i negozi sono chiusi perché quando sono aperti i negozianti vanno a chiamare i vigili ( nostra seconda multa). Mi direste che fanno bene perché io voglio parcheggiare dove non si può: non lo farei sa potessi parcheggiare dove si può. In piazza Grande Archivio c’è lo spazio per le auto solo che io non mi posso fermare, anche se c’è posto, perché c’è un uomo che fitta la piazza. Già proprio come Totò con la fontana di Trevi: Armando (ingenuo!) uno dei primi giorni si fermò, gli si avvicino un tizio che gli chiese di non fermarsi più. A Napoli siamo abituati ai parcheggiatori abusivi e Armando gli chiese rassegnato : “capo quanto vi devo dare?”. Ma questo non era un semplice parcheggiatore abusivo, lui fittava la piazza a mese. Ciò tu per fermarti in quella piazza dovevi pagare 35 euro mensili a quest’uomo, come se fosse un garage, come se la piazza fosse sua e lui ti dava il posto auto. Avendo tutto prenotato allora anche se era vuoto non ci si poteva fermare nessuno perché se arrivava la persona che aveva preso in affitto il posto lo doveva trovare libero. Comunque gli abbiamo lasciato il nome che se libero qualche posto ha detto che ‘ci tiene presente’. Alla fine tra il tipo che fitta la piazza, il tipo dei libri, il vecchio con la carrozzella, i negozianti che chiamano la polizia più di una volta siamo arrivati sotto casa per scaricare cose o la spesa e siamo dovuti tornare indietro oppure girare per ore in cerca di uno posto. Alla fine ci siamo portati la vespa, ma questa è un’altra storia… LA VESPA Vespa Piaggio, px 200 arcobaleno, blu. In una zona dove lo spazio vitale è ridotto al minimo anche un vespetta può creare diversi problemi e anche portare a dei litigi. Premesso che prima di fittare la casa avevamo espressamente chiesto al proprietario se nel cortile del palazzo c’era un posto vespa