Ephemera
Biglietto, prego
Tipografici o illustrati dal XVIII secolo
documentano la storia del turismo
Patrizio Mazzanti
ma destinate ancora per
molti anni a restare private.
Una delle più importanti e
famose, quella di Lorenzo il
Magnifico, già strutturata
prima della sua morte nel
1492, infatti prenderà forma
di museo solo nel 1785 in
pieno clima illuminista.
Grazie alle idee del Secolo
dei Lumi le grandi raccolte
artistiche dinastiche o collezionistiche finalmente si trasformeranno in musei aperti
al pubblico, col riconoscimento del valore didattico e
culturale dei beni artistici,
soprattutto antichi. Ecco
perché è proprio nella seconda metà del Settecento
uando per la prima volta venne
aperto al pubblico un museo? Nel 1471,
quando Papa Sisto IV donò
“al popolo romano” un nucleo di opere d’arte antiche,
fino ad allora conservate nel
palazzo del Laterano, perché venissero esposte in
Campidoglio, dando vita ai
Musei Capitolini. All’epoca
esistevano altre grandi raccolte, soprattutto nelle capitali dei tanti Stati italiani,
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che appaiono i primi biglietti d’ingresso. La visita e il
godimento delle raccolte
non erano più un omaggio
riservato a persone conosciute o potenti, ma a poco a
poco diventeranno un diritto: seguendo regole precise,
si poteva ottenere il permesso e si era liberi di visitare e
“istruirsi”. I primi veri e
propri biglietti d’ingresso
conosciuti erano dei piccoli
documenti cartacei, in parte
prestampati, che venivano
rilasciati al richiedente; di
solito erano intestati a un titolare e a un certo numero
di persone al suo seguito. I
visitatori erano in genere
persone di alto livello sociale che viaggiavano sempre
“in compagnia”, una sorta di
piccola corte.
A NAPOLI
Il biglietto di ingresso più
antico finora conosciuto è relativo alla visita della Reggia
di Capodimonte a Napoli,
dove i Borboni dal 1758 ave-
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vano trasferito le collezioni
d’arte, dando loro una sistemazione più scientifica e didattica. La grande collezione
Farnese arrivò a Napoli portata da Carlo di Borbone
quando da duca di Parma diventò re di Napoli: essa costituiva un importante nucleo, incrementato in modo
straordinario dagli scavi di
Pompei ed Ercolano che in
quegli anni erano molto attivi e si scoprivano tesori a ritmo sostenuto. Nella seconda
metà del Settecento Napoli
era una delle più grandi e
moderne capitali europee, e
molti erano i viaggiatori anche stranieri che si spingevano fino al golfo, attratti soprattutto dagli scavi e dal
rinnovato interesse per l’antichità e la romanità in particolare. Il Neoclassicismo
nacque anche grazie a questi
ritrovamenti e alla diffusione
dei reperti artistici che prendendo la via delle grandi capitali europee serviranno da
modello estetico per le arti.
La passione per gli scavi archeologici divenne così sempre più diffusa e, agli inizi
dell’Ottocento, le richieste
di visitare Pompei venivano
inoltrate al Ministero dell’Interno da parte dei viaggiatori tramite i vari consoli e
ambasciatori residenti. È interessante notare che dopo
pochi decenni dalla dichiarazione di indipendenza, ci
fosse già un console degli
Stati Uniti, anche lui impegnato a istruire pratiche per i
(pochi) viaggiatori americani
a Napoli.
dall’alto e da sinitra:
Perugia, Museo Romualdi
1889, museo privato
dell’avvocato Romualdi
che nella seconda metà
dell’Ottocento aveva raccolto
una collezione di grande
rilievo cittadino.
Non si conoscono
cataloghi, di varie opere
contenute si trovano
accenni nelle
pubblicazioni artistiche
e turistiche dell’epoca.
Il museo venne disperso
all’asta giudiziale
nel 1896 per un recupero
di credito erariale
TIPOLOGIE
I biglietti di ingresso
dalla loro nascita fino
alla fine dell’Ottocento avevano un
aspetto abbastanza
omogeneo dove prevaleva il lato funzionale della loro natura di semplice ricevuta: erano perciò
stampati in tipografia, con pochi fronzoli, dignitosi e seri, come prevedeva la buona burocrazia dell’epoca.
Questa caratteristica vale anche
per gli altri paesi
europei che in
generale partirono più tardi a
rendere pubbliche le collezioni
d’arte (Gemaldegalerie Dresda 1746, Lou-
Scavi di Pompei.
Il ritrovamento della città
sepolta dal Vesuvio ebbe
notevole influenza sullo
stile neoclassico.
La visita a Pompei
diventerà una meta
obbligata per moltissimi
viaggiatori dell’epoca
e poi per il turismo
di massa, come testimoniato
anche da questo biglietto
“notturno” (anteguerra
riciclato e corretto) risalente
al 1950
Torino, Mole Antonelliana,
primi Novecento, secondo biglietto
emesso per la visita
del monumento, lo stile grafico
è tipicamente liberty
Bruxelles, 1910 (signora
con cappello) e Paris, 1867
(uomo con occhi sbarrati), ecco
un originale tipo di biglietto
d’ingresso permanente rilasciato
agli espositori delle esposizioni
internazionali che dal 1851
(Great Exhibition di Londra)
fino alla prima guerra mondiale
furono un fenomeno culturale,
sociale ed economico di enorme
rilevanza in tutto il mondo
occidentale
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vre 1793, Alte Pinakotek Monaco 1836,
National
Gallery
Londra 1824/1838).
Soltanto nel Novecento cominciano a
comparire le illustrazioni nei biglietti.
Antenate delle illustrazioni sono le foto
formato cabinet che
venivano trasformate in biglietti permanenti, una sorta
di moderni “pass”
per i partecipanti alle Grandi Esposizioni. Per trasformare il cartoncino
della foto in biglietto si usava incollare
un talloncino con
data e nome dell’espositore, oppure
con le impressioni a
secco di tali informazioni. La prima esposizione d’arte decorativa del 1902 a Torino non poteva che
avere un biglietto
parlante: è l’esposizione che porta in
Italia il nuovo linguaggio del Liberty.
Negli anni seguenti
compariranno biglietti sempre più
“belli” che, attraverso una ricerca
grafica originale e
creativa, assumevano l’aspetto di
veri e propri manifesti in formato ri-
in apertura:
Roma, Musei Capitolini 1939,
biglietto con una ottima grafica
firmato da Antonio Munoz
(1884-1960), architetto e
storico dell’arte nonché
illustratore di libri
tra cui Roma di Mussolini
(Treves, 1935)
Roma, Quirinale 1857,
biglietto personalizzato
per visitare il Quirinale
quando ancora era una delle
residenze papali. Da notare
sia la definizione dell’orario
di accesso, dipendente
dal calendario liturgico,
sia il divieto d’ingresso
per i servitori in livrea
Roma, Palazzi Vaticani 1887,
biglietto concesso alla Marchesa
Paola Niccolini
con seguito di quattro persone
per la visita classica ai tesori
artistici del Vaticano.
Da notare tra le norme
da seguire il divieto di fumo,
considerato probabilmente
un atto sconveniente piuttosto che
dannoso per la salute
nella colonna
a sinistra, dall’alto:
Firenze, 1911 Esposizione
per il 50° del Regno d’Italia,
biglietto con le caratteristiche
di un bel manifesto
Torino, Mostra del Barocco
Piemontese 1937, il biglietto
riproduce lo straordinario
manifesto dell’illustratore
Nico Edel (1901-1971)
Bellagio, Giardino di Villa
Serbelloni 1923, biglietto
d’ingresso (benché non firmato,
è riconoscibile lo stile di Renzo
C. Ventura), la firma A. Bucher
appartiene al proprietario
dell’epoca della villa-hotel,
la cui famiglia tuttora
gestisce lo storico albergo
con giardino sul lago di Como
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dotto. Qualche volta i biglietti erano firmati da illustratori famosi, ma più spesso erano anonimi, pur raggiungendo comunque un ottimo livello grafico. Alla fine
dell’Ottocento e soprattutto
nel nuovo secolo, anche grazie all’evoluzione dei metodi di riproduzione, i biglietti
assumono aspetti interessanti. Ne sono un esempio i biglietti cumulativi per visitare
i monumenti di San Gimignano, una piccola città che
evidentemente da tempo
guardava alla qualità della
sua offerta turistica, anche
nei piccoli particolari. La
diffusione di biglietti illustrati (o quanto meno con
un’immagine
tipografica
gradevole) darà loro il valore
aggiunto di oggetto di promozione, di ricordo di un
viaggio meritevole anche di
essere conservato in un libro
o in una guida. Quando a distanza di anni i biglietti
escono dai libri in modo fortuito presentano una perfetta conservazione, per la felicità di appassionati collezionisti e raccoglitori.
BIGLIETTI CUMULATIVI
Già nei primi anni del Novecento centri turistici grandi e
piccoli cercavano, attraverso
l’introduzione di biglietti cumulativi, di aumentare l’offerta turistica. Collegando
monumenti minori a quelli
di maggior richiamo si voleva soddisfare un sempre più
elevato numero di turisti,
fronto tra il biglietto cumulativo per la visita ai monumenti di Fermo e quello di
Nimes: sono della stessa
epoca – circa 1960-70 – e
presentano una tale somiglianza grafica che è difficile
pensare al caso. Pare un plagio bello e buono; quale
delle amministrazioni abbia
copiato l’altra non è forse
molto importante, comunque solo Nimes ha continuato per decenni a usare
quel tipo di biglietto.
IL MUSEO
DI CAPODIMONTE
promuovendo anche siti poco conosciuti dove talvolta si
celavano tesori straordinari.
Sostanzialmente esistono
due tipi di biglietti cumulativi: i più comuni sono quelli che si presentano come
una unica pagina illustrata
con i vari monumenti e spazi
predisposti dove i custodi
segnano i vari ingressi; i più
rari invece sono quelli a libretto dove a ogni pagina
corrisponde un tagliando
che viene staccato all’ingresso di ogni luogo (così al turista resterà il libretto matrice). Dal punto di vista este-
Napoli, Museo di Capodimonte, 12 marzo 1792.
A tutt’oggi questo è il
biglietto più vecchio
conosciuto dall’autore. Il
Palazzo di Capodimonte
venne fondato da Carlo
di Borbone nel 1738
come casino di caccia e
poi come adeguata sede
delle collezioni d’arte
ereditate dalla madre Elisabetta Farnese. Dall’apertura nel 1759 al 1806
le collezioni erano note
anche con il nome di
museo Farnesiano. Questo è un permesso personale di visita rilasciato a
D. Giovanni, D. Pietro,
D. Francesco Labonia,
D. Fedele de Novellis e
D. Raffaele Giuvanna.
Firmato dal principe Spinelli di Tarsia per conto
di Ferdinando IV di Borbone.
tico si potrebbe fare inoltre
un’altra distinzione: libretti
con copertina curata, firmata
dal disegnatore, ma con biglietti interni molto semplici
recanti la descrizione del
monumento, come quelli di
Spoleto degli anni Venti (D.
Diano); viceversa altri libretti associano una copertina
molto semplice a biglietti
splendidi, con riproduzioni
di acquerelli dei vari monumenti da visitare, come il biglietto cumulativo ai musei
comunali veneziani degli anni Trenta (A. Sezanne). Un
cenno a parte merita il con-
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Ephemera
dall’alto:
Ingressi cumulativi di Fermo
e di Nîmes, entrambi della
seconda metà del Novecento,
la veste grafica talmente simile
da sembrare quasi copiata
Primo biglietto cumulativo
per visitare i monumenti
di San Gimignano, illustrato
da Antonio Salvetti (18541931) architetto pittore
e politico, figura di intellettuale
di Colle Val d’Elsa; l’immagine
del 1925 e verrà mantenuta
per oltre 50 anni
a fronte, in basso a destra:
Tivoli, Villa d’Este. Questo
è probabilmente il primo
biglietto di ingresso, di gusto
liberty. La villa, ancora
di proprietà degli Este-Asburgo,
passò allo Stato all’inizio
della prima guerra mondiale.
Dopo un profondo restauro,
la stupenda villa cinquecentesca
venne aperta al pubblico
nel primo dopoguerra
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dall’alto e da sinistra:
Pisa, Monumenti di Piazza
dei Miracoli, biglietto del 1910
Firenze, Casa Bonarroti. Esempi
di biglietti che mantengono
la stessa immagine per quasi 100
anni, adeguando solo il costo
Taormina, Teatro Greco 1947,
nel dopoguerra si cercava di fare
economia su tutto, e i biglietti
del periodo fascista venivano
riciclati soprastampando
il nuovo prezzo e coprendo
i simboli del passato
Milano, Museo Poldi Pezzoli,
il quadro simbolo del museo
aperto nel 1881 fu prima
attribuito a Piero
della Francesca, poi all’inizio
del Novecento definitivamente
al Pollaiolo, come mostrano
chiaramente i due biglietti
d’ingresso
SOGGETTI ALLE MODE
Ci sono monumenti che nel
giro degli ultimi settanta-ottant’anni hanno cambiato più
volte la grafica dei loro biglietti, adeguandosi al cambiamento del gusto e delle
mode: per esempio i monumenti del Campo dei Mira-
coli di Pisa, i monumenti di
Volterra – soprattutto il Museo Guarnacci – e il pozzo di
San Patrizio a Orvieto. Altri
invece hanno mantenuto per
molti decenni lo stesso cliché
cambiando solo il prezzo come il Palazzo Te a Mantova,
la Casa di Raffaello a Urbino,
la Casa di Michelangelo a Firenze, la Solfatara a Pozzuoli.
Una curiosità storica riguarda
i biglietti statali con l’emblema del fascio littorio che talvolta hanno mantenuto la loro validità anche dopo la
guerra: evidentemente ne
erano state stampate grandi
quantità, e il fatto che durante gli ultimi anni del conflitto
il numero dei visitatori fosse
crollato spiega il mancato
consumo delle scorte. Questi
biglietti, piuttosto rari, riguardano monumenti sparsi per
l’Italia: Cappelle Medicee a
Firenze, Teatro Greco a
Taormina.
Ci sono poi biglietti che denotano un’attenzione e una
disponibilità economica no-
IL MAMMUT DEL
PEALE MUSEUM
Questo piccolo biglietto
testimonia la straordinaria
vicenda di uno dei primi
musei degli Stati Uniti.
Charles W. Peale, pittore
e uomo di cultura poliedrico, fondò un museo
privato a Philadelphia intorno al 1785, raccogliendo soprattutto minerali e
fossili. Nel 1801, appoggiato dalla Philosophical
Society e dall’amico Thomas Jefferson – terzo presidente degli Stati Uniti –
scavò le ossa di un mammut (o mastodonte americano), ricomponendo poi
lo scheletro nel museo. Il
successo fu enorme. Anche dopo che per diverse
vicende il museo venne
prima trasferito a New
York e poi a Baltimora, il
grande scheletro rimase
l’attrazione principale,
tanto che in questo biglietto si cita il peso delle
ossa esposte. Il biglietto
risale al periodo 18301839. Il Peale Museum è l’antenato di
due importanti musei
statunitensi: l’American Museum of Natural History di New
York e il Baltimore
Museum of Art.
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tevole: consistono in un cartoncino che reca in parte le
informazioni a stampa e in
parte uno spazio vuoto, destinato a contenere la riproduzione di un’opera rappresentativa del museo. Esempi sono dati dal Museo Poldi Pezzoli a Milano, dai musei di
Palazzo Bianco e Palazzo
Rosso di Genova. Un’ulteriore storia raccontano i primi
biglietti della casa museo
Poldi Pezzoli. Nel 1881, all’apertura del museo, il
quadro top della
collezione – ritratto di donna – era considerato opera
di Piero della
Francesca; poi
in quegli anni di
grande fervore
critico l’attribuzione
venne contestata da
più parti, così nei primi
anni del Novecento venne
prima assegnata ad Antonio
del Pollaiolo, poi anche al
fratello Piero e tuttora il
quadro è variamente attribuito a entrambi i fratelli. Purtroppo i biglietti
successivi non furono
più illustrati. Dello stesso tipo – a illustrazione
incollata – è un raro biglietto per la salita sulla
Tour Eiffel. Nei primi
dieci anni dalla costruzione il biglietto conteneva una vera foto
(all’albumina), e serviva da ricordo di
quella che doveva essere una
straordinaria esperienza.
VERSO L’INDIA
Leeds, biglietto valido per due persone per assistere all’esposizione del quadro Eastward, ho! dipinto nel 1857 in occasione della partenza per l’India dell’esercito inglese per
sedare la rivolta dei Sepoy; nel 1859 lo stesso pittore riscosse un altrettanto grande successo di pubblico con Home
Again. Si trattava di quadri storicisti che erano molto apprezzati più per il loro valore simbolico che per il livello artistico.
Henry Nelson O’Neil era un accreditato pittore vittoriano,
in netta opposizione al movimento preraffaellita.
UNA “ZARAFA” PER CARLO X
A Parigi, al Muséum royal d’Histoire naturelle, dal 1827 veniva emesso un biglietto per vedere una giraffa arrivata da
lontano, ma solo dall’una alle cinque del pomeriggio: infatti
ogni mattina veniva accuratamente pettinata dallo stesso inserviente che l’aveva accompagnata nel lungo viaggio. Mehemet Ali, viceré d’Egitto, aveva deciso di inviare un regalo
straordinario al re di Francia: una giovane giraffa venne perciò catturata nel Sudan e dopo un viaggio di migliaia di chilometri a dorso di dromedario, feluca sul Nilo e nave arrivò
a Marsiglia nel novembre 1826. Grande e immediato fu lo
scalpore che suscitò la vista di questo animale, per la prima
volta in Europa dopo secoli. Mentre la giraffa svernava a
Marsiglia e durante i quarantadue giorni impiegati per arrivare a piedi a Parigi al cospetto di Carlo X, nella Francia della Restaurazione si diffuse la giraffomania: nacquero le pettinature alla giraffa, dolci e giocattoli per i bambini a lei ispirati, porcellane e dipinti con la sua immagine, ventagli, tabacchiere, almanacchi e una curiosità crescente per quell’animale esotico chiamato anche camelopardo. La fama via via
cresceva: dovrà fermarsi tre giorni a Lione dove verrà ammirata da 30mila persone, compresa una vegliarda di 113 anni. La Zarafa, così chiamata dal nome arabo, vivrà a Parigi
per diciott’anni fino al 1845. Verrà poi imbalsamata ed esposta a La Rochelle, dove subirà un bombardamento durante
l’ultima guerra. Solo la testa è ancora conservata. (Per saperne di più: Michael Allin, Zarafa, Garzanti 2000)
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dall’alto:
Milano, Esposizione del cattivo
gusto (anni Trenta circa),
organizzata da La Famiglia
Artistica, biglietto stampato
su leziosi centrini, gli stessi
(o simili a quelli) usati
in pasticceria
Roma, biglietto d’ingresso
all’Aeroporto dell’Urbe
a Ciampino fondato nel 1938
Paris Tour Eiffel, 1892, biglietto
ricordo dell’ascensione al 1° piano
Tutte le riproduzioni sono tratte
dalla collezione dell’autore
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