L'ESPERIENZA DELLO SPIRITO SANTO NEI GRUPPI E NELLE
COMUNITA' DEL RnS
Sebastiano Fascetta - Coordinatore Regione Sicilia del RnS
Confortati dallo Spirito Santo vogliamo riflettere insieme, con molta semplicità, sull'identità dei RnS
consapevoli che il volto di questo movimento è una realtà dinamica in evoluzione che non si può definire
una volta per tutte, ma che bisogna riscoprire continuamente in un attento discernimento dei segni dei
tempi e dei bisogni attuali, in ascolto dello Spirito e dei magistero della Chiesa.
Fin dall'inizio della nostra conversazione, dobbiamo riconoscere che l'ostacolo più difficile da superare per
giungere a una serena verifica dei cammino dei gruppi e comunità dei RnS è l'ammettere di sentirci sicuri, di
aver acquisito pienamente l'identità o di essere sempre e infallibilmente nella verità senza avvertire
l'esigenza di una profonda verifica o di un confronto.
L'arte dei discernimento si affina sempre più quando non diamo nulla per scontato e cerchiamo invece di
esaminare ogni cosa. Infatti, tra i due estremi "non spegnete lo Spirito" (1 Ts 5, 19) e "non prestate fede a
ogni spirito" (cf 1 Gv 4, 1) troviamo: "esaminate ogni cosa ritenendo ciò che è buono" (cf 1 Ts 5, 2 1).
Siamo chiamati, in quanto animatori, a esaminare ogni cosa per accogliere con chiarezza la volontà di Dio
per la vita dei RnS e per la sua stessa identità. Per identità intendiamo la specificità, la fisionomia dei RnS
che si esplicita attraverso modalità proprie che rendono possibile l'esperienza dello Spirito quali il
seminario di vita nuova in preparazione alla preghiera per una nuova effusione, la preghiera comunitaria
carismatica, l'esercizio dei carismi, la gestualità, l'annuncio kerigmatico della parola di Dio, l'accoglienza,
l'animazione dei canto... ecco, questi sono tutti segni esteriori che conducono a un'esperienza dello Spirito
e costituiscono gli elementi distintivi dei RnS.
Frutto dell'esperienza dello Spirito Santo è l'appartenenza a Cristo, alla Chiesa, ai fratelli e aggiungerei al
RnS, Per mezzo dei battesimo siamo diventati tempio dello Spirito Santo e apparteniamo a Cristo: "Non
sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non
appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo" (1 Cor 6, 19).Appartenere a Cristo vuoi
dire "avere Dio" e nello stesso tempo "essere" di Dio, avere la "vita" e donare la propria vita al Signore.
Appartenere a Cristo vuoi dire appartenere alla Chiesa che è il suo corpo. Siamo infatti per mezzo dello
Spirito incorporati a Cristo e simultaneamente al suo corpo: la Chiesa: " E in realtà noi tutti siamo stati
battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo" (Cor 12, 13). 'appartenenza alla Chiesa si realizza
pienamente attraverso la partecipazione all'Eucaristia e a tutta la vita ecclesiale in comunione con il
Vescovo e i presbiteri. Non ci può essere infatti identità personale né tanto meno il RnS può avere una sua
identità senza appartenenza ecclesiale.
All'interno dei gruppi e comunità del RnS l'appartenenza si realizza nel donare la propria vita ai fratelli nella
reciproca sottomissione. Questo richiede assiduità nelle relazioni fraterne oltre che capacità di
comunicazione e di trasmissione dell'amore di Dio effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (Rm
5,5)
Appartenere al Rns vuol dire condividerne pienamente la visione spirituale, la sua specificità attraverso un
impegno costante all'interno del gruppo o comunità. Il Rns è una chiamata particolare che esige una
risposta libera e radicale che deve coinvolgere pienamente la nostra vita sia sotto il profilo umano che
spirituale. Senza partecipazione attiva alla vita del gruppo e della comunità, mettendo a servizio degli altri il
proprio tempo, i propri talenti, i doni naturali e i carismi ricevuti non c'è vero impegno di vita, non c'è
appartenenza.
L'esperienza dello Spirito
L'esperienza è la caratteristica propria della vita cristiana. Il cristiano, infatti, non ha alcune idee su Dio che
gli fanno assumere un determinato comportamento, ma vive di persona una -esperienza vitale di Dio.
Per parlare di esperienza spirituale dobbiamo considerare tre cose:
- l'evento;
- il cammino di conversione nella storia;
- la vita comunitaria: la presenza degli altri.
Questi tre punti ci rimandano all'episodio di Pentecoste:
1) L'evento è dato dalla discesa dello Spirito Santo. "Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento
che si abbatte gagliardo" (At 2, 2).L'esperienza è quindi qualcosa che ci sorprende e si impone.
2) Lo Spirito Santo suscita un cammino spirituale che porta verso nuovi orizzonti, verso nuovi itinerari che
determinano un continuo mutamento dei cuori e una sempre maggiore conoscenza dell'opera di Dio nella
propria vita e nella storia, per comprendere "L'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità" dell'amore
di Dio ed essere ricolmi della sua pienezza (cf Ef 3, 18-19).Questa esperienza è anzitutto un movimento
interiore, un continuo rinnovamento dei cuore. L'evento diventa il luogo privilegiato, il motivo per un
cammino nuovo nella duplice dinamica dei già e non ancora che comprendiamo in san Paolo: "sappiamo di
essere conquistati da Cristo ma di doverlo ancora conquistare; siamo santi ma nello stesso tempo chiamati
a essere santi, siamo protesi verso il futuro senza aver conquistato il premio" (cf Fil 3). Se non c'è questa
tensione possiamo correre il rischio di fare dell'esperienza momentanea l'esperienza assoluta e definitiva
che non ci proietta in un autentico cammino di conversione. Dall'evento di Pentecoste deduciamo che lo
Spirito Santo agisce secondo due livelli interdipendenti:
- livello santificante: riempie i cuori: "tutti furono ripieni ... "
- livello carismatico: "dà loro potere di esprimersi in altre lingue".
3) La vita comunitaria è il primo frutto della Pentecoste, è luogo della trasmissione della fede e
dell'esperienza spirituale che testimonia l'opera dello Spirito Santo (At 2, 42).
La comunità cristiana, quale dono dello Spirito effuso dal Cristo risorto, è l'antitesi di Babele. A Babele si
cerca affannosamente di vivere in unità secondo strategie umane che portano all'orgoglio e alla
disgregazione, mentre a Gerusalemme si riceve la comunione come dono che viene dall'alto. Lo Spirito
Santo è la comunione dei Padre e dei Figlio; chi lo accoglie entra quindi nel flusso della comunione trinitaria
riconoscendo in ogni uomo il volto e la presenza di Dio. Dove c'è lo Spirito Santo c'è comunione perché c'è
l'amore di Dio (cf Rm 5, 5). Lo Spirito Santo incide nei nostri cuori la legge nuova (cf Ger 31, 31; 2 Cor 3) e
liberandoci dalla logica dei possedere e dell'avere ci rende capaci di "tenere ogni cosa in comune", di uscire
dai bisogni personali per prenderci cura delle necessità degli altri: "chi aveva proprietà e sostanze le
vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno" (At 2, 45). Tale comunione si esprime
nelle prime comunità cristiane in una nuova capacità di comunicare le grandi opere di Dio.
Vivere sotto la signoria di Cristo
Proprio a partire dall'esperienza della Pentecoste possiamo fare una lettura dei nostro incontro con lo
Spirito per verificare l'identità dei RnS come evento, il cammino spirituale di conversione e di comunione
fraterna, l'esperienza dei carismi.
L'evento centrale all'interno dei RnS è l'effusione dello Spirito che rinnova quanto accaduto a Pentecoste ed
è uno dei modi con cui Gesù risorto continua la sua opera: battezzare l'umanità nello Spirito. Attraverso il
seminario di vita nuova ci si prepara per ricevere una nuova e straordinaria effusione dello Spirito Santo che
porta a una personale consapevolezza della signoria di Gesù, alla riscoperta della grazia battesimale (e di
tutta l'iniziazione cristiana), a un modo nuovo di pregare e di dar lode a Dio, al gusto per la parola di Dio e
per l'Eucaristia oltre che la forza per assolvere a compiti e servizi particolari mettendo a disposizione di tutti
i carismi ricevuti, per cui si ama in modo particolare la Chiesa e si acquisisce un modo nuovo di relazionarsi
con gli altri.
L'effusione segna un cammino. di conversione nella tensione dei "già e non ancora", infatti, non passiamo
in maniera netta dai peccato alla conversione e dalla conversione alla perfezione, ma siamo in uno stato di
conversione permanente, in un continuo processo di trasformazione per essere conformati dallo Spirito a
immagine dei Figlio. Con l'effusione non diventiamo automaticamente uomini spirituali, ma ogni giorno,
incontro dopo incontro, evento dopo evento, in una costante vigilanza e lotta spirituale, siamo chiamati a
rispondere all'appello di Gesù alla conversione.
Il bisogno continuo di conversione che ha inizio con l'effusione ci fa essere sempre più ricettivi nei confronti
dello Spirito che non si effonde solo durante quella preghiera di effusione, ma ogni avvenimento ecclesiale,
ogni momento della vita dei gruppo e della comunità sono tempo di grazia. Ciò vuoi dire, ad esempio, che la
preghiera comunitaria carismatica è luogo permanente di effusione dello Spirito Santo per un autentico
rinnovamento dei cuori.
Conversioni e carismi
Tutta l'esperienza dei RnS si può sintetizzare nell'espressione ormai comune nei nostri gruppi e comunità:
"Gesù è il Signore", che esprime bene il cammino di conversione e l'esperienza dei carismi.
I binomi "conversione e carismi", "santità e carismi", sono alla base della vita dei nostri gruppi e comunità.
Non bisogna però cedere alla tentazione di confondere la finalità - conversione e santità - con i mezzi - i
carismi - perché entrambi sono connaturali per un'autentica esperienza dello Spirito; infatti, un
affievolimento dei cammino di conversione determina anche un affievolimento dell'esperienza carismatica
e viceversa. La presenza e l'esperienza dei carismi a partire dall'effusione è la prova che lo Spirito sta
operando nei nostri cuori la conversione a Dio.
Non a caso, fin dal sorgere dei primi gruppi in Italia, si decise di scegliere come denominazione
Rinnovamento nello Spirito Santo piuttosto che Rinnovamento carismatico per evitare di confondere il fine
con i mezzi.
L'urgenza del cammino di conversione
Se nei nostri gruppi si è attenuata l'esperienza carismatica dovremmo chiederci se viviamo la vita nuova
nello Spirito, se diamo testimonianza di quanto sia bello e gioioso consegnare la propria vita al Signore
dando prova della qualità, della consistenza della propria fede, speranza e carità che traspare dal modo
nuovo di parlare, agire, ascoltare, vedere e scegliere, dal modo semplice di esercitare i carismi, dalla fedeltà
alla Chiesa, dall'assiduità al cammino dei RnS, dalla capacità di comunicare con tutti i fratelli e con tutti gli
uomini senza fare alcuna preferenza, senza antipatie e simpatie, dal modo di vivere nella propria famiglia e
nella società.
Questa è la vera differenza tra effusionato e non effusionato. Qualche volta, invece, sembra che l'effusione
venga intesa e vissuta come un privilegio, un premio mediante il quale possiamo reclamare il nostro diritto
di far parte dei pastorale o di un particolare ministero, per avere un ruolo di prestigio. Chi ha esperienza
della discesa dello Spirito Santo nella propria vita non si preoccupa tanto di fare qualcosa bensì di essere in
comunione con Dio. Diceva il cardinale Ballestrero: "Abbiamo bisogno di una Chiesa dove ci siano meno
faccendieri e più veri adoratori del Signore" Questa è una verità evangelica: "Un giorno dissero a Gesù: cosa
dobbiamo fare per compiere le opere di Dio? Rispose: Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha
mandato" (Gv 6, 29). ~ chiaro il primato della fede rispetto a quello dei fare, dell'attivismo.
Si cresce nella fede se si vive il primato dell'ascolto della parola di Dio e della preghiera personale. Lo Spirito
Santo trasforma il caos in ordine, ciò vuoi dire che ci immette in un cammino di discepolato alla scuola di
Gesù rimanendo saldi nel suo amore. Lo Spirito Santo ci libera da una vita interiore frammentata, frenetica,
caotica per un cammino di unificazione interiore che ci porta ad "adorare Cristo nei nostri cuori " (1 Pt 3,
15) e a testimoniare che non siamo più noi che viviamo ma Cristo vive in noi (cf Gai 2, 20).
La fede si esprime nel nostro modo di parlare, di pensare, di agire nel gruppo, nella comunità e nella
società.
L'urgenza di una verifica spirituale del seminario di vita nuova
L'identità del RnS quale esperienza di conversione e vita carismatica viene trasmessa innanzitutto durante il
seminario di vita nuova in preparazione alla preghiera di effusione per cui è opportuno non dare per
scontato l'efficacia di questo momento, ma valutare attentamente se favorisce realmente una personale
presa di coscienza della signoria di Gesù.
il seminario, infatti, dev'essere un tempo esperienziale e di annuncio kerigmatico, non catechetico, che non
trasmetta soltanto concetti sulla realtà dello Spirito Santo senza alcun coinvolgimento personale che porta
a decidersi per il Signore.
Per evitare tali pericoli dobbiamo verificare di volta in volta da chi e come viene condotto il seminario di
vita nuova, tenendo conto dei fatto che non è opportuno affidarlo a quanti non esprimono con chiarezza
l'identità dei RnS o che magari nutrono alcune riserve sul cammino. Non è sufficiente essere effusionati per
condurre un seminario, bisogna credere nella potenza dello Spirito accogliendo con gratitudine e
riconoscenza tutti quei carismi necessari per l'edificazione dei fratelli, in un cammino di comunione nel
gruppo ,e con tutto il RnS.
L'efficacia dei seminario e dell'effusione non dipendono dalle formule, dalla perfetta organizzazione ma da
come, liberi da ogni ritualismo, schematismo, sicurezza e abitudine, ci lasciamo usare dallo Spirito Santo. li
seminario di vita nuova nello Spirito è una tappa importante per il cammino e il futuro dei RnS, nello stesso
tempo è il termometro della crescita spirituale e carismatica dei gruppo.
Seminari di vita nuova fiacchi, ripetitivi, condotti con superficialità senza alcun impulso carismatico e
profetico che riducono la preghiera di effusione a semplice invocazione, senza fiducia nella potenza dello
Spirito Santo danno origine a un RnS fiacco, spento fin dal suo nascere e che non incide nel cammino
personale di conversione né tanto meno nel cammino ecclesiale.
L'efficacia dell'effusione è dovuta alla fede di chi prega e di chi si prepara a ricevere tale evento. Lo Spirito si
manifesta se desiderato, se invocato. Se non c'è un sincero desiderio di Dio difficilmente la preghiera di
effusione darà effetti di vita nuova: "Chi ha sete venga e beva " (Gv 7, 37).
La preghiera per una nuova effusione dello Spirito Santo, infatti, si compie nel duplice movimento di attesainvocazione e di accoglienza. Se non c'è attesa perseverante dello Spirito nella preghiera non possiamo
neanche accoglierlo nei nostri cuori perché difficilmente percepiremo la sua presenza.
Perché tutto questo si verifichi sono necessari: un'attenta vigilanza, un discernimento costante che
favorisca l'esercizio dei carismi e l'accompagnamento spirituale nei confronti dei fratelli effusionandi per
potere comprendere le loro difficoltà e i loro bisogni.
Bisogna chiarire inoltre la differenza tra la preghiera di effusione preparata attraverso il seminario e
l'effusione spontanea
- Certamente ogni effusione è spontanea poiché è evento che ci sorprende e si impone; la preghiera di
effusione, infatti, non determina una discesa automatica dello Spirito Santo che il Cristo risorto effonde
liberamente e in misura della nostra fede. La differenza consiste nel fatto che l'effusione cosiddetta
spontanea, non trovando dei cuori ben predisposti e preparati come nei caso di chi consapevolmente ha
frequentato il seminario di vita nuova, non rende pienamente coscienti dell'urgenza di un cammino di
conversione nella totale sottomissione della propria vita alla signoria di Gesù. Ecco perché chi riceve
un'effusione spontanea deve seguire la via "ordinaria", cioè frequentare un seminario di vita nuova.
Carismatici o uomini spirituali?
Per una panoramica ancor più chiara dell'esperienza dello Spirito e della connaturale relazione tra
conversione e carismi ritengo sia necessario riappropriarci dei vero significato dei termine carismatico.
Infatti, con il sopraggiungere di altre esperienze in Italia sotto la denominazione di Rinnovamento
carismatico, si è creata un po' di confusione che ha portato qualcuno a credere che nei nostri gruppi non ci
sono più carismi o che il RnS ha scelto più l'aspetto interiore spirituale soffocando le manifestazioni
particolari dello Spirito, per cui si parla di perdita della carismaticità. In realtà il RnS sta sì cambiando, ma
tale cambiamento ci porta ad avere un atteggiamento più maturo per poter dare il giusto valore ai carismi
che ci aiuti nella crescita spirituale personale e di conseguenza dei nostri gruppi e comunità. In questo
cammino è necessario, però, essere vigilanti per non cadere in due tentazioni ricorrenti: leaderismo
carismatismo.
Il cambiamento che oggi il Signore ci chiede è quello di una nuova maturità dell'esperienza carismatica che
non è fine a se stessa ma ha lo scopo di trasmettere la testimonianza di una vita nuova per l'edificazione
della comunità. E' significativo, infatti, che san Paolo, pur parlando dei carismi, non definisce mai il cristiano
uomo carismatico bensì uomo spirituale, mosso, guidato, condotto dallo Spirito che mette a servizio degli
altri i carismi ricevuti. La Scrittura ci insegna che si possono avere i carismi, ma essere uomini carnali:
"Signore abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni e compiuto miracoli nel tuo nome? Non vi
ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità" (cf Mt 7, 21-23).1 Corinzi, ad esempio,
assolutizzando l'esperienza di alcuni carismi correvano il rischio di ritornare al culto pagano lasciandosi
trascinare dall'impulso dei momento (cf 1 Cor 12,1).Per san Paolo criterio sicuro di discernimento
dell'autenticità dell'esperienza carismatica non è il suo carattere estatico e straordinario, ma se essa
conduce o meno alla confessione dossologica del Signore, all'adesione della sua persona e del suo vangelo.
Tommaso Beck affermava: "Il carattere carismatico non è precipuamente fondato sulla straordinarietà ed
eccezionalità, ma sulla forza di portare Cristo". In questo consiste il salto di qualità.
Il vero carismatico nel RnS come nella Chiesa non è colui che fa sfoggio dei carisma come se avesse ricevuto
un particolare potere che lo abilita a dominare con atteggiamenti di superiorità generando negli altri un
complesso di inferiorità, ma chi favorisce un'autentica esperienza della signoria d Gesù. I carismi producono
effetti di conversione negli altri quando chi li esercita vive sotto la signoria di Gesù.
San Paolo inoltre, nel tentativo dì stabilire una gerarchia carismatica, mette al primo posto gli apostoli, poi i
profeti e i maestri rispetto al carisma dei miracoli (cf 1 Cor 12, 27). Noi siamo invece tendenzialmente
portati a definire un fratello carismatico se ha un carisma di guarigione, di liberazione o di conoscenza
mentre difficilmente definiamo carismatico chi evangelizza o si preoccupa della formazione e della
catechesi nei gruppi.
Alla luce di queste considerazioni mi permetto di dire che non è carismatico colui che esercita un carisma
creando una sorta di dipendenza negli altri in modo tale che tutta la vita dei gruppo dipenda dalla sua
personalità carismatica; che annuncia guarigioni carpendo i bisogni di quanti soffrono, alimentando false
attese, senza mai verificare se le guarigioni realmente avvengono; che pur avendo un carisma crea un clima
spettacolare e di suggestione; che con faciloneria, con un semplice sguardo o "tocco particolare" individua
nelle persone l'opera di Dio o l'opera dei maligno; che usa la profezia come oroscopo, pronto a fornire brani
biblici per ogni bisogno e necessità; che si auto-riconosce un carisma e non accetta nessuna verifica o
correzione da parte di nessuno perché altrimenti crede di venire meno al mandato ricevuto direttamente
dal Signore.
Invece è carismatico colui che, sottomesso allo Spirito Santo, ventiquattro ore su ventiquattro, nell'umile
esercizio dei carisma favorisce un'autentica esperienza della signoria di Gesù; che con molto timore e
trepidazione, consapevole della sua debolezza, dona ai fratelli ciò che ha ricevuto, senza arroganza, senza
pretese, senza cercare la propria gloria o il proprio successo.
Per una rifioritura dell'esperienza carismatica suggerirei:
- intensificare il cammino di conversione;
- invocare con fiducia nella propria vita la potenza dello Spirito Santo senza dare nulla per scontato;
- accogliere con gratitudine e riconoscenza i carismi che lo Spirito elargisce senza pregiudizi;
- evitare di isolarsi nel cammino spirituale e carismatico;
- far riferimento a quanti sono stati preposti a essere guide nel RnS accreditati soprattutto per la loro
ortodossia e fervore spirituale e carismatico;
- crescere nella stima di se stessi e nella stima dei fratelli;
- combattere ogni sentimento di gelosia, invidia, ogni forma di critica e di maldicenza evitando di rattristare
lo Spirito nella vita personale e comunitaria;
- gioire per i doni degli altri;
- crescere nell'umile desiderio di chi vuoi mettersi a servizio dei fratelli;
- crescere nel senso di appartenenza.
In modo particolare ritengo che la preghiera e l'essere in comunione sono le condizioni necessarie per una
fioritura dei carismi. Quando viene meno la preghiera personale e comunitaria si affievolisce l'esperienza
spirituale e carismatica. Non a caso Pietro nella sua Prima lettera nell'esortare i credenti a "vivere secondo
il carisma ricevuto" richiama alla vigilanza perché "la fine di tutte le cose è vicina" e in particolare esorta a
essere "moderati e sobri per dedicarsi alla preghiera" (cf 1 Pt 4, 7).
La preghiera è lo spazio privilegiato e insostituibile per crescere ed esercitare la propria fede in Dio. La
preghiera è la fede eloquente. Se dopo anni di esperienza carismatica invece di crescere nell'abbandono in
Dio ci siamo abituati ai carismi senza più desiderarli, senza accoglierli come sorprese di Dio ma ritenendoli
doni che ci sono dovuti o che ormai abbiamo acquisito per anzianità di cammino, si affievolisce l'esperienza
carismatica. In questa situazione la soluzione da prendere non è quella di ricordare con nostalgia il passato
o l'entusiasmo degli inizi. Chi infatti si ferma a queste considerazioni invece di camminare va a ritroso e
regredisce spiritualmente. Il passato, semmai, serve per farci intravedere il nuovo. Per uscire da situazioni
di appiattimento bisogna piuttosto chiedere con umiltà una nuova effusione di Spirito Santo pregando
insistentemente, chiedendo al Signore il dono dello stupore.
Lo stupore è proprio di chi si lascia sorprendere perché accoglie ogni cosa come dono gratuito. Siamo
chiamati a riscoprire quei doni e carismi che ormai da tempo esercitiamo nel gruppo come sorprese, novità
dello Spirito, per crescere nell'abbandono e riconoscere le cose nuove che continuamente opera l'amore di
Dio.
In alcuni casi, invece, ci si scoraggia perché magari si è in pochi a esercitare un carisma e ci si impaurisce al
punto che si finisce per uniformarsi a quanti non riescono ad accogliere l'azione carismatica. Anche se si è
in pochi non bisogna scoraggiarsi perché più si esercitano i carismi più il gruppo e la comunità si aprono
all'azione carismatica come per contagio.
Il contagio è favorito dalla comunione dei cuore. Il carisma in sé è sempre una realtà per l'utilità comune e
non personale. Inoltre c'è comunione se c'è accoglienza. L'accoglienza è la premessa per crescere nella
comunione. L'importante che ognuno si senta a proprio agio perché accolto e amato. Il primato
dell'accoglienza è dei consiglio pastorale, dei responsabili chiamati a essere premurosi nell'ospitalità e
solleciti per le necessità degli altri (cf Rm 12).
Frutto dell'accoglienza è la conoscenza e la stima reciproca che elimina il tarlo dei sospetto e della
divisione.
La ministerialità
Non basta accogliere i carismi: bisogna anche metterli a servizio degli altri in modo tale che il gruppo non
assuma la forma di un corpo scompaginato e sconnesso, ma sia invece ben armonizzato in tutte le sue
funzioni e articolazioni. Chi coordina tutto è l'organo pastorale il quale deve preoccuparsi di individuare i
carismi, stabilire i ministeri e renderli operativi per la crescita di tutta la comunità.
I ministeri non istituzionalizzano il carisma né diventano luogo di specializzazione, ma piuttosto favoriscono
la crescita di ognuno nella carismaticità e nell'affinamento dei discernimento spirituale per un migliore
esercizio dei carismi.
La ministerialità in quanto diaconia deve manifestare la presenza, nella comunità, dei Cristo servo che "si
alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita e cominciò a lavare i
piedi" (Gv 13, 5).
La formazione ministeriale non ha l'obiettivo di studiare e investigare la natura del carisma (sant'Agostino
infatti afferma che non è utile investigare troppo sulla natura dei carismi) ma di approfondire il come usare
i carismi per l'utilità comune.
La formazione ministeriale dovrebbe approfondire due aspetti:
- quello spirituale con particolare attenzione all'umiltà, all'obbedienza, alla comunione, al discernimento, al
senso di appartenenza, alle qualità spirituali dei servo;
- quello pastorale: come operare all'interno dei gruppo, quali sono le finalità dei ministero in relazione al
carisma specifico, quali tappe percorrere per raggiungere gli obiettivi, come interagire con gli altri carismi e
ministeri, quale rapporto comunionale intercorre tra pastoralità e ministerialità.
Dal gruppo alla comunità
Per un autentico cammino di conversione e risveglio carismatico è necessario passare da un modo
prettamente sociologico di intendere il gruppo a un'esperienza autenticamente comunitaria e di fraternità
dove ognuno cresce nell'assiduità all'ascolto della Parola, alla frazione dei pane e alle preghiere (cf At 2,
42).
Nel prendere coscienza delle diverse comunità facenti parte della grande famiglia dei RnS, regolarmente
riconosciute, sembra che lo sbocco naturale dei gruppo sia proprio la comunità così intesa.
La comunità in senso stretto, con una regola e una forma di alleanza particolare, è una chiamata specifica
che il Signore rivolge ad alcuni e non genericamente a tutti i gruppi dei RnS. Credo, invece, che un gruppo
dei RnS deve vivere ed esplicitare la chiamata alla comunità, alla koinonìa, che è propria di ogni battezzato
e che trova il suo modello in quella descritta in Atti 2, 42.
Il gruppo senza questo salto di qualità corre il rischio di rimanere una realtà sociologica soprattutto quando
i componenti vivono nell'anonimato, partecipando al solo incontro di preghiera comunitaria, senza alcuna
formazione, senza spazio per la condivisione ' il confronto, la conoscenza fraterna, senza un impegno
concreto che coinvolge la propria vita. Quando non ci si sente parte integrante e importante dei gruppo
non c'è alcuna appartenenza. Si rimane perennemente ospiti o clienti di Dio. Così facendo il gruppo rimane
una realtà molto generica, poco coinvolgente e impegnativa. Oggi è necessario e urgente, per il futuro dei
RnS stesso, il passaggio da gruppo in senso sociologico a gruppo che si ispira alle prime comunità cristiane e
che cresce nella dimensione della comunione fraterna.
Il gruppo non dev'essere la sommatoria di tanti io, ma la sintesi di un noi.
Non dobbiamo essere l'uno accanto all'altro, ma l'uno con l'altro. Tutto questo fa parte dei nostro codice
genetico battesimale, infatti per mezzo dello Spirito Santo noi siamo incorporati a Cristo e
simultaneamente siamo membra dei suo corpo. L'effusione dello Spirito non solo ci fa prendere coscienza
della signoria di Gesù Cristo, ma ci fa anche riconoscere la sua presenza negli altri.
Nella Prima lettera di Giovanni è detto: "Sappiamo di essere passati dalla morte alla vita, perché amiamo i
fratelli" (1 Gv 3, 14). Se questo vale per il battesimo quanto più vale per l'effusione. Tutti, infatti, sappiamo
come negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere paoline la comunità cristiana è identificata con il Signore, al
punto che chi entra a farne parte per la fede della comunità stessa si unisce al Signore.
La comunità in sé non è un luogo di perfetti, ma di perfezione. Ciò significa che essa è una realtà
escatologíca che si realizza pienamente soltanto nella gloria di Dio. La Gerusalemme celeste è immagine
della perfetta comunione a differenza di quella terrestre.
L'equipaggiamento spirituale necessario per un cammino di comunione consiste nella pazienza, nella
benignità, nel rispetto degli altri, nel non cercare il proprio interesse, nel frenare la propria ira, nel
dimenticare il male ricevuto (cf 1 Cor 13).
Alcuni suggerimenti pratici per crescere nella comunione fraterna:
- crescere nella misericordia e nel perdono reciproco: "Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi,
perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo" (cf Ef 4, 31). Impariamo a sostituire il
perdono alle lamentele e alle critiche: "Sopportatevi a vicenda e perdonatevi scambievolmente, se
qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi di altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi"
(Col 3, 13-14).
- Crescere nella dimensione della gratitudine per il dono dei fratelli "Siete stati chiamati in un solo corpo.
Siate riconoscenti" (Coi 3, 15).
-Vivere l'unione fraterna secondo le seguenti modalità:
"Vivete in pace gli uni gli altri" (Mc 9, 5 0; 1 Ts 5, 13);
"Accoglietevi gli uni gli altri" (Rm 15, 7);
"Portate i pesi gli uni degli altri" (Gai 6, 2);
"Sopportatevi gli uni gli altri" (Coi 3, 13);
"Rivestitevi di sentimenti di umiltà gli uni gli altri" (1 Pt 5, 5);
"Sottomettetevi gli uni gli altri" (Ef 5, 21);
"Abbiate i medesimi sentimenti gli uni gli altri" (Rm 12, 16);
"Correggetevi l'un l'altro" (Rm 15,
- Crescere nella pazienza: in greco pazienza è tradotto con makrotymia che vuol dire larghezza d'animo,
apertura di orizzonti. Essere pazienti non vuol dire sopportare passivamente l'altro commiserandolo, ma
sostenerlo, aprirgli il proprio cuore senza soffermarsi sulle cose marginali, sulle formalità, su ciò che è
dovuto e non dovuto o sul vantaggio che posso trarre amando l'altro.
- Farsi compagno degli altri: diventiamo compagni o accompagnatori spirituali l'uno per l'altro quando con
semplicità condividiamo la nostra esperienza ai fratelli, il nostro tempo, la nostra preghiera, le nostre gioie,
i nostri bisogni, la nostra povertà con simpatia ed empatia soprattutto consapevoli che amare vuoi dire
portare i pesi degli altri più che scaricare i propri, fare propria la sofferenza degli altri più che far soffrire,
perdonare più che giudicare.
- Crescere nella dimensione della comunicazione e dell'ascolto.
- Crescere nel senso di appartenenza. L'appartenenza non dobbiamo svilupparla solo all'interno dei nostro
gruppo, ma tra tutti i gruppi d'Italia. Questo è possibile quando c'è anzitutto comunione, comunicazione tra
gli organi pastorali a vario livello. Per comunicazione intendo confronto, condivisione, scambio fraterno dei
doni spirituali. L'appartenenza si esprime anche all'interno di un cammino unitario che il RnS è chiamato a
fare. In verità non è cosa facile perché ogni regione, ogni gruppo ha livelli di crescita e bisogni diversi. C'è
anche il pericolo dei 1`uniformísmo", dei fare tutti la medesima cosa o tenere tutti lo stesso passo. Siamo
invece chiamati a condividere la stessa visione, per capire quali sono le nuove prospettive dei RnS, quali
obiettivi si prefigge in vista nel nuovo millennio affinché ogni gruppo, nel proprio ambito, sia depositario
dell’unica profezia all'interno della Chiesa e nei confronti dei mondo. Ma allo stesso tempo, ciascuno
provvederà a realizzare tale profezia nella misura della propria fede, delle proprie potenzialità senti; senza
uniformismi, senza fare paragoni. Non è sufficiente per dirsi appartenenti al RnS essere iscritti nel libretto dì
Rimini, bisogna poi condividerne pienamente il cammino e le direttive che, su discernimento dei vari organi
pastorali, vengono individuate e proposte ai gruppi per proseguire uniti senza appiattire le diversità.
Urgenza della formazione
In un gruppo la formazione dovrebbe avere almeno due obiettivi:
formazione dottrinale per una matura conoscenza degli elementi fondamentali della nostra fede;
formazione carismatica per una matura conoscenza degli elementi fondamentali del nostro cammino
specifico
Brevi considerazioni sulla preghiera comunitaria carismatica
Non mi dilungo su questo argomento molto importante per la vita di un gruppo e mi limito a dire
sinteticamente che è necessario verificare se nella preghiera c'è spazio per:
- accogliere i fratelli;
- la lode comunitaria e personale;
- il canto in lingue;
- la profezia;
- l'intercessione;
- l'interazione di tutti i carismi presenti;
- le testimonianze.
La preghiera comunitaria è il termometro della crescita spirituale e carismatica di un gruppo, ma per evitare
che si appiattisca è necessario verificare:
- se è un evento sempre nuovo che viviamo con entusiasmo;
- se la lode è diventata una tecnica accompagnata da formule e gesti ripetitivi oppure se è fresca, incisiva,
profetica;
- se abbiamo perso la gestualità "carismatica";
- se accogliamo con gratitudine il canto in lingue nella semplicità dei figli di Dio che, non sapendo cosa dire,
balbettano con gemiti inesprimibili la lode al Padre evitando forzature o meccanicismi;
- se abbiamo perso lo stupore di chi, nonostante anni e anni di preghiera, invoca lo Spirito Santo come se
fosse la prima volta accogliendo con rinnovata gratitudine e riconoscenza i carismi.
Si impara a lodare lodando. Soltanto se diventiamo come bambini, nella semplicità di cuore, la lode
scaturisce spontaneamente e con facilità, infatti "dalla bocca dei bambini e dei lattanti ti sei preparato una
lode" (Sai 8).
Non dovremmo, inoltre, trascurare di verificare se la lode comunitaria ha un'efficacia concreta nella
quotidianità altrimenti corriamo il rischio di vivere una sorta di schizofrenia. Mi riferisco al fatto che non è
possibile, per esempio, lodare il Signore senza sforzarci di frenare la nostra inclinazione alla mormorazione:
"forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara?" (Gc 3, 12).
In conclusione, siamo chiamati a vivere, in vista dei Giubileo dei 2000, una nuova stagione per un nuovo
risveglio spirituale e carismatico dei nostri gruppi e comunità attraverso un intenso cammino di
conversione, mantenendo saldi i vincoli di comunione fraterna.
Per questo rendo grazie a Dio perché ha suscitato il RnS e per voi "fratelli amati dal Signore, perché Dio vi
ha scelti come primizia per la salvezza, attraverso l'opera di santificazione dello Spirito e la fede nella verità.
Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese e lo Spirito Santo effuso dal Padre
per mezzo dei Figlio conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene" (cf 2 Ts 2, 13 ss).
Da Alleluia - 1999
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L`ESPERIENZA DELLO SPIRITO SANTO NEI GRUPPI E NELLE