Direzione centrale lavoro, formazione, istruzione, pari opportunità, politiche giovanili, ricerca e università
Servizio istruzione, diritto allo studio, alta formazione e ricerca
QUARANTAsei
QUADERNI DI ORIENTAMENTO
Periodico semestrale - I_2015
QUARANTAsei
QUADERNI DI ORIENTAMENTO
Periodico semestrale - I_2015
in copertina
Antinomie plastiche, 1966
Redazione
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patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia
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N. 46
Il periodico viene realizzato a cura della
Direzione centrale lavoro, formazione,
istruzione, pari opportunità, politiche
giovanili, ricerca e università
Servizio istruzione, diritto allo studio,
alta formazione e ricerca
nell’ambito del lavoro d’Istituto
2
Iscr. Tribunale n. 774
Registro Periodici del 6.2.1990
CODICEISSN 1971-6680
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
IN QUESTO NUMERO
Enzo Cogno: la scuola, la pittura, il teatro
Franca Merluzzi ......................................................................... 5
Editoriale
Redazione................................................................................................ 9
ORIENTAMENTO
La creatività e i suoi strumenti digitali
Note per una fenomenologia dello “scambio evolutivo”
Stefano Moriggi ................................................................... 10
Evoluzione del pensiero
Dal dibattito tra pensiero critico e pensiero creativo
al pensiero contemplativo
Francesca Coin......................................................................... 16
ORIENTAMENTO E SCUOLA
Educare alle consapevolezza
Un modello possibile anche nella scuola
Elisabetta Damianis ................................................... 26
Le “scelte orientative” dei primi mesi di vita
I metodi di apprendimento della seconda lingua
e della musica
Fortunato Mior ...................................................................... 40
Widening the future
Percorsi di orientamento nella scuola primaria
per la prevenzione precoce della dispersione scolastica
AAVV ............................................................................................................. 48
Perché le giovani non scelgono percorsi di studio
e di lavoro in ambito scientifico e tecnologico?
Le opportunità possibili in Europa
Chiara Cristini ........................................................................... 66
SPAZIO APERTO
Gambling: contro il gioco d’azzardo
Un progetto nella scuola primaria
T. Magro, V. Franco,
M. Zanoli, A. Oddo .......................................................... 78
INFORMA
Idee e Strumenti per orientare
Percorsi di orientamento educativo nel Web
Elena Paviotti,
Marco De Lorenzo ........................................................... 86
I cambiamenti demografici e lo sviluppo di strategie
nel Sud-Est Europa
Il Progetto MMVD
Corrado Campobasso ............................................ 96
LIBRI
Studenti pazienti,
Percorsi di pensiero con studenti universitari
di M. Boni, P. Luderin, A. A. Semi, A. Tortorella
a cura di Chiara Busato ................................. 106
ALLEGATO
Costruire un modello e pratiche di intervento per azioni
di supporto alle reti locali di orientamento
3
ENZO COGNO
4
Enzo Cogno e Carlo de Incontrera sul palcoscenico del
Goethe Institut di Trieste, 1973 (Foto tra i ricordi di
Miela Reina)
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
ENZO COGNO.
LA SCUOLA,
LA PITTURA,
IL TEATRO
Questo numero dei “Quaderni di
Orientamento” è dedicato all’artista e
insegnante Enzo Cogno, amico e collega
di Miela Reina, di cui abbiamo documentato l’avvincente percorso artistico
nei numeri 43 e 44.
L’autore delle immagini è, come in
precedenza, Gianni Benedetti che le
ha realizzate per l’archivio dell’Istituto
regionale per il patrimonio culturale
del Friuli Venezia Giulia subentrato, dal
primo febbraio 2015, al Centro regionale di catalogazione e restauro dei beni
culturali.
Il lavoro di individuazione e di riproduzione delle opere di Cogno è stato
finalizzato anche all’ edizione del catalogo pubblicato in occasione della mostra
“Enzo Cogno. Antinomie”, inaugurata
a Trieste, al Museo Revoltella, nel novembre 2014.
L’evento espositivo e il catalogo sono
stati curati da Carlo de Incontrera, “custode” della memoria e componente
di quel gruppo incredibile di amici intellettuali e artisti, musicisti e architetti,
che animò il dibattito e la produzione
artistica a Trieste negli anni Sessanta e
Settanta.
Il nome di Enzo Cogno è ritornato così
all’attenzione, dopo molti anni di assenza dalla città e dalle rassegne d’arte,
attraverso la presentazione delle opere,
fino ad allora note solo a pochi estimatori, e attraverso le numerose testimonianze contenute nel volume. Hanno
scritto di lui Sylvano Bussotti, Lorenzo
Michelli, Luciano Semerani e Gigetta
Tamaro, Marcello Siard, Getulio Alviani, Paola Bonifacio, Marosa d’Annunzio
ed Emilio Sala; il percorso pittorico è
ripercorso da Giuseppina Dal Canton:
Gillo Dorfles, con poche frasi sintetiche,
riconosce all’opera di Cogno “autentica
originalità creativa”.
VENEZIA, TRIESTE E
GLI ANNI FANTASTICI
Cogno, nato nel 1931 a Palermo e
trasferitosi nel 1938 con la famiglia a
Trieste, compie gli studi superiori a
Venezia; inizia ad esporre le sue opere
pittoriche nel 1954 e l’anno successivo ottiene la cattedra di decorazione
pittorica all’Istituto statale d’arte triestino dove conosce Miela Reina. Con
lei stringe un sodalizio fatto di sintonie
profonde - ricordano gli amici – seppure
nella diversità dei caratteri e dei modi
espressivi. Di lui Miela esegue nel 1961
un intenso ritratto ad olio, di grandi dimensioni (cm 100 x 70); nello stesso
anno, fondano assieme la Galleria La
Cavana che si distingue per il numero
delle mostre allestite (34 in 19 mesi) e
per le scelte indirizzate verso le nuove
tendenze dell’arte contemporanea.
Nel 1963 i due artisti dirigono il settore arti visive per l’associazione “Arte
viva” alla Piccola Galleria del Ridotto del
Teatro Verdi e, dal 1965 al 1968, nei locali
della libreria Feltrinelli dove presentano
con Carlo de Incontrera, Luciano e Gigetta Semerani manifestazioni culturali
di rilievo. Con la nascita, nel 1968, del
“Centro operativo Arte viva”, Miela, Cogno e de Incontrera realizzano lavori
multidisciplinari, soprattutto pièces di
teatro musicale, ospitati anche in festival
internazionali. Nel 1972 muore, improvvisamente, Miela e due anni dopo Cogno si trasferisce stabilmente a Venezia
dove insegna all’Istituto statale d’arte
e collabora con il Teatro La Fenice come scenografo e costumista. Si dedica
anche alle ricostruzioni filologiche dei
“Balli plastici” di Fortunato Depero e del
cabaret parigino dello Chat Noir.
Nel 1975 tiene la sua ultima mostra
alla Galleria Plurima di Udine con il ciclo “Rivedrai le foreste imbalsamate”;
nel 1994 è presente nell’ambito di “Anni fantastici, l’arte a Trieste 1948-1972”,
l’esposizione in cui viene dato rilievo
alla felice stagione del gruppo di “Arte
5
ENZO COGNO
6
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
a sinistra:
Miela Reina, Pittori al caffè, 1958
7
ENZO COGNO
viva”. Rientrato a Trieste, due anni dopo è
l’antologica del Revoltella a riconoscere
al pittore schivo, colto e aggiornato “la
grandezza di artista, il ruolo di intellettuale, di sperimentatore, di organizzatore, di uomo libero e amico generoso”
(M. Masau Dan).
IL RIGORE
GEOMETRICO E
L’IRONIA DELLE
SERIGRAFIE
La formazione di Cogno avviene a
contatto con le novità provenienti dalle
biennali e dalle gallerie veneziane di
spessore internazionale; da ciò deriva
la tendenza all’astrazione e alla geometrizzazione della forma. Sul finire
degli anni Cinquanta e i primi Sessanta
realizza opere che mostrano con tutta
evidenza l’attrazione per la pittura materica. Sacco su bianco, gesso e tempera
su tavola del 1959, è una composizione
in cui inserisce pezzi di stoffa sfilacciata con evidente richiamo ai sacchi di
Alberto Burri.
Nel corso degli anni Sessanta la svolta che fa prevalere la tendenza alla razionalità e la propensione verso un’arte
astratto geometrica. “Nascono allora le
numerose Antinomie plastiche – scrive
G. Dal Canton nel catalogo - alcune
realizzate su supporto ligneo, altre su
supporto cartaceo; queste ultime sono
o serigrafie che suggeriscono effetti di
profondità rimanendo su un piano bidimensionale o sono serigrafie incollate
con estrema precisione su superfici a
rilevo, cioè spessori geometrici di cartone perfettamente ritagliati e politissimi,
tali quindi da dar luogo ad una, sia pur
8
minima, profondità reale. I colori usati
sono per lo più primari.”
“All’epoca - ricorda Cogno in un’intervista raccolta da Paola Bonifacio operavo con un linguaggio rigoroso
e assolutamente geometrico. Getulio
Alviani ci aveva appena introdotti all’arte programmata, al Gruppo N; conoscevamo bene, poi, il lavoro di Enzo Mari,
di Bruno Munari. Alla Galleria Feltrinelli
esponevamo Fontana e molti pittori
freddi, da Vasarely ad Albers e Soto.”
Si assiste negli anni Settanta a un’ulteriore svolta: su pannelli di formato
piuttosto grande (cm 90 x 90) riporta
serigrafie su tela complesse per tecnica e tematica. Nasce la serie delle
Sfingi, esposta a Udine nel 1975, con
ambientazione egiziana. Su ciascun
pannello traspone la Sfinge di Chefren
variandone la colorazione, aggiungendo o sovrapponendo elementi che rimandano e contraddistinguono autori contemporanei italiani e stranieri.
Ciascuna opera porta il titolo D’après
seguito dal nome dell’artista evocato
(Christo, Alviani, Pozzati, Almir Mavignier Da Silva, Tilson, Baj, Calderara).
Con ironia intitola la serie Rivedrai le
foreste imbalsamate, con un riferimento
al terzo atto dell’Aida di Verdi. Notte a
Chefren ovvero i baci Perugina è il titolo
divertente di una serigrafia nella quale
la Sfinge è sovrastata da un cielo blu
stellato.
Il merito, riconosciuto dalla critica,
è di aver realizzato una ricerca in anticipo rispetto a tendenze successive
e realizzata con interventi lievi, ironici
e divertenti.
Franca Merluzzi
Coordinatore dell’Istituto regionale
per il patrimonio culturale del Friuli
Venezia Giulia
Si ringraziano i collezionisti per aver concesso la riproduzione delle opere
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
EDITORIALE
Ci è toccato vivere un’epoca di grandi
transizioni e mutamenti. Per alcuni è
una sfida avvincente, per altri, invece
può rappresentare la peggiore delle
dannazioni, scrive Stefano Moriggi. Le
nuove tecnologie che modificano i modi e i tempi delle nostre azioni e delle
nostre relazioni rimodellano anche il
concetto e la pratica della nostra creatività.
Anche il pensiero contemplativo, al
pari di quello critico e di quello creativo,
può essere stimolato attraverso specifiche esercitazioni ad ogni età, ad ogni
livello e in ogni ambiente. Un sistema
educativo per essere efficiente, spiega
Francesca Coin, non può basarsi esclusivamente su di uno solo o su alcuni
aspetti del pensiero.
Elisabetta Damianis afferma che la
scuola come spazio di incontro con
l’Altro dovrebbe abbandonare i vecchi
modelli ed aprirsi alle nuove esigenze
del reale. Se riuscisse a superare l’attaccamento a un modello obsoleto, figlio
di una cultura patriarcale al tramonto,
la scuola potrebbe diventare molto più
accogliente e resiliente e verrebbe a
ridursi anche la dispersione scolastica.
Gli approcci per l’acquisizione di una
seconda lingua consistono nel copiare/
replicare i processi di apprendimento
della lingua madre avvalendosi di un
metodo pragmatico. Nel caso dell’apprendimento musicale, scrive Fortunato
Mior, diventa necessaria la sollecitazione
dell’attitudine musicale che, pur essen-
do innata, viene influenzata anche dalla
qualità dell’ambiente musicale e quando non viene opportunamente stimolata, diminuisce e continua a decrescere.
Gli autori di questo contributo osservano che le azioni di orientamento nella comunità scolastica, realizzate
all’interno di “Widening the future”, sono
state progettate intorno a due costrutti
fondamentali: la dimensione relazionale
tra ragazzi ed adulti e lo sviluppo negli
alunni di capacità auto-riflessive. Attraverso la costruzione di relazioni con
gli altri, gli studenti sviluppano la loro
comprensione del mondo sociale ed
attribuiscono significati alle esperienze
che vivono, in un processo di costruzione dei loro valori e dell’identità personale, che costituirà successivamente la
guida delle azioni future.
Per rendere anche le ragazze protagoniste della crescita intelligente e dello
sviluppo e innovazione cui tende l’Europa, sostiene Chiara Cristini, è necessario riconoscere le diversità di genere
nell’approccio alle materie scientifiche
e coinvolgere nel cambiamento i molteplici fattori e attori che intervengono
a determinare le scelte scolastiche e
universitarie.
Nello Spazio Aperto gli autori T. Magro, V. Franco, M. Zanoli, A. Oddo, vogliono offrire un quadro delle recenti
acquisizioni tratte dalla letteratura sul
gioco d’azzardo problematico e descrivere brevemente un progetto attuato
nell’ambito della scuola primaria.
9
ORIENTAMENTO
LA CREATIVITÀ E I SUOI
STRUMENTI DIGITALI
NOTE PER UNA FENOMENOLOGIA
DELLO “SCAMBIO EVOLUTIVO”
Stefano Moriggi
L
Le nuove tecnologie
che modificano
i modi e i tempi
delle nostre azioni
e delle nostre relazioni
rimodellano anche
il concetto e la pratica
della nostra creatività
10
PREMESSA
A margine di una conferenza tenuta
qualche mese fa in un istituto scolastico
romano e dedicata alla filosofia della
tecnologia, una professoressa mi ha reso
partecipe di una sua reale preoccupazione. Il timore di quella docente di letteratura italiana e latina (con la passione
per l’informatica) era che il costante incremento e l’incontrollata diffusione di
device digitali sempre più performanti
potesse inaridire la creatività, in particolare dei più giovani. In altre parole
e senza inciampare in ingenue ansie
tecnofobiche, l’insegnante in questione temeva che l’esternalizzazione del
sapere in protesi e supporti digitali se
da un lato avrebbe inaugurato un nuovo orizzonte di opportunità concrete e
pragmatiche (velocità nella comunicazione, inedite possibilità di condivisione,
interazione di contenuti, ecc.); dall’altro,
invece, avrebbe portato a una delega
della creatività umana agli schemi operativi e preconfezionati resi disponibili
dal fiorente mercato delle app.
L’osservazione è profonda almeno
quanto grande è il rischio che prospetta.
Nella questione, così come è stata posta, si tratta infatti di comprendere se
il prezzo da pagare per esternalizzare
e condividere contenuti e pratiche di
lavoro (o di studio) sia effettivamente
l’introiezione di schemi e mappe con-
cettuali prodotti a tavolino dall’industria
informatica.
Una tesi analoga è stata di recente
presa in esame da Howard Gardner,
docente di Scienze cognitive e dell’educazione e di Psicologia alla Harvard
University. Nel suo recente Generazione app. La testa e i giovani e il mondo
digitale (Feltrinelli, 2014), lo scienziato
statunitense, insieme alla sua collaboratrice Katie Davies, osserva appunto
come “i giovani di quest’epoca non solo
sono immersi nelle app, ma sono giunti
a vedere il mondo come un insieme di
app e le loro stesse vite come una serie
ordinata di app o forse, in molti casi,
come un’unica app che funziona dalla
culla alla tomba”. Gardner, nel suo libro,
racconta addirittura di un giovane che
al termine di una sua conferenza gli ha
chiesto: “Perché nel futuro dovremmo
avere bisogno della scuola? […] In fondo
la risposta a tutte le domande sono contenute in questo smartphone, o presto
lo saranno”.
Certo, alla luce di domande come
queste pare più che plausibile il timore
della docente romana. Non solo, sembrano tornare di scottante attualità anche le parole di Keith Haring sulla “estetica delle macchine”. Nel suo Diario (Mondadori, 2008) il celebre artista scriveva
nel merito: “i computer hanno un senso
estetico? I modelli dell’estetica possono
essere programmati e inseriti da un com-
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
puter così da farlo ragionare e prendere
decisioni sulla base di criteri estetici?” In
queste righe Keith non intendeva tanto prefigurare il futuro dell’espressione
artistica dominato e controllato dalle
macchine. Piuttosto, cercava di sollevare
una questione antropologica più sottile, sottesa al complesso rapporto che
vincola strettamente tra loro i mondi
dell’arte e quelli della tecnologia.
“La nostra esistenza”, annotava, infatti,
qualche riga più sotto, “l’individualità, la
creatività e persino le nostre vite sono
minacciate da questa estetica delle macchine”. Per dirla in breve, in gioco pare ci
sia la nostra libertà stessa di pensare e di
agire quando le macchine procedono
sicure verso la conquista e l’occupazione della nostra creatività. Occorre dirla
tutta. Se davvero la nostra creatività è
in pericolo, la nostra libertà (di conseguenza) non se la passa benissimo…
L’ORIGINE DELLA
CREATIVITÀ
Il tema è complesso e la posta in gioco
importante. Ed è proprio in casi come
questi che la via più breve per provare
a venire a capo di un problema tanto
articolato è quella di prenderla un po’ alla
larga. Almeno quanto basta per riportare
il problema alla sua origine. Se c’è una
cosa che la filosofia ha in comune la medicina (e con la scienza più in generale)
è proprio questo: cercare di risalire dai
sintomi evidenti alle cause probabili.
Un esercizio facile da raccomandare,
più difficile da mettere in pratica: sia perché (come anche nel caso in questione)
le evidenze disponibili spesso suggeriscono terapie sintomatiche, ovvero rimedi che agiscono con efficacia apparente
sugli “effetti preoccupanti” senza prendere in considerazione le cause effettive;
sia perché la ricerca delle cause implica
una capacità di interrogare i fenomeni
naturali e gli eventi sociali con analisi e
pratiche concettuali poco diffuse e quasi
mai intuitive, quelle appunto tipiche
della ricerca.
Aggiungo, infine, che questo tipo di
indagini e questo è un altro aspetto per
nulla secondario, non esclude l’eventualità di mettere in gioco convinzioni
e credenze che, magari, si ritenevano
attendibili e consolidate, costringendoci
di conseguenza a ridisegnare il nostro
sguardo su noi stessi e sul mondo che
ci circonda.
E di questo era ben consapevole il
celebre poeta tedesco Friedrich Hölderlin quando, in versi divenuti ormai
un classico della lirica tedesca, scriveva:
“Wo aber Gefahr ist, wächst / Das Rettende auch”. Ossia, “Dove c’è il pericolo,
cresce / Ciò che salva”. Ora non è detto
che la comprensione di fatto o la soluzione di un problema, specie nella
dimensione laica della ricerca, costituisca di per sé una “salvezza”; tuttavia, è
certo che non si dà ricerca (e dunque
ci si esclude dalla possibilità di comprendere), là dove non si mettono in
pericolo anche i concetti (e i valori) ai
quali, per una qualche ragione o per
un qualche sentimento, ci sentiamo
più ancorati.
Nel merito dell’argomento in oggetto, avremmo diverse strade da poter
intraprendere, posto che l’orizzonte
da interrogare è l’origine (e dunque il
destino) della creatività. Riflettendo,
pertanto, sulla emblematica considerazione della docente di lettere da
cui abbiamo preso le mosse, parrebbe infatti che la creatività sia qualcosa
di qualitativamente altro rispetto agli
strumenti della tecnica e della tecnologia. Certo, in alcuni casi, penso, per
esempio, alla penna, al pennello, allo
scalpello, ecc., gli arnesi possono costituire un ausilio espressivo allo scopo
di dare corpo e forma, appunto, a ciò
che la nostra immaginazione ha partorito. Tuttavia, sembrerebbe scorretto
riconoscere un ruolo determinante allo
strumento (quale che sia) nella libera
elaborazione di un’idea o di un’opera.
11
ORIENTAMENTO
12
Un’idea, questa, tutto sommato non
lontana dal pensiero di un importante
filosofo italiano come Benedetto Croce.
Il quale, infatti, teorizzava che l’espressione artistica non consiste nell’aspetto
pratico e strumentale di tale attività (come, per esempio, scolpire un blocco di
marmo o dipingere una tela), ma coincide invece con l’atto intuitivo avulso
da qualsiasi tecnicalità.
È noto come il celebrato pensatore
di Pescasseroli tenesse in scarsa considerazione l’impresa-tecnico-scientifica
e la sua dimensione laboratoriale. A suo
modo di vedere le teoria scientifiche
avevano una dignità pari alle “ricette da
cucina”. E non fece eccezione quando,
nel suo La natura come storia da noi
scritta (1939), sostenne che la teoria
dell’evoluzione naturale di Charles R.
Darwin “non solo non vivifica l’intelletto, ma mortifica l’animo, il quale alla
storia chiede la nobile visione delle lotte
umane e nuovo alimento all’entusiasmo morale, e riceve invece l’immagine di fantastiche origini animalesche
e meccaniche dell’umanità e con esse
un senso di sconforto e di depressione”.
Un’occasione persa quella di Croce.
Perché andare a fondo di quelle “fantastiche origini animalesche e meccaniche” ha invece costituito per tutti coloro
che hanno accettato di prendere sul
serio la sfida della teoria darwiniana, un
orizzonte di ricerca che molto ha contribuito a ripensare lo stesso concetto di
creatività, per lo meno all’interno delle
complesse dinamiche che orchestrano
il rapporto tra individuo e strumento.
A distanza di molti anni da quelle polemiche filosofiche chi sa (almeno un
po’) di scienza è infatti consapevole,
come ha ricordato qualche tempo fa nel
suo Come evolve la vita. Dalle molecole
alla mente simbolica (Cortina, 2003)
Christian de Duve, Nobel per la Medicina nel 1974, del fatto che “la produzione
di utensili abbia avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’intelletto
umano, grazie a un reciproco scambio
evolutivo tra mano e cervello”.
LE NUOVE
TECNOLOGIE
RIMODELLANO LA
VITA
E dunque è proprio dentro l’articolazione di tale “scambio evolutivo” che
va colta la genealogia della creatività
e di riflesso, per quanto a molti possa
apparire contro-intuitivo, la storia stessa
della nostra libertà (nell’ordine, fisica e
intellettuale). Scrive ancora de Duve:
“Una volta svincolate dall’uso in conseguenza dell’acquisizione della posizione
eretta, le mani sono state usate sempre
più per afferrare oggetti”. Prima di quel
momento, le “cose” non erano ancora
(per i nostri progenitori) “oggetti” e tanto
meno “strumenti”. Il poter iniziare ad afferrare, maneggiare, utilizzare e dunque
lavorare e poi ancora adattare ciò che
l’ambiente offriva, ha consentito loro
di iniziare di fatto ad agire e dunque a
pensare come non si era mai fatto.
Già perché in questo caso è l’azione
che apre inediti orizzonti al pensiero. E
potenziare o specializzare l’azione delle
proprie estremità con strumenti sempre
più perfezionati porta con sé, appunto,
la possibilità di pensare di fare ciò che
prima era letteralmente impensabile in
quanto infattibile.
Sofisticare il raggio e la qualità delle azioni significa ridefinire l’orizzonte
concettuale del soggetto che agisce.
Pertanto, assumendo questo punto di
vista, si può iniziare a comprendere come e perché la storia degli arnesi che
raccontano l’evoluzione (culturale) della
relazione cognitiva tra mano e cervello
custodisca in sé quel “lungo ragionamento” dentro cui si sono sempre e di
nuovo riscritti le leggi e gli orizzonti della nostra creatività (artistica e non solo).
E per contrasto dovrebbe altresì emergere l’ingenuità di quanti, seppur mossi
da buone intenzioni, si preoccupano di
preservare le nostre potenzialità espressive e/o inventive dall’avanzata delle
tecnologie. Per tornare, quindi, ai timori
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
della docente di lettere di Roma, occorre
dunque prendere atto senza dubbio
che le nuove tecnologie, aumentando
la realtà che ci è data vivere quotidianamente e modificando i modi e i tempi
delle nostre azioni e delle nostre relazioni, stanno progressivamente rimodellando il concetto e le pratiche della
nostra creatività. Detto ciò, invece che
deprimersi come faceva Croce, occorre
iniziare a pensare.
Effettivamente, assistere a un cambiamento radicale da involontari protagonisti non è sempre un aiuto per capirlo
al meglio. A volte è più facile guardare le
cose a distanza, come fa lo storico. Ma,
nel caso specifico, non abbiamo scelta.
Ci è toccato vivere un’epoca di grandi
transizioni e mutamenti.
Per alcuni è una sfida avvincente; per
altri, invece può rappresentare la peggiore delle dannazioni. Di tutti, però,
quanto meno di tutti gli adulti, dovrebbe essere la responsabilità di offrire una
replica sensata alla domanda che il sopracitato studente ha rivolto al professor
Gardner: “Perché nel futuro dovremmo
avere bisogno della scuola? […] In fondo la risposta a tutte le domande sono
contenute in questo smartphone, o presto lo saranno”.
Ma una replica plausibile sarà possibile solo indagando il valore aggiunto di
nuove forme di creatività in evoluzione,
ancora tutte da indagare e da comprendere. Dentro e fuori la scuola.
Stefano Moriggi
Filosofo della scienza
Università di Milano Bicocca
BIBLIOGRAFIA
Croce B., La natura come storia senza
storia da noi scritta. Storia e preistoria,
in La critica, n. 37, 1939 in particolare
pp. 146-147.
Moriggi S., Nicoletti G., Perché la
tecnologia di rende umani. La carne
nelle le sue scritture sintetiche e digitali,
Sironi, Milano, 2009.
Dennett D., L’evoluzione della libertà,
tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2004.
Moriggi S., Connessi. Beati coloro che
sapranno pensare con le macchine,
Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo,
2014.
de Duve C., Come evolve la vita. Dalle
molecole alla mente simbolica, tr. it.
Raffaello Cortina, 2003.
Gardner H., Davies K., Generazione
app. La testa e i giovani e il mondo
digitale, tr. it. Feltrinelli, Milano, 2014.
Haring K., Diario, tr. it. Mondadori,
Milano, 2008.
Moriggi S., R. Simone R., Il sapere
nella rete, in aut aut, n. 361 (La
condizione postumana), gennaio/
marzo 2014, in particolare, pp. 181-204.
Serres M., Non è un mondo per vecchi.
Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere,
tr. it Bollati Boringhieri, Torino, 2013.
13
ENZO COGNO
a destra:
Deposta la colomba ferita, 1958
a sinistra:
Miela Reina, Ritratto di Enzo Cogno,
1961
14
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
15
ORIENTAMENTO
EVOLUZIONE DEL
PENSIERO
DAL DIBATTITO TRA PENSIERO
CRITICO E PENSIERO CREATIVO AL
PENSIERO CONTEMPLATIVO
Francesca Coin
U
Un sistema educativo per
essere efficiente non può
basarsi esclusivamente
sul pensiero critico e/o
creativo.
Per sviluppare individui
completi ed equilibrati
occorre introdurre anche
il pensiero contemplativo
PREMESSA
Per secoli nel pensiero occidentale
il concetto di intelligenza è stato accostato a quello di pensiero critico, logico e analitico. In tempi più recenti,
in particolare per sopperire ad alcune
lacune dei sistemi educativi integralmente basati su questo postulato, è
stato ampiamente rivalutato il pensiero
creativo. Da allora il dibattito è aperto:
c’è chi sostiene che le due tipologie di
pensiero siano completamente dissociate o addirittura in opposizione tra
loro, chi le interpreta come due facce
della stessa medaglia e chi le intende
come facoltà integrate l’una nell’altra.
Nella questione, si inserisce oggi un
nuovo elemento: ben noto in oriente,
ma trascurato in occidente, il pensiero contemplativo potrebbe porre fine
all’antica controversia.
IL PENSIERO CRITICO
16
Il pensiero caratterizzato da razionalità, rigore logico e potere di analisi, qui
identificato come pensiero critico, è da
sempre stata oggetto di interesse nel
pensiero occidentale.
I primi accenni ad una forma di pensiero identificabile come pensiero critico risalgono a grandi pensatori, come
i greci Socrate, Platone e Aristotele o
i successivi Bacone e Hume. Tuttavia
il merito di aver riportato l’attenzione
sull’argomento in tempi moderni viene
attribuito a John Dewey che, con la sua
teoria sul pensiero riflessivo, tra gli anni
’20 e gli anni ’50 ispirò l’intero programma educativo americano, attraverso
la creazione del “movimento educativo
progressista” (Ennis, 2011).
Il boom di interesse proseguì fino
agli anni ’60: a quell’epoca risalgono i
principali studi dedicati all’argomento e
le prime definizioni del pensiero critico
provenienti da autori accreditati.
“Pensiero critico” è un termine ancor
oggi molto utilizzato, nonché un concetto riconosciuto come essenziale per
un piano educativo completo, addirittura da presidenti come Reagan e Bush
(Sanders e Moulenbelt, 2011). Si rende
quindi necessario cercare di delinearlo
nella maniera più precisa possibile. L’ostacolo che si oppone a questo scopo
è l’eccessiva specializzazione dei diversi
settori di ricerca che limita fortemente
la collaborazione tra discipline e impedisce un reale sviluppo in questo senso.
Dalle definizioni dei principali autori,
tra cui Dewey, Ennis e Paul, si può dedurre che esso corrisponde alla capacità
di valutare delle affermazioni di conoscenza, sulla base delle loro fonti, della
loro completezza e della correttezza
delle conclusioni che se ne possono
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
inferire attraverso ragionamenti deduttivi o induttivi.
Ennis, in particolare, sottolinea la duplice natura del pensiero critico: da un
lato la disposizione, l’atteggiamento
personale di apertura alla ricerca e al
ragionamento logico e dall’altro l’abilità
nel conoscere ed applicare le procedure ed i criteri del ragionamento logico.
Lo sviluppo del pensiero critico non
può essere considerato un problema
limitato all’ambito dell’educazione, ha
infatti importanti ripercussioni sociali:
è necessario essere consapevoli delle
proprie capacità per poterle sfruttare,
afferma Stephen Brookfields. Dello stesso parere sembra essere Diane Halpern:
«il pensiero critico è l’uso di quelle abilità
o strategie cognitive che aumentano la
probabilità di ottenere un risultato desiderabile» (Halpern, 2003, pag. 6-7 in
Sanders e Moulenbelt, 2011).
IL PENSIERO CREATIVO
Nonostante ancor oggi sia riconosciuto come una forma di pensiero essenziale, l’attenzione dei ricercatori smise di essere dedicata esclusivamente al pensiero
critico quando, alla fine degli anni ’50,
la Russia batté l’America nella corsa allo
spazio, mandando in orbita lo Sputnik.
In seguito a questa cocente sconfitta,
tutto il sistema educativo americano venne messo in discussione, il movimento
educativo progressista venne sciolto e
occuparsi del pensiero critico rimase un
compito affidato ai filosofi.
In questo frangente si fece spazio il
pensiero creativo: i ricercatori americani erano stati senza dubbio ben istruiti,
ciò che era mancato loro per vincere la
competizione aerospaziale era lo slancio innovativo, il coraggio di pensare in
maniera trasgressiva, al di fuori dei soliti
schemi, in poche parole la creatività.
A causa di un antico retaggio della cultura romantica, infatti, fino a metà del
novecento il pensiero creativo veniva
considerato come il lampo di genialità
che pochi avevano la fortuna di sperimentare, una qualità superiore, rara, che
non meritava ricerche applicate.
Come precedentemente accennato,
le facoltà di pensiero venivano fino ad
allora identificate con le capacità di ragionamento logico, il pensiero critico
appunto, che praticamente coincideva
con il concetto di intelligenza. L’attenzione era concentrata sulla definizione
delle tappe dello sviluppo tipico e poco
spazio era lasciato alle abilità descritte
come attitudini personali ritenute legate
solamente alla produzione artistica, utili
quindi all’espressione di se stessi e dei
propri pensieri ma non influenti sullo
sviluppo dell’intelligenza.
Solo negli ultimi decenni, in seguito a
particolari cambiamenti nel clima socioculturale occidentale, gli autori hanno
cominciato a riconoscere l’importanza
della creatività nella vita quotidiana e di
conseguenza nell’ambito dell’istruzione.
Il mondo del lavoro ha mutato le proprie
esigenze: non richiede più manodopera
che applichi ripetutamente degli schemi prestabiliti, bensì risorse produttive,
persone capaci di svolgere le proprie
mansioni con originalità e di adattarsi
velocemente a situazioni nuove o problematiche.
Inoltre, il mondo va costantemente
aumentando il proprio ritmo di cambiamento e per restare al passo con l’informazione non è più necessario possedere
una conoscenza enciclopedica come in
passato, bensì una forma di sapere nuovo
basata non tanto sul possesso delle nozioni, quanto sull’abilità di creare nuove
connessioni tra esse.
Molti governi, dall’America all’Africa,
hanno colto l’importanza di sviluppare
nei propri cittadini il pensiero creativo,
attivando programmi educativi per incrementarne la produzione innovativa
e risultare maggiormente competitivi.
(Sternberg, 2007; Meintjes e Grosser,
2010; Piaw, 2010).
Le pubblicazioni a riguardo hanno
subito un incremento notevole tra gli
17
ORIENTAMENTO
anni ’50 e gli anni ’60: si passa addirittura
dall’ordine di poche centinaia a quello
delle migliaia, provocando, come spesso
accade in questi casi, ambiguità e disaccordi. Mentre le definizioni di Tylor, Arieti,
(cit. in Antonietti, 1991) consideravano
ancora distinte la creatività ordinaria,
posseduta da tutti ed esprimibile nella quotidianità, da quella straordinaria,
manifestabile solo in rare e straordinarie
occasioni, quelle di Sternberg (2007), De
Bono (1981), Adams (2001) collocano la
creatività all’interno del pensiero umano,
ponendo così le basi del dibattito tra
logica e creatività.
Il pensiero creativo è visto come quella
parte opposta ma complementare del
pensiero critico. Una vera e propria attitudine, piuttosto che un’abilità specifica
che va incoraggiata ed allenata regolarmente, il cui scopo è trovare soluzioni
nuove ed originali a situazioni problematiche o comunque interpretate come
tali. Le nuove idee dovrebbero giungere
improvvise, copiose, fluenti e flessibili,
originate da nuove associazioni tra gli
elementi a disposizione.
La loro potenzialità, anche se spesso
non viene immediatamente riconosciuta, consiste nella loro innovazione, nel
provenire da strade che raramente vengono prese in considerazione. Per poter
giungere a ciò è necessario abbandonare gli schemi convenzionali e superare
i blocchi che l’abitudine e la cultura ci
impongono; nonché avere il coraggio di
sostenere le proprie idee anche quando
vanno controcorrente.
IL RAPPORTO TRA
PENSIERO CRITICO E
CREATIVO
18
Sebbene il pensiero creativo goda
ormai di un ambito di studi dedicato
ed indipendente, è inevitabile notare
come esso abbia dovuto ritagliarsi una
posizione propria all’interno di spazi precedentemente occupati dal più stabile
e affermato pensiero critico. Molti autori
citati riescono a definire il pensiero creativo solamente mediante il confronto
con il pensiero critico. Da tale paragone
sono scaturite diverse interpretazioni,
che secondo Glassner e Schwarz (2006)
seguono principalmente due linee.
La prima sottolinea le differenze tra le
due tipologie, ponendole in netta contrapposizione. Il pensiero critico viene
descritto come analitico, convergente,
verticale, concentrato, obiettivo, verbale, lineare e il pensiero creativo viene
definito come generativo, divergente,
laterale, diffuso, soggettivo, visivo, associativo. La seconda interpretazione
afferma che la creatività risulta essenziale per il pensiero razionale e che è
quindi impossibile separare il pensiero
critico da quello creativo.
Nella seconda linea troviamo anche
De Bono che, sebbene avesse tracciato
insieme a Guilford un netto confine tra
pensiero critico e pensiero creativo, sostiene che sarebbe un errore considerare trascurabile il pensiero verticale esaltando solamente il pensiero laterale: «la
logica guida il pensiero verticale e serve
il pensiero laterale» (De Bono, 1981, p.
17). Il pensiero laterale rompe gli schemi
vecchi ma quello verticale è necessario
per crearne di nuovi, altrimenti non vi è
congiunzione tra il punto di partenza e
quello di arrivo del ragionamento.
Diversi autori (Moore, McCann e McCann, in Demir et al. 2011) interpretano
il pensiero creativo e quello critico come
due facce della stessa medaglia. Entrambi sono processi cognitivi e proprio da
questa loro natura sono accomunati. A
distinguerli è il prodotto che si ottiene
alla fine del processo. «Mentre il pensiero creativo è divergente, il pensiero
critico è convergente; mentre il pensiero
creativo cerca di creare qualcosa, il pensiero critico tenta di misurare il valore
e la validità di qualcosa che già esiste;
mentre il pensiero creativo è mosso dalla
violazione di principi riconosciuti, il pensiero critico si basa sull’applicazione di
principi riconosciuti. Sebbene pensiero
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
critico e creativo possano essere le due
facce molto differenti della stessa medaglia, non sono identici» (Beyer, 1989,
in Backer e Rudd, 2001). Sono entrambe
abilità essenziali, poiché «quando il ragionamento fallisce, l’immaginazione
ti salva! Quando l’intuizione fallisce, la
ragione ti salva!» (Crane, 1983, p.7, in
Backer e Rudd, 2001).
Secondo altri autori (Paul, 1993) non
sarebbe invece possibile distinguere un
processo interamente creativo da uno
esclusivamente critico: nell’applicazione
di un processo cognitivo una persona
alterna momenti in cui impiega abilità
critiche ad altri in cui utilizza abilità creative. I due processi sarebbero quindi
intrinsecamente avviluppati tra loro,
nella formazione di un prodotto finale
unico. «Il lavoro intellettuale è essenziale
per creare prodotti intellettuali e questo
lavoro, questa produzione, implica degli
standard intellettuali giudiziosamente
applicati – in altre parole, creatività e
logica si intrecciano in un unico tessuto»
e aggiunge «C’è un ruolo importante per
la ragione e il ragionamento, costruire
e lavorare con logica per produrre creativamente e valutare criticamente ciò
che si sta producendo in ogni impresa
cognitiva» (Paul, 1993, p. 23, p.25).
IL PENSIERO
CONTEMPLATIVO
Negli ultimi anni accade spesso di
trovare, accostato al pensiero critico e
a quello creativo, il pensiero contemplativo (Hart, 2004; Pierson, 1997). In
realtà, esso non è affatto un costrutto
recente in quanto la storia della filosofia vanta una ricca e lunga tradizione
inerente al pensiero contemplativo
(Hart, 2004). Molto diffuso in oriente,
esso caratterizza da secoli i principi
fondamentali del Buddismo e dei rituali hindu e sufi. La cultura indiana,
identificabile come la principale soste-
nitrice e sviluppatrice di questa forma
di pensiero, è giunta a delineare due
categorie principali di meditazione
basate sul pensiero contemplativo:
samatha relativo alle pratiche di calma
e rilassamento e vipashyana dedicato
all’introspezione e alla ricerca del sé.
Entrambe le aree si compongono di
aspetti concernenti la critica e la creatività (Thurman, 1994).
Ad una più approfondita analisi
emerge che, sebbene spesso siano
stati identificati con nomi differenti,
questi concetti non siano tipicamente esclusivi delle tradizioni orientali.
Sarebbe quindi errato affermare che
la società occidentale risulta priva di
attenzioni verso il pensiero contemplativo (Thurman, 1994). Al contrario,
a partire dai filosofi dell’antica Grecia,
sino a giungere alla preghiera contemplativa del Cristianesimo, molti
autori hanno dedicato le loro opere
all’argomento. Questi metodi hanno
influenzato le pratiche cattoliche e
protestanti e hanno dato vita alla forma tipicamente occidentale assunta
dal pensiero contemplativo: un legame inscindibile tra meditazione e
studio delle Scritture (Stock, 1994).
Tuttavia, mentre in Oriente codesti
principi si sono sviluppati fino a formare la base fondante di religioni, culture e sistemi educativi, in Occidente
la rivoluzione scientifica, sostenendo
a gran voce la superiorità dei principi aristotelici, ha scalzato il pensiero
contemplativo in favore di una logica
molto più rigorosa, tipica del pensiero
critico (Stock, 1994).
In realtà, già i metodi scientifici medievali venivano contestati e molti
studenti dediti al pensiero contemplativo abbandonarono le università di
Bologna, Parigi, Oxford e Cambridge,
cercando rifugio in una varietà di istituzioni più congeniali alle loro attività,
prevalentemente di natura religiosa.
Praticamente nessuno dei “mistici”
della prima età moderna ha lavorato
nell’ambito di ciò che avrebbe co-
19
ORIENTAMENTO
20
stituito le basi delle scienze umane
moderne (Stock, 1994).
Successivamente, tra le altre influenze, la Rivoluzione Industriale ha
apportato un’ulteriore spinta al distacco: l’inclinazione moderna per l’efficienza, la velocità e la produttività,
così come la gara per tenere il passo
con l’aumento di informazioni, hanno
contribuito a relegare l’attività contemplativa sempre più ai margini della
cultura occidentale. Tutta l’attenzione
è rivolta alla performance, alle abilità
che è possibile esibire a comando, ma
ciò non costituisce che una misura
superficiale del processo di pensiero e
della potenzialità umana (Hart, 2004).
Oggi si assiste ad un ritorno di interesse per le attività di pratica meditativa, in particolar modo a seguito
delle tante pubblicazioni che rivalutano l’importanza degli effetti benefici
della meditazione sul rilassamento
del corpo, sulla concentrazione, sul
benessere psicologico, sull’armonia e
sull’efficienza di mente e corpo (Stock,
1994).
Galvin e Todres (2007) affermano
che è stato commesso un errore quando in epoca post-moderna scienza,
arte e morale sono state separate: sicuramente la specializzazione che ne
deriva porta con sé i suoi pregi, ma
comporta anche una dissociazione,
uno sviluppo irregolare di conoscenze
e valori. Già Aristotele pur separando
techne, intesa come conoscenza su
come “fare le cose”, e phronesis ritenuta
come capacità di intuire qual è il giusto modo per raggiungere un obiettivo, le considerava complementari per
poter ottenere una visione d’insieme
completa che permettesse di conoscere e di seguire il percorso migliore
per giungere all’eudaimonia, la felicità.
Polkinghorne (2004) vede nella
phronesis aristotelica un ampliamento della comprensione tradizionale
della razionalità; la vera saggezza si
ottiene quando si è in grado di variare a seconda delle situazioni, di es-
sere recettivi verso i particolari e di
improvvisare a seconda del contesto
(Galvin e Todres, 2007). Per poter fare
questo è necessario padroneggiare sia
le abilità analitiche derivanti dall’uso
della logica, che quelle intuitivo–creative. L’abilità di passare velocemente
dall’una all’altra, mantenendo chiari
sia i dettagli che la visione d’insieme
è data dall’utilizzo del pensiero contemplativo (Pierson, 1997).
Si tratta di un processo naturale e
spontaneo di esplorazione del significato, che non richiede intenzionalità,
anzi, necessita di “non-volontà” e rilassamento. Non esige che un concetto
venga compreso a fondo, ma semplicemente che venga intuito.
Il pensiero contemplativo può essere utilizzato per risolvere problemi
complessi: nella sua forma partecipativa permette di attuare con la fantasia
una serie di scenari possibili, in modo
da predisporsi al futuro con una mentalità più aperta. Con l’immaginazione
possiamo anticipare esiti e possibilità
nel tempo. Nel pensiero contemplativo c’è l’interconnessione tra passato e
futuro, una molteplicità di connessioni
tra pensieri, sensazioni e situazioni
(Galvin e Todres, 2007).
È il pensiero che giunge quando
abbiamo smesso di pensare. È ciò
che permette ad artisti e scienziati
di andare oltre i modelli di pensiero
convenzionali e di sviluppare idee innovative (Pierson, 1997). Tuttavia esso
non è un’attesa passiva, ma uno sforzo
per lasciare aperte le porte all’innovazione e alla creatività (Galvin e Todres,
2007). Richiede una sorta di neutralità,
un tentativo di sospendere i giudizi e
le classificazioni: in pratica necessita
di superare i confini restrittivi del linguaggio.
Spesso, infatti, ciò che scaturisce
dal pensiero contemplativo è definibile a malapena come un’intuizione e
non esistono parole o espressioni in
grado di trasmetterne efficacemente
il contenuto.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
CONCLUSIONI
Tali aspetti di spontaneità, soggettività e imprevedibilità fanno spesso
credere che il pensiero contemplativo
sia una sorta di talento personale, una
qualità difficilmente educabile e quindi
farsi carico del suo incremento sembra
essere un compito che non compete
alle istituzioni formali. Tuttavia, se si segue questa linea di pensiero, si rischia
di ripetere l’errore che a suo tempo fu
commesso riguardo il pensiero creativo.
Alla luce di ciò diviene quanto mai
evidente che un sistema educativo,
per essere efficiente, non possa basarsi
esclusivamente su di un solo o su alcuni
aspetti del pensiero. È la storia stessa,
oltre alla ricerca (Yang, Lin, 2004), che
dimostra come solamente una formazione attenta a tutti i diversi aspetti della
persona possa sviluppare individui completi ed equilibrati in ciascuna forma di
pensiero. Da tale equilibrio, a sua volta,
dipendono il benessere psicofisico e la
produttività delle persone.
Anche il pensiero contemplativo, al
pari di quello critico e di quello creativo,
può essere stimolato attraverso specifiche esercitazioni ad ogni età, ad ogni
livello e in ogni ambiente (Solloway,
2000). Tanto più in ambienti di istruzione formale, poiché i bambini sono
naturalmente portati alla contemplazione: si meravigliano delle piccole novità,
sono curiosi, fanno domande, riflessioni
e cercano di connettere tra loro le informazioni per dare senso ad un insieme
completo e coerente di conoscenze.
Solo successivamente vengono istruiti
al costante uso del pensiero analitico e
perdono il prezioso equilibrio tra analisi,
creatività e contemplazione (Hart, 2004).
Esistono diversi esercizi semplici che
permettono di stimolare il pensiero
contemplativo in un contesto d’aula
(Gendlin, 2004; Solloway, 1999; Hart,
2004). Molti di questi esercizi prevedono
un momento di silenzio e rilassamento
in cui si lascia la propria mente vagare
libera tra un pensiero e l’altro, cercando
infine di concentrarsi solo sul proprio
respiro per far spazio a nuove sensazioni. In questo stato di quiete e silenzio, si procede quindi alla lettura di un
brano, all’ascolto di una melodia o alla
contemplazione di un’opera.
I ragazzi ascoltano ad occhi chiusi l’insegnante che legge, ad esempio un
testo poetico, e lasciano scorrere nella
propria mente tutte le immagini e le
sensazioni che l’ascolto del brano evoca
loro. Terminata la lettura ci si confronta
riguardo le sensazioni evocate, per verificare similitudini e differenze. Solamente
in una fase successiva si prosegue all’analisi del testo, secondo i criteri canonici,
confrontando le sensazioni dei ragazzi e le intenzioni dell’autore piuttosto
che le interpretazioni convenzionali;
oppure ricercando quali parole o figure
retoriche hanno stimolato determinate
sensazioni.
Numerosi studi hanno evidenziato effetti positivi di pratiche meditative come
queste sul miglioramento di una vasta
gamma di abilità percettive e cognitive correlate alla qualità dell’attenzione
(Murphy et al., 1997 in Hart, 2004).
Il pensiero analitico tende, infatti, a
misurare, catalogare e valutare, l’oggetto di interesse, obbligando ad eseguire operazioni che richiedono volontà
e sforzo continuato e che, attraverso
la costante segmentazione, portano a
perdere di vista l’integrità dell’oggetto.
Al contrario, il pensiero contemplativo
lascia scorrere semplicemente l’idea che
nasce dentro di noi; la qualità di attenzione che impiega risulta emotivamente
più vicina all’oggetto e per questo più
viva (Hart, 2004). Una spiegazione a questi miglioramenti è data dal fenomeno
della coerenza fisiologica. Alcune variazioni nei parametri fisiologici come ad
esempio un ritmo cardiaco più regolare,
una diminuzione nell’attivazione del sistema nervoso simpatico e un aumento
dell’attività parasimpatica, una miglior
sincronizzazione tra il cuore e il cervello (il ritmo alfa del cervello diventa più
sincronizzato con il battito cardiaco),
21
ORIENTAMENTO
sembrano causare uno stato altamente
efficiente, in cui il corpo, cervello e sistema nervoso agiscono con una maggiore
sincronizzazione e armonia (Hart, 2004).
Inoltre, il volo che la mente compie
durante il processo contemplativo le
permette di staccarsi da pensieri particolari e scorrervi sopra senza venirne
mai del tutto assorbita. Questo status
consente di abbandonare la propria
posizione, il proprio punto di vista e di
immedesimarsi in altri ruoli e in altre
prospettive. Tale esercizio fa si che i
sentimenti legati alla precedente posizione vengano abbandonati e che il
flusso di pensiero scorra senza essere ancorato da emozioni negative. Si
tratta di notare, accettare, accogliere,
i sentimenti affinché sia possibile tra-
sformarli per evitare che abbiano un
impatto negativo sul comportamento
(Hart, 2004).
La storia del pensiero occidentale
ci ha abituato a credere che si pensi
solamente con la testa, ma i recenti
studi di neuroscienze ci spiegano come
in realtà in questo processo si utilizzi
tutto il corpo. La pratica meditativa
che stimola il pensiero contemplativo
permette di vivere appieno la situazione, esperendo sensazioni ed emozioni,
semplicemente immaginando.
Francesca Coin
Dottorato di ricerca in Scienze della
Formazione
Università Ca’ Foscari
Venezia
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23
ENZO COGNO
a destra:
Paesaggio marino, 1954
sotto:
Paese sul mare,1958
24
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
25
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
EDUCARE ALLA
CONSAPEVOLEZZA
UN MODELLO POSSIBILE ANCHE
NELLA SCUOLA
Elisabetta Damianis
P
Per definire l’essere
umano in senso pieno
è necessario che la
scuola contribuisca a
sviluppare le competenze
esistenziali di base:
consapevolezza, empatia
e naturalezza
26
INTRODUZIONE
In precedenti articoli comparsi su
questa rivista, mi sono soffermata sul
mutamento, o meglio la metamorfosi
sociale che stiamo vivendo e su come
sia urgente un cambio di rotta educativo che guardi in una direzione più
umana e completa in quanto, come
diceva Einstein, la coscienza che ha creato i problemi attuali non può essere la
stessa che li risolve. In questo articolo
mi permetto di scendere un po’ più nel
dettaglio riguardo ad alcuni aspetti del
percorso educativo ed i concetti di competenze e meta-competenze. L’obiettivo
è duplice.
Da un lato definire tre forme di competenze esistenziali di base da cui derivano a cascata molte altre meta-competenze di gran lunga più comunemente conosciute. Dall’altro, descrivere un
modello di azione per raggiungere tali
risultati che hanno come effetto quello di migliorare la resilienza rispetto ai
cambiamenti della vita e sciogliere i
principali conflitti che abbiamo nel relazionarci con noi stessi, gli altri e l’ambiente. Procederò dunque definendo
cosa si intende per competenza, metacompetenza e competenze esistenziali.
In secondo luogo intendo descrivere il
modello del percorso educativo che si
centra fondamentalmente su tre polarità ed è ispirato alla “mappa degli esercizi
spirituali” descritti da C. Naranjo1, psichiatra e psicoterapeuta di fama internazionale, nel libro “La via del silenzio,
la via delle parole”.
La visione che propongo intende
proiettare l’applicabilità di tale rappresentazione in ambito educativo. Ritengo infatti che “essere educati” in senso
profondo equivalga ad essere consapevoli, empatici e in contatto con i cambiamenti della vita. Ritengo inoltre che
questa forma di educazione trifocale sia
la chiave per uscire dalla crisi sociale attuale in quanto permette di trascendere
l’individualismo e riconoscere la propria
natura interdipendente, amorevole, in
relazione con il tutto. Un’educazione
che non riesce a trasmettere tali capacità è semplicemente inutile, inefficace
e dannosa.
COMPETENZE,
META-COMPETENZE
E COMPETENZE
ESISTENZIALI DI BASE
In generale, la competenza è oggetto
di studio in diverse discipline pedagogiche, della formazione professionale,
manageriale, dello studio e analisi delle
carriere professionali, nello studio delle
risorse umane, nella psicologia del la-
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
voro, dell’orientamento professionale e
scolastico, nella varie forme di counseling. Senza entrare troppo nel dettaglio
delle diverse definizioni, penso di poter
affermare che in sostanza la competenza richiama tre forme di sapere:
1. il sapere inteso come insieme di
conoscenze, di proposizioni e di procedure interiorizzate ed ancorate ad
una struttura cognitiva, generali o
specifiche di un dato contesto sociale
o lavorativo;
2. il saper fare (abilità personali o work
habits) in cui si includono capacità di
tipo trasversale come saper apprendere, comunicare, lavorare/studiare in
gruppo, capacità di gestire un gruppo
e di problem solving, ecc.;
3. il saper essere che riguarda le caratteristiche personali, la motivazione, il
senso all’esistere e alla mission personale, l’autostima, la creatività, fiducia
in se stessi, la capacità di prendere
decisioni e di affrontare situazioni
di stress o di pericolo, ecc.
Fin qui nulla di nuovo, in generale, chi
si occupa di selezione del personale o di
risorse umane sa bene che la differenza
tra candidati con curricula simili spesso
viene data proprio da quelle competenze trasversali e personali che l’educazione normalmente considera secondarie
rispetto all’aspetto nozionistico (non di
rado obsoleto).
Tuttavia, proprio queste competenze (che poi cercherò di guardare più
a fondo) rappresentano delle metacompetenze ovvero delle capacità di
base derivanti da tre aree fondamentali,
che chiamo competenze esistenziali, e
permettono all’individuo di adattarsi ai
cambiamenti e resistere in un contesto
sociale in continuo mutamento. Essere
resilienti in una società fluida, così come descritta dal sociologo Z. Bauman,
ed a contatto sempre più stretto con
l’alterità, richiede una altrettanto gran-
de capacità di movimento e flessibilità,
ed una capacità di relazionarsi, difficile
senza una certa consapevolezza e senza
allenare determinate, specifiche risorse
e potenzialità.
QUALI SONO LE
COMPETENZE DI
BASE?
Mi sono posta per la prima volta questa domanda in rapporto a quali competenze intendevo fornire ai counselor
della scuola che dirigo e, occupandomi
di altro, mi trovai di fronte ad un’intuizione che credo possa essere di portata
più ampia e che intendo condividere.
Da tempo mi occupo di aree molto interdisciplinari: sociologia, counseling,
simbolica, meditazione, e studi di nuove
forme di pedagogia ed educazione. Un
modello che ha preso la mia attenzione
è stato proprio lo studio della “mappa
degli esercizi spirituali” proposti dal prof.
Naranjo.
Questa affascinante mappa, rappresenta in forma schematica, inclusiva
e transculturale le diverse forme di
meditazione attraverso la relazione di
tre polarità fondamentali. Non è mia
intenzione approfondire nel dettaglio
il tema della meditazione per il quale
rimando al testo citato, tengo solo a
tratteggiare alcuni punti fondamentali
per comprendere il tipo di approccio. In
primo luogo, per meditazione si intende
un fenomeno mentale multiforme che
implica una sospensione dell’Io ed una
comprensione della sua natura illusoria. Il percorso meditativo attraverso il
superamento dell’Io conduce ad uno
spazio più ampio ed interrelato con il
tutto: il Sé.
Nel cammino lungo questo sentiero fertile, grazie alla consapevolezza,
all’empatia e alla capacità di affidarsi
alla saggezza della vita, scaturisce una
maggiore responsabilità e libertà di scel-
27
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
28
ta che conduce all’azione virtuosa. In
sostanza, più una persona è consapevole, più è in grado di scegliere l’azione
in termini di risposta, senza entrare in
meccanismi reattivi. Nel caso opposto,
più una persona è in preda a varie forme
di condizionamento, più si comporta in
modo reattivo e meccanico proiettando
la sua felicità sul cambiamento esterno.
Il linguaggio rappresenta tali strutture
più profonde per cui, una persona reattiva oltre a comportarsi in modo tendenzialmente più aggressivo, passivo o
manipolativo, probabilmente dirà frasi
del tipo: “Sarei felice se solo mio marito
fosse più comprensivo... Se il mio datore
di lavoro desse meno ordini...Se mio figlio fosse più ubbidiente... Se avessi una
bella casa... Se la mia vicina fosse più
educata...Se la mia maestra fosse più
buona.. E se oggi ci fosse il sole...ecc.”
oppure “La penso così e basta!... Si deve
fare così!....Sei sempre il solito ritardatario... Quel bambino è un fannullone!...”
oppure “Non ci riuscirò mai... Sono un
disastro”, ecc.
Maggiore è la consapevolezza, maggiore è l’assunzione di responsabilità
della propria felicità e del reale potere
che ognuno di noi ha su di sé e sul proprio personale cambiamento. Chi appartiene a quest’area di persone sa che se
vuole per esempio essere compresa dal
marito, se ne assumerà la responsabilità
generando cambiamento nella relazione. Come? Diventando maggiormente
comprensiva, o meglio incarnando in
prima persona il cambiamento che intende mettere in atto, visto che ogni
relazione, come recita il terzo assioma
della comunicazione umana, è circolare.
Lo stesso vale per la mamma che si
lamenta del figlio disobbedente, che
non rispetta le sue decisioni; questa
mamma potrà diventare maggiormente
rispettosa del figlio condividendo con
lui le scelte e spiegando le motivazioni. In sostanza nessuno può cambiare l’altro ma può cambiare il proprio
modo di stare con l’altro assumendosi
la responsabilità. Ciò che si mette nel
circolo della relazione cambia la relazione stessa sia che si tratti di quella
con noi stessi, gli altri e l’ambiente, la
società. Questo modo di comportarsi si
chiama atteggiamento proattivo (come
denominato dallo psicologo austriaco V.
Frankl) ed è figlio della libertà di scelta
e della responsabilità che fiorisce dalla
consapevolezza.
Più una persona è proattiva, più è
consapevole del fatto che ogni reale
cambiamento avverrà da dentro a fuori
e non viceversa e si assumerà la responsabilità di scegliere di agire in un modo
congruo rispetto la sua volontà profonda di essere umano. Come dire, siamo
potenzialmente amorevoli e felici ma
non lo sappiamo e invece di cercare
in noi stessi tale pienezza la cerchiamo
fuori, nel posto sbagliato. Come essere
dei ricchi sfondati che vivono da mendicanti convinti di essere poveri.
Anche il linguaggio, la parola che come sappiamo genera realtà, in questo
caso cambia e per esempio, invece di
dire “è così e basta!”, una persona che sa
assumersi la responsabilità del proprio
modo di agire e comunicare potrebbe
dire “Io la vedo in questo modo ma sono
aperto ad alternative” oppure “Sei un
fannullone” diventa “A volte ci metti molto tempo per finire un compito” anziché
“Non ci riuscirò mai... sono un disastro”,
“Rivedo gli errori e cerco di fare meglio”
ecc. Basta sentire il diverso effetto emotivo di tali frasi per comprenderne la
differenza.
Dunque, la consapevolezza di ciò che
pensiamo e di ciò che sentiamo consente di agire in linea con ciò che accade
nel momento e non con modalità reattive figlie di un passato non digerito
e di allinearsi con la volontà profonda.
Ora, qualcuno potrebbe obiettare che
ci possano essere delle intenzioni che
vanno a scapito di altre e spesso questo
capita nella superficie delle relazioni e
della mente, lo spazio in cui si possono
sviluppare conflitti ed escalation.
Non è così in profondità. Più scendiamo nella profondità dell’individuo
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
più tocchiamo l’universale, come del
resto affermava C. Rogers.2 Lo spazio
della volontà profonda è in un certo
senso un luogo sacro dell’anima in cui
l’umano tocca il divino, l’universale, l’amorevolezza. Più entriamo in profondità,
più gli opposti tendono ad incontrarsi
e trovano quiete. Riportare la persona a
questo contatto spesso è compito della
psicoterapia o del counseling, ma prevenire tutto ciò è compito dell’educazione.
Correggere un modo di fare meccanico sedimentato che crea sofferenza
è molto più difficile che insegnare un
atteggiamento sano fin dall’inizio. Per
questo istruire non basta e l’educazione
deve tornare fare il suo lavoro come ai
tempi di Socrate, favorendo il contatto
con i luoghi più intimi dell’anima, aiutando le persone a diventare migliori e
più presenti nella vita e, in particolare,
permettendo di essere più consapevoli,
più amorevoli e più in pace con il fluire
dell’esistenza e della natura.
Queste tre forme potremmo identificarle come le competenze esistenziali
di base dell’essere umano, o meglio le
qualità più profonde che definiscono un
essere come umano in senso pieno. Da
queste tre competenze fioriscono tutte le altre meta-competenze. Ognuna
di esse rappresenta una sintesi tra due
elementi complementari o polarità e
permette di sviluppare una forma di
amore.
Fig. 1: Viene riportato, in sintesi grafica, il percorso
della mappa descritta da C. Naranjo
COMPETENZE
ESISTENZIALI DI BASE:
CONSAPEVOLEZZA,
EMPATIA E
NATURALEZZA
1. CONSAPEVOLEZZA (asse A-B in
figura) Partiamo dalla consapevolezza o ancor meglio la consapevolezza
della consapevolezza. Questa profonda competenza esistenziale è di
tipo cognitivo e sintetizza due diverse
forme meditative che definiscono
due differenti modalità di attenzione. Punto A (Figura 1): L’attenzione
mirata interna della meditazione
Vipassana 3, (oggi meglio conosciuta
come mindfulness): in questa forma
meditativa l’attenzione può essere
rivolta a dettagli del sentire corporeo, emotivo, alla consapevolezza
dei pensieri e dei fenomeni. Allenare
questa forma di attenzione permette,
per effetto, di migliorare altre metacompetenze più comuni come appunto l’attenzione mirata, la concentrazione e le capacità di memoria e
dunque di apprendimento. Punto B:
In senso opposto si situa l’attenzione
verso un oggetto esterno che spesso
rappresenta un’immagine sacra. Diverse forme di meditazione utilizzano
oggetti esterni tipo una candela, un
mandala, figure sacre o meditare di
fronte un’altra persona riconoscendo
implicitamente la sacralità dell’Altro. Questi differenti “oggetti sacri”
hanno in comune il fatto di rappresentare simbolicamente una totalità
trascendente, un insieme altrimenti
non rappresentabile.
L’attenzione d’insieme verso l’esterno, consente una visione olistica
ed una maggiore inclinazione al
divino. Questa forma meditativa
genera altre meta-competenze legate allo sviluppo della capacità di
cogliere l’aspetto divino e sacro in
noi stessi, negli altri, nell’ambiente.
Tra esse ci sono per esempio la ca-
29
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
COMPETENZE
ESISTENZIALI
META-COMPETENZE
1° LIVELLO
Consapevolezza
Amore spirituale del padre interiore
(Philia)
Empatia
Amore compassionevole della
madre interiore (Agape)
PASSIVA INTERNA:
(Med Vipassana; attenzione interna mirata;
allenamento sulle 4 consape volezze.
Consapevolezza del corpo, delle emozioni, dei
pensieri, dei fenomeni)
ATTIVA ESTERNA:
(Med. Trascendentale: attenzione al centro,
all’insieme); visione olistica, di senso. Attenzione
diretta verso un oggetto che incarna il Principio
più alto
CONTATTO:
capacità di sentire cosa sento e cosa sente
l’altrto; entrare nella sensaaione e nell’emozione
DISTANZA:
capacità di osservare e dare un nome a quello
che sento e sente l’altro
ALT (inibizione, controllo): fermare la mente e
trovare la quiete (med. Shantha)
Naturalezza
Amore erotico, di piacere verso la
vita, tipico del bambino interiore
(Eros)
Fig. 2: Le tre competenze
esistenziali
30
AVANTI (disinibizione, perdita del controllo):
lasciar fluire, affidarsi (libere associazioni,
movimento spontaneo, yoga kundalini)
pacità di stimare noi stessi e gli altri,
la motivazione all’autorealizzazione,
alla mission personale, capacità collaborative, capacità di leadership,
ma anche capacità di ammirare e
rispettare la natura e la vita. Inutile
sottolineare quanto sarebbe educativo un insegnante capace di cogliere
la specialità dell’alunno che ha di
fronte al di là delle difficoltà del momento.
In sintesi, l’allenamento mentale
lungo l’asse verticale segnato dai
vertici A e B, permette di utilizzare
al meglio entrambi i cervelli: cervello
sinistro che coglie il dettaglio e destro
che coglie l’insieme. Questo, oltre a
sviluppare una maggiore capacità
intuitiva e creativa, consente di giungere a un punto centrale di equilibrio
(O) tra i due: la consapevolezza della
consapevolezza ovvero la capacità
di essere consapevoli sia dei dettagli
della realtà sia dell’insieme, di ciò che
META-COMPETENZE
2° LIVELLO
Sviluppa capacità di apprendimento, di
memoria e di attenzione; migliora la creatività
e la capacità di cogliere il senso delle cose;
stimare se stessi e gli altri; di collaborazione;
di leadership e di riconoscimento della
leadership; di autorealizzazione, di rapportarsi
al sociale, alla natura, al divino
Tale capacità risulta fondamentale al fine di
trascendere i conflitti di valore
Permette di comprendere il proprio mondo
interiore e quello altrui; migliora le capacità
relazionali sia con se stessi che con gli altri
che con l’ambiente; consente di apprendere
dalle esperienze per cui consente di fatto
la conoscenza in senso fenomenologico,
esperienziale
Tale capacità risulta fondamentale al fine di
trasformare i conflitti di bisogni
Permette di restare nel flusso della vita,
di cogliere i cambiamenti e le crisi come
occasioni di crescita, di lasciar andare il
deolore e di vivere nel reale contattando
la gioia del presente. Consente di godere
della vita, dell’esserci spesso ostacolato
dall’attaccamento al passato ed al rifiuto del
presente.
Tale capacità risulta fondamentale al fine di
negoziare i conflitti di interesse
è. Un po’ come osservare noi stessi
mentre stiamo osservando. In questo spazio il concetto di interno ed
esterno, di trascendenza e normalità
si sciolgono in un’unica esperienza di
essere autenticamente nel qui ed ora,
noi stessi nella completa presenza
mentale. Essere consapevoli di essere
ciò che siamo in ogni istante della
vita. Nella meditazione si dice che il
passato non c’è più, il futuro non c’è
ancora ed il presente se lo si pensa
non è più presente. La vita avviene
nel qui ed ora, l’attimo fuggente che
possiamo solo percepire, così difficile
da cogliere se non sentendo ciò che
è come il semplice e sottile piacere
della sensazione del nostro stesso
respiro. Sembra strano a dirsi, ma
raramente siamo al mondo in questi
termini, riusciamo con grande abilità, forse al fine di evitare il dolore,
a sfuggire alla vita e con essa alla
gioia di esistere.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
2. EMPATIA (asse C-D in figura): La
seconda competenza esistenziale
riguarda la sfera affettiva ed è la
capacità di relazionarsi empaticamente. Empatia è un termine che ha
in sé un duplice aspetto di vicinanza
e lontananza. Nella definizione del
filosofo P. A. Rovatti, empatia è una
“distanza abitata”. Abitare la distanza
significa essere abbastanza vicino da
poter sentire l’Altro ed abbastanza
lontano da poter vedere l’Altro. Sento
ciò che sente con la consapevolezza
che ciò che sente è suo o che io, nel
caso della relazione empatica con me
stesso, non sono completamente e
solo ciò che sento in questo momento: per esempio sento tristezza, ma
non sono la mia tristezza. Dunque,
la relazione empatica funziona un
po’ come quando ci rapportiamo con
lo specchio: non possiamo vederci
sia se siamo attaccati con il naso
allo specchio sia se lo posizioniamo
troppo lontano. Abbiamo bisogno
della giusta distanza e vicinanza, e
questo vale anche per la relazione
con noi stessi e gli altri. L’empatia
è figlia dunque di due polarità che
possiamo definire C) distanza e D)
contatto/vicinanza. Saper sentire,
contattare a livello fisico e osservare,
dando un nome a ciò che sentiamo
per disidentificarci e poter lasciar
andare e tornare al qui ed ora, nel
fluire continuo della vita, possono
essere definiti i movimenti dell’empatia. Il contatto privo di distanza
diventa attaccamento e la distanza
priva di contatto diventa rifiuto. Attaccamento e rifiuto impedendo di
scoprire l’Altro, impediscono la conoscenza, diventando fonte di un male
più grande: l’ignoranza. L’ignoranza
nel buddismo è considerata la fonte
originaria del male e, se guardiamo
in profondità, l’atto peggiore che un
uomo può compiere, come quello di
uccidere un altro uomo, può essere
compiuto o in preda alle emozioni/
istinti (attaccamento) o nel pieno di-
stacco emotivo come descritto egregiamente nel libro di Hanna Arendt
“La banalità del male”. In questo
testo gli aguzzini nazisti sono visti
appunto come grigi burocrati che,
nella piena correttezza morale, anche
se in opposizione a qualsiasi principio
etico, compiono obbedientemente,
legalmente e freddamente alcuni tra i
crimini più atroci che l’umanità abbia
conosciuto. L’empatia è una competenza esistenziale fondamentale, in
quanto, permettendo di amare autenticamente l’Altro, ne consente la
conoscenza in senso alto, socratico
e fenomenologico4.
3. NATURALEZZA (asse E-F in figura): La terza competenza esistenziale riguarda la sfera istintiva. È
la capacità di sapersi adattare al
cambiamento, di aprirsi al flusso
dell’esistenza, all’autoregolamentazione organismica. Questa capacità, detta anche omeostasi, fa sì che
ogni organismo possa adattarsi
all’ambiente e soddisfare i propri
bisogni. Un bisogno emerge dallo
sfondo di noi stessi diventando oggetto di attenzione e, l’organismo
tenderà a soddisfarlo creando un
nuovo equilibrio. Questo eterno gioco tra squilibrio ed equilibrio dura
tutta la vita; quando un organismo
non riesce più, di fronte ad un cambiamento, ad adattarsi, sta male.
Per esempio, il caso di una persona
che di fronte ad una perdita non
riesce a lasciar andare il dolore, a
trasformarlo, e rimane intrappolata,
attaccata ad un passato che non
esiste più e che non le permette di
vivere il presente e ciò che la vita le
offre. Lasciar andare e restare nel
flusso della vita permette di superare le fasi di cambiamento, di crisi, di
fidarsi della vita, cogliere i momenti
piacevoli e vivere con maggiore pace
e serenità in armonia con se stessi, il
proprio corpo, la propria natura. Tale
attitudine scaturisce da altre due po-
31
ENZO COGNO
32
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
a sinistra:
Deposta la colomba ferita, 1958,
particolare
di fianco e in basso:
Antinomie plastiche, 1967
33
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
larità situate lungo l’asse orizzontale
della figura: E) la capacità di fermare
la mente, di trovare la quiete superando il chiacchiericcio mentale che
impedisce il contatto profondo (meditazione di tradizione Shamatha5)
F) e la capacità di affidarsi e lasciar
fluire, di rinunciare al controllo (movimento spontaneo, yoga kundalini).
Tra controllare la mente e rinunciare
al controllo (inibizione/disinibizione)
incontriamo una sintesi nella naturalezza (punto centrale tra questi due
punti) lo spazio in cui essere in pace,
un luogo dove mentalmente i pensieri possono fluire senza possedere la
mente poiché tra un pensiero e l’altro scopriamo uno spazio di silenzio,
di quiete, un luogo in cui possiamo
rilassarci in noi stessi. Questo viene
paragonato al fluire delle nuvole nel
cielo. I pensieri sono come le nuvole.
Una nube inizia, si sviluppa, finisce e
prima che ne inizi un’altra scopro uno
spazio di cielo, di silenzio. Così è la
quiete della profondità della mente.
La mente si ferma, ma può fermarsi
e trovare pace grazie al movimento
fluido che lascia andare senza attaccamento né rifiuto i pensieri che
si formano in superficie.
34
Educare a queste tre competenze esistenziali di base, permette
di armonizzare la saggezza della
mente con quella del cuore generando conoscenza in senso originario, alto, socratico. Conoscere
infatti non significa avere ingurgitato tante nozioni ma è frutto
della capacità di stare in relazione
con l’Altro a tre livelli: intrapersonale, ovvero a contatto con l’Altro
interno, la parte di noi stessi che
meno conosciamo, (Io-me); interpersonale, ovvero l’Altro esterno,
le altre persone con cui entro in
relazione (Io-tu); transpersonale,
con l’Altro più vasto di cui ognuno
è parte integrante: l’ambiente, la
società, il divino (Io -esso).
VERSO
UN’EDUCAZIONE
SEMPLICEMENTE PIÙ
AMOREVOLE
Consapevolezza, empatia, naturalezza,
permettono di sviluppare numerose altre meta-competenze a livello cognitivo,
emotivo ed istintivo e si collegano alle
tre forme di amore fondamentali: Eros,
Agape, Philìa.
Eros: è l’amore collegato all’istinto
ed al piacere. L’autoregolamentazione organismica è la meta-competenza
che permette di sviluppare tale forma
amorevole tipica della spontaneità del
nostro bambino interiore, che sa godere
dell’attimo presente perché è capace
sia di lasciar andare il controllo che di
controllarsi quietando la mente permettendosi di gioire del momento, della
vita così com’è in questo preciso istante.
Agape: è l’amore compassionevole, empatico, che sviluppiamo grazie
al contatto con la nostra madre interiore. Contatto che avviene per mezzo dell’empatia e che ci permette di
prenderci cura dell’Altro (nelle sue tre
dimensioni).
Philìa: forma di amore che si sviluppa grazie alla consapevolezza ed alla
consapevolezza della consapevolezza,
è l’amore di tipo paterno, spirituale, che
guarda verso l’alto e sa ammirare ciò che
è più vasto, più grande e consente di
sviluppare gratitudine ed ammirazione.
Si può notare come ciascuna forma
di amore descritta, se messa in relazione con i bisogni fondamentali umani
rappresentati nella famosa piramide
di Maslow, copra un’area precisa di tali
bisogni (istintivi, affettivi e spirituali).
Su questa linea, si potrebbe dunque
sintetizzare che il bisogno umano più
profondo sia proprio quello di scoprire
l’amore nelle sue tre forme che è anche la propria essenza. Inoltre, ognuna di queste tre forme di amore, che
sviluppiamo attraverso le competenze
esistenziali di base, si declina nelle tre
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
dimensioni dell’alterità su descritte diventando di fatto nove forme di amore
che, se non comprese, possono comportare altrettante forme conflittuali a
livello interiore, interpersonale, sociale6.
DALLA TEORIA ALLA
PRATICA
La mappa pedagogica fin qui descritta teoricamente e a grandi linee,
ha un’applicabilità molto pratica. Essa
è una via che permette, lungo la strada,
di affinare varie e fondamentali qualità.
Ritengo, sulla base dell’esperienza fatta
sul campo, che tale percorso, possa di
fatto essere intrapreso sia utilizzando
esercizi di meditazione, sia con attività
differenti (giochi, attività teatrali, artistiche, di gruppo e di studio) modellate
sulla base dell’età che tengano conto
dei vari punti della mappa.
L’attività educativa per adulti, bambini
e adolescenti che propongo da un po’ di
anni si sta sempre più definendo nella
direzione di sperimentare attivamente
quanto affermo. Da qualche anno noto
molti miglioramenti lavorando con gli
adulti e da quest’anno, ritornando un
po’ alle mie origini di formazione e ai
laboratori con i bambini e adolescenti,
sto cercando di sperimentare percorsi
per età differenti. Penso tuttavia che al
di là di percorsi specifici, sia fondamentale che gli insegnanti e gli educatori
(in cui includo i genitori) acquisiscano
queste tre competenze di base con un
lavoro su di sé. Questo permetterebbe
ai genitori di creare relazioni più sane
in famiglia e agli insegnanti di seguire
il proprio programma senza perdere di
vista la missione educativa.
Quella missione che rende un insegnante non sostituibile da una macchina come descritto da una vecchia novella di I. Asimov dal titolo “Chissà come
si divertivano!” Nel racconto, i bambini
del futuro studiano da soli davanti ad
un computer, perché se l’obiettivo è
ingerire il maggior numero di nozioni,
l’insegnante non serve, basta un computer. Due di loro scoprono nella soffitta
della nonna che un tempo era esistita
la scuola: un luogo dove più bambini
con un insegnante umano si trovavano
per imparare insieme ed iniziano a fantasticare su come doveva essere bello
e divertente quel luogo.
Mi piacerebbe che la scuola come
spazio di incontro con l’Altro potesse
superare l’esame del tempo, riuscendo a lasciar fluire i vecchi modelli ed
aprendosi alle nuove esigenze del reale.
Penso che se riuscisse a superare l’attaccamento verso un modello obsoleto, figlio di una cultura patriarcale al tramonto, diventerebbe molto più resiliente,
con meno dispersione scolastica. E se
riuscisse a formarsi nel suo interno e a
formare a queste profonde competenze,
avrebbe centrato l’obiettivo di educare
non ad essere in qualche modo: buoni,
bravi, belli, agendo sulla repressione di
parti che diventano inascoltate, represse
e pronte a reagire, ma semplicemente ad essere profondamente ciò che
siamo, qui ed ora. Con la fiducia ed il
sapere profondo che l’essere è amore
ed educare ad essere significa educare
ad amare.
Elisabetta Damianis
Sociologa e counselor trainer
Direttrice scuola di counseling Gemino
www.geminoformazione.com
Gorizia
35
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
NOTE
1 Claudio Naranjo è nato a Valparaiso
(Cile) nel 1932. Dopo la laurea in medicina
all’Università del Cile si è specializzato in
Psichiatria diplomandosi anche in pianoforte. E’ stato ricercatore all’Università di
Harvard, visiting professor di Psicologia
all’Università di California e Santa Cruz e
all’Istituto di Studi Asiatici in California.
Ha insegnato metodi psicoterapeutici
innovativi presso l’Università cattolica del
Cile. Ha tenuto corsi di psicologia della
personalità e psicologia transpersonale in
molte università americane ed europee. Si
è interessato della psicologia umanistica
e transpersonale elaborando “l’Enneagramma dei tipi psicologici”, un ponte
tra Oriente ed Occidente nell’ambito
della psicologia della coscienza umana.
Ha messo a punto il “Programma SAT”,
un percorso di sviluppo degli esseri
umani in relazione con gli altri molto
importante nella psicologia clinica. Nel
2007, l’Università di Udine li ha conferito
la Laurea honoris causa in Scienze della
Formazione. Ha scritto più di cinquanta
articoli scientifici ed ha pubblicato una
ventina di libri tradotti in molte lingue.
2 Carl Ramson Rogers (Oak Park, Illinois,
8 gennaio 1902 – La Jolla, California, 4
febbraio 1987) è stato il fondatore della
terapia non direttiva ed è noto per i suoi
studi sul counseling e la psicoterapia
all’interno della corrente umanistica
della psicologia.
3 Vipassana significa guardare in profondità. È la meditazione di origine indiana
più antica.
4 In generale possiamo affermare che
36
l’uomo conosce principalmente attraverso
il pensiero astratto e/o la percezione
sensoriale (rispettivamente cervello sinistro
e cervello destro). La prima modalità del
conoscere tendenzialmente segmenta
parti del reale e seleziona variabili osservabili singolarmente (cervello sinistro).
Da questa modalità deriva il metodo di
conoscenza scientifica di tipo epistemologico collegato alla verifica di ipotesi.
Questa modalità della conoscenza, per
dirla alla P. Watzlavick, vede gli alberi ma
non percepisce il bosco. Coglie cioè i
dettagli ma non l’insieme, il reale, ciò che
accade in senso fenomenologico che per
sua natura può essere solo percepito o
rappresentato simbolicamente ma non
completamente capito e sezionato. Questa
forma di conoscenza è detta appunto
fenomenologica ed avviene attraverso
la percezione (cervello destro). Percepire
appartiene al mondo sensoriale e ciò che
viene percepito del fenomeno è figlio
dell’intenzione del percepente. L’occhio
vede il sole perché è solare diceva Goethe,
si è cioè formato in presenza del sole e per
questo il sole è parte dell’occhio. Dunque
ognuno di noi conosce del mondo ciò
che seleziona attraverso la propria visione,
rappresentazione della realtà formatasi
con l’esperienza percepita. In sostanza,
se il pensiero genera il mondo astratto,
la percezione e dunque l’empatia, dà
orientamento e senso al mondo concreto
e muove i nostri comportamenti.
5 Shamatha significa quietare la mente.
È la meditazione buddista ed include 4
scuole fondamentali: Theravada, Mahayana, Vajrayana, Dzogchen.
6 Per un approfondimento su questo
tema: D. Ungaro, I tre volti dell’Altro, la
trasformazione dei conflitti dalla psiche
alla società, Roma, Aracne, 2015
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
BIBLIOGRAFIA:
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Feltrinelli, Milano, 1983.
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Tutti i racconti, ed. Mondadori,
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valore, in Quaderni di Orientamento
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tra scuola e società, ibidem, n. 31
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come luogo d’incontro, ibidem, n. 36
giugno 2010.
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1983.
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cambiare il mondo, ed. Forum, Udine,
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stavamo aspettando, ed. terra Nuova,
Firenze, 2014.
Perls F., L’approccio della Gestalt,
testimone oculare della terapia, ed.
Astrolabio, Roma, 1977.
Rovatti P.A., Abitare la distanza. Per
una pratica della filosofia, Raffaello
Cortina, Milano, 2007.
Selvatici A., D’Angelo M.G., a cura di,
Il bilancio di competenze, ed. Franco
Angeli, Milano, 2007.
Rogers C., La terapia centrata sul
cliente, ed. Psycho di G. Martinelli,
Firenze, 1994.
Ungaro D., I tre volti dell’Altro, la
trasformazione dei conflitti dalla
psiche alla società, ed. Aracne, Roma,
2015.
Watzlawick P., Beavin J. H.,
Jackson D.D., La pragmatica della
comunicazione umana, Ed. Astrolabio,
Roma, 1971.
Naranjo C., La via del silenzio e la via
delle parole, ed. Astrolabio, Roma ,
1999.
37
ENZO COGNO
sotto:
Palazzo Dario, 1948
a destra:
Giulia col fiore giallo, 1954
38
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
39
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
LE “SCELTE
ORIENTATIVE” DEI
PRIMI MESI DI VITA
I METODI DI APPRENDIMENTO DELLA
SECONDA LINGUA E DELLA MUSICA
Fortunato Mior
L
L’apprendimento della
seconda lingua
e della musica
possono iniziare sin
dai primi mesi di vita
in armonia con i modi
e i tempi naturali
del bambino
40
INTRODUZIONE
Partendo dalla constatazione che i
bambini durante i primi anni di vita apprendono in modo naturale la lingua
materna si è fatta strada l’ipotesi che,
in modo altrettanto naturale, i bambini
possono apprendere una lingua straniera od anche acquisire altre “competenze”
come, ad esempio, quelle musicali.
Rientrano nel natural approach, ad
esempio, le scuole Kids&us Language
School 1 fondate da Natalie Perarnau
o i corsi di Helen Doron Early English2
o l’Hocus&Lotus3 della università la Sapienza di Roma e i playgroup Learn With
Mummy 4 per l’apprendimento della
seconda lingua nonché i corsi proposti
dell’associazione Aigam5 (Associazione
Italiana Gordon per l’Apprendimento
Musicale) che si richiama alla music learning theory di Edwin E. Gordon per
quanto riguarda la musica.
Questi metodi, ed altri, benché elaborati in contesti diversi hanno delle
peculiarità metodologiche comuni, in
primis il ritenere che l’apprendimento possa iniziare sin dai primi mesi di
vita, attraverso i modi e tempi naturali e spontanei di apprendimento del
bambino.
Sono metodi che, a differenza di altri
(citiamo, in campo musicale i metodi
Orff, Suzuki, Kodaly, Yamaha) che si rivolgono a bambini di tre anni o in età
scolare, tendono a sfruttare tutto l’arco
temporale di vita dell’infanzia all’insegna del motto chi prima inizia meglio
apprende.
La maggiore “plasticità cerebrale”
presente in questa età permetterebbe
processi di apprendimento ottimali e
in alcuni casi raggiungibili soltanto se
attivati in età precoce. L’acquisizione
dell’orecchio assoluto6 ne è un esempio.
Fino a pochi anni fa l’orecchio assoluto
era ritenuto una rara caratteristica di
tipo genetico e di difficile apprendimento negli adulti – citiamo per tutti il
metodo di Burge (Burge, 1981). Oggi,
sia pure con molto esercizio, si possono
ottenere successi nell’ordine dell’80%
con la tecnica proposta dal giapponese
Eguchi (Oura, Eguchi, 1982) ma solo se
impartita durante l’infanzia.
Una ricerca recente, poi, sembra
confermare l’esperienza empirica che
una lingua si impara meglio da piccoli. Uno studio di Mechelli (Mechelli ed
altri, 2004) evidenzia che nei bambini
che avevano appreso una seconda lingua prima dei cinque anni, la materia
grigia della corteccia parietale che presiede allo sviluppo del linguaggio, era
maggiore per densità e volume rispetto
a quella di chi non parlava una lingua
straniera o che l’aveva imparata dopo i
15 anni. Inoltre, il volume della materia
grigia era direttamente proporzionale
all’abilità nell’uso della seconda lingua:
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
più materia grigia, migliore proprietà e
scorrevolezza del linguaggio.
Ma cosa e come si può insegnare ad
un neonato a partire dai primi mesi di
vita? È certamente un insegnamento
non di tipo formale dato che il bambino
a questa età non è in grado di compiere
elaborazioni consapevoli.
L’interazione e la comunicazione orale,
in questo caso con l’insegnante/tutor e
il gioco, come nell’apprendimento in
natura del bambino, sono le modalità
peculiari di questi approcci.
L’uso di ausili che catturano l’attenzione del bambino come filmati, immagini
e suoni è sicuramente un altro aspetto
proprio di questi metodi.
Infine, il ruolo dei genitori è, in quasi
tutti i metodi, importante per creare un
ambiente motivante e di consolidamento degli obiettivi prefissati dal corso.
LA SECONDA LINGUA
IN ETÀ PRESCOLARE
L’apprendimento delle lingue a livello
prescolare è promosso dall’Unione Europea all’interno del quadro strategico
per l’istruzione e formazione, ET 2020
(Gazzetta ufficiale C. 119 del 28.5.2009),
dove un gruppo di esperti ha avuto il
compito di analizzare le problematiche
relative all’acquisizione delle lingue in
questa fascia di età ed ha stilato, nel
2011, una serie di linee guida, dove, tra
l’altro, si afferma che cominciare presto
a parlare una o più lingua favorisce lo
sviluppo generale del bambino, il suo
potenziale affettivo, sociale e cognitivo,
abituandolo al pensiero flessibile. Inoltre
l’apprendimento precoce delle lingue
straniere contribuisce a rinforzare le abilità linguistiche della lingua primaria
(Romano, 2012).
Vanno però segnalati, al di là degli
indirizzi dati dall’Unione Europea, anche
gli aspetti meno vantaggiosi dell’apprendimento precoce di una lingua:
se iniziare prima permette di imparare
con meno sforzi e di raggiungere livelli
di competenze simili alla lingua nativa è
anche vero che questo tipo di apprendimento è più lento e necessita di una
maggiore quantità di stimoli rispetto a
quello dei discenti più grandi che possiedono una maggiore consapevolezza.
In generale, la questione dei vantaggi
dell’apprendimento in età molto precoce è ancora dibattuta (Abello-Contesse et al., 2006) poiché ancora non
è stato ben definito proprio il periodo
ottimale dell’apprendimento della seconda lingua7 che per alcuni studiosi
non coincide con il periodo ottimale
dell’apprendimento della lingua nativa.8
Negli ultimi vent’anni si sono moltiplicate le esperienze di insegnamento con
bambini piccoli sia in ambito privato che
in quello pubblico, come negli asili nido,
e così pure varie sono le tipologie dei
corsi9 anche se non sempre supportati
da una valutazione obiettiva dei risultati
raggiunti10.
Al netto delle differenze tra i diversi metodi il bambino è accompagnato attraverso le fasi dell’ascolto, della
comprensione e del parlare (listening,
understanding, speaking) e soltanto
più tardi si prende in considerazione la
lettura e la scrittura (reading, writing) e
quindi anche la grammatica.
Nella fase dell’ascolto i bambini, a partire dai primi mesi di vita, sono messi in
contatto con codici linguistici diversi da
quelli familiari e sono stimolati, attraverso una total immersion, a cogliere gli
aspetti percettivi legati alla prosodia11
e alla fonologia12.
Così come i genitori parlano con i figli,
utilizzando una gran varietà di parole,
espressioni e frasi in diversi tempi verbali, nei metodi di insegnamento della seconda lingua sono riprodotte analoghe
situazioni per facilitare la comprensione.
Fondamentale è l’insegnamento attraverso il gioco, ad esempio con storie e
racconti vissuti in prima persona o la
partecipazione alle attività quotidiane
della vita del bambino, anche attraverso
41
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
il Total Phisical Response (TPR), un metodo che consiste nell’accompagnare le
azioni, perlopiù tattili e senso-motorie,
del bambino con commenti verbali ed
istruzioni13.
Parlare è una conseguenza naturale
dell’ascolto e della comprensione. Dopo
che i bambini hanno ascoltato e compreso, sono inseriti in situazioni dove
possono avere l’opportunità di verbalizzare tutto ciò che hanno appreso in
precedenza.
LA MUSIC LEARNING
THEORY
42
Se gli approcci per l’acquisizione di
una seconda lingua tutto sommato
consistono nel copiare/replicare i processi di apprendimento della lingua
madre avvalendosi, quindi, di un metodo “pragmatico” o, tutt’ al più, facendo
riferimento alle teorie dello sviluppo
psicolinguistico, nel caso dell’apprendimento musicale diventa necessaria
una teoria piuttosto articolata, come
è la Music Learning Theory di Edwin E.
Gordon (Gordon, 2003; Nardozzi, 2014).
Per Gordon i neonati nascono con un
diverso grado di attitudine musicale, che
si ripartisce secondo una distribuzione
normale di tipo gaussiana. Pur essendo innata, l’attitudine musicale è però
influenzata dalla qualità dell’ambiente
musicale. Se non viene opportunamente stimolata, diminuisce e continua a
decrescere, a meno che non si migliori
l’ambiente musicale.
Per la MLT, poi, l’effetto prodotto
sull’attitudine da un ambiente musicale fertile diminuisce in maniera proporzionale all’età: un infante di sei mesi
che viene a contatto con un ambiente
musicale valido mostrerà un livello di
attitudine più elevato rispetto ad un
bambino, alla nascita con lo stesso livello attitudinale, che avrà l’opportunità di essere immerso in un ambiente
altrettanto stimolante all’età di 18 mesi.
Secondo Gordon, infine, dopo i nove
anni l’ambiente musicale, anche se di
alta qualità, non è più in grado di incidere sul livello attitudinale del bambino.
Da tutto ciò si evince quanto, per questo approccio, sia importante un’esposizione del bambino ad un ambiente
musicale adeguato in età precoce.
Pertanto, l’attitudine musicale che
prima dei nove anni è il prodotto delle potenzialità innate e dell’influenza
dell’ambiente musicale è denominata
attitudine musicale in sviluppo; quella degli anni successivi, quando ormai
l’ambiente non è più in grado di esercitare alcuna influenza, è denominata
attitudine stabilizzata.
Fulcro della teoria MLT è il costrutto
dell’audition, il processo che è alla base
dell’attitudine musicale e che Gordon
intende come abilità di sentire e comprendere mentalmente la musica.
L’audition, nella teoria di Gordon, rappresenta per la musica ciò che il pensiero rappresenta per il linguaggio. Si
acquisisce completamente nel tempo
in modo sequenziale, attraverso fasi e
stadi di sviluppo, e si realizza quando
si sente e si comprende una musica,
anche quando il suono non è più presente fisicamente.
La fase detta di acculturazione (seguono le fasi dell’imitazione e della assimilazione) riguarda il periodo che ci
interessa, dalla nascita ai 2-4 anni. Essa
comprende tre stadi:
1) assorbimento, 0–12 mesi circa: il
bambino ascolta e raccoglie i suoni
musicali presenti nell’ambiente;
2) risposte casuali: il bambino si muove
e vocalizza in risposta a suoni musicali presenti nell’ambiente, senza
relazionarsi a loro;
3) risposte intenzionali: il bambino cerca di correlare i movimenti e le vocalizzazioni ai suoni musicali presenti
nell’ambiente.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
Un ambiente ricco di stimoli musicali
è quindi fondamentale per lo sviluppo
delle potenzialità musicali e la MLT indica alcune regole semplici come l’ascolto
di musica cantata o suonata dal vivo o
l’ascolto di brani in CD preferibilmente
di sola musica o soltanto vocale per non
generare confusione.14 Anche il repertorio musicale non dovrebbe essere
semplificato, come si è soliti fare, ma
esposto nella sua interezza, complessità
e varietà (dal jazz alla classica). Date le
capacità del livello di attenzione la MLT
consiglia di far ascoltare brani di breve
durata e ovviamente ad un volume non
troppo alto15.
Accanto ai corsi con il metodo MLT
vanno anche ricordate le esperienze di-
dattiche realizzate negli asili nido italiani
pubblici con impostazioni di vario tipo
a dimostrazione di un interesse diffuso
per l’argomento. 16 In linea di massima
queste esperienze sono riconducibili
ai modelli pedagogici propri degli asili
nido dove il “fare” è il presupposto principale per scoprire e sperimentare in
modo coinvolgente. La scoperta del
suono, del corpo e della voce come fonti sonore, degli oggetti che suonano, del
ritmo e un’educazione all’ascolto del
suono, sono generalmente gli obiettivi
perseguiti.
Fortunato Mior
Psicologo COR
Pordenone
BIBLIOGRAFIA
Abello-Contesse C., Beltran R.,
Lopez-Jimenez M., TorreblancaLopez M., Age in L2. Aquisition and
teaching, Berna, (Sizzera), Peter Lang,
2006.
Burge D. L., Simple secret to absolute
pitch. Contemporary keybord, 1981
Gordon E.E., L’ apprendimento
musicale del bambino. Dalla nascita
all’età prescolare, Edizioni Curci,
Milano, 2003.
Mechelli A., Crinion J.T., Noppeney
U., O’Doherty J., Ashburner J.,
Frackowiak R.S., Price C.J., Structural
plasticity in the bilingual brain.
Nature, vol. 431, 2004.
Nardozzi R., La music learning theory
di Edwin E. Gordon: aspetti teorici e
pratici. Edizioni Curci. Milano, 2014.
Romano R., L’apprendimento della
lingua straniera in età precoce,
Amaltea n.3, 2012
Oura Y., Educhi K., Absolute pitch
training program for children. Ongaku
Kyouiku Kenkyu (Music Education
Research), n. 32, 162-171, 1982.
43
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
NOTE
1 Riferimenti ai corsi Kids&us Language
School si trovano nel sito www.kidsandus.it
2 Riferimenti ai corsi Helen Doron Early
English si trovano nel sito www.helendoron.it
3 Riferimenti ai corsi Hocus&Lotus si
trovano nel sito www.hocus-lotus.edu
4 Riferimenti ai playgroup Learn with
Mummy si trovano nel sito www.learnwithmummy.com
5 Riferimenti ed informazioni sulla MLT si
trovano nel sito della Associazione Italiana
Gordon per l’Apprendimento Musicale,
AIGAM. www.aigam.org
6 Per orecchio assoluto si intende la
capacità di indicare istantaneamente
l’altezza di una nota senza avere bisogno
di una nota di confronto, ad esempio
prodotta dal diapason.
7 Tra I sostenitori di un periodo ottimale
entro I primi sei anni (per quanto riguarda
gli aspetti prosodici) troviamo: Krashen S.,
Second Language Acquisition and Second
Language Learning, Pergamon Press,
Oxford, 1981.
Abdelilah-Bauer B., Il bambino bilingue.
Crescere parlando più di una lingua, Editore
Raffaello Cortina, Milano, 2008.
Michnick Golinkoff R., Hirsh-Paek K., Il
bambino impara a parlare. L’acquisizione
del linguaggio nei primi anni di vita, Editore
Raffaello Cortina, Milano 2001.
9 I corsi attivati in Italia ( FVG compreso) in
genere hanno la frequenza settimanale o
bisettimanale, la durata di 30 - 45 minuti
e si rivolgono, generalmente, a piccoli
gruppi di bambini. Quasi tutti i metodi
citati offrono corsi di formazione per gli
insegnanti e la possibilità come pure di
aprire, in franchising, dei nuovi centri.
10 Co n r i fe r i m e n to a l m e to d o
Hocus&Lotus si segnala Taeschner T.,
L’insegnante Magica, Editrice Borla, Roma, 2002.
11 La prosodia è la parte della linguistica
che studia l’intonazione, il ritmo e l’accento
del linguaggio parlato. Sono gli aspetti
prosodici che meglio si apprendono nella
prima infanzia. A partire dalla pubertà è
più difficile avere l’accento perfetto di
una seconda lingua.
12 La fonologia riguarda il sistema dei
suoni propri di una lingua.
8 Alcuni libri che affrontano il tema
44
dell’apprendimento del linguaggio
con riferimento al bilinguismo sono:
13 Il Total Phisical Response (TPR) è un
metodo messo a punto da James J. Asher.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
Riferimenti al metodo si trovano nel sito
www.tpr-world.com. Un testo in italiano
per bambini stranieri residenti in Italia
è il seguente: Mastromarco A.. A scuola:
giocare, costruire, fare per … imparare l’
italiano con il metodo TPR, Editore Giunti,
Progetti educativi, Firenze, 2005.
14 Sostiene Gordon così come non si
apprende a parlare ascoltando dei CD,
non si impara il linguaggio musicale
ascoltando CD musicali, tuttavia l’ascolto
della musica nell’ambito della MLT è
comunque un valido ausilio. Di seguito
sono elencanti i CD in commercio secondo
la MLT per bambini da zero a sei anni.
Apostoli A, Orlandini M., Ma che musica
... In dolce attesa (per donne incinte).
Edizioni Curci. Milano, 2011.
Apostoli A., Gordon E.E., Ascolta con
lui, canta per lui (contiene il CD di sole
voci Canti senza parole). Edizioni Curci.
Milano, 2005.
Apostoli A., Ma che musica! Volume 1.
Brani di classica e Jazz, Edizioni Curci,
Milano, 2007.
Apostoli A, Dufey A., Ma che musica! Volume 2. Brani di classica e Jazz, Edizioni
Curci, Milano, 2009.
Apostoli A, Orlandini M., Ma che Musica!
Volume 3. Brani di classica e jazz, Edizioni
Curci, Milano, 2010.
Quarteto Gordon per piccolissimi. Pam
Pam 1. Canto senza parole. CD e libretto.
Editore www.sharedlistening.com, 2013.
Quarteto Gordon per piccolissimi. Pam
Pam 2. Omaggio a Edwin E. Gordon. CD
e libretto, Editore www.sharedlistening.
com, 2014.
15 L’età presa in considerazione non
richiede l’uso di molti strumenti musicali. Ovviamente sono preferibili di
piccola dimensione. Alcuni strumenti
utilizzabili anche in ambito familiare e
che permettono l’esecuzione tramite la
percussione, l’agitamento, lo sfregamento, il soffio sono: tamburelli, cembali,
legnetti, blocchi sonori, sonagli, maracas,
nacchere con manico, güiro, flauto a
coulisse (non dolce).
16 In riferimento ad esperienze educative musicali attivate negli asilo nido
si segnala:
Facci L., Fare musica al nido. Percorsi teoricopratici di educazione musicale per bambini
da 20 a 36 mesi. Con CD allegato. PesaroUrbino, Progetti Sonori Edizioni, 2013.
Piatti M. (a cura), Musica nei nidi d’infanzia.
Progetti ed esperienze. Bergamo, Editore
Junior, 2013.
Sedioli A., La casetta dei suoni, Bologna,
Editore Artebambini, 2009.
Tafuri J., Nascere musicali. Percorsi per
educatori e genitori. Torino, Editore EDT,
2007.
45
ENZO COGNO
46
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
a sinistra:
Antinomie plastiche, 1966
di fianco e sotto:
Antinomie plastiche, 1966
47
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
WIDENING THE FUTURE
PERCORSI DI ORIENTAMENTO
NELLA SCUOLA PRIMARIA PER LA
PREVENZIONE PRECOCE DELLA
DISPERSIONE SCOLASTICA
AAVV
U
Un progetto europeo
che ha coinvolto alcune
scuole della regione
volto a ridurre
l’abbandono scolastico
attraverso metodi e
strategie educativo
orientative a partire
dalla scuola primaria
48
PRESENTAZIONE DEL
PROGETTO
Nell’ambito del programma LLP - Lifelong Learning 2007 – 2013, Comenius
Progetti multilaterali 2012 - è stato finanziato il Progetto “Widening the future”1 Percorsi di orientamento nelle scuole
primarie per la prevenzione precoce della
dispersione scolastica.2 Nell’arco di un
biennio, dal 2012 al 2014, ha permesso di sperimentare azioni positive per
contrastare il fenomeno dell’abbandono scolastico, intervenendo già nella
prima fase di accesso all’istruzione. Tra
gli obiettivi, quello di conoscere e condividere strumenti e modelli di intervento nell’ambito dell’orientamento,
per potenziare le capacità decisionali
degli alunni e prevenire processi di abbandono, e quello di facilitare processi di apprendimento/aggiornamento
professionale degli insegnanti, anche
attraverso l’utilizzo di modalità di cooperazione internazionale e di ricercaazione partecipativa.
Il progetto è basato sulla premessa
che il fenomeno dell’abbandono è un
processo che inizia fin dalle prime esperienze scolastiche ed è influenzato da
fattori educativi, da circostanze individuali e da condizioni socio-economiche; non è mai la scelta casuale di un
momento, ma è l’esito di un lungo e
sofferto processo di caduta progressiva del valore della scuola, di perdita
di motivazione e di disorientamento
rispetto al proprio futuro. Il progetto
si è proposto di agire sulla riduzione
dell’abbandono scolastico utilizzando
metodologie e strategie educative e didattiche di supporto per gli insegnanti, per
aiutarli a sviluppare modalità formative
che permettano di sostenere e motivare gli studenti a completare gli studi e
prepararsi per il mondo del lavoro. Si è
ritenuto importante formare gli insegnanti al compito, non facile, di rafforzare le capacità di auto-orientamento
dei bambini, per incidere direttamente
sulla loro motivazione nei confronti del
futuro, del possibile lavoro e, come conseguenza, nei confronti della scuola.
L’attività di orientamento a scuola è
stata intesa come intervento pedagogico e preventivo caratterizzato da una
componente ludica e dalla dimensione esperienziale diretta, prevedendo
la realizzazione di esperienze attive e
partecipative, anche attraverso l’uso
degli strumenti ICT.
Una sottolineatura importante è stata
fatta da Márius Mártinez, esperto dell’Università Autonoma di Barcellona, che
ha contribuito a dare una cornice teorica agli interventi del progetto: le attività
di orientamento a scuola non devono
essere percepite come un aggravio di
compiti per gli insegnanti e come un
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
appesantimento dei programmi di insegnamento, ma come una modalità
nuova di fare scuola che, intervenendo
sul cambiamento di metodologia didattica, trasforma le materie di studio in
strumenti per un apprendimento non
solo concettuale, ma valoriale e progettuale. L’efficace immagine utilizzata
dall’esperto è stata quella dell’azione
quotidiana di preparare un tè: l’infusione della bustina di tè nella tazza non
aumenta la quantità di acqua (il carico
di lavoro e l’impegno richiesto ad insegnanti e studenti), ma cambia profondamente la sostanza (i contenuti, gli
apprendimenti).
La scuola è stata considerata una comunità di apprendimento, dove ciascuno, studente e insegnante, può crescere
condividendo risorse ed esperienze,
messe in comune anche attraverso le
nuove tecnologie. L’utilizzo delle ICT ha
rivestito un ruolo centrale nel progetto,
sia come strumento di insegnamento/intervento con gli alunni, sia come
metodologia che permette lo scambio
di informazioni tra docenti ed esperti,
favorendo il vero e proprio lavoro in rete.
In tal senso, oltre agli Istituti che ufficialmente hanno composto il partenariato, in ogni Paese coinvolto sono
state contattate delle Scuole del primo
ciclo, che hanno collaborato alle attività
progettuali sia nella fase di costruzione
della comunità di apprendimento tra
insegnanti sia nella sperimentazione
delle azioni orientative con gli alunni.
Complessivamente, il progetto ha coinvolto più di 80 insegnanti provenienti
da oltre 30 scuole primarie e secondarie
di I grado, pubbliche e paritarie, nei 5
Paesi partner. Gli alunni coinvolti nella
realizzazione delle azioni sperimentali
sono stati oltre 1400, di età compresa
tra i 5 ed i 12 anni.
Per la regione Friuli Venezia Giulia, le
scuole partner sono state individuate
negli Istituti Comprensivi di Gemona
del Friuli (UD), Maniago (PN), Manzano
(UD), Palazzolo dello Stella (UD) e Trieste
(IC “San Giovanni”).
LE FASI PROGETTUALI
Il progetto ha permesso, in una prima fase, di esaminare i modelli educativi presenti nei contesti nazionali dei
partners e di condividere alcuni degli
strumenti ICT da loro utilizzati, come
elementi guida per intervenire nelle
specifiche realtà e creare un processo
di trasferibilità e scambio.3
Contemporaneamente, sono stati raccolti, attraverso focus groups territoriali,
i bisogni formativi degli insegnanti che
operano nelle scuole partner di progetto. È stata successivamente creata una
piattaforma on-line di apprendimento
cooperativo a disposizione degli insegnanti, per condividere materiali e strumenti ICT per l’orientamento nella prima
fase del percorso scolastico. Partendo
dal materiale raccolto nei focus group
è stato elaborato un percorso formativo
per insegnanti e responsabili scolastici,
basato sul modello della ricerca azione
partecipativa, per attivare processi di riflessione e cambiamento nelle pratiche
di insegnamento. Il percorso formativo è culminato in un’azione di training
partecipativo (denominata “Twinning
training”), svoltasi a Siena e a Bucarest,
in due sessioni parallele. All’interno del
Twinning Training, gli insegnanti hanno
elaborato i percorsi educativi di orientamento da sperimentare, nell’anno
Fig. 1: Paws in Jobland, software
interattivo per l’orientamento alle
professioni per gli alunni della
Primaria (www.cascaid.co.uk)
49
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
scolastico 2013-2014, all’interno delle
Istituzioni scolastiche partecipanti.
In particolare, per la progettazione
delle azioni sperimentali, il gruppo delle
insegnanti e degli operatori provenienti dalla Regione FVG ha scelto di fare
riferimento alla definizione di Career
Management Skills (CMS o competenze di gestione di carriera; vedi Tab.
1), fornita dagli esperti del Ministero
dell’Educazione danese, intervenuti al
Twinning Training. Secondo tale modello, le competenze orientative (o di
sviluppo di carriera) fanno riferimento
a tre grandi aree tematiche, una legata
alla dimensione intrapersonale, una legata alla conoscenza delle opportunità
lavorative ed alla capacità progettuale
e l’ultima legata alla conoscenza delle
carriere scolastiche e formative, in collegamento ad un progetto professionale.
Un percorso di orientamento educativo può incentrarsi su una o più aree
tematiche. L’assunto importante, segnalato dagli esperti danesi, è che tali aree
tematiche possono essere proposte,
con il dovuto adattamento in termini
di contenuti e di metodologie didattiche, agli studenti di tutte le età, fin dal
primo ciclo.
IL MODELLO DANESE PER LA DEFINIZIONE
DI PERCORSI EDUCATIVI INCENTRATI SULLE
CAREER MANAGEMENT SKILLS – CMS4
I percorsi educativi e di orientamento per favorire negli studenti lo sviluppo
delle CMS – Competenze di gestione della carriera – possono sviluppare contenuti riferiti alle seguenti tre aree di competenza:
Tab. 1: Il Modello danese per la
classificazione delle CMS – Career
Management Skills
l
l
l
50
La scelta personale: può prevedere percorsi di auto-conoscenza, di analisi e
di consapevolezza di sé finalizzati a sviluppare la capacità di scelta personale,
in termini di lettura ed individuazione dei propri sogni, interessi, desideri, delle
proprie capacità relazionali e di auto-attivazione.
La conoscenza del mondo del lavoro e delle professioni: può prevedere
percorsi dedicati alla conoscenza di mestieri e professioni in specifici contesti
geografici, sociali o temporali. Inoltre può condurre all’esplorazione di altre
dimensioni del percorso di progettazione del proprio futuro, come la rilettura
del proprio contesto affettivo (ad esempio: l’analisi del mestiere dei propri familiari) o la sfera dell’identità personale (l’individuazione delle proprie aspirazioni
lavorative).
La conoscenza dei percorsi educativi e formativi: può prevedere percorsi
che, attraverso la presa di coscienza che ogni professione richiede un percorso
di formazione, mirano a far intuire ai bambini la necessità e il valore dell’educazione scolastica e permanente, muovendosi nella direzione della prevenzione
della dispersione scolastica.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
Alla fase progettuale sono seguite le
fasi di realizzazione delle attività sperimentali con gli studenti nelle scuole
partner. Le azioni si sono svolte nel
corso dell’anno scolastico 2013-2014.
I contributi delle insegnanti, di seguito riportati, danno un quadro dello
svolgimento e dell’esito di tali attività.
Il progetto si è concluso formalmente con una Conferenza internazionale
svolta a Siena nel settembre 2014, ma
le azioni di disseminazione successive
sono ancora in corso.
Gli strumenti e i modelli elaborati
nel corso del progetto sono in fase di
diffusione e sviluppo, anche attraverso
un lavoro di traduzione nelle diverse
lingue dei Paesi partner.
Per diffondere i risultati del progetto
è stato reso disponibile un sito web
aperto a tutti, consultabile alla pagina
http://www.wideningthefuture.eu,
dove è scaricabile anche il manuale
di contenuti dedicato agli insegnanti e agli operatori dell’orientamento
scolastico.
A livello regionale, le istituzioni scolastiche che hanno preso parte alle
azioni pilota stanno dando seguito
all’attività, anche attraverso l’organizzazione di nuove proposte progettuali
da presentare sulle programmazioni
della Commissione europea.
La Regione Friuli Venezia Giulia, per
il tramite del Servizio Istruzione, diritto
allo studio, alta formazione e ricerca, sta provvedendo all’inserimento
dei percorsi sperimentali nella banca
dati “Idee e strumenti per orientare”,
recentemente riedita in una versione
online accessibile, così da rendere disponibili i materiali dell’esperienza a
tutti i docenti del primo ciclo che fossero interessati a inserire nel curricolo
i contenuti orientativi per l’intervento
precoce.
PERCORSI DI
ORIENTAMENTO
PRECOCE: AZIONI
DECLINATE NEI
CINQUE ANNI DELLA
SCUOLA PRIMARIA
a cura delle insegnanti dell’IC di
Maniago
I percorsi di orientamento precoce
proposti dall’Istituto Comprensivo di Maniago sono stati incentrati sui presupposti di gradualità, trasversalità e riflessione
metacognitiva individuale e di gruppo.
Il primo passo è stato il coinvolgimento
dell’Istituto che ha permesso: l’individuazione delle classi; la costituzione del
gruppo di progetto coordinato dalla docente referente; la suddivisione del lavoro
in un’ottica di progressione (dalla classe
prima alla quinta; dalla “realtà classe” al
mondo fuori dalla scuola) e trasversalità,
con attività inserite nel lavoro disciplinare
di italiano, storia, geografia, tecnologia,
matematica e inglese. Si è passati, poi,
alla progettazione di percorsi coerenti
con il focus del progetto.
Le attività individuate per le classi prime, seconde e terze miravano a rendere
i bambini consapevoli dell’importanza
delle regole soprattutto all’interno di una
comunità. Le attività didattiche sono partite da un momento di riflessione sullo
stare bene insieme e si sono poi sviluppate in percorsi condivisi su: individuazione di regole da rispettare all’interno
della classe, formulazione di impegni,
assunzione di incarichi utili allo star bene tutti. L’implementazione dell’attività
è stata accompagnata da momenti di
autovalutazione/riflessione, guidati dalle
domande “Come ho svolto il mio incarico?
Come mi sono sentito? Il mio compito era
adatto a me, alle mie capacità? In cosa
devo migliorare?”
Per responsabilizzare i bambini è stata
proposta la realizzazione di un quaderno,
dove ogni alunno annotava la propria autovalutazione, prima utilizzando dei simboli, poi scrivendo le proprie riflessioni.
51
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
Fig. 2: Il “quaderno degli incarichi”,
in cui i bambini riflettono sulla
loro capacità di svolgere l’impegno
assunto
Fig. 3: Gli alunni della classe I
impegnati nello svolgimento
degli “ incarichi” che hanno scelto
per contribuire allo stare bene a
scuola di tutta la classe
52
La classe terza ha sviluppato invece
un percorso sullo “Star bene insieme
oltre la propria classe”, assumendosi l’impegno di mantenere il cortile pulito. Il
percorso è iniziato con l’individuazione del problema, la sua denuncia e si
è concretizzato con: proposta e scelta
degli effettivi rimedi, organizzazione e
realizzazione dell’intervento, creazione
di un poster finalizzato al raggiungimento di uno stato di benessere comune.
Le classi quinte coinvolte nelle attività si sono concentrate sul mondo del
lavoro. Una classe scoprendo i lavori
a scuola, i lavori dei propri genitori, i
lavori oggetto dei loro desideri. L’altra
ha esaminato un modello economi-
co produttivo: la cooperativa per poi
sperimentarlo, calato in un’attività di
collaborazione con la Casa per anziani. La classe è diventata la cooperativa
scolastica MOSDIPI con uno proprio
statuto, una propria rendicontazione
e figure professionali quali: presidente,
vice presidente, consiglieri, tesoriere e
un comitato di controllo costituito dalle
figure adulte (preside, docenti).
Tutte le attività sperimentate hanno
utilizzato le discipline del curricolo come
strumento per il raggiungimento di un
risultato, ponendo un accento sempre
più marcato sulla trasversalità dell’intervento di orientamento precoce. Tra
i risultati ottenuti vanno collocati anche
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
quelli concreti che sono: Libretto degli
incarichi, Gioco da pavimento “Uniti si
vince” sulle figure professionali, l’utenza,
gli altri attori del territorio che rendono
possibile il funzionamento della scuola;
poster per sensibilizzazione della comunità scuola al problema “cortile pulito”,
cooperativa
PERCORSI A
CARATTERE
INTERDISCIPLINARE
a cura delle insegnanti dell’IC di
Gemona del Friuli
L’introduzione dell’autonomia scolastica ha dato inizio a una controversa
fase di proliferazione di progetti, che si
aggiungevano al curricolo e, attraverso
una frenetica attività nelle classi, venivano resi visibili all’esterno: la qualità
della scuola, infatti, era percepita come
direttamente proporzionale alla quantità
delle proposte.
È apparso presto evidente come la
frammentarietà di queste azioni le rendesse strategicamente poco utili. Ecco allora che da alcuni anni è iniziato
un cammino di consapevolezza per la
costruzione di un progetto curriculare
unitario e ben finalizzato. Tra i primi passi
più visibili e concreti di questo sforzo
di coerenza c’è l’attenzione all’interdisciplinarietà.
L’individuazione dei possibili collegamenti con le discipline e le progettualità
in atto nella scuola è stata, quindi, uno
dei criteri prioritari nella predisposizione
del percorso sperimentale di orientamento proposto alle classi quarte all’interno del progetto “Widening the future”.
Il quadro di riferimento, elaborato dal
gruppo interregionale nei workshop
organizzati all’interno del twinning
training svolto a Siena, delineava con
chiarezza gli ambiti di sviluppo delle
competenze orientative: quello della
persona, quello del mondo del lavoro,
quello del percorso educativo. Queste
tre aree sono state ricavate dal modello
proposto dal Ministero dell’Educazione
danese, partner del Progetto.
Sulla base di questo quadro, individuati gli obiettivi pertinenti per le classi
di intervento, si è proceduto ad esaminare, coi docenti di classe, i possibili
contatti con le attività previste per l’anno in corso. Ne è risultata una proposta
articolata in sei U.d.A 5., organizzate in
sequenza logica ma non rigida, modificabile per cogliere occasioni di collegamento con gli argomenti disciplinari
e con le opportunità offerte dal territorio. La proposta mirava a) all’unitarietà,
coinvolgendo gli alunni in attività diverse ma sempre pertinenti, nel contesto
di un lavoro percepito come coerente
e mirato; b) all’effettivo concorso nella
costruzione e nel rinforzo degli apprendimenti, applicando conoscenze e abilità
disciplinari e transdisciplinari nei contesti del progetto; c) all’ottimizzazione di
tempi e didattiche, utilizzando contenuti
e attività del progetto per lavorare in
ambito curriculare.
A titolo di esempio, possiamo citare
l’unità Mestieri in valigia che, legandosi
a un’iniziativa di gemellaggio tra Comuni, ha confrontato i mestieri degli
emigranti nel dopoguerra e di chi lavora
all’estero oggi: le attività hanno coinvolto gli ambiti linguistico, storico e della
cittadinanza, realizzandosi attraverso
interviste, esame di documenti fotografici e incontri con testimoni diretti;
il valore aggiunto è stata la collaborazione concreta tra territorio e scuola,
che ha anche dato enfasi a “Widening
the Future”.
L’unità Orienteering dei mestieri, invece, si è collegata ad un altro progetto
Comenius, basato sull’Orienteering,
in corso nell’Istituto: gli alunni hanno
esplorato il paese individuando le attività lavorative e segnandole sulla cartina muta, mettendo così in pratica e
rinforzando le conoscenze e le abilità
orientativo-spaziali apprese nelle attività
di partenariato europeo. (Vedi Fig. 4)
53
ENZO COGNO
a sinistra:
Antinomie plastiche, 1967
di fianco e sotto:
Antinomie plastiche, 1967
54
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
55
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
Fig. 4: Una delle griglie di
attivazione utilizzata per il lavoro
con le classi IV – Indagine sul
mestiere dei genitori
Fig. 5: Laboratorio di tessitura
nell’ambito degli incontri con
gli artigiani promosso da
Confartigianato di Udine
56
Tra gli Incontri con gli artigiani, organizzati anche in collaborazione con
Confartigianato, (vedi Fig. 5) la visita a
una fucina amatoriale e i laboratori di
ceramica e tessitura in classe, sono stati
programmati e attuati con il preciso intento di integrare il percorso di storia,
che trattava la nascita dell’artigianato
nel Neolitico e poi le attività economiche delle prime grandi civiltà, con riferimento, appunto, alla lavorazione dei
metalli, dell’argilla e delle fibre.
Pur configurandosi come primo passo
di un percorso più completo da articolare e proseguire negli anni successivi,
l’esperienza realizzata ha conseguito
gli obiettivi in termini di conoscenze
e soprattutto di interesse per il mondo del lavoro, prima poco considerato
dai bambini, tanto che anche i mestieri
dei propri genitori risultavano spesso
sconosciuti.
Una riflessione a parte merita il tiepido coinvolgimento del Collegio Docenti,
dovuto al sopravvivere, tra molti insegnanti, dell’idea di progetto come mera aggiunta (e talvolta aggravio) e non
come declinazione del curricolo; chi ha
partecipato direttamente all’esperienza,
invece, l’ha apprezzata anche per la vivacità e le opportunità offerte proprio
dall’interdisciplinarità delle azioni.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
L’UTILIZZO DELLE
NUOVE TECNOLOGIE
NEI PERCORSI DI
ORIENTAMENTO
PRECOCE
a cura delle insegnanti dell’IC di
Manzano e dell’IC “San Giovanni” di
Trieste
Perché utilizzare la tecnologia e i devices può aiutare i bambini e i ragazzi nel
percorso di orientamento? Potremmo
dire che lo facciamo, nelle nostre scuole,
per diversi motivi. Il primo, il più ovvio,
sta nell’accessibilità delle informazioni,
ma a questo possiamo aggiungerne
altri forse più motivanti e concreti. Se
è vero che parte del percorso didattico
svolto a scuola con i bambini di terza era
orientato a capire i mestieri dei genitori
e dei nonni, è pur vero che oggi le scelte
immaginarie e sognate dei più piccoli,
in materia di futuro, sono diverse anche
solo da quelle dei loro compagni che
oggi sono in terza media.
Dopo una schiera di ballerine e parrucchiere, di poliziotti e militari che
hanno popolato i sogni dei bambini di
pochi anni fa, i bambini di oggi indicano
mestieri nuovi riguardo ai quali hanno
idee certe, ma spesso poco supportate
se non da frammentarie informazioni.
La cosa che ci ha maggiormente stupito in questo percorso didattico è stato
rilevare come la differenza di genere
si sia oggi decisamente assottigliata
rispetto a quella presente anche solo
cinque anni fa. Ecco allora che compaiono all’orizzonte piloti di elicottero, subacquei professionali, guardie
ambientali e chirurghi che operano a
distanza, indifferentemente scelti da
bambine e bambini. Bisogna pertanto
che la scuola supporti l’immaginario e
riesca a calarlo nel concreto. Ecco allora
il ricorso al web per avere informazioni
esatte sulle professioni, non potendo
certamente ricercare tali figure professionali fra parenti e amici.
L’utilizzo delle nuove tecnologie nella
scuola ha lo scopo principale di innovare la didattica. Le tecnologie da sole però non fanno niente. Dobbiamo
insegnare ad usarle per favorire l’apprendimento e aiutare i ragazzi a vivere nella società dell’informazione. Nel
mondo del lavoro di oggi si richiede
che le persone siano autonome, che
sappiano risolvere i problemi, che lavorino in team e che sappiano ricercare le giuste informazioni su internet.
Nel nostro percorso abbiamo utilizzato
fondamentalmente gli iPad con cui i
bambini hanno registrato, fotografato,
fatto ricerca e prodotto un loro e-book
relativo all’argomento.
Sicuramente con l’iPad il modo di fare
scuola è cambiato: ci siamo avvicinanti di più a quella che viene definita la
didattica per competenze. Gli alunni
attivano da subito conoscenze e abilità
in un contesto dotato di senso, in una
situazione reale. L’essere attivi e protagonisti in prima persona nella ricerca del
sapere e nella costruzione di un percorso, li rende maggiormente interessati
e stimola l’ascolto. L’utilizzo dell’iPad,
inoltre, è sicuramente efficace nei lavori
di gruppo favorendo la cooperazione,
poiché si condividono risorse e materiali. Migliora e rende più collaborativi
i rapporti docente–alunno; sparisce il
concetto tradizionale di trasmissione
del sapere per lasciare spazio a una collaborazione in un ambiente rinnovato
dove si progetta insieme per risolvere
un problema o elaborare un prodotto
finale.
Oggi c’è la necessità di raccogliere informazioni, cercare e leggere biografie,
capire dove, come e per quanto possiamo seguire gli studi per diventare ciò
che abbiamo sognato essere da grandi.
Ed è qui che, raccolte le informazioni,
bisogna che la scuola sappia guidare i
bambini nell’elaborazione individuale
o in gruppo, stimolando la discussione
e supportando il confronto in classe.
L’autonomia degli studenti viene poi
favorita preparandoli in maniera concre-
57
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
Fig. 6: Scheda riassuntiva della
“Learning Unit” di costruzione di
un e-book interattivo con l’utilizzo
degli IPad in classe
58
ta a mettere in pratica le conoscenze
acquisite. I ragazzi possono attingere
risorse e informazioni che imparano
a ricercare autonomamente, accessibili da qualsiasi posto e in qualunque
momento. Possono anche usufruire di
applicazioni sui propri dispositivi digitali mobili, sapendo decidere tra possibilità diverse di scelta. Una didattica
con l’uso degli iPad, inoltre, promuove
la consapevolezza della dignità delle
diverse discipline che concorrono insieme nella formazione di una cultura
autonoma e successivamente anche
critica dello studente. L’iPad, che diventa
sempre più uno strumento personale
di apprendimento, suscita interesse e
coinvolgimento emotivo oltre a ridurre
i tempi di apprendimento.
Gli approfondimenti, i dati raccolti
ed elaborati, potranno essere riproposti sotto forma di slide show o video o
e-Book Multi Touch da condividere in rete e in presenza con altri. Saranno questi
validi materiali di riferimento per nuovi
“sognatori di futuro” in cerca di notizie
certe per realizzare le proprie ambizioni. Poi certamente domani, dopo aver
sognato di essere un chirurgo esperto,
le nostre bambine e i nostri bambini
sogneranno anche di essere un pilota di
elicottero, cambiando “rotta”, ma questo
fa parte del gioco...”Facciamo finta che
io ero...”. Ottima palestra per diventare,
domani, una persona professionalmente
e personalmente soddisfatta!
PERCORSI PER ALUNNI
CON BISOGNI SPECIALI
a cura delle insegnanti dell’IC di
Palazzolo dello Stella.
L’esperienza svolta presso l’Istituto
Comprensivo di Palazzolo dello Stella
ha visto come protagonisti alcuni alunni
segnalati ai sensi della L. 104/92. Ciò che
ha reso significativo il percorso è stata la
diversa modalità di realizzazione delle
attività. Per un alunno, il perseguire il
suo sogno di diventare camionista è
stato il motore dell’apprendimento. Il
conoscere tale mestiere ha fatto sì che
alcuni contenuti (la produzione di testi
scritti, gli algoritmi delle quattro operazioni, la geografia) venissero veicolati
dalla motivazione a veder realizzato il
proprio ideale lavorativo.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
Con un altro alunno, la scoperta del
territorio, per conoscere le sue caratteristiche e le opportunità ed offerte non
solo lavorative, è servita a creare uno
scenario di integrazione sociale, utile
sia per il bambino che per la famiglia.
In questa situazione, il progetto educativo è stato impostato con un’attenzione alla prospettiva temporale,
prevedendo azioni che proseguiranno
nei prossimi anni scolastici. L’obiettivo
che si cercherà di raggiungere negli
anni sarà quello di offrire un supporto, sia a livello di relazione con le altre
persone, sia in termini di un possibile
inserimento sociale, anche di tipo lavorativo.
Nei casi di alunni in situazione di disabilità più o meno grave, la didattica
svolge un ruolo fondamentale soprattutto per quanto concerne il futuro,
inteso come possibilità di integrazione
all’interno della società.
Ritengo che un’azione di tipo orientativo, che favorisca la conoscenza del
territorio, delle offerte lavorative e soprattutto di quelle che sono le caratteristiche e predisposizioni degli alunni,
sia l’arma vincente per un’integrazione
sempre più efficace e significativa.
RILETTURA DEL
PROGETTO E
PROSPETTIVA
EUROPEA
Il Consiglio dell’Unione europea, con
la risoluzione del 2008 sul tema dell’orientamento, ha evidenziato la necessità
di mettere a disposizione delle persone esperienze di orientamento a cui
fare riferimento per tutto l’arco della
vita. Si è sottolineato che lo sviluppo
di competenze per gestire il processo
di apprendimento, le carriere e la transizioni all’interno delle fasi di istruzione,
formazione e lavoro e tra di esse, è un
processo continuo che non si esaurisce
con la giovinezza.
La Rete europea per le Politiche
dell’orientamento lungo l’arco della
vita (ELGPN) ha identificato il costrutto di Competenze di sviluppo e gestione
del progetto personale e professionale
(la cosiddetta “carriera”, Career Management Skills, CMS) definendole quali
competenze che aiutano gli individui
ad identificare le proprie capacità e gli
obiettivi di apprendimento necessari
per incrementare la loro occupabilità
Fig. 7: Scheda riassuntiva della
“Learning Unit” relativa al
percorso di scoperta del territorio,
attività dedicata a un alunno con
bisogni speciali
59
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
60
e l’inclusione sociale. In alcuni Paesi
europei, azioni orientative basate sul
modello delle CMS sono già largamente
diffuse. Il partenariato che ha realizzato il
progetto Widening the future ha adottato
il modello di CMS in uso in Danimarca,
Paese in cui il Ministero dell’Educazione ha avviato un’importante riforma
dell’istruzione obbligatoria, secondaria
e post-secondaria, inserendo il concetto
di sviluppo delle CMS in tutti gli ordini
e gradi di scuole.
La riforma si incentra sul concetto
che, al termine di ogni grado scolastico,
tutti gli alunni devono aver sviluppato
competenze all’interno di tre aree: la
scelta personale (conoscenza di sé), la
conoscenza dei percorsi scolastici (dalla
scuola al lavoro), gli aspetti della vita lavorativa (conoscenza del mondo produttivo, delle professioni e delle carriere). Nel modello danese, gli obiettivi
macro da raggiungere entro ogni grado
scolastico sono descritti e suddivisi in
modo operativo, così da costituire una
guida per gli insegnanti nel processo di
preparazione delle attività didattiche e
di apprendimento.
Anche negli altri Paesi europei, l’orientamento professionale è riconosciuto
come una componente essenziale dei
sistemi di istruzione e di formazione
moderni, utile per potenziare nelle generazioni più giovani l’acquisizione di
competenze decisionali e di progettazione. Il progetto Widening the future
ha permesso di realizzare azioni pilota
di orientamento professionale nell’ambiente scolastico delle primarie, declinando le azioni solitamente rivolte a
studenti più grandi in attività adatte
all’età degli alunni.
L’intervento orientativo precoce
può essere efficace nella prevenzione
dell’abbandono scolastico in quanto
permette di individuare per tempo alcune situazioni di disaffezione alla scuola, legate spesso a fattori di contesto
(familiare, sociale) e di intervenire per
riparare l’immagine che i bambini si costruiscono della comunità scolastica,
modificando i messaggi, percepiti come escludenti, in situazioni accoglienti
ed inclusive. Le azioni di orientamento
nella comunità scolastica, realizzate
all’interno di Widening the future, sono
state progettate intorno a due costrutti
fondamentali: la dimensione relazionale
tra ragazzi ed adulti e lo sviluppo negli
alunni di capacità auto-riflessive.
Attraverso la costruzione di relazioni
con gli altri, gli studenti sviluppano la
loro comprensione del mondo sociale
ed attribuiscono significati alle esperienze che vivono, in un processo di
costruzione dei loro valori e dell’identità personale, che poi costituiscono la
guida delle azioni future.
La spinta che la società occidentale
del ventunesimo secolo esercita verso una estrema individualizzazione,
spesso carica i giovani di un senso di
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
grande responsabilità individuale verso
il proprio futuro, e talvolta il processo
è gravoso e i ragazzi si sentono soli di
fronte alle proprie scelte. Le figure più
significative come i familiari, i pari, gli
adulti incontrati nel contesto scolastico
ed extrascolastico possono fungere da
modelli positivi, quindi un intervento
orientativo efficace non può prescindere dalla dimensione della relazione
interpersonale.
Nella società liquida di oggi, una competenza fondamentale è la capacità di
riflessione. Durante il processo pedagogico, i bambini, per maturare la capacità
di aprirsi alla realtà che li circonda e di
leggere il contesto e le sue opportunità,
devono sviluppare le competenze di
auto riflessione e di messa in discussione di se stessi.
Il lavoro di gruppo, basato sulla narrazione, l’esplorazione e la testimonianza
può essere una metodologia proficua
per sostenere e sviluppare nei bambini
la curiosità verso modi diversi di pensare
e di vivere, e per stimolare l’esplorazione
di diversi tipi di competenze applicate
in varie situazioni. Nel processo di progettazione del proprio futuro, i ragazzi
sono chiamati ad esaminare e riesaminare frequentemente i propri passi e le
decisioni prese.
Il processo di orientamento è legato
all’acquisizione di tali capacità di riflessione su di sé e l’insegnante o il consulente che svolge attività di orientamento a scuola può aiutare lo studente
a pensare più profondamente a sé, a
rielaborare le informazioni sull’ambiente,
sul passato e sul futuro.
Per fare questo, è indispensabile che
l’adulto metta in atto tecniche di ascolto
attivo e abbia la capacità di sviluppare
consapevolezza e empatia. La relazione educativa, in cui l’adulto pone delle
domande e aiuta il giovane a trovare le
proprie risposte, è un potente strumento di apprendimento.
Le azioni orientative di Widening the
future sono risultate efficaci in quanto
centrate sulla dimensione relazionale
(tra i pari, con gli insegnanti) e finalizzate
ad aiutare i ragazzi a sviluppare competenze decisionali e progettuali per il loro
percorso formativo e lavorativo futuro.
Il partenariato del progetto Widening
the future ha svolto un’analisi preliminare dei bisogni emergenti nel settore
dell’orientamento scolastico, espressi
dagli insegnanti, pedagogisti e orientatori, nei contesti nazionali di ciascun
paese coinvolto.
L’analisi ha identificato le criticità, le
risorse utili, le metodologie già in uso,
le aspettative degli insegnanti coinvolti
e le potenziali aree di intervento futuro.
I risultati di questa prima fase hanno
costituito le basi per l’individuazione
di percorsi formativi di qualità per gli
insegnanti, gli orientatori ed i consulenti
scolastici, con la finalità di progettare
un’azione di apprendimento basata
sull’approccio cooperativo.
L’azione formativa rivolta agli insegnanti/orientatori è stata utile per
passare alla successiva fase, in cui gli
stessi insegnanti e consulenti hanno
progettato le “Unità di apprendimento”
da realizzare poi all’interno delle azioni
pilota con gli alunni delle scuole.
Le azioni pilota sono risultate molto
variegate, per rispondere alle esigenze
dei diversi contesti (nazionali, regionali)
e dei diversi attori coinvolti. Pur nella varietà, tutte le azioni pilota hanno avuto
l’obiettivo comune di sviluppare, testare
e valutare azioni di orientamento realizzate con gli alunni della scuola primaria
e finalizzate a favorire, negli studenti più
giovani, uno sviluppo precoce delle capacità di orientamento e di conoscenza
delle professioni.
Attraverso le Unità di apprendimento, si è cercato di aiutare gli studenti a
riflettere sulle proprie caratteristiche
personali, i punti di forza e l’immagine
di sé. L’interdisciplinarietà ha contraddistinto alcuni percorsi, permettendo
ai bambini di imparare nuovi termini
e concetti legati al mondo del lavoro
all’interno di discipline come la matematica, la storia e la lingua straniera.
61
ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE
Le azioni pilota hanno introdotto
gli studenti delle scuole primarie al
concetto di mondo del lavoro e molte
delle attività sono state volte ad incoraggiare gli studenti a esplorare le
professioni, l’imprenditorialità, anche
nel contesto geografico e sociale circostante. I giovani studenti sono stati
portati a riflettere sulle professioni partendo dalle loro cerchie più strette (i
familiari), per poi esplorare le comunità
locali ed infine analizzare come il lavoro
e le attività produttive influenzino la
società ampia e gli stili di vita.
Le azioni pilota del progetto Widening the future hanno coinvolto oltre
40 scuole nei cinque Paesi partner. Sono stati raggiunti oltre 1.300 studenti
di età compresa tra i 5 ed i 13 anni,
che hanno preso parte alle esperienze condotte da insegnanti, consulenti
scolastici, tutor e professionisti dell’orientamento.
Tutti gli attori coinvolti considerano questa attività progettuale come
un’esperienza che, per la valenza educativa e preventiva che ha dimostrato,
auspicabilmente potrà continuare nei
prossimi anni scolastici.
Ada Losco, Francesca Saffi,
Maria Graziella Pellegrini,
Ketty Segatti
Servizio istruzione, diritto allo studio,
alta formazione e ricerca
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
Rita Brollo
Istituto Comprensivo di Gemona del
Friuli (Ud)
Anna Maria Locatello,
Cristina Simonella
Istituto Comprensivo di Maniago (Pn)
Antonella Brugnoli
Istituto Comprensivo di Manzano (Ud)
Giulia Filippo
Istituto Comprensivo di Palazzolo dello
Stella (Ud)
Francesca Genuzio
Istituto Comprensivo “S. Giovanni” di
Trieste
NOTE
1 Letteralmente “Ampliare il futuro”.
2 Il Progetto ha coinvolto un partenariato guidato dalla Provincia di Siena
e composto, oltre che dalla Regione
Autonoma Friuli Venezia Giulia, dal Centro
Studi Pluriversum di Siena come partner
tecnico e da quattro Agenzie educative
provenienti dal Regno Unito (CASCAID
Ltd), dalla Danimarca (UCC University
College Capital), dalla Romania (ISE Institutul de Ştiinţe ale Educaţiei) e dalla
Spagna (DEP Istitut).
3 Esempi di strumenti ICT considerati
sono l’applicativo “Paws in Jobland” edito
da Cascaid in Regno Unito www.cascaid.
co.uk, oppure la piattaforma QESTUDIO.
COM in Spagna (http://www.educaweb.
com/)
4 http://eng.uvm.dk/ - L’intervento durante
il Twinning Training è stato presentato da
Joergen Brock, Responsabile del Settore
Orientamento del Ministro dell’Istruzione
Danese e membro della Rete Europea per
le Politiche dell’Orientamento (ELGPN).
5 Unità di Apprendimento, indicate nel
62
progetto anche con il termine inglese
Learning Units.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
BIBLIOGRAFIA
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school. Handbook for teachers”, 2014,
Manuale di resoconto del Progetto;
scaricabile tramite registrazione
alla pagina web http://www.
wideningthefuture.eu/widening-thefuture-handbook
Commissione Europea, Reducing
early school leaving: Key messages
and policy support. Final, Report of
the Thematic Working Group on
Early School Leaving, 2013. Visibile
alla pagina web http://ec.europa.
eu/education/policy/strategicframework/doc/esl-group-report_
en.pdf
Consiglio dell’Unione Europea,
Risoluzione n. 2008/C 319/02 “Council
Resolution on better integrating
lifelong guidance into lifelong
learning strategies”, 2008. Visibile alla
pagina web http://www.consilium.
europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/
pressData/en/educ/104236.pdf
European Lifelong Guidance
Policy Network – Rete europea
per le Politiche dell’orientamento
lungo l’arco della vita (2012). “ELGPN
Tool No. 1. Lifelong Guidance Policy
Development: A European Resource
Kit”. Scaricabile alla pagina web
http://www.elgpn.eu/publications/
elgpn-tools-no1-resource-kit
Martinez M., (Coord. Fòrum
IDEA1 Universitat Autònoma de
Barcelona) (2002). “Comunidades
de aprendizaje. Participación,
calidad y transformación social de la
educación”. Educar n. 29, 2002.
Sultana R. G., “Learning career
management skills in Europe: a critical
review”. Journal of Education and
Work, Volume 25, Issue 2, 2012.
63
ENZO COGNO
64
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
a sinistra:
Antinomie plastiche, 1974
di fianco e sotto:
Antinomie plastiche, 1969
65
ORIENTAMENTO FORMAZIONE E LAVORO
PERCHÈ LE GIOVANI NON
SCELGONO PERCORSI DI STUDIO
E DI LAVORO IN AMBITO
SCIENTIFICO E TECNOLOGICO?
LE POSSIBILI OPPORTUNITÀ IN
EUROPA
P
Per avvicinare le ragazze
a percorsi professionali
in ambito “S.T.E.M.” è
necessario sviluppare
“azioni oppositive”
già dall’infanzia;
contemporaneamente
vanno promossi
cambiamenti culturali
al fine di rompere gli
stereotipi ancora presenti
nel mondo del lavoro
66
Chiara Cristini
PREMESSA
Il livello di istruzione della componente femminile in Italia e in Friuli Venezia
Giulia è andata progressivamente aumentando a partire dagli Anni Settanta,
con l’innalzamento dei titoli di studio:
tra gli iscritti all’università prevalgono le
donne e le performance ottenute dalle
ragazze negli studi superano quelle dei
coetanei (Istat, 2014). Tuttavia, nonostante l’evoluzione in atto, sono ancora
più gli uomini che le donne presenti
in quei percorsi di studio che portano a percorsi professionali in ambito
“STEM”1, mentre le donne sono sovrarappresentate nei percorsi umanistici e
nelle scienze mediche. Le professioni nel
campo dell’ingegneria e dell’informatica
attraggono ancora relativamente poche
donne, e non solo in Italia. Mediamente, infatti, nei Paesi OCSE, si aspettano
di lavorare nei campi dell’ingegneria
a dell’informatica meno del 5% delle
femmine quindicenni, a fronte di un
18% rilevato tra i coetanei maschi (PisaOcse, 2013).
Questa scarsa presenza femminile
negli ambiti scientifico-tecnologici
non può essere sottovalutato, poiché
contribuisce in modo significativo al
permanere dei differenziali di genere
presenti nel mercato del lavoro e nelle
prospettive di occupabilità e crescita
professionale. Nei prossimi anni infatti
saranno proprio i settori connessi alla
ricerca, innovazione e alla tecnologia
quelli che offriranno maggiori opportunità e le priorità europee per una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile
stanno facendo luce su questo marcato
differenziale di genere, che rischia di
lasciare indietro proprio la componente femminile. Sarà dunque sempre più
strategico per i Paesi riuscire ad avvicinare più ragazze agli ambiti di studio
scientifico-tecnologici, ma si tratta di
un percorso che richiede di agire in profondità, rimuovendo ostacoli culturali e
stereotipi tanto diffusi quanto resistenti.
TITOLI DI STUDIO
E OPPORTUNITÀ
OCCUPAZIONALI:
DIFFERENZE DI
GENERE
Maschi e femmine presentano opportunità di accesso e permanenza nel
mercato del lavoro meno distanti rispetto al passato, tuttavia il differenziale di
genere rimane elevato, nonostante il
progressivo aumento dei livelli di istruzione femminili verificatosi nei recenti
decenni. Con riferimento specifico al
Friuli Venezia Giulia, l’investimento nel-
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
lo studio rappresenta una scelta con
effetti positivi, anche in questa fase recessiva, e infatti i tassi di occupazione
delle persone con titoli medio-alti si
confermano i più elevati. Nel caso della
componente femminile, oltretutto, si
osserva una trasformazione particolarmente importante:
Maschi
licenza elem., nessun tit.
licenza media
Diploma
laurea e post-laurea
Totale
Femmine
licenza elem., nessun tit.
licenza media
Diploma
laurea e post-laurea
Totale
Totale
licenza elem., nessun tit.
licenza media
Diploma
laurea e post-laurea
Totale
Gender gap
licenza elem., nessun tit.
licenza media
Diploma
laurea e post-laurea
Totale
se infatti nel 2007 il tasso di occupazione delle diplomate era ancora superiore rispetto a quello delle laureate, nel
2013 il quadro si inverte e le laureate
presentano i tassi di occupazione più
elevati rispetto alle donne con titoli di
istruzione inferiori.
2007
2010
2013
46,2
68,9
83,4
82,4
75,2
41,9
63,1
79,4
82,0
71,5
49,3
60,9
76,3
84,6
70,7
3,1
-8,0
-7,1
2,2
-4,5
7,4
-2,2
-3,1
2,6
-0,8
14,4
45,3
69,5
72,9
55,7
14,6
42,4
67,1
76,3
55,5
23,8
40,2
62,8
74,2
55,2
9,4
-5,1
-6,7
1,3
-0,5
9,2
-2,2
-4,3
-2,1
-0,3
28,2
57,3
76,9
77,2
65,5
25,8
53,2
73,5
78,7
63,6
35,5
51,0
69,7
78,9
63,0
7,3
-6,3
-7,2
1,7
-2,5
9,7
-2,2
-3,8
0,2
-0,6
31,8
23,6
13,9
9,5
19,5
27,3
20,7
12,3
5,7
15,9
25,5
20,7
13,5
10,4
15,5
-6,3
-2,9
-0,4
0,9
-4,0
-1,8
0,0
1,2
4,7
-0,4
Se, dunque, il gender gap diminuisce progressivamente all’aumentare
del titolo di studio, tuttavia è importante ricordare come tale differenziale
rimanga su un valore superiore ai 10
punti, indicando che a parità di titolo e
investimento le opportunità occupazionali dei laureati rimangono diverse,
mettendo in luce il permanere di alcune problematiche “strutturali”, che
la congiuntura economica attuale ha
ulteriormente evidenziato.
Var.07-13
Tra i motivi che possono intervenire
nel mantenere così ampio il divario di
genere anche tra i tassi di occupazione
dei laureati, possono essere compresi
quei fattori culturali che portano maschi
e femmine a intraprendere percorsi scolastici e universitari differenti e ancora
connotati da scelte gender oriented, con
ancora poche ragazze che si orientano
verso indirizzi di studio STEM. Percorsi
che non solo risultano maggiormente rispondenti alla domanda di lavoro,
Var.10-13
Tab. 1: Tassi di occupazione per
titolo di studio, in Friuli Venezia
Giulia. Confronto per genere e
gender gap negli anni 2007-13.
V.% (Fonte: elaborazione su dati
Istat, RCFL)
67
ORIENTAMENTO FORMAZIONE E LAVORO
ma possono offrire, nel lungo periodo,
maggiori opportunità di crescita professionale e retributiva (Bianco, Lotti e
Zizza, 2013).
Con riferimento all’incidenza femminile per tipologia di indirizzo nelle
scuole superiori del Friuli Venezia Giulia, si può osservare come la presenza femminile rimanga sensibilmente
minoritaria negli istituti professionali
a indirizzo industria e artigianato (le
ragazze rappresentano poco più di un
quarto degli iscritti) e negli istituti tecnico-industriali (la componente femmi-
nile, pur in aumento, rappresenta solo
il 10,5% nel 2013) con valori minimi in
particolare negli indirizzi di informatica
ed elettronica. Viceversa, continuano a
rappresentare la maggioranza nei licei
(e in particolare al classico e linguistico),
nelle ex magistrali, nei percorsi commerciali e artistici.
Non stupisce quindi che anche i percorsi ITS a indirizzo meccanico o ICT, avviati in Friuli Venezia Giulia, pur offrendo
importanti opportunità di inserimento
occupazionale, non riescano ad attrarre
potenziali risorse femminili.
2009
2013
var. 09-13
Ist. profess. industria e artigianato
25,6
25,5
0,0
Ist. profess. serv. commerciali
67,0
60,6
-6,4
Altri istituti professionali
10,2
26,9
16,7
Istituto tecnico industriale
8,2
10,5
2,3
Istituto tecnico commerciale
59,5
57,2
-2,3
Istituto tecnico per geometri
22,9
25,0
2,1
Altri istituti tecnici
41,8
46,0
4,2
Lic. socio-psico-pedag., comunic., sc. soc.
(ex magistrali)
81,0
79,0
-2,1
Liceo scientifico
53,0
51,6
-1,4
Liceo classico
70,2
71,6
1,4
Liceo linguistico
62,6
68,0
5,4
Ist. d’arte
70,1
72,1
1,9
Totale
49,0
48,5
-0,5
Tab. 2: incidenza femminile nelle
iscrizioni delle scuole superiori
per tipologia di indirizzo, in Friuli
Venezia Giulia. Confronto tra
gli anni 2009-13. V.% (Fonte:
elaborazione su dati I-stat)
68
Un’ulteriore conferma di questa concentrazione di genere nei percorsi di
studi si osserva considerando le immatricolazioni ai due atenei del Friuli
Venezia Giulia. Emerge così la sotto-rappresentazione femminile nel gruppo di
ingegneria (l’incidenza femminile passa
dal 17,3% del 2008 al 16,0% del 2012),
e in particolare negli indirizzi connessi
alla meccanica, elettronica, informatica,
elettrotecnica.
Si confermano invece facoltà a marcata concentrazione femminile, i corsi
di laurea del gruppo insegnamento
(con un’incidenza del 95,8%, oltretutto in aumento dal 2008), del gruppo
linguistico (con un peso della componente femminile pari all’83,5%)
e psicologico, in cui tre quarti delle
immatricolazioni sono femminili.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
2008
2012
var.08-12
gruppo scientifico
26,7
36,4
9,6
gruppo chimico-farmaceutico
55,6
63,0
7,4
gruppo geo-biologico
56,1
57,1
1,0
gruppo medico
45,7
56,5
10,8
gruppo ingegneria
17,3
16,0
-1,3
gruppo architettura
47,5
37,5
-10,0
gruppo agrario
50,0
69,2
19,2
gruppo economico-statistico
46,0
51,7
5,7
gruppo politico-sociale
55,7
58,8
3,0
gruppo giuridico
62,6
65,8
3,2
gruppo letterario
68,4
70,2
1,8
gruppo linguistico
86,7
83,5
-3,2
gruppo insegnamento
94,1
95,8
1,8
gruppo psicologico
77,8
75,0
-2,8
Totale
65,8
75,1
9,3
Un ulteriore set di informazioni riguardanti la sotto-rappresentazione
femminile tra i laureati in materie
tecnico-scientifiche si ricava rapportando i laureati in queste discipline
su 1000 residenti: questo gruppo di
laureati pesa per il 21,2 per mille tra
i maschi, con un incremento di 13,2
punti dal 2001 (valori che si dimostrano maggiori rispetto ai valori riferiti
al Nord-Est, sia a quelli italiani). Tra le
femmine, nonostante l’incremento
significativo tra 2001 e 2011 in regione (+6,6 p.p.), la quota di laureate in
ambito tecnico-scientifico si ferma a
10,5 per mille, praticamente la metà di
quanto osservato tra i maschi. Il dato
regionale femminile si pone tuttavia
di 2 decimi al di sopra della media
nazionale.
Tab. 3: Incidenza femminile
nelle iscrizioni effettuate nelle
università di Udine e Trieste, per
tipologia di indirizzo. Confronto
tra gli anni 2008-13. V.% Fonte:
elaborazione su dati Istat
2001
2006
2011
var. 2001-11
var. 2006-11
FVG
8,0
24,8
21,2
13,2
-3,6
N-Est
9,3
18,9
18,6
9,3
-0,3
Italia
7,8
15,3
15,5
7,7
0,1
FVG
3,9
9,9
10,5
6,6
0,6
N-Est
4,8
9,7
10,7
5,8
1,0
Italia
4,5
9,0
10,3
5,8
1,4
FVG
6,0
17,7
15,9
9,9
-1,8
N-Est
7,1
14,4
14,6
7,5
0,3
Italia
6,2
12,2
12,9
6,8
0,7
Maschi
Femmine
Totale
Tab. 4: Laureati in discipline tecnico-scientifiche per sesso e regione, confronto tra gli anni 2000 e 2010 (per 1.000 residenti in età 20-29 anni). V.%.
(Fonte: elaborazione su dati Miur e Istat, Noi Italia 2014)
69
ORIENTAMENTO FORMAZIONE E LAVORO
IN UNA EUROPA
“INTELLIGENTE,
SOSTENIBILE,
INCLUSIVA”, QUALE
SPAZIO PER LE
GIOVANI DONNE?
Questa scarsa presenza femminile
nei percorsi STEM non potrà più essere
sottovalutata, ma dovrà essere posta
al centro delle agende degli Stati alla
luce degli obiettivi di crescita esplicitati
dalla strategia Europa 2020, che punta a rilanciare l’economia dell’UE nel
prossimo decennio secondo tre priorità
di crescita: intelligente (sviluppando
un’economia basata sulla conoscenza e
sull’innovazione); sostenibile (promuovendo un’economia più efficiente sotto
il profilo delle risorse, più verde e più
competitiva) e inclusiva (promuovendo un’economia con un alto tasso di
occupazione che favorisca la coesione
sociale e territoriale). Inoltre, la Commissione europea ha proposto cinque
obiettivi principali come rappresentativi
di queste priorità2:
l
l
l
l
l
70
il 75% delle persone di età compresa
tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro;
il 3% del PIL dell’UE deve essere
investito in R&S;
i traguardi “20/20/20” in materia di clima/energia devono essere raggiunti;
il tasso di abbandono scolastico deve
essere inferiore al 10% e almeno il 40%
dei giovani deve essere laureato;
20 milioni di persone in meno devono
essere a rischio di povertà.
Se la crescita deve essere inclusiva
della componente femminile secondo
i principi di pari opportunità e in base
al principio di gender mainstreaming,
il loro conseguimento richiede da un
lato l’aumento del numero di laureati,
ma dall’altro la riduzione del gender gap
nel campo della scienza, della tecnologia e della ricerca. Che la strada sia
in salita è del resto evidenziato dagli
studi condotti a livello europeo, dai
quali emergono gli ambiti su cui sia più
urgente intervenire. Con riferimento
specifico all’ICT, uno studio condotto a
livello europeo (DG Connect, 2013), ha
mappato la partecipazione delle donne
nel settore delle ICT, rimandando una
fotografia da cui emerge che appena
il 2,9% delle femmine ha una laurea in
ambito informatico, a fronte di un dato
pari al 9,5% rilevato tra i maschi. Inoltre,
solo un marginale 0,4% delle femmine
con laurea ICT finirà per lavorare nel
settore. La quota di donne impiegate
nel settore delle ICT è inoltre significativamente inferiore a quella degli uomini:
solo il 30 % di tutti i lavoratori nelle ICT
in Europa (circa 7 milioni di persone)
sono femmine e solo il 19,2 % di loro
hanno capi donne rispetto al 45,2 % di
lavoratori in altri settori.
LA MATEMATICA
(NON) È DI GENERE
FEMMINILE
Com’è noto, i motivi di questa scarsa
presenza femminile nei percorsi STEM
sono molteplici, ma un ruolo importante è dato anche dal rapporto delle
ragazze con la matematica, una delle
competenze di base necessarie per decidere se affrontare o meno un percorso
in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico o matematico.
Da questo punto di vista, particolarmente interessanti sono i dati presenti
nei rapporti di valutazione sulle diverse performance di maschi e femmine
in matematica (Ocse-Pisa 2012; Invalsi
2013/14).
Un primo quadro si ricava dall’indagine internazionale di rilevazione degli
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
apprendimenti Ocse-Pisa del 2012, che
evidenzia come a quindici anni l’eccellenza in matematica è maschile.
In particolare in Italia la media in matematica dei ragazzi italiani (pari a 494) è
statisticamente superiore a quella delle
ragazze (pari a 476) di 18 punti (la media
Ocse è tarata sui 500 punti)3.
La migliore performance maschile, in
realtà, è un dato non solo italiano: il gap
a favore dei ragazzi sembra confermato, in generale, in tutti i paesi coinvolti
nell’indagine, ad eccezione di Svezia,
Finlandia e Islanda, Paesi in cui le differenze sono invertite o non significative.
Particolarmente interessante è osservare il fatto che il Friuli Venezia Giulia rientra nel gruppo di regioni con migliori
punteggi (insieme con Lombardia, Piemonte, Veneto, e Bolzano), ma proprio
in queste aree il gender gap si amplia
ulteriormente, superando i 20 punti.
Anche il rapporto Invalsi 2013/2014
conferma questo gender gap in matematica: se infatti rispetto al punteggio
medio conseguito in seconda superiore,
sulla scala fissata a un punteggio pari a
200, i maschi raggiungono i 203 punti,
le femmine si fermano a 196 punti: al di
sotto del valore medio e a.7 punti dal
valore dei coetanei. Un gap che si allarga
parallelamente al crescere dell’età. Secondo il rapporto Invalsi, la differenza
è più contenuta prima dei 12 anni (5-6
punti).
È evidente che, partendo da queste
premesse, sarà difficile spingere le giovani a intraprendere “percorsi STEM”, ma
d’altra parte appare urgente e importante intervenire individuando le cause di
questo divario e le possibili soluzioni da
mettere in campo, considerato che gli
effetti avranno un impatto su tutto l’arco
della vita. Lo stereotipo delle “ragazze
meno portate” per la matematica può
avere un impatto negativo su fattori
quali: maggiore ansia per la matematica,
minore auto consapevolezza e fiducia
nelle proprie capacità, inoltre tali performance spingeranno le femmine a verso
indirizzi di studio in cui la matematica è
meno presente, scelta spesso supportata dalle famiglie e, si può ipotizzare,
anche dagli insegnanti.
È POSSIBILE
SUPERARE GLI
STEREOTIPI?
Per rendere anche le ragazze protagoniste della crescita intelligente e dello
sviluppo e innovazione cui tende l’Europa, è necessario dunque riconoscere le diversità di genere nell’approccio
alle materie scientifiche e coinvolgere
nel cambiamento i molteplici fattori e
attori che intervengono a determinare
le scelte scolastiche e universitarie di
ragazze e dei ragazzi. Si possono tuttavia riconoscere due livelli su cui agire:
- “a monte”, ovvero nella fase in cui si
va costruendo l’identità di genere, e
dunque un ruolo chiave è svolto dal
contesto familiare, dalla scuola e dal
sistema di orientamento.
- “a valle”, ovvero nel mercato del lavoro, e in tal caso particolarmente
importante è agire per un cambiamento culturale tra imprese, agenzie
formative e parti sociali, che possono
contribuire a rompere certi stereotipi
presenti nel mondo del lavoro.
Se, dunque, si ritiene fondamentale
che anche le ragazze possano contribuire a costruire una società intelligente,
sostenibile ed inclusiva, appare quanto
mai strategico e urgente intervenire con
iniziative in grado di agire nel mediolungo periodo, al fine di riequilibrare
la presenza di genere nei percorsi di
studio “STEM”, agendo parallelamente
sia “a monte”, sia “a valle”.
Uno degli stereotipi su cui agire è sicuramente quello secondo cui le donne
sono meno “adatte” a seguire percorsi e
carriere tecnico-tecnologiche e scienti-
71
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
a sinistra:
Antinomie plastiche, 1965
di fianco e sotto:
Antinomie plastiche, 1965
73
ORIENTAMENTO FORMAZIONE E LAVORO
fiche, e meno brave nelle materie scientifiche, valorizzando maggiormente anche le dimensioni “creative” e “relazionali” connesse ai lavori tecnico-scientifici
(problem solving, lavoro di gruppo…).
Inoltre, può essere fondamentale agire
efficacemente “a monte”, sin dall’infanzia,
abituando i più piccoli (i loro genitori e
il corpo docente) a immaginare l’ingegnere, ma anche l’ingegnera4, attraverso
la veicolazione di immagini, ma anche
testimonianze, favorendo un uso del
linguaggio che utilizzi la declinazione
di genere delle professioni e dedicando maggiore spazio alla conoscenza di
esempi storici rimasti sinora “invisibili”,
come può essere il caso di Eva Lovelace,
il primo programmatore di computer
della storia.
Tra le “azioni positive” che sono state
e possono essere intraprese, vi sono
borse di studio, “quote riservate” per
incentivare la presenza femminile in
percorsi post diploma e post laurea, in
alcune iniziative di poli e centri tecnologici. In questa direzione, va tuttavia
evidenziato positivamente il fatto che
negli ultimi anni si stanno moltiplicando anche in Italia (e in regione) sperimentazioni e progetti, che cercano di
coinvolgere diversi target: dai bambini in età scolare, adolescenti e giovani
che stanno per iscriversi all’università.
In questi progetti, si sperimentano la-
boratori di programmazione,5 si parla
con testimoni “al femminile” di startupper, manager, ingegnere, scienziate che
hanno intrapreso percorsi STEM, si cerca
di ripensare il linguaggio e utilizzare
immagini in grado di attrarre anche
ragazze verso percorsi percepiti come
“male dominated”.
Un ruolo importante tuttavia può
essere svolto anche dagli enti di formazione che possono favorire un avvicinamento delle donne adulte verso
percorsi tecnici e tecnologici cui tendenzialmente si iscrivono prevalentemente uomini e supportare altresì
l’inserimento in azienda attraverso gli
strumenti di stage e tirocinio, favorendo
così il superamento degli stereotipi e dei
vincoli che incidono sia sul lato dell’offerta, sia della domanda di lavoro. Tali
interventi tuttavia non devono rimanere
isolati, ma dovrebbero trovare supporto
a livello istituzionale per trasformarsi in
interventi di sistema la cui efficacia possa durare nel tempo e coinvolgere tutti
i “livelli” e i soggetti operanti nel mondo
dell’istruzione, dell’orientamento, della
formazione e del lavoro.
Chiara Cristini
Referente per le pari opportunità IRES
FVG
Consigliera di parità
Provincia di Pordenone
NOTE
1 Acronimo inglese per: scienze, tecnologia, ingegneria, matematica.
2 Europa 2020. Una strategia per una
crescita intelligente, sostenibile, inclusiva.
Commissione Europea, Comunicazione
della Commissione 3.3.2010, pag. 18
3 http://www.invalsi.it/invalsi/ri/pisa2012/
74
rappnaz/Rapporto_NAZIONALE_OCSE_PISA2012.pdf
4 Una buona prassi realizzata con il cofinanziamento della regione Friuli Venezia
Giulia è “Il gioco del rispetto”, rivolto ai
bambini delle scuole materne ed elementari, cfr.: http://giocodelrispetto.org/
5 Tra i vari esempi, si cita: www.coderdojofvg.it, una “palestra di programmazione” per bambini in età scolare.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
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75
ENZO COGNO
76
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
a sinistra:
Antinomie plastiche, 1966
di fianco e sotto:
Antinomie plastiche, 1966
77
SPAZIO APERTO
GAMBLING: CONTRO IL
GIOCO D’AZZARDO
UN PROGETTO NELLA SCUOLA
PRIMARIA
Tiziana Magro, Valeria Franco, Marco Zanoli, Aurelio Oddo
INTRODUZIONE
78
Il gioco d’azzardo (GA) è un fenomeno estremamente complesso che, per le
sue caratteristiche, abbraccia più fattori: quello psicosociale, neurobiologico,
psicologico ed infine quello più strettamente comportamentale (Picone, 2010).
Giocare d’azzardo è una attività considerata per molti piacevole ma può
divenire un fattore di rischio che, in
particolari persone ad alta vulnerabilità, può condurre ad una vera e propria
dipendenza (Disturbo da gioco d’azzardo - DGA). Questa condizione è riconosciuta nel DSM 5 come un “Disturbo
non correlato a sostanze” la cui caratteristica essenziale è un comportamento
disadattivo legato al gioco d’azzardo,
persistente o ricorrente, che sconvolge
attività familiari, personali e/o professionali. L’esordio del disturbo da GA può
verificarsi durante l’adolescenza o la prima età adulta; generalmente si sviluppa
nel corso degli anni e la maggior parte
degli individui evidenzia un pattern di
gioco che gradualmente aumenta sia in
frequenza che in quantità di scommesse. La somma di denaro investita nelle
singole giocate non è di per sé indicativa del disturbo da GA. I pattern di gioco
possono essere regolari o episodici e
il disturbo può essere persistente o in
remissione; inoltre può aumentare durante periodi di stress con fasi di forte
gioco e gravi problemi, alternati a intervalli di totale astinenza oppure di gioco
non problematico.
Come sottolineano Slutske et al.
(2014), non esiste una sola situazione
di partenza che deterministicamente
definisce l’evolversi del DGA ma questo
è la risultante di numerose componenti
che si intersecano durante l’intero arco
di vita (es.: i meccanismi del gioco tra
pari, il marketing pubblicitario del gioco
d’azzardo, la vicinanza ai luoghi di gioco)
ed interagiscono con i fattori genetici
e neuropsicologici, anticipando l’età di
iniziazione al gioco.
NON COSTA NULLA
METTERSI IN
GIOCO: PROGETTO
DI PREVENZIONE
AL GAMBLING PER
GLI ALUNNI DELLA
QUINTA CLASSE DELLA
SCUOLA PRIMARIA
Sulla base di quanto emerso dallo
studio della letteratura va sottolineato
che il GA di per sé è fonte di legittimo
piacere e quindi non può essere vietato o proibito tout court. Tuttavia, nel
momento in cui emergono outcomes
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
negativi sulla salute è necessario prendere in seria considerazione l’esigenza
di introdurre forme di regolamentazione e di tutela dell’integrità sociale più
stringenti. Per questo motivo nel panorama nazionale è stato emanato nel
2012 il “Decreto Balduzzi” n. 189, istituito
l’Osservatorio Nazionale e creato il progetto GAP; parallelamente, in regione
Friuli Venezia Giulia è stato emanato
il Piano Regionale per le Dipendenze
per gli anni 2012-15, e la L.R. n. 1 del 14
Febbraio 2014 con le diposizioni per la
prevenzione, il trattamento e il contrasto
alla dipendenza da gioco d’azzardo; con
la D.D.C. n. 584 è stato istituito il tavolo
tecnico regionale sul Gioco D’Azzardo
Patologico; infine, la delibera della Giunta regionale 5 dicembre 2014, n. 2332
ha introdotto importanti innovazioni
determinando, ad esempio, la distanza
dai luoghi sensibili per la nuova collocazione di apparecchi elettronici per
il gioco.
È inoltre importante ricordare che
i programmi di prevenzione selettiva
della dipendenza da gioco d’azzardo
tra i giovani sono stati realizzati in modo disomogeneo e che spesso hanno
cercato di sensibilizzare essenzialmente
la popolazione di studenti dell’ultimo
anno della scuola media inferiore e della
scuola superiore mentre sarebbe utile
iniziare l’educazione su questo tema fin
dalla scuola primaria.
Per mettere in atto una prevenzione
efficace sul fenomeno del gioco d’azzardo è necessario coinvolgere tutti i sistemi in cui l’individuo cresce e si sviluppa
(Bronfenbrenner, 1986): la scuola quindi,
ad iniziare da quella primaria, diviene il
luogo privilegiato per effettuarla e per
stimolare riflessioni a livello personale,
familiare ed istituzionale
A questo proposito risulta interessante esporre l’esperienza-progetto per la
prevenzione al gioco d’azzardo attivata
presso cinque classi quinte di una scuola
primaria della provincia di Reggio Emilia
(per un totale di 123 alunni), pensata
per un intervento “multi-level respon-
ses”, sulla base dalle premesse teoriche
sopra esposte.
A livello generale il progetto “Non
costa nulla mettersi in gioco”, inserito
all’interno del curricolo atto a promuovere la salute e la prevenzione del disagio, è nato con lo scopo di valorizzare
le potenzialità formative e preventive
di tutti gli ambiti disciplinari, in funzione della promozione dei bisogni/valori
dell’identità personale, della solidarietà
e della prevenzione delle varie forme di
malattia e dipendenza.
Il progetto si è sviluppato nel corso
dell’intero anno scolastico ed è stato
strutturato in 10 Unità Didattiche (U.D.),
intese come “tracce di lavoro” flessibili
ed adattabili alla situazione della classe.
Partendo dall’analisi delle funzioni del
gioco (esplorativa, costruttiva, comunicativo-relazionale e creativa), attraverso
una programmazione per competenze
sono state sviluppate le aree che riguardano il rapporto tra gioco e comunicazione (anche quelle dei media e quella
del Web), quello tra gioco e la salute e
quello tra gioco e rischio (dipendenza
e conseguenze per la salute); una parte
delle attività ha visto il contributo scientifico di uno psicologo.
Il quadro di riferimento teorico rispetto alla relazione si è ispirato a quello della psicologia umanistica di Carl Rogers e
di Gordon, e rispetto alla comunicazione
a quanto proposto dal gruppo di Watzlawick e Beavin. I percorsi didattici attivati
hanno utilizzato diverse metodologie:
lezioni fontali, l’orientamento cooperativo del Learning Together (Johnson,
Johnson, 1996), l’utilizzo della didattica
laboratoriale (teatro dei burattini e teatro delle ombre).
“Non costa nulla mettersi in gioco” si
è sviluppato secondo le seguenti fasi:
l
Il primo passo ha visto la presentazione del progetto da parte degli
insegnanti e dello psicologo ai genitori degli alunni delle classi interessati; dagli alunni, prima di presentare a grandi linee lo scopo del
79
SPAZIO APERTO
progetto, tramite un questionario
sono stati raccolti dati circa le loro
conoscenze “ingenue” sui giochi
che investono l’utilizzo di denaro.
I risultati hanno dimostrato che la
quasi totalità dei soggetti conosce
l’esistenza dei giochi in cui si usa
il danaro e sanno fornire semplici
descrizioni di molti di essi. Il 10%
nomina il Lotto, il 35% le “macchinette sputa soldi dei bar” (Marco),
il 55% i Gratta e Vinci (Eleonora:
mia nonna ogni giorno spende
cinque euro e non vince niente), il
23% i giochi che “ti chiedono soldi
quanto vedi un film al computer”.
l
l
l
80
La fase denominata “G come gioco” ha messo in primo piano la
dimensione ludico-ricreativa e le
motivazioni legate alla naturale
propensione al gioco, nella prospettiva di pensare e vivere il gioco come qualità diffusa dell’esperienza
umana.
“Gioco con me e gioco con te”, evidenziando la dimensione universale
del ludico in un’ottica di integrazione, ha consentito di poter lavorare
sulle dimensioni dell’intercultura,
sulle diverse abilità dei bambini e
sulle modalità di accedere all’altro
e al gruppo dei pari e alle regole.
Questa fase ha portato i bambini a
confrontarsi con gli altri, a cercarli
come compagni di gioco in uno
sforzo di educazione alla socializzazione, ad utilizzare il linguaggio
per indurli a comprendere messaggi
gradualmente più complessi, a promuovere la comunicazione, mirata
alla cooperazione, all’aiuto ed al
rispetto del lavoro degli altri, e a
differenziare i compiti dei membri
del gruppo sviluppando un reciproco appor to ed uno spirito di
solidarietà.
“Gioco con il corpo” (in collaborazione con la Polisportiva del ter-
ritorio) ha promosso l’importanza
della salute fisica e psicologica dei
bambini. Gli alunni hanno partecipato a eventi ludici e spor tivi
rispettando le regole e tenendo
comportamenti improntati a fairplay, lealtà e correttezza, e hanno
rappresentato drammatizzazioni
attraverso il movimento e l’uso dei
laboratori teatrali.
l
l
l
“Gioco e mi faccio giocare” ha
cercato di sviluppare la consapevolezza della propria identità comunicativa nella modalità verbale
e non verbale, ad imparare a gestire
le emozioni, la comprensione dei
diversi modi di pensare che possono
agevolare o ostacolare l’avvicinamento al gioco. Gli alunni hanno
assistito alla proiezione del film
Jumanji.
La fase “Game over?” ha creato
le basi per iniziare una riflessione
sugli atteggiamenti e le cognizioni relativi all’attività di gioco che
costituiscono importanti fattori di
rischio o protettivi per lo sviluppo di
comportamenti, e sulle conseguenze del gioco d’azzardo e strategie
di prevenzione e cura presenti sul
territorio. Grazie alla presenza di
testimoni privilegiati provenienti
dalle associazioni di auto-aiuto sul
gioco d’azzardo è stato possibile
concretizzare l’esperienza di gioco
e le sue ripercussioni attraverso le
parole di chi ne ha diretta esperienza.
L’ultima fase è stata quella di valutazione dell’intervento attraverso
un questionario di gradimento, una
prova a scelta multipla (erano state
eseguite valutazioni in itinere) per
misurare l’acquisizione delle competenze raggiunte e dei concetti
scientifici chiave e la riproposizione del questionario iniziale. Le risposte del questionario sono state
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
raggruppate in categorie; a titolo
esemplificativo nella fig.1 si riportano le percentuali solo di alcune
risposte fornite alla somministrazione iniziale e a quella finale dello
strumento.
Tiziana Magro
Fig. 1: I giochi per denaro
Psicologa, Psicoterapeuta, Docente
Master II livello Università di Padova e
La Sapienza di Roma
Valeria Franco
Psicologa
l
Al termine dei lavori (fase: Famiglie
in gioco) è stato organizzato un
incontro alla presenza degli alunni e dei genitori per la restituzione
dei dati raccolti e dei successivi sviluppi, anche attraverso giochi che
vedevano la partecipazione degli
adulti.
Marco Zanoli
Psicologo psicoterapeuta
Aurelio Oddo
Psicologo
81
SPAZIO APERTO
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83
ENZO COGNO
a destra:
Antinomie plastiche, 1969
di fianco e sotto:
Antinomie plastiche, 1969
84
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
85
INFORMA
IDEE E STRUMENTI PER
ORIENTARE
PERCORSI DI ORIENTAMENTO
EDUCATIVO NEL WEB
Elena Paviotti, Marco De Lorenzo
INTRODUZIONE
86
Le Linee guida Nazionali sull’orientamento1 promuovono il diritto della
persona all’orientamento lungo tutto
il corso della vita, cioè la possibilità di
avvalersi di attività per lo sviluppo di
competenze che aiutino il processo di
auto-orientamento della persona stessa,
per favorire il benessere, l’adattabilità
ai contesti, il successo formativo e l’occupabilità.
Sono cinque le funzioni dell’orientamento illustrate nel documento nazionale e tra queste, tre sono particolarmente rispondenti ai contenuti che
andiamo a presentare in questo articolo.
“La funzione Educativa si riferisce a
quelle attività di sostegno allo sviluppo
di risorse, competenze e condizioni favorevoli al processo di auto-orientamento
della persona. Questa funzione assolve
al compito di favorire nell’individuo la
maturazione di un atteggiamento e
comportamento proattivo per lo sviluppo delle capacità di gestione autonoma
e consapevole del proprio processo di
orientamento”.
Una seconda funzione è quella “Informativa che riguarda le attività volte a
sviluppare capacità e conoscenze utili al
raggiungimento di un obiettivo formativo o professionale specifico. Essa assolve
al compito di potenziare quelle risorse
che hanno a che fare con la capacità
di attivarsi, confrontarsi, decodificare,
interpretare, mettersi in gioco”.
Infine, la “funzione di Accompagnamento verso specifiche esperienze di
transizione, indica quelle attività di
sostegno alla persona che sviluppano
competenze e capacità di decisione al
fine di prevenire rischi di insuccesso”.
Tutte le scuole di ogni ordine e grado
sono tenute a progettare e realizzare attività di orientamento per i loro studenti
(vedi la Direttiva 487/1997 del MIUR e
il DPR 275/1999). Alla scuola è riconosciuto un ruolo centrale nei processi di
orientamento e ad essa spetta il compito di proporre, autonomamente o in
rete, attività finalizzate alla costruzione
e al potenziamento di specifiche competenze che si sviluppano attraverso
l’orientamento educativo e la didattica
orientante (insegnamento e apprendimento disciplinare, per acquisire saperi
di base, abilità cognitive, logiche e metodologiche, abilità trasversali, comunicative, metacognitive, competenze
chiave e di cittadinanza).
Al fine di potenziare le competenze
orientative, sono auspicabili anche attività di accompagnamento che mirano a
costruire competenze che permettono
al giovane di auto-monitorare il proprio
percorso scolastico. Condotte dai docenti, esse aiutano i giovani a valorizzare
quanto appreso a scuola, per costruire la
propria esperienza di vita e per operare
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
le proprie scelte. L’accompagnamento
si concretizza in azioni per stimolare i
ragazzi a fare il punto su se stessi, sugli
sbocchi professionali, sui percorsi formativi successivi, sul mercato del lavoro e
a individuare un progetto professionale
concreto e realizzabile.
Queste attività possono riguardare
l’intera classe (orientamento di gruppo)
o piccoli gruppi, in risposta a bisogni
orientativi specifici.
Anche la famiglia quale soggetto
formativo primario è corresponsabile
nelle azioni di orientamento promosse
dalla scuola. In quest’ottica, le istituzioni
possono attivare corsi di formazione
rivolti ai genitori, finalizzati all’accompagnamento dei figli nel momento
della scelta.
ORIENTARE NEI
CONTESTI FORMATIVI
A scuola, così come in altri contesti
formativi, vi è l’esigenza di pianificare
interventi per soddisfare bisogni orientativi dei diversi utenti. Per realizzare
interventi di valore nelle classi, in grado
di potenziare le competenze di autoorientamento dei ragazzi, sono necessari strumenti e metodologie specifiche.
Individuare spunti per sviluppare
l’orientamento o la didattica orientante, così come l’accompagnamento e
strutturare percorsi di orientamento
efficaci non è semplice. I materiali e gli
strumenti che gli operatori utilizzano
rischiano di avere un basso livello di
diversificazione e, a volte, non rispondono a pieno alle richieste orientative
formulate dai destinatari degli interventi. Inoltre, a causa del frequente turnover
dei docenti referenti per l’orientamento,
molto know-how si perde perché viene
a mancare un punto di raccolta e condivisione dei materiali.
La Regione Friuli Venezia Giulia, per
mezzo del Servizio istruzione, diritto allo
studio, alta formazione e ricerca, ha tra
le sue funzioni quella di sostenere il sistema scolastico e formativo con azioni
di supporto ai docenti per la progettazione di attività orientative rivolte ad
un’ampia categoria di destinatari.
Per supportare tali attività l’Amministrazione regionale, cogliendo anche
l’esigenza del territorio, ha predisposto
un sito internet, Idee e strumenti per
orientare, che raccoglie e valorizza gli
strumenti e le proposte di orientamento
che in questi anni sono state realizzate
nelle scuole della regione e in altre realtà
nazionali, rendendole in questo modo,
disponibili a un pubblico più vasto di
insegnanti e formatori.
Idee e strumenti per orientare è quindi
un prodotto on line dedicato agli operatori che si occupano di orientamento.
È di fatto un database che si propone
quale supporto metodologico all’utilizzo
degli strumenti per l’orientamento, oltre
che come dispositivo in grado di facilitare la strutturazione di percorsi orientativi
dedicati a diversi tipi di target (insegnanti, studenti, genitori, adulti, ecc.).
La prima versione del sito è stata realizzata nell’ambito del Progetto
Ri.T.M.O.2, aggiornata e sviluppata negli
anni a seguire (nel 2007 e nel 2012). In
quegli anni fu creato un gruppo di lavoro che ebbe la fortuna di avere quale
coordinatore e supervisore scientifico
la prof.ssa Maria Luisa Pombeni, con
l’obiettivo di ideare un contenitore volto
a fornire un supporto tecnico alla programmazione delle attività orientative
della scuola, per diffondere strumenti,
materiali informativi e didattici.
Il sito fu pensato e creato con lo scopo di rendere disponibili dei materiali
di qualità da utilizzare nella gestione
degli interventi orientativi all’interno
della programmazione curriculare del
sistema scolastico e formativo, ma anche per fornire criteri e indicatori utili a
una progettazione autonoma da parte
dei diversi contesti educativi o dei singoli docenti. Nel tempo è stata mantenuta l’intenzione che ha guidato la
87
INFORMA
realizzazione del prodotto fin dall’inizio
e cioè quella di valorizzare le proposte
educative, fornendo una cornice progettuale all’interno della quale collocare gli strumenti in uso nelle azioni di
orientamento.
UN CONTENITORE WEB
FACILE DA USARE
Un elemento che caratterizza il prodotto è soprattutto la flessibilità, poiché
esso permette a un operatore senior
l’elaborazione autonoma di moduli
orientativi, ma è in grado di suggerire
all’orientatore meno esperto la scelta
mirata di percorsi di orientamento.
L’attuale layout si presenta con significativi miglioramenti, rispetto alle versioni precedenti, ottenuti anche grazie
ai feedback forniti dai visitatori del sito.
Le modifiche alla versione precedente, poi, hanno riguardato:
l
Immagine 1: La nuova home page
del sito
88
il completo rinnovamento della
veste grafica (vedi immagine 1) al
fine di migliorare il design e l’usabilità del sito. È stata fatta particolare
attenzione alla scelta delle immagini,
alla visibilità dei link, all’uso di titolazioni studiate per rendere i contenuti
maggiormente leggibili;
l
l
la proposta di una nuova modalità di
ricerca dei dati sotto forma di aiuto
guidato.
Il collegamento con il Sistema di monitoraggio delle azioni di orientamento.
Idee e strumenti per orientare conserva l’impianto teorico delle sei macro
finalità3 comprensive della gamma di
bisogni orientativi attuali, le quali supportano la costruzione di progettualità
orientative dinamiche, diversificate anche a più gradi di complessità.
La finalità è intesa come la risposta ad
un bisogno orientativo che le persone
esprimono nei vari cicli di studio o nelle
diverse fasi della vita professionale.
Nel dettaglio, la base dati si compone
di due archivi, percorsi e strumenti, collegati tra di loro mediante link.
Il primo, Percorsi educativi di orientamento si presenta come una lista di
moduli, visualizzabili selezionandone le
caratteristiche salienti come il nome, la
finalità, la durata, i destinatari, ecc.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
I percorsi hanno lo scopo di accompagnare gli operatori nella costruzione
metodologica di azioni di orientamento
e nell’utilizzo coerente e appropriato
di strumenti correlati ai moduli. Al momento, il data base raccoglie 84 percorsi, di cui 54 sperimentati all’interno
del PPO – 2011, Programmi specifici n.
10 e 11 “Catalogo dell’Offerta Orientativa 2012-2013-2014” 4 e 30 mutuati da
esperienze educative territoriali, proposte dalle Istituzioni scolastiche ed Enti
della Regione Friuli Venezia Giulia, ma
anche provenienti da realtà educative
e formative di altre Regioni, comunque
modelli di buone pratiche orientative.
I percorsi del Catalogo riguardano
azioni di accompagnamento ai sistemi
scolastici e formativi e sono rivolte a stu-
denti coinvolti in processi di transizione
dalla scuola secondaria di I grado alla
secondaria di II grado o alla formazione
professionale, azioni di sostegno alla
transizione dalla scuola/formazione al
lavoro e altre destinate al recupero dei
giovani a rischio nell’area del diritto/
dovere.
Entrando nel dettaglio della maschera
di ricerca (vedi immagine 2) di Percorsi educativi di orientamento, l’incrocio
delle voci dei campi Finalità, Destinatari
e Azione orientativa,5 permette agli operatori di individuare una serie di percorsi,
che rispondono all’esigenza di lavorare
sull’accoglienza, sull’orientamento in itinere, sul potenziamento delle capacità
orientative, ma anche sulla transizione
tra i sistemi formativi.
Immagine 2: Maschera di ricerca
di percorsi educativi
Il secondo archivio, Strumenti di
orientamento contiene 377 strumenti, permette di consultare e scaricare
questionari, griglie di riflessione, giochi didattici, video ecc., selezionando
dalla maschera di ricerca uno specifico
obiettivo orientativo.
Come precedentemente accennato,
gli strumenti che vanno ad implementare la banca dati sono quelli realizzati
e utilizzati dal Servizio, da Scuole, Enti
di formazione che operano nel settore
dell’orientamento e quelli offerti dal
mercato, valutati utili nell’ambito delle
attività di assistenza tecnica.
L’offerta del sito comprende strumenti di indagine (questionari, schede,
ecc.) finalizzati alla conoscenza del sé
e strumenti auto-descrittivi (griglie di
riflessione, strumenti a risposte aperte,
89
INFORMA
ecc.), costituiti da brevi stimoli finalizzati a indurre la persona ad esprimersi
liberamente su un determinato ambito di analisi.
Ogni strumento disponibile può
essere scaricato on line.
Dalla home page del sito è possibile
selezionare la nuova funzione Aiutami
a scegliere un percorso.
Questa è la sezione più innovativa
dell’applicativo, in quanto, un operatore meno esperto può ricercare
un percorso educativo sulla base di
parametri e criteri che ne facilitano
la scelta.
Questa idea è nata dalla necessità di
operare una comparazione tra le proposte formative, leggerne le caratteristiche salienti avendo su un’unica videata tutte le informazioni necessarie
per operare la selezione di interesse.
Innanzitutto, si sceglie la finalità
orientativa.
Ogni finalità è declinata in termini di
aree di contenuto che la stessa intende
sviluppare.
Le aree di contenuto rappresentano
delle “piste di lavoro” che è utile seguire quando ci si propone di rispondere
a un particolare bisogno orientativo.
Una volta selezionata una finalità e
i destinatari, il sistema visualizza una
schermata ricca di informazioni organizzate e comparabili:
l
l
l
l
l
90
l’elenco dei percorsi, distribuiti sulla
base dell’azione orientativa di appartenenza;
la durata (in ore) di ogni percorso;
le aree di contenuto sviluppate dal
singolo percorso;
l’appartenenza al Catalogo dell’Offerta Orientativa;
l’utilità media percepita dagli utenti e
dagli operatori che hanno già svolto
un dato percorso.
FEEDBACK PER
AIUTARE A SCEGLIERE
Il Servizio regionale, in linea con le direttive europee in tema di orientamento
che invitano a rafforzare la garanzia di
qualità dei servizi, già dal 2009, ha sperimentato e implementato in web un
sistema di monitoraggio per la raccolta
e analisi dei dati derivanti dalla somministrazione di questionari proposti
agli studenti, agli insegnanti e ai genitori dei ragazzi coinvolti nelle azioni di
orientamento.
Il Sistema ha, tra gli obiettivi, quello
di migliorare la qualità dei servizi, supportare gli operatori nella rilettura critica
degli interventi, sostenere le scelte strategiche e operative dei decisori.
Il monitoraggio riguarda i seguenti
aspetti:
l
l
l
eventuali cambiamenti nella capacità della persona di affrontare i diversi
compiti orientativi;
la percezione di utilità che la persona
attribuisce all’intervento;
la soddisfazione generale nell’aver preso
parte all’iniziativa.
Il gradimento o utilità che la persona
attribuisce all’intervento è sicuramente
uno dei feedback in grado di aiutare
gli operatori nel selezionare più percorsi che rispondono alla stessa finalità
orientativa.
Per questa ragione Idee e strumenti per
orientare dialoga con il Sistema di monitoraggio e valutazione degli interventi
orientativi realizzato dal Servizio regionale, il quale fornisce in tempo reale, i dati
sull’utilità media percepita dagli utenti
e dagli operatori (in una scala di valori
da 1 a 5) per ciascun percorso inserito
(vedi immagine 3).
Ogni percorso, inoltre, è declinato
in attività (che sono step esecutivi definiti attraverso una descrizione sinte-
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
Immagine 3: Sezione Aiutami a
scegliere
Immagine 4: Visualizzazione
del percorso con le attività e gli
strumenti
91
INFORMA
tica), corredato dagli strumenti e da
informazioni aggiuntive nonché da
note sulla gestione dello stesso, che
sono da ricordare in caso di situazioni
di criticità che potrebbero comparire
durante la gestione dell’azione educativa (vedi immagine 4).
All’interno della pagina dedicata al
percorso, è stato introdotto un box
che propone dei suggerimenti per la
ricerca alternativa rapida di percorsi
con la stessa finalità. Analoga funzione è stata introdotta nella sezione
strumenti.
Si è scelto di rendere pubblico il
prodotto (senza accesso con password) per diffondere i materiali e gli
strumenti proposti, rivolgendo l’attenzione agli operatori di settore che
nella pratica lavorativa ne fanno un
uso professionale.
Immagine 5: Il link al sito Idee e
strumenti per orientare
92
CONCLUSIONI
Si accede al sito dall’area web La regione per gli orientatori del portale della Regione Friuli Venezia Giulia, (vedi
immagine 5).
Come è stato precedentemente descritto, Idee e strumenti per orientare si
propone agli operatori del settore quale
applicativo in grado di rispondere a diverse necessità progettuali in tema di
orientamento. L’ampia scelta di percorsi
e strumenti e la migliorata fruibilità, fan-
no del prodotto un sopporto utile per
lo svolgimento delle attività in classe e
in altri ambienti educativi.
Per garantire la funzionalità del processo di orientamento è opportuno
che ogni istituto scolastico sia messo in
grado di organizzare e coordinare le attività di orientamento, avviare confronti
e relazionarsi con gli altri attori delle reti
per l’orientamento presenti sul territorio. La predisposizione di un curricolo
formativo che a vari livelli realizzi azioni
di orientamento, un insegnamento finalizzato al valore orientativo delle singole
discipline, l’erogazione di servizi dedicati
nonché la predisposizione da parte di
ciascun Istituto di un Piano concertato
e condiviso sull’orientamento inserito
nel POF, sono azioni auspicabili e non
solo suggerimenti previsti dalle Linee
guida Nazionali.
Per rendere il prodotto ancora più
completo e per soddisfare le esigenze
di più destinatari, in futuro sarà possibile arricchirlo, potenziando la scelta di
percorsi pensati per il sistema dell’università e del lavoro. Percorsi progettati
e sperimentati all’interno del territorio
regionale e nazionale, previa verifica
ed eventuale adattamento, potranno
essere accolti all’interno del nuovo data base.
Lo strumento on-line rimarca, ancora di più, la volontà del Friuli Venezia
Giulia di proporre innovazione in uno
dei settori di centrale importanza, l’orientamento, che mira a promuovere
il delicato processo di sviluppo delle
persone e a far maturare le competenze
necessarie per definire obiettivi personali ed elaborare scelte a sostegno del
proprio progetto di vita.
Elena Paviotti
Marco De Lorenzo
Servizio istruzione, diritto allo studio,
alta formazione e ricerca
Centro risorse per l’istruzione e
l’orientamento
Trieste
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
NOTE
1 Linee guida Nazionali sull’orientamento
(Conferenza unificata del 05/12/2013).
2 Programma Operativo dell’Obiettivo 3 2000/2006, che ha sviluppato un sistema
integrato di orientamento scolastico e
professionale in Friuli Venezia Giulia.
3 Le Finalità individuate in Idee e strumenti per orientare sono: Promuovere lo
sviluppo personale durante il percorso
scolastico, Accompagnare l’inserimento
in un ciclo di studi, Monitorare in itinere
il percorso scolastico, Preparare ad una
scelta formativa/professionale, Sostenere
la transizioni fra cicli o indirizzi di studio,
Sostenere la transizione dalla formazione
al lavoro e da lavoro a lavoro.
4 La Regione Friuli Venezia Giulia, nell’ambito delle risorse del Fondo Sociale Europeo, promuove e sostiene percorsi
di orientamento educativo presso gli
Istituti scolastici e gli Enti formativi del
territorio regionale. Gli interventi presenti
nel Catalogo si ispirano ad un approccio
educativo di tipo globale, che vuole
rispondere a bisogni cognitivi, affettivi, fisico-comportamentali, culturali
e valoriali e nel quale sono presenti e
valorizzate esperienze pratiche e di tipo
laboratoriale. Il Programma Specifico 10
prevede due azioni rivolte a studenti
coinvolti in processi di transizione.
Percorso di Accompagnamento:
intervento laboratoriale e di tutorato
potenziato che, tramite la presa in
carico personalizzata dello studente,
favorisce la sperimentazione di sé in
situazioni concrete di successo al fine di
ottenere un cambiamento positivo nella
propria immagine e un potenziamento
delle risorse personali necessarie alla
ri-motivazione e al ri-orientamento nel
percorso formativo.
Laboratori esperienziali e di ri-motivazione: moduli didattici finalizzati ad
un rafforzamento motivazionale che
favorisca lo sviluppo di tutte le dimen-
sioni della personalità e la costruzione
di relazioni nuove e di un nuovo senso
di appartenenza forte e significativo
tale da contrastare l’impulso alla fuga
e alla rinuncia.
Il Programma Specifico 11 prevede due
azioni.
Percorsi educativi: finalizzati a favorire
processi di rielaborazione ed integrazione
tra il sé e il mondo esterno e a sviluppare
competenze orientative propedeutiche
alla transizione e alla progettualità in
vista di scelte future.
Laboratori: funzionali a sviluppare strategie di ricerca attiva del lavoro, strategie
per approfondire le opzioni e le scelte
sui percorsi universitari e formativi e
strategie complessive per affrontare scelte
sia in ambito lavorativo, sia in ambito
universitario/di formazione superiore.
5 Le azioni orientative sono:
- Educazione all’auto-orientamento: attività
specifiche di natura educativa finalizzata a
creare i prerequisiti cognitivi e motivazionali
e le competenze orientative specifiche
necessarie a gestire, con il massimo di
autonomia possibile, il proprio processo
orientativo.
- Informazione orientativa: gestione e
trasmissione delle informazioni sulle opportunità di studio/formazione/lavoro
presenti in determinati contesti.
- Accompagnamento/tutorato/stage:
si caratterizza per l’utilizzo di percorsi
esperienziali interni o trasversali agli
ambiti scolastico, formativo e lavorativo, fortemente personalizzati tramite
la presenza di un tutor o di specifiche
azioni educative per incrementare le
capacità individuale di monitoraggio
consapevole.
- Didattica orientativa: persegue lo sviluppo
di competenze orientative di base tramite
la funzione educativa generale propria
della scuola e/o la finalizzazione orientativa
delle attività didattiche, trasversalmente
o internamente alle singole discipline.
93
ENZO COGNO
a destra:
Antinomie plastiche, 1971
di fianco e sotto:
Antinomie plastiche, 1971
94
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
95
INFORMA
I CAMBIAMENTI
DEMOGRAFICI E LO
SVILUPPO DI STRATEGIE
NEL SUD-EST EUROPA
IL PROGETTO MMWD
Corrado Campobasso
L’AREA DI
RIFERIMENTO
96
Il Making Migration Work for Development (MMWD) è un progetto europeo strategico co-finanziato dal Programma di Cooperazione Transnazionale
per il Sud-Est Europa (SEE). La regione
capofila di 21 partner di nove Paesi è
l’Emilia Romagna. Il Friuli Venezia Giulia
è uno dei partner nazionali. Il progetto
indaga le implicazione del cambiamento
demografico per l’efficacia delle strategie
territoriali rispetto agli obiettivi di Europa
2020, attraverso un’analisi delle proiezioni
della popolazione e degli effetti su occupazione, capitale umano e welfare.1
L’area di riferimento equivale ad un
insieme di regioni, aree sub-regionali,
città e comuni appartenenti all’Europa
Meridionale (Italia e Grecia), all’Europa
Centro-orientale (Austria e Slovenia),
all’Europa Sud-Orientale (Bulgaria, Romania, Serbia e Montenegro) ed alla
CSI (Moldova). Si tratta di un territorio
piuttosto esteso e variegato, in cui le
eterogeneità e le discontinuità sono
prevalenti rispetto alle omogeneità ed
alle continuità per molte dimensioni rilevanti, tra cui quella istituzionale, quella
amministrativa, quella sociale e quella
economica. Ciò si riflette, rispetto al tema
dell’orientamento ed in generale delle
politiche educative inclusive delle sfide
poste dalle dinamiche demografiche flussi migratori inclusi - in una sensibile
differenziazione nel posizionamento dei
diversi referenti dei territori, nelle opportunità e possibilità di articolazione e
gestione (risorse e capacità) delle policy
correlate all’educazione e nello specifico
all’orientamento. Questa differenziazione
si esplicita a livello geografico, nel cosiddetto gradiente est-ovest, confermato da
un recente studio della London School of
Economics preparato per la Europen Training Foundation (ETF) si osserva come
la debolezza dell’istruzione professionale
nei Balcani sta ostacolando i mercati del
lavoro e perpetuando l’esclusione sociale, in quanto ad alti tassi di iscrizione
professionale, non corrisponde efficacia
nella formazione di qualifiche tecniche
e competenze2.
La dimensione istituzionale “esterna”
può essere espressa, essendo MMWD
un progetto europeo, nei diversi posizionamenti rispetto allo status di stato
membro. L’Italia è uno stato membro fondatore, Austria, Grecia sono vecchi stati
membri, la Slovenia dal 2004 e Bulgaria e
Romania dal 2007 rappresentano “nuovi”
stati membri, Serbia e Montenegro hanno iniziato il processo di adesione attraverso i negoziati di adesione ed infine la
Moldavia che appartiene al cosiddetto
Nuovo Vicinato Europeo. Questi differenziali si riflettono soprattutto sulla tipologia di strumenti e fondi a disposizione e
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
sul quadro di riferimento per la cooperazione territoriale ed il coordinamento
transnazionale di iniziative e misure di
policy che vede i territori appartenenti
agli stati membri inseriti in un quadro
più strutturato e stabile.
La dimensione amministrativo-istituzionale interna, in particolare per quanto
concerne il livello di riferimento per il
progetto che è stato quello regionale,
registra una forte disomogeneità. Si va
da contesti, come il Montenegro, in cui
questo livello semplicemente non esiste
per ragioni dimensionali coincidendo
con quello nazionale, a assetti in cui le
regioni sono mere aggregazioni statistiche e/o cosiddette “di sviluppo” o “di
coesione” dotate di scarse o addirittura
nulle competenze originarie, devolute
o concorrenti (Bulgaria, Romania, Serbia e Slovenia anche se a livelli diversi),
a ripartizioni amministrative e territoriali
in cui le regioni sono organi intermedi
di governo con numerose competenze
anche originarie (Austria ed Italia), potere
legislativo ed notevole decentramento
amministrativo e fiscale. Queste tipologie di decentramento si traducono in
un diverso grado e possibilità di articolazione delle politiche – in particolare
quelle legate all’IFP - in base alle risorse
e capacità dei territori. Tuttavia vi sono
altri fattori che spiegano la presenza o
meno di policy-maker e di altri cosiddetti
portatori d’interesse a livello regionale e
sub-regionale, quando questi livelli sono esistenti e godono di un livello sufficiente di competenze e risorse. Il fattore
certamente più rilevante è il grado di
decentramento e/o deconcentrazione
delle specifiche politiche e, nel caso dei
sistemi e delle politiche relative all’IFP e
alla formazione permanente il livello di
decentramento è in media certamente
elevato se paragonato ad altre politiche
la cui struttura di governance è stata analizzata nel corso del progetto (politiche
migratorie, politiche del lavoro e politiche
sociali), ma varia fortemente da territorio a territorio. Si va infatti da un assetto
centralizzato in Serbia e Slovenia, ad una
situazione di decentralizzazione limitata
al livello di pianificazione/programmazione ed implementazione delle policy
(Austria, Grecia e Bulgaria) al caso italiano
che vede il completo decentramento
della IVET e la centralizzazione della VET.
La dimensione socio-economica è
certamente quella in cui i differenziali
territoriali, caratterizzati come ricordato
da un gradiente est-ovest, si allargano.
Considerando il Pil pro-capite regionale
calcolato da Eurostat a parità di potere di acquisto (PPA) per le 272 regioni
dell’UE-283, si osserva che la regione di
Vienna, partner di progetto, risulta all’11esimo posto della graduatoria (Pil pro-capite PPA pari al 165% della media UE-28),
mentre la regione di sviluppo romena
Nord-Vest, a cui appartiene la contea di
Bistrita-Nassaud la cui capitale Bistrita ha
partecipato al progetto, presenta un Pil
pro-capite PPA pari al 44% della media
UE-28 e fa parte delle 10 regioni europee
con i valori più bassi tra cui compare anche la regione bulgara di Severozapaden
che comprende la provincia di Vratsa
partner di progetto, il cui Pil pro-capite
PPA è pari al 29% della media UE-28, ultima regione della graduatoria. Anche
tra le regioni italiane che hanno partecipato al progetto MMWD – Abruzzo,
Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna
- i differenziali sono importanti anche
se decisamente contenuti rispetto alla
variazione osservabile sull’intero partenariato: si va, infatti, dall’87% della media
UE dell’Abruzzo al 116% del Friuli-Venezia
Giulia ed al 125% dell’Emilia Romagna.
Queste dimensioni si compongono
ed articolano a formare contesti affatto
diversi (si va infatti da aree che rappresentano poli di sviluppo che attivano
flussi centripeti in termini d’investimenti
e capitale umano ad aree in forte crisi
che devono gestire flussi centrifughi)
quanto a finalità e capacità di gestione
delle politiche educative e nello specifico dei sistemi di orientamento. Infatti
se una capitale come Vienna (o una regione come l’Emilia-Romagna) si pongono obiettivi ambiziosi come quello
97
INFORMA
98
di eliminare i gap ancora esistenti tra i
residenti di seconda generazione ed il resto della popolazione scolastica, i territori
zone semi-rurali e decentrati dell’Europa
Sud-orientale fronteggiano una crisi demografica che si traduce in un continuo
brain-drain, chiusura di istituti di formazione professionale e vincoli importanti
che coinvolgono i rapporti con la realtà
territoriale, l’aggiornamento dei curricula
e la modernizzazione delle strutture (in
primis i laboratori) e l’enorme problema
di coordinare l’offerta formativa con mercati del lavoro oltre-confine.
La sfida rappresentata dalla possibilità di includere un’area così complessa
all’interno di una visione complessiva e
coerente di sviluppo territoriale, in cui
l’IFP e le politiche connesse è parte costituente, è stata raccolta dall’Agenda
della Piattaforma SEE per la cooperazione
ed il dialogo politico transnazionali. Tale
piattaforma mira anche a promuovere
accordi istituzionali di cooperazione - relativi a priorità comuni e condivise - nella
prospettiva della mobilitazione delle risorse locali e dello sviluppo del potenziale territoriale endogeno, per favorire la
crescita e l’ammodernamento strutturale
delle regioni in ritardo o in declino.
L’Agenda ha costituito la cornice di riferimento per una serie di incontri tecnici
che nel corso della primavera ed estate
2014 hanno visto svolgersi in parallelo
tre tavoli di lavoro su tre temi specifici
appartenenti a tre aree tematiche generali di rilevanza (mercato del lavoro e
imprenditorialità; welfare; capitale umano) tra cui quello di interesse in questa
sede, a dire l’investimento nella qualità
del capitale umano per promuovere il
contributo delle giovani generazioni, la
stabilità e la competitività nell’Europa
Sud-Orientale. Per quanto riguarda le
politiche educative, l’Agenda, partendo
dalla constatazione che le dinamiche
socio-demografiche stanno modificando aspettative ed esigenze educative,
giudica necessari un rapporto più stretto
tra offerta di istruzione e formazione professionale (capitale umano) e le richieste
di qualificazione del mercato del lavoro.
I sistemi regionali di formazione professionale delle aree di riferimento del progetto devono quindi essere aggiornati
(scambi di buone prassi) e calibrati sui
mercati del lavoro di riferimento (locali
e/o di altre regioni interessate). In particolare, alcune qualifiche, profili e corsi di
formazione professionale dovrebbero
comportare specifici accordi trans-regionali in cui i partenariati pubblico-privato
svolgerebbero il ruolo di volani territoriali.
Le ricadute in termini di sistemi, politiche
e prassi di orientamento riviste in un’ottica internazionale trans-regionale più che
trans-nazionale sono molteplici.
L’ORIENTAMENTO
NELLE ISTITUZIONI
PREPOSTE ALL’IFP NEL
PARTENARIATO DEL
PROGETTO MMWD
La differenza di “spessore” istituzionale tra i diversi livelli di governo del
territorio rappresentati nel progetto
ed i differenziali di tipo economico si
riflettono banalmente nei livelli di infrastrutturazione del sistema educativo e
di strutturazione ed articolazione delle
diverse attività e servizi. L’orientamento
nelle istituzioni di formazione professionale è chiaramente presente in 3 casi
su 7, ma il livello di strutturazione del
servizio è variabile ed una adeguata
referenza professionale sembra essere presente solo in due casi. Non è un
caso che l’European Lifelong Guidance Policy Network (ELGPN) la rete che
mira ad assistere gli Stati membri e la
Commissione Europea a rafforzare la
cooperazione europea in materia di
orientamento permanente in avanti sia
nel settore dell’istruzione e dell’occupazione, non veda presente, come paese
membro nessun paese del partenariato
del Progetto4.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
Austria
Scuole ed istituti di IFP hanno a disposizione docenti specializzati
disponibili per le informazioni e l’orientamento, l’affiancamento nel
processo decisionale, l’assistenza e la consulenza individuale agli alunni.
Da 1 a 3 insegnanti (a seconda del numero degli studenti) sono attivi in
ogni scuola per l’orientamento e la consulenza scolastica.
Bulgaria
I principali fornitori di orientamento a livello di scuola secondaria sono i
consulenti pedagogici, supportati da consulenti per la carriera scolastica
di una serie di ONG. Lo sviluppo di un sistema nazionale per l’orientamento
a livello scolastico è partito nel 2011 (Programma Operativo del Ministero
dell’Educazione, Gioventù e Scienza). Una rete di centri regionali di
orientamento gratuito è stata attivata da ottobre 2012.
Grecia
Regione di Creta e Municipalità
di Hersonissos
Il Centro Nazionale per l’Orientamento (EKEP) e l’Organizzazione nazionale
per la certificazione delle qualifiche e orientamento professionale (EOPPEP)
sono le istituzioni di riferimento. Gli adolescenti in particolare possono
utilizzare il portale di orientamento professionale della Eoppep ‘Ploigos’
per effettuare test sulle competenze e per l’orientamento professionale e di
creare il proprio profilo di competenze. Nelle scuole secondarie sono attive
per l’orientamento scolastico o professionale le strutture decentrate del
Ministero della Pubblica Istruzione - Direzione Orientamento Professionale
e Orientamento Attività didattiche (SEPED).
Serbia Ministero dell’Economia
e dello Sviluppo Regionale,
Città di Kragujevac e Distretti
della Sumadija e Pomoravlje
L’orientamento professionale è parte integrante della Legge sul Sistema
dell’Istruzione, delle leggi sull’Istruzione primaria e secondaria. La recente
Strategia per l’orientamento la consulenza professionale nella Repubblica
di Serbia 2010-14 mira a stabilire e sviluppare il sistema di orientamento e
consulenza attraverso la partnership di tre ministeri, il Servizio Nazionale
per l’Occupazione, le università, le scuole, le parti sociali e le ONG. A livello
locale il NES, i comuni e le scuole hanno partecipato alla creazione di
programmi di orientamento professionale.
Slovenia Scuola di Studi Sociali
Avanzati (SASS) e Agenzia
di Sviluppo Regionale della
Primorska Settentrionale
In Slovenia l’orientamento per i giovani studenti è svolto principalmente
da: (1) Consulenti delle scuole primarie, (2) consulenti delle scuole
secondarie e (3) Centri per l’Informazione ed il counselling relativi
alla Formazione Professionale (VICCs). L’Istituto per l’Istruzione e la
Formazione professionale (Centra RS za poklicno izobraževanje), la
principale istituzione slovena che si occupa di orientamento nell’IFP, si
coordina con tutti e tre i gruppi di advisor. L’accento è posto sul contenuto
tecnico in materia di capacità di orientamento e di comunicazione.
Si concentrano inoltre sui guidare direttamente i giovani prima della
selezione di una scuola secondaria. Per quanto riguarda la formazione
professionale degli addetti all’orientamento fino ad ora non era prevista
una formazione sistematica per gli addetti all’ orientamento delle scuole
primarie e secondarie e dei VICC. Tuttavia una serie di iniziative sta
chiudendo il gap attraverso la produzione di manuali per l’orientamento
e la comunicazione nell’IFP 5
.
Tab. 1: Tabella Comparativa di alcuni elementi dei
sistemi di orientamento del partenariato MMWD
99
INFORMA
LE POLITICHE DI
ORIENTAMENTO NEL
VET E NELL’AREA DI
RIFERIMENTO
100
I servizi di orientamento scolastico e
professionale contribuiscono a mantenere gli studenti nei sistemi di istruzione e di formazione per un periodo più
lungo. Questi servizi supportano la consapevolezza da parte dei giovani delle
diverse opzioni in termini di percorsi di
apprendimento e possono aiutare ad
indirizzare le scelte formative evitando
errori che possono portare a demotivazione ed abbandono prematuro. I provvedimenti ed i progetti più recenti volti
a sviluppare e migliorare l’orientamento
professionale di focalizzano sulle qualifiche e sulla formazione del personale
docente attraverso strumenti calibrati,
estendendo il ruolo della scuola in questo campo, rafforzando la cooperazione
con le famiglie ed servizi locali.
In Austria, nel terzo e quarto anno
della ‘nuova scuola secondaria’, la materia ‘orientamento’ è stata introdotta
nel 2012 come materia obbligatoria
con almeno una lezione alla settimana. Sempre nello stesso anno è stata
anche lanciata l’iniziativa di coaching
per i giovani, mirata a fornire consulenza
intensiva su ulteriori percorsi educativi o
di formazione professionale per i giovani
diversamente abili, svantaggiati socialmente o a rischio di non raggiungere
alcuna qualifica a livello secondario inferiore o superiore. L’iniziativa parte dal
nono anno scolastico quando i giovani
raggiungono il limite di età di istruzione
obbligatoria6.
Tra le politiche di intervento volte a
prevenire l’abbandono scolastico, l’orientamento professionale è il fulcro
della maggior parte delle riforme più
recenti nell’area di riferimento del progetto MMWD. Iniziative volte a rafforzare
il networking con le famiglie sono state
avviate in Bulgaria e Slovenia.
In Romania, il progetto ‘Jobs’ si propone di guidare gli studenti negli ultimi
anni di scuola dell’obbligo, aiutandoli a
fare le scelte giuste in materia di istruzione superiore e opzioni di formazione
o di carriera. Il progetto prevede l’introduzione di una nuova area di apprendimento basato su progetti scadenzati
per tre ore alla settimana durante tutto
l’anno scolastico. Gli studenti avranno
l’opportunità di entrare in contatto con
le aziende, istituzioni pubbliche o aziende che offrono posti di lavoro nella loro
regione, analizzare le opportunità di
lavoro e le condizioni economiche. Gli
studenti potranno anche preparare i
dati per le presentazioni e portafogli,
concentrandosi su particolari progetti.
Il progetto ‘Jobs’ è iniziato in due scuole nel 2011 e 2012 ed è stato esteso a
tutte le scuole della regione di Brasov
fino al 2015.
Gli abbandoni scolastici possono
avere bisogno di sostegno individuale
e integrato per favorire un ritorno all’istruzione e alla formazione. I programmi
devono fornire esperienze di apprendimento che rafforzino l’autostima e siano
centrati sui bisogni e le caratteristiche
del singolo studente
Misure compensative a favore di coloro che hanno realizzato un abbandono
scolastico sono molto meno frequenti
nell’area di riferimento del partenariato.
Il sostegno individuale mirato è stato
sviluppato, per quanto riguarda il partenariato del progetto MMWD, solo in
Austria7 come componente di una serie
di misure per recuperare e reinserire nel
percorso di formazione i giovani che
lasciano prematuramente nei percorsi
formativi, mentre la Romania ha sviluppato nel 2012 una iniziativa per stabilire
o rafforzare i programmi di istruzione
relativi alla cosiddetta seconda opportunità, in particolare nel campo dell’istruzione e formazione professionale8.
Questo livello insufficiente di attenzione si riscontra anche nei livelli di istruzione superiore se si pensa che meno
della metà di tutti gli Stati membri, tra
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
cui l’Italia e l’Austria, hanno adottato in
questi ultimi anni misure per il rafforzamento dell’orientamento professionale
nell’istruzione superiore, nonostante in
alcuni casi (Bulgaria) una partecipazione relativamente bassa nell’istruzione
superiore. In Grecia, l’EOPPEP (Organizzazione Nazionale per l’Accreditamento
delle Qualifiche e l’Orientamento Professionale) sta sviluppando materiali di
sensibilizzazione rispetto al miglioramento delle competenze di gestione
della carriera professionale che saranno
distribuiti sia ai operatori dell’orientamento che ai giovani. Inoltre, in base al
sistema con voucher varato nel 2013, i
giovani hanno anche diritto 80 ore di
formazione professionale, assistite da
orientamento e consulenza ed un’indennità.
Per quanto riguarda l’apprendimento
permanente misure per migliorare l’orientamento professionale sono state attuate nel 2012-2013 in Austria, Romania
e Slovenia. Queste misure hanno come
obiettivo l’incremento della partecipazione degli adulti all’apprendimento
permanente assieme ad altre iniziative
su larga scala come la sensibilizzazione,
l’offerta di opportunità di studio e percorsi più flessibili, il focus sui gruppi con
scarse competenze e basse qualifiche,
gli incentivi finanziari per la partecipazione all’ apprendimento permanente.
In Italia il Piano Nazionale per l’Orientamento del 2011 è stato integrato da
una serie di documenti di dettaglio per
la sua attuazione a livello regionale. Oltre
all’obiettivo generale della transizione
dei servizi per l’orientamento dal ruolo
informatico a quello proprio di counselling ed orientamento professionale, il
piano prevede la attivazione di servizi
locali integrati che assicurino a livello
individuale ricezione, analisi dei bisogni
e risposta.
In Slovenia, l’orientamento professionale permanente è stato rafforzato con
l’entrata in vigore dell’Atto sulla regolazione del mercato del lavoro nel 2012.
Uno dei gruppi target prioritari sono i
giovani, vale a dire i giovani disoccupati,
per la prima volta in cerca di lavoro, gli
studenti delle scuole secondarie superiori e delle scuole di livello terziario.
In Bulgaria, uno dei nuovi stati membri con un tasso di partecipazione degli
adulti all’apprendimento permanente
tra i più bassi in Europa, il governo sta
attuando un progetto nazionale che
mira a istituire un Consiglio nazionale
per l’apprendimento permanente e di
un Sistema Informativo Nazionale per
l’apprendimento permanente. L’obiettivo a breve termine del progetto è quello
di aumentare la consapevolezza circa
l’educazione degli adulti. A lungo termine, l’obiettivo è quello di sviluppare
standard nazionali nell’erogazione di
formazione per gli adulti.
In Romania, la legge sull’Istruzione
Pubblica (1/2011) presta particolare attenzione all’orientamento professionale. Una disposizione della normativa fa
obbligo agli enti locali di stabilire Centri
Comunitari per l’Apprendimento Permanente (Community Lifelong Learning
Centres), in collaborazione con i soggetti preposti all’istruzione e formazione
professionale. Le responsabilità di questi
centri sono l’orientamento professionale
e la preparazione per la ricerca di un
posto di lavoro.
In Serbia, il Piano d’azione 2010-14
per l’implementazione della Strategia
per l’Orientamento ed il Counselling
professionale nella Repubblica di Serbia 2010-2014 prevede la creazione di
nuove strutture dedicate o l’espansione
di quelle già esistenti: Centro Nazionale
delle Risorse per l’Orientamento, Centro
di informazione e counselling professionale –CIPS; Centro per l’orientamento ed il counselling professionali per i
giovani di talento; Centri mobili per le
aree rurali; Uffici locali per i giovani con
funzione di orientamento; l’espansione
dei centri universitari per l’orientamento
professionale; centri sperimentali nelle
scuole. La Strategia mira a stabilire e
sviluppare il sistema di orientamento
e consulenza attraverso la partnership
101
INFORMA
quindi il coordinamento orizzontale dei
tre ministeri (il Ministero per la Gioventù
e lo Sport, il Ministero per l’Educazione
e la Scienza, il Ministero per l’Economia
e lo Sviluppo Regionale), il Servizio Nazionale per l’Impiego, le università, le
scuole, le parti sociali ed il terzo settore.
Inoltre, come paese candidato all’adesione, una serie di misure sono pianificate nel quadro della “Strategia per lo
Sviluppo del Sistema Educativo in Serbia
2012- 2020” tra le quali lo sviluppo e l’adeguamento dei programmi di studio e
degli approcci all’erogazione di formazione professionale, non professionale
e superiore orientata dalla domanda
in base alle esigenze ed alle tendenze
regionali, compresa la progettazione, lo
sviluppo e la promozione della Pianificazione ed Orientamento professionale
all’interno del sistema di istruzione e /
o corsi di imprenditorialità, in base alle
esigenze attuali e future del mercato del
lavoro, l’attuazione di specifici curricula
di formazione professionale in cooperazione con quei rami di impresa con
prospettive di crescita e di aumento
dell’occupazione, tra cui l’adattamento
delle strutture e la fornitura di attrezzature per la IFP specializzata.
Corrado Campobasso
Analyst
Informest
Gorizia
BIBLIOGRAFIA
102
Bartlett W., Cino Pagliarello M.,
Gordon C., Milio S. “South Eastern
Europe, Israel And Turkey Trends,
Perspectives And Challenges In
Strengthening Vocational Education
For Social Inclusion And Social
Cohesion”, preparato per la ETF
- European Training Foundation,
London School of Economics and
Political Science (LSE), 2014.
European Commission/EACEA/
Eurydice, Eurydice, “Education and
Training in Europe 2020: Responses
from the EU Member States. Eurydice
Report”, Brussels, 2013.
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
NOTE
1 Nell’ambito dei tavoli di lavoro transnazionale tra le istituzioni dei Paesi MMVD
si sono costruiti dei piani di azione
condivisi per il 2014/20, individuando
momenti di cooperazione tra le regioni
del Sud Est Europa, in tre ambiti di rilievo, rispetto alle sfide demografiche:
mobilità-imprenditorialità; istruzione
tecnica-innovazione; economia sociale
come risposta sostenibile ai bisogni di
welfare. http://www.migration4growth.
eu/
2 In particolare, per quanto riguarda
l’orientamento, in base ad una indagine
condotta nel corso della ricerca, gli studenti ricevono poca assistenza formale,
e tendono a fare affidamento molto più
su assistenza di familiari (circa il 90%) e
amici (circa il 70%) che sui servizi pubblici per l’impiego (poco più del 60%) o
istituzioni di orientamento professionale
(poco più del 50%).
3 EUROSTAT – News Release 29/2014 - 27
February 2014. Regional GDP “GDP per
capita in the EU in 2011: seven capital
regions among the ten most prosperous”.
4 Paesi Partecipanti ed Organizzazioni
Partner: Germania, Danimarca, Estonia,
Grecia, Finlandia, Ungheria, Lussemburgo,
Lituania, Portogallo, Regno Unito.
5 Materiale per gli addetti all’orientamento nella scuola primaria e secondaria,
neIl’IFP e nella formazione permanente;
informazioni per gli studenti, i genitori e
gli adulti è a disposizione sul sito www.
mojaizbira.si.
6 Per l’Italia si ricorda il piano nazionale
sull’Orientamento e di abbandono è
stato pubblicato nel 2011, in seguito
le linee guida in materia di orientamento per l’apprendimento permanente
emesso nel 2009. Il piano, che è stato
ulteriormente definito a livello regionale
per la piena attuazione , si propone di
spostare i servizi di orientamento attuali
da un ruolo informativo in una funzione
professionale e consulenza orientativa
corretta. Esso prevede inoltre l’attivazione
di “servizi locali integrati”, garantendo la
ricezione del caso, analisi dei bisogni e
la risposta di ogni singolo caso.
7 Tra il 2011 ed il 2013 misure analoghe sono state sviluppate solo in 6 stati
membri su 28.
8 In Romania, il programma si rivolge a
coloro che hanno completato l’istruzione
sia primaria o secondaria inferiore. Per
l’istruzione primaria sono contemplate
diverse soluzioni (tempo pieno, corsi
serali, istruzione intensiva). Il consiglio
di amministrazione di ciascuna scuola
prende la decisione dopo aver consultato gli studenti iscritti al programma.
Per l’istruzione secondaria inferiore, il
programma ha una durata standard di
quattro anni con corsi settimanali che
alternano apprendimento in aula con
una formazione pratica per una qualifica
professionale.
103
ENZO COGNO
a destra:
Rivedrai le foreste imbalsamate…
D’après Christo, 1975
di fianco:
Rivedrai le foreste imbalsamate…
Ascolta, piove dalle nuvole
sparse/D’après Mavignier, 1975
sotto:
Rivedrai le foreste imbalsamate…
Poi la pioggia cade/D’après
Mavignier, 1975
104
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
105
LIBRI
STUDENTI PAZIENTI
PERCORSI DI PENSIERO CON
STUDENTI UNIVERSITARI
M. Boni, P. Luderin, A. A. Semi, A. Tortorella
Edizioni libreria Cortina Milano,
2014, pp. 255 € 23,00
106
Il libro racconta e ripercorre l’esperienza del Servizio di consulenza psicologica per studenti universitari presso
l’ESU di Venezia, e attraverso la ricostruzione dell’esperienza stessa nella
sua evoluzione consente al lettore di
partecipare non solo alla scoperta del
mondo interiore dei giovani, in particolare degli studenti universitari, ma anche di capire le condizioni di contesto,
materiali e istituzionali, nelle quali si è
realizzata e di condividere le riflessioni,
le considerazioni teoriche e pratiche
che hanno portato alla elaborazione di
una tecnica di intervento riconoscendone potenzialità e limiti. I numerosi
esempi di casi clinici o situazioni riportati aiutano a comprendere meglio il
processo che ha portato alla nascita e
alla evoluzione di questo servizio.
La suddivisione in tre parti riflette
l’intento di vedere la medesima realtà attraverso sguardi diversi e complementari, il tentativo di raffigurare
l’insieme della situazione, il contesto
nel quale la domanda da parte degli
utenti veniva formulata, le modalità di
intervento man mano elaborate, le modalità di valutare l’esito dell’intervento e
soprattutto di disegnare la complessità
delle situazioni personali con le quali
si è venuti a contatto.
Questo intento di cogliere vari punti
di vista e di integrare approcci e funzioni diversi, trova espressione anche
nella scrittura a più mani, che porta i
contributi di chi ha partecipato all’esperienza: Marta Boni, psicoterapeuta
a orientamento psicoanalitico fenomenologico che lavora presso il Servizio Consulenza Psicologica dell’ESU
di Venezia; Pierpaolo Luderin, responsabile per molto tempo del Centro di
Orientamento ESU; Antonio Alberto
Semi, psicoanalista SPI con funzioni di
supervisore; Anna Tortorella, psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico fenomenologico, responsabile del
Centro di Orientamento e consulenza
psicologica dell’ESU di Venezia.
La prima parte del volume ripercorre
le origini e lo sviluppo del Servizio di
orientamento e consulenza psicologica, nato come “servizio di orientamento
e informazione” per universitari e maturandi nel 1980, quando la cultura
dell’orientamento e del counselling si
stavano appena sviluppando.
Un imponente lavoro di analisi dei
bisogni effettuato negli anni ha man
mano evidenziato che accanto a richieste relative alla scelta di studio e professionale, percorsi curricolari, aspetti
burocratici, comprensione del sistema
universitario, la scelta post università,
gli studenti manifestavano anche molte richieste relative ad un bisogno di
sostegno psicologico, un grande bisogno dei giovani di incontrare adulti
esperti che li ascoltino e con i quali di-
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
scutere serenamente di problematiche
relative sì alle scelte di studio/lavoro,
ma anche di vita, dei dubbi, incertezze,
desideri conflitti o problemi anche più
personali.
Tutto questo ha portato la necessità di pensare ad un modello di approccio integrato tra vari servizi in
grado di offrire , pur nel differenziarsi
di competenze e funzioni, una risposta variegata alla sfaccettata domanda
implicita o esplicita degli studenti; un
modello volto a superare la separazione abbastanza netta tra orientamento
e consultazione psicologica a favore di
servizi centralizzati in cui riunire le dimensioni della consulenza informativa,
del counselling di orientamento focalizzato sulla persona e del counselling
psicologico.
Ne è nata una struttura centralizzata,
prossima ma non coincidente con il
sistema universitario, anche dal punto
di vista della collocazione, che propone
servizi di accoglienza, informazione,
orientamento alle scelte di studio e
professionali, counselling psicologico e
psicoterapia breve impostata secondo
una visione unitaria dei servizi stessi e
che, pur non potendo coprire la totalità dei bisogni, cerca di rispondere il
più ampiamente e approfonditamente
possibile, facilitando al contempo per
l’utente l’individuazione dei servizi nella
loro varietà e ampiezza; l’ integrazione
fra funzioni e professionalità diverse
inoltre, si rivela capace di portare arricchimento e sviluppo reciproci anche
agli operatori.
Vengono descritte le modalità di
intervento e di organizzazione delle
attività, con particolare attenzione
all’accoglienza, momento cruciale in
un contesto in cui le domande sono le
più disparate e in cui, forse più spesso
che in altri contesti più chiaramente
definiti (per es. servizi sociali o aziende sanitarie) la domanda esplicita nasconde richieste più profonde e meno
consapevoli; l’accoglienza deve perciò
essere altamente indifferenziata (il che
peraltro presuppone professionalità
esperte), e non può limitarsi a dare risposta alla domanda esplicita, ma deve
accostarsi alla persona con l’intento di
costruire nella relazione una occasione
di differenziazione del bisogno.
Nella seconda parte la prospettiva
è quella del clinico, con gli occhi del
quale si entra prima di tutto nel merito
del metodo utilizzato e dei supporti
teorici allo stesso. Il modello teorico
di riferimento, come spesso esplicitato da chi scrive, è quello psicanalitico.
Attraverso il modello teorico si cerca di
leggere e non solo di dare risposte ai
bisogni degli utenti, ma anche di riflettere sulle domande a volte complicate
e annose che si pongono gli operatori
(quale tipo di intervento in un simile contesto, quale setting, è possibile
una psicoterapia breve, quali sono gli
obiettivi, i limiti, le difficoltà); in questo
senso la scelta dell’approccio risponde
secondo gli autori alla esigenza di una
teoria “ che non blocca il pensiero, che
pone alla realtà ulteriori interrogativi”.
Il protocollo prevede prima di tutto
un “percorso di individuazione”, un’attività consulenziale finalizzata ad una
analisi della domanda e alla risposta
alla richiesta formulata, attraverso lo
strumento del colloquio clinico ad
orientamento dinamico. A questo
possono seguire tre strade: il rinvio a
strutture dedicate, o un percorso di
sostegno quando siano già presenti le
risorse personali che vanno rinforzate,
o un percorso di approfondimento e
focalizzazione per dare un nuovo significato alle richieste poste e dare nuove
possibili rappresentazioni di sé e del
problema o invio a struttura esterna.
La descrizione dell’esperienza prosegue poi con una rappresentazione del
profilo degli studenti incontrati, e delle
problematiche proposte, sempre in
chiave psicodinamica. In questo senso
assume particolare rilevanza anche una
analisi delle modalità di arrivo (mezzi
utilizzati quali presentarsi di persona,
telefonare o inviare una mail) e di pre-
107
LIBRI
sentazione e di sé (attenta analisi di
cosa viene detto e/o scritto) da parte
degli utenti, che già di per sé può fornire chiave di lettura molto profonda
e interessante. Un altro aspetto molto
importante e a cui viene dedicato un
capitolo riguarda l’analisi della domanda portata dall’utente, con approfondite riflessioni sia sulla necessità di individuare possibili bisogni sottostanti,
che sulle possibili risposte da dare (è
sempre necessario o utile, ad esempio, cercare di affrontare la domanda
implicita quando l’utente non sembra
essere disponibile, o in un contesto
come quello in cui chi scrive sta lavorando?); è evidente come si tratti in
realtà di questioni che ogni operatore
si trova a dover affrontare nella propria
attività. Interessante anche la riflessione sul modo in cui i ragazzi “usano”
il servizio e concludono il percorso (il
problema è stato veramente risolto?
ma parliamo del problema esplicitato
o anche di quello implicito? l’utente ha
sentito veramente di stare meglio o è
semplicemente “scappato?)
La terza parte infine affronta la questione della valutazione dell’intervento,
ormai imprescindibile; partendo dal
presupposto che è difficile valutare
servizi quando non c’è chiarezza tra
108
obiettivi e risultati e dopo aver reso
conto del dibattito che c’è stato fra gli
operatori sulla possibilità stessa di valutare la consulenza psicologica, per la
sua stessa natura, vengono esplicitati i
tre criteri che in questo servizio sono
stati adottati: questionario di customer
satisfaction (grado di soddisfazione,
grado di utilità percepito, consigliabilità
ad altri del servizio); follow up a 6 mesi
per una valutazione del “benessere”
(c’è stato un processo di conoscenza,
di cambiamento?); valutazione della conoscenza, richiesta e utilizzo del
servizio stesso in base ai dati raccolti. I
risultati, piuttosto soddisfacenti, hanno
contribuito al mantenimento del servizio in tempi di scarse risorse.
Il libro si presenta quindi come il
racconto di questa esperienza nel suo
evolversi, ricco delle riflessioni e delle
domande che hanno accompagnato,
ma ancora accompagnano perché non
del tutto risolte, il lavoro non solo di chi
lavora in questo servizio ma di tutti gli
operatori che si occupino di conselling
e consulenza psicologica.
Chiara Busato
Psicologa COR
Gorizia
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
di fianco:
Rivedrai le foreste imbalsamate…
Omaggio a Tilson, 1975
sotto:
Rivedrai le foreste imbalsamate…
Il sole splende a Chephren, 1975
109
ENZO COGNO
110
QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46
a sinistra:
Rivedrai le foreste imbalsamate…
I baci Perugina/D’après Schifano,
1975
di fianco:
Rivedrai le foreste imbalsamate…,
Il levar del sole a Chephren/ D’après
Alviani,1975
sotto:
Rivedrai le foreste imbalsamate…
D’après Cogno, 1975
111
QUADERNI DI
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QUARANTAsei
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