Direzione centrale lavoro, formazione, istruzione, pari opportunità, politiche giovanili, ricerca e università Servizio istruzione, diritto allo studio, alta formazione e ricerca QUARANTAsei QUADERNI DI ORIENTAMENTO Periodico semestrale - I_2015 QUARANTAsei QUADERNI DI ORIENTAMENTO Periodico semestrale - I_2015 in copertina Antinomie plastiche, 1966 Redazione 34170 Gorizia Via Roma, 7 Telefono 0481 386 278 Fax 0481 386 413 e-mail: [email protected] Direttore responsabile Roberto Micalli Coordinamento redazione Diego Lavaroni Comitato di redazione Gabriella Alessandri, Rita Giannetti, Diego Lavaroni, Tiziana Zanella Impaginazione Ufficio stampa e comunicazione regione FVG Immagini Archivio fotografico Istituto regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia Stampa Centro stampa regionale Servizio logistica, digitalizzazione e servizi generali N. 46 Il periodico viene realizzato a cura della Direzione centrale lavoro, formazione, istruzione, pari opportunità, politiche giovanili, ricerca e università Servizio istruzione, diritto allo studio, alta formazione e ricerca nell’ambito del lavoro d’Istituto 2 Iscr. Tribunale n. 774 Registro Periodici del 6.2.1990 CODICEISSN 1971-6680 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 IN QUESTO NUMERO Enzo Cogno: la scuola, la pittura, il teatro Franca Merluzzi ......................................................................... 5 Editoriale Redazione................................................................................................ 9 ORIENTAMENTO La creatività e i suoi strumenti digitali Note per una fenomenologia dello “scambio evolutivo” Stefano Moriggi ................................................................... 10 Evoluzione del pensiero Dal dibattito tra pensiero critico e pensiero creativo al pensiero contemplativo Francesca Coin......................................................................... 16 ORIENTAMENTO E SCUOLA Educare alle consapevolezza Un modello possibile anche nella scuola Elisabetta Damianis ................................................... 26 Le “scelte orientative” dei primi mesi di vita I metodi di apprendimento della seconda lingua e della musica Fortunato Mior ...................................................................... 40 Widening the future Percorsi di orientamento nella scuola primaria per la prevenzione precoce della dispersione scolastica AAVV ............................................................................................................. 48 Perché le giovani non scelgono percorsi di studio e di lavoro in ambito scientifico e tecnologico? Le opportunità possibili in Europa Chiara Cristini ........................................................................... 66 SPAZIO APERTO Gambling: contro il gioco d’azzardo Un progetto nella scuola primaria T. Magro, V. Franco, M. Zanoli, A. Oddo .......................................................... 78 INFORMA Idee e Strumenti per orientare Percorsi di orientamento educativo nel Web Elena Paviotti, Marco De Lorenzo ........................................................... 86 I cambiamenti demografici e lo sviluppo di strategie nel Sud-Est Europa Il Progetto MMVD Corrado Campobasso ............................................ 96 LIBRI Studenti pazienti, Percorsi di pensiero con studenti universitari di M. Boni, P. Luderin, A. A. Semi, A. Tortorella a cura di Chiara Busato ................................. 106 ALLEGATO Costruire un modello e pratiche di intervento per azioni di supporto alle reti locali di orientamento 3 ENZO COGNO 4 Enzo Cogno e Carlo de Incontrera sul palcoscenico del Goethe Institut di Trieste, 1973 (Foto tra i ricordi di Miela Reina) QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 ENZO COGNO. LA SCUOLA, LA PITTURA, IL TEATRO Questo numero dei “Quaderni di Orientamento” è dedicato all’artista e insegnante Enzo Cogno, amico e collega di Miela Reina, di cui abbiamo documentato l’avvincente percorso artistico nei numeri 43 e 44. L’autore delle immagini è, come in precedenza, Gianni Benedetti che le ha realizzate per l’archivio dell’Istituto regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia subentrato, dal primo febbraio 2015, al Centro regionale di catalogazione e restauro dei beni culturali. Il lavoro di individuazione e di riproduzione delle opere di Cogno è stato finalizzato anche all’ edizione del catalogo pubblicato in occasione della mostra “Enzo Cogno. Antinomie”, inaugurata a Trieste, al Museo Revoltella, nel novembre 2014. L’evento espositivo e il catalogo sono stati curati da Carlo de Incontrera, “custode” della memoria e componente di quel gruppo incredibile di amici intellettuali e artisti, musicisti e architetti, che animò il dibattito e la produzione artistica a Trieste negli anni Sessanta e Settanta. Il nome di Enzo Cogno è ritornato così all’attenzione, dopo molti anni di assenza dalla città e dalle rassegne d’arte, attraverso la presentazione delle opere, fino ad allora note solo a pochi estimatori, e attraverso le numerose testimonianze contenute nel volume. Hanno scritto di lui Sylvano Bussotti, Lorenzo Michelli, Luciano Semerani e Gigetta Tamaro, Marcello Siard, Getulio Alviani, Paola Bonifacio, Marosa d’Annunzio ed Emilio Sala; il percorso pittorico è ripercorso da Giuseppina Dal Canton: Gillo Dorfles, con poche frasi sintetiche, riconosce all’opera di Cogno “autentica originalità creativa”. VENEZIA, TRIESTE E GLI ANNI FANTASTICI Cogno, nato nel 1931 a Palermo e trasferitosi nel 1938 con la famiglia a Trieste, compie gli studi superiori a Venezia; inizia ad esporre le sue opere pittoriche nel 1954 e l’anno successivo ottiene la cattedra di decorazione pittorica all’Istituto statale d’arte triestino dove conosce Miela Reina. Con lei stringe un sodalizio fatto di sintonie profonde - ricordano gli amici – seppure nella diversità dei caratteri e dei modi espressivi. Di lui Miela esegue nel 1961 un intenso ritratto ad olio, di grandi dimensioni (cm 100 x 70); nello stesso anno, fondano assieme la Galleria La Cavana che si distingue per il numero delle mostre allestite (34 in 19 mesi) e per le scelte indirizzate verso le nuove tendenze dell’arte contemporanea. Nel 1963 i due artisti dirigono il settore arti visive per l’associazione “Arte viva” alla Piccola Galleria del Ridotto del Teatro Verdi e, dal 1965 al 1968, nei locali della libreria Feltrinelli dove presentano con Carlo de Incontrera, Luciano e Gigetta Semerani manifestazioni culturali di rilievo. Con la nascita, nel 1968, del “Centro operativo Arte viva”, Miela, Cogno e de Incontrera realizzano lavori multidisciplinari, soprattutto pièces di teatro musicale, ospitati anche in festival internazionali. Nel 1972 muore, improvvisamente, Miela e due anni dopo Cogno si trasferisce stabilmente a Venezia dove insegna all’Istituto statale d’arte e collabora con il Teatro La Fenice come scenografo e costumista. Si dedica anche alle ricostruzioni filologiche dei “Balli plastici” di Fortunato Depero e del cabaret parigino dello Chat Noir. Nel 1975 tiene la sua ultima mostra alla Galleria Plurima di Udine con il ciclo “Rivedrai le foreste imbalsamate”; nel 1994 è presente nell’ambito di “Anni fantastici, l’arte a Trieste 1948-1972”, l’esposizione in cui viene dato rilievo alla felice stagione del gruppo di “Arte 5 ENZO COGNO 6 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 a sinistra: Miela Reina, Pittori al caffè, 1958 7 ENZO COGNO viva”. Rientrato a Trieste, due anni dopo è l’antologica del Revoltella a riconoscere al pittore schivo, colto e aggiornato “la grandezza di artista, il ruolo di intellettuale, di sperimentatore, di organizzatore, di uomo libero e amico generoso” (M. Masau Dan). IL RIGORE GEOMETRICO E L’IRONIA DELLE SERIGRAFIE La formazione di Cogno avviene a contatto con le novità provenienti dalle biennali e dalle gallerie veneziane di spessore internazionale; da ciò deriva la tendenza all’astrazione e alla geometrizzazione della forma. Sul finire degli anni Cinquanta e i primi Sessanta realizza opere che mostrano con tutta evidenza l’attrazione per la pittura materica. Sacco su bianco, gesso e tempera su tavola del 1959, è una composizione in cui inserisce pezzi di stoffa sfilacciata con evidente richiamo ai sacchi di Alberto Burri. Nel corso degli anni Sessanta la svolta che fa prevalere la tendenza alla razionalità e la propensione verso un’arte astratto geometrica. “Nascono allora le numerose Antinomie plastiche – scrive G. Dal Canton nel catalogo - alcune realizzate su supporto ligneo, altre su supporto cartaceo; queste ultime sono o serigrafie che suggeriscono effetti di profondità rimanendo su un piano bidimensionale o sono serigrafie incollate con estrema precisione su superfici a rilevo, cioè spessori geometrici di cartone perfettamente ritagliati e politissimi, tali quindi da dar luogo ad una, sia pur 8 minima, profondità reale. I colori usati sono per lo più primari.” “All’epoca - ricorda Cogno in un’intervista raccolta da Paola Bonifacio operavo con un linguaggio rigoroso e assolutamente geometrico. Getulio Alviani ci aveva appena introdotti all’arte programmata, al Gruppo N; conoscevamo bene, poi, il lavoro di Enzo Mari, di Bruno Munari. Alla Galleria Feltrinelli esponevamo Fontana e molti pittori freddi, da Vasarely ad Albers e Soto.” Si assiste negli anni Settanta a un’ulteriore svolta: su pannelli di formato piuttosto grande (cm 90 x 90) riporta serigrafie su tela complesse per tecnica e tematica. Nasce la serie delle Sfingi, esposta a Udine nel 1975, con ambientazione egiziana. Su ciascun pannello traspone la Sfinge di Chefren variandone la colorazione, aggiungendo o sovrapponendo elementi che rimandano e contraddistinguono autori contemporanei italiani e stranieri. Ciascuna opera porta il titolo D’après seguito dal nome dell’artista evocato (Christo, Alviani, Pozzati, Almir Mavignier Da Silva, Tilson, Baj, Calderara). Con ironia intitola la serie Rivedrai le foreste imbalsamate, con un riferimento al terzo atto dell’Aida di Verdi. Notte a Chefren ovvero i baci Perugina è il titolo divertente di una serigrafia nella quale la Sfinge è sovrastata da un cielo blu stellato. Il merito, riconosciuto dalla critica, è di aver realizzato una ricerca in anticipo rispetto a tendenze successive e realizzata con interventi lievi, ironici e divertenti. Franca Merluzzi Coordinatore dell’Istituto regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia Si ringraziano i collezionisti per aver concesso la riproduzione delle opere QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 EDITORIALE Ci è toccato vivere un’epoca di grandi transizioni e mutamenti. Per alcuni è una sfida avvincente, per altri, invece può rappresentare la peggiore delle dannazioni, scrive Stefano Moriggi. Le nuove tecnologie che modificano i modi e i tempi delle nostre azioni e delle nostre relazioni rimodellano anche il concetto e la pratica della nostra creatività. Anche il pensiero contemplativo, al pari di quello critico e di quello creativo, può essere stimolato attraverso specifiche esercitazioni ad ogni età, ad ogni livello e in ogni ambiente. Un sistema educativo per essere efficiente, spiega Francesca Coin, non può basarsi esclusivamente su di uno solo o su alcuni aspetti del pensiero. Elisabetta Damianis afferma che la scuola come spazio di incontro con l’Altro dovrebbe abbandonare i vecchi modelli ed aprirsi alle nuove esigenze del reale. Se riuscisse a superare l’attaccamento a un modello obsoleto, figlio di una cultura patriarcale al tramonto, la scuola potrebbe diventare molto più accogliente e resiliente e verrebbe a ridursi anche la dispersione scolastica. Gli approcci per l’acquisizione di una seconda lingua consistono nel copiare/ replicare i processi di apprendimento della lingua madre avvalendosi di un metodo pragmatico. Nel caso dell’apprendimento musicale, scrive Fortunato Mior, diventa necessaria la sollecitazione dell’attitudine musicale che, pur essen- do innata, viene influenzata anche dalla qualità dell’ambiente musicale e quando non viene opportunamente stimolata, diminuisce e continua a decrescere. Gli autori di questo contributo osservano che le azioni di orientamento nella comunità scolastica, realizzate all’interno di “Widening the future”, sono state progettate intorno a due costrutti fondamentali: la dimensione relazionale tra ragazzi ed adulti e lo sviluppo negli alunni di capacità auto-riflessive. Attraverso la costruzione di relazioni con gli altri, gli studenti sviluppano la loro comprensione del mondo sociale ed attribuiscono significati alle esperienze che vivono, in un processo di costruzione dei loro valori e dell’identità personale, che costituirà successivamente la guida delle azioni future. Per rendere anche le ragazze protagoniste della crescita intelligente e dello sviluppo e innovazione cui tende l’Europa, sostiene Chiara Cristini, è necessario riconoscere le diversità di genere nell’approccio alle materie scientifiche e coinvolgere nel cambiamento i molteplici fattori e attori che intervengono a determinare le scelte scolastiche e universitarie. Nello Spazio Aperto gli autori T. Magro, V. Franco, M. Zanoli, A. Oddo, vogliono offrire un quadro delle recenti acquisizioni tratte dalla letteratura sul gioco d’azzardo problematico e descrivere brevemente un progetto attuato nell’ambito della scuola primaria. 9 ORIENTAMENTO LA CREATIVITÀ E I SUOI STRUMENTI DIGITALI NOTE PER UNA FENOMENOLOGIA DELLO “SCAMBIO EVOLUTIVO” Stefano Moriggi L Le nuove tecnologie che modificano i modi e i tempi delle nostre azioni e delle nostre relazioni rimodellano anche il concetto e la pratica della nostra creatività 10 PREMESSA A margine di una conferenza tenuta qualche mese fa in un istituto scolastico romano e dedicata alla filosofia della tecnologia, una professoressa mi ha reso partecipe di una sua reale preoccupazione. Il timore di quella docente di letteratura italiana e latina (con la passione per l’informatica) era che il costante incremento e l’incontrollata diffusione di device digitali sempre più performanti potesse inaridire la creatività, in particolare dei più giovani. In altre parole e senza inciampare in ingenue ansie tecnofobiche, l’insegnante in questione temeva che l’esternalizzazione del sapere in protesi e supporti digitali se da un lato avrebbe inaugurato un nuovo orizzonte di opportunità concrete e pragmatiche (velocità nella comunicazione, inedite possibilità di condivisione, interazione di contenuti, ecc.); dall’altro, invece, avrebbe portato a una delega della creatività umana agli schemi operativi e preconfezionati resi disponibili dal fiorente mercato delle app. L’osservazione è profonda almeno quanto grande è il rischio che prospetta. Nella questione, così come è stata posta, si tratta infatti di comprendere se il prezzo da pagare per esternalizzare e condividere contenuti e pratiche di lavoro (o di studio) sia effettivamente l’introiezione di schemi e mappe con- cettuali prodotti a tavolino dall’industria informatica. Una tesi analoga è stata di recente presa in esame da Howard Gardner, docente di Scienze cognitive e dell’educazione e di Psicologia alla Harvard University. Nel suo recente Generazione app. La testa e i giovani e il mondo digitale (Feltrinelli, 2014), lo scienziato statunitense, insieme alla sua collaboratrice Katie Davies, osserva appunto come “i giovani di quest’epoca non solo sono immersi nelle app, ma sono giunti a vedere il mondo come un insieme di app e le loro stesse vite come una serie ordinata di app o forse, in molti casi, come un’unica app che funziona dalla culla alla tomba”. Gardner, nel suo libro, racconta addirittura di un giovane che al termine di una sua conferenza gli ha chiesto: “Perché nel futuro dovremmo avere bisogno della scuola? […] In fondo la risposta a tutte le domande sono contenute in questo smartphone, o presto lo saranno”. Certo, alla luce di domande come queste pare più che plausibile il timore della docente romana. Non solo, sembrano tornare di scottante attualità anche le parole di Keith Haring sulla “estetica delle macchine”. Nel suo Diario (Mondadori, 2008) il celebre artista scriveva nel merito: “i computer hanno un senso estetico? I modelli dell’estetica possono essere programmati e inseriti da un com- QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 puter così da farlo ragionare e prendere decisioni sulla base di criteri estetici?” In queste righe Keith non intendeva tanto prefigurare il futuro dell’espressione artistica dominato e controllato dalle macchine. Piuttosto, cercava di sollevare una questione antropologica più sottile, sottesa al complesso rapporto che vincola strettamente tra loro i mondi dell’arte e quelli della tecnologia. “La nostra esistenza”, annotava, infatti, qualche riga più sotto, “l’individualità, la creatività e persino le nostre vite sono minacciate da questa estetica delle macchine”. Per dirla in breve, in gioco pare ci sia la nostra libertà stessa di pensare e di agire quando le macchine procedono sicure verso la conquista e l’occupazione della nostra creatività. Occorre dirla tutta. Se davvero la nostra creatività è in pericolo, la nostra libertà (di conseguenza) non se la passa benissimo… L’ORIGINE DELLA CREATIVITÀ Il tema è complesso e la posta in gioco importante. Ed è proprio in casi come questi che la via più breve per provare a venire a capo di un problema tanto articolato è quella di prenderla un po’ alla larga. Almeno quanto basta per riportare il problema alla sua origine. Se c’è una cosa che la filosofia ha in comune la medicina (e con la scienza più in generale) è proprio questo: cercare di risalire dai sintomi evidenti alle cause probabili. Un esercizio facile da raccomandare, più difficile da mettere in pratica: sia perché (come anche nel caso in questione) le evidenze disponibili spesso suggeriscono terapie sintomatiche, ovvero rimedi che agiscono con efficacia apparente sugli “effetti preoccupanti” senza prendere in considerazione le cause effettive; sia perché la ricerca delle cause implica una capacità di interrogare i fenomeni naturali e gli eventi sociali con analisi e pratiche concettuali poco diffuse e quasi mai intuitive, quelle appunto tipiche della ricerca. Aggiungo, infine, che questo tipo di indagini e questo è un altro aspetto per nulla secondario, non esclude l’eventualità di mettere in gioco convinzioni e credenze che, magari, si ritenevano attendibili e consolidate, costringendoci di conseguenza a ridisegnare il nostro sguardo su noi stessi e sul mondo che ci circonda. E di questo era ben consapevole il celebre poeta tedesco Friedrich Hölderlin quando, in versi divenuti ormai un classico della lirica tedesca, scriveva: “Wo aber Gefahr ist, wächst / Das Rettende auch”. Ossia, “Dove c’è il pericolo, cresce / Ciò che salva”. Ora non è detto che la comprensione di fatto o la soluzione di un problema, specie nella dimensione laica della ricerca, costituisca di per sé una “salvezza”; tuttavia, è certo che non si dà ricerca (e dunque ci si esclude dalla possibilità di comprendere), là dove non si mettono in pericolo anche i concetti (e i valori) ai quali, per una qualche ragione o per un qualche sentimento, ci sentiamo più ancorati. Nel merito dell’argomento in oggetto, avremmo diverse strade da poter intraprendere, posto che l’orizzonte da interrogare è l’origine (e dunque il destino) della creatività. Riflettendo, pertanto, sulla emblematica considerazione della docente di lettere da cui abbiamo preso le mosse, parrebbe infatti che la creatività sia qualcosa di qualitativamente altro rispetto agli strumenti della tecnica e della tecnologia. Certo, in alcuni casi, penso, per esempio, alla penna, al pennello, allo scalpello, ecc., gli arnesi possono costituire un ausilio espressivo allo scopo di dare corpo e forma, appunto, a ciò che la nostra immaginazione ha partorito. Tuttavia, sembrerebbe scorretto riconoscere un ruolo determinante allo strumento (quale che sia) nella libera elaborazione di un’idea o di un’opera. 11 ORIENTAMENTO 12 Un’idea, questa, tutto sommato non lontana dal pensiero di un importante filosofo italiano come Benedetto Croce. Il quale, infatti, teorizzava che l’espressione artistica non consiste nell’aspetto pratico e strumentale di tale attività (come, per esempio, scolpire un blocco di marmo o dipingere una tela), ma coincide invece con l’atto intuitivo avulso da qualsiasi tecnicalità. È noto come il celebrato pensatore di Pescasseroli tenesse in scarsa considerazione l’impresa-tecnico-scientifica e la sua dimensione laboratoriale. A suo modo di vedere le teoria scientifiche avevano una dignità pari alle “ricette da cucina”. E non fece eccezione quando, nel suo La natura come storia da noi scritta (1939), sostenne che la teoria dell’evoluzione naturale di Charles R. Darwin “non solo non vivifica l’intelletto, ma mortifica l’animo, il quale alla storia chiede la nobile visione delle lotte umane e nuovo alimento all’entusiasmo morale, e riceve invece l’immagine di fantastiche origini animalesche e meccaniche dell’umanità e con esse un senso di sconforto e di depressione”. Un’occasione persa quella di Croce. Perché andare a fondo di quelle “fantastiche origini animalesche e meccaniche” ha invece costituito per tutti coloro che hanno accettato di prendere sul serio la sfida della teoria darwiniana, un orizzonte di ricerca che molto ha contribuito a ripensare lo stesso concetto di creatività, per lo meno all’interno delle complesse dinamiche che orchestrano il rapporto tra individuo e strumento. A distanza di molti anni da quelle polemiche filosofiche chi sa (almeno un po’) di scienza è infatti consapevole, come ha ricordato qualche tempo fa nel suo Come evolve la vita. Dalle molecole alla mente simbolica (Cortina, 2003) Christian de Duve, Nobel per la Medicina nel 1974, del fatto che “la produzione di utensili abbia avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’intelletto umano, grazie a un reciproco scambio evolutivo tra mano e cervello”. LE NUOVE TECNOLOGIE RIMODELLANO LA VITA E dunque è proprio dentro l’articolazione di tale “scambio evolutivo” che va colta la genealogia della creatività e di riflesso, per quanto a molti possa apparire contro-intuitivo, la storia stessa della nostra libertà (nell’ordine, fisica e intellettuale). Scrive ancora de Duve: “Una volta svincolate dall’uso in conseguenza dell’acquisizione della posizione eretta, le mani sono state usate sempre più per afferrare oggetti”. Prima di quel momento, le “cose” non erano ancora (per i nostri progenitori) “oggetti” e tanto meno “strumenti”. Il poter iniziare ad afferrare, maneggiare, utilizzare e dunque lavorare e poi ancora adattare ciò che l’ambiente offriva, ha consentito loro di iniziare di fatto ad agire e dunque a pensare come non si era mai fatto. Già perché in questo caso è l’azione che apre inediti orizzonti al pensiero. E potenziare o specializzare l’azione delle proprie estremità con strumenti sempre più perfezionati porta con sé, appunto, la possibilità di pensare di fare ciò che prima era letteralmente impensabile in quanto infattibile. Sofisticare il raggio e la qualità delle azioni significa ridefinire l’orizzonte concettuale del soggetto che agisce. Pertanto, assumendo questo punto di vista, si può iniziare a comprendere come e perché la storia degli arnesi che raccontano l’evoluzione (culturale) della relazione cognitiva tra mano e cervello custodisca in sé quel “lungo ragionamento” dentro cui si sono sempre e di nuovo riscritti le leggi e gli orizzonti della nostra creatività (artistica e non solo). E per contrasto dovrebbe altresì emergere l’ingenuità di quanti, seppur mossi da buone intenzioni, si preoccupano di preservare le nostre potenzialità espressive e/o inventive dall’avanzata delle tecnologie. Per tornare, quindi, ai timori QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 della docente di lettere di Roma, occorre dunque prendere atto senza dubbio che le nuove tecnologie, aumentando la realtà che ci è data vivere quotidianamente e modificando i modi e i tempi delle nostre azioni e delle nostre relazioni, stanno progressivamente rimodellando il concetto e le pratiche della nostra creatività. Detto ciò, invece che deprimersi come faceva Croce, occorre iniziare a pensare. Effettivamente, assistere a un cambiamento radicale da involontari protagonisti non è sempre un aiuto per capirlo al meglio. A volte è più facile guardare le cose a distanza, come fa lo storico. Ma, nel caso specifico, non abbiamo scelta. Ci è toccato vivere un’epoca di grandi transizioni e mutamenti. Per alcuni è una sfida avvincente; per altri, invece può rappresentare la peggiore delle dannazioni. Di tutti, però, quanto meno di tutti gli adulti, dovrebbe essere la responsabilità di offrire una replica sensata alla domanda che il sopracitato studente ha rivolto al professor Gardner: “Perché nel futuro dovremmo avere bisogno della scuola? […] In fondo la risposta a tutte le domande sono contenute in questo smartphone, o presto lo saranno”. Ma una replica plausibile sarà possibile solo indagando il valore aggiunto di nuove forme di creatività in evoluzione, ancora tutte da indagare e da comprendere. Dentro e fuori la scuola. Stefano Moriggi Filosofo della scienza Università di Milano Bicocca BIBLIOGRAFIA Croce B., La natura come storia senza storia da noi scritta. Storia e preistoria, in La critica, n. 37, 1939 in particolare pp. 146-147. Moriggi S., Nicoletti G., Perché la tecnologia di rende umani. La carne nelle le sue scritture sintetiche e digitali, Sironi, Milano, 2009. Dennett D., L’evoluzione della libertà, tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2004. Moriggi S., Connessi. Beati coloro che sapranno pensare con le macchine, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2014. de Duve C., Come evolve la vita. Dalle molecole alla mente simbolica, tr. it. Raffaello Cortina, 2003. Gardner H., Davies K., Generazione app. La testa e i giovani e il mondo digitale, tr. it. Feltrinelli, Milano, 2014. Haring K., Diario, tr. it. Mondadori, Milano, 2008. Moriggi S., R. Simone R., Il sapere nella rete, in aut aut, n. 361 (La condizione postumana), gennaio/ marzo 2014, in particolare, pp. 181-204. Serres M., Non è un mondo per vecchi. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere, tr. it Bollati Boringhieri, Torino, 2013. 13 ENZO COGNO a destra: Deposta la colomba ferita, 1958 a sinistra: Miela Reina, Ritratto di Enzo Cogno, 1961 14 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 15 ORIENTAMENTO EVOLUZIONE DEL PENSIERO DAL DIBATTITO TRA PENSIERO CRITICO E PENSIERO CREATIVO AL PENSIERO CONTEMPLATIVO Francesca Coin U Un sistema educativo per essere efficiente non può basarsi esclusivamente sul pensiero critico e/o creativo. Per sviluppare individui completi ed equilibrati occorre introdurre anche il pensiero contemplativo PREMESSA Per secoli nel pensiero occidentale il concetto di intelligenza è stato accostato a quello di pensiero critico, logico e analitico. In tempi più recenti, in particolare per sopperire ad alcune lacune dei sistemi educativi integralmente basati su questo postulato, è stato ampiamente rivalutato il pensiero creativo. Da allora il dibattito è aperto: c’è chi sostiene che le due tipologie di pensiero siano completamente dissociate o addirittura in opposizione tra loro, chi le interpreta come due facce della stessa medaglia e chi le intende come facoltà integrate l’una nell’altra. Nella questione, si inserisce oggi un nuovo elemento: ben noto in oriente, ma trascurato in occidente, il pensiero contemplativo potrebbe porre fine all’antica controversia. IL PENSIERO CRITICO 16 Il pensiero caratterizzato da razionalità, rigore logico e potere di analisi, qui identificato come pensiero critico, è da sempre stata oggetto di interesse nel pensiero occidentale. I primi accenni ad una forma di pensiero identificabile come pensiero critico risalgono a grandi pensatori, come i greci Socrate, Platone e Aristotele o i successivi Bacone e Hume. Tuttavia il merito di aver riportato l’attenzione sull’argomento in tempi moderni viene attribuito a John Dewey che, con la sua teoria sul pensiero riflessivo, tra gli anni ’20 e gli anni ’50 ispirò l’intero programma educativo americano, attraverso la creazione del “movimento educativo progressista” (Ennis, 2011). Il boom di interesse proseguì fino agli anni ’60: a quell’epoca risalgono i principali studi dedicati all’argomento e le prime definizioni del pensiero critico provenienti da autori accreditati. “Pensiero critico” è un termine ancor oggi molto utilizzato, nonché un concetto riconosciuto come essenziale per un piano educativo completo, addirittura da presidenti come Reagan e Bush (Sanders e Moulenbelt, 2011). Si rende quindi necessario cercare di delinearlo nella maniera più precisa possibile. L’ostacolo che si oppone a questo scopo è l’eccessiva specializzazione dei diversi settori di ricerca che limita fortemente la collaborazione tra discipline e impedisce un reale sviluppo in questo senso. Dalle definizioni dei principali autori, tra cui Dewey, Ennis e Paul, si può dedurre che esso corrisponde alla capacità di valutare delle affermazioni di conoscenza, sulla base delle loro fonti, della loro completezza e della correttezza delle conclusioni che se ne possono QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 inferire attraverso ragionamenti deduttivi o induttivi. Ennis, in particolare, sottolinea la duplice natura del pensiero critico: da un lato la disposizione, l’atteggiamento personale di apertura alla ricerca e al ragionamento logico e dall’altro l’abilità nel conoscere ed applicare le procedure ed i criteri del ragionamento logico. Lo sviluppo del pensiero critico non può essere considerato un problema limitato all’ambito dell’educazione, ha infatti importanti ripercussioni sociali: è necessario essere consapevoli delle proprie capacità per poterle sfruttare, afferma Stephen Brookfields. Dello stesso parere sembra essere Diane Halpern: «il pensiero critico è l’uso di quelle abilità o strategie cognitive che aumentano la probabilità di ottenere un risultato desiderabile» (Halpern, 2003, pag. 6-7 in Sanders e Moulenbelt, 2011). IL PENSIERO CREATIVO Nonostante ancor oggi sia riconosciuto come una forma di pensiero essenziale, l’attenzione dei ricercatori smise di essere dedicata esclusivamente al pensiero critico quando, alla fine degli anni ’50, la Russia batté l’America nella corsa allo spazio, mandando in orbita lo Sputnik. In seguito a questa cocente sconfitta, tutto il sistema educativo americano venne messo in discussione, il movimento educativo progressista venne sciolto e occuparsi del pensiero critico rimase un compito affidato ai filosofi. In questo frangente si fece spazio il pensiero creativo: i ricercatori americani erano stati senza dubbio ben istruiti, ciò che era mancato loro per vincere la competizione aerospaziale era lo slancio innovativo, il coraggio di pensare in maniera trasgressiva, al di fuori dei soliti schemi, in poche parole la creatività. A causa di un antico retaggio della cultura romantica, infatti, fino a metà del novecento il pensiero creativo veniva considerato come il lampo di genialità che pochi avevano la fortuna di sperimentare, una qualità superiore, rara, che non meritava ricerche applicate. Come precedentemente accennato, le facoltà di pensiero venivano fino ad allora identificate con le capacità di ragionamento logico, il pensiero critico appunto, che praticamente coincideva con il concetto di intelligenza. L’attenzione era concentrata sulla definizione delle tappe dello sviluppo tipico e poco spazio era lasciato alle abilità descritte come attitudini personali ritenute legate solamente alla produzione artistica, utili quindi all’espressione di se stessi e dei propri pensieri ma non influenti sullo sviluppo dell’intelligenza. Solo negli ultimi decenni, in seguito a particolari cambiamenti nel clima socioculturale occidentale, gli autori hanno cominciato a riconoscere l’importanza della creatività nella vita quotidiana e di conseguenza nell’ambito dell’istruzione. Il mondo del lavoro ha mutato le proprie esigenze: non richiede più manodopera che applichi ripetutamente degli schemi prestabiliti, bensì risorse produttive, persone capaci di svolgere le proprie mansioni con originalità e di adattarsi velocemente a situazioni nuove o problematiche. Inoltre, il mondo va costantemente aumentando il proprio ritmo di cambiamento e per restare al passo con l’informazione non è più necessario possedere una conoscenza enciclopedica come in passato, bensì una forma di sapere nuovo basata non tanto sul possesso delle nozioni, quanto sull’abilità di creare nuove connessioni tra esse. Molti governi, dall’America all’Africa, hanno colto l’importanza di sviluppare nei propri cittadini il pensiero creativo, attivando programmi educativi per incrementarne la produzione innovativa e risultare maggiormente competitivi. (Sternberg, 2007; Meintjes e Grosser, 2010; Piaw, 2010). Le pubblicazioni a riguardo hanno subito un incremento notevole tra gli 17 ORIENTAMENTO anni ’50 e gli anni ’60: si passa addirittura dall’ordine di poche centinaia a quello delle migliaia, provocando, come spesso accade in questi casi, ambiguità e disaccordi. Mentre le definizioni di Tylor, Arieti, (cit. in Antonietti, 1991) consideravano ancora distinte la creatività ordinaria, posseduta da tutti ed esprimibile nella quotidianità, da quella straordinaria, manifestabile solo in rare e straordinarie occasioni, quelle di Sternberg (2007), De Bono (1981), Adams (2001) collocano la creatività all’interno del pensiero umano, ponendo così le basi del dibattito tra logica e creatività. Il pensiero creativo è visto come quella parte opposta ma complementare del pensiero critico. Una vera e propria attitudine, piuttosto che un’abilità specifica che va incoraggiata ed allenata regolarmente, il cui scopo è trovare soluzioni nuove ed originali a situazioni problematiche o comunque interpretate come tali. Le nuove idee dovrebbero giungere improvvise, copiose, fluenti e flessibili, originate da nuove associazioni tra gli elementi a disposizione. La loro potenzialità, anche se spesso non viene immediatamente riconosciuta, consiste nella loro innovazione, nel provenire da strade che raramente vengono prese in considerazione. Per poter giungere a ciò è necessario abbandonare gli schemi convenzionali e superare i blocchi che l’abitudine e la cultura ci impongono; nonché avere il coraggio di sostenere le proprie idee anche quando vanno controcorrente. IL RAPPORTO TRA PENSIERO CRITICO E CREATIVO 18 Sebbene il pensiero creativo goda ormai di un ambito di studi dedicato ed indipendente, è inevitabile notare come esso abbia dovuto ritagliarsi una posizione propria all’interno di spazi precedentemente occupati dal più stabile e affermato pensiero critico. Molti autori citati riescono a definire il pensiero creativo solamente mediante il confronto con il pensiero critico. Da tale paragone sono scaturite diverse interpretazioni, che secondo Glassner e Schwarz (2006) seguono principalmente due linee. La prima sottolinea le differenze tra le due tipologie, ponendole in netta contrapposizione. Il pensiero critico viene descritto come analitico, convergente, verticale, concentrato, obiettivo, verbale, lineare e il pensiero creativo viene definito come generativo, divergente, laterale, diffuso, soggettivo, visivo, associativo. La seconda interpretazione afferma che la creatività risulta essenziale per il pensiero razionale e che è quindi impossibile separare il pensiero critico da quello creativo. Nella seconda linea troviamo anche De Bono che, sebbene avesse tracciato insieme a Guilford un netto confine tra pensiero critico e pensiero creativo, sostiene che sarebbe un errore considerare trascurabile il pensiero verticale esaltando solamente il pensiero laterale: «la logica guida il pensiero verticale e serve il pensiero laterale» (De Bono, 1981, p. 17). Il pensiero laterale rompe gli schemi vecchi ma quello verticale è necessario per crearne di nuovi, altrimenti non vi è congiunzione tra il punto di partenza e quello di arrivo del ragionamento. Diversi autori (Moore, McCann e McCann, in Demir et al. 2011) interpretano il pensiero creativo e quello critico come due facce della stessa medaglia. Entrambi sono processi cognitivi e proprio da questa loro natura sono accomunati. A distinguerli è il prodotto che si ottiene alla fine del processo. «Mentre il pensiero creativo è divergente, il pensiero critico è convergente; mentre il pensiero creativo cerca di creare qualcosa, il pensiero critico tenta di misurare il valore e la validità di qualcosa che già esiste; mentre il pensiero creativo è mosso dalla violazione di principi riconosciuti, il pensiero critico si basa sull’applicazione di principi riconosciuti. Sebbene pensiero QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 critico e creativo possano essere le due facce molto differenti della stessa medaglia, non sono identici» (Beyer, 1989, in Backer e Rudd, 2001). Sono entrambe abilità essenziali, poiché «quando il ragionamento fallisce, l’immaginazione ti salva! Quando l’intuizione fallisce, la ragione ti salva!» (Crane, 1983, p.7, in Backer e Rudd, 2001). Secondo altri autori (Paul, 1993) non sarebbe invece possibile distinguere un processo interamente creativo da uno esclusivamente critico: nell’applicazione di un processo cognitivo una persona alterna momenti in cui impiega abilità critiche ad altri in cui utilizza abilità creative. I due processi sarebbero quindi intrinsecamente avviluppati tra loro, nella formazione di un prodotto finale unico. «Il lavoro intellettuale è essenziale per creare prodotti intellettuali e questo lavoro, questa produzione, implica degli standard intellettuali giudiziosamente applicati – in altre parole, creatività e logica si intrecciano in un unico tessuto» e aggiunge «C’è un ruolo importante per la ragione e il ragionamento, costruire e lavorare con logica per produrre creativamente e valutare criticamente ciò che si sta producendo in ogni impresa cognitiva» (Paul, 1993, p. 23, p.25). IL PENSIERO CONTEMPLATIVO Negli ultimi anni accade spesso di trovare, accostato al pensiero critico e a quello creativo, il pensiero contemplativo (Hart, 2004; Pierson, 1997). In realtà, esso non è affatto un costrutto recente in quanto la storia della filosofia vanta una ricca e lunga tradizione inerente al pensiero contemplativo (Hart, 2004). Molto diffuso in oriente, esso caratterizza da secoli i principi fondamentali del Buddismo e dei rituali hindu e sufi. La cultura indiana, identificabile come la principale soste- nitrice e sviluppatrice di questa forma di pensiero, è giunta a delineare due categorie principali di meditazione basate sul pensiero contemplativo: samatha relativo alle pratiche di calma e rilassamento e vipashyana dedicato all’introspezione e alla ricerca del sé. Entrambe le aree si compongono di aspetti concernenti la critica e la creatività (Thurman, 1994). Ad una più approfondita analisi emerge che, sebbene spesso siano stati identificati con nomi differenti, questi concetti non siano tipicamente esclusivi delle tradizioni orientali. Sarebbe quindi errato affermare che la società occidentale risulta priva di attenzioni verso il pensiero contemplativo (Thurman, 1994). Al contrario, a partire dai filosofi dell’antica Grecia, sino a giungere alla preghiera contemplativa del Cristianesimo, molti autori hanno dedicato le loro opere all’argomento. Questi metodi hanno influenzato le pratiche cattoliche e protestanti e hanno dato vita alla forma tipicamente occidentale assunta dal pensiero contemplativo: un legame inscindibile tra meditazione e studio delle Scritture (Stock, 1994). Tuttavia, mentre in Oriente codesti principi si sono sviluppati fino a formare la base fondante di religioni, culture e sistemi educativi, in Occidente la rivoluzione scientifica, sostenendo a gran voce la superiorità dei principi aristotelici, ha scalzato il pensiero contemplativo in favore di una logica molto più rigorosa, tipica del pensiero critico (Stock, 1994). In realtà, già i metodi scientifici medievali venivano contestati e molti studenti dediti al pensiero contemplativo abbandonarono le università di Bologna, Parigi, Oxford e Cambridge, cercando rifugio in una varietà di istituzioni più congeniali alle loro attività, prevalentemente di natura religiosa. Praticamente nessuno dei “mistici” della prima età moderna ha lavorato nell’ambito di ciò che avrebbe co- 19 ORIENTAMENTO 20 stituito le basi delle scienze umane moderne (Stock, 1994). Successivamente, tra le altre influenze, la Rivoluzione Industriale ha apportato un’ulteriore spinta al distacco: l’inclinazione moderna per l’efficienza, la velocità e la produttività, così come la gara per tenere il passo con l’aumento di informazioni, hanno contribuito a relegare l’attività contemplativa sempre più ai margini della cultura occidentale. Tutta l’attenzione è rivolta alla performance, alle abilità che è possibile esibire a comando, ma ciò non costituisce che una misura superficiale del processo di pensiero e della potenzialità umana (Hart, 2004). Oggi si assiste ad un ritorno di interesse per le attività di pratica meditativa, in particolar modo a seguito delle tante pubblicazioni che rivalutano l’importanza degli effetti benefici della meditazione sul rilassamento del corpo, sulla concentrazione, sul benessere psicologico, sull’armonia e sull’efficienza di mente e corpo (Stock, 1994). Galvin e Todres (2007) affermano che è stato commesso un errore quando in epoca post-moderna scienza, arte e morale sono state separate: sicuramente la specializzazione che ne deriva porta con sé i suoi pregi, ma comporta anche una dissociazione, uno sviluppo irregolare di conoscenze e valori. Già Aristotele pur separando techne, intesa come conoscenza su come “fare le cose”, e phronesis ritenuta come capacità di intuire qual è il giusto modo per raggiungere un obiettivo, le considerava complementari per poter ottenere una visione d’insieme completa che permettesse di conoscere e di seguire il percorso migliore per giungere all’eudaimonia, la felicità. Polkinghorne (2004) vede nella phronesis aristotelica un ampliamento della comprensione tradizionale della razionalità; la vera saggezza si ottiene quando si è in grado di variare a seconda delle situazioni, di es- sere recettivi verso i particolari e di improvvisare a seconda del contesto (Galvin e Todres, 2007). Per poter fare questo è necessario padroneggiare sia le abilità analitiche derivanti dall’uso della logica, che quelle intuitivo–creative. L’abilità di passare velocemente dall’una all’altra, mantenendo chiari sia i dettagli che la visione d’insieme è data dall’utilizzo del pensiero contemplativo (Pierson, 1997). Si tratta di un processo naturale e spontaneo di esplorazione del significato, che non richiede intenzionalità, anzi, necessita di “non-volontà” e rilassamento. Non esige che un concetto venga compreso a fondo, ma semplicemente che venga intuito. Il pensiero contemplativo può essere utilizzato per risolvere problemi complessi: nella sua forma partecipativa permette di attuare con la fantasia una serie di scenari possibili, in modo da predisporsi al futuro con una mentalità più aperta. Con l’immaginazione possiamo anticipare esiti e possibilità nel tempo. Nel pensiero contemplativo c’è l’interconnessione tra passato e futuro, una molteplicità di connessioni tra pensieri, sensazioni e situazioni (Galvin e Todres, 2007). È il pensiero che giunge quando abbiamo smesso di pensare. È ciò che permette ad artisti e scienziati di andare oltre i modelli di pensiero convenzionali e di sviluppare idee innovative (Pierson, 1997). Tuttavia esso non è un’attesa passiva, ma uno sforzo per lasciare aperte le porte all’innovazione e alla creatività (Galvin e Todres, 2007). Richiede una sorta di neutralità, un tentativo di sospendere i giudizi e le classificazioni: in pratica necessita di superare i confini restrittivi del linguaggio. Spesso, infatti, ciò che scaturisce dal pensiero contemplativo è definibile a malapena come un’intuizione e non esistono parole o espressioni in grado di trasmetterne efficacemente il contenuto. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 CONCLUSIONI Tali aspetti di spontaneità, soggettività e imprevedibilità fanno spesso credere che il pensiero contemplativo sia una sorta di talento personale, una qualità difficilmente educabile e quindi farsi carico del suo incremento sembra essere un compito che non compete alle istituzioni formali. Tuttavia, se si segue questa linea di pensiero, si rischia di ripetere l’errore che a suo tempo fu commesso riguardo il pensiero creativo. Alla luce di ciò diviene quanto mai evidente che un sistema educativo, per essere efficiente, non possa basarsi esclusivamente su di un solo o su alcuni aspetti del pensiero. È la storia stessa, oltre alla ricerca (Yang, Lin, 2004), che dimostra come solamente una formazione attenta a tutti i diversi aspetti della persona possa sviluppare individui completi ed equilibrati in ciascuna forma di pensiero. Da tale equilibrio, a sua volta, dipendono il benessere psicofisico e la produttività delle persone. Anche il pensiero contemplativo, al pari di quello critico e di quello creativo, può essere stimolato attraverso specifiche esercitazioni ad ogni età, ad ogni livello e in ogni ambiente (Solloway, 2000). Tanto più in ambienti di istruzione formale, poiché i bambini sono naturalmente portati alla contemplazione: si meravigliano delle piccole novità, sono curiosi, fanno domande, riflessioni e cercano di connettere tra loro le informazioni per dare senso ad un insieme completo e coerente di conoscenze. Solo successivamente vengono istruiti al costante uso del pensiero analitico e perdono il prezioso equilibrio tra analisi, creatività e contemplazione (Hart, 2004). Esistono diversi esercizi semplici che permettono di stimolare il pensiero contemplativo in un contesto d’aula (Gendlin, 2004; Solloway, 1999; Hart, 2004). Molti di questi esercizi prevedono un momento di silenzio e rilassamento in cui si lascia la propria mente vagare libera tra un pensiero e l’altro, cercando infine di concentrarsi solo sul proprio respiro per far spazio a nuove sensazioni. In questo stato di quiete e silenzio, si procede quindi alla lettura di un brano, all’ascolto di una melodia o alla contemplazione di un’opera. I ragazzi ascoltano ad occhi chiusi l’insegnante che legge, ad esempio un testo poetico, e lasciano scorrere nella propria mente tutte le immagini e le sensazioni che l’ascolto del brano evoca loro. Terminata la lettura ci si confronta riguardo le sensazioni evocate, per verificare similitudini e differenze. Solamente in una fase successiva si prosegue all’analisi del testo, secondo i criteri canonici, confrontando le sensazioni dei ragazzi e le intenzioni dell’autore piuttosto che le interpretazioni convenzionali; oppure ricercando quali parole o figure retoriche hanno stimolato determinate sensazioni. Numerosi studi hanno evidenziato effetti positivi di pratiche meditative come queste sul miglioramento di una vasta gamma di abilità percettive e cognitive correlate alla qualità dell’attenzione (Murphy et al., 1997 in Hart, 2004). Il pensiero analitico tende, infatti, a misurare, catalogare e valutare, l’oggetto di interesse, obbligando ad eseguire operazioni che richiedono volontà e sforzo continuato e che, attraverso la costante segmentazione, portano a perdere di vista l’integrità dell’oggetto. Al contrario, il pensiero contemplativo lascia scorrere semplicemente l’idea che nasce dentro di noi; la qualità di attenzione che impiega risulta emotivamente più vicina all’oggetto e per questo più viva (Hart, 2004). Una spiegazione a questi miglioramenti è data dal fenomeno della coerenza fisiologica. Alcune variazioni nei parametri fisiologici come ad esempio un ritmo cardiaco più regolare, una diminuzione nell’attivazione del sistema nervoso simpatico e un aumento dell’attività parasimpatica, una miglior sincronizzazione tra il cuore e il cervello (il ritmo alfa del cervello diventa più sincronizzato con il battito cardiaco), 21 ORIENTAMENTO sembrano causare uno stato altamente efficiente, in cui il corpo, cervello e sistema nervoso agiscono con una maggiore sincronizzazione e armonia (Hart, 2004). Inoltre, il volo che la mente compie durante il processo contemplativo le permette di staccarsi da pensieri particolari e scorrervi sopra senza venirne mai del tutto assorbita. Questo status consente di abbandonare la propria posizione, il proprio punto di vista e di immedesimarsi in altri ruoli e in altre prospettive. Tale esercizio fa si che i sentimenti legati alla precedente posizione vengano abbandonati e che il flusso di pensiero scorra senza essere ancorato da emozioni negative. Si tratta di notare, accettare, accogliere, i sentimenti affinché sia possibile tra- sformarli per evitare che abbiano un impatto negativo sul comportamento (Hart, 2004). La storia del pensiero occidentale ci ha abituato a credere che si pensi solamente con la testa, ma i recenti studi di neuroscienze ci spiegano come in realtà in questo processo si utilizzi tutto il corpo. La pratica meditativa che stimola il pensiero contemplativo permette di vivere appieno la situazione, esperendo sensazioni ed emozioni, semplicemente immaginando. Francesca Coin Dottorato di ricerca in Scienze della Formazione Università Ca’ Foscari Venezia BIBLIOGRAFIA 22 Adams J. L., Conceptual blockbusting: a guide to better ideas.Cambridge, Perseus publishing, 2001. Burack C., Returning meditation to education. Tikkun magazine, September/october, 1999. Antonietti A., Lo studio psicologico del pensiero creativo. In L. Cerioli (Ed.), L’immagine e l’eureka. 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L’obiettivo è duplice. Da un lato definire tre forme di competenze esistenziali di base da cui derivano a cascata molte altre meta-competenze di gran lunga più comunemente conosciute. Dall’altro, descrivere un modello di azione per raggiungere tali risultati che hanno come effetto quello di migliorare la resilienza rispetto ai cambiamenti della vita e sciogliere i principali conflitti che abbiamo nel relazionarci con noi stessi, gli altri e l’ambiente. Procederò dunque definendo cosa si intende per competenza, metacompetenza e competenze esistenziali. In secondo luogo intendo descrivere il modello del percorso educativo che si centra fondamentalmente su tre polarità ed è ispirato alla “mappa degli esercizi spirituali” descritti da C. Naranjo1, psichiatra e psicoterapeuta di fama internazionale, nel libro “La via del silenzio, la via delle parole”. La visione che propongo intende proiettare l’applicabilità di tale rappresentazione in ambito educativo. Ritengo infatti che “essere educati” in senso profondo equivalga ad essere consapevoli, empatici e in contatto con i cambiamenti della vita. Ritengo inoltre che questa forma di educazione trifocale sia la chiave per uscire dalla crisi sociale attuale in quanto permette di trascendere l’individualismo e riconoscere la propria natura interdipendente, amorevole, in relazione con il tutto. Un’educazione che non riesce a trasmettere tali capacità è semplicemente inutile, inefficace e dannosa. COMPETENZE, META-COMPETENZE E COMPETENZE ESISTENZIALI DI BASE In generale, la competenza è oggetto di studio in diverse discipline pedagogiche, della formazione professionale, manageriale, dello studio e analisi delle carriere professionali, nello studio delle risorse umane, nella psicologia del la- QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 voro, dell’orientamento professionale e scolastico, nella varie forme di counseling. Senza entrare troppo nel dettaglio delle diverse definizioni, penso di poter affermare che in sostanza la competenza richiama tre forme di sapere: 1. il sapere inteso come insieme di conoscenze, di proposizioni e di procedure interiorizzate ed ancorate ad una struttura cognitiva, generali o specifiche di un dato contesto sociale o lavorativo; 2. il saper fare (abilità personali o work habits) in cui si includono capacità di tipo trasversale come saper apprendere, comunicare, lavorare/studiare in gruppo, capacità di gestire un gruppo e di problem solving, ecc.; 3. il saper essere che riguarda le caratteristiche personali, la motivazione, il senso all’esistere e alla mission personale, l’autostima, la creatività, fiducia in se stessi, la capacità di prendere decisioni e di affrontare situazioni di stress o di pericolo, ecc. Fin qui nulla di nuovo, in generale, chi si occupa di selezione del personale o di risorse umane sa bene che la differenza tra candidati con curricula simili spesso viene data proprio da quelle competenze trasversali e personali che l’educazione normalmente considera secondarie rispetto all’aspetto nozionistico (non di rado obsoleto). Tuttavia, proprio queste competenze (che poi cercherò di guardare più a fondo) rappresentano delle metacompetenze ovvero delle capacità di base derivanti da tre aree fondamentali, che chiamo competenze esistenziali, e permettono all’individuo di adattarsi ai cambiamenti e resistere in un contesto sociale in continuo mutamento. Essere resilienti in una società fluida, così come descritta dal sociologo Z. Bauman, ed a contatto sempre più stretto con l’alterità, richiede una altrettanto gran- de capacità di movimento e flessibilità, ed una capacità di relazionarsi, difficile senza una certa consapevolezza e senza allenare determinate, specifiche risorse e potenzialità. QUALI SONO LE COMPETENZE DI BASE? Mi sono posta per la prima volta questa domanda in rapporto a quali competenze intendevo fornire ai counselor della scuola che dirigo e, occupandomi di altro, mi trovai di fronte ad un’intuizione che credo possa essere di portata più ampia e che intendo condividere. Da tempo mi occupo di aree molto interdisciplinari: sociologia, counseling, simbolica, meditazione, e studi di nuove forme di pedagogia ed educazione. Un modello che ha preso la mia attenzione è stato proprio lo studio della “mappa degli esercizi spirituali” proposti dal prof. Naranjo. Questa affascinante mappa, rappresenta in forma schematica, inclusiva e transculturale le diverse forme di meditazione attraverso la relazione di tre polarità fondamentali. Non è mia intenzione approfondire nel dettaglio il tema della meditazione per il quale rimando al testo citato, tengo solo a tratteggiare alcuni punti fondamentali per comprendere il tipo di approccio. In primo luogo, per meditazione si intende un fenomeno mentale multiforme che implica una sospensione dell’Io ed una comprensione della sua natura illusoria. Il percorso meditativo attraverso il superamento dell’Io conduce ad uno spazio più ampio ed interrelato con il tutto: il Sé. Nel cammino lungo questo sentiero fertile, grazie alla consapevolezza, all’empatia e alla capacità di affidarsi alla saggezza della vita, scaturisce una maggiore responsabilità e libertà di scel- 27 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE 28 ta che conduce all’azione virtuosa. In sostanza, più una persona è consapevole, più è in grado di scegliere l’azione in termini di risposta, senza entrare in meccanismi reattivi. Nel caso opposto, più una persona è in preda a varie forme di condizionamento, più si comporta in modo reattivo e meccanico proiettando la sua felicità sul cambiamento esterno. Il linguaggio rappresenta tali strutture più profonde per cui, una persona reattiva oltre a comportarsi in modo tendenzialmente più aggressivo, passivo o manipolativo, probabilmente dirà frasi del tipo: “Sarei felice se solo mio marito fosse più comprensivo... Se il mio datore di lavoro desse meno ordini...Se mio figlio fosse più ubbidiente... Se avessi una bella casa... Se la mia vicina fosse più educata...Se la mia maestra fosse più buona.. E se oggi ci fosse il sole...ecc.” oppure “La penso così e basta!... Si deve fare così!....Sei sempre il solito ritardatario... Quel bambino è un fannullone!...” oppure “Non ci riuscirò mai... Sono un disastro”, ecc. Maggiore è la consapevolezza, maggiore è l’assunzione di responsabilità della propria felicità e del reale potere che ognuno di noi ha su di sé e sul proprio personale cambiamento. Chi appartiene a quest’area di persone sa che se vuole per esempio essere compresa dal marito, se ne assumerà la responsabilità generando cambiamento nella relazione. Come? Diventando maggiormente comprensiva, o meglio incarnando in prima persona il cambiamento che intende mettere in atto, visto che ogni relazione, come recita il terzo assioma della comunicazione umana, è circolare. Lo stesso vale per la mamma che si lamenta del figlio disobbedente, che non rispetta le sue decisioni; questa mamma potrà diventare maggiormente rispettosa del figlio condividendo con lui le scelte e spiegando le motivazioni. In sostanza nessuno può cambiare l’altro ma può cambiare il proprio modo di stare con l’altro assumendosi la responsabilità. Ciò che si mette nel circolo della relazione cambia la relazione stessa sia che si tratti di quella con noi stessi, gli altri e l’ambiente, la società. Questo modo di comportarsi si chiama atteggiamento proattivo (come denominato dallo psicologo austriaco V. Frankl) ed è figlio della libertà di scelta e della responsabilità che fiorisce dalla consapevolezza. Più una persona è proattiva, più è consapevole del fatto che ogni reale cambiamento avverrà da dentro a fuori e non viceversa e si assumerà la responsabilità di scegliere di agire in un modo congruo rispetto la sua volontà profonda di essere umano. Come dire, siamo potenzialmente amorevoli e felici ma non lo sappiamo e invece di cercare in noi stessi tale pienezza la cerchiamo fuori, nel posto sbagliato. Come essere dei ricchi sfondati che vivono da mendicanti convinti di essere poveri. Anche il linguaggio, la parola che come sappiamo genera realtà, in questo caso cambia e per esempio, invece di dire “è così e basta!”, una persona che sa assumersi la responsabilità del proprio modo di agire e comunicare potrebbe dire “Io la vedo in questo modo ma sono aperto ad alternative” oppure “Sei un fannullone” diventa “A volte ci metti molto tempo per finire un compito” anziché “Non ci riuscirò mai... sono un disastro”, “Rivedo gli errori e cerco di fare meglio” ecc. Basta sentire il diverso effetto emotivo di tali frasi per comprenderne la differenza. Dunque, la consapevolezza di ciò che pensiamo e di ciò che sentiamo consente di agire in linea con ciò che accade nel momento e non con modalità reattive figlie di un passato non digerito e di allinearsi con la volontà profonda. Ora, qualcuno potrebbe obiettare che ci possano essere delle intenzioni che vanno a scapito di altre e spesso questo capita nella superficie delle relazioni e della mente, lo spazio in cui si possono sviluppare conflitti ed escalation. Non è così in profondità. Più scendiamo nella profondità dell’individuo QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 più tocchiamo l’universale, come del resto affermava C. Rogers.2 Lo spazio della volontà profonda è in un certo senso un luogo sacro dell’anima in cui l’umano tocca il divino, l’universale, l’amorevolezza. Più entriamo in profondità, più gli opposti tendono ad incontrarsi e trovano quiete. Riportare la persona a questo contatto spesso è compito della psicoterapia o del counseling, ma prevenire tutto ciò è compito dell’educazione. Correggere un modo di fare meccanico sedimentato che crea sofferenza è molto più difficile che insegnare un atteggiamento sano fin dall’inizio. Per questo istruire non basta e l’educazione deve tornare fare il suo lavoro come ai tempi di Socrate, favorendo il contatto con i luoghi più intimi dell’anima, aiutando le persone a diventare migliori e più presenti nella vita e, in particolare, permettendo di essere più consapevoli, più amorevoli e più in pace con il fluire dell’esistenza e della natura. Queste tre forme potremmo identificarle come le competenze esistenziali di base dell’essere umano, o meglio le qualità più profonde che definiscono un essere come umano in senso pieno. Da queste tre competenze fioriscono tutte le altre meta-competenze. Ognuna di esse rappresenta una sintesi tra due elementi complementari o polarità e permette di sviluppare una forma di amore. Fig. 1: Viene riportato, in sintesi grafica, il percorso della mappa descritta da C. Naranjo COMPETENZE ESISTENZIALI DI BASE: CONSAPEVOLEZZA, EMPATIA E NATURALEZZA 1. CONSAPEVOLEZZA (asse A-B in figura) Partiamo dalla consapevolezza o ancor meglio la consapevolezza della consapevolezza. Questa profonda competenza esistenziale è di tipo cognitivo e sintetizza due diverse forme meditative che definiscono due differenti modalità di attenzione. Punto A (Figura 1): L’attenzione mirata interna della meditazione Vipassana 3, (oggi meglio conosciuta come mindfulness): in questa forma meditativa l’attenzione può essere rivolta a dettagli del sentire corporeo, emotivo, alla consapevolezza dei pensieri e dei fenomeni. Allenare questa forma di attenzione permette, per effetto, di migliorare altre metacompetenze più comuni come appunto l’attenzione mirata, la concentrazione e le capacità di memoria e dunque di apprendimento. Punto B: In senso opposto si situa l’attenzione verso un oggetto esterno che spesso rappresenta un’immagine sacra. Diverse forme di meditazione utilizzano oggetti esterni tipo una candela, un mandala, figure sacre o meditare di fronte un’altra persona riconoscendo implicitamente la sacralità dell’Altro. Questi differenti “oggetti sacri” hanno in comune il fatto di rappresentare simbolicamente una totalità trascendente, un insieme altrimenti non rappresentabile. L’attenzione d’insieme verso l’esterno, consente una visione olistica ed una maggiore inclinazione al divino. Questa forma meditativa genera altre meta-competenze legate allo sviluppo della capacità di cogliere l’aspetto divino e sacro in noi stessi, negli altri, nell’ambiente. Tra esse ci sono per esempio la ca- 29 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE COMPETENZE ESISTENZIALI META-COMPETENZE 1° LIVELLO Consapevolezza Amore spirituale del padre interiore (Philia) Empatia Amore compassionevole della madre interiore (Agape) PASSIVA INTERNA: (Med Vipassana; attenzione interna mirata; allenamento sulle 4 consape volezze. Consapevolezza del corpo, delle emozioni, dei pensieri, dei fenomeni) ATTIVA ESTERNA: (Med. Trascendentale: attenzione al centro, all’insieme); visione olistica, di senso. Attenzione diretta verso un oggetto che incarna il Principio più alto CONTATTO: capacità di sentire cosa sento e cosa sente l’altrto; entrare nella sensaaione e nell’emozione DISTANZA: capacità di osservare e dare un nome a quello che sento e sente l’altro ALT (inibizione, controllo): fermare la mente e trovare la quiete (med. Shantha) Naturalezza Amore erotico, di piacere verso la vita, tipico del bambino interiore (Eros) Fig. 2: Le tre competenze esistenziali 30 AVANTI (disinibizione, perdita del controllo): lasciar fluire, affidarsi (libere associazioni, movimento spontaneo, yoga kundalini) pacità di stimare noi stessi e gli altri, la motivazione all’autorealizzazione, alla mission personale, capacità collaborative, capacità di leadership, ma anche capacità di ammirare e rispettare la natura e la vita. Inutile sottolineare quanto sarebbe educativo un insegnante capace di cogliere la specialità dell’alunno che ha di fronte al di là delle difficoltà del momento. In sintesi, l’allenamento mentale lungo l’asse verticale segnato dai vertici A e B, permette di utilizzare al meglio entrambi i cervelli: cervello sinistro che coglie il dettaglio e destro che coglie l’insieme. Questo, oltre a sviluppare una maggiore capacità intuitiva e creativa, consente di giungere a un punto centrale di equilibrio (O) tra i due: la consapevolezza della consapevolezza ovvero la capacità di essere consapevoli sia dei dettagli della realtà sia dell’insieme, di ciò che META-COMPETENZE 2° LIVELLO Sviluppa capacità di apprendimento, di memoria e di attenzione; migliora la creatività e la capacità di cogliere il senso delle cose; stimare se stessi e gli altri; di collaborazione; di leadership e di riconoscimento della leadership; di autorealizzazione, di rapportarsi al sociale, alla natura, al divino Tale capacità risulta fondamentale al fine di trascendere i conflitti di valore Permette di comprendere il proprio mondo interiore e quello altrui; migliora le capacità relazionali sia con se stessi che con gli altri che con l’ambiente; consente di apprendere dalle esperienze per cui consente di fatto la conoscenza in senso fenomenologico, esperienziale Tale capacità risulta fondamentale al fine di trasformare i conflitti di bisogni Permette di restare nel flusso della vita, di cogliere i cambiamenti e le crisi come occasioni di crescita, di lasciar andare il deolore e di vivere nel reale contattando la gioia del presente. Consente di godere della vita, dell’esserci spesso ostacolato dall’attaccamento al passato ed al rifiuto del presente. Tale capacità risulta fondamentale al fine di negoziare i conflitti di interesse è. Un po’ come osservare noi stessi mentre stiamo osservando. In questo spazio il concetto di interno ed esterno, di trascendenza e normalità si sciolgono in un’unica esperienza di essere autenticamente nel qui ed ora, noi stessi nella completa presenza mentale. Essere consapevoli di essere ciò che siamo in ogni istante della vita. Nella meditazione si dice che il passato non c’è più, il futuro non c’è ancora ed il presente se lo si pensa non è più presente. La vita avviene nel qui ed ora, l’attimo fuggente che possiamo solo percepire, così difficile da cogliere se non sentendo ciò che è come il semplice e sottile piacere della sensazione del nostro stesso respiro. Sembra strano a dirsi, ma raramente siamo al mondo in questi termini, riusciamo con grande abilità, forse al fine di evitare il dolore, a sfuggire alla vita e con essa alla gioia di esistere. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 2. EMPATIA (asse C-D in figura): La seconda competenza esistenziale riguarda la sfera affettiva ed è la capacità di relazionarsi empaticamente. Empatia è un termine che ha in sé un duplice aspetto di vicinanza e lontananza. Nella definizione del filosofo P. A. Rovatti, empatia è una “distanza abitata”. Abitare la distanza significa essere abbastanza vicino da poter sentire l’Altro ed abbastanza lontano da poter vedere l’Altro. Sento ciò che sente con la consapevolezza che ciò che sente è suo o che io, nel caso della relazione empatica con me stesso, non sono completamente e solo ciò che sento in questo momento: per esempio sento tristezza, ma non sono la mia tristezza. Dunque, la relazione empatica funziona un po’ come quando ci rapportiamo con lo specchio: non possiamo vederci sia se siamo attaccati con il naso allo specchio sia se lo posizioniamo troppo lontano. Abbiamo bisogno della giusta distanza e vicinanza, e questo vale anche per la relazione con noi stessi e gli altri. L’empatia è figlia dunque di due polarità che possiamo definire C) distanza e D) contatto/vicinanza. Saper sentire, contattare a livello fisico e osservare, dando un nome a ciò che sentiamo per disidentificarci e poter lasciar andare e tornare al qui ed ora, nel fluire continuo della vita, possono essere definiti i movimenti dell’empatia. Il contatto privo di distanza diventa attaccamento e la distanza priva di contatto diventa rifiuto. Attaccamento e rifiuto impedendo di scoprire l’Altro, impediscono la conoscenza, diventando fonte di un male più grande: l’ignoranza. L’ignoranza nel buddismo è considerata la fonte originaria del male e, se guardiamo in profondità, l’atto peggiore che un uomo può compiere, come quello di uccidere un altro uomo, può essere compiuto o in preda alle emozioni/ istinti (attaccamento) o nel pieno di- stacco emotivo come descritto egregiamente nel libro di Hanna Arendt “La banalità del male”. In questo testo gli aguzzini nazisti sono visti appunto come grigi burocrati che, nella piena correttezza morale, anche se in opposizione a qualsiasi principio etico, compiono obbedientemente, legalmente e freddamente alcuni tra i crimini più atroci che l’umanità abbia conosciuto. L’empatia è una competenza esistenziale fondamentale, in quanto, permettendo di amare autenticamente l’Altro, ne consente la conoscenza in senso alto, socratico e fenomenologico4. 3. NATURALEZZA (asse E-F in figura): La terza competenza esistenziale riguarda la sfera istintiva. È la capacità di sapersi adattare al cambiamento, di aprirsi al flusso dell’esistenza, all’autoregolamentazione organismica. Questa capacità, detta anche omeostasi, fa sì che ogni organismo possa adattarsi all’ambiente e soddisfare i propri bisogni. Un bisogno emerge dallo sfondo di noi stessi diventando oggetto di attenzione e, l’organismo tenderà a soddisfarlo creando un nuovo equilibrio. Questo eterno gioco tra squilibrio ed equilibrio dura tutta la vita; quando un organismo non riesce più, di fronte ad un cambiamento, ad adattarsi, sta male. Per esempio, il caso di una persona che di fronte ad una perdita non riesce a lasciar andare il dolore, a trasformarlo, e rimane intrappolata, attaccata ad un passato che non esiste più e che non le permette di vivere il presente e ciò che la vita le offre. Lasciar andare e restare nel flusso della vita permette di superare le fasi di cambiamento, di crisi, di fidarsi della vita, cogliere i momenti piacevoli e vivere con maggiore pace e serenità in armonia con se stessi, il proprio corpo, la propria natura. Tale attitudine scaturisce da altre due po- 31 ENZO COGNO 32 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 a sinistra: Deposta la colomba ferita, 1958, particolare di fianco e in basso: Antinomie plastiche, 1967 33 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE larità situate lungo l’asse orizzontale della figura: E) la capacità di fermare la mente, di trovare la quiete superando il chiacchiericcio mentale che impedisce il contatto profondo (meditazione di tradizione Shamatha5) F) e la capacità di affidarsi e lasciar fluire, di rinunciare al controllo (movimento spontaneo, yoga kundalini). Tra controllare la mente e rinunciare al controllo (inibizione/disinibizione) incontriamo una sintesi nella naturalezza (punto centrale tra questi due punti) lo spazio in cui essere in pace, un luogo dove mentalmente i pensieri possono fluire senza possedere la mente poiché tra un pensiero e l’altro scopriamo uno spazio di silenzio, di quiete, un luogo in cui possiamo rilassarci in noi stessi. Questo viene paragonato al fluire delle nuvole nel cielo. I pensieri sono come le nuvole. Una nube inizia, si sviluppa, finisce e prima che ne inizi un’altra scopro uno spazio di cielo, di silenzio. Così è la quiete della profondità della mente. La mente si ferma, ma può fermarsi e trovare pace grazie al movimento fluido che lascia andare senza attaccamento né rifiuto i pensieri che si formano in superficie. 34 Educare a queste tre competenze esistenziali di base, permette di armonizzare la saggezza della mente con quella del cuore generando conoscenza in senso originario, alto, socratico. Conoscere infatti non significa avere ingurgitato tante nozioni ma è frutto della capacità di stare in relazione con l’Altro a tre livelli: intrapersonale, ovvero a contatto con l’Altro interno, la parte di noi stessi che meno conosciamo, (Io-me); interpersonale, ovvero l’Altro esterno, le altre persone con cui entro in relazione (Io-tu); transpersonale, con l’Altro più vasto di cui ognuno è parte integrante: l’ambiente, la società, il divino (Io -esso). VERSO UN’EDUCAZIONE SEMPLICEMENTE PIÙ AMOREVOLE Consapevolezza, empatia, naturalezza, permettono di sviluppare numerose altre meta-competenze a livello cognitivo, emotivo ed istintivo e si collegano alle tre forme di amore fondamentali: Eros, Agape, Philìa. Eros: è l’amore collegato all’istinto ed al piacere. L’autoregolamentazione organismica è la meta-competenza che permette di sviluppare tale forma amorevole tipica della spontaneità del nostro bambino interiore, che sa godere dell’attimo presente perché è capace sia di lasciar andare il controllo che di controllarsi quietando la mente permettendosi di gioire del momento, della vita così com’è in questo preciso istante. Agape: è l’amore compassionevole, empatico, che sviluppiamo grazie al contatto con la nostra madre interiore. Contatto che avviene per mezzo dell’empatia e che ci permette di prenderci cura dell’Altro (nelle sue tre dimensioni). Philìa: forma di amore che si sviluppa grazie alla consapevolezza ed alla consapevolezza della consapevolezza, è l’amore di tipo paterno, spirituale, che guarda verso l’alto e sa ammirare ciò che è più vasto, più grande e consente di sviluppare gratitudine ed ammirazione. Si può notare come ciascuna forma di amore descritta, se messa in relazione con i bisogni fondamentali umani rappresentati nella famosa piramide di Maslow, copra un’area precisa di tali bisogni (istintivi, affettivi e spirituali). Su questa linea, si potrebbe dunque sintetizzare che il bisogno umano più profondo sia proprio quello di scoprire l’amore nelle sue tre forme che è anche la propria essenza. Inoltre, ognuna di queste tre forme di amore, che sviluppiamo attraverso le competenze esistenziali di base, si declina nelle tre QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 dimensioni dell’alterità su descritte diventando di fatto nove forme di amore che, se non comprese, possono comportare altrettante forme conflittuali a livello interiore, interpersonale, sociale6. DALLA TEORIA ALLA PRATICA La mappa pedagogica fin qui descritta teoricamente e a grandi linee, ha un’applicabilità molto pratica. Essa è una via che permette, lungo la strada, di affinare varie e fondamentali qualità. Ritengo, sulla base dell’esperienza fatta sul campo, che tale percorso, possa di fatto essere intrapreso sia utilizzando esercizi di meditazione, sia con attività differenti (giochi, attività teatrali, artistiche, di gruppo e di studio) modellate sulla base dell’età che tengano conto dei vari punti della mappa. L’attività educativa per adulti, bambini e adolescenti che propongo da un po’ di anni si sta sempre più definendo nella direzione di sperimentare attivamente quanto affermo. Da qualche anno noto molti miglioramenti lavorando con gli adulti e da quest’anno, ritornando un po’ alle mie origini di formazione e ai laboratori con i bambini e adolescenti, sto cercando di sperimentare percorsi per età differenti. Penso tuttavia che al di là di percorsi specifici, sia fondamentale che gli insegnanti e gli educatori (in cui includo i genitori) acquisiscano queste tre competenze di base con un lavoro su di sé. Questo permetterebbe ai genitori di creare relazioni più sane in famiglia e agli insegnanti di seguire il proprio programma senza perdere di vista la missione educativa. Quella missione che rende un insegnante non sostituibile da una macchina come descritto da una vecchia novella di I. Asimov dal titolo “Chissà come si divertivano!” Nel racconto, i bambini del futuro studiano da soli davanti ad un computer, perché se l’obiettivo è ingerire il maggior numero di nozioni, l’insegnante non serve, basta un computer. Due di loro scoprono nella soffitta della nonna che un tempo era esistita la scuola: un luogo dove più bambini con un insegnante umano si trovavano per imparare insieme ed iniziano a fantasticare su come doveva essere bello e divertente quel luogo. Mi piacerebbe che la scuola come spazio di incontro con l’Altro potesse superare l’esame del tempo, riuscendo a lasciar fluire i vecchi modelli ed aprendosi alle nuove esigenze del reale. Penso che se riuscisse a superare l’attaccamento verso un modello obsoleto, figlio di una cultura patriarcale al tramonto, diventerebbe molto più resiliente, con meno dispersione scolastica. E se riuscisse a formarsi nel suo interno e a formare a queste profonde competenze, avrebbe centrato l’obiettivo di educare non ad essere in qualche modo: buoni, bravi, belli, agendo sulla repressione di parti che diventano inascoltate, represse e pronte a reagire, ma semplicemente ad essere profondamente ciò che siamo, qui ed ora. Con la fiducia ed il sapere profondo che l’essere è amore ed educare ad essere significa educare ad amare. Elisabetta Damianis Sociologa e counselor trainer Direttrice scuola di counseling Gemino www.geminoformazione.com Gorizia 35 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE NOTE 1 Claudio Naranjo è nato a Valparaiso (Cile) nel 1932. Dopo la laurea in medicina all’Università del Cile si è specializzato in Psichiatria diplomandosi anche in pianoforte. E’ stato ricercatore all’Università di Harvard, visiting professor di Psicologia all’Università di California e Santa Cruz e all’Istituto di Studi Asiatici in California. Ha insegnato metodi psicoterapeutici innovativi presso l’Università cattolica del Cile. Ha tenuto corsi di psicologia della personalità e psicologia transpersonale in molte università americane ed europee. Si è interessato della psicologia umanistica e transpersonale elaborando “l’Enneagramma dei tipi psicologici”, un ponte tra Oriente ed Occidente nell’ambito della psicologia della coscienza umana. Ha messo a punto il “Programma SAT”, un percorso di sviluppo degli esseri umani in relazione con gli altri molto importante nella psicologia clinica. Nel 2007, l’Università di Udine li ha conferito la Laurea honoris causa in Scienze della Formazione. Ha scritto più di cinquanta articoli scientifici ed ha pubblicato una ventina di libri tradotti in molte lingue. 2 Carl Ramson Rogers (Oak Park, Illinois, 8 gennaio 1902 – La Jolla, California, 4 febbraio 1987) è stato il fondatore della terapia non direttiva ed è noto per i suoi studi sul counseling e la psicoterapia all’interno della corrente umanistica della psicologia. 3 Vipassana significa guardare in profondità. È la meditazione di origine indiana più antica. 4 In generale possiamo affermare che 36 l’uomo conosce principalmente attraverso il pensiero astratto e/o la percezione sensoriale (rispettivamente cervello sinistro e cervello destro). La prima modalità del conoscere tendenzialmente segmenta parti del reale e seleziona variabili osservabili singolarmente (cervello sinistro). Da questa modalità deriva il metodo di conoscenza scientifica di tipo epistemologico collegato alla verifica di ipotesi. Questa modalità della conoscenza, per dirla alla P. Watzlavick, vede gli alberi ma non percepisce il bosco. Coglie cioè i dettagli ma non l’insieme, il reale, ciò che accade in senso fenomenologico che per sua natura può essere solo percepito o rappresentato simbolicamente ma non completamente capito e sezionato. Questa forma di conoscenza è detta appunto fenomenologica ed avviene attraverso la percezione (cervello destro). Percepire appartiene al mondo sensoriale e ciò che viene percepito del fenomeno è figlio dell’intenzione del percepente. L’occhio vede il sole perché è solare diceva Goethe, si è cioè formato in presenza del sole e per questo il sole è parte dell’occhio. Dunque ognuno di noi conosce del mondo ciò che seleziona attraverso la propria visione, rappresentazione della realtà formatasi con l’esperienza percepita. In sostanza, se il pensiero genera il mondo astratto, la percezione e dunque l’empatia, dà orientamento e senso al mondo concreto e muove i nostri comportamenti. 5 Shamatha significa quietare la mente. È la meditazione buddista ed include 4 scuole fondamentali: Theravada, Mahayana, Vajrayana, Dzogchen. 6 Per un approfondimento su questo tema: D. Ungaro, I tre volti dell’Altro, la trasformazione dei conflitti dalla psiche alla società, Roma, Aracne, 2015 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 BIBLIOGRAFIA: Arendt H., La banalità del male, ed. Feltrinelli, Milano, 1983. Asimov I., Chissà come si divertivano!, Tutti i racconti, ed. Mondadori, Milano,1991. Bauman Z., La società individualizzata, Il Mulino, Bologna, 2010. Damianis E., La differenza come valore, in Quaderni di Orientamento n. 26, maggio 2005. Damianis E., Intervista a C. Naranjo, ibidem, n. 27, novembre 2005. Damianis E., L’accoglienza dell’Altro tra scuola e società, ibidem, n. 31 dicembre 2007. Damianis E., Lo spazio educativo come luogo d’incontro, ibidem, n. 36 giugno 2010. Damianis E., La trasformazione della società nei nostri tempi, ibidem n.44, giugno 2014. Frankl V., Uno psicologo nei lager, ed. Ares, Roma, 2009. Morin E., Il metodo, ordine disordine organizzazione, ed. Feltrinelli, Milano, 1983. Naranjo C., Cambiare l’educazione per cambiare il mondo, ed. Forum, Udine, 2004. Naranjo C., La rivoluzione che stavamo aspettando, ed. terra Nuova, Firenze, 2014. Perls F., L’approccio della Gestalt, testimone oculare della terapia, ed. Astrolabio, Roma, 1977. Rovatti P.A., Abitare la distanza. Per una pratica della filosofia, Raffaello Cortina, Milano, 2007. Selvatici A., D’Angelo M.G., a cura di, Il bilancio di competenze, ed. Franco Angeli, Milano, 2007. Rogers C., La terapia centrata sul cliente, ed. Psycho di G. Martinelli, Firenze, 1994. Ungaro D., I tre volti dell’Altro, la trasformazione dei conflitti dalla psiche alla società, ed. Aracne, Roma, 2015. Watzlawick P., Beavin J. H., Jackson D.D., La pragmatica della comunicazione umana, Ed. Astrolabio, Roma, 1971. Naranjo C., La via del silenzio e la via delle parole, ed. Astrolabio, Roma , 1999. 37 ENZO COGNO sotto: Palazzo Dario, 1948 a destra: Giulia col fiore giallo, 1954 38 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 39 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE LE “SCELTE ORIENTATIVE” DEI PRIMI MESI DI VITA I METODI DI APPRENDIMENTO DELLA SECONDA LINGUA E DELLA MUSICA Fortunato Mior L L’apprendimento della seconda lingua e della musica possono iniziare sin dai primi mesi di vita in armonia con i modi e i tempi naturali del bambino 40 INTRODUZIONE Partendo dalla constatazione che i bambini durante i primi anni di vita apprendono in modo naturale la lingua materna si è fatta strada l’ipotesi che, in modo altrettanto naturale, i bambini possono apprendere una lingua straniera od anche acquisire altre “competenze” come, ad esempio, quelle musicali. Rientrano nel natural approach, ad esempio, le scuole Kids&us Language School 1 fondate da Natalie Perarnau o i corsi di Helen Doron Early English2 o l’Hocus&Lotus3 della università la Sapienza di Roma e i playgroup Learn With Mummy 4 per l’apprendimento della seconda lingua nonché i corsi proposti dell’associazione Aigam5 (Associazione Italiana Gordon per l’Apprendimento Musicale) che si richiama alla music learning theory di Edwin E. Gordon per quanto riguarda la musica. Questi metodi, ed altri, benché elaborati in contesti diversi hanno delle peculiarità metodologiche comuni, in primis il ritenere che l’apprendimento possa iniziare sin dai primi mesi di vita, attraverso i modi e tempi naturali e spontanei di apprendimento del bambino. Sono metodi che, a differenza di altri (citiamo, in campo musicale i metodi Orff, Suzuki, Kodaly, Yamaha) che si rivolgono a bambini di tre anni o in età scolare, tendono a sfruttare tutto l’arco temporale di vita dell’infanzia all’insegna del motto chi prima inizia meglio apprende. La maggiore “plasticità cerebrale” presente in questa età permetterebbe processi di apprendimento ottimali e in alcuni casi raggiungibili soltanto se attivati in età precoce. L’acquisizione dell’orecchio assoluto6 ne è un esempio. Fino a pochi anni fa l’orecchio assoluto era ritenuto una rara caratteristica di tipo genetico e di difficile apprendimento negli adulti – citiamo per tutti il metodo di Burge (Burge, 1981). Oggi, sia pure con molto esercizio, si possono ottenere successi nell’ordine dell’80% con la tecnica proposta dal giapponese Eguchi (Oura, Eguchi, 1982) ma solo se impartita durante l’infanzia. Una ricerca recente, poi, sembra confermare l’esperienza empirica che una lingua si impara meglio da piccoli. Uno studio di Mechelli (Mechelli ed altri, 2004) evidenzia che nei bambini che avevano appreso una seconda lingua prima dei cinque anni, la materia grigia della corteccia parietale che presiede allo sviluppo del linguaggio, era maggiore per densità e volume rispetto a quella di chi non parlava una lingua straniera o che l’aveva imparata dopo i 15 anni. Inoltre, il volume della materia grigia era direttamente proporzionale all’abilità nell’uso della seconda lingua: QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 più materia grigia, migliore proprietà e scorrevolezza del linguaggio. Ma cosa e come si può insegnare ad un neonato a partire dai primi mesi di vita? È certamente un insegnamento non di tipo formale dato che il bambino a questa età non è in grado di compiere elaborazioni consapevoli. L’interazione e la comunicazione orale, in questo caso con l’insegnante/tutor e il gioco, come nell’apprendimento in natura del bambino, sono le modalità peculiari di questi approcci. L’uso di ausili che catturano l’attenzione del bambino come filmati, immagini e suoni è sicuramente un altro aspetto proprio di questi metodi. Infine, il ruolo dei genitori è, in quasi tutti i metodi, importante per creare un ambiente motivante e di consolidamento degli obiettivi prefissati dal corso. LA SECONDA LINGUA IN ETÀ PRESCOLARE L’apprendimento delle lingue a livello prescolare è promosso dall’Unione Europea all’interno del quadro strategico per l’istruzione e formazione, ET 2020 (Gazzetta ufficiale C. 119 del 28.5.2009), dove un gruppo di esperti ha avuto il compito di analizzare le problematiche relative all’acquisizione delle lingue in questa fascia di età ed ha stilato, nel 2011, una serie di linee guida, dove, tra l’altro, si afferma che cominciare presto a parlare una o più lingua favorisce lo sviluppo generale del bambino, il suo potenziale affettivo, sociale e cognitivo, abituandolo al pensiero flessibile. Inoltre l’apprendimento precoce delle lingue straniere contribuisce a rinforzare le abilità linguistiche della lingua primaria (Romano, 2012). Vanno però segnalati, al di là degli indirizzi dati dall’Unione Europea, anche gli aspetti meno vantaggiosi dell’apprendimento precoce di una lingua: se iniziare prima permette di imparare con meno sforzi e di raggiungere livelli di competenze simili alla lingua nativa è anche vero che questo tipo di apprendimento è più lento e necessita di una maggiore quantità di stimoli rispetto a quello dei discenti più grandi che possiedono una maggiore consapevolezza. In generale, la questione dei vantaggi dell’apprendimento in età molto precoce è ancora dibattuta (Abello-Contesse et al., 2006) poiché ancora non è stato ben definito proprio il periodo ottimale dell’apprendimento della seconda lingua7 che per alcuni studiosi non coincide con il periodo ottimale dell’apprendimento della lingua nativa.8 Negli ultimi vent’anni si sono moltiplicate le esperienze di insegnamento con bambini piccoli sia in ambito privato che in quello pubblico, come negli asili nido, e così pure varie sono le tipologie dei corsi9 anche se non sempre supportati da una valutazione obiettiva dei risultati raggiunti10. Al netto delle differenze tra i diversi metodi il bambino è accompagnato attraverso le fasi dell’ascolto, della comprensione e del parlare (listening, understanding, speaking) e soltanto più tardi si prende in considerazione la lettura e la scrittura (reading, writing) e quindi anche la grammatica. Nella fase dell’ascolto i bambini, a partire dai primi mesi di vita, sono messi in contatto con codici linguistici diversi da quelli familiari e sono stimolati, attraverso una total immersion, a cogliere gli aspetti percettivi legati alla prosodia11 e alla fonologia12. Così come i genitori parlano con i figli, utilizzando una gran varietà di parole, espressioni e frasi in diversi tempi verbali, nei metodi di insegnamento della seconda lingua sono riprodotte analoghe situazioni per facilitare la comprensione. Fondamentale è l’insegnamento attraverso il gioco, ad esempio con storie e racconti vissuti in prima persona o la partecipazione alle attività quotidiane della vita del bambino, anche attraverso 41 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE il Total Phisical Response (TPR), un metodo che consiste nell’accompagnare le azioni, perlopiù tattili e senso-motorie, del bambino con commenti verbali ed istruzioni13. Parlare è una conseguenza naturale dell’ascolto e della comprensione. Dopo che i bambini hanno ascoltato e compreso, sono inseriti in situazioni dove possono avere l’opportunità di verbalizzare tutto ciò che hanno appreso in precedenza. LA MUSIC LEARNING THEORY 42 Se gli approcci per l’acquisizione di una seconda lingua tutto sommato consistono nel copiare/replicare i processi di apprendimento della lingua madre avvalendosi, quindi, di un metodo “pragmatico” o, tutt’ al più, facendo riferimento alle teorie dello sviluppo psicolinguistico, nel caso dell’apprendimento musicale diventa necessaria una teoria piuttosto articolata, come è la Music Learning Theory di Edwin E. Gordon (Gordon, 2003; Nardozzi, 2014). Per Gordon i neonati nascono con un diverso grado di attitudine musicale, che si ripartisce secondo una distribuzione normale di tipo gaussiana. Pur essendo innata, l’attitudine musicale è però influenzata dalla qualità dell’ambiente musicale. Se non viene opportunamente stimolata, diminuisce e continua a decrescere, a meno che non si migliori l’ambiente musicale. Per la MLT, poi, l’effetto prodotto sull’attitudine da un ambiente musicale fertile diminuisce in maniera proporzionale all’età: un infante di sei mesi che viene a contatto con un ambiente musicale valido mostrerà un livello di attitudine più elevato rispetto ad un bambino, alla nascita con lo stesso livello attitudinale, che avrà l’opportunità di essere immerso in un ambiente altrettanto stimolante all’età di 18 mesi. Secondo Gordon, infine, dopo i nove anni l’ambiente musicale, anche se di alta qualità, non è più in grado di incidere sul livello attitudinale del bambino. Da tutto ciò si evince quanto, per questo approccio, sia importante un’esposizione del bambino ad un ambiente musicale adeguato in età precoce. Pertanto, l’attitudine musicale che prima dei nove anni è il prodotto delle potenzialità innate e dell’influenza dell’ambiente musicale è denominata attitudine musicale in sviluppo; quella degli anni successivi, quando ormai l’ambiente non è più in grado di esercitare alcuna influenza, è denominata attitudine stabilizzata. Fulcro della teoria MLT è il costrutto dell’audition, il processo che è alla base dell’attitudine musicale e che Gordon intende come abilità di sentire e comprendere mentalmente la musica. L’audition, nella teoria di Gordon, rappresenta per la musica ciò che il pensiero rappresenta per il linguaggio. Si acquisisce completamente nel tempo in modo sequenziale, attraverso fasi e stadi di sviluppo, e si realizza quando si sente e si comprende una musica, anche quando il suono non è più presente fisicamente. La fase detta di acculturazione (seguono le fasi dell’imitazione e della assimilazione) riguarda il periodo che ci interessa, dalla nascita ai 2-4 anni. Essa comprende tre stadi: 1) assorbimento, 0–12 mesi circa: il bambino ascolta e raccoglie i suoni musicali presenti nell’ambiente; 2) risposte casuali: il bambino si muove e vocalizza in risposta a suoni musicali presenti nell’ambiente, senza relazionarsi a loro; 3) risposte intenzionali: il bambino cerca di correlare i movimenti e le vocalizzazioni ai suoni musicali presenti nell’ambiente. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 Un ambiente ricco di stimoli musicali è quindi fondamentale per lo sviluppo delle potenzialità musicali e la MLT indica alcune regole semplici come l’ascolto di musica cantata o suonata dal vivo o l’ascolto di brani in CD preferibilmente di sola musica o soltanto vocale per non generare confusione.14 Anche il repertorio musicale non dovrebbe essere semplificato, come si è soliti fare, ma esposto nella sua interezza, complessità e varietà (dal jazz alla classica). Date le capacità del livello di attenzione la MLT consiglia di far ascoltare brani di breve durata e ovviamente ad un volume non troppo alto15. Accanto ai corsi con il metodo MLT vanno anche ricordate le esperienze di- dattiche realizzate negli asili nido italiani pubblici con impostazioni di vario tipo a dimostrazione di un interesse diffuso per l’argomento. 16 In linea di massima queste esperienze sono riconducibili ai modelli pedagogici propri degli asili nido dove il “fare” è il presupposto principale per scoprire e sperimentare in modo coinvolgente. La scoperta del suono, del corpo e della voce come fonti sonore, degli oggetti che suonano, del ritmo e un’educazione all’ascolto del suono, sono generalmente gli obiettivi perseguiti. Fortunato Mior Psicologo COR Pordenone BIBLIOGRAFIA Abello-Contesse C., Beltran R., Lopez-Jimenez M., TorreblancaLopez M., Age in L2. Aquisition and teaching, Berna, (Sizzera), Peter Lang, 2006. Burge D. L., Simple secret to absolute pitch. Contemporary keybord, 1981 Gordon E.E., L’ apprendimento musicale del bambino. Dalla nascita all’età prescolare, Edizioni Curci, Milano, 2003. Mechelli A., Crinion J.T., Noppeney U., O’Doherty J., Ashburner J., Frackowiak R.S., Price C.J., Structural plasticity in the bilingual brain. Nature, vol. 431, 2004. Nardozzi R., La music learning theory di Edwin E. Gordon: aspetti teorici e pratici. Edizioni Curci. Milano, 2014. Romano R., L’apprendimento della lingua straniera in età precoce, Amaltea n.3, 2012 Oura Y., Educhi K., Absolute pitch training program for children. Ongaku Kyouiku Kenkyu (Music Education Research), n. 32, 162-171, 1982. 43 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE NOTE 1 Riferimenti ai corsi Kids&us Language School si trovano nel sito www.kidsandus.it 2 Riferimenti ai corsi Helen Doron Early English si trovano nel sito www.helendoron.it 3 Riferimenti ai corsi Hocus&Lotus si trovano nel sito www.hocus-lotus.edu 4 Riferimenti ai playgroup Learn with Mummy si trovano nel sito www.learnwithmummy.com 5 Riferimenti ed informazioni sulla MLT si trovano nel sito della Associazione Italiana Gordon per l’Apprendimento Musicale, AIGAM. www.aigam.org 6 Per orecchio assoluto si intende la capacità di indicare istantaneamente l’altezza di una nota senza avere bisogno di una nota di confronto, ad esempio prodotta dal diapason. 7 Tra I sostenitori di un periodo ottimale entro I primi sei anni (per quanto riguarda gli aspetti prosodici) troviamo: Krashen S., Second Language Acquisition and Second Language Learning, Pergamon Press, Oxford, 1981. Abdelilah-Bauer B., Il bambino bilingue. Crescere parlando più di una lingua, Editore Raffaello Cortina, Milano, 2008. Michnick Golinkoff R., Hirsh-Paek K., Il bambino impara a parlare. L’acquisizione del linguaggio nei primi anni di vita, Editore Raffaello Cortina, Milano 2001. 9 I corsi attivati in Italia ( FVG compreso) in genere hanno la frequenza settimanale o bisettimanale, la durata di 30 - 45 minuti e si rivolgono, generalmente, a piccoli gruppi di bambini. Quasi tutti i metodi citati offrono corsi di formazione per gli insegnanti e la possibilità come pure di aprire, in franchising, dei nuovi centri. 10 Co n r i fe r i m e n to a l m e to d o Hocus&Lotus si segnala Taeschner T., L’insegnante Magica, Editrice Borla, Roma, 2002. 11 La prosodia è la parte della linguistica che studia l’intonazione, il ritmo e l’accento del linguaggio parlato. Sono gli aspetti prosodici che meglio si apprendono nella prima infanzia. A partire dalla pubertà è più difficile avere l’accento perfetto di una seconda lingua. 12 La fonologia riguarda il sistema dei suoni propri di una lingua. 8 Alcuni libri che affrontano il tema 44 dell’apprendimento del linguaggio con riferimento al bilinguismo sono: 13 Il Total Phisical Response (TPR) è un metodo messo a punto da James J. Asher. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 Riferimenti al metodo si trovano nel sito www.tpr-world.com. Un testo in italiano per bambini stranieri residenti in Italia è il seguente: Mastromarco A.. A scuola: giocare, costruire, fare per … imparare l’ italiano con il metodo TPR, Editore Giunti, Progetti educativi, Firenze, 2005. 14 Sostiene Gordon così come non si apprende a parlare ascoltando dei CD, non si impara il linguaggio musicale ascoltando CD musicali, tuttavia l’ascolto della musica nell’ambito della MLT è comunque un valido ausilio. Di seguito sono elencanti i CD in commercio secondo la MLT per bambini da zero a sei anni. Apostoli A, Orlandini M., Ma che musica ... In dolce attesa (per donne incinte). Edizioni Curci. Milano, 2011. Apostoli A., Gordon E.E., Ascolta con lui, canta per lui (contiene il CD di sole voci Canti senza parole). Edizioni Curci. Milano, 2005. Apostoli A., Ma che musica! Volume 1. Brani di classica e Jazz, Edizioni Curci, Milano, 2007. Apostoli A, Dufey A., Ma che musica! Volume 2. Brani di classica e Jazz, Edizioni Curci, Milano, 2009. Apostoli A, Orlandini M., Ma che Musica! Volume 3. Brani di classica e jazz, Edizioni Curci, Milano, 2010. Quarteto Gordon per piccolissimi. Pam Pam 1. Canto senza parole. CD e libretto. Editore www.sharedlistening.com, 2013. Quarteto Gordon per piccolissimi. Pam Pam 2. Omaggio a Edwin E. Gordon. CD e libretto, Editore www.sharedlistening. com, 2014. 15 L’età presa in considerazione non richiede l’uso di molti strumenti musicali. Ovviamente sono preferibili di piccola dimensione. Alcuni strumenti utilizzabili anche in ambito familiare e che permettono l’esecuzione tramite la percussione, l’agitamento, lo sfregamento, il soffio sono: tamburelli, cembali, legnetti, blocchi sonori, sonagli, maracas, nacchere con manico, güiro, flauto a coulisse (non dolce). 16 In riferimento ad esperienze educative musicali attivate negli asilo nido si segnala: Facci L., Fare musica al nido. Percorsi teoricopratici di educazione musicale per bambini da 20 a 36 mesi. Con CD allegato. PesaroUrbino, Progetti Sonori Edizioni, 2013. Piatti M. (a cura), Musica nei nidi d’infanzia. Progetti ed esperienze. Bergamo, Editore Junior, 2013. Sedioli A., La casetta dei suoni, Bologna, Editore Artebambini, 2009. Tafuri J., Nascere musicali. Percorsi per educatori e genitori. Torino, Editore EDT, 2007. 45 ENZO COGNO 46 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 a sinistra: Antinomie plastiche, 1966 di fianco e sotto: Antinomie plastiche, 1966 47 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE WIDENING THE FUTURE PERCORSI DI ORIENTAMENTO NELLA SCUOLA PRIMARIA PER LA PREVENZIONE PRECOCE DELLA DISPERSIONE SCOLASTICA AAVV U Un progetto europeo che ha coinvolto alcune scuole della regione volto a ridurre l’abbandono scolastico attraverso metodi e strategie educativo orientative a partire dalla scuola primaria 48 PRESENTAZIONE DEL PROGETTO Nell’ambito del programma LLP - Lifelong Learning 2007 – 2013, Comenius Progetti multilaterali 2012 - è stato finanziato il Progetto “Widening the future”1 Percorsi di orientamento nelle scuole primarie per la prevenzione precoce della dispersione scolastica.2 Nell’arco di un biennio, dal 2012 al 2014, ha permesso di sperimentare azioni positive per contrastare il fenomeno dell’abbandono scolastico, intervenendo già nella prima fase di accesso all’istruzione. Tra gli obiettivi, quello di conoscere e condividere strumenti e modelli di intervento nell’ambito dell’orientamento, per potenziare le capacità decisionali degli alunni e prevenire processi di abbandono, e quello di facilitare processi di apprendimento/aggiornamento professionale degli insegnanti, anche attraverso l’utilizzo di modalità di cooperazione internazionale e di ricercaazione partecipativa. Il progetto è basato sulla premessa che il fenomeno dell’abbandono è un processo che inizia fin dalle prime esperienze scolastiche ed è influenzato da fattori educativi, da circostanze individuali e da condizioni socio-economiche; non è mai la scelta casuale di un momento, ma è l’esito di un lungo e sofferto processo di caduta progressiva del valore della scuola, di perdita di motivazione e di disorientamento rispetto al proprio futuro. Il progetto si è proposto di agire sulla riduzione dell’abbandono scolastico utilizzando metodologie e strategie educative e didattiche di supporto per gli insegnanti, per aiutarli a sviluppare modalità formative che permettano di sostenere e motivare gli studenti a completare gli studi e prepararsi per il mondo del lavoro. Si è ritenuto importante formare gli insegnanti al compito, non facile, di rafforzare le capacità di auto-orientamento dei bambini, per incidere direttamente sulla loro motivazione nei confronti del futuro, del possibile lavoro e, come conseguenza, nei confronti della scuola. L’attività di orientamento a scuola è stata intesa come intervento pedagogico e preventivo caratterizzato da una componente ludica e dalla dimensione esperienziale diretta, prevedendo la realizzazione di esperienze attive e partecipative, anche attraverso l’uso degli strumenti ICT. Una sottolineatura importante è stata fatta da Márius Mártinez, esperto dell’Università Autonoma di Barcellona, che ha contribuito a dare una cornice teorica agli interventi del progetto: le attività di orientamento a scuola non devono essere percepite come un aggravio di compiti per gli insegnanti e come un QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 appesantimento dei programmi di insegnamento, ma come una modalità nuova di fare scuola che, intervenendo sul cambiamento di metodologia didattica, trasforma le materie di studio in strumenti per un apprendimento non solo concettuale, ma valoriale e progettuale. L’efficace immagine utilizzata dall’esperto è stata quella dell’azione quotidiana di preparare un tè: l’infusione della bustina di tè nella tazza non aumenta la quantità di acqua (il carico di lavoro e l’impegno richiesto ad insegnanti e studenti), ma cambia profondamente la sostanza (i contenuti, gli apprendimenti). La scuola è stata considerata una comunità di apprendimento, dove ciascuno, studente e insegnante, può crescere condividendo risorse ed esperienze, messe in comune anche attraverso le nuove tecnologie. L’utilizzo delle ICT ha rivestito un ruolo centrale nel progetto, sia come strumento di insegnamento/intervento con gli alunni, sia come metodologia che permette lo scambio di informazioni tra docenti ed esperti, favorendo il vero e proprio lavoro in rete. In tal senso, oltre agli Istituti che ufficialmente hanno composto il partenariato, in ogni Paese coinvolto sono state contattate delle Scuole del primo ciclo, che hanno collaborato alle attività progettuali sia nella fase di costruzione della comunità di apprendimento tra insegnanti sia nella sperimentazione delle azioni orientative con gli alunni. Complessivamente, il progetto ha coinvolto più di 80 insegnanti provenienti da oltre 30 scuole primarie e secondarie di I grado, pubbliche e paritarie, nei 5 Paesi partner. Gli alunni coinvolti nella realizzazione delle azioni sperimentali sono stati oltre 1400, di età compresa tra i 5 ed i 12 anni. Per la regione Friuli Venezia Giulia, le scuole partner sono state individuate negli Istituti Comprensivi di Gemona del Friuli (UD), Maniago (PN), Manzano (UD), Palazzolo dello Stella (UD) e Trieste (IC “San Giovanni”). LE FASI PROGETTUALI Il progetto ha permesso, in una prima fase, di esaminare i modelli educativi presenti nei contesti nazionali dei partners e di condividere alcuni degli strumenti ICT da loro utilizzati, come elementi guida per intervenire nelle specifiche realtà e creare un processo di trasferibilità e scambio.3 Contemporaneamente, sono stati raccolti, attraverso focus groups territoriali, i bisogni formativi degli insegnanti che operano nelle scuole partner di progetto. È stata successivamente creata una piattaforma on-line di apprendimento cooperativo a disposizione degli insegnanti, per condividere materiali e strumenti ICT per l’orientamento nella prima fase del percorso scolastico. Partendo dal materiale raccolto nei focus group è stato elaborato un percorso formativo per insegnanti e responsabili scolastici, basato sul modello della ricerca azione partecipativa, per attivare processi di riflessione e cambiamento nelle pratiche di insegnamento. Il percorso formativo è culminato in un’azione di training partecipativo (denominata “Twinning training”), svoltasi a Siena e a Bucarest, in due sessioni parallele. All’interno del Twinning Training, gli insegnanti hanno elaborato i percorsi educativi di orientamento da sperimentare, nell’anno Fig. 1: Paws in Jobland, software interattivo per l’orientamento alle professioni per gli alunni della Primaria (www.cascaid.co.uk) 49 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE scolastico 2013-2014, all’interno delle Istituzioni scolastiche partecipanti. In particolare, per la progettazione delle azioni sperimentali, il gruppo delle insegnanti e degli operatori provenienti dalla Regione FVG ha scelto di fare riferimento alla definizione di Career Management Skills (CMS o competenze di gestione di carriera; vedi Tab. 1), fornita dagli esperti del Ministero dell’Educazione danese, intervenuti al Twinning Training. Secondo tale modello, le competenze orientative (o di sviluppo di carriera) fanno riferimento a tre grandi aree tematiche, una legata alla dimensione intrapersonale, una legata alla conoscenza delle opportunità lavorative ed alla capacità progettuale e l’ultima legata alla conoscenza delle carriere scolastiche e formative, in collegamento ad un progetto professionale. Un percorso di orientamento educativo può incentrarsi su una o più aree tematiche. L’assunto importante, segnalato dagli esperti danesi, è che tali aree tematiche possono essere proposte, con il dovuto adattamento in termini di contenuti e di metodologie didattiche, agli studenti di tutte le età, fin dal primo ciclo. IL MODELLO DANESE PER LA DEFINIZIONE DI PERCORSI EDUCATIVI INCENTRATI SULLE CAREER MANAGEMENT SKILLS – CMS4 I percorsi educativi e di orientamento per favorire negli studenti lo sviluppo delle CMS – Competenze di gestione della carriera – possono sviluppare contenuti riferiti alle seguenti tre aree di competenza: Tab. 1: Il Modello danese per la classificazione delle CMS – Career Management Skills l l l 50 La scelta personale: può prevedere percorsi di auto-conoscenza, di analisi e di consapevolezza di sé finalizzati a sviluppare la capacità di scelta personale, in termini di lettura ed individuazione dei propri sogni, interessi, desideri, delle proprie capacità relazionali e di auto-attivazione. La conoscenza del mondo del lavoro e delle professioni: può prevedere percorsi dedicati alla conoscenza di mestieri e professioni in specifici contesti geografici, sociali o temporali. Inoltre può condurre all’esplorazione di altre dimensioni del percorso di progettazione del proprio futuro, come la rilettura del proprio contesto affettivo (ad esempio: l’analisi del mestiere dei propri familiari) o la sfera dell’identità personale (l’individuazione delle proprie aspirazioni lavorative). La conoscenza dei percorsi educativi e formativi: può prevedere percorsi che, attraverso la presa di coscienza che ogni professione richiede un percorso di formazione, mirano a far intuire ai bambini la necessità e il valore dell’educazione scolastica e permanente, muovendosi nella direzione della prevenzione della dispersione scolastica. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 Alla fase progettuale sono seguite le fasi di realizzazione delle attività sperimentali con gli studenti nelle scuole partner. Le azioni si sono svolte nel corso dell’anno scolastico 2013-2014. I contributi delle insegnanti, di seguito riportati, danno un quadro dello svolgimento e dell’esito di tali attività. Il progetto si è concluso formalmente con una Conferenza internazionale svolta a Siena nel settembre 2014, ma le azioni di disseminazione successive sono ancora in corso. Gli strumenti e i modelli elaborati nel corso del progetto sono in fase di diffusione e sviluppo, anche attraverso un lavoro di traduzione nelle diverse lingue dei Paesi partner. Per diffondere i risultati del progetto è stato reso disponibile un sito web aperto a tutti, consultabile alla pagina http://www.wideningthefuture.eu, dove è scaricabile anche il manuale di contenuti dedicato agli insegnanti e agli operatori dell’orientamento scolastico. A livello regionale, le istituzioni scolastiche che hanno preso parte alle azioni pilota stanno dando seguito all’attività, anche attraverso l’organizzazione di nuove proposte progettuali da presentare sulle programmazioni della Commissione europea. La Regione Friuli Venezia Giulia, per il tramite del Servizio Istruzione, diritto allo studio, alta formazione e ricerca, sta provvedendo all’inserimento dei percorsi sperimentali nella banca dati “Idee e strumenti per orientare”, recentemente riedita in una versione online accessibile, così da rendere disponibili i materiali dell’esperienza a tutti i docenti del primo ciclo che fossero interessati a inserire nel curricolo i contenuti orientativi per l’intervento precoce. PERCORSI DI ORIENTAMENTO PRECOCE: AZIONI DECLINATE NEI CINQUE ANNI DELLA SCUOLA PRIMARIA a cura delle insegnanti dell’IC di Maniago I percorsi di orientamento precoce proposti dall’Istituto Comprensivo di Maniago sono stati incentrati sui presupposti di gradualità, trasversalità e riflessione metacognitiva individuale e di gruppo. Il primo passo è stato il coinvolgimento dell’Istituto che ha permesso: l’individuazione delle classi; la costituzione del gruppo di progetto coordinato dalla docente referente; la suddivisione del lavoro in un’ottica di progressione (dalla classe prima alla quinta; dalla “realtà classe” al mondo fuori dalla scuola) e trasversalità, con attività inserite nel lavoro disciplinare di italiano, storia, geografia, tecnologia, matematica e inglese. Si è passati, poi, alla progettazione di percorsi coerenti con il focus del progetto. Le attività individuate per le classi prime, seconde e terze miravano a rendere i bambini consapevoli dell’importanza delle regole soprattutto all’interno di una comunità. Le attività didattiche sono partite da un momento di riflessione sullo stare bene insieme e si sono poi sviluppate in percorsi condivisi su: individuazione di regole da rispettare all’interno della classe, formulazione di impegni, assunzione di incarichi utili allo star bene tutti. L’implementazione dell’attività è stata accompagnata da momenti di autovalutazione/riflessione, guidati dalle domande “Come ho svolto il mio incarico? Come mi sono sentito? Il mio compito era adatto a me, alle mie capacità? In cosa devo migliorare?” Per responsabilizzare i bambini è stata proposta la realizzazione di un quaderno, dove ogni alunno annotava la propria autovalutazione, prima utilizzando dei simboli, poi scrivendo le proprie riflessioni. 51 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE Fig. 2: Il “quaderno degli incarichi”, in cui i bambini riflettono sulla loro capacità di svolgere l’impegno assunto Fig. 3: Gli alunni della classe I impegnati nello svolgimento degli “ incarichi” che hanno scelto per contribuire allo stare bene a scuola di tutta la classe 52 La classe terza ha sviluppato invece un percorso sullo “Star bene insieme oltre la propria classe”, assumendosi l’impegno di mantenere il cortile pulito. Il percorso è iniziato con l’individuazione del problema, la sua denuncia e si è concretizzato con: proposta e scelta degli effettivi rimedi, organizzazione e realizzazione dell’intervento, creazione di un poster finalizzato al raggiungimento di uno stato di benessere comune. Le classi quinte coinvolte nelle attività si sono concentrate sul mondo del lavoro. Una classe scoprendo i lavori a scuola, i lavori dei propri genitori, i lavori oggetto dei loro desideri. L’altra ha esaminato un modello economi- co produttivo: la cooperativa per poi sperimentarlo, calato in un’attività di collaborazione con la Casa per anziani. La classe è diventata la cooperativa scolastica MOSDIPI con uno proprio statuto, una propria rendicontazione e figure professionali quali: presidente, vice presidente, consiglieri, tesoriere e un comitato di controllo costituito dalle figure adulte (preside, docenti). Tutte le attività sperimentate hanno utilizzato le discipline del curricolo come strumento per il raggiungimento di un risultato, ponendo un accento sempre più marcato sulla trasversalità dell’intervento di orientamento precoce. Tra i risultati ottenuti vanno collocati anche QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 quelli concreti che sono: Libretto degli incarichi, Gioco da pavimento “Uniti si vince” sulle figure professionali, l’utenza, gli altri attori del territorio che rendono possibile il funzionamento della scuola; poster per sensibilizzazione della comunità scuola al problema “cortile pulito”, cooperativa PERCORSI A CARATTERE INTERDISCIPLINARE a cura delle insegnanti dell’IC di Gemona del Friuli L’introduzione dell’autonomia scolastica ha dato inizio a una controversa fase di proliferazione di progetti, che si aggiungevano al curricolo e, attraverso una frenetica attività nelle classi, venivano resi visibili all’esterno: la qualità della scuola, infatti, era percepita come direttamente proporzionale alla quantità delle proposte. È apparso presto evidente come la frammentarietà di queste azioni le rendesse strategicamente poco utili. Ecco allora che da alcuni anni è iniziato un cammino di consapevolezza per la costruzione di un progetto curriculare unitario e ben finalizzato. Tra i primi passi più visibili e concreti di questo sforzo di coerenza c’è l’attenzione all’interdisciplinarietà. L’individuazione dei possibili collegamenti con le discipline e le progettualità in atto nella scuola è stata, quindi, uno dei criteri prioritari nella predisposizione del percorso sperimentale di orientamento proposto alle classi quarte all’interno del progetto “Widening the future”. Il quadro di riferimento, elaborato dal gruppo interregionale nei workshop organizzati all’interno del twinning training svolto a Siena, delineava con chiarezza gli ambiti di sviluppo delle competenze orientative: quello della persona, quello del mondo del lavoro, quello del percorso educativo. Queste tre aree sono state ricavate dal modello proposto dal Ministero dell’Educazione danese, partner del Progetto. Sulla base di questo quadro, individuati gli obiettivi pertinenti per le classi di intervento, si è proceduto ad esaminare, coi docenti di classe, i possibili contatti con le attività previste per l’anno in corso. Ne è risultata una proposta articolata in sei U.d.A 5., organizzate in sequenza logica ma non rigida, modificabile per cogliere occasioni di collegamento con gli argomenti disciplinari e con le opportunità offerte dal territorio. La proposta mirava a) all’unitarietà, coinvolgendo gli alunni in attività diverse ma sempre pertinenti, nel contesto di un lavoro percepito come coerente e mirato; b) all’effettivo concorso nella costruzione e nel rinforzo degli apprendimenti, applicando conoscenze e abilità disciplinari e transdisciplinari nei contesti del progetto; c) all’ottimizzazione di tempi e didattiche, utilizzando contenuti e attività del progetto per lavorare in ambito curriculare. A titolo di esempio, possiamo citare l’unità Mestieri in valigia che, legandosi a un’iniziativa di gemellaggio tra Comuni, ha confrontato i mestieri degli emigranti nel dopoguerra e di chi lavora all’estero oggi: le attività hanno coinvolto gli ambiti linguistico, storico e della cittadinanza, realizzandosi attraverso interviste, esame di documenti fotografici e incontri con testimoni diretti; il valore aggiunto è stata la collaborazione concreta tra territorio e scuola, che ha anche dato enfasi a “Widening the Future”. L’unità Orienteering dei mestieri, invece, si è collegata ad un altro progetto Comenius, basato sull’Orienteering, in corso nell’Istituto: gli alunni hanno esplorato il paese individuando le attività lavorative e segnandole sulla cartina muta, mettendo così in pratica e rinforzando le conoscenze e le abilità orientativo-spaziali apprese nelle attività di partenariato europeo. (Vedi Fig. 4) 53 ENZO COGNO a sinistra: Antinomie plastiche, 1967 di fianco e sotto: Antinomie plastiche, 1967 54 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 55 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE Fig. 4: Una delle griglie di attivazione utilizzata per il lavoro con le classi IV – Indagine sul mestiere dei genitori Fig. 5: Laboratorio di tessitura nell’ambito degli incontri con gli artigiani promosso da Confartigianato di Udine 56 Tra gli Incontri con gli artigiani, organizzati anche in collaborazione con Confartigianato, (vedi Fig. 5) la visita a una fucina amatoriale e i laboratori di ceramica e tessitura in classe, sono stati programmati e attuati con il preciso intento di integrare il percorso di storia, che trattava la nascita dell’artigianato nel Neolitico e poi le attività economiche delle prime grandi civiltà, con riferimento, appunto, alla lavorazione dei metalli, dell’argilla e delle fibre. Pur configurandosi come primo passo di un percorso più completo da articolare e proseguire negli anni successivi, l’esperienza realizzata ha conseguito gli obiettivi in termini di conoscenze e soprattutto di interesse per il mondo del lavoro, prima poco considerato dai bambini, tanto che anche i mestieri dei propri genitori risultavano spesso sconosciuti. Una riflessione a parte merita il tiepido coinvolgimento del Collegio Docenti, dovuto al sopravvivere, tra molti insegnanti, dell’idea di progetto come mera aggiunta (e talvolta aggravio) e non come declinazione del curricolo; chi ha partecipato direttamente all’esperienza, invece, l’ha apprezzata anche per la vivacità e le opportunità offerte proprio dall’interdisciplinarità delle azioni. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 L’UTILIZZO DELLE NUOVE TECNOLOGIE NEI PERCORSI DI ORIENTAMENTO PRECOCE a cura delle insegnanti dell’IC di Manzano e dell’IC “San Giovanni” di Trieste Perché utilizzare la tecnologia e i devices può aiutare i bambini e i ragazzi nel percorso di orientamento? Potremmo dire che lo facciamo, nelle nostre scuole, per diversi motivi. Il primo, il più ovvio, sta nell’accessibilità delle informazioni, ma a questo possiamo aggiungerne altri forse più motivanti e concreti. Se è vero che parte del percorso didattico svolto a scuola con i bambini di terza era orientato a capire i mestieri dei genitori e dei nonni, è pur vero che oggi le scelte immaginarie e sognate dei più piccoli, in materia di futuro, sono diverse anche solo da quelle dei loro compagni che oggi sono in terza media. Dopo una schiera di ballerine e parrucchiere, di poliziotti e militari che hanno popolato i sogni dei bambini di pochi anni fa, i bambini di oggi indicano mestieri nuovi riguardo ai quali hanno idee certe, ma spesso poco supportate se non da frammentarie informazioni. La cosa che ci ha maggiormente stupito in questo percorso didattico è stato rilevare come la differenza di genere si sia oggi decisamente assottigliata rispetto a quella presente anche solo cinque anni fa. Ecco allora che compaiono all’orizzonte piloti di elicottero, subacquei professionali, guardie ambientali e chirurghi che operano a distanza, indifferentemente scelti da bambine e bambini. Bisogna pertanto che la scuola supporti l’immaginario e riesca a calarlo nel concreto. Ecco allora il ricorso al web per avere informazioni esatte sulle professioni, non potendo certamente ricercare tali figure professionali fra parenti e amici. L’utilizzo delle nuove tecnologie nella scuola ha lo scopo principale di innovare la didattica. Le tecnologie da sole però non fanno niente. Dobbiamo insegnare ad usarle per favorire l’apprendimento e aiutare i ragazzi a vivere nella società dell’informazione. Nel mondo del lavoro di oggi si richiede che le persone siano autonome, che sappiano risolvere i problemi, che lavorino in team e che sappiano ricercare le giuste informazioni su internet. Nel nostro percorso abbiamo utilizzato fondamentalmente gli iPad con cui i bambini hanno registrato, fotografato, fatto ricerca e prodotto un loro e-book relativo all’argomento. Sicuramente con l’iPad il modo di fare scuola è cambiato: ci siamo avvicinanti di più a quella che viene definita la didattica per competenze. Gli alunni attivano da subito conoscenze e abilità in un contesto dotato di senso, in una situazione reale. L’essere attivi e protagonisti in prima persona nella ricerca del sapere e nella costruzione di un percorso, li rende maggiormente interessati e stimola l’ascolto. L’utilizzo dell’iPad, inoltre, è sicuramente efficace nei lavori di gruppo favorendo la cooperazione, poiché si condividono risorse e materiali. Migliora e rende più collaborativi i rapporti docente–alunno; sparisce il concetto tradizionale di trasmissione del sapere per lasciare spazio a una collaborazione in un ambiente rinnovato dove si progetta insieme per risolvere un problema o elaborare un prodotto finale. Oggi c’è la necessità di raccogliere informazioni, cercare e leggere biografie, capire dove, come e per quanto possiamo seguire gli studi per diventare ciò che abbiamo sognato essere da grandi. Ed è qui che, raccolte le informazioni, bisogna che la scuola sappia guidare i bambini nell’elaborazione individuale o in gruppo, stimolando la discussione e supportando il confronto in classe. L’autonomia degli studenti viene poi favorita preparandoli in maniera concre- 57 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE Fig. 6: Scheda riassuntiva della “Learning Unit” di costruzione di un e-book interattivo con l’utilizzo degli IPad in classe 58 ta a mettere in pratica le conoscenze acquisite. I ragazzi possono attingere risorse e informazioni che imparano a ricercare autonomamente, accessibili da qualsiasi posto e in qualunque momento. Possono anche usufruire di applicazioni sui propri dispositivi digitali mobili, sapendo decidere tra possibilità diverse di scelta. Una didattica con l’uso degli iPad, inoltre, promuove la consapevolezza della dignità delle diverse discipline che concorrono insieme nella formazione di una cultura autonoma e successivamente anche critica dello studente. L’iPad, che diventa sempre più uno strumento personale di apprendimento, suscita interesse e coinvolgimento emotivo oltre a ridurre i tempi di apprendimento. Gli approfondimenti, i dati raccolti ed elaborati, potranno essere riproposti sotto forma di slide show o video o e-Book Multi Touch da condividere in rete e in presenza con altri. Saranno questi validi materiali di riferimento per nuovi “sognatori di futuro” in cerca di notizie certe per realizzare le proprie ambizioni. Poi certamente domani, dopo aver sognato di essere un chirurgo esperto, le nostre bambine e i nostri bambini sogneranno anche di essere un pilota di elicottero, cambiando “rotta”, ma questo fa parte del gioco...”Facciamo finta che io ero...”. Ottima palestra per diventare, domani, una persona professionalmente e personalmente soddisfatta! PERCORSI PER ALUNNI CON BISOGNI SPECIALI a cura delle insegnanti dell’IC di Palazzolo dello Stella. L’esperienza svolta presso l’Istituto Comprensivo di Palazzolo dello Stella ha visto come protagonisti alcuni alunni segnalati ai sensi della L. 104/92. Ciò che ha reso significativo il percorso è stata la diversa modalità di realizzazione delle attività. Per un alunno, il perseguire il suo sogno di diventare camionista è stato il motore dell’apprendimento. Il conoscere tale mestiere ha fatto sì che alcuni contenuti (la produzione di testi scritti, gli algoritmi delle quattro operazioni, la geografia) venissero veicolati dalla motivazione a veder realizzato il proprio ideale lavorativo. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 Con un altro alunno, la scoperta del territorio, per conoscere le sue caratteristiche e le opportunità ed offerte non solo lavorative, è servita a creare uno scenario di integrazione sociale, utile sia per il bambino che per la famiglia. In questa situazione, il progetto educativo è stato impostato con un’attenzione alla prospettiva temporale, prevedendo azioni che proseguiranno nei prossimi anni scolastici. L’obiettivo che si cercherà di raggiungere negli anni sarà quello di offrire un supporto, sia a livello di relazione con le altre persone, sia in termini di un possibile inserimento sociale, anche di tipo lavorativo. Nei casi di alunni in situazione di disabilità più o meno grave, la didattica svolge un ruolo fondamentale soprattutto per quanto concerne il futuro, inteso come possibilità di integrazione all’interno della società. Ritengo che un’azione di tipo orientativo, che favorisca la conoscenza del territorio, delle offerte lavorative e soprattutto di quelle che sono le caratteristiche e predisposizioni degli alunni, sia l’arma vincente per un’integrazione sempre più efficace e significativa. RILETTURA DEL PROGETTO E PROSPETTIVA EUROPEA Il Consiglio dell’Unione europea, con la risoluzione del 2008 sul tema dell’orientamento, ha evidenziato la necessità di mettere a disposizione delle persone esperienze di orientamento a cui fare riferimento per tutto l’arco della vita. Si è sottolineato che lo sviluppo di competenze per gestire il processo di apprendimento, le carriere e la transizioni all’interno delle fasi di istruzione, formazione e lavoro e tra di esse, è un processo continuo che non si esaurisce con la giovinezza. La Rete europea per le Politiche dell’orientamento lungo l’arco della vita (ELGPN) ha identificato il costrutto di Competenze di sviluppo e gestione del progetto personale e professionale (la cosiddetta “carriera”, Career Management Skills, CMS) definendole quali competenze che aiutano gli individui ad identificare le proprie capacità e gli obiettivi di apprendimento necessari per incrementare la loro occupabilità Fig. 7: Scheda riassuntiva della “Learning Unit” relativa al percorso di scoperta del territorio, attività dedicata a un alunno con bisogni speciali 59 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE 60 e l’inclusione sociale. In alcuni Paesi europei, azioni orientative basate sul modello delle CMS sono già largamente diffuse. Il partenariato che ha realizzato il progetto Widening the future ha adottato il modello di CMS in uso in Danimarca, Paese in cui il Ministero dell’Educazione ha avviato un’importante riforma dell’istruzione obbligatoria, secondaria e post-secondaria, inserendo il concetto di sviluppo delle CMS in tutti gli ordini e gradi di scuole. La riforma si incentra sul concetto che, al termine di ogni grado scolastico, tutti gli alunni devono aver sviluppato competenze all’interno di tre aree: la scelta personale (conoscenza di sé), la conoscenza dei percorsi scolastici (dalla scuola al lavoro), gli aspetti della vita lavorativa (conoscenza del mondo produttivo, delle professioni e delle carriere). Nel modello danese, gli obiettivi macro da raggiungere entro ogni grado scolastico sono descritti e suddivisi in modo operativo, così da costituire una guida per gli insegnanti nel processo di preparazione delle attività didattiche e di apprendimento. Anche negli altri Paesi europei, l’orientamento professionale è riconosciuto come una componente essenziale dei sistemi di istruzione e di formazione moderni, utile per potenziare nelle generazioni più giovani l’acquisizione di competenze decisionali e di progettazione. Il progetto Widening the future ha permesso di realizzare azioni pilota di orientamento professionale nell’ambiente scolastico delle primarie, declinando le azioni solitamente rivolte a studenti più grandi in attività adatte all’età degli alunni. L’intervento orientativo precoce può essere efficace nella prevenzione dell’abbandono scolastico in quanto permette di individuare per tempo alcune situazioni di disaffezione alla scuola, legate spesso a fattori di contesto (familiare, sociale) e di intervenire per riparare l’immagine che i bambini si costruiscono della comunità scolastica, modificando i messaggi, percepiti come escludenti, in situazioni accoglienti ed inclusive. Le azioni di orientamento nella comunità scolastica, realizzate all’interno di Widening the future, sono state progettate intorno a due costrutti fondamentali: la dimensione relazionale tra ragazzi ed adulti e lo sviluppo negli alunni di capacità auto-riflessive. Attraverso la costruzione di relazioni con gli altri, gli studenti sviluppano la loro comprensione del mondo sociale ed attribuiscono significati alle esperienze che vivono, in un processo di costruzione dei loro valori e dell’identità personale, che poi costituiscono la guida delle azioni future. La spinta che la società occidentale del ventunesimo secolo esercita verso una estrema individualizzazione, spesso carica i giovani di un senso di QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 grande responsabilità individuale verso il proprio futuro, e talvolta il processo è gravoso e i ragazzi si sentono soli di fronte alle proprie scelte. Le figure più significative come i familiari, i pari, gli adulti incontrati nel contesto scolastico ed extrascolastico possono fungere da modelli positivi, quindi un intervento orientativo efficace non può prescindere dalla dimensione della relazione interpersonale. Nella società liquida di oggi, una competenza fondamentale è la capacità di riflessione. Durante il processo pedagogico, i bambini, per maturare la capacità di aprirsi alla realtà che li circonda e di leggere il contesto e le sue opportunità, devono sviluppare le competenze di auto riflessione e di messa in discussione di se stessi. Il lavoro di gruppo, basato sulla narrazione, l’esplorazione e la testimonianza può essere una metodologia proficua per sostenere e sviluppare nei bambini la curiosità verso modi diversi di pensare e di vivere, e per stimolare l’esplorazione di diversi tipi di competenze applicate in varie situazioni. Nel processo di progettazione del proprio futuro, i ragazzi sono chiamati ad esaminare e riesaminare frequentemente i propri passi e le decisioni prese. Il processo di orientamento è legato all’acquisizione di tali capacità di riflessione su di sé e l’insegnante o il consulente che svolge attività di orientamento a scuola può aiutare lo studente a pensare più profondamente a sé, a rielaborare le informazioni sull’ambiente, sul passato e sul futuro. Per fare questo, è indispensabile che l’adulto metta in atto tecniche di ascolto attivo e abbia la capacità di sviluppare consapevolezza e empatia. La relazione educativa, in cui l’adulto pone delle domande e aiuta il giovane a trovare le proprie risposte, è un potente strumento di apprendimento. Le azioni orientative di Widening the future sono risultate efficaci in quanto centrate sulla dimensione relazionale (tra i pari, con gli insegnanti) e finalizzate ad aiutare i ragazzi a sviluppare competenze decisionali e progettuali per il loro percorso formativo e lavorativo futuro. Il partenariato del progetto Widening the future ha svolto un’analisi preliminare dei bisogni emergenti nel settore dell’orientamento scolastico, espressi dagli insegnanti, pedagogisti e orientatori, nei contesti nazionali di ciascun paese coinvolto. L’analisi ha identificato le criticità, le risorse utili, le metodologie già in uso, le aspettative degli insegnanti coinvolti e le potenziali aree di intervento futuro. I risultati di questa prima fase hanno costituito le basi per l’individuazione di percorsi formativi di qualità per gli insegnanti, gli orientatori ed i consulenti scolastici, con la finalità di progettare un’azione di apprendimento basata sull’approccio cooperativo. L’azione formativa rivolta agli insegnanti/orientatori è stata utile per passare alla successiva fase, in cui gli stessi insegnanti e consulenti hanno progettato le “Unità di apprendimento” da realizzare poi all’interno delle azioni pilota con gli alunni delle scuole. Le azioni pilota sono risultate molto variegate, per rispondere alle esigenze dei diversi contesti (nazionali, regionali) e dei diversi attori coinvolti. Pur nella varietà, tutte le azioni pilota hanno avuto l’obiettivo comune di sviluppare, testare e valutare azioni di orientamento realizzate con gli alunni della scuola primaria e finalizzate a favorire, negli studenti più giovani, uno sviluppo precoce delle capacità di orientamento e di conoscenza delle professioni. Attraverso le Unità di apprendimento, si è cercato di aiutare gli studenti a riflettere sulle proprie caratteristiche personali, i punti di forza e l’immagine di sé. L’interdisciplinarietà ha contraddistinto alcuni percorsi, permettendo ai bambini di imparare nuovi termini e concetti legati al mondo del lavoro all’interno di discipline come la matematica, la storia e la lingua straniera. 61 ORIENTAMENTO SCUOLA E FORMAZIONE Le azioni pilota hanno introdotto gli studenti delle scuole primarie al concetto di mondo del lavoro e molte delle attività sono state volte ad incoraggiare gli studenti a esplorare le professioni, l’imprenditorialità, anche nel contesto geografico e sociale circostante. I giovani studenti sono stati portati a riflettere sulle professioni partendo dalle loro cerchie più strette (i familiari), per poi esplorare le comunità locali ed infine analizzare come il lavoro e le attività produttive influenzino la società ampia e gli stili di vita. Le azioni pilota del progetto Widening the future hanno coinvolto oltre 40 scuole nei cinque Paesi partner. Sono stati raggiunti oltre 1.300 studenti di età compresa tra i 5 ed i 13 anni, che hanno preso parte alle esperienze condotte da insegnanti, consulenti scolastici, tutor e professionisti dell’orientamento. Tutti gli attori coinvolti considerano questa attività progettuale come un’esperienza che, per la valenza educativa e preventiva che ha dimostrato, auspicabilmente potrà continuare nei prossimi anni scolastici. Ada Losco, Francesca Saffi, Maria Graziella Pellegrini, Ketty Segatti Servizio istruzione, diritto allo studio, alta formazione e ricerca Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Rita Brollo Istituto Comprensivo di Gemona del Friuli (Ud) Anna Maria Locatello, Cristina Simonella Istituto Comprensivo di Maniago (Pn) Antonella Brugnoli Istituto Comprensivo di Manzano (Ud) Giulia Filippo Istituto Comprensivo di Palazzolo dello Stella (Ud) Francesca Genuzio Istituto Comprensivo “S. Giovanni” di Trieste NOTE 1 Letteralmente “Ampliare il futuro”. 2 Il Progetto ha coinvolto un partenariato guidato dalla Provincia di Siena e composto, oltre che dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, dal Centro Studi Pluriversum di Siena come partner tecnico e da quattro Agenzie educative provenienti dal Regno Unito (CASCAID Ltd), dalla Danimarca (UCC University College Capital), dalla Romania (ISE Institutul de Ştiinţe ale Educaţiei) e dalla Spagna (DEP Istitut). 3 Esempi di strumenti ICT considerati sono l’applicativo “Paws in Jobland” edito da Cascaid in Regno Unito www.cascaid. co.uk, oppure la piattaforma QESTUDIO. COM in Spagna (http://www.educaweb. com/) 4 http://eng.uvm.dk/ - L’intervento durante il Twinning Training è stato presentato da Joergen Brock, Responsabile del Settore Orientamento del Ministro dell’Istruzione Danese e membro della Rete Europea per le Politiche dell’Orientamento (ELGPN). 5 Unità di Apprendimento, indicate nel 62 progetto anche con il termine inglese Learning Units. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 BIBLIOGRAFIA A.A. V.V., “Widening the future Improving guidance interventions at school. Handbook for teachers”, 2014, Manuale di resoconto del Progetto; scaricabile tramite registrazione alla pagina web http://www. wideningthefuture.eu/widening-thefuture-handbook Commissione Europea, Reducing early school leaving: Key messages and policy support. Final, Report of the Thematic Working Group on Early School Leaving, 2013. Visibile alla pagina web http://ec.europa. eu/education/policy/strategicframework/doc/esl-group-report_ en.pdf Consiglio dell’Unione Europea, Risoluzione n. 2008/C 319/02 “Council Resolution on better integrating lifelong guidance into lifelong learning strategies”, 2008. Visibile alla pagina web http://www.consilium. europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/ pressData/en/educ/104236.pdf European Lifelong Guidance Policy Network – Rete europea per le Politiche dell’orientamento lungo l’arco della vita (2012). “ELGPN Tool No. 1. Lifelong Guidance Policy Development: A European Resource Kit”. Scaricabile alla pagina web http://www.elgpn.eu/publications/ elgpn-tools-no1-resource-kit Martinez M., (Coord. Fòrum IDEA1 Universitat Autònoma de Barcelona) (2002). “Comunidades de aprendizaje. Participación, calidad y transformación social de la educación”. Educar n. 29, 2002. Sultana R. G., “Learning career management skills in Europe: a critical review”. Journal of Education and Work, Volume 25, Issue 2, 2012. 63 ENZO COGNO 64 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 a sinistra: Antinomie plastiche, 1974 di fianco e sotto: Antinomie plastiche, 1969 65 ORIENTAMENTO FORMAZIONE E LAVORO PERCHÈ LE GIOVANI NON SCELGONO PERCORSI DI STUDIO E DI LAVORO IN AMBITO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO? LE POSSIBILI OPPORTUNITÀ IN EUROPA P Per avvicinare le ragazze a percorsi professionali in ambito “S.T.E.M.” è necessario sviluppare “azioni oppositive” già dall’infanzia; contemporaneamente vanno promossi cambiamenti culturali al fine di rompere gli stereotipi ancora presenti nel mondo del lavoro 66 Chiara Cristini PREMESSA Il livello di istruzione della componente femminile in Italia e in Friuli Venezia Giulia è andata progressivamente aumentando a partire dagli Anni Settanta, con l’innalzamento dei titoli di studio: tra gli iscritti all’università prevalgono le donne e le performance ottenute dalle ragazze negli studi superano quelle dei coetanei (Istat, 2014). Tuttavia, nonostante l’evoluzione in atto, sono ancora più gli uomini che le donne presenti in quei percorsi di studio che portano a percorsi professionali in ambito “STEM”1, mentre le donne sono sovrarappresentate nei percorsi umanistici e nelle scienze mediche. Le professioni nel campo dell’ingegneria e dell’informatica attraggono ancora relativamente poche donne, e non solo in Italia. Mediamente, infatti, nei Paesi OCSE, si aspettano di lavorare nei campi dell’ingegneria a dell’informatica meno del 5% delle femmine quindicenni, a fronte di un 18% rilevato tra i coetanei maschi (PisaOcse, 2013). Questa scarsa presenza femminile negli ambiti scientifico-tecnologici non può essere sottovalutato, poiché contribuisce in modo significativo al permanere dei differenziali di genere presenti nel mercato del lavoro e nelle prospettive di occupabilità e crescita professionale. Nei prossimi anni infatti saranno proprio i settori connessi alla ricerca, innovazione e alla tecnologia quelli che offriranno maggiori opportunità e le priorità europee per una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile stanno facendo luce su questo marcato differenziale di genere, che rischia di lasciare indietro proprio la componente femminile. Sarà dunque sempre più strategico per i Paesi riuscire ad avvicinare più ragazze agli ambiti di studio scientifico-tecnologici, ma si tratta di un percorso che richiede di agire in profondità, rimuovendo ostacoli culturali e stereotipi tanto diffusi quanto resistenti. TITOLI DI STUDIO E OPPORTUNITÀ OCCUPAZIONALI: DIFFERENZE DI GENERE Maschi e femmine presentano opportunità di accesso e permanenza nel mercato del lavoro meno distanti rispetto al passato, tuttavia il differenziale di genere rimane elevato, nonostante il progressivo aumento dei livelli di istruzione femminili verificatosi nei recenti decenni. Con riferimento specifico al Friuli Venezia Giulia, l’investimento nel- QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 lo studio rappresenta una scelta con effetti positivi, anche in questa fase recessiva, e infatti i tassi di occupazione delle persone con titoli medio-alti si confermano i più elevati. Nel caso della componente femminile, oltretutto, si osserva una trasformazione particolarmente importante: Maschi licenza elem., nessun tit. licenza media Diploma laurea e post-laurea Totale Femmine licenza elem., nessun tit. licenza media Diploma laurea e post-laurea Totale Totale licenza elem., nessun tit. licenza media Diploma laurea e post-laurea Totale Gender gap licenza elem., nessun tit. licenza media Diploma laurea e post-laurea Totale se infatti nel 2007 il tasso di occupazione delle diplomate era ancora superiore rispetto a quello delle laureate, nel 2013 il quadro si inverte e le laureate presentano i tassi di occupazione più elevati rispetto alle donne con titoli di istruzione inferiori. 2007 2010 2013 46,2 68,9 83,4 82,4 75,2 41,9 63,1 79,4 82,0 71,5 49,3 60,9 76,3 84,6 70,7 3,1 -8,0 -7,1 2,2 -4,5 7,4 -2,2 -3,1 2,6 -0,8 14,4 45,3 69,5 72,9 55,7 14,6 42,4 67,1 76,3 55,5 23,8 40,2 62,8 74,2 55,2 9,4 -5,1 -6,7 1,3 -0,5 9,2 -2,2 -4,3 -2,1 -0,3 28,2 57,3 76,9 77,2 65,5 25,8 53,2 73,5 78,7 63,6 35,5 51,0 69,7 78,9 63,0 7,3 -6,3 -7,2 1,7 -2,5 9,7 -2,2 -3,8 0,2 -0,6 31,8 23,6 13,9 9,5 19,5 27,3 20,7 12,3 5,7 15,9 25,5 20,7 13,5 10,4 15,5 -6,3 -2,9 -0,4 0,9 -4,0 -1,8 0,0 1,2 4,7 -0,4 Se, dunque, il gender gap diminuisce progressivamente all’aumentare del titolo di studio, tuttavia è importante ricordare come tale differenziale rimanga su un valore superiore ai 10 punti, indicando che a parità di titolo e investimento le opportunità occupazionali dei laureati rimangono diverse, mettendo in luce il permanere di alcune problematiche “strutturali”, che la congiuntura economica attuale ha ulteriormente evidenziato. Var.07-13 Tra i motivi che possono intervenire nel mantenere così ampio il divario di genere anche tra i tassi di occupazione dei laureati, possono essere compresi quei fattori culturali che portano maschi e femmine a intraprendere percorsi scolastici e universitari differenti e ancora connotati da scelte gender oriented, con ancora poche ragazze che si orientano verso indirizzi di studio STEM. Percorsi che non solo risultano maggiormente rispondenti alla domanda di lavoro, Var.10-13 Tab. 1: Tassi di occupazione per titolo di studio, in Friuli Venezia Giulia. Confronto per genere e gender gap negli anni 2007-13. V.% (Fonte: elaborazione su dati Istat, RCFL) 67 ORIENTAMENTO FORMAZIONE E LAVORO ma possono offrire, nel lungo periodo, maggiori opportunità di crescita professionale e retributiva (Bianco, Lotti e Zizza, 2013). Con riferimento all’incidenza femminile per tipologia di indirizzo nelle scuole superiori del Friuli Venezia Giulia, si può osservare come la presenza femminile rimanga sensibilmente minoritaria negli istituti professionali a indirizzo industria e artigianato (le ragazze rappresentano poco più di un quarto degli iscritti) e negli istituti tecnico-industriali (la componente femmi- nile, pur in aumento, rappresenta solo il 10,5% nel 2013) con valori minimi in particolare negli indirizzi di informatica ed elettronica. Viceversa, continuano a rappresentare la maggioranza nei licei (e in particolare al classico e linguistico), nelle ex magistrali, nei percorsi commerciali e artistici. Non stupisce quindi che anche i percorsi ITS a indirizzo meccanico o ICT, avviati in Friuli Venezia Giulia, pur offrendo importanti opportunità di inserimento occupazionale, non riescano ad attrarre potenziali risorse femminili. 2009 2013 var. 09-13 Ist. profess. industria e artigianato 25,6 25,5 0,0 Ist. profess. serv. commerciali 67,0 60,6 -6,4 Altri istituti professionali 10,2 26,9 16,7 Istituto tecnico industriale 8,2 10,5 2,3 Istituto tecnico commerciale 59,5 57,2 -2,3 Istituto tecnico per geometri 22,9 25,0 2,1 Altri istituti tecnici 41,8 46,0 4,2 Lic. socio-psico-pedag., comunic., sc. soc. (ex magistrali) 81,0 79,0 -2,1 Liceo scientifico 53,0 51,6 -1,4 Liceo classico 70,2 71,6 1,4 Liceo linguistico 62,6 68,0 5,4 Ist. d’arte 70,1 72,1 1,9 Totale 49,0 48,5 -0,5 Tab. 2: incidenza femminile nelle iscrizioni delle scuole superiori per tipologia di indirizzo, in Friuli Venezia Giulia. Confronto tra gli anni 2009-13. V.% (Fonte: elaborazione su dati I-stat) 68 Un’ulteriore conferma di questa concentrazione di genere nei percorsi di studi si osserva considerando le immatricolazioni ai due atenei del Friuli Venezia Giulia. Emerge così la sotto-rappresentazione femminile nel gruppo di ingegneria (l’incidenza femminile passa dal 17,3% del 2008 al 16,0% del 2012), e in particolare negli indirizzi connessi alla meccanica, elettronica, informatica, elettrotecnica. Si confermano invece facoltà a marcata concentrazione femminile, i corsi di laurea del gruppo insegnamento (con un’incidenza del 95,8%, oltretutto in aumento dal 2008), del gruppo linguistico (con un peso della componente femminile pari all’83,5%) e psicologico, in cui tre quarti delle immatricolazioni sono femminili. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 2008 2012 var.08-12 gruppo scientifico 26,7 36,4 9,6 gruppo chimico-farmaceutico 55,6 63,0 7,4 gruppo geo-biologico 56,1 57,1 1,0 gruppo medico 45,7 56,5 10,8 gruppo ingegneria 17,3 16,0 -1,3 gruppo architettura 47,5 37,5 -10,0 gruppo agrario 50,0 69,2 19,2 gruppo economico-statistico 46,0 51,7 5,7 gruppo politico-sociale 55,7 58,8 3,0 gruppo giuridico 62,6 65,8 3,2 gruppo letterario 68,4 70,2 1,8 gruppo linguistico 86,7 83,5 -3,2 gruppo insegnamento 94,1 95,8 1,8 gruppo psicologico 77,8 75,0 -2,8 Totale 65,8 75,1 9,3 Un ulteriore set di informazioni riguardanti la sotto-rappresentazione femminile tra i laureati in materie tecnico-scientifiche si ricava rapportando i laureati in queste discipline su 1000 residenti: questo gruppo di laureati pesa per il 21,2 per mille tra i maschi, con un incremento di 13,2 punti dal 2001 (valori che si dimostrano maggiori rispetto ai valori riferiti al Nord-Est, sia a quelli italiani). Tra le femmine, nonostante l’incremento significativo tra 2001 e 2011 in regione (+6,6 p.p.), la quota di laureate in ambito tecnico-scientifico si ferma a 10,5 per mille, praticamente la metà di quanto osservato tra i maschi. Il dato regionale femminile si pone tuttavia di 2 decimi al di sopra della media nazionale. Tab. 3: Incidenza femminile nelle iscrizioni effettuate nelle università di Udine e Trieste, per tipologia di indirizzo. Confronto tra gli anni 2008-13. V.% Fonte: elaborazione su dati Istat 2001 2006 2011 var. 2001-11 var. 2006-11 FVG 8,0 24,8 21,2 13,2 -3,6 N-Est 9,3 18,9 18,6 9,3 -0,3 Italia 7,8 15,3 15,5 7,7 0,1 FVG 3,9 9,9 10,5 6,6 0,6 N-Est 4,8 9,7 10,7 5,8 1,0 Italia 4,5 9,0 10,3 5,8 1,4 FVG 6,0 17,7 15,9 9,9 -1,8 N-Est 7,1 14,4 14,6 7,5 0,3 Italia 6,2 12,2 12,9 6,8 0,7 Maschi Femmine Totale Tab. 4: Laureati in discipline tecnico-scientifiche per sesso e regione, confronto tra gli anni 2000 e 2010 (per 1.000 residenti in età 20-29 anni). V.%. (Fonte: elaborazione su dati Miur e Istat, Noi Italia 2014) 69 ORIENTAMENTO FORMAZIONE E LAVORO IN UNA EUROPA “INTELLIGENTE, SOSTENIBILE, INCLUSIVA”, QUALE SPAZIO PER LE GIOVANI DONNE? Questa scarsa presenza femminile nei percorsi STEM non potrà più essere sottovalutata, ma dovrà essere posta al centro delle agende degli Stati alla luce degli obiettivi di crescita esplicitati dalla strategia Europa 2020, che punta a rilanciare l’economia dell’UE nel prossimo decennio secondo tre priorità di crescita: intelligente (sviluppando un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione); sostenibile (promuovendo un’economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva) e inclusiva (promuovendo un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale). Inoltre, la Commissione europea ha proposto cinque obiettivi principali come rappresentativi di queste priorità2: l l l l l 70 il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro; il 3% del PIL dell’UE deve essere investito in R&S; i traguardi “20/20/20” in materia di clima/energia devono essere raggiunti; il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani deve essere laureato; 20 milioni di persone in meno devono essere a rischio di povertà. Se la crescita deve essere inclusiva della componente femminile secondo i principi di pari opportunità e in base al principio di gender mainstreaming, il loro conseguimento richiede da un lato l’aumento del numero di laureati, ma dall’altro la riduzione del gender gap nel campo della scienza, della tecnologia e della ricerca. Che la strada sia in salita è del resto evidenziato dagli studi condotti a livello europeo, dai quali emergono gli ambiti su cui sia più urgente intervenire. Con riferimento specifico all’ICT, uno studio condotto a livello europeo (DG Connect, 2013), ha mappato la partecipazione delle donne nel settore delle ICT, rimandando una fotografia da cui emerge che appena il 2,9% delle femmine ha una laurea in ambito informatico, a fronte di un dato pari al 9,5% rilevato tra i maschi. Inoltre, solo un marginale 0,4% delle femmine con laurea ICT finirà per lavorare nel settore. La quota di donne impiegate nel settore delle ICT è inoltre significativamente inferiore a quella degli uomini: solo il 30 % di tutti i lavoratori nelle ICT in Europa (circa 7 milioni di persone) sono femmine e solo il 19,2 % di loro hanno capi donne rispetto al 45,2 % di lavoratori in altri settori. LA MATEMATICA (NON) È DI GENERE FEMMINILE Com’è noto, i motivi di questa scarsa presenza femminile nei percorsi STEM sono molteplici, ma un ruolo importante è dato anche dal rapporto delle ragazze con la matematica, una delle competenze di base necessarie per decidere se affrontare o meno un percorso in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico o matematico. Da questo punto di vista, particolarmente interessanti sono i dati presenti nei rapporti di valutazione sulle diverse performance di maschi e femmine in matematica (Ocse-Pisa 2012; Invalsi 2013/14). Un primo quadro si ricava dall’indagine internazionale di rilevazione degli QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 apprendimenti Ocse-Pisa del 2012, che evidenzia come a quindici anni l’eccellenza in matematica è maschile. In particolare in Italia la media in matematica dei ragazzi italiani (pari a 494) è statisticamente superiore a quella delle ragazze (pari a 476) di 18 punti (la media Ocse è tarata sui 500 punti)3. La migliore performance maschile, in realtà, è un dato non solo italiano: il gap a favore dei ragazzi sembra confermato, in generale, in tutti i paesi coinvolti nell’indagine, ad eccezione di Svezia, Finlandia e Islanda, Paesi in cui le differenze sono invertite o non significative. Particolarmente interessante è osservare il fatto che il Friuli Venezia Giulia rientra nel gruppo di regioni con migliori punteggi (insieme con Lombardia, Piemonte, Veneto, e Bolzano), ma proprio in queste aree il gender gap si amplia ulteriormente, superando i 20 punti. Anche il rapporto Invalsi 2013/2014 conferma questo gender gap in matematica: se infatti rispetto al punteggio medio conseguito in seconda superiore, sulla scala fissata a un punteggio pari a 200, i maschi raggiungono i 203 punti, le femmine si fermano a 196 punti: al di sotto del valore medio e a.7 punti dal valore dei coetanei. Un gap che si allarga parallelamente al crescere dell’età. Secondo il rapporto Invalsi, la differenza è più contenuta prima dei 12 anni (5-6 punti). È evidente che, partendo da queste premesse, sarà difficile spingere le giovani a intraprendere “percorsi STEM”, ma d’altra parte appare urgente e importante intervenire individuando le cause di questo divario e le possibili soluzioni da mettere in campo, considerato che gli effetti avranno un impatto su tutto l’arco della vita. Lo stereotipo delle “ragazze meno portate” per la matematica può avere un impatto negativo su fattori quali: maggiore ansia per la matematica, minore auto consapevolezza e fiducia nelle proprie capacità, inoltre tali performance spingeranno le femmine a verso indirizzi di studio in cui la matematica è meno presente, scelta spesso supportata dalle famiglie e, si può ipotizzare, anche dagli insegnanti. È POSSIBILE SUPERARE GLI STEREOTIPI? Per rendere anche le ragazze protagoniste della crescita intelligente e dello sviluppo e innovazione cui tende l’Europa, è necessario dunque riconoscere le diversità di genere nell’approccio alle materie scientifiche e coinvolgere nel cambiamento i molteplici fattori e attori che intervengono a determinare le scelte scolastiche e universitarie di ragazze e dei ragazzi. Si possono tuttavia riconoscere due livelli su cui agire: - “a monte”, ovvero nella fase in cui si va costruendo l’identità di genere, e dunque un ruolo chiave è svolto dal contesto familiare, dalla scuola e dal sistema di orientamento. - “a valle”, ovvero nel mercato del lavoro, e in tal caso particolarmente importante è agire per un cambiamento culturale tra imprese, agenzie formative e parti sociali, che possono contribuire a rompere certi stereotipi presenti nel mondo del lavoro. Se, dunque, si ritiene fondamentale che anche le ragazze possano contribuire a costruire una società intelligente, sostenibile ed inclusiva, appare quanto mai strategico e urgente intervenire con iniziative in grado di agire nel mediolungo periodo, al fine di riequilibrare la presenza di genere nei percorsi di studio “STEM”, agendo parallelamente sia “a monte”, sia “a valle”. Uno degli stereotipi su cui agire è sicuramente quello secondo cui le donne sono meno “adatte” a seguire percorsi e carriere tecnico-tecnologiche e scienti- 71 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 a sinistra: Antinomie plastiche, 1965 di fianco e sotto: Antinomie plastiche, 1965 73 ORIENTAMENTO FORMAZIONE E LAVORO fiche, e meno brave nelle materie scientifiche, valorizzando maggiormente anche le dimensioni “creative” e “relazionali” connesse ai lavori tecnico-scientifici (problem solving, lavoro di gruppo…). Inoltre, può essere fondamentale agire efficacemente “a monte”, sin dall’infanzia, abituando i più piccoli (i loro genitori e il corpo docente) a immaginare l’ingegnere, ma anche l’ingegnera4, attraverso la veicolazione di immagini, ma anche testimonianze, favorendo un uso del linguaggio che utilizzi la declinazione di genere delle professioni e dedicando maggiore spazio alla conoscenza di esempi storici rimasti sinora “invisibili”, come può essere il caso di Eva Lovelace, il primo programmatore di computer della storia. Tra le “azioni positive” che sono state e possono essere intraprese, vi sono borse di studio, “quote riservate” per incentivare la presenza femminile in percorsi post diploma e post laurea, in alcune iniziative di poli e centri tecnologici. In questa direzione, va tuttavia evidenziato positivamente il fatto che negli ultimi anni si stanno moltiplicando anche in Italia (e in regione) sperimentazioni e progetti, che cercano di coinvolgere diversi target: dai bambini in età scolare, adolescenti e giovani che stanno per iscriversi all’università. In questi progetti, si sperimentano la- boratori di programmazione,5 si parla con testimoni “al femminile” di startupper, manager, ingegnere, scienziate che hanno intrapreso percorsi STEM, si cerca di ripensare il linguaggio e utilizzare immagini in grado di attrarre anche ragazze verso percorsi percepiti come “male dominated”. Un ruolo importante tuttavia può essere svolto anche dagli enti di formazione che possono favorire un avvicinamento delle donne adulte verso percorsi tecnici e tecnologici cui tendenzialmente si iscrivono prevalentemente uomini e supportare altresì l’inserimento in azienda attraverso gli strumenti di stage e tirocinio, favorendo così il superamento degli stereotipi e dei vincoli che incidono sia sul lato dell’offerta, sia della domanda di lavoro. Tali interventi tuttavia non devono rimanere isolati, ma dovrebbero trovare supporto a livello istituzionale per trasformarsi in interventi di sistema la cui efficacia possa durare nel tempo e coinvolgere tutti i “livelli” e i soggetti operanti nel mondo dell’istruzione, dell’orientamento, della formazione e del lavoro. Chiara Cristini Referente per le pari opportunità IRES FVG Consigliera di parità Provincia di Pordenone NOTE 1 Acronimo inglese per: scienze, tecnologia, ingegneria, matematica. 2 Europa 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile, inclusiva. Commissione Europea, Comunicazione della Commissione 3.3.2010, pag. 18 3 http://www.invalsi.it/invalsi/ri/pisa2012/ 74 rappnaz/Rapporto_NAZIONALE_OCSE_PISA2012.pdf 4 Una buona prassi realizzata con il cofinanziamento della regione Friuli Venezia Giulia è “Il gioco del rispetto”, rivolto ai bambini delle scuole materne ed elementari, cfr.: http://giocodelrispetto.org/ 5 Tra i vari esempi, si cita: www.coderdojofvg.it, una “palestra di programmazione” per bambini in età scolare. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Almalaurea, Condizione occupazionale dei laureati. XVI indagine 2013, http://www. almalaurea.it/sites/almalaurea.it/ files/docs/universita/occupazione/ occupazione12/almalaurea_ indagine2013.pdf, 2014. Baumgartner E., Catarci T., Daraio C., D Orazio A., Lamedica R., Salinetti G., Simonazzi A., Diventare ingegnere, un gioco da ragazze, InGenere.it, 11/02, 2015. 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Questa condizione è riconosciuta nel DSM 5 come un “Disturbo non correlato a sostanze” la cui caratteristica essenziale è un comportamento disadattivo legato al gioco d’azzardo, persistente o ricorrente, che sconvolge attività familiari, personali e/o professionali. L’esordio del disturbo da GA può verificarsi durante l’adolescenza o la prima età adulta; generalmente si sviluppa nel corso degli anni e la maggior parte degli individui evidenzia un pattern di gioco che gradualmente aumenta sia in frequenza che in quantità di scommesse. La somma di denaro investita nelle singole giocate non è di per sé indicativa del disturbo da GA. I pattern di gioco possono essere regolari o episodici e il disturbo può essere persistente o in remissione; inoltre può aumentare durante periodi di stress con fasi di forte gioco e gravi problemi, alternati a intervalli di totale astinenza oppure di gioco non problematico. Come sottolineano Slutske et al. (2014), non esiste una sola situazione di partenza che deterministicamente definisce l’evolversi del DGA ma questo è la risultante di numerose componenti che si intersecano durante l’intero arco di vita (es.: i meccanismi del gioco tra pari, il marketing pubblicitario del gioco d’azzardo, la vicinanza ai luoghi di gioco) ed interagiscono con i fattori genetici e neuropsicologici, anticipando l’età di iniziazione al gioco. NON COSTA NULLA METTERSI IN GIOCO: PROGETTO DI PREVENZIONE AL GAMBLING PER GLI ALUNNI DELLA QUINTA CLASSE DELLA SCUOLA PRIMARIA Sulla base di quanto emerso dallo studio della letteratura va sottolineato che il GA di per sé è fonte di legittimo piacere e quindi non può essere vietato o proibito tout court. Tuttavia, nel momento in cui emergono outcomes QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 negativi sulla salute è necessario prendere in seria considerazione l’esigenza di introdurre forme di regolamentazione e di tutela dell’integrità sociale più stringenti. Per questo motivo nel panorama nazionale è stato emanato nel 2012 il “Decreto Balduzzi” n. 189, istituito l’Osservatorio Nazionale e creato il progetto GAP; parallelamente, in regione Friuli Venezia Giulia è stato emanato il Piano Regionale per le Dipendenze per gli anni 2012-15, e la L.R. n. 1 del 14 Febbraio 2014 con le diposizioni per la prevenzione, il trattamento e il contrasto alla dipendenza da gioco d’azzardo; con la D.D.C. n. 584 è stato istituito il tavolo tecnico regionale sul Gioco D’Azzardo Patologico; infine, la delibera della Giunta regionale 5 dicembre 2014, n. 2332 ha introdotto importanti innovazioni determinando, ad esempio, la distanza dai luoghi sensibili per la nuova collocazione di apparecchi elettronici per il gioco. È inoltre importante ricordare che i programmi di prevenzione selettiva della dipendenza da gioco d’azzardo tra i giovani sono stati realizzati in modo disomogeneo e che spesso hanno cercato di sensibilizzare essenzialmente la popolazione di studenti dell’ultimo anno della scuola media inferiore e della scuola superiore mentre sarebbe utile iniziare l’educazione su questo tema fin dalla scuola primaria. Per mettere in atto una prevenzione efficace sul fenomeno del gioco d’azzardo è necessario coinvolgere tutti i sistemi in cui l’individuo cresce e si sviluppa (Bronfenbrenner, 1986): la scuola quindi, ad iniziare da quella primaria, diviene il luogo privilegiato per effettuarla e per stimolare riflessioni a livello personale, familiare ed istituzionale A questo proposito risulta interessante esporre l’esperienza-progetto per la prevenzione al gioco d’azzardo attivata presso cinque classi quinte di una scuola primaria della provincia di Reggio Emilia (per un totale di 123 alunni), pensata per un intervento “multi-level respon- ses”, sulla base dalle premesse teoriche sopra esposte. A livello generale il progetto “Non costa nulla mettersi in gioco”, inserito all’interno del curricolo atto a promuovere la salute e la prevenzione del disagio, è nato con lo scopo di valorizzare le potenzialità formative e preventive di tutti gli ambiti disciplinari, in funzione della promozione dei bisogni/valori dell’identità personale, della solidarietà e della prevenzione delle varie forme di malattia e dipendenza. Il progetto si è sviluppato nel corso dell’intero anno scolastico ed è stato strutturato in 10 Unità Didattiche (U.D.), intese come “tracce di lavoro” flessibili ed adattabili alla situazione della classe. Partendo dall’analisi delle funzioni del gioco (esplorativa, costruttiva, comunicativo-relazionale e creativa), attraverso una programmazione per competenze sono state sviluppate le aree che riguardano il rapporto tra gioco e comunicazione (anche quelle dei media e quella del Web), quello tra gioco e la salute e quello tra gioco e rischio (dipendenza e conseguenze per la salute); una parte delle attività ha visto il contributo scientifico di uno psicologo. Il quadro di riferimento teorico rispetto alla relazione si è ispirato a quello della psicologia umanistica di Carl Rogers e di Gordon, e rispetto alla comunicazione a quanto proposto dal gruppo di Watzlawick e Beavin. I percorsi didattici attivati hanno utilizzato diverse metodologie: lezioni fontali, l’orientamento cooperativo del Learning Together (Johnson, Johnson, 1996), l’utilizzo della didattica laboratoriale (teatro dei burattini e teatro delle ombre). “Non costa nulla mettersi in gioco” si è sviluppato secondo le seguenti fasi: l Il primo passo ha visto la presentazione del progetto da parte degli insegnanti e dello psicologo ai genitori degli alunni delle classi interessati; dagli alunni, prima di presentare a grandi linee lo scopo del 79 SPAZIO APERTO progetto, tramite un questionario sono stati raccolti dati circa le loro conoscenze “ingenue” sui giochi che investono l’utilizzo di denaro. I risultati hanno dimostrato che la quasi totalità dei soggetti conosce l’esistenza dei giochi in cui si usa il danaro e sanno fornire semplici descrizioni di molti di essi. Il 10% nomina il Lotto, il 35% le “macchinette sputa soldi dei bar” (Marco), il 55% i Gratta e Vinci (Eleonora: mia nonna ogni giorno spende cinque euro e non vince niente), il 23% i giochi che “ti chiedono soldi quanto vedi un film al computer”. l l l 80 La fase denominata “G come gioco” ha messo in primo piano la dimensione ludico-ricreativa e le motivazioni legate alla naturale propensione al gioco, nella prospettiva di pensare e vivere il gioco come qualità diffusa dell’esperienza umana. “Gioco con me e gioco con te”, evidenziando la dimensione universale del ludico in un’ottica di integrazione, ha consentito di poter lavorare sulle dimensioni dell’intercultura, sulle diverse abilità dei bambini e sulle modalità di accedere all’altro e al gruppo dei pari e alle regole. Questa fase ha portato i bambini a confrontarsi con gli altri, a cercarli come compagni di gioco in uno sforzo di educazione alla socializzazione, ad utilizzare il linguaggio per indurli a comprendere messaggi gradualmente più complessi, a promuovere la comunicazione, mirata alla cooperazione, all’aiuto ed al rispetto del lavoro degli altri, e a differenziare i compiti dei membri del gruppo sviluppando un reciproco appor to ed uno spirito di solidarietà. “Gioco con il corpo” (in collaborazione con la Polisportiva del ter- ritorio) ha promosso l’importanza della salute fisica e psicologica dei bambini. Gli alunni hanno partecipato a eventi ludici e spor tivi rispettando le regole e tenendo comportamenti improntati a fairplay, lealtà e correttezza, e hanno rappresentato drammatizzazioni attraverso il movimento e l’uso dei laboratori teatrali. l l l “Gioco e mi faccio giocare” ha cercato di sviluppare la consapevolezza della propria identità comunicativa nella modalità verbale e non verbale, ad imparare a gestire le emozioni, la comprensione dei diversi modi di pensare che possono agevolare o ostacolare l’avvicinamento al gioco. Gli alunni hanno assistito alla proiezione del film Jumanji. La fase “Game over?” ha creato le basi per iniziare una riflessione sugli atteggiamenti e le cognizioni relativi all’attività di gioco che costituiscono importanti fattori di rischio o protettivi per lo sviluppo di comportamenti, e sulle conseguenze del gioco d’azzardo e strategie di prevenzione e cura presenti sul territorio. Grazie alla presenza di testimoni privilegiati provenienti dalle associazioni di auto-aiuto sul gioco d’azzardo è stato possibile concretizzare l’esperienza di gioco e le sue ripercussioni attraverso le parole di chi ne ha diretta esperienza. L’ultima fase è stata quella di valutazione dell’intervento attraverso un questionario di gradimento, una prova a scelta multipla (erano state eseguite valutazioni in itinere) per misurare l’acquisizione delle competenze raggiunte e dei concetti scientifici chiave e la riproposizione del questionario iniziale. Le risposte del questionario sono state QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 raggruppate in categorie; a titolo esemplificativo nella fig.1 si riportano le percentuali solo di alcune risposte fornite alla somministrazione iniziale e a quella finale dello strumento. Tiziana Magro Fig. 1: I giochi per denaro Psicologa, Psicoterapeuta, Docente Master II livello Università di Padova e La Sapienza di Roma Valeria Franco Psicologa l Al termine dei lavori (fase: Famiglie in gioco) è stato organizzato un incontro alla presenza degli alunni e dei genitori per la restituzione dei dati raccolti e dei successivi sviluppi, anche attraverso giochi che vedevano la partecipazione degli adulti. Marco Zanoli Psicologo psicoterapeuta Aurelio Oddo Psicologo 81 SPAZIO APERTO BIBLIOGRAFIA Bastiani L., Gori M., Colasante E., Siciliano V., Capitanucci D., Jarre P., Molinaro S., Complex factors and behaviors in the gambling population of Italy. Journal of Gambling Studies, 29 (1), 1-13, 2013. Black D., Monahan P., Temkit M., Shaw M., A family history of pathological gambling. Psychiatry Research, 141, 295-303, 2006. Bronfenbrenner U., Ecologia dello sviluppo umano, Il Mulino, Bologna, 2002. 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Sono cinque le funzioni dell’orientamento illustrate nel documento nazionale e tra queste, tre sono particolarmente rispondenti ai contenuti che andiamo a presentare in questo articolo. “La funzione Educativa si riferisce a quelle attività di sostegno allo sviluppo di risorse, competenze e condizioni favorevoli al processo di auto-orientamento della persona. Questa funzione assolve al compito di favorire nell’individuo la maturazione di un atteggiamento e comportamento proattivo per lo sviluppo delle capacità di gestione autonoma e consapevole del proprio processo di orientamento”. Una seconda funzione è quella “Informativa che riguarda le attività volte a sviluppare capacità e conoscenze utili al raggiungimento di un obiettivo formativo o professionale specifico. Essa assolve al compito di potenziare quelle risorse che hanno a che fare con la capacità di attivarsi, confrontarsi, decodificare, interpretare, mettersi in gioco”. Infine, la “funzione di Accompagnamento verso specifiche esperienze di transizione, indica quelle attività di sostegno alla persona che sviluppano competenze e capacità di decisione al fine di prevenire rischi di insuccesso”. Tutte le scuole di ogni ordine e grado sono tenute a progettare e realizzare attività di orientamento per i loro studenti (vedi la Direttiva 487/1997 del MIUR e il DPR 275/1999). Alla scuola è riconosciuto un ruolo centrale nei processi di orientamento e ad essa spetta il compito di proporre, autonomamente o in rete, attività finalizzate alla costruzione e al potenziamento di specifiche competenze che si sviluppano attraverso l’orientamento educativo e la didattica orientante (insegnamento e apprendimento disciplinare, per acquisire saperi di base, abilità cognitive, logiche e metodologiche, abilità trasversali, comunicative, metacognitive, competenze chiave e di cittadinanza). Al fine di potenziare le competenze orientative, sono auspicabili anche attività di accompagnamento che mirano a costruire competenze che permettono al giovane di auto-monitorare il proprio percorso scolastico. Condotte dai docenti, esse aiutano i giovani a valorizzare quanto appreso a scuola, per costruire la propria esperienza di vita e per operare QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 le proprie scelte. L’accompagnamento si concretizza in azioni per stimolare i ragazzi a fare il punto su se stessi, sugli sbocchi professionali, sui percorsi formativi successivi, sul mercato del lavoro e a individuare un progetto professionale concreto e realizzabile. Queste attività possono riguardare l’intera classe (orientamento di gruppo) o piccoli gruppi, in risposta a bisogni orientativi specifici. Anche la famiglia quale soggetto formativo primario è corresponsabile nelle azioni di orientamento promosse dalla scuola. In quest’ottica, le istituzioni possono attivare corsi di formazione rivolti ai genitori, finalizzati all’accompagnamento dei figli nel momento della scelta. ORIENTARE NEI CONTESTI FORMATIVI A scuola, così come in altri contesti formativi, vi è l’esigenza di pianificare interventi per soddisfare bisogni orientativi dei diversi utenti. Per realizzare interventi di valore nelle classi, in grado di potenziare le competenze di autoorientamento dei ragazzi, sono necessari strumenti e metodologie specifiche. Individuare spunti per sviluppare l’orientamento o la didattica orientante, così come l’accompagnamento e strutturare percorsi di orientamento efficaci non è semplice. I materiali e gli strumenti che gli operatori utilizzano rischiano di avere un basso livello di diversificazione e, a volte, non rispondono a pieno alle richieste orientative formulate dai destinatari degli interventi. Inoltre, a causa del frequente turnover dei docenti referenti per l’orientamento, molto know-how si perde perché viene a mancare un punto di raccolta e condivisione dei materiali. La Regione Friuli Venezia Giulia, per mezzo del Servizio istruzione, diritto allo studio, alta formazione e ricerca, ha tra le sue funzioni quella di sostenere il sistema scolastico e formativo con azioni di supporto ai docenti per la progettazione di attività orientative rivolte ad un’ampia categoria di destinatari. Per supportare tali attività l’Amministrazione regionale, cogliendo anche l’esigenza del territorio, ha predisposto un sito internet, Idee e strumenti per orientare, che raccoglie e valorizza gli strumenti e le proposte di orientamento che in questi anni sono state realizzate nelle scuole della regione e in altre realtà nazionali, rendendole in questo modo, disponibili a un pubblico più vasto di insegnanti e formatori. Idee e strumenti per orientare è quindi un prodotto on line dedicato agli operatori che si occupano di orientamento. È di fatto un database che si propone quale supporto metodologico all’utilizzo degli strumenti per l’orientamento, oltre che come dispositivo in grado di facilitare la strutturazione di percorsi orientativi dedicati a diversi tipi di target (insegnanti, studenti, genitori, adulti, ecc.). La prima versione del sito è stata realizzata nell’ambito del Progetto Ri.T.M.O.2, aggiornata e sviluppata negli anni a seguire (nel 2007 e nel 2012). In quegli anni fu creato un gruppo di lavoro che ebbe la fortuna di avere quale coordinatore e supervisore scientifico la prof.ssa Maria Luisa Pombeni, con l’obiettivo di ideare un contenitore volto a fornire un supporto tecnico alla programmazione delle attività orientative della scuola, per diffondere strumenti, materiali informativi e didattici. Il sito fu pensato e creato con lo scopo di rendere disponibili dei materiali di qualità da utilizzare nella gestione degli interventi orientativi all’interno della programmazione curriculare del sistema scolastico e formativo, ma anche per fornire criteri e indicatori utili a una progettazione autonoma da parte dei diversi contesti educativi o dei singoli docenti. Nel tempo è stata mantenuta l’intenzione che ha guidato la 87 INFORMA realizzazione del prodotto fin dall’inizio e cioè quella di valorizzare le proposte educative, fornendo una cornice progettuale all’interno della quale collocare gli strumenti in uso nelle azioni di orientamento. UN CONTENITORE WEB FACILE DA USARE Un elemento che caratterizza il prodotto è soprattutto la flessibilità, poiché esso permette a un operatore senior l’elaborazione autonoma di moduli orientativi, ma è in grado di suggerire all’orientatore meno esperto la scelta mirata di percorsi di orientamento. L’attuale layout si presenta con significativi miglioramenti, rispetto alle versioni precedenti, ottenuti anche grazie ai feedback forniti dai visitatori del sito. Le modifiche alla versione precedente, poi, hanno riguardato: l Immagine 1: La nuova home page del sito 88 il completo rinnovamento della veste grafica (vedi immagine 1) al fine di migliorare il design e l’usabilità del sito. È stata fatta particolare attenzione alla scelta delle immagini, alla visibilità dei link, all’uso di titolazioni studiate per rendere i contenuti maggiormente leggibili; l l la proposta di una nuova modalità di ricerca dei dati sotto forma di aiuto guidato. Il collegamento con il Sistema di monitoraggio delle azioni di orientamento. Idee e strumenti per orientare conserva l’impianto teorico delle sei macro finalità3 comprensive della gamma di bisogni orientativi attuali, le quali supportano la costruzione di progettualità orientative dinamiche, diversificate anche a più gradi di complessità. La finalità è intesa come la risposta ad un bisogno orientativo che le persone esprimono nei vari cicli di studio o nelle diverse fasi della vita professionale. Nel dettaglio, la base dati si compone di due archivi, percorsi e strumenti, collegati tra di loro mediante link. Il primo, Percorsi educativi di orientamento si presenta come una lista di moduli, visualizzabili selezionandone le caratteristiche salienti come il nome, la finalità, la durata, i destinatari, ecc. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 I percorsi hanno lo scopo di accompagnare gli operatori nella costruzione metodologica di azioni di orientamento e nell’utilizzo coerente e appropriato di strumenti correlati ai moduli. Al momento, il data base raccoglie 84 percorsi, di cui 54 sperimentati all’interno del PPO – 2011, Programmi specifici n. 10 e 11 “Catalogo dell’Offerta Orientativa 2012-2013-2014” 4 e 30 mutuati da esperienze educative territoriali, proposte dalle Istituzioni scolastiche ed Enti della Regione Friuli Venezia Giulia, ma anche provenienti da realtà educative e formative di altre Regioni, comunque modelli di buone pratiche orientative. I percorsi del Catalogo riguardano azioni di accompagnamento ai sistemi scolastici e formativi e sono rivolte a stu- denti coinvolti in processi di transizione dalla scuola secondaria di I grado alla secondaria di II grado o alla formazione professionale, azioni di sostegno alla transizione dalla scuola/formazione al lavoro e altre destinate al recupero dei giovani a rischio nell’area del diritto/ dovere. Entrando nel dettaglio della maschera di ricerca (vedi immagine 2) di Percorsi educativi di orientamento, l’incrocio delle voci dei campi Finalità, Destinatari e Azione orientativa,5 permette agli operatori di individuare una serie di percorsi, che rispondono all’esigenza di lavorare sull’accoglienza, sull’orientamento in itinere, sul potenziamento delle capacità orientative, ma anche sulla transizione tra i sistemi formativi. Immagine 2: Maschera di ricerca di percorsi educativi Il secondo archivio, Strumenti di orientamento contiene 377 strumenti, permette di consultare e scaricare questionari, griglie di riflessione, giochi didattici, video ecc., selezionando dalla maschera di ricerca uno specifico obiettivo orientativo. Come precedentemente accennato, gli strumenti che vanno ad implementare la banca dati sono quelli realizzati e utilizzati dal Servizio, da Scuole, Enti di formazione che operano nel settore dell’orientamento e quelli offerti dal mercato, valutati utili nell’ambito delle attività di assistenza tecnica. L’offerta del sito comprende strumenti di indagine (questionari, schede, ecc.) finalizzati alla conoscenza del sé e strumenti auto-descrittivi (griglie di riflessione, strumenti a risposte aperte, 89 INFORMA ecc.), costituiti da brevi stimoli finalizzati a indurre la persona ad esprimersi liberamente su un determinato ambito di analisi. Ogni strumento disponibile può essere scaricato on line. Dalla home page del sito è possibile selezionare la nuova funzione Aiutami a scegliere un percorso. Questa è la sezione più innovativa dell’applicativo, in quanto, un operatore meno esperto può ricercare un percorso educativo sulla base di parametri e criteri che ne facilitano la scelta. Questa idea è nata dalla necessità di operare una comparazione tra le proposte formative, leggerne le caratteristiche salienti avendo su un’unica videata tutte le informazioni necessarie per operare la selezione di interesse. Innanzitutto, si sceglie la finalità orientativa. Ogni finalità è declinata in termini di aree di contenuto che la stessa intende sviluppare. Le aree di contenuto rappresentano delle “piste di lavoro” che è utile seguire quando ci si propone di rispondere a un particolare bisogno orientativo. Una volta selezionata una finalità e i destinatari, il sistema visualizza una schermata ricca di informazioni organizzate e comparabili: l l l l l 90 l’elenco dei percorsi, distribuiti sulla base dell’azione orientativa di appartenenza; la durata (in ore) di ogni percorso; le aree di contenuto sviluppate dal singolo percorso; l’appartenenza al Catalogo dell’Offerta Orientativa; l’utilità media percepita dagli utenti e dagli operatori che hanno già svolto un dato percorso. FEEDBACK PER AIUTARE A SCEGLIERE Il Servizio regionale, in linea con le direttive europee in tema di orientamento che invitano a rafforzare la garanzia di qualità dei servizi, già dal 2009, ha sperimentato e implementato in web un sistema di monitoraggio per la raccolta e analisi dei dati derivanti dalla somministrazione di questionari proposti agli studenti, agli insegnanti e ai genitori dei ragazzi coinvolti nelle azioni di orientamento. Il Sistema ha, tra gli obiettivi, quello di migliorare la qualità dei servizi, supportare gli operatori nella rilettura critica degli interventi, sostenere le scelte strategiche e operative dei decisori. Il monitoraggio riguarda i seguenti aspetti: l l l eventuali cambiamenti nella capacità della persona di affrontare i diversi compiti orientativi; la percezione di utilità che la persona attribuisce all’intervento; la soddisfazione generale nell’aver preso parte all’iniziativa. Il gradimento o utilità che la persona attribuisce all’intervento è sicuramente uno dei feedback in grado di aiutare gli operatori nel selezionare più percorsi che rispondono alla stessa finalità orientativa. Per questa ragione Idee e strumenti per orientare dialoga con il Sistema di monitoraggio e valutazione degli interventi orientativi realizzato dal Servizio regionale, il quale fornisce in tempo reale, i dati sull’utilità media percepita dagli utenti e dagli operatori (in una scala di valori da 1 a 5) per ciascun percorso inserito (vedi immagine 3). Ogni percorso, inoltre, è declinato in attività (che sono step esecutivi definiti attraverso una descrizione sinte- QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 Immagine 3: Sezione Aiutami a scegliere Immagine 4: Visualizzazione del percorso con le attività e gli strumenti 91 INFORMA tica), corredato dagli strumenti e da informazioni aggiuntive nonché da note sulla gestione dello stesso, che sono da ricordare in caso di situazioni di criticità che potrebbero comparire durante la gestione dell’azione educativa (vedi immagine 4). All’interno della pagina dedicata al percorso, è stato introdotto un box che propone dei suggerimenti per la ricerca alternativa rapida di percorsi con la stessa finalità. Analoga funzione è stata introdotta nella sezione strumenti. Si è scelto di rendere pubblico il prodotto (senza accesso con password) per diffondere i materiali e gli strumenti proposti, rivolgendo l’attenzione agli operatori di settore che nella pratica lavorativa ne fanno un uso professionale. Immagine 5: Il link al sito Idee e strumenti per orientare 92 CONCLUSIONI Si accede al sito dall’area web La regione per gli orientatori del portale della Regione Friuli Venezia Giulia, (vedi immagine 5). Come è stato precedentemente descritto, Idee e strumenti per orientare si propone agli operatori del settore quale applicativo in grado di rispondere a diverse necessità progettuali in tema di orientamento. L’ampia scelta di percorsi e strumenti e la migliorata fruibilità, fan- no del prodotto un sopporto utile per lo svolgimento delle attività in classe e in altri ambienti educativi. Per garantire la funzionalità del processo di orientamento è opportuno che ogni istituto scolastico sia messo in grado di organizzare e coordinare le attività di orientamento, avviare confronti e relazionarsi con gli altri attori delle reti per l’orientamento presenti sul territorio. La predisposizione di un curricolo formativo che a vari livelli realizzi azioni di orientamento, un insegnamento finalizzato al valore orientativo delle singole discipline, l’erogazione di servizi dedicati nonché la predisposizione da parte di ciascun Istituto di un Piano concertato e condiviso sull’orientamento inserito nel POF, sono azioni auspicabili e non solo suggerimenti previsti dalle Linee guida Nazionali. Per rendere il prodotto ancora più completo e per soddisfare le esigenze di più destinatari, in futuro sarà possibile arricchirlo, potenziando la scelta di percorsi pensati per il sistema dell’università e del lavoro. Percorsi progettati e sperimentati all’interno del territorio regionale e nazionale, previa verifica ed eventuale adattamento, potranno essere accolti all’interno del nuovo data base. Lo strumento on-line rimarca, ancora di più, la volontà del Friuli Venezia Giulia di proporre innovazione in uno dei settori di centrale importanza, l’orientamento, che mira a promuovere il delicato processo di sviluppo delle persone e a far maturare le competenze necessarie per definire obiettivi personali ed elaborare scelte a sostegno del proprio progetto di vita. Elena Paviotti Marco De Lorenzo Servizio istruzione, diritto allo studio, alta formazione e ricerca Centro risorse per l’istruzione e l’orientamento Trieste QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 NOTE 1 Linee guida Nazionali sull’orientamento (Conferenza unificata del 05/12/2013). 2 Programma Operativo dell’Obiettivo 3 2000/2006, che ha sviluppato un sistema integrato di orientamento scolastico e professionale in Friuli Venezia Giulia. 3 Le Finalità individuate in Idee e strumenti per orientare sono: Promuovere lo sviluppo personale durante il percorso scolastico, Accompagnare l’inserimento in un ciclo di studi, Monitorare in itinere il percorso scolastico, Preparare ad una scelta formativa/professionale, Sostenere la transizioni fra cicli o indirizzi di studio, Sostenere la transizione dalla formazione al lavoro e da lavoro a lavoro. 4 La Regione Friuli Venezia Giulia, nell’ambito delle risorse del Fondo Sociale Europeo, promuove e sostiene percorsi di orientamento educativo presso gli Istituti scolastici e gli Enti formativi del territorio regionale. Gli interventi presenti nel Catalogo si ispirano ad un approccio educativo di tipo globale, che vuole rispondere a bisogni cognitivi, affettivi, fisico-comportamentali, culturali e valoriali e nel quale sono presenti e valorizzate esperienze pratiche e di tipo laboratoriale. Il Programma Specifico 10 prevede due azioni rivolte a studenti coinvolti in processi di transizione. Percorso di Accompagnamento: intervento laboratoriale e di tutorato potenziato che, tramite la presa in carico personalizzata dello studente, favorisce la sperimentazione di sé in situazioni concrete di successo al fine di ottenere un cambiamento positivo nella propria immagine e un potenziamento delle risorse personali necessarie alla ri-motivazione e al ri-orientamento nel percorso formativo. Laboratori esperienziali e di ri-motivazione: moduli didattici finalizzati ad un rafforzamento motivazionale che favorisca lo sviluppo di tutte le dimen- sioni della personalità e la costruzione di relazioni nuove e di un nuovo senso di appartenenza forte e significativo tale da contrastare l’impulso alla fuga e alla rinuncia. Il Programma Specifico 11 prevede due azioni. Percorsi educativi: finalizzati a favorire processi di rielaborazione ed integrazione tra il sé e il mondo esterno e a sviluppare competenze orientative propedeutiche alla transizione e alla progettualità in vista di scelte future. Laboratori: funzionali a sviluppare strategie di ricerca attiva del lavoro, strategie per approfondire le opzioni e le scelte sui percorsi universitari e formativi e strategie complessive per affrontare scelte sia in ambito lavorativo, sia in ambito universitario/di formazione superiore. 5 Le azioni orientative sono: - Educazione all’auto-orientamento: attività specifiche di natura educativa finalizzata a creare i prerequisiti cognitivi e motivazionali e le competenze orientative specifiche necessarie a gestire, con il massimo di autonomia possibile, il proprio processo orientativo. - Informazione orientativa: gestione e trasmissione delle informazioni sulle opportunità di studio/formazione/lavoro presenti in determinati contesti. - Accompagnamento/tutorato/stage: si caratterizza per l’utilizzo di percorsi esperienziali interni o trasversali agli ambiti scolastico, formativo e lavorativo, fortemente personalizzati tramite la presenza di un tutor o di specifiche azioni educative per incrementare le capacità individuale di monitoraggio consapevole. - Didattica orientativa: persegue lo sviluppo di competenze orientative di base tramite la funzione educativa generale propria della scuola e/o la finalizzazione orientativa delle attività didattiche, trasversalmente o internamente alle singole discipline. 93 ENZO COGNO a destra: Antinomie plastiche, 1971 di fianco e sotto: Antinomie plastiche, 1971 94 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 95 INFORMA I CAMBIAMENTI DEMOGRAFICI E LO SVILUPPO DI STRATEGIE NEL SUD-EST EUROPA IL PROGETTO MMWD Corrado Campobasso L’AREA DI RIFERIMENTO 96 Il Making Migration Work for Development (MMWD) è un progetto europeo strategico co-finanziato dal Programma di Cooperazione Transnazionale per il Sud-Est Europa (SEE). La regione capofila di 21 partner di nove Paesi è l’Emilia Romagna. Il Friuli Venezia Giulia è uno dei partner nazionali. Il progetto indaga le implicazione del cambiamento demografico per l’efficacia delle strategie territoriali rispetto agli obiettivi di Europa 2020, attraverso un’analisi delle proiezioni della popolazione e degli effetti su occupazione, capitale umano e welfare.1 L’area di riferimento equivale ad un insieme di regioni, aree sub-regionali, città e comuni appartenenti all’Europa Meridionale (Italia e Grecia), all’Europa Centro-orientale (Austria e Slovenia), all’Europa Sud-Orientale (Bulgaria, Romania, Serbia e Montenegro) ed alla CSI (Moldova). Si tratta di un territorio piuttosto esteso e variegato, in cui le eterogeneità e le discontinuità sono prevalenti rispetto alle omogeneità ed alle continuità per molte dimensioni rilevanti, tra cui quella istituzionale, quella amministrativa, quella sociale e quella economica. Ciò si riflette, rispetto al tema dell’orientamento ed in generale delle politiche educative inclusive delle sfide poste dalle dinamiche demografiche flussi migratori inclusi - in una sensibile differenziazione nel posizionamento dei diversi referenti dei territori, nelle opportunità e possibilità di articolazione e gestione (risorse e capacità) delle policy correlate all’educazione e nello specifico all’orientamento. Questa differenziazione si esplicita a livello geografico, nel cosiddetto gradiente est-ovest, confermato da un recente studio della London School of Economics preparato per la Europen Training Foundation (ETF) si osserva come la debolezza dell’istruzione professionale nei Balcani sta ostacolando i mercati del lavoro e perpetuando l’esclusione sociale, in quanto ad alti tassi di iscrizione professionale, non corrisponde efficacia nella formazione di qualifiche tecniche e competenze2. La dimensione istituzionale “esterna” può essere espressa, essendo MMWD un progetto europeo, nei diversi posizionamenti rispetto allo status di stato membro. L’Italia è uno stato membro fondatore, Austria, Grecia sono vecchi stati membri, la Slovenia dal 2004 e Bulgaria e Romania dal 2007 rappresentano “nuovi” stati membri, Serbia e Montenegro hanno iniziato il processo di adesione attraverso i negoziati di adesione ed infine la Moldavia che appartiene al cosiddetto Nuovo Vicinato Europeo. Questi differenziali si riflettono soprattutto sulla tipologia di strumenti e fondi a disposizione e QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 sul quadro di riferimento per la cooperazione territoriale ed il coordinamento transnazionale di iniziative e misure di policy che vede i territori appartenenti agli stati membri inseriti in un quadro più strutturato e stabile. La dimensione amministrativo-istituzionale interna, in particolare per quanto concerne il livello di riferimento per il progetto che è stato quello regionale, registra una forte disomogeneità. Si va da contesti, come il Montenegro, in cui questo livello semplicemente non esiste per ragioni dimensionali coincidendo con quello nazionale, a assetti in cui le regioni sono mere aggregazioni statistiche e/o cosiddette “di sviluppo” o “di coesione” dotate di scarse o addirittura nulle competenze originarie, devolute o concorrenti (Bulgaria, Romania, Serbia e Slovenia anche se a livelli diversi), a ripartizioni amministrative e territoriali in cui le regioni sono organi intermedi di governo con numerose competenze anche originarie (Austria ed Italia), potere legislativo ed notevole decentramento amministrativo e fiscale. Queste tipologie di decentramento si traducono in un diverso grado e possibilità di articolazione delle politiche – in particolare quelle legate all’IFP - in base alle risorse e capacità dei territori. Tuttavia vi sono altri fattori che spiegano la presenza o meno di policy-maker e di altri cosiddetti portatori d’interesse a livello regionale e sub-regionale, quando questi livelli sono esistenti e godono di un livello sufficiente di competenze e risorse. Il fattore certamente più rilevante è il grado di decentramento e/o deconcentrazione delle specifiche politiche e, nel caso dei sistemi e delle politiche relative all’IFP e alla formazione permanente il livello di decentramento è in media certamente elevato se paragonato ad altre politiche la cui struttura di governance è stata analizzata nel corso del progetto (politiche migratorie, politiche del lavoro e politiche sociali), ma varia fortemente da territorio a territorio. Si va infatti da un assetto centralizzato in Serbia e Slovenia, ad una situazione di decentralizzazione limitata al livello di pianificazione/programmazione ed implementazione delle policy (Austria, Grecia e Bulgaria) al caso italiano che vede il completo decentramento della IVET e la centralizzazione della VET. La dimensione socio-economica è certamente quella in cui i differenziali territoriali, caratterizzati come ricordato da un gradiente est-ovest, si allargano. Considerando il Pil pro-capite regionale calcolato da Eurostat a parità di potere di acquisto (PPA) per le 272 regioni dell’UE-283, si osserva che la regione di Vienna, partner di progetto, risulta all’11esimo posto della graduatoria (Pil pro-capite PPA pari al 165% della media UE-28), mentre la regione di sviluppo romena Nord-Vest, a cui appartiene la contea di Bistrita-Nassaud la cui capitale Bistrita ha partecipato al progetto, presenta un Pil pro-capite PPA pari al 44% della media UE-28 e fa parte delle 10 regioni europee con i valori più bassi tra cui compare anche la regione bulgara di Severozapaden che comprende la provincia di Vratsa partner di progetto, il cui Pil pro-capite PPA è pari al 29% della media UE-28, ultima regione della graduatoria. Anche tra le regioni italiane che hanno partecipato al progetto MMWD – Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna - i differenziali sono importanti anche se decisamente contenuti rispetto alla variazione osservabile sull’intero partenariato: si va, infatti, dall’87% della media UE dell’Abruzzo al 116% del Friuli-Venezia Giulia ed al 125% dell’Emilia Romagna. Queste dimensioni si compongono ed articolano a formare contesti affatto diversi (si va infatti da aree che rappresentano poli di sviluppo che attivano flussi centripeti in termini d’investimenti e capitale umano ad aree in forte crisi che devono gestire flussi centrifughi) quanto a finalità e capacità di gestione delle politiche educative e nello specifico dei sistemi di orientamento. Infatti se una capitale come Vienna (o una regione come l’Emilia-Romagna) si pongono obiettivi ambiziosi come quello 97 INFORMA 98 di eliminare i gap ancora esistenti tra i residenti di seconda generazione ed il resto della popolazione scolastica, i territori zone semi-rurali e decentrati dell’Europa Sud-orientale fronteggiano una crisi demografica che si traduce in un continuo brain-drain, chiusura di istituti di formazione professionale e vincoli importanti che coinvolgono i rapporti con la realtà territoriale, l’aggiornamento dei curricula e la modernizzazione delle strutture (in primis i laboratori) e l’enorme problema di coordinare l’offerta formativa con mercati del lavoro oltre-confine. La sfida rappresentata dalla possibilità di includere un’area così complessa all’interno di una visione complessiva e coerente di sviluppo territoriale, in cui l’IFP e le politiche connesse è parte costituente, è stata raccolta dall’Agenda della Piattaforma SEE per la cooperazione ed il dialogo politico transnazionali. Tale piattaforma mira anche a promuovere accordi istituzionali di cooperazione - relativi a priorità comuni e condivise - nella prospettiva della mobilitazione delle risorse locali e dello sviluppo del potenziale territoriale endogeno, per favorire la crescita e l’ammodernamento strutturale delle regioni in ritardo o in declino. L’Agenda ha costituito la cornice di riferimento per una serie di incontri tecnici che nel corso della primavera ed estate 2014 hanno visto svolgersi in parallelo tre tavoli di lavoro su tre temi specifici appartenenti a tre aree tematiche generali di rilevanza (mercato del lavoro e imprenditorialità; welfare; capitale umano) tra cui quello di interesse in questa sede, a dire l’investimento nella qualità del capitale umano per promuovere il contributo delle giovani generazioni, la stabilità e la competitività nell’Europa Sud-Orientale. Per quanto riguarda le politiche educative, l’Agenda, partendo dalla constatazione che le dinamiche socio-demografiche stanno modificando aspettative ed esigenze educative, giudica necessari un rapporto più stretto tra offerta di istruzione e formazione professionale (capitale umano) e le richieste di qualificazione del mercato del lavoro. I sistemi regionali di formazione professionale delle aree di riferimento del progetto devono quindi essere aggiornati (scambi di buone prassi) e calibrati sui mercati del lavoro di riferimento (locali e/o di altre regioni interessate). In particolare, alcune qualifiche, profili e corsi di formazione professionale dovrebbero comportare specifici accordi trans-regionali in cui i partenariati pubblico-privato svolgerebbero il ruolo di volani territoriali. Le ricadute in termini di sistemi, politiche e prassi di orientamento riviste in un’ottica internazionale trans-regionale più che trans-nazionale sono molteplici. L’ORIENTAMENTO NELLE ISTITUZIONI PREPOSTE ALL’IFP NEL PARTENARIATO DEL PROGETTO MMWD La differenza di “spessore” istituzionale tra i diversi livelli di governo del territorio rappresentati nel progetto ed i differenziali di tipo economico si riflettono banalmente nei livelli di infrastrutturazione del sistema educativo e di strutturazione ed articolazione delle diverse attività e servizi. L’orientamento nelle istituzioni di formazione professionale è chiaramente presente in 3 casi su 7, ma il livello di strutturazione del servizio è variabile ed una adeguata referenza professionale sembra essere presente solo in due casi. Non è un caso che l’European Lifelong Guidance Policy Network (ELGPN) la rete che mira ad assistere gli Stati membri e la Commissione Europea a rafforzare la cooperazione europea in materia di orientamento permanente in avanti sia nel settore dell’istruzione e dell’occupazione, non veda presente, come paese membro nessun paese del partenariato del Progetto4. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 Austria Scuole ed istituti di IFP hanno a disposizione docenti specializzati disponibili per le informazioni e l’orientamento, l’affiancamento nel processo decisionale, l’assistenza e la consulenza individuale agli alunni. Da 1 a 3 insegnanti (a seconda del numero degli studenti) sono attivi in ogni scuola per l’orientamento e la consulenza scolastica. Bulgaria I principali fornitori di orientamento a livello di scuola secondaria sono i consulenti pedagogici, supportati da consulenti per la carriera scolastica di una serie di ONG. Lo sviluppo di un sistema nazionale per l’orientamento a livello scolastico è partito nel 2011 (Programma Operativo del Ministero dell’Educazione, Gioventù e Scienza). Una rete di centri regionali di orientamento gratuito è stata attivata da ottobre 2012. Grecia Regione di Creta e Municipalità di Hersonissos Il Centro Nazionale per l’Orientamento (EKEP) e l’Organizzazione nazionale per la certificazione delle qualifiche e orientamento professionale (EOPPEP) sono le istituzioni di riferimento. Gli adolescenti in particolare possono utilizzare il portale di orientamento professionale della Eoppep ‘Ploigos’ per effettuare test sulle competenze e per l’orientamento professionale e di creare il proprio profilo di competenze. Nelle scuole secondarie sono attive per l’orientamento scolastico o professionale le strutture decentrate del Ministero della Pubblica Istruzione - Direzione Orientamento Professionale e Orientamento Attività didattiche (SEPED). Serbia Ministero dell’Economia e dello Sviluppo Regionale, Città di Kragujevac e Distretti della Sumadija e Pomoravlje L’orientamento professionale è parte integrante della Legge sul Sistema dell’Istruzione, delle leggi sull’Istruzione primaria e secondaria. La recente Strategia per l’orientamento la consulenza professionale nella Repubblica di Serbia 2010-14 mira a stabilire e sviluppare il sistema di orientamento e consulenza attraverso la partnership di tre ministeri, il Servizio Nazionale per l’Occupazione, le università, le scuole, le parti sociali e le ONG. A livello locale il NES, i comuni e le scuole hanno partecipato alla creazione di programmi di orientamento professionale. Slovenia Scuola di Studi Sociali Avanzati (SASS) e Agenzia di Sviluppo Regionale della Primorska Settentrionale In Slovenia l’orientamento per i giovani studenti è svolto principalmente da: (1) Consulenti delle scuole primarie, (2) consulenti delle scuole secondarie e (3) Centri per l’Informazione ed il counselling relativi alla Formazione Professionale (VICCs). L’Istituto per l’Istruzione e la Formazione professionale (Centra RS za poklicno izobraževanje), la principale istituzione slovena che si occupa di orientamento nell’IFP, si coordina con tutti e tre i gruppi di advisor. L’accento è posto sul contenuto tecnico in materia di capacità di orientamento e di comunicazione. Si concentrano inoltre sui guidare direttamente i giovani prima della selezione di una scuola secondaria. Per quanto riguarda la formazione professionale degli addetti all’orientamento fino ad ora non era prevista una formazione sistematica per gli addetti all’ orientamento delle scuole primarie e secondarie e dei VICC. Tuttavia una serie di iniziative sta chiudendo il gap attraverso la produzione di manuali per l’orientamento e la comunicazione nell’IFP 5 . Tab. 1: Tabella Comparativa di alcuni elementi dei sistemi di orientamento del partenariato MMWD 99 INFORMA LE POLITICHE DI ORIENTAMENTO NEL VET E NELL’AREA DI RIFERIMENTO 100 I servizi di orientamento scolastico e professionale contribuiscono a mantenere gli studenti nei sistemi di istruzione e di formazione per un periodo più lungo. Questi servizi supportano la consapevolezza da parte dei giovani delle diverse opzioni in termini di percorsi di apprendimento e possono aiutare ad indirizzare le scelte formative evitando errori che possono portare a demotivazione ed abbandono prematuro. I provvedimenti ed i progetti più recenti volti a sviluppare e migliorare l’orientamento professionale di focalizzano sulle qualifiche e sulla formazione del personale docente attraverso strumenti calibrati, estendendo il ruolo della scuola in questo campo, rafforzando la cooperazione con le famiglie ed servizi locali. In Austria, nel terzo e quarto anno della ‘nuova scuola secondaria’, la materia ‘orientamento’ è stata introdotta nel 2012 come materia obbligatoria con almeno una lezione alla settimana. Sempre nello stesso anno è stata anche lanciata l’iniziativa di coaching per i giovani, mirata a fornire consulenza intensiva su ulteriori percorsi educativi o di formazione professionale per i giovani diversamente abili, svantaggiati socialmente o a rischio di non raggiungere alcuna qualifica a livello secondario inferiore o superiore. L’iniziativa parte dal nono anno scolastico quando i giovani raggiungono il limite di età di istruzione obbligatoria6. Tra le politiche di intervento volte a prevenire l’abbandono scolastico, l’orientamento professionale è il fulcro della maggior parte delle riforme più recenti nell’area di riferimento del progetto MMWD. Iniziative volte a rafforzare il networking con le famiglie sono state avviate in Bulgaria e Slovenia. In Romania, il progetto ‘Jobs’ si propone di guidare gli studenti negli ultimi anni di scuola dell’obbligo, aiutandoli a fare le scelte giuste in materia di istruzione superiore e opzioni di formazione o di carriera. Il progetto prevede l’introduzione di una nuova area di apprendimento basato su progetti scadenzati per tre ore alla settimana durante tutto l’anno scolastico. Gli studenti avranno l’opportunità di entrare in contatto con le aziende, istituzioni pubbliche o aziende che offrono posti di lavoro nella loro regione, analizzare le opportunità di lavoro e le condizioni economiche. Gli studenti potranno anche preparare i dati per le presentazioni e portafogli, concentrandosi su particolari progetti. Il progetto ‘Jobs’ è iniziato in due scuole nel 2011 e 2012 ed è stato esteso a tutte le scuole della regione di Brasov fino al 2015. Gli abbandoni scolastici possono avere bisogno di sostegno individuale e integrato per favorire un ritorno all’istruzione e alla formazione. I programmi devono fornire esperienze di apprendimento che rafforzino l’autostima e siano centrati sui bisogni e le caratteristiche del singolo studente Misure compensative a favore di coloro che hanno realizzato un abbandono scolastico sono molto meno frequenti nell’area di riferimento del partenariato. Il sostegno individuale mirato è stato sviluppato, per quanto riguarda il partenariato del progetto MMWD, solo in Austria7 come componente di una serie di misure per recuperare e reinserire nel percorso di formazione i giovani che lasciano prematuramente nei percorsi formativi, mentre la Romania ha sviluppato nel 2012 una iniziativa per stabilire o rafforzare i programmi di istruzione relativi alla cosiddetta seconda opportunità, in particolare nel campo dell’istruzione e formazione professionale8. Questo livello insufficiente di attenzione si riscontra anche nei livelli di istruzione superiore se si pensa che meno della metà di tutti gli Stati membri, tra QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 cui l’Italia e l’Austria, hanno adottato in questi ultimi anni misure per il rafforzamento dell’orientamento professionale nell’istruzione superiore, nonostante in alcuni casi (Bulgaria) una partecipazione relativamente bassa nell’istruzione superiore. In Grecia, l’EOPPEP (Organizzazione Nazionale per l’Accreditamento delle Qualifiche e l’Orientamento Professionale) sta sviluppando materiali di sensibilizzazione rispetto al miglioramento delle competenze di gestione della carriera professionale che saranno distribuiti sia ai operatori dell’orientamento che ai giovani. Inoltre, in base al sistema con voucher varato nel 2013, i giovani hanno anche diritto 80 ore di formazione professionale, assistite da orientamento e consulenza ed un’indennità. Per quanto riguarda l’apprendimento permanente misure per migliorare l’orientamento professionale sono state attuate nel 2012-2013 in Austria, Romania e Slovenia. Queste misure hanno come obiettivo l’incremento della partecipazione degli adulti all’apprendimento permanente assieme ad altre iniziative su larga scala come la sensibilizzazione, l’offerta di opportunità di studio e percorsi più flessibili, il focus sui gruppi con scarse competenze e basse qualifiche, gli incentivi finanziari per la partecipazione all’ apprendimento permanente. In Italia il Piano Nazionale per l’Orientamento del 2011 è stato integrato da una serie di documenti di dettaglio per la sua attuazione a livello regionale. Oltre all’obiettivo generale della transizione dei servizi per l’orientamento dal ruolo informatico a quello proprio di counselling ed orientamento professionale, il piano prevede la attivazione di servizi locali integrati che assicurino a livello individuale ricezione, analisi dei bisogni e risposta. In Slovenia, l’orientamento professionale permanente è stato rafforzato con l’entrata in vigore dell’Atto sulla regolazione del mercato del lavoro nel 2012. Uno dei gruppi target prioritari sono i giovani, vale a dire i giovani disoccupati, per la prima volta in cerca di lavoro, gli studenti delle scuole secondarie superiori e delle scuole di livello terziario. In Bulgaria, uno dei nuovi stati membri con un tasso di partecipazione degli adulti all’apprendimento permanente tra i più bassi in Europa, il governo sta attuando un progetto nazionale che mira a istituire un Consiglio nazionale per l’apprendimento permanente e di un Sistema Informativo Nazionale per l’apprendimento permanente. L’obiettivo a breve termine del progetto è quello di aumentare la consapevolezza circa l’educazione degli adulti. A lungo termine, l’obiettivo è quello di sviluppare standard nazionali nell’erogazione di formazione per gli adulti. In Romania, la legge sull’Istruzione Pubblica (1/2011) presta particolare attenzione all’orientamento professionale. Una disposizione della normativa fa obbligo agli enti locali di stabilire Centri Comunitari per l’Apprendimento Permanente (Community Lifelong Learning Centres), in collaborazione con i soggetti preposti all’istruzione e formazione professionale. Le responsabilità di questi centri sono l’orientamento professionale e la preparazione per la ricerca di un posto di lavoro. In Serbia, il Piano d’azione 2010-14 per l’implementazione della Strategia per l’Orientamento ed il Counselling professionale nella Repubblica di Serbia 2010-2014 prevede la creazione di nuove strutture dedicate o l’espansione di quelle già esistenti: Centro Nazionale delle Risorse per l’Orientamento, Centro di informazione e counselling professionale –CIPS; Centro per l’orientamento ed il counselling professionali per i giovani di talento; Centri mobili per le aree rurali; Uffici locali per i giovani con funzione di orientamento; l’espansione dei centri universitari per l’orientamento professionale; centri sperimentali nelle scuole. La Strategia mira a stabilire e sviluppare il sistema di orientamento e consulenza attraverso la partnership 101 INFORMA quindi il coordinamento orizzontale dei tre ministeri (il Ministero per la Gioventù e lo Sport, il Ministero per l’Educazione e la Scienza, il Ministero per l’Economia e lo Sviluppo Regionale), il Servizio Nazionale per l’Impiego, le università, le scuole, le parti sociali ed il terzo settore. Inoltre, come paese candidato all’adesione, una serie di misure sono pianificate nel quadro della “Strategia per lo Sviluppo del Sistema Educativo in Serbia 2012- 2020” tra le quali lo sviluppo e l’adeguamento dei programmi di studio e degli approcci all’erogazione di formazione professionale, non professionale e superiore orientata dalla domanda in base alle esigenze ed alle tendenze regionali, compresa la progettazione, lo sviluppo e la promozione della Pianificazione ed Orientamento professionale all’interno del sistema di istruzione e / o corsi di imprenditorialità, in base alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro, l’attuazione di specifici curricula di formazione professionale in cooperazione con quei rami di impresa con prospettive di crescita e di aumento dell’occupazione, tra cui l’adattamento delle strutture e la fornitura di attrezzature per la IFP specializzata. Corrado Campobasso Analyst Informest Gorizia BIBLIOGRAFIA 102 Bartlett W., Cino Pagliarello M., Gordon C., Milio S. “South Eastern Europe, Israel And Turkey Trends, Perspectives And Challenges In Strengthening Vocational Education For Social Inclusion And Social Cohesion”, preparato per la ETF - European Training Foundation, London School of Economics and Political Science (LSE), 2014. European Commission/EACEA/ Eurydice, Eurydice, “Education and Training in Europe 2020: Responses from the EU Member States. Eurydice Report”, Brussels, 2013. QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 NOTE 1 Nell’ambito dei tavoli di lavoro transnazionale tra le istituzioni dei Paesi MMVD si sono costruiti dei piani di azione condivisi per il 2014/20, individuando momenti di cooperazione tra le regioni del Sud Est Europa, in tre ambiti di rilievo, rispetto alle sfide demografiche: mobilità-imprenditorialità; istruzione tecnica-innovazione; economia sociale come risposta sostenibile ai bisogni di welfare. http://www.migration4growth. eu/ 2 In particolare, per quanto riguarda l’orientamento, in base ad una indagine condotta nel corso della ricerca, gli studenti ricevono poca assistenza formale, e tendono a fare affidamento molto più su assistenza di familiari (circa il 90%) e amici (circa il 70%) che sui servizi pubblici per l’impiego (poco più del 60%) o istituzioni di orientamento professionale (poco più del 50%). 3 EUROSTAT – News Release 29/2014 - 27 February 2014. Regional GDP “GDP per capita in the EU in 2011: seven capital regions among the ten most prosperous”. 4 Paesi Partecipanti ed Organizzazioni Partner: Germania, Danimarca, Estonia, Grecia, Finlandia, Ungheria, Lussemburgo, Lituania, Portogallo, Regno Unito. 5 Materiale per gli addetti all’orientamento nella scuola primaria e secondaria, neIl’IFP e nella formazione permanente; informazioni per gli studenti, i genitori e gli adulti è a disposizione sul sito www. mojaizbira.si. 6 Per l’Italia si ricorda il piano nazionale sull’Orientamento e di abbandono è stato pubblicato nel 2011, in seguito le linee guida in materia di orientamento per l’apprendimento permanente emesso nel 2009. Il piano, che è stato ulteriormente definito a livello regionale per la piena attuazione , si propone di spostare i servizi di orientamento attuali da un ruolo informativo in una funzione professionale e consulenza orientativa corretta. Esso prevede inoltre l’attivazione di “servizi locali integrati”, garantendo la ricezione del caso, analisi dei bisogni e la risposta di ogni singolo caso. 7 Tra il 2011 ed il 2013 misure analoghe sono state sviluppate solo in 6 stati membri su 28. 8 In Romania, il programma si rivolge a coloro che hanno completato l’istruzione sia primaria o secondaria inferiore. Per l’istruzione primaria sono contemplate diverse soluzioni (tempo pieno, corsi serali, istruzione intensiva). Il consiglio di amministrazione di ciascuna scuola prende la decisione dopo aver consultato gli studenti iscritti al programma. Per l’istruzione secondaria inferiore, il programma ha una durata standard di quattro anni con corsi settimanali che alternano apprendimento in aula con una formazione pratica per una qualifica professionale. 103 ENZO COGNO a destra: Rivedrai le foreste imbalsamate… D’après Christo, 1975 di fianco: Rivedrai le foreste imbalsamate… Ascolta, piove dalle nuvole sparse/D’après Mavignier, 1975 sotto: Rivedrai le foreste imbalsamate… Poi la pioggia cade/D’après Mavignier, 1975 104 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 105 LIBRI STUDENTI PAZIENTI PERCORSI DI PENSIERO CON STUDENTI UNIVERSITARI M. Boni, P. Luderin, A. A. Semi, A. Tortorella Edizioni libreria Cortina Milano, 2014, pp. 255 € 23,00 106 Il libro racconta e ripercorre l’esperienza del Servizio di consulenza psicologica per studenti universitari presso l’ESU di Venezia, e attraverso la ricostruzione dell’esperienza stessa nella sua evoluzione consente al lettore di partecipare non solo alla scoperta del mondo interiore dei giovani, in particolare degli studenti universitari, ma anche di capire le condizioni di contesto, materiali e istituzionali, nelle quali si è realizzata e di condividere le riflessioni, le considerazioni teoriche e pratiche che hanno portato alla elaborazione di una tecnica di intervento riconoscendone potenzialità e limiti. I numerosi esempi di casi clinici o situazioni riportati aiutano a comprendere meglio il processo che ha portato alla nascita e alla evoluzione di questo servizio. La suddivisione in tre parti riflette l’intento di vedere la medesima realtà attraverso sguardi diversi e complementari, il tentativo di raffigurare l’insieme della situazione, il contesto nel quale la domanda da parte degli utenti veniva formulata, le modalità di intervento man mano elaborate, le modalità di valutare l’esito dell’intervento e soprattutto di disegnare la complessità delle situazioni personali con le quali si è venuti a contatto. Questo intento di cogliere vari punti di vista e di integrare approcci e funzioni diversi, trova espressione anche nella scrittura a più mani, che porta i contributi di chi ha partecipato all’esperienza: Marta Boni, psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico fenomenologico che lavora presso il Servizio Consulenza Psicologica dell’ESU di Venezia; Pierpaolo Luderin, responsabile per molto tempo del Centro di Orientamento ESU; Antonio Alberto Semi, psicoanalista SPI con funzioni di supervisore; Anna Tortorella, psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico fenomenologico, responsabile del Centro di Orientamento e consulenza psicologica dell’ESU di Venezia. La prima parte del volume ripercorre le origini e lo sviluppo del Servizio di orientamento e consulenza psicologica, nato come “servizio di orientamento e informazione” per universitari e maturandi nel 1980, quando la cultura dell’orientamento e del counselling si stavano appena sviluppando. Un imponente lavoro di analisi dei bisogni effettuato negli anni ha man mano evidenziato che accanto a richieste relative alla scelta di studio e professionale, percorsi curricolari, aspetti burocratici, comprensione del sistema universitario, la scelta post università, gli studenti manifestavano anche molte richieste relative ad un bisogno di sostegno psicologico, un grande bisogno dei giovani di incontrare adulti esperti che li ascoltino e con i quali di- QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 scutere serenamente di problematiche relative sì alle scelte di studio/lavoro, ma anche di vita, dei dubbi, incertezze, desideri conflitti o problemi anche più personali. Tutto questo ha portato la necessità di pensare ad un modello di approccio integrato tra vari servizi in grado di offrire , pur nel differenziarsi di competenze e funzioni, una risposta variegata alla sfaccettata domanda implicita o esplicita degli studenti; un modello volto a superare la separazione abbastanza netta tra orientamento e consultazione psicologica a favore di servizi centralizzati in cui riunire le dimensioni della consulenza informativa, del counselling di orientamento focalizzato sulla persona e del counselling psicologico. Ne è nata una struttura centralizzata, prossima ma non coincidente con il sistema universitario, anche dal punto di vista della collocazione, che propone servizi di accoglienza, informazione, orientamento alle scelte di studio e professionali, counselling psicologico e psicoterapia breve impostata secondo una visione unitaria dei servizi stessi e che, pur non potendo coprire la totalità dei bisogni, cerca di rispondere il più ampiamente e approfonditamente possibile, facilitando al contempo per l’utente l’individuazione dei servizi nella loro varietà e ampiezza; l’ integrazione fra funzioni e professionalità diverse inoltre, si rivela capace di portare arricchimento e sviluppo reciproci anche agli operatori. Vengono descritte le modalità di intervento e di organizzazione delle attività, con particolare attenzione all’accoglienza, momento cruciale in un contesto in cui le domande sono le più disparate e in cui, forse più spesso che in altri contesti più chiaramente definiti (per es. servizi sociali o aziende sanitarie) la domanda esplicita nasconde richieste più profonde e meno consapevoli; l’accoglienza deve perciò essere altamente indifferenziata (il che peraltro presuppone professionalità esperte), e non può limitarsi a dare risposta alla domanda esplicita, ma deve accostarsi alla persona con l’intento di costruire nella relazione una occasione di differenziazione del bisogno. Nella seconda parte la prospettiva è quella del clinico, con gli occhi del quale si entra prima di tutto nel merito del metodo utilizzato e dei supporti teorici allo stesso. Il modello teorico di riferimento, come spesso esplicitato da chi scrive, è quello psicanalitico. Attraverso il modello teorico si cerca di leggere e non solo di dare risposte ai bisogni degli utenti, ma anche di riflettere sulle domande a volte complicate e annose che si pongono gli operatori (quale tipo di intervento in un simile contesto, quale setting, è possibile una psicoterapia breve, quali sono gli obiettivi, i limiti, le difficoltà); in questo senso la scelta dell’approccio risponde secondo gli autori alla esigenza di una teoria “ che non blocca il pensiero, che pone alla realtà ulteriori interrogativi”. Il protocollo prevede prima di tutto un “percorso di individuazione”, un’attività consulenziale finalizzata ad una analisi della domanda e alla risposta alla richiesta formulata, attraverso lo strumento del colloquio clinico ad orientamento dinamico. A questo possono seguire tre strade: il rinvio a strutture dedicate, o un percorso di sostegno quando siano già presenti le risorse personali che vanno rinforzate, o un percorso di approfondimento e focalizzazione per dare un nuovo significato alle richieste poste e dare nuove possibili rappresentazioni di sé e del problema o invio a struttura esterna. La descrizione dell’esperienza prosegue poi con una rappresentazione del profilo degli studenti incontrati, e delle problematiche proposte, sempre in chiave psicodinamica. In questo senso assume particolare rilevanza anche una analisi delle modalità di arrivo (mezzi utilizzati quali presentarsi di persona, telefonare o inviare una mail) e di pre- 107 LIBRI sentazione e di sé (attenta analisi di cosa viene detto e/o scritto) da parte degli utenti, che già di per sé può fornire chiave di lettura molto profonda e interessante. Un altro aspetto molto importante e a cui viene dedicato un capitolo riguarda l’analisi della domanda portata dall’utente, con approfondite riflessioni sia sulla necessità di individuare possibili bisogni sottostanti, che sulle possibili risposte da dare (è sempre necessario o utile, ad esempio, cercare di affrontare la domanda implicita quando l’utente non sembra essere disponibile, o in un contesto come quello in cui chi scrive sta lavorando?); è evidente come si tratti in realtà di questioni che ogni operatore si trova a dover affrontare nella propria attività. Interessante anche la riflessione sul modo in cui i ragazzi “usano” il servizio e concludono il percorso (il problema è stato veramente risolto? ma parliamo del problema esplicitato o anche di quello implicito? l’utente ha sentito veramente di stare meglio o è semplicemente “scappato?) La terza parte infine affronta la questione della valutazione dell’intervento, ormai imprescindibile; partendo dal presupposto che è difficile valutare servizi quando non c’è chiarezza tra 108 obiettivi e risultati e dopo aver reso conto del dibattito che c’è stato fra gli operatori sulla possibilità stessa di valutare la consulenza psicologica, per la sua stessa natura, vengono esplicitati i tre criteri che in questo servizio sono stati adottati: questionario di customer satisfaction (grado di soddisfazione, grado di utilità percepito, consigliabilità ad altri del servizio); follow up a 6 mesi per una valutazione del “benessere” (c’è stato un processo di conoscenza, di cambiamento?); valutazione della conoscenza, richiesta e utilizzo del servizio stesso in base ai dati raccolti. I risultati, piuttosto soddisfacenti, hanno contribuito al mantenimento del servizio in tempi di scarse risorse. Il libro si presenta quindi come il racconto di questa esperienza nel suo evolversi, ricco delle riflessioni e delle domande che hanno accompagnato, ma ancora accompagnano perché non del tutto risolte, il lavoro non solo di chi lavora in questo servizio ma di tutti gli operatori che si occupino di conselling e consulenza psicologica. Chiara Busato Psicologa COR Gorizia QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 di fianco: Rivedrai le foreste imbalsamate… Omaggio a Tilson, 1975 sotto: Rivedrai le foreste imbalsamate… Il sole splende a Chephren, 1975 109 ENZO COGNO 110 QUADERNI DI ORIENTAMENTO 46 a sinistra: Rivedrai le foreste imbalsamate… I baci Perugina/D’après Schifano, 1975 di fianco: Rivedrai le foreste imbalsamate…, Il levar del sole a Chephren/ D’après Alviani,1975 sotto: Rivedrai le foreste imbalsamate… D’après Cogno, 1975 111 QUADERNI DI ORIENTAMENTO la rivista semestrale è indirizzata a: l insegnanti formatori l ricercatori l operatori l che si occupano di problematiche di orientamento, da punti diversi di osservazione quali: l istituzioni scolastiche l enti pubblici l servizi di formazione ai giovani è disponibile anche in formato elettronico PDF al seguente indirizzo: www. regione.fvg.it Selezionare la voce dal menu ISTRUZIONE RICERCA > studiare cliccare sul link l La Regione per gli orientatori l Rivista l Quaderni di Orientamento Richiesta pubblicazioni per nuovi abbonamenti, richieste di numeri arretrati o cambiamento di indirizzo, inviare mail alla redazione Sono graditi contributi, anche se non se ne garantisce la pubblicazione. Il materiale potrà riguardare: l contributi teorici su tematiche specifiche dell’orientamento scolastico, professionale o attinenti; l progetti, ricerche, esperienze; l informazioni su convegni, seminari e pubblicazioni inerenti l’orientamento. Il lavoro dovrà essere così formulato: l Titolo, sottotitolo e breve sommario; l Testo con estensione massima di 8 cartelle (salvo accordi diversi), battuto con interlinea doppia; l Nome e cognome dell’autore, professione, ente di appartenenza, ruolo ricoperto, sede di attività; l Tabelle, grafici o figure in formato jpg o tiff, progressivamente numerati, dovranno essere allegati a parte e contenere le indicazioni per un idoneo posizionamento nel testo; l Le note bibliografiche dovranno indicare il cognome dell’autore, l’anno di pubblicazione ed eventualmente le pagine citate. Coloro che volessero collaborare con la rivista potranno inviare il loro articolo su cd o via e-mail a: REDAZIONE di “QUADERNI DI ORIENTAMENTO” Direzione centrale lavoro, formazione, istruzione, pari opportunità, politiche giovanili, ricerca e università Servizio istruzione, diritto allo studio, alta formazione e ricerca Via Roma, 7 - 34170 Gorizia Tel. 0481 386278 - Fax 0481 386413 e-mail: [email protected] QUARANTAsei