Anteprima Estratta dall' Appunto di Diritto
romano
Università : Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Facoltà : Giurisprudenza
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Introduzione
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1. Avvio alla sintesi
L'eredità perduta del diritto romano è costituita, nell'area dei princìpi generali del diritto,
dagli istituti e concezioni ad essa afferenti eliminati nella transizione dal sistema
repubblicano a quello del dominato, attraverso lo stadio intermedio del principato.
L'eliminazione fu stabilizzata da Giustiniano con la legum permutatio.
Con la legum permutatio Giustiniano operò mutamenti radicali:
- la sostituzione, nel titolo iniziale delle Institutiones giustinianee, dei tria praecepta iuris
(honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere) alla definizione celsina del ius
come ars boni et aequi, per rappresentare l'oggetto dello studio del diritto;
- la sostituzione alla visione della lex quale fonte del diritto di quella delle leges, contenenti
insieme il diritto e l'elaborazione dottrinale; inoltre, mentre anticamente si diceva che le
constitutiones (emesse dall'imperatore) tenevano il luogo delle leges (emanazione diretta
della volontà popolare), Giustiniano asserisce che le leges, costituite dai frammenti degli
antichi giuristi ricevuti nel Digesto e dalle Istituzioni imperiali, constitutionum vicem
optinent;
- l a sostituzione della consuetudo, di cui è ammessa la sola esplicazione secundum legem,
ai mores, che avevano avuto rango eguale alle leges;
- l'eliminazione della funzione della iurisdictio e la riduzione dei giudici a bocca della legge;
- la sottrazione ai giuristi dell'elaborazione scientifica (anzi di ogni attività interpretativa),
riservata all'imperatore, al fine della loro esclusione dal circuito produttivo del diritto, a
cui avevano anticamente in vario modo partecipato.
Giustiniano, con la legum permutatio, portò a compimento e teorizzò i nuovi istituti e
concezioni; nell'operazione compiuta ebbe come interlocutori i giuristi classici: nella sua
rappresentazione della legum permutatio la legum doctrina è contrapposta alla scientia iuris
degli antichi giuristi.
La legum permutatio giustinianea ha influenzato in modo decisivo lo sviluppo successivo
della tradizione romanistica.
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2 . Historisierung e rifondazione della scienza giuridica
Secondo Mario Bretone «lo studio del diritto romano si presenta come una disciplina storicoantichistica», tende alla «eliminazione della Historisierung dalla scienza giuridica, o a una
sua riduzione sino all'irrilevanza». Tale cultore è un neo-pandettista, che persegue, come
fine, la custodia o la ripresa di una tradizione, il riconoscimento della sua continuità
millenaria». Per lui «quel che conta è il nucleo dogmatico della romanistica; conta solo ciò
che è servito e serve al nostro presente e al nostro futuro». Dal punto di vista letterario, lo
stile del Bretone, non è facilmente eguagliabile. Due punti nodali.
a) Mario Talamanca, dopo aver premesso che la storia non può «trovare altra giustificazione
se non in se stessa» rileva che la cultura, fornita dalla storia, «è un elemento formativo
indispensabile per il giurista, che lo distingue da chi, pur conoscendo le norme giurista non
è». Emerge una distinzione tra diritto e cultura: fra la conoscenza del primo è
l'indispensabile elemento formativo fornito dalla seconda. In realtà lo stesso diritto è
cultura.
Bene aveva visto Gaio, affermando che, nell'ambito giuridico, di cui si occupava, il
principium è la pars potissima di ogni cosa. Il diritto, dipendendo dall'attività umana, si
risolve in fatti e dà luogo a situazioni, dal cui concatenamento nasce la storia. La
conoscenza delle norme non è sufficiente alla formazione giuridica. Nel diritto è più
appariscente l'elemento prescrittivo, ma è altrettanto indispensabile la componente
sapienziale.
b) Sulla storia in generale e sulla storia giuridica in particolare si è scritto tanto e si sono
prospettate tesi disparate. Si può ricordare, per la storia in generale, in disarmonia con la
tesi sostenuta dal Bretone, il noto detto ciceroniano historia magistra vitae e l’affermazione
secondo cui «la storia è sempre contemporanea, cioè nasce dalle risonanze che i documenti
del passato innescano con problemi sentiti attuali da chi li esamina». Per la storia giuridica
bisogna ricordare una riflessione, enunciata da ultimo da Carlo Beduschi: «credo che il
compito più importante del giurista storico sia quello di non disperdere il patrimonio di
esperienze che si è maturato nei secoli, irrigidendolo nei suoi contenuti e prospettandolo
come una massa di prescrizioni irrimediabilmente lontane nel tempo, ma sia piuttosto
quello di recuperare i percorsi di pensiero, che per loro natura sopravvivono nel tempo».
Lo studioso del diritto romano deve ricostruire nel modo più fedele possibile l'istituto o
elemento considerato, al qual fine deve tener conto, in correlazione con la funzione del
diritto, della sottostante situazione economico-sociale e delle concezioni e credenze del
tempo, non importa se ai nostri occhi inaccettabili. Esistono anche però la libertà di ricerca
e la facoltà di svolgere più attività.
Nella tradizione occidentale le costrizioni e limitazioni alla libertà dello studio e della ricerca,
hanno la radice nella somma di divieti stabiliti da Giustiniano per i giuristi. Rientrava fra
essi quello della ricerca storica. La diretta consultazione dei testi degli antichi giuristi era
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- [Pagina 3] da contestazioni e
gravemente punita, evidentemente al fine di preservare
la compilazione
critiche.
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Giustiniano era convinto che la produzione e l'interpretazione del diritto fossero compito
esclusivo dell'imperatore, egli ammise soltanto la consuetudo secundum legem, offrendone
inoltre una rappresentazione deformata rispetto alla realtà. Escluse da essa l'imprescindibile
dipendenza dal volere e potere popolare e l'altrettanto imprescindibile legame con l'apporto
sapienziale dei iurisperiti.
La critica del Bretone investe anche il Savigny, fondatore della scuola storica. Il Savigny è
stato, in Germania, un modello della frequente figura di studioso e professore sia del diritto
romano che del diritto vigente. Il grande maestro tedesco distingueva nettamente tra diritto
romano attuale (che costituiva ancora, in Germania, diritto vigente), diritto romano e diritto
giustinianeo, distinzioni delle quali, come tanti altri studiosi, non tengono viceversa conto,
nelle loro argomentazioni, il Bretone e lo Schiavone.
Il Bretone connette la rottura della continuità della tradizione derivata dal diritto romano
all'insieme dei mutamenti riassumentisi nella «produzione industriale».
Puntualizzazioni sull'asserita fine della tradizione romanistica.
- Gli studiosi che la sostengono non sono concordi nell'individuarla.
In primo luogo si ignora il dato generale che, nei prodotti umani di carattere culturale,
qual è il diritto, l'influenza della tradizione può negarsi a parole, ma è ineliminabile
nella realtà. In secondo luogo si ignora che ancora al presente, persistono nella scienza
giuridica fondamentali concezioni derivate dalla legum doctrina giustinianea. In terzo
luogo non si tiene conto che anche la persistenza nel diritto vigente e nell'attuale
scienza giuridica di elementi e concezioni del passato rientra nella storia e forma pure
oggetto, in quanto tale, della ricerca storica. L'idea di una netta separazione, nel diritto,
tra passato e presente è un'aspirazione o illusione priva di riscontro nella realtà.
- Senza la presunta fine della tradizione romanistica, viene meno la base per la
configurazione del neopandettismo.
- L'abrogazione del diritto romano attuale è stata operata, nei singoli paesi, con la
codificazione.
- Nei paesi di 'civil law' non si ebbe, nella scienza giuridica, una rottura, ma proseguì
l'elaborazione nell'alveo della tradizione romanistica.
- I mutamenti economico-sociali non determinano per se stessi il mutamento del diritto e
delle concezioni giuridiche, ma li rendono inadeguati; nell'esperienza recente e attuale
essi hanno concorso, in misura rilevante, con altri fattori, a renderne manifesta
l'intrinseca inadeguatezza.
Nella Storia del diritto romano, il Bretone propone di «immaginare il diritto come un
complesso di regole di condotta e di schemi di comportamento, di apparati direttivi e
coercitivi, di procedure, nel cui ambito le azioni degli individui possono essere valutate e gli
interessi in gioco trovare una loro tutela». La raffigurazione dello studioso napoletano offre
un coordinamento tra la visione del diritto in senso obiettivo e quella del diritto in senso
soggettivo. Attiene alla prima il complesso di regole di condotta e di schemi di
comportamento, di apparati direttivi e coercitivi e di procedure, mentre rientrano nella
seconda la valutazione delle azioni degli individui alla luce del diritto oggettivo e la tutela,
secondo lo stesso, degli interessi in gioco.
Alcuni esempi della pandettistica, con cui istituire il confronto, il Windscheid e il Dernburg:
Windscheid individua il diritto oggettivo nella legge e nella consuetudine e definisce il diritto
soggettivo come «una podestà o signoria della volontà impartita dall'ordine giuridico».
Secondo il Dernburg, «i fattori che danno fondamento al diritto in senso obiettivo» (= le sue
fonti) «sono leggi e consuetudini» e il diritto in senso soggettivo è una «facoltà accordata
dall'ordinamento giuridico». Questo studioso rileva altresì che «l'espressione 'legge' serve non
di rado a designare ogni norma giuridica». Il pandettista Dernburg ha dato alla definizione
celsina del diritto assai più rilievo del Bretone, il quale non la considera per se stessa,
occupandosi del frammento di Ulpiano in cui essa è riferita al solo fine di illustrare «la figura
del giureconsulto», qual è disegnata dal giurista severiano.
La definizione celsina del diritto, considera il diritto così com'è nella realtà, in una
prospettiva dinamica, anziché in quella, oggi abituale, statica, individuandone il genere
prossimo nell'ars, esprimente la sua appartenenza, nell'ambito della fondamentale
distinzione tra elementi naturali ed elementi artificiali, a quest'ultima categoria,
contrapposta, nell'esperienza terrena, alla prima, ed indicandone la differenza specifica nei
criteri del bonum et aequum, che guidano la sua produzione, interpretazione e applicazione.
Tale recupero si presenta anzitutto necessario dal punto di vista della ricerca storica. Il
recupero della definizione celsina, unitamente ad altri elementi dell'eredità perduta del
diritto romano, offre l'ispirazione per la rifondazione della scienza giuridica: per liberare
l'attuale diritto e scienza giuridica dalle carenze e limiti aventi la loro risalente radice
nell'ideologia giustinianea e precludenti, a causa del distacco dalla realtà, la necessaria
aderenza alle esigenze umane.
3 . Ricerche e revisioni richieste dal recupero dell'eredità perduta del diritto romano
Il recupero dell'eredità perduta del diritto romano pone l'esigenza di altre ricerche e
revisioni.
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- Approfondimento della legum permutatioABCtribe.com
giustinianea,- con
l'indicazione degli istituti
e concezioni eliminati da Giustiniano e di quelli ad essi sostituiti o comunque da lui
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circolarità dei processi interpretativi. Dato un testo da interpretare, si evidenzia come l'app
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