CO MUN I TA’ PAR RO CCHI AL E PI OPPE, SA L V AR O , S I BA N O , M A L FO LL E LA GIOIA DELLA PASQUA CONCERTO & BRANI BRANI INTERPRETATI DA: Marina Pitta e Franco Laffi CANTA : CORO FARTHAN DIRETTO DA: Elide Melchioni MUSICISTI: CHITARRA: Antonio Stragapede PERCUSSIONI: Max D’Adda Salvaro, 12 Aprile 2014 Mossi verso di lui con i miei abiti profumati, e calzavo sandali dorati, dono del comandante romano, - questi sandali che vedi. E quando l’ebbi di fronte gli dissi: “Buongiorno a te”. E lui disse: “Buongiorno a te Miriam”. E mi guardò, e i suoi occhi notturni mi videro come nessun uomo mi aveva mai vista. D’improvviso fui come nuda, e ne ebbi vergogna. Eppure mi aveva solo detto: “Buogiorno a te” Gli dissi allora: “Non vuoi entrare nella mia casa?” Disse: ”Non sono già nella tua casa?”. Allora non capii cosa intendesse: oggi lo so. E io dissi: “Non vuoi dividere pane e vino con me?” Disse: “Sì, Miriam, ma non ora”. Non ora, non ora, disse lui. E la voce del mare era nelle sue parole, e la voce del vento e degli alberi. E quando le pronunciò, la vita parlò alla morte. Perché, amico mio, io ero morta, sappilo. Ero una donna che aveva divorziato dall’anima.Vivevo separata da questo essere che ora vedi. Appartenevo a tutti, e a nessuno. Prostituta, mi chiamavano, e donna posseduta da sette demoni. Ero maledetta, ed ero invidiata. Ma quando i suoi occhi d’aurora guardarono i miei occhi, tutte le stelle della mia notte si dileguarono, e io divenni Miriam, solo Miriam, una donna ormai perduta alla terra che aveva conosciuto, e che si era ritrovata in un mondo diverso. E ancora e nuovamente gli dissi: “Vieni nella mia casa e dividi pane e vino con me”. E lui: “Perché m’inviti a essere tuo ospite?” E io: “Ti prego, vieni nella mia casa”.Tutto quello che in me era zolla, tutto quello che in me era cielo lo chiamava a gran voce. 2 Lui allora mi guardò, e il meriggio dei suoi occhi era su di me, e disse: “Tu hai molti amanti, ma io solo ti amo. Gli altri, accanto a te, amano se stessi: io amo te in te stessa. Gli altri vedono in te una bellezza che appassirà prima ancora dei loro anni. Ma io vedo in te una bellezza che non appassirà mai, e nell’autunno dei tuoi giorni questa bellezza non avrà paura a specchiarsi, e non conoscerà oltraggio. Io solo amo in te l’invisibile”. Poi disse a voce bassa: “Và ora. Se questo cipresso è tuo e non vuoi che sieda alla sua ombra, andrò per la mia strada”. E io gridai a lui e gli dissi: “Maestro, vieni nella mia casa. Ho per te incenso da bruciare, e una bacinella d’argento per i tuoi piedi.Tu sei un estraneo ma non sei un estraneo. Ti supplico, vieni nella mia casa”. Allora si alzò e mi guardò proprio come immagino che le stagioni dall’alto guardino verso il campo: sorrise. E ancora disse: “ Tutti gli uomini ti amano per se stessi. E’ per te che io ti amo”. Poi se ne andò. Nessun altro uomo camminò mai come lui camminava. Era un soffio nato nel mio giardino, che alitava verso Oriente? O una tempesta, che avrebbe squassato sin dalle fondamenta tutte le cose? Non lo sapevo, allora, ma quel giorno il tramonto dei suoi occhi uccise in me il drago, e divenni una donna, divenni Miriam, Miriam di Mijdel. MARIA MADDALENA (Trad. Emilia, arm. G. Vacchi) 3 Quando la musica bussa alla nostra porta, risveglia memorie da tempo nascoste nelle profondità del passato. Quando Dio creò l’uomo, gli diede la musica come linguaggio diverso da ogni altro linguaggio. Il canto degli uccelli sveglia l’uomo dal sonno della notte e lo invita a unirsi ai salmi intonati all’Eterna Saggezza che ha creato il canto degli uccelli. E quella musica lo induce a chiedersi il significato dei misteri contenuti nei libri antichi. Quando gli uccelli cantano, chiamano i fiori dei campi, parlano degli alberi, o fanno eco ai corsi d’acqua? Poiché l’uomo, con la sua intelligenza, non può sapere cosa dicono gli uccelli. Né cosa mormora il ruscello, né cosa sussurrano le onde quando toccano la sabbia lente, leggere. L’uomo, con tutta la sua intelligenza, non può sapere cosa dice la pioggia quando picchietta sul vetro. E tuttavia, non succede mai che l’uomo pianga ascoltando dei suoni? E non è questo un eloquente segno di comprensione? NON SENSE1 (Torri 4 - Melchioni) Clamore e lamenti: Prima che la mia anima mi parlasse, non udivo altro. Ma ora intensamente sento il silenzio; odo i suoi cori cantare i secoli e il cielo annunciare l’Invisibile. La mia anima mi ha insegnato a dire: “Sono pronto”, quando ignoto e pericolo mi chiamano. Prima che la mia anima mi parlasse non rispondevo se non alla voce nota del banditore e non seguivo se non la via facile e piana. Oggi il piano è diventato una scala che mi porta alla vetta. LAMENTO CON ORGANUM (Trad. Arberesche Sicilia) 5 Allora una donna disse: Parlaci della Gioia e del Dispiacere. Ed egli rispose: La vostra gioia è il vostro dispiacere mascherato. E lo stesso pozzo dal quale si leva il vostro riso, è stato sovente colmato dalle vostre lacrime. E come potrebbe essere altrimenti? Quanto più il dolore incide in profondità nel vostro essere, tanta più gioia potrete contenere. La coppa che contiene il vostro vino non è forse la stessa coppa che è stata scottata nel forno del vasaio? E il liuto che calma il vostro spirito non è forse il legno stesso scavato dai coltelli? Quando siete felici guardate nelle profondità del vostro cuore e scoprirete che ciò che ora vi sta dando gioia è soltanto ciò che prima vi ha dato dispiacere. Quando siete addolorati guardate nuovamente nel vostro cuore e vedrete che in verità voi state piangendo per ciò che prima era la vostra delizia. Alcuni di voi dicono: “La gioia è superiore al dolore,” E altri dicono: “No, il dolore è superiore.” Ma io vi dico che essi sono inseparabili. Giungono insieme e quando uno siede con voi alla vostra mensa, ricordatevi che l’altro giace addormentato sul vostro letto. In verità siete sospesi tra dolore e gioia come bilance. Solo quando siete vuoti siete immobili ed equilibrati. Quando il tesoriere vi solleva per pesare l’oro e l’argento, la vostra gioia o il vostro dolore devono necessariamente alzarsi o cadere. LA ZAMARA (Trad. Salento) 6 Allora un eremita che visitava la città una volta all’anno, si fece avanti e disse: Parlaci del Piacere. Ed egli rispose: Il piacere è un canto di libertà, Ma non è la libertà. E’ la fioritura dei vostri desideri, Ma non è il loro frutto. E’ una profondità che invoca un’altezza, Ma non è né il mare, né il cielo. E’ l’ingabbiato che prende il volo, Ma non è lo spazio racchiuso. In verità il piacere è una canzone di libertà. E io vorrei proprio che voi la cantaste con pienezza di cuore, senza però perdere il cuore nel canto. Alcuni dei vostri giovani cercano il piacere come se fosse tutto, e vengono giudicati e biasimati. Io non li giudicherei, né li biasimerei. Li lascerei cercare. Poiché essi troveranno il piacere, e non soltanto il piacere; sette sono le sue sorelle, e la più insignificante di esse è più bella del piacere. Non avete sentito parlare di quell’uomo che scavando nella terra in cerca di radici scoprì un tesoro? E alcuni degli anziani ricordano i piaceri con rimorso come colpe commesse nell’ubriachezza. Ma il rimorso è il rannuvolamento della mente, e non il suo castigo. Dovrebbero ricordare i loro piaceri con gratitudine, come farebbero per il raccolto di un’estate. Però se il rammarico li conforta, lasciate che si confortino. E vi sono quelli tra voi che non sono né giovani per cercare, né vecchi per ricordare; 7 E nella loro paura di cercare e ricordare rifuggono da tutti i piaceri per paura di trascurare o di violare lo spirito; Ma persino nella loro rinuncia è il piacere; e così trovano anch’essi un tesoro, sebbene cerchino radici con mani tremanti. Ma ditemi, chi può offendere lo spirito? Può l’usignolo offendere il silenzio della notte, o la lucciola le stelle? E potrà la vostra fiamma, o il vostro fumo, opprimere il vento? Voi pensate che lo spirito sia una pozza d’acqua cheta che si possa agitare con un bastone? Spesso nel negarvi un piacere non fate che immagazzinare il desiderio nei recessi del vostro essere. E chissà che ciò che sembra omesso oggi non aspetti il domani? Persino il vostro corpo conosce il suo retaggio e il suo legittimo bisogno e non si lascerà ingannare. E il vostro corpo è l’arpa della vostra anima, spetta a voi trarne dolce musica o suoni confusi. E ora in cuore vi chiedete: “Come distingueremo, nel piacere, ciò che è buono da ciò che non è buono?” Voi andate nei vostri campi e giardini, e apprenderete che il piacere dell’ape consiste nel raccogliere il miele dal fiore, E che anche il piacere del fiore consiste nel cedere il suo miele all’ape. Poiché il fiore per l’ape è sorgente di vita, E l’ape per il fiore è un messaggero d’amore, E per entrambi, ape e fiore, il dare e ricevere piacere è una necessità e un’estasi. Popolo di Orphalese, nei vostri piaceri siate come le api e i fiori. RUMELAY (Trad. Rom Ungheria) 8 E un poeta disse: Parlaci della bellezza. Ed egli rispose: Dove cercherete la bellezza, e come la troverete, se essa non è la vostra strada e la vostra guida? E come potreste parlare di essa se non è essa stessa la tessitrice del vostro discorso? Dicono gli amareggiati e gli offesi: “La bellezza è dolce e gentile; cammina fra noi come una giovane madre quasi intimidita dalla propria gloria.” Ma i passionali dicono: “No, la bellezza è una forza che incute paura; come la tempesta scuote, al di sotto e al di sopra di noi, la terra e il cielo.” Dicono gli stanchi e gli esausti: “La bellezza è fatta di delicati sussurri. Parla dentro al nostro spirito. La sua voce cede ai nostri silenzi come una fievole luce che trema per paura dell’ombra.” Ma gli irrequieti dicono: “L’abbiamo udita gridare tra le montagne, e con le sue grida giunsero un suono di zoccoli, un battito d’ali, e un ruggito di leoni.” Di notte i guardiani della città dicono: “La bellezza sorgerà da oriente con l’alba.” E dicono invece a mezzogiorno i lavoratori e i viandanti: “L’abbiamo vista sporgersi sulla terra dalle finestre del tramonto.” In inverno coloro che rimangono bloccati dalla neve dicono: “Essa arriverà saltellando sulle colline con la primavera.” E nel calore estivo così dicono i mietitori: “L’abbiamo vista danzare con le foglie d’autunno, e con un soffio di neve fra i capelli.” 9 Tutte queste cose avete detto della bellezza, Però in verità voi non avete parlato di essa, ma di bisogni insoddisfatti. E la bellezza non è un bisogno, ma un’estasi. Non è una bocca assetata, né una mano vuota protesa in avanti, ma piuttosto un cuore infuocato e un’anima incantata. Non è l’immagine che vorreste vedere, né il canto che vorreste udire, ma piuttosto un’immagine che vedete, e un canto che udite, anche se chiudete gli occhi e tappate le orecchie. Non è la linfa nella corteccia rugosa, né un’ala attaccata a un artiglio, Ma un giardino sempre in fiore e una schiera d’angeli sempre in volo. Popolo di Orphalase, la bellezza è la vita quando la vita svela il suo santo volto; Ma voi siete la vita, e voi siete il velo. La bellezza è l’eternità che si contempla allo specchio; Ma voi siete l’eternità, e voi siete lo specchio. ADIEMUS (T. Yenkins) 10 Disse allora Almitra: Parlaci dell’Amore. Ed egli sollevò la testa ed alzò gli occhi sulla folla, e su di essi scese il silenzio. E a gran voce egli disse: Quando l’amore vi chiama, seguitelo, benché le sue vie siano faticose e ripide. E quando le sue ali vi avvolgono, abbandonatevi ad esso, Quantunque la spada nascosta tra le sue piume vi possa ferire. E quand’esso vi parla, credetegli, sebbene la sua voce possa frantumare i vostri sogni come il vento del nord devasta il giardino. Poiché proprio come l’amore vi incorona, così vi crocifiggerà. Come è per la vostra crescita, così favorisce la vostra potatura. Proprio come sale fino alla vostra altezza per accarezzare i vostri più teneri rami che tremano nel sole, Così esso scenderà alle vostre radici per scuoterle dov’esse sono più fortemente attaccate alla terra. Come covoni di grano vi raccoglie a sé. Vi trebbia per mettervi a nudo. Vi setaccia per liberarvi dalle vostre pellicole. Vi macina sino a rendervi candidi. Vi impasta sino a quando non sarete flessibili, E poi vi cede al suo sacro fuoco, affinchè voi possiate diventare pane sacro per la santa messa di Dio. Tutte queste cose farà a voi l’amore affinchè possiate conoscere i segreti del vostro cuore, e in quella conoscenza diventare così un frammento del cuore della vita. 11 Ma se per paura cercherete dell’amore soltanto la pace e il piacere, Meglio sarebbe allora per voi coprire la vostra nudità, uscire dall’aia dell’amore, ed entrare nel mondo senza stagioni dove voi riderete, però non tutto il vostro riso, e piangerete, ma non tutte le vostre lacrime. L’amore non dà nient’altro che sé stesso e non prende nulla se non dà sé stesso. L’amore non possiede, né vorrebbe essere posseduto, Perché l’amore basta all’amore. Quando amate non dovreste dire: “Dio è nel mio cuore”, ma piuttosto “Sono nel cuore di Dio”. E non pensiate di poter dirigere il corso dell’amore, perché è l’amore, se vi trova degni, a dirigere il vostro corso. L’amore non ha altro desiderio che quello di adempiersi. Ma se nel vostro amore non potete fare a meno di desiderare, fate che questi siano i vostri desideri: Sciogliersi ed essere come un ruscello che canta la sua melodia alla notte. Conoscere la pena di troppa tenerezza. Essere feriti dalla comprensione stessa dell’amore. E sanguinare volentieri e con gioia. Destarsi all’alba con un cuore alato e render grazie per un altro giorno d’amore; Riposare nell’ora del meriggio e meditare l’estasi dell’amore; Rincasare la sera con gratitudine, E addormentarsi con una preghiera in cuore per l’amato e un canto di lode sulle labbra. DEUS TI SALVET MARIA (Trad. Sardegna) 12 LIBERTA’ Poiché la voce non ha bisogno di portare sulle sue ali la lingua e le labbra, penetra i cieli; Allo stesso modo, l’aquila non ha bisogno di portare con sé il nido, ma si libra sola negli spazi del firmamento. Spiritual Sayings, p.40. 13 LIBERTA’ E AMORE Sei libero davanti al sole del giorno, sei libero davanti alle stelle della notte; e sei libero quando non c’è sole né luna né stelle. Sei libero persino quando chiudi gli occhi su tutte le cose. Ma sei schiavo della persona che ami, perché l’ami, e sei schiavo della persona che ti ama, perché ti ama. Spiritual Sayings, p.32. 14 LA LIBERTA’ DEGLI UCCELLI L’uccello ha un onore di cui l’uomo è privo. L’uomo vive nella trappola di leggi e tradizioni che s’ è costruito; L’uccello vive secondo la legge naturale di Dio per cui gira la terra intorno al sole. Spiritual Sayings, p.49. SHOSOLOZA (Trad. Sud Africa) 15 Il coro Farthan nasce nel 2011 a Marzabotto per raccogliere vocalità creative e curiose della valle del Reno attorno ad un progetto corale che si pone come eclettico a partire dal nome stesso, attinto dall’antica lingua Etrusca. Dall’affascinante etimologia del nome (letteralmente genio, forza creativa), partiamo anche per la scelta del repertorio: poliedrico, non convenzionale, multietnico e pronto a percorrere nuove strade. La fascinazione di partenza, l’imprinting è comunque il canto di tradizione orale, italiano e non, con una spiccata predilezione per un repertorio “al femminile”. Farthan ama l’incontro creativo con soggetti aventi finalità affini: ha collaborato con ANGELICA FESTIVAL per l’allestimento di nuove produzioni come la Trilogia Omaggio a Giovanna Marini (2012), o l’evento CENTOCAGE, produzione originale per il centenario della nascita di John Cage (2012), o l’esecuzione in prima assoluta (2013) del brano in stile aleatorio APRENSAIS ZERI MLATH (testo etrusco – commissione Museo Archeologico di Marzabotto). Con lo stesso sincretico approccio, Farthan collabora con musicisti provenienti dal jazz e dalla world music quali Max D’Adda (percussioni) e Antonio Stragapede (chitarra). Il coro, attualmente formato da circa 30 coristi, è diretto dalla fondazione dal M° Elide Melchioni. Elide Melchioni: nata a Bologna nel 1970 si diploma a pieni voti in Fagotto al Conservatorio Martini di Bologna e si laurea in Discipline della musica (DAMS - Etnomusicologia) con il massimo dei voti e Lode presso l’università degli studi della stessa città. L’interesse etnomusicologico si estende anche a tematiche relative alla vocalità popolare, fondando e dirigendo diversi gruppi corali; ha inoltre cantato come solista nel “Latinobalcanica ensemble”, trio vocale femminile dedito al repertorio di tradizione orale del mediterraneo. Suona la piva emiliana e le ocarine, rari strumenti con i quali partecipa in tutto il mondo come solista ad importanti festival di musica medioevale, popolare, di word music e di nuove composizioni. Ha inciso per la TACTUS e per etichette indipendenti, ha partecipato a varie dirette radio-televisive di settore (“La stanza della Musica” -RADIO3; “La musica di Rai Tre”-RAI3, “Moby Dick”, RADIO2, BBC-London, ecc, vedi anche “CLASSICA AFROBEAT ORCHESTRA”, (http://classicafrobeat.com) Per 9 anni è stata Delegato per la provincia di Bologna dell’Associazione Emiliano Romagnola Cori (AERCO) e ne è stata membro della Commissione Artistica. Insegna con entusiasmo Educazione Musicale ed Ocarina nella Scuola Media Panzini di Bologna. CO MUNIT A’ P AR ROCCHIA LE P IOPP E, SALV ARO, SI BAN O, MA LF OLLE www.comunitaparrocchialepioppe.com [email protected] 16 ��������������������������������������������������������������������������� ��������������������������������������������������������������������������������� �����������������������������������������������������