Anno LIX - N. 19 - 15 ottobre 2011 - Rivista quindicinale - kn 14,00 - EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401
Panorama
www.edit.hr/panorama
La vendemmia
dell’ipocrisia
e incapacità
L’architettura di Emilio Ambrosini
T
renta palazzi ad uso abitativo, dieci ad uso commerciale, nove ville e quattro
alberghi realizzati a Fiume, Abbazia e Volosca. Questo il bilancio dell’attività di Emilio Ambrosini. Quale omaggio all’architetto, triestino
di nascita e fiumano d’adozione, al Museo civico fiumano è stata inaugurata la mostra Emilio Ambrosini
- opere architettoniche a Fiume e Abbazia 18841912. Curata da Deborah Pustišek, la mostra
vuole essere un omaggio ad una delle figure
più interessanti legate all’architettura fiumana, che fra l’altro ha il merito d’aver
portato per primo nel capoluogo quarnerino lo stile floreale. Ambrosini ha firmato tra l’altro i progetti
dell’asilo Clotilde nell’odierna
Podmurvice, della Villa Corossacz odierna sede della Scuola di musica Ivan
Matetić Ronjgov, della casa Fabich situata
in via Pomerio e della
Casa Schittar. L’esposizione è stata realizzata
anche grazie al supporto finanziario dell’UI,
UPT e CI di Fiume. La
mostra rimarrà in visione fino al 29 ottobre.
(foto di Željko
Stojanović)
2 Panorama
In primo piano
Inevitabilmente deludente il giudizio sulla classe politica della Croazia
Vendemmia d’ipocrisia e incapacità
di Mario Simonovich
N
on pochi fra coloro che avevano una certa conoscenza
del modo in cui le cose andavano e continuano ad andare nel
mondo, affermarono, nel momento
in cui la Croazia entrava a far parte
dei paesi correntemente detti democratici - molto meglio sarebbe stato
dire “ad economia di mercato” - che,
molto prima di quel che vi avrebbero
trovato applicazione gli aspetti positivi, primi fra tutti i diritti dell’uomo
e del cittadino, nel paese ci sarebbe
stato un “salto di qualità” della malavita, abbinato a una furiosa cavalcata
di capitalisti d’assalto, per una spoliazione sistematica delle risorse fino ad
allora precluse a questo tipo di “valorizzazione”.
La previsione si è dimostrata
purtroppo vera ma anche parziale:
mancava il giudizio sulla qualità
della classe politica. Non che, per
intenderci, uno si facesse una qualche illusione, ma di certo non si poteva prevedere che potesse arrivare
a dare tutto il peggio di se stessa,
sia nelle capacità organizzative e
progettuali, sia nell’etica del comportamento.
Che chi ci dirigeva non valesse poi tanto lo avevamo capito relativamente presto, non appena visto che il loro mettersi al mano sul
cuore ogni volta che si nominava
la Croazia non impediva di mettere anche - in cambio di moneta sonante - il patrimonio croato in mani
che potevano essere croate o meno,
ma che in una preoccupante percentuale si erano preoccupate di svilire e frammentare quanto acquistato
per un tozzo di pane. E poco importava che questi loschi mercanteggi
danneggiassero vitalmente la stragrande maggioranza di altra gente,
per la stragrande maggioranza non
meno croata dei mercanti dediti alla
svendita. Anzi, per non averla fra i
piedi, e non perdere tempo, questi
avevano fatto grandi affari ancora
mentre i paria erano al fronte, occupati a farsi ammazzare da altri pa-
ria, vittima di una non minore e cruuenta strumentalizzazione.
Le prime avvisaglie della crisi
non li hanno scomposti. Ne usciremo senza danni, sostenevano, mentre, impaludati nelle massime cariche, si procuravano fiumi di denaro
che diligentemente depositavano su
conti privati. Poi, per chi è rimasto,
si è profilata la scadenza del mandato. E qui si sono scatenati. Forti
dell’adesione dall’UE, hanno cercato di valorizzare al massimo questo
che è uno dei pochi effetti positivi
del loro lavoro. Se ne sono vantati e rivantati, in uno smaccato autocompiacimento, ogni volta che c’era
una telecamera a riprenderli. E ce ne
sono state non poche, dato che nel
frattempo hanno anche intrapreso un
giro di Croazia che li ha portati a pavoneggiarsi anche all’inaugurazione
dell’estremo rubinetto di un acquedotto di campagna. Nei discorsi pronunciati per l’occasione mai sono
state trattate più da vicino le reali
necessità del paese, le possibilità di
creare nuovi posti di lavoro, o altro
indicante una vera progettualità. Regolari invece l’autoreferenzialità e
il vanto dei propri meriti. Altrettanto regolari le denunce nei confronti dell’opposizione - che, detto per
inciso, non sembra peraltro meglio
ferrata nella formulazione di proposte accettabili - accusata di essere
non meno ladronesca e di volere ristabilire ad ogni costo la Jugoslavia
e le allusioni malevoli al capo dello
stato, il primo veramente “normale”
che il Paese può vantare in vent’anni. Il fatto che poi questa si sia ritirata relativamente presto da questa
baruffa tra comari non ha rallentato
“esternazioni” al limite dell’invettiva. Mostrandosi di gran lunga al di
sotto dei cittadini che l’hanno eletta, questa classe dirigente oggi non
si perita più di nascondere che la
sola cosa che la interessa è il potere,
che significa denaro, considerazione, privilegi. Una triste vendemmia
d’ipocrisia e d’incapacità i cui costi
saranno, come sempre tutti a carico
dei cittadini. ●
Riconoscimento
OSCE
a Roberto Battelli
A
ll’ultima sessione del Forum mediterraneo che ha
coronato i lavori della sessione
autunnale dell’Assemblea parlamentare dell’Organizzazione
per la sicurezza e la cooperazione in Europa i deputati hanno conferito a Roberto Battelli,
rappresentante della Comunità
nazionale italiana in Slovenia,
un particolare riconoscimento
dato che è stato l’unico deputato ad aver preso parte a tutte le Assemblee parlamentari
dell’OSCE. Ricorderemo che
Roberto Battelli ricopre l’incarico di tesoriere dell’Assemblea e di rappresentante speciale dell’OSCE per l’Europa
sudorientale. A caldo Roberto
Battelli ha dichiarato di essere
lusingato di questo riconoscimento che “non ha alcuna valenza politica ma si tratta piuttosto di un attestato di benemerenza per il contributo e la
dedizione profusi al fine di promuovere i valori dell’OSCE e
le sue missioni”.
Al termine dell’assemblea
parlamentare si è svolto il Forum Mediterraneo presieduto da Tonino Picula e durante la discussione è emerso che
nell’area mediterranea si sta delineando un nuovo movimento,
che obbligherà anche l’OSCE
ad adeguarsi, considerato che il
baricentro dell’area si sta spostando dall’Europa in direzione del bacino del Mediterraneo
e dell’Eurasia. Uno dei compiti dell’OSCE dovrebbe essere
pure quello di affermare il ruolo delle donne in democrazia e
nelle riforme in corso nel bacino del Mediterraneo e in Medio
Oriente.●
Panorama 3
Panorama
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PANORAMA esce con il concorso finanziario della Repubblica di Croazia e della
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delle Università di Croazia e Slovenia avviene
all’interno del progetto “L’Edit nelle scuole II”
sostenuto dall’Unione Italiana (Fiume- Capodistria) e finanziato dal Governo italiano (ai sensi
della Legge 296/2006, Art. 1322, Convenzione
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Consiglio di amministrazione: Roberto Battelli (presidente), Fabrizio Radin (vicepresidente), Agnese Superina, Franco Palma, Ilaria Rocchi, Marianna Jelicich Buić, Livia Kinkela.
44Panorama
Panorama
Panorama testi
N. 19 - 15 ottobre 2011
Sommario
IN PRIMO PIANO
Inevitabilmente deludente il giudizio
sulla classe politica della Croazia
VENDEMMIA D’IPOCRISIA
E INCAPACITÀ.................................... 3
di Mario Simonovich
ATTUALITÀ
La Croazia a rischio default? L’Ue
continua a monitorare
EQUILIBRI INTERNI A RISCHIO,
ECONOMIA AL TRACOLLO............ 6
di Diana Pirjavec Rameša
ETNIA
Maurizio Tremul, presidente della Giunta
UI, in visita all’asilo di Lussinpiccolo
UN BUON INVESTIMENTO
PER IL NOSTRO FUTURO................. 8
di Diana Pirjavec Rameša
A Montegrotto il tradizionale incontro
A FIUME IL 50.ESIMO RADUNO
DEI FIUMANI?................................... 10
a cura di Ardea Velikonja
CONVEGNI
A Fiume simposio internazionale
STORIA COMUNE, SE NON CONDIVISA... 12
di Mario Simonovich
PERSONAGGI
Steve Jobs fu il fondatore di Apple
CERCA LA PERFEZIONE. SEMPLIFICA ... 14
a cura di Diana Pirjavec Rameša
SOCIETÀ
Nonostante l’impianto normativo
VIOLENZA DOMESTICA: POCHI
PROGRESSI IN CROAZIA............... 16
a cura di Bruno Bontempo
I viaggiatori leggeri da Premuda a Cherso
LUSSINO, UOMINI E DONNE
AVVOLTI DAL MARE ......................18
di Marino Vocci
ARTE
Giorgio Vasari, quinto centenario della nascita
COLUI CHE EVITÒ AI MEDICI
DI SCENDERE IN STRADA.............24
di Erna Toncinich
REPORTAGE
Un tempo grande centro industriale, oggi
ha cambiato con successo il suo ruolo
MARIBOR, CITTÀ DI TURISTI,
STUDENTI ED ALTA CULTURA.... 26
di Ardea Velikonja
LETTURE
“QUANDO CIRANO SI
CHIAMAVA NOSONJA - Storie di
sopravvivenza quotidiana” (3)..........34
di Kenka Lekovich
PUBBLICAZIONI
Il n. 180 de “la Battana”
GRISANCICH, SETTANT’ANNI
DI POESIA .......................................... 38
di Mario Simonovich
MADE IN ITALY
Presentati in Montenegro sette piani
regionali del valore di 500 mila euro
FVG: NUOVI PROGETTI A CATTARO...42
a cura di Ardea Velikonja
MUSICA
CONCERTO IN CAMPIDOGLIO
PER I 50 ANNI DI CARRIERA
DI MOGOL.......................................... 44
a cura di Nerea Bulva
SPORT
Tre squadre che hanno fatto la storia del
calcio giuliano e dalmato nel Novecento
TRIANGOLARE DEL RICORDO:
TRA GOL E NOSTALGIA................. 46
a cura di Nerea Bulva
RIFLESSIONI IN CORNICE ........19
di Luca Dessardo
MEDICINA
L’INFLUENZA DI QUEST’ANNO:
UN MISCUGLIO DI CEPPI.............. 48
a cura di Ardea Velikonja
LA STORIA OGGI
La storia contemporanea sempre meno
conosciuta tra i giovani
REPUBBLICA DI SALÒ? È DEL 1849... 20
di Fulvio Salimbeni
MULTIMEDIA
IL MEGLIO DELLA “NUVOLA”.......50
a cura di Igor Kramarsich
CINEMA E DINTORNI
“L’ultimo terrestre” di Gian Alfonso
Pacinotti e “Io sono Li” di Andrea Segre
CINESI? ESTRANIATI COME...
GLI JUGOSLAVI.................................22
di Gianfranco Sodomaco
ARBOREA
LUTHER BURBANK, IL MAGO
ORTICOLTORE.................................. 52
di Daniela Mosena
RUBRICHE.........................................54
a cura di Nerea Bulva
IN COPERTINA: la vendemmia a Maribor della vite più antica d’Europa (foto di Ardea Velikonja)
Agenda
Hanno impegnato a Fiume i ragazzi delle scuole elementari e medie della CNI
Quarantesima edizione delle gare di italiano
O
rganizzate dal nostro mensile per ragazzi “Arcobaleno” si
sono svolte a Fiume le gare di italiano per i ragazzi delle nostre scuole
elementari e medie. Da rilevare che
quelle per i ragazzi delle elementari
sono arrivate alle 40.esima edizione
e vi hanno partecipato una settantina
di studenti, i migliori nella materia
“italiano”. Interessanti gli argomenti
di quest’anno tra i quali l’adolescenza, ricordi di gite in montagna, i diritti dei bambini, la salvaguardia del
pianeta e sviluppo sostenibile, crisi morale dell’uomo contemporaneo
e funzione della letteratura. Le giurie, per le SEI composta dalla redazione di “Arcobaleno” e da Liliana
Venucci a capo del Settore editoriale
dell’EDIT, per le medie presieduta
da Maria Bradanović, consulente pedagogico superiore per la Lingua italiana, affiancata da Rosalia Massarotto e Lorena Chirissi. I nomi dei vincitori saranno pubblicati prossimamente su “Arcobaleno” per le scuole
elementari e su “Panorama” per le
scuole medie dove i compiti dei ragazzi delle medie verranno pubblicati a puntate sulla nostra rivista. ●
Composta da Giovanardi e da rappresentanti dell’ANVGD, del Lazio e di Roma
Nutrita delegazione italiana in visita a Rovigno
U
na nutrita delegazione della regione Lazio, del Municipio di
Roma XII e del Comitato provinciale
dell’Associazione Nazionale Vene-
zia Giulia e Dalmazia (ANVGD),
accompagnati dal Sottosegretario
di Stato alla Presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, ha fatto visita alle istituzioni della CNI di Rovigno. Ad accoglierli la vicepresidente della Regione Istriana, Viviana Benussi (nella foto), nonché il
presidente della Giunta UI, Maurizio Tremul, ed altri esponenti cittadini. Nel corso dei cordiali colloqui
gli ospiti sono stati informati sulle attività svolte nell’asilo “Naridola” nella locale scuola elementare
“Bernardo Benussi” presso la Scuola
media superiore.
Finito l’incontro col mondo scuola
la delegazione ha fatto visita al Centro di ricerche storiche dove Maurizio
Tremul nel presentare l’istituzione ha
detto che è “il fiore all’occhiello della CNI”. In serata presso la Comunità degli italiani tra gli altri interventi
da rilevare quello del ministro Giovanardi che ha ribadito l’importanza di
simili incontri ricordando tra l’altro
i recenti colloqui tra i presidenti Ivo
Josipović e Giorgio Napolitano.●
Cambio della guardia allo scadere del mandato di Alessandro Pignatti Morano di Custoza
Emanuela D’Alessandro ambasciatrice a Zagabria
A
lessandro Pignatti Morano di
Custoza, ambasciatore della
Repubblica Italiana a Zagabria, tra
poco lascia l’incarico dopo quattro
anni trascorsi nella capitale croata. Verrà a breve sostituito da Emanuela D’Alessandro. Nata a Roma,
dopo aver ricoperto altri incarichi
ha concluso il corso per la carriera
diplomatica che l’ha portata al Ministero agli Affari Esteri. Nel 1993
è ambasciatrice a Budapest e nel
1997 trasferita a Vienna in qualità
di assistente personale del Segreta-
rio generale dell’OSCE. Due anni
dopo diviene Consigliere alla Rappresentanza permanente d’Italia
presso l’OSCE. Rientrata a Roma
entra a far parte della struttura di
missione costituita presso la Presidenza del Consiglio per l’organizzazione della Presidenza italiana
G8 e per il vertice dei Capi di Stato e di Governo a Genova. Ritornata al MAE ricopre l’incarico di
capo segretaria della DG per i Paesi dell’Europa e successivamente
di capo dell’Ufficio V della DG del
Personale. Dal 2008 le viene affidato l’incarico di dirigere l’Istituto
diplomatico “Mario Toscano”, incarico mai affidato ad una donna.●
Panorama 5
Attualità
La Croazia a rischio default? Intanto l’Ue continua a monitorare, ma si
Equilibri interni a rischio, econom
di Diana Pirjavec Rameša
L
a Croazia continua a soddisfare
tutti i criteri necessari per l’adesione all’Unione europea. È
quanto si sottolinea nel rapporto presentato a Bruxelles dal commissario
all’Allargamento e alla politica di vicinato, Stefan Fuele. Lo scorso giugno
il Consiglio europeo, nel dare il via libera alla conclusione delle trattative
di adesione con Zagabria, aveva chiesto all’esecutivo comunitario di continuare il monitoraggio dei progressi del
paese. Nella relazione Bruxelles afferma che la Croazia è impegnata nel
raggiungimento di risultati concreti, in
particolare nel campo della giustizia,
della lotta contro la corruzione e dei
diritti delle minoranze.
Ma la situazione nel Pese, aldilà del
giudizio positivo della Commissione
è piuttosto complicata, sia per quanto
riguarda gli equilibri politici all’interno del Parlamento che per la situazione economica. Da settimane non si fa
che parlare del rischio default. E non
è l’unico paese a trovarsi in questa posizione. Nella lista delle economie ad
alto rischio che è stata stesa dall’impresa di consulenze CMA Vision, la Croazia si trova al 12.esimo posto. A precederla sono la Grecia con un rischio
quantificabile al 90,6 p.c. Seguono il
Portogallo (61,3 p. c.), il Venezuela
(58,7 p. c.), l’Argentina (53,2 p.c.), il
Pakistan (51,8 p. c.), l’Ucraina (46,9 p.
c.), l’Irlanda (46,2 p. c.), l’Italia (33,3
p. c.) e l’Ungheria.
Il rischio di bancarotta per la Croazia è stato valutato con una percentuale
del 27,9 p. c.: da rilevare che agli inizi
di quest’anno il rischio default era del
16,8 p. c. Questi dati statistici non meravigliano nessuno visto che in Croazia
si spende molto più di quanto si produca. Il tasso di interesse sul debito pubblico è del 6 p. c. e si tratta di un impegno a cui il Paese non può far fronte visto che per pagarlo dovrebbe produrre
il 6 p. c . in più rispetto all’anno scorso, ma ciò non sta accadendo. Gli economisti ripongono speranze nell’ingresso della Croazia nell’Ue, momento
a partire da cui tante cose si potrebbero
6 Panorama
La premier Jadranka Kosor mostra con orgoglio e compiacimento, il
rapporto della Commissione europea dopo l’incontro con il presidente
della delegazione Ue a Zagabria, Paul Vandoren
sbloccare. Il Paese sta entrando in un
mercato molto vasto che offre numerose opportunità, ma bisogna vedere
se riuscirà a trovare una giusta collocazione. Se l’ingresso nell’Ue verrà inteso come un’occasione per rafforzare e
continuare sulla via delle riforme strutturali, forse qualche passo in avanti si
potrebbe anche compiere.
L’ingresso nell’Ue dovrebbe favorire e stimolare la crescita economica hanno sostenuto gli economisti raccolti
intorno al Forum internazionale dedicato agli investimenti stranieri in Croazia. Ma nel Paese si continua a discutere se la crescita del PIL dello 0,8 p. c.
sia argomento sufficiente per sostenere che la Croazia stia uscendo dalla crisi oppure si tratta solo di un’ennesima
interpretazione a meri scopi elettorali.
Negli ultimi anni, infatti, è stato registrato un calo del PIl del 5-6 p. c., sono
andati persi migliaia di posti di lavoro. Ora si nota un piccola ripresa, ma
contrariamente a quanto sostenuto dal
Ministro dell’economia Đuro Popijač,
siamo ancora ben lontani dall’aver superato la recessione. Rimane il fatto
che la crescita industriale nel primo semestre è lievitata del 1,9 p. c. mentre
l’interscambio è aumentato del 5 p. c.
rispetto ai dati registrati lo scorso anno.
Però sino a che non verrà ridotta, e in
modo drastico la spesa pubblica e avviata la riforma della pubblica amministrazione, non si potrà parlare di ripresa - sostengono gli analisti.
Ridurre la spesa pubblica significa
fare tagli netti: meno posti di lavoro,
soprattutto nei vari ministeri ed enti
governativi; un taglio netto alle spese sanità, scuola, assistenza sociale,
assegno per i disocupati. Ma chi è in
grado di farlo in piena campagna elettorale? Nessuno. Ecco perché pur parlando di superamento della crisi nessuna formazione politica in queste
burrascose settimane osa adoperare la
parola riduzione. Ma i dati sulla crisi economica finiscono in secondo piano di fronte all’attenzione puntata sulla campagna elettorale in previsione delle politiche di
dicembre.
Quello che consola i cittadini che
vivono in Croazia è in ogni caso l’ultimo rapporto della Commissione europea prima della firma del Trattato di
adesione. Nel documento si rileva che
la Croazia ha compiuto negli ultimi dodici mesi significativi passi avanti in
tutti i campi e dal punto di vista economico rimane in grado di affrontare
la concorrenza del mercato europeo.
Prima dell’ingresso nell’Ue previsto
per il 1.mo luglio del 2013 la Croazia
Attualità
dichiara soddisfatta
mia al tracollo
dovrà ristrutturare, e in modo definitivo, la cantieristica, riformare il mercato del lavoro, creare condizioni più
favorevoli per gli investimenti stranieri. Nel documento chiamato anche
“Pacchetto relativo all’allargamento
dell’Ue” in cui viene fatto pure il punto sui progressi di altri paesi che aspirano all’ingresso nell’Ue si specifica
che la Croazia ha compiuto passi importanti nel campo della giustizia e del
diritti fondamentali, nonché in quello della libertà e della sicurezza e nel
funzionamento dello stato di diritto.
Le nuove leggi approvate onde rafforzare l’indipendenza della magistratura
sono state valutate come buone e importanti. Migliorate pure le misure atte
a combattere la corruzione a tutti i livelli e a combattere varie forme di criminalità organizzata. Aggiornate pure
le leggi che permettono un più veloce accesso alle informazioni ed è stato regolato grazie ad un’apposita legge il finanziamento delle attività politiche, argomento importante anche in
previsione delle prossime elezioni di
dicembre. Questo è l’ultimo rapporto dell’esecutivo Ue prima della firma
del Trattato di adesione in agenda il 19
dicembre.
In questo stesso documento la Commissione Europea ha raccomandato
che la Serbia venga candidata all’ingresso nell’Unione Europea come riconoscimento per le riforme democratiche e per la cattura dei criminali di
guerra latitanti. Nel suo rapporto annuale sui Paesi in corsa per l’ingresso nell’Ue, l’esecutivo dell’Unione ha
detto che il nuovo status della Serbia
è condizionato alla ripresa dei colloqui
sulla cooperazione pratica con il Kosovo, sua ex provincia. ”Raccomando
di garantire alla Serbia lo status di candidato a condizione che la Serbia torni
a impegnarsi nel dialogo con il Kosovo e proceda rapidamente alla messa
in atto in buona fede degli accordi raggiunti ad oggi”, ha detto in un discorso
a Bruxelles il commissario all’Allargamento Ue, Stefan Fuele. La Commissione ha anche raccomandato che il
blocco avvii i colloqui di accesso con
il piccolo stato del Montenegro.●
Šeks e la danza del palo
T
ensione alle stelle nonché liti e
offese a non finire. Questo è il
tono del dialogo, se così si può chiamare, tra le forze politiche croate
che in questo momento cercano di
posizionarsi quanto meglio in previsione di una campagna elettorale
che, sin d’ora è chiaro, sarà scorretta, caratterizzata da colpi bassi
e scene isteriche come quelle a cui
abbiamo assistito in occasione della riunione della Commissione per
i mandati e l’immunità. Su proposta dell’HDZ l’organo parlamentare
avrebbe dovuto discutere la proposta di togliere l’immunità al deputato SDP Željko Jovanović. Ma il dibattito si è trasformato in una disgustosa discussione tra il vicepresidente del Parlamento Vladimir Šeks e i
membri della commissione.
Le accuse rivolte a Jovanović riguardano le sue reiterate affermazioni secondo cui i vertici dell’HDZ
sarebbero i componenti di un’organizzazione criminale. “Non si tratta
di una calunnia, ma di un reato dettato dall’odio” - ha sostenuto Šeks
insistendo sulla necessità di togliere l’immunità a Jovanović. A cercare di placare l’ira di Šeks è stata
Gordana Sobol, ma il vicepresidente del Parlamento ha infierito pure
contro di Lei chiedendole: “Dov’è
suo marito? È forse stato rilasciato
dalla prigione?”. Ed ha concluso
Vladimir Šeks
Željko Jovanović
sollecitandola a continuare a praticare la danza del palo (un’immagine di questa sua attività è stata
pubblicata tempo fa dai giornali) .
Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: l’opposizione
ha deciso di abbandonare i lavori
al Parlamento privandolo del necessario quorum.
La dirigenza dell’HDZ ha convocato una conferenza stampa in cui
i deputati Andrija Hebrang e Frano Matušić hanno invitato i parlamentari dell’opposizione a tornare in aula, facendo presente a loro
che “il mancato funzionamento del
Parlamento può mettere in pericolo
l’ingresso del paese nell’Ue...”. “Ci
sono in agenda diverse leggi da approvare. Un mancato adempimento di tali obblighi causerebbe grave danno all’immagine del paese e a
tutto quello che è stato conseguito in
passato”, ha detto Hebrang.
L’opposizione ha chiesto lo
scioglimento del Parlamento.
Il giorno dopo ci sono state le scuse di Šeks, in Parlamento: “Mi scuso
con tutti coloro che ho offeso, mi scuso con l’opinione pubblica...”. Ma
l’aula parlamentare è rimasta vuota,
senza quelle 77 mani necessarie per
tenere in piedi il governo.
Andremo ad elezioni anticipate? Non sarà necessario visto che si
vota il 4 dicembre●
Panorama 7
Etnia
Maurizio Tremul, presidente della Giunta UI, in visita all’asilo
Un buon investimento per il nos
di Diana Pirjavec Rameša
A
Sullo sfondo la sontuosa Villa Perla
che ospita l’asilo di Lussinpiccolo
giugno a Lussino c’è stata una
cerimonia molto emozionante
in occasione della riapertura,
dopo la ristrutturazione, della splendida Villa Perla che ospita da qualche mese la sede della Comunità degli Italiani e l’asilo italiano. Un evento importante per tutta la popolazione
residente, ma soprattutto per la locale comunità italiana che con questo
intervento ha visto realizzati, almeno in parte, sogni tenuti nel cassetto
per troppi decenni. Naturalmente le
aspettative e i progetti della CI non si
fermano certamente qua, ci sono ancora tante cose da fare per assicurare agli italiani che vivono ed operano su questa isola le condizioni necessarie per il mantenimento e la cura
dell’identità e della cultura italiana,
ma in ogni caso un passo importante
è stato già compiuto.
Nella villa oggi risuonano le voci
allegre dei bambini dell’asilo e tutte
le tristi vicende che ruotano intorno
alla storia dell’edificio, del suo impiego nei tristi e bui anni della Seconda
guerra mondiale, vengono messi in
secondo piano, quasi a dire dimenticati, mentre la gioia dei ragazzini che
oggi abitano questo palazzo cancella
o quasi le sofferenze di chi, nel periodo buio della nostra storia qui vi è stato rinchiuso. Un modo per chiedere
giustizia, un modo per andare avanti
senza la pretesa che il passato venga
cancellato.
Tempi nuovi e una classe politica
ben diversa, anche a livello comunale
ci permettono di superare i danni e le
ingiustizie che la storia ha qui commesso. L’inaugurazione di un asilo è un investimento nel futuro, è un
modo per aiutare la tradizione, la cultura ad affermarsi attraverso dinamici processi didattici. Un modo eccellente per socializzare, un buon modo
per farsi valere. Ecco perché aprire
asili è una delle scelte strategiche che
Unione Italiana compie da anni.
Lettera d’intenti per un nuovo istituto prescolare italiano a Fiume
Quando un sogno diventa finalmente realtà
I
l sindaco della Città di Fiume, Vojko Obersnel, il presidente dell’Unione Italiana, Furio Radin, il presidente
della Giunta esecutiva dell’UI, Maurizio Tremul, e la presidentessa della Comunità degli Italiani di Fiume, Agnese
Superina, hanno firmato il 12 ottobre scorso una Lettera
d’intenti per la costruzione di un nuovo edificio nel rione
di Krnjevo che ospiterà un asilo nido e un asilo d’infanzia
in lingua italiana. Un progetto caldeggiato da oltre due
decenni che apre un nuovo capitolo nella storia dello sviluppo delle istituzioni scolastiche della Comunità nazionale italiana nel capoluogo quarnerino.
Alla cerimonia ospitata a Palazzo municipale c’erano pure il console generale d’Italia a Fiume, Renato
Cianfarani, l’ambasciatore Massimo Spinetti, revisore
dei conti del ministero degli Affari esteri italiano presso
l’UI, Sanda Sušanj, responsabile della Direzione municipale per l’educazione e l’istruzione, Norma Zani, titolare del Settore educazione e istruzione della Giunta esecutiva dell’UI, e Roberto Palisca, presidente della
Giunta esecutiva della CI di Fiume. Va rilevato che le
spese relative ai lavori edili saranno sostenute dall’UI,
mentre la Città di Fiume, oltre ad assicurare il terreno, si
8 Panorama
farà carico dei costi di allacciamento dell’immobile alle
infrastrutture comunali e delle spese gestionali dell’istituto. Il preventivo di spesa per la realizzazione dell’opera si aggira attorno ai 2,8 milioni di euro.
Il presidente dell’UI e deputato della CNI al Sabor,
Furio Radin, ha ringraziato il sindaco di Fiume rilevando: “Siamo orgogliosi di poter contribuire alla realizzazione di un progetto destinato a valorizzare il nostro più grande tesoro, i bambini, ossia il nostro futuro”.
Agnese Superina, presidente della CI, ha detto che “la
costruzione dell’asilo già da tempo è stata inserita tra
le priorità della CI”. Ha ricordato pure che “l’apertura di questo asilo italiano porterà beneficio anche alla
scuola elementare italiana ‘Gelsi’, che vedrà liberarsi
gli spazi attualmente occupati dall’asilo ‘Topolino’”.
Renato Cianfarani, console generale d’Italia a Fiume,
ha espress o pure compiacimento ricordando che “questo evento è l’ennesima prova che i rapporti bilaterali
tra i due Paesi sono di ottimo livello e che continuano
a intensificarsi”.
L’edificio potrà ospitare 100 bambini e sorgerà su un
lotto edificabile di 3.300 metri quadrati.●
Etnia
di Lussinpiccolo
stro futuro
E allora, che ne è stato dopo l’inaugurazione, dopo che gli illustri ospiti,
ambasciatori, ministri, rappresentanti
dell’autonomia locale, dirigenza UI e
UPT hanno tagliato il nastro? Ne parliamo con Maurizio Tremul, presidente
della Giunta UI, che agli inizi di ottobre
ha fatto un sopralluogo a Lussinpiccolo
per toccare questa realtà con mano.
“Ad un mese di distanza dall’avvio del nuovo anno scolastico all’asilo e a pochi mesi dell’inaugurazione è stata per me una piacevole sorpresa vedere che l’attività didattica a Lussinpiccolo è molto ben avviata e oramai a regime. Non che avessi particolari dubbi in questo senso ma il 18
giugno c’erano ancora dei dettagli da
definire: mancava l’agibilità definitiva, c’era ancora qualche piccola incognita sul numero di iscritti. Nel corso
del periodo estivo ho continuato a seguire da vicino la situazione, abbiamo
risolto qualche piccolo problemino
che si presentava e ora posso constatare di persona che i bambini soggiornano in un ambiente splendido, moderno
funzionale, accogliente e caldo e che
quanto abbiamo messo in moto funziona splendidamente e ciò da a tutti
noi grande soddisfazione perché la situazione credo sia positiva”.
Ci sono ancora cose da fare?
“Ci sono anche qui dei minimi
dettagli da completare, nella fornitura delle attrezzature, ma si tratta di
piccole cose... e io ho assunto l’impegno di fare in modo che nel corso di questo anno scolastico queste
siano superate. Ora dobbiamo concentrarci, dopo l’aspetto strutturale, sul personale, sulle educatrici le
quali seguono e realizzano in maniera adeguata il procedimento educativo didattico, ma che riscontrano
qualche carenza in campo linguistico. Vorremmo quindi definire con la
direzione scolastica un loro percorso
di aggiornamento e formazione linguistica affinché siano consapevolmente e approfonditamente padrone
della lingua italiana come richiesto
in tutti i nostri istituti scolastici”.
Qual è lo status di questa istituzione prescolare?
Kristijan Jurjako, sindaco di Cherso, e Maurizio Tremul
“L’asilo è una sezione del locale
asilo croato ‘Cvrčak’, in questo caso
l’asilo e la città hanno modificato i
propri atti per ospitare questa sezione che è riconosciuta e gode di tutte
le approvazioni ministeriali. Va ancora detto che l’UI in agosto ha definito con la città di Lussinpiccolo il contratto per quanto riguarda l’utilizzo degli spazi di Villa Perla per le necessità
dell’asilo italiano in cui vengono regolati diritti e doveri e su richiesta della città abbiamo concesso per un anno
scolastico la trasformazione dell’aula
delle docenti in sezione nido-croato in
quanto le richieste delle famiglie del
luogo superavano le capacità ricettive
e la città ha chiesto ospitalità. Ho fatto
verifiche con il MAE e di intesa con la
CI di Lussinpiccolo abbiamo firmato
una annesso contratto con cui si delegano questi spazi e non si paga il canone d’affitto.
Con grande piacere posso dire che
agli inizi erano 10 iscritti, ma che ora
sono già 12 bambini. Il che è un elemento importante. Quindi da questo
punto di vista la collaborazione con la
città e l’asilo ‘Cvrčak’ sta dando i suoi
frutti e che le cose stiano procedendo
bene. Abbiamo dimostrato di saper superare insieme le difficoltà e ora andiamo avanti con grande ottimismo”.
L’apertura dell’asilo ha favorito
l’interesse per la CI?
“La Comunità svolge l’attività
di sempre, qui i soci sono molto attivi, ci sono i corsi di lingua, e accertarsi di persona che c’è un risveglio,
un nuovo interesse per le attività da
svolgere in Comunità fa un gran pia-
cere. Alla locale CI dispongono di
spazi adeguati. Certo, il piano nobile è a disposizione dell’asilo, ma non
è una diminuzione, e quindi mi sembra che ci sia un grande interesse anche prodotto dalla presenza dell’istituto prescolare che sta portando vita
e allegria che poi la Comunità riscontra eccome. Inoltre l’attività si svolge
in CI nel pomeriggio quando l’asilo
è chiuso e praticamente siamo riusciti ad accontentare ben due soggetti,
ospitandoli tutti e due nell’accogliente Villa Perla”.
Ma Lussino non è stata l’unica
tappa...
“Abbiamo compiuto un sopralluogo a Cherso. Qui avevamo due obiettivi principali: informare il sindaco
Jurjako che il restauro della sede CI
sarebbe finalmente partito. Abbiamo
parlato sullo stato della gara, precisando come vorremmo far partire la
ristrutturazione e il restauro dando
conferma all’amministrazione municipale che l’Unione Italiana avrebbe assolto gli impegni per quanto riguarda Palazzo Pretorio.
Abbiamo chiesto al sindaco di aiutare la Comunità nel periodo che rimarrà senza sede affinché possa assicurare una sede sostitutiva incontrando la disponibilità dell’autorità locale
e abbiamo definito con la ditta appaltatrice i termini entro cui andrebbero avviati i lavori, vale a dire verso
la fine ottobre, tempo 8 mesi per realizzare la ristrutturazione completa. L’investimento è di 650 mila euro
lordi e viene realizzato sui fondi della
ex 19/91 e successive estensioni”.●
Panorama 9
Attualità
A sinistra: Franco Luxardo, presidente dell’Associazione Dalmati nel Mondo, e Marino Micich, direttore del
Centro Studi fiumani a Roma. A destra: Mario Bianchi coautore del “Dizionario fiumano-italiano”
A Montegrotto il tradizionale incontro degli esuli del capoluogo
A Fiume il 50.esimo raduno dei
a cura di Ardea Velikonja
foto di Pino Bulva
P
untuale come ogni anno si è svolto a Montegrotto Terme in provincia di Padova il 49.esimo raduno dei Fiumani che ogni volta è carico di emozioni di coloro che hanno dovuto abbandonare la propria città natia.
Dopo la relazione sul lavoro svolto nel
corso di dodici mesi il sindaco del Libero comune di Fiume in esilio Guido
Brazzoduro sia nel corso della riunione
del Consiglio cittadino che all’Assemblea ha sottolineato l’importanza della visita fatta dal presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano a
Pola e il successivo incontro con il presidente croato Ivo Josipović.
All’assemblea ha partecipato pure
una delegazione della Comunità degli Italiani del capoluogo del Quarnero con la presidente Agnese Superina,
Il tavolo dei lavori con la Presidenza
il consigliere Rosi Gasparini e la preside della Scuola media superiore in
lingua italiana Ingrid Sever. Presenti
pure il ministro Roberto Pietrosanto,
il direttore del Centro Studi Fiumani
di Roma, Marino Micich, ed il presidente dell’Associazione Dalmati nel
Anche quest’anno la messa è stata officiata da monsignor Egidio Crisman
10 Panorama
Mondo, Franco Luxardo, che ha portato i saluti anche dal territorio, il suo,
che ha ospitato pure quest’anno il raduno dei Fiumani. Per l’occasione ha
ricordato l’incontro dei Dalmati che si
tiene a San Marino in cui come qui a
Montegrotto, verrà messa in eviden-
Il Ministro Roberto Pietrosanto non manca mai al
tradizionale raduno
Attualità
o del Quarnero
Fiumani?
za la collaborazione in atto all’interno
della FederEsuli sui numerosi progetti di rinnovamento delle strutture e del
rilancio dell’attività delle associazioni
aderenti.
Tanti dei presenti vorrebbero che il
50.esimo raduno dei Fiumani si svolgesse l’anno prossimo a Fiume. Però,
come ha detto la presidente della CI
Agnese Superina bisognerà procedere
congiutamente con il coinvolgimento
della municipalità di Fiume e del suo
sindaco Vojko Obersnel. Le ha fatto eco Fulvio Mohoratz che ha detto
che bisognerà valutare se i tempi sono
maturi per farlo. “I segnali che arrivano dalla città, dalla produzione di libri
che confutano la dimensione dell’italianità in loco, non depongono a favore di una decisione positiva. Si dovrà
lavorare sodo per creare le premesse
necessarie a un raduno che sia veramente tale”, gli ha risposto Agnese Su-
La tradizionale posa della corona d’alloro ai piedi del monumento ai caduti di Montegrotto
perina aggiungendo che “i tempi non
saranno mai maturi, ma se vogliamo
farlo, facciamolo. Attenti però a non
vanificare un lavoro fatto in loro, con
le autorità municipali, per tanti decenni”. Nel corso della riunione si è parlato pure del problema del cimitero dove
le tombe vengono rivendute con una
semplice comunicazione alle famiglie
inadempienti. Un applauso è andato ai
ragazzi della Fiumana che si sono aggiudicati la medaglia al Triangolare di
Roma organizzato dall’ANVGD.
In calce alla riunione è stato dato
ampio spazio al nuovo “Dizionario
del dialetto fiumano-italiano” redatto da un gruppo di appassionati che a
percorso la strada già tracciata da simili dizionari. Ma al nucleo originale di questi si è aggiunta la ricerca sul
campo, un periodo di scavo, di un folto gruppo di persone che ancora ricordano e che l’hanno trasformato in un
L’immancabile torta a fine raduno che ha commosso tutti
“testamento di fiumanità”. Il libro è
stato curato da Nicola Pafundi con il
contributo di Mario Bianchi, Camillo Blasich e padre Sergio Katunarich
e contiene una grammatica ad uso del
dizionario, il dizionarietto dei verbi,
dei cenni storici e di costume e la Toponomastica. Il “Dizionario del dialetto fiumano-italiano e italiano-fiumano” verrà presentato alla Comunità
degli Italiani di Fiume il 2 novembre
prossimo dopo l’incontro in Cripta per
la tradizionale messa dedicata a tutti i
Defunti.
La tre giorni di Montegrotto si è
conclusa dopo la posa di una corona
di alloro ai piedi del Monumento ai
caduti in centro città, una gita collettiva alla Villa dei Vescovi a Luvigliano
di Torreglia e il tradizionale pranzo di
domenica con la torta con la bandiera fiumana che ogni anno emoziona la
maggior parte dei presenti. ●
Quest’anno meta della gita collettiva è stata Villa dei
Vescovi a Luvigliano di Torreglia
Panorama 11
Convegni
A Fiume simposio internazionale sulle vicende nell’Alto Adriatico
Storia comune, se non condivisa
di Mario Simonovich
- foto di Graziella Tatalović
S
e una storia condivisa appare meta lontana, e forse anche
irraggiungibile, un percorso all’insegna della storia comune,
ovvero tale da includere la storia
“degli altri” nella “nostra” è assolutamente da seguire quando si tratti
delle vicende di queste terre. Que-
sto il significato primario del convegno internazionale Panopticon
storico dell’Alto Adriatico svoltosi
il 7 ottobre al campus universitario
di Tersatto. All’appuntamento, curato da Darko Dukovski, dirigente
del Dipartimento di storia, hanno
preso parte ricercatori croati, italiani e sloveni, sicché la copertura
statal-nazionale dell’area è risultata completa.
Non molto numeroso ma molto attento e partecipe il pubblico presente
al convegno, costituito per la maggior parte da studenti
È stato lo stesso docente a sintetizzare, in un’acuta analisi, uno dei temi
più importanti di questo panopticon:
i motivi dell’esodo istriano, identificati nei timori della perdita dei diritti
del cittadino e di quelli nazionali, in
armonia con l’imperante modello sovietico che il nuovo potere applicava
con quotidiana frequenza. La gente
che scompariva, le liquidazioni senza processo di persone politicamente esposte, le denunce e le vendette
erano tutti atti che favorivano le partenze.
Molto interessanti anche quelli che egli, analizzandoli da vicino,
chiama i miti e che riguardavano:
l’impossibilità della convivenza (di
matrice britannica); dell’AJ “liberatrice” di Trieste (mito jugoslavo); il
mito dell’assenso degli italiani all’inclusione nella Jugoslavia (di matrice agitprop); della fratellanza-unità,
con cui sarebbe stata risolta una volta per sempre la questione nazionale;
dell’uguaglianza e prosperità, verso
cui erano attratti in particolare i beneficiati della riforma agraria. A questi
si aggiungono il mito sulla “supremazia numerica dei Croati e degli Slo-
Il passato sondato in dodici relazioni
D
arko Dukovski (Univ. Fiume): “Il turbulento e decisivo
biennio postbellico istriano: i processi sociali, economici e politici
e le possibilità di convivenza fra
tre popoli”.
Jože Pirjevec (Univ. Capodistria). “Il ruolo della storia nel pensiero politico italiano, oggi: l’esempio delle foibe”.
Raoul Pupo (Univ. Trieste): “Alcuni problemi di storia comparata:
l’Alto adriatico dopo le due guerre
mondiali”.
Marta Verginella (Univ. Lubiana): “La storia dell’area altoadriastica: dalle storie nazionali alla storia incrociata?”.
Franko Dota (Univ. Zagabria,
dottorando): “Dai destini della sto-
12 Panorama
ria all’errore fatale: la storiografia croata sull’esodo degli Italiani
dall’Istria e da Fiume”.
Guido Franzinetti (Univ. Piemonte Orientale, Alessandria):
“Prospettive sul passato e il futuro
della storiografia adriatica”.
Gorazd Bajc (Univ. Capodistria):
“Londra, Washington e le foibe:
come valutare i documenti britannici e americani relativi agli arresti,
alle deportazioni e alle esecuzioni
nelle Venezia Giulia dopo il primo
maggio 1945″.
Nevenka Troha (Istituto per la
storia contemporanea Lubiana):
“La fratellanza sloveno-italiana.
Uno sguardo sul ruolo degli Italiani nell’Unione antifascista italoslovena”.
Andrea Roknić Bežanić (Univ.
Fiume): “L’istituzione e l’organizzazione dell’autorità ciovile
e militare nella Fiume del dopoguerra”.
Gloria Nemec (Univ. Trieste):
“Processi di formazione della minoranza italiana, memorie e interpretazioni sul tema delle opzioni”.
Milan Radošević (Istituto per le
scienze storiche e sociali dell’Accademia croata delle Scienze e delle Arti di Fiume, sezione di Pola):
“Le condizioni igieniche e sanitarie
nella Croazia occidentale fra le due
guerre con particolare riferimento
all’Istria”.
Vjekoslav Perica (Univ. Fiume):
“La missione di pace dell’U.S. Navy
nell’Adriatico, 1919-1921″. ●
Convegni
Tre dei relatori presenti: Jože Pirjevec (Univ. di Capodistria), Darko Dukovski (Fiume) e Raoul Pupo (Trieste)
veni” che si sostituiva al precedente
“sull’inesistenza degli Slavi” in Istria;
sulla “pacificazione e la buona volontà” in cui però ciascuna delle due parti si adopera a presentarsi come la più
civile e degna dell’attenzione internazionale mentre l’altra dev’essere giudicata negativamente; sulla “barbarie
e la brutalità degli slavi e dei partigiani” che si inserisce nel mito generico
sul “genocidio degli italiani” per finire con il mito sulla “cacciata” degli
italiani che non teneva conto del fatto
che ad essi si erano aggregati oltre 40
mila fra croati e sloveni. Degno d’attenzione anche il suo riferimento al
clero istriano, che fu largamente partecipe, talvolta in maniera esplicitamente attiva, del movimento di liberazione. Nei suoi confronti il neocostituito potere tenne un atteggiamento ambivalente. Dapprima si mostrò
cooperativo e generoso nel ripristino
degli immobili ecclesistici, per cambiare poi del tutto nel 1947, quando si
rese conto che il suo sostegno non gli
era più necessario.
Proponendo una storia comparata, tale da superare gli stereotipi, essenzialmente di tipo ideolgico, Raoul
Pupo, dell’Università di Trieste, si è
soffermato sui due dopoguerra, caratterizzati entrambi da due stati impegnati a conquistare il controllo del
territorio. Prioritaria è la spinta nazionalizzatrice, operante, all’inizio, nel
quadro di occupazioni militari. Di riflesso, una sola questione, la definizione dei confini, si protrae per sei
anni nel primo caso, per arrivare addirittura a nove nel secondo. L’insta-
bilità politica che ad essa si accompagna avrà pesanti ricadute sulla popolazione. Ambo le volte protagonisti di
primo piano sono gli eserciti. Quello
italiano, fortemente autoritario, è comunque espressione di uno stato liberale. Quello jugoslavo è una forza rivoluzionaria che ha combattuto una
guerra anche civile sicché il terrore e
l’annichilimento degli avversari sono
sistemi usuali in quanto di provata efficacia.
Ancora un parallelismo: il primo conflitto adotta la violenza come
strumento corrente di lotta politica e
il soggetto che meglio impara la lezione è il fascismo. Il secondo, con la
serie di aggressioni, mescola in una
miscela altamente esplosiva l’esperienza delle propensioni naziste allo
sterminio e le pratiche di lotta bolsceviche e staliniste. Per gli italiani
ne deriverà un inserimento diretto già
nelle prime, per poi ritrovarsi a fare i
conti con le seconde, in quanto l’area
scivolerà “verso” l’Europa dell’Est.
Ultimo è il nodo dell’“ingegneria
etnica”, più palese negli spostamenti
forzati di popolazione. Cercando di
cogliere le somiglianze fra i due periodi, respingendo l’idea del genocidio, Pupo afferma che la leadership
dominante individua nel gruppo minoritario una componente irriducibile, che deve sparire, mentre gli altri vanno assimilati. Con una differenza: l’avversario dei fascisti è una
borghesia slava effettivamente ridotta nell’aspetto numerico, mentre
il nuovo regime jugoslavo si trova
contro la maggioranza degli italiani.
Jože Pirjevec ha sottolineato la
tenacia con cui il regime fascista si
adoperò ad assimilare alloglotti e allogeni. Fu una politica che si snodò
con criteri che si possono definire lineari fino al 1943. Qui va cercata la
differenza primaria nei confronti del
comunismo la cui sostanza ideologica era intrinsecamente priva di volontà snazionalizzatrici.
In conclusione, particolarmente
degne di nota le valutazioni di Marta
Verginella, di Lubiana, che ha rilevato l’ampliamento della ricerca ed
il suo spostamento dalla storia politica a quella sociale, economica e
culturale nonché l’impiego di nuovi approcci metodologici, come ad
esempio quello proposto della storia
orale, riscontrabili così nella storiografia italiana come in quella slovena e croata. Peraltro in tutti i tre contesti persistono interpretazioni inclini ad usare i concetti di stato e di
nazione di derivazione ottocentesca
dimostrando così di non aver assolutamente recepito gli esiti registrati
dalle ricerche degli ultimi vent’anni:
persiste l’ancoraggio a un modo di
far storia locale sostanzialmente etnocentrico, scarsamente ricettivo degli studi dimostranti come l’identità
etnica sia uno strumento di relazione
con l’alterità e come l’identità, individuale e collettiva, può essere manipolata. Peraltro, le ricerche comparate avviate sull’area di frontiera
italo-slovena nell’ultimo decennio,
che hanno esaminato i soggetti anche in competizione fra loro, lasciano ben sperare. ●
Panorama 13
Personaggi
Steve Jobs fu il fondatore di Apple, una delle imprese tecnolo
Cerca la perfezione. Semplifica. C
a cura di Diana Pirjavec Rameša
isionario, perfezionista, carismatico, sfuggente, crudele, manipolatore. Tutti aggettivi che si addicono a Steve Jobs, il
fondatore della Apple scomparso lo
scorso 5 ottobre.
La notizia è stata battuta dall’Associated Press: “Steve Jobs è morto”.
Il fondatore della Mela, l’uomo che
ha “creato due volte” il marchio-simbolo della nostra era digitale, all’età
di 56 anni ha perso l’ultima battaglia:
quella contro il cancro al pancreas
che lo aveva colpito già una prima
volta nel 2004. Jobs si era già ritirato
da ogni incarico operativo, il 24 agosto aveva abbandonato anche l’incarico formale di presidente di Apple
lasciandolo al suo braccio destro Tim
Cook. Era il segno che ormai le speranze per lui erano esigue.
L’ultima apparizione in pubblico
risale al 7 giugno: a sorpresa Jobs si
era presentato a una seduta del consiglio comunale di Cupertino (sede di
Apple, nella Silicon Valley californiana) per presentare il progetto del
nuovo campus aziendale. Dopo quella data di lui erano circolate solo delle
foto sui tabloid americani, forse apocrife: lo ritraevano come l’ombra di
V
se stesso, magrissimo, spettrale. Un
fantasma rispetto allo “showman”
che aveva incantato i consumatori del mondo intero seducendoli fino
all’adozione universale dell’iPod, di
iTunes, dell’iPhone, dell’iPad.
L’impronta di Steve Jobs nella storia dell’industria americana, il
suo lascito all’economia dei nostri
tempi, è formidabile ed è indefinibile. Non esiste una “teoria di Steve
Jobs”, una ricetta. Passerà del tempo prima che sia chiaro se Apple
può ripetere gli stessi exploit, prolungare quella corsa forsennata, anche senza di lui: ma non è questo il
punto. L’eredità che Jobs ci lascia è
misteriosa perché è difficile dire che
cosa sia stata Apple sotto la sua guida ispiratrice. Un’impresa informatica? Solo all’origine, con la gamma
dei Macintosh e poi degli iMac. Ma
venne l’iPod con annesso l’ipermercato virtuale iTunes: così Apple invase e cambiò il business musicale.
Poi l’iPhone: è allora una società telefonica? E l’iPad: Jobs come reinventore del mondo dell’informazione e dell’editoria? E gli Apple Store: un gigante della distribuzione? È
stato un po’ di tutto, il che spiega il
fantastico sorpasso di Borsa sulla
Microsoft, il balzo verso il primato
mondiale assoluto tra le imprese tecnologiche.
Un’azienda
di marketing?
Questo è tanto più sorprendente per un’azienda che fu moribonda: stava letteralmente scomparendo quando Jobs vi fece il suo ritorno
dopo un lungo divorzio. A decifrare la
vera natura di Jobs forse aiuta la definizione che ne diede John Sculley,
sfortunato chief executive dal 1983
al 1993: “La gente parla di tecnologia, ma la verità è che Apple è stata un’azienda di marketing. L’azienda di marketing del decennio”. Fuochino fuochino, ma anche questo non
basta. Il mondo intero si era talmente abituato ai trionfi di Jobs, che le
sue innovazioni ci sembravano perfino scontate. La sua filosofia è stata
rivoluzionaria in molti campi, fino a
fare scuola: e quindi oggi detta legge
e sembra quasi scontato che sia così.
Un esempio è il design. Vent’anni fa
chi si sognava che un computer dovesse essere “bello”? Ci accontentavamo di scatoloni disegnati col righello, purché funzionassero.
Fusione tra estetica
e tecnologia
Dopo Steve Jobs, la fusione tra
estetica e tecnologia è un obbligo
per sopravvivere in quel settore. Il
che non significa che i suoi computer
fossero solo degli oggetti del desiderio. In fatto di tecnologia, i loro interfaccia grafici conquistarono fin da
principio nicchie di utenti sofisticati
e in grado d’influenzare altri (grafici,
pubblicitari, giornalisti, case editrici). Ecco un’altra costante di Apple:
la capacità di sfornare status-symbol,
adottati da chi poi detta le mode. Il
caso dell’iPod fu forse il più clamoroso esempio di reinvenzione di un
prodotto già esistente: gli mp3 per
ascoltare musica. Jobs ci aggiunse,
oltre al design dell’iPod ben più se-
14 Panorama
Personaggi
ogiche che hanno cambiato il mondo
Conserva i tuoi segreti
Steve Jobs (1955-2011)
ducente di ogni altro predecessore,
anche la novità di iTunes, magazzino
virtuale di tutta la musica umana. E
convinse generazioni di “pirati”, abituati a copiare gratis i brani musciali,
a soggiacere al micro-pagamento di
99 centesimi. Da allora, sembra quasi
che la musica digitale l’abbia inventata Apple, perché l’epoca pre-iPod
sembra preistoria. Un mistero della
fede è anche il modo in cui Steve Jobs
gestiva la comunicazione: contravvenendo a tutte le regole.
Devozione alla marca
La sua era per il 99 p.c. del tempo non-comunicazione, anti-comunicazione: poche aziende hanno trattato così male i giornalisti come Apple,
e nessuna ha ricevuto in cambio così
tanta pubblicità gratuita. L’alone di
leggendaria segretezza che Jobs imponeva a tutti i suoi collaboratori, la
caccia spietata contro i responsabili
delle fughe di notizie, costruivano attorno al quartier generale di Cupertino un clima mitico d’impenetrabilità.
Ma anziché provocare ostilità o indifferenza, questa strategia alimentava
attese parossistiche prima del lancio
dei nuovi prodotti. Poi appariva Jobs,
il Profeta, osannato dai seguaci come
fossero appartenenti a una setta religiosa. Per descrivere l’atteggiamento
dei consumatori verso Apple è stato
usato spesso il termine “devozione”,
che noi associamo alla Chiesa. Poche
marche nella storia dell’industria mo-
dei “campus”, il premio ai geni creativi trasgressivi e ribelli, tutto questo fu
vero per una fase iniziale alla Microsoft, così come lo è stato per Google
e Facebook. Apple ha inventato l’etichettatura “designed in California”,
restituendo all’America la speranza
che la globalizzazione e le delocalizzazioni manifatturiere non impediscano di conservare il ruolo più pre-
«Aveva un grande senso estetico e la capacità di capire al volo
cosa vogliono le persone da un prodotto. Era anche un grande
leader e un venditore straordinario. Grazie a queste sue capacità, è stato l’amministratore delegato più incredibile degli
ultimi tempi», ha scritto Dan Gillmor sul “Guardian”.
derna hanno saputo conquistarsi un
simile patrimonio di fedeltà. Forse la
Ferrari o il Rolex ma di certo nessun
produttore di beni di massa, venduti a
decine o centinaia di milioni di esemplari nel mondo.
Una fabbrica delle idee
Nel sondaggio annuo della rivista ‘Fortune’, Apple è risultata come
l’azienda più ammirata del mondo per
tre anni consecutivi, nel 2008, 2009 e
2010. La “filosofia” che Jobs ha portato alle estreme conseguenze per altri
aspetti è figlia della Silicon Valley, è
una costante di alcune generazioni di
imprenditori innovativi radicati nella West Coast degli Stati Uniti: l’organizzazione aziendale “piatta”, cioè
poco gerarchica, la flessibilità, lo stile
ostentatamente ludico e giovanilista
giato: essere il luogo di “concezione, progettazione”, la fabbrica delle
idee. Jobs diede della cultura californiana un’interpretazione particolare,
applicandola con uno stile personale
furiosamente autoritario, la determinazione di “spremere” i suoi talenti migliori umiliandoli e mettendoli
in competizione fra loro. Praticò un
rigore maniacale nello scartare nove
progetti prima di approvarne uno, e a
quel punto concentrava tutta l’attenzione su quel prodotto nuovo, la sua
qualità, la soddisfazione del cliente.
Perché è impossibile prevedere oggi
se le sue ricette siano ripetibili? Perché alla fine la magìa si accendeva
nel momento in cui Jobs saliva sul
palco, e l’affabulatore ipnotizzava le
masse. Quella non era economia industriale, era arte.●
Panorama 15
Società
Nonostante un impianto normativo all’altezza, si è ancora molto lontani dalla tu
Violenza domestica: pochi progress
a cura di Bruno Bontempo
N
el 2003 i media croati si ritrovarono in mano una storia bollente. La francese Magali Boers, accusò il marito Ljubomir Čučić,
ex ambasciatore croato in Belgio ed ex
segretario del partito Movimento europeo, di abusi fisici e psicologici. Il
caso rappresentò in Croazia un punto
di svolta sulla questione della violenza domestica portando il dibattito allo
scoperto. In un Paese conservatore, fiero del proprio cattolicesimo e dell’adesione ai valori cristiani, quale la Croazia era ed è tutt’ora, la violenza domestica rappresentava infatti un vero e
proprio taboo.
Il caso Boers-Čučić aiutò tra l’altro ad uscire dall’interpretazione
fuorviante che la violenza domestica
sia causata in larga misura dalla crisi
sociale che ha coinvolto la Croazia
negli ultimi 20 anni e che ha portato ad una generale crescita del livello
di povertà. Neva Tolle, dell’associazione Autonomous Women’s House di Zagabria, e Maja Vukmanić, di
Women’s Room, concordano piuttosto sul fatto che alla radice del problema stanno le relazioni tradiziona-
16 Panorama
li patriarcali che caratterizzano la società croata. “Il problema principale riguarda le relazioni di forza tra i
generi. La violenza domestica non è
solo un problema sociale, ma in primo luogo politico. Una condizione sociale precaria, l’alcolismo o le
droghe possono rappresentare il grilletto di ondate di violenza nei confronti delle donne, ma non ne sono la
ragione” afferma Neva Tolle. Maja
Vukmanić aggiunge che i bambini
in Croazia vengono indottrinati con
ruoli di genere stereotipati, anche a
conseguenza della grande influenza sulla società della chiesa cattolica. “Nonostante i progressi permane l’idea che la violenza domestica
sia una questione privata, che riguarda solo chi ne è colpito” sottolinea la
Vukmanić.
La Tolle nota inoltre che le donne che chiedono protezione presso la sua associazione (che gestisce
un alloggio protetto) provengono da
tutti i livelli sociali e d’educazione,
ed hanno età molto variabili. “Tutte le donne possono divenire vittime di un partner violento”, afferma.
“La maggior parte delle vittime ha
un diploma di scuola superiore, se-
guono donne che hanno conseguito
una laurea e infine vi sono quelle che
hanno terminato la scuola dell’obbligo”, aggiunge Tolle per confermare
che non sono solo le donne con scarsa formazione e con una situazione
sociale difficile alle spalle a divenire
vittime. Tutt’altro.
Uno studio realizzato nel 2003
da Autonomous Women’s House ha
evidenziato che il 43 p.c. delle donne croate ha subito una qualche forma di violenza fisica da parte del coniuge o di altri partner. I dati forniti
dal ministero degli Interni segnalano
che dalle 7.200 segnalazioni di abusi
nel 2002 si è passati alle 19.000 del
2007, per poi scendere leggermente
alle 17.800 del 2008. Le istituzioni
hanno reagito con una serie di iniziative legislative. Oltre alle previsioni generali presenti nell’articolo
23 della Costituzione, dal 2000 il codice penale prevede anche la violenza all’interno della famiglia. Emendamenti al codice di procedura penale, nel maggio del 2002, hanno inoltre rafforzato le misure protettive a
favore di vittime di violenza domestica, includendo una serie di misure restrittive nei confronti di persone
accusate di violenza domestica e misure detentive a loro carico più rigide. Nel 2003, inoltre, il Parlamento
croato ha approvato la “Legge sulla protezione contro la violenza in
famiglia”, che include - nella definizione di violenza familiare - abusi fisici, psicologici, intimidazioni,
violenza sessuale, restrizioni alla li-
Società
utela dei diritti delle donne
si in Croazia
bertà di movimento o di comunicazione. “Ciononostante, pur di fronte ad un impianto giuridico solido,
l’implementazione delle previsioni legislative rimane spesso sfavorevole alle vittime. Le donne che
denunciano una violenza rischiano
di non venire prese sul serio, viene messo in dubbio il loro vissuto e
le loro paure e questo porta a volte
ad un’ulteriore vittimizzazione delle donne da quello stesso sistema
che dovrebbe assisterle e proteggerle”, sottolinea Neva Tolle. “Ed è
proprio per queste mancanze che in
Croazia vi è un altissimo numero di
omicidi di donne che avevano deciso di lasciare, per le violenze subite, i partner”.
Il programma di cooperazione
decentrata italo-balcanica SeeNet II
include attività specificamente volte alla creazione ed al rafforzamento di una rete integrata di servizi territoriali che operano nell’ambito del
contrasto alla violenza alle donne.
All’interno del Programma, Osservatorio Balcani analizza la questione
della violenza sulle donne e dei sistemi in atto per contrastarla nei sette paesi dei Balcani occidentali coinvolti in SeeNet II. Le organizzazioni
della società civile sono state molto
coinvolte in questi anni ed hanno largamente contribuito alla lotta contro la violenza domestica. Uno studio condotto nel 2010 dall’ong Women’s Room mostra come vi siano,
nel Paese, 32 associazioni che forniscono sostegno ed assistenza alle vittime di violenza. Di queste, 12 offrono il servizio delle case accoglienza,
18 servizi di consulenza, una opera
in modo specifico come centro per
donne vittime di violenze sessuali ed
una ha attivato una linea telefonica
di consulenza.
“Oltre alle 11 case protette gestite
dalle associazioni ve ne sono altre 7
create da amministrazioni locali. Ma
la capacità totale di accoglienza è
ben al di sotto delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa per la protezione delle donne dalla violenza.
Inoltre non vi è nessun numero ver-
de nazionale e degli 11 necessari, abbiamo un solo centro che si occupa di
vittime di violenze sessuali” chiarisce
Maja Vukmanić. La casa protetta gestita da Autonomous Women’s House di Zagabria offre un ampio spettro
di servizi. Si va dall’alloggio protetto,
al favorire il contatto tra le donne ed
i loro bambini, all’assistenza psicologica gratuita e assistenza legale. Nella primavera del 2011, la casa protetta di Zagabria, come altre 5 nel Paese, ha rischiato la chiusura. Gli enti
pubblici co-finanziatori per circa il 30
p.c. delle iniziative non avevano infatti pagato ancora le loro quote.
Il problema, che si era verificato
già nel 2010, consiste nel fatto che i
fondi previsti per gennaio sono stati ricevuti solo a giugno e, inoltre, la
tendenza è quella di diminuire i finanziamenti. “L’associazione - dice
Neva Tolle -, è resistita solo grazie
ai 40.000 euro garantiti dalla fondazione ERSTE. Non so veramente cosa accadrà nel 2012, ma vi è un
rea- le pericolo che alcune case protette vengano chiuse. Senza un minimo di fondi, ed intendo realmente
un minimo, non possiamo fare questo lavoro in modo responsabile”.
La Vukmanić aggiunge poi che “sette associazioni (tra cui Safe House
Istra di Pola e UZOR di Fiume) hanno preparato un progetto di legge sul
finanziamento delle case protette e
dei centri di consulenza. Nel progetto di legge si stabilisce un regolare e
continuo sostegno finanziario. Si garantisce inoltre la qualità dei servizi
erogati. Ci auguriamo che la legge
venga adottata, anche se il ministero per la Salute e i Servizi sociali
ha già espresso la loro contrarietà”.
Ciononostante sono stati registrati anche alcuni progressi, quali ad
esempio l’organizzazione, a partire
dal 1998, di corsi di formazione per
la polizia durante i quali gli agenti vengono informati della violenza sulle donne e del lavoro in tale
ambito di istituzioni e associazioni
della società civile.
Comunque andrebbe migliorata la cooperazione tra i centri sociali
pubblici, non in grado di fornire sostegno a lungo termine alle vittime
di violenza domestica, e organizzazioni della società civile che si sono
specializzate in tale ambito. “La situazione in Croazia ha ancora bisogno di un’attenzione più puntuale da parte dei cittadini. Nonostante
i progressi siamo ancora lontani da
una vera protezione dei diritti delle
donne vittime di violenza e da una
vera parità tra i generi”, chiosa la
Vukmanić.
Tra meno di due anni, il primo
luglio del 2013, la Croazia entrerà
a pieno titolo nell’Unione europea.
Il Paese ha raggiunto tutti gli obiettivi posti da Bruxelles e, dopo aver
chiuso le negoziazioni, ora raggiungerà l’agognata meta. Se però anche
la lotta e la prevenzione della violenza domestica fossero stati posti come
condizione, la Croazia non sarebbe
arrivata così lontana lungo la strada
dell’integrazione europea. ●
Panorama 17
Società
I viaggiatori leggeri In cammino oltre i confini tra isole e mare da
Lussino, uomini e donne avvolt
testo e foto di Marino Vocci
S
ul molo di san Pietro dei Nembi
le barche di Carlo e Sabina accolgono i viaggiatori leggeri e i
loro bagagli e dopo una navigazione di
circa una decina di minuti li scaricano
sull’Isola di Lussino.
L’emozione è fortissima, e alcuni
“viaggiatori leggeri” sentono quasi un
senso di colpa nel lasciare quest’isola bellissima, accogliente e ormai familiare. San Piero oggi è un’isola abbandonata e forse proprio per questo è
come una metafora, quasi il simbolo
di quell’insularità antica e tutta particolare che significa senso di appartenenza profonda anche se temporanea
e se la “vivi” quest’isola ti fa capire
cosa significhi essere donne e uomini
che vivono avvolti dal mare. Un’isola ancora felice, una sorta di rassicurante approdo all’interno di un mare
tempestoso fatto di egoismi e di sprechi ambientali, anche perché “racconta” un modo diverso di fare territorio.
Questa sensazione si mescola alla voglia di incontrarne un’altra, un’isola diversa, Lussino, la grande signora
del mare, la meta preferita del turismo
di massa dell’intero Arcipelago delle
Absirtidi.
Oltre alla giusta curiosità che il
raggiungimento di un altro approdo
porta in sè, c’è anche il desiderio più
semplice e... salutista e cioè quello di
mettersi in cammino e di contribuire
almeno in parte, nelle cinque/sei ore
previste dalla tabella di marcia, allo
smaltimento dei troppi bicchieri di
vino del Carso e della deliziosa rosti-
18 Panorama
da di pesci freschissimi che Elsa ha
preparato per noi la sera precedente.
Incontrare Lussino e inerpicarsi
lungo la tortuosa strada in salita, che
in un breve tratto porta dal mare ai
quasi 250 metri del Monte Ghergosciago, significa incontrare con gli occhi il Monte Ossero e, alle sue spalle,
l’Istria, ma soprattutto con lo sguardo
abbandonare luoghi paradisiaci. E ancora per un breve e intenso momento, da un balcone con panorami mozzafiato e di una bellezza... sconfinata, fotografare un mare color turchino
punteggiato da centinaia di isole verdi
e bianche che sono uno straordinario
ancoraggio per i nostri sguardi. Isole bellissime come le sottostanti Asinello, San Pietro e Oriule e ai piedi
del Velebit Veglia, Arbe e Pago e ancora Maon, Vir, Molat, Isto, le punte
più settentrionali dell’Isola Lunga e di
Ugljan, e poi Silba, Ulbo e le familiari Sansego, Unie, Premuda e l’incantevole Gruijca. Avendo scelto di raggiungere a piedi prima la Chiesa di
San Giovanni, poi il Monte Calvario
e Lussingrande, per approdare infine a
Lussinpiccolo in mezzo a sentieri disegnati e dominati dalla pietra bianca e dalle masiere e gromaze in mezzo a una lussureggiante flora mediterranea, troveremo angoli di mediterraneo e soprattutto baie straordinarie.
Luoghi di una bellezza davvero rara,
come le baie e baiette di Pecina, Vinikova, Pljeski, Balvanida e la stupenda
Criviza: dove in un mare incantevole
e ammirando un’inaspettata e inedita
“danza del ventre” di quattro ragazze a bordo di un barca, abbiamo fatto il più bel bagno di mare dell’intero viaggio. Un bagno forse troppo...
godurioso e che “pagheremo” lungo
il tratto in salita che da Criviza in un
paio d’ore ci porterà alla Chiesa di san
Giovanni; si rivelerà come il più faticoso, in particolare per la temperatura
in alcuni momenti superiore ai 40 gradi, dell’intero nostro bellissimo viaggio. Raggiunta la cima, con la splendida Lussingrande ai nostri piedi, ci
siamo concessi una meritata e doverosa sosta, in un luogo che aiuta a far
viaggiare la mente nella grande storia
della signora del mare. Lussino, l’iso-
Società
Premuda a Cherso
ti dal mare
la dei grandi velieri, dei famosi capitani e marinai e dei grandi uomini di
mare e di scienza, quali il fisico Paolo Budinich, inventore di “Trieste città
della scienza”, il grande Tino Straulino, olimpionico e comandante di navi,
che con la “sua” Amerigo Vespucci, la nave scuola più famosa al mondo, contravvenendo alle regole, uscì a
vele spiegate dal porto di Taranto. E
poi ancora l’isola di tante famiglie legate intimamente alla storia del mare
e in particolare a quelle delle grandi
società di navigazione quali i Martinolic, Gerolimich, Tarabocchia, Vidulich, Premuda, Nicolich, Craglietto,
Ragusin e la famiglia Cosulich che,
partita proprio da Lussino, approderà
prima a Monfalcone e che poi con le
sue navi navi andrà alla “conquista”
del mondo. Un’isola dove la Torre degli uscocchi e i cimiteri ma anche le
grandi chiese e le piccole cappelle e la
storica Scuola nautica, ci ricordano la
storia di grandi viaggi a vela e il fascino e i pericoli del mare. E poi ancora
le splendide baie di Cigale e Zabodaschi, la cui bellezza ha ispirato pagine
bellissime di letteratura.
La discesa verso Lussingrande, lungo un sentiero, segnato anche da alcune stazioni della via Crucis, diventa un
pellegrinaggio gioioso; così come la
breve sosta nel porto per una meritatissima spumeggiante birra, la passeggiata sul lungomare (a parte un mastodontico albergo) e il bagno nella baia
di Valdarche. Lussinpicolo ci accoglie
calorosamente con la luce del sole che
tramonta dietro alla Bocca falsa.
L’accoglienza migliore però è a
tavola, dove forse ha mancato la musica con la quale questa parte del mediterraneo si racconta e cioè quella di
una klapa o del coinvolgente melos
dalmata, ma dove la famiglia Chalvien ha preparato per noi dei gustosissimi piatti. Indiscusso e apprezzatissimo protagonista è l’agnello. In
un luogo che racconta soprattutto storie di mare un grande e gustoso dono
della terra, per fortuna non quello della Nuova Zelanda, ma proprio quello
eccellente e leggermente salèe delle
Absirtidi.●
(2 - continua)
Riflessioni in cornice
Tutti si accorsero con uno sguardo
che non si trattava di un missionario
di Luca Dessardo
C
irca due settimane fa, a causa di
un aumento di stupri a New York,
i poliziotti locali, oltre a concentrarsi nella cattura dei colpevoli e vigilare in modo che episodi del genere
capitino con minor frequenza (fino
ad un’idilliaca scomparsa assoluta), hanno consigliato alle donne della zona abiti più castigati scatenando la furia di femministe che, gridando allo scandalo, hanno prontamente
invocato l’onnipresente spettro della
correttezza politica. A proposito, lo
stesso aggettivo “provocante” usato
qui sopra è in un certo senso scorretto. Provocare vuol dire appunto cercare di suscitare una determinata reazione, e porre la situazione in questi termini sembra quasi giustificare
l’aggressione, il che non è assolutamente il caso.
A ben vedere però, non possiamo negare che il “provocante” sta
appunto nell’allusione ad una sessualità apparentemente facile. Donne vestite in maniera da far risaltare
determinati attributi che per natura
o cultura consideriamo sessuali rischiano di più, dicono le statistiche.
Il problema sta nel fatto che il termine “provocante” implica un giudizio etico oltre che estetico, e qui
nasce tutta la confusione. Semplicemente la società contemporanea, per quanto abbia liberalizzato
a parole determinati comportamenti, non è riuscita a rinunciare ad un
giudizio morale (spesso negativo)
su di essi. Anzi, pare che la moralità
sia l’ultimo baluardo a tutela di un
bigottismo (anche laico) esasperato utile solo ad arroccare gli individui su posizioni altrimenti poco difendibili. In poche parole, per quanto possiamo definire corretti da un
punto di vista perfettamente razionale e legale alcuni modi di essere, questi stessi nella prassi sono
costantemente disprezzati e bollati con giudizii poco lusinghieri. Ad
esempio, per quanto sia legalmente riconosciuto il diritto degli omosessuali a esprimere liberamente
la loro sessualità e l’amore, quando chiedono di esercitare questo diritto e passeggiare per la città pari
a coppie etero, questo gli viene negato da torme di scalmanati pronti a lapidarli. Similmente con le donne. Per quanto abbiamo riconosciuto
che sono liberissime di vestirsi come
preferiscono, non mancano però offese e ingiurie quando le si osserva dall’alto del nostro perbenismo
- come fanno le comari di Sant’Ilario riguardo a “Bocca di rosa” nella celeberrima canzone di de Andrè.
Indubbiamente, le femministe che
hanno denunciato il comportamento della polizia hanno voluto reagire a questo stigma che la società in fin dei conti impone, al giudizio morale implicito nella definizione “provocante” di abbigliamento.
Hanno preso i consigli della polizia
come un rinforzo di questi preconcetti, piuttosto che come un amichevole avvertenza proprio riguardo a
questi pregiudizi, oltre che un ammonimento riguardo al (troppo) facile appetito della libidine maschile. Purtroppo, in casi come questo
l’aspetto che moralmente (e ingiustamente) ci sentiamo di deplorare
si confonde con un’effettiva caratteristica, con una differenza che dovrebbe rimanere differenza. Alla ricerca di una società più giusta nei
confronti della tutela delle differenze, sbagliamo spesso nel nostro tentativo di appiattirle del tutto. Certo,
sarà anche più facile semplicemente pretendere che non esistano differenze, però così finiamo per perdere
proprio quella varietà che ci preme
conservare. Il nostro compito sta
ora nel liberarci di giudizi campati in aria, ma tenendo a mente che a
volte un comportamento diverso nei
confronti di cose diverse è più giusto che un comportamento uguale
nei confronti di tutto.●
Panorama 19
La storia oggi
La storia contemporanea sempre meno conosciuta tra i giovani: come ripe
La Repubblica di Salò? È d
di Fulvio Salimbeni
P
rego i lettori di quest’intervento
di credere che quanto riportato
di seguito non sono... spiritose
invenzioni, bensì l’amara realtà di risposte di studenti interrogati a recenti
esami di storia contemporanea:
- “Nel 1849 c’era la Repubblica di Salò” (confondendo la RSI di
Mussolini con la Repubblica romana
di Mazzini!),
- “L’armistizio dell’8 settembre
1943 fu provocato dalla rotta di Caporetto” (avvenuta nel 1917, durante
la Grande Guerra!),
- se poi li si interroga sulla Resistenza, spesso s’assiste a
una scena muta.
Queste sono solo alcuni
esempi d’un repertorio sterminato di errori, imprecisioni, silenzi, che d’appello in appello si susseguono
con frequenza sempre maggiore e con lacune di fondo
nella preparazione sempre
più evidenti. Un altro elemento negativo è che, per
quanto i programmi di storia delle scuole secondarie superiori prevedano ormai dal 1997 che nell’ultimo anno, quello degli esami di maturità, si studi tutto
il Novecento, pochissimi
sono i neo-iscritti all’università che siano giunti almeno al biennio 1989-91,
fine della Guerra Fredda e
dissoluzione dell’URSS,
mentre un numero lievemente maggiore è arrivato alla guerra del Vietnam
e alla crisi del 1973, la
maggioranza, invece, essendosi fermata alla fine del secondo conflitto mondiale, il tutto, inoltre, secondo un’impostazione ancora in prevalenza politica, militare e
istituzionale, che prescinde dalle innovazioni storiografiche degli ultimi
decenni e dalla pluri-disciplinarietà
ormai affermatasi nell’ambito della ricerca scientifica, che vede coo-
20 Panorama
perare in maniera efficace le diverse discipline dell’area umanistica e
delle scienze sociali (storia, geografia, filosofia, letteratura, arte, antropologia, economia, sociologia). Ad
almeno parziale giustificazione di
questa disastrosa situazione, confermata dall’analoga esperienza di tanti
altri colleghi, va detto che negli ultimi tempi il numero annuo di ore
dedicate alla disciplina cara a Clio
è stato ridimensionato, rendendo
obiettivamente difficile fare ciò che
le direttive ministeriali pure imporrebbero, ma, di là da ciò, quel che
emerge dal rapporto con i giovani
è la mancanza d’una cultura stori-
Clio, musa della storia
ca, e generale, di base, il disinteresse per il passato, la cui conoscenza
è ritenuta inutile, in ciò incoraggiati dal clima attualmente dominante e
da campagne mediatiche che orientano l’attenzione solo sul presente,
svilendo ciò che non sia immediata
attualità; a ciò s’aggiunga la quasi
completa scomparsa delle pagine di
cultura dai quotidiani, che pure una
volta fornivano utili indicazioni sulle novità librarie in materia e ospitavano interventi di storici accademici
su questioni storiche di rilievo. Oggi,
invece, il campo è dominato da giornalisti che s’improvvisano storici e
sfornano libri a getto continuo, che
di scientifico nulla hanno, essendo
opere di mera divulgazione, prive di
qualsiasi spessore critico, spesso miranti ad attirare l’attenzione con facili e superficiali revisionismi, a ragione definiti da uno studioso qualificato come Angelo D’Orsi “rovescismi”, che cercano il facile consenso
del pubblico con riletture della storia
del Risorgimento o del Novecento schematiche, banalizzanti, che ignorano il
lavoro di ricercatori seri e
cercano solo il facile effetto, senza alcun fondamento
documentario.
Questa situazione di
progressivo e inarrestabile
degrado, comune, a quanto
è dato sapere - se ciò può
in qualche misura essere di
consolazione -, pure in Europa e negli USA, ha evidenti ricadute pure sul tono
della vita civile, perché le
nuove generazioni sono
prive di strumenti di comprensione della realtà in cui
vivono, dei fattori remoti che l’hanno determinata, delle ragioni delle scelte compiute dalle classi dirigenti, dei motivi di fondo
per cui scoppiano crisi economiche e finanziarie come
quella del 1929 e l’attuale, finendo spesso preda di
demagoghi e di movimenti
populisti, che proclamano che “con
la cultura non si mangia”, donde i tagli ai fondi per la ricerca scientifica
e per l’Università, così da impedire
che si formino cittadini consapevoli,
in grado di ragionare con la propria
testa. Ciò è tanto più drammatico dal
momento che, invece, l’attuale storiografia, e non solo quella contem-
La storia oggi
ensarne l’insegnamento
del 1849
poranea, è tutt’altro che in crisi, come
dimostrano le molte riviste che se ne
occupano, le società specialistiche
che ne curano i diversi ambiti tematici e cronologici i congressi sui più
diversi argomenti che si susseguono
a ritmo incalzante, e quasi sempre
con ottimi esiti, le collane editoriali riservate alla storia nei suoi molteplici aspetti, come appare evidente
anche da quanto discusso e segnalato
negli ultimi mesi in questa rubrica. Il
problema è, dunque, quello del dialogo e del raccordo tra ricerca e didattica, d’un più stretto collegamento
tra università e scuola, d’una moderna formazione dei docenti, dell’uso
di nuovi strumenti a fianco del tradizionale manuale, che, per quanto aggiornato, rimane sempre inadeguato
alla sfida dei tempi, per coinvolgere
e sollecitare l’interesse e l’attenzione
degli allievi, oggi abituati ad avvalersi delle nuove tecnologie comunicative, che ancora faticano a penetrare
nelle scuole, anche se imprescindibile rimane lo studio diretto sui testi e i documenti, che, sia chiaro, non
sono solo quelli cartacei conservati
negli archivi, quale ne sia la natura,
ma tutto quello che in qualche modo
può illuminare le molteplici componenti d’una comunità, i suoi stili di
vita, modi di pensare, comportamenti sociali. Da qui l’apertura alle altre
discipline, che studiano l’immaginario collettivo, interrogano la memoria pubblica e privata, indagano le
tecniche di comunicazione, mutevoli
nel tempo e nello spazio, considerano come le arti (cinema, musica, letteratura, pittura, architettura, scultura) trasmettano messaggi più o meno
espliciti, ma non per questo meno efficaci, e siano spie significative sia
dei valori dominanti sia delle situazioni di crisi d’una società.
Da qui, pertanto, l’esigenza, sempre più avvertita da chi ha a cuore le
sorti dell’educazione (e non semplicemente della mera istruzione) di ripensare sia la didattica sia la corretta
divulgazione del sapere storico tanto verso i giovani quanto verso l’opinione pubblica in generale. Se pres-
so l’ateneo di Udine da alcuni anni
ormai è attivo un Laboratorio per
la ricerca e la didattica della storia,
che ha organizzato seminari, conferenze, corsi d’aggiornamento, pochi
giorni fa l’Istituto Regionale per la
storia del movimento di liberazione
del Friuli Venezia Giulia, con sede in
Trieste, che fa parte dell’Istituto Nazionale per la storia del movimento di
liberazione - cui è associato il LANDIS (Laboratorio nazionale per la didattica della storia), con sede a Bologna -, ha organizzato un incontro informale dei suoi soci per discutere di
tale delicata questione, da riprendere
e approfondire in ulteriori occasioni,
sottolineando l’urgenza di far fronte
al collasso della conoscenza storica,
fondamento primo d’una consapevole cittadinanza, come era ben chiaro
agli intellettuali artefici del Risorgimento nazionale, che all’insegnamento della storia a tal fine attribuirono un ruolo privilegiato nel curriculum scolastico; non si scordi, del
resto, che nella cultura romantica la
storia, insieme con la religione e la
lingua, era uno degli elementi connotativi d’una Nazione. In tale ottica, posto che viviamo nell’epoca
dell’immagine, per il cui studio da un
secolo è nata una disciplina specifica, l’iconologia, si tratta d’avvalersene per una diversa impostazione della didattica storica, fondata non più
solo sull’uso del manuale, ma anche
del cinema e della fotografia. Non è
certo casuale che di recente in Italia
siano stati pubblicati molti validi studi su cinema e storia sia dal punto
di vista metodologico (come si legge un film, impadronendosi del suo
linguaggio e dei suoi elementi costitutivi: musica, fotografia, sceneggia-
tura, onde comprenderne al meglio i
codici espressivi e i contenuti da essi
trasmessi) sia da quello contenutistico, donde le ricostruzioni del Novecento tramite opportune scelte di film
emblematici, non necessariamente capolavori. Si pensi solo a come
può essere affrontato un nodo storico quale la guerra del Vietnam grazie ai molti film ad essa dedicati, alcuni opere di mera propaganda (Berretti verdi), ma altri di grande valore
non solo estetico, come nel caso di
Apocalypse now, trasposizione novecentesca nella giungla vietnamita
del grande romanzo di Joseph Conrad Cuore di tenebra, spietata denuncia ottocentesca dei crimini del colonialismo belga nel Congo, donde la
possibilità di un’efficace operazione
pluri-disciplinare, coinvolgente letteratura, cinema, musica (la colonna
sonora wagneriana, con tutte le implicazioni ideologiche al nazionalsocialismo che richiama) e storia. Questi film non sono certo storiografia in
senso stretto, ma fanno comprendere
come una società si sia posta di fronte a un simile trauma e come l’abbia
rielaborato e rivissuto, il che, in un
momento in cui per gli storici è più
importante analizzare i sentimenti, le
emozioni, l’immaginario collettivo
che non i nudi fatti in sé, si rivela di
particolare utilità e produttività.
Solo ripensando radicalmente
l’insegnamento della storia, educando i giovani a leggere il territorio e
il contesto in cui vivono, facendo
scuola fuori dagli edifici scolastici e
dall’orario scolastico - ma su ciò si
conta di ritornare in una prossima occasione -, sarà forse possibile invertire la tendenza dominante e far innamorare gli studenti di Clio.●
Panorama 21
Cinema e dintorni
Ancora dalla Mostra di Venezia: L’ultimo terrestre di Gian Alfonso Pacinotti e
Cinesi? Estraniati come... gli j
di Gianfranco Sodomaco
A
ncora dalla Mostra di Venezia due film italiani: uno in
concorso, L’ultimo terrestre
di Gian Alfonso Pacinotti, e uno presentato alle Giornate degli autori, Io
sono Li di Andrea Segre. Continua la
serie dei giovani cineasti, continua
la serie, significativissima, dei film
sull’immigrazione.
Cominciamo dal toscano Pacinotti, che viene dal fumetto e che, pur
essendo autore di un’opera prima, è
piaciuto così tanto al direttore della
Mostra, Marco Muller, da inserirlo in
concorso. Con ragione, perché il film
è un’autentica sorpresa, perché gli immigrati in questo caso sono... gli alieni, ma alieni carini e con intenzioni pacifiche, niente di mostruoso all’americana, anzi..., perché, in definitiva, non
è la solita, ingenua fantascienza ma
una “favola morale”, una riflessione
non da poco sull’Italia di oggi.
La storia. Luca (Gabriele Spinelli), abbandonato dalla madre e con
un padre violento ed ubriacone, è diventato un adulto bruttino, frustrato, rancoroso e solitario. Fa il cameriere in una sala Bingo e la sua sola
amica è un transessuale che “batte il
marciapiede”. Se vuole far sesso va
da una vecchia mobiliera tinta e cotonata che per ogni cliente ha un letto adatto, con cartello e tariffa. Da
mesi è annunciata l’invasione degli
extraterrestri ma nessuno se ne cura,
tanto ai diversi ci si è abituati e comunque ognuno pensa ai cavoli suoi.
Così, a trovarsi male è una delle prime “aliene” (femminile?), col suo testone pelato e il corpicino bianco infantile, che atterra nella casupola di
campagna del padre di Luca (Roberto Herlitzka, che invecchiando diventa sempre più bravo, come il vino
di cui il suo personaggio è “ghiotto”).
L’aliena, molto disponibile, si ritrova
subito nel ruolo femminile di domestica e di... cornuta e, scocciata, se ne
va, ritorna... da dove è venuta. Nella
vita del solitario Luca c’è una giovane vicina di casa carina, che gli piace
e che spia col cannocchiale; ci sono
1 “L’ultimo terrestre” di Gian Alfonso Pacinotti
22 Panorama
dei gatti e uno, trovato morto per strada, farà avvicinare, dopo tanto i due;
c’è un paio di imbroglioni che, vista
la situazione venutasi a creare, predicano ai soliti, tanti creduloni, l’armonia universale e, vendendo gadget
vari, cercano di ricavarne qualcosa;
ci sono tre camerieri malitenzionati, i
tre suoi colleghi nella sala Bingo che,
coinvolgendo l’amica trans, rischiano di diventare degli assassini. Saranno gli alieni a salvarla, nell’episodio
più significativo, simbolico del film:
sono venuti sulla terra per dare una
mano ad una umanità depressa, alienata, incattivita ma c’è ben poco da
fare. Solo Luca, “l’ultimo terrestre”,
che finalmente è riuscito a confessare
il suo amore alla vicina di casa, forse
si salverà, forse riuscirà a cambiare
qualcosa in quel mondo ormai agonizzante, in disfacimento.
Il film si fa guardare, con curiosità: per l’atmosfera desolante che riesce a ricostruire, per il taglio/montaggio inevitabilmente fumettistico con
cui costruisce i singoli episodi. Singoli episodi anche perché, come detto,
ognuno vive in un suo piccolo mondo.
Film interessante, “freddo”, che lascia
attoniti, la bocca amara e che ti fa dire:
ma ci siamo proprio ridotti così? Sì,
ci siamo proprio ridotti così, al punto
che gli alieni scappano...
Tutt’altro discorso per “Io sono
Li”. Anche questa un’opera prima
ma il suo autore, Andrea Segre, viene da una robusta esperienza docu-
L’aliena con Luca Bertacci (Gabriele Spinelli) ed il
padre (Roberto Herlitzka)
Cinema e dintorni
Io sono Li di Andrea Segre
jugoslavi
mentaristica, e si vede. Secondo me
anche questo film meritava, forse più
del precedente, il concorso perché è
un’opera complessa dal punto di vista dei contenuti e assai ricca linguisticamente. Cominciamo col dire che
è un omaggio all’attrice Zhao Tao,
interprete del Leone d’Oro 2006,
“Still Life” del grande regista cinese
Jia Zhang-Ke e all’attore serbo Rade
Šerbedžija (italianizzato in Serbedgia...), che il pubblico internazionale
conosce bene per le sue partecipazioni a film come “Prima della pioggia”
di Milko Manchevyki (1994), “Eyes
Wild Shut” (1999), “Mission Impossible 2” (2000), “Ilaria Alpi-Il più
crudele dei giorni” (2003), “Space
Cowboys” (2000), “The Eye” (2008)
ecc., e che, mi pare, ora abiti “sulla
costa croata”...
Passiamo alla trama. La giovane
Shun Li (Zhao Tao) confeziona camicie in un laboratorio della periferia
romana gestito da connazionali cinesi più o meno sfruttatori. Ciò le serve
per pagare un debito e i documenti che
le permetteranno di riabbracciare il figlio. Viene trasferita, per motivi più
o meno misteriosi (forse per imparare l’italiano), a Chioggia, a lavorare
presso l’osteria “Paradiso”. Ed è qui
che incontra Bepi (Rade Šerbedžija),
un vecchio “jugoslavo” che ha lascia-
Andrea Segre, regista di “Io sono Li”. A destra: i due protagonisti Bepi
(Rade Šerbedžija) e Shun Li (Zhao Tao)
to Pola più di trent’anni fa e che fa ancora il pescatore. Tra i due (entrambi
emigrati, entrambi in qualche modo
“soli”) nasce una spontanea, dolce
amicizia. Lui, che a tempo perso scrive piccole poesie, comprende bene lo
struggimento di Shun Li per il figlio (a
cui lei scrive quotidianamente lettere)
e per la terra lontani. Lei è semplicemente attratta da quel vecchio saggio
e sensibile. Quando i due iniziano a
frequentarsi (un rapporto del tutto platonico), a farsi vedere un po’ in giro,
ecco che nascono subito le chiacchiere provincialissime degli “indigeni”,
dei frequentatori del “Paradiso”, tutti
più o meno pescatori (simpatici i “camei” di Roberto Citran, vecchia gloria
del cinema italiano, di Giuseppe Battiston, ormai il suo attore più eclettico, di Marco Paolini, una delle realtà
più importanti del teatro italiano), che
non vedono di buon occhio la “mescolanza” tra diversi; ma anche le reazioni
negative dei padroni cinesi. Morale: i
due sono costretti a separarsi e a separare i loro destini: Shun Li, finalmente col figlio, lascerà Chioggia, Bepi,
sempre più solo e angustiato, si lascerà andare fino a...
Il film è impregnato di poesia, naturalistica e sentimentale. Segre è
molto bravo a restituirci Chioggia
non soltanto realisticamente come
una piccola Venezia (con i suoi calli, i ponti, con “l’acqua alta” che invade le sue strade ed entra in osteria) ma anche a ricostruirla come un
“microcosmo” dove vigono le leggi
ataviche dell’isolamento e della diffidenza (e il regista accentua questo
dato facendo gran uso di sottotitoli,
traduzioni dal cinese ma anche dal
veneto...). Eppure la nostra eroina,
Shun Li, fa di tutto per farsi accettare, per imparare l’italiano, per cercar di comprendere la rude mentalità di quegli uomini. Anche perché
altre donne non se ne vedono, quasi
fossimo in una sorta di Medioevo...
L’unica “altra donna” è una compagna d’avventura di Shun Li, probabilmente una prostituta, che l’aiuterà
a far arrivare il figlio e che ogni tanto, sulla spiaggia adriatica, vediamo
praticare il Tai Chi, la ginnastica lenta cinese, quasi a rievocare, attraverso quei gesti simbolici, la sua patria
lontana. Poesia si diceva, una strada
sulla quale mentalità e socialità diverse possono incontrarsi. Il film ha
vinto, a Venezia, il Premio FEDIC,
premio della Federazione Italiana
dei Cineclub: meritatissimo.●
Panorama 23
Arte
Quest’anno ricorre il quinto centenario della nascita di Gio
Colui che evitò ai Medici di scend
di Erna Toncinich
P
er le comitive che portavo in
Piazza della Signoria a Firenze,
sosta breve ma obbligata era il
passaggio tra Palazzo Vecchio e la
Galleria degli Uffizi. E questo per raccontare che i Medici, per raggiungere
Palazzo Pitti, allora loro dimora al di
là dell’Arno, attualmente prestigiosa
galleria d’arte, non erano costretti a
scendere in istrada. Delle volte captavo qualche arguta battuta, tipo:”Ma
che, volavano?” o “Che, viaggiavano
in aereo?”. “Volgete lo sguardo verso
l’alto, noterete la piccola costruzione
sospesa tra i due grandi edifici, essa
funge da raccordo tra Palazzo Vecchio e quello degli Uffizi, il tragitto
Cupola del Brunelleschi nella Cattedrale di Firenze
La copertina delle note Vite di Vasari (l’edizione è del 1568)
poi prosegue, dopo aver attraversato
la celebre galleria, sopra Ponte Vecchio, raggiunge quindi una chiesa e
continua sino a Palazzo Pitti”, era la
risposta.
Il tratto più interessante e “curioso” di tutto il percorso è senza dubbio il corridoio o “corridoro vasariano”, il passaggio cioè sopra le numerose oreficerie di Ponte Vecchio,
geniale soluzione dovuta a Giorgio
Vasari, pittore, architetto e scrittore
rinascimentale, del quale ricorrono i
500 anni dalla nascita.
Maestro di pennello e di penna,
Vasari è autore di un’opera che ha
permesso ai posteri di conoscere la
vita e l’ opera dei più grandi pittori
e scultori del suo tempo. Le sue Vite
L’Arte in Croazia in 600 pagine
na pubblicazione così ci voleva proprio. Seicento pagine circa per informare gli interessati d’arte, quali sono, dove si
trovano e cosa offrono i 265 tra
musei, gallerie, collezioni private e collezioni sacre in Croazia.
Risultato di ben sedici anni di lavoro degli esperti del Centro di
documentazione museale (MDC)
U
24 Panorama
di Zagabria, per ora solamente in lingua croata, ma prossima
è l’edizione in inglese e la presentazione del volume alla Fiera
del Libro di Francoforte. Oltre ai
dati inerenti le collezioni d’arte,
la pubblicazione contiene una serie di utili informazioni: indirizzi, orari, costo dei biglietti, visite
guidate, ecc.●
de’ più eccellenti pittori e scultori
italiani, pubblicate nel 1550, risultato di lunghi anni di ricerche compiute in ogni angolo d’Italia, erano
considerate di alto valore letterario
dal suo concittadino e amico Pietro Aretino, nondimeno dallo storico Paolo Giovio che definiva l’autore “maestro di penna, non meno
che di pennello”. Si tratta di un lavoro di grande importanza, sia per
la sua impostazione storica, sia per
l’appropriata terminologia come per
la chiarezza nella descrizione delle
opere trattate.
Vasari, l’eclettico pittore aretino, nella sua formazione pittorica
coglie varie influenze: quando opera a Firenze, è vicino al manierismo
Arte
orgio Vasari
dere in strada
del Rosso Fiorentino, a Roma invece
guarda allo stile dei grandi Michelangelo e Raffaello. Particolare piuttosto curioso: Giorgio Vasari viene
“scoperto” come pittore mentre vive
ritirato in un convento. È qui che lo
scopre un banchiere fiorentino, ragguardevole personaggio intellettuale
e grande amante dell’arte che, avendo avuto modo di vedere alcune opere del pittore e gli commissiona una
pala d’altare. E il gioco è fatto. La
voce dell’abilità pittorica del Vasari si diffonde, inizia la sua fortuna,
ingaggiato dalla famiglia più potente del tempo, i Medici. Piovono le
committenze, in testa la decorazione della Sala dei Cinquecento in Palazzo Vecchio i cui disegni vengono
sottoposti al giudizio di Michelangelo. Che non solo li approva, ma ne è
entusiasta.
Cosimo I dei Medici è il suo
maggior mecenate, gli affida diversi lavori (e non solo in Palazzo Vecchio), lo aiuta a fondare l’Accademia del Disegno, ecc. Naturalmente
gli attacchi non tardano ad arrivare:
Palazzo Vecchio, “Salone dei Cinquecento”
dato che gode del favore dei potenti Medici, l’artista viene tacciato di
cortigianeria.
Le mostre allestite nel corso di
quest’anno del grande anniversario, specie le due più grandi, quella
proposta dalla Galleria degli Uffizi e l’altra, allestita nella sua natale Arezzo, chiariscono, a detta degli
esperti, molte cose riguardanti sia la
vita che l’opera dell’eclettico pittore, architetto ma soprattutto scrittore
Giorgio Vasari.●
“Perseo e Andromeda” (1572)
Ponte vecchio ed il Corridoio vasariano
L’autoritratto di Giorgio Vasari, conservato agli Uffizi di Firenze
Panorama 25
Reportage
Capitale della Stiria slovena, un tempo grande centro industriale oggi ha cambia
Maribor, città di turisti, studenti ed
testo e foto
di Ardea Velikonja
A
i piedi del verde massiccio
del Pohorje, estesa su entrambe le rive del fiume Drava è adagiata Maribor, capitale della
Bassa Stiria e, per grandezza e importanza, seconda città della Slovenia. Un tempo centro industriale di
prim’ordine, ha subìto, come tante
altre, le sorti del disfacimento della
Jugoslavia, ma ha saputo reagire ed
oggi si è fatta un nome nel turismo,
nella produzione vinicola e quale
polo d’attrazione degli studenti provenienti da tutto il mondo che possono disporre di tre campus. Il centro
storico pullula di moderni negozi,
di banche, di giovani. Una città che
vive nel vero senso della parola.
Il suo aspetto ordinato, il verde
contorno di colline vinifere e l’antica Vite antica sul Lent (già porto
fluviale) regalano al panorama cittadino un’impronta piacevole, cordiale e ospitale.
Sorta da un abitato antico che
mise radici sulle sponde della Drava già nella preistoria, nei primi
anni del XIII secolo questo “castello nella Marca” venne promosso
La Drava ha avuto sempre un ruolo di primo piano nella storia cittadina
a borgo commerciale e nel 1254 a
città che si preoccupò di promuovere il commercio, la viticultura, la
riscossione dei dazi e l’artigianato.
Un gruppo economico importante fu rappresentato dagli Ebrei, poi
espulsi dalla città nel XV secolo. In
tutta la sua storia medievale, godette della protezione degli Asburgo
che le conferirono molti privilegi.
Una forte spinta economica venne
Longeva e di grandi dimensioni: qui cresce la vite più antica d’Europa
26 Panorama
nel 1846, quando arrivò da Graz il
primo treno in servizio sull’importantissima arteria Vienna-Trieste.
La sua “conversione slovena” si
deve a due uomini: il vescovo Anton Martin Slomšek che, con il trasferimento della diocesi lavantina a
Maribor nel 1859, delineò i confini sloveni, e il generale e poeta Rudolf Maister, che nel 1918 li difese
in armi.
Sito antico, dunque, che però
per fiorire deve attendere il Medioevo. I resti delle mura difensive
comprendenti quattro torri, il mercato medievale nonché una serie
di altri monumenti di varie epoche
storiche o architettoniche che vanno dal rinascimento all’epoca moderna compongono l’ossatura della
sua architettura.
Già nel 1852 qui sorse il primo teatro nell’edificio che ai giorni nostri si presenta quale sede delle massime istituzioni professionali
dell’arte scenica: il teatro di prosa,
il teatro lirico e il balletto. Il ricco Museo provinciale (Pokrajinski
muzej), ospitato nel monumentale
castello civico e costruito nel 1483,
rappresenta il cuore del centro storico. La ricca cultura “esportata” da
qui, con comprensibile orgoglio,
ben oltre i civici bastioni, è ampia-
Reportage
ato con successo il suo ruolo
d alta cultura
mente integrata da musei e gallerie,
dal Centro culturale e di manifestazioni (Kulturno-prireditveni center) Narodni dom Maribor, nonché
da numerosi gruppi di dilettanti. Le
radici della vita accademica risalgono al lontano 1859, quando qui
sorse la prima istituzione di livello
universitario: il seminario. L’odierna Università abbina a nove facoltà una ricca biblioteca, un maestoso rettorato in uno degli edifici più
belli della città - e, naturalmente,
una “frenetica” vita studentesca e
culturale.
Città del vino, Maribor è famosa per la vite più vecchia del mondo. Il centro della cultura del vino
è il pittoresco Lent, il Lungodrava, dove una volta venivano scaricate le navi. L’enoteca propone in
degustazione oltre 300 tipi di vino;
che significativamente fanno capo a
una gigantesca cantina che si estende su ben 20.000 metri quadrati.
Ma questa è pure la città dello
sport e dell’intrattenimento nonché
valido organizzatore di molti eventi
sportivi internazionali. La sua fama
si è diffusa in tutto il mondo grazie
alle numerose manifestazioni sportive ormai tradizionali, tra le quali è d’obbligo segnalare la “Volpe
d’oro” (Zlata lisica), gara femmini-
Capitale europea della cultura 2012
anno prossimo, fianco a fianco con la città portoghese di Guimarães, Maribor sarà proclamata la capitale europea della cultura:
un titolo prestigioso che indubbiamente rappresenta un grande riconoscimento per quanto finora è riuscita a fare in questo specifico campo.
Nelle tante iniziative in programma verranno pure attivamente coinvolti i centri più importanti di questa parte della Slovenia, come Murska Sobota, Novo Mesto, Ptuj, Slovenj Gradec e Velenje. Film, arti figurative, letteratura, musica, mostre ed incontri con artisti e autori di
calibro internazionale saranno i “protagonisti della città” nella seconda metà dell’anno, ovvero nei mesi che vanno da luglio a dicembre. Il
primo semestre sarà invece appannaggio delle cittadine sopra citate. In
calendario figurano complessivamente quattrocento eventi, che si svolgeranno all’interno delle mura medievali di Maribor e che sono stati
raggruppati in quattro capitoli principali. Il primo, intitolato “Terminal
12”, si occuperà della parte culturale vera e propria; il secondo, “Chiavi della città”, sarà caratterizzato da concerti e performance affidate ad
artisti di strada ma anche dal recupero e la resa funzionale di un centro
commerciale dismesso per trasformarlo in un’adeguata sede di mostre,
laboratori e workshop; il terzo, chiamato “Solchi urbani”, promuoverà
attività sociali ed ecologiche proprio all’interno di questo stesso centro.
Ultimo in ordine sarà “Vita al tatto” che, oltre a raccogliere in forma
digitale tutte le attività e i progetti e ad occuparsi della comunicazione,
cura un sito internet.
Da ricordare che, in parallelo a Maribor si svolgono tante manifestazioni e festival quali il Borštnikovo srečanje, il Festival Maribor, il
Magdalena, l’Izzven ed altri.●
L’
le valida per la Coppa del Mondo di
sci alpino che da oltre quattro decenni si disputa sul Pohorje. Sono
inoltre degni di menzione gli incontri internazionali di calcio presso il
rinnovato stadio Ljudski vrt, come
pure le gare internazionali di hockey, nuoto, pattinaggio e tiro a se-
gno. Grazie ai numerosi impianti
sportivi qui sono condizioni ottimali per tutti gli sport a livello agonistico. Proprio per questo motivo
non deve stupire che la città sia stata prescelta come organizzatore della XXVI edizione delle Universiadi
invernali 2013. ●
I versanti collinari attorno alla città, tutti coltivati a viti, e la cantina che produce il prelibato Dveri pax
Panorama 27
Reportage
Pohorje: un mondo di esperienze
S
ituato sul bordo delle Alpi il verde Pohorje, circondato dalle colline coperte da vigneti, è il centro sciistico sportivo più importante
della Slovenia. Si trova a pochi chilometri da Maribor, città più importante della Stiria slovena, ed è facilmente raggiungibile in automobile. Grazie
anche ai fondi europei sul Pohorje sono
sorti impianti modernissimi e le piste,
benché a solo poco più di mille metri
di altitudine, sono ricoperte dalla neve
per cento giorni l’anno. Ovvero il comprensorio assicura agli sciatori la neve
artificiale su tutti i 45 chilometri di piste, circondati da tre seggiovie doppie,
1 seggiovia a 4 posti una a 6 posti e 16
funivie. Ci sono pure 27 chilometri di
piste per sci di fondo, un parco sciistico
per bambini ma anche tanti divertimenti sulla neve e passeggiate con ciaspole.
Qui opera la pista da sci in notturna più
lunga in Slovenia.
Sulla cima, raggiungibile con la
nuova cabinovia, fino a qualche anno
fa sorgevano solo due Case alpine:
oggi ci sono alberghi e appartamenti
che nulla hanno da invidiare ai grandi centri sciistici austriaci o italiani.
Il villaggio turistico Bolfenk, di nuova gestione, con l’albergo “Videc” dispone anche di bellissimi appartamen-
28 Panorama
ti con tanto di caminetto per quattro,
sei o anche dieci persone. Modernamente attrezzati gli appartamenti sono
la meta preferita dalle famiglie. Il tutto viene coronato da un centro benessere e la piscina, tanto che in fatto di
presenze sono arrivati al cinquanta
per cento: ovvero lo stesso numero di
ospiti vi soggiorna sia d’inverno che
d’estate. Tutto ciò grazie alla vasta offerta sportiva e ricreativa adatta a tutte le età. Chi ama camminare nei boschi ha innumerevoli sentieri, ginnastica mattutina all’aria aperta ma anche tanti prati per poltrire su una bella
sedia a sdraio.
Il Pohorje comunque sta diventando meta preferita degli adrenalina-dipendenti. Il parco bike, dalla primavera all’autunno, è sede anche delle
gare di Coppa del mondo di mountain
bike dato che ha i sentieri adatti. I ragazzi che amano questo sport salgono assieme alla bici con la cabinovia
e si calano lungo i sentieri a “rotta di
collo”. Ai piedi della cabinovia c’è il
parco “adrenalinico” dove sia grandi
che piccini possono provare il brivido
dell’avventura con un moderno mini
jet per i più coraggiosi, i salti con gli
elastici, insomma un vero mondo di
esperienze. ●
Adrenalina per tutti
Panorama 29
La Chiesa dei Francescani
La
Maribor
Il Museo
Le antiche mura cittadine
30 Panorama
La Torre dell’acqua
a Cattedrale
Il Castello
La parte moderna con negozi, uffici e
parecchie banche
r la città della cultura e del turismo
La biblioteca centrale
Panorama 31
Il Pohorje d’inverno
32 Panorama
Reportage
La vendemmia della vite
più antica d’Europa
H
a più di 400 anni ma non li dimostra: stiamo parlando della
vite più antica d’Europa che si
trova sulla riva del fiume Drava a Maribor. La sua lunga storia, che ha resistito agli attacchi dei turchi ma anche alla
filossera che distrusse i vigneti sloveni nell’800, si è trasformata in un prodotto turistico che ogni anno l’ultimo
fine settimana di settembre attrae migliaia di turisti che vogliono assistere
a questa vendemmia unica nel suo genere. La vite cresce su di un fazzoletto di terra, si “arrampica” lungo tutto il
muro della casa e affonda le sue radici appunto nel fiume. Dà in tutto circa
una cinquantina di chili d’uva di cui si
fanno 20 litri di vino che preziosamente vengono custoditi in piccole bottiglie
che vengono regalate dalla Municipa-
lità a “persone speciali”. Quindi viene
custodito come l’oro. Nel 1980 esperti francesi con appositi strumenti hanno decretato che la vite è autentica ed
ha più di 400 anni. Da allora si è cominciato a pensare di tutelarla e dopo
alcuni anni è nata la “Festa della vecchia vite”. L’ultimo fine settimana di
settembre c’è una grande festa dinanzi
alla vite con i Conti del vino, il folklore,
le Miss del vino di tutta la Slovenia che
dopo aver gustato gli acini assieme al
sindaco di Maribor “danno il via” alla
vendemmia. Uno spettacolo vero e proprio accompagnato dai carri trainati dai
cavalli che portano i vendemmiatori
fino alla Casa della vecchia vite. Intanto fra la gente giovani in costume popolare offrono uva e mele a tutti i presenti, il tutto accompagnato da tanta musi-
ca. E quest’anno la bella giornata che
ha accompagnato la festa ha fatto scendere sulle rive della Drava non solo la
maggior parte dei cittadini di Maribor e
gente proveniente da tutta la Slovenia,
ma anche da Austria e Croazia.●
Panorama 33
Letture
L
o scorso luglio sono stati attribuiti i Premi della
XLIII edizione del concorso Istria Nobilissima, che
hanno dato una nuova conferma dei potenziali creativi
del gruppo nazionale italiano nei campi dell’arte e della cultura. Ritenendo che di tali potenziali debba fruire il
maggior numero di lettori nelle pagine riservate alle letture, “Panorama” propone le opere a cui siano stati attribuiti premi o menzioni.
Nella sezione “Prosa narrativa su tematiche che interessano il mondo comune istriano, istro-quarnerino
e dalmata nella più ampia accezione culturale, umana
e storica”, della Categoria Cittadini residenti nella Repubblica italiana di origine istriana, istro-quarnerina
e dalmata, la giuria ha assegnato il primo premio a
KENKA LEKOVICH di Trieste per la sua raccolta di
racconti dal titolo “Quando Cirano si chiamava Nosonja” di cui pubblichiamo la terza parte.
Questa la motivazione: “La raccolta elabora, attraverso una serie di racconti autonomi, una visio-
ne del mondo graffiante e spregiudicata su abitudini radicate e adattamenti repentini cui la civiltà
contemporanea obbliga. Costruiti con padronanza narratologica, i pezzi mescolano sapientemente
linguaggi e immaginari letterari e non, riuscendo
a rendere con plastica evidenza punti di vista multiculturali”.
«Quando Cirano si chiamava Nosonja»
storie di sopravvivenza quotidiana
When everything you want
Is not the way you want it
You’re on the right track
Sit back
Quando tutto quello che vuoi
Non è come lo vuoi
Sei sulla strada giusta
Rilassati
Laddove per milioni di spensierati lettori tutto finisce con una risata a rischio rianimazione, per il nostro
individuo con valigetta iniziano le pene dell’inferno.
Iniziano lo stesso giorno in cui, prese armi e bagagli e attraversato un banale confine di stato, gli salta
in testa la malaugurata idea di precipitarsi alla prima
edicola e domandare l’ultimo numero di “Alan Ford”.
Numero esaurito da ben due giorni. Tutto perché il
banale confine di stato ha un difetto, ossia quello di
spostare le lancette sull’orologio secondo uno sghiribizzo tutto suo che con la pignoleria di Greenwich ci
azzecca come la pašteta sul pane (nero) che l’indivudo quando era in prima elementare mandava giù a merenda al posto della tavoletta Kinder. Sicché non gli
resta che sorbirsi un’intera Raccolta estiva di “Alan
Ford”.
”Pane per i miei denti”, esulta l’individuo tra sé
e sé, non sapendo in quale razza di pasticcio sta per
andare a infilarsi. Un pasticcio linguistico da manuale-segreto, per non destare sospetti e piani sovversivi
nel controspionaggio. Dove operano i linguisticamente puri, candidi come funghi intestinali. Che una volta
insediatisi, sfrattarli non è esattamente una passeggiata sul lungomare Abbazia-Laurana.
34 Panorama
Impossessatosi della sua Raccolta estiva di “Alan
Ford”, l’individuo si avvia fiducioso verso l’avvenire.
Naturalmente non resiste, e prende a divorare l’almanacco su due piedi. In scarpe Made in UE, una volta
tanto della sua misura. Cosa che lo rende ancora più
felice: ha trascorso metà della sua esistenza a camminare dentro scarpe di due numeri più grandi, secondo
le migliori regole di mercato di quella economia domestica “in cresser” che ha rovinato infanzie su infanzie. Ma ecco che alla prima pagina divorata che corrisponde al primo semaforo dribblato (la squadra di calcio della nazione donde giunge sa il fatto suo nel dare
il buon esempio), esplode non la prima sonora risata.
Bensì qualche cosa che somiglia al piagnucolio di chi
nella scarpa finalmente a bolla ha trovato un sassolino
che proprio non si aspettava.
Come non bastasse, il sassolino ha le sembianze di
un quadrupede, per la precisione un bracco italiano dal
profilo né francese né egiziano. Creato su immagine
e somiglianza del suo padrone, l’agente segreto Bob
Rock nella sua mantellina inglese alla Sherlock Holmes, impreziosita con motivi scozzesi. Nano soltanto
di statura, per il resto meglio stargli alla larga. Che poi
nella realtà sia il nano a fare da cane al guinzaglio del
proprio bracco gigante, poco cambia. Quel che è certo
sono le dimensioni del naso di cane e padrone: decisamente imbarazzanti. A riprova dello spiccato senso di
autoironia di chi li ha disegnati, al secolo Roberto Raviola nome in codice Magnus, il più nasuto di tutti.
Nasuto, per l’appunto. Solo che il quadrupede nasuto non si chiama più “Nosonja”, che tradotto in toscano volgare sta per nasone, ma - incredibile eppur vero Cirano. Dotto quanto ci pare, ma in quanto a potenziale
Letture
comico stracciato dal grossolano Nosonja balcanizzato
10 a 0. Alla bella faccia nasuta di Cirano e di quella deformata in una smorfia di indignazione mista a sconforto del nostro individuo fumettaro, “Alan Ford” nella
lingua degli spaghetti non è l’”Alan Ford” nella lingua
dei čevapčići che fino al giorno prima divorava! Niente
da fare, se con i čevapčići ti strozzi dalle risate, con gli
spaghetti se ti va bene te ne va di traverso uno.
Per non dire delle acrobazie che la sua lingua deve
escogitare di punto in bianco nel tentativo, vano, di
far quadrare il tondo bulbo del Debeli Šef, il “capo
grassone” del gruppo, trasandato e dormiglione, con
l’immagine di una statuaria Cariatide romana. E quale
tragedia greca qualche pagina più avanti nello spiare
la telefonata del ladro gentiluomo Sir Oliver - molto meglio che Conte -, a Bing - fortunatamente rimasto tale -, il suo ricettatore di fiducia. Vogliamo mettere un “Pronto Bing, come va il fratellino? Arrestato mentre rubava due polli e gli hanno dato sei mesi”
contro un “Halo Bing, kako brat? Ukrao kokoš i dobio šest mjeseci”? O un Superhik contro un Superciuk
che ruba ai poveri per dare ai ricchi? O un Clodoveo
contro un Klodovik, il tormentone travestito da pappagallo ereditato da quel matusa del Numero Uno o
Broj Jedan, che fa a gara con Squitty o Skviki, la cavia nella sciarpa del Debeli Šef, per non finire sullo spiedo. O meglio, nella pentola cronicamente vuota sul fornello della Cvjećarnica o negozio di fiori,
nel cui cortile infestato di ratti grandi quanto tre Bob
Rock messi insieme, il genio ingegneristico del gruppo Otto von Grunt, Grunf per gli amici, assembla i
suoi geniali marchingegni di sabotaggio del nemico.
Tutti immancabilmente fallimentari nel ritorcersi contro il suo teutonico costruttore con le pezze sulla divisa di eroe dell’esercito americano, e i suoi complici.
Che in quanto a calzini bucati, pulci nelle mutande e
rammendi sulla bombetta dell’aristocratico decaduto
con il vizio dei furti, Sir o Conte Oliver che si voglia,
non sono da meno.
Chissà che non sia questa la spiegazione (segreta)
per cui la versione del vicino di casa fumettaro povero,
li faccia apparire più verosimili e perciò indicibilmente più comici che in quella originale. Disegnata su un
fantascientifico tecnigrafo Made in Occidente, inventato nella premiata ditta Bieffe di Padova e non su uno
sgangherato tavolino di autentica Jugoplastika oltre la
cortina di ferro. A dimostrazione che le risate tavolta
sono più grasse laddove la vita è a stecchetto. Consolazione tutt’altro che magra di questi tempi.
Il cugino fiumano
È dal dicembre scorso che Gauss mi perseguita con
la sua “chimica sociale”. Con il pretesto delle cene
combinate, dove lui fa il telecuoco (cucinando al telefono con sua sorella, che vive a 700 km di distanza)
e combina inciuci sperimentali tra gente che probabilmente non si incontrerebbe nemmeno per sbaglio. Del
resto, non sarà un fisico teorico per modo di dire. Quando mi chiama, e sempre con almeno una settimana di
anticipo così dopo non ho scuse (io? Ma quando mai?),
facendo l’elenco delle cavie del prossimo sabato, non
so perché ma all’improvviso comincio a sentirmi una
delle sue formule fisiche. Con la sola differenza che
io sono capace di intendere e di volere e quindi tirare
pacchi all’occorrenza, mentre le formule no. Essendo
dotata però anche di una coscienza che mi costringe
a dosare l’attività di boicottaggio della chimica sociale, una volta pacco, l’altra no, quella domenica, dopo
il pacco del venerdì sera, mi sarei sentita un verme se
gli avessi detto che non ci venivo a pranzo con “i tipi
del Gulp” nel nuovo locale dell’ex socio di uno dei tipi
del Gulp, al campeggio dell’obelisco. Sicché per quella
legge biologica secondo cui tra il verme e il masochista, vince il masochista, gli ho detto di sì. Ma a condizioni mie. In parole povere: voi (voi chi?) andate, io arrivo quando arrivo. Con la mia auto, è sottinteso. Scelta
antiecologica quanto ci pare, ma non era colpa mia se
lui dopo doveva andare all’Ikea lasciandomi in ostaggio dei tipi del Gulp. Che nella mia testa si traducevano con: gli sfigati del Gulp. I soliti quarantenni single
e/o divorziati in cerca di emozioni del fine settimana,
con i quali io naturalmente non avevo nulla da spartire
in quanto quarantenne single e/o divorziata in cerca di
emozioni del fine settimana. Avevo una sola attenuante,
che mi dovevo lavare i capelli e siccome dovevo anche
sentire Franci, l’operazione non sarebbe stata né rapida
né indolore visto che non ci sentivamo da ben tre quarti d’ora. In tre quarti d’ora possono succedere tante di
quelle cose che la metà basterebbe a far desistere un’intifada di tipi del Gulp.
Nel frattempo Gauss mi chiama 14 volte dal Gulp
per chiedermi per la quattordicesima volta se sono sicura di voler venire con la mia macchina, perché tra la
sua e quelle dei tipi del Gulp non ci sono davvero problemi a trovare un posto in macchina. Per la quattordicesima volta gli dico che se continua a chiamarmi finirò di asciugarmi i capelli per cena, se va bene, oltre al
fatto che devo ancora telefonare a Franci. Alla quindicesima telefonata mi arrendo, ok, allora ti aspettiamo
ancora 10 minuti, sei pronta fra 10 minuti vero, così fra
10 minuti passiamo a prenderti sotto casa. È matematicamente impossibile che io sia pronta fra 10 minuti!!!
Gli urlo nell’orecchio a causa del phon acceso a velocità 4, il massimo. Parla più forte, non ti sento!!! Mi urla
nell’orecchio a sua volta, sopraffatto dal fracasso della
macchina del caffè che il barista del Gulp per non essere da meno deve aver messo a velocità 5. Sia come sia
gli confermo che ci vediamo fra 10 minuti, ma al campeggio dell’obelisco. Che detto tra noi non sono sicura di sapere dove sia, diciamo che lo so circa, e sempre
tra noi, spero proprio di non trovarlo, e in ogni caso, è
sicuro che a quest’ora, di domenica, ci sarà posteggio?
A proposito, qualcuno dei tipi del Gulp ha pensato di
prenotare, non è che poi oltre al posteggio non ci sarà
neanche un tavolo libero?
Peccato, penso, essermeli lavati, i capelli, adesso mi
toccherà asciugarli, e quindi mi presenterò al meglio
delle mie prestazioni e i tipi del Gulp penseranno che
l’ho fatto per loro, mentre la sola cosa che vorrei in
questo momento, è tornare a 20 minuti fa quando ero al
peggio delle mie prestazioni cioè avevo i capelli sporchi al punto giusto per togliergli dalla testa, ai tipi del
Panorama 35
Letture
Gulp, certe idee una volta per tutte. Purtroppo ormai
me li sono lavati e così bene che non ho più alcun margine di trattativa. Mi toccherà presentarmi così come
sono e non come dovrei essere, per tenere alla larga i
tipi del Gulp. Che speriamo siano anche delle tipe, magari con i capelli ancora più lavati dei miei, così i rischi si riducono. Mi resta una sola speranza, che il locale sia in uno scantinato, di quelli così bui che i capelli
passano in secondo piano, e con loro tutto ciò che non
brilla di luce propria. In tal caso sarei salva. Scampata agli sguardi dei tipi del Gulp che non aspettano altro
che di puntare il dito sulla prima cosa che gli splende
di luce propria sotto il naso e domandarsi come cacchio fa. Sarà un fenomeno paranormale, con tutto questo buio non può che essere un fenomeno paranormale.
Se il locale è in uno scantinato, mi dico, nessun pericolo. Poiché si dà il caso che io, oggi, a tutto posso essere associata fuorché a un fenomeno ottico inspiegabile da gettarsi in pasto ai tipi del Gulp, tra una pironada
di pasticcio rucola e speck e un sluc di terrano DOC,
che sta per origine cista (squattrinata in dialetto triestino, nda).
Il locale non solo non è uno scantinato, ma una serra
di vetro dove da tutte la parti picchia un sole che secondo me fa apposta, facendo splendere di luce propria anche i capelli che non ci sono, benché non sulle cocuzze
dei tipi del Gulp dei quali non c’è anima viva. Strano,
perché nel posteggio con posti liberi q.b., la macchina
di Gauss c’era. Allora lo chiamo per sapere dove cappero sono, sperando che non ci sia campo e se c’è che
lui abbia dimenticato il telefonino in macchina, meglio
se spento. Risponde, invece. Dal bosco, dove i tipi del
Gulp hanno ben pensato di andare a farsi un giro, per
non farmi pesare l’attesa. Coccoli.
Bon va ben, arrivo. Ma no dai, ti veniamo incontro,
mi rassicura Gauss, e io mi taglierei la testa che non è
lui a parlare, ma i tipi del Gulp che si sono impossessati di lui grazie a un esperimento di chimica sociale
non riuscito. E anzi, ormai totalmente fuori controllo,
con conseguenze inimmaginabili che lasceranno il segno per l’eternità. Chi era presente non sarà mai più
quello di prima, e chi come me faceva finta di esserlo,
non solo non sarà più quello di prima ma comincerà a
chiedersi se c’è mai stato un prima. E soprattutto, cossa
sarà de lui. Dopo e in generale.
Mi incammino lanciando occhiate poco raccomandabili a quel pallone gonfiato del sole: non poteva
aspettare domani per mettersi in pompa magna? Esagerato, considerando che siamo sì e no a metà marzo.
Altro che marzo pazzerello esci col sole e così via. Qui
fra un po’ ci vuole l’ombrellone! Scommettiamo che i
tipi del Gulp nel baule della macchina (o è un camper?)
hanno almeno un ombrellone per omo, la sdraio, le pinne, la maschera, il termos, la borsa frigo e l’asciugamano con i cazamarini. Sempre pronti, come ogni triestino
che dicasi tale, per un toc’ a Barcola. Mica come certe
di mia conoscenza, che giusto ieri hanno ben pensato di
svuotare il loro, di cofano dell’auto, dei doposci, della
slitta, delle tre taniche di paraflu, delle catene da neve e
dei pattini da ghiaccio. Poco furbe, come sempre. Così
adesso se a qualcuno dei tipi del Gulp gli salta in mente
36 Panorama
di curiosare nel cofano della poco furba, la poco furba
non ha uno straccio di argomento per demolire il toc’ a
Barcola. Pegola, poteva essere un combat film di quelli da antologia.
Ma ecco che la poco furba è giunta a destinazione,
dove una dozzina di candidati all’esperimento di chimica sociale non aspettano altro che di vedere com’è
fatta. Che cos’hanno di tanto speciale i suoi capelli per
tenerli sulle spine una vita, rischiando la morte per denutrizione. Sono sulle spine da ormai 48 ore, e cioè da
venerdì sera, quando la poco furba era ancora furba abbastanza per pacconarli e non presentarsi al Gulp nemmeno sotto tortura. Ormai è in ballo e non resta che
passare alle presentazioni. La prima cavia è una cavia
femmina vivadio, e vivadio al quadrato, non ha neppure l’accento patoco. Emiliano, si direbbe. Difatti, è di
Parma. Graziosa per giunta, ma con un difetto. Sta con
il tipo del Gulp che si presenta per secondo, faccia già
vista, parata da occhiali con montatura nera e umore a
tono. Avranno litigato, che altro.
”E tu di dove sei”? Mi informo tanto per non sfigurare con la chimica sociale.
”Mi son de via Baiamonti!”
Se c’era qualche dubbio, commenta tra sé e sé la chimica asociale. Ci pensa subito il piccolo chimico Gauss
a mandarla fuori gioco: “Anche lei è di Fiume”.
”Anche essa, te vol dir”, lo corregge il tipo de via
Baiamonti. E subito dopo, scrutandomi con aria vagamente stetoscopica: “Ma va, te son fiumana?”
’Sì, e con questo?’ Ricommenta tra sé e sé la chimica asociale, sempre più asociale. Se va avanti così fra
un po’ non sarà neanche più chimica. Selvadiga e basta. Provvidenza vuole che ci siano altre 4 o 5 cavie con
cui fare le presentazioni e le spiegazioni vanno in panchina. Quanto mi basta per tirare fuori i Rayban scuri e
armarmi per le spiegazioni che so già di non poter svicolare all’infinito.
”Ah, questi fiumani”, butta benzina sul fuoco
Gauss.
”Perché, come sono i fiumani?”, indaga la tipa che
sta col fiumano de via Baiamonti. Come se non lo sapesse. Se sta con lui qualcosa ci avrà pur capito di come
sono o non sono i fiumani, anche se in fondo in fondo la
capisso. Entrar ne la glava de un omo xe praticamente
impossibile, fin el motor del Space Shuttle ga meno misteri del fenomeno che te ronchisa vizin de venti anni,
figuremose po’ se su’ nono abitava in Belveder e tegniva la barca in Canal Morto.
”Allora, come sono i fiumani?”
”Cattivi” (pronunciato con una “t”, se sa), risponde
lui. “Anarchici”, rispondo io, parlandoci sopra peggio che in un talk show di prima serata. Benon, penso,
qui la partita è iniziata senza nemmeno aspettare il fischio dell’arbitro. E te credo, deve ancora farsi la barba, portare il cane a far pipì, i bambini dalla suocera
e la moglie all’aeroporto senza dimenticarsi di buttar
le scovaze, tirar fuori il pane dal congelatore, portar i
fiori in cimitero, lavar la macchina del figlio grande
mentre con l’altra va un salto in Slovenia a comprar le
sigarette per suo padre, quante volte glielo deve dire
che alla sua età il fumo uccide? E pensare che giusto
Letture
ieri ha fatto 99 anni e quei beccamorti dei cronisti locali non avevano di meglio da fare che sbattere in prima pagina il vecchio che soffoca nel tentativo di spegnere le candeline sulla torta. Offerta dal sindaco personalmente. Robe de ciodi.
Neanche il tempo che l’arbitro si ricordi che oggi,
oltre a tutto il resto ha anche la partita, ecco che dalla
bocca mi esce: “E come fai di cognome?”
”I.”
”Non è che per caso hai qualche parentela con… S.
I.?” Sgrano le pupille facendole fuoriuscire dai Rayban
scuri, lo scudo di Perseo universale da portarsi sempre
in tasca contro ogni genere di invasioni dal cielo, dalla
terra e dal mare: Meduse a tre teste, musatti idrocefali
e folpi fiumani inclusi.
”Xe mio cugin. Primo. Perché, te lo conossi?” Indugia il folpo, con quella tipica inflessione da folpo che
non sai mai se ti ha appena buttato una sarda o una
bomba atomica preventiva: copemole co le xe pice.
”Purtroppo sì. Andavamo a scuola insieme. Cioè lui
era qualche classe più avanti”, gli rispondo con quel
tono di bleda lessa che va bene sia in caso di sardoni sia
di petardi all’idrogeno.
”E?”
”Hai presente Criminal Minds? Roba per lattanti al
confronto.”
”A mi te me disi.”
«“Perché, cosa ti ha fatto?”
”Lassemo star.”
”Bon alora te conto mi. L’andava pei coridoi col cortel svizero in scarsela, molandoghe piadoni a le porte,
alzando le cotole a le mule e una volta el ga fato iruzion
in aula insegnanti portandoghe via el scalpo a la compagna diretora, che dopo la ghe xe corsa drio per tuta la
scola zigando: Smrt fašizmu, sloboda narodu (Morte al
fascismo, libertà al popolo)! Nianca che la fussi ancora
in bosco coi partigiani indove che la ga baratado i pochi
cavei che zà la gaveva in testa in cambio de la carega de
compagna diretora”.
Finisco di infiocchettare il profilo del cugino Criminal Minds pensando che il mondo è proprio un Prater.
Gira che ti gira, se casca sempre là.
”Mia mama xe de Volosca”, cambia discorso lui.
”Ma no dirme.”
”Sì, ma austriaca, de Vienna.”
”Aha”, rimando. Se occorreva specificare. Gli si
legge in faccia a un miglio, al tipo de via Baiamonti, o meglio via Bajamonti, intestata al “massimo rappresentante dei dalmati italiani”, che prima di passare
per via Baiamonti i suoi cromosomi hanno fatto tappa
nella capitale della gaia apocalisse. Faccia da triestino DOC, che sta per origine “co la coa” o coda che si
voglia. Ossia di adozione, come i rimanenti 207 mila
abitanti di Trieste su un totale di 208 mila. Come non
bastasse, alla faccia da austriaco si somma l’anda di
suo cugino Criminal Minds: jeans tirati a fionda e
mani in tasca incorporate. Con un distinguo, che non
riguarda solo il colore di capelli, occhi e carnagione,
più stonewashed slavazzato che mediterraneo zigalon.
Ma anche una (apparente) elasticità dell’indole, non
rilevata nel cugino Criminal Minds “rimasto”, dovu-
ta probabilmente alla gomma americana avuta in dotazione, assieme a una branda nel Silos e la bandiera
dei fiumani, istriani e dalmati “andati”, nel cestino del
pic nic del Grande Esodo quattro stagioni. Sponsorizzato da un capogita di nome Tito Foiba già negli anni
Cinquanta. Capogita notoriamente sempre avanti coi
tempi, così avanti che per stargli al passo, non restava
che filarsela oltre… confin.
Se due sere fa fossi andata oltre confin anche mi,
ovvero al Gulp invece di leggere quello che ho letto,
e cioè che la mente umana è una pista di F1 dove in
una sola domenica 8 milioni e 4000 pensieri si divertono a giocare agli autoscontri, dovrei seriamente domandarmi se sono ancora in me. Non sapendo come
diavolo ho fatto a zipparle tutte queste elucubrazioni
nel nano secondo di una stretta di mano tra una cavia
femmina (io) e una cavia maschio (il tipo de via Baiamonti). Le quali cavie ancora più incomprensibilmente sono già sedute a tavola e guarda caso, vizine vizine, pronte per essere immortalate dalla Candid
camera. Nascosta tra le pleskavice e le gibanice che
sfrecciano nell’aria fritta del laboratorio di chimica
sociale al campeggio dell’Obelisco. Impreziosito con
deliziose tovagliette di plastica color feretro dei morti, a dare quel tocco di necessaria suspense a una domenica di fine inverno troppo soleggiata, per non essere sospetta. In più, mi sembra di capire che il tipo de
via Baiamonti non sta affatto con la tipa della Certosa
di Parma e viceversa. Il che, se serve dire, complica
ulteriormente le cose, mi dico squadrando il mio pasticcio rucola e speck che la chimica sociale, galeotta,
mi costringerà sul più bello a spartire con il mio vicino di sedia oltre che concittadino e magari anche con
la stessa forchetta o piron che se disi. Dato che lui ha
ordinato risotto con le sepe. Non era meglio mandarle
a farse un toc’ a Barcola? O sul sugaman a far chimica
sociale coi cazamarini?
No che non era meglio. La chimica sociale una volta che si mette in moto, non guarda in bocca a nessuno. Cedo così un assaggio del mio pasticcio al tipo de
via Baiamonti, che a dire il vero non ha grandi pretese. Per adesso.
Così poco? Reclamo, fissandolo nelle lenti degli
occhiali dove un paio di pupille indecise tra il verde
Isonzo (al tramonto, beninteso) e il blu Quarnero (in
maretta, ovviamente) rimandano la chimica sociale a
settembre. E cioè quando avrò finito di masticare il
mio pasticcio, indeciso tra i reclami del mio stomaco
vuoto da ieri, e un incrementale ronzio che la primavera ormai alle porte si ostina a imputare a uno stormo di stukas travestiti da farfalle. Pronte a sganciare
la prima bomba su Dresda.
Sbagliato, perché la prima bomba su Dresda la scaglia il bombardiere de via Baiamonti, pensando bene,
el sgaio, di ricoprirla di tre chili di zucchero caramellato (per fissare bene il mascheramento) radendomi al
suolo anche l’ultima speranza.
”Ti magna, co te rivi al punto…”
… e virgola sottintesa, sospiro sotto le macerie che
mi impediscono di mangiarmi le mani per aver voluto fare, una volta tanto, l’altruista. (3 - continua)
Panorama 37
Pubblicazioni
Il n. 180 de la Battana dà ampio spazio all’autore dialettale triestino
Grisancich, settant’anni di poesia
L
e poesie, che lui ha scritto fra il
1951 e il 1965, sono riunite nella
raccolta Noi vegnaremo. Lei le
pubblica nel 1966 per i tipi del ben noto
Zibaldone e gli spiana la strada dell’affermazione in campo poetico. Lui è
Claudio Grisancich, lei è Anita Pittoni,
la fondatrice della piccola quanto prestigiosa casa editrice. Ne nasce un legame culturale non sempre evidente, ma
non per questo meno presente, e quel
che più conta, non meno saldo.
Questi i termini in cui, nel n. 180 de
la Battana, Irene Visintini rende
un significativo omaggio a Claudio Grisancich, che ha da poco
superato i settant’anni. Un omaggio tanto significativo da occupare, anche in termini assoluti, il
maggior spazio fra i testi del fascicolo. Ricordati fin dall’inizio
anche gli altri generi, fra cui i testi radiofonici e teatrali, l’autrice
li liquida quasi subito affermando che indubbiamente è la vocazione poetica quella che prevale nell’autore dialettale triestino,
prova ne sia che oggi i suoi versi
si possono leggere in varie lingue:
fra le altre tedesco, sloveno e ungherese, per non dire del fatto che
è una delle pochissime voci triestine note a livello nazionale.
Se non primaria nei “frutti”, la
radio però ha un importante ruolo
“alla fonte”: fu infatti l’ascolto di
poesie che lo portò alla scoperta
del “mondo dei versi”. Vedi caso
la trasmissione era condotta da
quella Anita Pittoni che qualche anno
dopo si rivelerà tramite essenziale per
Claudio. Negli anni successivi vedranno la luce le sillogi Dona de pugnai e
Crature del pianzer, crature del rider.
La prima uscì nel 1957, anno in cui
venne a mancare Virgilio Giotti. Ma a
chi parlò di un passaggio di staffetta,
va ricordato che lo stesso Grisancich
scrisse che per un periodo notevolmente lungo, fino agli Anni Ottanta,
sperimentò una sorte di rifiuto del dialetto scrivendo poesie e racconti in lingua, realizzando solo “dopo una lunga
crisi” quella che un altro critico definì
“la piena consapevolezza del proprio
38 Panorama
mezzo linguistico”. Un cenno particolare nella sua produzione merita la
più recente raccolta, Inventario, edita a Trieste nel 2004, in cui è presente un riavvicinamento allo sperimentalismo e alle avanguardie, la dissoluzione delle usuali forme linguistiche e
sintattiche e il prevalere di una tecnica
espressiva che si potrebbe definire funambolesca, costellata dei nomi della
Trieste culturale di un tempo, di figure della quotidianità e di un linguaggio
che ricorre ampiamente ai termini ger-
gali. In altre composizioni, quasi prendendo atto della continua e inarrestabile disgregazione del mondo che lo
circonda, si sofferma su scene che si
incidono nell’animo del lettore, come
l’immagine di un bambino che ha potuto solo passare davanti alla vetrina
di giocattoli che nessuno poteva comprargli o la morte solitaria di un’anziana: “...ma più tremendo iera quel cagneto/che no finiva de ‘baiarghe contro - el viso dela dona/là per tera”. Su
tutto prevale comunque la lacerata individualità di chi scrive, il susseguirsi degli interrogativi sul significato
dell’esistenza, sull’incombenza della
morte. Il testo d’apertura del fascicolo è dedicato alle considerazioni linguistico-filologiche del Dictionarum
di Fausto Veranzio (1551-1617) elaborate da Vito Paoletić il quasi profilò come uno strumento di consultazione che sarebbe stato all’origine di
tanti dizionari successivi e promosso
lingue fino ad allora in posizione subalterna.
Segue un’analisi del romanzo di
Ester Sardoz Barlessi Una famiglia
istriana ad opera di Josip Krajač. Una
famiglia che si profila come un
vero palinsesto, tanto da indurre
l’autore ad usare il concetto anche nella formulazione del titolo
del saggio. Un romanzo composto da più racconti, scrive il critico, per cui, se tutta la famiglia
può essere espressione di un mondo letterario innestato su vicende
di valore documentario, tutti i fatti in cui essa è coinvolta hanno nel
contempo un sapore letterario e
un’ossatura “storica” entro cui si
susseguono e si rincorrono corsi e
ricorsi, che sono poi l’espressione
del respiro della società. Si ripeteranno perciò, con variazioni distinguibili ma in cui è comunque
molto percettibile il valore della
“musica di fondo” che si diffonde in particolare da quella figura di primo piano che risponde al
nome di Angela.
Un centenario da ricordare s’intitola il saggio di Claudio
Ugussi su Quarantotti Gambini (Pisino, 23 febbraio 1910), di fatto la tesi di laurea presentata nel 1959
all’Università di Zagabria. Tempo
dopo Ugussi ebbe modo di parlare a
Venezia con la madre (che pur usando
con i domestici la lingua, con l’ospite
volle parlare solo il dialetto) e poi, nel
1963, con lo scrittore.
Il discorso parte da I nostri simili,
la raccolta di tre racconti comparsi su
Solaria per arrivare fino a La calda
vita, il grosso romanzo che concorse
al Viareggio. In mezzo, tutta una serie di opere a indicare la maturazione
di Quarantotti Gambini come uomo e
come scrittore.●
M. S.
Novità in libreria
Walter Isaacson
STEVE JOBS
Basandosi su più di quaranta interviste con Steve Jobs in oltre due anni, e su più di cento con
familiari, amici, rivali e colleghi,
Walter Isaacson racconta l’avvincente storia del geniale imprenditore la cui passione per la perfezione e il carisma feroce hanno
rivoluzionato sei settori dell’economia e del business: computer,
film d’animazione, musica, telefoni, tablet ed editoria digitale.
Nell’epoca in cui tutto il mondo
sta cercando un modo di sviluppare l’economia nell’era digitale,
Jobs spicca come icona massima
dell’inventiva e dell’immaginazione, perché ha intuito in anticipo che la chiave per creare valore
nel ventunesimo secolo è la combinazione tra creatività e tecnologia e ha costruito un’azienda basata sulla connessione tra geniali
salti d’immaginazione e riconosciute invenzioni tecnologiche.
Sebbene abbia cooperato attivamente per questo libro, Jobs
non ha chiesto nessun controllo
sul testo né ha preteso il diritto
di leggerlo prima della pubblicazione.
Non ha posto nessun filtro, anzi
ha incoraggiato i conoscenti, i familiari, gli antagonisti a raccontare la verità onestamente. Una
storia che ci insegna e allo stesso
tempo ci mette in guardia, ricca di
lezioni sull’innovazione, il carattere, la leadership e i valori.
Editore Mondadori
Pagine 600. Prezzo 20.00 euro
Stefano Bartezzaghi
COME DIRE
Questo libro insegna come metterla con gli errori di grammatica.
Come dire la cosa giusta al momento giusto. Come trovare l’anima
gemella su Facebook. Come dare
un nome a un figlio. Come fare un
discorso articolato. Come compilare un menu. Come tradurre i propri
manicaretti a uso dei turisti.
Come esprimere i propri stati
d’animo nel modo giusto per venire invidiati o compianti quanto lo si desidera. Come straparla-
re superlativamente. Come punteggiare i propri scritti continuando
a pensare ad altro. Come comunicare con la scrittura le proprie
espressioni facciali. Come parlare
il bambinese. Come (non) giocare
con i doppi sensi. Come presentare uno scritto al lettore. Come rendere gentile almeno il proprio linguaggio. Come essere pazienti con
il linguaggio del proprio medico.
Come correggere la volgarità dei
giovanilisti d’oggi. Come essere
volgari in lingua altrui. Come essere correttamente scorretti. Come
parlare bene una lingua che si può
parlare solo male.
Come venire a patti con le regole ortografiche. Come scrivere un
libretto operistico. Come scrivere
un testo per Sanremo. Come commentare una partita di calcio in tv.
Come scrivere una e-mail. Come
coniugare i verbi nel modo migliore. Come fottersene della grammatica e vivere felici.
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Pagine 216. Prezzo 17.00 euro
Paolo Gallina
LA FORMULA MATEMATICA
DELLA FELICITÀ
La formula della felicità esiste. Ed
è un’equazione. La felicità, spiega il
professor Paolo Gallina, è “la variazione rispetto al tempo dello stato di
una persona”. In altre parole, la felicità è il passaggio da una condizione
peggiore a una migliore, ed è tanto
più intensa quanto più in fretta avviene questo cambiamento. La felicità non è la bella casa o il televisore
a 350 pollici in sé, ma il momento in
cui li hai avuti, in cui te li sei goduti la prima volta. Come ogni formula
matematica il concetto è cristallino
ed elegante, le sue conseguenze implacabili. La prima è che “la felicità
non dura. E se si vuole farla durare le
cose non sono così semplici”. L’altra
è che “è molto difficile incrementare
il proprio stato con costanza. Nella
maggior parte dei casi, dato che gli
stati non possono essere incrementati all’infinito, a un picco di felicità
segue una fase di stasi, di aspettativa,
di non-felicità sostanziale”. Oppure,
parlando di shopping e consumismo,
tocca rilevare che “se qualcuno sceglie di essere felice entrando e uscendo da centri commerciali, concessionarie e boutique, con pacchi e pacchi
di roba, necessita di molta disciplina per rimanere immerso a un livello di felicità accettabile”. Ecco che
alla fine di questa brillante, godibilissima trattazione, dopo aver risolto certi nostri dilemmi esistenziali,
potremo finalmente capire a cosa è
servito, nella vita, studiare matematica.
Editore Mondadori
Pagine 168.Prezzo 16.50 euro
Panorama 39
Italiani nel mondo
Nonostante i giuramenti sull’importanza dell’informazione per il mantenim
Si prospetta la chiusura del canale
a cura di Ardea Velikonja
N
ell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle politiche per
i cittadini italiani nel mondo si è svolta al Senato, presso il Comitato per le Questioni degli Italiani
all’Estero, l’audizione dell’amministratore delegato di Rai World, Claudio Cappon, e del direttore dell’area
commerciale Giovanni Celsi. Il dibattito è stato introdotto dal presidente del Comitato, Giuseppe Firrarello,
che precisato come il tema dell’informazione sia di primaria importanza
per il mantenimento dei collegamenti tra l’Italia e le collettività italiane
nel mondo ed ha ricordato l’audizione, svoltasi il 17 giugno 2009, del direttore di NewCo Rai International,
Malesani. Partendo da quell’incontro
Firrarello ha sottolineato come l’audizione odierna possa costituire una
preziosa occasione per valutare cosa
sia cambiato in questo arco di tempo
e per avere da Rai World, che è subentrata a NewCo Rai International,
un aggiornamento sulle sue attività.
“In particolare - ha precisato Firrarello -, nel corso della precedente audizione si era fatto riferimento
alla costituzione, da parte del servizio pubblico radiotelevisivo, di una
società per la produzione, la distribuzione e la trasmissione di programmi
radiotelevisivi all’estero finalizzati
alla conoscenza e alla valorizzazione
della lingua, della cultura e dell’impresa italiane. Si era altresì svolto un
dibattito sulle modalità di diffusione
del segnale del canale TV Raitalia,
anche dal punto di vista della commercializzazione nei differenti continenti mediante appositi pacchetti”.
In apertura di intervento Cappon
ha subito precisato come Rai International si occupi della responsabilità della programmazione, Rai World
gestisca l’attività di promozione e distribuzione dei canali Rai nel mondo e
la Rai garantisca l’attività di supporto
tecnico in senso stretto. L’amministratore delegato ha inoltre sottolineato
come la qualità del servizio pubblico
sia strettamente correlata all’assetto
40 Panorama
organizzativo e agli stanziamenti economici. “Rispetto agli esempi francese, tedesco e britannico, - ha puntualizzato Cappon - il sistema italiano non vede l’attribuzione di risorse a
strutture autonome, e soffre di un deficit rispetto all’entità dei finanziamenti. Stante la difficile situazione economica - ha aggiunto -, uno dei tre canali televisivi dell’offerta internazionale della Rai, ‘Yes Italia’, dedicato alla
promozione del made in Italy, probabilmente cesserà di essere trasmesso,
e proseguiranno solo gli altri due canali Raitalia e Rai News”.
Cappon ha inoltre evidenziato
come i contratti di distribuzione del
segnale siano invece in fase di rinnovo, in previsione della prossima scadenza, ed abbiano sinora dato buoni risultati in termini di introito. Per
Cappon Rai Italia, a differenza dei
canali internazionali di altri paesi,
appare poi limitato, nella sua ipotetica platea di spettatori, dal fatto di rivolgersi interamente in italiano alle
sole comunità dei nostri connazionali nel mondo. “L’introduzione del digitale terrestre e la più ampia offerta
di canali in alta definizione - ha proseguito l’amministratore delegato pone un’ulteriore sfida competitiva
per i canali italiani rispetto ai nuovi
canali stranieri, i quali trasmettono
oltre che nella lingua nazionale anche in inglese e in alcuni casi in arabo. Nella programmazione italiana,
solamente il canale Yes Italia è realizzato in italiano con sottotitoli in inglese e spagnolo”.
Ha poi preso la parola il senatore
del Pdl, Raffaele Fantetti, eletto nella ripartizione Europa, che ha chiesto chiarimenti sugli effetti dell’introduzione del digitale terrestre rispetto alla programmazione destinata all’estero. Fantetti ha evidenziato
come, alla luce della crescente domanda di corsi di italiano in Europa, la programmazione televisiva
dovrebbe sostenere la cultura italiana. Il senatore ha inoltre chiesto sia
le ragioni della prospettata chiusura
di “Yes Italia”, un canale che al momento svolge un importante ruolo di
Giuseppe Firrarello
promozione dell’eccellenza e del turismo italiano nel mondo, sia un raffronto tra il sistema della Rai e quello
delle principali emittenti pubbliche
europee, nonché chiarimenti sui rapporti esistenti tra Rai World ed Euronews e sul fatto che la Rai sia l’unico
azionista di Rai Word.
Il vice presidente del Comitato
Claudio Micheloni (Pd), dopo aver
ricordato la riduzione delle risorse
destinate agli insegnamenti di lingua e cultura italiana all’estero che
ha portato alla chiusura di numerosi corsi. ha chiesto lumi sui contratti
di distribuzione dei canali Raitalia e
Yes Italia, rilevando inoltre come la
problematica del criptaggio di taluni programmi Rai sia particolarmente avvertita in Europa. Per quanto poi
riguarda la questione della chiusura
di “Yes Italia” Micheloni ha ricordato come Raitalia abbia già una missione più ampia. Per il senatore del
Pd sarebbe quindi auspicabile un intervento sulla programmazione di
questo canale volto a trovare spazio
per programmi di più ampia promozione del sistema italiano nel mondo, a discapito delle repliche delle
trasmissioni televisive trasmesse sul
territorio nazionale.
In sede di replica Cappon ha spiegato come la parcellizzazione tra distinti enti dei compiti che concorrono alla programmazione destinata
all’estero ponga delicate problematiche che potrebbero essere affrontate
con successo qualora si individuasse un unico referente complessivo.
Italiani nel mondo
mento dei collegamenti
«Yes Italia»
Per quanto riguarda il problema del
criptaggio Cappon ha precisato come
questa questione, la cui soluzione prevede costi aggiuntivi e una revisione
degli accordi di distribuzione, e la selezione dei programmi da replicare,
facciano parte della programmazione e quindi rientrino nelle competenze di Rai Internazionale. In qualità di
vice presidente dell’Unione Europea
di Radiodiffusione (EUR) Cappon ha
poi sottolineato come l’esperienza degli altri Paesi, che individuano strutture televisive con risorse e competenze autonome, rappresenti un esempio che potrebbe essere seguito anche
in Italia. Cappon ha anche spiegato
come l’introduzione del digitale terrestre abbia notevolmente ampliato il
ventaglio dei canali distribuiti, creando una maggiore concorrenza a livello di spettatori per i canali tradizionali delle emittenti pubbliche nazionali
dei singoli paesi. Quanto allo spazio
dedicato alla promozione della lingua e cultura italiana, Cappon ritiene
che sia una problematica di competenza della Rai nel suo complesso e
delle linee editoriali generali. Inoltre
per l’amministratore delegato il principale limite del canale Yes Italia, che
viene distribuito senza ulteriori costi
con il medesimo sistema concordato
per Raitalia, è rappresentato dall’af-
fidamento della gestione ad un ente
di ridotte dimensioni, non compreso nel più ampio sistema della Rai
generalista. Cappon ha poi segnalato
sia l’effettiva e intera appartenenza
alla Rai di Rai World, sia la presenza
in Francia, Germania e Inghilterra di
emittenti pubbliche per l’estero che
sono destinatarie di ampie strutture,
rese necessarie dall’attività produttiva oltre che distributiva, e di fondi
ad hoc. Cappon ha infine precisato
come non vi sia alcun rapporto tra
Euronews e Rai World e che il progetto di ristrutturazione della proiezione all’estero della Rai è ancora in
fase di definizione.
Dal canto suo il direttore dell’area
commerciale Giovanni Celsi ha parlato di un’offerta Rai in Europa molto
più ampia rispetto al resto del mondo,
basata anche sulla distribuzione via
satellite di tutti i canali Rai visibili in
Italia. Celsi ha altresì ricordato come
anche la televisione privata si trovi ad
affrontare il medesimo problema del
criptaggio dei programmi trasmessi all’estero in dipendenza degli accordi di distribuzione territoriale dei
prodotti. Celsi ha infine puntualizzato
come le ridotte disponibilità economiche non consentano ulteriori evoluzioni dell’offerta televisiva per le
comunità italiane all’estero. (Inform)
Giorgio Brignola ha annunciato l’ultimo numero edito a Londra
«La Voce» si spegne dopo sessant’anni
ra è ufficiale. Il periodico “La Voce degli Italiani” (UK) che da quindicinale si era ridotto
a trimestrale, cessa, col numero del prossimo dicembre, le pubblicazioni. Il 2012 non sarà salutato dalla
storica testata che ha accompagnato, nel bene e nel
male, per oltre 60 anni la nostra Comunità nel Regno Unito». Non nasconde l’amarezza il direttore responsabile Giorgio Brignola che annuncia così l’ultimo numero del periodico.
”Certo è - argomenta - che anche la stampa d’emigrazione non è stata immune dalle trasformazioni, spesso radicali ed imprevedibili, avvenute in Patria e non
solo. Tuttavia la nostra Comunità d’oltre Manica, la cui
maggioranza è di seconda, se non di terza, generazione,
«O
ha cambiato il suo modo di vivere l’italianità. Sono venute meno, soprattutto in quest’ultimo decennio, alcune realtà con le quali s’identificava ed il senso d’unità
ha lasciato il posto al processo d’integrazione col Paese ospite”.
”Insomma - continua -, è venuto fisiologicamente
meno quello spirito di militanza e d’appartenenza col
quale avevamo iniziato la nostra collaborazione agli
inizi degli anni’60. Non è neppure bastata la ristrutturazione ed il ridimensionamento della testata per farla
continuare a vivere. Il vertiginoso calo dei lettori non
ha concesso appelli. Ora - conclude - possiamo scrivere, pur con comprensibile amarezza, che un ciclo d’informazione è finito”. (aise)
Panorama 41
Made in Italy
Presentati in Montenegro sette piani regionali del valore di 500 mila euro
FVG: nuovi progetti a Cattaro
a cura di Ardea Velikonja
A
ndrà rafforzata l’esperienza
dedicata all’inserimento dei
disabili nel mondo del lavoro, dando così maggiore vigore “ad
una attività già avviata da tempo dalla Regione Fvg e che sta dando risultati soddisfacenti”. Lo ha affermato l’assessore alle Relazioni internazionali, Elio De Anna, nel corso
del forum svoltosi a Cattaro, durante il quale sono stati presentati i sette progetti che il Friuli Venezia Giulia sta portando avanti in Montenegro con un investimento complessivo pari a circa 500 mila euro.
L’obiettivo generale delle diverse iniziative è quello di promuovere
la crescita dell’economia del Paese
straniero coinvolgendo anche le comunità minoritarie e le realtà giovanili e scolastiche.
A coordinare le varie attività è il
Comune di Monfalcone che, con il
sindaco Silvia Altran, ha condotto
il forum al quale hanno partecipato
anche il collega di Gorizia, Ettore
Romoli, il primo cittadino di Cattaro e l’ambasciatore Sergio Barbanti.
Uno dei progetti riguarda il mondo della disabilità e vede protagonista l’Azienda per i Servizi Sanitari n.6 attraverso il progetto “CoMiDis” (Collocamento Mirato dei Disabili) e la municipalità di Nikšići.
Il progetto promuove il trasferimento di conoscenze e competenze
tecniche nel settore tenendo conto
delle buone pratiche già avviate in
Friuli Venezia Giulia. E proprio su
questa attività si è soffermato l’assessore De Anna nel suo intervento al forum, ricordando come “la
crescita di un Paese si basa anche
sulla qualità dei servizi offerti nei
confronti di coloro che si trovano
in difficoltà”.
Al settore del legno è invece rivolto il progetto che vede protagonista la cooperativa Cramas di Tolmezzo con la città di Rožaje la cui
economia si basa sulle ingenti risorse boschive della zona. L’inten-
42 Panorama
Cattaro, un tempo baluardo di Venezia, ripresa dai monti sovrastanti
to è quello di fornire alle piccole
e medie imprese montenegrine le
conoscenze relative alle specifiche
richieste messe in atto dall’Europa per la commercializzazione del
legno nei Paesi dell’Unione europea.
Anche Informest, l’agenzia per
lo sviluppo di progetti regionali
all’estero, è impegnata in Montenegro con diverse attività. Una di
queste ha a che fare con il rafforzamento e lo sviluppo della cooperazione tra il Friuli Venezia Giulia e
il Montenegro, mentre un altro progetto prevede la creazione di incubatori di impresa in questa zona dei
Balcani. La miticultura e la creazione di scuole di merletto (arte che in
questa area del Montenegro è molto
diffusa e per la quale è stato firmato
un protocollo d’intesa tra il Comune di Cattaro e quello di Gorizia)
sono al centro di altri due progetti che stanno portando avanti l’Alleanza agricoltori di Trieste da una
parte e il Comune di Gorizia insieme all’Irecoop dall’altra.
Infine, il Comune di Monfalcone sta lavorando ad una attività per
promuovere lo sviluppo democratico e la convivenza multietnica nel
Montenegro, valorizzando la società civile ed il terzo settore.
A chiudere i lavori il giornalista
Fausto Biloslavo, il quale ha raccontato la sua esperienza come inviato
di guerra durante il periodo bellico
nell’area dei Balcani. (aise)
Cioccolan
C
ioccolandoVi, la grande kermesse del cioccolato, sarà protagonista per tre giorni nelle principali piazze del centro storico di Vicenza. Quest’anno gli stand con il
miglior cioccolato, italiano ed estero, rigorosamente non industriale,
saranno allestiti da venerdì 21 a domenica 23 ottobre.
Giunta alla settima edizione, questa iniziativa organizzata dalla Confcommercio di Vicenza in collaborazione con il Comune di Vicenza, ha
saputo conquistarsi un posto d’onore
tra le più prestigiose rassegne dedicate al cioccolato.
“CioccolandoVi” è anche un appuntamento consolidato dell’autunno vicentino ed un evento da
Made in Italy
Dal 28 ottobre al 1.mo novembre a UdineFiera le specialità enograstronomiche
A GOOD 2011 i sapori di Alpe Adria
OOD è la fiera delle specialità enogastronomiche ed
agroalimentari che si svolge
dal 2007 a Udine Fiere e che, con cadenza biennale, si alterna al Salone
del Gusto di Torino.
GOOD propone sfumature e caratteristiche del tutto peculiari, dato
che diversi sono i connotati del
contesto geografico e produttivo
del Nord Est italiano e più in generale del più ampio bacino dell’Alpe Adria.
In particolare GOOD 2011 offrirà al visitatore un percorso interattivo che gli permetterà di vivere un’esperienza unica tra prodotti,
assaggi, corsi ed eventi.
Anche nella sua seconda edizione, il gradimento che il pubblico riserva a GOOD è stato confermato
da un numero di presenze in importante aumento.
Per l’edizione 2011, dal 28 ottobre al 1° novembre,sono attesi
più di 30 mila visitatori e oltre 400
espositori.
Imprese italiane e internazionali, richiamate soprattutto dal gradimento che questa fiera, e gli eventi
G
a essa associati, riescono a generare
presso il pubblico, stimolando l’interesse per le proposte presentate e
il desiderio di conoscere e capire.
L’appuntamento con la prossima
edizione rappresenterà un’ulteriore
escalation nel coinvolgimento del
visitatore: più che mai protagonista attivo della manifestazione. Ed
ecco le aree tematiche da visitare:
Buon mercato - Un’area interamente dedicata ai piccoli produttori, selezionati da GOOD per proporre le loro specialità, organizzata in collaborazione con Slow Food
FVG per riavvicinare i consumatori
ai prodotti del territorio attraverso
una rete internazionale di mercati
contadini testimoni dei valori Slow
Food “buono, pulito e giusto”.
Viaggio nei sapori di Alpe
Adria - Il gusto internazionale di
GOOD. Il padiglione dedicato alle
eccellenze, ai prodotti di nicchia,
ai sapori e alle tradizioni enogastronomiche e culturali dell’Alpe
Adria con protagonisti numerosi
Paesi stranieri, per una tavola multiculturale dove godersi il piacere
di assaporare specialità nuove per
ogni portata.
Mercato del gusto - È il cuore
interattivo di GOOD con un percorso merceologico dedicato alla
qualità della tavola, per capire, imparare e acquistare i prodotti inmodo consapevole scoprendone origini e utilizzi all’insegna del mangiare bene per vivere meglio. Sezioni
di approfondimento e corsidi cucina gratuiti.
E per ultimo l’enoteca con tutto
il meglio del vino con degustazioni
guidate.●
ndoVi 2011
non perdere per chi ama il cioccolato nelle sue tantissime declinazioni, ma tutte di alta qualità. Lo sanno
bene le più rinomate cioccolaterie e
pasticcerie d’Italia e i più noti Maestri Cioccolatieri che proprio per
questo confermano, di anno in anno,
la loro partecipazione alla manifestazione allestendo stand sempre
più invitanti, con tutte le loro novità
e specialità.
Sessanta stand dove il cacao
prende forma in raffinate creazioni,
all’insegna del prodotto non industriale e di qualità. Dragèe, praline,
cremini, gianduiotti, cuneesi, torte, mousse…: il cioccolato nelle sue
mille varianti si è dato appuntamento a Vicenza.●
Panorama 43
Sport
Protagoniste le tre squadre che hanno fatto la storia del calcio giuliano e
Triangolare del Ricordo: tra gol
S
ono entrate in campo a Roma,
lo scorso 21 settembre, nella
cornice dello Stadio Flaminio
concesso dal CONI per l’occasione,
le tre grandi squadre che hanno fatto
la storia del calcio giuliano e dalmata
nel Novecento, il Grion Pola, la Fiumana e il Dalmazia, fucine tutte di
indimenticabili campioni che hanno
onorato gli autentici valori dello sport
e il nome di tante società italiane,
dal “Grande Torino” alla Juventus,
dal Milan alla Roma, dalla Fiorentina alla Lazio. E con loro, negli intervalli delle partite, sono stati insigniti
del Premio “Giorno del Ricordo” gli
sportivi che, nelle diverse discipline,
hanno portato alto nel mondo, dopo
l’esodo, il nome della Venezia Giulia
e della Dalmazia italiane. Commentatore d’eccezione dell’evento - promosso e organizzato dalla Presidenza
Nazionale e dall’ANVGD Giovani e
posto sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica - Bruno Pizzul, la “voce” per eccellenza del calcio, che ha accolto prontamente l’invito a presenziare a questo evento.
Egli ha voluto ricordare anche un’altra squadra giuliana, l’Ampelea di
Isola d’Istria, unica squadra a giocare in una serie nazionale sino al 1955
con il nome di Isola. A presentare la
serata è stato con competenza e professionalità Matteo Vespasiani, speaker ufficiale della Roma Calcio.
L’idea, nata dai giovani dell’ANVGD (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che rap-
presenta in Italia gli Esuli giulianodalmati), è stata quella di riportare
per un giorno in auge i fasti delle tre
squadre calcistiche per un triangolare in cui sono scesi in campo i figli, nipoti e pronipoti di quelli che
furono gli italiani dell’Istria, Fiume
e Dalmazia. Sono tornati sul prato
verde in una sorte di rievocazione
storica unica, con l’emozione delle
magliette di allora, con il cuore di
chi ha ereditato quel patrimonio storico e culturale. Un’occasione unica
di riaprire una pagina sportiva chiusa per troppi anni.
Accolti dunque dagli applausi e dalla composta commozione di
2.000 spettatori, hanno sfilato i tre
vessilli dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, alfieri i rappresentanti giovanili dell’ANVGD guidati da
Pietro Cerlienco e preceduti dalla
Banda del Corpo della Polizia Municipale di Roma Capitale, che ha
aperto la manifestazione con l’esecuzione dell’Inno nazionale. Hanno
voluto essere presenti, in rappresentanza del Governo, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, on.
Carlo Giovanardi e il Sottosegretario agli Affari Esteri, on. Alfredo
Mantica. E commozione ha espresso il presidente nazionale dell’ANVGD, Lucio Toth, nel suo saluto ai
partecipanti: “Le bandiere d’Istria,
Fiume e Dalmazia rappresentano
secoli di storia, di passioni, di sentimenti, che giungono intatti sino a
noi”. Così si è espresso anche il dal-
mata Sergio Vatta, storico allenatore
delle nazionali giovanili italiane che
ha rimarcato la “presenza, allo Stadio Flaminio, di giovani discendenti
provenienti da altri Continenti e Paesi, dal Canada come dall’Argentina, dagli Stati Uniti come dal Sudafrica: un dato che ben rappresenta le
dimensioni di quello che fu l’esodo
della popolazione italiana nel 1947,
i cui figli e nipoti hanno aderito con
entusiasmo e orgoglio all’inedita
competizione”.
Si sono sfidati per primi il Grion
Pola e il Dalmazia, allenati rispettivamente da Lucio Mujesan (secondo
allenatore Luigi Silli) e da Pierluigi
Pizzaballa (secondo allenatore Giacomo Losi). Una partita equilibrata
e costruita su azioni molto ragionate
(grazie anche alla presenza nelle file
dalmate dell’ex della Lazio, Paolo
Negro), terminata in parità (1-1) e risolta ai rigori con la vittoria del Grion
per 6-5. Da rilevare la presenza nel
Grion dell’unica donna calciatrice,
Cristina Perini (ex Arsenal femminile, oggi residente in Canada), che si è
distinta nel ruolo di difesa.
Al termine dell’incontro Alberto Bollini, in rappresentanza della
S.S. Lazio, ha consegnato al presidente dell’ANVGD, Toth, il gagliardetto della squadra biancoceleste e
un pallone firmato dai giocatori. La
successiva partita ha visto in campo il Dalmazia con la “Fiumana”,
quest’ultima allenata da Sergio Vatta (secondo allenatore Aldo Kregar)
Il presidente ANVGD Toth tra i sottosegretari Giovanardi e Mantica, a fianco il Gen. di C. A. Rossi.
A destra: Margherita Granbassi, la fiorettista e madrina della manifestazione
46 Panorama
Sport
dalmata nel Novecento
e nostalgia
e qui il ritmo è decisamente salito grazie al bel gioco impresso dalla Fiumana, che ha dimostrato di avere un saldo
schema di gioco e considerevole continuità di pressing sull’avversaria, che
pure si è ben battuta: ciò nonostante la
compagine fiumana ha segnato due bellissimi gol, vincendo tra gli applausi dei
suoi sostenitori per 3-1. Il terzo e ultimo
confronto con il Grion ha confermato
l’ottima forma della squadra di Vatta:
una partita che ha visto il predominio
tattico e atletico della Fiumana, sigillato
dal risultato finale di 4-0.
Alla squadra del Quarnero è andato dunque il Trofeo Triangolare del Ricordo, consegnato da Lucio Toth e dal
sindaco del Libero Comune di Fiume in
Esilio, Guido Brazzoduro. Gli altri riconoscimenti sono andati a Riccardo Ferrari Cupilli (Dalmazia), ovvero il Premio fair-play del Senato della Repubblica, consegnato da Giorgio Sandri,
presidente della Fondazione Gabriele
Sandri; a Stefano Battioni (Grion Pola)
la Coppa Legea quale miglior portiere,
consegnata da Legea Point di Roma; ad
Alessandro Sirotich (Fiumana) la Coppa della Camera dei Deputati, quale miglior giocatore, consegnatagli dall’on.
Giuseppe Carlino, vicecapo di Gabinetto del Ministro della Gioventù, on.
Giorgia Meloni.
Il particolare e storico legame tra gli
esuli giuliano-dalmati e le Forze Armate è stato sottolineato dall’omaggio donato dal presidente nazionale dell’ANVGD al Sottocapo di Stato Maggiore
dell’Esercito, Domenico Rossi, il qua-
La vincitrice Fiumana con il trofeo del Triangolare
le ha ricambiato con la consegna del
crest dello Stato Maggiore della Difesa, ricordando le origini fiumane di sua
madre. La giocatrice Cristina Perini, a
nome del Governo del Canada, ha consegnato ai Sottosegretari Giovanardi e
Mantica il “dollaro d’argento”, a significare l’amicizia tra i due Paesi legati anche dalla diaspora giuliano-dalmata del
dopoguerra. Infine, ai tre capitani delle squadre - Cristina Perini per il Grion
Pola, Fabio Cvetnich Margarit per la
Fiumana e Riccardo Ferrari Cupilli per
il Dalmazia - sono andate le targhe offerte dall’Associazione Vecchie glorie
di Roma e Lazio e consegnate dal presidente Gaetano Camillo e dal segretario
generale Paolo Colucci.
Le tre squadre
Il Gruppo Sportivo Grion Pola, fu
una società sportiva e calcistica con
sede nella città istriana di Pola. La società era intitolata a Giovanni Grion,
istriano caduto nel corso della Prima
guerra mondiale. Fondato nel 1918, il
G.S. Grion Pola conobbe l’apice della sua popolarità a partire dall’anno
1932, quando la squadra di calcio ot-
tenne la promozione in Serie B, ove arrivò fino al sesto posto. Negli anni Venti lanciò Antonio Vojak.
L’Unione Sportiva Fiumana di
Fiume (città diventata italiana nel
1924) nacque nel 1926 in seguito alla
fusione di due squadre già esistenti:
il Club Sportivo Olympia Fiume e il
Club Sportivo Gloria Fiume. Produsse
in quegli anni alcuni giocatori di livello nazionale come Rodolfo Volk, Marcello Mihalich, Ezio Loik, Mario Varglien e il fratello Giovanni Varglien.
Arrivò a disputare anche un campionato nella Divisione Nazionale (l’allora serie A).
La Società Ginnastica Zara, debuttò in serie C nel 1926. Nel 1931 cambiò
denominazione in Associazione Calcistica Dalmazia: era l’unica squadra
dalmata nei campionati italiani. Data
la sua particolare posizione geografica, venne assegnata ai gironi umbromarchigiani, in modo da agevolarne le
continue ed avventurose trasferte. Per
gli eventi bellici della Seconda guerra
mondiale, nel 1940 si ritirò dal campionato di Prima Divisione dopo 20
giornate, proprio quando si trovava in
testa alla classifica.●
N. B.
L’Associazione Vecchie Glorie Roma e Lazio consegna un riconoscimento ai capitani delle tre squadre.
A destra: l’immagine finale di tutti coloro che hanno partecipato al combattuto appuntamento
Panorama 47
Arborea
Luther Burbank, il mago orticoltore
di Daniela Mosena
R
iprendiamo dopo qualche tempo quel discorso sulla vita segreta delle piante che ha occupato per secoli l’attenzione e lo studio di molti biologi di tutto il mondo,
troppo spesso dimenticati così come
il concetto che le piante sono “esseri”
viventi che hanno una loro sensibilità
e una vita molto complessa e ancora
non del tutto scoperta.
E non possiamo fare a meno di
dedicare una parte del nostro lungo discorso a Luther Burbank, statunitense, un coltivatore di piante di
professione, un personaggio quasi
unico in tale attività. Le nuove piante che ha donato al mondo sono state tante e così straordinarie da valergli l’appellativo di Mago dell’Orticultura.
Luther Burbank soleva ordinare
varietà sperimentali da tutto il mondo per farne incroci con buoni esemplari locali. Complessivamente egli
presentò oltre mille piante nuove
che, se suddivise nella sua carriera
di lavoro, significavano un esemplare inedito ogni tre settimane. Malgrado le calunnie di scienziati invidiosi e ottusi di mente, quel prodigio
creativo fu proclamato dagli esperti del ramo un grosso evento in cui,
allo stato dei fatti, vi si riconosceva
il genio, anche se sfuggiva alla loro
comprensione.
Il botanico alle prese con l’esperimento del cactus
52 Panorama
Liberty Hyde Bailey, il decano
della botanica americana, universalmente riconosciuto, il quale aveva
precedentemente detto a un congresso mondiale di orticultura che “l’uomo non poteva fare molto per produrre variazioni nelle piante”, partì
dall’università di Cornell per andare
a vedere ciò che Burbank faceva per
scatenare un tale furore. Dopo il suo
viaggio a Santa Rosa, egli scrisse in
un numero della rivista «“World’s
Work”: appunto che Burbank era un
“mago” e un uomo onesto, leale, attento, indagatore, tenace che credeva che le cause producano gli effetti. “La sua magia - scrisse- si riduce a una paziente ricerca, corroborata da un costante entusiasmo, da
una mente libera da preconcetti, e
da una facoltà di giudizio particolarmente acuta sui meriti e le capacità
delle piante”.
E il professor H. J. Webber, un
genetista addetto alla cultura delle
piante presso il Ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti, sostenne
che Burbank, da solo, aveva risparmiato al mondo circa venticinque
anni di culture vegetali.
Nella sua fattoria sperimentale, dove si vedevano crescere contemporaneamente quarantamila susini giapponesi o duecentocinquantamila bulbi in fiore, Burbank soleva camminare lungo una fila di
migliaia di piante - sia piccoli germogli che spuntavano dal suolo, sia
fiori quasi del tutto sviluppati che
gli arrivavano all’altezza del torace
- e, senza cambiare passo, scegliere quelle più promettenti. Un perito
agrario, dall’occhio acuto, descrisse
questo con parole sue: “Pareva che
l’istinto gli dicesse se una pianticella sarebbe cresciuta per produrre il
genere di frutti o di fiori che egli voleva. Io non riscontravo differenze
tra l’una e l’altra, neppure se mi curvavo e guardavo attentamente, ma a
Burbank bastava un occhiata”.
I cataloghi redatti da Burbank
diedero l’impressione che egli impiegasse migliaia di dipendenti. “Sei
gladioli nuovi, i migliori su un milione di pianticelle. La crescita di
diecimila clematidi ibride seguita
per parecchi anni per ottenerne alla
fine sei buone. Scartando diciottomila calle per ricavare una pianta sola.
Il mio noce Royal supera i noci normali nella proporzione di otto a uno
e promette di rivoluzionare l’industria dei mobili e forse anche quella
del legname in cataste”.
Il terremoto del 18 aprile 1906,
che distrusse quasi San Francisco,
ridusse Santa Rosa a un cumulo di
rovine e macerie fiammeggianti.
Tuttavia, il fatto eccezionale fu che
l’enorme serra di Burbank, non lontana dal centro cittadino, non ebbe
neppure una lastra di vetro incrinata. Burbank fu meno stupito dei suoi
concittadini, ma ebbe l’accortezza di
non parlarne in pubblico. Egli suppose che i suoi contatti con le forze
della natura e col cosmo avessero in
gran parte il merito del suo brillante successo con le piante, apparentemente unico, e ciò, forse, aveva preservato la sua serra.
Allusioni indirette alla personificazione delle piante sono state illustrate in un articolo da lui scritto
nel 1906 per “Century Magazine”
in cui egli asseriva: ”La cosa vivente più testarda di questo mondo, la
più difficile da far cambiare, è una
pianta ormai assuefatta a certe abitudini. Va ricordato che tale pianta
ha conservato la sua individualità attraverso i secoli; forse le sue origini
risalgono a eoni di tempo addietro
Arborea
“Ritratto di Luther Burbank” (1931) di Frida Khalo
e si rintracciano nelle rocce. Pensate
che, dopo tutti questi secoli di ripetizione, la pianta non abbia acquistato una volontà, se così vi piace chiamarla, di tenacia incomparabile? “
Burbank svelò a Manly P. Hall,
fondatore e presidente della Philosophical Research Society di Los Angeles e studioso di religione comparata, mitologia e dottrine esoteriche, che quando voleva far sviluppare le piante in qualche modo speciale
e particolare, non comune alla loro
specie, egli si metteva in ginocchio e
parlava con loro. Ecco quanto scrisse: “Il signor Burbank ha citato che
le piante hanno oltre venti percezioni sensorie ma, essendo diverse dalle
nostre, noi non le individuiamo. Egli
non è sicuro che arbusti e fiori capiscano le sue parole, ma è convinto
che, per mezzo di un certa telepatia,
essi ne afferrino il significato”.
In seguito Hall confermò quanto
Burbank aveva detto al famoso Yogi,
Paramahansa Yogananda, sulla evoluzione del cactus senza spine, una
procedura durata molti anni, durante
i quali Burbank si tolse migliaia di
spine dalle mani usando le pinzette.
Burbank aveva detto: “Mentre ese-
guivo gli esperimenti con i cactus,
parlavo spesso alle piante per creare
una vibrazione di amore. Non avete nulla da temere (solevo dire loro)
non vi occorrono le spine difensive.
Io vi proteggerò”.
“La potenza di amore di Burbank
- riferì Hall - più grande di qualsiasi altra, era una specie di sottile nutrimento che fece prosperare tutto
e fruttificare con più abbondanza.
Burbank mi ha spiegato che nei suoi
esperimenti ha sempre creato un rapporto di fiducia con le piante, chiedendo loro un aiuto e assicurandole
che egli teneva la loro vita in grandissima considerazione e affetto”.
Helen Keller, sorda e cieca
dall’infanzia, dopo una visita a Burbank, ebbe a scrivere su “Qutlook
for the Blind”: “Egli ha il più raro
dei doni, lo spirito ricettivo di un
bambino. Quando le piante gli parlano, egli le ascolta. Solo un bambino
saggio comprende il linguaggio dei
fiori e degli alberi”.
La sua osservazione calzava perfettamente in quanto Burbank amò
sempre i bambini. Nel suo saggio, “Training of the Human Plant”
(Educazione della pianta umana), in
seguito pubblicato come libro, egli
anticipò gli atteggiamenti compassionevoli che vennero dopo di lui e
sconvolse i genitori autoritari con
le parole: “È più importante che un
bambino abbia un buon sistema nervoso anziché tentare di imporglielo sulla scorta di cognizioni lette a
spese della spontaneità e della libera
scelta. Il bambino dovrebbe imparare facendo uso di metodi piacevoli,
non dolorosi. La maggioranza delle
cose che sono veramente utili nella vita futura vengono a contatto del
bambino attraverso il divertimento e
il rapporto con la natura”.
Burbank, come altri geni, comprese che il suo successo derivava
dall’avere conservato la curiosità
e l’esuberanza di un bambino per
ogni cosa che lo circondava. A uno
dei suoi biografi raccontò: “Ho quasi settantasette anni e sono ancora
capace di saltare un cancello, o fare
una corsa podistica o tirare una pedata a un lampadario. Questo perché il mio corpo non è più vecchio
della mente, e la mia mente è adolescente. Non è mai diventata adulta e
spero che non lo diventi mai”. ●
(1 - continua)
Panorama 53
Giornalisti campioni di... pentolone
C
he i giornalisti non sanno solo scrivere ma anche cucinare lo hanno dimostrato di recente
al Campionato europeo svoltosi a Maribor in cui i
rappresentanti della stampa “se la sono data a suon
di ingredienti” per preparare il miglior gulash di
cinghiale nei pentoloni appesi al treppiede. Dieci i
paesi presenti con 36 squadre tra cui anche la nostra redazione (delegata dalla giuria a difendere i
colori dell’Italia) che si è piazzata al 18.mo posto.
A vincere sono stati i rappresentanti della trasmissione televisiva croata “Buongiorno Croazia”, secondi i colleghi del “Dolenjski list” sloveno e terze
le rappresentanti della Bosnia. Più che una gara è
stato un momento per stare assieme e rilassarsi di
tutti coloro che praticano questo difficile mestiere, in cui anche quando si sta fianco a fianco sono
altri gli affanni che prevalgono. L’appuntamento
è organizzato ormai da undici anni consecutivi da
Vladimir Jurić, dell’agenzia fiumana “Primorsko
jedro”, che ha “esportato” questa singolare gara in
tutta l’area dell’ex Jugoslavia.
(testo e foto di Ardea Velikonja)
Panorama 59
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