Anno LIX - N. 19 - 15 ottobre 2011 - Rivista quindicinale - kn 14,00 - EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401 Panorama www.edit.hr/panorama La vendemmia dell’ipocrisia e incapacità L’architettura di Emilio Ambrosini T renta palazzi ad uso abitativo, dieci ad uso commerciale, nove ville e quattro alberghi realizzati a Fiume, Abbazia e Volosca. Questo il bilancio dell’attività di Emilio Ambrosini. Quale omaggio all’architetto, triestino di nascita e fiumano d’adozione, al Museo civico fiumano è stata inaugurata la mostra Emilio Ambrosini - opere architettoniche a Fiume e Abbazia 18841912. Curata da Deborah Pustišek, la mostra vuole essere un omaggio ad una delle figure più interessanti legate all’architettura fiumana, che fra l’altro ha il merito d’aver portato per primo nel capoluogo quarnerino lo stile floreale. Ambrosini ha firmato tra l’altro i progetti dell’asilo Clotilde nell’odierna Podmurvice, della Villa Corossacz odierna sede della Scuola di musica Ivan Matetić Ronjgov, della casa Fabich situata in via Pomerio e della Casa Schittar. L’esposizione è stata realizzata anche grazie al supporto finanziario dell’UI, UPT e CI di Fiume. La mostra rimarrà in visione fino al 29 ottobre. (foto di Željko Stojanović) 2 Panorama In primo piano Inevitabilmente deludente il giudizio sulla classe politica della Croazia Vendemmia d’ipocrisia e incapacità di Mario Simonovich N on pochi fra coloro che avevano una certa conoscenza del modo in cui le cose andavano e continuano ad andare nel mondo, affermarono, nel momento in cui la Croazia entrava a far parte dei paesi correntemente detti democratici - molto meglio sarebbe stato dire “ad economia di mercato” - che, molto prima di quel che vi avrebbero trovato applicazione gli aspetti positivi, primi fra tutti i diritti dell’uomo e del cittadino, nel paese ci sarebbe stato un “salto di qualità” della malavita, abbinato a una furiosa cavalcata di capitalisti d’assalto, per una spoliazione sistematica delle risorse fino ad allora precluse a questo tipo di “valorizzazione”. La previsione si è dimostrata purtroppo vera ma anche parziale: mancava il giudizio sulla qualità della classe politica. Non che, per intenderci, uno si facesse una qualche illusione, ma di certo non si poteva prevedere che potesse arrivare a dare tutto il peggio di se stessa, sia nelle capacità organizzative e progettuali, sia nell’etica del comportamento. Che chi ci dirigeva non valesse poi tanto lo avevamo capito relativamente presto, non appena visto che il loro mettersi al mano sul cuore ogni volta che si nominava la Croazia non impediva di mettere anche - in cambio di moneta sonante - il patrimonio croato in mani che potevano essere croate o meno, ma che in una preoccupante percentuale si erano preoccupate di svilire e frammentare quanto acquistato per un tozzo di pane. E poco importava che questi loschi mercanteggi danneggiassero vitalmente la stragrande maggioranza di altra gente, per la stragrande maggioranza non meno croata dei mercanti dediti alla svendita. Anzi, per non averla fra i piedi, e non perdere tempo, questi avevano fatto grandi affari ancora mentre i paria erano al fronte, occupati a farsi ammazzare da altri pa- ria, vittima di una non minore e cruuenta strumentalizzazione. Le prime avvisaglie della crisi non li hanno scomposti. Ne usciremo senza danni, sostenevano, mentre, impaludati nelle massime cariche, si procuravano fiumi di denaro che diligentemente depositavano su conti privati. Poi, per chi è rimasto, si è profilata la scadenza del mandato. E qui si sono scatenati. Forti dell’adesione dall’UE, hanno cercato di valorizzare al massimo questo che è uno dei pochi effetti positivi del loro lavoro. Se ne sono vantati e rivantati, in uno smaccato autocompiacimento, ogni volta che c’era una telecamera a riprenderli. E ce ne sono state non poche, dato che nel frattempo hanno anche intrapreso un giro di Croazia che li ha portati a pavoneggiarsi anche all’inaugurazione dell’estremo rubinetto di un acquedotto di campagna. Nei discorsi pronunciati per l’occasione mai sono state trattate più da vicino le reali necessità del paese, le possibilità di creare nuovi posti di lavoro, o altro indicante una vera progettualità. Regolari invece l’autoreferenzialità e il vanto dei propri meriti. Altrettanto regolari le denunce nei confronti dell’opposizione - che, detto per inciso, non sembra peraltro meglio ferrata nella formulazione di proposte accettabili - accusata di essere non meno ladronesca e di volere ristabilire ad ogni costo la Jugoslavia e le allusioni malevoli al capo dello stato, il primo veramente “normale” che il Paese può vantare in vent’anni. Il fatto che poi questa si sia ritirata relativamente presto da questa baruffa tra comari non ha rallentato “esternazioni” al limite dell’invettiva. Mostrandosi di gran lunga al di sotto dei cittadini che l’hanno eletta, questa classe dirigente oggi non si perita più di nascondere che la sola cosa che la interessa è il potere, che significa denaro, considerazione, privilegi. Una triste vendemmia d’ipocrisia e d’incapacità i cui costi saranno, come sempre tutti a carico dei cittadini. ● Riconoscimento OSCE a Roberto Battelli A ll’ultima sessione del Forum mediterraneo che ha coronato i lavori della sessione autunnale dell’Assemblea parlamentare dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa i deputati hanno conferito a Roberto Battelli, rappresentante della Comunità nazionale italiana in Slovenia, un particolare riconoscimento dato che è stato l’unico deputato ad aver preso parte a tutte le Assemblee parlamentari dell’OSCE. Ricorderemo che Roberto Battelli ricopre l’incarico di tesoriere dell’Assemblea e di rappresentante speciale dell’OSCE per l’Europa sudorientale. A caldo Roberto Battelli ha dichiarato di essere lusingato di questo riconoscimento che “non ha alcuna valenza politica ma si tratta piuttosto di un attestato di benemerenza per il contributo e la dedizione profusi al fine di promuovere i valori dell’OSCE e le sue missioni”. Al termine dell’assemblea parlamentare si è svolto il Forum Mediterraneo presieduto da Tonino Picula e durante la discussione è emerso che nell’area mediterranea si sta delineando un nuovo movimento, che obbligherà anche l’OSCE ad adeguarsi, considerato che il baricentro dell’area si sta spostando dall’Europa in direzione del bacino del Mediterraneo e dell’Eurasia. Uno dei compiti dell’OSCE dovrebbe essere pure quello di affermare il ruolo delle donne in democrazia e nelle riforme in corso nel bacino del Mediterraneo e in Medio Oriente.● Panorama 3 Panorama www.edit.hr/panorama Ente giornalistico-editoriale ED IT Rijeka - Fiume Direttore Silvio Forza PANORAMA Redattore capo responsabile Mario Simonovich [email protected] Progetto grafico - tecnico Daria Vlahov-Horvat Redattore grafico - tecnico Annamaria Picco Collegio redazionale Bruno Bontempo, Nerea Bulva, Diana Pirjavec Rameša, Mario Simonovich, Ardea Velikonja REDAZIONE [email protected] Via re Zvonimir 20a Rijeka - Fiume, Tel. 051/228-789. Telefax: 051/672-128, direttore: tel. 672-153. Diffusione: tel. 228-766 e pubblicità: tel. 672-146 ISSN 0475-6401 Panorama (Rijeka) ISSN 1334-4692 Panorama (Online) ABBONAMENTI: Tel. 228-782. Croazia: annuale (24 numeri) kn 300,00 (IVA inclusa); semestrale (12 numeri) kn 150,00 (IVA inclusa); una copia kn 14,00 (IVA inclusa). Slovenia: annuale (24 numeri) euro 62,59 - semestrale (12 numeri) euro 31,30 - una copia euro 1,89. Italia: annuale (24 numeri) euro 70,00 una copia: euro 1,89. Versamenti: per la Croazia sul cc. 2340009-1117016175 PBZ Riadria banka d.d. Rijeka. Per la Slovenia: Erste Steiermärkische Bank d.d. Rijeka 7001-3337421/EDIT SWIFT: ESBCHR22. Per l’Italia - EDIT Rijeka 3337421- presso PBZ 70000 - 183044 SWIFT: PBZGHR2X. Numeri arretrati a prezzo raddoppiato INSERZIONI: Croazia - retrocopertina 1.250,00 kn; retrocopertina interna 700,00 kn; pagine interne 550,00 kn; Slovenia e Italia retrocopertina 250,00 euro; retrocopertina interna 150.00 euro; pagine interne 120,00 euro. PANORAMA esce con il concorso finanziario della Repubblica di Croazia e della Repubblica di Slovenia e viene parzialmente distribuita in convenzione con il sostegno del Governo italiano nell’ambito della collaborazione tra Unione Italiana (Fiume-Capodistria) e l’Università Popolare (Trieste) EDIT - Fiume, via Re Zvonimir 20a [email protected] La distribuzione nelle scuole italiane di Croazia e Slovenia e nei Dipartimenti di italianistica delle Università di Croazia e Slovenia avviene all’interno del progetto “L’Edit nelle scuole II” sostenuto dall’Unione Italiana (Fiume- Capodistria) e finanziato dal Governo italiano (ai sensi della Legge 296/2006, Art. 1322, Convenzione MAE-UI N° 2840 del 29 ottobre 2008, Contratto N° 104 del 3 settembre 2009). Consiglio di amministrazione: Roberto Battelli (presidente), Fabrizio Radin (vicepresidente), Agnese Superina, Franco Palma, Ilaria Rocchi, Marianna Jelicich Buić, Livia Kinkela. 44Panorama Panorama Panorama testi N. 19 - 15 ottobre 2011 Sommario IN PRIMO PIANO Inevitabilmente deludente il giudizio sulla classe politica della Croazia VENDEMMIA D’IPOCRISIA E INCAPACITÀ.................................... 3 di Mario Simonovich ATTUALITÀ La Croazia a rischio default? L’Ue continua a monitorare EQUILIBRI INTERNI A RISCHIO, ECONOMIA AL TRACOLLO............ 6 di Diana Pirjavec Rameša ETNIA Maurizio Tremul, presidente della Giunta UI, in visita all’asilo di Lussinpiccolo UN BUON INVESTIMENTO PER IL NOSTRO FUTURO................. 8 di Diana Pirjavec Rameša A Montegrotto il tradizionale incontro A FIUME IL 50.ESIMO RADUNO DEI FIUMANI?................................... 10 a cura di Ardea Velikonja CONVEGNI A Fiume simposio internazionale STORIA COMUNE, SE NON CONDIVISA... 12 di Mario Simonovich PERSONAGGI Steve Jobs fu il fondatore di Apple CERCA LA PERFEZIONE. SEMPLIFICA ... 14 a cura di Diana Pirjavec Rameša SOCIETÀ Nonostante l’impianto normativo VIOLENZA DOMESTICA: POCHI PROGRESSI IN CROAZIA............... 16 a cura di Bruno Bontempo I viaggiatori leggeri da Premuda a Cherso LUSSINO, UOMINI E DONNE AVVOLTI DAL MARE ......................18 di Marino Vocci ARTE Giorgio Vasari, quinto centenario della nascita COLUI CHE EVITÒ AI MEDICI DI SCENDERE IN STRADA.............24 di Erna Toncinich REPORTAGE Un tempo grande centro industriale, oggi ha cambiato con successo il suo ruolo MARIBOR, CITTÀ DI TURISTI, STUDENTI ED ALTA CULTURA.... 26 di Ardea Velikonja LETTURE “QUANDO CIRANO SI CHIAMAVA NOSONJA - Storie di sopravvivenza quotidiana” (3)..........34 di Kenka Lekovich PUBBLICAZIONI Il n. 180 de “la Battana” GRISANCICH, SETTANT’ANNI DI POESIA .......................................... 38 di Mario Simonovich MADE IN ITALY Presentati in Montenegro sette piani regionali del valore di 500 mila euro FVG: NUOVI PROGETTI A CATTARO...42 a cura di Ardea Velikonja MUSICA CONCERTO IN CAMPIDOGLIO PER I 50 ANNI DI CARRIERA DI MOGOL.......................................... 44 a cura di Nerea Bulva SPORT Tre squadre che hanno fatto la storia del calcio giuliano e dalmato nel Novecento TRIANGOLARE DEL RICORDO: TRA GOL E NOSTALGIA................. 46 a cura di Nerea Bulva RIFLESSIONI IN CORNICE ........19 di Luca Dessardo MEDICINA L’INFLUENZA DI QUEST’ANNO: UN MISCUGLIO DI CEPPI.............. 48 a cura di Ardea Velikonja LA STORIA OGGI La storia contemporanea sempre meno conosciuta tra i giovani REPUBBLICA DI SALÒ? È DEL 1849... 20 di Fulvio Salimbeni MULTIMEDIA IL MEGLIO DELLA “NUVOLA”.......50 a cura di Igor Kramarsich CINEMA E DINTORNI “L’ultimo terrestre” di Gian Alfonso Pacinotti e “Io sono Li” di Andrea Segre CINESI? ESTRANIATI COME... GLI JUGOSLAVI.................................22 di Gianfranco Sodomaco ARBOREA LUTHER BURBANK, IL MAGO ORTICOLTORE.................................. 52 di Daniela Mosena RUBRICHE.........................................54 a cura di Nerea Bulva IN COPERTINA: la vendemmia a Maribor della vite più antica d’Europa (foto di Ardea Velikonja) Agenda Hanno impegnato a Fiume i ragazzi delle scuole elementari e medie della CNI Quarantesima edizione delle gare di italiano O rganizzate dal nostro mensile per ragazzi “Arcobaleno” si sono svolte a Fiume le gare di italiano per i ragazzi delle nostre scuole elementari e medie. Da rilevare che quelle per i ragazzi delle elementari sono arrivate alle 40.esima edizione e vi hanno partecipato una settantina di studenti, i migliori nella materia “italiano”. Interessanti gli argomenti di quest’anno tra i quali l’adolescenza, ricordi di gite in montagna, i diritti dei bambini, la salvaguardia del pianeta e sviluppo sostenibile, crisi morale dell’uomo contemporaneo e funzione della letteratura. Le giurie, per le SEI composta dalla redazione di “Arcobaleno” e da Liliana Venucci a capo del Settore editoriale dell’EDIT, per le medie presieduta da Maria Bradanović, consulente pedagogico superiore per la Lingua italiana, affiancata da Rosalia Massarotto e Lorena Chirissi. I nomi dei vincitori saranno pubblicati prossimamente su “Arcobaleno” per le scuole elementari e su “Panorama” per le scuole medie dove i compiti dei ragazzi delle medie verranno pubblicati a puntate sulla nostra rivista. ● Composta da Giovanardi e da rappresentanti dell’ANVGD, del Lazio e di Roma Nutrita delegazione italiana in visita a Rovigno U na nutrita delegazione della regione Lazio, del Municipio di Roma XII e del Comitato provinciale dell’Associazione Nazionale Vene- zia Giulia e Dalmazia (ANVGD), accompagnati dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, ha fatto visita alle istituzioni della CNI di Rovigno. Ad accoglierli la vicepresidente della Regione Istriana, Viviana Benussi (nella foto), nonché il presidente della Giunta UI, Maurizio Tremul, ed altri esponenti cittadini. Nel corso dei cordiali colloqui gli ospiti sono stati informati sulle attività svolte nell’asilo “Naridola” nella locale scuola elementare “Bernardo Benussi” presso la Scuola media superiore. Finito l’incontro col mondo scuola la delegazione ha fatto visita al Centro di ricerche storiche dove Maurizio Tremul nel presentare l’istituzione ha detto che è “il fiore all’occhiello della CNI”. In serata presso la Comunità degli italiani tra gli altri interventi da rilevare quello del ministro Giovanardi che ha ribadito l’importanza di simili incontri ricordando tra l’altro i recenti colloqui tra i presidenti Ivo Josipović e Giorgio Napolitano.● Cambio della guardia allo scadere del mandato di Alessandro Pignatti Morano di Custoza Emanuela D’Alessandro ambasciatrice a Zagabria A lessandro Pignatti Morano di Custoza, ambasciatore della Repubblica Italiana a Zagabria, tra poco lascia l’incarico dopo quattro anni trascorsi nella capitale croata. Verrà a breve sostituito da Emanuela D’Alessandro. Nata a Roma, dopo aver ricoperto altri incarichi ha concluso il corso per la carriera diplomatica che l’ha portata al Ministero agli Affari Esteri. Nel 1993 è ambasciatrice a Budapest e nel 1997 trasferita a Vienna in qualità di assistente personale del Segreta- rio generale dell’OSCE. Due anni dopo diviene Consigliere alla Rappresentanza permanente d’Italia presso l’OSCE. Rientrata a Roma entra a far parte della struttura di missione costituita presso la Presidenza del Consiglio per l’organizzazione della Presidenza italiana G8 e per il vertice dei Capi di Stato e di Governo a Genova. Ritornata al MAE ricopre l’incarico di capo segretaria della DG per i Paesi dell’Europa e successivamente di capo dell’Ufficio V della DG del Personale. Dal 2008 le viene affidato l’incarico di dirigere l’Istituto diplomatico “Mario Toscano”, incarico mai affidato ad una donna.● Panorama 5 Attualità La Croazia a rischio default? Intanto l’Ue continua a monitorare, ma si Equilibri interni a rischio, econom di Diana Pirjavec Rameša L a Croazia continua a soddisfare tutti i criteri necessari per l’adesione all’Unione europea. È quanto si sottolinea nel rapporto presentato a Bruxelles dal commissario all’Allargamento e alla politica di vicinato, Stefan Fuele. Lo scorso giugno il Consiglio europeo, nel dare il via libera alla conclusione delle trattative di adesione con Zagabria, aveva chiesto all’esecutivo comunitario di continuare il monitoraggio dei progressi del paese. Nella relazione Bruxelles afferma che la Croazia è impegnata nel raggiungimento di risultati concreti, in particolare nel campo della giustizia, della lotta contro la corruzione e dei diritti delle minoranze. Ma la situazione nel Pese, aldilà del giudizio positivo della Commissione è piuttosto complicata, sia per quanto riguarda gli equilibri politici all’interno del Parlamento che per la situazione economica. Da settimane non si fa che parlare del rischio default. E non è l’unico paese a trovarsi in questa posizione. Nella lista delle economie ad alto rischio che è stata stesa dall’impresa di consulenze CMA Vision, la Croazia si trova al 12.esimo posto. A precederla sono la Grecia con un rischio quantificabile al 90,6 p.c. Seguono il Portogallo (61,3 p. c.), il Venezuela (58,7 p. c.), l’Argentina (53,2 p.c.), il Pakistan (51,8 p. c.), l’Ucraina (46,9 p. c.), l’Irlanda (46,2 p. c.), l’Italia (33,3 p. c.) e l’Ungheria. Il rischio di bancarotta per la Croazia è stato valutato con una percentuale del 27,9 p. c.: da rilevare che agli inizi di quest’anno il rischio default era del 16,8 p. c. Questi dati statistici non meravigliano nessuno visto che in Croazia si spende molto più di quanto si produca. Il tasso di interesse sul debito pubblico è del 6 p. c. e si tratta di un impegno a cui il Paese non può far fronte visto che per pagarlo dovrebbe produrre il 6 p. c . in più rispetto all’anno scorso, ma ciò non sta accadendo. Gli economisti ripongono speranze nell’ingresso della Croazia nell’Ue, momento a partire da cui tante cose si potrebbero 6 Panorama La premier Jadranka Kosor mostra con orgoglio e compiacimento, il rapporto della Commissione europea dopo l’incontro con il presidente della delegazione Ue a Zagabria, Paul Vandoren sbloccare. Il Paese sta entrando in un mercato molto vasto che offre numerose opportunità, ma bisogna vedere se riuscirà a trovare una giusta collocazione. Se l’ingresso nell’Ue verrà inteso come un’occasione per rafforzare e continuare sulla via delle riforme strutturali, forse qualche passo in avanti si potrebbe anche compiere. L’ingresso nell’Ue dovrebbe favorire e stimolare la crescita economica hanno sostenuto gli economisti raccolti intorno al Forum internazionale dedicato agli investimenti stranieri in Croazia. Ma nel Paese si continua a discutere se la crescita del PIL dello 0,8 p. c. sia argomento sufficiente per sostenere che la Croazia stia uscendo dalla crisi oppure si tratta solo di un’ennesima interpretazione a meri scopi elettorali. Negli ultimi anni, infatti, è stato registrato un calo del PIl del 5-6 p. c., sono andati persi migliaia di posti di lavoro. Ora si nota un piccola ripresa, ma contrariamente a quanto sostenuto dal Ministro dell’economia Đuro Popijač, siamo ancora ben lontani dall’aver superato la recessione. Rimane il fatto che la crescita industriale nel primo semestre è lievitata del 1,9 p. c. mentre l’interscambio è aumentato del 5 p. c. rispetto ai dati registrati lo scorso anno. Però sino a che non verrà ridotta, e in modo drastico la spesa pubblica e avviata la riforma della pubblica amministrazione, non si potrà parlare di ripresa - sostengono gli analisti. Ridurre la spesa pubblica significa fare tagli netti: meno posti di lavoro, soprattutto nei vari ministeri ed enti governativi; un taglio netto alle spese sanità, scuola, assistenza sociale, assegno per i disocupati. Ma chi è in grado di farlo in piena campagna elettorale? Nessuno. Ecco perché pur parlando di superamento della crisi nessuna formazione politica in queste burrascose settimane osa adoperare la parola riduzione. Ma i dati sulla crisi economica finiscono in secondo piano di fronte all’attenzione puntata sulla campagna elettorale in previsione delle politiche di dicembre. Quello che consola i cittadini che vivono in Croazia è in ogni caso l’ultimo rapporto della Commissione europea prima della firma del Trattato di adesione. Nel documento si rileva che la Croazia ha compiuto negli ultimi dodici mesi significativi passi avanti in tutti i campi e dal punto di vista economico rimane in grado di affrontare la concorrenza del mercato europeo. Prima dell’ingresso nell’Ue previsto per il 1.mo luglio del 2013 la Croazia Attualità dichiara soddisfatta mia al tracollo dovrà ristrutturare, e in modo definitivo, la cantieristica, riformare il mercato del lavoro, creare condizioni più favorevoli per gli investimenti stranieri. Nel documento chiamato anche “Pacchetto relativo all’allargamento dell’Ue” in cui viene fatto pure il punto sui progressi di altri paesi che aspirano all’ingresso nell’Ue si specifica che la Croazia ha compiuto passi importanti nel campo della giustizia e del diritti fondamentali, nonché in quello della libertà e della sicurezza e nel funzionamento dello stato di diritto. Le nuove leggi approvate onde rafforzare l’indipendenza della magistratura sono state valutate come buone e importanti. Migliorate pure le misure atte a combattere la corruzione a tutti i livelli e a combattere varie forme di criminalità organizzata. Aggiornate pure le leggi che permettono un più veloce accesso alle informazioni ed è stato regolato grazie ad un’apposita legge il finanziamento delle attività politiche, argomento importante anche in previsione delle prossime elezioni di dicembre. Questo è l’ultimo rapporto dell’esecutivo Ue prima della firma del Trattato di adesione in agenda il 19 dicembre. In questo stesso documento la Commissione Europea ha raccomandato che la Serbia venga candidata all’ingresso nell’Unione Europea come riconoscimento per le riforme democratiche e per la cattura dei criminali di guerra latitanti. Nel suo rapporto annuale sui Paesi in corsa per l’ingresso nell’Ue, l’esecutivo dell’Unione ha detto che il nuovo status della Serbia è condizionato alla ripresa dei colloqui sulla cooperazione pratica con il Kosovo, sua ex provincia. ”Raccomando di garantire alla Serbia lo status di candidato a condizione che la Serbia torni a impegnarsi nel dialogo con il Kosovo e proceda rapidamente alla messa in atto in buona fede degli accordi raggiunti ad oggi”, ha detto in un discorso a Bruxelles il commissario all’Allargamento Ue, Stefan Fuele. La Commissione ha anche raccomandato che il blocco avvii i colloqui di accesso con il piccolo stato del Montenegro.● Šeks e la danza del palo T ensione alle stelle nonché liti e offese a non finire. Questo è il tono del dialogo, se così si può chiamare, tra le forze politiche croate che in questo momento cercano di posizionarsi quanto meglio in previsione di una campagna elettorale che, sin d’ora è chiaro, sarà scorretta, caratterizzata da colpi bassi e scene isteriche come quelle a cui abbiamo assistito in occasione della riunione della Commissione per i mandati e l’immunità. Su proposta dell’HDZ l’organo parlamentare avrebbe dovuto discutere la proposta di togliere l’immunità al deputato SDP Željko Jovanović. Ma il dibattito si è trasformato in una disgustosa discussione tra il vicepresidente del Parlamento Vladimir Šeks e i membri della commissione. Le accuse rivolte a Jovanović riguardano le sue reiterate affermazioni secondo cui i vertici dell’HDZ sarebbero i componenti di un’organizzazione criminale. “Non si tratta di una calunnia, ma di un reato dettato dall’odio” - ha sostenuto Šeks insistendo sulla necessità di togliere l’immunità a Jovanović. A cercare di placare l’ira di Šeks è stata Gordana Sobol, ma il vicepresidente del Parlamento ha infierito pure contro di Lei chiedendole: “Dov’è suo marito? È forse stato rilasciato dalla prigione?”. Ed ha concluso Vladimir Šeks Željko Jovanović sollecitandola a continuare a praticare la danza del palo (un’immagine di questa sua attività è stata pubblicata tempo fa dai giornali) . Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: l’opposizione ha deciso di abbandonare i lavori al Parlamento privandolo del necessario quorum. La dirigenza dell’HDZ ha convocato una conferenza stampa in cui i deputati Andrija Hebrang e Frano Matušić hanno invitato i parlamentari dell’opposizione a tornare in aula, facendo presente a loro che “il mancato funzionamento del Parlamento può mettere in pericolo l’ingresso del paese nell’Ue...”. “Ci sono in agenda diverse leggi da approvare. Un mancato adempimento di tali obblighi causerebbe grave danno all’immagine del paese e a tutto quello che è stato conseguito in passato”, ha detto Hebrang. L’opposizione ha chiesto lo scioglimento del Parlamento. Il giorno dopo ci sono state le scuse di Šeks, in Parlamento: “Mi scuso con tutti coloro che ho offeso, mi scuso con l’opinione pubblica...”. Ma l’aula parlamentare è rimasta vuota, senza quelle 77 mani necessarie per tenere in piedi il governo. Andremo ad elezioni anticipate? Non sarà necessario visto che si vota il 4 dicembre● Panorama 7 Etnia Maurizio Tremul, presidente della Giunta UI, in visita all’asilo Un buon investimento per il nos di Diana Pirjavec Rameša A Sullo sfondo la sontuosa Villa Perla che ospita l’asilo di Lussinpiccolo giugno a Lussino c’è stata una cerimonia molto emozionante in occasione della riapertura, dopo la ristrutturazione, della splendida Villa Perla che ospita da qualche mese la sede della Comunità degli Italiani e l’asilo italiano. Un evento importante per tutta la popolazione residente, ma soprattutto per la locale comunità italiana che con questo intervento ha visto realizzati, almeno in parte, sogni tenuti nel cassetto per troppi decenni. Naturalmente le aspettative e i progetti della CI non si fermano certamente qua, ci sono ancora tante cose da fare per assicurare agli italiani che vivono ed operano su questa isola le condizioni necessarie per il mantenimento e la cura dell’identità e della cultura italiana, ma in ogni caso un passo importante è stato già compiuto. Nella villa oggi risuonano le voci allegre dei bambini dell’asilo e tutte le tristi vicende che ruotano intorno alla storia dell’edificio, del suo impiego nei tristi e bui anni della Seconda guerra mondiale, vengono messi in secondo piano, quasi a dire dimenticati, mentre la gioia dei ragazzini che oggi abitano questo palazzo cancella o quasi le sofferenze di chi, nel periodo buio della nostra storia qui vi è stato rinchiuso. Un modo per chiedere giustizia, un modo per andare avanti senza la pretesa che il passato venga cancellato. Tempi nuovi e una classe politica ben diversa, anche a livello comunale ci permettono di superare i danni e le ingiustizie che la storia ha qui commesso. L’inaugurazione di un asilo è un investimento nel futuro, è un modo per aiutare la tradizione, la cultura ad affermarsi attraverso dinamici processi didattici. Un modo eccellente per socializzare, un buon modo per farsi valere. Ecco perché aprire asili è una delle scelte strategiche che Unione Italiana compie da anni. Lettera d’intenti per un nuovo istituto prescolare italiano a Fiume Quando un sogno diventa finalmente realtà I l sindaco della Città di Fiume, Vojko Obersnel, il presidente dell’Unione Italiana, Furio Radin, il presidente della Giunta esecutiva dell’UI, Maurizio Tremul, e la presidentessa della Comunità degli Italiani di Fiume, Agnese Superina, hanno firmato il 12 ottobre scorso una Lettera d’intenti per la costruzione di un nuovo edificio nel rione di Krnjevo che ospiterà un asilo nido e un asilo d’infanzia in lingua italiana. Un progetto caldeggiato da oltre due decenni che apre un nuovo capitolo nella storia dello sviluppo delle istituzioni scolastiche della Comunità nazionale italiana nel capoluogo quarnerino. Alla cerimonia ospitata a Palazzo municipale c’erano pure il console generale d’Italia a Fiume, Renato Cianfarani, l’ambasciatore Massimo Spinetti, revisore dei conti del ministero degli Affari esteri italiano presso l’UI, Sanda Sušanj, responsabile della Direzione municipale per l’educazione e l’istruzione, Norma Zani, titolare del Settore educazione e istruzione della Giunta esecutiva dell’UI, e Roberto Palisca, presidente della Giunta esecutiva della CI di Fiume. Va rilevato che le spese relative ai lavori edili saranno sostenute dall’UI, mentre la Città di Fiume, oltre ad assicurare il terreno, si 8 Panorama farà carico dei costi di allacciamento dell’immobile alle infrastrutture comunali e delle spese gestionali dell’istituto. Il preventivo di spesa per la realizzazione dell’opera si aggira attorno ai 2,8 milioni di euro. Il presidente dell’UI e deputato della CNI al Sabor, Furio Radin, ha ringraziato il sindaco di Fiume rilevando: “Siamo orgogliosi di poter contribuire alla realizzazione di un progetto destinato a valorizzare il nostro più grande tesoro, i bambini, ossia il nostro futuro”. Agnese Superina, presidente della CI, ha detto che “la costruzione dell’asilo già da tempo è stata inserita tra le priorità della CI”. Ha ricordato pure che “l’apertura di questo asilo italiano porterà beneficio anche alla scuola elementare italiana ‘Gelsi’, che vedrà liberarsi gli spazi attualmente occupati dall’asilo ‘Topolino’”. Renato Cianfarani, console generale d’Italia a Fiume, ha espress o pure compiacimento ricordando che “questo evento è l’ennesima prova che i rapporti bilaterali tra i due Paesi sono di ottimo livello e che continuano a intensificarsi”. L’edificio potrà ospitare 100 bambini e sorgerà su un lotto edificabile di 3.300 metri quadrati.● Etnia di Lussinpiccolo stro futuro E allora, che ne è stato dopo l’inaugurazione, dopo che gli illustri ospiti, ambasciatori, ministri, rappresentanti dell’autonomia locale, dirigenza UI e UPT hanno tagliato il nastro? Ne parliamo con Maurizio Tremul, presidente della Giunta UI, che agli inizi di ottobre ha fatto un sopralluogo a Lussinpiccolo per toccare questa realtà con mano. “Ad un mese di distanza dall’avvio del nuovo anno scolastico all’asilo e a pochi mesi dell’inaugurazione è stata per me una piacevole sorpresa vedere che l’attività didattica a Lussinpiccolo è molto ben avviata e oramai a regime. Non che avessi particolari dubbi in questo senso ma il 18 giugno c’erano ancora dei dettagli da definire: mancava l’agibilità definitiva, c’era ancora qualche piccola incognita sul numero di iscritti. Nel corso del periodo estivo ho continuato a seguire da vicino la situazione, abbiamo risolto qualche piccolo problemino che si presentava e ora posso constatare di persona che i bambini soggiornano in un ambiente splendido, moderno funzionale, accogliente e caldo e che quanto abbiamo messo in moto funziona splendidamente e ciò da a tutti noi grande soddisfazione perché la situazione credo sia positiva”. Ci sono ancora cose da fare? “Ci sono anche qui dei minimi dettagli da completare, nella fornitura delle attrezzature, ma si tratta di piccole cose... e io ho assunto l’impegno di fare in modo che nel corso di questo anno scolastico queste siano superate. Ora dobbiamo concentrarci, dopo l’aspetto strutturale, sul personale, sulle educatrici le quali seguono e realizzano in maniera adeguata il procedimento educativo didattico, ma che riscontrano qualche carenza in campo linguistico. Vorremmo quindi definire con la direzione scolastica un loro percorso di aggiornamento e formazione linguistica affinché siano consapevolmente e approfonditamente padrone della lingua italiana come richiesto in tutti i nostri istituti scolastici”. Qual è lo status di questa istituzione prescolare? Kristijan Jurjako, sindaco di Cherso, e Maurizio Tremul “L’asilo è una sezione del locale asilo croato ‘Cvrčak’, in questo caso l’asilo e la città hanno modificato i propri atti per ospitare questa sezione che è riconosciuta e gode di tutte le approvazioni ministeriali. Va ancora detto che l’UI in agosto ha definito con la città di Lussinpiccolo il contratto per quanto riguarda l’utilizzo degli spazi di Villa Perla per le necessità dell’asilo italiano in cui vengono regolati diritti e doveri e su richiesta della città abbiamo concesso per un anno scolastico la trasformazione dell’aula delle docenti in sezione nido-croato in quanto le richieste delle famiglie del luogo superavano le capacità ricettive e la città ha chiesto ospitalità. Ho fatto verifiche con il MAE e di intesa con la CI di Lussinpiccolo abbiamo firmato una annesso contratto con cui si delegano questi spazi e non si paga il canone d’affitto. Con grande piacere posso dire che agli inizi erano 10 iscritti, ma che ora sono già 12 bambini. Il che è un elemento importante. Quindi da questo punto di vista la collaborazione con la città e l’asilo ‘Cvrčak’ sta dando i suoi frutti e che le cose stiano procedendo bene. Abbiamo dimostrato di saper superare insieme le difficoltà e ora andiamo avanti con grande ottimismo”. L’apertura dell’asilo ha favorito l’interesse per la CI? “La Comunità svolge l’attività di sempre, qui i soci sono molto attivi, ci sono i corsi di lingua, e accertarsi di persona che c’è un risveglio, un nuovo interesse per le attività da svolgere in Comunità fa un gran pia- cere. Alla locale CI dispongono di spazi adeguati. Certo, il piano nobile è a disposizione dell’asilo, ma non è una diminuzione, e quindi mi sembra che ci sia un grande interesse anche prodotto dalla presenza dell’istituto prescolare che sta portando vita e allegria che poi la Comunità riscontra eccome. Inoltre l’attività si svolge in CI nel pomeriggio quando l’asilo è chiuso e praticamente siamo riusciti ad accontentare ben due soggetti, ospitandoli tutti e due nell’accogliente Villa Perla”. Ma Lussino non è stata l’unica tappa... “Abbiamo compiuto un sopralluogo a Cherso. Qui avevamo due obiettivi principali: informare il sindaco Jurjako che il restauro della sede CI sarebbe finalmente partito. Abbiamo parlato sullo stato della gara, precisando come vorremmo far partire la ristrutturazione e il restauro dando conferma all’amministrazione municipale che l’Unione Italiana avrebbe assolto gli impegni per quanto riguarda Palazzo Pretorio. Abbiamo chiesto al sindaco di aiutare la Comunità nel periodo che rimarrà senza sede affinché possa assicurare una sede sostitutiva incontrando la disponibilità dell’autorità locale e abbiamo definito con la ditta appaltatrice i termini entro cui andrebbero avviati i lavori, vale a dire verso la fine ottobre, tempo 8 mesi per realizzare la ristrutturazione completa. L’investimento è di 650 mila euro lordi e viene realizzato sui fondi della ex 19/91 e successive estensioni”.● Panorama 9 Attualità A sinistra: Franco Luxardo, presidente dell’Associazione Dalmati nel Mondo, e Marino Micich, direttore del Centro Studi fiumani a Roma. A destra: Mario Bianchi coautore del “Dizionario fiumano-italiano” A Montegrotto il tradizionale incontro degli esuli del capoluogo A Fiume il 50.esimo raduno dei a cura di Ardea Velikonja foto di Pino Bulva P untuale come ogni anno si è svolto a Montegrotto Terme in provincia di Padova il 49.esimo raduno dei Fiumani che ogni volta è carico di emozioni di coloro che hanno dovuto abbandonare la propria città natia. Dopo la relazione sul lavoro svolto nel corso di dodici mesi il sindaco del Libero comune di Fiume in esilio Guido Brazzoduro sia nel corso della riunione del Consiglio cittadino che all’Assemblea ha sottolineato l’importanza della visita fatta dal presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano a Pola e il successivo incontro con il presidente croato Ivo Josipović. All’assemblea ha partecipato pure una delegazione della Comunità degli Italiani del capoluogo del Quarnero con la presidente Agnese Superina, Il tavolo dei lavori con la Presidenza il consigliere Rosi Gasparini e la preside della Scuola media superiore in lingua italiana Ingrid Sever. Presenti pure il ministro Roberto Pietrosanto, il direttore del Centro Studi Fiumani di Roma, Marino Micich, ed il presidente dell’Associazione Dalmati nel Anche quest’anno la messa è stata officiata da monsignor Egidio Crisman 10 Panorama Mondo, Franco Luxardo, che ha portato i saluti anche dal territorio, il suo, che ha ospitato pure quest’anno il raduno dei Fiumani. Per l’occasione ha ricordato l’incontro dei Dalmati che si tiene a San Marino in cui come qui a Montegrotto, verrà messa in eviden- Il Ministro Roberto Pietrosanto non manca mai al tradizionale raduno Attualità o del Quarnero Fiumani? za la collaborazione in atto all’interno della FederEsuli sui numerosi progetti di rinnovamento delle strutture e del rilancio dell’attività delle associazioni aderenti. Tanti dei presenti vorrebbero che il 50.esimo raduno dei Fiumani si svolgesse l’anno prossimo a Fiume. Però, come ha detto la presidente della CI Agnese Superina bisognerà procedere congiutamente con il coinvolgimento della municipalità di Fiume e del suo sindaco Vojko Obersnel. Le ha fatto eco Fulvio Mohoratz che ha detto che bisognerà valutare se i tempi sono maturi per farlo. “I segnali che arrivano dalla città, dalla produzione di libri che confutano la dimensione dell’italianità in loco, non depongono a favore di una decisione positiva. Si dovrà lavorare sodo per creare le premesse necessarie a un raduno che sia veramente tale”, gli ha risposto Agnese Su- La tradizionale posa della corona d’alloro ai piedi del monumento ai caduti di Montegrotto perina aggiungendo che “i tempi non saranno mai maturi, ma se vogliamo farlo, facciamolo. Attenti però a non vanificare un lavoro fatto in loro, con le autorità municipali, per tanti decenni”. Nel corso della riunione si è parlato pure del problema del cimitero dove le tombe vengono rivendute con una semplice comunicazione alle famiglie inadempienti. Un applauso è andato ai ragazzi della Fiumana che si sono aggiudicati la medaglia al Triangolare di Roma organizzato dall’ANVGD. In calce alla riunione è stato dato ampio spazio al nuovo “Dizionario del dialetto fiumano-italiano” redatto da un gruppo di appassionati che a percorso la strada già tracciata da simili dizionari. Ma al nucleo originale di questi si è aggiunta la ricerca sul campo, un periodo di scavo, di un folto gruppo di persone che ancora ricordano e che l’hanno trasformato in un L’immancabile torta a fine raduno che ha commosso tutti “testamento di fiumanità”. Il libro è stato curato da Nicola Pafundi con il contributo di Mario Bianchi, Camillo Blasich e padre Sergio Katunarich e contiene una grammatica ad uso del dizionario, il dizionarietto dei verbi, dei cenni storici e di costume e la Toponomastica. Il “Dizionario del dialetto fiumano-italiano e italiano-fiumano” verrà presentato alla Comunità degli Italiani di Fiume il 2 novembre prossimo dopo l’incontro in Cripta per la tradizionale messa dedicata a tutti i Defunti. La tre giorni di Montegrotto si è conclusa dopo la posa di una corona di alloro ai piedi del Monumento ai caduti in centro città, una gita collettiva alla Villa dei Vescovi a Luvigliano di Torreglia e il tradizionale pranzo di domenica con la torta con la bandiera fiumana che ogni anno emoziona la maggior parte dei presenti. ● Quest’anno meta della gita collettiva è stata Villa dei Vescovi a Luvigliano di Torreglia Panorama 11 Convegni A Fiume simposio internazionale sulle vicende nell’Alto Adriatico Storia comune, se non condivisa di Mario Simonovich - foto di Graziella Tatalović S e una storia condivisa appare meta lontana, e forse anche irraggiungibile, un percorso all’insegna della storia comune, ovvero tale da includere la storia “degli altri” nella “nostra” è assolutamente da seguire quando si tratti delle vicende di queste terre. Que- sto il significato primario del convegno internazionale Panopticon storico dell’Alto Adriatico svoltosi il 7 ottobre al campus universitario di Tersatto. All’appuntamento, curato da Darko Dukovski, dirigente del Dipartimento di storia, hanno preso parte ricercatori croati, italiani e sloveni, sicché la copertura statal-nazionale dell’area è risultata completa. Non molto numeroso ma molto attento e partecipe il pubblico presente al convegno, costituito per la maggior parte da studenti È stato lo stesso docente a sintetizzare, in un’acuta analisi, uno dei temi più importanti di questo panopticon: i motivi dell’esodo istriano, identificati nei timori della perdita dei diritti del cittadino e di quelli nazionali, in armonia con l’imperante modello sovietico che il nuovo potere applicava con quotidiana frequenza. La gente che scompariva, le liquidazioni senza processo di persone politicamente esposte, le denunce e le vendette erano tutti atti che favorivano le partenze. Molto interessanti anche quelli che egli, analizzandoli da vicino, chiama i miti e che riguardavano: l’impossibilità della convivenza (di matrice britannica); dell’AJ “liberatrice” di Trieste (mito jugoslavo); il mito dell’assenso degli italiani all’inclusione nella Jugoslavia (di matrice agitprop); della fratellanza-unità, con cui sarebbe stata risolta una volta per sempre la questione nazionale; dell’uguaglianza e prosperità, verso cui erano attratti in particolare i beneficiati della riforma agraria. A questi si aggiungono il mito sulla “supremazia numerica dei Croati e degli Slo- Il passato sondato in dodici relazioni D arko Dukovski (Univ. Fiume): “Il turbulento e decisivo biennio postbellico istriano: i processi sociali, economici e politici e le possibilità di convivenza fra tre popoli”. Jože Pirjevec (Univ. Capodistria). “Il ruolo della storia nel pensiero politico italiano, oggi: l’esempio delle foibe”. Raoul Pupo (Univ. Trieste): “Alcuni problemi di storia comparata: l’Alto adriatico dopo le due guerre mondiali”. Marta Verginella (Univ. Lubiana): “La storia dell’area altoadriastica: dalle storie nazionali alla storia incrociata?”. Franko Dota (Univ. Zagabria, dottorando): “Dai destini della sto- 12 Panorama ria all’errore fatale: la storiografia croata sull’esodo degli Italiani dall’Istria e da Fiume”. Guido Franzinetti (Univ. Piemonte Orientale, Alessandria): “Prospettive sul passato e il futuro della storiografia adriatica”. Gorazd Bajc (Univ. Capodistria): “Londra, Washington e le foibe: come valutare i documenti britannici e americani relativi agli arresti, alle deportazioni e alle esecuzioni nelle Venezia Giulia dopo il primo maggio 1945″. Nevenka Troha (Istituto per la storia contemporanea Lubiana): “La fratellanza sloveno-italiana. Uno sguardo sul ruolo degli Italiani nell’Unione antifascista italoslovena”. Andrea Roknić Bežanić (Univ. Fiume): “L’istituzione e l’organizzazione dell’autorità ciovile e militare nella Fiume del dopoguerra”. Gloria Nemec (Univ. Trieste): “Processi di formazione della minoranza italiana, memorie e interpretazioni sul tema delle opzioni”. Milan Radošević (Istituto per le scienze storiche e sociali dell’Accademia croata delle Scienze e delle Arti di Fiume, sezione di Pola): “Le condizioni igieniche e sanitarie nella Croazia occidentale fra le due guerre con particolare riferimento all’Istria”. Vjekoslav Perica (Univ. Fiume): “La missione di pace dell’U.S. Navy nell’Adriatico, 1919-1921″. ● Convegni Tre dei relatori presenti: Jože Pirjevec (Univ. di Capodistria), Darko Dukovski (Fiume) e Raoul Pupo (Trieste) veni” che si sostituiva al precedente “sull’inesistenza degli Slavi” in Istria; sulla “pacificazione e la buona volontà” in cui però ciascuna delle due parti si adopera a presentarsi come la più civile e degna dell’attenzione internazionale mentre l’altra dev’essere giudicata negativamente; sulla “barbarie e la brutalità degli slavi e dei partigiani” che si inserisce nel mito generico sul “genocidio degli italiani” per finire con il mito sulla “cacciata” degli italiani che non teneva conto del fatto che ad essi si erano aggregati oltre 40 mila fra croati e sloveni. Degno d’attenzione anche il suo riferimento al clero istriano, che fu largamente partecipe, talvolta in maniera esplicitamente attiva, del movimento di liberazione. Nei suoi confronti il neocostituito potere tenne un atteggiamento ambivalente. Dapprima si mostrò cooperativo e generoso nel ripristino degli immobili ecclesistici, per cambiare poi del tutto nel 1947, quando si rese conto che il suo sostegno non gli era più necessario. Proponendo una storia comparata, tale da superare gli stereotipi, essenzialmente di tipo ideolgico, Raoul Pupo, dell’Università di Trieste, si è soffermato sui due dopoguerra, caratterizzati entrambi da due stati impegnati a conquistare il controllo del territorio. Prioritaria è la spinta nazionalizzatrice, operante, all’inizio, nel quadro di occupazioni militari. Di riflesso, una sola questione, la definizione dei confini, si protrae per sei anni nel primo caso, per arrivare addirittura a nove nel secondo. L’insta- bilità politica che ad essa si accompagna avrà pesanti ricadute sulla popolazione. Ambo le volte protagonisti di primo piano sono gli eserciti. Quello italiano, fortemente autoritario, è comunque espressione di uno stato liberale. Quello jugoslavo è una forza rivoluzionaria che ha combattuto una guerra anche civile sicché il terrore e l’annichilimento degli avversari sono sistemi usuali in quanto di provata efficacia. Ancora un parallelismo: il primo conflitto adotta la violenza come strumento corrente di lotta politica e il soggetto che meglio impara la lezione è il fascismo. Il secondo, con la serie di aggressioni, mescola in una miscela altamente esplosiva l’esperienza delle propensioni naziste allo sterminio e le pratiche di lotta bolsceviche e staliniste. Per gli italiani ne deriverà un inserimento diretto già nelle prime, per poi ritrovarsi a fare i conti con le seconde, in quanto l’area scivolerà “verso” l’Europa dell’Est. Ultimo è il nodo dell’“ingegneria etnica”, più palese negli spostamenti forzati di popolazione. Cercando di cogliere le somiglianze fra i due periodi, respingendo l’idea del genocidio, Pupo afferma che la leadership dominante individua nel gruppo minoritario una componente irriducibile, che deve sparire, mentre gli altri vanno assimilati. Con una differenza: l’avversario dei fascisti è una borghesia slava effettivamente ridotta nell’aspetto numerico, mentre il nuovo regime jugoslavo si trova contro la maggioranza degli italiani. Jože Pirjevec ha sottolineato la tenacia con cui il regime fascista si adoperò ad assimilare alloglotti e allogeni. Fu una politica che si snodò con criteri che si possono definire lineari fino al 1943. Qui va cercata la differenza primaria nei confronti del comunismo la cui sostanza ideologica era intrinsecamente priva di volontà snazionalizzatrici. In conclusione, particolarmente degne di nota le valutazioni di Marta Verginella, di Lubiana, che ha rilevato l’ampliamento della ricerca ed il suo spostamento dalla storia politica a quella sociale, economica e culturale nonché l’impiego di nuovi approcci metodologici, come ad esempio quello proposto della storia orale, riscontrabili così nella storiografia italiana come in quella slovena e croata. Peraltro in tutti i tre contesti persistono interpretazioni inclini ad usare i concetti di stato e di nazione di derivazione ottocentesca dimostrando così di non aver assolutamente recepito gli esiti registrati dalle ricerche degli ultimi vent’anni: persiste l’ancoraggio a un modo di far storia locale sostanzialmente etnocentrico, scarsamente ricettivo degli studi dimostranti come l’identità etnica sia uno strumento di relazione con l’alterità e come l’identità, individuale e collettiva, può essere manipolata. Peraltro, le ricerche comparate avviate sull’area di frontiera italo-slovena nell’ultimo decennio, che hanno esaminato i soggetti anche in competizione fra loro, lasciano ben sperare. ● Panorama 13 Personaggi Steve Jobs fu il fondatore di Apple, una delle imprese tecnolo Cerca la perfezione. Semplifica. C a cura di Diana Pirjavec Rameša isionario, perfezionista, carismatico, sfuggente, crudele, manipolatore. Tutti aggettivi che si addicono a Steve Jobs, il fondatore della Apple scomparso lo scorso 5 ottobre. La notizia è stata battuta dall’Associated Press: “Steve Jobs è morto”. Il fondatore della Mela, l’uomo che ha “creato due volte” il marchio-simbolo della nostra era digitale, all’età di 56 anni ha perso l’ultima battaglia: quella contro il cancro al pancreas che lo aveva colpito già una prima volta nel 2004. Jobs si era già ritirato da ogni incarico operativo, il 24 agosto aveva abbandonato anche l’incarico formale di presidente di Apple lasciandolo al suo braccio destro Tim Cook. Era il segno che ormai le speranze per lui erano esigue. L’ultima apparizione in pubblico risale al 7 giugno: a sorpresa Jobs si era presentato a una seduta del consiglio comunale di Cupertino (sede di Apple, nella Silicon Valley californiana) per presentare il progetto del nuovo campus aziendale. Dopo quella data di lui erano circolate solo delle foto sui tabloid americani, forse apocrife: lo ritraevano come l’ombra di V se stesso, magrissimo, spettrale. Un fantasma rispetto allo “showman” che aveva incantato i consumatori del mondo intero seducendoli fino all’adozione universale dell’iPod, di iTunes, dell’iPhone, dell’iPad. L’impronta di Steve Jobs nella storia dell’industria americana, il suo lascito all’economia dei nostri tempi, è formidabile ed è indefinibile. Non esiste una “teoria di Steve Jobs”, una ricetta. Passerà del tempo prima che sia chiaro se Apple può ripetere gli stessi exploit, prolungare quella corsa forsennata, anche senza di lui: ma non è questo il punto. L’eredità che Jobs ci lascia è misteriosa perché è difficile dire che cosa sia stata Apple sotto la sua guida ispiratrice. Un’impresa informatica? Solo all’origine, con la gamma dei Macintosh e poi degli iMac. Ma venne l’iPod con annesso l’ipermercato virtuale iTunes: così Apple invase e cambiò il business musicale. Poi l’iPhone: è allora una società telefonica? E l’iPad: Jobs come reinventore del mondo dell’informazione e dell’editoria? E gli Apple Store: un gigante della distribuzione? È stato un po’ di tutto, il che spiega il fantastico sorpasso di Borsa sulla Microsoft, il balzo verso il primato mondiale assoluto tra le imprese tecnologiche. Un’azienda di marketing? Questo è tanto più sorprendente per un’azienda che fu moribonda: stava letteralmente scomparendo quando Jobs vi fece il suo ritorno dopo un lungo divorzio. A decifrare la vera natura di Jobs forse aiuta la definizione che ne diede John Sculley, sfortunato chief executive dal 1983 al 1993: “La gente parla di tecnologia, ma la verità è che Apple è stata un’azienda di marketing. L’azienda di marketing del decennio”. Fuochino fuochino, ma anche questo non basta. Il mondo intero si era talmente abituato ai trionfi di Jobs, che le sue innovazioni ci sembravano perfino scontate. La sua filosofia è stata rivoluzionaria in molti campi, fino a fare scuola: e quindi oggi detta legge e sembra quasi scontato che sia così. Un esempio è il design. Vent’anni fa chi si sognava che un computer dovesse essere “bello”? Ci accontentavamo di scatoloni disegnati col righello, purché funzionassero. Fusione tra estetica e tecnologia Dopo Steve Jobs, la fusione tra estetica e tecnologia è un obbligo per sopravvivere in quel settore. Il che non significa che i suoi computer fossero solo degli oggetti del desiderio. In fatto di tecnologia, i loro interfaccia grafici conquistarono fin da principio nicchie di utenti sofisticati e in grado d’influenzare altri (grafici, pubblicitari, giornalisti, case editrici). Ecco un’altra costante di Apple: la capacità di sfornare status-symbol, adottati da chi poi detta le mode. Il caso dell’iPod fu forse il più clamoroso esempio di reinvenzione di un prodotto già esistente: gli mp3 per ascoltare musica. Jobs ci aggiunse, oltre al design dell’iPod ben più se- 14 Panorama Personaggi ogiche che hanno cambiato il mondo Conserva i tuoi segreti Steve Jobs (1955-2011) ducente di ogni altro predecessore, anche la novità di iTunes, magazzino virtuale di tutta la musica umana. E convinse generazioni di “pirati”, abituati a copiare gratis i brani musciali, a soggiacere al micro-pagamento di 99 centesimi. Da allora, sembra quasi che la musica digitale l’abbia inventata Apple, perché l’epoca pre-iPod sembra preistoria. Un mistero della fede è anche il modo in cui Steve Jobs gestiva la comunicazione: contravvenendo a tutte le regole. Devozione alla marca La sua era per il 99 p.c. del tempo non-comunicazione, anti-comunicazione: poche aziende hanno trattato così male i giornalisti come Apple, e nessuna ha ricevuto in cambio così tanta pubblicità gratuita. L’alone di leggendaria segretezza che Jobs imponeva a tutti i suoi collaboratori, la caccia spietata contro i responsabili delle fughe di notizie, costruivano attorno al quartier generale di Cupertino un clima mitico d’impenetrabilità. Ma anziché provocare ostilità o indifferenza, questa strategia alimentava attese parossistiche prima del lancio dei nuovi prodotti. Poi appariva Jobs, il Profeta, osannato dai seguaci come fossero appartenenti a una setta religiosa. Per descrivere l’atteggiamento dei consumatori verso Apple è stato usato spesso il termine “devozione”, che noi associamo alla Chiesa. Poche marche nella storia dell’industria mo- dei “campus”, il premio ai geni creativi trasgressivi e ribelli, tutto questo fu vero per una fase iniziale alla Microsoft, così come lo è stato per Google e Facebook. Apple ha inventato l’etichettatura “designed in California”, restituendo all’America la speranza che la globalizzazione e le delocalizzazioni manifatturiere non impediscano di conservare il ruolo più pre- «Aveva un grande senso estetico e la capacità di capire al volo cosa vogliono le persone da un prodotto. Era anche un grande leader e un venditore straordinario. Grazie a queste sue capacità, è stato l’amministratore delegato più incredibile degli ultimi tempi», ha scritto Dan Gillmor sul “Guardian”. derna hanno saputo conquistarsi un simile patrimonio di fedeltà. Forse la Ferrari o il Rolex ma di certo nessun produttore di beni di massa, venduti a decine o centinaia di milioni di esemplari nel mondo. Una fabbrica delle idee Nel sondaggio annuo della rivista ‘Fortune’, Apple è risultata come l’azienda più ammirata del mondo per tre anni consecutivi, nel 2008, 2009 e 2010. La “filosofia” che Jobs ha portato alle estreme conseguenze per altri aspetti è figlia della Silicon Valley, è una costante di alcune generazioni di imprenditori innovativi radicati nella West Coast degli Stati Uniti: l’organizzazione aziendale “piatta”, cioè poco gerarchica, la flessibilità, lo stile ostentatamente ludico e giovanilista giato: essere il luogo di “concezione, progettazione”, la fabbrica delle idee. Jobs diede della cultura californiana un’interpretazione particolare, applicandola con uno stile personale furiosamente autoritario, la determinazione di “spremere” i suoi talenti migliori umiliandoli e mettendoli in competizione fra loro. Praticò un rigore maniacale nello scartare nove progetti prima di approvarne uno, e a quel punto concentrava tutta l’attenzione su quel prodotto nuovo, la sua qualità, la soddisfazione del cliente. Perché è impossibile prevedere oggi se le sue ricette siano ripetibili? Perché alla fine la magìa si accendeva nel momento in cui Jobs saliva sul palco, e l’affabulatore ipnotizzava le masse. Quella non era economia industriale, era arte.● Panorama 15 Società Nonostante un impianto normativo all’altezza, si è ancora molto lontani dalla tu Violenza domestica: pochi progress a cura di Bruno Bontempo N el 2003 i media croati si ritrovarono in mano una storia bollente. La francese Magali Boers, accusò il marito Ljubomir Čučić, ex ambasciatore croato in Belgio ed ex segretario del partito Movimento europeo, di abusi fisici e psicologici. Il caso rappresentò in Croazia un punto di svolta sulla questione della violenza domestica portando il dibattito allo scoperto. In un Paese conservatore, fiero del proprio cattolicesimo e dell’adesione ai valori cristiani, quale la Croazia era ed è tutt’ora, la violenza domestica rappresentava infatti un vero e proprio taboo. Il caso Boers-Čučić aiutò tra l’altro ad uscire dall’interpretazione fuorviante che la violenza domestica sia causata in larga misura dalla crisi sociale che ha coinvolto la Croazia negli ultimi 20 anni e che ha portato ad una generale crescita del livello di povertà. Neva Tolle, dell’associazione Autonomous Women’s House di Zagabria, e Maja Vukmanić, di Women’s Room, concordano piuttosto sul fatto che alla radice del problema stanno le relazioni tradiziona- 16 Panorama li patriarcali che caratterizzano la società croata. “Il problema principale riguarda le relazioni di forza tra i generi. La violenza domestica non è solo un problema sociale, ma in primo luogo politico. Una condizione sociale precaria, l’alcolismo o le droghe possono rappresentare il grilletto di ondate di violenza nei confronti delle donne, ma non ne sono la ragione” afferma Neva Tolle. Maja Vukmanić aggiunge che i bambini in Croazia vengono indottrinati con ruoli di genere stereotipati, anche a conseguenza della grande influenza sulla società della chiesa cattolica. “Nonostante i progressi permane l’idea che la violenza domestica sia una questione privata, che riguarda solo chi ne è colpito” sottolinea la Vukmanić. La Tolle nota inoltre che le donne che chiedono protezione presso la sua associazione (che gestisce un alloggio protetto) provengono da tutti i livelli sociali e d’educazione, ed hanno età molto variabili. “Tutte le donne possono divenire vittime di un partner violento”, afferma. “La maggior parte delle vittime ha un diploma di scuola superiore, se- guono donne che hanno conseguito una laurea e infine vi sono quelle che hanno terminato la scuola dell’obbligo”, aggiunge Tolle per confermare che non sono solo le donne con scarsa formazione e con una situazione sociale difficile alle spalle a divenire vittime. Tutt’altro. Uno studio realizzato nel 2003 da Autonomous Women’s House ha evidenziato che il 43 p.c. delle donne croate ha subito una qualche forma di violenza fisica da parte del coniuge o di altri partner. I dati forniti dal ministero degli Interni segnalano che dalle 7.200 segnalazioni di abusi nel 2002 si è passati alle 19.000 del 2007, per poi scendere leggermente alle 17.800 del 2008. Le istituzioni hanno reagito con una serie di iniziative legislative. Oltre alle previsioni generali presenti nell’articolo 23 della Costituzione, dal 2000 il codice penale prevede anche la violenza all’interno della famiglia. Emendamenti al codice di procedura penale, nel maggio del 2002, hanno inoltre rafforzato le misure protettive a favore di vittime di violenza domestica, includendo una serie di misure restrittive nei confronti di persone accusate di violenza domestica e misure detentive a loro carico più rigide. Nel 2003, inoltre, il Parlamento croato ha approvato la “Legge sulla protezione contro la violenza in famiglia”, che include - nella definizione di violenza familiare - abusi fisici, psicologici, intimidazioni, violenza sessuale, restrizioni alla li- Società utela dei diritti delle donne si in Croazia bertà di movimento o di comunicazione. “Ciononostante, pur di fronte ad un impianto giuridico solido, l’implementazione delle previsioni legislative rimane spesso sfavorevole alle vittime. Le donne che denunciano una violenza rischiano di non venire prese sul serio, viene messo in dubbio il loro vissuto e le loro paure e questo porta a volte ad un’ulteriore vittimizzazione delle donne da quello stesso sistema che dovrebbe assisterle e proteggerle”, sottolinea Neva Tolle. “Ed è proprio per queste mancanze che in Croazia vi è un altissimo numero di omicidi di donne che avevano deciso di lasciare, per le violenze subite, i partner”. Il programma di cooperazione decentrata italo-balcanica SeeNet II include attività specificamente volte alla creazione ed al rafforzamento di una rete integrata di servizi territoriali che operano nell’ambito del contrasto alla violenza alle donne. All’interno del Programma, Osservatorio Balcani analizza la questione della violenza sulle donne e dei sistemi in atto per contrastarla nei sette paesi dei Balcani occidentali coinvolti in SeeNet II. Le organizzazioni della società civile sono state molto coinvolte in questi anni ed hanno largamente contribuito alla lotta contro la violenza domestica. Uno studio condotto nel 2010 dall’ong Women’s Room mostra come vi siano, nel Paese, 32 associazioni che forniscono sostegno ed assistenza alle vittime di violenza. Di queste, 12 offrono il servizio delle case accoglienza, 18 servizi di consulenza, una opera in modo specifico come centro per donne vittime di violenze sessuali ed una ha attivato una linea telefonica di consulenza. “Oltre alle 11 case protette gestite dalle associazioni ve ne sono altre 7 create da amministrazioni locali. Ma la capacità totale di accoglienza è ben al di sotto delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa per la protezione delle donne dalla violenza. Inoltre non vi è nessun numero ver- de nazionale e degli 11 necessari, abbiamo un solo centro che si occupa di vittime di violenze sessuali” chiarisce Maja Vukmanić. La casa protetta gestita da Autonomous Women’s House di Zagabria offre un ampio spettro di servizi. Si va dall’alloggio protetto, al favorire il contatto tra le donne ed i loro bambini, all’assistenza psicologica gratuita e assistenza legale. Nella primavera del 2011, la casa protetta di Zagabria, come altre 5 nel Paese, ha rischiato la chiusura. Gli enti pubblici co-finanziatori per circa il 30 p.c. delle iniziative non avevano infatti pagato ancora le loro quote. Il problema, che si era verificato già nel 2010, consiste nel fatto che i fondi previsti per gennaio sono stati ricevuti solo a giugno e, inoltre, la tendenza è quella di diminuire i finanziamenti. “L’associazione - dice Neva Tolle -, è resistita solo grazie ai 40.000 euro garantiti dalla fondazione ERSTE. Non so veramente cosa accadrà nel 2012, ma vi è un rea- le pericolo che alcune case protette vengano chiuse. Senza un minimo di fondi, ed intendo realmente un minimo, non possiamo fare questo lavoro in modo responsabile”. La Vukmanić aggiunge poi che “sette associazioni (tra cui Safe House Istra di Pola e UZOR di Fiume) hanno preparato un progetto di legge sul finanziamento delle case protette e dei centri di consulenza. Nel progetto di legge si stabilisce un regolare e continuo sostegno finanziario. Si garantisce inoltre la qualità dei servizi erogati. Ci auguriamo che la legge venga adottata, anche se il ministero per la Salute e i Servizi sociali ha già espresso la loro contrarietà”. Ciononostante sono stati registrati anche alcuni progressi, quali ad esempio l’organizzazione, a partire dal 1998, di corsi di formazione per la polizia durante i quali gli agenti vengono informati della violenza sulle donne e del lavoro in tale ambito di istituzioni e associazioni della società civile. Comunque andrebbe migliorata la cooperazione tra i centri sociali pubblici, non in grado di fornire sostegno a lungo termine alle vittime di violenza domestica, e organizzazioni della società civile che si sono specializzate in tale ambito. “La situazione in Croazia ha ancora bisogno di un’attenzione più puntuale da parte dei cittadini. Nonostante i progressi siamo ancora lontani da una vera protezione dei diritti delle donne vittime di violenza e da una vera parità tra i generi”, chiosa la Vukmanić. Tra meno di due anni, il primo luglio del 2013, la Croazia entrerà a pieno titolo nell’Unione europea. Il Paese ha raggiunto tutti gli obiettivi posti da Bruxelles e, dopo aver chiuso le negoziazioni, ora raggiungerà l’agognata meta. Se però anche la lotta e la prevenzione della violenza domestica fossero stati posti come condizione, la Croazia non sarebbe arrivata così lontana lungo la strada dell’integrazione europea. ● Panorama 17 Società I viaggiatori leggeri In cammino oltre i confini tra isole e mare da Lussino, uomini e donne avvolt testo e foto di Marino Vocci S ul molo di san Pietro dei Nembi le barche di Carlo e Sabina accolgono i viaggiatori leggeri e i loro bagagli e dopo una navigazione di circa una decina di minuti li scaricano sull’Isola di Lussino. L’emozione è fortissima, e alcuni “viaggiatori leggeri” sentono quasi un senso di colpa nel lasciare quest’isola bellissima, accogliente e ormai familiare. San Piero oggi è un’isola abbandonata e forse proprio per questo è come una metafora, quasi il simbolo di quell’insularità antica e tutta particolare che significa senso di appartenenza profonda anche se temporanea e se la “vivi” quest’isola ti fa capire cosa significhi essere donne e uomini che vivono avvolti dal mare. Un’isola ancora felice, una sorta di rassicurante approdo all’interno di un mare tempestoso fatto di egoismi e di sprechi ambientali, anche perché “racconta” un modo diverso di fare territorio. Questa sensazione si mescola alla voglia di incontrarne un’altra, un’isola diversa, Lussino, la grande signora del mare, la meta preferita del turismo di massa dell’intero Arcipelago delle Absirtidi. Oltre alla giusta curiosità che il raggiungimento di un altro approdo porta in sè, c’è anche il desiderio più semplice e... salutista e cioè quello di mettersi in cammino e di contribuire almeno in parte, nelle cinque/sei ore previste dalla tabella di marcia, allo smaltimento dei troppi bicchieri di vino del Carso e della deliziosa rosti- 18 Panorama da di pesci freschissimi che Elsa ha preparato per noi la sera precedente. Incontrare Lussino e inerpicarsi lungo la tortuosa strada in salita, che in un breve tratto porta dal mare ai quasi 250 metri del Monte Ghergosciago, significa incontrare con gli occhi il Monte Ossero e, alle sue spalle, l’Istria, ma soprattutto con lo sguardo abbandonare luoghi paradisiaci. E ancora per un breve e intenso momento, da un balcone con panorami mozzafiato e di una bellezza... sconfinata, fotografare un mare color turchino punteggiato da centinaia di isole verdi e bianche che sono uno straordinario ancoraggio per i nostri sguardi. Isole bellissime come le sottostanti Asinello, San Pietro e Oriule e ai piedi del Velebit Veglia, Arbe e Pago e ancora Maon, Vir, Molat, Isto, le punte più settentrionali dell’Isola Lunga e di Ugljan, e poi Silba, Ulbo e le familiari Sansego, Unie, Premuda e l’incantevole Gruijca. Avendo scelto di raggiungere a piedi prima la Chiesa di San Giovanni, poi il Monte Calvario e Lussingrande, per approdare infine a Lussinpiccolo in mezzo a sentieri disegnati e dominati dalla pietra bianca e dalle masiere e gromaze in mezzo a una lussureggiante flora mediterranea, troveremo angoli di mediterraneo e soprattutto baie straordinarie. Luoghi di una bellezza davvero rara, come le baie e baiette di Pecina, Vinikova, Pljeski, Balvanida e la stupenda Criviza: dove in un mare incantevole e ammirando un’inaspettata e inedita “danza del ventre” di quattro ragazze a bordo di un barca, abbiamo fatto il più bel bagno di mare dell’intero viaggio. Un bagno forse troppo... godurioso e che “pagheremo” lungo il tratto in salita che da Criviza in un paio d’ore ci porterà alla Chiesa di san Giovanni; si rivelerà come il più faticoso, in particolare per la temperatura in alcuni momenti superiore ai 40 gradi, dell’intero nostro bellissimo viaggio. Raggiunta la cima, con la splendida Lussingrande ai nostri piedi, ci siamo concessi una meritata e doverosa sosta, in un luogo che aiuta a far viaggiare la mente nella grande storia della signora del mare. Lussino, l’iso- Società Premuda a Cherso ti dal mare la dei grandi velieri, dei famosi capitani e marinai e dei grandi uomini di mare e di scienza, quali il fisico Paolo Budinich, inventore di “Trieste città della scienza”, il grande Tino Straulino, olimpionico e comandante di navi, che con la “sua” Amerigo Vespucci, la nave scuola più famosa al mondo, contravvenendo alle regole, uscì a vele spiegate dal porto di Taranto. E poi ancora l’isola di tante famiglie legate intimamente alla storia del mare e in particolare a quelle delle grandi società di navigazione quali i Martinolic, Gerolimich, Tarabocchia, Vidulich, Premuda, Nicolich, Craglietto, Ragusin e la famiglia Cosulich che, partita proprio da Lussino, approderà prima a Monfalcone e che poi con le sue navi navi andrà alla “conquista” del mondo. Un’isola dove la Torre degli uscocchi e i cimiteri ma anche le grandi chiese e le piccole cappelle e la storica Scuola nautica, ci ricordano la storia di grandi viaggi a vela e il fascino e i pericoli del mare. E poi ancora le splendide baie di Cigale e Zabodaschi, la cui bellezza ha ispirato pagine bellissime di letteratura. La discesa verso Lussingrande, lungo un sentiero, segnato anche da alcune stazioni della via Crucis, diventa un pellegrinaggio gioioso; così come la breve sosta nel porto per una meritatissima spumeggiante birra, la passeggiata sul lungomare (a parte un mastodontico albergo) e il bagno nella baia di Valdarche. Lussinpicolo ci accoglie calorosamente con la luce del sole che tramonta dietro alla Bocca falsa. L’accoglienza migliore però è a tavola, dove forse ha mancato la musica con la quale questa parte del mediterraneo si racconta e cioè quella di una klapa o del coinvolgente melos dalmata, ma dove la famiglia Chalvien ha preparato per noi dei gustosissimi piatti. Indiscusso e apprezzatissimo protagonista è l’agnello. In un luogo che racconta soprattutto storie di mare un grande e gustoso dono della terra, per fortuna non quello della Nuova Zelanda, ma proprio quello eccellente e leggermente salèe delle Absirtidi.● (2 - continua) Riflessioni in cornice Tutti si accorsero con uno sguardo che non si trattava di un missionario di Luca Dessardo C irca due settimane fa, a causa di un aumento di stupri a New York, i poliziotti locali, oltre a concentrarsi nella cattura dei colpevoli e vigilare in modo che episodi del genere capitino con minor frequenza (fino ad un’idilliaca scomparsa assoluta), hanno consigliato alle donne della zona abiti più castigati scatenando la furia di femministe che, gridando allo scandalo, hanno prontamente invocato l’onnipresente spettro della correttezza politica. A proposito, lo stesso aggettivo “provocante” usato qui sopra è in un certo senso scorretto. Provocare vuol dire appunto cercare di suscitare una determinata reazione, e porre la situazione in questi termini sembra quasi giustificare l’aggressione, il che non è assolutamente il caso. A ben vedere però, non possiamo negare che il “provocante” sta appunto nell’allusione ad una sessualità apparentemente facile. Donne vestite in maniera da far risaltare determinati attributi che per natura o cultura consideriamo sessuali rischiano di più, dicono le statistiche. Il problema sta nel fatto che il termine “provocante” implica un giudizio etico oltre che estetico, e qui nasce tutta la confusione. Semplicemente la società contemporanea, per quanto abbia liberalizzato a parole determinati comportamenti, non è riuscita a rinunciare ad un giudizio morale (spesso negativo) su di essi. Anzi, pare che la moralità sia l’ultimo baluardo a tutela di un bigottismo (anche laico) esasperato utile solo ad arroccare gli individui su posizioni altrimenti poco difendibili. In poche parole, per quanto possiamo definire corretti da un punto di vista perfettamente razionale e legale alcuni modi di essere, questi stessi nella prassi sono costantemente disprezzati e bollati con giudizii poco lusinghieri. Ad esempio, per quanto sia legalmente riconosciuto il diritto degli omosessuali a esprimere liberamente la loro sessualità e l’amore, quando chiedono di esercitare questo diritto e passeggiare per la città pari a coppie etero, questo gli viene negato da torme di scalmanati pronti a lapidarli. Similmente con le donne. Per quanto abbiamo riconosciuto che sono liberissime di vestirsi come preferiscono, non mancano però offese e ingiurie quando le si osserva dall’alto del nostro perbenismo - come fanno le comari di Sant’Ilario riguardo a “Bocca di rosa” nella celeberrima canzone di de Andrè. Indubbiamente, le femministe che hanno denunciato il comportamento della polizia hanno voluto reagire a questo stigma che la società in fin dei conti impone, al giudizio morale implicito nella definizione “provocante” di abbigliamento. Hanno preso i consigli della polizia come un rinforzo di questi preconcetti, piuttosto che come un amichevole avvertenza proprio riguardo a questi pregiudizi, oltre che un ammonimento riguardo al (troppo) facile appetito della libidine maschile. Purtroppo, in casi come questo l’aspetto che moralmente (e ingiustamente) ci sentiamo di deplorare si confonde con un’effettiva caratteristica, con una differenza che dovrebbe rimanere differenza. Alla ricerca di una società più giusta nei confronti della tutela delle differenze, sbagliamo spesso nel nostro tentativo di appiattirle del tutto. Certo, sarà anche più facile semplicemente pretendere che non esistano differenze, però così finiamo per perdere proprio quella varietà che ci preme conservare. Il nostro compito sta ora nel liberarci di giudizi campati in aria, ma tenendo a mente che a volte un comportamento diverso nei confronti di cose diverse è più giusto che un comportamento uguale nei confronti di tutto.● Panorama 19 La storia oggi La storia contemporanea sempre meno conosciuta tra i giovani: come ripe La Repubblica di Salò? È d di Fulvio Salimbeni P rego i lettori di quest’intervento di credere che quanto riportato di seguito non sono... spiritose invenzioni, bensì l’amara realtà di risposte di studenti interrogati a recenti esami di storia contemporanea: - “Nel 1849 c’era la Repubblica di Salò” (confondendo la RSI di Mussolini con la Repubblica romana di Mazzini!), - “L’armistizio dell’8 settembre 1943 fu provocato dalla rotta di Caporetto” (avvenuta nel 1917, durante la Grande Guerra!), - se poi li si interroga sulla Resistenza, spesso s’assiste a una scena muta. Queste sono solo alcuni esempi d’un repertorio sterminato di errori, imprecisioni, silenzi, che d’appello in appello si susseguono con frequenza sempre maggiore e con lacune di fondo nella preparazione sempre più evidenti. Un altro elemento negativo è che, per quanto i programmi di storia delle scuole secondarie superiori prevedano ormai dal 1997 che nell’ultimo anno, quello degli esami di maturità, si studi tutto il Novecento, pochissimi sono i neo-iscritti all’università che siano giunti almeno al biennio 1989-91, fine della Guerra Fredda e dissoluzione dell’URSS, mentre un numero lievemente maggiore è arrivato alla guerra del Vietnam e alla crisi del 1973, la maggioranza, invece, essendosi fermata alla fine del secondo conflitto mondiale, il tutto, inoltre, secondo un’impostazione ancora in prevalenza politica, militare e istituzionale, che prescinde dalle innovazioni storiografiche degli ultimi decenni e dalla pluri-disciplinarietà ormai affermatasi nell’ambito della ricerca scientifica, che vede coo- 20 Panorama perare in maniera efficace le diverse discipline dell’area umanistica e delle scienze sociali (storia, geografia, filosofia, letteratura, arte, antropologia, economia, sociologia). Ad almeno parziale giustificazione di questa disastrosa situazione, confermata dall’analoga esperienza di tanti altri colleghi, va detto che negli ultimi tempi il numero annuo di ore dedicate alla disciplina cara a Clio è stato ridimensionato, rendendo obiettivamente difficile fare ciò che le direttive ministeriali pure imporrebbero, ma, di là da ciò, quel che emerge dal rapporto con i giovani è la mancanza d’una cultura stori- Clio, musa della storia ca, e generale, di base, il disinteresse per il passato, la cui conoscenza è ritenuta inutile, in ciò incoraggiati dal clima attualmente dominante e da campagne mediatiche che orientano l’attenzione solo sul presente, svilendo ciò che non sia immediata attualità; a ciò s’aggiunga la quasi completa scomparsa delle pagine di cultura dai quotidiani, che pure una volta fornivano utili indicazioni sulle novità librarie in materia e ospitavano interventi di storici accademici su questioni storiche di rilievo. Oggi, invece, il campo è dominato da giornalisti che s’improvvisano storici e sfornano libri a getto continuo, che di scientifico nulla hanno, essendo opere di mera divulgazione, prive di qualsiasi spessore critico, spesso miranti ad attirare l’attenzione con facili e superficiali revisionismi, a ragione definiti da uno studioso qualificato come Angelo D’Orsi “rovescismi”, che cercano il facile consenso del pubblico con riletture della storia del Risorgimento o del Novecento schematiche, banalizzanti, che ignorano il lavoro di ricercatori seri e cercano solo il facile effetto, senza alcun fondamento documentario. Questa situazione di progressivo e inarrestabile degrado, comune, a quanto è dato sapere - se ciò può in qualche misura essere di consolazione -, pure in Europa e negli USA, ha evidenti ricadute pure sul tono della vita civile, perché le nuove generazioni sono prive di strumenti di comprensione della realtà in cui vivono, dei fattori remoti che l’hanno determinata, delle ragioni delle scelte compiute dalle classi dirigenti, dei motivi di fondo per cui scoppiano crisi economiche e finanziarie come quella del 1929 e l’attuale, finendo spesso preda di demagoghi e di movimenti populisti, che proclamano che “con la cultura non si mangia”, donde i tagli ai fondi per la ricerca scientifica e per l’Università, così da impedire che si formino cittadini consapevoli, in grado di ragionare con la propria testa. Ciò è tanto più drammatico dal momento che, invece, l’attuale storiografia, e non solo quella contem- La storia oggi ensarne l’insegnamento del 1849 poranea, è tutt’altro che in crisi, come dimostrano le molte riviste che se ne occupano, le società specialistiche che ne curano i diversi ambiti tematici e cronologici i congressi sui più diversi argomenti che si susseguono a ritmo incalzante, e quasi sempre con ottimi esiti, le collane editoriali riservate alla storia nei suoi molteplici aspetti, come appare evidente anche da quanto discusso e segnalato negli ultimi mesi in questa rubrica. Il problema è, dunque, quello del dialogo e del raccordo tra ricerca e didattica, d’un più stretto collegamento tra università e scuola, d’una moderna formazione dei docenti, dell’uso di nuovi strumenti a fianco del tradizionale manuale, che, per quanto aggiornato, rimane sempre inadeguato alla sfida dei tempi, per coinvolgere e sollecitare l’interesse e l’attenzione degli allievi, oggi abituati ad avvalersi delle nuove tecnologie comunicative, che ancora faticano a penetrare nelle scuole, anche se imprescindibile rimane lo studio diretto sui testi e i documenti, che, sia chiaro, non sono solo quelli cartacei conservati negli archivi, quale ne sia la natura, ma tutto quello che in qualche modo può illuminare le molteplici componenti d’una comunità, i suoi stili di vita, modi di pensare, comportamenti sociali. Da qui l’apertura alle altre discipline, che studiano l’immaginario collettivo, interrogano la memoria pubblica e privata, indagano le tecniche di comunicazione, mutevoli nel tempo e nello spazio, considerano come le arti (cinema, musica, letteratura, pittura, architettura, scultura) trasmettano messaggi più o meno espliciti, ma non per questo meno efficaci, e siano spie significative sia dei valori dominanti sia delle situazioni di crisi d’una società. Da qui, pertanto, l’esigenza, sempre più avvertita da chi ha a cuore le sorti dell’educazione (e non semplicemente della mera istruzione) di ripensare sia la didattica sia la corretta divulgazione del sapere storico tanto verso i giovani quanto verso l’opinione pubblica in generale. Se pres- so l’ateneo di Udine da alcuni anni ormai è attivo un Laboratorio per la ricerca e la didattica della storia, che ha organizzato seminari, conferenze, corsi d’aggiornamento, pochi giorni fa l’Istituto Regionale per la storia del movimento di liberazione del Friuli Venezia Giulia, con sede in Trieste, che fa parte dell’Istituto Nazionale per la storia del movimento di liberazione - cui è associato il LANDIS (Laboratorio nazionale per la didattica della storia), con sede a Bologna -, ha organizzato un incontro informale dei suoi soci per discutere di tale delicata questione, da riprendere e approfondire in ulteriori occasioni, sottolineando l’urgenza di far fronte al collasso della conoscenza storica, fondamento primo d’una consapevole cittadinanza, come era ben chiaro agli intellettuali artefici del Risorgimento nazionale, che all’insegnamento della storia a tal fine attribuirono un ruolo privilegiato nel curriculum scolastico; non si scordi, del resto, che nella cultura romantica la storia, insieme con la religione e la lingua, era uno degli elementi connotativi d’una Nazione. In tale ottica, posto che viviamo nell’epoca dell’immagine, per il cui studio da un secolo è nata una disciplina specifica, l’iconologia, si tratta d’avvalersene per una diversa impostazione della didattica storica, fondata non più solo sull’uso del manuale, ma anche del cinema e della fotografia. Non è certo casuale che di recente in Italia siano stati pubblicati molti validi studi su cinema e storia sia dal punto di vista metodologico (come si legge un film, impadronendosi del suo linguaggio e dei suoi elementi costitutivi: musica, fotografia, sceneggia- tura, onde comprenderne al meglio i codici espressivi e i contenuti da essi trasmessi) sia da quello contenutistico, donde le ricostruzioni del Novecento tramite opportune scelte di film emblematici, non necessariamente capolavori. Si pensi solo a come può essere affrontato un nodo storico quale la guerra del Vietnam grazie ai molti film ad essa dedicati, alcuni opere di mera propaganda (Berretti verdi), ma altri di grande valore non solo estetico, come nel caso di Apocalypse now, trasposizione novecentesca nella giungla vietnamita del grande romanzo di Joseph Conrad Cuore di tenebra, spietata denuncia ottocentesca dei crimini del colonialismo belga nel Congo, donde la possibilità di un’efficace operazione pluri-disciplinare, coinvolgente letteratura, cinema, musica (la colonna sonora wagneriana, con tutte le implicazioni ideologiche al nazionalsocialismo che richiama) e storia. Questi film non sono certo storiografia in senso stretto, ma fanno comprendere come una società si sia posta di fronte a un simile trauma e come l’abbia rielaborato e rivissuto, il che, in un momento in cui per gli storici è più importante analizzare i sentimenti, le emozioni, l’immaginario collettivo che non i nudi fatti in sé, si rivela di particolare utilità e produttività. Solo ripensando radicalmente l’insegnamento della storia, educando i giovani a leggere il territorio e il contesto in cui vivono, facendo scuola fuori dagli edifici scolastici e dall’orario scolastico - ma su ciò si conta di ritornare in una prossima occasione -, sarà forse possibile invertire la tendenza dominante e far innamorare gli studenti di Clio.● Panorama 21 Cinema e dintorni Ancora dalla Mostra di Venezia: L’ultimo terrestre di Gian Alfonso Pacinotti e Cinesi? Estraniati come... gli j di Gianfranco Sodomaco A ncora dalla Mostra di Venezia due film italiani: uno in concorso, L’ultimo terrestre di Gian Alfonso Pacinotti, e uno presentato alle Giornate degli autori, Io sono Li di Andrea Segre. Continua la serie dei giovani cineasti, continua la serie, significativissima, dei film sull’immigrazione. Cominciamo dal toscano Pacinotti, che viene dal fumetto e che, pur essendo autore di un’opera prima, è piaciuto così tanto al direttore della Mostra, Marco Muller, da inserirlo in concorso. Con ragione, perché il film è un’autentica sorpresa, perché gli immigrati in questo caso sono... gli alieni, ma alieni carini e con intenzioni pacifiche, niente di mostruoso all’americana, anzi..., perché, in definitiva, non è la solita, ingenua fantascienza ma una “favola morale”, una riflessione non da poco sull’Italia di oggi. La storia. Luca (Gabriele Spinelli), abbandonato dalla madre e con un padre violento ed ubriacone, è diventato un adulto bruttino, frustrato, rancoroso e solitario. Fa il cameriere in una sala Bingo e la sua sola amica è un transessuale che “batte il marciapiede”. Se vuole far sesso va da una vecchia mobiliera tinta e cotonata che per ogni cliente ha un letto adatto, con cartello e tariffa. Da mesi è annunciata l’invasione degli extraterrestri ma nessuno se ne cura, tanto ai diversi ci si è abituati e comunque ognuno pensa ai cavoli suoi. Così, a trovarsi male è una delle prime “aliene” (femminile?), col suo testone pelato e il corpicino bianco infantile, che atterra nella casupola di campagna del padre di Luca (Roberto Herlitzka, che invecchiando diventa sempre più bravo, come il vino di cui il suo personaggio è “ghiotto”). L’aliena, molto disponibile, si ritrova subito nel ruolo femminile di domestica e di... cornuta e, scocciata, se ne va, ritorna... da dove è venuta. Nella vita del solitario Luca c’è una giovane vicina di casa carina, che gli piace e che spia col cannocchiale; ci sono 1 “L’ultimo terrestre” di Gian Alfonso Pacinotti 22 Panorama dei gatti e uno, trovato morto per strada, farà avvicinare, dopo tanto i due; c’è un paio di imbroglioni che, vista la situazione venutasi a creare, predicano ai soliti, tanti creduloni, l’armonia universale e, vendendo gadget vari, cercano di ricavarne qualcosa; ci sono tre camerieri malitenzionati, i tre suoi colleghi nella sala Bingo che, coinvolgendo l’amica trans, rischiano di diventare degli assassini. Saranno gli alieni a salvarla, nell’episodio più significativo, simbolico del film: sono venuti sulla terra per dare una mano ad una umanità depressa, alienata, incattivita ma c’è ben poco da fare. Solo Luca, “l’ultimo terrestre”, che finalmente è riuscito a confessare il suo amore alla vicina di casa, forse si salverà, forse riuscirà a cambiare qualcosa in quel mondo ormai agonizzante, in disfacimento. Il film si fa guardare, con curiosità: per l’atmosfera desolante che riesce a ricostruire, per il taglio/montaggio inevitabilmente fumettistico con cui costruisce i singoli episodi. Singoli episodi anche perché, come detto, ognuno vive in un suo piccolo mondo. Film interessante, “freddo”, che lascia attoniti, la bocca amara e che ti fa dire: ma ci siamo proprio ridotti così? Sì, ci siamo proprio ridotti così, al punto che gli alieni scappano... Tutt’altro discorso per “Io sono Li”. Anche questa un’opera prima ma il suo autore, Andrea Segre, viene da una robusta esperienza docu- L’aliena con Luca Bertacci (Gabriele Spinelli) ed il padre (Roberto Herlitzka) Cinema e dintorni Io sono Li di Andrea Segre jugoslavi mentaristica, e si vede. Secondo me anche questo film meritava, forse più del precedente, il concorso perché è un’opera complessa dal punto di vista dei contenuti e assai ricca linguisticamente. Cominciamo col dire che è un omaggio all’attrice Zhao Tao, interprete del Leone d’Oro 2006, “Still Life” del grande regista cinese Jia Zhang-Ke e all’attore serbo Rade Šerbedžija (italianizzato in Serbedgia...), che il pubblico internazionale conosce bene per le sue partecipazioni a film come “Prima della pioggia” di Milko Manchevyki (1994), “Eyes Wild Shut” (1999), “Mission Impossible 2” (2000), “Ilaria Alpi-Il più crudele dei giorni” (2003), “Space Cowboys” (2000), “The Eye” (2008) ecc., e che, mi pare, ora abiti “sulla costa croata”... Passiamo alla trama. La giovane Shun Li (Zhao Tao) confeziona camicie in un laboratorio della periferia romana gestito da connazionali cinesi più o meno sfruttatori. Ciò le serve per pagare un debito e i documenti che le permetteranno di riabbracciare il figlio. Viene trasferita, per motivi più o meno misteriosi (forse per imparare l’italiano), a Chioggia, a lavorare presso l’osteria “Paradiso”. Ed è qui che incontra Bepi (Rade Šerbedžija), un vecchio “jugoslavo” che ha lascia- Andrea Segre, regista di “Io sono Li”. A destra: i due protagonisti Bepi (Rade Šerbedžija) e Shun Li (Zhao Tao) to Pola più di trent’anni fa e che fa ancora il pescatore. Tra i due (entrambi emigrati, entrambi in qualche modo “soli”) nasce una spontanea, dolce amicizia. Lui, che a tempo perso scrive piccole poesie, comprende bene lo struggimento di Shun Li per il figlio (a cui lei scrive quotidianamente lettere) e per la terra lontani. Lei è semplicemente attratta da quel vecchio saggio e sensibile. Quando i due iniziano a frequentarsi (un rapporto del tutto platonico), a farsi vedere un po’ in giro, ecco che nascono subito le chiacchiere provincialissime degli “indigeni”, dei frequentatori del “Paradiso”, tutti più o meno pescatori (simpatici i “camei” di Roberto Citran, vecchia gloria del cinema italiano, di Giuseppe Battiston, ormai il suo attore più eclettico, di Marco Paolini, una delle realtà più importanti del teatro italiano), che non vedono di buon occhio la “mescolanza” tra diversi; ma anche le reazioni negative dei padroni cinesi. Morale: i due sono costretti a separarsi e a separare i loro destini: Shun Li, finalmente col figlio, lascerà Chioggia, Bepi, sempre più solo e angustiato, si lascerà andare fino a... Il film è impregnato di poesia, naturalistica e sentimentale. Segre è molto bravo a restituirci Chioggia non soltanto realisticamente come una piccola Venezia (con i suoi calli, i ponti, con “l’acqua alta” che invade le sue strade ed entra in osteria) ma anche a ricostruirla come un “microcosmo” dove vigono le leggi ataviche dell’isolamento e della diffidenza (e il regista accentua questo dato facendo gran uso di sottotitoli, traduzioni dal cinese ma anche dal veneto...). Eppure la nostra eroina, Shun Li, fa di tutto per farsi accettare, per imparare l’italiano, per cercar di comprendere la rude mentalità di quegli uomini. Anche perché altre donne non se ne vedono, quasi fossimo in una sorta di Medioevo... L’unica “altra donna” è una compagna d’avventura di Shun Li, probabilmente una prostituta, che l’aiuterà a far arrivare il figlio e che ogni tanto, sulla spiaggia adriatica, vediamo praticare il Tai Chi, la ginnastica lenta cinese, quasi a rievocare, attraverso quei gesti simbolici, la sua patria lontana. Poesia si diceva, una strada sulla quale mentalità e socialità diverse possono incontrarsi. Il film ha vinto, a Venezia, il Premio FEDIC, premio della Federazione Italiana dei Cineclub: meritatissimo.● Panorama 23 Arte Quest’anno ricorre il quinto centenario della nascita di Gio Colui che evitò ai Medici di scend di Erna Toncinich P er le comitive che portavo in Piazza della Signoria a Firenze, sosta breve ma obbligata era il passaggio tra Palazzo Vecchio e la Galleria degli Uffizi. E questo per raccontare che i Medici, per raggiungere Palazzo Pitti, allora loro dimora al di là dell’Arno, attualmente prestigiosa galleria d’arte, non erano costretti a scendere in istrada. Delle volte captavo qualche arguta battuta, tipo:”Ma che, volavano?” o “Che, viaggiavano in aereo?”. “Volgete lo sguardo verso l’alto, noterete la piccola costruzione sospesa tra i due grandi edifici, essa funge da raccordo tra Palazzo Vecchio e quello degli Uffizi, il tragitto Cupola del Brunelleschi nella Cattedrale di Firenze La copertina delle note Vite di Vasari (l’edizione è del 1568) poi prosegue, dopo aver attraversato la celebre galleria, sopra Ponte Vecchio, raggiunge quindi una chiesa e continua sino a Palazzo Pitti”, era la risposta. Il tratto più interessante e “curioso” di tutto il percorso è senza dubbio il corridoio o “corridoro vasariano”, il passaggio cioè sopra le numerose oreficerie di Ponte Vecchio, geniale soluzione dovuta a Giorgio Vasari, pittore, architetto e scrittore rinascimentale, del quale ricorrono i 500 anni dalla nascita. Maestro di pennello e di penna, Vasari è autore di un’opera che ha permesso ai posteri di conoscere la vita e l’ opera dei più grandi pittori e scultori del suo tempo. Le sue Vite L’Arte in Croazia in 600 pagine na pubblicazione così ci voleva proprio. Seicento pagine circa per informare gli interessati d’arte, quali sono, dove si trovano e cosa offrono i 265 tra musei, gallerie, collezioni private e collezioni sacre in Croazia. Risultato di ben sedici anni di lavoro degli esperti del Centro di documentazione museale (MDC) U 24 Panorama di Zagabria, per ora solamente in lingua croata, ma prossima è l’edizione in inglese e la presentazione del volume alla Fiera del Libro di Francoforte. Oltre ai dati inerenti le collezioni d’arte, la pubblicazione contiene una serie di utili informazioni: indirizzi, orari, costo dei biglietti, visite guidate, ecc.● de’ più eccellenti pittori e scultori italiani, pubblicate nel 1550, risultato di lunghi anni di ricerche compiute in ogni angolo d’Italia, erano considerate di alto valore letterario dal suo concittadino e amico Pietro Aretino, nondimeno dallo storico Paolo Giovio che definiva l’autore “maestro di penna, non meno che di pennello”. Si tratta di un lavoro di grande importanza, sia per la sua impostazione storica, sia per l’appropriata terminologia come per la chiarezza nella descrizione delle opere trattate. Vasari, l’eclettico pittore aretino, nella sua formazione pittorica coglie varie influenze: quando opera a Firenze, è vicino al manierismo Arte orgio Vasari dere in strada del Rosso Fiorentino, a Roma invece guarda allo stile dei grandi Michelangelo e Raffaello. Particolare piuttosto curioso: Giorgio Vasari viene “scoperto” come pittore mentre vive ritirato in un convento. È qui che lo scopre un banchiere fiorentino, ragguardevole personaggio intellettuale e grande amante dell’arte che, avendo avuto modo di vedere alcune opere del pittore e gli commissiona una pala d’altare. E il gioco è fatto. La voce dell’abilità pittorica del Vasari si diffonde, inizia la sua fortuna, ingaggiato dalla famiglia più potente del tempo, i Medici. Piovono le committenze, in testa la decorazione della Sala dei Cinquecento in Palazzo Vecchio i cui disegni vengono sottoposti al giudizio di Michelangelo. Che non solo li approva, ma ne è entusiasta. Cosimo I dei Medici è il suo maggior mecenate, gli affida diversi lavori (e non solo in Palazzo Vecchio), lo aiuta a fondare l’Accademia del Disegno, ecc. Naturalmente gli attacchi non tardano ad arrivare: Palazzo Vecchio, “Salone dei Cinquecento” dato che gode del favore dei potenti Medici, l’artista viene tacciato di cortigianeria. Le mostre allestite nel corso di quest’anno del grande anniversario, specie le due più grandi, quella proposta dalla Galleria degli Uffizi e l’altra, allestita nella sua natale Arezzo, chiariscono, a detta degli esperti, molte cose riguardanti sia la vita che l’opera dell’eclettico pittore, architetto ma soprattutto scrittore Giorgio Vasari.● “Perseo e Andromeda” (1572) Ponte vecchio ed il Corridoio vasariano L’autoritratto di Giorgio Vasari, conservato agli Uffizi di Firenze Panorama 25 Reportage Capitale della Stiria slovena, un tempo grande centro industriale oggi ha cambia Maribor, città di turisti, studenti ed testo e foto di Ardea Velikonja A i piedi del verde massiccio del Pohorje, estesa su entrambe le rive del fiume Drava è adagiata Maribor, capitale della Bassa Stiria e, per grandezza e importanza, seconda città della Slovenia. Un tempo centro industriale di prim’ordine, ha subìto, come tante altre, le sorti del disfacimento della Jugoslavia, ma ha saputo reagire ed oggi si è fatta un nome nel turismo, nella produzione vinicola e quale polo d’attrazione degli studenti provenienti da tutto il mondo che possono disporre di tre campus. Il centro storico pullula di moderni negozi, di banche, di giovani. Una città che vive nel vero senso della parola. Il suo aspetto ordinato, il verde contorno di colline vinifere e l’antica Vite antica sul Lent (già porto fluviale) regalano al panorama cittadino un’impronta piacevole, cordiale e ospitale. Sorta da un abitato antico che mise radici sulle sponde della Drava già nella preistoria, nei primi anni del XIII secolo questo “castello nella Marca” venne promosso La Drava ha avuto sempre un ruolo di primo piano nella storia cittadina a borgo commerciale e nel 1254 a città che si preoccupò di promuovere il commercio, la viticultura, la riscossione dei dazi e l’artigianato. Un gruppo economico importante fu rappresentato dagli Ebrei, poi espulsi dalla città nel XV secolo. In tutta la sua storia medievale, godette della protezione degli Asburgo che le conferirono molti privilegi. Una forte spinta economica venne Longeva e di grandi dimensioni: qui cresce la vite più antica d’Europa 26 Panorama nel 1846, quando arrivò da Graz il primo treno in servizio sull’importantissima arteria Vienna-Trieste. La sua “conversione slovena” si deve a due uomini: il vescovo Anton Martin Slomšek che, con il trasferimento della diocesi lavantina a Maribor nel 1859, delineò i confini sloveni, e il generale e poeta Rudolf Maister, che nel 1918 li difese in armi. Sito antico, dunque, che però per fiorire deve attendere il Medioevo. I resti delle mura difensive comprendenti quattro torri, il mercato medievale nonché una serie di altri monumenti di varie epoche storiche o architettoniche che vanno dal rinascimento all’epoca moderna compongono l’ossatura della sua architettura. Già nel 1852 qui sorse il primo teatro nell’edificio che ai giorni nostri si presenta quale sede delle massime istituzioni professionali dell’arte scenica: il teatro di prosa, il teatro lirico e il balletto. Il ricco Museo provinciale (Pokrajinski muzej), ospitato nel monumentale castello civico e costruito nel 1483, rappresenta il cuore del centro storico. La ricca cultura “esportata” da qui, con comprensibile orgoglio, ben oltre i civici bastioni, è ampia- Reportage ato con successo il suo ruolo d alta cultura mente integrata da musei e gallerie, dal Centro culturale e di manifestazioni (Kulturno-prireditveni center) Narodni dom Maribor, nonché da numerosi gruppi di dilettanti. Le radici della vita accademica risalgono al lontano 1859, quando qui sorse la prima istituzione di livello universitario: il seminario. L’odierna Università abbina a nove facoltà una ricca biblioteca, un maestoso rettorato in uno degli edifici più belli della città - e, naturalmente, una “frenetica” vita studentesca e culturale. Città del vino, Maribor è famosa per la vite più vecchia del mondo. Il centro della cultura del vino è il pittoresco Lent, il Lungodrava, dove una volta venivano scaricate le navi. L’enoteca propone in degustazione oltre 300 tipi di vino; che significativamente fanno capo a una gigantesca cantina che si estende su ben 20.000 metri quadrati. Ma questa è pure la città dello sport e dell’intrattenimento nonché valido organizzatore di molti eventi sportivi internazionali. La sua fama si è diffusa in tutto il mondo grazie alle numerose manifestazioni sportive ormai tradizionali, tra le quali è d’obbligo segnalare la “Volpe d’oro” (Zlata lisica), gara femmini- Capitale europea della cultura 2012 anno prossimo, fianco a fianco con la città portoghese di Guimarães, Maribor sarà proclamata la capitale europea della cultura: un titolo prestigioso che indubbiamente rappresenta un grande riconoscimento per quanto finora è riuscita a fare in questo specifico campo. Nelle tante iniziative in programma verranno pure attivamente coinvolti i centri più importanti di questa parte della Slovenia, come Murska Sobota, Novo Mesto, Ptuj, Slovenj Gradec e Velenje. Film, arti figurative, letteratura, musica, mostre ed incontri con artisti e autori di calibro internazionale saranno i “protagonisti della città” nella seconda metà dell’anno, ovvero nei mesi che vanno da luglio a dicembre. Il primo semestre sarà invece appannaggio delle cittadine sopra citate. In calendario figurano complessivamente quattrocento eventi, che si svolgeranno all’interno delle mura medievali di Maribor e che sono stati raggruppati in quattro capitoli principali. Il primo, intitolato “Terminal 12”, si occuperà della parte culturale vera e propria; il secondo, “Chiavi della città”, sarà caratterizzato da concerti e performance affidate ad artisti di strada ma anche dal recupero e la resa funzionale di un centro commerciale dismesso per trasformarlo in un’adeguata sede di mostre, laboratori e workshop; il terzo, chiamato “Solchi urbani”, promuoverà attività sociali ed ecologiche proprio all’interno di questo stesso centro. Ultimo in ordine sarà “Vita al tatto” che, oltre a raccogliere in forma digitale tutte le attività e i progetti e ad occuparsi della comunicazione, cura un sito internet. Da ricordare che, in parallelo a Maribor si svolgono tante manifestazioni e festival quali il Borštnikovo srečanje, il Festival Maribor, il Magdalena, l’Izzven ed altri.● L’ le valida per la Coppa del Mondo di sci alpino che da oltre quattro decenni si disputa sul Pohorje. Sono inoltre degni di menzione gli incontri internazionali di calcio presso il rinnovato stadio Ljudski vrt, come pure le gare internazionali di hockey, nuoto, pattinaggio e tiro a se- gno. Grazie ai numerosi impianti sportivi qui sono condizioni ottimali per tutti gli sport a livello agonistico. Proprio per questo motivo non deve stupire che la città sia stata prescelta come organizzatore della XXVI edizione delle Universiadi invernali 2013. ● I versanti collinari attorno alla città, tutti coltivati a viti, e la cantina che produce il prelibato Dveri pax Panorama 27 Reportage Pohorje: un mondo di esperienze S ituato sul bordo delle Alpi il verde Pohorje, circondato dalle colline coperte da vigneti, è il centro sciistico sportivo più importante della Slovenia. Si trova a pochi chilometri da Maribor, città più importante della Stiria slovena, ed è facilmente raggiungibile in automobile. Grazie anche ai fondi europei sul Pohorje sono sorti impianti modernissimi e le piste, benché a solo poco più di mille metri di altitudine, sono ricoperte dalla neve per cento giorni l’anno. Ovvero il comprensorio assicura agli sciatori la neve artificiale su tutti i 45 chilometri di piste, circondati da tre seggiovie doppie, 1 seggiovia a 4 posti una a 6 posti e 16 funivie. Ci sono pure 27 chilometri di piste per sci di fondo, un parco sciistico per bambini ma anche tanti divertimenti sulla neve e passeggiate con ciaspole. Qui opera la pista da sci in notturna più lunga in Slovenia. Sulla cima, raggiungibile con la nuova cabinovia, fino a qualche anno fa sorgevano solo due Case alpine: oggi ci sono alberghi e appartamenti che nulla hanno da invidiare ai grandi centri sciistici austriaci o italiani. Il villaggio turistico Bolfenk, di nuova gestione, con l’albergo “Videc” dispone anche di bellissimi appartamen- 28 Panorama ti con tanto di caminetto per quattro, sei o anche dieci persone. Modernamente attrezzati gli appartamenti sono la meta preferita dalle famiglie. Il tutto viene coronato da un centro benessere e la piscina, tanto che in fatto di presenze sono arrivati al cinquanta per cento: ovvero lo stesso numero di ospiti vi soggiorna sia d’inverno che d’estate. Tutto ciò grazie alla vasta offerta sportiva e ricreativa adatta a tutte le età. Chi ama camminare nei boschi ha innumerevoli sentieri, ginnastica mattutina all’aria aperta ma anche tanti prati per poltrire su una bella sedia a sdraio. Il Pohorje comunque sta diventando meta preferita degli adrenalina-dipendenti. Il parco bike, dalla primavera all’autunno, è sede anche delle gare di Coppa del mondo di mountain bike dato che ha i sentieri adatti. I ragazzi che amano questo sport salgono assieme alla bici con la cabinovia e si calano lungo i sentieri a “rotta di collo”. Ai piedi della cabinovia c’è il parco “adrenalinico” dove sia grandi che piccini possono provare il brivido dell’avventura con un moderno mini jet per i più coraggiosi, i salti con gli elastici, insomma un vero mondo di esperienze. ● Adrenalina per tutti Panorama 29 La Chiesa dei Francescani La Maribor Il Museo Le antiche mura cittadine 30 Panorama La Torre dell’acqua a Cattedrale Il Castello La parte moderna con negozi, uffici e parecchie banche r la città della cultura e del turismo La biblioteca centrale Panorama 31 Il Pohorje d’inverno 32 Panorama Reportage La vendemmia della vite più antica d’Europa H a più di 400 anni ma non li dimostra: stiamo parlando della vite più antica d’Europa che si trova sulla riva del fiume Drava a Maribor. La sua lunga storia, che ha resistito agli attacchi dei turchi ma anche alla filossera che distrusse i vigneti sloveni nell’800, si è trasformata in un prodotto turistico che ogni anno l’ultimo fine settimana di settembre attrae migliaia di turisti che vogliono assistere a questa vendemmia unica nel suo genere. La vite cresce su di un fazzoletto di terra, si “arrampica” lungo tutto il muro della casa e affonda le sue radici appunto nel fiume. Dà in tutto circa una cinquantina di chili d’uva di cui si fanno 20 litri di vino che preziosamente vengono custoditi in piccole bottiglie che vengono regalate dalla Municipa- lità a “persone speciali”. Quindi viene custodito come l’oro. Nel 1980 esperti francesi con appositi strumenti hanno decretato che la vite è autentica ed ha più di 400 anni. Da allora si è cominciato a pensare di tutelarla e dopo alcuni anni è nata la “Festa della vecchia vite”. L’ultimo fine settimana di settembre c’è una grande festa dinanzi alla vite con i Conti del vino, il folklore, le Miss del vino di tutta la Slovenia che dopo aver gustato gli acini assieme al sindaco di Maribor “danno il via” alla vendemmia. Uno spettacolo vero e proprio accompagnato dai carri trainati dai cavalli che portano i vendemmiatori fino alla Casa della vecchia vite. Intanto fra la gente giovani in costume popolare offrono uva e mele a tutti i presenti, il tutto accompagnato da tanta musi- ca. E quest’anno la bella giornata che ha accompagnato la festa ha fatto scendere sulle rive della Drava non solo la maggior parte dei cittadini di Maribor e gente proveniente da tutta la Slovenia, ma anche da Austria e Croazia.● Panorama 33 Letture L o scorso luglio sono stati attribuiti i Premi della XLIII edizione del concorso Istria Nobilissima, che hanno dato una nuova conferma dei potenziali creativi del gruppo nazionale italiano nei campi dell’arte e della cultura. Ritenendo che di tali potenziali debba fruire il maggior numero di lettori nelle pagine riservate alle letture, “Panorama” propone le opere a cui siano stati attribuiti premi o menzioni. Nella sezione “Prosa narrativa su tematiche che interessano il mondo comune istriano, istro-quarnerino e dalmata nella più ampia accezione culturale, umana e storica”, della Categoria Cittadini residenti nella Repubblica italiana di origine istriana, istro-quarnerina e dalmata, la giuria ha assegnato il primo premio a KENKA LEKOVICH di Trieste per la sua raccolta di racconti dal titolo “Quando Cirano si chiamava Nosonja” di cui pubblichiamo la terza parte. Questa la motivazione: “La raccolta elabora, attraverso una serie di racconti autonomi, una visio- ne del mondo graffiante e spregiudicata su abitudini radicate e adattamenti repentini cui la civiltà contemporanea obbliga. Costruiti con padronanza narratologica, i pezzi mescolano sapientemente linguaggi e immaginari letterari e non, riuscendo a rendere con plastica evidenza punti di vista multiculturali”. «Quando Cirano si chiamava Nosonja» storie di sopravvivenza quotidiana When everything you want Is not the way you want it You’re on the right track Sit back Quando tutto quello che vuoi Non è come lo vuoi Sei sulla strada giusta Rilassati Laddove per milioni di spensierati lettori tutto finisce con una risata a rischio rianimazione, per il nostro individuo con valigetta iniziano le pene dell’inferno. Iniziano lo stesso giorno in cui, prese armi e bagagli e attraversato un banale confine di stato, gli salta in testa la malaugurata idea di precipitarsi alla prima edicola e domandare l’ultimo numero di “Alan Ford”. Numero esaurito da ben due giorni. Tutto perché il banale confine di stato ha un difetto, ossia quello di spostare le lancette sull’orologio secondo uno sghiribizzo tutto suo che con la pignoleria di Greenwich ci azzecca come la pašteta sul pane (nero) che l’indivudo quando era in prima elementare mandava giù a merenda al posto della tavoletta Kinder. Sicché non gli resta che sorbirsi un’intera Raccolta estiva di “Alan Ford”. ”Pane per i miei denti”, esulta l’individuo tra sé e sé, non sapendo in quale razza di pasticcio sta per andare a infilarsi. Un pasticcio linguistico da manuale-segreto, per non destare sospetti e piani sovversivi nel controspionaggio. Dove operano i linguisticamente puri, candidi come funghi intestinali. Che una volta insediatisi, sfrattarli non è esattamente una passeggiata sul lungomare Abbazia-Laurana. 34 Panorama Impossessatosi della sua Raccolta estiva di “Alan Ford”, l’individuo si avvia fiducioso verso l’avvenire. Naturalmente non resiste, e prende a divorare l’almanacco su due piedi. In scarpe Made in UE, una volta tanto della sua misura. Cosa che lo rende ancora più felice: ha trascorso metà della sua esistenza a camminare dentro scarpe di due numeri più grandi, secondo le migliori regole di mercato di quella economia domestica “in cresser” che ha rovinato infanzie su infanzie. Ma ecco che alla prima pagina divorata che corrisponde al primo semaforo dribblato (la squadra di calcio della nazione donde giunge sa il fatto suo nel dare il buon esempio), esplode non la prima sonora risata. Bensì qualche cosa che somiglia al piagnucolio di chi nella scarpa finalmente a bolla ha trovato un sassolino che proprio non si aspettava. Come non bastasse, il sassolino ha le sembianze di un quadrupede, per la precisione un bracco italiano dal profilo né francese né egiziano. Creato su immagine e somiglianza del suo padrone, l’agente segreto Bob Rock nella sua mantellina inglese alla Sherlock Holmes, impreziosita con motivi scozzesi. Nano soltanto di statura, per il resto meglio stargli alla larga. Che poi nella realtà sia il nano a fare da cane al guinzaglio del proprio bracco gigante, poco cambia. Quel che è certo sono le dimensioni del naso di cane e padrone: decisamente imbarazzanti. A riprova dello spiccato senso di autoironia di chi li ha disegnati, al secolo Roberto Raviola nome in codice Magnus, il più nasuto di tutti. Nasuto, per l’appunto. Solo che il quadrupede nasuto non si chiama più “Nosonja”, che tradotto in toscano volgare sta per nasone, ma - incredibile eppur vero Cirano. Dotto quanto ci pare, ma in quanto a potenziale Letture comico stracciato dal grossolano Nosonja balcanizzato 10 a 0. Alla bella faccia nasuta di Cirano e di quella deformata in una smorfia di indignazione mista a sconforto del nostro individuo fumettaro, “Alan Ford” nella lingua degli spaghetti non è l’”Alan Ford” nella lingua dei čevapčići che fino al giorno prima divorava! Niente da fare, se con i čevapčići ti strozzi dalle risate, con gli spaghetti se ti va bene te ne va di traverso uno. Per non dire delle acrobazie che la sua lingua deve escogitare di punto in bianco nel tentativo, vano, di far quadrare il tondo bulbo del Debeli Šef, il “capo grassone” del gruppo, trasandato e dormiglione, con l’immagine di una statuaria Cariatide romana. E quale tragedia greca qualche pagina più avanti nello spiare la telefonata del ladro gentiluomo Sir Oliver - molto meglio che Conte -, a Bing - fortunatamente rimasto tale -, il suo ricettatore di fiducia. Vogliamo mettere un “Pronto Bing, come va il fratellino? Arrestato mentre rubava due polli e gli hanno dato sei mesi” contro un “Halo Bing, kako brat? Ukrao kokoš i dobio šest mjeseci”? O un Superhik contro un Superciuk che ruba ai poveri per dare ai ricchi? O un Clodoveo contro un Klodovik, il tormentone travestito da pappagallo ereditato da quel matusa del Numero Uno o Broj Jedan, che fa a gara con Squitty o Skviki, la cavia nella sciarpa del Debeli Šef, per non finire sullo spiedo. O meglio, nella pentola cronicamente vuota sul fornello della Cvjećarnica o negozio di fiori, nel cui cortile infestato di ratti grandi quanto tre Bob Rock messi insieme, il genio ingegneristico del gruppo Otto von Grunt, Grunf per gli amici, assembla i suoi geniali marchingegni di sabotaggio del nemico. Tutti immancabilmente fallimentari nel ritorcersi contro il suo teutonico costruttore con le pezze sulla divisa di eroe dell’esercito americano, e i suoi complici. Che in quanto a calzini bucati, pulci nelle mutande e rammendi sulla bombetta dell’aristocratico decaduto con il vizio dei furti, Sir o Conte Oliver che si voglia, non sono da meno. Chissà che non sia questa la spiegazione (segreta) per cui la versione del vicino di casa fumettaro povero, li faccia apparire più verosimili e perciò indicibilmente più comici che in quella originale. Disegnata su un fantascientifico tecnigrafo Made in Occidente, inventato nella premiata ditta Bieffe di Padova e non su uno sgangherato tavolino di autentica Jugoplastika oltre la cortina di ferro. A dimostrazione che le risate tavolta sono più grasse laddove la vita è a stecchetto. Consolazione tutt’altro che magra di questi tempi. Il cugino fiumano È dal dicembre scorso che Gauss mi perseguita con la sua “chimica sociale”. Con il pretesto delle cene combinate, dove lui fa il telecuoco (cucinando al telefono con sua sorella, che vive a 700 km di distanza) e combina inciuci sperimentali tra gente che probabilmente non si incontrerebbe nemmeno per sbaglio. Del resto, non sarà un fisico teorico per modo di dire. Quando mi chiama, e sempre con almeno una settimana di anticipo così dopo non ho scuse (io? Ma quando mai?), facendo l’elenco delle cavie del prossimo sabato, non so perché ma all’improvviso comincio a sentirmi una delle sue formule fisiche. Con la sola differenza che io sono capace di intendere e di volere e quindi tirare pacchi all’occorrenza, mentre le formule no. Essendo dotata però anche di una coscienza che mi costringe a dosare l’attività di boicottaggio della chimica sociale, una volta pacco, l’altra no, quella domenica, dopo il pacco del venerdì sera, mi sarei sentita un verme se gli avessi detto che non ci venivo a pranzo con “i tipi del Gulp” nel nuovo locale dell’ex socio di uno dei tipi del Gulp, al campeggio dell’obelisco. Sicché per quella legge biologica secondo cui tra il verme e il masochista, vince il masochista, gli ho detto di sì. Ma a condizioni mie. In parole povere: voi (voi chi?) andate, io arrivo quando arrivo. Con la mia auto, è sottinteso. Scelta antiecologica quanto ci pare, ma non era colpa mia se lui dopo doveva andare all’Ikea lasciandomi in ostaggio dei tipi del Gulp. Che nella mia testa si traducevano con: gli sfigati del Gulp. I soliti quarantenni single e/o divorziati in cerca di emozioni del fine settimana, con i quali io naturalmente non avevo nulla da spartire in quanto quarantenne single e/o divorziata in cerca di emozioni del fine settimana. Avevo una sola attenuante, che mi dovevo lavare i capelli e siccome dovevo anche sentire Franci, l’operazione non sarebbe stata né rapida né indolore visto che non ci sentivamo da ben tre quarti d’ora. In tre quarti d’ora possono succedere tante di quelle cose che la metà basterebbe a far desistere un’intifada di tipi del Gulp. Nel frattempo Gauss mi chiama 14 volte dal Gulp per chiedermi per la quattordicesima volta se sono sicura di voler venire con la mia macchina, perché tra la sua e quelle dei tipi del Gulp non ci sono davvero problemi a trovare un posto in macchina. Per la quattordicesima volta gli dico che se continua a chiamarmi finirò di asciugarmi i capelli per cena, se va bene, oltre al fatto che devo ancora telefonare a Franci. Alla quindicesima telefonata mi arrendo, ok, allora ti aspettiamo ancora 10 minuti, sei pronta fra 10 minuti vero, così fra 10 minuti passiamo a prenderti sotto casa. È matematicamente impossibile che io sia pronta fra 10 minuti!!! Gli urlo nell’orecchio a causa del phon acceso a velocità 4, il massimo. Parla più forte, non ti sento!!! Mi urla nell’orecchio a sua volta, sopraffatto dal fracasso della macchina del caffè che il barista del Gulp per non essere da meno deve aver messo a velocità 5. Sia come sia gli confermo che ci vediamo fra 10 minuti, ma al campeggio dell’obelisco. Che detto tra noi non sono sicura di sapere dove sia, diciamo che lo so circa, e sempre tra noi, spero proprio di non trovarlo, e in ogni caso, è sicuro che a quest’ora, di domenica, ci sarà posteggio? A proposito, qualcuno dei tipi del Gulp ha pensato di prenotare, non è che poi oltre al posteggio non ci sarà neanche un tavolo libero? Peccato, penso, essermeli lavati, i capelli, adesso mi toccherà asciugarli, e quindi mi presenterò al meglio delle mie prestazioni e i tipi del Gulp penseranno che l’ho fatto per loro, mentre la sola cosa che vorrei in questo momento, è tornare a 20 minuti fa quando ero al peggio delle mie prestazioni cioè avevo i capelli sporchi al punto giusto per togliergli dalla testa, ai tipi del Panorama 35 Letture Gulp, certe idee una volta per tutte. Purtroppo ormai me li sono lavati e così bene che non ho più alcun margine di trattativa. Mi toccherà presentarmi così come sono e non come dovrei essere, per tenere alla larga i tipi del Gulp. Che speriamo siano anche delle tipe, magari con i capelli ancora più lavati dei miei, così i rischi si riducono. Mi resta una sola speranza, che il locale sia in uno scantinato, di quelli così bui che i capelli passano in secondo piano, e con loro tutto ciò che non brilla di luce propria. In tal caso sarei salva. Scampata agli sguardi dei tipi del Gulp che non aspettano altro che di puntare il dito sulla prima cosa che gli splende di luce propria sotto il naso e domandarsi come cacchio fa. Sarà un fenomeno paranormale, con tutto questo buio non può che essere un fenomeno paranormale. Se il locale è in uno scantinato, mi dico, nessun pericolo. Poiché si dà il caso che io, oggi, a tutto posso essere associata fuorché a un fenomeno ottico inspiegabile da gettarsi in pasto ai tipi del Gulp, tra una pironada di pasticcio rucola e speck e un sluc di terrano DOC, che sta per origine cista (squattrinata in dialetto triestino, nda). Il locale non solo non è uno scantinato, ma una serra di vetro dove da tutte la parti picchia un sole che secondo me fa apposta, facendo splendere di luce propria anche i capelli che non ci sono, benché non sulle cocuzze dei tipi del Gulp dei quali non c’è anima viva. Strano, perché nel posteggio con posti liberi q.b., la macchina di Gauss c’era. Allora lo chiamo per sapere dove cappero sono, sperando che non ci sia campo e se c’è che lui abbia dimenticato il telefonino in macchina, meglio se spento. Risponde, invece. Dal bosco, dove i tipi del Gulp hanno ben pensato di andare a farsi un giro, per non farmi pesare l’attesa. Coccoli. Bon va ben, arrivo. Ma no dai, ti veniamo incontro, mi rassicura Gauss, e io mi taglierei la testa che non è lui a parlare, ma i tipi del Gulp che si sono impossessati di lui grazie a un esperimento di chimica sociale non riuscito. E anzi, ormai totalmente fuori controllo, con conseguenze inimmaginabili che lasceranno il segno per l’eternità. Chi era presente non sarà mai più quello di prima, e chi come me faceva finta di esserlo, non solo non sarà più quello di prima ma comincerà a chiedersi se c’è mai stato un prima. E soprattutto, cossa sarà de lui. Dopo e in generale. Mi incammino lanciando occhiate poco raccomandabili a quel pallone gonfiato del sole: non poteva aspettare domani per mettersi in pompa magna? Esagerato, considerando che siamo sì e no a metà marzo. Altro che marzo pazzerello esci col sole e così via. Qui fra un po’ ci vuole l’ombrellone! Scommettiamo che i tipi del Gulp nel baule della macchina (o è un camper?) hanno almeno un ombrellone per omo, la sdraio, le pinne, la maschera, il termos, la borsa frigo e l’asciugamano con i cazamarini. Sempre pronti, come ogni triestino che dicasi tale, per un toc’ a Barcola. Mica come certe di mia conoscenza, che giusto ieri hanno ben pensato di svuotare il loro, di cofano dell’auto, dei doposci, della slitta, delle tre taniche di paraflu, delle catene da neve e dei pattini da ghiaccio. Poco furbe, come sempre. Così adesso se a qualcuno dei tipi del Gulp gli salta in mente 36 Panorama di curiosare nel cofano della poco furba, la poco furba non ha uno straccio di argomento per demolire il toc’ a Barcola. Pegola, poteva essere un combat film di quelli da antologia. Ma ecco che la poco furba è giunta a destinazione, dove una dozzina di candidati all’esperimento di chimica sociale non aspettano altro che di vedere com’è fatta. Che cos’hanno di tanto speciale i suoi capelli per tenerli sulle spine una vita, rischiando la morte per denutrizione. Sono sulle spine da ormai 48 ore, e cioè da venerdì sera, quando la poco furba era ancora furba abbastanza per pacconarli e non presentarsi al Gulp nemmeno sotto tortura. Ormai è in ballo e non resta che passare alle presentazioni. La prima cavia è una cavia femmina vivadio, e vivadio al quadrato, non ha neppure l’accento patoco. Emiliano, si direbbe. Difatti, è di Parma. Graziosa per giunta, ma con un difetto. Sta con il tipo del Gulp che si presenta per secondo, faccia già vista, parata da occhiali con montatura nera e umore a tono. Avranno litigato, che altro. ”E tu di dove sei”? Mi informo tanto per non sfigurare con la chimica sociale. ”Mi son de via Baiamonti!” Se c’era qualche dubbio, commenta tra sé e sé la chimica asociale. Ci pensa subito il piccolo chimico Gauss a mandarla fuori gioco: “Anche lei è di Fiume”. ”Anche essa, te vol dir”, lo corregge il tipo de via Baiamonti. E subito dopo, scrutandomi con aria vagamente stetoscopica: “Ma va, te son fiumana?” ’Sì, e con questo?’ Ricommenta tra sé e sé la chimica asociale, sempre più asociale. Se va avanti così fra un po’ non sarà neanche più chimica. Selvadiga e basta. Provvidenza vuole che ci siano altre 4 o 5 cavie con cui fare le presentazioni e le spiegazioni vanno in panchina. Quanto mi basta per tirare fuori i Rayban scuri e armarmi per le spiegazioni che so già di non poter svicolare all’infinito. ”Ah, questi fiumani”, butta benzina sul fuoco Gauss. ”Perché, come sono i fiumani?”, indaga la tipa che sta col fiumano de via Baiamonti. Come se non lo sapesse. Se sta con lui qualcosa ci avrà pur capito di come sono o non sono i fiumani, anche se in fondo in fondo la capisso. Entrar ne la glava de un omo xe praticamente impossibile, fin el motor del Space Shuttle ga meno misteri del fenomeno che te ronchisa vizin de venti anni, figuremose po’ se su’ nono abitava in Belveder e tegniva la barca in Canal Morto. ”Allora, come sono i fiumani?” ”Cattivi” (pronunciato con una “t”, se sa), risponde lui. “Anarchici”, rispondo io, parlandoci sopra peggio che in un talk show di prima serata. Benon, penso, qui la partita è iniziata senza nemmeno aspettare il fischio dell’arbitro. E te credo, deve ancora farsi la barba, portare il cane a far pipì, i bambini dalla suocera e la moglie all’aeroporto senza dimenticarsi di buttar le scovaze, tirar fuori il pane dal congelatore, portar i fiori in cimitero, lavar la macchina del figlio grande mentre con l’altra va un salto in Slovenia a comprar le sigarette per suo padre, quante volte glielo deve dire che alla sua età il fumo uccide? E pensare che giusto Letture ieri ha fatto 99 anni e quei beccamorti dei cronisti locali non avevano di meglio da fare che sbattere in prima pagina il vecchio che soffoca nel tentativo di spegnere le candeline sulla torta. Offerta dal sindaco personalmente. Robe de ciodi. Neanche il tempo che l’arbitro si ricordi che oggi, oltre a tutto il resto ha anche la partita, ecco che dalla bocca mi esce: “E come fai di cognome?” ”I.” ”Non è che per caso hai qualche parentela con… S. I.?” Sgrano le pupille facendole fuoriuscire dai Rayban scuri, lo scudo di Perseo universale da portarsi sempre in tasca contro ogni genere di invasioni dal cielo, dalla terra e dal mare: Meduse a tre teste, musatti idrocefali e folpi fiumani inclusi. ”Xe mio cugin. Primo. Perché, te lo conossi?” Indugia il folpo, con quella tipica inflessione da folpo che non sai mai se ti ha appena buttato una sarda o una bomba atomica preventiva: copemole co le xe pice. ”Purtroppo sì. Andavamo a scuola insieme. Cioè lui era qualche classe più avanti”, gli rispondo con quel tono di bleda lessa che va bene sia in caso di sardoni sia di petardi all’idrogeno. ”E?” ”Hai presente Criminal Minds? Roba per lattanti al confronto.” ”A mi te me disi.” «“Perché, cosa ti ha fatto?” ”Lassemo star.” ”Bon alora te conto mi. L’andava pei coridoi col cortel svizero in scarsela, molandoghe piadoni a le porte, alzando le cotole a le mule e una volta el ga fato iruzion in aula insegnanti portandoghe via el scalpo a la compagna diretora, che dopo la ghe xe corsa drio per tuta la scola zigando: Smrt fašizmu, sloboda narodu (Morte al fascismo, libertà al popolo)! Nianca che la fussi ancora in bosco coi partigiani indove che la ga baratado i pochi cavei che zà la gaveva in testa in cambio de la carega de compagna diretora”. Finisco di infiocchettare il profilo del cugino Criminal Minds pensando che il mondo è proprio un Prater. Gira che ti gira, se casca sempre là. ”Mia mama xe de Volosca”, cambia discorso lui. ”Ma no dirme.” ”Sì, ma austriaca, de Vienna.” ”Aha”, rimando. Se occorreva specificare. Gli si legge in faccia a un miglio, al tipo de via Baiamonti, o meglio via Bajamonti, intestata al “massimo rappresentante dei dalmati italiani”, che prima di passare per via Baiamonti i suoi cromosomi hanno fatto tappa nella capitale della gaia apocalisse. Faccia da triestino DOC, che sta per origine “co la coa” o coda che si voglia. Ossia di adozione, come i rimanenti 207 mila abitanti di Trieste su un totale di 208 mila. Come non bastasse, alla faccia da austriaco si somma l’anda di suo cugino Criminal Minds: jeans tirati a fionda e mani in tasca incorporate. Con un distinguo, che non riguarda solo il colore di capelli, occhi e carnagione, più stonewashed slavazzato che mediterraneo zigalon. Ma anche una (apparente) elasticità dell’indole, non rilevata nel cugino Criminal Minds “rimasto”, dovu- ta probabilmente alla gomma americana avuta in dotazione, assieme a una branda nel Silos e la bandiera dei fiumani, istriani e dalmati “andati”, nel cestino del pic nic del Grande Esodo quattro stagioni. Sponsorizzato da un capogita di nome Tito Foiba già negli anni Cinquanta. Capogita notoriamente sempre avanti coi tempi, così avanti che per stargli al passo, non restava che filarsela oltre… confin. Se due sere fa fossi andata oltre confin anche mi, ovvero al Gulp invece di leggere quello che ho letto, e cioè che la mente umana è una pista di F1 dove in una sola domenica 8 milioni e 4000 pensieri si divertono a giocare agli autoscontri, dovrei seriamente domandarmi se sono ancora in me. Non sapendo come diavolo ho fatto a zipparle tutte queste elucubrazioni nel nano secondo di una stretta di mano tra una cavia femmina (io) e una cavia maschio (il tipo de via Baiamonti). Le quali cavie ancora più incomprensibilmente sono già sedute a tavola e guarda caso, vizine vizine, pronte per essere immortalate dalla Candid camera. Nascosta tra le pleskavice e le gibanice che sfrecciano nell’aria fritta del laboratorio di chimica sociale al campeggio dell’Obelisco. Impreziosito con deliziose tovagliette di plastica color feretro dei morti, a dare quel tocco di necessaria suspense a una domenica di fine inverno troppo soleggiata, per non essere sospetta. In più, mi sembra di capire che il tipo de via Baiamonti non sta affatto con la tipa della Certosa di Parma e viceversa. Il che, se serve dire, complica ulteriormente le cose, mi dico squadrando il mio pasticcio rucola e speck che la chimica sociale, galeotta, mi costringerà sul più bello a spartire con il mio vicino di sedia oltre che concittadino e magari anche con la stessa forchetta o piron che se disi. Dato che lui ha ordinato risotto con le sepe. Non era meglio mandarle a farse un toc’ a Barcola? O sul sugaman a far chimica sociale coi cazamarini? No che non era meglio. La chimica sociale una volta che si mette in moto, non guarda in bocca a nessuno. Cedo così un assaggio del mio pasticcio al tipo de via Baiamonti, che a dire il vero non ha grandi pretese. Per adesso. Così poco? Reclamo, fissandolo nelle lenti degli occhiali dove un paio di pupille indecise tra il verde Isonzo (al tramonto, beninteso) e il blu Quarnero (in maretta, ovviamente) rimandano la chimica sociale a settembre. E cioè quando avrò finito di masticare il mio pasticcio, indeciso tra i reclami del mio stomaco vuoto da ieri, e un incrementale ronzio che la primavera ormai alle porte si ostina a imputare a uno stormo di stukas travestiti da farfalle. Pronte a sganciare la prima bomba su Dresda. Sbagliato, perché la prima bomba su Dresda la scaglia il bombardiere de via Baiamonti, pensando bene, el sgaio, di ricoprirla di tre chili di zucchero caramellato (per fissare bene il mascheramento) radendomi al suolo anche l’ultima speranza. ”Ti magna, co te rivi al punto…” … e virgola sottintesa, sospiro sotto le macerie che mi impediscono di mangiarmi le mani per aver voluto fare, una volta tanto, l’altruista. (3 - continua) Panorama 37 Pubblicazioni Il n. 180 de la Battana dà ampio spazio all’autore dialettale triestino Grisancich, settant’anni di poesia L e poesie, che lui ha scritto fra il 1951 e il 1965, sono riunite nella raccolta Noi vegnaremo. Lei le pubblica nel 1966 per i tipi del ben noto Zibaldone e gli spiana la strada dell’affermazione in campo poetico. Lui è Claudio Grisancich, lei è Anita Pittoni, la fondatrice della piccola quanto prestigiosa casa editrice. Ne nasce un legame culturale non sempre evidente, ma non per questo meno presente, e quel che più conta, non meno saldo. Questi i termini in cui, nel n. 180 de la Battana, Irene Visintini rende un significativo omaggio a Claudio Grisancich, che ha da poco superato i settant’anni. Un omaggio tanto significativo da occupare, anche in termini assoluti, il maggior spazio fra i testi del fascicolo. Ricordati fin dall’inizio anche gli altri generi, fra cui i testi radiofonici e teatrali, l’autrice li liquida quasi subito affermando che indubbiamente è la vocazione poetica quella che prevale nell’autore dialettale triestino, prova ne sia che oggi i suoi versi si possono leggere in varie lingue: fra le altre tedesco, sloveno e ungherese, per non dire del fatto che è una delle pochissime voci triestine note a livello nazionale. Se non primaria nei “frutti”, la radio però ha un importante ruolo “alla fonte”: fu infatti l’ascolto di poesie che lo portò alla scoperta del “mondo dei versi”. Vedi caso la trasmissione era condotta da quella Anita Pittoni che qualche anno dopo si rivelerà tramite essenziale per Claudio. Negli anni successivi vedranno la luce le sillogi Dona de pugnai e Crature del pianzer, crature del rider. La prima uscì nel 1957, anno in cui venne a mancare Virgilio Giotti. Ma a chi parlò di un passaggio di staffetta, va ricordato che lo stesso Grisancich scrisse che per un periodo notevolmente lungo, fino agli Anni Ottanta, sperimentò una sorte di rifiuto del dialetto scrivendo poesie e racconti in lingua, realizzando solo “dopo una lunga crisi” quella che un altro critico definì “la piena consapevolezza del proprio 38 Panorama mezzo linguistico”. Un cenno particolare nella sua produzione merita la più recente raccolta, Inventario, edita a Trieste nel 2004, in cui è presente un riavvicinamento allo sperimentalismo e alle avanguardie, la dissoluzione delle usuali forme linguistiche e sintattiche e il prevalere di una tecnica espressiva che si potrebbe definire funambolesca, costellata dei nomi della Trieste culturale di un tempo, di figure della quotidianità e di un linguaggio che ricorre ampiamente ai termini ger- gali. In altre composizioni, quasi prendendo atto della continua e inarrestabile disgregazione del mondo che lo circonda, si sofferma su scene che si incidono nell’animo del lettore, come l’immagine di un bambino che ha potuto solo passare davanti alla vetrina di giocattoli che nessuno poteva comprargli o la morte solitaria di un’anziana: “...ma più tremendo iera quel cagneto/che no finiva de ‘baiarghe contro - el viso dela dona/là per tera”. Su tutto prevale comunque la lacerata individualità di chi scrive, il susseguirsi degli interrogativi sul significato dell’esistenza, sull’incombenza della morte. Il testo d’apertura del fascicolo è dedicato alle considerazioni linguistico-filologiche del Dictionarum di Fausto Veranzio (1551-1617) elaborate da Vito Paoletić il quasi profilò come uno strumento di consultazione che sarebbe stato all’origine di tanti dizionari successivi e promosso lingue fino ad allora in posizione subalterna. Segue un’analisi del romanzo di Ester Sardoz Barlessi Una famiglia istriana ad opera di Josip Krajač. Una famiglia che si profila come un vero palinsesto, tanto da indurre l’autore ad usare il concetto anche nella formulazione del titolo del saggio. Un romanzo composto da più racconti, scrive il critico, per cui, se tutta la famiglia può essere espressione di un mondo letterario innestato su vicende di valore documentario, tutti i fatti in cui essa è coinvolta hanno nel contempo un sapore letterario e un’ossatura “storica” entro cui si susseguono e si rincorrono corsi e ricorsi, che sono poi l’espressione del respiro della società. Si ripeteranno perciò, con variazioni distinguibili ma in cui è comunque molto percettibile il valore della “musica di fondo” che si diffonde in particolare da quella figura di primo piano che risponde al nome di Angela. Un centenario da ricordare s’intitola il saggio di Claudio Ugussi su Quarantotti Gambini (Pisino, 23 febbraio 1910), di fatto la tesi di laurea presentata nel 1959 all’Università di Zagabria. Tempo dopo Ugussi ebbe modo di parlare a Venezia con la madre (che pur usando con i domestici la lingua, con l’ospite volle parlare solo il dialetto) e poi, nel 1963, con lo scrittore. Il discorso parte da I nostri simili, la raccolta di tre racconti comparsi su Solaria per arrivare fino a La calda vita, il grosso romanzo che concorse al Viareggio. In mezzo, tutta una serie di opere a indicare la maturazione di Quarantotti Gambini come uomo e come scrittore.● M. S. Novità in libreria Walter Isaacson STEVE JOBS Basandosi su più di quaranta interviste con Steve Jobs in oltre due anni, e su più di cento con familiari, amici, rivali e colleghi, Walter Isaacson racconta l’avvincente storia del geniale imprenditore la cui passione per la perfezione e il carisma feroce hanno rivoluzionato sei settori dell’economia e del business: computer, film d’animazione, musica, telefoni, tablet ed editoria digitale. Nell’epoca in cui tutto il mondo sta cercando un modo di sviluppare l’economia nell’era digitale, Jobs spicca come icona massima dell’inventiva e dell’immaginazione, perché ha intuito in anticipo che la chiave per creare valore nel ventunesimo secolo è la combinazione tra creatività e tecnologia e ha costruito un’azienda basata sulla connessione tra geniali salti d’immaginazione e riconosciute invenzioni tecnologiche. Sebbene abbia cooperato attivamente per questo libro, Jobs non ha chiesto nessun controllo sul testo né ha preteso il diritto di leggerlo prima della pubblicazione. Non ha posto nessun filtro, anzi ha incoraggiato i conoscenti, i familiari, gli antagonisti a raccontare la verità onestamente. Una storia che ci insegna e allo stesso tempo ci mette in guardia, ricca di lezioni sull’innovazione, il carattere, la leadership e i valori. Editore Mondadori Pagine 600. Prezzo 20.00 euro Stefano Bartezzaghi COME DIRE Questo libro insegna come metterla con gli errori di grammatica. Come dire la cosa giusta al momento giusto. Come trovare l’anima gemella su Facebook. Come dare un nome a un figlio. Come fare un discorso articolato. Come compilare un menu. Come tradurre i propri manicaretti a uso dei turisti. Come esprimere i propri stati d’animo nel modo giusto per venire invidiati o compianti quanto lo si desidera. Come straparla- re superlativamente. Come punteggiare i propri scritti continuando a pensare ad altro. Come comunicare con la scrittura le proprie espressioni facciali. Come parlare il bambinese. Come (non) giocare con i doppi sensi. Come presentare uno scritto al lettore. Come rendere gentile almeno il proprio linguaggio. Come essere pazienti con il linguaggio del proprio medico. Come correggere la volgarità dei giovanilisti d’oggi. Come essere volgari in lingua altrui. Come essere correttamente scorretti. Come parlare bene una lingua che si può parlare solo male. Come venire a patti con le regole ortografiche. Come scrivere un libretto operistico. Come scrivere un testo per Sanremo. Come commentare una partita di calcio in tv. Come scrivere una e-mail. Come coniugare i verbi nel modo migliore. Come fottersene della grammatica e vivere felici. Editore Mondadori Pagine 216. Prezzo 17.00 euro Paolo Gallina LA FORMULA MATEMATICA DELLA FELICITÀ La formula della felicità esiste. Ed è un’equazione. La felicità, spiega il professor Paolo Gallina, è “la variazione rispetto al tempo dello stato di una persona”. In altre parole, la felicità è il passaggio da una condizione peggiore a una migliore, ed è tanto più intensa quanto più in fretta avviene questo cambiamento. La felicità non è la bella casa o il televisore a 350 pollici in sé, ma il momento in cui li hai avuti, in cui te li sei goduti la prima volta. Come ogni formula matematica il concetto è cristallino ed elegante, le sue conseguenze implacabili. La prima è che “la felicità non dura. E se si vuole farla durare le cose non sono così semplici”. L’altra è che “è molto difficile incrementare il proprio stato con costanza. Nella maggior parte dei casi, dato che gli stati non possono essere incrementati all’infinito, a un picco di felicità segue una fase di stasi, di aspettativa, di non-felicità sostanziale”. Oppure, parlando di shopping e consumismo, tocca rilevare che “se qualcuno sceglie di essere felice entrando e uscendo da centri commerciali, concessionarie e boutique, con pacchi e pacchi di roba, necessita di molta disciplina per rimanere immerso a un livello di felicità accettabile”. Ecco che alla fine di questa brillante, godibilissima trattazione, dopo aver risolto certi nostri dilemmi esistenziali, potremo finalmente capire a cosa è servito, nella vita, studiare matematica. Editore Mondadori Pagine 168.Prezzo 16.50 euro Panorama 39 Italiani nel mondo Nonostante i giuramenti sull’importanza dell’informazione per il mantenim Si prospetta la chiusura del canale a cura di Ardea Velikonja N ell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle politiche per i cittadini italiani nel mondo si è svolta al Senato, presso il Comitato per le Questioni degli Italiani all’Estero, l’audizione dell’amministratore delegato di Rai World, Claudio Cappon, e del direttore dell’area commerciale Giovanni Celsi. Il dibattito è stato introdotto dal presidente del Comitato, Giuseppe Firrarello, che precisato come il tema dell’informazione sia di primaria importanza per il mantenimento dei collegamenti tra l’Italia e le collettività italiane nel mondo ed ha ricordato l’audizione, svoltasi il 17 giugno 2009, del direttore di NewCo Rai International, Malesani. Partendo da quell’incontro Firrarello ha sottolineato come l’audizione odierna possa costituire una preziosa occasione per valutare cosa sia cambiato in questo arco di tempo e per avere da Rai World, che è subentrata a NewCo Rai International, un aggiornamento sulle sue attività. “In particolare - ha precisato Firrarello -, nel corso della precedente audizione si era fatto riferimento alla costituzione, da parte del servizio pubblico radiotelevisivo, di una società per la produzione, la distribuzione e la trasmissione di programmi radiotelevisivi all’estero finalizzati alla conoscenza e alla valorizzazione della lingua, della cultura e dell’impresa italiane. Si era altresì svolto un dibattito sulle modalità di diffusione del segnale del canale TV Raitalia, anche dal punto di vista della commercializzazione nei differenti continenti mediante appositi pacchetti”. In apertura di intervento Cappon ha subito precisato come Rai International si occupi della responsabilità della programmazione, Rai World gestisca l’attività di promozione e distribuzione dei canali Rai nel mondo e la Rai garantisca l’attività di supporto tecnico in senso stretto. L’amministratore delegato ha inoltre sottolineato come la qualità del servizio pubblico sia strettamente correlata all’assetto 40 Panorama organizzativo e agli stanziamenti economici. “Rispetto agli esempi francese, tedesco e britannico, - ha puntualizzato Cappon - il sistema italiano non vede l’attribuzione di risorse a strutture autonome, e soffre di un deficit rispetto all’entità dei finanziamenti. Stante la difficile situazione economica - ha aggiunto -, uno dei tre canali televisivi dell’offerta internazionale della Rai, ‘Yes Italia’, dedicato alla promozione del made in Italy, probabilmente cesserà di essere trasmesso, e proseguiranno solo gli altri due canali Raitalia e Rai News”. Cappon ha inoltre evidenziato come i contratti di distribuzione del segnale siano invece in fase di rinnovo, in previsione della prossima scadenza, ed abbiano sinora dato buoni risultati in termini di introito. Per Cappon Rai Italia, a differenza dei canali internazionali di altri paesi, appare poi limitato, nella sua ipotetica platea di spettatori, dal fatto di rivolgersi interamente in italiano alle sole comunità dei nostri connazionali nel mondo. “L’introduzione del digitale terrestre e la più ampia offerta di canali in alta definizione - ha proseguito l’amministratore delegato pone un’ulteriore sfida competitiva per i canali italiani rispetto ai nuovi canali stranieri, i quali trasmettono oltre che nella lingua nazionale anche in inglese e in alcuni casi in arabo. Nella programmazione italiana, solamente il canale Yes Italia è realizzato in italiano con sottotitoli in inglese e spagnolo”. Ha poi preso la parola il senatore del Pdl, Raffaele Fantetti, eletto nella ripartizione Europa, che ha chiesto chiarimenti sugli effetti dell’introduzione del digitale terrestre rispetto alla programmazione destinata all’estero. Fantetti ha evidenziato come, alla luce della crescente domanda di corsi di italiano in Europa, la programmazione televisiva dovrebbe sostenere la cultura italiana. Il senatore ha inoltre chiesto sia le ragioni della prospettata chiusura di “Yes Italia”, un canale che al momento svolge un importante ruolo di Giuseppe Firrarello promozione dell’eccellenza e del turismo italiano nel mondo, sia un raffronto tra il sistema della Rai e quello delle principali emittenti pubbliche europee, nonché chiarimenti sui rapporti esistenti tra Rai World ed Euronews e sul fatto che la Rai sia l’unico azionista di Rai Word. Il vice presidente del Comitato Claudio Micheloni (Pd), dopo aver ricordato la riduzione delle risorse destinate agli insegnamenti di lingua e cultura italiana all’estero che ha portato alla chiusura di numerosi corsi. ha chiesto lumi sui contratti di distribuzione dei canali Raitalia e Yes Italia, rilevando inoltre come la problematica del criptaggio di taluni programmi Rai sia particolarmente avvertita in Europa. Per quanto poi riguarda la questione della chiusura di “Yes Italia” Micheloni ha ricordato come Raitalia abbia già una missione più ampia. Per il senatore del Pd sarebbe quindi auspicabile un intervento sulla programmazione di questo canale volto a trovare spazio per programmi di più ampia promozione del sistema italiano nel mondo, a discapito delle repliche delle trasmissioni televisive trasmesse sul territorio nazionale. In sede di replica Cappon ha spiegato come la parcellizzazione tra distinti enti dei compiti che concorrono alla programmazione destinata all’estero ponga delicate problematiche che potrebbero essere affrontate con successo qualora si individuasse un unico referente complessivo. Italiani nel mondo mento dei collegamenti «Yes Italia» Per quanto riguarda il problema del criptaggio Cappon ha precisato come questa questione, la cui soluzione prevede costi aggiuntivi e una revisione degli accordi di distribuzione, e la selezione dei programmi da replicare, facciano parte della programmazione e quindi rientrino nelle competenze di Rai Internazionale. In qualità di vice presidente dell’Unione Europea di Radiodiffusione (EUR) Cappon ha poi sottolineato come l’esperienza degli altri Paesi, che individuano strutture televisive con risorse e competenze autonome, rappresenti un esempio che potrebbe essere seguito anche in Italia. Cappon ha anche spiegato come l’introduzione del digitale terrestre abbia notevolmente ampliato il ventaglio dei canali distribuiti, creando una maggiore concorrenza a livello di spettatori per i canali tradizionali delle emittenti pubbliche nazionali dei singoli paesi. Quanto allo spazio dedicato alla promozione della lingua e cultura italiana, Cappon ritiene che sia una problematica di competenza della Rai nel suo complesso e delle linee editoriali generali. Inoltre per l’amministratore delegato il principale limite del canale Yes Italia, che viene distribuito senza ulteriori costi con il medesimo sistema concordato per Raitalia, è rappresentato dall’af- fidamento della gestione ad un ente di ridotte dimensioni, non compreso nel più ampio sistema della Rai generalista. Cappon ha poi segnalato sia l’effettiva e intera appartenenza alla Rai di Rai World, sia la presenza in Francia, Germania e Inghilterra di emittenti pubbliche per l’estero che sono destinatarie di ampie strutture, rese necessarie dall’attività produttiva oltre che distributiva, e di fondi ad hoc. Cappon ha infine precisato come non vi sia alcun rapporto tra Euronews e Rai World e che il progetto di ristrutturazione della proiezione all’estero della Rai è ancora in fase di definizione. Dal canto suo il direttore dell’area commerciale Giovanni Celsi ha parlato di un’offerta Rai in Europa molto più ampia rispetto al resto del mondo, basata anche sulla distribuzione via satellite di tutti i canali Rai visibili in Italia. Celsi ha altresì ricordato come anche la televisione privata si trovi ad affrontare il medesimo problema del criptaggio dei programmi trasmessi all’estero in dipendenza degli accordi di distribuzione territoriale dei prodotti. Celsi ha infine puntualizzato come le ridotte disponibilità economiche non consentano ulteriori evoluzioni dell’offerta televisiva per le comunità italiane all’estero. (Inform) Giorgio Brignola ha annunciato l’ultimo numero edito a Londra «La Voce» si spegne dopo sessant’anni ra è ufficiale. Il periodico “La Voce degli Italiani” (UK) che da quindicinale si era ridotto a trimestrale, cessa, col numero del prossimo dicembre, le pubblicazioni. Il 2012 non sarà salutato dalla storica testata che ha accompagnato, nel bene e nel male, per oltre 60 anni la nostra Comunità nel Regno Unito». Non nasconde l’amarezza il direttore responsabile Giorgio Brignola che annuncia così l’ultimo numero del periodico. ”Certo è - argomenta - che anche la stampa d’emigrazione non è stata immune dalle trasformazioni, spesso radicali ed imprevedibili, avvenute in Patria e non solo. Tuttavia la nostra Comunità d’oltre Manica, la cui maggioranza è di seconda, se non di terza, generazione, «O ha cambiato il suo modo di vivere l’italianità. Sono venute meno, soprattutto in quest’ultimo decennio, alcune realtà con le quali s’identificava ed il senso d’unità ha lasciato il posto al processo d’integrazione col Paese ospite”. ”Insomma - continua -, è venuto fisiologicamente meno quello spirito di militanza e d’appartenenza col quale avevamo iniziato la nostra collaborazione agli inizi degli anni’60. Non è neppure bastata la ristrutturazione ed il ridimensionamento della testata per farla continuare a vivere. Il vertiginoso calo dei lettori non ha concesso appelli. Ora - conclude - possiamo scrivere, pur con comprensibile amarezza, che un ciclo d’informazione è finito”. (aise) Panorama 41 Made in Italy Presentati in Montenegro sette piani regionali del valore di 500 mila euro FVG: nuovi progetti a Cattaro a cura di Ardea Velikonja A ndrà rafforzata l’esperienza dedicata all’inserimento dei disabili nel mondo del lavoro, dando così maggiore vigore “ad una attività già avviata da tempo dalla Regione Fvg e che sta dando risultati soddisfacenti”. Lo ha affermato l’assessore alle Relazioni internazionali, Elio De Anna, nel corso del forum svoltosi a Cattaro, durante il quale sono stati presentati i sette progetti che il Friuli Venezia Giulia sta portando avanti in Montenegro con un investimento complessivo pari a circa 500 mila euro. L’obiettivo generale delle diverse iniziative è quello di promuovere la crescita dell’economia del Paese straniero coinvolgendo anche le comunità minoritarie e le realtà giovanili e scolastiche. A coordinare le varie attività è il Comune di Monfalcone che, con il sindaco Silvia Altran, ha condotto il forum al quale hanno partecipato anche il collega di Gorizia, Ettore Romoli, il primo cittadino di Cattaro e l’ambasciatore Sergio Barbanti. Uno dei progetti riguarda il mondo della disabilità e vede protagonista l’Azienda per i Servizi Sanitari n.6 attraverso il progetto “CoMiDis” (Collocamento Mirato dei Disabili) e la municipalità di Nikšići. Il progetto promuove il trasferimento di conoscenze e competenze tecniche nel settore tenendo conto delle buone pratiche già avviate in Friuli Venezia Giulia. E proprio su questa attività si è soffermato l’assessore De Anna nel suo intervento al forum, ricordando come “la crescita di un Paese si basa anche sulla qualità dei servizi offerti nei confronti di coloro che si trovano in difficoltà”. Al settore del legno è invece rivolto il progetto che vede protagonista la cooperativa Cramas di Tolmezzo con la città di Rožaje la cui economia si basa sulle ingenti risorse boschive della zona. L’inten- 42 Panorama Cattaro, un tempo baluardo di Venezia, ripresa dai monti sovrastanti to è quello di fornire alle piccole e medie imprese montenegrine le conoscenze relative alle specifiche richieste messe in atto dall’Europa per la commercializzazione del legno nei Paesi dell’Unione europea. Anche Informest, l’agenzia per lo sviluppo di progetti regionali all’estero, è impegnata in Montenegro con diverse attività. Una di queste ha a che fare con il rafforzamento e lo sviluppo della cooperazione tra il Friuli Venezia Giulia e il Montenegro, mentre un altro progetto prevede la creazione di incubatori di impresa in questa zona dei Balcani. La miticultura e la creazione di scuole di merletto (arte che in questa area del Montenegro è molto diffusa e per la quale è stato firmato un protocollo d’intesa tra il Comune di Cattaro e quello di Gorizia) sono al centro di altri due progetti che stanno portando avanti l’Alleanza agricoltori di Trieste da una parte e il Comune di Gorizia insieme all’Irecoop dall’altra. Infine, il Comune di Monfalcone sta lavorando ad una attività per promuovere lo sviluppo democratico e la convivenza multietnica nel Montenegro, valorizzando la società civile ed il terzo settore. A chiudere i lavori il giornalista Fausto Biloslavo, il quale ha raccontato la sua esperienza come inviato di guerra durante il periodo bellico nell’area dei Balcani. (aise) Cioccolan C ioccolandoVi, la grande kermesse del cioccolato, sarà protagonista per tre giorni nelle principali piazze del centro storico di Vicenza. Quest’anno gli stand con il miglior cioccolato, italiano ed estero, rigorosamente non industriale, saranno allestiti da venerdì 21 a domenica 23 ottobre. Giunta alla settima edizione, questa iniziativa organizzata dalla Confcommercio di Vicenza in collaborazione con il Comune di Vicenza, ha saputo conquistarsi un posto d’onore tra le più prestigiose rassegne dedicate al cioccolato. “CioccolandoVi” è anche un appuntamento consolidato dell’autunno vicentino ed un evento da Made in Italy Dal 28 ottobre al 1.mo novembre a UdineFiera le specialità enograstronomiche A GOOD 2011 i sapori di Alpe Adria OOD è la fiera delle specialità enogastronomiche ed agroalimentari che si svolge dal 2007 a Udine Fiere e che, con cadenza biennale, si alterna al Salone del Gusto di Torino. GOOD propone sfumature e caratteristiche del tutto peculiari, dato che diversi sono i connotati del contesto geografico e produttivo del Nord Est italiano e più in generale del più ampio bacino dell’Alpe Adria. In particolare GOOD 2011 offrirà al visitatore un percorso interattivo che gli permetterà di vivere un’esperienza unica tra prodotti, assaggi, corsi ed eventi. Anche nella sua seconda edizione, il gradimento che il pubblico riserva a GOOD è stato confermato da un numero di presenze in importante aumento. Per l’edizione 2011, dal 28 ottobre al 1° novembre,sono attesi più di 30 mila visitatori e oltre 400 espositori. Imprese italiane e internazionali, richiamate soprattutto dal gradimento che questa fiera, e gli eventi G a essa associati, riescono a generare presso il pubblico, stimolando l’interesse per le proposte presentate e il desiderio di conoscere e capire. L’appuntamento con la prossima edizione rappresenterà un’ulteriore escalation nel coinvolgimento del visitatore: più che mai protagonista attivo della manifestazione. Ed ecco le aree tematiche da visitare: Buon mercato - Un’area interamente dedicata ai piccoli produttori, selezionati da GOOD per proporre le loro specialità, organizzata in collaborazione con Slow Food FVG per riavvicinare i consumatori ai prodotti del territorio attraverso una rete internazionale di mercati contadini testimoni dei valori Slow Food “buono, pulito e giusto”. Viaggio nei sapori di Alpe Adria - Il gusto internazionale di GOOD. Il padiglione dedicato alle eccellenze, ai prodotti di nicchia, ai sapori e alle tradizioni enogastronomiche e culturali dell’Alpe Adria con protagonisti numerosi Paesi stranieri, per una tavola multiculturale dove godersi il piacere di assaporare specialità nuove per ogni portata. Mercato del gusto - È il cuore interattivo di GOOD con un percorso merceologico dedicato alla qualità della tavola, per capire, imparare e acquistare i prodotti inmodo consapevole scoprendone origini e utilizzi all’insegna del mangiare bene per vivere meglio. Sezioni di approfondimento e corsidi cucina gratuiti. E per ultimo l’enoteca con tutto il meglio del vino con degustazioni guidate.● ndoVi 2011 non perdere per chi ama il cioccolato nelle sue tantissime declinazioni, ma tutte di alta qualità. Lo sanno bene le più rinomate cioccolaterie e pasticcerie d’Italia e i più noti Maestri Cioccolatieri che proprio per questo confermano, di anno in anno, la loro partecipazione alla manifestazione allestendo stand sempre più invitanti, con tutte le loro novità e specialità. Sessanta stand dove il cacao prende forma in raffinate creazioni, all’insegna del prodotto non industriale e di qualità. Dragèe, praline, cremini, gianduiotti, cuneesi, torte, mousse…: il cioccolato nelle sue mille varianti si è dato appuntamento a Vicenza.● Panorama 43 Sport Protagoniste le tre squadre che hanno fatto la storia del calcio giuliano e Triangolare del Ricordo: tra gol S ono entrate in campo a Roma, lo scorso 21 settembre, nella cornice dello Stadio Flaminio concesso dal CONI per l’occasione, le tre grandi squadre che hanno fatto la storia del calcio giuliano e dalmata nel Novecento, il Grion Pola, la Fiumana e il Dalmazia, fucine tutte di indimenticabili campioni che hanno onorato gli autentici valori dello sport e il nome di tante società italiane, dal “Grande Torino” alla Juventus, dal Milan alla Roma, dalla Fiorentina alla Lazio. E con loro, negli intervalli delle partite, sono stati insigniti del Premio “Giorno del Ricordo” gli sportivi che, nelle diverse discipline, hanno portato alto nel mondo, dopo l’esodo, il nome della Venezia Giulia e della Dalmazia italiane. Commentatore d’eccezione dell’evento - promosso e organizzato dalla Presidenza Nazionale e dall’ANVGD Giovani e posto sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica - Bruno Pizzul, la “voce” per eccellenza del calcio, che ha accolto prontamente l’invito a presenziare a questo evento. Egli ha voluto ricordare anche un’altra squadra giuliana, l’Ampelea di Isola d’Istria, unica squadra a giocare in una serie nazionale sino al 1955 con il nome di Isola. A presentare la serata è stato con competenza e professionalità Matteo Vespasiani, speaker ufficiale della Roma Calcio. L’idea, nata dai giovani dell’ANVGD (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che rap- presenta in Italia gli Esuli giulianodalmati), è stata quella di riportare per un giorno in auge i fasti delle tre squadre calcistiche per un triangolare in cui sono scesi in campo i figli, nipoti e pronipoti di quelli che furono gli italiani dell’Istria, Fiume e Dalmazia. Sono tornati sul prato verde in una sorte di rievocazione storica unica, con l’emozione delle magliette di allora, con il cuore di chi ha ereditato quel patrimonio storico e culturale. Un’occasione unica di riaprire una pagina sportiva chiusa per troppi anni. Accolti dunque dagli applausi e dalla composta commozione di 2.000 spettatori, hanno sfilato i tre vessilli dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, alfieri i rappresentanti giovanili dell’ANVGD guidati da Pietro Cerlienco e preceduti dalla Banda del Corpo della Polizia Municipale di Roma Capitale, che ha aperto la manifestazione con l’esecuzione dell’Inno nazionale. Hanno voluto essere presenti, in rappresentanza del Governo, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, on. Carlo Giovanardi e il Sottosegretario agli Affari Esteri, on. Alfredo Mantica. E commozione ha espresso il presidente nazionale dell’ANVGD, Lucio Toth, nel suo saluto ai partecipanti: “Le bandiere d’Istria, Fiume e Dalmazia rappresentano secoli di storia, di passioni, di sentimenti, che giungono intatti sino a noi”. Così si è espresso anche il dal- mata Sergio Vatta, storico allenatore delle nazionali giovanili italiane che ha rimarcato la “presenza, allo Stadio Flaminio, di giovani discendenti provenienti da altri Continenti e Paesi, dal Canada come dall’Argentina, dagli Stati Uniti come dal Sudafrica: un dato che ben rappresenta le dimensioni di quello che fu l’esodo della popolazione italiana nel 1947, i cui figli e nipoti hanno aderito con entusiasmo e orgoglio all’inedita competizione”. Si sono sfidati per primi il Grion Pola e il Dalmazia, allenati rispettivamente da Lucio Mujesan (secondo allenatore Luigi Silli) e da Pierluigi Pizzaballa (secondo allenatore Giacomo Losi). Una partita equilibrata e costruita su azioni molto ragionate (grazie anche alla presenza nelle file dalmate dell’ex della Lazio, Paolo Negro), terminata in parità (1-1) e risolta ai rigori con la vittoria del Grion per 6-5. Da rilevare la presenza nel Grion dell’unica donna calciatrice, Cristina Perini (ex Arsenal femminile, oggi residente in Canada), che si è distinta nel ruolo di difesa. Al termine dell’incontro Alberto Bollini, in rappresentanza della S.S. Lazio, ha consegnato al presidente dell’ANVGD, Toth, il gagliardetto della squadra biancoceleste e un pallone firmato dai giocatori. La successiva partita ha visto in campo il Dalmazia con la “Fiumana”, quest’ultima allenata da Sergio Vatta (secondo allenatore Aldo Kregar) Il presidente ANVGD Toth tra i sottosegretari Giovanardi e Mantica, a fianco il Gen. di C. A. Rossi. A destra: Margherita Granbassi, la fiorettista e madrina della manifestazione 46 Panorama Sport dalmata nel Novecento e nostalgia e qui il ritmo è decisamente salito grazie al bel gioco impresso dalla Fiumana, che ha dimostrato di avere un saldo schema di gioco e considerevole continuità di pressing sull’avversaria, che pure si è ben battuta: ciò nonostante la compagine fiumana ha segnato due bellissimi gol, vincendo tra gli applausi dei suoi sostenitori per 3-1. Il terzo e ultimo confronto con il Grion ha confermato l’ottima forma della squadra di Vatta: una partita che ha visto il predominio tattico e atletico della Fiumana, sigillato dal risultato finale di 4-0. Alla squadra del Quarnero è andato dunque il Trofeo Triangolare del Ricordo, consegnato da Lucio Toth e dal sindaco del Libero Comune di Fiume in Esilio, Guido Brazzoduro. Gli altri riconoscimenti sono andati a Riccardo Ferrari Cupilli (Dalmazia), ovvero il Premio fair-play del Senato della Repubblica, consegnato da Giorgio Sandri, presidente della Fondazione Gabriele Sandri; a Stefano Battioni (Grion Pola) la Coppa Legea quale miglior portiere, consegnata da Legea Point di Roma; ad Alessandro Sirotich (Fiumana) la Coppa della Camera dei Deputati, quale miglior giocatore, consegnatagli dall’on. Giuseppe Carlino, vicecapo di Gabinetto del Ministro della Gioventù, on. Giorgia Meloni. Il particolare e storico legame tra gli esuli giuliano-dalmati e le Forze Armate è stato sottolineato dall’omaggio donato dal presidente nazionale dell’ANVGD al Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito, Domenico Rossi, il qua- La vincitrice Fiumana con il trofeo del Triangolare le ha ricambiato con la consegna del crest dello Stato Maggiore della Difesa, ricordando le origini fiumane di sua madre. La giocatrice Cristina Perini, a nome del Governo del Canada, ha consegnato ai Sottosegretari Giovanardi e Mantica il “dollaro d’argento”, a significare l’amicizia tra i due Paesi legati anche dalla diaspora giuliano-dalmata del dopoguerra. Infine, ai tre capitani delle squadre - Cristina Perini per il Grion Pola, Fabio Cvetnich Margarit per la Fiumana e Riccardo Ferrari Cupilli per il Dalmazia - sono andate le targhe offerte dall’Associazione Vecchie glorie di Roma e Lazio e consegnate dal presidente Gaetano Camillo e dal segretario generale Paolo Colucci. Le tre squadre Il Gruppo Sportivo Grion Pola, fu una società sportiva e calcistica con sede nella città istriana di Pola. La società era intitolata a Giovanni Grion, istriano caduto nel corso della Prima guerra mondiale. Fondato nel 1918, il G.S. Grion Pola conobbe l’apice della sua popolarità a partire dall’anno 1932, quando la squadra di calcio ot- tenne la promozione in Serie B, ove arrivò fino al sesto posto. Negli anni Venti lanciò Antonio Vojak. L’Unione Sportiva Fiumana di Fiume (città diventata italiana nel 1924) nacque nel 1926 in seguito alla fusione di due squadre già esistenti: il Club Sportivo Olympia Fiume e il Club Sportivo Gloria Fiume. Produsse in quegli anni alcuni giocatori di livello nazionale come Rodolfo Volk, Marcello Mihalich, Ezio Loik, Mario Varglien e il fratello Giovanni Varglien. Arrivò a disputare anche un campionato nella Divisione Nazionale (l’allora serie A). La Società Ginnastica Zara, debuttò in serie C nel 1926. Nel 1931 cambiò denominazione in Associazione Calcistica Dalmazia: era l’unica squadra dalmata nei campionati italiani. Data la sua particolare posizione geografica, venne assegnata ai gironi umbromarchigiani, in modo da agevolarne le continue ed avventurose trasferte. Per gli eventi bellici della Seconda guerra mondiale, nel 1940 si ritirò dal campionato di Prima Divisione dopo 20 giornate, proprio quando si trovava in testa alla classifica.● N. B. L’Associazione Vecchie Glorie Roma e Lazio consegna un riconoscimento ai capitani delle tre squadre. A destra: l’immagine finale di tutti coloro che hanno partecipato al combattuto appuntamento Panorama 47 Arborea Luther Burbank, il mago orticoltore di Daniela Mosena R iprendiamo dopo qualche tempo quel discorso sulla vita segreta delle piante che ha occupato per secoli l’attenzione e lo studio di molti biologi di tutto il mondo, troppo spesso dimenticati così come il concetto che le piante sono “esseri” viventi che hanno una loro sensibilità e una vita molto complessa e ancora non del tutto scoperta. E non possiamo fare a meno di dedicare una parte del nostro lungo discorso a Luther Burbank, statunitense, un coltivatore di piante di professione, un personaggio quasi unico in tale attività. Le nuove piante che ha donato al mondo sono state tante e così straordinarie da valergli l’appellativo di Mago dell’Orticultura. Luther Burbank soleva ordinare varietà sperimentali da tutto il mondo per farne incroci con buoni esemplari locali. Complessivamente egli presentò oltre mille piante nuove che, se suddivise nella sua carriera di lavoro, significavano un esemplare inedito ogni tre settimane. Malgrado le calunnie di scienziati invidiosi e ottusi di mente, quel prodigio creativo fu proclamato dagli esperti del ramo un grosso evento in cui, allo stato dei fatti, vi si riconosceva il genio, anche se sfuggiva alla loro comprensione. Il botanico alle prese con l’esperimento del cactus 52 Panorama Liberty Hyde Bailey, il decano della botanica americana, universalmente riconosciuto, il quale aveva precedentemente detto a un congresso mondiale di orticultura che “l’uomo non poteva fare molto per produrre variazioni nelle piante”, partì dall’università di Cornell per andare a vedere ciò che Burbank faceva per scatenare un tale furore. Dopo il suo viaggio a Santa Rosa, egli scrisse in un numero della rivista «“World’s Work”: appunto che Burbank era un “mago” e un uomo onesto, leale, attento, indagatore, tenace che credeva che le cause producano gli effetti. “La sua magia - scrisse- si riduce a una paziente ricerca, corroborata da un costante entusiasmo, da una mente libera da preconcetti, e da una facoltà di giudizio particolarmente acuta sui meriti e le capacità delle piante”. E il professor H. J. Webber, un genetista addetto alla cultura delle piante presso il Ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti, sostenne che Burbank, da solo, aveva risparmiato al mondo circa venticinque anni di culture vegetali. Nella sua fattoria sperimentale, dove si vedevano crescere contemporaneamente quarantamila susini giapponesi o duecentocinquantamila bulbi in fiore, Burbank soleva camminare lungo una fila di migliaia di piante - sia piccoli germogli che spuntavano dal suolo, sia fiori quasi del tutto sviluppati che gli arrivavano all’altezza del torace - e, senza cambiare passo, scegliere quelle più promettenti. Un perito agrario, dall’occhio acuto, descrisse questo con parole sue: “Pareva che l’istinto gli dicesse se una pianticella sarebbe cresciuta per produrre il genere di frutti o di fiori che egli voleva. Io non riscontravo differenze tra l’una e l’altra, neppure se mi curvavo e guardavo attentamente, ma a Burbank bastava un occhiata”. I cataloghi redatti da Burbank diedero l’impressione che egli impiegasse migliaia di dipendenti. “Sei gladioli nuovi, i migliori su un milione di pianticelle. La crescita di diecimila clematidi ibride seguita per parecchi anni per ottenerne alla fine sei buone. Scartando diciottomila calle per ricavare una pianta sola. Il mio noce Royal supera i noci normali nella proporzione di otto a uno e promette di rivoluzionare l’industria dei mobili e forse anche quella del legname in cataste”. Il terremoto del 18 aprile 1906, che distrusse quasi San Francisco, ridusse Santa Rosa a un cumulo di rovine e macerie fiammeggianti. Tuttavia, il fatto eccezionale fu che l’enorme serra di Burbank, non lontana dal centro cittadino, non ebbe neppure una lastra di vetro incrinata. Burbank fu meno stupito dei suoi concittadini, ma ebbe l’accortezza di non parlarne in pubblico. Egli suppose che i suoi contatti con le forze della natura e col cosmo avessero in gran parte il merito del suo brillante successo con le piante, apparentemente unico, e ciò, forse, aveva preservato la sua serra. Allusioni indirette alla personificazione delle piante sono state illustrate in un articolo da lui scritto nel 1906 per “Century Magazine” in cui egli asseriva: ”La cosa vivente più testarda di questo mondo, la più difficile da far cambiare, è una pianta ormai assuefatta a certe abitudini. Va ricordato che tale pianta ha conservato la sua individualità attraverso i secoli; forse le sue origini risalgono a eoni di tempo addietro Arborea “Ritratto di Luther Burbank” (1931) di Frida Khalo e si rintracciano nelle rocce. Pensate che, dopo tutti questi secoli di ripetizione, la pianta non abbia acquistato una volontà, se così vi piace chiamarla, di tenacia incomparabile? “ Burbank svelò a Manly P. Hall, fondatore e presidente della Philosophical Research Society di Los Angeles e studioso di religione comparata, mitologia e dottrine esoteriche, che quando voleva far sviluppare le piante in qualche modo speciale e particolare, non comune alla loro specie, egli si metteva in ginocchio e parlava con loro. Ecco quanto scrisse: “Il signor Burbank ha citato che le piante hanno oltre venti percezioni sensorie ma, essendo diverse dalle nostre, noi non le individuiamo. Egli non è sicuro che arbusti e fiori capiscano le sue parole, ma è convinto che, per mezzo di un certa telepatia, essi ne afferrino il significato”. In seguito Hall confermò quanto Burbank aveva detto al famoso Yogi, Paramahansa Yogananda, sulla evoluzione del cactus senza spine, una procedura durata molti anni, durante i quali Burbank si tolse migliaia di spine dalle mani usando le pinzette. Burbank aveva detto: “Mentre ese- guivo gli esperimenti con i cactus, parlavo spesso alle piante per creare una vibrazione di amore. Non avete nulla da temere (solevo dire loro) non vi occorrono le spine difensive. Io vi proteggerò”. “La potenza di amore di Burbank - riferì Hall - più grande di qualsiasi altra, era una specie di sottile nutrimento che fece prosperare tutto e fruttificare con più abbondanza. Burbank mi ha spiegato che nei suoi esperimenti ha sempre creato un rapporto di fiducia con le piante, chiedendo loro un aiuto e assicurandole che egli teneva la loro vita in grandissima considerazione e affetto”. Helen Keller, sorda e cieca dall’infanzia, dopo una visita a Burbank, ebbe a scrivere su “Qutlook for the Blind”: “Egli ha il più raro dei doni, lo spirito ricettivo di un bambino. Quando le piante gli parlano, egli le ascolta. Solo un bambino saggio comprende il linguaggio dei fiori e degli alberi”. La sua osservazione calzava perfettamente in quanto Burbank amò sempre i bambini. Nel suo saggio, “Training of the Human Plant” (Educazione della pianta umana), in seguito pubblicato come libro, egli anticipò gli atteggiamenti compassionevoli che vennero dopo di lui e sconvolse i genitori autoritari con le parole: “È più importante che un bambino abbia un buon sistema nervoso anziché tentare di imporglielo sulla scorta di cognizioni lette a spese della spontaneità e della libera scelta. Il bambino dovrebbe imparare facendo uso di metodi piacevoli, non dolorosi. La maggioranza delle cose che sono veramente utili nella vita futura vengono a contatto del bambino attraverso il divertimento e il rapporto con la natura”. Burbank, come altri geni, comprese che il suo successo derivava dall’avere conservato la curiosità e l’esuberanza di un bambino per ogni cosa che lo circondava. A uno dei suoi biografi raccontò: “Ho quasi settantasette anni e sono ancora capace di saltare un cancello, o fare una corsa podistica o tirare una pedata a un lampadario. Questo perché il mio corpo non è più vecchio della mente, e la mia mente è adolescente. Non è mai diventata adulta e spero che non lo diventi mai”. ● (1 - continua) Panorama 53 Giornalisti campioni di... pentolone C he i giornalisti non sanno solo scrivere ma anche cucinare lo hanno dimostrato di recente al Campionato europeo svoltosi a Maribor in cui i rappresentanti della stampa “se la sono data a suon di ingredienti” per preparare il miglior gulash di cinghiale nei pentoloni appesi al treppiede. Dieci i paesi presenti con 36 squadre tra cui anche la nostra redazione (delegata dalla giuria a difendere i colori dell’Italia) che si è piazzata al 18.mo posto. A vincere sono stati i rappresentanti della trasmissione televisiva croata “Buongiorno Croazia”, secondi i colleghi del “Dolenjski list” sloveno e terze le rappresentanti della Bosnia. Più che una gara è stato un momento per stare assieme e rilassarsi di tutti coloro che praticano questo difficile mestiere, in cui anche quando si sta fianco a fianco sono altri gli affanni che prevalgono. L’appuntamento è organizzato ormai da undici anni consecutivi da Vladimir Jurić, dell’agenzia fiumana “Primorsko jedro”, che ha “esportato” questa singolare gara in tutta l’area dell’ex Jugoslavia. (testo e foto di Ardea Velikonja) Panorama 59