SABATO 4 OTTOBRE 2003
LA REPUBBLICA 35
DIARIO
di
I CONFINI DI UN CONTINENTE
D
Fra memoria e
cambiamento
Quattro scrittori
e un politico
ci parlano
del nostro
incerto futuro
a Carlo Magno all’affermazione
dell’euro, alla discussione, che si apre
oggi a Roma, sulla riforma dei trattati,
un cammino millenario dentro il quale
l’Europa ha vissuto la sua lunga e
travagliata storia. Abbiamo chiesto a
quattro scrittori geograficamente collocati nei
rispettivi punti cardinali - Nord, Sud, Est, Ovest - di
raccontarci la loro esperienza di confine. Di spiegarci
il rapporto sottile e a volte drammatico tra ciò che
storicamente è dentro l’Europa e ciò che ne è fuori.
LE MAPPE
VISTA DA BRUXELLES
IL NUOVO ASSE
PARIGI-BERLINO
ANDREA BONANNI
UNA FIGLIA
MINACCIOSA
VITTORIO ZUCCONI
Europa
Delors: le anime del vecchio mondo
LAURENT JOFFRIN E JEAN-GABRIEL FREDET
nostri dirigenti non dimostrano grande entusiasmo per la
costruzione europea.
«Non c’è più quella fede nell’Europa che animava i grandi leader politici, e dava loro la forza di
spostare le montagne».
Qual è la sua diagnosi sull’attuale crisi dell’Ue?
«Non vedo come l’Europa, in
quanto associazione di Stati sovrani, possa rimediare — per una
sorta di miracolo — alla crisi di
partecipazione civile, e colmare il
crescente fossato tra cittadini e
potere. Peraltro, l’atteggiamento
degli europei verso l’Ue è concentrato sulla congiuntura economica. Quando l’economia europea
va male, l’Europa è meno amata,
non suscita più passioni».
Si ha l’impressione di un divario tra le élite, tendenzialmente
europeiste, e un elettorato popolare che ha paura di un’Europa liberista...
«Condivido pienamente questa
constatazione. La causa europea
soffre perché è mancata un’analisi di questa seconda fase della
deindustrializzazione, e di ciò che
si dovrebbe fare per padroneggiare la globalizzazione e rafforzare il
nostro posto nella divisione internazionale del lavoro. In questi ultimi tre o quattro anni sono stato
colpito dall’insistenza di un ritornello che tutti ripetono: “Siamo
stati dimenticati”. E dato che si sono dimenticati di noi, ci asteniamo dal voto... Gli avvocati del pensiero unico non fanno altro che
denunciare la rigidità del lavoro —
la famosa mancanza di flessibilità.
Ma non si parla mai delle altre cau-
I
se, né della responsabilità delle
autorità, che è pur sempre maggiore di quella dei semplici cittadini».
Non si è accettata troppo in
fretta l’idea di vedere la nazione
in termini di perdite e profitti?
«Ma soprattutto, ci hanno turlupinati facendoci credere che
l’Europa avrebbe risolto tutti i
problemi. Certo, grazie al grande
mercato e all’unione monetaria
l’Europa può rafforzare la crescita. E può lottare contro il dumping
— compreso quello sociale — all’interno dei suoi confini. Ma l’errore più grosso è stato quello di dare ad intendere che l’Europa possa far tutto senza bisogno di riproporre le questioni su scala nazionale. Tutto ciò che può rafforzare
la coesione sociale e nazionale de-
ve restare nelle mani dello Stato
nazionale: l’istruzione, la cultura,
la sanità, la politica dell’occupazione e della solidarietà. A questo
va aggiunto il fatto che l’unione
economica e monetaria è puramente monetaria: neppure la
Convenzione sul futuro dell’Europa è riuscita a imporre, nel progetto di Costituzione, le regole per
un coordinamento delle politiche
economiche».
Evidentemente l’Europa sta attraversando una crisi di disincanto. È la fine di un grande sogno?
«L’Unione europea fa fatica a
forgiare i suoi strumenti, a spiegare il suo progetto. Gli strumenti?
La Convenzione europea, incaricata di partorire una Costituzione,
ha lavorato bene. Ma in mancanza di un consenso forte, come ot-
MASSIMO CACCIARI
“
EUROPA.
DOVE tracciare i confini d’Europa?
Vana, secolare fatica di geografi e
storici! L’Europa ha cuore inquieto; la sua forma rifugge da ogni “integrità”; il suo centro sta lì dove essa si
trasgredisce. Volerla contenere significa ucciderla, così come volerla esportare quasi fosse una merce. O un
esercito vittorioso. “Oltre ancora” è il suo motto. Ma esso significa: pensare sempre, e più si pensa, più cresce il dubbio. È disperare di trovare. E tuttavia insistere, persistere nella ricerca, discutendo, ascoltando e accogliendo.
“
BRUXELLES — Se c’è qualcosa
in continua e rapidissima evoluzione nel Vecchio (e invecchiato) Continente, è proprio
la percezione che gli europei
hanno di se stessi. E più ci si avvicina al cuore geografico, storico e politico dell’Unione, più
questa evoluzione diventa frenetica. Quattro anni fa Chirac
fece fallire la Conferenza intergovernativa a Nizza perché ossessionato dall’idea di mantenere la parità di status politico
tra la Francia e la Germania.
Oggi è proprio la Francia a proporre in Convenzione un sistema di voto che premia la superiorità demografica tedesca.
Quattro anni fa il cancelliere
Schroeder accettò il primo invio di truppe fuori dai confini,
nei Balcani, unicamente perché protetto dall’ombrello politico dell’America e della Nato. Oggi Berlino si contrappone apertamente a Washington
e progetta un quartier generale autonomo con gli altri europei per missioni militari senza
la Nato. Quattro anni fa, a Nizza, Blair mise il veto ad ogni
ipotesi di cooperazione rafforzata tra europei in materia di
difesa. Oggi Londra è al centro
dei progetti di cooperazione
strutturata in campo militare.
Gli ultimi cinque anni hanno visto le ex grandi potenze
del Continente abbandonare
l’illusione di utilizzare l’Europa come palcoscenico della
propria grandeur nazionale:
un’illusione che ha dominato
gli ultimi cinque secoli della
nostra storia. L’idea che solo
agendo insieme, attraverso
l’Unione, si possano ancora
difendere gli interessi e i valori
comuni in un mondo globale
sta diventando pratica politica
quotidiana.
L’entente franco-tedesca va
ormai ben al di là del vecchio
«asse» Parigi-Bonn, che si applicava solo agli affari interni
comunitari. Il nuovo asse Parigi-Berlino è stato in grado di
dare scacco all’America in seno alle Nazioni Unite. Chirac e
Schroeder si incontrano una
volta al mese. I ministri francesi partecipano alle riunioni del
governo tedesco e viceversa.
L’Europa carolingia è destinata a integrarsi sempre di più fino ad acquisire un peso specifico tale da condizionare inevitabilmente la rotta dell’Unione allargata. La scelta sul
che fare adesso tocca a quei
paesi come la Gran Bretagna di
Blair, la Spagna di Aznar e l’Italia di Berlusconi che si trovano
in mezzo al guado. Aderire al
«nocciolo duro», o restare a
guardare?
VISTA DA WASHINGTON
Questa e le
altre carte
geografiche
pubblicate nel
“Diario” sono
tratte dal
volume di
R.Borri,
“L’Europa
nell’antica
cartografia”,
edito da
Priuli &
Verlucca
tenere che gli Stati ratifichino i
suoi lavori senza snaturarli?
Quanto al progetto, è proprio questo il punto dolente. Alcuni dirigenti politici hanno la loro parte di
responsabilità. Ma di fatto, non
siamo stati in grado di spiegare
che l’allargamento è una fortuna,
né di far comprendere tutta la sua
portata storica. Domani la grande
Europa comprenderà, con la Romania e la Bulgaria, 27 Stati, che
dopodomani diventeranno più di
30, con i paesi dell’ex Jugoslavia.
Bisognava spiegare ai cittadini
questa prospettiva entusiasmante. Ma non siamo stati capaci di
farlo. E a un tratto, la guerra in Iraq
ha messo a nudo le divergenze tra
alcuni Stati dell’Europa occidentale e i paesi dell’Est europeo. Come immaginare allora di poter
realizzare entro il 2020 — in 27 — i
grandi obiettivi della costruzione
europea stabiliti nel Trattato di
Maastricht?».
Quali sono, secondo lei, questi
obiettivi?
«L’ideale sarebbe che la grande
Europa riesca a padroneggiare in
parte la globalizzazione. Ma per
questo deve essere capace di far
regnare la pace e la reciproca comprensione tra i popoli che fanno
parte dell’Ue. Deve saper dare allo sviluppo economico e sociale
un quadro equilibrato e durevole,
in grado — al di là dei valori condivisi — di stimolare la diversità culturale, chiave di volta dell’identità
dell’Unione».
(Copyright Le Nouvel
Observateur
Traduzione di Elisabetta
Horvat)
WASHINGTON — Sempre un
po’ ambiguo fin dai giorni lontani del Mec, incerto tra il desiderio che questa benedetta Europa nascesse e il timore che
questa benedetta Europa crescesse troppo, lo sguardo con il
quale l’altra sponda dell’Atlantico segue il momento cruciale
dell’identità europea è cambiato per sempre nella mattina
dell’11 settembre. Non più vista come l’antemurale della
propria sicurezza, l’Europa larga è divenuta insieme una promessa e una minaccia per la visione egemonica elaborata da
Paul Wolfowitz alla fine degli
anni Novanta e fattasi dottrina
applicata con Bush e Rumsfeld.
L’Europa degli anni Cinquanta non sarebbe mai nata,
né sarebbe sopravvissuta, senza le garanzie politiche e militari di Washington. Ma dopo la
caduta del muro e il crollo dello Torri, la visione del futuro
europeo ha cominciato inesorabilmente a divergere tra noi e
loro. Saltò allora, nella opposizione attiva alla guerra esercitata soprattutto dai francesi ma
condivisa dalla maggioranza
degli europei, la presunzione
di allineamento naturale che
Washington considerava come il dividendo di cinquant’anni di pace e di prosperità assicurati dalle sue truppe.
L’allargamento dei confini della UE alla Vistola e poi, in prospettiva lontana ma visibile,
agli Urali e alla Siberia è divenuto da allora un’occasione
non di avvicinamento, ma di
possibile, ulteriore divaricazione. Per questa amministrazione americana, l’estensione
è stata interpretata come uno
sperabile annacquamento della «coscienza europea» in un
più vago spazio commerciale e
umano comune nel quale la caduta di tensione civica continentale avrebbe portato inevitabilmente a un ritorno nell’orbita americana. Al contrario,
per la “Vecchia Europa” il sogno di portare la “cittadinanza” europea fino all’estremo
Oriente, e ai confini della Cina,
avrebbe dovuto significare l’irrobustimento di un neo nazionalismo continentale. Su questo doppio binario di un equivoco che inquieta l’America
della nuova destra — spaventata dal sospetto non già di avere fallito, ma di avere avuto
troppo successo nel creare
un’Europa autonoma — corre
l’ansia della potenza egemone,
ancora nel dubbio se abbracciare o disconoscere la figlia di
un gigantesco successo storico
che non le garantisce affatto alcun successo futuro.
36 LA REPUBBLICA
LE TAPPE
SABATO 4 OTTOBRE 2003
742-814
CARLO MAGNO
1545-1563
IL CONCILIO DI TRENTO
1648
LA PACE DI VESTFALIA
Figlio di Pipino il Breve
re dei Franchi, signore
di quasi tutta l’Europa
occidentale, sostenuto dalla
Chiesa, fu incoronato
imperatore da Leone III
il giorno di Natale dell’800,
data che segna la nascita
del Sacro Romano Impero.
Fu un concilio ecumenico
che si svolse in varie fasi.
Si propose la conciliazione
con i protestanti ma finì
per ribadire la dottrina
cattolica sui punti più
controversi
riconfermando la suprema
autorità del papa.
Un insieme di trattati furono
conclusi tra Francia, Svezia,
Impero e le altre potenze
europee coinvolte nella
guerra dei trent’anni durata
dal 1618 al 1648.
La pace sancì di fatto
la fine del Sacro Romano
Impero germanico.
PRINCIPALI
Q
I LIBRI
EDGAR
MORIN
Pensare
l’Europa,
Feltrinelli 1988
HANS G.
GADAMER
L’eredità
dell’Europa,
Einaudi 1991
MASSIMO
CACCIARI
Geofilosofia
dell’Europa,
Adelphi 1994
RALF
DAHRENDORF
Perché
l’Europa?
Riflessioni di
un europeista
scettico,
Laterza 1997
JÜRGEN
HABERMAS
La
costellazione
postnazionale
Feltrinelli 1999
JULIEN
BENDA
Discorso
alla nazione
europea,
Marsilio
1999
MARIA
ZAMBRANO
L’agonia
dell’Europa,
Marsilio
1999
GIOVANNI
REALE
Radici
culturali e
spirituali
dell’Europa,
Raffaello
Cortina
2003
FRANCO
BASSANINI E
GIULIA TIBERI
(A CURA DI)
Una
Costituzione
per l’Europa, Il
Mulino 2003
uassù a Nord, qui nella mia
Berlino, la vita resta diversa
dai ritmi quotidiani dell’Europa meridionale, eppure l’Europa che cresce insieme ci avvicina
nel vissuto delle abitudini. I confini d’Europa oggi sono più che mai
fluidi. Certo, le differenze esistono:
geografiche e culturali, climatiche
e nelle abitudini. Da tempo sono
fotografate dai luoghi comuni. Eppure tali distanze si sono fatte più
piccole nella vita reale di oggi.
La riunificazione tedesca è stata
la svolta in questo avvicinamento
del Nord al Sud. Il Nord tedesco,
dopo la caduta del Muro, ha dovuto improvvisamente fare i conti
con problemi che il Sud italiano
dell’Europa affrontava già da tempo: tante emergenze, pochi soldi. E
così l’identità del Nord si è spostata verso Sud, ha cambiato la sua
anima. Noi europei del Nord ci
stiamo italianizzando, ci stiamo
abituando a non vivere più tutta la
vita con la mentalità da funzionario pubblico che vuole a ogni costo
tenere tutto sotto controllo e avere
certezze in ogni momento. Una
dose di irresponsabilità ci è entrata nello stile e nel sangue.
Vista da qui, dalla mia Berlino
che è a Nord e insieme alle porte
dell’Est, qui dove sotto i bei viali alberati che ci ricordano la Belle époque e il Kaiser si mischiano le lingue, qui dove il tedesco e l’inglese
si mescolano nell’aria col russo e
col turco, l’Europa appare come il
luogo di una forte identità culturale. O meglio, d’una moltitudine di
os'è la nuova Europa, vista da Londra? È molte
cose. La più importante
ed evidente: è un grande blocco commerciale ed economico. Ma è pure un'entità geografica che condivide gli stessi valori, la stessa cultura, la medesima storia. È una civiltà millenaria che rinasce sotto nuova
forma. È un'idea meravigliosa
che aspettava l'occasione giusta per sbocciare.
Mi sembra impossibile immaginare la Gran Bretagna
fuori da questa visione europea. Eppure, a molti inglesi l'idea di Europa non piace. Per
varie ragioni. È una questione
di orgoglio, di nazionalismo, di
nostalgia del passato imperiale. C'entra anche un pizzico di
snobismo. Ciononostante,
guardiamo ai fatti: sia pure in
ritardo e con estrema riluttanza, il Regno Unito entrò nel
Mercato Comune Europeo e
poi è entrato nell'Unione Europea. Vedrete: entrerà, ritardatario e riluttante, anche nell'euro-zona. Perché quello è il
suo posto. E gli inglesi, anche
quelli oggi contrari all'euro, in
fondo lo sanno.
Naturalmente, vista da Londra l'Europa appare un po' diversa da com'è vista da Bruxelles, Roma o Varsavia. Ma è naturale. Anche l'America, vista
dalla California, è diversa che
se la si guarda da Chicago,
Atlanta o New York. Il fatto è
C
NORD
LA MIA BERLINO
È RICCA DI VOCI
PETER SCHNEIDER
identità che viviamo senza divennora una parentesi relativamente
tare matti. Quassù a Berlino non
breve in duemila o tremila anni di
mi definisco berlinese, bensì WesStoria dell’Europa. Ma a un passo
si, uno dell’Ovest e non dell’Est. A
da grandi svolte, qui nel freddo
Monaco, laggiù in Baviera verso il
Nord prussiano, occorre chiedersi
confine Sud della Gercosa sia l’identità euromania, mi sento berlipea. E’ un’identità dai
PETER
nese e come tale sono
confini fluidi, eppure
SCHNEIDER
percepito. In Italia sono
definita da profondi
È nato a Lubecca
un tedesco. Ma in Ametratti culturali: da seconel 1940. Fra
rica latina sono prima
li, per noi berlinesi, San
i suoi romanzi
di tutto un europeo,
Pietroburgo è parte
“La scommessa”
cioè qualcosa di diverso
grande dell’Europa, ep(1978) e
da un nordamericano.
pure questo non signi“Accoppiamenti”
Mi sembra quindi un
fica inglobare l’intera
(1994)
po’ ridicolo l’euroscetimmensa Russia.
ticismo di moda tra tanL’Europa, specialti intellettuali, visto che
mente per noi a Berlino,
buona parte del mondo
dove in passato le certezci vede come europei.
ze sbagliate portarono al baratro,
La perdita dei confini, anche vitrova una sua grande forza costitusta da quassù, può suscitare timotiva nella cultura del dubbio. Seri. Ci fa dimenticare che l’era degli
gnati da secoli di guerre religiose,
Stati nazionali in realtà è stata fiideologiche, etniche, abbiamo im-
OVEST
SE CI UNISSIMO
NELL’INGLESE
ROBERT HARRIS
che la Gran Bretagna è il confiportante nell'impressione che
ne occidentale dell'Europa. La
abbiamo noi inglesi dell'Eurogeografia, oltre che la storia, ci
pa odierna. L'ingresso nella Ue
spinge a guardare all'esterno.
di paesi come Polonia o UnLa nostra relazione speciale
gheria riequilibrerà il conticon gli Stati Uniti, annente: rendendo l'Uch'essi, non dimentinione più eterogenea
ROBERT
chiamolo, un'ex-coe complessa. ParaHARRIS
lonia britannica, ci
dossalmente, questo
È uno dei più
costringe a fare da
farà sentire anche la
noti autori
ponte tra Europa e
Gran Bretagna, che
inglesi. Fra i
America. E l'impero
sta sulla sponda opsuoi libri
coloniale britannico
posta, più europea.
“Fatherland”, “I
Se la Polonia o forse
ci ha lasciato in erediari di Hitler” e
un domani perfino la
dità una miriade di
il recente
Russia possono dirsi
rapporti con le exeuropee, tanto più
“Pompei”
colonie, i paesi oggi
può e deve sentirsi tamembri del Comle un londinese.
monwealth. Sarebbe
In ogni caso, non bisogna alillogico rinunciare a questi
larmarsi troppo per la lentezza
rapporti privilegiati. Del resto,
del processo di unione, per i
tramite la Gran Bretagna, anproblemi dell'integrazione. Ci
che l'Europa finisce per usuvuole tempo, queste cose non
fruirne.
si compiono in mesi, anni, e
C'è un altro elemento im-
THOMAS MANN
parato a riflettere prima e durante
ogni azione. In questo siamo diversi dagli americani. Per noi qui possono esistere guerre inevitabili,
non guerre giuste.
Passeggiamo ancora nella memoria, qui a Berlino o a Potsdam
dove Federico il Grande discuteva
con Voltaire. Ed ecco apparirci
un’altra grande eredità dell’Illuminismo, un dato costitutivo dell’Europa: la separazione tra Stato e
religione. E’ un principio che oggi
molti integralismi rifiutano: gli integralisti islamici, i falchi in Israele, anche il fondamentalismo religioso-neoconservatore negli Usa.
Difendere questo valore è imperativo.
Last but not least, un valore costitutivo è la separazione tra i poteri nelle nostre società. Non solo noi
ci chiediamo spesso se sia compatibile con i valori costitutivi dell’Europa il fatto che — proprio nella parte più bella e più antica del
nostro continente — una persona
controlli o possieda l’80 per cento
dei media e sia per inciso anche
presidente del Consiglio. È legittimo chiedersi se questo stato di cose corrisponda all’idea europea di
democrazia oppure no. E mentre
ci lamentiamo della crisi economica, mentre disperiamo del nostro
futuro, ci sembra che uno dei
compiti dell’Europa del futuro sia anche impedire simili
circostanze.
(testo raccolto da
Andrea Tarquini)
nemmeno decenni. Deve passare
una generazione.
Forse più. Questa nuova Europa democratica,
pacifica e integrata, ricordiamolo, è cresciuta
molto in fretta. Sessant'anni
fa, davanti alle macerie della
seconda guerra mondiale, nessuno avrebbe potuto immaginare l'Ue e l'euro. Ebbene, è
difficile immaginare cosa sarà
l'Europa tra sessant'anni. Diamo il tempo ai paesi, ai governi,
ai popoli del continente, di abituarsi ad appartenere alla stessa comunità, di abitare nella
stessa casa.
Mi sono occupato di un impero, quello Romano, nel mio
ultimo romanzo. Non credo
che l'Europa potrà mai diventarne un erede, almeno nel futuro prossimo. A differenza
dell'antica Roma, o di più moderni imperi, l'Europa non ha
un suo esercito, né un centro né
una capitale che la rappresenti
tutta. Non ha nemmeno una
lingua comune, mentre l'impero romano aveva notoriamente il latino. Certo, l'inglese
potrebbe diventare la lingua
franca dell'Europa di domani,
e un po' è già avvenuto. Ciò farebbe certamente crescere le
simpatie degli inglesi per l'Europa. Ma chissà cosa ne direbbero i nostri vicini francesi.
(testo raccolto da Enrico
Franceschini)
Si realizzerà
un’Europa devota
a una spiritualità
tollerante, non
dottrinaria, non
autoritaria, che
tornerà col pensiero
alla lotta ideologica
di oggi solo
provando scherno e
vergogna
“Considerazioni
di un impolitico”
FRIEDRICH NIETZSCHE
Europeo troppo
superbo del
diciannovesimo
secolo, tu vaneggi!
Certo tu ti
arrampichi su per
i raggi del sole del
sapere verso il cielo,
ma discendi anche
in basso verso
il caos
“Sull’utilità e il danno
della storia per la vita”
SABATO 4 OTTOBRE 2003
LA REPUBBLICA 37
1789
LA RIVOLUZIONE
1914-1945
LE DUE GUERRE
FRANCESE
Abbatté la monarchia
assoluta, creando
i presupposti per uno stato
democratico moderno.
L’inizio si fa risalire alla
convocazione degli stati
generali e alla presa
del carcere della Bastiglia.
MONDIALI
Costarono devastazioni
spaventose e milioni
di morti. Tra gli effetti
il crollo dell’impero degli zar
e la fine del nazismo. Già nel
’46 “guerra fredda” era tra le
espressioni
entrate nel lessico politico.
BENEDETTO CROCE
In ogni parte
d’Europa s’assiste
al germinare d’una
nuova coscienza
Così francesi e
tedeschi e italiani
e tutti gli altri
si innalzeranno a
europei e i loro
cuori batteranno
per l’Europa
“Storia d’Europa
nel secolo XIX”
ogni russo manca un po’ di
caldo. Un russo sa bene
che l’inverno è più forte
dell’estate, breve tregua tra le bufere che, come disse anche Puskin, è solo «una caricatura degli
inverni nel Sud». Ma ci sono due
modi sicuri per combattere contro la geografia: circondarsi di
amici che riscaldano l’anima; e
poi bere vodka, che riscalda l’anima e il corpo. Ogni russo, certo,
ha i suoi tropici: una sauna al vapore, la «banja», che trasforma gli
uomini in diavoli dalle facce rosse, diavoli sudati, distesi sulle
panche davanti alla stufa incandescente, e poi li trasforma in angeli che dopo aver tanto sudato,
ormai avvolti nei teli bianchi, cercano refrigerio in una bottiglia di
birra gelata.
Quando voli in Russia tornando dall’America attraverso il Polo
Nord, l’aereo comincia lentamente ad abbassarsi già sul bordo dell’Oceano Glaciale. La Russia, in virtù del suo clima, è una
bellezza abbigliata di neve e pellicce. Ma il paradosso sta nel fatto
che i russi si rifiutano di considerarsi uomini del Nord, al di là delle notti bianche di giugno a Pietroburgo, al di là dell’aurora boreale di Murmansk, al di là della
Siberia e della taigà. Il Nord
per noi russi è Finlandia,
Norvegia, sia pure Jakuzia,
ma la Russia, la Russia no,
la Russia è il centro spirituale del mondo che
A
olo il tempo è
una vera potenza. L’Europa ha
aspettato molto, prima di
cercare le sue frontiere, prima di definirle e di chiuderle.
Non per tutti. Oggi tende a
mettere su pancia, ad allargarsi
verso Est e a tirar via i piedi dal Sud.
La famiglia cresce e i figli non sono
quelli che si sarebbero voluti. Certi
nuovi arrivati come la Polonia non
esitano a buttarsi tra le braccia dell’America. Credono che l’Europa
sia uno stabilimento termale dove
ci si rimette in sesto per andare a
prosperare altrove, dove li chiamano gli interessi più immediati. Per
loro l’Europa è un’etichetta, una casa protetta che comincia col risanargli i debiti e ristrutturargli il patrimonio. Nel frattempo, la Turchia, una nazione forte, uno Stato
laico (anche se minacciato dall’islamismo), si vede respinta, scartata a
causa dell’Islam. Certo, la storia
della Turchia è contaminata dal genocidio degli Armeni e soprattutto
dal rifiuto di riconoscere quella tragedia, di cui si sono resi responsabili all’inizio del ventesimo secolo dei
Turchi arroganti. Ma non è questa la
ragione invocata per averle chiuso
la porta.
In fin dei conti, i paesi un tempo
dominati dal comunismo sono stati presto iscritti sul libretto di famiglia dell’Europa. Le loro sofferenze,
il sottosviluppo, e anche la loro
emarginazione fuori dal tempo e
dalla storia li hanno salvati. Intanto
alcuni paesi del Maghreb guardano
S
E. M. CIORAN
Sarà mai possibile
meridionalizzare
i popoli
austeri?L’avvenire
dell’Europa è
sospeso a questo
interrogativo. Se i
tedeschi si rimettono
a lavorare come
prima, l’Occidente è
perduto
“Sillogismi
dell’amarezza”
EST
IL LUNGO VIAGGIO
DI NOI RUSSI
VIKTOR EROFEEV
s’è spostato verso il Circolo Polamavera; la lunga inedia delle
re. La Russia non per sua scelta
campagne durante l’inverno; la
neve che ti arriva alla vita; e poi il
storicamente si è rintanata nel
terrore di fronte al lungo viaggio,
Nord, sfuggendo nel primo Mecol gelo che incombe e può uccidioevo alle scorribande dei noderti con facilità. Quemadi dalle steppe del
sto, tutto, si è riflesso
Sud. La Russia aspetta,
VIKTOR
sul carattere nazionale
attende il ritorno nel
EROFEEV
dei russi.
grembo tiepido della
È nato a Mosca
In sostanza, un rusciviltà, sognando di
nel 1947
so di oggi riesce a scalabbronzarsi intanto
In Italia e nel
darsi davvero soltanto
almeno al sole del Mar
mondo è
se trova un motivo per
Nero.
diventato noto
muoversi e per lavoraEppure la realtà del
grazie al
re. E lo fa. Una parte di
Nord ha insegnato ai
romanzo “La
noi, quelli che vivono
russi a non credere mai
bella di Mosca”
nelle grandi città, ornel successo del promai questo lo ha capiprio operato. Il concetto. Non c’è scelta: o la
to stesso di successo è
stato cancellato dal vocabolario
Russia diventa uno Stato europeo
delle parole russe. Nulla è sicuro.
con i suoi valori universali, oppuNon i frutti della terra che in un
re alla fine scomparirà. Ma prensolo momento possono venir didere coscienza di non avere scelstrutti da una notte di gelo in prita per la Russia è un tormento.
SUD
MEDITERRANEO
DA SVILUPPARE
TAHAR BEN JELLOUN
all’Europa con una passione irreco non sono riusciti ad aggirare i diquieta. Marocco, Algeria e Tunisia
vieti religiosi per limitare le nascite,
hanno più da spartire con Francia,
e questo si è tradotto con l’aggravaItalia e Spagna di qualsiasi paese
mento dei problemi sui versanti
dell’Est. Il punto comune fondadell’istruzione e dell’economia.
mentale è il MediterraL’Algeria è un paese ricco
neo. Non si tratta solo di
— immense riserve di
TAHAR BEN
un mare, ma anche di
gas e di petrolio — con
JELLOUN
una cultura e di una ciuna popolazione poveNato in
viltà, di un modo di stare
ra che continua a chieMarocco (‘44),
dersi dove vanno a finire
al mondo, un modo di
vive a Parigi.
i profitti del sottosuolo.
vivere e di invecchiare.
Tra i suoi libri
Il Marocco, per affronMa il mondo si è abitua“L’estrema
tare tutti i suoi problemi
to a considerare che il
solitudine” e
economici, ha praticaMediterraneo è duplice
“Creatura di
mente solo il fosfato, un
e squilibrato: quello del
sabbia”
po’ di turismo e i trasfeNord è sviluppato e ha
rimenti dei risparmi dei
pochi figli, quello del
suoi emigrati. L’élite si
Sud povero e sovrapposente molto vicina al modello europolato. Se la Tunisia, grazie alla popeo. I giovani, per la maggior parte,
litica coraggiosa di Bourguiba, è
sognano di andare in Europa a sturiuscita ad applicare la programdiare o a lavorare. Il plurilinguismo
mazione delle nascite al punto che
è un dato di fatto. Senza rinnegare
oggi ha lo stesso tasso di natalità di
nulla della loro identità arabo-berun paese europeo, Algeria e Maroc-
1o gennaio 2002
L’EURO
La moneta unica entra
nelle tasche di circa
trecento milioni di europei.
Dalla Ceca alla Cee,
dallo Sme al Trattato
di Maastricht, il percorso
verso l’euro è costellato
di tappe che hanno fatto
la storia dell’Europa.
La Russia ha paura che facendo
quel passo verso Occidente potrebbe finire col trasformarsi e
poi perdersi, del tutto, fin nella
propria identità.
Ma dov’è il senso della Russia?
Santità, contemplazione, alcolismo o imperialismo? Per me, nessuno lo ha detto meglio di Dostoevskij: «l’uomo russo è largo,
io lo restringerei». Il dubbio nella
propria coscienza, la confusione
morale, sono questi i motivi per
cui le riforme economiche procedono così lentamente e le tendenze autoritarie sono così forti a
tutti i livelli del potere. Lo Stato
non crede nella libera iniziativa
della gente e insiste nel suo paternalismo, mentre la gente non crede nelle buone intenzioni del potere. Tutte e due le parti hanno
buoni motivi per avere ragione,
ma questa ragione non porta da
nessuna parte.
E’ evidente, comunque, che,
non appena un russo riesce ad
emergere, comincia subito a vivere come un europeo: manda i
suoi figli in Occidente a studiare,
si compra una macchina tedesca
e beve vino italiano, o francese. Se
invece vive in povertà, allora lui
maledice i valori d’Europa. La
Russia non ha ancora raggiunto
un’intelligenza politica chiara e
trasparente come un giorno di
sole nel gelo dell’inverno. Però ha
gli amici, la «banja» e una bottiglia di vodka.
(traduzione di Fiammetta
Cucurnia)
bera e della loro cultura musulmana, quelle famiglie non capiscono
perché l’Europa ha sprangato le
porte e nega loro l’ingresso sul territorio europeo perfino come turisti.
L’Europa non vuole essere «invasa» né dagli uomini né dai prodotti
di questi paesi del Sud. La Spagna
voleva continuare a sfruttare le pescose coste marocchine pur impedendo agli agrumi del Marocco di
attraversare il suo territorio per arrivare in Francia, Belgio, Germania.
Ci sono volute diverse crisi e tempeste politiche perché la Spagna accettasse di negoziare accordi di pesca che rimangono sempre a suo favore. Ovviamente il Marocco non
ha i mezzi militari per sorvegliare
tutte le proprie coste. In compenso,
la gendarmeria marocchina arresta
quasi quotidianamente dei candidati all’emigrazione clandestina.
Quella stessa Europa chiede al Marocco di abbandonare la coltura
della marijuana, mentre l’Olanda la
coltiva in tutta libertà.
L’Europa ha interesse ad aprirsi
maggiormente a Sud. Se investe in
questo Sud, se lo aiuta economicamente, non soltanto vi renderà irreversibile il sistema democratico ma
ne allontanerà lo spettro dell’integralismo, che è nutrito dalla povertà, dall’ignoranza e dalle disillusioni. L’avvenire dell’Europa non è
nell’Est, ma nel Sud. Come dice il
poeta René Char: «Dai sempre più
di quanto puoi riprendere. E dimentica. Questa è la via sacra».
(traduzione di Elda Volterrani)
I FILM
EUROPA
Nella
Germania
postbellica
il protagonista
è coinvolto
nelle trame
di un
movimento
neonazista
Terzo film
di Lars von
Trier
dedicato
all’Europa
(1991)
EUROPA
’51
Ingrid
Bergman è la
disperata
moglie di un
industriale
americano
che vive a
Roma. La
regia è di
Roberto
Rossellini
(1952)
EUROPA DI
NOTTE
I primi sussulti
del rock & roll,
i primi brividi
del sesso
come svago
notturno:
Alessandro
Blasetti firma
uno
spettacolodocumento
sui più vari e
preziosi
numeri d’arte
varia
(1959)
EUROPA
EUROPA
Un ebreo
polacco
sfugge ai
nazisti
rifugiandosi in
un
orfanotrofio
sovietico,
regia di
Agnieszka
Holland (1991)
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Delors: le anime del vecchio mondo