SABATO 4 OTTOBRE 2003 LA REPUBBLICA 35 DIARIO di I CONFINI DI UN CONTINENTE D Fra memoria e cambiamento Quattro scrittori e un politico ci parlano del nostro incerto futuro a Carlo Magno all’affermazione dell’euro, alla discussione, che si apre oggi a Roma, sulla riforma dei trattati, un cammino millenario dentro il quale l’Europa ha vissuto la sua lunga e travagliata storia. Abbiamo chiesto a quattro scrittori geograficamente collocati nei rispettivi punti cardinali - Nord, Sud, Est, Ovest - di raccontarci la loro esperienza di confine. Di spiegarci il rapporto sottile e a volte drammatico tra ciò che storicamente è dentro l’Europa e ciò che ne è fuori. LE MAPPE VISTA DA BRUXELLES IL NUOVO ASSE PARIGI-BERLINO ANDREA BONANNI UNA FIGLIA MINACCIOSA VITTORIO ZUCCONI Europa Delors: le anime del vecchio mondo LAURENT JOFFRIN E JEAN-GABRIEL FREDET nostri dirigenti non dimostrano grande entusiasmo per la costruzione europea. «Non c’è più quella fede nell’Europa che animava i grandi leader politici, e dava loro la forza di spostare le montagne». Qual è la sua diagnosi sull’attuale crisi dell’Ue? «Non vedo come l’Europa, in quanto associazione di Stati sovrani, possa rimediare — per una sorta di miracolo — alla crisi di partecipazione civile, e colmare il crescente fossato tra cittadini e potere. Peraltro, l’atteggiamento degli europei verso l’Ue è concentrato sulla congiuntura economica. Quando l’economia europea va male, l’Europa è meno amata, non suscita più passioni». Si ha l’impressione di un divario tra le élite, tendenzialmente europeiste, e un elettorato popolare che ha paura di un’Europa liberista... «Condivido pienamente questa constatazione. La causa europea soffre perché è mancata un’analisi di questa seconda fase della deindustrializzazione, e di ciò che si dovrebbe fare per padroneggiare la globalizzazione e rafforzare il nostro posto nella divisione internazionale del lavoro. In questi ultimi tre o quattro anni sono stato colpito dall’insistenza di un ritornello che tutti ripetono: “Siamo stati dimenticati”. E dato che si sono dimenticati di noi, ci asteniamo dal voto... Gli avvocati del pensiero unico non fanno altro che denunciare la rigidità del lavoro — la famosa mancanza di flessibilità. Ma non si parla mai delle altre cau- I se, né della responsabilità delle autorità, che è pur sempre maggiore di quella dei semplici cittadini». Non si è accettata troppo in fretta l’idea di vedere la nazione in termini di perdite e profitti? «Ma soprattutto, ci hanno turlupinati facendoci credere che l’Europa avrebbe risolto tutti i problemi. Certo, grazie al grande mercato e all’unione monetaria l’Europa può rafforzare la crescita. E può lottare contro il dumping — compreso quello sociale — all’interno dei suoi confini. Ma l’errore più grosso è stato quello di dare ad intendere che l’Europa possa far tutto senza bisogno di riproporre le questioni su scala nazionale. Tutto ciò che può rafforzare la coesione sociale e nazionale de- ve restare nelle mani dello Stato nazionale: l’istruzione, la cultura, la sanità, la politica dell’occupazione e della solidarietà. A questo va aggiunto il fatto che l’unione economica e monetaria è puramente monetaria: neppure la Convenzione sul futuro dell’Europa è riuscita a imporre, nel progetto di Costituzione, le regole per un coordinamento delle politiche economiche». Evidentemente l’Europa sta attraversando una crisi di disincanto. È la fine di un grande sogno? «L’Unione europea fa fatica a forgiare i suoi strumenti, a spiegare il suo progetto. Gli strumenti? La Convenzione europea, incaricata di partorire una Costituzione, ha lavorato bene. Ma in mancanza di un consenso forte, come ot- MASSIMO CACCIARI “ EUROPA. DOVE tracciare i confini d’Europa? Vana, secolare fatica di geografi e storici! L’Europa ha cuore inquieto; la sua forma rifugge da ogni “integrità”; il suo centro sta lì dove essa si trasgredisce. Volerla contenere significa ucciderla, così come volerla esportare quasi fosse una merce. O un esercito vittorioso. “Oltre ancora” è il suo motto. Ma esso significa: pensare sempre, e più si pensa, più cresce il dubbio. È disperare di trovare. E tuttavia insistere, persistere nella ricerca, discutendo, ascoltando e accogliendo. “ BRUXELLES — Se c’è qualcosa in continua e rapidissima evoluzione nel Vecchio (e invecchiato) Continente, è proprio la percezione che gli europei hanno di se stessi. E più ci si avvicina al cuore geografico, storico e politico dell’Unione, più questa evoluzione diventa frenetica. Quattro anni fa Chirac fece fallire la Conferenza intergovernativa a Nizza perché ossessionato dall’idea di mantenere la parità di status politico tra la Francia e la Germania. Oggi è proprio la Francia a proporre in Convenzione un sistema di voto che premia la superiorità demografica tedesca. Quattro anni fa il cancelliere Schroeder accettò il primo invio di truppe fuori dai confini, nei Balcani, unicamente perché protetto dall’ombrello politico dell’America e della Nato. Oggi Berlino si contrappone apertamente a Washington e progetta un quartier generale autonomo con gli altri europei per missioni militari senza la Nato. Quattro anni fa, a Nizza, Blair mise il veto ad ogni ipotesi di cooperazione rafforzata tra europei in materia di difesa. Oggi Londra è al centro dei progetti di cooperazione strutturata in campo militare. Gli ultimi cinque anni hanno visto le ex grandi potenze del Continente abbandonare l’illusione di utilizzare l’Europa come palcoscenico della propria grandeur nazionale: un’illusione che ha dominato gli ultimi cinque secoli della nostra storia. L’idea che solo agendo insieme, attraverso l’Unione, si possano ancora difendere gli interessi e i valori comuni in un mondo globale sta diventando pratica politica quotidiana. L’entente franco-tedesca va ormai ben al di là del vecchio «asse» Parigi-Bonn, che si applicava solo agli affari interni comunitari. Il nuovo asse Parigi-Berlino è stato in grado di dare scacco all’America in seno alle Nazioni Unite. Chirac e Schroeder si incontrano una volta al mese. I ministri francesi partecipano alle riunioni del governo tedesco e viceversa. L’Europa carolingia è destinata a integrarsi sempre di più fino ad acquisire un peso specifico tale da condizionare inevitabilmente la rotta dell’Unione allargata. La scelta sul che fare adesso tocca a quei paesi come la Gran Bretagna di Blair, la Spagna di Aznar e l’Italia di Berlusconi che si trovano in mezzo al guado. Aderire al «nocciolo duro», o restare a guardare? VISTA DA WASHINGTON Questa e le altre carte geografiche pubblicate nel “Diario” sono tratte dal volume di R.Borri, “L’Europa nell’antica cartografia”, edito da Priuli & Verlucca tenere che gli Stati ratifichino i suoi lavori senza snaturarli? Quanto al progetto, è proprio questo il punto dolente. Alcuni dirigenti politici hanno la loro parte di responsabilità. Ma di fatto, non siamo stati in grado di spiegare che l’allargamento è una fortuna, né di far comprendere tutta la sua portata storica. Domani la grande Europa comprenderà, con la Romania e la Bulgaria, 27 Stati, che dopodomani diventeranno più di 30, con i paesi dell’ex Jugoslavia. Bisognava spiegare ai cittadini questa prospettiva entusiasmante. Ma non siamo stati capaci di farlo. E a un tratto, la guerra in Iraq ha messo a nudo le divergenze tra alcuni Stati dell’Europa occidentale e i paesi dell’Est europeo. Come immaginare allora di poter realizzare entro il 2020 — in 27 — i grandi obiettivi della costruzione europea stabiliti nel Trattato di Maastricht?». Quali sono, secondo lei, questi obiettivi? «L’ideale sarebbe che la grande Europa riesca a padroneggiare in parte la globalizzazione. Ma per questo deve essere capace di far regnare la pace e la reciproca comprensione tra i popoli che fanno parte dell’Ue. Deve saper dare allo sviluppo economico e sociale un quadro equilibrato e durevole, in grado — al di là dei valori condivisi — di stimolare la diversità culturale, chiave di volta dell’identità dell’Unione». (Copyright Le Nouvel Observateur Traduzione di Elisabetta Horvat) WASHINGTON — Sempre un po’ ambiguo fin dai giorni lontani del Mec, incerto tra il desiderio che questa benedetta Europa nascesse e il timore che questa benedetta Europa crescesse troppo, lo sguardo con il quale l’altra sponda dell’Atlantico segue il momento cruciale dell’identità europea è cambiato per sempre nella mattina dell’11 settembre. Non più vista come l’antemurale della propria sicurezza, l’Europa larga è divenuta insieme una promessa e una minaccia per la visione egemonica elaborata da Paul Wolfowitz alla fine degli anni Novanta e fattasi dottrina applicata con Bush e Rumsfeld. L’Europa degli anni Cinquanta non sarebbe mai nata, né sarebbe sopravvissuta, senza le garanzie politiche e militari di Washington. Ma dopo la caduta del muro e il crollo dello Torri, la visione del futuro europeo ha cominciato inesorabilmente a divergere tra noi e loro. Saltò allora, nella opposizione attiva alla guerra esercitata soprattutto dai francesi ma condivisa dalla maggioranza degli europei, la presunzione di allineamento naturale che Washington considerava come il dividendo di cinquant’anni di pace e di prosperità assicurati dalle sue truppe. L’allargamento dei confini della UE alla Vistola e poi, in prospettiva lontana ma visibile, agli Urali e alla Siberia è divenuto da allora un’occasione non di avvicinamento, ma di possibile, ulteriore divaricazione. Per questa amministrazione americana, l’estensione è stata interpretata come uno sperabile annacquamento della «coscienza europea» in un più vago spazio commerciale e umano comune nel quale la caduta di tensione civica continentale avrebbe portato inevitabilmente a un ritorno nell’orbita americana. Al contrario, per la “Vecchia Europa” il sogno di portare la “cittadinanza” europea fino all’estremo Oriente, e ai confini della Cina, avrebbe dovuto significare l’irrobustimento di un neo nazionalismo continentale. Su questo doppio binario di un equivoco che inquieta l’America della nuova destra — spaventata dal sospetto non già di avere fallito, ma di avere avuto troppo successo nel creare un’Europa autonoma — corre l’ansia della potenza egemone, ancora nel dubbio se abbracciare o disconoscere la figlia di un gigantesco successo storico che non le garantisce affatto alcun successo futuro. 36 LA REPUBBLICA LE TAPPE SABATO 4 OTTOBRE 2003 742-814 CARLO MAGNO 1545-1563 IL CONCILIO DI TRENTO 1648 LA PACE DI VESTFALIA Figlio di Pipino il Breve re dei Franchi, signore di quasi tutta l’Europa occidentale, sostenuto dalla Chiesa, fu incoronato imperatore da Leone III il giorno di Natale dell’800, data che segna la nascita del Sacro Romano Impero. Fu un concilio ecumenico che si svolse in varie fasi. Si propose la conciliazione con i protestanti ma finì per ribadire la dottrina cattolica sui punti più controversi riconfermando la suprema autorità del papa. Un insieme di trattati furono conclusi tra Francia, Svezia, Impero e le altre potenze europee coinvolte nella guerra dei trent’anni durata dal 1618 al 1648. La pace sancì di fatto la fine del Sacro Romano Impero germanico. PRINCIPALI Q I LIBRI EDGAR MORIN Pensare l’Europa, Feltrinelli 1988 HANS G. GADAMER L’eredità dell’Europa, Einaudi 1991 MASSIMO CACCIARI Geofilosofia dell’Europa, Adelphi 1994 RALF DAHRENDORF Perché l’Europa? Riflessioni di un europeista scettico, Laterza 1997 JÜRGEN HABERMAS La costellazione postnazionale Feltrinelli 1999 JULIEN BENDA Discorso alla nazione europea, Marsilio 1999 MARIA ZAMBRANO L’agonia dell’Europa, Marsilio 1999 GIOVANNI REALE Radici culturali e spirituali dell’Europa, Raffaello Cortina 2003 FRANCO BASSANINI E GIULIA TIBERI (A CURA DI) Una Costituzione per l’Europa, Il Mulino 2003 uassù a Nord, qui nella mia Berlino, la vita resta diversa dai ritmi quotidiani dell’Europa meridionale, eppure l’Europa che cresce insieme ci avvicina nel vissuto delle abitudini. I confini d’Europa oggi sono più che mai fluidi. Certo, le differenze esistono: geografiche e culturali, climatiche e nelle abitudini. Da tempo sono fotografate dai luoghi comuni. Eppure tali distanze si sono fatte più piccole nella vita reale di oggi. La riunificazione tedesca è stata la svolta in questo avvicinamento del Nord al Sud. Il Nord tedesco, dopo la caduta del Muro, ha dovuto improvvisamente fare i conti con problemi che il Sud italiano dell’Europa affrontava già da tempo: tante emergenze, pochi soldi. E così l’identità del Nord si è spostata verso Sud, ha cambiato la sua anima. Noi europei del Nord ci stiamo italianizzando, ci stiamo abituando a non vivere più tutta la vita con la mentalità da funzionario pubblico che vuole a ogni costo tenere tutto sotto controllo e avere certezze in ogni momento. Una dose di irresponsabilità ci è entrata nello stile e nel sangue. Vista da qui, dalla mia Berlino che è a Nord e insieme alle porte dell’Est, qui dove sotto i bei viali alberati che ci ricordano la Belle époque e il Kaiser si mischiano le lingue, qui dove il tedesco e l’inglese si mescolano nell’aria col russo e col turco, l’Europa appare come il luogo di una forte identità culturale. O meglio, d’una moltitudine di os'è la nuova Europa, vista da Londra? È molte cose. La più importante ed evidente: è un grande blocco commerciale ed economico. Ma è pure un'entità geografica che condivide gli stessi valori, la stessa cultura, la medesima storia. È una civiltà millenaria che rinasce sotto nuova forma. È un'idea meravigliosa che aspettava l'occasione giusta per sbocciare. Mi sembra impossibile immaginare la Gran Bretagna fuori da questa visione europea. Eppure, a molti inglesi l'idea di Europa non piace. Per varie ragioni. È una questione di orgoglio, di nazionalismo, di nostalgia del passato imperiale. C'entra anche un pizzico di snobismo. Ciononostante, guardiamo ai fatti: sia pure in ritardo e con estrema riluttanza, il Regno Unito entrò nel Mercato Comune Europeo e poi è entrato nell'Unione Europea. Vedrete: entrerà, ritardatario e riluttante, anche nell'euro-zona. Perché quello è il suo posto. E gli inglesi, anche quelli oggi contrari all'euro, in fondo lo sanno. Naturalmente, vista da Londra l'Europa appare un po' diversa da com'è vista da Bruxelles, Roma o Varsavia. Ma è naturale. Anche l'America, vista dalla California, è diversa che se la si guarda da Chicago, Atlanta o New York. Il fatto è C NORD LA MIA BERLINO È RICCA DI VOCI PETER SCHNEIDER identità che viviamo senza divennora una parentesi relativamente tare matti. Quassù a Berlino non breve in duemila o tremila anni di mi definisco berlinese, bensì WesStoria dell’Europa. Ma a un passo si, uno dell’Ovest e non dell’Est. A da grandi svolte, qui nel freddo Monaco, laggiù in Baviera verso il Nord prussiano, occorre chiedersi confine Sud della Gercosa sia l’identità euromania, mi sento berlipea. E’ un’identità dai PETER nese e come tale sono confini fluidi, eppure SCHNEIDER percepito. In Italia sono definita da profondi È nato a Lubecca un tedesco. Ma in Ametratti culturali: da seconel 1940. Fra rica latina sono prima li, per noi berlinesi, San i suoi romanzi di tutto un europeo, Pietroburgo è parte “La scommessa” cioè qualcosa di diverso grande dell’Europa, ep(1978) e da un nordamericano. pure questo non signi“Accoppiamenti” Mi sembra quindi un fica inglobare l’intera (1994) po’ ridicolo l’euroscetimmensa Russia. ticismo di moda tra tanL’Europa, specialti intellettuali, visto che mente per noi a Berlino, buona parte del mondo dove in passato le certezci vede come europei. ze sbagliate portarono al baratro, La perdita dei confini, anche vitrova una sua grande forza costitusta da quassù, può suscitare timotiva nella cultura del dubbio. Seri. Ci fa dimenticare che l’era degli gnati da secoli di guerre religiose, Stati nazionali in realtà è stata fiideologiche, etniche, abbiamo im- OVEST SE CI UNISSIMO NELL’INGLESE ROBERT HARRIS che la Gran Bretagna è il confiportante nell'impressione che ne occidentale dell'Europa. La abbiamo noi inglesi dell'Eurogeografia, oltre che la storia, ci pa odierna. L'ingresso nella Ue spinge a guardare all'esterno. di paesi come Polonia o UnLa nostra relazione speciale gheria riequilibrerà il conticon gli Stati Uniti, annente: rendendo l'Uch'essi, non dimentinione più eterogenea ROBERT chiamolo, un'ex-coe complessa. ParaHARRIS lonia britannica, ci dossalmente, questo È uno dei più costringe a fare da farà sentire anche la noti autori ponte tra Europa e Gran Bretagna, che inglesi. Fra i America. E l'impero sta sulla sponda opsuoi libri coloniale britannico posta, più europea. “Fatherland”, “I Se la Polonia o forse ci ha lasciato in erediari di Hitler” e un domani perfino la dità una miriade di il recente Russia possono dirsi rapporti con le exeuropee, tanto più “Pompei” colonie, i paesi oggi può e deve sentirsi tamembri del Comle un londinese. monwealth. Sarebbe In ogni caso, non bisogna alillogico rinunciare a questi larmarsi troppo per la lentezza rapporti privilegiati. Del resto, del processo di unione, per i tramite la Gran Bretagna, anproblemi dell'integrazione. Ci che l'Europa finisce per usuvuole tempo, queste cose non fruirne. si compiono in mesi, anni, e C'è un altro elemento im- THOMAS MANN parato a riflettere prima e durante ogni azione. In questo siamo diversi dagli americani. Per noi qui possono esistere guerre inevitabili, non guerre giuste. Passeggiamo ancora nella memoria, qui a Berlino o a Potsdam dove Federico il Grande discuteva con Voltaire. Ed ecco apparirci un’altra grande eredità dell’Illuminismo, un dato costitutivo dell’Europa: la separazione tra Stato e religione. E’ un principio che oggi molti integralismi rifiutano: gli integralisti islamici, i falchi in Israele, anche il fondamentalismo religioso-neoconservatore negli Usa. Difendere questo valore è imperativo. Last but not least, un valore costitutivo è la separazione tra i poteri nelle nostre società. Non solo noi ci chiediamo spesso se sia compatibile con i valori costitutivi dell’Europa il fatto che — proprio nella parte più bella e più antica del nostro continente — una persona controlli o possieda l’80 per cento dei media e sia per inciso anche presidente del Consiglio. È legittimo chiedersi se questo stato di cose corrisponda all’idea europea di democrazia oppure no. E mentre ci lamentiamo della crisi economica, mentre disperiamo del nostro futuro, ci sembra che uno dei compiti dell’Europa del futuro sia anche impedire simili circostanze. (testo raccolto da Andrea Tarquini) nemmeno decenni. Deve passare una generazione. Forse più. Questa nuova Europa democratica, pacifica e integrata, ricordiamolo, è cresciuta molto in fretta. Sessant'anni fa, davanti alle macerie della seconda guerra mondiale, nessuno avrebbe potuto immaginare l'Ue e l'euro. Ebbene, è difficile immaginare cosa sarà l'Europa tra sessant'anni. Diamo il tempo ai paesi, ai governi, ai popoli del continente, di abituarsi ad appartenere alla stessa comunità, di abitare nella stessa casa. Mi sono occupato di un impero, quello Romano, nel mio ultimo romanzo. Non credo che l'Europa potrà mai diventarne un erede, almeno nel futuro prossimo. A differenza dell'antica Roma, o di più moderni imperi, l'Europa non ha un suo esercito, né un centro né una capitale che la rappresenti tutta. Non ha nemmeno una lingua comune, mentre l'impero romano aveva notoriamente il latino. Certo, l'inglese potrebbe diventare la lingua franca dell'Europa di domani, e un po' è già avvenuto. Ciò farebbe certamente crescere le simpatie degli inglesi per l'Europa. Ma chissà cosa ne direbbero i nostri vicini francesi. (testo raccolto da Enrico Franceschini) Si realizzerà un’Europa devota a una spiritualità tollerante, non dottrinaria, non autoritaria, che tornerà col pensiero alla lotta ideologica di oggi solo provando scherno e vergogna “Considerazioni di un impolitico” FRIEDRICH NIETZSCHE Europeo troppo superbo del diciannovesimo secolo, tu vaneggi! Certo tu ti arrampichi su per i raggi del sole del sapere verso il cielo, ma discendi anche in basso verso il caos “Sull’utilità e il danno della storia per la vita” SABATO 4 OTTOBRE 2003 LA REPUBBLICA 37 1789 LA RIVOLUZIONE 1914-1945 LE DUE GUERRE FRANCESE Abbatté la monarchia assoluta, creando i presupposti per uno stato democratico moderno. L’inizio si fa risalire alla convocazione degli stati generali e alla presa del carcere della Bastiglia. MONDIALI Costarono devastazioni spaventose e milioni di morti. Tra gli effetti il crollo dell’impero degli zar e la fine del nazismo. Già nel ’46 “guerra fredda” era tra le espressioni entrate nel lessico politico. BENEDETTO CROCE In ogni parte d’Europa s’assiste al germinare d’una nuova coscienza Così francesi e tedeschi e italiani e tutti gli altri si innalzeranno a europei e i loro cuori batteranno per l’Europa “Storia d’Europa nel secolo XIX” ogni russo manca un po’ di caldo. Un russo sa bene che l’inverno è più forte dell’estate, breve tregua tra le bufere che, come disse anche Puskin, è solo «una caricatura degli inverni nel Sud». Ma ci sono due modi sicuri per combattere contro la geografia: circondarsi di amici che riscaldano l’anima; e poi bere vodka, che riscalda l’anima e il corpo. Ogni russo, certo, ha i suoi tropici: una sauna al vapore, la «banja», che trasforma gli uomini in diavoli dalle facce rosse, diavoli sudati, distesi sulle panche davanti alla stufa incandescente, e poi li trasforma in angeli che dopo aver tanto sudato, ormai avvolti nei teli bianchi, cercano refrigerio in una bottiglia di birra gelata. Quando voli in Russia tornando dall’America attraverso il Polo Nord, l’aereo comincia lentamente ad abbassarsi già sul bordo dell’Oceano Glaciale. La Russia, in virtù del suo clima, è una bellezza abbigliata di neve e pellicce. Ma il paradosso sta nel fatto che i russi si rifiutano di considerarsi uomini del Nord, al di là delle notti bianche di giugno a Pietroburgo, al di là dell’aurora boreale di Murmansk, al di là della Siberia e della taigà. Il Nord per noi russi è Finlandia, Norvegia, sia pure Jakuzia, ma la Russia, la Russia no, la Russia è il centro spirituale del mondo che A olo il tempo è una vera potenza. L’Europa ha aspettato molto, prima di cercare le sue frontiere, prima di definirle e di chiuderle. Non per tutti. Oggi tende a mettere su pancia, ad allargarsi verso Est e a tirar via i piedi dal Sud. La famiglia cresce e i figli non sono quelli che si sarebbero voluti. Certi nuovi arrivati come la Polonia non esitano a buttarsi tra le braccia dell’America. Credono che l’Europa sia uno stabilimento termale dove ci si rimette in sesto per andare a prosperare altrove, dove li chiamano gli interessi più immediati. Per loro l’Europa è un’etichetta, una casa protetta che comincia col risanargli i debiti e ristrutturargli il patrimonio. Nel frattempo, la Turchia, una nazione forte, uno Stato laico (anche se minacciato dall’islamismo), si vede respinta, scartata a causa dell’Islam. Certo, la storia della Turchia è contaminata dal genocidio degli Armeni e soprattutto dal rifiuto di riconoscere quella tragedia, di cui si sono resi responsabili all’inizio del ventesimo secolo dei Turchi arroganti. Ma non è questa la ragione invocata per averle chiuso la porta. In fin dei conti, i paesi un tempo dominati dal comunismo sono stati presto iscritti sul libretto di famiglia dell’Europa. Le loro sofferenze, il sottosviluppo, e anche la loro emarginazione fuori dal tempo e dalla storia li hanno salvati. Intanto alcuni paesi del Maghreb guardano S E. M. CIORAN Sarà mai possibile meridionalizzare i popoli austeri?L’avvenire dell’Europa è sospeso a questo interrogativo. Se i tedeschi si rimettono a lavorare come prima, l’Occidente è perduto “Sillogismi dell’amarezza” EST IL LUNGO VIAGGIO DI NOI RUSSI VIKTOR EROFEEV s’è spostato verso il Circolo Polamavera; la lunga inedia delle re. La Russia non per sua scelta campagne durante l’inverno; la neve che ti arriva alla vita; e poi il storicamente si è rintanata nel terrore di fronte al lungo viaggio, Nord, sfuggendo nel primo Mecol gelo che incombe e può uccidioevo alle scorribande dei noderti con facilità. Quemadi dalle steppe del sto, tutto, si è riflesso Sud. La Russia aspetta, VIKTOR sul carattere nazionale attende il ritorno nel EROFEEV dei russi. grembo tiepido della È nato a Mosca In sostanza, un rusciviltà, sognando di nel 1947 so di oggi riesce a scalabbronzarsi intanto In Italia e nel darsi davvero soltanto almeno al sole del Mar mondo è se trova un motivo per Nero. diventato noto muoversi e per lavoraEppure la realtà del grazie al re. E lo fa. Una parte di Nord ha insegnato ai romanzo “La noi, quelli che vivono russi a non credere mai bella di Mosca” nelle grandi città, ornel successo del promai questo lo ha capiprio operato. Il concetto. Non c’è scelta: o la to stesso di successo è stato cancellato dal vocabolario Russia diventa uno Stato europeo delle parole russe. Nulla è sicuro. con i suoi valori universali, oppuNon i frutti della terra che in un re alla fine scomparirà. Ma prensolo momento possono venir didere coscienza di non avere scelstrutti da una notte di gelo in prita per la Russia è un tormento. SUD MEDITERRANEO DA SVILUPPARE TAHAR BEN JELLOUN all’Europa con una passione irreco non sono riusciti ad aggirare i diquieta. Marocco, Algeria e Tunisia vieti religiosi per limitare le nascite, hanno più da spartire con Francia, e questo si è tradotto con l’aggravaItalia e Spagna di qualsiasi paese mento dei problemi sui versanti dell’Est. Il punto comune fondadell’istruzione e dell’economia. mentale è il MediterraL’Algeria è un paese ricco neo. Non si tratta solo di — immense riserve di TAHAR BEN un mare, ma anche di gas e di petrolio — con JELLOUN una cultura e di una ciuna popolazione poveNato in viltà, di un modo di stare ra che continua a chieMarocco (‘44), dersi dove vanno a finire al mondo, un modo di vive a Parigi. i profitti del sottosuolo. vivere e di invecchiare. Tra i suoi libri Il Marocco, per affronMa il mondo si è abitua“L’estrema tare tutti i suoi problemi to a considerare che il solitudine” e economici, ha praticaMediterraneo è duplice “Creatura di mente solo il fosfato, un e squilibrato: quello del sabbia” po’ di turismo e i trasfeNord è sviluppato e ha rimenti dei risparmi dei pochi figli, quello del suoi emigrati. L’élite si Sud povero e sovrapposente molto vicina al modello europolato. Se la Tunisia, grazie alla popeo. I giovani, per la maggior parte, litica coraggiosa di Bourguiba, è sognano di andare in Europa a sturiuscita ad applicare la programdiare o a lavorare. Il plurilinguismo mazione delle nascite al punto che è un dato di fatto. Senza rinnegare oggi ha lo stesso tasso di natalità di nulla della loro identità arabo-berun paese europeo, Algeria e Maroc- 1o gennaio 2002 L’EURO La moneta unica entra nelle tasche di circa trecento milioni di europei. Dalla Ceca alla Cee, dallo Sme al Trattato di Maastricht, il percorso verso l’euro è costellato di tappe che hanno fatto la storia dell’Europa. La Russia ha paura che facendo quel passo verso Occidente potrebbe finire col trasformarsi e poi perdersi, del tutto, fin nella propria identità. Ma dov’è il senso della Russia? Santità, contemplazione, alcolismo o imperialismo? Per me, nessuno lo ha detto meglio di Dostoevskij: «l’uomo russo è largo, io lo restringerei». Il dubbio nella propria coscienza, la confusione morale, sono questi i motivi per cui le riforme economiche procedono così lentamente e le tendenze autoritarie sono così forti a tutti i livelli del potere. Lo Stato non crede nella libera iniziativa della gente e insiste nel suo paternalismo, mentre la gente non crede nelle buone intenzioni del potere. Tutte e due le parti hanno buoni motivi per avere ragione, ma questa ragione non porta da nessuna parte. E’ evidente, comunque, che, non appena un russo riesce ad emergere, comincia subito a vivere come un europeo: manda i suoi figli in Occidente a studiare, si compra una macchina tedesca e beve vino italiano, o francese. Se invece vive in povertà, allora lui maledice i valori d’Europa. La Russia non ha ancora raggiunto un’intelligenza politica chiara e trasparente come un giorno di sole nel gelo dell’inverno. Però ha gli amici, la «banja» e una bottiglia di vodka. (traduzione di Fiammetta Cucurnia) bera e della loro cultura musulmana, quelle famiglie non capiscono perché l’Europa ha sprangato le porte e nega loro l’ingresso sul territorio europeo perfino come turisti. L’Europa non vuole essere «invasa» né dagli uomini né dai prodotti di questi paesi del Sud. La Spagna voleva continuare a sfruttare le pescose coste marocchine pur impedendo agli agrumi del Marocco di attraversare il suo territorio per arrivare in Francia, Belgio, Germania. Ci sono volute diverse crisi e tempeste politiche perché la Spagna accettasse di negoziare accordi di pesca che rimangono sempre a suo favore. Ovviamente il Marocco non ha i mezzi militari per sorvegliare tutte le proprie coste. In compenso, la gendarmeria marocchina arresta quasi quotidianamente dei candidati all’emigrazione clandestina. Quella stessa Europa chiede al Marocco di abbandonare la coltura della marijuana, mentre l’Olanda la coltiva in tutta libertà. L’Europa ha interesse ad aprirsi maggiormente a Sud. Se investe in questo Sud, se lo aiuta economicamente, non soltanto vi renderà irreversibile il sistema democratico ma ne allontanerà lo spettro dell’integralismo, che è nutrito dalla povertà, dall’ignoranza e dalle disillusioni. L’avvenire dell’Europa non è nell’Est, ma nel Sud. Come dice il poeta René Char: «Dai sempre più di quanto puoi riprendere. E dimentica. Questa è la via sacra». (traduzione di Elda Volterrani) I FILM EUROPA Nella Germania postbellica il protagonista è coinvolto nelle trame di un movimento neonazista Terzo film di Lars von Trier dedicato all’Europa (1991) EUROPA ’51 Ingrid Bergman è la disperata moglie di un industriale americano che vive a Roma. La regia è di Roberto Rossellini (1952) EUROPA DI NOTTE I primi sussulti del rock & roll, i primi brividi del sesso come svago notturno: Alessandro Blasetti firma uno spettacolodocumento sui più vari e preziosi numeri d’arte varia (1959) EUROPA EUROPA Un ebreo polacco sfugge ai nazisti rifugiandosi in un orfanotrofio sovietico, regia di Agnieszka Holland (1991)