La rappresentazione della Giustizia e i tarocchi Paola Donatiello Corso di Semiotica del Visibile 2010/2011 Indice 1- Premessa 2-La Giustizia e la sua rappresentazione 3-Storia del tarocco 4-Il tarocco e l’occulto 5-Composizione del mazzo e variazioni 6-Tarocchi del Mantegna (1450 circa) 7-Tarocchi Visconti-Sforza (1450 circa) 8-Tarocchino Bolognese (1500 circa) 9-Tarocchino di Giuseppe Maria Mitelli (1600 circa) 10-Tarocchi anonimi parigini 11-Tarocchi marsigliesi di Nicolas Conver (1760) 12-Antichi tarocchi bolognesi (1780) 13-Tarocchi di Etteila (1785) 14-Tarocchi neoclassici di Ferdinando Gumppemberg (1810) 15-La Sibilla Indovina (1830) 16-Antichi tarocchi italiani (1835) 17-Tarocchi di Aleister Crowley (1938-‘42) 18-Tarocchi Universali di Salvador Dalì (1971) 19-Tarocchi Motherpiece (fine anni ‘70) 20-Tarocchi del Rinascimento (1984) 21-Tarocchi delle vetrate (1985) 22-Tarocco dell’orror (1987) 23-Tarocchi Elemental (1988) 24- Tarocchi Wonderland (1989) 25-Tarocchi di Albrecht Dürer (1990) 26-I ventidue Tarocchi della Felicità (1991) 27-Tarocchi Art Nouveau (1998) 28-Tarocchi marsigliesi Jodorowsky-Camoin (1998) 29-Tarocchi Buckland-Romani (2001) 30-Tarocchi dei Santi (2001) 31-Tarocchi di Bruegel (2003) 31-Tarocchi di Leonardo da Vinci (2003) 32-Tarocchi Spirit World (2006) 33-Tarocchi Tattooed (2006) 34-Tarocchi Transparent (2008) 35-Tarocchi shadowscapes (2010) 36-Conclusioni 37-Bibliografia e webografia Premessa Il lavoro qui presentato nasce come una delle diverse declinazioni dell’analisi dei cambiamenti e delle mutazioni della simbologia dedicata alla rappresentazione della Giustizia. La scelta di affrontare l’analisi della raffigurazione della Giustizia nei diversi mazzi di carte pone come linea guida d’analisi proprio quella della mutazione (effettiva o eventuale) della simbologia che ruota attorno a questa carta e al suo contenuto. La scelta del tarocco come oggetto d’analisi, infatti, permette di osservare le variazioni all’interno non solo del tempo, ma anche dello spazio: permette, infatti, un percorso non necessariamente di tipo cronologico, ma ugualmente riguardante l’evoluzione nel tempo delle forme in cui la Giustizia viene incarnata e rappresentata, e consente l’analisi, inoltre, anche all’interno dello spazio, geografico, quasi fosse una sorta di mappa costruita dalle costanti proprie dei luoghi di provenienza del mazzi. Anche questa analisi, come ogni altra, per definizione, è necessariamente parziale. È l’analista, infatti, che con l’operazione del ritaglio – operazione del tutto arbitraria – del suo testo, lo pone in essere davanti a sé, lo costruisce e lo costituisce, con l’obiettivo di analizzarlo. Dopo una breve trattazione riguardante argomenti più generali (la rappresentazione della Giustizia, la storia dei tarocchi e alcune notizie sul mazzo di carte in sé), si è proceduto con l’analisi di trentuno carte, con l’intento di esaminare le diverse sfaccettature che la rappresentazione di un concetto, di un’idea, di un ideale rivela nell’essere declinato all’interno di un preciso ambito, quello dei tarocchi, con tutte le variazioni che si possono osservare da mazzo a mazzo. Proprio queste variazioni permettono di notare come la rappresentazione di un simbolo cambi; la scelta, inoltre, dei tarocchi, campo in cui il simbolo in quanto tale riveste una grossa importanza, può essere terreno fertile per osservare non solo il cambiamento in sé, ma anche eventuali risemantizzazioni o nuovi attributi, nuove simbologie o nuove combinazioni. Essendo il ritaglio del testo un’operazione arbitraria, che costituisce il testo d’analisi, si precisa che la scelta delle trentuno carte non risponde a criteri di preferenza personale: si è cercato di optare per le carte che offrissero un repertorio di attributi della Giustizia al di fuori delle normali declinazioni (solo bilancia o bilancia e spada), che si distinguessero per una spazialità complessa e per un’articolazione particolari degli elementi in gioco, con l’unica predilezione per alcuni mazzi d’artista. La Giustizia e la sua rappresentazione La Giustizia, nel corso della storia, ha attraversato diverse rappresentazioni. Fin dai tempi antichi ad essa sono legati determinati miti e precisi attributi, che, col tempo, si sono trasformati a seconda dell’idea che si avesse della Giustizia. Dall’inizio essa è quasi sempre accompagnata da un attributo, la bilancia; in antico Egitto, la dea Ma’at, addetta alla pesa delle anime, era rappresentata a fianco di una bilancia e con una piuma di struzzo sulla testa. In antica Grecia le dee della Giustizia erano diverse, rappresentavano diverse declinazioni: Temi, prima moglie di Zeus, era la dea delle leggi naturali e vigilava su ciò che era lecito e non; Astrea o Dike, figlia di Zeus e Temi, era la dea della Giustizia e il fondamento della società civile; il mito racconta che dopo la fine dell’età dell’oro si trasferì in cielo indignata dal comportamento degli uomini; Nemesi, in ultimo, era la dea della Giustizia e della vendetta e puniva chiunque infrangeva le regole o utilizzava in modo scorretto i doni della sorte. In antica Roma, con gli imperatori Tito e Vespasiano inizia a comparire sulle monete l’effige della Giustizia legata all’equità; entrambi i concetti venivano spesso attribuiti alle spose degli imperatori o agli imperatori stessi. È dall’epoca carolingio-medievale che si iniziano a vedere delle rappresentazioni della Giustizia con attributi e tratti fissati. Dall’epoca medievale, specialmente, si fissarono i due attributi più presenti della Giustizia: la bilancia e la spada. La bilancia: nelle rappresentazioni è spesso utilizzata la versione a due braccia, con i piatti in equilibrio, simbolo di perfezione ed equità. Meno usata è la stadera, ad un braccio solo. La spada: nelle rappresentazioni si può trovare con la punta verso l’alto oppure poggiata in orizzontale. Con la punta in su dota la Giustizia dell’attributo di esecutività, mentre se posta in orizzontale accompagna la Giustizia tutrix. Se messe in relazione bilancia e spada simboleggiano i due lati della giustizia: la bilancia per il giudizio, la spada per quanto riguarda la punizione. La benda: attributo controverso, appare per la prima volte nel 1494 in un’incisione che accompagna l’opera di Sebastian Brant, La nave dei folli. L’incisione raffigura un folle, che si riconosce dai sonagli, nell’atto di bendare la Giustizia. Come attributo riscosse molto successo, inizialmente satirico, ma venne quasi subito risemantizzato positivamente, a significare imparzialità. Come attributo rimane diffuso nei paesi di tipo anglosassone esso infatti nasce proprio come reazione al passaggio dal diritto di tipo consuetudinario al diritto romano e canonizzato. La popolazione temeva che questo cambiamento, in realtà positivo, portasse in realtà effetti negativi sullo svolgimento dei procedimenti penali. Lo struzzo, la gru: sono attributi non sempre presenti, ma, in realtà, molto utilizzati durante l’epoca moderna. Lo struzzo diventa attributo della Giustizia rispettivamente perché lo struzzo è un animale capace di digerire materiali molto pesanti, così come la Giustizia viene sempre a contatto con argomenti ponderosi; inoltre pare che le piume di struzzo siano di lunghezza uguale, e anche per questo sarebbe simbolo di equità. In antico Egitto, inoltre, la piuma di struzzo era l’unità di misura con cui doveva essere confrontata l’anima. La gru, invece, essendo un animale capace di reggersi su una zampa sola, diventa esso stesso simbolo dell’equilibrio. La nudità: rappresentata senza vesti per lo più in epoca contemporanea, vi è quasi assenza delle rappresentazioni della Giustizia totalmente nuda nel corso della storia delle immagini. In età moderna si assiste, a volte, alla raffigurazione della Giustizia con uno o entrambi i seni scoperti, ad indicare purezza e assenza di macchia. Occhi, orecchie, mani: connesso alla benda è l’attributo degli occhi; esistono dispute sulla quantità e qualità degli occhi, che devono essere abbondanti o assenti, aperti chiusi, bendati o no. Lo stesso vale per le orecchie, che devono abbondare e funzionare bene specie se si parla di Giustizia bendata. Inoltre vi sono immagini di giudici o giustizie con le mani tronche, a voler sottolineare la necessità di una giustizia imparziale e indisposta alla corruzione. Storia del tarocco Non è stato ancora stabilito quando e in che modo nacquero i tarocchi. Queste carte, importate probabilmente dagli arabi, si diffusero, principalmente in Italia, nel corso del Medioevo. Le prime notizie relative ad essi si rintracciano attorno al 1370 nelle ordinanze riguardo ai giochi d’azzardo: venivano chiamati naiphes, naibi o naibbe, termine derivante da nayb, che era un titolo assegnato ai governatori delle province nel periodo in cui i mammalucchi regnarono in Egitto, Siria e Arabia. L’unico mazzo di carte mammalucco conservato fino ad oggi e risalente al XV secolo è il cosiddetto Malùk Manuwwàb. Molto probabilmente i tarocchi, nella versione che si è tramandata fino ad oggi, nascono in Italia, tra le città di Milano, Ferrara e Bologna. Già all’inizio del 1400 esistevano carte lombarde, mentre intorno al 1420 si deduce che i tarocchi fossero già in circolazione, poiché si parla di giochi condotti con carte figurative. Intorno alla metà del 1400, invece, grazie alla passione per il gioco del duca Filippo Maria Visconti si sa che egli commissionò diversi mazzi a diversi artisti lombardi tra cui il mazzo detto Visconti-Sforza. Nel corso dei secoli la produzione di tarocchi in Lombardia crebbe a tal punto da avere anche una fabbrica regia. Nel 1809 a capo della fabbrica vi fu Ferdinando Gumppenberg, un artigiano che produsse, tra i tanti mazzi, i bellissimi Tarocchi Neoclassici, insieme ad altri didattici o celebrativi. All’inizio del ‘900 tuttavia il gioco dei tarocchi si avviò al declino. Nei riferimenti alle carte, però, non compare mai la parola tarocchi; le ventidue carte con figure erano conosciute inizialmente come trionfi, parola che compare per la prima volte in un registro ferrarese. Risale al 1480-90, inoltre, il Sermones de ludo cum aliis, in cui i trionfi vengono definite come le pagine del messale del diavolo; alla fine del testo vi è l’elenco delle carte, con una successione diversa da quella attuale, che vede la Giustizia alla carta numero 20. L’uso del termine tarocchi compare solo all’inizio del 1500. La parola è di etimologia incerta ed è da accantonare l’ipotesi che venga da TaRosh (la dottrina di Mercurio). Francesco Berni nel testo Capitolo del gioco della Primiera afferma che la parola tarocco non vuol dire altro che stupido, insulso, banale; inoltre il termine taroccare può essere usato col significato di barare nel gioco. Non solo a Milano, ma anche a Ferrara, intorno al 1420 figurano nei registri di pagamento notizie riguardanti la produzione di trionfi; anche qui, grazie alla passione di Lionello e di Borso d’Este per il gioco, i trionfi si diffusero alla corte ferrarese; il più antico mazzo estense è quello denominato Tarocchi di Carlo VI, e si pensa a Ferrara come città che vide nascere i cosiddetti Tarocchi di Andrea Mantegna. Nello stesso periodo in cui a Milano e Ferrara si diffondevano i tarocchi, a Bologna il gioco dei Trionfi si diffondeva anche presso i ceti popolari: era facile trovare mazzi a buon prezzo grazie alla stampa xilografica. Al 1477 risale il primo documento bolognese relativo ai tarocchi. A Bologna è famoso il tarocchino, mazzo di 62 carte e non 78, detto anche mazzo castrato: la riduzione del mazzo avveniva per velocizzare il gioco e per permettere ai giocatori di avere un buon punteggio. Famosi sono i mazzi di Mitelli e di Montieri, l’ultimo dei quali non ebbe vita facile a causa del fatto che, essendo un tarocco geografico, Bologna non fu rappresentata come appartenente allo Stato Pontificio. Per giustificare il rogo del mazzo di Montieri le autorità pontificie finsero di essere state oltraggiate dalle figure dei quattro papi e così nel 1725 un’ordinanza stabilì che queste figure venissero sostituire con quelle di quattro mori. Ideate verso la fine del ‘400, le Minchiate sono un mazzo di carte tipico di Firenze; il mazzo è formato da 96 carte e possiede 41 arcani maggiori. Probabilmente il nome proviene dal termine sminchiare, usato dai giocatori quando si gioca la carta più alta. Nel corso del ‘500 il gioco delle Minchiate era chiamato anche Germini, termine in uso fino al 1677 e poi sostituito definitivamente da Minchiate. Il termine Germini fa pensare al fatto che è come se il mazzo di 78 tarocchi fosse germogliato (dal latino germinio) e avesse dato vita alle restanti carte. Le diciannove carte aggiunte al mazzo sono i segni zodiacali, i quattro elementi, le virtù teologali e la prudenza. Le prime sei carte sono occupate da cinque papi. La presenza di tracce relative ai tarocchi in Italia centrale e meridionale si limita a Lucca, dove compaiono mazzi di derivazione bolognese, Roma e in particolare Ronciglione, dove si dffuse un mazzo particolare di germini, e la Sicilia, dove, come a Bologna, giocare a tarocchi è un’attività che si è mantenuta fino ad oggi. Il mazzo di tarocchini siciliani è di 63 carte e non 62, e si legge che furono importati dal vicerè Francesco Gaetani duca di Sermoneta. Non si sa bene quando iniziò la produzione dei tarocchini, si sa però che erano diffusi mazzi di derivazione ispanico-portoghese e nel corso del 1700 nacquero diverse fabbriche che contribuirono anche a innovare il lato estetico dei mazzi. Le prime notizie relative ai tarocchi in Francia risalgono al periodo che segue l’annessione della Lombardia: ciò significa che prima i francesi non giocavano a tarocchi. Nella prima metà del 1500 vi sono le prime notizie relative a mazzi di tarau e il mazzo più antico risulta essere quello di Geoffroy pubblicato a Lione nel 1557. I primi tre mazzi parigini risalgono tutti al XVII secolo e sono i Tarocchi Anonimi Parigini, i tarocchi di Jacques Vieville e quelli di Jean Noblet; probabilmente da questi mazzi, che derivano da modelli italiani, è nato il cosiddetto tarocco marsigliese. Oltre alla Francia, dal 1700 circa i tarocchi si diffusero anche nel resto d’Europa, dando vita a produzioni particolari, come i tedeschi Tiertarocken (tarocchi a figure animali) o i tarocchi di vedute, diffusi nell’impero austro ungarico. Il tarocco e l’occulto Intorno alla metà del ‘700, con le scoperte riguardanti l’antico Egitto, la moda egizianista conquistò gli ambienti massonici in cui si era da sempre alla ricerca della sapienza perduta. Cominciarono a circolare idee riguardanti i tarocchi, in particolare quella che attribuiva l’invenzione dei tarocchi al dio Toth. Court de Gebelin: esponente della massoneria francese, fu il primo, con uno studio di comparazione dei miti, a proporre l’ipotesi di un’età dell’oro terminata con la Torre di Babele e a collegare i tarocchi al Libro di Toth. Secondo lui l’etimologia verrebbe da Ta e Ras che significherebbe sentiero reale della vita. Non solo lui, ma anche Fayolle pubblicò degli scritti con idee più o meno simili. Probabilmente erano idee che circolavano da un po’ negli ambienti massonici. Etteila: pseudonimo di Jean Baptiste Aliette, egli fu il primo a sistematizzare i tarocchi in modo da far aderire il mazzo alla derivazione egizia. Secondo lui i tarocchi e il Libro di Toth nacquero da un consiglio di maghi presieduto da Ermete Trismegisto. Il mazzo originario si perse a causa della negligenza degli incisori medievali e perciò egli si impegnò nella ricerca delle antiche figure. Effettuò modifiche al numero e all’iconografia delle carte, in modo da rappresentare le fasi della creazione e diede inizio alle prime pratiche di cartomanzia. Alla morte di Etteila, nel 1791, tramite la Società Letteraria degli Interpreti del Libro di Toth, cominciarono a diffondersi le idee del Maestro, con la produzione di nuovi mazzi sullo stile del mazzo di Etteila, come il mazzo Grande Etteila, il Nuovo Etteila o il Piccolo Oracolo delle Dame. Le Sibille: durante gli anni di diffusione delle idee di Etteila, M.lle Lenomard, figura famosa per dei pronostici riguardo la rivoluzione e in seguito la famiglia Bonaparte, cominciò a praticare la cartomanzia nei salotti utilizzando le carte sibilline. Cominciarono a diffondersi le Sibille, donne che esercitavano la cartomanzia utilizzando diversi mazzi: alcune usavano delle variazioni sul mazzo di Etteila, altre la carte da piquet arricchite da figure simboliche. Eliphas Lévi: famoso esoterista, compì studi sui tarocchi, in particolare sul mazzo detto di Marsiglia, ipotizzando l’origine ebraica dei tarocchi, considerandoli la chiave delle arti magiche perdute dopo la caduta del tempio di Gerusalemme. Egli basò le sue idee sulla figura di una chiave all’interno del libro cabalistico di G. Postel. Secondo Lévi quella chiave rappresentava il segreto per la comprensione dei tarocchi. Paul Christian: figura poliedrica, giacobino, critico verso la Massoneria e la Chiesa Cattolica, entrò in contatto con diversi manoscritti e in seguito con Eliphas Lévi. Pose le basi per il pensiero rosacrociano ed elaborò un proprio sistema di tarocchi. Egli collegava gli arcani ad un preciso rito di iniziazione e il mazzo rappresentava un viaggio di elevazione intellettuale e morale. Anni dopo la pubblicazione degli scritti sui tarocchi, il disegnatore Wegener pubblicò Le XXII Lame Ermetiche del Tarocco Divinatorio, secondo le direttive di Christian nel tentativo di ricostruire il mazzo primitivo. Stanislas de Guaita e seguaci: dopo aver studiato Eliphas Lévi, avvicinatosi alla massoneria, fondò nel 1887 l’Ordine Cabalistico della Rosa Croce., di cui fecero parte Osvald Wirth, Gerard Encausse detto Papus e altre personalità che contribuirono alla crescita del pensiero occultistico. Grazie alle sue doti di disegnatore, Wirth potè progettare un proprio mazzo, usando come riferimenti mazzi italiani, Tarocchi di Besançon e le indicazione di de Guaita. Papus si focalizzò sul tentativo di fornire delle leggi razionali alla divinazione, facendo, in realtà niente meno che una sintesi delle diverse correnti occultistiche. Progettò inoltre 22 arcani maggiori, che, a ben vedere sono una sintesi tra il tarocco di Wirth e quello di Christian. L’occultismo anglosassone: attorno alla figura di Kenneth Mackenzie, pioniere dell’occultismo inglese, e, in seguito a quella di Robert W. Little, fondatore della Societas Rosicruciana in Anglia, si raccolsero diverse personalità dell’occultismo inglese, tra cui William Woodman, Samuel Mathers, Arthur Edward Waite e Aleister Crowley. Sia Waite sia Crowley, tra le varie vicissitudini che li videro protagonisti della nascita e declino di varie organizzazioni (Golden Dawn, Ordo Templi Orientis) furono autori di due mazzi di tarocchi; i tarocchi Rider-Waite furono i primi ad avere la numerazione degli arcani della Giustizia e della Forza invertiti tra loro. La figura di Crowley, invece, controversa e ambigua, diede vita non solo ad un vero e proprio mito, muovendosi tra occultismo, scandali e promiscuità sessuale, alchimia, cabala e numerologia. Anch’egli ha ripensato totalmente i tarocchi creando un mazzo personale corredato da un libro, The book of Toth,in collaborazione con la pittrice Frieda Harris. Composizione del mazzo e variazioni Qualsiasi mazzo di carte di tarocchi si compone, canonicamente, di settantotto carte divise in due gruppi: le prima ventidue carte sono chiamati arcani maggiori e sono le uniche ad avere delle figure. Le restanti cinquantasei carte, chiamate arcani minori, sono divise in quattro gruppi da dieci carte numerali (che vanno dall’asso al dieci) e quattro carte con figure (fante, cavallo, regina e re). Ad ogni gruppo di quattordici carte corrisponde un seme (bastoni, denari, coppe, spade per i mazzi italiani, oppure, rispettivamente, fiori, quadri, cuori, picche per i mazzi francesi). Per quanto riguarda gli arcani maggiori, di solito essi portano i numeri romani, ma a volte si possono trovare anche numerati con quelli arabi. La successione italiana degli arcani maggiori prevede: I-Il Bagatto, II-La Papessa, III-L’imperatore, IV-L’imperatrice, V-Il Papa, VI Gli Amanti, VII-Il Carro, VIII-La Giustizia, IX-L’Eremita, X-La Ruota della Fortuna, XI-La Forza, XIIL’appeso, XIII-La Morte (spesso senza nome), XIV-La Temperanza, XV-Il Diavolo, XVI-La Torre, XVII-Le Stelle, XVIII-La Luna, XIX-Il Sole, XX-Il Giudizio, XXI-Il Mondo, XXII o 0-Il Matto. Arthur Edward Waite, studioso, cartomante e membro della Golden Dawn, propose un suo mazzo di tarocchi e per motivi divinatori numerologici e zodiacali, invertì le posizioni degli arcani della Giustizia e della Forza. I mazzi con la Giustizia al numero 8 sono detti italiani, mentre quelli con la Giustizia all’11 sono diffusi per lo più in ambito anglosassone. Tarocchi di Andrea Mantegna Fortezza, Giustizia e Carità nei Tarocchi del Mantegna, serie E, datata 1450 circa. Fortezza, Giustizia e Carità nei Tarocchi del Mantegna, serie S, datata 1470 circa. Fortezza, Giustizia e Carità nelle copie di Ladenspelder dei Tarocchi del Mantegna, datati 1540-50. Fortezza, Giustizia e Carità nei Tarocchi del Mantegna, nella riproduzione edita da Lo Scarabeo, anni 2000. I tarocchi del Mantegna, contrariamente a quanto dice il nome, probabilmente non furono eseguiti dall’artista mantovano; questa ipotesi, infatti, è oramai da scartare, come anche quella che voleva questo mazzo come un passatempo nato in occasione del Concilio di Mantova del 1459-60. L’attribuzione è tutt’oggi incerta. Certo è che essi rappresentano uno dei primi esemplari di incisione su rame e perciò sono databili dal 1460 in poi. La Serie E, prima versione del mazzo, è attribuibile ad un allievo di Francesco del Cossa, mentre il progetto iconografico va attribuito ad un dotto letterato dell’epoca, forse Guarino de’ Guarini. La presenza della carta del Doge all’interno del mazzo fa pensare ad una committenza veneta legata all’ambiente culturale di Ferrara. Il fatto che siano stati definiti Tarocchi è dato solo dalla presenza di 14 carte somiglianti ai Trionfi miniati dell’epoca, come scrive lo stesso Vasari “Si dilettò […] di far stampe di rame, e fra l'altre cose fece i suoi Trionfi” (Vasari, Vite, p. 554). La Serie S venne stampata nel 1470, ma la qualità del mazzo è inferiore, poiché i tratti delle figure sono appesantiti e in alcuni casi deformati. La stampa di questo secondo mazzo fa pensare alla richiesta crescente, anche da parte di un pubblico popolare. Verso il 1540 anche Johann Ladenspelder incise e stampò le 50 carte e fece sì che il mazzo si diffondesse anche in Germania. Il mazzo è composto da 50 carte divise in gruppi di dieci; ad ogni gruppo è assegnata una lettera: E per le Condizioni umane, D per Apollo e le Muse, C per le Arti e le Scienze, B per i Geni e le Virtù, A per i Pianeti e le Sfere celesti. L’ipotesi più accreditata legata all’uso del mazzo è quella che le 50 carte riproducano e sintetizzino l’ordine dell’universo rispecchiando la cultura teologica e filosofica del tardo medioevo; la presenza, a Ferrara specialmente, di programmi iconografici (Palazzo Schifanoia, Studiolo di Belfiore) che rivelano l’esistenza di un dibattito attorno a temi affrontati anche dal mazzo di carte. La numerazione delle carte è in ordine contrario a quella delle lettere dell’alfabeto; le carte possono essere disposte in maniera discendente, in modo da leggere come la Causa Prima governi il creato attraverso diversi gradi, fino ad arrivare al Misero, oppure in maniera ascendente per costruire un percorso di elevazione verso la Causa Prima. Le carte costituiscono un modo di contemplazione di Dio, la cui grandezza è espressa dall’armonia che regge l’Universo. All’interno del gruppo B, al numero 37 è rappresentata la Giustizia. Essa porta con sé gli attributi canonici, bilancia non in pari (per una questione di prospettiva) e spada con la punta alta, ha lo sguardo rivolto verso lo spettatore (eccetto nella serie S, in cui è raffigurata con il volto a tre quarti) e in terra, sulla destra è accompagnata da una gru che nella zampa sollevata tiene una sfera, simbolo di cautela e abilità. La presenza di questa sfera, inoltre, potrebbe far pensare anche alla rappresentazione di una giustizia tutrix, spesso rappresentata assieme ad una sfera (poichè tutela il globo). Altro fattore interessante è la posizione della carta nel mazzo, tra Forza e Carità: sembra riprendere il principio per cui la sentenza si pronunci secondo giustizia, ma la pena sia data secondo misericordia e carità. Tarocchi Visconti-Sforza Giustizia del mazzo Visconti-Sforza, scuola di F. Zavattari, 1450 ca. Giustizia del mazzo Visconti-Sforza edito da LoScarabeo e restaurato da A. A. Atanassov, 2002 Il mazzo di Tarocchi chiamato Visconti-Sforza è il mazzo di tarocchi più antico che esista al mondo. Prima di esso, datato intorno alla metà del 1950, esistono solo alcune carte, dette naiphes o naibbe provenienti da un gioco portato in Italia dalle invasioni dei saraceni. Del mazzo Visconti Sforza esistono circa dieci-quindici versioni conservate in diverse collezioni. Non si hanno certezze sull’autore del mazzo, ma si pensa ad un allievo o ad un contemporaneo di Francesco Zavattari (si ha la certezza di ciò almeno per sei carte: la Forza, la Temperanza, le Stelle, la Luna, il Mondo). All’interno del mazzo vi sono molti riferimenti a Francesco Visconti e alla famiglia regnante, quali i motti A bon droyt (a buon diritto) e Phote mante (il faut mantenir, bisogna mantenere), e i tre anelli concatenati sulla veste dell’Imperatore e dell’imperatrice. La carta della Giustizia è divisa in due parti: nella parte superiore è raffigurato un uomo a cavallo al galoppo con armatura e spada. Presumibilmente si tratta dell’Arcangelo Michele, prototipo del cavaliere cristiano, spesso raffigurato con la spada e la bilancia a cui spetta la pesa delle anime dei morti in occasione del Giudizio Universale. Nella parte sottostante, invece, vi è la Giustizia, rappresentata con una corona sul capo, la spada con la punta verso l’alto e la bilancia. Il fondo del trono della Giustizia è stato fatto in lamina d’oro. La donna è probabilmente una rappresentazione di Bianca Maria Visconti. La Giustizia qui rappresentata è perciò di tipo divino. Nella versione restaurata da A.A. Atanassov, l’artista ha aggiunto la bordatura nera su cui ha posto nome e numero dell’arcano e ha cercato di rendere le superfici in maniera che si potesse apprezzare la lamina d’oro e la decorazione delle vesti e del manto del cavallo. Tarocchino Bolognese Il gioco dei tarocchi si è mantenuto a Bologna per quasi cinquecento anni con poche varianti del mazzo da allora ad oggi. Il mazzo è particolare, in quanto non composto da 78 carte ma da 62 ; a Bologna, infatti, si diffuse il tarocchino, un mazzo castrato, cioè privato delle carte numerali che vanno dal due al cinque per ogni seme. L’usanza di castrare il mazzo si diffuse con lo scopo di velocizzare il gioco e assicurare punteggi più alti ai giocatori. Nessuna figura è indicata dal nome, solo gli arcani maggiori sono indicati dal numero. Dal 1725, inoltre, le figure dei quattro papi (gli arcani maggiori di papa, papessa, imperatrice e imperatore) furono sostituite dai quattro mori, in quanto doveva proibirsi il fatto di giocare a carte con delle raffigurazioni del successore di San Pietro. Tutte le carte sono a figura doppia, eccetto la Ruota della Fortuna; perciò non vi è possibilità di stabilire, in caso di divinazione, se la carta è diritta o rovesciata. La carta qui esaminata fa parte di un mazzo risalente al XVIII sec. La figura della Giustizia è rappresentata da una fanciulla con bilancia in pari e spada azzurra (che indica giustizia e serietà), ma profilata di nero (che arreca danno a chi è in torto); la donna ha la testa reclinata, occhi arguti, la bocca serrata, indicante intransigenza. Porta una collana che indica carisma), il vestito color rosso, verde e giallo e la chioma fluente, indicante un forte potere sugli altri. Tarocchino di Giuseppe Maria Mitelli Questo mazzo, risalente al XVII secolo, venne eseguito dall’illustre artista bolognese Giuseppe Maria Mitelli e dedicato a Prospero Bentivoglio. Il mazzo, realizzato con delle incisioni, venne eseguito in edizioni a colori e in bianco e nero; in accordo con la tradizione bolognese, anche questo mazzo è castrato, privato, cioè, delle carte numerali che vanno dal due al cinque per ogni seme. L’usanza di castrare il mazzo si diffonde a Bologna con lo scopo di velocizzare il gioco. Il tarocchino di Mitelli è strutturato eliminando nome e numero sia per gli arcani maggiori che per le quattro carte con figure degli arcani minori; le uniche indicazioni sono quelle relative alle carte numerali. Sebbene la Giustizia sia qui rappresentata con attributi abbastanza canonici (la spada tenuta con la punta in alto e la bilancia con i piatti in pari), essa è abbigliata alla maniera classica, con la tunica aperta sul petto a mostrare un seno. Sebbene non sia un elemento molto ricorrente all’interno delle rappresentazioni medievali e moderne della Giustizia, esso viene utilizzato, a volte, come nel caso del Vasari, per rappresentarla senza macchia, pura, sincera, leale. Tarocchi Anonimi Parigini I primi mazzi di tarocchi francesi sono databili tra il 1645 e il 1660. Questo mazzo, di autore ignoto, (di solito il nome dell’autore si legge sul due di denari, ma per questo mazzo si pensa sia stato cancellato direttamente sulla matrice), è pervenuto completo di tutte le 78 carte, ma rappresenta un’eccezione nella storia dei mazzi. Sembrerebbe un mazzo ibrido: le figure sono disegnate molto accuratamente e rappresentano molte figure importanti del passato; al contrario, il colore è stato dato molto velocemente. I nomi dei diversi arcani presentano molte imprecisioni (molto spesso sembra un italiano francesizzato); riguardo, invece, ai nomi dei semi (coppe, bastoni, denari, spade) e alle figure (fante, cavallo, regina, re) le carte portano le iniziali italiane e non francesi. Le anomalie del mazzo, tuttavia, non si fermano qui: le influenze riguardanti le mani che hanno creato il mazzo fanno pensare all’Italia (per quanto riguarda la fattura arcani maggiori e la presenza del bordo a scacchi, proprio del retro di alcune carte italiane, e la presenza di insegne araldiche, nel seme di denari, dei Gonzaga e degli Strozzi), alla Germania e alla Spagna (per quanto riguarda la presenza di animali fantastici e la fattura del seme di spade). Le anomalie del mazzo si notano anche nell’iconografia delle immagini di alcuni arcani e, in particolare, nella rappresentazione dell’arcano della Giustizia: questo mazzo di area italofrancese è l’unico, nella storia dei mazzi precedenti alla contemporaneità, a raffigurare la Giustizia bendata e bifronte. Riguardo alla bifrontalità di questa figura un’analogia può essere rappresentata dalla figura della prudenza: in età moderna, infatti, essa era raffigurata sempre con due volti, uno di donna, il quale di solito si rifletteva in uno specchio, e un volto d’uomo anziano. Una rappresentazione simile di questa virtù si trova nel mazzo di tarocchi di Andrea Mantegna. La Giustizia nel mazzo anonimo parigino sembrerebbe, quindi, una fusione tra le virtù della prudenza e della giustizia. Alla benda, invece, come insegna l’evoluzione della simbologia della Giustizia, venne assegnato inizialmente il valore negativo di cecità e follia, tramutatosi, poi, in quello di imparzialità (la cecità, dunque, è diventata funzionale al ruolo della Giustizia). La benda, come attributo della rappresentazione della Giustizia, è diffuso esclusivamente in area mittleuropea, dove fioriscono le rappresentazioni (satiriche ma anche ufficiali) di giustizie bifronti. Particolare è questa Giustizia bifronte e bendata solo da un lato del frontespizio del Praxis rerum civilium, datata 1567. Tarocchi marsigliesi di N. Conver Questo mazzo, stampato a Marsiglia nel 1760 da Nicolas Conver, fa parte della serie di mazzi detti impropriamente marsigliesi. Tale denominazione risale al 1930, quando Paul Marteau decide di ristampare i tarocchi denominati fino ad allora Italiani sotto il nome di Antichi Tarocchi di Marsiglia. La nascita di questo mazzo si deve all’importazione dalla Lombardia, grazie alle truppe di Carlo VIII, del gioco dei tarocchi, che si diffuse come gioco d’azzardo subendo alcuni cambiamenti nell’iconografia: nei mazzi francesi seicenteschi, infatti, è possibile notare alcuni punti in comune tra i marsigliesi e i tarocchi italiani. All’epoca molti mazzi simili furono prodotti in tutta la Francia e Conver assieme all’incisore Grimaud, non fece altro che riprodurre il mazzo più diffuso fra i giocatori francesi. La Giustizia, coronata e seduta sul trono, porta i suoi attributi canonici di bilancia in pari e spada con la punta verso l’alto. I colori sia del trono sia delle vesti sono giallo, rosso, verde, blu e azzurro. Ogni carta, all’interno del mazzo, è accompagnata dal nome (eccetto per La Morte) posto al centro (eccetto per La Forza, in cui il nome è spostato a sinistra) e dal numero (eccetto per Il Matto, che è senza numero). Antichi Tarocchi Bolognesi Nel XVII secolo la produzione di tarocchi a Bologna raggiunse una grande fortuna e una qualità invidiabile: si producevano carte a semi italiani o francesi, minchiate, tarocchini bolognesi da 62 carte. Le botteghe che producevano carte erano molto numerose: Al Leone, Al Mondo, All’aquila, Al Soldato, All’Imperador, Alla Colomba, a cui si affiancano i nomi dei fabbricanti più famosi. Questo mazzo, bottega All’aquila, prodotto dal maestro Giacomo Zoni, risale al 1780. A differenza degli altri mazzi, non presenta le figure dei quattro mori, non presenta la figura doppia e non è un mazzo castrato. Sul due di coppe si può leggere il nome del fabbricante e sul quattro di denari l’insegna della bottega All’Aquila. Come mazzo è uno degli esemplari di tarocchi italiani che si rifanno direttamente ai mazzi di tarocchi detti marsigliesi. La Giustizia, rappresentata incoronata e alata, è raffigurata con i suoi simboli canonici, la bilancia, questa volta non in pari e la spada con la punta verso l’alto. Sia la veste sia le ali della donna sono divisi in vari riquadri e colorati in rosso, blu e verde. Tarocchi di Etteila Questo mazzo, risalente al 1785 e riconducibile ad uno stampatore ignoto, rappresenta una delle molteplici versioni derivanti dal Libro di Toth di Etteila, il primo che organizzò e sistematizzò il mazzo delle carte in modo da dare coerenza con la tradizione egizia. Dopo aver effettuato ricerche per arrivare al mazzo originario, effettuò modifiche all’ordine numerico e all’iconografia delle carte; secondo lo studioso, le prime otto carte dovevano rappresentare le fasi della creazione, le quattro seguenti rappresentavano le virtù, mentre il resto, ogni tipo di condizionamento umano (fino alla carta 22); dalla carta 23 a quella 77, invece, vi erano delle sentenze scritte per i mortali. Poco prima e in seguito alla morte di Etteila, cominciò a diffondersi il suo libro di Toth e, di conseguenza, crebbe anche la quantità di mazzi che recavano il suo nome (Grand Etteila, Grand Etteila II e III, il Tarocco Divinatorio di Papus) e il numero di persone che cominciava ad utilizzare anche i suoi metodi divinatori. La carta della Giustizia rappresenta una figura coronata e seduta su un trono di fasci littori, simbolo di Giustizia, in quanto insieme di verghe utilizzate per punire; la figura, che porta con sé gli attributi della bilancia e della spada, è identificata da Etteila con il re Salomone; non è raro infatti che la Giustizia si incarni in uno degli episodi appartenenti alla serie dei giudizi esemplari, qual è quello della diatriba, risolta da Salomone, tra due donne che si contendevano un bambino. Tarocchi Neoclassici di F. Gumppemberg I Tarocchi Neoclassici, prodotti nel 1810 nella Regia Fabbrica di carte da gioco di Milano, presentano una struttura e un’iconografia tradizionali; tutti i disegni, inoltre, sono originali e in accordo con la moda dei costumi risalente ai primi anni dell’Ottocento. Le figure, infatti, a parte alcune eccezioni, sono abbigliate secondo lo stile greco-romano (neoclassico, appunto). Anche la Giustizia, alla carta VIII, sebbene nell’iconografia non risenta di particolari trasformazioni anche rispetto ai successivi Tarocchi Lombardi, è abbigliata alla maniera classica, ma conserva la veste di colore bianco (purezza), la spada, alta, la bilancia in pari e indossa una corona a doppia merlatura sulla testa. La Sibilla Indovina Esistono diversi mazzi di carte delle sibille; quello da cui proviene questa carta fu stampato a Parigi da Grimaud e disegnato dal caricaturista Gérard, detto Grandville. Il titolo con cui fu pubblicato il mazzo è Sibilla dei salotti; questa denominazione proviene dal titolo che si attribuì durante la rivoluzione francese la cartomante Mlle. Lenomard. Dopo di lei molte donne la imitarono, proponendosi come cartomanti e dando vita a nuovi mazzi di Sibille. I mazzi delle Sibille sono strutturati in maniera variegata: vi sono rivisitazioni dei tarocchi di Etteila, variazioni del jeu du piquet, mazzo a semi francesi (cuori, quadri, fiori, picche), arricchite da immagini simboliche o mazzi che ritraggono scene di vita . In questo mazzo alla carta del re di picche e al numero sedici è associata la figura dell’uomo di legge. Il fatto che la raffigurazione del mazzo sia stata eseguita da un caricaturista, fa pensare che la figura sia sì realistica, ma forse leggermente satirica. L’uomo, probabilmente un avvocato, è raffigurato negli abiti del tempo, una tunica color beige. Tiene in mano dei fogli, e dalla posizione della mano pare che stia gesticolando e che, quindi, sia raffigurato nell’atto di pronunciare un discorso. Antichi Tarocchi Italiani Il mazzo dei Tarocchi Lombardi di Ferdinando Gumppenberg è datato 1835. L’editore, assieme all’incisore Carlo Dellarocca, decise di produrre due tipi di mazzi, uno colorato a mano (al quale appartiene il mazzo dei tarocchi Lombardi) e uno semplicemente inciso. In questo mazzo l’iconografia della Giustizia è quella classica: la figura femminile coronata, infatti, ha nella mano sinistra una spada e in quella destra una bilancia, con i piatti vuoti e in pari. È vestita di bianco e d’oro, come scrive Cesare Ripa a proposito della Giustizia esecutiva e della Giustizia secondo Aulo Gellio nell’Iconologia. La veste bianca fa riferimento all’assenza di macchia e imperfezioni. La spada, come spesso accade nelle raffigurazioni dei tarocchi italiani, è tenuta alta, simbolo di una Giustizia che non si piega e, al tempo stesso, di una Giustizia esecutiva. Tarocchi Alesteir Crowley I tarocchi di Crowley, detti anche Toth Tarot, sono stati realizzati da Crowley in collaborazione con l’artista Frieda Harris. L’esecuzione del mazzo si colloca tra il 1938 e il 1942; esso è una sintesi delle dottrine apprese da Crowley alla Golden Dawn e all’Ordo Templi Orientis. ll mazzo inizialmente venne pubblicato in bianco e nero, mentre nel 1969 in due colori (blu e rosso per il fronte e il dorso), e nel 1977 con i colori degli acquerelli originali. La carta della Giustizia, qui chiamata L’Accomodamento, numerata VIII, è strutturata in maniera complessa e accurata: nei quattro angoli vi sono quattro sfere che si equivalgono diagonalmente per colore e da cui si emanano delle onde color azzurro; il trono è strutturato tramite quattro rombi, alle cui estremità vi sono otto sfere di colori alternati tra loro; la figura, alata, indossa un copricapo a forma di doppia piuma di struzzo, dalla corona si diramano due paia di catene che reggono i due piatti della bilancia, su cui vi sono incise le lettere dell’alpha e dell’omega; la figura indossa una maschera (a metà fra la benda e la vista libera) e regge, con le mani e con la punta dei piedi, una spada con l’elsa formata da tre sfere e due mezze lune. Secondo la simbologia di Crowley ogni elemento ha un significato ben preciso che si lega agli altri e forma un’immagine unitaria. I quattro cerchi negli angoli: sfere di luce (chiare) e buio (scure), i cui raggi sono le forze che scaturiscono e reciprocamente si influenzano. Il trono: sfere e piramidi alternate tra loro stanno per la legge e la limitazione che, circondati dalle forze, mantengono l’equilibrio necessario al cosmo. La figura: rappresentata come alata e con due piume di struzzo sulla testa, riprende l’iconografia della dea egizia Ma’at. Dalla corona posta sul copricapo si diramano quattro catene, dette catene delle cause; esse reggono i piatti della bilancia. Il fatto che la dea sia mascherata viene giustificato da Crowley sia con la caratteristica dell’imparzialità sia col fatto che nel giudizio la Giustizia debba reagire all’interno, tentando di reprimere ogni impulso per evitare di scombinare l’armonia. La maschera quindi serve alla Giustizia per tenere in equilibrio, tramite i pensieri, la testa, e quindi la corona e i due piatti della bilancia. La bilancia: qui diventa simbolo dell’equilibrio tra forze interne (i pensieri e gli impulsi della figura) ed esterne (l’alpha e l’omega, l’inizio e la fine, lo spazio e il tempo). La spada: di solito nelle raffigurazioni canoniche essa è tenuta con la punta rivolta in su, mentre qui è raffigurata con la punta in giù, tenuta in equilibrio tra i piedi della figura, a simboleggiare l’equilibrio non nell’azione (spada rivolta in alto), ma nel pensiero (spada rivolta in basso e congiungentesi con la terra). Tarocchi Universali di Salvador Dali’ Il mazzo dei tarocchi Universali di Salvador Dalì, composto da 78 carte, in collaborazione con la studiosa e illustratrice Rachel Pollack, raccoglie un’immensa quantità di immagini riprese dalla storia dell’arte mondiale, le quali, risemantizzate, servono a dare un nuovo significato alle carte (il termine universali si riferisce proprio a questo, al fatto che le immagini scelte, una volta inserite in un nuovo contesto, trascendono il proprio senso iniziale per dar vita a nuovi significati). Le carte, numerate e nominate, vengono accompagnate dalla lettera dell’alfabeto ebraico corrispondente e dal simbolo zodiacale. La mano dell’artista spagnolo è evidente per lo più nella composizione degli sfondi e nella costruzione di alcune figure che sembrano, invece, originali. La carta della Giustizia è qui composta da uno sfondo ripartito in tre livelli (cielo-terra-terra), dai colori molto sgargianti (particolare l’azzurro acceso per la parte bassa), sulle quali si staglia una figura nuda e dalla ricca capigliatura (probabilmente aggiunta in un secondo momento), presumibilmente ripresa da un dipinto di Lucas Cranach, o rifatta alla sua maniera; essa porta con sé gli attributi canonici della bilancia (in pari) e della spada (con la punta in basso). Tarocchi Motherpiece Il mazzo di tarocchi Motherpeace furono disegnati alla fine degli anni ‘70 dall’antropologa Karen Vogel e dalla studiosa femminista Vicki Noble, affiancate da Lilly Hillwomyn e Cassandra Light. Il mazzo, composto da carte rotonde, presenta una iconografia che fa riferimento all’arte preistorica, alla mitologia, all’esoterismo, con contenuti vicini alla rappresentazione del mondo femminile, raffigurando anche alcune tradizioni di tipo matriarcale che si rifanno al culto della Dea Madre. L’arcano della Giustizia qui è rappresentato con una scena con tre figure al di sotto di un albero. Oltre alle tre figure sono presenti anche elementi di tipo naturale, una sorgente d’acqua sulla sinistra, un cervo sulla destra un albero e un altro animale di allevamento al centro. Quella che a prima vista può sembrare una scena estranea alla Giustizia nasconde in realtà una rappresentazione molto antica, quella dell’axis mundi, dell’albero che, collega cielo e terra, il luogo preposto allo esercizio della giustizia nell’antichità. Sotto di esso la giustizia si amministrava. Una reminiscenza dell’axis mundi è l’utilizzo del legno nei tribunali nello spazio oltre la sbarra. Tarocchi del Rinascimento Questo mazzo di tarocchi, tesi di laurea di Brian Williams e realizzati nel 1984, coniuga le tradizioni culturali e mitologiche dell’antichità classica (quindi non propriamente rinascimentale) con gli strumenti divinatori, di epoca più recente. Ogni carta è strutturata tenendo al centro la figura associata all’arcano, con in alto, negli angoli, due figure allegoriche che arricchiscono il significato della carta. In basso, invece, ad ogni carta è assegnato un numero romano, il proprio nome e la lettera corrispondente in alfabeto ebraico. Essendo, quindi, i protagonisti del mazzo dei e semidei, all’arcano della Giustizia è associata la semidea Dike “Dea della Giustizia, detta anche Astrea, figlia di Zeus e Temi, fu considerata il principio fondamentale per lo sviluppo di ogni società civile. Viveva in mezzo agli uomini durante l’età dell’oro, quando, stanca degli errori degli uomini, si trasferì in cielo diventando la costellazione della Vergine. Suo epiteto era πανοψιος ‘che tutto vede’ (www.miti3000.it).” La figura è inscritta in un’ arcata, e regge la spada, con la punta in basso e la bilancia, il cui giogo è retto dal becco di una colomba dorata, simbolo della ratio. Nelle due lunette in alto ai lati, vi sono a destra Atena, dea della prudenza e della sapienza, mentre a sinistra il suo attributo, la civetta, simbolo di sagacia. Tarocchi delle Vetrate Questo mazzo, disegnato da Luigi Scapini, riproduce sulla carta l’arte e la tecnica utilizzate per la decorazione delle vetrate dal gotico in poi. I contorni risultano netti e spessi, secondo la tecnica del cloisonnisme, i riempimenti, invece, sono dati da diversi accostamenti di colore, molto accesi, che, trapassati dalla luce, dovevano ricevere l’effetto della terza dimensione. Le 78 carte sono nominate e numerate, per quanto riguarda gli arcani maggiori, mentre per quelli minori non vi è né indicazione nominale né numerica. Luigi Scapini, come afferma nel libello allegato al mazzo, ha deciso di utilizzare il cloisonnisme proprio per tentare di restituire l’atmosfera del periodo, tardogotico, in cui i tarocchi sono nati. Secondo Scapini, infatti, i tarocchi sarebbero nati come una riflessione sul mondo e sull’universo tardomedievale e si sarebbero evoluti nel corso delle diverse epoche. Riguardo alla carta della Giustizia, essa prende spunto dal rosone nord di Notre Dame di Laon, che raffigura la Filosofia. Alla figura femminile sono associati la bilancia e la spada, il sole e la luna. Elemento particolare è la scala: dalla fine del medioevo la topologia del palazzo di giustizia cambia, si isola rispetto alla città e diventa imponente, riprendendo la conformazione del Tempio della Ragione. È in questo momento che la scala acquisisce importanza, a simboleggiare l’ingresso e il passaggio dalla città al luogo della giustizia. Tarocchi dell’Orror Questo mazzo di tarocchi, disegnato da Giovanni Maiotti e pubblicato nel 1987, presenta un vasto repertorio di personaggi e temi presenti nei migliori film e fumetti dell’orrore. Il mazzo, formato da 78 carte, presenta i 22 arcani maggiori, che raffigurano personaggi o situazioni orrorifiche, capovolgendo, e quindi stemperando, la solennità e la serietà propria della maggior parte dei mazzi di tarocchi; i 56 arcani minori, che recano la divisione in semi tradizionali, presentano la stessa immagine per le carte numerali da uno a dieci e immagini più articolate per le carte figurali. I numeri utilizzati per gli arcani maggiori sono quelli romani, mentre quelli arabi sono utilizzati per gli arcani minori. Ogni carta reca il suo nome scritto in maiuscolo con un font che simula la sgocciolatura. La Giustizia qui rappresentata è anomala: non presenta né l’attributo della bilancia né la spada; più che una Giustizia allegorica e simbolica sembra una Giustizia molto terrena, caratterizzata dalla toga (mal rattoppata), dal martelletto (inoperoso, poiché caduto giace a terra), e dalla fascia di rappresentanza. Ciò che lascia spaesati è il fatto che la Giustizia sia in realtà un manichino malridotto, che indossi una maschera, dietro la quale si nota l’espressione malevola, e che sotto la toga nasconda scheletri e ossa. Tarocchi Elemental I tarocchi Elemental, pubblicati nel 1988 da Dolphin e Doubleday, prendono il nome dal fatto che i semi degli arcani minori sono identificati , oltre che con i semi italiani, anche dagli elementi naturali ad essi corrispondenti. Anch’essi, come il mazzo Bifrost, condensano diverse tradizioni occultistiche, tentando di eliminare le varie contraddizioni che spesso si ravvisano nelle teorie legate all’interpretazione occulta dei tarocchi. Ogni carta oltre al nome e alla numerazione, reca due simboli di tipo astrologico. Le carte figurali degli arcani minori, invece, sono nominate come figlio, figlia, madre e padre. La carta della Giustizia, denominata legge, sotto reca l’iscrizione system; al centro, una figura bendata e seduta regge una spada con la punta rivolta verso il basso. La struttura circondante la figura è una bilancia, il cui perno sembra ricalcare la figura di una divinità egizia; sui due piatti, vi sono un peso (a sinistra) e una piuma di struzzo (a destra): risulta evidente il richiamo alla simbologia egizia e alla dea Ma’at. Sullo sfondo, di colore giallo acceso, che pare irradiarsi dalla figura centrale, vi sono degli occhi ordinatamente disposti; Si può procedere, perciò, articolando sul quadrato semiotico la categoria assiologica della vista: VISTA VEDENTE NON CIECO CIECO NON VEDENTE Ponendo come contrari vedente e cieco, da cui discendono i subcontrari non vedente e non cieco, si può notare che figura e sfondo non appartengono al primo asse, bensì al secondo: lo sfondo è non cieco, in quanto ad esso è demandata la funzione del vedere, mentre la figura, in quanto bendata, è non cieca: non si sa bene cosa ci sia dietro la benda che porta la Giustizia; certo è che apporre la benda è un gesto compiuto nei casi in cui il soggetto può vedere, ma non deve; è proprio questo sistema di prescrizioni e interdizioni che rende la Giustizia non cieca, bensì non vedente. In questa carta, perciò, si instaura una relazione semisimbolica: figura:sfondo=non vedente: non cieco La Giustizia, per imparzialità porta la benda; la funzione di controllo, demandata allo sfondo, è restituita con questo insieme di occhi che, moltiplicati, vigilano sull’operato della figura, garantendone l’equità. Tarocchi Wonderland I tarocchi Wonderland, del 1989, derivano, iconograficamente, dalle illustrazioni di sir John Tenniel, illustratore di Alice nel paese delle meraviglie; esse sono state riadattate e inserite nel mazzo di RiderWaite. Gli arcani maggiori del mazzo portano il nome nella striscia inferiore, mentre il numero romano nella parte superiore; gli arcani minori, divisi in macinino del pepe-bastoni, cappelli-coppe, fenicotteri-spade e ostriche-denari portano anche il seme e il numero o la lettera del corrispondente mazzo francese. La raffigurazione della Giustizia in questo mazzo fa riferimento al personaggio di papà William, protagonista della filastrocca che Alice recita in presenza del brucaliffo. I primi versi della filastrocca recitano: “Perché, papà William", disse il figlio "t'ostini a camminare a testa in giù?/La tua chioma è già bianca come un giglio, queste cose non le devi fare più"./Papà William disse: "In gioventù temevo di farmi male al cervello./Ma ora che il cervello non l'ho più, lo faccio, lo rifaccio, ed è più bello/. In questa carta papà William è raffigurato a testa in giù, mentre regge la bilancia sulla punta dei piedi. La bilancia è in pari, è la figura stessa della Giustizia che è rovesciata. Sullo sfondo, come per i tarocchi Rider-Waite, vi sono due colonne, uguali tra loro perché giustizia è equità e il panno viola, amalgama degli opposti rosso e blu. Tarocchi di Albrecht Durer Il mazzo di tarocchi ispirato ad Albrecht Dürer, realizzato da Giacinto Gaudenzi e Manfredi Toraldo nel 1990, e create in stile, con alcune figure riprese da opere dell’incisore tedesco. Ogni arcano maggiore presenta, al di sotto di ogni figura, un motto. Esaminando la carta della Giustizia, essa riporta il motto “est modus in rebus” (esiste una giusta misura nelle cose). La figura della Giustizia è qui rappresentata alata e bendata, nuda, con una bilancia nella mano sinistra e una mela nella mano destra, le catene ai polsi e un cane dormiente ai piedi. Mentre il cane sembra ripreso dall’incisione Melancholia I, la figura si ispira a un’incisione dell’artista tedesco, raffigurante Nemesi; questa era “dea della Giustizia e della vendetta, perseguitava i malvagi e coloro i quali non facevano buon uso dei doni avuti dalla sorte. Essa tormentava senza tregua chiunque infrangeva le regole” (www.miti3000.it). Gaudenzi ha rappresentato la Giustizia alla tedesca, bendata, con l’orecchio rivolto all’osservatore, la bilancia in pari e però con le catene ai polsi e una mela, attributi insoliti; la mela potrebbe essere un riferimento al peccato compiuto da Adamo ed Eva, così come le catene: non vi è giustizia libera e giusta con il peccato originale. I ventidue Tarocchi della Felicita’ I ventidue Tarocchi della Felicità è un mazzo di carte del 1991 disegnato dal ceramista Pasquale Ciliento. Il mazzo è composto dai soli 22 arcani maggiori, illustrato con la tecnica dell’acquerello e riprodotto su cartoncino in un numero limitato di esemplari. Nel libro in allegato, che contiene solo alcune informazioni sulla storia del tarocco e alcuni consigli pratici per la divinazione, non sono presenti notizie sul mazzo di carte. Sono evidenti, però, ad un primo sguardo, influenze da parte del pittore italiano Modigliani (specie nei volti) e una certa tendenza ad atmosfere oniriche. Le carte sono tutte nominate (nella parte sottostante) e numerate (all’interno delle immagini) L’arcano della Giustizia, rappresentata qui seduta su un trono ligneo con una finestrella che si apre verso lo sfondo, porta con sé gli attributi della bilancia (in pari), della spada (con la punta alta) e della civetta, attributo solitamente della dea Atena, presente anche nella carta dei Tarocchi del Rinascimento. La particolarità della carta riguarda qui la figura, che, né vedente, né bendata, è rappresentata col volto che pare di una bambola di pezza, cucito nel mezzo, con un occhio applicato nella parte destra del viso. Tarocchi Art Noveau Questo mazzo di tarocchi, illustrato da Antonella Castelli, è detto Art Nouveau poiché riprende, nella grafica, lo stile tipico degli anni a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. I motivi tipici della corrente artistica, l’uso di forme curvilinee e fluide, con un diretto richiamo alla natura, grazie alla presenza di motivi floreali, l’uso di nuovi materiali, quali il metallo, per la modellabilità, sono tutti ripresentati in questo mazzo, con un richiamo particolare all’arte e alle affiches del ceco Alfons Mucha. Il mazzo conta 78 carte, gli arcani maggiori portano il numero romano, mentre i semi degli arcani minori sono quelli italiani. Particolarità del mazzo è la presenza quasi totalizzante di figure di tipo femminile in confronto a quelle maschili, probabilmente per richiamo allo stile e alle opere Art Nouveau, in cui le figure muliebri sono preminenti. Nella carta della Giustizia manca, rispetto alle rappresentazioni canoniche, la spada. Qui la donna regge solo la bilancia, con i piatti in perfetto equilibrio e le giunture a spirale, quasi a voler dare una versione morbida e art nouveau dell’oggetto. Sul seno della donna, non coperto dal vestito, vi è una sorta di ciondolo a forma di viso, i cui capelli avvolgono la parte superiore del busto della donna. La veste, di colore celeste chiaro, è in chiara rima coloristica con i fiori alle spalle della donna. Tarocchi marsigliesi Jodorowsky-Camoin I tarocchi marsigliesi Jodorowsky-Camoin nascono dal desiderio dell’artista Alejandro Jodorowsky di voler ritrovare il mazzo di tarocchi originario, perduto nella storia a causa delle copiature e delle diverse ristampe. Dopo aver studiato i tarocchi su diversi mazzi (da quello di RaiderWaite a quello di Marteau) Jodorowsky decide di procedere al restauro, collaborando assieme a Philippe Camoin, discendente diretto di Nicolas Conver. Con l’aiuto anche della famiglia Camoin i due sono riusciti a recuperare diverse fonti su cui lavorare e attraverso cui ricostruire il tarocco marsigliese originario. Durante il restauro, scrive Jodorowsky in La via dei tarocchi, ricostruendo le carte, si è reso conto di dover riformulare la lettura che fino ad allora aveva dato a ogni arcano: secondo Jodorowky, infatti, gli arcani, nel complesso, formano un percorso unico, progressivo, ma anche di rimandi da carta a carta, da simbolo a simbolo. Nella lettura dei tarocchi Jodorowsky fonda il suo metodo sulla cabala, sulla numerologia, ma soprattutto guarda alle rappresentazioni, ascolta i tarocchi; le immagini degli arcani, secondo lui parlano, in base agli attributi che mostrano. Jodorowsky, a proposito della Giustizia scrive “La Giustizia, numero VIII simboleggia la perfezione […] L’8, nei numeri arabi è formato da due cerchi sovrapposti: perfezione in cielo e sulla terra. Nella numerologia dei tarocchi è anche un doppio quadrato: stabilità nel mondo materiale e nel mondo spirituale.” (Jodorowsky p.181) e continua “*…] ma equilibrio e perfezione non sono sinonimi di simmetria” (Jodorowksy p. 181). Questa carta, infatti, è strutturata asimmetricamente: la colonnina destra del trono è più alta e termina con una sfera, la collana sale maggiormente sul lato destro, la bilancia non è in perfetto equilibrio, poiché il gomito destro ne condiziona l’andamento, e la spada non è parallela alla colonnina del trono. La Giustizia dei tarocchi Jodorowsky-Camoin si allontana dalla rappresentazione canonica: è una giustizia che coniuga il divino (il terzo occhio posto sull’acconciatura, lo sguardo diretto negli occhi dello spettatore, l’asimmetria che necessita di un sostegno ispirato alla misericordia divina) e l’umano (la sua imperfezione quasi naturale il suo aspetto terreno). Non solo gli attributi sono importanti nella lettura di questo mazzo, ma anche i colori; il colore viola simboleggia saggezza, l’azzurro vicino alla bilancia indica la spiritualità dello spettatore, l’azzurro della lama “è essenziale, perché serve per troncare il superfluo, per separare l’utile dall’inutile” (Jodorowky, p. 182). Inoltre la mano che regge la bilancia simboleggia unità (le dita si congiungono col pollice), mentre le impronte sul lato destro del vestito indicano regalità. Tarocchi Buckland Romani Il mazzo Buckland-Romani, realizzato, come suggerisce il nome, da Ray Buckland, fondatore della Wicca americana, in collaborazione con l’illustratrice Lisanne Lake, riprende, come afferma lo stesso Buckland, le atmosfere romantiche del popolo rom. Le 78 carte non portano il nome, ma solo la numerazione, e rappresentano momenti di vita dei gitani. Ricorrente in molte carte è la ruota, in forme diverse, richiamo evidente alla bandiera rom (che invece è presente come retro delle carte). Noti ai gagé (i non rom) per il nomadismo e per la differente strutturazione sociale, i rom basano il loro ordine sull’appartenenza al clan, diviso in famiglie (allargate e non). La risoluzione delle contese, invece, è affidata a diversi sistemi di ricomposizione: triadiche, in cui un terzo interviene per dirimere la questione e il cui giudizio è vincolante; diadiche, in cui interviene comunque un terzo, il cui giudizio non è vincolante. Il sistema di valori, invece, è un sistema non scritto, che non distingue tra consuetudine e legge scritta, che si tramanda di padre in figlio ed è basato sulle relazioni interfamiliari. La carta della Giustizia, numerata con l’undici, presenta tre persone, due in basso e una terza più in alto, al centro; questa alza un pugnale, e tiene un bastone, e probabilmente è colui che dirime la controversia, poiché i due sono rivolti verso di lui. Dietro la figura centrale vi è la ruota, colorata in bianco e azzurro. Tarocchi dei Santi Nei Tarocchi dei Santi , pubblicati nel 2001, a ogni arcano maggiore è associata la figura di un santo. Oltre a presentare ogni santo con i suoi attributi iconografici, esso è raffigurato in un episodio rilevante della sua vita. Ogni carta reca nella parte inferiore il numero romano della carta, il nome del santo e il nome della carta. Gli arcani minori, invece, raffigurano storie delle vite dei santi. Il mazzo è un crogiolo di filosofia neoplatonica, gnosticismo cristiano e misticismo, associati, assieme alle vite dei santi, alla simbologia propria dei tarocchi. Per l’arcano della Giustizia è stato scelto come santo San Michele, spesso raffigurato con bilancia e spada nell’iconografia del Giudizio Universale, in quanto a lui è demandato il compito della pesa delle anime. Inoltre è qui raffigurato nell’atto di calpestare un drago, in quanto, come si legge nell’Apocalisse, egli è l'angelo che guida gli altri angeli nella battaglia contro il drago, che rappresenta il demonio. Tarocchi di Bruegel I tarocchi di Bruegel, eseguiti da Guido Zibordi Marchesi nel 2003, si ispirano alle raffigurazioni del pittore fiammingo Pieter Bruegel “il vecchio”. Nel libro che accompagna il mazzo ad ogni arcano è associato un proverbio. “Rigore e Indulgenza” è il detto associato alla carta della Giustizia. Ispirandosi all’iconografia di Bruegel, Zibordi Marchesi illustra ogni arcano con scene di vita calate spesso in un contesto quotidiano. Nel mazzo le figure protagoniste di ogni carta sono evidenziate mediante il colore, mentre lo sfondo si mantiene su toni seppiati. Nella carta della Giustizia, mentre sullo sfondo sono raffigurate scene di vita quotidiana (in alto) e un dialogo fra giudici (in basso), riconoscibili dal copricapo caratteristico, in primo piano vi sono due figure. Partendo dalla sinistra vi è la Giustizia, riconoscibile per i due attributi principali, la bilancia e la spada, accompagnata da una figura decorata d’alloro, presumibilmente la pace. La Giustizia è vestita di abiti contadini, con guanti e pettorina di metallo, su cui vi è scritto lex. Risulta, quindi, come se la Giustizia, fondamento della legge, facesse della legge stessa la sua protezione e il suo strumento d’esercizio (in quanto vi è una rima di colore tra l’armatura e gli attributi). Contrariamente a quanto ciò faccia pensare ad una giustizia calata nel quotidiano, pronta ad agire, grazie anche a strumenti solidi che ne proteggono il fondamento e l’azione, nel libretto si legge “VII – La Giustizia. Rigore e indulgenza. La giustizia è orribile e non è accompagnata dalla misericordia. Una legge sula pietra è pietra, una legge sul petto è vita.” (AAVV, I Tarocchi di Bruegel p. 19). Il passo fa riferimento ad un altro elemento presente nell’arcano: l’iscrizione sulla pietra, in basso a sinistra, della parola lex, la stessa inscritta sul petto della donna. Procedendo con il discorso delle rime coloristiche, vi è una contrapposizione interessante: periferico-seppia:centrale-colorato=legge non animata:legge animata. La legge sulla pietra, color seppia, posta nell’angolo della raffigurazione, farebbe, quindi, riferimento al discorso dei giudici, rappresentati appena dietro, mentre la legge inscritta sull’armatura della donna, in posizione centrale, a colori e posta, inoltre in un punto come il petto, vicino al cuore, il centro del corpo, sarebbe una legge viva, agente, pronta. Ultimo elemento è la figura decorata d’alloro, che segue immediatamente la Giustizia: se identificata con la pace, la lettura finale dell’arcano sembrerebbe propendere per una giustizia che, in quanto viva e agente, pronta a dirimere i conflitti, porta con sé pace, concordia e armonia. Se invece si presta attenzione alla descrizione presente nel libro, la figura decorata d’alloro potrebbe essere identificata con la misericordia, che, quindi, accompagna l’operato della giustizia, mitigandone l’azione e portando, in ogni caso, armonia, secondo il principio per cui la sentenza si pronunci secondo giustizia, ma la pena sia data secondo misericordia. Tarocchi di Leonardo da Vinci I tarocchi di Leonardo da Vinci, pubblicati dallo scarabeo nel 2003 e illustrati da Iassen Ghiusilev (per gli arcani maggiori) e A.A. Atanassov (per gli arcani minori), costituiscono una meravigliosa sintesi dell’opera di uno dei maestri del Rinascimento italiano. Formato da 78 carte, ognuna delle quali reca il nome ai quattro angoli e il numero romano al centro nella parte superiore, ha con sé diverse particolarità: nella cornice esterna, sui due lati destro e sinistro, vi sono le estremità di quelli che sembrerebbero il quadrato e il cerchio entro cui l’uomo vitruviano è inquadrato. In ogni carta degli arcani maggiori vi è anche una parte dedicata, riprendendo l’abitudine leonardesca, ad un appunto, scritto da destra verso sinistra, proprio come spesso si trova nei manoscritti e negli studi dell’artista. All’interno del mazzo ricorrono molti soggetti tratti dalle opere (La Papessa-La Gioconda, Asso di Denari-L’uomo vitruviano). Nella carta della Giustizia nell’angolo superiore destro vi è la parte dedicata all’appunto: sotto la scritta la giustizia vi è una piccola bilancia schematizzata; la figura protagonista vestita di nero e seduta porta in mano una spada con la spada verso l’alto e uno specchio, di solito attributo della prudenza, nel quale si riflette un volto canuto con le sembianze di Leonardo da Vinci stesso. Tarocchi Spirit World I tarocchi Spirit World (o Tarocchi delle Presenze), illustrati da Roberto de Angelis, nascono con l’intento di creare una sorta di terra di mezzo per esplorare i confini tra la vita reale e il mondo dell’invisibile. Ogni carta è strutturata sovrapponendo due immagini, una, a colori che fa riferimento alla vita reale, e l’altra, rappresentata quasi a mo’ di ombra, che riguarda una presenza; il mazzo è diviso in cinque: arcani maggiori – dei e i demoni potenti, bastoni – demoni minori, coppe – influenze benevole, spade – angeli, denari – spiriti antenati. Il mazzo, per quanto in stile realistico, presenta livelli differenti di comprensione e di significato; le presenze qui rappresentate sono di diverso tipo: non solo benevoli o maligni, ma di diverso tipo e con differenti caratterizzazioni (spaventosi o rassicuranti, con fattezze di tipo umano e non). La carta della Giustizia presenta qui, in primo piano e a colori, un uomo di legge che, oltre a portare la bilancia in pari e la spada alta, guarda con fare trionfante, al di fuori della cornice, in lontananza, probabilmente la scena che riguarda la presenza, la quale al fruitore viene presentata in negativo solo tramite l’ombra sullo sfondo. Si parla qui di una giustizia messa in pratica, che agisce con equità (bilancia in pari). In questa carta vengono rappresentati, tramite i simboli, sia la parte del giudizio che quella della sanzione; si assiste, perciò, ad una rappresentazione completa della Giustizia. Tarocchi Transparent I tarocchi Transparent, creati da Emily Carding, sono un mazzo davvero innovativo: ogni carta è formata da un’immagine centrale e da una cornice esterna divisa in sezioni sulla parte inferiore e superiore e non divisa sui lati. Gli arcani maggiori sono costituiti per lo più da immagini simboliche molto semplificate, gli arcani minori invece recano figure umane (di media grandezza per le carte con re, regina, cavaliere e fante, di piccola grandezza per le carte numerali.) La particolarità di questo mazzo sta nel fatto che le carte sono effettivamente trasparenti. Ciò spiega molto riguardo la stilizzazione delle figure che, poiché sovrapponibili, possono essere combinate insieme e dare vita a unioni uniche. La carta della Giustizia raffigura i due attributi che di solito accompagnano la figura femminile: una bilancia molto stilizzata, con una leva molto flessibile che è retta al centro dalla punta della spada. Sebbene la bilancia sia perfettamente in equilibrio e la carta in sé non faccia pensare che non vi sia equità, il fatto che la punta della spada sia la responsabile dell’equilibrio è un fatto non indifferente: è un equilibrio precario e, in un certo senso, doloroso: fa pensare che solo la punizione, rappresentata attraverso lo strumento tramite cui essa viene esercitata, sia la responsabili e il garante di equità e di giustizia stessa. Tarocchi Tattoed seme. I tarocchi Tattoed, pubblicati nel 2006 e illustrati da Cristiano Spadoni, sono un mazzo di 78 carte, con la particolarità per cui ogni carta, e ogni figura recano un simbolo tatuato. Il mazzo è strutturato in maniera diversa tra arcani maggiori e minori: i 22 trionfi sono tutti decorati con una figura che, stagliandosi su uno sfondo abbastanza astratto e poco dettagliato, porta sulla sua pelle il tatuaggio del trionfo corrispondente dal mazzo marsigliese, e uno o più simboli legati alla rappresentazione della carta. Gli arcani minori, invece, sono divisi in quattro semi di tipo italiano, che sono contrassegnati ognuno da un colore diverso (giallo arancio-denari, celeste-spade, azzurro-coppe, rosso-bastoni) e recano, oltre alla figura tatuata, anche il simbolo che le è stato assegnato; i simboli e i colori sono assegnati tematicamente in base al significato generale attribuito a ogni La carta della Giustizia reca una figura femminile bendata che regge una spada con la punta in alto. Sopra di essa, nel cielo color giallo-arancio, vi è la bilancia, retta da nessuno, e in pari. L’aspetto interessante di questa carta è la mise en abyme a cui si assiste: lo sfondo, il primo livello, è una Giustizia in quanto contiene l’elemento bilancia; la figura, bendata e con la spada, contenuta dallo sfondo, è a sua volta una Giustizia che ne contiene una terza, del tatuaggio, in cui si riverberano i simboli presenti nei due livelli superiori, e in cui si fa riferimento ad uno dei mazzi più conosciuti, quello dei tarocchi marsigliesi. Tarocchi Bifrost I tarocchi Bifrost sono il frutto di diverse tradizioni occultistiche, gli insegnamenti della Golden Dawn con le influenze di Aleister Crowley, Rider-Waite, Timothy Leary e Anton LaVey. Il mazzo rispecchia la fusione delle differenti correnti di pensiero dell’occulto e dell’alchimia e si presenta come la rappresentazione di un microcosmo che riflette le tendenze dell’universo dell’uomo contemporaneo. Le 78 carte presentano la denominazione sotto, mentre la numerazione è posta sopra, in numeri romani per quanto riguarda gli arcani maggiori. La carta della Giustizia riprende, nella disposizione generale, la carta dell’Accomodamento nel mazzo di Aleister Crowley. Nella carta della Giustizia la figura femminile è racchiusa da quattro nuvole, simili alle sfere dell’Accomodamento; essa è bendata, indossa una tunica color turchese ed è inscritta in un rombo, formato dai piatti della bilancia e dai loro prolungamenti. Porta in mano la spada con la punta in basso tenuta tra i piedi, e un libro, simbolo della legge scritta. Sui piatti vi sono i simboli dell’alpha e dell’omega, mentre ciò che regge la bilancia, è un cerchio di metallo in cui vi è il simbolo dello yin e dello yang, dell’equilibrio. Tarocchi Shadowscapes Il mazzo di carte Shadowscapes, illustrato da Stephanie Pui-Mun Law con la tecnica dell’acquerello in stile fantasy, mostra un mondo popolato da donne-fate, uomini-elfi, abitanti di mondi lontani legati al mondo dei boschi e delle foreste, dei castelli incantati, e degli animali fantastici. Le atmosfere sembrano tutte sospese, le figure sono filiformi e fragili, i colori delicati. Sia gli arcani maggiori che quelli minori (comprese le figure di corte), non sono né numerati né nominati (probabilmente ciò lo rende un mazzo poco intuitivo), anche se le 56 carte minori sono divise nei quattro semi italiani e ad ogni seme sono assegnati un ambiente e un colore predominanti (verde foresta-denari, viola-spade, celeste marecoppe e rosso montagna-bastoni). La carta della Giustizia presenta una figura femminile e alata, che sembra ricordare la figura mitologica di Nemesi. Quasi sospesa nell’aria, vicino ad un ramo e circondata da uno sciame di farfalle colorate, essa porta con sé la bilancia, in pari, intorno alla quale si concentra lo sciame e una piuma: dalla fisionomia non sembrerebbe la piuma di struzzo della dea Ma’at, ma probabilmente contiene comunque il riferimento; inoltre sulla fronte della donna sembra esserci un terzo occhio. Conclusioni Nel tentativo di tracciare alcune conclusioni, per una storia spaziale e temporale degli attributi e della rappresentazione della Giustizia, si nota subito come dalla loro comparsa (metà del 1400 circa), in ambito strettamente italiano, fino alla loro esportazione in Francia (metà del 1600 circa, con i Tarocchi Anonimi Parigini), gli attributi utilizzati e mantenuti siano quelli canonici, per quanto riguarda l’ambito sud-europeo: la bilancia e la spada. È proprio con la diffusione in ambito francese che la faccenda si complica: i Tarocchi Anonimi Parigini, che indicano quasi un punto di svolta, appaiono già una commistione interessante: la Giustizia, con i due attributi canonici della bilancia e della spada, viene arricchita dal volto bifronte (attributo della Prudenza), e dalla benda: questo attributo, proveniente dal nord Europa, presente in questo mazzo, è il primo caso di contaminazione della rappresentazione della Giustizia. Altro sintomo di remix è il fatto che i tarocchi importati in Francia, chiamati italiani, pian piano assumono la denominazione di marsigliesi, dando vita ad uno dei mazzi più famosi della storia del tarocco. È, infine, molto naturale parlare di remix nel momento in cui entrano in gioco diversi fattori abbastanza determinanti, quali l’inizio della tradizione occultistica e la creazione di un’infinità di mazzi in rapporto a quanti sono i maestri e i cartomanti, una contaminazione tra arte e tarocchi, che porta molti artisti e illustratori a contatto con questo supporto e infine la produzione di mazzi, sia proveniente dagli Stati Uniti, che per gli Stati Uniti. Diffusione della cartomanzia: con la diffusione della cartomanzia e con la creazione, quasi personalizzata, di carte diverse a seconda del maestro cartomante, si assiste ad una crescita numerica dei diversi mazzi, cui corrisponde una varietà nella composizione delle figure, che devono quadrare con gli insegnamenti di ogni occultista; Diffusione dei mazzi d’artista: anche la diffusione di questo supporto presso gli artisti incrementa il numero della produzione di mazzi; i tarocchi, in più, diventano luogo privilegiato di riflessione sui simboli e sugli attributi da utilizzare nelle rappresentazioni. Produzione U.S.A.: anche il luogo in cui vengono prodotti e per cui vengono prodotti influenza i mazzi; da sempre gli Stati Uniti vengono considerati il luogo del meltin’ pot culturale per antonomasia. Così, mentre tra ‘700 e ‘800 si può notare ancora a un largo utilizzo degli attributi canonici, riadattati per le diverse mode occultistiche (quella egizianista ad esempio), tra fine ‘800 e ‘900, fino ai giorni nostri, si assiste a diversi cambiamenti: la benda compare molto più spesso, indifferentemente dal luogo di produzione del mazzo, mentre prima era un attributo prettamente nordeuropeo; vi sono diverse tendenze di arricchimento dei mazzi, con il recupero di altri attributi (ad esempio la civetta, il ricorso alla mitologia), si assiste a delle varianti anche ironiche e giocose (Tarocchi dell’Orror). Ad un’abbondanza di attributi da un lato, inoltre, corrisponde, dall’altro, una riduzione minimale del simbolo (Tarocchi Transparent). Vi è, inoltre, un rinnovato interesse per il tarocco, tale da avviare operazioni di restauro di diversi mazzi, o di ricerche delle iconografie originali. In questo filone si iscrive la pubblicazione di diversi mazzi d’artista (come ad esempio quello di Dürer o quello di Bruegel), illustrati alla maniera di. La varietà dei risultati fin’ora considerati, in ultimo, deriva da un’analisi occidentale del fenomeno. Per criteri di ritaglio del testo, infatti, si è scelto dall’inizio di escludere una ricerca in ambito orientale, sebbene i mazzi e le rappresentazioni della Giustizia ci siano e vengano declinate in maniera a volte del tutto diversa. Rimane questo, infatti, un punto da esplorare, nel tentativo di arricchire sempre più questo panorama di ricerca. Bibliografia e Webografia -AAVV, 2001, L’arte dei tarocchi, Fabbri, Milano. -Banzhaf, A.H., 1991, Der Crowley Tarot, Hugendubel Verlang, Munchen, tr. it., I tarocchi di Crowley, Hermes edizioni, Roma, 1996. -Ingallati, M.L., 2008, I tarocchi parlano: storia e metodo per conoscere e imparare il Tarocchino di Bologna, Pendragon, Bologna. -Jodorowsky, A., Costa, M., 2004, La via del tarot, Random House Spanish, tr. it., La via dei tarocchi, Feltrinelli, Milano, 2005. -Vitali, A., Zanetti, T., 2005, Il tarocchino di Bologna: storia, iconografia, divinazione dal 15. al 20. secolo, Martina, Bologna. http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/rom/marchi/cap3.htm http://www.aecletic.net http://taroteca.multiply.com/ http://www.tarotpedia.com http://trionfi.com