Maggio 2012
A cura dello Spi-Cgil dell’Emilia-Romagna
Speciale
Reggio Emilia
donne & diritti
articolo 18 bilancio sociale
fratelli cervi
amore
Argentovivo | pagine.
In primo piano
I Diritti della Cgil
e i rovesci di Monti
h Maurizio Fabbri
Segretario generale Spi-Cgil Emilia-Romagna
La vicenda politica italiana ci costringe,
settimana dopo settimana, quasi giorno per
giorno, ad avere una straordinaria attenzione
a quanto sta accadendo attorno a questo
“strano” governo tecnico. Perché la battaglia
contro lo stravolgimento dello stato sociale
si fa passo dopo passo e sulle cose concrete
Il
processo che si è sviluppato attorno agli interventi
legislativi sulle pensioni e sul mercato del lavoro
è stato un gioco complesso, che ha visto momenti
di disponibilità alla trattativa da parte dell’esecutivo susseguirsi a irrigidimenti in parte inspiegabili. È per questo
che la Cgil ha fatto uno straordinario lavoro quotidiano per
non abbassare la guardia e per cercare di guardare alle
cose concrete, agli interessi veri dei lavoratori e dei pensionati.
Oggi possiamo aggiungere un ulteriore tassello alla nostra analisi, guardando a come si è sviluppata la trattativa sull’articolo
18 e guardando indietro a come si è mosso complessivamente
sui temi sociali il governo.
Tutto ci indica che da parte del governo Monti (liberale e di
destra, anche se appoggiato in nome dell’emergenza finanQuesto numero di Argentovivo è interamente illustrato da fotografie di Giovanni Salvarani, 23 anni, reggiano.
Giovanni, che studia sociologia all’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, ci ha spiegato: “Uso il mezzo fotografico
come strumento di analisi dell’evoluzione sociale. Preferisco
l’analogico (la pellicola), ma utilizzo anche fotocamere digitali.
In queste pagine ho voluto documentare diversi aspetti di Reggio Emilia, sia in centro che nella periferia ancora agricola”. I
suoi scatti sono visibili su Flickr all’indirizzo: http://flickr.com/
giosalvarani
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ziaria da gran parte del centro-sinistra) è in atto un tentativo
di cambiare il sistema complessivo delle tutele universali,
facendo leva proprio sulla pesante crisi economica che stiamo attraversando e sull’incapacità di gran parte del sistema
politico di dare risposte convincenti e serie.
Sul piano del welfare questo vuol dire passare a un modello tutto di tipo anglosassone, basato in pratica sul sistema assicurativo. Una sorta di “fai da te”, in cui le tutele
vengono a ridursi in modo drammatico e in cui soprattutto
si esce dall’idea di universalità. Le risorse pubbliche vengono così finalizzate alla quantità e non all’universalità
del trattamento. Se noi come sindacato non combattiamo
questo processo, chi diventerà immediatamente più debole sono i giovani che faranno fatica ad avere una pensione
se dovranno costruirsi un proprio sistema di protezione
(attraverso, per intenderci, sistemi di welfare aziendale o
assicurativi privati), ma anche tanti pensionati. Oggi una
gran parte della popolazione è abbastanza garantita da sistemi di protezione pubblica sul piano sanitario e sociale;
ma se domani non dovessimo più averli i pensionati, che
oggi percepiscono pensioni medie di 1000 euro, saranno
trascinati in pochi anni nelle fasce della povertà.
Lo scontro in atto è ben più grande di noi, si gioca nell’intera Europa, in Francia e in Germania. In Italia si attacca la
sinistra e la Cgil perché forse hanno un disegno sociale ed
economico alternativo a questa destra. In questo senso va
letta l’accelerazione che c’è stata, quando ancor prima del
merito dell’articolo 18 è stata attaccata la concertazione e
il ruolo generale del sindacato confederale.
È questo il vero attacco alla Costituzione: se non si riconosce che siamo portatori di interessi generali, non ci si deve
preoccupare neanche della democrazia e della rappresentanza del sindacato. È evidente che abbiamo di fronte uno
scontro politico decisivo che per ora è stato stoppato dal
no della Cgil prima e del Pd poi, e soprattutto da una forte
condivisione alle nostre proposte che vanno ben oltre la
nostra rappresentanza. Si è prodotto un primo importante
risultato, il possibile reintegro dei lavoratori nei licenziamenti per ragioni economiche. Un risultato importante
che ha unito i sindacati, dimostrando che si può riformare
garantendo i diritti ai lavoratori. Si può cambiare quindi,
ma l’epilogo lo avremo solo nelle elezioni del 2013. E’ lì
che si deciderà se imbocchiamo una strada alternativa a
questa destra liberista. È per questo che dobbiamo continuare a tenere molto alta l’attenzione, a seguire giorno
per giorno l’evoluzione dell’azione del governo e del parlamento, perché arretramenti sono sempre dietro l’angolo, con nostre proposte e rappresentando i crescenti
bisogni sociali.
È indispensabile che il sindacato dei
pensionati prenda in mano la bandiera della difesa del reddito e della
condizione dei pensionati, rilanciando il fondo nazionale per la non autosufficienza, che fa tutt’uno con la
battaglia di chi vuole difendere l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori
e il sistema di welfare universale. È
su questa base che va ripresa l’iniziativa dei pensionati. Un’iniziativa
che è a difesa delle tutele collettive.
Lo faremo con una presenza e una
mobilitazione costante sul territorio, possibilmente unitaria, con gli
attivi di distretto, con il confronto
quotidiano con i partiti, le istituzioni locali, le associazioni. Non siamo
certo noi a cercare l’esasperazione
sociale, rifiutiamo i movimenti come
i cosiddetti “Forconi”. Ma non risparmieremo una singola occasione
per opporci allo stravolgimento del
patto sociale, all’attacco forsennato
ai diritti di tutti.
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Articolo 18,
dalla parte della legge
Luigi Mariucci insegna diritto del lavoro
alla Università di Venezia-Ca’ Foscari
ed è responsabile sui temi lavoro
dell’esecutivo PD dell’Emilia-Romagna. A
lui, autore tra l’altro di numerosi articoli
sull’Unità sull’articolo 18, abbiamo
chiesto di aiutarci a capire perché è così
fondamentale la difesa di questa parte
dello statuto dei lavoratori
“L
’articolo 18 introduce una tutela contro i licenziamenti ingiustificati ed estende ai rapporti di lavoro un principio che è normale in
giurisprudenza e cioè che quando un atto è illegittimo
quell’atto va abrogato e va ricostituita la situazione di
partenza. Nel rapporto di lavoro questo si chiama reintegrazione. La tutela contro i licenziamenti ingiustificati ha
naturalmente una funzione di deterrenza nei confronti
di ogni possibile abuso nella gestione del rapporto di lavoro e rende più forte il lavoratore in corso di rapporto,
proprio al fine di rendere esigibili i suoi diritti in materia
di professionalità, salute e sicurezza, retribuzione. Per
questo l’articolo 18 costituisce un principio di civiltà giuridica.
Quindi è del tutto infondato pensare che questa norma
debba essere cambiata per aumentare l’occupazione,
perché se bastasse restituire ai datori di lavoro la libertà di licenziamento come si fa per esempio negli Stati
Uniti là ci dovrebbe essere il pieno impiego, invece ci
sono una ventina di milioni di disoccupati. La campagna
contro l’articolo 18 è una campagna strumentale, sbagliata. Su questo punto il governo Monti ha fatto una forzatura incomprensibile visto che si possono introdurre
modifiche rendendo più funzionale l’applicazione della
norma”.
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Professore, si parla molto in questo periodo di confronti
tra modelli diversi, di modello tedesco e di modello anglosassone. L’Italia come si colloca?
“Ogni modello ha una sua struttura, noi in Italia dobbiamo
decidere se andiamo verso assetti e sistemi di tipo mercatista, fondati sul primato assoluto del mercato rispetto ai
diritti, o invece verso sistemi che proprio di fronte alle sfide
della globalizzazione mantengono un equilibrio tra le esigenze dell’impresa e la dignità del lavoro. Da questo punto
di vista io ritengo che l’ispirazione più giusta sia il sistema
tedesco che non a caso è fondato su meccanismi forti di cooperazione e di co-determinazione, cominciando dal fatto
che nelle società per azioni i rappresentanti dei lavoratori
siedono nei consigli di sorveglianza e il fatto che in tutte le
aziende i lavoratori eleggono un consiglio aziendale che ha
notevoli poteri di intervento sulle politiche dell’impresa. Poi
credo che sia anche utile ispirarsi alla disciplina tedesca in
materia di tutela contro i licenziamenti ingiustificati. Naturalmente deve essere un’ispirazione vera.
Nel senso che nel sistema tedesco prima di fare un licenziamento il datore di lavoro deve chiedere un parere al consiglio
aziendale cioè all’organo di rappresentanza di tutti i lavoratori. E già qui si apre un problema perché in Italia ancora
dobbiamo introdurre regole in materia di democrazia della
rappresentanza sindacale. In Italia siamo al punto che devono intervenire i giudici per restituire alla Fiom-Cgil il diritto di
utilizzare i diritti sindacali sul luogo di lavoro, alla Fiat.
Il secondo punto è che in ogni caso per ogni tipo di licenziamento è il giudice che valuta se alla fine disporre
un indennizzo o una reintegrazione e questa valutazione viene fatta sentendo sia il lavoratore che il datore di
lavoro su un piede di pari dignità. Prevedere invece la
liberalizzazione dei licenziamenti economici, come è fin
qui la proposta del governo Monti, consente invece un
margine molto ampio a forme di abuso e al ricorso ai licenziamenti arbitrari, definiti formalmente come licenziamenti economici”.
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“Su questa cosa della magistratura e dei giudici in Italia
bisogna che ci mettiamo d’accordo perché nessuno può
impedire al cittadino di ricorrere al giudice per la tutela
dei propri diritti e interessi, e lo dice una norma della Costituzione, l’articolo 24. Dopo di che, visti i problemi di
tempi della giustizia, in particolare della giustizia del lavoro c’è una legge del 1973 sul processo del lavoro che è
largamente disapplicata, dobbiamo intervenire su questo.
Non si capisce perché in alcuni distretti giudiziari le cause di lavoro abbiano dei tempi ragionevoli e in altri tempi
interminabili. Io penso che in materia di controversia sui
licenziamenti si debbano introdurre procedure speciali
dirette ad accelerare le controversie. E, ultima istanza,
nessuno può togliere il diritto di un lavoratore come di un
qualsiasi cittadino di ricorrere al proprio giudice naturale,
come dice la Costituzione”.
Il dibattito sulla riforma del lavoro ha suscitato molta
confusione all’inizio e molta perplessità poi sull’operato
del governo. Cosa secondo lei è necessario fare per affrontare la crisi economica e finanziaria?
“In Italia le cose più importanti oggi sono due. Garantire
meccanismi di sostegno al reddito dei lavoratori che stanno perdendo il lavoro perché il problema in Italia è la mancanza di lavoro, la crescita della disoccupazione. In secondo luogo introdurre meccanismi efficaci di contrasto alla
precarietà, perché i giovani e le donne soprattutto cercano
lavoro, non lo trovano e quando lo trovano, trovano lavori
“cattivi”, precari. Qui la proposta del Governo introduce
alcune misure, a mio giudizio insufficienti e inadeguate,
e quindi anche questa parte deve essere modificata e in
ogni caso deve essere modificata la proposta in materia di
articolo 18. Occorre garantire la parità di trattamento per
ogni tipo di licenziamento sia esso licenziamento per giustificato motivo soggettivo, cioè per ragioni disciplinari, o
per motivi economici”.
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Ma in Italia, non è solo questione di regole ma anche
di un sistema giudiziario che deve applicarle e che non
sembra adeguato.
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Cgil Emilia-Romagna
“Rendersi conto
per rendere conto”
È lo slogan che ha ispirato la costruzione
del primo bilancio sociale della Cgil EmiliaRomagna, un gioco di parole che potrebbe essere
tradotto in un concetto semplice: trasparenza
h Mayda Guerzoni
Il
senso dell’operazione bilancio sociale è quello di
mettere sotto la lente di ingrandimento la macchina Cgil, le forme e i modi del suo funzionamento,
in rapporto alle scelte politiche, alle risorse e ai risultati,
per renderla più trasparente sia al proprio interno che
fuori. Un impegno assunto alla conferenza di organizzazione del 2008, poi realizzato nel solco indicato dalla
Cgil nazionale e con l’assistenza della società di consulenza Re.Fe. di Milano. Nell’insieme sono stati necessari
sei-sette mesi di lavoro, svolto da un apposito gruppo
di progetto, rappresentativo del dipartimento organizzazione, dell’amministrazione, delle categorie regionali.
Il percorso è stato partecipato ma non senza ostacoli,
come spiega Pietro Bellucci, segretario organizzativo
della Cgil Emilia-Romagna, perché “la rendicontazione
sociale non è un fatto tecnico-contabile, da delegare agli
uffici amministrativi: è prima di tutto un processo culturale, complesso e faticoso.“
C’è una novità importante, nel bilancio sociale della Cgil
Emilia-Romagna, rispetto alle esperienze di altre strutture
regionali, ovvero il tentativo di rendicontare non la singola struttura ma la confederalità, con l’analisi integrata
dell’intero sistema Cgil della regione. L’obiettivo sarà realizzato in due fasi. Per adesso si indagano la confederazio-
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ne e le categorie regionali, Spi compreso, insieme a Caaf
e patronato Inca, con qualche anticipazione dalle camere
del lavoro, come i dati sui servizi di tutela individuale,
tesseramento, contribuzione sindacale, delegati sui posti
di lavoro. La seconda fase comprenderà anche le undici
camere del lavoro territoriali. Il tutto con il traguardo del
prossimo congresso.
Il bilancio sociale – raccolto in una pubblicazione che sarà
distribuita al gruppo dirigente e agli interlocutori istituzionali e sociali - è suddiviso in tre grandi sezioni. La prima
riguarda l’Identità: storia, valori, missione, soggetti sociali rappresentati, contesto socio economico, mappa del
sistema Cgil sul territorio. Nella sezione “Organizzazione
e risorse” si illustrano i mezzi umani e finanziari a disposizione, gruppi dirigenti e personale con relative competenze, formazione, trattamento, bilancio economico. Da
ultimo si parla di “Obiettivi, attività, risultati” a proposito
delle funzioni “istituzionali” della Cgil: contrattazione,
politiche del lavoro e di sviluppo; tesseramento e rappresentatività; tutela individuale e servizi; informazione e
comunicazione.
Sul tema “sensibile” del finanziamento si è compiuta una
scelta di grande chiarezza. “Di fronte alle campagne denigratorie scatenate contro la Cgil, accusata – sottolinea
Bellucci - di essere assistita dal denaro pubblico, abbiamo dato l’unica risposta vera, spalancando le porte per
metterci in piazza senza timori, perché siamo un’organizzazione sana e pulita. Risulta infatti lampante, con tanto
di numeri e grafici, che i nostri veri finanziatori in Emilia
Romagna sono gli iscritti, attivi e pensionati, che nel 2011
Cgil Emilia-Romagna
considera la tutela collettiva e
quella individuale come due
facce della stessa medaglia,
da tenere sempre strettamente
legate nelle scelte e nell’iniziativa politica; che rivendica un
ruolo forte nella realtà della regione e intende spenderlo nella
costruzione delle strategie per
superare la crisi. Su questa
strada sarà determinante la
traduzione pratica del “patto
per lo sviluppo” sottoscritto in
novembre con la Regione e tutti
gli attori sociali ed economici. Il
documento ne richiama le linee
essenziali ed elenca obiettivi e
attività che i dipartimenti e le
categorie regionali si propongono per perseguire la crescita e
l’occupazione, per combattere
le disuguaglianze.
La Cgil regionale si è misurata
insomma con il proprio modo di
lavorare, incontrando difficoltà
che non vanno sottovalutate:
una certa disomogeneità nella
gestione dei bilanci, pratiche
operative spesso a compartimenti stagni, banche dati da
aggiornare come quella sulla
contrattazione. Ma Bellucci
elenca con orgoglio gli aspetti
nettamente positivi messi in
luce: la completa certificazione del tesseramento (809.236
iscritti nel 2011) e dunque della rappresentanza; la capacità
storica di radicamento territoriale consolidata negli anni
(504 le sedi in regione); un
patrimonio di oltre diecimila
delegati nei luoghi di lavoro;
una mole invidiabile di contrattazione prodotta.
“Abbiamo compiuto un grande
viaggio dentro il corpo vivo della nostra struttura – commenta
il segretario generale regionale
Vincenzo Colla – che viene illustrata in modo ordinato e sistemico, semplice e comprensibile, negli aspetti di efficacia ma
senza nascondere le debolezze.
Sono convinto che il bilancio
sociale debba diventare tratto
distintivo di una nuova cultura
organizzativa, dove la trasparenza costituisce un valore di
fondo.”
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hanno contribuito con l’81,6%
del totale dei proventi.” Un
apporto in crescita di tre punti
rispetto al 2009, conseguito
attraverso la trattenuta mensile
in busta paga o sulla pensione
(1% per i lavoratori attivi, tra lo
0,35% e lo 0,50% per i pensionati), autorizzata da una specifica delega.
Molto in sintesi, dal bilancio
sociale si può tirare qualche
somma: la Cgil emiliano-romagnola è un sindacato che
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Speciale territori /Reggio Emilia
È proprio qui
la festa
Per lo Spi reggiano festeggiare
Liberetà tra Casa Cervi e le piazze
della città è più che un traguardo.
Vuol dire raccogliere i frutti di anni
di relazioni importanti con la società
cittadina, di impegno a favore dei
più deboli, di un’attività intensa e
capillare che ne ha fatto uno dei
territori più forti del sindacato
pensionati emiliano-romagnolo
L
a strada che in questo difficile 2012 porta alla festa
nazionale di Liberetà arriva dritta a Reggio Emilia,
passando però prima da un luogo simbolo della
Resistenza e dell’intera storia italiana: il Museo Cervi, anzi casa Cervi dove papà Alcide vide nascere e poi
strappare alla vita dai fascisti i suoi sette figli.
Un passaggio non retorico né scontato. Ce lo racconta
Marzia Dall’Aglio, segretaria dello Spi reggiano, tirando fuori dal suo armadio un libretto prezioso che ha ormai vent’anni: “Non c’era tempo di piangere”, il diario
“minimo” di Margherita, una delle donne di casa Cervi
(vedova di uno dei fratelli fucilati dai fascisti). A intercalare i ricordi di Margherita le tavole bellissime fatte
per l’occasione da Nani Tedeschi e conservate al terzo piano della Camera del Lavoro di Reggio.
È da allora che la strada dello Spi di Reggio (e della stessa Marzia, che viene proprio da Gattatico) si incrociano
con casa Cervi. La lotta partigiana diventa nel dopoguerra la testimonianza dei valori che hanno fatto nascere la
Repubblica, democrazia e lavoro innanzitutto, i due assi portanti della famiglia Cervi e della loro vicenda.
È così che l’idea, che è stata di Carla Cantone, di portare la festa di Liberetà nella bassa emiliana si è concretizzata
subito, perché il terreno è fertile. Reggio Emilia e la sua provincia sono una realtà complessa, di cooperative e lotte
partigiane, di grandi personaggi politici. Una complessità in cui spiccano alcune figure di donne (prima tra tutte
Nilde Jotti) e poi sindache e presidenti donne di provincia. La stessa Marzia Dall’Aglio è la prima (e finora unica)
segretaria donna di una categoria della Camera del Lavoro, e non a caso una categoria che si chiama Spi. Quello
che a maggio porta alla festa di Liberetà è un percorso lungo quindi di cui oggi si vedono i frutti, in una stagione
italiana in cui proprio le donne hanno un ruolo forte e trainante. Un valore aggiunto, come si dice, valori rinnovati
che le donne posso portare anche in Cgil.
Uno Spi che davvero serva di supporto ai problemi della gente, che stia loro vicino a risolvere nella pratica i problemi. Un obiettivo che ha un taglio diverso rispetto al passato e questo caratterizza lo Spi di Reggio Emilia guidato
da una donna. Un taglio improntato si potrebbe dire alla concretezza femminile.
Le donne portano il loro vissuto in campo politico e sindacale, un vissuto fatto soprattutto di situazioni quotidiane
da risolvere, di grande concretezza e anche in qualche modo di maggior semplicità. Che non vuol dire ridurre a
nulla o a poco, ma semplificare i problemi per cercare di risolverli.
La “cifra” della segretaria è stata sin dal suo discorso programmatico quella della collegialità, unita alla trasparenza. Mai più decisioni calate dall’alto, ma grande partecipazione di tutti e chiarezza della discussione.
Lo Spi di Reggio ha una percentuale di rappresentanza degli anziani tra le più alte d’Italia. “Siamo credo uno dei
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Speciale territori /Reggio Emilia
territori più forti – dice Marzia Dall’Aglio – e ci sono alcuni fattori precisi che l’hanno reso così forte. Anzitutto
la scelta dello Spi di essere presente in modo capillare.
Siamo il terminale della Cgil in tutti i comuni della provincia, ma non solo: anche nella città siamo presenti
con ben otto leghe. L’altro fattore di forza è la qualità
del lavoro che viene svolto dal patronato Inca, che è per
noi un patrimonio straordinario”.
Rispetto agli altri territori, dove il 60% circa degli iscritti è fatto dalle leghe, a Reggio ben l’80% degli iscritti
proviene dal patronato. E questo perché Spi e Inca lavorano strettamente insieme (non solo con il contributo di sedi e fondi dello Spi). Un’accoppiata vincente la
definisce Marzia. Che guarda anche al difficile futuro
dei pensionati.
È una “sfida” (in senso positivo) anche nei confronti
della Cgil: va bene la politica contrattuale come “cuore
pulsante” del sindacato ma i servizi devono diventare
più centrali alla politica del sindacato.
Un sindacato che fa politica non solo per gli anziani ma
per tutte le persone. Memoria, immigrazione e anziani, badanti: lo Spi di Reggio è attivissimo, impegnato
a tempo pieno su molti fronti. Quello che però considera il suo fiore all’occhiello è il rapporto con le giovani
generazioni, a partire dalla presenza nelle scuole. Per
esempio il progetto sulla sicurezza stradale, che non è
solo un’iniziativa importante e di successo, ma serve
anche a far capire cosa è e cosa fa lo Spi. Il senso è
quello però di trasmettere valori ai bambini nelle scuole, valori che vanno dalla Memoria al rapporto sereno
tra i bambini e gli uomini in “divisa”, le istituzioni.
E poi lo Spi, all’interno della Cgil, è sempre stato in prima linea sui temi del lavoro ai giovani, della precarietà
senza mai fare battaglie solo ed esclusivamente per le
persone anziane. “Anche nei confronti con i comuni –
spiega Marzia - nella contrattazione sociale non parliamo mai solo di questioni che attengono agli anziani. Lo
Spi chiede diritti per tutti, dalle scuole per l’infanzia
fino alle strutture per gli anziani non autosufficienti”.
Diritti di cittadinanza, concetto chiave che parte proprio dal rivendicare politiche per tutte le generazioni.
È una scelta molto politica perché è rivolta al benessere dell’intera comunità, al funzionamento di un sistema. Tra l’altro il sindacato pensionati anche a Reggio
è l’unica categoria che riesce a sviluppare piattaforme
unitarie. Spesso quelle sintonie che Cgil Cisl e Uil non
trovano, i sindacati pensionati le realizzano sul terreno del welfare. “Non ci siamo mai divisi – dice Marzia
Dall’Aglio – sui temi che attengono al benessere delle
persone.”
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Speciale territori /Reggio Emilia
Un sindacato
a tutto campo
Sono tanti i temi sui quali lo Spi di Reggio Emilia è impegnato.
Dall’informazione su previdenza e fisco, destinata a tutta la
cittadinanza, alla richiesta di regolamentazione delle assistenti
domiciliari, al forte impegno per la sicurezza stradale, con tante
iniziative insieme ai giovanissimi
I
nformare sui diritti e sulle procedure burocratiche, su
temi come le pensioni, gli assegni di cura, l’assistenza sanitaria, è una delle responsabilità prioritarie del
sindacato. A Reggio Emilia la segreteria provinciale dello
Spi-Cgil ha scelto, ormai da anni, di puntare moltissimo
sull’informazione, con la consapevolezza che la corretta
informazione non è utile soltanto agli iscritti del sindacato dei pensionati, ma può essere un punto di riferimento
anche per la cittadinanza nel suo complesso.
Così, a fianco ai metodi tradizionali di comunicazione,
come “Reggio informa”, il giornale trimestrale che viene
inviato a tutti gli iscritti della provincia, lo Spi ha costruito negli anni una rete informativa solida e variegata, che
i cittadini della provincia, e non solo, hanno imparato a
conoscere ed apprezzare. In primo luogo, lo Spi ha puntato sulla televisione, attivando una collaborazione con
Telereggio, la più importante tv cittadina, che con il passaggio al digitale terrestre è divenuta visibile su tutto il
territorio regionale. Il frutto più importante della collaborazione è “Diritti in diretta”, una trasmissione settimanale realizzata dallo Spi insieme al patronato Inca, in cui alcuni esperti rispondono alle domande telefoniche poste
in diretta dai telespettatori, su temi come la previdenza
e il fisco. La trasmissione, che va in onda tre volte la set-
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timana (comprese le repliche) in fasce orarie diverse, è
seguitissima, tanto da essere una di quelle che fa registrare gli ascolti più alti nell’intera programmazione di
Telereggio. Oltre a “Diritti in diretta”, lo Spi-Cgil produce
anche “Primo piano”, un servizio settimanale di tre minuti che va in onda il giovedì sera in coda al telegiornale,
per comunicare agli ascoltatori le iniziative dello Spi.
E non c’è solo la televisione: lo Spi organizza incontri e
dibattiti dal vivo, sul modello della trasmissione televisiva, e cura un programma anche su una radio locale.
Nell’ultimo anno, poi, lo Spi di Reggio Emilia ha rinnovato completamente la sua comunicazione online, inaugurando il suo nuovo sito web, spireggio.it, curato da un
esperto di lungo corso politico sindacale come Guglielmo Cusi.
Lo Spi di Reggio Emilia è molto impegnato da anni anche
sul tema della sicurezza stradale. Insieme agli altri sindacati dei pensionati, alle istituzioni cittadine, alla Polizia stradale e alle associazioni, lo Spi organizza incontri e
iniziative, soprattutto nelle scuole, per spiegare ai giovanissimi come ci si comporta in maniera sicura sulle strade. Nell’immediato, l’obiettivo è insegnare ai bambini e
ai ragazzi a essere pedoni responsabili: difatti, gran parte degli incidenti mortali sulle strade sono causati da in-
Speciale territori /Reggio Emilia
domiciliari, le cosiddette badanti: in provincia si stima
ce ne siano circa 5 mila, che
offrono i loro servizi a 10 mila
famiglie. La situazione attuale
è piuttosto confusa e a tratti
drammatica: le famiglie che
hanno bisogno di assistenza
non sanno a chi affidarsi, si rivolgono nel migliore dei casi a
persone che hanno lavorato in
casa di qualche conoscente o
vanno in parrocchia a chiedere
aiuto. Dall’altra parte, le assistenti, provenienti soprattutto
da Ucraina e Moldavia, hanno
gravissimi problemi di ambientamento, specialmente per
quanto riguarda la lingua, e
sono a volte costrette a lavorare in nero, senza alcuna tutela.
Nel corso di un importante
convegno nel novembre del
2011, lo Spi ha proposto alle
istituzioni cittadine di istituire
un albo delle assistenti domiciliari, in modo da creare una
rete, che comprenda le lavoratrici, le istituzioni, le famiglie
e il volontariato. Secondo lo
Spi non soltanto ciò servirebbe a far incontrare domanda e
offerta di assistenza: sarebbe
anche un modo per garantire
da un lato le famiglie reggiane,
che potrebbero trovare interlocutori affidabili e garantiti,
dall’altro la dignità delle lavoratrici, che potrebbero essere
più facilmente tutelate e aiutate, ad esempio con corsi di
formazione e di lingua italiana.
Ovviamente, osserva lo Spi, la
precondizione indispensabile
è che l’albo delle assistenti
domiciliari abbia una guida
pubblica: soltanto le istituzioni
possono infatti ricoprire questo doppio ruolo di garanzia.
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vestimenti, soprattutto di giovanissimi e anziani, tanto che
in Italia si contano ogni anno
circa 600 decessi di pedoni.
In prospettiva, però, il sindacato e gli altri promotori delle
campagne di sensibilizzazione
hanno l’ambizione di migliorare la sicurezza complessiva
delle strade: del resto, i giovani pedoni di oggi saranno i
guidatori di domani. Spiegare
in età precoce quali sono le regole fondamentali della guida,
a partire dalla prudenza, e anche qualche semplice nozione,
come il significato dei cartelli
stradali più comuni, può aiutare a far nascere nei ragazzi la
curiosità di conoscere le regole
della strada, e magari anche
l’attitudine a rispettarle.
Un altro tema sul quale lo SpiCgil di Reggio Emilia si è speso
molto è quello delle assistenti
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Speciale territori /Reggio Emilia
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La città delle donne
A dialogo con le responsabili uscente
ed entrante del coordinamento donne
pensionate, Giuliana Guaitolini e
GioVanna Calvi
“N
ello Spi ci sono tutti i saperi del mondo”. Un’affermazione grande come una montagna, ma fatta con la
leggerezza di una piuma. A dirlo sorridendo è una che nello Spi ci crede molto e che però, per fortuna,
riesce anche a non prendersi eccessivamente sul serio. Siamo nel mondo delle donne Spi mentre parliamo
con Giuliana Guaitolini, che da poco ha lasciato il ruolo di responsabile del coordinamento donne pensionate di Reggio
Emilia per passare il testimone a GioVanna Calvi.
Un mondo complicato perché le donne oltre a farsi carico di tutti gli impegni degli uomini devono anche affermare
il proprio punto di vista, stando però sempre attente a non sembrare troppo “femministe”, a non fare la figura dei
“panda” (insomma della specie protetta) come dicono spesso con un sorriso un po’ amaro. “Ci sono sempre problemi
più urgenti, ultima la battaglia sull’articolo 18, che rendono difficile affrontare le questioni più strettamente legate
al genere”, spiega GioVanna.
Il paradosso di una maggioranza (anche nello Spi reggiano le iscritte sono il 54% del totale) che combatte per la parità.
Ma non è una questione di numeri e di forma, sia Giuliana che GioVanna ci tengono molto a sottolinearlo. È una questione
di valori di cui le donne sono portatrici, valori acquisiti attraverso la concretezza del vissuto quotidiano, attraverso la capacità di stabilire relazioni. Nel
lavoro dello Spi di Reggio Emilia le donne le troviamo ovunque ma soprattutto nei servizi.
Perché i servizi (stiamo parlando ad esempio della recente
campagna per la certificazione dell’esenzione dai ticket
sanitari) sono la possibilità di
fare qualcosa di immediato, di
concreto, di dare le risposte di
cui le persone hanno bisogno.
Di attuare insomma dei diritti.
Non quindi un ruolo “tecnico”
come qualcuno pensa, ma un
modo decisamente concreto di
fare politica. “Le donne – dice
Giuliana – si spendono di più
se ottengono dei risultati concreti, se possono vedere quello
per cui lavorano”.
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Speciale territori /Reggio Emilia
per le famiglie, le più penalizzate sono proprio loro.
Lo Spi reggiano ha fatto una
scelta forte: quella di affidare
alla responsabile del coordinamento anche le deleghe relative
alle questioni femminili negli
altri settori. Una sorta di trasversalità che vuol cercare proprio di
riportare tutte le tematiche delle
donne all’interno dell’attività
generale del sindacato.
Certo i coordinamenti donne
sono andati molto avanti in
questi anni e GioVanna Calvi
spiega che intende continuare
sulla strada di creare dei gruppi
di lavoro in tutti e sei i distretti della provincia (attualmente
sono tre compreso il capoluogo
ma le relazioni in questo senso
sono ben avviate).
Questo “mondo delle donne”
non è certo privo di problemi e
contraddizioni. Prima tra tutte
quella che riguarda il rapporto
tra pensionate e “attive”, tra
le più anziane e le più giovani,
queste ultime non strutturate
in coordinamenti. Ma anche
qui la visione dello Spi cerca
di superare le barriere delle
generazioni e non si limita ai
problemi delle donne meno
giovani. Il sindacato pensionati “al femminile” quindi non si
occupa solo e in prevalenza di
temi come la solitudine, le pensioni, l’assistenza domiciliare, ma piuttosto di dimissioni
in bianco, di lavoro di cura, di
welfare. Tant’è che tra le recenti iniziative principali ci sono
quelle nei confronti dei comuni
relative alla legge 194, quindi
alla questione dell’aborto e
dei consultori. E della violenza
e più complessivamente del rispetto delle scelte che le donne
compiono.
E poi più di una resistenza le
donne la trovano ancora da parte dei “maschi” del sindacato.
“Vorremmo far capire – dicono
quasi all’unisono sia Giuliana
che GioVanna – che occupandoci di temi come salute al femminile noi non togliamo ma portiamo qualcosa in più all’intera
organizzazione”. Insomma un
riconoscimento maggiore come
parte integrante del sindacato,
non certo come un movimento
o una componente più o meno
esterna. E l’esempio più immediato è quello di quanto è
successo durante l’ultimo, sofferto congresso della Cgil, in cui
non solo lo Spi è stata la parte
“saggia”, quella che ha cercato in maniera più determinata
l’unità, ma ancor più le donne
dello Spi (soprattutto a Reggio
dove la situazione è diversa dal
quadro nazionale) hanno cercato di concentrare la discussione
sul merito delle mozioni, delle
diverse proposte, senza schierarsi necessariamente da una
parte o dall’altra.
Di carne al fuoco, come si dice,
ce n’è davvero tanta e per il
futuro la nuova responsabile
del coordinamento donne ha
progetti precisi. A cominciare
dal recuperare e valorizzare la
storia delle persone che entrano nello Spi, quei “saperi del
mondo” che nascono dal fatto
che il sindacato pensionati è la
categoria formata da persone
di tutte le categorie.
Argentovivo | pagine.
A Reggio Emilia, dove il comune nei suoi “stati generali” ha
in qualche modo innestato una
marcia in più verso la privatizzazione dei servizi e anche verso il welfare aziendale, il tema
della contrattazione sociale è
particolarmente avvertito. E se
lo Spi reggiano intende rafforzare il legame con l’Inca e accentuare il carattere di politica
sociale che i servizi rappresentano, allora le donne finiscono
per trovarsi proprio al centro di
questo snodo.
D’altra parte le donne in questo
momento difficile della vita italiana protagoniste lo sono davvero, non solo come dirigenti
(Cgil e Spi ne sono testimonianza prima) ma anche purtroppo come “vittime” principali
dell’emergenza che investe il
nostro paese. Dalle pensioni
all’articolo 18, ai tagli ai servizi
Maggio 2012
Le pagine Auser/Reggio Emilia
Argentovivo | pagine.
Cercasi amore
disperatamente
Auser non è solo servizio agli anziani ma anche
dialogo e azione tra le generazioni. A Reggio Emilia
i giovani incontrano i meno giovani e ne nascono dei
progetti (a star bassi) straordinari
A
Villa Minozzo, un borgo
di quattromila anime
sull’appenino reggiano,
dieci ragazzi (e qui già le parole
si fanno deboli perché le “etichette” proprio non funzionano) diciamo diversamente abili,
accompagnati da un registramaestro e dai volontari Auser
hanno deciso che “abili” lo
possono essere come gli altri.
E possono arrivare addirittura
dove molti avrebbero timore ad
andare: sotto le luci del palcoscenico.
Vila Mnòc, come si dice lassù,
è un po’ isolata e la “banda dei
dieci” (ragazzi anche qui un po’
per dire perché le età vanno
dai 20 ai 40) grazie all’Auser
viene portata nei centri di Castelnovo Monti e Cavola. Tutto
parte da una delle attività di
base dell’Auser, il trasporto
sociale. Tanto importante per
i ragazzi di Villa che si arriva
anche a comprare un pulmino attrezzato. Da qui si parte
ma il traguardo è tutt’altro che
Maggio 2012
scontato. L’arrivo infatti è tra le
braccia di un regista teatrale,
Luca Del Monte, che nella zona
della montagna reggiana ha
fatto l’operatore di strada e ha
incrociato tra le tante anche la
strada dell’Auser.
Mettere insieme uno spettacolo
con dei ragazzi ai quali a volte
sono preclusi anche i gesti minimi propri della gente di teatro
è un mezzo miracolo. Ci vuole
una persona come Luca, che da
ognuno sa prendere esattamente quello che il ragazzo sa dare.
Le parole le “rubiamo” dall’articolo dedicato a loro dal giornale locale “Tutto Montagna”
e firmato da Giuliana Sciaboni.
Parole che sono di Barbara Ruffini, volontaria e animatrice del
progetto insieme a Paola Coli:
“Mi piace pensare che il confine tra abilità e disabilità qui
sparisca. Comunicare emozioni
è una grande abilità della disabilità”. E visto che l’emozione
più grande è l’amore, il gruppo
(Fabrizio, Alex, Agnese, Clarice,
Grazia, Mauro, Devid, Dino e
Davide) decide di cercare proprio l’amore, e anche disperatamente. Nel dicembre scorso
lo spettacolo è sbarcato anche
nel bellissimo teatro Bismantova di Castelnovo Monti. E per il
2012 i programmi sono ancora
più audaci.
Rubiamo ancora le parole di
una protagonista, Loredana
Mercanti, che è volontaria Auser e anche mamma di uno dei
protagonisti: “È un’esperienza bellissima che permette a
questi giovani di stare insieme
di dire ‘ci sono’, di vivere con
gli altri. Li aiuta a socializzare
e a far valere i ‘loro diritti’. Ma
soprattutto permette alle altre
persone di rendersi conto che
loro esistono e che stanno bene
in società”.
Abbiamo citato i nome di nove
protagonisti. Il decimo infatti
era Guido, che nei giorni dello
spettacolo era in ospedale e
che adesso purtroppo non c’è
più. Di lui, dice Barbara, non
c’è più “la forza e l’energia con
cui ‘strappava’ ogni giorno…
spero che diventi ‘guida’ dei
nostri passi”.
Ma l’Auser reggiano ci sorprende anche con il percorso
Le pagine Auser /Reggio Emilia
miglie fuggite dalla guerra in
Libia… Tutto lavoro per i prossimi numeri di Argentovivo.
P. S. Sicuramente non abbiamo citato tutti i nomi dei volontari e tutte le istituzioni
che partecipano ai vari progetti e ce ne scusiamo. Ma un
po’ è colpa dell’Auser che lavora proprio con tutti, che ha
steso una rete sul territorio
che seguire nei dettagli non
poi così facile.
Argentovivo | pagine.
opposto, dai giovani agli anziani. A Correggio, all’ospedale,
c’è il progetto “Letto a letto”.
I ragazzi prendono i libri dalla
biblioteca e li portano ai lungo
degenti, li scelgono con loro, ne
parlano, spesso li leggono. Proprio i libri, quelli di carta, quelli
che pensiamo i ragazzini e le
ragazzine stiano abbandonando per iPad, smart phones ed
e-book. Invece son lì, i libri, a
fare da tramite tra le generazioni, pagine spesso ingiallite che
vengono sfogliate una ad una.
Per i ragazzi è la possibilità di
socializzare, di “fare la cosa
giusta” e persino di guadagnare crediti formativi a scuola. Per
i pazienti dell’ospedale è un
raggio di sole, vita e gioventù
che raccontano storie e spezzano la monotonia e l’angoscia
della degenza.
Di progetti così l’Auser reggiano ne ha da raccontare.
Sandro Morandi, attuale presidente e in passato a lungo
segretario provinciale dello
Spi-Cgil, tira fuori con un po’
di nonchalance e un mezzo
sorriso sotto i baffi un volantino in cui si annuncia per metà
maggio la presentazione di
un modello di aereo fatto dai
ragazzi dell’università di Modena e Reggio: il mitico transaereo RE 8000 delle Officine
Reggiane (scusate se è poco).
E poi ci sarebbe da parlare di
tutta l’attività di Rubiera (altro
che “ronde”… qui si va in giro
ad aggiustare la città), delle
mille feste, delle nonne che
insegnano a ricamare, delle
esperienze a favore delle fa-
Maggio 2012
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Lo Spi-Cgil Emilia-Romagna
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Illustrazioni: Mario Carletti (Pizzi
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Le Pagine di Argentovivo - N. 5 - Maggio 2012 - SPI