OPERAZIONE PONTEGGIO
Un PiMUS da coordinare
Di M.A. Tomasi articolo pubblicato su “IL NUOVO CANTIERE” - N° 7 SETTEMBRE 2006 .
PiMUS: piano di montaggio, uso e smontaggio di ponteggi, un nuovo ingrediente ha varcato la soglia dei
cantieri per completare la ricetta, mai finita, della sicurezza in campo edile.
Un ingresso, a dir la verità, abbastanza lento e con modalità squisitamente italiane. Il 19 luglio 2005 è
entrato in vigore il Decreto Legislativo 235, attuazione della direttiva 2001/45/CE relativa ai requisiti minimi di
sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori, decretando il
riconoscimento ufficiale del PiMUS a fianco di acronimi ormai noti quali PSC, POS, CSP, CSE …, ma solo a
un anno di distanza se ne sente finalmente parlare con una certa continuità, inizialmente a livello di convegni
ed ora, timidamente, anche all’interno del suo futuro habitat naturale: il cantiere.
In questa sede si porrà l’attenzione sul rapporto tra PiMUS e coordinamento, ovvero sull’integrazione di
questo giovane documento tra gli strumenti a disposizione del coordinatore per organizzare la sicurezza in
fase esecutiva. Quindi uno sguardo diverso rispetto alla disamina di questioni prettamente tecniche in merito
ai suoi contenuti e alla sua redazione. Pur accennando agli argomenti che tale documento deve affrontare
per poter essere un valido strumento preventivo (riquadro 1) e non solo l’ennesima burla burocratica, come
ancora purtroppo insistono, persistono e imperversano i pianidisicurezzafotocopia in troppi cantieri, si
preferisce qui approfondire il senso e l’opportunità che questo strumento può fornire al coordinatore per la
sicurezza nel suo difficile compito, spesso dai toni un po’ troppo “chisciotteschi”.
Di fronte a questo recente strumento cartaceo che, insieme a PSC e POS, chiede di preventivare nero su
bianco la programmazione e l’organizzazione del futuro cantiere, specificatamente nel montaggio, nell’uso e
nello smontaggio dei ponteggi, sorge spontanea una domanda: “l’introduzione del PiMUS era necessaria?”.
Una domanda apparentemente semplice, ma a cui non è possibile rispondere subito in modo univoco e che
porta invece ad articolare la risposta su due differenti piani a seconda che la visuale da cui si coglie la
situazione pre-PiMUS fotografi la realtà di cantiere oppure la realtà normativa. Infatti com’è noto la norma
italiana in ambito cantieri risulta spesso fin troppo completa ma a lungo disattesa; quest’anomalia italiana
porta ad uno stacco, a volte vertiginoso, tra quanto normato e quanto realmente attuato; la situazione, nel
caso specifico dei ponteggi, risulta allora la seguente.
Alcune istantanee scattate recentemente e qui riportate (FOTO 1-5) paiono sostenere una risposta univoca:
“del PIMUS c’era bisogno, di mettere nero su bianco c’era bisogno, di preventivare le fasi di installazione,
uso e smontaggio dei ponteggi c’era e c’è bisogno”.
Se invece si cerca di catturare un’ideale fotografia che riprenda il panorama legislativo pre-D.Lgs.235, sorge
spontanea una diversa risposta: “del PIMUS non c’era bisogno, bastava applicare quanto già prescritto a
partire dal D.P.R. 164 del 1956 e dalle successive norme, tra cui le numerose circolari esplicative” (riquadro
2). In effetti, le novità dell’art. 34-quater del D.Lgs. 626, come aggiunto dal D.Lgs. 235, rispetto a quanto
indicato dalle norme pregresse, consistono solo nella redazione del PIMUS e nella obbligatorietà della
formazione per gli addetti al montaggio, alla trasformazione e allo smontaggio del ponteggio. Ma la
formazione, a ben vedere, era già un obbligo insito nel D.Lgs. 626 e i contenuti richiesti dal PiMUS non
fanno altro che riprendere quanto già precedentemente stabilito a partire dal 1956, con l’unica differenza che
prima del 19 luglio 2005 le cose andavano solo fatte, ora invece prima di farle vanno obbligatoriamente
indicate in anticipo nel PiMUS che a questo punto diviene segno tangibile dell’avvenuta programmazione a
scapito dell’improvvisazione che regna ancora, sovrana indiscussa, nella maggior parte dei cantieri.
Può essere un esercizio non superficiale quello di confrontare le norme pregresse, con l’elenco dei
contenuti-tipo per il PiMUS, elaborati in questi mesi da più fonti - uno per tutti la buona elaborazione
effettuata da A.S.E. Associazione per la sicurezza nell’Edilizia di Reggio Emilia, scaricabile direttamente dal
sito www.asere.it - per accorgersi di come non ci sia nulla di nuovo sul fronte.
Eppure, in qualità di professionisti impegnati nella diffusione della cultura della sicurezza in ambiente edile,
se si ritorna con la mente alle istantanee dei nostri cantieri, e senza difficoltà se ne può collezionare decine e
decine nel corso di occasionali passeggiate per le vie italiane, la constatazione che il PiMUS non è altro che
il “già normato” non può esimere dal pensare che forse sì, forse del PiMUS c’era comunque bisogno.
In fondo, a ben riflettere, se non c’è nulla di nuovo nei contenuti, c’è invece del nuovo sul versante del
metodo. Un esempio per tutti: all’art. 17 del D.P.R. 164 si legge “il montaggio e lo smontaggio delle opere
provvisionali devono essere eseguiti sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai lavori”; al punto 2 lettera
e) del modello-PiMUS di A.S.E. si legge “identificazione del preposto alle attività sul ponteggio: il preposto
alle attività sul ponteggio è il Sig. …”. E’ dunque nella nuova modalità con cui si effettua la programmazione
nell’utilizzo dei ponteggi, che sta quel sapore in più del nuovo ingrediente chiamato PiMUS: nel semplice, ma
al contempo fondamentale fatto che il datore di lavoro, o chi per esso, sarà obbligato a dimostrare,
attraverso la redazione del PiMUS, che ha programmato e ha pensato prima a chi fa, cosa fa e come lo fa.
Da questo punto di vista si può allora ritrovare l’univocità della risposta al quesito iniziale: “l’introduzione del
PIMUS era necessaria? Sì! Di strumenti che aiutino a programmare e preventivare c’è bisogno”.
Fondamentale sarà però capirne il senso, comprenderne i contenuti e permettere un adeguato inserimento
di questo strumento a fianco dei piani di sicurezza, così da non svilire la presenza del PiMUS a mero
adempimento burocratico.
Lungo questa direzione non può non apparire evidente l’importante ruolo che rivestirà il coordinatore in fase
esecutiva, ma ancor prima in fase di progetto. Se il PiMUS è strumento di pianificazione per la sicurezza di
cantiere, seppure solo a riguardo dei ponteggi, non potrà non interfacciarsi con il Piano redatto dal
coordinatore. E spingendosi oltre: se pure questo nuovo adempimento normativo è inserito nell’ambito del
D.Lgs. 626, a carico dei datori di lavoro delle ditte edili, i coordinatori non possono in ogni caso chiamarsi
fuori solo perché non è obbligo inserito esplicitamente nel D.Lgs. 494/96 o nel D.P.R. 222/03.
Per meglio chiarire il legame tra PSC e PiMUS, si può richiamare ancora una volta il modello di piano per
ponteggi elaborato da A.S.E., evidenziando il titolo del punto 6 “Indicazioni sul ponteggio contenute
all’interno del Piano di Sicurezza e Coordinamento”: vale a dire tutto quello che il coordinatore ha ipotizzato
e analizzato a riguardo del futuro ponteggio in fase di progetto.
Se infatti il ponteggio deve inserirsi nel contesto di cantiere non si potrà prescindere dalle indicazioni che il
coordinatore avrà introdotto nel proprio PSC in merito alle problematiche, alle avvertenze e alle indicazioni
che la ditta dovrà considerare in fase di montaggio e poi in fase di esercizio e smantellamento.
Non è possibile che un coordinatore per la sicurezza in fase di progetto si senta esentato dal progettare e
programmare la presenza del ponteggio all’interno del proprio cantiere. Questo ovviamente sempre che i
lavori ne richiedano l’utilizzo: quanti PSC conterranno in futuro la
richiesta del PiMUS per lavori di
manutenzione straordinaria di strade cittadine o rifacimento di reti fognarie, con lavori a quota di campagna?!
Il coordinatore inizia a progettare il ponteggio proprio inserendo delle indicazioni e delle prescrizioni nel PSC,
in merito ai vincoli e alle problematiche ambientali legate al posizionamento del ponteggio stesso,
progettazione che prosegue con l’elaborazione dei POS delle ditte utilizzatrici dell’apprestamento, con la
redazione del PiMUS della ditta addetta al montaggio e si completa infine con la verifica da parte del
coordinatore in fase esecutiva dei contenuti e della congruenza di tali documenti con il PSC.
Già il POS è indicato dalla direttiva cantieri come piano complementare e di dettaglio del piano di sicurezza
e coordinamento, ai sensi dell’art. 5 comma 1 lettera b); così anche il PiMUS può essere considerato come
un piano applicativo ed integrativo del PSC (se presente) laddove, all’art. 36-quater del D.Lgs. 626, si trova
che “[…] tale piano può assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e
progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio […]”.
Il PiMUS non è un documento di valutazione dei rischi, questi devono essere analizzati a monte, per tramite
di PSC e POS, ciascuno per le proprie competenze: il PSC per l’analisi dei rischi ponteggio-ambiente di
cantiere e i rischi interferenziali nell’utilizzo da parte di più imprese, i POS per i rischi intrinseci nell’uso del
ponteggio.
Ma pur non essendo un documento di valutazione dei rischi, o forse proprio perché non è un documento di
valutazione dei rischi, il PiMUS ha senso solo se si interfaccia con gli altri documenti della sicurezza di
cantiere e ne raccoglie le analisi, esplicitando in modo chiaro e semplice le soluzioni a quelle problematiche
evidenziate prima nel PSC da parte del coordinatore e poi nei POS da parte dei datori di lavoro delle ditte
che, nelle proprie fasi lavorative, richiederanno l’utilizzo del ponteggio.
A questo punto può essere utile soffermarsi sull’analisi di un caso reale che dimostra come solo mediante
l’interazione tra i documenti citati: PSC, POS e PiMUS e un buon livello di comunicazione tra i soggetti
incaricati della loro redazione, si può portare in cantiere il necessario livello di consapevolezza nell’affrontare
quegli aspetti organizzativi, legati all’uso dei ponteggi, che sono spesso fonte di infortuni oppure causa di
disorganizzazione e allungamenti eccessivi nei tempi di lavorazione con evidente lievitazione della spesa
complessiva da parte della committenza.
L’esempio riferisce di un cantiere per il rinnovo delle facciate di un condominio; l’edificio presenta nel suo
sviluppo perimetrale alcune discontinuità (balconi sporgenti, rientranze, vetrine di esercizi commerciali al
piano terra da lasciare libere) e inoltre il piano di posa del futuro ponteggio non è tutto alla stessa quota
(rampa di accesso al garages lungo un lato): aspetti che vengono analizzati e indicati nel PSC da parte del
coordinatore. Il progettista della sicurezza segnala inoltre, con l’ausilio di planimetrie e fotografie, quella che
è l’ipotesi nella successione dei lavori: il ponteggio verrà montato su due lati contigui e completate le prime
due facciate, si smonterà l’apprestamento rimontandolo sugli altri due lati.
Prima dell’inizio dei lavori la ditta edile, a cui è affidato il lavoro, discute con il coordinatore il PSC, poi
consegna il suo POS con la proposta di variare l’ordine di sistemazione delle facciate: invece di dividere
l’intero lavoro in due parti, due facciate prima e due facciate dopo, chiede che si possa procedere con
continuità sulle quattro facciate: una di seguito all’altra. I dettagli sul ponteggio vengono rimandati ai
successivi POS e PiMUS della ditta subappaltatrice a cui è stato demandato il montaggio
dell’apprestamento. Si apre il cantiere e la ditta subappaltatrice monta il ponteggio su due lati contigui;
completato l’apprestamento la ditta edile inizia la sistemazione delle pareti. Conclusa la prima parete si
vorrebbe procedere allo smantellamento del ponteggio di questa prima parte per ripartire con la terza parete
sul lato opposto, lasciando invece fermo il ponteggio sul secondo lato dove le lavorazioni di carpenteria
metallica per i parapetti dei balconi richiedono tempi maggiori. Ma, banalmente, la ditta edile non aveva
sottolineato alla sua subappaltatrice la necessità di procedere per quattro fasi successive, facciata per
facciata e il ponteggio, per sue caratteristiche intrinseche, non permette lo smontaggio della prima facciata in
modo indipendente dalla seconda, a causa di un sistema di sicurezza che incastra gli impalcati metallici tra i
telai superiori e inferiori così da evitarne lo sfilamento in fase di esercizio. Il coordinatore, dal canto suo, non
aveva ricevuto il PiMUS, pur richiesto a varie riprese, e non si era potuto accorgere per tempo
dell’incongruenza tra le richieste della prima ditta e le modalità di montaggio della seconda: incongruenza a
cui si sarebbe potuto ovviare mediante il semplice raddoppio della fila dei telai in corrispondenza dello
spigolo dell’edificio. Soluzioni possibili: attendere il completamento dei lavori sulla seconda facciata per poi
iniziare la terza (allungamento dei tempi); procedere al montaggio di un nuovo tratto di ponteggi sulla terza
facciata, lasciando montate anche le altre due pareti (aumento dei costi nel nolo del ponteggio); procedere
allo smontaggio solo lungo la prima parete (quasi inattuabile se non a fronte di un elevato rischio per gli
addetti a causa dell’impossibilità si procedere secondo lo schema di smontaggio autorizzato).
Per ognuna delle soluzioni si evidenziano effetti collaterali che, se pur di natura diversa, dimostrano come la
mancanza di un preventivo coordinamento porti quasi sempre a inevitabili disagi economici o, nella peggior
ipotesi, a un aumento esponenziale dei rischi per la sicurezza dei lavoratori. Inoltre nel caso specifico
descritto è stata proprio la mancanza del PiMUS a facilitare questo mancato coordinamento, dimostrando
quindi come PiMUS e coordinamento per la sicurezza non siano due aspetti slegati ma parti di uno stesso
problema: l’organizzazione preventiva dei lavori in cantiere.
L’esempio appena descritto introduce infine un’ultima, ma importante, riflessione: quanta parte di
responsabilità si deve attribuire al coordinatore per la mancata redazione di un PiMUS? Può essere
sanzionato il coordinatore per mancanza in cantiere di questo documento?
Nel caso citato, immaginando un ipotetico infortunio nello svolgersi della terza soluzione (smontaggio
secondo tecniche incompatibili con l’autorizzazione ministeriale del ponteggio) è evidente che il coordinatore
non può non essere coinvolto, non solo perché ha permesso lo svolgersi di una fase lavorativa ad alto
rischio - mancata sospensione lavori ai sensi della lettera f) art. 5 della direttiva cantieri - ma anche perché,
lasciando correre la mancata consegna del PiMUS, ha disatteso ad altri fondamentali adempimenti indicati
dal citato art.5: - lettera a) non ha verificato con opportune azioni di coordinamento e controllo l’applicazione
delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e coordinamento (non ha preteso il PiMUS pur
esplicitandolo nel PSC) - lettera b) non ha adeguato il proprio PSC in relazione alle richieste di modifica
nella successione delle fasi di lavoro (non ha approfondito e verificato la congruenza tra il programma lavori
proposto dalla prima ditta e le caratteristiche del ponteggio utilizzato) - lettera c) non ha organizzato tra i
datori di lavoro la cooperazione ed il coordinamento delle attività, nonché la loro reciproca informazione (non
ha verificato il passaggio di informazioni tra le due ditte, nonostante l’onere del coordinamento, trattandosi di
un subappalto, fosse a carico della ditta appaltatrice).
A suo vantaggio si può forse ricordare il detto “una rondine non fa primavera” e si sa che anche coordinatori
scrupolosi e professionalmente preparati trovano a volte insormontabili muri di gomma contro cui rimbalzano
le loro richieste a favore di un cantiere sicuro: ma è una considerazione tanto consolante quanto inutile nel
momento in cui ci si trova davanti al caso concreto di un infortunio.
Tornando al protagonista principale di quest’articolo non resta che auspicare una pronta integrazione del
PiMUS a fianco degli altri documenti di progetto della sicurezza, anche se l’attuale situazione, in merito ai
contenuti e alle modalità di redazione di PSC e POS di tanti cantieri, non lascia intravedere buone
prospettive per l’immediato futuro. Ciò nonostante non si può che salutare con ottimismo l’arrivo di questo
nuovo documento che, se ben gestito, rappresenterà un tassello ulteriore per lo sviluppo di un serio progetto
per la sicurezza nei cantieri, obiettivo che si potrà raggiungere se innanzitutto i coordinatori, armati di una
certa dose di professionalità e coraggio, cominceranno a rispedire al mittente i PiMUS-fotocopia, generici e
non pertinenti al cantiere in oggetto.
IMPROVVISAZIONE E CREATIVITA’
SOTTOVALUTAZIONE DEL RISCHIO
POSTAZIONI DI LAVORO IMPROVVISATE
PROTEZIONI INSUFFICIENTI VERSO IL VUOTO
Proposta per i contenuti del PiMUS
RIQUADRO 1
• Anagrafica di cantiere
• Identificazione ditta addetta al montaggio (ed eventuali ditte coinvolte come subappaltatrici)
• Nominativi addetti al montaggio (dichiarazione del datore di lavoro attestante per ciascun lavoratore
l’esperienza di montaggio/smontaggio di minimo due anni o attestato frequenza corso specifico)
• Nominativo preposto alle operazioni di montaggio (dichiarazione del datore di lavoro attestante
l’esperienza di montaggio/smontaggio di minimo tre anni o attestato frequenza corso specifico)
• Identificazione ponteggio (marca e modello) e allegata copia del libretto di autorizzazione ministeriale
• Analisi delle condizioni ambientali - (indicazioni contenute nel PSC e nei POS delle ditte utilizzatrici del
ponteggio)
• Per ogni elemento emergente dal contesto ambientale indicare le soluzioni adottate (anche mediante
stesura dello schema grafico del ponteggio)
• Indicazioni sulla messa a terra del ponteggio
• Indicazioni sull’installazione di sistemi di sollevamento (argani a bandiera,…)
• Indicazione dei sistemi di sicurezza adottati per la fase di montaggio e smontaggio e relative certificazioni
• Indicazioni in merito all’allestimento dell’area di cantiere e verifica degli spazi necessari per lo stoccaggio
dei materiali e i sistemi di sollevamento
• Dichiarazione, firmata dal datore di lavoro, in merito alle verifiche effettuate sui singoli elementi del
ponteggio prima del montaggio (ai sensi dell.art.7 del DPR 164/56, dell’art. 35 commi 4-quater e 4quinquies del D.Lgs 626/94 e della circolare del ministero del Lavoro n.46/2000)
• Misure per la gestione delle emergenze durante la fase di montaggio e smontaggio (in particolare se il
ponteggio non è dotato di sistemi di sicurezza intrinseci e richiede l’utilizzo di sistemi anticaduta quali linee
vita e cinture di sicurezza)
• Modalità di utilizzo del ponteggio da parte delle ditte esecutrici dei lavori (compilazione di un modulo di
“presa in carico del ponteggio” da parte delle ditte utilizzatrici, con indicazione della persona preposta al
controllo periodico dell’attrezzatura)
RIFERIMENTI NORMATIVI
RIQUADRO 2
D.P. R. n° 164 del 1956 - Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni.
D. M. del 02/09/1968 -Riconoscimento di efficacia di alcune misure tecniche di sicurezza per i ponteggi
metallici fissi, sostitutive di quelle indicate nel D.P.R. 7 gennaio 1956 n. 164.
Circolare Ministeriale n° 149 del /1985 - D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164 - Disciplina della costruzione e
dell'impiego dei ponteggi metallici fissi.
Lettera Circolare del 10/04/1986 - Circolare 149/85 - D.M. 28 maggio 1985. Quesiti.
Lettera Circolare n° 21467 del 18/04/1986 - Circolare 149/1985 - D.M. 28 maggio 1985. Quesiti.
D. M. n° 115 del 23/03/1990 - Riconoscimento di efficacia per ponteggi metallici fissi aventi interasse tra i
montanti superiore a metri 1,80.
D. M. n° 466 del 22/05/1992 -Regolamento recante il riconoscimento di efficacia di un sistema individuale
per gli addetti al montaggio ed allo smontaggio dei ponteggi metallici.
D.Lgs. Governo n° 626 del 19/09/1994 – Attuazione delle direttive 89/391CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,
89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE,
98/24/CE, 99/38/CE, 2001/45/CE e 99/92/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei
lavoratori durante il lavoro.
Circolare n° 44 del 10/07/2000 - Oggetto: D.l.vo n. 359/99 - Verifiche e controlli sulle attrezzature di lavoro.
Modalità di conservazione delle relative documentazioni - Quesito.
Circolare n° 46 del 11/07/2000 - Verifiche di sicurezza dei ponteggi metallici fissi di cui all'art. 30 del D.P.R.
7 gennaio 1956, n. 164.
D. M. del 19/09/2000 - Riconoscimento di conformita' alle vigenti norme dei mezzi e sistemi di sicurezza
relativi alla costruzione ed all'impiego di un nuovo tipo di impalcato metallico prefabbricato per ponteggi
metallici fissi avente piano di calpestio realizzato con pannelli di legno multistrato.
Circolare n° 3 del 08/01/2001 - Oggetto: Art. 2, comma 4 del D.l.vo n. 359/99 - Chiarimenti sul regime delle
verifiche periodiche di talune attrezzature di lavoro.
Circolare Ministeriale n° 20 del 23/05/2003 - Chiarimenti in relazione all'uso promiscuo dei ponteggi
metallici fissi.
Circolare Ministeriale n° 30 del 29/09/2003 - Oggetto: Art. 30 del D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164 Chiarimenti concernenti la definizione di "fabbricante" di ponteggi metallici fissi.
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