La mia Arca La mia Arca Mensile della parrocchia Beata Vergine Addolorata N° 6 - Marzo 2013 Mons. Jorge Mario Bergoglio Papa Francesco 1 Notizie Utili La mia Arca Fumata bianca Habemus Papam a cura di Annamaria Nardo LA MIA ARCA Mensile della Parrocchia Beata Vergine Addolorata Collaborano in redazione: - Barban Luigino - Bognolo Roberto - Naccari Graziella - Nardo Annamaria - Rossi Margherita - Tacchia Gabriella - Visentin Speranza Sito web: - Pilla Ermenegildo - www.lamiaarca.it - [email protected] Il giorno 19 marzo è stato ufficialmente proclamato il nuovo Papa Francesco. Di seguito riportiamo alcuni brani dell’omelia di Papa Fracesco durante la cerimonia. Il Pontefice ha ricordato la figura di S. Giuseppe sposo della Vergine Maria e patrono della Chiesa universale, con quanta umiltà e amore ha accettato la volontà del Signore. In questa parte dell’omelia il Santo Padre ci indica la strada che noi cristiani dobbiamo seguire, “... Vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual’è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. è il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo... L’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. E’ l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come i geni2 tori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. è il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio! E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli “Erode” che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna”. Da quanto ha detto, percepisco che il suo pontificato seguirà la strada che ha tracciato San Francesco d’Assisi. Notizie Utili La mia Arca Tempo di Quaresima a cura di Annamaria Nardo Preghiera al Padre Ho visto i tuoi occhi intrisi di sangue il corpo martoriato, flagellato, le mani perforate di chiodi Dio quanto dolore! Tu che per volontà del Padre sei morto per noi, accogli questa supplica Proteggi dalla violenza i più deboli, gli indifesi Rafforzami nella fede, guidami nella giusta via per amarti di più Insegnami a comprendere chi soffre nel silenzio, nel dolore, rendimi forte per lottare Padre nell’ora del riposo eterno se mi resti accanto, non avrò paura, perdona i miei peccati ora e sempre Nella chiesa primitiva la celebrazione della Pasqua è anticipata da uno o due giorni di digiuno. Tale digiuno sembra fosse orientato non tanto alla celebrazione pasquale quanto all’amministrazione del battesimo che pian piano veniva riservata alla veglia pasquale. La prassi del digiuno era indirizzata innanzitutto ai catecumeni e poi estesa al ministro del battesimo e a tutta la comunità ecclesiale. Tale digiuno non aveva scopo penitenziale ma ascetico-illuminativo. In questo periodo a Roma la domenica precedente la Pasqua era denominata “Domenica di passione” e nel Venerdì e Mercoledì di questa stessa settimana non si celebrava l’eucaristia. Di tale consuetudine è testimone uno storico del V secolo, Socrate. Durante queste tre settimane si proclamava il vangelo secondo Giovanni. La lettura di questo testo è giustificata dal fatto che esso è ricco di brani che si riferiscono alla prossimità della pasqua e alla presenza di Gesù a Gerusalemme. Questa preparazione prolungata fu motivata dalla prassi penitenziale. I penitenti intraprendevano questo cammino attraverso l’imposizione delle ceneri e l’utilizzazione di un abito di sacco in segno della propria contrizione e del proprio impegno ascetico. Si giunge a imporre le ceneri ai penitenti il mercoledì di questa settimana antecedente la prima domenica di quaresima, rito che verrà 3 poi esteso a tutti i cristiani. A partire da questa fase incominciano a delinearsi anche le antiche tappe del catecumenato, che preparava al battesimo pasquale nella solenne veglia del Sabato Santo; infatti questo tempo battesimale si integrava con il tempo di preparazione dei penitenti alla riconciliazione del giovedì santo. Fu così che anche i semplici fedeli ovvero quanti non erano catecumeni né pubblici penitenti vennero associati a questo intenso cammino di ascesi e di penitenza per poter giungere alle celebrazioni pasquali con l’animo disposto a una più autentica partecipazione. La domenica con cui ha inizio questa settimana è la Quinquagesima, perché è il cinquantesimo giorno prima di Pasqua. La Settimana Santa è la settimana nella quale il Cristianesimo celebra gli eventi di fede correlati agli ultimi giorni di Gesù, comprendenti in particolare la sua passione, morte e resurrezione. In tutto il mondo, i cattolici chiamano Settimana Santa il periodo, da Domenica delle Palme al Sabato Santo, che precede la Pasqua, cioè la domenica in cui si ricorda la Resurrezione dai morti di Gesù Cristo. La Pasqua è la massima solennità della fede cristiana e ogni anno si celebra la prima domenica di luna nuova di Primavera (tra fine marzo e aprile). I riti religiosi della settimana santa, sono celebrati con solennità in tutte le chiese del mondo cristiano. Padre Pio La mia Arca Padre Pio Guarita per-fet-ta-men-te a cura di Speranza Visentin (2… segue Guarita per-fet-ta-men-t-e) La mia amica meravigliata ed io con le gambe che più non mi reggevano per la forte commozione provata, mentre le signore commentavano l’avvenimento, nell’udire una voce nel cuore. Una autentica voce umana che mi aveva detto: “Hai ottenuto la grazia. Andrai dal medico ed egli ti dirà che sei guarita per-fet-ta-men-te”. Sì, proprio così, a sillabe scandite. Non so se per pudore o la forte commozione, non dissi nulla all’amica. Camminavo come un automa. Via facendo, l’amica mi pregò di entrare da “Coier” per chiedere se era arrivata della piuma di cui ella aveva bisogno. Mancava poco alle 19. Data l’ora un po’ tarda, il negozio era senza clienti. C’erano solo i commessi. Appena entrate, con stupore immenso di entrambe, fummo investite da un odore acutissimo di viole quasi ci fossimo trovate in una serra piena soltanto di questo fiore. Questa volta la mia amica, che è di origine francese, si commosse oltre misura ed esclamò: “Mon Dieu! Io non ci capisco più niente! Che succede? Che cos’è questo profumo?” Sentii allora che dovevo parlare e le rivelai quanto avevo intimamente e nitidamente udito circa la guarigione. Ella ne rimase sorpresa. Era mai possibile, si chiedeva, Padre Pio , vuole che si mantengano le promesse fatte ch’io fossi guarita al’improvviso, mentre la pleurite si era aggravata al punto da indurre suo marito ad esaminarmi per mezzo dei raggi? Lasciato il negozio, pochi passi più in là, entrammo dallo specialista. Eravamo sconvolte. Seguì una visita radioscopica lunga, anzi lunghissima. Il medico non parlava. Questi mi invitò in un altro gabinetto ambulatoriale. Anche qui altro esame lungo ed estenuante, ed il medico continuava a non aprire bocca. Sua moglie, presente alla scena, s’innervosisce: “Ma Sergio!” Dice al marito. “In nome di Dio parla, di’ qualche cosa!” Io ero seduta su uno sgabellino girevole. Ero sfinita e in uno stato di sospensione difficile a descriversi. Il medico mi mette le dita sulle spalle e mi fa girare sullo gabellino in modo da trovarmi faccia a faccia con lui. Mi guarda, poi si mette le mani ai fianchi e pronuncia queste testuali parole: “Che cosa devo dire, se la signora è guarita per-fet-ta-men-te?” Proprio così, a sillabe scandite, proprio come le avevo sentite nel cuore, sostando da Mimma. A questo punto l’amica ebbe un grido e raccontò al marito non meno stupito quanto era accaduto nei due negozi e disse le parole che io le avevo confidate di aver sentite nel cuore. Allora spiegai come tutto quello che era accaduto era da attribuirsi a Padre Pio, alla cui 4 intercessione avevo fatto appello: quando avrei potuto mettermi in viaggio per andare a ringraziarlo? Il medico, per tutta risposta, prese un foglio intestato e scrisse per mio marito queste parole: “Sua moglie può partire e andare dove vuole”. Della pleurite, per la quale ero stata in cura tre mesi, nessuna traccia: ero proprio guarita per-fet-ta-men-te! Tre giorni dopo ero a San Giovanni Rotondo, nel noto corridoio del convento, in attesa del passaggio del Padre. Padre Pio finalmente venne. Quando mi fu vicino, mi puntò l’indice contro e mi sorrise in modo così paterno e burlone che sarebbe stato superfluo aggiungere parola. Intanto avevo intesa benissimo la lezione: prima di promettere bisogna pensarci. Qualche altro fiorellino di gratitudine… In occasione del mio primo viaggio a San Giovanni Rotondo, il mio terzogenito Giampaolo mi aveva messo nella borsetta un biscotto con la raccomandazione di darlo al Padre. Mi aveva anche fatto promettere di raccomandare a Padre Pio che pregasse per lui perché anch’egli desiderava; “Diventare santo”. Infine, se il Padre aveva un Crocifisso “anca vecio”, il piccolo mi pregava che glielo regalasse. Padre Pio non sgradì il biscottino, l’in- La mia Arca Padre Pio genuo dono; il giorno della Pentecoste, appena qualche mese dopo, venne ricambiato col Pane Eucaristico della Prima Comunione, che il piccolo riceveva dalle mani del Padre. In quanto al Crocifisso “Anca vecio!” Questi ripeteva, “digli che non ce l’ho” Il Padre f rugò nel saio, aggiungendo: “portagli questa, è l’Immacolata”. E mi consegnò una medaglietta con un cordoncino bianco. In questa medesima circostanza era anche venuto Mauro, il più piccolo dei nostri figlioli. Mauro aveva compiuto sei anni e ciò nonostante non parlava ancora. All’età di otto mesi aveva avuto la poliomielite. Oltre alla favella, la brutta malattia lo aveva colpito nella parte sinistra del corpo, per cui, quando camminava o correva, fatto qualche metro, il piccolo perdeva l’equilibrio e cadeva. Grazie ad un amico, e ad una strategia da lui suggerita, mio marito Renzo poté incontrarsi col Padre mentre questi usciva dalla cella. Egli aveva con sé tutti e due i piccoli, Mauro e Giampaolo, come Padre Pio gli fu vicino Renzo si mise subito a parlargli di Mauro. Il Padre fece vista di non dargli retta e tagliò il discorso dicendo:“Devo scendere a benedire una macchina”. Messa una mano sul capo del piccolo, glielo fece ciondolare con l’aria di chi voglia dire: “Non è nulla state tranquilli”. La macchina da benedire era la nostra. Essa era stata fatta entrare per il portone del muro di cinta del giardino ed ora si trovava davanti alla porticina per la quale vi si accede dall’interno del convento. Il Padre, raggiuntala insieme a mio marito e ai figliuoli, recitò la preghiera di rito e infine benedisse e asperse con l’acqua santa la macchina, aggiungendo questo augurio: “Tutti sani, tutti santi, tutti vecchi … compreso te” e toccò la fronte di Renzo con l’aspersorio. Io guardavo la scena dal buco della serratura del portone. Partimmo il giorno seguente. Dopo qualche tempo io mi trovavo a letto ammalata. I figliuoli andavano a scuola e un’insegnante li assisteva nei compiti. Dalla maestra mandavo pure Mauro, perché il piccolo, pur non parlando, borbottava soltanto, manifestava una viva intelligenza. Un pomeriggio Mauro entra in camera mia. Avvicinandosi al mio letto, vi posa Il Vangelo narrato ai piccoli, il libretto delle Edizioni Paoline che lo zio sacerdote aveva regalato al fratello Giampaolo. Il bambino apre il Vangelo a caso, vi punta il dito sopra e, a stento, borbottando, riesce a leggere: “Padre nostro che sei nei cieli…” “Mauro, tu parli, leggi!” E mi stringo al cuore piangendo, pensando alla mano benedetta che, pochi mesi prima, si era posata sul suo capo. Mauro da quel giorno, è stato in grado di frequentare le scuole, di farsi brillantemente un avvenire. E oggi è un giovane normale, come tutti gli altri. Padre Pio si appresta a benedire la macchina 5 (continua...) Racconto La mia Arca Le redattrici scrivono... anche i cani hanno un’anima Spotti a cura di Graziella Naccari Anche noi redattrici scriviamo i nostri pensieri. Questo raccontino è puro frutto della mia fantasia. Mi piace scrivere, mi aiuta nel cammino del mio io quotidiano di donna Essere Tutto scorre anche la vita. Un giorno mi guardo allo specchio e... “Ma chi sei tu groviglio di cellule?” C’è un conflitto in me tra l’essere che sento nel profondo dell’anima che si interroga sul bene e sul male e quella figura spenta, riflessa alla specchio, che vive e non pensa “Quali dei due esseri sono io?” Sono zombi che subisco la vita di tutti i giorni o donna che continua a interrogarsi? Domande interrogativi custoditi nascosti nel profondo del mio Essere. Sembra che la primavera abbia deciso di restare ai tropici, grossi nuvoloni grigi si spintonano nel cielo. All’improvviso un forte scroscio di pioggia mi obbliga a ripararmi affrettatamente sotto uno scatolone. Se questo temporale terminasse potrei gironzolare per la città e trovare qualche cosa da mangiare, ho dei forti spasmi allo stomaco. Avessi almeno un pezzo di pane vecchio da mettere sotto i denti, è un giorno che non mi sfamo, ma che dico un giorno, sarà una settimana, l’unica cosa che trovo e che divoro con voracità sono i chewing-gum che stanno incollati per terra, il loro sapore dolciastro mi aiuta a tamponare momentaneamente i morsi atroci della fame. Uno strano pizzicore al naso mi dice che sta per succedere qualcosa, è assodato che il mio intuito non sbaglia mai. “Ma che fa tutta quella gente in mezzo alla strada … cosa sarà successo? Un incidente! C’è una signora stesa a terra”.“Fate largo fate largo” si spolmona il vigile spingendo i curiosi a spostarsi. “Vi prego la signora ha bisogno di respirare, fate largo c’è bisogno di spazio sta arrivando l’autoambulanza”. Guardo quella povera donna esanime a terra, non ci vuole poi un dottore per capire che… “Ma non vedete che sta morendo?” Mi avvicino di più e mi accuccio 6 accanto a lei, le sfioro una mano, lei apre gli occhi appena appena, mi fa un segno… un cenno “Zitti vuole parlarmi” ma la voce è talmente flebile che non afferro una parola… nel medesimo istante un palpito di ciglia e un rivolo di sangue le sgorga dalla bocca e forma una piccola pozza sull’asfalto bagnato. Improvvisamente dal suo petto balza fuori una farfallina traslucida che si muove di qua e di là ondeggiando davanti al mio naso.“Presto, presto” mi dice, “io sono la sua anima, offrimi ospitalità nel tuo corpo, sii partecipe sostienimi altrimenti morirò. Ha due bambini piccini hanno bisogno di un amico di giochi, di un compagno spensierato, e tu mi sembri idoneo. Ti darò una mano e assieme riusciremo a farli di nuovo sorridere” Una dolce euforia mi prende alla bocca dello stomaco, mi piace crogiolarmi all’idea di avere un’anima, però il pensiero rimane vago a mezz’aria, interrotto dal suono angosciante della sirena che sembra squarciare il mondo. Gli infermieri sistemano sulla lettiga la poveretta, io reso cosciente del mio nuovo ruolo con un balzo salto sull’autoambulanza, un’infermiere mi vede, mi prende di brutto e mi scaraventa a terra. Mentre si gira per sistemarla dentro, con uno scatto a sorpresa sono di nuovo accanto alla donna. Racconto La mia Arca Sento che non posso mancare, sono ormai vincolato a lei. “Ma sì gli grida l’altro infermiere, non essere barbaro, lascialo salire, non vedi sarà il suo cane”. Se non l’avete capito io sono un cane di razza con tanto di pedigree, un dalmata dal corpo bianco e snello macchiato da cerchietti neri, grossi come una moneta, le mie orecchie sono nere e pendenti ma pur sempre vigili a sollevarsi ad ogni irrilevante rumore sospetto. Essere un cane di razza non mi ha risparmiato dall’umiliazione e dell’abbandono, scaraventato in mezzo ad un’autostrada dalla crudeltà degli umani. Sono stato un costoso regalo di Natale, un piccolo cucciolo comprato da due genitori privi di coscienza, per far giocare la loro bambina viziata. Nel momento in cui si sono resi conto che non ero un giocattolo di peluche e che avevo degli inevitabili bisogni, senza avere un minimo di sensibilità mi hanno abbandonato. Ecco il perché, mi ritrovo ad essere un cane randagio! Da questo momento vengo al mondo una seconda volta, l’anima di quella donna vive in me, non sono più un cane vagabondo, sono stato adottato vivo nella sua casa con i suoi esuberanti bimbetti, mi sento amato e coccolato. Per loro sono solo Spotti un amico fidato, un compagno di giochi tenace e instancabile nelle pazze scorribande che avvengono in giardino, sopra i letti e sotto le coperte. Nella bella stagione andiamo a fare lunghe passeggiate nei boschi con il loro papà. Tra una corsa turbolenta e un capitombolo arriva sera, i miei dolcissimi cuccioletti stanchi morti, si addormentano tra le benevoli braccia di Morfeo. Certamente non supplisco la perdita della loro mamma, ma almeno li faccio divertire. Anche il loro papa si è attaccato a me. Visita del nostro Patriarca Giovedì 21 febbraio malgrado la serata innevata, la nostra parrocchia ha avuto la gioia di incontrare il Patriarca, dopo un breve saluto con il parroco, la visita si è svolta in tre momenti molto importanti. Il principale, con la celebrazione eucaristica animata dal nostro meraviglioso coro, il Patriarca più volte in altre occasione si è complimentato con i nostri giovani cantori, tutta la comunità dopo la S. Messa l’ha accolto con un caloroso applauso nel salone S. Giuseppe, Mons. Moraglia si è soffermato molto a riflettere e a farci riflettere, a meditare sulla preghiera (spesso siamo distratti perché siamo presi dalle nostre preoccupazioni quotidiane). Nel secondo momento, ha risposto ad alcune domande fatte da Marisa del gruppo missionario, a cura di Annamaria Nardo da Elena del gruppo catechisti e da una coppia di giovani sposi Tante erano la domande che ognuno di noi avrebbe voluto fare ma il tempo purtroppo era limitato. Poi si è incontrato con i giovani delle superiori. L’incontro con il Patriarca si è 7 Alla sera quando la casa si zittisce salto sul divano e mi spaparazzo vicino al mio padrone, il suo odore umano è così rassicurante che mi addormento. Certe volte mi gratta la testa e fissandomi negli occhi mi dice: “Sai Spotti siamo stati favoriti dalla buona sorte a trovarti”. “Caro il mio padrone… sono stato io a scoprire voi”. “Spotti sei davvero una manna dal cielo, vorrei tanto sapere chi è stata quell’anima buona che ti ha inviato a noi?”. Gli scodinzolo festoso e sfodero il mio irresistibile sorriso. Da lassù sono sicuro che lei è soddisfatta di avermi concesso la sua anima. Ho conosciuto la crudeltà e l’abbandono degli umani, ma anche la gioia di vivergli accanto. Se avete un cane guardatelo negli occhi e ditemi se quello che dico non è vero: Anche i cani hanno un’anima… concentrato in modo particolare sull’anno della fede, i nostri ragazzi sono stati veramente soddisfatti dell’incontro. S.E. Mons. Moraglia ci ha promesso di ritornare e noi lo aspetteremo con gioia alla prossima occasione. Notizie Utili La mia Arca Suor Giuseppina Bakhita Canonizzata il 1° Ottobre 2000 a cura di Gildo Pilla 7 4 2 1 8 5 9 4 2 3 8 7 6 1 5 9 7 8 4 9 5 8 5 3 1 8 9 6 4 2 6 2 7 7 1 3 2 1 9 5 3 4 6 9 6 4 3 1 2 8 5 7 1 5 9 3 6 2 5 6 4 9 7 8 1 7 8 4 2 3 4 8 7 1 2 3 9 6 5 8 mente sepolta nella tomba di una famiglia scledense, i Gasparella, probabilmente in vista di una successiva traslazione nel Tempio della Sacra Famiglia del convento delle Canossiane di Schio, traslazione poi avvenuta nel 1969. Il processo di canonizzazione iniziò nel 1959, a soli 12 anni dalla morte. Il 1º dicembre 1978 Papa Giovanni Paolo II firmò il decreto dell'eroicità delle virtù della serva di Dio Giuseppina Bakhita. Durante lo stesso pontificato, Giuseppina Bakhita fu beatificata il 17 maggio 1992 e canonizzata il 1º ottobre 2000. Ai fini della canonizzazione, la Chiesa cattolica ritiene necessario un secondo miracolo, dopo quello richiesto per la beatificazione: nel caso di Giuseppina Bakhita, ha ritenuto miracolosa la guarigione di Eva da Costa Onishi, guarita nel 1992 da ulcerazioni infette agli arti inferiori, causate da diabete e ipertensione. La memoria liturgica si celebra il giorno 8 febbraio. 6 sa a Zianigo (frazione di Mirano). Dopo tre anni i coniugi Michieli si trasferirono in Africa a Suakin dove possedevano un albergo e lasciarono temporaneamente la figlia e Bakhita in affidamento presso l'Istituto dei Catecumeni in Venezia gestito dalle Figlie della Carità (Canossiane). Bakhita venne ospitata gratuitamente come catecumena e cominciò a ricevere così un'istruzione religiosa. Quando la signora Michieli ritornò dall'Africa per riprendersi la figlia e Bakhita, quest'ultima, con molto coraggio e decisione, manifestò la sua intenzione di rimanere in Italia con le suore Canossiane. La signora Michieli fece intervenire il Procuratore del Re, venne coinvolto anche il cardinale patriarca di Venezia Domenico Agostini, i quali insieme fecero presente alla signora che in Italia non erano riconosciute le leggi di schiavitù: il 29 novembre 1889 Bakhita fu dichiarata legalmente libera. Fatta suora fu trasferita in un convento di Schio dove trascorse il resto della sua vita. La popolazione locale prese ad amare questa insolita suora di colore per i suoi modi gentili, la voce calma, il volto sempre sorridente: venne così ribattezzata dagli scledensi (cioè dagli abitanti di Schio) "Madre Moréta". Dal 1939 cominciò ad avere seri problemi di salute e non si allontanò più da Schio. Morì l'8 febbraio 1947 dopo una lunga e dolorosa malattia. La salma venne inizial- 3 Guardando TV2000 ho avuto modo di conoscere suor Giuseppina Bakhita, una Santa che non avevo avuto modo di conoscere prima, e così ho voluto approfondire. A casa ho diversi libri, e guarda caso ho un libro anche su suor Bakhita, un libro che le suore Canossiane hanno distribuito quando è stata beatificata. La sua storia inizia in un villaggio del Sudan occidentale verso l’anno 1869, all’età di circa sei anni viene rapita da mercanti arabi e fatta schiava, venduta più volte, conobbe le umiliazioni, le sofferenze fisiche e morali della schiavitù. Nella capitale sudanese venne infine comprata dal console italiano residente in quella città, Callisto Legnani, con il proposito di renderle la libertà: questo diplomatico già in precedenza aveva comprato bambini schiavi per restituirli alle loro famiglie. Nel caso di Bakhita ciò non fu possibile per la distanza del villaggio di origine dalla capitale e per il vuoto di memoria della bambina riguardo ai nomi del proprio villaggio e dei propri familiari. Nella casa del console Bakhita visse serenamente per due anni lavorando con gli altri domestici senza essere più considerata una schiava. A causa della guerra nel 1884 fu affidata a Augusto Michieli che la portò in Italia. In Italia Augusto Michieli con la moglie presero con loro Bakhita come bambinaia della figlia Mimmina e la portarono nella loro ca- La mia Arca Cucina Ricette di cucina Ricette a modo mio a cura di Gabriella Tacchia CROSTINI DI SCAMORZA FORMAGGIO CON LE CIPOLLE INGREDIENTI PER 4 PERSONE: una scamorza affumicata da 400 gr. pane in cassetta 200 gr. oppure pane casareccio tipo toscano Qualche filetto di acciuga preferibilmente sott’olio Olio d’oliva Sale INGREDIENTI PER POCHI: 400 gr. di formaggio tipo montasio seminvecchiato 1 cipolla Burro o olio d’oliva a vostra scelta PREPARAZIONE: Tagliate il formaggio a fettine sottili. Affettate sottilmente la cipolla e fatela appassire dolcemente in una padella antiaderente col burro o nell’olio a fuoco basso. Appena la cipolla è pronta, versate nella padella il formaggio distribuendolo uniformemente sul fondo. Alzate la fiamma e fate proseguire la cottura, sollevando ogni tanto con un cucchiaio di legno la crosticina del fondo per evitare che si attacchi. Alla fine si sarà formata una specie di torta leggermente dorata e appetitosissima che potreste gustare con la polenta. Ma questa è un’altra storia. PREPARAZIONE: Tagliare il formaggio a fette e a tocchetti il pane, facendo in modo che abbiano la stessa dimensione. Prendete una pirofila e stendete nel fondo un foglio di carta forno, adagiate per primo un pezzo di pane e sopra una fettina di scamorza alternandola al pane, avendo cura che siano a stretto contatto e che l’ultimo pezzo sia di pane. Quando avrete finito gli ingredienti versate sopra un filo di olio, stendete le acciughe (in quantità preferita), un poco di sale e infornate a 150° per 15 minuti circa. Controllate che il pane non abbrustolisca troppo ma la scamorza si deve sciogliere. Servite immediatamente. è un piatto gustoso per una merenda, guardando alla TV la partita della squadra preferita, ma fate attenzione a non scottarvi la lingua. Questi due piatti-merende ve li ho segnalati perché possono risolvere una serata domenicale al posto della solita pizza. sempre ottima ma... Le redattrici augurano una veloce guarigione alla nostra amica e collaboratrice Speranza che giace a letto infortunata (causa incidente stradale). La ringraziamo perché malgrado l’incidente ci fa avere via e-mail i suoi articoli sempre interessanti. Le maranteghe tue amiche ti augurano una Buona Pasqua. 9 Pensieri in libertà La mia Arca La ruota di Pietro Galletto a cura di Margherita Rossi La Ruota, un congegno semplice che raccoglieva i neonati altrimenti destinati alla morte. Pietro Galletto lega le vicende dei suoi protagonisti a quelle della Ruota, la cui abolizione si protrasse nel Veneto, tra arroventate polemiche, fin quasi alla fine del secolo XIX. Si tratta di un romanzo storico ambientato in un arco di tempo che va da metà ‘800 a metà ‘900, “La ruota” racconta le vicende di poveri contadini del piovese e prende spunto da vicende legate alla ruota degli esposti di Padova. Oggi le ruote sono note come “Culle per la vita”, in genere si trovano presso ospedali come “Villa Salus” qui a Mestre, oppure presso istituti che poi provvedono ad attivare l’ospedale per la cura e la custodia del bambino fino alla sua adozione. La ruota del romanzo era installata presso l’Istituto degli Esposti di Padova - a Venezia c’era l’Istituto della Pietà - e fino alla loro soppressione le ruote erano legate a questi istituti che, con le loro luci e le loro ombre, hanno accolto, nutrito e fatto crescere tutti i bambini abbandonati alla nascita e a loro affidati, bambini abbandonati perché nati fuori dal matrimonio oppure perché la famiglia non poteva mantenerli. In questo libro si narra tutto questo: la miseria nera dei contadini, il lavoro duro e faticoso quindi una estrema povertà materiale ma non morale né spirituale. In questo romanzo si ritrovano valori preziosi che sono andati perduti, o almeno dimenticati e messi un po’ da parte, come la solidarietà tra persone, come il buon cuore, come la rettitudine, la lealtà che permettevano di vivere la fatica nel rispetto reciproco e permettevano di aiutare i bambini abbandonati, aiutandoli a crescere ricevendo un’educazione ai buoni sentimenti, al lavoro onesto, anche la possibilità di ricevere un’educazione scolastica. Come Vittore, un esposto che riuscirà a diventare “maestro” grazie alla forza d’animo della mamma adottiva, anche lei esposta e adottata. Nonostante la povertà Vittore, che nel suo percorso troverà tanti ostacoli, riuscirà ad “emergere” da una condizione segnata dal “marchio”: NN. In questo libro c’è uno spaccato 10 di vita che riporta indietro negli anni e soprattutto ci aiuta a capire “chi” siamo” e “perché” siamo”, ci aiuta a capire e riscoprire “il senso” della vita cioè perché e come vivere i giorni che abbiamo a disposizione oggi, qui, a Mestre e dovunque e la mèta che ci aspetta tutti. Certo da allora è cambiato tutto: i costumi, il modo di vivere, il linguaggio, le priorità nelle scelte sono date - spesso - a quanto ci allontana gli uni dagli altri quindi da noi stessi, e quello che più ci allontana è l’aver perduto la capacità di riconoscere l’umanità dell’altro, abbiamo quasi dimenticato che ogni donna e ogni uomo sono fatti per amare ed essere amati. “La ruota” romanzo storico ambientato in un pezzetto di campagna veneta tra metà ‘800 e metà ‘900, forse, ci può aiutare a ritrovare noi stessi nelle vite di tanti personaggi delineati con tratto nitido e affettuoso dall’autore, non sembra di leggere perché ci si sente immersi e coinvolti nelle storie e nelle vicende narrate, prendendo le parti e facendo il tifo per i propri beniamini, ognuno troverà i propri, protagonisti di storie di vita faticose ma che non annichiliscono le persone in un destino segnato, bensì aprono alla speranza in una vita migliore vivendo passo passo la propria vita e la propria condizione operando per il bene. Non soltanto e sempre il proprio. Curiosità La mia Arca Venezia minacciata da Genova Nei periodi di guerra il leone impugnava una spada a cura di Gildo Pilla Come sapete la Repubblica di Venezia è stata una delle più grandi città marinare, e la Repubblica più lunga di tutti i tempi. Innumerevoli le sue battaglie per mantenere il dominio dei mari, una delle sue avversarie è stata Genova che ha cercato in tutti i modi di conquistare il controllo del Mediterraneo. Nel 1375 la rivalità tra le due città era arrivata a una svolta inevitabile e Venezia incaricò l’ammiraglio Vettor Pisani di contrastare i genovesi. I suoi risultati furono eccellenti, però il 7 maggio 1379 si lasciò battere vicino a Pola da una flotta Genovese apparsa nell’Adriatico guidata da Luciano Doria. Questa sconfitta ha permesso ai genovesi di conquistare Chioggia e da lì sferrare gli attacchi. Vene- zia si trovava circondata, dal mare dalla flotta di Genova, da terra dall’esercito del Signore di Padova e dalle truppe del re d’Ungheria. In questo difficile momento Venezia diede prova di una costanza ammirevole. Pisani destituito e imprigionato dopo la disfatta di Pola, per furor di popolo, fu richiamato al comando per difendere la città, con 40 nuove galee e la migliore conoscenza dei canali della laguna veneziana iniziò una dura battaglia che da lì a poco lo portò ad isolare Chioggia dalla flotta genovese. Con l’arrivo di una flotta veneziana, agli ordini di Carlo Zeno, rientrata dal Levante ci fu la svolta definitiva alla guerra. L’assedio della Torre delle Bebbe proseguì per altri sei mesi nei quali, secondo le cronache, il Resti Torre delle Bebbe 11 Pisani dovette più volte far ricorso alla sua capacità di comando visto che dovette reprimere una rivolta delle sue stesse truppe, sobillate dal traditore Roberto da Recanati, spia al soldo dei genovesi. Il 24 giugno 1380 la città cadde ed il Pisani decise di riprendere il largo con la flotta per allontanare la minaccia dalle zone propinque a Venezia. Durante una delle sue tante incursioni s’ammalò di febbri malariche e morì nella notte tra il 13 ed il 14 agosto 1380. La pace definitiva fu firmata a Torino nel 1381, da qui Venezia uscita malconcia riprese il controllo dei mari e il suo commercio allargando il suo mercato, Genova al contrario iniziò il suo declino, e nel 1396, rinunciava alla sua stessa libertà e si concedeva al re di Francia. Relax La mia Arca Un momento di relax a cura della redazione UBRIACHI Un pensionato, dopo una allegra serata passata all’osteria con gli amici che non vedeva da tempo, si appresta a tornare a casa. Sono ormai le 3 di notte e lui è decisamente “fatto come un caco!” Con tanta pazienza riesce comunque a salire in auto e si avvia verso casa pensando: “... a vago pian pianeo, tanto i xe solo 2 km. No i me fermarà miga proprio a mi? Anca parché se i me ferma, altro che punti i me cava. ‘l mea brusa ea patente”. Ma ecco che, dopo neanche un chilometro dalla partenza gli si para davanti un poliziotto che lo ferma agitando la paletta. “Favorisca la patente!” chiede il militare. L’uomo pieno di paura, oltre che pieno di vino, farfuglia qualcosa e cerca la patente nelle tasche della giacca. Prima di darla al poliziotto però, pensa bene di infilarci dentro un pezzo da 100 €uro. Il poliziotto prende la patente, la apre e vede la banconota. Guarda un po’ di traverso l’uomo ma, facendo finta di niente, si mette isoldi in tasca e dice: “Vada pure e, guidi piano”. L’uomo riparte pensando: “...bon Dio, ea me xe ‘nda ben. Mejo 100 euri in manco che sensa patente”. Ma è praticamente appena ripartito che un poliziotto lo ferma di nuovo. “...a porca maeora... ma cosa xea questa ea strada del demonio”. Pensa subito l’uomo. Il militare si avvicina, fa cenno di abbassare il finestrino e dice: “Favorisca la patente prego”! L’uomo, sempre più impaurito per le possibili conseguenze, farfuglia qualcosa e cerca la patente nelle tasche della giacca. Finalmente, dopo quasi due minuti di ricerche la trova, ma prima di darla al poliziotto, che si stava spazientendo, pensa bene di infilarci dentro una banconota, questa volta da 50 €uro. Il poliziotto prende la patente, la apre e vede i soldi, guarda l’uomo ma, facendo finta di niente si mette i soldi in tasca e scuotendo la testa dice: “Va bene. Vada pure e guidi con prudenza”. L’uomo riparte per la seconda volta, pensando: “...ben, ea me xe ‘nda ben anca stavolta. Mejo 150 euri in manco che sensa patente. Ormai so quasi rivà casa. Speremo ben parché a gò quasi finio anca i schei, ostregheta!”. Ma ecco che, quasi per dispetto, un poliziotto lo ferma per la terza volta. “...a porca maeora... anca el sindaco e tutta ea so giunta, ma cosa gai anca questi. Noi poe ‘ndare in serca de deinquenti invese de ciaparme mi? E sta strada ea sarà anca finia... ” pensa il povero ubriaco. Il militare si avvicina all’auto e fa cenno di abbassare il finestrino. Brontolando tra sé e sé, l’uomo abbassa il finestrino e, con occhio da stato comatoso guarda il poliziotto che, serio in viso gli chiede: “Nono, quanti schei gheto in scarsea?” L’uomo, che ormai non riesce più neanche a star seduto dritto, strabuzza gli occhi alla domanda del poliziotto. Si fruga in tutte le tasche, e non solo nelle tasche.... Dopo aver controllato anche le monetine risponde: “A gò ventisinque Euri capo...”, “… dai vecio, dame ‘sti 25 euri che te porto fora da sta ostrega de rotonda!”. Sudoku per tutti 6 7 9 3 1 1 5 8 2 3 4 6 7 8 8 5 4 4 2 5 1 5 1 2 4 5 6 6 3 9 8 2 La soluzione del “Sudoku per tutti” qui sopra pubblicato la trovate a pagina 8. 12