In questo numero:
G8 di Genova
Come l’hanno vissuto i nostri inviati
Teatrando
Intervista esclusiva ad Alessandro Baricco
UndiciSettembreDuemilaUno
Le nostre riflessioni e non solo . . .
Anch’io ce so’ stato a Rezzo Ueiw
Resoconto in dialetto
3
o: E
r
e
m
u
n
IBUZION
DISTRATUITA
GR
No. 3
Settembre 2001
DISTRIBUZIONE GRATUITA
In attesa di registrazione
A cura di:
Silvia Baglioni
Luca Faenzi
Federico Lazzeri
Sauro Pasquini
Sara Piccini
Giulio Testi
Hanno collaborato:
Davide Banchetti
Luca Primavera
Si ringraziano vivamente tutti coloro
che hanno contribuito, sia
economicamente che materialmente,
alla riuscita del giornale
Se volete collaborare con noi, proporci
degli articoli, dei disegni, dei fumetti,
delle foto o qualunque altra cosa
abbiate in mente, contattateci. Saremo
lieti di valutare i vostri lavori ed
eventualmente di pubblicarli.
Per mettersi in contatto con noi:
Il sito web
web.tiscalinet.it\cartastraccia
L`e-mail
[email protected]
I numeri di telefono
Silvia
340/3904319
Luca
338/8364299
Federico
339/8226482
Sauro
340/3777979
casella postale
web.tiscalinet.it/cartastraccia
la redazione
Ciao a tutti!
Bentornati dalle vacanze, sempre che
abbiate avuto la fortuna di andarci. Io non
ho fatto proprio niente a parte annaspare
nel caldo tutta l’estate, che è la stagione che
odio di più: ma ormai è quasi autunno, e
anche la certezza degli esami che avanzano
non mi disturba più di tanto.
Ok, vengo al punto: io odio Arezzo. Sul
serio. Per cui vorrei scrivere sul vostro
giornale. In realtà non ho intenzione di
restare a lungo a fare la pendolare fra la Val
di Chiana e Arezzo, appena posso me ne
torno in UK. Però mi spiace odiarla, povera
Arezzo, in fondo non le ho mai dato una
chance.
Insomma, mi piacerebbe sapere
quando terrete la vostra
prossima riunione... grazie, a
presto,
PS: Ho avuto qualche problema
ad entrare nel sito, è normale?
(intanto gustatevi la prima pagina e quella
di una rubrica in anteprima).
Per quanto riguarda il poter collaborare
con noi, sappiate che ci riuniamo, salvo
decisioni diverse, ogni sabato alle 15:30
allo Sbarbacipolle. Siete tutti invitati a
partecipare ed a collaborare.
Se la vostra immagine vi ripugna o se il
vostro tempo libero si riduce a qualche ora
durante la notte e non potete venire alle
riunioni, accettiamo anche i vostri lavori
spediti per e-mail al seguente indirizzo:
[email protected]
Gaia Dakalo
Ciao, Gaia,
siamo stati anche noi in vacanza,
ma anche da sotto l’ombrellone
abbiamo fatto girare le nostre
intime rotelline cerebrali al fine
di migliorare e far crescere
sempre piu’ il nostro beneamato
giornale.
Soprattutto abbiamo lavorato a
migliorare il sito internet di
CartaStraccia, aggiornando la
grafica, preparando la sua
struttura ad accogliere tutti i
nmostri servizi, gli eventi, le
opportunita’ di incontro e di
crescita culturale.
E’ per questo che hai trovato
difficolta’ ad aprire il sito, quando
ci hai provato. C’erano i lavori in
corso !
Tutti, quindi, a vedeer il nuovo
sito di CartaStraccia all’indirizzo
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libretto universitario
AREZZO - Via Piave, 3/b
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(zona Pescaiola) Arezzo
tel / fax 0575 302947 - P.IVA 01609620511
cartaSTRACCIA
Pubblicazione periodica indipendente
della citta` di Arezzo
il g-8
commenti vari
19 Luglio 2001: sono finalmente arrivata a Genova, un po' stanca dalle
nove ore di viaggio, ma felice di essere arrivata in tempo per il corteo:
due o trecentomila persone come un fiume che si snodava lungo le
strade di tutta la citta', una folla pacifica accomunata dallo stesso ideale
di giustizia, con musica, danze ed inni.
Ovunque era festa, non mi ero mai sentita cosi' unita a delle persone a
me nonostante sconosciute.
La manifestazione e' proseguita per tutta la giornata e nessuno si
sarebbe mai immaginato che il giorno dopo, quella stessa citta', si
sarebbe trasformata in un campo di battaglia.
L'indomani mattina, dando un'occhiata ai programmi che si saerbbero
svolti nelle varie piazze ed alloggiando proprio nella zona vecchia, ho
deciso di scendere direttamente verso Piazza Dante, la famosa "zona
rossa", dove, in teoria, si saerbbero dovuti incontrare tutti i vari cortei,
ma che in pratica non sono stati fatti nemmeno avvicinare.
Poco lontano, infatti, si era gia' scatenato l'inferno, nonostante i molti giorni per preparare,
fare piani, fortificare, mobilitare eserciti e squadre speciali (che averbbero dovuto garantire
l'ordine), spendere miliardi per alzare reti e farci controllare da elicotteri, quel giorno
Genova e' stata testimone di una di quelle repressioni che solo il Cile di Pinochet poteva
ricordare.
Anche in Piazza Dante, benche' non ci fosse alcun bisogno di attaccare il nostro dissenso
pacifico, i fumogeni si sono susseguiti uno dietro l'altro, ad altezza uomo e mentre
scappavo dal gas che impediva il respiro e la vista, l'unica domanda che riuscivo a pormi
era "Perche'?".
Purtroppo non sono ancora riuscita ad avere una risposta, non c'e' alcuna spiegazione
logica alla violenza che si e' scatenata ed e' cresciuta durante la giornata, conclusasi poi
con la morte di Carlo Giuliani.
Mi chiedo cosa ci sia piu' importante della vita di un uomo.
Un ragazzo ucciso, 300 arresti, almeno 700 i feriti: questo il tragico
bilancio della barbarie poliziesca che aveva l'obiettivo di distruggere e
cancellare politicamente un movimento antiliberista e anticapitalista, nonche'
di nascondere il prevedibile fallimento del G8.
Gia', perche' all'interno di quel palazzo blindato, erano loro, gli 8 nani, ad
essere quelli rinchiusi, senza via di scampo, mentre io, e penso molti ragazzi
come me, sono tornata si, delusa ed amareggiata, ma con la speranza ancor
piu' viva che questo non sia l'unico mondo possibile.
S.P.
Ho vissuto l’esperienza di Genova solo dalla televisione, dalle immagini
trasmesse da ogni telegiornale e da ogni programma quel giorno in onda.
Quello che ho visto, pero’, mi ha turbato tanto quanto fossi stato li di persona.
Morire a vent’anni e’ assurdo, lo ammetto, ma non e’ stato quello l’evento piu’
traumatico del G8.
Secondo me il vero dramma sta fra le righe, va saputo cogliere non solo dalle
conseguenze, ma dalle situazioni tanto piu’ tremende quanto evidenti.
Le orde di giovani che approfittano di una manifestazione, della copertura e dell’anonimato forniti dalla massa, per vandalizzare una
citta’, per dare sfogo ai propri istinti violenti, sembrerebbe essere il
piu’ evidente, ma ce ne sono altri ancora piu’ angoscianti.
I manifestanti, cosiddetti pacifici, che reagiscono solo in minima
parte alle infiltrazioni dei Black Blockers, coprendo di fatto le loro
incursioni; alcuni poliziotti che fendono manganellate a destra e
a sinistra, senza distinzioni, “tanto son tutti delinquenti”; medici
che strappano piercing da labbra e orecchie, come se fossero
padri austeri del secolo scorso; una situazione critica che diventa
drammatica e vede la morte di un giovane e la sua martirizzazione
contro una intera istituzione.
Quello che questo G8 mi ha lasciato, piu’ che rabbia, una
profonda preoccupazione. Soprattutto cercando di capire cosa
siamo diventati.
P.S.
under the bridge
di Luca Primavera
Finalmente anche ad Arezzo esiste
un luogo dove poter andare con lo
skateboard. Lo skatepark si trova nei
pressi della dogana da circa sei mesi, e’
gestito dall’associazione Street Survival,
che anche se non sotto questo nome
combatte da circa dieci (dieci!) anni per
la creazione di uno skatepark ad Arezzo.
Questo e’ il frutto del lavoro di un gruppo
di ragazzi di eta’ comprese fra i 14 e 25
anni, che passo dopo passo sono riusciti
ad ottenere cio’ che volevano. Dopo anni
di insistenti richieste e l’approvazione del
progetto due o tre anni fa, lo scorso
anno fu creato nel parcheggio di via
del Rossellino uno skatepark provvisorio,
dove si svolse durante Arezzo Wave
lo Streetwave. Infine quest’anno la
concessione di questo nuovo spazio.
Lo skatepark di Arezzo e’ stato costruito
da decine di ragazzi in circa due mesi di
lavoro. Le rampe e le altre strutture sono
state progettate, e costruite interamente
da ragazzi che hanno fatto collette su
collette per trovare la (ingente) somma
di denaro necessaria. Grazie a questo
lavoro anche questo anno la Street
Survival ha organizzato e gestito lo
Streetwave, lo stage di Arezzo Wave
dedicato unicamente alla cultura hip
hop, quindi al writing, alla break dance,
allo screatch. Nell’edizione di quest’anno
hanno gareggiato in un contest di skate
i piu’ bravi skaters italiani, si e’ svolto
il campionato italiano ITF, ed hanno
cantato e suonato fra i migliori mc e dj
italiani (Colle Der Fomento, Scimmie del
Deserto, Rome Zoo, China, e la Alien
Army, la crew piu’ forte d’Italia…). Lo
skatepark di Arezzo puo’ vantarsi inoltre
di essere solo insieme ad un altro in
Italia, al coperto, di essere fra i piu’ grandi
in Italia, ed essere dotato di una potente
illuminazione notturna. Questo permette
Via Isonzo, 36
Tel. 0575 904970
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Vasto assortimento giochi nuovi e usati per
tutte le console
agli skaters ed ai bikers incalliti di poter
provare i loro tricks sia in ogni tipo di
situazione metereologica che di notte.
L’acquisizione di questo spazio comunque
non e’ altro che una tappa. Infatti e’ gia’ in
funzione un bar che permette di mangiare
e bere a prezzi popolari, e di racimolare
la cifra necessaria per permettere la
manutenzione delle strutture. In futuro
verra’ creato un impianto musicale per
fare concerti, verranno organizzati contest
di skate, bmx, screatch, e jam ….
Naturalmente lo skatepark non e’ solo un
luogo dove andare in bmx e skate, ma e’
anche un luogo dove potersi incontrare,
socializzare, creare nuove idee, iniziative,
e dove potersi divertire. Arezzo si e’
arricchita di una nuova realta’ che anche
se gestita da un’associazione, si puo’
definire comunque una realta’ autogestita,
tutti hanno voce in capitolo sulle scelte e
sulle iniziative da portare avanti. In molti
hanno contribuito concretamente alla sua
creazione, sia con il lavoro manuale, che
con le proprie idee, in maniera libera e
spontanea, senza imposizioni di sorta da
parte di nessuno. Non ci sono orari o ruoli
da rispettare, le abitazioni sono lontane e
quindi nessuno rompe se ascolti la musica
o gridi, puoi skateare o chiacchierare
seduto in poltrona, guardare la tv, giocare
a pallone o a carte, ballare, sputare
il fuoco, andare sui trampoli, o
semplicemente farti i cavoli tuoi senza
che nessuno rompa, a qualsiasi ora del
giorno o della notte…unica regola devi
avere la tessera della Street Survival, che
costa 30.000 £ annue per chi va sullo
skate o bmx, e 15.000£ annue per tutti gli
altri che sostengono l’associazione.
glossarazzo
anch'io ce so' stato a rezzo ueiw
di Federico Lazzeri
Razzo
Quest'anno m'era presa la voglia de vedere ho capito quel c'avon ditto.
Tronchetto di cono cartaceo, di origine st'affare che dicevon tutti, e alora ho preso Io alora, siccome me sentivo che me stava
per venire la 'nfluenza a forza de stare 'n
artigianale,
contenente
miscele il mi' muturino e ce so ito anch'io.
erboristiche di varia entita’ e composizione,
occasionalmente arricchito da elementi
di natura chimica o biologica di varia
provenienza.
Tale
manufatto
e’
particolarmente diffuso nella zona
Maratona e Campeggio. La sua presenza
sul territorio e’ chiaramente denotata da
una specifica atmosfera nebbiosa,
intervallata da saltuari lampi di luce.
Sinonimi : Giaggiolo, Bido, Babbiolo,
Ceglia, Spino
Esempi : “Ch’hai mangio ‘il cuniglio, che ‘n
lo passi sto razzo?”
Coccio
Versione semi-industriale del razzo, in
terracotta o vetro, che permette una piu’
rapida aspirata ed una piu’ intensa
assimilazione del prodotto. Tale soluzione
tecnologica annovera numerosi fedelissimi,
riconoscibili dagli incisivi che assumono un
colore di tonalita’ variabile dal marrone al
nero, che, rifiutando l’uso del piu’ primitivo
razzo, ne deridono chi ne fa uso.
Sinonimi : Tromba, Cylom, Tubo, Cittino
Esempi : “Chi l’apiccia sto coccio, che me
fa nodo?”; “Oh governa sto cittino, giu’!”
Caccolo
Simpatico frammento incandescente che,
staccatosi involontariamente dal suddetto
tronchetto, provoca lacerazioni permanenti
di tessuti e vestiari.
Sinonimi : Caluvia
Esempi : “Cazzarola! M’e’ casco ‘n caccolo
che m’ha fatto ‘na tana ‘n la maglietta
nova!”
Volevo arivare ala svelta e so passo col
rosso e me so sentito anche fischiare dala
vigilessa perche' un c'avevo 'l lume, pero'
un me so fermato e gno' anche alzato 'l
dito medio perche' tanto gne vado 'n culo
che 'n c'avevo manco la targa e la multa un
m'ariva.
Quando so arivo li davanti me so accorto
che la mi nonna avia ragione, che era tutto
pieno de suddeciumi.
So entro drento e c'era 'na citta tutta piena
d'orecchini adosso (m'hanno detto che se
chiama pirsing), coi capelli che me sa
andava a lavasseli nela Chiana, che poi
l'ho guardata meglio da vicino e c'aveva
certe piattole sembravon tartarughine.
Aevo sentito dire che nela maratona ce
vanno a fasse le canne, sicche' ce so ito
anch'io.
Ho caminato 'n pochino eppu' me so misso
a sedere e ho chiesto a uno se me vendeva
'n po' de fumo.
Me so messo li' e me so fatto 'na canna,
tanto a rullare ero bono perche' da picino,
quando fumavo de nascosto, che un c'avevo
i soldi pe' le sigarette, me rullavo i fogli de
guadernone co' la cicoria drento.
Intanto ascoltavo il concerto de quela li' ca'
vinto anche 'l Festival de Sarremo (Elisa,
me sembra che se chiami), che quando
canta dal vivo s'agita tutta c'un l'avrei mai
ditto! Ma quanti caffe' avra' preso?
Dopo un pochino ho sentito du' fraddeci
che c'aevo acanto, che diceveno che
voleveno andare a 'n campeggio a piglia' du
pasticche, ma mica perche' ho fatto aposta
a 'scoltare, ma siccome ce l'aevo acanto,
maratona col vento che me frusciava nel
collo e m'entrava 'ntul'ossi, ho pensato che
'n par de pasticche umme faceveno artro
che bene.
Alora so ito giue e ho chiesto a uno se
ce l'aveva ma m'ha ditto de noe. So ito da
n'artro che me n'ha date due. M'ha preso
centomila lire, io caro, o come se fa? Io l'ho
sempre ditto che unne' giusto che se deve
spende' cosi' tanto pe' le meddicine, un le
dovrebbon fa' paga' per niente.
L'ho butte giu' subbeto e so artorno dove
faceveno 'l concerto.
Mentre venivo 'n sue, ho cominciato a
caminare ala svelta, perche' volevo vedere
Elisa, ma un ce vedevo piu' gnente, me sa
che m'aveva fatto male 'l diacciolo c'avevo
mangiato prima de venire.
Vedevo tutte le cose strane, c'era 'n folletto
che me guardava male, 'l cane d'un
fraddecio che gnagolava e Elisa ch'era
doventata Milli Carlucci.
Alora me so ditto: "Sara' meglio che vado
a casa". So artornato al muturino che me
sembrava doventato 'n Arley (la famosa
marca Arley Devizzon), pero' li fori c'ho
anche artrovo la vigy-lessa ch'era stata
a'spettamme. M'ha preso pe' capelli e m'ha
montato drento la camionetta. Io pensavo
che fusse 'l servizio cortesia che fanno
a quelli che vanno a vedere il concerto,
che dopo, quand'artorni che se' stanco,
t'arportano a casa, e 'nvece m'ha porto 'n
Questura 'ndo c'era anche il Maresciallo
che m'ha urdito de cignate nel muso.
Ma me sa' che n'artr'anno io un ce torno
mica a Rezzo Ueiw !
stanca
di Silvia Baglioni
Quello che proprio non le si poteva rimproverare era che non continuasse
a provarci.
Capitava infatti che ogni quindici giorni si costringesse in casa tutta una
giornata nel tentativo di scrivere un racconto.
Il telefonino lo spengeva, comprava le sigarette e cominciava a
scervellarsi.
“La Domenica” pensava “e’ di sicuro il giorno migliore per raccogliere le
idee e scrivere qualcosa di valido”.
Tornata alle sette di mattina dopo una nottata estenuante e bevereccia in
discoteca, sconvolta dall’essersi resa conto della quantita’ di soldi spesi,
stordita e rallentata dai postumi del Gin Lemon e della Tequila Sunrise
e finito il pesante pranzo domenicale, si butto’ a leggere sopra il letto
(leggere era fondamentale: non si poteva essere buoni scrittori se prima
non si era stati eccellenti lettori).
Se lo era finito tutto quel libro (tutte le volte che gliene passava uno tra
le mani non riusciva a contenersi e a razionare la lettura ... in tre giorni
lo finiva), stanca per il tanto leggere e per i bagordi della sera prima si
addormento’.
Ah ... tipica Domenica di maggio ... alle sei di sera, quando si sveglio’,
c’era ancora il sole che illuminava la camera ... il cielo era cosi’ azzurro, il
giardino davanti casa era cosi’ verde ... era tutto cosi’ dolce ...
Decise di risquotersi dal torpore: Domenica letteraria aveva deciso che
fosse e Domenica letteraria doveva essere.
Ando’ a fumarsi una sigaretta in terrazza, vento caldo, profumo di nuova
stagione ...
Al lavoro !
La visione dello schermo vuoto era pero’ troppo desolante, cosi’ decise di
passare al cartaceo.
Foglio bianco ... foglio bianco del reame ... mi dici cosa cazzo scrivo?
La pasta al forno avanzata dal pranzo era un’ipotesi allettante ... troppo
allettante, tanto si era iscritta in palestra.
Masticava e pensava ... in quelle giornate non si poteva non sognare un
futuro fantastico, progettare ed entusiasmarsi, immergendosi nelle proprie
fantasie come in una vasca idromassaggio. Ma come fare perche’ non
rimanessero tali?
Porc ... doveva anche finire la camicia, che Lunedi’ c’era il corso di taglio
e cucito ed era anche rimasta indietro di una lezione. Avevano spiegato la
giacca e lei era rimasta al gilet.
Poi c’era da fotocopiare i libri per l’universita’, in un mese doveva preparare
tre esami la nostra Karen Blixen. Lunedi’ c’era anche il lavoro part-time,
maledizione!
Queste macchinazioni cerebrali videro susseguirsi alla pasta al forno il
crostino, al crostino il pollo alla cacciatora e al pollo alla cacciatora quel
pezzetto di cannolo alla crema avanzato nel frigo.
Finita la merenda era l’ora di mettersi al lavoro.
Vittorio Alfieri si era fatto legare alla sedia e ce l’aveva fatta ... poteva farcela anche lei! Volonta’!
Rieccola un’altra volta davanti al foglio ... probabilmente sarebbe bastato togliere la ruggine ... sbloccare l’inizio e via, tutta la valanga
dei pensieri che la notte non la lasciavano dormire, che la portavano a lavorare d’immaginazione durante la giornata si sarebbero
fermate sulla carta.
Gia‘ ... tutte quelle fantasie ... tutte quelle fantasie che rimanevano tali nonostante si sforzasse a realizzarle.
Faceva tante di quelle cose, troppe probabilmente, forse doveva canalizzare le sue energie su poche e impegnarsi al massimo per
realizzarle ....... Mah!.
Il sole calava dietro i palazzi nuovi.
Era ormai ora di cena, dalla finestra del vicino veniva la sigla del telegiornale, le torno’ alla mente il mare da piccola
(incredibile percorso delle associazioni mentali), quando a quell’ora si sedeva a gambe incrociate e dalla ringhiera del terrazzino
dell’appartamento in affitto guardava il cielo, i tetti e le persone piccole piccole che si affrettavano ad andare a casa per la cena ...
puzza di pesce e di immondizia che veniva dai bidoni surriscaldati ... felicita’.
Bisognava apparecchiare la tavola. Infilo’ il blocco nel cassetto della scrivania.
“Chissa’ che c’e’ stasera in televisione” penso’.
Si sentiva cosi’ stanca.
cinecult
a cura di TestaMatta
Angoscia (Anguish)
Regia: Bigas Luna
Con: Zelda Rubinstein, Michael Lerner, Talia Paul
Produzione: USA/Spagna 1987
Una madre pazza, in grado di
controllare telepaticamente il figlio
infermiere, lo ipnotizza e gli ordina
di uccidere una paziente che si era
lamentata.
Questi, dopo il delitto, estrae i bulbi
oculari alla vittima, di cui la madre
e’ collezionista. In questo momento
ci accorgiamo che questa storia e’ la
trama del film che stanno guardando
due ragazze in un cinema.
Una delle due, recatasi alla toilette, si
accorge che un individuo, ipnotizzato
a sua volta dal film in corso, agisce
come il protagonista, emulando le sue
gesta, facendoci rendere conto che le
sue azioni sono in realta’ il resoconto di
un’altro film, in cui i due film iniziali si
fondono insieme.
Paddy, una delle due ragazze, e’
sequestrata dal pazzo, mentre questi
fa una strage dentro al cinema, in
contemporanea con lo scorrere delle
immagini sullo schermo.
L’amica di Paddy riesce a scappare
all’esterno e da’ l’allarme. Il maniaco
viene ucciso, ma Paddy, sotto shock,
ricoverata in una clinica, avra’ una
brutta sorpresa, perche’ l’infermiere e’
il protagonista del film e a quel punto
ci viene il dubbio che in realta’, nel film
che abbiamo visto noi, ci sia stato un
solo assassino...
Bigas Luna e’ un regista totalmente
estraneo a questo genere di cose,
anche perche’ e’ specializzato in
produzioni a carattere erotico, ma
quello che ne e’ venuto fuori e’ forse il
piu’ bel film del 1987, in cui il regista
si ispira addirittura a “La rosa purpurea
del Cairo” di Woody Allen per quel che
riguarda il meccanismo delle scatole
cinesi, ovvero del film nel film.
Una curiosita’: Il maniaco che uccide,
influenzato dalla visione di cio’ che
vede sullo schermo, potrebbe far
pensare ad un attacco di Luna alla
censura: e’ capitato infatti che questa
abbia bocciato tanti film pensando,
molto ingenuamente, che delle azioni
criminose avvenute nella realta’,
fossero state causate dalle immagini
violente viste al cinema.
cartaSTRACCIA
invita tutti voi a partecipare alla stesura
del giornale, alla sua distribuzione ed
alla creazione di un’associazione culturale
priva di scopi di lucro.
Abbiamo molti progetti culturali, nel
cassetto, per organizzare qualcosa di
diverso e di originale da realizzare ad
Arezzo come mostre ed esposizioni, corsi
e concorsi, letture e presentazioni.
Venite a conoscere noi e le nostre
idee durante le nostre riunioni, oppure
contattateci per telefono o per e-mail cosi’
come spiegato a pagina 2.
S.GIOVANNI V.ARNO
AREZZO
P.zza S.Agostino 9 Via Montegrappa 35
(centro)
055 - 940044
0575 - 403538
SIENA TUTTO CAPELLI
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0577 - 226779
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Corso V. Emanuele 85
075 - 5721903
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http://www.egidioborri.com
e-mail:[email protected]
ma che cignata
c’ha ‘sta colonna?
la Redazione
Chiunque sia passato da piazza Vasari e
abbia osservato con attenzione la Pieve
non avra’ potuto fare a meno di notarla e
di domandarsi…
“Ma come mai quella colonna e’ storta e
diversa dalle altre?”
Segnalateci le vostre ipotesi per e-mail
al
nostro
indirizzo
[email protected]
oppure via sms ad uno dei nostri cellulari,
elencati in seconda di copertina.
Le raccoglieremo nel prossimo
numero dove sveleremo anche la
verita’ sulla colonna storta.
teatrando
Alla scoperta di TOTEM ...
L’avevamo visto nel programma di Arezzo
Wave, in mezzo ai concerti. Dopo un po’ le
locandine erano sparse per tutta la citta’.
Ci siamo precipitati con largo (e
ingiustificato) anticipo a comprare i biglietti,
quelli di galleria, che costavano un po’
meno. Giovedi 5 luglio verso le 17:30
avevamo preso posto al Politeama. Alle 18
Cominciava Totem.
Sul palco Alessandro Baricco, scrittore
di successo e Gabriele Vacis, regista
teatrale, supportati da Roberto Tarasco
alle musiche.
Totem e’ come non te lo aspetti. Sai che
andrai a vedere qualcosa di bello, ma
non sai cosa. Quando inizia sei un po’
spaesato, ma poi, quando capisci un po’
come funziona, e’ uno spettacolo.
Baricco e Vacis si dividono le letture di
prosa, poesia e teatro, mentre Tarasco e’
dietro un mixer, alle loro spalle, e coordina
la colonna sonora.
I suoni ti avvolgono, un mix meraviglioso di
parole, musica e luci. Poi Baricco comincia
a spiegarti le cose, e te le spiega come
se fosse con te, davanti ad una birra,
al tavolino di un bar, e ti coinvolge. Non
distingui i momenti preparati da quelli
improvvisati.
Poi di nuovo atmosfera, di cui le luci sono
un elemento fondamentale.
I tempi dello spettacolo sono abilmente
scanditi. Pausa, al momento giusto.
Battuta, al momento giusto. Baricco e Vacis
di Silvia Baglioni e Luca Faenzi
parlano e recitano, sovrapposti, e sembra
che suonino uno strano strumento.
Finisci dopo quasi 3 ore che ti sono passate
senza che neanche te ne accorgessi,
nonostante ti stessi squagliando e
fondendo alle poltroncine, dato il clima
amazzonico.
Tre ore ininterrotte, una pausa di dieci
minuti, giusto per una sigaretta. Tre ore
nelle quali ti vien voglia di leggere tutti i
libri di cui si leggono stralci, sicuramente le
vendite del Cyrano de Bergerac avranno
riscontrato un sensibile incremento nelle
librerie aretine…
Abbiamo scoperto che Alessandro
Baricco, non e’ solo un eccellente narratore
e uomo di spettacolo, ma ha anche
dimostrato una biblica capacita’ di
sopportazione per le situazioni avverse,
infatti, stoicamente, ha sopportato due
lunghissime serate con 40 gradi, sotto i
riflettori e con camicia e pantaloni lunghi…
un eroe.
Finito lo spettacolo ci siamo appostati
sotto il palco, tatticamente in fondo alla
fila dei suoi scatenati fan a caccia di
autografi. Quando e’ arrivato il nostro turno
gli abbiamo fatto l’impudente richiesta:
concederci un’intervista. Al suo iniziale
indugio non ci siamo fatti scrupolo di
implorare lui e la sua agente, che,
impietositi, ci hanno concesso 5 minuti
all’ora di pranzo del giorno dopo…
ecco l’intervista . . .
Come si inserisce Totem nella tua storia di autore?
Di natura, non sono un tipo da stare chiuso nella mia stanza a scrivere, diventerei
matto. Ho sempre fatto altre cose. Incontrando loro del Teatro Settimo e’ venuta fuori
questa idea, che e’ molto legata alla presenza del teatro.
Se non avessi incontrato loro,
probabilmente non l’avrei fatto. Era un
periodo in cui potevamo farlo, ne avevamo
il tempo, abbiamo provato e da li non ci
siamo piu’ fermati.
Che rapporto hai con il regista, vi
conoscevate da prima o vi siete
conosciuti con Totem?
Siamo amici. Siamo amici come si puo’
essere amici a Torino.
Ci siamo incontrati per lavorare. Siamo
stati messi insieme da un attore, Eugenio
Allegri, che conosceva entrambi.
Mi disse: “Voglio fare uno spettacolo
scritto da te e realizzato da Gabriele…”.
Cosi’ abbiamo fatto 900, da li abbiamo
cominciato a conoscerci e non ci siamo
piu’ fermati.
Quanto e’ importante la musica in
Totem, che, a quanto ne so, e’ nato
come un progetto musicale?
Molto importante, perche’ c’e’ molta musica
durante Totem, il lavoro di Tarasco e’ molto
importante.
In origine doveva essere una trasmissione
televisiva sulla musica classica, poi e’
cambiato tutto, ma proprio tutto
completamente, ma era rimasto questo
nome e ce lo siamo portato dietro.
Tu che musica ascolti?
Di tutto, veramente di tutto, dalla classica
alla spazzatura, per quanto riguarda i miei
gusti musicali, sono abbastanza obsoleto…
per me Springsteen e’ gia’ troppo nuovo.
La musica, cosi’ come i viaggi, sono due
fili conduttori dei tuoi romanzi, come
mai?
Ci sono continuamente, in maniera
maniacale. I viaggi… non avendone fatti
molti, soprattutto da giovane, rimangono…
io ho letto molto di viaggi, questo scatena
in te tutta una metodologia, che poi
quando scrivi viene fuori. La musica… la
musica e’… cosi’, come una specie di
talento che uno ha. C’e’ chi sa vedere
benissimo, io non so vedere molto
bene, pero’ ci sono quelli che hanno
l’occhio, che vedono cose che io non
vedo, da un’altra angolatura che io
fatico a trovare… io vedo in modo
banale. Invece sulla musica sento
molto di piu’, percepisco qualcosa.
Poi ti viene di rifarlo, se tu parli, scrivi,
ti muovi in un certo modo, sempre
con la musica addosso. Non faccio il
compositore, ne il musicista, suono
pianoforte male, ma c’e’ una specie
di finestra aperta, piu’ sensibile delle
altre. E ci sono quelli che ce l’hanno. Anche
tra i ragazzi a cui insegno c’e’ chi ce l’ha e
chi no… non e’ che lo si possa insegnare.
Come funziona la tua scuola?
Arrivano di base 30-35 ragazzi all’anno.
Li teniamo per due anni a scuola per
imparare a narrare. Quindi: tecniche di
narrazione, giornalismo, pubblicita’, di tutto.
Quello che poi insegnamo e’ cio’ che si
puo’ insegnare sul gesto del narrare.
Un modo di narrare e’ scrivere libri, ma e’
uno dei tanti. Di norma la maggior parte
dei nostri ragazzi fa altro. Scrivono molto
per la televisione, molto per il cinema, la
radio.
Quanto e’ importante la didattica e
quanto sei tu un divulgatore?
Una cosa e’ la didattica, un’altra e’
la divulgazione. La didattica per me e’
importante perche’ una lezione, quando
tu stai in mezzo ai giovani, per un verso
ti fa invecchiare, ma per un altro ti tiene
sveglio. E’ il gesto piu’ naturale, chi ha
imparato cose vuole insegnarle agli altri,
dovrebbe essere cosi’ per tutti. Per me e’
normale, scrivo libri e poi mi devo alzare
in un’aula ed insegnare quello che so a
qualcuno.
Divulgare e’ diverso, c’entra il numero.
Quando insegno lo faccio a 30 ragazzi,
o 10, o 5, o 1. Con la divulgazione stai
cercando di insegnare qualcosa ad un
numero molto ampio di persone… allora
e’ un’altra cosa. C’entra la didattica, ne e’
la radice, pero’ sei costretto ad utilizzare
tecniche diverse.
Per uno scrittore e’ inusuale avere il
tuo successo mediatico, cosa ne pensi,
che effetto ti fa?
E’ bello. Gli scrittori hanno una dose di
narcisismo immensa. Hanno bisogno di
sfogarla, di esibizionismo, pero’ nel nostro
mestiere non c’e’ tanto il modo di farlo.
Dunque i miei colleghi, come me prima
di Totem, si svenano a fare duecento
conferenze all’anno, presentazioni di libri
dappertutto, piccole porzioncine di
pubblico, piccole porzioncine di narcisismo
e di esibizionismo. Sei costretto a fare
quelle cose li per raccogliere l’ossigeno di
cui hai bisogno.
Tipicamente l’unico mezzo per gli
scrittori per comunicare col pubblico e’
il libro…
Si, ma soffrono da morire. Poi c’e’ una
minoranza a cui geneticamente non
importa nulla, quelli tosti che stanno in
casa e scrivono, e basta. Invece
per me fare Totem e’ la soluzione
ideale. Vengo qua, due serate, prendo
ossigeno per tre mesi e per tre mesi
posso stare chiuso in casa.
Nei tuoi lavori, come nel Totem di
ieri (giovedi 5 n.d.r.) c’e’ il mare.
Cosa ti lega a questo mondo e
cosa significa per te?
Mi lega il fatto che dove sono nato
e cresciuto non c’e’ il mare. A Torino
il mare e’ pero’ abbastanza vicino
da averne una specie di memoria,
ci arriva in forma di racconti, belle
donne. Ce l’ha raccontato bene Paolo
Conte cos’e’ il mare a noi piemontesi. Un
po’ come per i viaggi e’ una cosa che io non
conoscevo bene, che ho vissuto sempre da
straniero, quindi carica di miti, leggende,
bellezze che poi non avra’ sicuramente. Se
tu non navighi sul mare puoi raccontare
storie bellissime. Se invece navighi e’
difficile.
Arezzo Wave e’ una manifestazione
che per tradizione distribuisce cultura
gratuitamente. Perche’ Totem e’ a
pagamento?
E’ a pagamento perche’, essendo tutto
gratis uno diceva “Fa un caldo cane, che
facciamo? Mha, andiamo a teatro che
almeno li c’e’ fresco…” (tra l’altro non
sapendo che e’ un forno) cosi’, per evitare
l’assoluta casualita’ e anche l’eventualita’
che la gente arrivasse, si sedesse e dopo
due minuti uscisse. L’idea era mettere
un po’ di voglia di andare. Francamente
secondo me costa troppo, non mi avevano
detto che costava cosi’ tanto (17mila in
galleria, 27mila in platea n.d.r.). Sarebbe
dovuto costare di meno, pero’ un minimo
ero d’accordo, tipo diecimila lire.
Progetti per il futuro?
Sto scrivendo un libro e spero che mi
venga bene e poi qualcosa per sostituire
Totem, dato che voglio fare qualcosa di
diverso.
Qualche altro tuo romanzo in film?
Abbiamo gia’ scritto la sceneggiatura per
“Seta” con altri e stiamo aspettando che
gli americani si sveglino.
Dunque una produzione americana?
Si.
Cosa ne pensi della versione
cinematografica di “Novecento” (La
leggenda del pianista sull’oceano
n.d.r.), ti e’ piaciuta?
E’ un film di Tornatore.
Grazie mille.
Grazie a voi.
undicisettembreduemilauno
la Redazione
D’ora in poi, questo e’ certo, non riusciremo
piu’, quando penseremo a New York, ad
avere davanti l’immagine dei grattacieli che
si stagliano imponenti nella notte piena di
luci…. Era una visione stereotipata, questo
e’ vero, ce l’avevamo allegata alla bufala del
sogno americano, ma sta di fatto che non
c’e’ piu’. E’ finita, crollata morta insieme alle
migliaia di persone che c’erano dentro.
D’ora in poi, forse per molto tempo molti
di noi avranno associazioni mentali
automatiche quando vedranno un aereo,
perche’ se prima guardandolo poteva venire
in mente l’idea di un viaggio, di un luogo
lontano magari desiderato, di un amico
dall’altra parte del globo… adesso no,
adesso viene in mente una cosa sola.
Da quel maledetto martedi’ 11 settembre
la pace non e’ piu’ un concetto scontato.
Gli echi di guerra che fino a ieri arrivavano
sbiaditi tramite i racconti dei nostri nonni
o dalle casse e dai tubi catodici dei
nostri televisori, filtrati dal fatto che non
riguardavano noi e che accadevano in
paesi lontani, ora fanno capolino alle nostre
porte. Si, a casa nostra, silenziosamente,
minacciando noi, le nostre famiglie, i
nostri amici, le nostre abitudini, le nostre
occidentali comodita’… e ci fanno paura,
una paura sottile e sorda, strana e quasi
irreale, derivata dal vedere crollare quello
che piu’ di ogni altra cosa sembrava solido
e inattaccabile.
Tutti, quel martedi’, siamo rimasti sbigottiti
ed attoniti, dopo una chiamata, un sms,
un’immagine flash vista dalla vetrina di un
bar. Tutti noi ci siamo chiesti “e ora che
succedera’?”
Siamo tutti consapevoli di quanto
necessario sia combattere efficacemente
e duramente il terrorismo, un’intollerabile
attacco alla pace, agli equilibri internazionali
e alle persone inermi. Ma nello stesso tempo
siamo allarmati ed impauriti dall’avvento
di una guerra che non sappiamo di che
tipo potrebbe essere: contro chi? di chi
avere paura? una guerra di religione, un
odio del diverso e dello straniero, nata dallo
squilibrio che da sempre e’ insito nella
societa’ moderna.
La domanda dalla quale dipende il nostro
futuro e’ questa: riusciranno la civilta’ e
la ragionevolezza ad avere la meglio su
estremismo e violenza? Se si’ l’umanita’
avra’ vinto la sfida, se no… sara’ il disastro.
una riflessione . . .
Tamin Ansary
Ho sentito molti discorsi su “bombardare
l’Afghanistan per riportarlo all’Eta’ della
Pietra”. Qualcuno riconosceva che questo
avrebbe significato la morte di persone
innocenti, che non hanno niente in comune
con queste atrocita’, ma “siamo in guerra e
dobbiamo accettare danni collaterali”.
Ho pensato a queste affermazioni
particolarmente dure perche’ sono afgano
e, anche se vivo negli USA da 35 anni,
ho sempre saputo chiaramente quello che
stava succedendo laggiu’. Voglio quindi
condividere alcuni pensieri con tutti coloro
che mi vogliono ascoltare.
Parlo da persona che odia i Talebani e
Osama Bin Laden. Desidero intensamente
vedere quei mostri puniti.
Ma loro non sono ne afgani, ne il governo
dell’Afghanistan. I Talebani sono un culto di
ignoranti psicotici che si sono impossessati
dell’Afghanistan nel 1997 e lo hanno tenuto
in schiavitu’ fino ad oggi. Bin Laden e’ un
politico criminale con un piano da dittatore.
Quando pensate ai Talebani, pensate ai
nazisti. Quando pensate a Bin Laden
pensate a Hitler. E gli afgani sono come
gli ebrei nei campi di concentramento. Non
solo non hanno niente a che fare con
queste atrocita’, ma sono loro stessi le
prime vittime. Vorrebbero fortemente che
qualcuno eliminasse i Talebani e che
li sbarazzasse del covo di canaglie e
criminali internazionali che si nascondono
nel loro paese. E perche’ non si ribellano e
rovesciano essi stessi i Talebani?. Stanno
morendo di fame, sono esausti, colpiti e
impossibilitati. Pochi anni fa, le Nazioni
Unite stimarono che in Afghanistan, paese
senza economia ne cibo, c’erano almeno
500.000 orfani disabili. Milioni sono le
vedove dei circa 2 milioni di uomini uccisi
durante la guerra con i sovietici. E i Talebani
le stanno giustiziando, solo per il fatto di
essere donne, seppellendo vive in fosse
comuni coloro che gli si oppongono. Il
terreno afgano e’ disseminato di bombe e
quasi tutte le fattorie sono state distrutte. Ci
hanno provato a rovesciare i Talebani, ma
non ne sono stati capaci.
Il problema nel bombardare l’Afghanistan
e’ che e’ gia’ stato fatto. Ci hanno pensato i
sovietici. Vogliamo far soffrire l’Afghanistan,
distruggere le loro case, le loro infrastrutture,
le loro scuole, i loro ospedali, tagliarli
fuori dalle medicine e dalle cure mediche?
Troppo tardi. Qualcuno ha gia’ fatto tutto
questo.
Oggi in Afghanistan solo i Talebani
mangiano e hanno i mezzi per spostarsi
e dormire lontani e al sicuro. Bombardare
Kabul non sarebbe un attacco contro i
terroristi, ma solo allearsi con i Talebani per
violare, una volta ancora, il popolo afgano.
L’unico modo per catturare Bin Laden e’
andare laggiu’ con truppe di terra. Io
credo che quando la gente parla di “avere
lo stomaco per fare cio’ che va fatto”,
si riferiscono al dover vincere gli scrupoli
morali dell’uccidere gente innocente. Ma
adesso, sul tavolo c’e’ soprattutto la
questione dell’avere lo stomaco per morire,
non per uccidere. Gli americani moriranno
in una guerra di terra per catturare Bin
Laden. E il problema non sta solo li’. Le altre
nazioni musulmane staranno a guardare?
L’invasione e’ il primo approccio ad una
guerra globale tra l’Islam e l’occidente.
Questo e’ esattamente cio’ che vuole Bin
Laden ed il motivo per cui ha fatto tutto
questo. Al momento, ovviamente, l’Islam
di fatto non esiste. Ci sono uomini e
paesi musulmani ma non l’Islam come
entita’ politica. Bin Laden crede che se
fara’ scoppiare una guerra, potra’ costituire
questa entita’ e questo e’ cio’ che persegue.
Lui crede realmente che l’Islam possa
sconfiggere l’occidente. Se l’occidente dara’
corso ad un olocausto nei territori
musulmani, ci saranno miliardi di persone
che non avranno niente da perdere. Forse
si sbaglia credendo di vincere, alla fine
l’occidente avra’ probabilmente la meglio,
ma la guerra durera’ molti anni e milioni di
persone moriranno, da ambo le parti. Chi
ha lo stomaco per fare tutto questo?
Bin Laden ce l’ha, ma chi altro?
la belva che e’ in noi
di Sauro Pasquini
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