DOMENICA 7 SETTEMBRE 2014 ANNO 139 - N. 212
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Le indagini
«Quei segni sospettii
sul braccio di Stasi»
Scenari letterari
Se Telemaco incontra Ulisse
L’arte sublime di riconoscersi
Il servizio sul delitto
di Garlasco a pagina 19
di Pietro Citati
a pagina 27
I VALORI E IL SOGNO MULTICULTURALE
LA DEBOLEZZA
DELLE REGOLE
di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
C
9 771120 498008
40 9 0 7>
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
on la presenza nelle
proprie file di un numero rilevante di
persone provenienti
da Europa e Usa la sfida che
il cosiddetto Stato Islamico
e il terrorismo jihadista lanciano all’Occidente non è
più solo, e tanto, una sfida
di carattere militare. È una
sfida diretta a quello che
forse è stato negli ultimi decenni il principale luogo comune culturale che ha dominato le élite e quindi le
opinioni pubbliche di questa parte del mondo.
È una sfida al multiculturalismo. All’idea cioè che
debbano (e quindi possano)
esistere società con una
molteplicità di culture anche diversissime: basta che
vi siano regole capaci di assicurarne la pacifica convivenza. Dando così per scontati due assunti che invece
non lo sono per nulla: a) che
le regole (per esempio la parità dei sessi o l’habeas corpus) siano in qualche modo
neutrali, universalmente accettate e accettabili, e non
siano invece, come sono, il
prodotto di valori storici
propri di certe culture ma
non di altre; e b) che le società siano tenute insieme
principalmente dalle regole, dai codici e dalle Costituzioni, piuttosto che da legami identitari profondi, dalla
condivisone innanzi tutto
psicologica ed emotiva dei
valori storici di cui sopra.
Per capirci: se ogni cittadino di questa parte del mondo ha un soprassalto di repulsa nel vedere un crocifisso fatto a pezzi o una sinagoga data alle fiamme, non
è perché ci sia una legge che
vieti queste cose, ma per ragioni che con ciò non hanno nulla a che fare, e che
semmai sono la premessa
necessaria di una tale legge.
Le regole, le leggi, funzionano, per l’appunto, solamen-
Padiglione Italia
te se premesse del genere
esistono.
Le società occidentali attuali, viceversa, sembrano
essersi fatte un punto
d’onore nel progressivo indebolimento dei loro valori
identitari, del legame con la
tradizione culturale, dunque con la storia, sostituiti
da una vera e propria fissazione, all’opposto, sulle regole e su chi e come le amministra (dai giudici ai tribunali). Da tempo, in tal
modo, esse appaiono sempre più avviate sulla strada
dell’astrattezza e del formalismo, in una parola dell’irrealtà. Non a caso: per ambire a qualche consistenza,
infatti, il sogno multiculturale ha bisogno di una società senza valori e senza
storia, bensì costituita e retta solo da regole universali
assurte esse, in quanto tali,
al rango di valori supremi.
Con le conseguenze sulla
dimensione stessa del «politico», nonché sulla consistenza della cultura politica
e la capacità di decidere delle loro leadership, che sono
sotto gli occhi di tutti.
L’intera politica dell’immigrazione e dell’accoglienza praticate dai Paesi dell’Europa occidentale —
un’immigrazione proveniente in prevalenza dalla
grande area della cultura
islamica — si è ispirata al
sogno multiculturale di cui
sto dicendo. Un sogno che
comporta come primo risultato la convinzione che
nulla bisogna fare affinché
chi giunge nei nostri Paesi
sia indotto a integrarsi assimilandone i tratti culturali,
cioè gli unici che possono
produrre anche il rispetto
delle loro regole (sì da ottenere in tal modo — ma solo
in tal modo — anche la piena cittadinanza in un tempo
ragionevole).
di Elena Tebano
nel supplemento
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Il giudizio degli italiani su Renzi
IL COPIONE
DI BRUXELLES
NON AIUTA
L’EUROPA
Bocciate le misure per la crescita ma il consenso sale al 64%
di DARIO DI VICO
di NANDO PAGNONCELLI
D
ue italiani su tre hanno
fiducia nel premier Matteo Renzi. Le mosse sull’economia però non convincono.
Giannelli
Il premier e Squinzi
ice Renzi: «Di là c’è un convegno in
un hotel cinque stelle sul lago con
Barroso, Trichet, Almunia ed Enrico»
(Letta). «Di qua si apre un rubinettificio
alla periferia di Brescia con Annibale,
Domenico, Luciano, Elio. Quale crede che
sia il mio posto?». Chi sono Annibale e gli
altri? «Sono i vecchi operai della Bonomi,
quelli che ho citato dal palco. Li ho visti
all’ingresso e mi sono fatto dire i nomi».
CONTINUA ALLE PAGINE 2 E 3
CONTINUA ALLE PAGINE 4 E 5
«Quelli di Cernobbio
non ne azzeccano una»
DA PAGINA 2 A PAGINA 5
di ALDO CAZZULLO
Mutazioni
D
E LA SINISTRA
SI SCOPRE
SUPERFICIALE
di MARCO DEMARCO
A PAGINA 32
M
artin Wolf è un
giornalista inglese del
Financial Times e Romano
Prodi un ex presidente della
Commissione europea. A
dividerli, in passato e oggi, è
il giudizio sull’euro, ma ieri a
Cernobbio sono stati i
protagonisti della giornata
riservata alle prospettive
dell’Europa. Davanti alla loro
passione e alla loro vis
polemica i falchi di Bruxelles
ovvero gli eurocrati più
vicini alle posizioni tedesche,
Jeroen Dijsselbloem e Jyrki
Katainen, hanno fatto
barriera ma a tratti sono
parsi quasi intimiditi.
Ferraino, Massaro, Meli, Pica, Sensini
Rohrwacher migliore attrice. Il Leone d’oro al film svedese
Puglia Un morto e un disperso. Turisti in fuga
Una marea di fango:
paura e distruzione
sulle spiagge del Gargano
d’oro al filosofico Piccione svedese di Roy AnAlba madre ossessiva L eone
dersson. Chiude la Mostra di Venezia e gli applausi
all’Italia sono tutti per Alba Rohrwacher (nella foto con la
è la regina di Venezia Coppa Volpi), miglior attrice per Hungry Hearts di Saverio
di PAOLO MEREGHETTI
CONTINUA A PAGINA 14
Costanzo, che trascina sul podio il collega Adam Driver.
SERVIZI E COMMENTI ALLE PAGINE 34 E 35 Cappelli, Manin, Ulivi
Un uomo è morto e un altro è disperso dopo che un
nubifragio ha devastato il
Gargano, in Puglia. Un migliaio i turisti evacuati,
mentre fiumi di acqua e fango hanno invaso campeggi,
alberghi e resort nelle località di Peschici, San Menaio,
Rodi Garganico, Vieste, Vico
del Gargano, Carpino, San
Marco in Lamis e San Giovanni Rotondo. A far pagare
il conto, salatissimo, al territorio è stato il dissesto
idrogeologico della zona e
l’incapacità di prevenirlo e
contrastarlo, tra abusi e cattiva organizzazione.
Il ragazzo ucciso
Napoli e il corteo
che nega lo Stato
di MARCO IMARISIO
L
ALLE PAGINE 10 E 11 Vulpio
e persone oneste che ieri
pomeriggio al presidio di
rione Traiano hanno intonato
cori inneggianti alla camorra
«che ti protegge», contro lo
Stato «che ti uccide» sono
vittime e complici della loro
rovina. Chi abbraccia queste
pulsioni eversive perpetua la
propria condanna.
con un commento di Anna Meldolesi
A PAGINA 32 E ALLE PAGINE 16 E 17
L’aeroporto Dallo sciopero delle valigie ai voli sospesi
di Aldo Grasso
rattate il Russo e troverete il Cosacco. Grattate il Cosacco e troverete Al
Bano. Da quando Federica Mogherini è
diventata Lady Pesc, si è aperto il problema della sua sostituzione agli Esteri.
Non solo: la Mogherini era accusata di
vicinanza al governo russo nei rapporti
con l’Ucraina. Nominata Alto rappresentante per la Politica estera ha dovuto
però indossare l’elmetto (ha parlato più
volte di «aggressione russa» all’Ucraina
paventando nuove sanzioni europee) e i
rapporti con il presidente Putin si sono
deteriorati.
Il fatto è che siamo messi così male
che non possiamo fare a meno della Russia: per il suo gas, per le esportazioni,
per i ricchi investimenti che gli oligarchi
stanno facendo in Italia (giorni fa il ma-
Caratteri
Addio caro diario
tradito dai social
Banchieri e manager
G
Affidato a
cantanti e
showman
l’ultimo
treno per
Mosca
Oggi
Il sondaggio Aumenta l’apprezzamento a sei mesi dall’esordio. Critici commercianti e partite Iva
«Il grande Putin incompreso»
La canzone stonata di Al Bano
❜❜
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Albano Carrisi, in arte Al Bano
gnate Dmitry Arzhanov si è preso mezza
Capri per celebrare il suo quarantaduesimo compleanno). Una soluzione ci sarebbe, Berlusconi permettendo: nominare ministro degli Esteri Al Bano Carrisi e
sottosegretari Pupo e Toto Cutugno. È
vero che questa soluzione ricorda un po’
la tetra politica del doppio binario (sul
fronte ucraino siamo con la Nato in rotta di collisione con Mosca, sul fronte felicità siamo con Putin), ma di questi tempi non si può andare tanto per il sottile.
Perché Al Bano? Intervistato dal nostro Francesco Battistini, il cantante pugliese ha dichiarato: «Penso che Putin
abbia ragione. Quella parte d’Ucraina
era Russia ed è Russia… Putin è un
grande politico che sta dimostrando in
questa vicenda tutto il suo valore. Gli
danno del dittatore, ma lui ha il popolo
dalla sua parte… Se da ingrati non capiamo la sua politica in Ucraina, poi è
giusto che ci dica: attenti, ho la Russia
in mano». Al Bano, i Ricchi e Poveri, Riccardo Fogli, Adriano Celentano (idoli da
quelle parti) sono il nostro ultimo treno
per Mosca, approfittiamone. Tutto ciò
che è troppo penoso per essere detto, può
essere cantato.
Gratta gratta, la soluzione Al Bano
(sponsorizzata da Raiuno che venerdì
sera ha riproposto la mitica reunion moscovita tra Al Bano e Romina, benedetta
dal coro dell’Armata Rossa) ci permetterebbe di salvare capra e cavoli, import ed
export: «Senti nell’aria c’è già un raggio
di sole più caldo che va come un sorriso
che sa di felicità».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le cattive abitudini di Fiumicino
di SERGIO RIZZO
P
roteste, voli cancellati,
turisti a terra. Caos aeroporti: nuova giornata di
disagi per l’agitazione degli
uomini radar. Fiumicino, lo
scalo di Roma, dallo sciopero delle valigie al caos di
ieri, diventa un simbolo
negativo. Ciò che è accaduto in Francia due mesi e
mezzo fa, con ripercussioni
economiche maggiori, non
è paragonabile agli effetti
dello sciopero indetto ieri.
Ma la domanda è: con la reputazione che hanno i nostri servizi pubblici, possiamo permetterci di avere il
principale aeroporto del
Paese, e molti altri, che funziona a corrente alternata?
A PAGINA 21
2
Primo Piano
italia: 51575551575557
Il governo Il premier
❜❜
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
Enunciano i problemi, anziché risolverli. I grandi esperti hanno fallito
mentre la rubinetteria è un settore d’eccellenza del made in Italy
Renzi, asse anti «salotti» con Squinzi
«A Cernobbio si chiacchiera, qui si fa»
Il capo del governo: nella pubblica amministrazione molto grasso che cola
SEGUE DALLA PRIMA
Annibale è un bel vecchio con una
benda su un occhio e il bastone; Aldo
Bonomi, che nella nuova fabbrica ha
investito 50 milioni di euro e darà lavoro a 220 operai, lo abbraccia: «Annibale mi portava a scuola quand’ero
piccolo e mi pompava le ruote della
bicicletta». Guardi Renzi che anche
sul lago, a Cernobbio, si impara qualcosa, venerdì c’erano Shimon Peres e
John McCain. «Infatti ci vanno cinque
ministri, ci saranno più ministri a
Cernobbio che a Bologna per la chiusura della festa dell’Unità, compreso
il compagno Poletti», ride indicando
il ministro del Lavoro,
applaudito per il
La madrina molto
discorso più breve della
storia: 40 secondi praticamente in dialetto emiliano. Si inserisce il presidente di Confindustria
Squinzi: «A Cernobbio
non mi hanno mai visto e
mai nemmeno mi vedranno», dice citando
forse inconsapevolmente
una canzone di De Gregori a proposito del festival
di Sanremo. «Cernobbio è
una fiera delle vanità —
conclude Squinzi —. Io
sono uno abituato a stare
L’evento
in fabbrica». Poletti accuL’inaugurazione
sa un improvviso mal di
del nuovo
schiena e decide di non
stabilimento
andare a Cernobbio neandella Bonomi
che lui. Riprende Renzi:
Group a
«Noi andiamo avanti.
Gussago,
Cattivi e determinati. Io
di proprietà
accetto le critiche, ma
del numero
preferisco quelle della
due di
gente a quelle dei soliti
Confindustria
noti, che stanno lì da
Aldo Bonomi,
trent’anni e non ne hanno
è stata
mai azzeccata una. Per
presentata
fortuna, vedo che tra la
dalla showgirl
gente il sentimento nei
russa Natasha
miei confronti è ancora
Stefanenko,
positivo. E non perché
43 anni
amino me. Perché in me
vedono uno che nell’Italia
ci crede davvero». È davvero convinto
di aver fatto la scelta giusta per l’Italia,
impuntandosi sulla Mogherini?
«Certo. Non è stata una vittoria di
qualcuno; è stata una vittoria del Paese, cui viene affidato un ruolo cruciale in un momento cruciale. Mi verrebbe voglia di tirare fuori i titoli di
quest’estate, quando dicevano: “Tornerà a mani vuote…”». D’Alema ha
riaperto le ostilità. «Perfetto. Mi attaccano D’Alema e Bersani: cosa posso volere di più dalla vita? Mancava
Rosy Bindi, la attendevo con ansia, e
ora si è aggiunta pure lei. En plein».
L’avversario è connaturato al renzismo, il nemico è fondamentale per
uno che si è costruito contro la classe
dirigente del suo partito, e ora che è al
governo continua a muoversi come
se fosse all’opposizione: non a caso
applaude quando il padrone di casa
Bonomi ricorda l’insostenibilità del
fisco e il peso della burocrazia. L’occasione di avere nelle stesse ore e a
pochi chilometri un simbolo dell’establishment come Cernobbio è
ghiotta, e infatti davanti agli operai
bresciani il premier accenna più volte
a «grandi convegni» da disertare, a
«luoghi in cui si discute mentre qui si
fa», a «coloro che enunciano i problemi anziché risolverli»; perché «i
grandi esperti hanno fallito, mentre
la rubinetteria è un settore d’eccellenza del made in Italy». Ma l’applauso più facile e più fragoroso lo ottiene
quando grida che «abbiamo troppi
220
gli operai del
nuovo stabilimento
del gruppo Bonomi
a Gussago, Brescia
politici, e con la riforma del Senato
abbiamo finalmente cominciato a ridurli». Il retrotesto è evidente, e rimanda alle categorie grilline: io sono
uno di voi, non uno di loro; «il presidente del Consiglio non è che un bonus pater familias».
All’ingresso della fabbrica, tricolore, inno di Mameli e il prete — don
Virgilio Tonetti da Lumezzane San
Sebastiano — con turibolo per la benedizione. Servizio d’ordine agitatissimo. Il senatore Mucchetti sul palco
delle autorità. La soubrette russa Natasha Stefanenko saluta «il nostro
presidente del Consiglio». La folla lo
chiama da dietro il cancello, lui si nega, «scusate sono in un ritardo vergognoso, ci salutiamo dopo», ma neppure alla fine troverà il tempo di
stringere qualche mano (a parte gli
operai dello stabilimento).
Renzi esordisce promettendo che
non parlerà più di gufi, «per non of-
Stretta di mano Il premier Matteo Renzi con un dipendente del nuovo stabilimento delle rubinetterie Bonomi ieri a Gussago, in provincia di Brescia (Liverani)
Io sto qui con Annibale e gli
altri operai. Là c’è un
convegno in un hotel 5 stelle
❜❜
D’Alema e Bersani attaccano:
cosa posso volere di più?.
Mancava Bindi, ora c’è pure lei
❜❜
198
giorni La durata
del governo
Renzi, in carica
dal 22 febbraio
fendere i gufi», intesi come specie ornitologica. Non si tiene però dal raccontare l’aneddoto prediletto, quello
di «Ginettaccio Bartali» che diceva
sempre «l’è tutto sbagliato, l’è tutto
da rifare» ma poi «rischiava la pelle
per portare in bicicletta i documenti
falsi per salvare gli ebrei» (qui Annibale, che a differenza dei cronisti non
l’ha mai sentita, si commuove, «anche se io ero per Coppi»). Il discorso è
improntato sulle due Italie: l’Italia dei
professoroni, dei pessimisti, «di
quelli che chiacchierano», insomma
Dietro le quinte Oggi la chiusura della Festa dell’Unità con il premier francese Valls, lo spagnolo Sanchez e l’olandese Samsom
Riforme chiave in Senato, la strategia per evitare trappole
Il Jobs act, l’Italicum e il nodo dei frondisti
La cautela del segretario pd sui tempi
ROMA — Quel che dice in pubblico Matteo Renzi lo ripete anche in
privato. «Non possiamo fare finta
sulle riforme perciò non dovremo
guardare in faccia nessuno», è la frase di incitamento che il presidente
del Consiglio ripete ai suoi interlocutori in questi giorni. Accompagnata
da una constatazione ovvia quanto
veritiera: «Ci giochiamo la nostra
credibilità in Europa».
Quell’Europa che chiede all’Italia
di mandare in porto, tra le tante riforme, il Jobs act. La legge delega sul
lavoro è al Senato. Il premier dice che
«prevedibilmente sarà approvata entro l’anno». Prevedibilmente, già,
perché a palazzo Madama la situazione e quella che è, come si é visto
nei giorni convulsi dell’approvazione del disegno di legge che pone fine
al bicameralismo perfetto e che rivede il Titolo V della Costituzione. E in
quel ramo del Parlamento, dove la
maggioranza è quanto mai risicata,
approderà anche l’esame dell’Italicum. Due riforme a cui Renzi tiene
molto e che una parte dei dissidenti
del Partito democratico attende al
varco. Renzi è convinto, e non da og-
gi, che «la vera sfida si gioca tra la
gente, nelle fabbriche, nelle scuole...» ( motivo per cui ha preferito andare a Gussago piuttosto che a Cernobbio) e ripete che «il serbatoio del
consenso popolare è tale da non prevedere soste ai box». Però sa anche
che comunque il passaggio parlamentare è delicato e che in quella sede non incontrerà la gente, ma senatori che non la pensano come lui.
Dalle parti di palazzo Chigi si ritiene che ormai la presenza di frondisti
nel Partito democratico sia strutturale. Perciò il presidente del Consiglio per quel che riguarda la legge
delega sul lavoro ha preferito non
impiccarsi a una data. Non vuole e
non cerca il Vietnam. Il Jobs act è atteso in Europa ed è stato sollecitato
anche a Cernobbio: la partita è troppo importante per giocarsela male,
tanto più che una sconfitta non è
prevista.
Lo slogan «la gente sta con me e
non con l’establishment» funziona
sempre: fa presa sugli italiani. Ma al
Senato la storia è diversa e ci vorranno tutta la perizia e l’avvedutezza
possibili per superare ostacoli e insidie.
La sfida
Il premier si dice convinto
che la vera sfida «si giochi
tra la gente, nelle fabbriche,
nelle scuole»
Renzi ha ben presente la situazione, ieri, però ha distolto la sua attenzione per qualche ora da questi problemi per dedicarsi al discorso che
terrà oggi alla Festa dell’Unità di Bologna. «Sarà un comizio vecchio stile», sorride il premier. Ma non sarà
«vecchio stile» l’antipasto che il capo
del governo offrirà al popolo della
Festa, con la presenza del primo ministro francese Manuel Valls, del segretario del Psoe Pedro Sanchez e del
vicepremier olandese Diederik Samsom. «La loro presenza — sottolinea
il presidente del Consiglio — conferma che questo Partito democratico
ha una visione strategica europea,
non solo nazionale e che la vittoria di
Federica Mogherini è frutto di un disegno, non di un caso». Renzi ha for-
temente voluto la presenza dei tre,
perché, ha spiegato ai collaboratori,
«darà l’idea che anche in Europa si
sta affacciando una nuova classe dirigente progressista, anche all’insegna del ricambio generazionale».
La formula «vecchio stile» però
tornerà a farla da padrona quando i
leader europei verranno invitati a
una tortellinata insieme ai dirigenti
del Pd. Mentre ieri si dedicava al suo
Il comizio
Con i suoi scherza: noi leader
sul palco daremo l’idea del
ricambio in Europa. Ma sarà
un comizio vecchio stile
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
❜❜
L’analisi
Molto positivo (voti 8-10)
Positivo (voti 6-7)
Non sa
Sì a chi ce la mette tutta perché ancora crede al futuro, sì a quelli
che hanno costruito l’Italia e che ancora oggi si spaccano la schiena
Negativo (voti 4-5)
Molto negativo (voti 1-3)
1 Giudizio sull'operato del governo Renzi
2 Giudizio sul presidente del Consiglio Matteo Renzi
TOTALE
TOTALE
Valori %
23
presidente del Consiglio, e pensa: come siete caduti in basso». Poi alla fine
non si trattiene e attacca «i gufi che
cominciano a criticare fin dalla mattina presto, che schiaffeggiano pure le
nuvole, che tengono il broncio pure
all’arcobaleno», contrapposti a «coloro che ce la mettono tutta perché
ancora credono al futuro del Paese; a
cominciare da voi bresciani, teste dure che avete fatto la storia d’Italia»,
non a caso «il Nord cresce come e a
volte meglio della Germania».
Chiusura con il consueto «non
molleremo di un centimetro», «costi
quel che costi». Squinzi lo bacia sulle
guance. Renzi scappa, gli altri passano al brindisi con franciacorta e bagoss. Il punto è che pure a Cernobbio,
accanto a chi attende il cadavere del
governo lungo il lago, qualcuno diceva più o meno le stesse cose: l’Italia ha
potenzialità immense; deve rinunciare a pigrizie e facili garanzie per poterle cogliere. Certi ambienti però,
nella strategia di Renzi, è meglio
averli nemici che alleati. «Avanti così,
cattivi e determinati».
Aldo Cazzullo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
intervento alla Festa il presidente del
Consiglio spiegava ai suoi che non
intende entrare nelle polemiche scatenate in questi giorni da alcuni leader pd della generazione passata.
Anche se chi lo conosce bene dubita
che Renzi sorvoli del tutto sull’argomento. Senza esagerare però perché
il profilo che il premier vuole darsi
alla Festa è quello dell’uomo di governo. Anche a Bologna, quindi rivendicherà le cose fatte finora dal
suo esecutivo e ritornerà su quelle
ancora da fare.
Del resto è stato proprio questo il
leitmotiv del suo discorso di ieri in
fabbrica. E per dimostrare che il governo sta facendo di tutto, nonostante le accuse di «annuncite», per «rilanciare il Paese», ieri Renzi ha incontrato il gran capo del colosso dell’acciao indiano, Sajian Jindal, sugli
investimenti a Piombino.
Maria Teresa Meli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
23
1%
40%
Ncd-Centro
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36%
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Pd
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19
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Pd
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4 Giudizio sulla riforma
della scuola
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FI
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5 Giudizio sulla nomina
di Federica Mogherini
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31% 1%
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Totale
100%
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6 Giudizio sugli interventi a sostegno
della crescita economica
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13
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11
30
0,9
36
1
1
5
la percentuale
di incremento della
produzione
industriale a giugno
28
35
5s
di Cernobbio; e l’Italia «di quelli che
fanno, che hanno costruito il Paese,
che ancora oggi si spaccano la schiena», insomma dei rubinettifici,
«punto di forza del Bresciano che è
uno dei cuori dell’economia italiana».
Il mondo globalizzato, è l’idea di
Renzi, finora è stato vissuto come una
minaccia; «in realtà il nostro spazionazione è maggiore che in passato.
Tra dieci anni avremo 800 milioni di
nuovi consumatori. Non dobbiamo
solo attrezzarci per accoglierli come
turisti; dobbiamo puntare sulla qualità del made in Italy, fare qui prodotti
che nessuno riesce a fare altrove, anche se in tanti provano a copiarli». Il
premier cita Carlo Maria Cipolla: la
nostra forza non è solo la cultura, ma
«la capacità di fare cose straordinarie». L’Obama della notte della rielezione (senza nominarlo: «Anche qui
da noi il meglio deve ancora venire»).
E Adriano Olivetti: «Nel settore pubblico abbiamo applicato il suo principio: il dirigente non può guadagnare
più di dieci volte l’ultimo impiegato,
e pazienza per i dirigenti convinti di
esercitare una missione divina. C’è
ancora molto grasso che cola nell’amministrazione pubblica». Indulge fin troppo nell’autoironia: «Saluto
i fratelli Aldo e Carlo Bonomi, so che
ci sono anche delle sorelle, volevo cominciare con “fratelli e sorelle”, ma
avreste pensato: questo qui si è montato la testa». Un’operaia grida «bravo
Matteo!», e lui: «È mia cugina, l’ho
pure pagata». «Uno vede chi è oggi il
3 Giudizio sulla riforma
della pubblica amministrazione
TOTALE
Valori %
Valori %
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❜❜
I gufi cominciano ad attaccare la mattina presto, schiaffeggiano
pure le nuvole, tengono il broncio pure all’arcobaleno
3
Primo Piano
italia: 51575551575557
Sondaggio realizzato da Ipsos PA per Corriere della Sera presso un campione casuale nazionale rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne secondo genere, età, livello di scolarità, area geografica di residenza, dimensione del comune di residenza. Sono state realizzate 996 interviste
(su 9.211 contatti), mediante sistema CATI, il 2 e il 3 settembre 2014. Il documento informativo completo riguardante il sondaggio sarà inviato ai sensi di legge, per la sua pubblicazione, al sito www.sondaggipoliticoelettorali.it
C.D.S.
Il sondaggio Esecutivo stabile al 58%. Promossa la riforma della scuola, spaccatura sulla pubblica amministrazione
Il premier convince
quasi due italiani su tre
Ma non sulla crescita
partite Iva e piccoli imprenditori zia una flessione (da 104,4 a
penalizzati da una domanda in- 101,9): si tratta del terzo calo
terna che non decolla; disoccupa- consecutivo, dopo un periodo di
ti, sempre più preoccupati di ri- costante crescita registrato dal
manere ai margini della società, e dicembre 2013 fino allo scorso
casalinghe, quotidianamente alle maggio.
prese con la quadratura del bilanQuesto dato sembrerebbe in
cio familiare.
contraddizione con i risultati del
Il perdurante consenso della sondaggio odierno, ma non lo è:
maggioranza dei cittadini per il un’analisi più approfondita dei
governo risulta davvero sorpren- dati Istat, infatti, evidenzia che il
dente, tenuto conto di tre aspetti: calo riguarda soprattutto il clima
gli indicatori economici che ri- economico (-6,6 punti) e molto
mangono negativi (o addirittura meno la situazione personale il
peggiorano); l’abituale pessimi- cui indice si riduce solo leggersmo che caratterizza l’opinione mente (-1,1). Semplificando, si
pubblica al rientro dalle
Pesc) non si esprime, ignorando
ferie; l’atteggiamento deil tema o dichiarando di avere po- I critici
cisamente critico nei conche informazioni per giudicare.
f ro n t i d e l l ’ es e c u t i vo
Tra i più critici artigiani,
In generale si conferma il gran- commercianti e partite
espresso da molti media
de sostegno per il governo e per il
nel mese di agosto. A quedi Nando Pagnoncelli
premier da parte degli elettori del Iva insieme con
sto proposito sembra che
Pd (il 40% dei quali, lo ricordia- disoccupati e casalinghe la «luna di miele» di Renzi
mo, rappresenta elettorato nuocon la stampa sia terminata, osserva che aumenta la divaricavo, proveniente da partiti diversi)
quella con l’establishment (im- zione tra i giudizi sulla situazione
e di quelli centristi e un consenso
prenditori, realtà associative, sin- economica del Paese, sempre più
inusuale, sebbene più contenuto, Il dato
dacati e, in generale, corpi inter- negativi, e quelli sulla condizione
presso gli dei partiti di opposizio- La tradizionale relazione medi) attraversi una fase delica- personale che non è certamente
ne (FI e M5S).
ta, mentre quella con i cittadini rosea ma almeno non è peggioratra andamento
Tra i segmenti sociali risultano
continua senza cedimenti.
ta. Come dire: l’Italia va male ma
più critici con l’esecutivo quelli economico del Paese e
In realtà l’indice della fiducia io me la cavo.
più esposti alle conseguenze del- gradimento viene meno
dei consumatori rilevato dalE se lo scenario generale non
la crisi: artigiani, commercianti,
l’Istat nel mese di agosto eviden- migliora, la colpa è di chi resiste
al cambiamento, dei conservatori, di chi non vuole rinunciare a
L’iniziativa dei democratici con la foto-simbolo e i ricordi
rendite di posizione o privilegi…
ma certamente non di Renzi. Così
la pensano i suoi numerosi sostenitori.
In questa fase, quindi, sembrano venir meno sia la tradizionale
Per l’ultimo giorno della Festa dell’Unità di Bologna,
relazione tra l’andamento econoche stasera prevede il discorso di chiusura di Matteo
mico del Paese e il consenso sia la
Renzi, il Pd presenterà e distribuirà il libretto «40,8%
capacità dei media di influenzare
Lo scatto» sullo scorso 25 maggio, la notte delle
significativamente l’opinione
Europee che sancì uno storico risultato per i
pubblica che, al contrario, in lardemocratici. Una raccolta di riflessioni e spunti —
ga misura giudica il premier alle
per ricordare quel momento e per «capitalizzare la
prese con una battaglia molto dufiducia accordata dagli italiani» — affidati anche ai
ra, solo contro tutti, per «fare
protagonisti dell’immagine di copertina (nella foto)
uscire il paese dalla palude». E
scattata quella serata: da Speranza a Boschi, da Madia
questa «solitudine» lo rafforza
a Mogherini, Guerini, Pinotti, Serracchiani e Zanda.
agli occhi dei cittadini.
I consensi salgono dal 61 al 64 per cento
Sulle misure prevalgono i giudizi negativi
I
l primo sondaggio realizzato
dopo la pausa estiva fa registrare un consenso stabile
per l’operato del governo: il
58% degli intervistati esprime
complessivamente valutazioni
positive (rispetto al 59% di fine
luglio), con un incremento del
3% di quelle «molto positive». E il
sostegno a Renzi cresce: quasi
due su tre (64%) esprimono un
giudizio positivo con un aumento del 3% rispetto a luglio.
Peraltro le opinioni su alcuni
interventi presentati o attuati
dall’esecutivo risultano controverse: la riforma della pubblica
amministrazione risulta apprezzata dal 42% dei cittadini e non
gradita dal 40%; la riforma della
scuola ottiene un buon livello di
consenso (48% i giudizi positivi,
35% quelli negativi) mentre i
provvedimenti a sostegno della
crescita economica sono giudicati più negativamente (46%) che
positivamente (42%). La decisione che incontra il favore più elevato è stata la nomina del ministro degli esteri Federica Mogherini alla guida della diplomazia
europea: 49% contro 28% di giudizi negativi. Va sottolineato che
una parte non trascurabile dei
cittadini (dal 12% nel caso degli
interventi per la crescita al 23%
per la nomina del commissario
Scenari
Un «libretto» celebra le Europee
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4
Primo Piano
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
La crescita L’incontro
I tassi di interesse della Bce
Valori in %
Bruxelles delude banchieri e manager:
«Risposte troppo lente alla crisi»
Prodi: Draghi? Non può sparare l’ultima cartuccia per colpa dei tedeschi
Wolf: molta attenzione alle politiche di bilancio, poca alle soluzioni
L’agenda
In sala
E Trichet fermò
Casaleggio:
tempo scaduto
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
CERNOBBIO — Pare che Gianroberto
Casaleggio non abbia dalla sua il dono della
sintesi. E almeno a detta dei presenti, la relazione
sulla internet economy presentata ieri
dall’esperto di comunicazione e ispiratore dei
5Stelle al seminario Ambrosetti non avrebbe
sofferto di qualche sforbiciata qui e là. Deve
averlo pensato anche Jean-Claude Trichet, l’ex
presidente della Bce e moderatore della sessione
“ripensare il sistema educativo” che si è trovato
prima a richiamare Casaleggio al rispetto dei
tempi stabiliti, 15 minuti ampiamente sforati, e
infine a togliergli la parola spegnendo i
microfoni. La lunga presentazione
dell’intellettuale vicino a Beppe Grillo non è
piaciuta alla platea dalla quale si è levato più di
un mugugno, qualche “basta!” un applauso di
conforto al banchiere francese. Già lo scorso
anno, al suo debutto a Villa d’Este, il “guru” era
stato accolto con relativa freddezza da quella
stessa comunità disposta quest’anno a ricevere
invece quasi come una star la “quota rossa”, il
leader greco della sinistra europea Alexis Tsipras.
Cappellino bianco sulle 23, Casaleggio è arrivato
sulla terrazza a lago servendosi di un ingresso
laterale, accompagnato dal figlio Davide. Tutto
l’intervento è stato giocato sull’importanza del
digitale e sulla necessità dello sviluppo della
banda larga per l’Italia scesa al 98esimo posto
per velocità di download dopo la Grecia e prima
del Kenia.
Paola Pica
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La ricetta Monti
«Abs di Stato
per i cantieri»
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
CERNOBBIO — Mario Monti scuote la platea
del workshop Ambrosetti con una sollecitazione
«intellettuale» sull’intervento della Bce
nell’economia reale. Finora la linea prescelta da
Mario Draghi - non potendo acquistare titoli
pubblici - è stata di sostenere il settore privato
con prestiti alle banche a costo praticamente zero
(i cosiddetti Tltro) e acquistandone i crediti a
rischio (Abs o Asset Backed Securities, ovvero
titoli rappresentativi di credito garantito da un
bene). Ma Monti chiede: perché non fare Abs con
il debito contratto per gli investimenti pubblici?
Non si tratterebbe di acquisto tout court di titoli
di Stato: ad essere oggetto di Abs, nella visione di
Monti, non sarebbero i titoli che finanziano il
disavanzo corrente ma quelli che finanziano una
infrastruttura. «Nell’ambito di politiche di
incoraggiamento degli investimenti pubblici, si
puo usare la flessibilità possibile entro il 3% del
deficit/pil. Non è una proposta attuale ma un
disegno a cui pensare» precisa Monti che ha poi
aggiunto: «Renzi sarebbe dovuto venire».
«D’accordo con Monti» si dice uno dei massimi
rappresentanti del potere finanziario tedesco in
Italia: il numero uno di Deutsche Bank Italia,
Flavio Valeri. «Ma senza un progetto da
realizzare, che cosa metto a collaterale per la Bce?
Serve un progetto europeo di investimenti sulle
infrastrutture, che non possono che essere le reti:
gasdotti, banda larga, autostradali, ferroviarie.
Dunque non eurobond ma euro-infrastructure
bond, con titoli che poi possono essere scontati
dal debito pubblico dei Paesi».
Fabrizio Massaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Oggi
Dopo la
giornata di ieri,
dedicata ai
temi europei a
cui hanno
partecipato tra
gli altri il
presidente
della
Commissione
Ue Josè
Manuel
Barroso e
Jean-Claude
Trichet, il forum
Ambrosetti si
conclude oggi
con un
dibattito
sull’Italia nel
quadro
dell’economia
globale
Gli ospiti
Tra gli ospiti
attesi il sindaco
di Torino Piero
Fassino, il
commissario
alla spending
review Carlo
Cottarelli, la
presidente
della Camera
Laura Boldrini.
In mattinata, a
partire dalle
8,30,
parleranno di
«un’alternativa
per l’Italia» il
segretario
della Lega
Nord Matteo
Salvini e il
consigliere
politico di
Forza Italia
Giovanni Toti
I temi
A seguire un
dibattito su
giustizia e
sicurezza con
Raffaele
Cantone e
Piercamillo
Davigo. Attesi
dalle 11,35 i
ministri Maria
Elena Boschi,
Maurizio Lupi e
Pier Carlo
Padoan
invitato a
parlare di
economia e
finanza
La chiusura
Sulla
competitività e
la crescita
parleranno
Sergio
Marchionne,
amministrator
e delegato di
Fiat e il
ministro dello
Sviluppo
economico
Federica Guidi.
Alle 13,45
prevista la
chiusura dei
lavori.
SEGUE DALLA PRIMA
A unire la strana coppia WolfProdi è il giudizio negativo sulle
politiche di Angela Merkel. Per il
giornalista «l’Eurozona non può
essere un’enorme Germania» e per
il professore bolognese la dirigenza di Berlino sta tradendo lo spirito
di Helmut Kohl che contribuì a creare la moneta unica in un clima di
solidarietà europea. Sul piano delle
ricette economiche sia Wolf che
Prodi sostengono che senza un rilancio della domanda aggregata
tutti i discorsi sul futuro dell’Europa vanno a farsi benedire e ci
aspetta un decennio di stagnazione. «Dite pure che sono rimasto
keynesiano ma Keynes era un ragazzo in gamba» ha scandito Prodi
e l’inglese ha aggiunto di giudicare
incredibile che sia tornate in auge
le idee della scuola liberista austriaca.
Parlando di Mario Draghi l’ex
premier italiano lo ha definito «un
raffinato costruttore di paracadute
che non può sparare l’ultima car-
tuccia altrimenti i tedeschi lo ammazzano». La Bce oltre non può
andare e invece più che paracadute
«servirebbe un nuovo motore».
Wolf e Prodi hanno avuto campo
libero anche perché nella sala di
Villa d’Este a un certo punto ascoltando i Trichet, i Barroso, gli Almunia era parso come se il risultato delle ultime elezioni europee
fosse stato in qualche modo già archiviato. Il terremoto populista c’è
stato solo a metà e così la nomenklatura di Bruxelles può brindare e
ricominciare a tessere la solita tela
fatta di organigrammi, di bilanciamenti di potere tra i vari organismi
e di esercizi di stile sulla conciliazione rigore/crescita. Mentre sta
nascendo il secolo asiatico, gli
americani hanno varato un nuovo
Il dibattito
Gli esercizi di stile per conciliare
rigore/crescita. Wolf: «L’Eurozona non
può essere un’enorme Germania»
0,05%
15 ottobre
3,75
4,0
3,5
11 giugno
0,15
3,0
2,50
2
2,5
2,0
2,00
2
13 novembre
0,25
1,50
1,5
1,50
1
1,25
1,25
1
1,00
1,0
1,00
1,00
0,75 0,75
0,50
0
0,5
0,0
2008
2009
2010
2011
straordinario ciclo tecnologico e
sta ritornando in auge ruolo e soggettività della Nato, le classi dirigenti del Vecchio Continente si baloccano con arsenico e vecchi merletti.
Come ha ricordato Wolf - usando come metafora la Lettonia e forse alludendo alla provenienza dei
due falchi - i piccoli Paesi salgono
in cattedra a insegnare ai grandi
come fare le riforme. «Sono stupefatto della compiacenza che l’euro-
2012
2013
2014
zona ha verso se stessa così come
della troppa attenzione concessa
alle politiche di bilancio e della poca alle vere cause della crisi». Anche Mario Monti, molto più cauto
rispetto ai due frombolieri, ha comunque ammonito la nuova dirigenza di Bruxelles a non seguire il
vecchio copione: «Nel Parlamento
europeo le forze ostili all’integrazione si sono rafforzate e si faranno
sentire». Prodi ha anche indicato
quali sono i nuovi motori della ri-
I protagonisti
Movimento 5 stelle Gianroberto Casaleggio, guru del M5S
Syriza Tra gli ospiti del workshop anche Alexis Tsipras, leader di Syriza
La storia L’ex presidente della Commissione: fu Roma ad acconsentire che Berlino violasse gli accordi
Quella notte italiana del 2003 e lo strappo al patto
Il 24 novembre la Germania
ottenne di sforare il limite
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
CERNOBBIO — Per Romano Prodi, all’epoca presidente della Commissione Ue, fu
la notte della «ribellione dei
governi, della violazione dei
Trattati». Per Lorenzo Bini
Smaghi, allora “sherpa” del
presidente di turno dell’Ecofin, Giulio Tremonti, «la prima applicazione intelligente
del patto di Stabilità». Il tema
della tavola rotonda della
mattinata di Cernobbio è la
flessibilità delle regole di bilancio in Europa, ma la discussione sfocia presto sullo
«strappo» del 2003, quando
il Consiglio dei ministri delle
Finanze guidato proprio da
Tremonti, dopo nove ore di
riunione al calor bianco e
con una contestata decisione
a maggioranza qualificata,
salvò Francia e Germania,
che stavano sforando il tetto
del deficit del 3% per il terzo
anno consecutivo, dalle durissime sanzioni proposte
dalla Commissione Prodi.
E davanti all’attuale presi-
dente dell’Eurogruppo,
l’olandese Jerome Dijsselbloem, e all’attuale Commissario agli affari monetari, il finlandese Jrki Katainen, tra gli
«italiani», allora protagonisti
assoluti della scena, la discussione, e una polemica
che undici anni non hanno
sopito, si riaccendono. Dice
Mario Monti, all’epoca Com-
missario al mercato interno,
che un mancato rispetto del
Trattato «minerebbe la credibilità europea, come accadde dopo quella notte del
2003». Romano Prodi, che
con l’appoggio dello stesso
Monti portò pochi mesi dopo la Commissione a presentare un ricorso alla Corte di
Giustizia contro i governi europei, risolto con una sentenza salomonica, rincara.
«Semplicemente, la Francia e
la Germania dissero alla
Commissione di tacere, e per
giunta non vollero dare più
poteri a Eurostat», lasciando
ai greci il diritto di continuare a imbrogliare. «L’Italia
aveva la presidenza di turno,
e Tremonti sghignazzava...»
dice Prodi con un sorriso
amaro, sostenendo l’idea di
un grande piano di rilancio
dell’Europa per accompagnare le riforme strutturali
rese più difficili dalla crisi.
Tremonti è lì che sorride,
non parla, ma si volta verso
Bini Smaghi, seduto proprio
lì davanti, mentre questi
prende la parola. Dice a Prodi
che forse è vero il contrario,
La ribellione
Il giorno «della ribellione
dei governi». Il ruolo
dell’ex ministro
dell’Economia, Tremonti
Italia-Germania-Francia
Roma
Nella notte di «ribellione dei
governi» Giulio Tremonti era
presidente di turno dell’Ecofin
Berlino
Nell’estate dello «strappo»
il ministro dell’Economia
tedesco era Hans Eichel
che «sono le riforme strutturali, e la fiducia che queste
generano, a consentire il
grande rilancio dell’Europa».
E Bini Smaghi dà la sua interpretazione dei «fatti» di quel
24 novembre 2003. Quando
nel Consiglio Ecofin, sotto la
regia di Tremonti, fu proprio
lui a guidare quella che Prodi
definisce «ribellione». I ministri delle Finanze, col voto
contrario dei falchi di sempre (tra i quali la Finlandia, e
l’Olanda dell’irriducibile
Gerrit Zalm), approvarono
solo la parte politica della
Parigi
Francis Mer, nel 2003 era il
ministro francese dell’Economia e delle Finanze
Raccomandazione della
Commissione, cancellando
ogni riferimento giuridico
alle violazioni del Trattato. E
dunque la richiesta a Berlino
e a Parigi di una manovra
correttiva di bilancio immediata, e di un procedimento
che avrebbe potuto portare
anche alla sanzione di un deposito infruttifero di una
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
5
#
I numeri in Europa
Euro/dollaro
Variazione del Pil rispetto al trimestre precedente
2,5
Primo trimestre
2,0
Secondo trimestre
1,295
2,7
1,298
L’Europa L’attesa in vista dell’Ecofin a Milano
1,5
0,6
0,5
0,4
0,1
0,8
0,9
-0,1 -0,2
1,293
-0,6
2.00
ITALIA
Olanda
-0,4
Belgio
6.00
10.00
14.00
18.00
22.00
Lo Spread Btp/Bund
300
1,0
1,0
0,6
0,5
0,5
250
Il commissario Ue: investimenti pubblico-privati
Dijsselbloem: felice per le ambizioni italiane
La chiusura di venerdì
0,1
-0,2
-0,3
200
Slovenia
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
Slovacchia
Grecia
Finlandia
-0,9
Malta
-0,3
-0,7
Estonia
Cipro
-0,6
Lettonia
-0,3
-0,5
Lussemburgo
0
-1,0
132 punti base
0,7 0,6
150
100
nov
2013
Fonti: Banca d’Italia/Eurostat
presa europea ovvero energia, infrastrutture, ricerca & sviluppo e
politica industriale. «Bisogna riportare il continente al livello di
progresso tecnologico degli altri
Paesi. E i 100 miliardi di investimenti previsti dal nuovo presidente Juncker sono pochi per una popolazione di 500 milioni di persone».
Jyrki Katainen, il finlandese che
a Bruxelles ha ereditato la poltrona
di Olli Rehn, forse non si aspettava
un attacco concentrico di politica e
giornalismo. Non ha però perso la
testa e ha comunque replicato con
ordine: «Ma se l’area euro smettesse di consolidare i bilanci e permettesse ad alcuni Paesi di sforare
il 3%, secondo voi, si rafforzerebbe
la fiducia dei mercati? Secondo me
se si stimola l’economia solo con
l’indebitamento e l’iniezione di denaro fresco non si dà vita a qualcosa di duraturo». La via giusta per il
commissario scandinavo è quella
L’ex premier Romano Prodi al dibattito su crescita e rigore
somma consistente, vincolata alla sistemazione dei conti.
Alle quattro di mattina,
dopo riunioni plenarie accesissime e un’infinità di incontri bilaterali, in conferenza stampa Giulio Tremonti
parlò di un «voto coerente
con lo spirito e la lettera del
Trattato», mentre Pedro Solbes, Commissario agli affari
monetari, minacciava fuoco
e fiamme.
«Ma la Germania non fece
altro che chiedere un anno in
più di tempo per rientrare
dal disavanzo, offrendo in
cambio le riforme» dice Bini
Smaghi, poi assurto al Comitato Esecutivo della Banca
Centrale Europea, preoccupatissima, in quel novembre
del 2003, che la decisione
dell’Ecofin potesse «minare
la credibilità dell’Europa e la
fiducia in finanze pubbliche
sane». Fatto sta che la Germania, l’allora grande malato d’Europa si prese i suoi
tempi, fece le riforme, e cominciò a correre, almeno lei.
«Si dice che quella notte si
violò il Patto. Per me fu la
prima volta in cui il Patto è
stato applicato con flessibilità. Ed è la stessa filosofia che
si sta applicando con successo anche oggi con altri paesi,
come l’Irlanda e la Spagna»
conclude Bini Smaghi.
Mario Sensini
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3%
il tetto del
deficit
consentito
dall’Europa.
Nel 2003
Francia e
Germania lo
sforarono
per tre anni
consecutivi
Altolà di Katainen:
fiducia a rischio
se si supera il 3%
mar
mag
lug
set
2014
di lavorare per mobilitare capitali
privati. Il dibattito a Bruxelles,
dunque, riparte esattamente da dove eravamo rimasti tanto che Prodi
scuotendo la testa ha concluso:
«Quando governavo a Roma ho fatto la formichina e tagliato il rapporto deficit/Pil ma l’economia allora cresceva. Oggi francamente
non saprei proprio cosa fare».
Dario Di Vico
@dariodivico
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Le istituzioni Pietro Grasso e Josè Manuel Barroso
CERNOBBIO — La disciplina è alternativa alla crescita? Il
tema è tornato al centro del dibattito europeo, dopo che anche
la Bce ha usato toni nuovi e invitato i Paesi europei a «fare di
più», usando la poltica di bilancio per sostenere la domanda
aggregata, perché «gli spazi ci
sono», senza rompere le regole
Ue. Ma bisogna venire sul lago di
Como, dove oggi si conclude il
Workshop Ambrosetti, per scoprire che, alla fine, gli intransigenti sono proprio i più giovani.
Così succede che Jyrki Katainen,
42 anni, vice presidente della
Commissione Ue per gli Affari
economici e monetari ed ex ministro delle Finanze finlandese,
si guadagna il titolo di falco, dicendo no a qualsiasi forma di
flessibilità nei confronti delle
politiche fiscali. Se si permettesse ai Paesi di sforare il 3% di deficit per qualche anno, ci sarebbe
un contraccolpo in termini di fiducia, sostiene. Per correggere
gli scostamenti dei conti pubblici, meglio usare perciò «programmi intelligenti di spending
review». E anche nei Paesi in
surplus, come la Germania, gli
investimenti dovrebbero essere
una combinazione pubblicoprivato, afferma.
Perfino un duro come l’olandese Jeroen Dijsselbloem, 49 anni, presidente dell’Eurogruppo e
ministro delle Finanze nei Paesi
Bassi, appare più disponibile,
con un’apertura di credito al-
Affari economici Jyrki Katainen
l’Italia di Matteo Renzi. «Sono
molto felice che il governo italiano adesso sia così ambizioso da
voler realizzare alcune delle riforme strutturali necessarie. Insieme alla politica monetaria,
credo che questo potrà dare una
spinta alle ripresa economica»,
afferma al Corriere.
Dijsselbloem appoggia le ultime misure dalla Bce, che completano le decisioni annunciate
lo scorso giugno. Ma «tutti i
provvedimenti - ammette - richiedono un certo tempo per
Il giudizio
A metà ottobre il giudizio
sui progetti di bilancio
degli Stati da parte della
Commissione
avere effetto. Il programma di
prestiti Tltro partirà entro fine
settembre e le banche dovrebbero fare il massimo uso di questa
opportunità». L’olandese sa bene però che l’azione dell’Eurotower non basta a far ripartire
l’Europa. «Non penso che le
mosse della Bce siano sufficienti, ma è tutto quello che possiamo chiedere e aspettarci dalla
politica monetaria». Un ulteriore
allenamento, il cosiddetto
Quantitative Easing, «è una
scelta della Bce, che decide ciò
che è necessario nell’ambito del
suo mandato», dice Dijsselbloem. E in ogni caso «la politica
monetaria avrà successo se anche i politici faranno la loro parte. Misure e sforzi ulteriori ora
devono venire dall’Europa nel
suo insieme e dai governi nazionali».
Più flessibilità a chi fa le riforme? «Tutti i leader dell’eurozona
sono d’accordo che il Patto di
stabilità e di crescita non si tocca. La flessibilità è già prevista
nei trattati nel caso di un deterioramento della situazione economica». Ma «l’Italia non ne ha
bisogno visto che il premier
Renzi insiste che il deficit italiano resterà entro il limite del 3%
in rapporto al Pil», valuta Dijsselbloem. Quanto alla richiesta
di più elasticità per ridurre il suo
debito pubblico, «spetterà alla
Commissione Ue, quando i progetti di bilancio saranno sul tavolo europeo a metà ottobre».
Giuliana Ferraino
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Vista sul lago
Francia
Gran Bretagna
-0,2
Germania
-1,0
0,1 0,2
Austria
0
-0,5
0,6
Irlanda
0,4
0,0 0,0
Portogallo
0,8 0,8
0,7
0,5
Spagna
1,0
Il leader
L’applauso della platea
per il giovane Tsipras
È stato tra i più ammirati di Cernobbio. A
Villa d’Este Alexis Tsipras ha catturato
l’attenzione come pochi altri. Il giovane
leader della sinistra greca è stato accolto
come una star e ha risposto alle attenzioni
con un atteggiamento perfettamente in linea.
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5,1%
il tasso di
disoccupazio
ne della
Germania
oggi,
considerata
la locomotiva
d’Europa. In
Italia è al
12,9%
20
miliardi i tagli
annunciati
alla spesa
pubblica da
Matteo Renzi
che ha
ribadito il
rispetto del
tetto del 3%
Il manager
Galateri: un salotto?
No, un bel giardino
(pa.pic) «Posso essere considerato uno
che i salotti buoni li ha frequentati, ma da
molti anni non esistono più e qui a Villa
d’Este non c’e un salotto ma un bellissimo
giardino». Già presidente di Mediobanca e
Telecom Italia, oggi numero uno di
Generali, Gabriele Galateri di Genola, classe
1947, replica così alla presa di distanza del
premier Matteo Renzi dalla grande finanza.
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Primo Piano
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il confronto Conti pubblici
Padoan apre sul taglio del cuneo fiscale
Camusso: no al blocco degli stipendi per gli statali, tetto alle retribuzioni più alte
DAL NOSTRO INVIATO
Andrea Garibaldi
ROMA — Ieri è stato il
giorno dei reciproci
apprezzamenti tra il
presidente della
Confindustria, Giorgio
Squinzi, e il premier Matteo
Renzi, entrambi
all’inaugurazione dello
stabilimento delle
Rubinetterie bresciane del
gruppo Bonomi, a
Gussago. Ma nei prossimi
giorni il confronto si
caricherà di contenuti, con
le richieste degli
imprenditori in vista della
legge di Stabilità per il 2015,
che il governo approverà
entro il 15 ottobre.
Mercoledì Confindustria
riunirà il comitato di
presidenza e giovedì il
direttivo e la giunta. La
priorità, per l’organizzazione
guidata da Squinzi, è la
stessa dello scorso anno: il
taglio del cuneo fiscale, cioè
delle tasse che gravano su
azienda e lavoratori prima
della retribuzione netta.
Proprio di questi tempi, un
anno fa, Confindustria aveva
sottoscritto un documento
con Cgil, Cisl e Uil dove si
chiedeva un massiccio taglio
del cuneo al governo Letta. Il
taglio del 10% dell’Irap
deciso dall’esecutivo Renzi
in occasione del bonus da 80
euro per i lavoratori è
ritenuto insufficiente da
Confindustria. Che chiede di
più.
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1
Legge Biagi
Da sempre coinvolto sui temi
del lavoro, dal ‘95 al 2000
Sacconi ha ricoperto la carica
di branch office director
presso l’Oil, l’Organizzazione
internazionale del lavoro di
Ginevra. Nei primi anni 2000
ha partecipato al gruppo di
lavoro che ha varato la legge
Biagi (legge 30 del 2003)
che ha profondamente
cambiato le regole del
mercato del lavoro. Dal 2008
al 2011 è stato ministro del
Lavoro e del welfare per uno
dei governi guidati da Silvio
Berlusconi.
Mobilità obbligatoria, stop al
trattenimento in servizio,
turnover più flessibile. Così il
decreto sulla Pubblica
amministrazione diventato
legge ad agosto. Stipendi
congelati anche nel 2015
Casa
Ritardo Il ministro
Pier Carlo Padoan
ieri all’ingresso sul
palco della Festa nazionale dell’Unità di
Bologna. La leader
della Cgil Susanna
Camusso è arrivata
in ritardo causa sciopero. E il confronto
con il titolare dell’Economia è saltato
domanda di Alberto Orioli, vicedirettore del Sole 24 ore, sulla
possibilità di una tassa patrimoniale: «Per fare una patrimoniale bisogna conoscere quale
sia il patrimonio... E poi una patrimoniale l’abbiamo già messa», riferendosi alle tasse sulla
casa. Quanto alle privatizzazioni
di Eni ed Enel, non ci sono diversità di opinione col presidente del Consiglio Renzi: «Si
tratta di scegliere i tempi, per
valorizzare al massimo ciascuna
azienda». Tutto il dibattito è
una puntualizzazione sull’accordo che esiste fra Padoan e
Renzi, sulle già citate riforme in
particolare. Padoan, tuttavia, finito l’impegno qui, si sposta al
workshop di Cernobbio, dove
Renzi è stato invano atteso.
Alle 21, con tre ore di ritardo
sul programma, arriva Susanna
Camusso, nella parte dell’ospite
scomodo per il Pd: «Noi siamo
stati contentissimi degli 80 euro
in busta paga, ma non è che in
nome di quello potete fare qualunque cosa, come bloccare i
contratti nazionali o moltiplicare le tipologie di contratti a termine. Il contratto a tutele crescenti che state per varare va bene se sostituisce altre forme di
contratti. Dobbiamo dire a 4 milioni di giovani che non resteranno a vita precari». Con pathos, sempre Taddei invita a
cercare «i punti che uniscono
Pd e Cgil, non solo quelli che dividono». Taddei insiste che il
governo ora sta facendo ciò che
si sarebbe dovuto fare dieci anni
fa: ridare dignità al lavoro, con il
Jobs Act in discussione al Senato. E comunque promette: «Il Pd
è l’unico partito che valga la pe-
na che ci sia. A patto che sia capace di scegliere, ciò che la politica dovrebbe fare. Noi siamo
qui perché toccheremo interessi
particolari. Li toccheremo in
nome di un interesse generale».
La Camusso non si doma: «Vi
voglio bene, ma mettiamoci
nell’ordine di idee che le imprese non hanno sempre ragione,
che devono ricominciare a investire». E sugli stipendi della
Pubblica amministrazione:
«Prima di bloccarli mettiamo il
tetto a quelli più alti, chiudiamo
le società che esistono solo per i
consigli di amministrazione, tagliamo le 30 mila stazioni appaltanti. Non vorrei che non si
vogliano calpestare i piedini a
precisi interessi».
Sacconi: la riforma del lavoro? Una svolta
Come l’abolizione della scala mobile
Capogruppo Ncd
Maurizio Sacconi, classe
1950, veneto di Conegliano,
ha esordito in politica con la
militanza nel Psi.
Successivamente è passato
a Forza Italia e al Pdl. Oggi è
una delle anime del Nuovo
centrodestra di Angelino
Alfano, partito di cui è
capogruppo al Senato.
Le richieste
delle imprese
al governo
Pubblico impiego
Intervista Il relatore: paradossale che sia Ncd a fidarsi di Renzi e non il Pd, partito del premier
Il percorso
Mercoledì il direttivo
In cantiere
ROMA — Per Maurizio Sacconi si tratta
della riforma che potrebbe segnare una
svolta paragonabile a quella del 1984 sulla
scala mobile (il congelamento del meccanismo di indicizzazione automatica dei salari).
«Riforma con un contenuto economico, ma
che ha segnato anche mutamenti culturali».
Adesso, il superamento dell’articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori, quello sui licenziamenti senza giusta causa, non solo «incoraggerebbe gli imprenditori ad assumere»,
dice Sacconi, ma darebbe anche a livello internazionale il segnale che in Italia si sia finalmente «affermata una cultura favorevole
all’impresa e al lavoro, al posto di quella
ostile degli anni Settanta». E Sacconi, non è
solo ex ministro del Lavoro, ma presidente
della commissione Lavoro del Senato, dove
l’esame del disegno di legge delega Poletti, il
cosiddetto Jobs Act, sta entrando nel vivo, e
relatore di maggioranza dello stesso provvedimento, l’uomo quindi che deve presentare
gli emendamenti concordati col governo.
Solo che sull’articolo 18 l’accordo non c’è,
perché il Pd è contrario a toglierlo, come invece chiede il Nuovo centrodestra, di cui
Sacconi è anche capogruppo al Senato.
Perché insistete?
«Perché è una riforma per fare lavoro e
produttività. Siamo gli unici in Europa ad
avere l’articolo 18. Ma sarebbe anche banco
di prova sul quale misurare la trasformazione in senso socialdemocratico del Pd e occasione per un centrodestra che voglia ritrovarsi senza essere populista. Dopo varie in-
certezze in Forza Italia, Renato Brunetta ha
detto che sono pronti a convergere su questo
e sulla delega fiscale. Sarebbe importante».
Perché togliere il reintegro al lavoro in
caso di licenziamento senza giusta causa è
una riforma necessaria?
«Tutte le istituzioni internazionali, dal
Fondo monetario all’Ocse, dalla Commissione alla Banca centrale europea, segnalano la
necessità di combinare l’ossigeno che verrà
dall’allentamento della politica monetaria
con le riforme strutturali e indicano per l’Ita-
❜❜
In Europa
Siamo gli unici
in Europa
ad avere
l’articolo 18
lia la priorità assoluta del mercato del lavoro.
Si tratta di avere il coraggio per esempio della Germania nel 2003 del cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder con le riforme Hartz e in Spagna l’anno scorso. Tutte riforme nel segno della maggiore flessibilità».
Perché il testo attuale del disegno di
legge delega non vi soddisfa?
«Perché manca la riforma dello Statuto
dei lavoratori e comunque non si può riformare tutto tranne l’articolo 18. Lo Statuto è
del 1970, ma codifica leggi e contratti degli
anni Cinquanta e Sessanta. Quindi è vecchio
non solo anagraficamente, ma riflette un
contesto sociale ed economico stabile in cui
vi era l’illusione dello sviluppo infinito. Noi
vogliamo che nella riforma sia inserita la delega al governo a riformare tutto lo Statuto.
Comprese la possibilità di licenziare in cambio di un adeguato indennizzo economico;
la possibilità di attribuire al lavoratore mansioni inferiori se questo risponde a esigenze
produttive; l’eliminazione del divieto delle
tecnologie di controllo del lavoro a distanza
che inibisce il telelavoro».
Il Pd è contrario e anche dal ministro
del Lavoro, Giuliano Poletti, non sono arrivate aperture. Come pensa di superare
questi ostacoli?
«È incredibile che il Pd sia contrario a una
delega ampia, dicendo che non si fida. Ma
come, è stato Renzi a dire che bisogna cambiare lo Statuto e lui è anche segretario del
Pd, così come del Pd è Poletti. Insomma il
paradosso è che noi siamo disposti a fidarci
2
Ristrutturazioni senza
necessità di permesso del
Comune per chi si limita a
intervenire all’interno delle
mura di casa. È una delle
misure contenute nel
decreto sblocca Italia
Municipalizzate
3
Tutto rinviato alla legge di
Stabilità per quanto riguarda
i tagli alle società
partecipate dagli enti locali,
una delle misure di spending
review proposte dal
commissario Carlo Cottarelli
Occupazione
4
Il Jobs Act, il disegno di
legge delega Poletti sul
lavoro, interviene sia su
forme contrattuali che su
politiche attive del lavoro.
Il governo punta su un via
libera entro l’anno
Giustizia
ILLUSTRAZIONI DI ROBERTO PIROLA
BOLOGNA — Susanna Camusso, segretario Cgil, bloccata
da uno sciopero. Del sindacato
autonomo dei controllori di volo, però. Fatto sta che salta, alla
Festa nazionale dell’Unità, il dibattito, forse scontro, fra lei
(che accusa Renzi di fare «solo
parole») e il ministro all’Economia di Renzi, Pier Carlo Padoan.
Così, Padoan va sul palco con
Filippo Taddei, responsabile
Economia del Pd. Padoan annuncia l’intenzione del governo
di tagliare il cuneo fiscale per le
imprese: «Non è detto che non
riusciamo a farlo nella legge di
Stabilità». Ma il motivo conduttore di tutti i suoi interventi sono le riforme strutturali. Riforme da mettere in atto: «Non basta l’annuncio, non basta l’avvio
dell’iter parlamentare, occorre
un’implementazione reale. Solo
in quel caso l’Europa ci concederà la flessibilità sui conti». Le
riforme, tuttavia, non vanno realizzate perché l’Europa le chiede: «Dobbiamo farle perché servono a noi, perché ci guadagniamo noi». Esempio: gli investimenti privati sono in calo e
«noi dobbiamo ridare fiducia
alle imprese, convincerle che
investire si può, tirare fuori le
risorse da sotto il materasso si
può, se togliamo l’oppressione
di troppe regole». Padoan cita il
decreto competitività: «Due
mesi dopo il suo varo, le imprese private hanno emesso due
miliardi di minibond. Risultato
a costo zero per la spesa pubblica». Stesso discorso per la diminuzione dello spread, che avrà
valore solo se durerà almeno un
anno e durerà, probabilmente,
se l’Italia farà le riforme. Stesso
discorso per le misure decise
dalla Banca centrale europea,
che «serviranno se faremo le riforme strutturali».
Padoan risponde anche alla
5
La riforma discussa dal
Consiglio dei ministri del 29
agosto vuole dimezzare
l’arretrato della giustizia civile,
rivedere falso in bilancio,
prescrizione e responsabilità
civile dei magistrati
più di quanto lo sia il Pd. Tocca a Renzi sciogliere il nodo in coerenza con se stesso».
Che cosa accadrebbe, secondo lei, se
passasse la vostra proposta?
«Le imprese avrebbero un quadro regolatorio più semplice. In particolare la certezza
della possibile risoluzione del rapporto di
lavoro e del suo costo con l’effetto di una
maggiore propensione ad assumere nell’epoca dell’incertezza».
E poi chi aiuterebbe il licenziato a ritrovare un lavoro?
«La maggiore flessibilità si deve coniugare con la migliore formazione spostando la
spesa dalla offerta alla domanda: si dia al lavoratore un voucher che liberamente può
spendere presso il centro di orientamento,
collocamento o formazione che sceglie,
pubblico o privato che sia, e a risultato ottenuto il voucher viene incassato dal centro».
Lei ha citato il modello tedesco. Lì il
successo è fatto anche di milioni di minijob, lavoretti a 450 euro al mese. È questo il futuro?
«No. Ma aiutano a non essere inattivi. In
Italia i minijob ci sono già con i “buoni lavoro”, ma ne va estesa e semplificata la possibilità. Così come dobbiamo spingere sull’apprendistato per chi lascia la scuola rendendolo possibile già dall’età di 14 anni, anziché
di 15. Più in generale dobbiamo rivalutare il
lavoro manuale e la integrazione tra scuola e
lavoro. E, secondo il modello tedesco e spagnolo, considerare comunque l’azienda il
baricentro del dialogo, della naturale collaborazione tra imprenditore e lavoratori, ove
si adattano le regole, si decidono i salari, si
realizzano protezioni sociali integrative».
Secondo lei l’articolo 18 andrebbe tolto
solo per i neoassunti o per tutti.
«Si vedrà con i decreti delegati».
Enrico Marro
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Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
7
Governo Il caso
20
400
A Torino
Boschi:
«Richieste
legittime»
miliardi La spesa per le
cinque forze di polizia italiane:
Arma dei Carabinieri (con un
personale di 105.000 unità),
Polizia di Stato (95.000), Guardia
di Finanza (60.000), Polizia
penitenziaria (38.884) e Corpo
forestale dello Stato (7.615)
Il ministro alle
Riforme Maria Elena
Boschi saluta un
agente alla Festa del
Pd di Torino. «Le loro
richieste sono
legittime e il governo
sta lavorando per una
soluzione, spero in un
clima di confronto che
non è quello di questi
giorni», ha detto ieri.
E alla collega di partito
Rosy Bindi, convinta
che le ministre siano
state scelte anche per
l’avvenenza, replica:
«Saremo giudicati per
quanto siamo bravi
non per quanto siamo
belli» (Ansa)
euro La perdita netta mensile in
busta paga subita con il blocco
dei compensi per una qualifica
intermedia (ispettore di Polizia
o maresciallo dei Carabinieri)
con 20 anni di servizio: 200
euro per mancati scatti, 200 per
mancati rinnovi contrattuali
I conti di Interno e Difesa
sulle forze dell’ordine:
873 milioni per l’accordo
A Palazzo Chigi un dossier per sbloccare i salari
ROMA — Per assecondare le richieste di Forze armate e forze dell’ordine
servono 873 milioni di euro da stanziare per il 2015. Gli uffici tecnici dei
ministeri dell’Interno e della Difesa rifanno i conti in vista dell’incontro annunciato dal premier Matteo Renzi
con sindacati e rappresentanze, che
dovrebbe svolgersi la prossima settimana, forse giovedì. E riescono a far
scendere ulteriormente la copertura
finanziaria necessaria a sbloccare il
tetto stipendiale inizialmente prevista
in un miliardo e 200 milioni di euro. La
relazione che sarà consegnata nelle
prossime ore a Palazzo Chigi ricostruisce quanto accaduto sino a ora e mette
a punto le cifre necessarie a risolvere la
questione. È un ulteriore tentativo fatto per scongiurare lo sciopero minacciato la scorsa settimana, una mobilitazione senza precedenti per protestare contro la scelta di prorogare il
«blocco» dei salari nel 2015, nonostante gli impegni presi a fine luglio
che escludevano una simile eventualità. Già domani il premier dovrebbe incontrare il ministro dell’Interno Angelino Alfano e quello della Difesa Roberta Pinotti per mettere a punto la
strategia.
Le somme accantonate
Per il governo è un problema grave da risolvere perché c’è la consapevolezza — del resto riconosciuta
pubblicamente da ministri e rappresentanti delle istituzioni — che si
tratta di richieste legittime e dunque
si sta cercando una via di uscita che
non appaia una clamorosa retromarcia rispetto all’annuncio del ministro Marianna Madia dell’approvazione di un provvedimento per
prorogare anche nel 2015 il blocco
degli stipendi degli statali senza alcuna distinzione per il comparto sicurezza e soprattutto senza lasciare
Il presidente della commissione Bilancio della Camera
Boccia contro le misure sugli statali
«Non ci si vergogna del confronto»
«Caro Matteo... Con l’amicizia di
sempre». Comincia (e finisce) così la
lettera che Francesco Boccia, presidente
commissione Bilancio della Camera, ha
pubblicato nel suo Blog su
«L’Huffington Post» e inviato a Renzi da
Chicago dove ha chiuso un «lavoro sulla
tassazione dell’economia digitale».
Missiva dura, con cui l’esponente
lettiano del Pd chiede al premier «un
colpo d’ala forte e imprevisto» e
contesta i tagli «qua e là», il blocco degli
stipendi statali, la «mancanza di
ascolto» e di concertazione con i
sindacati: «Non ci si vergogna del
confronto». Boccia suggerisce di lasciar
crescere leggermente il debito per
tagliare drasticamente le imposte: «Per
cancellare le paure servono fatti. Alla
politica delle suggestioni gli italiani
hanno sempre pagato un tributo
pesante». Bacchetta anche il Renzi
segretario Pd: «Il gruppo dirigente
andava scosso, ma non fatto diventare
oggetto di scherno o di pulizia etnica».
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aperto alcuno spiraglio. Una posizione netta che in realtà non appare
sostenibile visto che i soldi da utilizzare per il 2014 erano già stati trovati. Non a caso nella relazione tecnica
stilata nelle ultime ore viene evidenziato come «nel luglio scorso sono state effettuate riunioni tra i capi
di gabinetto dei ministeri interessati, i vertici delle forze di polizia,
quelli dello Stato Maggiore della Difesa e il ragioniere generale dello
Stato, servite a predisporre una nuova ipotesi condivisa per uno sblocco
anticipato al 1° novembre 2014, con
un onere complessivo di circa 270
milioni di euro, avente copertura finanziaria da idonei risparmi sugli
stanziamenti per il personale delle
forze di Polizia e delle Forze armate
che derivava sostanzialmente dal
posticipo degli arruolamenti».
L’emendamento cancellato
L’intesa prevedeva la presentazione di un emendamento alla legge
sulla Pubblica amministrazione. E
proprio per risolvere la questione il
ministro Pinotti aveva chiesto di utilizzare 158 milioni di euro destinati
al reclutamento del personale. Una
variazione di bilancio analoga era
stata messa a punto dal Viminale, ma
la proposta non è stata ritenuta idonea e alla fine la norma non è stata
inserita nel testo inviato al Parlamento. Sembrava una decisione tecnica, nulla faceva prevedere che alla
fine si sarebbe arrivati allo scontro
proprio perché le risorse erano già
disponibili e dunque non c’era bisogno di alcun esborso ulteriore. Le
maggiori spese riguardano il 2015,
ma su questo l’intesa era già stata
raggiunta con la garanzia che il tetto
stipendiale sarebbe stato rimosso.
La nuova mediazione
La sortita del ministro Madia ha
La vicenda
Il comunicato
Nel pomeriggio di giovedì
i sindacati di Polizia,
Corpo forestale, Polizia
penitenziaria, Vigili del
fuoco e i Cocer di Esercito,
Marina, Aeronautica,
Carabinieri e Guardia
di Finanza hanno diramato
un comunicato per
annunciare una protesta
senza precedenti: lo
sciopero generale, deciso
contro il blocco degli
stipendi annunciato dal
ministro della Pubblica
amministrazione Marianna
Madia per il 2015
La richiesta
Nel comunicato si avanza la
richiesta immediata
di «dimissioni di tutti
i capi dei vari corpi
e dipartimenti, civili
e militari, e dei relativi
ministri poiché
non sono stati capaci
di rappresentare i sacrifici,
la specificità,
la professionalità
e l’abnegazione
del proprio personale»
La trattativa
Immediata è arrivata
la risposta di Palazzo
Chigi: «Li riceverò
personalmente — ha detto
il premier Matteo Renzi —
ma non accetto ricatti e 5
corpi di polizia sono troppi».
In queste ore il governo
tenta di evitare lo sciopero
e i sindacati, pur tenendo il
punto, hanno aperto al
confronto
scatenato le proteste e adesso si lavora
alla ricerca di una soluzione. La strada
percorsa in queste ore esplora la possibilità di ripristinare lo sblocco relativo
al 2014 da ottobre, oppure da novembre
in modo da far scattare gli aumenti previsti dagli scatti di carriera e farli valere
anche nel 2015. La relazione tecnica
predisposta per Palazzo Chigi fornisce
le indicazioni sulla cifra necessaria e soprattutto il limite oltre il quale non sarà
possibile scendere: «L’onere finanziario
prevedibile per la rimozione del blocco
nel 2015 è stimato in 873 milioni di euro
circa per l’intero comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso pubblico».
L’apertura dei ministri
Pur criticando i toni utilizzati dai rappresentanti di agenti e militari, giudicati «inaccettabili», Alfano e Pinotti ribadiscono «la piena disponibilità a trovare una soluzione». In linea si muove anche il ministro del Lavoro Giuliano
Poletti quando dichiara: «Si è avviato
un momento di confronto. Il presidente
Renzi è stato chiaro, si può fare, ma bisogna tener conto del contesto e del
quadro economico: si può discutere. La
situazione non è semplice perché dobbiamo fare i conti con le risorse ed è un
problema che abbiamo». E con le forze
dell’ordine si schiera il presidente del
Senato, Pietro Grasso, che «confida nel
loro senso di responsabilità» ma tiene a
sottolineare come le richieste siano «accettabili e legittime anche perché sono
state promesse». In attesa di una soluzione, la mobilitazione viene confermata anche con iniziative provocatorie. Ieri
è stato diffuso un videomessaggio dal
titolo eloquente: «Montalbano tradito».
Per il 23 settembre è già stato convocato
un presidio di alcuni sindacati di polizia
durante il quale gli agenti si metteranno
«in fila per donare il sangue».
Fiorenza Sarzanini
[email protected]
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8
Primo Piano
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Partiti Le scelte
Il ritorno di Fitto scuote Forza Italia:
opposizione debole, primarie subito
L’ex governatore contro la linea di Berlusconi: abbiamo una crisi identitaria
Dopo la chiusura
Ipotesi Arpe
per il rilancio
dell’«Unità»
L’addio di Fago
ROMA — Matteo Fago ha
gettato la spugna sull’Unità.
Lui, l’azionista principale
del quotidiano che fu di
Antonio Gramsci e che dal
primo agosto ha cessato le
pubblicazioni, venerdì
scorso ha mandato una
lettera della sua Editoriale
90 dicendo che ritirava
l’offerta per rilevare l’Unità,
ovvero per pagare i debiti
del giornale e per poterlo
quindi far tornare in
edicola. Servono almeno 10
milioni per arrivare a un
cosiddetto concordato «in
bonis» necessario per
cancellare i 30 milioni di
debiti accumulati
dall’Unità. Prima di cessare
le pubblicazioni il
quotidiano perdeva 800900 mila euro al mese. Ma le
offerte per rilevare il
giornale non mancano. Dice
infatti Francesco Bonifazi,
tesoriere del Pd: «Vedo
spiragli più che positivi
perché il mondo
dell’economia e dell’editoria
hanno dato manifestazioni
di interesse». Fra le più
concrete sembra esserci
l’offerta del banchiere
Matteo Arpe in una cordata
con il quotidiano online
Lettera 43 di Paolo Madron,
attraverso la società news3.
L’offerta sarebbe già pronta,
sostanziata in un piano
industriale della durata di
tre anni e in un piano
editoriale. Tra le prime
dichiarazioni d’intento ci
sarebbe quella di voler
rinunciare ai finanziamenti
pubblici. La caratteristica
dell’offerta di Arpe è anche
pionieristica in Europa: un
giornale online che acquista
un giornale di carta e di
fatto se ne mette a capo,
invertendo le priorità. Un
altro punto caratterizzante è
l’indipendenza del giornale
dal partito (il Pd) pur
mantenendo sempre
un’esplicita vocazione di
giornale di sinistra. C’è
ancora un po’ di tempo per
poter valutare le proposte,
visto che il giudice per il
concordato non è stato
ancora nominato e la
nomina ci sarà dal 16
settembre in poi. Intanto
molti dei giornalisti
(un’ottantina in tutto) in
questi giorni stanno
lavorando sul sito web
dell’Unità, gratuitamente e
in maniera volontaria, che è
stato riattivato dal 30
agosto. E tutti sperano che
oggi il premier Matteo
Renzi, in chiusura della
Festa dell’Unità a Bologna,
dica qualcosa di importante
sul futuro del loro giornale.
Al.Ar.
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ROMA — Tanto per capire la
temperatura del fuoco che cova
sotto la cenere, dentro Forza Italia. Ieri, a margine della kermesse dei giovani azzurri «Everest»
che sta andando in scena a Giovinazzo, in Puglia, chiedono a
Maurizio Gasparri — che insieme ad Annagrazia Calabria è
uno degli organizzatori dell’evento — che cosa pensi delle
voci che danno Raffaele Fitto
come possibile candidato alle
prossime Regionali. «Fitto è
una persona talmente importante che sarebbe un ottimo
candidato, scandisce generoso
il vicepresidente del Senato. Ma
quando questa stessa domanda
viene rivolta al diretto interessato, e cioè a Fitto stesso, la risposta è improntata al gelo.
«Fanno il mio nome per pren-
La strategia
«Fanno il mio nome
come candidato in
Puglia solo per prendere
inutilmente tempo»
dere tempo. È un modo per
prendere inutilmente tempo».
Nulla di personale con Gasparri, che pure aveva dato conto nelle sue dichiarazioni del
niet dell’europarlamentare al
possibile ritorno in Puglia. Ma
ieri, dopo aver gelato i misteriosi autori dei rumors che lo danno già con biglietto di ritorno
Bruxelles-Bari, Fitto — dopo
un’estate all’insegna dell’autoconsegna del silenzio — è tornato all’attacco. A favore delle
primarie. E contro «l’intelligenza» forzista col nemico Renzi.
Insomma, contro la «linea» di
Silvio Berlusconi e dei berlusconiani ortodossi.
Quando prende la parola nella tavola rotonda sul futuro del
centrodestra, Fitto evita giri di
parole, sfugge gli eufemismi e
va dritto al punto. «Il tema è se
mettiamo o no in campo un
meccanismo per capire chi siamo come centrodestra». Perché,
«se non mettiamo in campo
l’opposizione a un governo che
ringhia ma non morde», allora
«intraprendiamo un percorso
difficile».
E non è che l’inizio. «Se gli atti che il governo produce sono
opposti alla nostra area di riferi-
Dalle riforme alla legge elettorale, dagli stipendi del
pubblico impiego all’articolo 18, passando per le alleanze in
vista delle prossime Regionali. La Summer School della
Fondazione Magna Carta, che apre i battenti oggi a Frascati,
sarà l’occasione per capire in che direzione sarà orientata la
bussola del Nuovo centrodestra. A cominciare dalle
certezze. E cioè da quella Costituente con Udc e Popolari sui
cui gli alfaniani vogliono accelerare ad ogni costo,
soprattutto dopo il varo dell’intergruppo parlamentare. Che
la Costituente voglia aumentare il proprio peso rispetto
all’agenda di governo è chiarissimo. «I popolari si faranno
sentire nella maggioranza», spiega Gaetano Quagliariello,
deus ex machina della Fondazione Magna Carta e
coordinatore nazionale del Ncd. Sul tavolo ci sono le
riforme, ovviamente. E soprattutto gli interventi alla legge
elettorale, con gli alfaniani pronti a insistere nuovamente
sulle preferenze. Senza dimenticare il tema delle alleanze,
che l’avvicinarsi della maxi tornata di elezioni regionali — si
comincerà a novembre con Calabria ed Emilia Romagna —
rimetterà in primo piano. Forza Italia e Ncd tentano la strada
del dialogo. Ma se l’obiettivo della prima è sottrarre regioni
ai democratici, il secondo punta ad aumentare il proprio
peso specifico per trattare meglio alla tornata primaverile.
Ma, trattative a parte, già da oggi si capirà che il Nuovo
centrodestra punta ad alzare l’asticella anche nel rapporto
con Renzi. Sull’archiviazione dell’articolo 18, così come
sugli stipendi del pubblico impiego (Alfano s’è ritagliato un
ruolo da mediatore), Ncd tornerà ad alzare la voce. E a farsi
sentire.
mento, abbiamo un problema
di identità politica o no?», insiste l’europarlamentare. E sì, rimarca, «dobbiamo confrontarci
democraticamente» e «affrontare una crisi identitaria che abbiamo al nostro interno». Tutti
messaggi diretti ad Arcore. Come quando Fitto sottolinea che
«non voler vedere questi problemi è un errore grande», come dimostra il fatto che «dal
2008 abbiamo perso due milioni di voti».
Vuole le primarie, Fitto. E poco gli importa che Berlusconi le
stia per aggirare, che Giovanni
Toti le abbia derubricate e anche
che a Villa San Martino stia per
insediarsi una «troika» che vaglierà i candidati per le prossime regionali. «Toti aveva firmato con me a luglio ai banchetti
fuori Montecitorio per dare il
via libera alla consultazione»,
ricorda l’europarlamentare. «La
mia posizione è continuare su
quella strada. Se invece l’alternativa alle primarie è quella di
riunioni nazionali tra pochi, ecco, mi sembra un’alternativa
sbagliata».
Per capire se dentro Forza Italia si riaprirà quel confronto che
l’estate aveva sopito, per capire
se la cenere sarà definitivamente spazzata, toccherà aspettare
questa mattina. Quando, alle
11, Berlusconi alzerà il telefono
e telefonerà ai giovani riuniti a
Giovinazzo. Non si può escludere nulla. Nemmeno che tatticamente l’ex Cavaliere scelga la
strada di attaccare l’esecutivo,
soprattutto sul dossier del blocco degli stipendi al pubblico
impiego. Confermando il dialogo sulle riforme, che invece rimane. Come rimane l’incipit di
questo settembre che, anche per
Forza Italia, si annuncia come
decisamente caldo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tommaso Labate
Il leader
Stamattina è attesa
la reazione dell’ex
premier, che telefonerà
a un meeting
dei giovani azzurri
Oggi via alla Summer School
Legge elettorale e Regionali,
Ncd vuole alzare l’asticella
La strategia
Il sì del leader di FI
al dialogo con il Pd
Lo scorso 18 gennaio
Berlusconi sigla con
Renzi, segretario del Pd
non ancora premier, un
patto su legge elettorale,
Senato e Titolo V.
Nonostante diverse
resistenze in Forza Italia,
i due leader si incontrano
altre tre volte (14 aprile,
3 luglio e 6 agosto) per
rinnovare l’intesa e
concordare modifiche alle
soglie di sbarramento
e per ottenere il premio
Il rapporto difficile
con l’esecutivo
Dentro FI molti falchi
contestano la
convinzione del leader
che si debba mantenere
un’apertura di credito a
Renzi per non offrire una
rottura che spianerebbe
al premier la porta del
voto. Per esponenti
come Brunetta
l’abbraccio col Pd rischia
di essere «mortale», ma
l’ex Cavaliere rassicura:
«Se resta lì dovrà fare
tagli e sacrifici che gli
costeranno consensi»
Il tentativo con Ncd
per le alleanze locali
FI punta ora ad ottenere
vantaggi sull’Italicum: se
si dovesse andare, come
sembra, verso un
abbassamento delle
soglie di sbarramento , i
piccoli partiti come l’Ncd
avranno più potere, ma
solo se coalizzati. Perciò
Berlusconi ha deciso che
è necessario riannodare
l’alleanza di centrodestra
e ha appena nominato
un comitato ad hoc per
programmi e alleanze in
vista delle Regionali
A Bologna
Andrea Orlando, ieri
alla Festa dell’Unità,
passa davanti a un
ritratto di Enrico
Berlinguer. Il ministro
ha affrontato il tema
della responsabilità
civile dei giudici:
«Lo Stato deve fare
in parte da scudo
non per difendere
il magistrato, ma
la magistratura»
(foto Mistrulli)
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Il volume Gli ultimi scritti del leader psi, che seguì fino alla fine le vicende italiane. La citazione di Croce: in politica l’onestà è la capacità
Le carte di Craxi ad Hammamet: così ci siamo arresi
«I parametri europei non diventino dogmi
La Seconda Repubblica? Falsa rivoluzione»
MILANO — Bettino Craxi, negli anni di
Hammamet (1994-2000), scrive. Articoli, note, interventi, a getto continuo. Scrive nella
convinzione di impedire che prevalga «la
storia dei vincitori». Il leader socialista, premier dal 1983 al 1987, è riparato nella città
tunisina in seguito alle accuse di corruzione e
finanziamento illecito dei partiti. Da lì, da
quella casa da cui «può quasi toccare l’Italia
con la mano», segue meticolosamente fatti e
persone della Seconda Repubblica subentrati
al sisma che ha azzerato la Prima. Partecipa, e
con passione, a una vicenda dalla quale è ormai del tutto escluso, il suo nome rimosso e
quasi impronunciabile, tranne che per i fedelissimi. Questa mole di carte che quasi quotidianamente spedisce via fax da Hammamet
finisce perlopiù, annota lo stesso leader del
Psi, «nei cestini della carta» dei grandi quotidiani. Eppure continuerà a scrivere fino a un
mese prima della morte.
Il volume Bettino Craxi. Io parlo, e continuerò a parlare, curato dallo storico Andrea Speri,
raccoglie quegli interventi, una parte inediti e
altri che all’epoca furono pubblicati solo da fogli socialisti come L’Avanti e Critica Sociale
oppure da giornali locali. Un lavoro che, sostiene il curatore, può servire «alle nuove generazioni che di Craxi sanno poco» e «a quelle vecchie che di lui ritengono di sapere tutto e che
forse troppo in fretta ne hanno fatto — come
disse Cossiga — un capro espiatorio».
La raccolta è un documento storico, ma
non solo. È anche un punto di vista sulla politica di un leader nel momento della sua caduta: «Ripetere le proprie idee fino a sfiancarsi, è il solo modo per difendere la propria
libertà: difendo la politica, la sua autonomia,
il suo valore». Lo stile diretto, le cose «prese
di petto», si ritrovano nel libro, a cominciare
dall’incipit: «A dieci anni ho fracassato a sassate i vetri della Casa del fascio del paesino
dove la mia famiglia era sfollata».
Parti del volume riguardano la vicenda
giudiziaria vista con gli occhi dell’interessato: la giustizia è «politica», i processi «speIn Tunisia
Bettino Craxi
(1934-2000)
ad Hammamet:
l’ex leader del
Psi si rifugiò in
Tunisia dal ‘94
alla morte: con
fax e lettere
aperte, continuò
a commentare
le vicende della
politica italiana
ciali», i magistrati «angeli vendicatori» e
Hammamet «un esilio». Sono gli aspetti più
noti del pensiero del segretario del Psi sul
passaggio — Craxi lo chiama il «disegno» —
che ha portato alla fine della Prima Repubblica: «I partiti aggrediti si arresero».
Un capitolo sull’Europa, per i temi, sembra scritto ieri: «I parametri di Maastricht»
annota nel ‘97 «non possono diventare dogmi: senza nuove condizioni l’Italia finirà in
un limbo o andrà all’inferno».
Gli aspetti più inediti riguardano la Seconda Repubblica, una «falsa rivoluzione»
secondo Craxi: il primo governo del centrodestra, le mosse di Bossi, Fini, Buttiglione, il
governo tecnico di Dini, Prodi e il successivo
D’Alema: quasi tutto è «trasformismo». Si
salva Berlusconi, «nuovo» almeno per quanto riguarda la politica. Craxi associa la pro-
Il libro
In uscita
Il libro Bettino
Craxi. Io parlo,
e continuerò
a parlare. Note
e appunti
sull’Italia vista
da Hammamet
(pp. 264, 18),
a cura di Andrea
Spiri ed edito da
Mondadori,
raccoglie articoli
e interventi
del leader del
Partito socialista
scritti in Tunisia
tra il 1994
e il 1999.
Il volume sarà
in libreria
da martedì
pria vicenda giudiziaria alle inchieste sul Cavaliere e quando il 22 novembre ‘94 arriva
l’avviso di garanzia della Procura di Milano
Craxi sostiene di saperlo già: «Me lo scrissero a luglio, il mese dei veleni, in cui si ordiscono congiure prima di andare in vacanza».
La «congiura» contro il Cavaliere e quella
contro di lui: le successive inchieste sul leader di Forza Italia (e la prima condanna nel
‘97) lo spingeranno a profetizzare l’«eliminazione» dalla scena anche di Berlusconi e,
per l’Italia, un destino cattocomunista lungo
«un ventennio».
Ma il cruccio più pressante resta il discredito in cui è caduta la politica fino a immaginare un futuro dominato da «plutocrazia e videocrazia» dove i cittadini diventano «gente». Che lui stesso, Craxi, possa
essere una delle cause di quel discredito
non è un argomento. Non ci sono autocritiche, ma una chiamata di correo al Pci-Pds
sul finanziamento illegale: D’Alema, in particolare, «non poté non occuparsi personalmente» dei soldi al suo partito. Il tema
dell’onestà Craxi lo affronta usando alcuni
passaggi di un saggio del ‘31 di Benedetto
Croce: «Ma che cos’è dunque l’onesta politica? Non è altro che la capacità politica...
Perché è evidente che le pecche che possa
eventualmente avere un uomo fornito di
capacità e genio politico, se concernono altre sfere di attività, lo renderanno improprio in altre sfere, ma non già nella politica…perché in quella è la sua passione, il fine sostanziale della sua vita».
Massimo Rebotti
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Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
9
Giustizia Il ministro annuncia un emendamento al decreto
Lotta all’arretrato civile
Orlando: bonus fiscale
a chi sceglie alternative
«Riforma né pro né contro l’ex Cavaliere»
ROMA — Ancora pochi
mesi e si volta pagina. È la
promessa di Andrea Orlando, che dalla Festa dell’Unità
di Bologna è tornato a parlare della riforma della Giustizia, provvedimento al quale
il governo Renzi attribuisce
un valore cruciale per rimettere in cammino il Paese. La
riforma, ricorda il ministro,
«è attesa da vent’anni» ed è
quindi difficile pensare «che
si faccia in venti giorni», ma
le prime leggi potrebbero
entrare in vigore all’inizio
del 2015, annuncia il Guardasigilli. E assicura che la
«sua» riforma non è contro
le toghe.
«Mi rendo conto che c’è
una spinta dei magistrati, o
di una parte, a mantenere
così le cose, ma non credo si
possa parlare in nessun modo di una volontà punitiva»
ha assicurato l’esponente del
Pd durante il dibattito con
Donatella Ferranti sul tema
«Una giustizia più veloce e
moderna». Le nuove norme
non saranno contro qualcuno, garantisce Orlando, saranno per l’Italia e le sue isti-
La storia
Il percorso
Il sì dell’esecutivo
e l’iter parlamentare
La riforma
della Giustizia, dopo
il via libera del Consiglio
dei ministri, passerà
ora all’esame delle
Camera e del Senato
Il piano per ridurre
i tempi dei processi
La parte di riforma civile,
che viaggia per decreto,
inciderà sui processi con
l’obiettivo di dimezzare
l’arretrato in 3 anni
I punti da definire
e lo scontro interno
Molti punti, come
le intercettazioni e la
prescrizione, sono
ancora oggetto di scontro
nella maggioranza
tuzioni: «Lo Stato deve fare
in parte da scudo non per difendere il magistrato, ma per
difendere la magistratura».
Il primo obbiettivo del capitolo sulla giustizia civile è
velocizzare i processi, abbattendo almeno in parte la mostruosa montagna di cause
in attesa. E qui sta la novità:
un emendamento al decreto
che consenta sgravi fiscali a
quei cittadini che «alleggeriscono il sistema», scegliendo
forme di giudizio alternative
alle aule dei tribunali. Chi
contribuisce a sgravare il numero dei processi potrà «recuperare parte delle spese
sostenute» ha anticipato Orlando, spiegando che l’aiuto
offerto dal cittadino allo Stato deve in qualche modo essere ricompensato.
Davanti ai militanti del
suo partito il ministro ha risposto alle critiche difendendo il provvedimento. «La
vera privatizzazione della
giustizia civile c’è oggi — ha
affermato — nel momento
in cui la giurisdizione non è
in grado di dare dei tempi
accettabili al processo e i più
deboli soccombono, perché
non sono in grado di aspettare». Per il Guardasigilli
sbaglia chi pensi di «difendere un feticcio», che scava
un solco tra chi può permettersi il «lusso» di attendere il
giudizio e chi invece non può
farlo. Quanto agli organici,
per Orlando la scarsezza di
personale è «la priorità delle
priorità». Lo confermano i
numeri: «Siamo a un punto
di rottura, 9.000 vuoti di organico con un’età media sopra i 55 anni». Il che vuol dire, ha chiosato, che in alcune
realtà «siamo al di sotto della
soglia di sopravvivenza».
Sul piano politico il tema
che più tormenta i democratici è forse l’abbraccio con
Berlusconi. E qui Orlando ha
spiegato come non sia sua
intenzione «fare una cosa a
Le altre priorità
«Sul personale siamo
al punto di rottura,
alcune realtà sotto alla
soglia di sopravvivenza»
favore o contro di lui». Il governo parla con tutte le opposizioni e non cerca altre
maggioranze, anche perché
si è scelto di non modificare
la Costituzione riguardo alla
giustizia. E infine la controprova per rassicurare i militanti democrat: «Se le vicende di Berlusconi avessero un
peso, allora non ci sarebbero
state certe lamentele di Forza
Italia su alcuni punti della riforma».
M.Gu.
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Con il tramonto del berlusconismo, sembra essersi rotto un vecchio patto non scritto. L’amarezza di Cascini: «Tutti hanno capito che la legalità non conviene»
Da Mani pulite al «chi sbaglia paga»
L’amore infranto tra sinistra e toghe
Hanno detto
Caselli: è stata la politica a delegare. Spataro: vedo solo marketing
È come l’amore impossibile con la signora
della porta accanto, né con te, né senza di te. Intossicato, come le passioni fatali. «Il Pd? La sinistra? Bah, la verità è che nessun partito investe
più sulla magistratura: forse perché tutti hanno
capito che la legalità non conviene», ridacchia
amaro Giuseppe Cascini, pm di punta nella
nuova e aggressiva Procura romana di Giuseppe Pignatone, già segretario dell’Anm e voce
forte di Magistratura democratica, la corrente
«rossa» delle toghe: «C’era comunque un equivoco. In questi vent’anni non era la magistratura a voler far fuori Berlusconi ma la politica che,
non riuscendoci, sperava lo facessimo noi. Tutto ciò è finito».
Di sicuro ogni cambio di stagione porta i suoi
frutti avvelenati nella lunga storia di attrazione
tra sinistra e magistrati che, per alcuni, comincerebbe con la questione morale evocata da
Berlinguer nella famosa intervista a Scalfari del
luglio 1981. L’idea della diversità comunista —
e dunque di un rapporto preferenziale con le toghe, che quella diversità avrebbero certo sancito — prenderebbe le mosse da lì. Anche se appare angusto ridurre così la visione del segretario del Pci (Berlinguer pensava a un’autoriforma dei partiti, alla loro ritirata da enti e
istituzioni, non certo a uno tsunami giustizialista).
È però possibile che, oggi, il tramonto del
berlusconismo e l’alba del renzismo abbiano
davvero rotto un vecchio patto non scritto e
tante volte sgualcito. «Chi sbaglia, paga!», ha
proclamato il giovane premier del Pd rilanciando il tema spinosissimo della responsabilità civile dei giudici. La voleva Craxi, la chiesero gli
italiani con un referendum, l’ha sempre predicata Berlusconi. Renzi ne propone certo una
versione light (e indiretta). Tuttavia…
«Chi sbaglia paga è uno slogan, può portare
a qualche… apprensione», ammette Donatella
Ferranti, doppia militanza Pd e Md, e presiden-
te della commissione Giustizia della Camera:
«Ma noi non vogliamo fare una riforma in odio
a qualcuno, men che meno ai magistrati».
I grani del rosario però son lì a snocciolarsi.
Mica soltanto la responsabilità civile: pure le
intercettazioni e perfino le ferie (troppe, secondo Renzi e forse secondo molti cittadini comuni). Dunque c’è chi evoca tempi bui, chi ricorda
la Bicamerale di D‘Alema (fallita), la bozza Boato (sepolta), il tentativo della riforma Mastella
(azzoppato di lì a poco anche da un’inchiesta
giudiziaria). Insomma i momenti in cui il maggiore azionista della sinistra italiana provò a
camminare senza stampelle togate.
«Il partito dei giudici? Mai esistito. La sini-
Clima nuovo
All’origine della lunga attrazione,
la «questione morale» evocata da
Berlinguer. Oggi lo slogan lanciato
da Renzi suona come la fine
di ogni sospetto di collateralismo
stra, anche quando governava, con Prodi, soffriva molto la magistratura», sostiene Michele
Emiliano, ex sindaco pd di Bari, ex pm. Cosa
cambia adesso? «Tutto. Renzi è legittimato a
mettere mano a lentezze e inefficienze della categoria». Fine ricreazione. Il ministro Orlando
ha parlato di «magistrati ai quali è piaciuto incarnare la funzione di cambiare la società, che è
invece politica». Certo era il sogno della toga
rossa Ciccio Misiani, intransigente e visionario.
«Ma non della maggioranza di Md», obietta
Giancarlo Caselli, che per alcuni fu con Luciano
Violante anima dell’alleanza toghe-Pci, soprattutto negli anni del terrorismo: «Nella mia carriera mi hanno dato del fascista, servo sciocco
di Dalla Chiesa ai tempi delle Br; e del comunista a Palermo, come Falcone, il che mi onora.
L’anomalia del Paese è che quando un magistrato si occupa di un politico viene accusato lui
stesso di fare politica. E certo ha ragione Orlando, spetta alla politica la funzione del buon governo: ma — è storia degli ultimi vent’anni —
la politica ha delegato problemi gravissimi alla
magistratura (per dirne due, mafia e corruzione). Sempre con un’asticella da non superare.
Se la si supera, comincia l’attacco: si fa uso distorto del garantismo, nel senso di maggiori
chance di farla franca soprattutto per imputati
eccellenti. L’interfaccia di tutto questo è la normalizzazione, tagliarci le unghie. A me confezionarono una legge contra personam per avere
osato fare il processo Andreotti».
Sergio D’Angelo, pm della pretura nella Milano pre-Tangentopoli, entrò in Md nel ’74, ne
uscì nel ’91: da apostata. Oggi è molto richiesto
da quei saggisti tesi a dimostrare come nella
corrente «rossa» dell’Anm abbia allignato il
male assoluto: «Md ha smesso di avere idee
proprie quando il Pci se n’è impadronito negli
anni Ottanta. Fino ad allora aveva prevalso il
garantismo. Adesso è un centro di interesse come un altro, è finita, non ha più ossatura politica». Giudizio duro. Contro cui si oppone chi
non t’aspetti, Emanuele Macaluso, uno degli
ultimi grandi dirigenti comunisti che sempre
contrastò la deriva giustizialista: «Md nacque
come reazione al porto delle nebbie, contro una
magistratura asservita alla Dc. E talora non solo
alla Dc». Negli occhi, le lotte accanto a Li Causi,
il blocco criminale di mafiosi e agrari... «Su 36
dirigenti sindacali ammazzati in Sicilia non ci
fu nemmeno una sentenza di condanna! Md rovesciò questa situazione. Ma ciò portò alla giustizia di classe, non allo stato di diritto, frontiera su cui eravamo attestati Napolitano, Chiaromonte e io. Il Pci non ebbe la forza per questo
Michele Emiliano
«Il partito dei giudici? Mai
esistito. La sinistra, anche
al governo, soffriva i pm»
Donatella Ferranti
«Autonomia dei magistrati
e obbligatorietà dell’azione
penale? Principi intoccabili»
Emanuele Macaluso
«Md nacque come reazione al
porto delle nebbie, contro una
magistratura asservita alla Dc»
passo». Certe storie procedono a balzi. Il più recente conflitto di Giorgio Napolitano, diventato
presidente della Repubblica, con Antonio Ingroia e gli altri pm palermitani della trattativa
Stato-mafia ha affrettato il distacco del Pd dalle
toghe? «Ingroia ha piegato tutta la sua attività
giudiziaria a un obiettivo politico, la sua fine sta
tutta lì», sorride Macaluso: «Napolitano s’è battuto per un principio. E per il futuro. Anche per
il prossimo presidente».
La stagione del collateralismo, oggi, pare
pronta per gli archivi. Durò poco più d’un anno
al tempo di Mani pulite, giusto l’illusione di Occhetto di veder cadere gli avversari tenendo il
partito in salvo. Tutto è ancora vivo nel ricordo
di Gherardo Colombo che, nel 1998, in una clamorosa intervista a Giuseppe D’Avanzo sul Corriere, sostenne che la bicamerale di D’Alema
fosse figlia della «società del ricatto». «Sedici
anni dopo — ragiona Colombo — il non emerso è ancora forte e ancora in grado di condizionare le relazioni politiche. Tuttavia, il rischio
adesso non è che si agisca perché si è ricattabili,
ma perché si è… convinti. E dire che non sarebbe difficile riformare la giustizia complessivamente, in modo che funzioni».
Armando Spataro, procuratore di Torino, a
lungo ha condiviso con lui impegno e inchieste
a Milano; è stato tra i fondatori di Movimento
per la giustizia, ora alleato di Md nel «cartello»
Area: «Rischiamo riforme approvate senza adeguata riflessione. Alcune annunziate con grafici
a torta e tecniche da marketing che, specie in
assenza di testi, nulla dicono sui contenuti.
Esempi? Chi giudica non nomina, chi nomina
non giudica, per la riforma del Csm, alludendo
ad una giustizia disciplinare corporativa, in realtà smentita dai fatti. Oppure chi sbaglia paga,
per introdurre la responsabilità civile dei giudici, ma senza nulla dire sulla realtà internazionale alla quale la nostra è conforme. Insomma slogan o ovvietà assolute. Sembra che sul banco
degli imputati vi siano tutti i magistrati, unici
responsabili dei guasti». Il clima è questo. «Io
però, nonostante tutto, continuo ad aver fiducia nella sensibilità del ministro Orlando».
La Ferranti , dal suo scranno in commissione
Giustizia, pare (quasi) categorica: «Autonomia
dei magistrati e obbligatorietà dell’azione penale sono principi intoccabili!». Dunque lo farebbe un hashtag #staiserenaAnm? «Oddio,
nooo, scriva “tranquilla”, serena no, dai! Chi
sbaglia proprio tanto, beh, alla fine, paga».
Goffredo Buccini
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10 Primo Piano
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Maltempo L’alluvione in Puglia
La pioggia e il fango devastano il Gargano
Un morto e un disperso, un migliaio di turisti evacuati. Auto e roulotte trascinate in mare
5,8
Milioni di persone Quelle che
vivono in aree a rischio alluvioni o frane. Rappresentano
il 9,6 per cento della popolazione italiana, per un totale di
2,4 milioni di famiglie. Oltre il
60 per cento degli edifici che
sorge nelle aree «sensibili» è
stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa
antisismica per le costruzioni
DAL NOSTRO INVIATO
PESCHICI (Foggia) — Sette
anni fa fu il fuoco. Un gigantesco incendio che mise in fuga
duemila turisti e fece tre vittime. Adesso è l’acqua, caduta dal
cielo come non avveniva da ottant’anni — tanta pioggia in
cinque giorni quanta non se
n’era vista in tutto l’autunno
scorso —, che ha fatto scappare
più di mille turisti e ha ingoiato
due persone, Antonio Facenna,
un ragazzo di 24 anni, e il settantenne Vincenzo Blenxs, ufficialmente ancora «disperso».
L’anno scorso e nel 2001, invece, fu la terra a tremare — qui,
avviene con una certa frequenza
— e a mettere a dura prova la resistenza del promontorio del
Gargano con scosse che non
hanno ucciso, ma ne hanno lavorato i fianchi e hanno lasciato
i segni.
Per sua fortuna il Gargano è
geomorfologicamente come un
pugile solido, se va al tappeto si
rialza e continua a combattere,
difficile assestargli il colpo del
knock down. Ma anche un boxeur così coriaceo non può resistere all’infinito alla potenza del
fuoco, dell’acqua, della terra, e
ridursi a sperare che un giorno
non venga a saggiarne la fibra
anche l’aria, magari con la forza
devastante di un uragano.
Gli incendi del 2007 furono
accidentali ma anche dolosi,
con la finalità di bruciare per
costruire anche nei posti più
improbabili. L’alluvione di questi giorni invece è stata un fenomeno naturale, è vero, ma il deflusso delle acque, l’esondazione di canali e torrenti, le frane e
gli smottamenti, le undici strade interrotte, hanno dimostrato
che quando non ci si prende cu-
Le precipitazioni
In cinque giorni è caduta
la stessa acqua che in
un intero autunno: non
accadeva da 80 anni
ra della terra, dei corsi d’acqua,
delle strade, e quando si costruisce fin sotto i costoni delle
montagne, una sola pioggia torrenziale basta e avanza a trasformare i punti critici in punti tragici. Anche se a proteggerti hai i
tronchi e le radici degli alberi
della Foresta Umbra e tutto il sistema boschivo e i pascoli del
Parco nazionale del Gargano.
Anche ieri, come sette anni
fa, la gente si è sentita in trappola ed è scappata via terrorizzata.
I campeggi, gli alberghi, i resort,
che già se la son dovuta vedere
con una stagione turistica menomata dalla recessione economica, si sono trasformati in luoghi di pena.
«Il dissesto non solo uccide e
devasta territori ma aumenta il
debito pubblico — ha detto Erasmo D’Angelis, coordinatore
della task force di Palazzo Chigi
—. Solo negli ultimi 7 mesi i nubifragi e gli allagamenti hanno
causato vittime e sfollati e prodotto 3,4 miliardi di danni e devastazioni». Le località più colpite — Peschici, San Menaio,
Rodi Garganico e Vieste sulla
costa, Vico del Gargano, Carpino, San Marco in Lamis e San
Giovanni Rotondo all’interno
—, hanno vissuto giorni di panico, con l’acqua alla gola è il caso di dire, e gli sfollati a decine, i
sindaci in difficoltà, i bambini
in lacrime, le auto e le roulotte
trascinate in mare, i soccorritori
ammirevoli nell’abnegazione,
ma impantanati anche loro nel
fango e sempre con gli occhi rivolti al cielo nella speranza che
smettesse di diluviare. Poi però
è andata via anche la corrente (a
5 mila utenze), le linee telefoniche si sono interrotte, in qualche comune l’acqua ha rotto le
condotte del gas e persino il segnale dei cellulari si è affievolito. E in tutta l’area colpita dal
maltempo è calato un silenzio
irreale.
A San Marco in Lamis, dove
gli sfollati sono al momento
150, i danni avrebbero potuto
essere ancora più gravi, forse
catastrofici, se negli anni passa-
29
Mila chilometri quadrati È
l’estensione delle aree ad alta
criticità in Italia: circa il 10%
della superficie del territorio
che riguardano l’81,9% dei comuni (6.633). In una risoluzione
approvata lo scorso anno all’unanimità dalla commissione
Ambiente della Camera si chiedevano maggiori finanziamenti
per far fronte all’emergenza
52
I danni Da sinistra in senso orario, la spiaggia di Peschici invasa dalla
melma, che ne ha mangiato più della metà; stabilimenti balneari inondati a Rodi Garganico; il paese di Peschici semisommerso. Qui sotto
l’auto dove è rimasto ucciso Antonio Facenna, 24 anni, in un canalone
di scolo in località Coppa Rossa, nei pressi del lago di Varano (Ansa)
Miliardi È il costo complessivo dei danni causati dalle frane in Italia dal 1951 al 2009.
Dunque, secondo i dati forniti
dall’Ispra, circa un miliardo di
euro all’anno e, complessivamente, più di quanto servirebbe per realizzare l’insieme
delle opere di mitigazione del
rischio idrogeologico sull’intero territorio nazionale
1,3
Miliardi Legambiente calcola
che, tra il dicembre 2009 e il
giugno 2012, lo Stato abbia
stanziato 1 miliardo e 37 milioni di euro per i danni causati da alluvioni e frane. Soldi
destinati a tamponare le
emergenze. Molto di meno è
stato stanziato per la prevenzione di tali fenomeni e la cura del territorio
L’analisi Tra abusi e cattiva organizzazione
Il territorio fragile
e sovrappopolato
dei luoghi di vacanza
600 Q
di ANNA MELDOLESI
Milioni Sono i fondi stanziati
per l’alluvione di Sarno, nel
Salernitano, di cui 100 milioni
di fondi europei andati perduti perché non impegnati in
progetti entro il 31 dicembre
2001. Nella tragedia del 5
maggio 1998, la più grande
degli ultimi anni, morirono
159 persone tra i paesi di
Sarno e Quindici
uesta volta è toccato al
Gargano, funestato dal
maltempo ancora nel
pieno della stagione turistica.
Nel passato recente altri paradisi sulle coste italiane hanno
pagato prezzi ancora più elevati.
La Sardegna nel novembre del
2013. Le Cinque Terre due anni
prima. È l’Italia della bellezza e
delle vacanze che annega e frana
nell’incuria? «Sicuramente le località turistiche presentano del-
le specificità per chi si occupa di
calamità naturali, anche se nella
mappa delle frane e delle alluvioni degli ultimi cinquant’anni
non esiste una sola provincia
che non abbia avuto un morto o
un ferito». A parlare è Fausto
Guzzetti, direttore dell’Istituto
di ricerca per la protezione idrogeologica del Cnr, e ci ricorda
che a rischio è tutto il Paese.
Certo il meridione deve vedersela con l’abusivismo edilizio, e il
gradiente di organizzazione per
la gestione del territorio tende a
calare dal nord verso il sud. Ge-
stire i servizi di sicurezza in contesti come quello dell’ultima
emergenza a Peschici, inoltre,
può essere particolarmente
complicato. C’è da tenere in
conto l’aumento stagionale della popolazione, che d’estate è
assai più numerosa rispetto al
resto dell’anno. E poi c’è la mancata conoscenza del territorio da
parte dei turisti, che hanno più
difficoltà a prevedere se una
pioggia intensa allagherà una
zona piuttosto che un’altra. «Si
tratta di due fattori di vulnerabilità che dovrebbero spingerci a
dedicare un’attenzione ancora
maggiore alle aree turistiche», ci
dice Guzzetti.
Dal 1964 a oggi in Italia si contano 5.250 vittime tra morti e feriti a causa di tragedie legate al
dissesto idrogeologico, gli sfollati e i senzatetto sono stati
complessivamente 150.000. Nel
2014 solo le frane hanno ucciso
o ferito 15 persone, lasciandone
almeno 600 senza casa. Il progetto Iffi (Inventario dei fenomeni franosi in Italia) ha mappato 450.000 frane e si tratta certamente di una sottostima. Sono
pochi i Paesi europei che possono vantare iniziative simili di
cartografia, ma per molti altri
aspetti siamo gravemente in difetto. L’incuria è più matrigna
L’incuria
La disattenzione all’ambiente
e l’incuria fanno aumentare
i fattori di rischio: la situazione
peggiora andando a Sud
della natura, nel nostro caso.
«Gli eventi naturali sono gli
stessi che hanno scolpito i paesaggi, rendendoli così belli e interessanti. Quello che ci differenzia rispetto agli Stati europei
confinanti non è tanto la geologia quanto la disattenzione al
territorio». Si punta spesso il dito contro i cambiamenti climatici — e in effetti sembra esserci
un aumento degli eventi meteorologici estremi — ma il dibattito scientifico su questo punto è
ancora aperto. Di certo sono cresciuti i danni, anche perché nel
corso dei decenni è aumentata
la popolazione e con essa l’urbanizzazione. Si stima che dal dopoguerra al 1990 le calamità naturali ci siano costate 0,7 miliardi all’anno. Questa cifra è salita a
1,2 per il periodo dal 1991 al
2009. Ma dal 2010 al 2012 è arrivata a 2,5 miliardi ogni dodici
mesi. Prevenire e mitigare anziché riparare e piangere i danni
converrebbe, anche se non esistono ancora calcoli affidabili
per il contesto italiano. Cosa bi-
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Primo Piano 11
italia: 51575551575557
Vittima Aveva 24 anni, travolto con la sua auto dentro un canale di scolo
ti non fossero stati costruiti muri di contenimento nella parte
più alta del paese — ecco un
esempio di previdenza e di cura
dei luoghi — e non si fosse intervenuti con i lavori necessari
sul Canale della Schiavonesca.
Ma altrove, nelle campagne,
nella marine e nei paesi colpiti,
le chiacchiere su fratello fuoco
del 2007 sono state ripetute
uguali e precise di fronte a sorella acqua del 2014.
E se ci si lascia tentare dal
fracking — quelle robuste iniezioni di acqua nel sottosuolo e
nel fondale marino per cercare
ed estrarre quello scarso petrolio che forse c’è, ma è spurio,
s ca m b i a n d o i l Ga r g a n o e
l’Adriatico per il Nord Dakota —
tra qualche anno ascolteremo le
stesse chiacchiere anche per sorella terra. Lo dicono tutti, ma
proprio tutti, i geologi che conoscono ogni faglia e ogni budello del Gargano e del mare che
lo bagna, due tesori che hanno
fatto di questi luoghi una delle
più apprezzate mete turistiche
d’Europa, e che giustamente
adesso tornano a invocare l’istituzione della figura del «geologo condotto», proprio come il
veterinario o il medico pubblico
per la cura di animali e persone.
In questi giorni di pioggia,
invece, il Gargano è diventato
nero, cupo, disperato, impotente. Gli ombrelloni scaraventati
via dal vento, le baie dalla sabbia fina e dorata trasformate in
pantani di fango, le roulotte rovesciate e sfasciate dalla furia
dell’acqua, e quei due elicotteri
della Guardia forestale che ronzavano nell’aria alla ricerca del
La paura
Il sindaco di San Marco in
Lamis, Cera: «Vedevo
scendere tanti detriti,
ho avuto paura»
Carlo Vulpio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
boschiva è aumentata, ma nemmeno i boschi sono controllati
come un tempo. Gli appezzamenti agricoli, poi, sono cresciuti di dimensioni insieme alla meccanizzazione, perciò i
dreni ai limiti delle proprietà
non bastano più. E poi cosa ser-
Antonio, tradito dalla terra
che non voleva abbandonare
Imprenditore agricolo, si era rifiutato di emigrare
DAL NOSTRO INVIATO
CARPINO (Foggia) — Non è vero che
è stato imprudente e che abbia voluto
proseguire a tutti i costi, con la sua auto,
sulla strada attraversata dal fiume d’acqua per andare a lavorare nell’azienda di
famiglia. Antonio Facenna stava semplicemente tornando a casa. L’azienda
in cui lavorava con i genitori, infatti, era
anche la sua casa e si trova a Carpino, in
pieno Parco nazionale del Gargano, sulla strada tra Vico del Gargano, dove Antonio è nato, e Coppa Rossa. Era figlio
unico, Antonio, e aveva 24 anni. La sua
Renault Clio è stata travolta dall’acqua e
ritrovata l’altro ieri a Canale Puntone,
trascinata a sei chilometri di distanza,
completamente ricoperta di fango. Sono stati i sommozzatori a ritrovare il
corpo e, ieri sera, la prefettura di Foggia
ha confermato che si trattava proprio di
lui, Antonio, quel ragazzo che a Carpino
era diventato un esempio da seguire per
l’attaccamento alla sua terra.
Studente, Antonio Facenna dopo le
superiori aveva deciso di dedicarsi all’allevamento e all’arte della lavorazione
del caciocavallo podolico, una prelibatezza da buongustai, perché si ricava dal
latte della vacca podolica, razza proveniente dalla regione ucraina della Podolia. Antonio, per questa sua passione e
per la determinazione di continuare a
tener viva la tradizione di famiglia fino
dai suoi bisnonni, si è anche meritato
un documentario del Carpino Folk Festival, una manifestazione legata a uno
dei più grandi autori di musica popolare, Matteo Salvatore, per il quale Italo
Calvino disse: «Le parole di Matteo Salvatore noi le dobbiamo ancora inventare». Antonio non componeva musica né
scriveva canzoni, ma la sua era lo stesso
poesia. A rivederlo in quel documentario, la gente si commuove per la leggerezza e la convinzione con cui parla di
latte, pascoli, formaggi, mucche e lavoro non come condanna, ma come strada
per realizzare se stessi ed essere in qualche modo anche felici.
Non è stato però facile per lui coltivare questa passione e presentarsi al prossimo con queste credenziali. Diceva, per
una forma di pudore, di frequentare
l’università fuori e di tornare in azienda
a lavorare solo durante le vacanze o i periodi in cui gli impegni di studio glielo
consentivano. Non voleva che la gente
lo burlasse o lo considerasse «non riuscito». Sapeva bene che ancora oggi un
ragazzo che si sporca le mani con il la-
virebbe per segnare una svolta?
«Le competenze sono frammentate, credo che sarebbe utile
riorganizzarle. Nemmeno la
Commissione Grandi Rischi,
della quale faccio parte, riesce a
occuparsi del problema come
vorrebbe», continua Guzzetti.
La scheda
voro agricolo non è esattamente un ragazzo ambìto e davvero rispettato come
tutti gli altri. Colpa dell’ignoranza e dei
pregiudizi che ancora resistono e che
adesso tutti cercano di negare, come se
non ricordassero quanta fatica ci sia voluta a convincere Antonio a prender
parte a quel documentario che celebra
la sua scelta e la offre come esempio di
una emigrazione rifiutata. Anche dicendo la piccola bugia dello «studente fuori
sede». Ora si strappano tutti i capelli, e
forse è per questo che qualcuno ha tolto
quel video da YouTube.
La manutenzione
Il ricercatore del Cnr Guzzetti:
«Bisognerebbe investire in
piccoli progetti di manutenzione
invece che in grandi opere»
I precedenti
sognerebbe fare? «Innanzitutto
investire sui piccoli progetti di
manutenzione anziché sulle
grandi opere». In passato c’erano i cantonieri che pulivano le
cunette delle strade e ora non ci
sono più, ricorda per esempio
Guzzetti. È vero che la superficie
povero Vincenzo «disperso» e
che in tutto questo disastro, se
lo rintracciassero, forse non
avrebbero nemmeno un punto
sicuro sul quale atterrare. Mentre per l’altra vittima, Antonio
Facenna, son dovuti intervenire
i Vigili del fuoco e i sommozzatori, che lo hanno ritrovato dopo un giorno di ricerche.
Le condizioni del tempo sono
leggermente migliorate e le previsioni lasciano ben sperare, ma
il sindaco di San Marco in Lamis, Angelo Cera, confessa di
aver avuto paura, tanta paura.
«Non ho vergogna a dirlo —
ammette —. A un certo punto
non sapevo cosa fare, temevo
per la vita delle persone. Ho anche usato le sirene e gli altoparlanti, ma vedevo scendere tanto
fango. Una cosa impressionante».
Ma anche questa volta, il Gargano ha resistito.
5 maggio 1998
Due milioni di metri cubi di fango si riversano su Sarno (Salerno) causando
137 morti (150 con quelli di Quindici)
1° ottobre 2009
Le colate di fango travolgono diverse case e auto tra Giampilieri Superiore e Scaletta Zanclea: 37 morti
25 ottobre 2011
Le piogge fanno esondare i fiumi
Vara, Magra e Taro tra Liguria
e Toscana. Le vittime sono 12
18 novembre 2013
Gli effetti del ciclone Cleopatra (440
millimetri d’acqua in poche ore)
causano 18 vittime in Sardegna
C. Vul.
(ha collaborato
Lucia Casamassima)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ma c’è anche un terzo fronte,
quello della ricerca. Il geomorfologo è uno degli scienziati che
lo scorso aprile ha scritto al presidente del Consiglio Matteo
Renzi per applaudire la decisione del governo di investire 1,5
miliardi di euro per la tutela e la
sicurezza del territorio, ma anche per chiedere che la comunità scientifica italiana possa fare
la sua parte. Probabilmente servirebbero investimenti ancora
maggiori per il dissesto idrogeologico ma questo è comunque
il più sostanzioso della storia
della Repubblica.
Gli scienziati vorrebbero che
l’1% della somma fosse investito
in studi di previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi.
«La comunità scientifica italiana, che un tempo era all’avanguardia per ciò che riguarda i rischi naturali, può e deve contribuire a cambiare il modo di gestire il problema idrogeologico
in questo Paese».
@annameldolesi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’alluvione
Un’eccezionale ondata
di maltempo si è
abbattuta nei giorni
scorsi sul Gargano. Tra i
paesi più colpiti
Peschici, Vieste, Rodi
Garganico, Vico del
Gargano, Carpino, San
Marco in Lamis e San
Giovanni Rotondo. La
situazione più difficile si
è registrata a Peschici
dove una bomba
d’acqua che non ha
precedenti
nella storia degli ultimi
80 anni tra le 4 e le 5
del mattino di ieri ha
fatto esondare
numerosi canali
allagando la piana,
travolgendo interi
campeggi e strutture
turistiche. I mille turisti
che si trovavano nei
campeggi sono stati
evacuati all’alba dai
soccorritori che hanno
evitato una tragedia
Le vittime
Un 24enne, Antonio
Facenna (foto sopra), è
stato trovato morto ieri
dopo tre giorni di
ricerche tra Carpino e il
lago di Varano. Il
70enne Vincenzo
Blenxs risulta disperso
a Peschici dopo essere
stato travolto con la sua
auto dalla piena di un
canalone. Oltre ai
campeggiatori evacuati
(40 sono ospitati in
strutture ricettive, gli
altri sono tornati a
casa), altre 40 persone
hanno dovuto
abbandonare le loro
case a San Marco in
Lamis e altre 15
famiglie a San Giovanni
Rotondo
12
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Esteri
New Delhi Il fuciliere di Marina ha avuto un’ischemia. Si complica la strategia della Farnesina
La vicenda
«Latorre rientri in Italia per curarsi»
Ricorso alla Corte suprema indiana
La mossa dei legali del marò. Obiettivo: a casa per recuperare
L’asimmetria piomba nel
caso dei marò. Non è detto
porti buon vento. L’altro ieri, i
legali dei due fucilieri di Marina trattenuti a Delhi, hanno
presentato un ricorso, che sarà
avanzato lunedì alla Corte suprema indiana, per far rientrare in Italia Massimiliano Latorre, colpito il 1° settembre da
un’ischemia (e in via di progressivo miglioramento, secondo fonti ufficiali). La ragione della richiesta sta nelle sue
condizioni di salute: non che
sia stato curato male nella capitale indiana; anzi, il ministro
Roberta Pinotti ha assicurato
che l’intervento dei medici è
stato ottimo e tempestivo;
piuttosto, perché il recupero
da un’ischemia consiglia un
ambiente disteso, non stressante, diverso dalle condizioni
di semidetenzione — nell’ambasciata italiana ma con il divieto di lasciare Delhi — in cui
si troverebbe Latorre una volta
dimesso dall’ospedale (forse
già oggi).
La richiesta sarà avanzata a
nome del fuciliere, non dello
Stato italiano che non ha titolo
per farlo. Si tratta però di un
passaggio che rende ancora
più complessa la situazione diplomatica e giudiziaria. Da una
parte, ovviamente, è sperabile
che la Corte suprema accetti il
ricorso e consenta a Latorre di
recuperare forze e tempra a casa propria. In quel caso, però,
per il governo italiano si aprirebbe la questione dell’affidavit. L’Alta corte indiana, infatti,
se decidesse di accettare la richiesta del marò vorrebbe garanzie, con ogni probabilità
l’assicurazione (confermata
dalle autorità italiane) che dopo un certo periodo di tempo
(si possono immaginare tre
mesi) egli torni in India. A quel
punto, il governo italiano rischierebbe due inferni.
Da una parte, ci sarebbero
pressioni interne fortissime
per trattenerlo definitivamente in Italia. Dall’altra, si aprirebbe la questione del rapporto con l’India, rispetto alla
quale non solo la regola diplomatica vuole che un impegno
preso sia rispettato ma la quale
tratterrebbe sul suo territorio
l’altro marò, Salvatore Girone:
l’India è una democrazia e non
lo tratterebbe da ostaggio; ma
difficilmente userebbe i guanti
Clima cambiato
Funzionari del governo
di Delhi sarebbero
andati a trovare
il militare in ospedale
La speranza
I riflessi della detenzione
sulla salute dei marò
potrebbero indurre
Modi a sbloccare il caso
Replica dello show su Rai 1
Proteste per il concerto filorusso di Al Bano
Polemiche per il concerto di Al Bano e
Romina Power a Mosca trasmesso (in
replica) venerdì sera su Rai Uno. «In
Ucraina è in corso un drammatico conflitto
e, nel giorno del delicato vertice della Nato
in Galles, la Rai manda in onda in prima
serata nella rete ammiraglia un vecchio
concerto reunion con Al Bano e Romina
Power, che risale a un anno fa e si è tenuto
proprio a Mosca. Un concerto filorusso,
concluso dal grido “Viva la Russia!” di Al
Bano» hanno tuonato ieri i deputati del Pd
membri della commissione di Vigilanza Rai
Michele Anzaldi, Lorenza Bonaccorsi e Gero
Grassi. «È opportuno che i vertici Rai
spieghino chi ha preso una decisione del
genere» è stata la richiesta dei parlamentari.
«Viene da domandarsi se ci sia qualcuno
che verifica i palinsesti della Rai»
polemizzano i deputati Pd.
bianchi. Certo, in tre mesi si
può sperare che l’intera vicenda finisca. Ma l’esperienza fa
dire che non è affatto detto.
Insomma, un’ulteriore complicazione. Va però notato che,
sul piano della dinamica introdotta dal malore di Latorre,
l’intero caso sembra riprendere importanza anche in India e
accelerare: alcuni funzionari
del governo di Delhi sarebbero
stati in ospedale a salutare il
marò, un segno di attenzione
non scontato. La nuova dimensione presa dalla vicenda,
cioè i riflessi sulla salute dei
due militari — in India da più
di due anni e mezzo — potrebbe inoltre spingere il primo
ministro Narendra Modi a
rompere gli indugi e a spingere per una soluzione del caso
in tempi ragionevoli, non fosse altro che per togliersi una
distrazione e un potenziale
imbarazzo internazionale.
Dalla risposta che darà la Corte
suprema alla richiesta che sarà
formalizzata lunedì si potrà
forse capire se il clima è in
qualche misura cambiato. La
decisione dei giudici, tra l’altro, difficilmente ci sarà subito: a Delhi qualcuno ipotizza
Ricovero
Il 1° settembre il fuciliere di
Marina Massimiliano Latorre
(foto) viene ricoverato in
ospedale a New Delhi per
un attacco ischemico. Il
ministro della Difesa Pinotti
vola in India per accertarsi
delle sue condizioni
Possibili dimissioni
Le sue condizioni sono
definite «in continuo
miglioramento»: i medici
potrebbero dimetterlo oggi
Domani l’udienza
I legali del marò domani
presenteranno alla Corte
suprema dell’India la
richiesta di rimpatrio per
poter continuare le terapie
riabilitative in Italia
che prima di esprimersi la Corte voglia sentire, in via informale, l’orientamento delle autorità politiche.
Si avvicinano, insomma,
giornate importanti: fondamentale che Roma non tolga lo
sguardo dall’obiettivo. Le novità di questa settimana, infatti, hanno in parte cambiato i
termini della situazione dei
due marò e il ritorno in Italia di
Latorre potrebbe cambiarli ulteriormente. L’ipotesi di avanzare un ricorso a un arbitrato
internazionale e di chiedere
d’urgenza lo spostamento dei
due militari in un Paese terzo
in attesa del processo è una
carta che potrebbe dovere essere giocata d’urgenza. Se la
Corte suprema respingesse la
richiesta di Latorre ci sarebbe
un’argomentazione in più per
avanzarla. Ma se anche venisse
accettata, i motivi per chiedere
a un giudice internazionale
che anche a Girone venga concesso di lasciare l’India rimarrebbero in essere, rafforzati
anzi dall’implicita ammissione
della Corte suprema dello
stress che comporta tenere in
semicattività e nell’incertezza
quotidiana una persona. Argomenti per il governo di Roma,
per il team legale italiano guidato a Sir Daniel Bethlehem
ma anche per Delhi, la quale rischia di passare in breve da
una posizione di forza a una
difficilmente difendibile.
Danilo Taino
@danilotaino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Esteri 13
italia: 51575551575557
#
I leader
Prima dei nuovi
scontri telefonata
tra i presidenti
Poroshenko
e Putin che
ostentavano
sicurezza sulla
tenuta del
cessate il fuoco
Italia-Germania
Cambio
a Berlino,
arriva
Benassi
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
Il fucile e il gatto
Un gattino attraversa la strada
vicino a un check
point sorvegliato
da miliziani filo
russi alla periferia
di Donetsk, in
Ucraina (Reuters)
Ucraina, tregua già in bilico
Cannonate su Mariupol
1
Mosca arresta «spia» estone
Le tappe
Il cessate il fuoco
tra Kiev e Donetsk
Il Cremlino: se ci saranno sanzioni Ue, reagiremo
MOSCA — Le cannonate
che, nella serata di ieri, hanno
colpito Mariupol, città controllata dai governativi, sembrano
già mettere a rischio la fragile
tregua in Ucraina. Un posto di
controllo dell’esercito di Kiev è
andato in fiamme. In precedenza c’erano stati altri sporadici incidenti nelle regioni di
Donetsk e Luhansk. Prima dei
nuovi scontri i due presidenti
Vladimir Putin e Petro Poroshenko si erano sentiti al telefono ostentando ottimismo
sulla tenuta del cessate il fuoco.
Ora occorre accelerare al massimo le procedure per attuare
gli altri punti dell’accordo raggiunto in Bielorussia. I due leader hanno così chiesto il coinvolgimento immediato dell’Osce, l’Organizzazione per la
sicurezza e la cooperazione in
Europa che avrà il compito di
monitorare il cessate il fuoco e
favorire l’arrivo degli aiuti
umanitari. In serata la Croce
Rossa ha fatto sapere di non essere riuscita a portare a termine
la missione prevista a Luhansk,
una delle due città sotto assedio da settimane, proprio perché qualcuno ha ricominciato a
sparare.
Le parti si accusano reciprocamente, ma la verità è che
nessuno è in grado di controllare completamente i suoi. Non
la Russia che deve fare i conti
con leader indipendentisti i
quali continuano a insistere su
una richiesta di totale indipendenza del Donbass. Non il presidente Poroshenko perché
dalla sua parte oltre all’esercito
regolare combattono milizie e
forze paramilitari assai partico-
lari. Basti pensare a quei gruppi
di estrema destra che vanno in
giro con la svastica sull’elmetto
e che rispondono solo ai loro
leader.
Ieri sera i ribelli dovevano
iniziare a liberare i circa duecento prigionieri di guerra che
detengono. Domani sarà l’esercito a lasciare andare gli uomini che ha in custodia e che continua a definire «banditi». Poi
occorrerà creare dei veri corridoi umanitari per l’arrivo di generi alimentari e per il passag-
Gli osservatori
I leader di Mosca
e Kiev chiedono
il coinvolgimento
immediato dell’Osce
gio dei civili.
Ma la parte più difficile sarà
la definizione del futuro status
del sudest ucraino. Poroshenko
continua a parlare vagamente
di una qualche forma di sostanziale autonomia. La Russia
chiede invece che si arrivi a un
vero e proprio Stato federale e
alla neutralità del Paese, né con
la Nato né con Mosca.
Ma a Kiev Poroshenko ha il
problema dei falchi della sua
eterogenea coalizione, a cominciare dal primo ministro
Arsenij Yatsenyuk che gioca in
proprio. Il presidente ha sciolto
il Parlamento sperando di vincere le prossime elezioni, ma
tutto dipenderà da due fattori
fondamentali:la pace e la situazione economica. Poroshenko
non può cedere troppo alle richieste di Putin, anche se que-
Il 5 settembre viene
siglato un accordo a
Minsk, in Bielorussia,
per il cessate il fuoco tra
l'Ucraina e i separatisti
filorussi di Donetsk.
Una tregua durante
il vertice Nato
I quattordici punti
del patto siglato
2
L’accordo sul cessate
il fuoco è composto da
quattordici punti. Che
comprendono, tra gli
altri, apertura di corridoi
umanitari, scambio di
prigionieri, no all’uso di
aerei contro civili e città
L’incognita dei falchi
per i due schieramenti
3
La tregua tiene. Ma sia
Kiev che i separatisti
faticano a controllare i
falchi. Poroshenko
guarda avanti, alle
elezioni per rinsaldare il
suo potere. Mosca prova
a tenere a freno i filorussi
sti ha il coltello dalla parte del
manico grazie ai successi degli
indipendentisti che «non» sono stati aiutati da truppe russe
che «non» sono in territorio
ucraino.
Con le elezioni alle porte, sarà anche difficile per il presidente ucraino proseguire con
le riforme economiche che
stanno rendendo la vita sempre più difficile ai suoi cittadini. I conti sono catastrofici, ma
in nessun Paese un governo
può pensare di varare misure
di grande austerità e due mesi
dopo vincere le elezioni.
Intanto il clima tra Russia e
Unione Europea che potrebbe
attuare nuove sanzioni in qualsiasi momento (ma il Cremlino
minaccia altre contromisure),
è sempre teso. Ieri i russi hanno
arrestato un ufficiale dei servizi
segreti estoni che, secondo loro, ha varcato il confine armato, con 5 mila euro e apparecchiature ricetrasmittenti. Gli
estoni hanno accusato Mosca
di aver rapito il loro uomo in
Estonia mentre era impegnato
in una operazione anti-contrabbando. Poi hanno abbassato i toni, dicendo che si è trattato di un «singolo incidente, al
quale si sta lavorando».
BERLINO — Cambio della
guardia nello storico
palazzo di
Tiergartenstrasse. Pietro
Benassi è stato nominato
dal Consiglio dei ministri
nuovo ambasciatore
italiano in Germania.
Succederà ad Elio
Menzione, che ha lasciato
l’incarico per raggiunti
limiti di età. Romano, 56
anni, Benassi torna così a
Berlino dove è stato dal
2002 al 2005 consigliere
d’ambasciata, responsabile
dell’ufficio politico. Nel
corso della sua carriera ha
prestato servizio a Varsavia,
alla rappresentanza
permanente presso
l’Unione Eropea a
Bruxelles, e a Tunisi, dove
ha diretto la nostra
rappresentanza
diplomatica. Alla Farnesina
è stato ultimamente capo
di gabinetto del ministro
degli Esteri del governo
Letta, Emma Bonino. Il
nuovo ambasciatore ha di
fonte a sé un compito
molto impegnativo. In una
Germania sempre più
protagonista della
dialettica europea, dovrà
fare sentire con forza la
voce di un’Italia che cambia
e che vuole cambiare. Potrà
avvalersi, però, dei risultati
del lavoro compiuto dal
suo predecessore. Nei due
anni trascorsi a Berlino,
Menzione ha dato un
impulso ai rapporti
bilaterali e all’immagine
del nostro Paese, in uno
scenario in movimento,
oggi caratterizzato anche
dal buon feeling personale
che si è creato tra Angela
Merkel e Matteo Renzi.
Fino alla presentazione
delle credenziali al
presidente Joachim Gauck
nello Schloss Bellevue, il
«Quirinale tedesco»,
l’ambasciata italiana a
Berlino sarà guidata
dall’incaricato d’affari, il
ministro plenipotenziario
Giovanni Pugliese.
Fabrizio Dragosei
Drag6
P.L.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Alla festa dell’Unità Sull’Isis: «Quello non è l’islam. Non c’è nessuna guerra di religione». E su Frontex Plus: «Ora una gestione comune»
Mogherini: un conflitto in Europa non è impossibile
La ministra, scelta come Lady Pesc:
«Paura per l’esame a Strasburgo?
Sono sopravvissuta al Parlamento...»
DAL NOSTRO INVIATO
BOLOGNA — Il mazzo di fiori e
poi l’applauso del tendone centrale
della Festa nazionale dell’Unità, mai
così pieno nei giorni precedenti.
Quasi una festa in famiglia — la kermesse bolognese del Pd — per Federica Mogherini, 41 anni, futura
lady Pesc e ministro degli Esteri ancora per poco: «Mi fa una strana impressione essere adesso qui, dove
sono stata per 20 anni…». Dura poco però. Si parla di guerra, di minacce ai confini dell’Europa, di orrori e
di risposte spesso tardive. Lei non si
sottrae e il primo messaggio che
manda conferma l’allarme che circola tra le capitali del Vecchio continente: «Chi ha avuto paura in questi
giorni che si potesse ritornare indietro nella storia, ha avuto ragione.
Non è impossibile che scoppino
conflitti anche sul territorio europeo, di questo dobbiamo essere tutti consapevoli». Venti di guerra incrociati, «non solo il caso dell’Ucraina sul quale ovviamente si concentra la nostra attenzione», ma focolai
alle frontiere che «insidiano i nostri
valori e la nostra sicurezza». Platea
silenziosa, quasi gelata. Eppure la
titolare della Farnesina qualche notizia rassicurante l’ha in serbo e riguarda proprio il contenzioso tra
Ucraina e Russia: «Qualcosa di nuovo negli ultimi due giorni è avvenuto: abbiamo un primo concreto segnale di pace. Finora non c’era mai
stata una firma e non c’erano mai
state tante ore di tregua rispettata».
Una condizione fondamentale, ha
aggiunto, «per sviluppare i punti
concordati»: dal ritiro del personale
Crisi a Est
❜❜
Tra le pentole Mogherini alla Festa nazionale dell’Unità
russo, al blocco dell’invio delle armi, al controllo delle frontiere, fino
ad arrivare ad elezioni locali. Parlare
di pace, certo, «è ancora presto», ma
«il lavoro comune sta dando i primi
frutti».
Non è serata da battute. Solo per
un attimo, la futura Alta rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri
Gli sforzi
Sulla crisi
ucraina è
ancora presto
per parlare
di pace
ma lo sforzo
comune
sta iniziando
a dare frutti
e la politica di sicurezza, si concede
una pausa. È quando, incalzata dalle
domande di Antonella Rampino, inviata de La Stampa, si sofferma sull’esame (ma lei preferisce parlare di
«confronto») che dovrà affrontare
davanti alle commissioni del Parlamento europeo prima di prendere
possesso della nuova carica. «C’è
chi mi ha detto — afferma ridendo
— che, se sono sopravvissuta al
Parlamento italiano, a Strasburgo
sarà una passeggiata…». Patrizia
Toia, europarlamentare pd, la rassicura («Le prime uscite di Federica
sono state apprezzate»), ma come
insegna il passato (vedi il caso di
Rocco Buttiglione, bocciato nell’ottobre 2004 per alcune dichiarazioni
sui gay), resta comunque un passaggio da prendere con le molle. Ma
è un attimo. Si torna alla guerra, anzi, all’orrore innescato dalle decapitazioni dell’Isis. Qui la Mogherini
alza i toni: «Quello non è islam.
Contro di loro non c’è alcuna guerra
di religione e non è neanche il terzo
tempo della guerra in Iraq: è la risposta al disperato appello di arabi e
musulmani, oltre che cristiani, yazidi e altre minoranze, contro un’organizzazione crudele e terroristica».
Possono avere tante facce le guerre. Quella dell’immigrazione, con
l’Italia in prima fila e l’Europa spesso distratta, sta battendo ogni frontiera quanto a numero di vittime. La
missione «Frontex Plus» è vista con
speranza dalla futura lady Pesc, a
una condizione: «Finora si è usata la
parola “solidarietà” nei confronti
del nostro Paese, che si è sobbarcato
il peso maggiore: ora però deve passare il messaggio di una gestione responsabile comune del problema:
se l’Europa non fa questo, perderà
l’anima». Sarà un lavoro lungo che
dovrà agire «sulle cause dei flussi»,
ma soprattutto far leva sulla Libia:
«I libici devono scegliere se continuare sul piano militare o spostare i
loro conflitti sul piano politico e
parlamentare: se faranno così, l’Europa li sosterrà». Infine la tormentata vicenda dei marò. La richiesta
dei legali di far rientrare in Italia
Massimiliano Latorre dopo il malore che lo ha colpito nei giorni scorsi
«è pienamente sostenuta dal governo e speriamo sia ascoltata dalla
Corte suprema indiana». Il militare
«è stato curato eccellentemente in
India, ma ha bisogno di riposo e
della famiglia…». Braccio di ferro
infinito.
Francesco Alberti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
14 Esteri
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
La testimonianza
Prigioniera per 20 giorni. «Gli uomini ci guardavano da dietro, non potevamo coprirci. Una ginecologa ci ha visitate»
Il sogno multiculturale
LA DEBOLEZZA
DELLE REGOLE
SEGUE DALLA PRIMA
DAL NOSTRO INVIATO
DOHUQ (Iraq settentrionale) —
«Gli uomini arrivano a ogni ora,
notte e giorno. Talvolta soli, oppure
in due o tre. Ogni volta i nostri
guardiani ordinano a tutte le ragazze di scendere nella sala a piano terra. È un locale molto ampio, lussuoso, con poltrone, tappeti e tante
lampade. Alcuni uomini impiegano
poco tempo a scegliere. Meno di
cinque minuti. Altri anche due ore.
Stanno nella sala, chiacchierano,
ogni tanto tornano a guardarci. Noi
restiamo sedute in attesa. Quasi
tutti ci prendono per la testa, ci costringono a guardarli negli occhi,
vogliono che sciogliamo i capelli.
Poi ci fanno girare per guardare anche da dietro. Non possiamo coprirci. I nostri carcerieri ci hanno
preso gli scialli e i veli perché qualcuna ha provato a usarli per impiccarsi. Quando scelgono una donna
la prendono per la mano. Quasi tutte gridano, implorano di restare, di
essere uccise piuttosto. Non c’è
troppa violenza, due guardiani
spintonano quelle che resistono di
più, le scortano alla porta. Loro
piangono, quasi sempre piangono… Poi è finita. Tutte quelle che
sono state prese non sono più tornate. Dicono che alcune sono state
portate in Siria, date in spose ai
guerriglieri. Ma io non so. So solo
che non sono tutti guerriglieri
quelli che vengono a prenderci. Alcuni ci vogliono come seconde o
terze mogli. Ci sono uomini vecchi,
con i denti gialli. Mi fanno schifo.
Ho visto uomini di oltre sessant’anni prendere ragazze di diciassette.
Non so quanto pagano, non so neppure se pagano. Io penso che ci
comprino, perché me lo hanno detto qui a Dohuq, dopo che sono
scappata. Ma quando ero prigioniera non sapevo che ci vendessero.
L’unica cosa che ci dicevano tutto il
tempo era che dovevamo convertirci all’Islam. Che era una cosa giusta,
naturale. Se lo avessimo fatto spontaneamente, tutto sarebbe stato più
facile per noi. Saremmo diventate
spose di arabi musulmani e state
benissimo».
Così parla Amira, 17 anni, del
clan yazidi dei Mahlo, originaria del
villaggio di Qatania e per 20 giorni
ridotta alla condizione di schiava
dello Stato Islamico in Iraq. La chiamiamo Amira perché dice che il suo
nome comincia per A, ma quello vero non lo rivela. Rifiuta di essere fotografata. «Ho paura per le oltre 50
donne delle nostre famiglie rimaste
con i persecutori. Devono essere furiosi per la mia fuga, se ora scoprono che parlo ai giornalisti potrebbero prendersela con loro». La sua è
una testimonianza diretta sul Califfato. Una delle tante sugli orrori che
si stanno consumando contro i non
sunniti per mano dei jihadisti. Ieri i
media curdi segnalavano un centinaio di bambini (sembra 45 yazidi e
una cinquantina sciiti) tenuti in
ostaggio a Mosul nell’orfanotrofio
di Dar al-Baraim. Alcuni sarebbero
stati presi nella cittadina di Tal Afar
in giugno, altri da quella di Shingal
ai primi di agosto. Amira conferma
La comunità Una ragazzina yazida in coda in un villaggio vicino al fiume Tigri, aspetta di ricevere aiuti. La sua comunità è stata duramente colpita dall’Isis
Amira, schiava a 17 anni
«Ti sciolgono i capelli,
poi pagano ed è finita»
Parla una ragazza yazida sfuggita all’Isis
In ostaggio a Mosul anche 100 bambini
la presenza dei bambini-ostaggio.
«Ho visto che nel commissariato di
Tal Afar e poi a Mosul venivano selezionati e portati via i bambini.
Tutti quelli sopra ai sette anni venivano separati dalle madri», spiega.
L’abbiamo intervistata per tre ore
due giorni fa nella scuola superiore
«Braiati» (Fratellanza) nel centro di
Dohuq trasformata temporanea-
mente in centro di raccolta per le
centinaia di migliaia di yazidi fuggiti nelle regioni curde. È stato possibile raggiungerla grazie all’aiuto
del cugino Dakhill Mahlo, il 24enne
che avevamo incontrato per caso tra
i profughi scappati dalla montagna
di Sinjar ormai oltre tre settimane fa
e che aveva raccontato disperato
della giovane moglie Bushra presa
la notte tra il tre e quattro agosto
con 106 altri familiari. Tra loro c’era
anche Amira. Il suo racconto inizia
dunque dove finisce quello di
Dakhill. «Ci hanno caricati sulle auto e portati al villaggio di Sibae. Ci
hanno derubato di tutto. Continuavano a gridare che dovevamo convertirci. Gli uomini sono stati separati subito, oltre quaranta. Penso li
Il caso
In una città tedesca arriva la ronda islamica
Il governo: niente sharia sul nostro territorio
Manifesto A Wuppertal
BERLINO — Ronde islamiche in Germania. Per far «rispettare» la sharia. A
Wuppertal, città del Nordreno-Westfalia, nei giorni scorsi, sono stati
individuati dalle forze dell’ordine presunti «agenti» che indossavano casacche
arancioni con la scritta «polizia della sharia», che pattugliavano le strade del
centro. «La sharia non sarà tollerata sul suolo tedesco» ha assicurato il ministro
degli Interni Thomas De Maizière. Stessa posizione espressa dal collega alla
Giustizia, Heiko Maas: «Solo lo Stato ha la responsabilità dell’affermazione del
diritto e della legge. E con questo è chiaro che nessuna giustizia parallela
illegale verrà tollerata». Presa di distanza anche dal Consiglio centrale degli
islamici: «Questi bulli non parlano nel nostro nome — ha commentato il
presidente Mazyeck — questa gente danneggia enormemente i musulmani».
abbiano uccisi poco dopo attorno al
villaggio. Noi donne siamo state
portate alla cittadina di Sinjar e
chiuse nella stazione di polizia. Qui
c’erano tantissime altre donne, forse 800 ed è avvenuta una prima selezione. Soprattutto separavano le
vergini dalle sposate, solo i bambini
molto piccoli potevano stare con le
mamme». Dopo 24 ore è spostata
per due giorni a Tal Afar. Quindi sta
quattro o cinque giorni a Badush, la
prigione di Mosul. «Nel carcere eravamo forse 1.500. Nella mia cella ne
ho contate sino a 150. È stato allora
che alcune sono state portate via
una per una. Ma la nostra condizione di schiave da vendere è diventata
evidente nella casa lussuosa a Mosul. Ci sono stata per almeno una
settimana. Le nostre guardie sembravano un gruppo speciale: tutti
turcomanni sunniti iracheni. Non
ho visto stranieri. Hanno portato
una dottoressa a visitarci. È stata
l’unica donna che ho visto con loro.
Ha effettuato un controllo ginecologico, più accurato alle incinte e le
sposate». Lei è stata violentata?
Amira nega. Ma se pure fosse avvenuto, non lo ammetterebbe mai. Infine la fuga verso le linee dei curdi
siriani. «È stato il 24 agosto. Con altre due donne ci avevano portato al
villaggio di Rabiah, a pochi chilometri dal confine. C’è stato un bombardamento. Il caos, scoppi, paura.
Le nostre guardie dicevano che erano i caccia americani. Nel panico
non hanno chiuso la porta del capannone dove stavamo. Così siamo
scappate verso il deserto. Abbiamo
incontrato un pastore, che ci ha accompagnato dai curdi. Gli dobbiamo la vita».
Lorenzo Cremonesi
Il caso limite che indica dove possa
portare una prassi del genere è quello
della Gran Bretagna, dove alle
comunità islamiche è stata
riconosciuta senza troppi problemi la
cittadinanza, ma insieme,
paradossalmente, anche la facoltà di
auto amministrarsi dando loro la
possibilità di applicare al proprio
interno addirittura le regole della
sharia. Con la conseguenza, per
esempio, di cui si è saputo di recente,
di autorità di polizia spinte a chiudere
gli occhi su una catena di crimini
gravissimi (pedofilia, stupri,
avviamento alla prostituzione, traffico
di esseri umani), verificatisi all’interno
di una di queste comunità, per il
timore che perseguirli avrebbe
significato tirarsi addosso l’accusa di
etnocentrismo, di pregiudizio
culturale, magari di islamofobia o
chissà cos’altro. Come meravigliarsi
allora se proprio dalla Gran Bretagna
proviene il maggior numero di
persone con passaporto europeo —
non necessariamente di origine
islamica, ci sono anche dei convertiti
— accorse ad arruolarsi nelle schiere
del Califfato di Al Baghdadi? Ma la
Gran Bretagna è solo la parte di un
tutto. La Gran Bretagna siamo noi con
le nostre società. Società che ormai
credono illegittimo in qualunque
ambito non dico imporre, ma neppure
suggerire, criteri di comportamento
sulla base di ciò che è bene e ciò che è
male, e al massimo affidano questo
compito solo al codice penale
(seppure…); che svalutano
sistematicamente qualunque cosa sia
considerata parte di una tradizione
(dalla fede religiosa all’eredità
culturale); che sembrano sempre più
convinte che neppure più la natura
costituisca un limite per checchessia.
Ebbene, i combattenti europei sotto le
bandiere dello Stato Islamico, in specie
quelli che arrivano dalle nostre società,
ci mandano a dire che, declinati a
questo modo, i valori di libertà e di
tolleranza che noi ci ostiniamo a
credere così attraenti e desiderabili da
tutti — anche da chi approda tra noi
provenendo dai più lontani altrove — a
una parte del mondo e alle sue culture,
invece, non piacciono per nulla. Anzi,
non pochi di coloro che ne fanno parte
li considerano quanto di più ostile
possa esistere al loro più intimo modo
di essere, quanto di più contrario al
modo in cui essi concepiscono una
collettività umana: fino al punto di
impugnare un coltello per sgozzare chi
in qualche modo rappresenta quei
valori che sono i nostri.
Non è allora venuto il momento di
chiederci in quanti altri casi la nostra
libertà produca in realtà solo odio e
disprezzo? Di domandarci una buona
volta perché ciò accade, se per
avventura non ci sia qualcosa nel
progetto multiculturale che non
funziona? Non è per nulla detto, infatti,
che le culture siano nate per
intendersi. Forse, anzi, è tragicamente
vero il contrario; così come
sicuramente è vero che a cambiare le
cose non bastano né i sogni né tanto
meno i buoni sentimenti.
Ernesto Galli della Loggia
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Jihad in Europa Mehdi Nemmouche aprì il fuoco e uccise 4 persone al Museo Ebraico. «Quando non ci picchiava, cantava. Voleva finire in prima pagina»
«L’attentatore di Bruxelles mi ha torturato in Siria»
Un giornalista francese liberato
riconosce uno dei suoi aguzzini
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — Il jihadista francese che
il 24 maggio ha ucciso quattro persone al Museo ebraico di Bruxelles,
Mehdi Nemmouche, 29 anni, che
aveva combattuto in Siria ed è stato
arrestato in Francia dopo la strage, è
stato uno dei carcerieri di alcuni
ostaggi occidentali detenuti dall’Isis.
La notizia è stata pubblicata ieri da Le
Monde, rompendo l’embargo chiesto
dai servizi segreti francesi che avevano pregato i media di tacere per non
compromettere le indagini in corso e
la vita di altri prigionieri.
Dopo la rivelazione del giornale,
sono arrivate le conferme degli ex
ostaggi. Tra loro il giornalista di Le
Point Nicolas Hénin, che ieri sera ha
raccontato nei dettagli la prigionia e
le torture subite da Nemmouche da
giugno a dicembre 2013. «Si guarda
le mani, fa scrocchiare le dita come
fanno i pugili e si aggiusta i guanti. Li
vedi questi guanti da moto? Li ho
comprati per colpirti. Solo per te. Ti
piacciono?», racconta Hénin del primo incontro con il suo torturatore.
«Quando Nemmouche non cantava,
torturava. Faceva parte di un piccolo
gruppo di francesi che terrorizzavano
la cinquantina di prigionieri siriani
detenuti nelle celle vicino alla nostra.
Ogni sera, i colpi cominciavano a piovere nella sala dove io stesso ero stato
interrogato. La tortura durava tutta la
notte, fino alle preghiere del mattino.
Il terrorista Mehdi Nemmouche
Alle urla dei prigionieri rispondevano talvolta delle grida in francese».
Hénin, che ha riconosciuto subito
il terrorista quando sono state diffuse
le prime immagini dell’attentato al
museo ebraico, traccia il ritratto di un
megalomane, un uomo mosso da un
enorme ego e dalla voglia di celebrità.
«Tutto quel che Nemmouche voleva
era un bel processo. Finire in prima
pagina, come è capitato a Mohammed Merah (l’autore dei massacri di
Tolosa), che Nemmouche citava
spesso come esempio».
L’uomo, che potrebbe avere sorvegliato anche l’americano James Foley
decapitato il 20 agosto, era uno dei
circa 900 jihadisti con passaporto
francese che combattono nelle file
dell’Isis in Siria, e che secondo gli allarmi del ministero dell’Interno potrebbero tornare in Europa per compiere attentati (come ha fatto Nemmouche a Bruxelles).
Un altro ex ostaggio, Didier
François, ha protestato ieri contro la
decisione di Le Monde di pubblicare
la notizia: «Una scelta irresponsabile
che mette in pericolo gli altri occidentali ancora detenuti».
S. Mon.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Esteri 15
italia: 51575551575557
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La strage di Chevaline Ma una chiave potrebbe esserci: cosa ricorderanno le bambine di 6 e 9 anni?
Alta Savoia, 200 agenti e due anni dopo
Per i francesi (forse) il delitto perfetto
Quattro piste, sforzi enormi, nessun risultato: la resa del pm
Massacro nella foresta
nel settembre 2012
Il 5 settembre 2012 a
Chevaline, Alta Savoia,
vengono uccisi con vari
proiettili alla testa il
britannico di origine
irachena Saad Al-Hilli, la
moglie Iqbal e la suocera,
su una Bmw
Salve le due bambine
della coppia di turisti
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — Massacro di Chevaline, due anni dopo. Centinaia di agenti al lavoro in Francia e
in Gran Bretagna, ogni pista valutata e seguita, tre persone arrestate nel corso delle lunghe
indagini ma subito rilasciate, e
un procuratore, Eric Maillaud, a
capo dell’inchiesta, che ormai
cede allo sconforto: «Abbiamo
raccolto una quantità gigantesca di indizi su automobili, munizioni, documenti, testimonianze, e ancora non è possibile
formulare un’ipotesi più forte
delle altre. In questi due anni
ogni novità ha finito per complicare il mistero, invece di farci
capire qualcosa di più. Ci vorrebbe una svolta vera, un colpo
di fortuna, un testimone o una
prova decisiva saltata fuori all’improvviso. Altrimenti dovremo rassegnarci, forse è stato un
delitto perfetto».
La strage del 5 settembre
2012 sul lago di Annecy, in Alta
Savoia, è uno dei fatti di cronaca
più spaventosi degli ultimi anni.
Intorno alle 15 di quel giorno, un pensionato inglese (ex
pilota della Raf) che stava facendo la sua passeggiata quotidiana in bicicletta nella foresta
ha visto questa scena: una bambina di sette anni, Zainab AlHilli, ferita alla testa, sanguinante, che traballa e poi crolla a
La vicenda
La figlia maggiore della
coppia di turisti angloiracheni, Zainab, 7 anni,
resta gravemente ferita.
Resta indenne la più
piccola, Zeena, che si
era nascosta sotto il
cadavere della madre
L’ipotesi del ciclista
come vero bersaglio
Il luogo del massacro La Bmw familiare crivellata di colpi a Chevaline il 5 settembre 2012 con a bordo una famiglia anglo-irachena
terra accanto a un’auto ferma,
con il motore acceso, una Bmw
familiare. Vicino alla bambina il
cadavere dell’uomo che poco
prima aveva superato il pensionato in mountain bike, ossia
Sylvain Mollier, 45 anni, abitante nella zona, ucciso con sette
colpi. Dentro l’auto, altri tre
corpi senza vita, con due pallottole in testa ciascuno: Saad AlHilli, il padre cinquantenne, ingegnere anglo-iracheno; sua
moglie Iqbal, 47 anni, dentista
Sondaggi
Scozia, secessionisti in testa
LONDRA — Gli indipendentisti scozzesi sono in testa ad
un sondaggio per la prima volta, in vista del referendum
che si terrà il prossimo 8 settembre. Lo riportano i
principali quotidiani britannici, precisando che la
rilevazione realizzata da YouGov per il Sunday Times
rivela che i «sì» per l’indipendenza di Edimburgo hanno
raggiunto il 51%.
Il contagio Il provvedimento scatterà dal 18 e fino al 21 settembre
Ebola in Sierra Leone
«Vietato uscire di casa»
per sei milioni di abitanti
«Per quattro giorni proibito uscire di casa»: è
l’ultima ordinanza del governo della Sierra Leone
per contrastare l’avanzata di Ebola. Dal 18 al 21
settembre circa 6,5 milioni di abitanti saranno
chiamati a restare nelle loro abitazioni. L’obiettivo? Frenare l’epidemia e permettere agli operatori
sanitari di individuare e isolare nuovi casi. Almeno 20 mila persone saranno impiegate nell’attività di polizia per far rispettare il blocco. Non è la
prima volta che il governo di Freetown ricorre a
misure del genere: due settimane fa c’era stata la
giornata «stay at home». Ventiquattro ore di autoisolamento non hanno ridotto il contagio. Come
le vicine Liberia e Guinea, la Sierra Leone sta com-
denziale anti-virus, dice che l’ulteriore «approccio aggressivo è necessario per fermare il contagio una volta per tutte». Ma una portavoce di Medici senza frontiere, l’ong più presente sul territorio (ha impiegato almeno 156 operatori sanitari
stranieri e oltre 1.700 locali nei tre Paesi dell’Africa Occidentale con 5 centri e 500 posti letto), ha
criticato il blocco stabilito dal governo di Freetown: «In base alla nostra esperienza queste misure non aiutano a controllare Ebola, poiché inducono le persone a nascondersi e a perdere fiducia negli operatori». A Monrovia, capitale della Liberia, la chiusura della baraccopoli di West Point
dove l’epidemia stava dilagando è stata poi sospesa dopo la sollevazione popolare
sfociata in violenze. «Quello di cui
la Sierra Leone e la Liberia hanno
urgentemente bisogno — sostiene
Msf — sono più posti letto in centri
di trattamento. E ne hanno bisogno adesso».
Ora i centri di trattamento per i
malati di Ebola in Sierra Leone (404
vittime confermate) sono due:
l’ospedale governativo di Kenema
e quello di Msf a Kailahun. Un centro alla periferia della capitale dovrebbe essere pronto nelle prossime settimane. Chi potrebbe fornire
«adesso» più posti letto, personale
Calcio Anche i tifosi della Costa d’Avorio «combattono» contro Ebola e attrezzature? L’Oms, braccio sanitario dell’Onu, stima che l’epidebattendo una battaglia disperata: nei tre Paesi più mia raggiungerà nei prossimi mesi i 20 mila casi
colpiti circa metà delle 2.105 vittime (1.841 con- (10 mila morti) ma sostiene di non avere mandafermate) secondo l’Organizzazione Mondiale del- to né forze (specie dopo i recenti tagli di bilancio)
la Sanità (Oms) sono morte nel giro degli ultimi per operare come struttura di pronto intervento
30 giorni. In mancanza di medici (65 per tutto il per grandi emergenze come questa. BisognerebPaese prima dell’ultima emergenza) si prova con be che i Grandi della Terra discutessero ogni tanto
le leggi e la polizia: il Parlamento ha già approvato anche della riforma dell’Oms. Intanto la Sierra Leuna disposizione che condanna a due anni di pri- one si comporta un po’ come fa il mondo nei suoi
gione i familiari che non «denunciano» un mala- confronti: chiusura delle frontiere, stop ai voli,
to o un sospetto a casa.
chiusura della gente nelle case. Ebola non sta sguCombattere la paura di Ebola con la paura e sciando in Occidente. Ma in Africa avanza ancora.
Michele Farina
l’isolamento. Città in quarantena, posti di blocco,
sospese le scuole e il campionato di calcio. Ben
@mikele_farina
Kargbo, consigliere speciale della squadra presi© RIPRODUZIONE RISERVATA
irachena con passaporto svedese; la madre di lei Suhaila alHallaf, 74 anni, venuta dalla
Svezia per passare le vacanze in
campeggio con la famiglia. Otto
ore dopo i gendarmi ritroveranno, pietrificata dalla paura ma
indenne, Zeena, quattro anni,
che è riuscita a salvarsi nascondendosi sotto il cadavere della
mamma nei sedili posteriori
dell’auto. In questi due anni gli
investigatori sono a mano a mano diminuiti, dai 200 iniziali si è
Nella strage resta ucciso
anche un ciclista che
passava di lì: Sylvain
Mollier. Due settimane
dopo, spunta l’ipotesi
che potesse essere lui,
separato e neopapà (con
una nuova compagnia) il
bersaglio principale
Il marito segreto
morto in America
A luglio è emerso che
nel giorno del massacro
è morto in Mississippi il
marito segreto di Iqbal.
Ma invano gli
investigatori francesi e
inglesi cercano da due
anni autore e movente
della strage
passati oggi a 40 che presto diventeranno 20 perché — come
è evidente dalle parole del procuratore — ci si affida ormai alla fortuna, più che ai progressi
dell’inchiesta.
L’ultimo colpo di scena risale
a luglio, quando si è scoperta
una coincidenza stupefacente:
quello stesso 5 settembre 2012,
poche ore dopo la strage in
Francia, a Natchez, Mississippi,
8.000 chilometri di distanza dal
lago di Annecy, è morto anche il
primo marito — segreto — di
Iqbal Al-Hilli, una delle quattro
vittime di Chevaline. Il decesso
di James Thompson era stato
rubricato all’epoca come attacco
cardiaco, gli inquirenti francesi
avrebbero voluto poi riesumarne la salma ma i familiari americani si sono opposti. «Per adesso non c’è niente che ci permetta di collegare ufficialmente i
due eventi», dice Maillaud.
Finora gli agenti hanno evocato le piste (opposte) di
un’azione dei servizi per proteggere o procacciarsi segreti
militari, un complotto del fratello di Saad Al-Hilli in lite per
l’eredità, un killer psicopatico e
solitario, e pure un agguato al
solo Sylvain Mollier, con la famiglia anglo-irachena del tutto
estranea e coinvolta per puro
caso.
Non bisogna comunque dimenticare che due bambine sono sopravvissute all’orrore: Zainab e Zeena oggi hanno 9 e 6
anni, vivono in Inghilterra con
gli zii materni, e un giorno potrebbero ricordare qualcosa. Il
delitto, visto che ci sono superstiti, non è stato poi così perfetto.
Stefano Montefiori
Stef_Montefiori
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16
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Cronache
Napoli Scritte sui muri contro le forze dell’ordine. De Magistris: scosso dalla tragedia
Blocchi stradali e lacrimogeni
Tensione al corteo per Davide
I genitori: «No a violenze in suo nome». La folla: giustizia
NAPOLI — È degenerato in
scontri tra manifestanti e polizia
il corteo svoltosi ieri pomeriggio
al Rione Traiano per protestare
contro l’uccisione, avvenuta
nella notte tra giovedì e venerdì
scorsi, del diciassettenne Davide
Bifolco ad opera di un carabiniere che ha esploso — pare per errore — un colpo d pistola contro
il ragazzo al termine di un inseguimento tra una pattuglia del
radiomobile e lo scooter sul
quale il ragazzo viaggiava insieme ad altri due giovani. Dopo la
manifestazione, convocata in un
primo momento da un centro
sociale della zona, ma sviluppata poi autonomamente dalla cittadinanza del quartiere, un
gruppo di facinorosi ha organizzato un blocco stradale in via
Cinthia, nei pressi dello svincolo
della tangenziale, non lontano
dal luogo dove l’altra notte è avvenuta la tragedia. Ne sono scaturiti tafferugli con gli uomini
del reparto mobile della polizia
che hanno esploso contro i manifestanti un paio di candelotti
lacrimogeni dopo essere stati
bersagliati dal lancio di alcuni
oggetti.
Un episodio di violenza dal
quale hanno preso le distanze i
La vicenda
La vittima
Davide Bifolco (sotto) è stato
ucciso venerdì nel Rione
Traiano di Napoli dal colpo
esploso da un carabiniere al
termine di un inseguimento.
Il ragazzo, che avrebbe
compiuto 17 anni il
prossimo 29 settembre, si
trovava insieme ad altri due
giovani su uno scooter senza
casco e assicurazione: i tre
non si sono fermati all’alt dei
militari. Il carabiniere
trentaduenne che gli ha
sparato è indagato per
omicidio colposo
famigliari di Davide Bifolco:
«Nessuno deve sentirsi autorizzato a compiere atti di violenza
anche verbale in suo nome. Chi
vuole bene a Davide deve rispettarlo. Chi usa la violenza in suo
nome fa un danno a lui e alla nostra famiglia», hanno fatto sapere il papà, Giovanni, e la madre,
Flora Mussorofo.
Entrambi, insieme con il figlio
Tommaso, avevano preso parte alla manifestazione
che si era svolta
in precedenza,
partita sotto una
pioggia battente
da viale Traiano,
dove il ragazzo è
stato ucciso (e
dove era esposto uno striscione
con la scritta «Lo Stato non ci difende ma ci uccide. Difendiamoci») e arrivata fino a piazza Giovanni XIII, proprio davanti alla
caserma dei carabinieri del Rione Traiano. Molti gli slogan contro i carabinieri (insultati anche
da scritte comparse sui muri del
quartiere), ma anche slogan in
cui si chiedeva semplicemente
giustizia.
Durante il corteo la madre di
Davide, riferendosi al carabiniere che ha sparato al figlio, ha
detto: «Deve marcire in carcere,
non deve avere un’ombra di pace per tutta la vita». Tommaso
Bifolco, invece ha detto: «Quel
carabiniere deve pagare. Dovrebbero lasciarlo a noi per dieci
minuti».
Sul fronte delle indagini, in
attesa dell’autopsia e della perizia balistica che si svolgeranno
domani, rimane per ora aperta
l’ipotesi che il colpo sia partito
accidentalmente dalla pistola
del carabiniere (che è indagato
per omicidio colposo), e che
l’inseguimento sia nato perché i
militari avevano individuato tra
i tre sullo scooter un giovane ricercato per furto, Arturo Equabile. Ieri però di fronte alle telecamere presenti al Rione Traia-
❜❜
La testimonianza
Il latitante non c’è,
sono io che
guidavo lo scooter
e poi sono fuggito
no si è presentato un altro ragazzo, che ha detto di chiamarsi
Enzo Ambrosio, il quale ha riferito di essere lui quello che l’altra notte è riuscito ad allontanarsi a piedi (il terzo giovane
che viaggiava sullo scooter, Salvatore Triunfo, era stato invece
fermato e successivamente rilasciato con una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale e fa-
voreggiamento del latitante): «Il
latitante non c’è. Sono io che sono scappato. Ci hanno rincorso,
ci hanno tamponato e buttato in
aria. Per paura sono scappato.
Non ci siamo fermati perché
non avevamo la patente né l’assicurazione», ha detto Ambrosio. Che però finora non si è presentato in Procura a dare la sua
versione dei fatti: identificato
verrà interrogato, forse già oggi,
dal pubblico ministero Manuela
Persico, che conduce le indagini.
Continuano intanto numerosi i commenti alla vicenda. Il
sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha scritto sul suo profilo
Facebook: «Sono profondamente scosso, come tutti i napoletani, da questa tragedia. È inaccettabile che un ragazzo possa morire in questo modo, a 17 anni.
Siamo vicini alla sua famiglia.
Devo dire che la mancanza di
chiarezza contribuisce a non affievolire l’inquietudine». Il presidente della Regione Campania
Stefano Caldoro ha invece dichiarato: «La morte di un diciassettenne è un dramma per la famiglia, per gli amici. Comprendo il dolore. Si accerteranno le
responsabilità e sarà necessario
verificare tutti gli aspetti sull’episodio, cosa che sta facendo
la magistratura; per questo ci
vuole prudenza nei giudizi». Ma
questo, ha aggiunto Caldoro, «è
anche il momento per confermare la stima ed il rispetto per il
lavoro che fanno tanti ragazzi
nell’Arma dei carabinieri, nella
polizia, nelle forze dell’ordine».
F. B.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Cronache 17
italia: 51575551575557
❜❜
La morte, soprattutto se di un giovane, è sempre una tragedia. Ma fermarsi all’alt dei
carabinieri è un obbligo
Matteo Salvini Segretario della Lega Nord
La protesta Ieri decine di persone (a sinistra) hanno manifestato contro le forze dell’ordine per la morte del ragazzo. Sopra, un gruppo di giovani assalta un’auto della Digos
Il quartiere Al corteo nel rione Traiano, una delle zone più
critiche di Napoli, hanno partecipato anche i familiari del
giovane (la madre di Davide, in mezzo, con i pantaloni chiari)
I cori Durante il corteo, organizzato da un centro sociale, i
manifestanti hanno gridato insulti contro i carabinieri e
chiesto «giustizia per questo figlio di Napoli» (Ansa)
Il racconto Un collega del militare che ha sparato: «Immagino come si sente, lui è il primo a sapere di aver sbagliato»
«Pochi e sotto pressione, ma non siamo pistoleri»
DAL NOSTRO INVIATO
NAPOLI — Ai due ragazzi in motorino
senza casco che gli sfrecciano davanti non
ci fa neppure caso. «Quello è il meno. Certo, so bene che la legalità comincia dai dettagli, ma a parlare da lontano sono buoni
tutti. Cosa significa fare il carabiniere in
questa città bisogna viverlo e vederlo da
vicino, non c’è altro modo».
L’umore è cupo come il cielo che incombe su Mergellina e sulla caserma Caracciolo. L’appuntato ha lo stesso grado e quasi la
stessa età del collega che la scorsa notte ha
sparato addosso a un ragazzo inerme. L’Alfa 155 che ha speronato il motorino è partita da qui, dalla sede del Radiomobile dell’Arma vicina alla vecchia stazione ferroviaria. «Non ci ho parlato ma immagino
come si sente. Lui è il primo a sapere di
aver sbagliato». La voglia di parlare è poca,
anche sotto anonimato. «Vorrei che la gente sapesse che non siamo pistoleri o giustizieri della notte, non conosco nessuno che
si sente così. Ne conosco tanti, me compreso, che sentono sulla loro pelle la fatica di
lavorare in una città dove la tensione è continua, dove non sai mai quello che ti aspetti, una città che ti condanna a vivere con il
colpo in canna».
L’altra mattina gli
telefonato un
Sparita l’omertà ha
collega di Milano
«Adesso che uno con il quale otto andei nostri ha fatto ni fa aveva fatto il
di addestraqualcosa di brutto corso
mento. «Succede
ci sono decine
solo da voi» gli ha
detto, e poi gli ha
di testimoni»
chiesto quando si
decideranno a cambiare le regole di ingaggio. «La classica domanda di chi non conosce la realtà di cui si
parla. A Napoli? Inseguire e ammanettare
la gente senza colpo in canna o senza pistola nella città dove non sai mai chi ti trovi
davanti, in zone dove a ogni motorino corrisponde un’arma forse pronta a sparare?
Magari altrove. Non qui».
Il crinale di questa conversazione è molto sottile. Ogni parola può sembrare il tentativo di giustificare l’ingiustificabile, l’appuntato ne è consapevole. Anche i numeri
possono essere letti in controluce. «La tragedia è avvenuta quasi alle tre di notte.
Quella pattuglia era uscita alle 18. I nostri
turni sono di sei ore e lasciamo perdere il
fatto che solo la metà degli straordinari che
facciamo ci viene riconosciuta e pagata,
non è questa la sede. In quel momento
c’erano per strada solo altre quattro auto
nostre. Mettiamocene altre quattro della
Polizia, perché una fetta la facciamo noi,
un’altra loro. Sono otto macchine, in una
città da due milioni di abitanti, nell’area
metropolitana più grande e violenta d’Europa».
La cronaca recente produce qualche pezza d’appoggio a uno stato d’animo che volge al brutto. Andando a ritroso, quattro
Tra i carabinieri napoletani:
«Nell’area più violenta d’Europa
la notte al lavoro per la strada
solo 8 auto delle forze dell’ordine»
giorni fa nel quartiere di San Giovanni a
Teduccio un commando a bordo di due
scooter ha esploso quaranta colpi di kalashnikov contro una palazzina dove forse
abitava l’esponente di un clan rivale, e solo
per caso non c’è andato di mezzo qualche
ignaro inquilino. Il giorno seguente durante un controllo al Materdei, nel cuore del
rione Sanità, i carabinieri fermano quattro
persone sospette su un’auto. Fuga, inseguimento, arresto. Erano armati fino ai
denti. Con quelle stesse armi avevano fatto
il tiro al bersaglio con le finestre delle case
dove abitano le famiglie che si spartiscono
il quartiere. «Non c’è più un disegno di
grande criminalità. Si ammazzano per il
controllo di un isolato, di pochi numeri civici. Casino totale, addio al Sistema con
maiuscola, frammentazione dei clan. La
camorra è diventata gangsterismo urbano,
il problema è questo. E noi ci siamo in
mezzo. Puoi capire come ci sentiamo tranquilli a un posto di blocco o durante un inseguimento. E adesso dobbiamo sentire lezioni di Galateo delle forze dell’ordine da
parte di quelli che sanno sempre tutto, ma
a distanza. Il colpo in canna è poco ortodosso? E Napoli cos’è allora?».
Napoli è una città che contiene almeno
altre venti città dove i carabinieri sono
stranieri, persone non grate, cittadini di un
altro Stato senza visto d’ingresso. L’appuntato ascolta il lungo rosario e annuisce,
ogni tanto corregge, precisa, conosce a memoria quei nomi. «Per voi ci sono solo
Scampia e Secondigliano, da giovedì notte
forse anche rione Traiano. Ma ci sono posti
anche peggiori. C’è il rione Luzzatti a Gianturco, appena dietro il centro direzionale
dove ci sono gli uffici della procura, c’è il
rione Amicizia alla Doganella, che se entri
con l’auto dopo puoi uscire solo in retromarcia. E poi il Bisignano a Barra, Pazzigno
a San Giovanni a Teduccio. Ci andiamo
qualche volta quando si fanno i pattu- Gangster
glioni, ma garantire
una presenza co- «Qui si ammazzano
stante è quasi im- per il controllo di un
possibile. Non è paisolato. La camorra
ura, ma semplice
buon senso. Pochi oggi è gangsterismo
contro tanti, una urbano»
questione di inferiorità numerica. E
appena ti vedono non ti fanno certo le feste».
Anche un gesto normale come il racconto alle autorità di ciò che si è visto può essere letto come un segno di ostilità da chi è
abituato a ricevere solo silenzi. «Adesso
che uno dei nostri ha fatto qualcosa di
brutto, prendo atto della numerosa quantità di testimoni desiderosi di parlare e di essere utili alle indagini. Mi fa piacere. Spero
che sia l’inizio di un nuovo corso. Ma temo
che sia solo una parentesi dovuta a circostanze particolari». Nel maggio di quest’anno l’appuntato era di pattuglia quando un pregiudicato venne ucciso a Pianura.
«Lo ammazzarono in mezzo alla strada, in
pieno giorno, le sei di sera se ricordo bene.
Ci mettemmo a chiedere alle persone nelle
case di fronte, ai negozianti, ai passanti.
Nessuno aveva visto nulla. Nessuno sapeva
chi fosse quell’uomo, che poi scoprimmo
residente nella stessa via del delitto. Questa
è la regola. Con noi non parlano. Non si fidano. In certi quartieri non siamo noi gli
interlocutori della gente, non siamo noi i
tutori dell’ordine, i guardiani della loro
tranquillità. Sono gli altri».
Marco Imarisio
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18 Cronache
Istruzione
Quest’anno aumenta la
quota di finanziamenti
legati alla qualità.
«Dare più soldi
a chi ha tanti studenti
e pochi professori»
Soldi all’Università, si cambia. Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini
lo ha annunciato alla festa dell’Unità di
Bologna (e lo aveva fatto sapere con una
lettera al presidente della Conferenza
dei rettori Stefano Paleari già a fine luglio). Da quest’anno i riconoscimenti
economici per gli atenei più meritevoli
peseranno di più: la quota premiale del
Fondo di finanziamento ordinario (Ffo)
passa infatti dal 13,5 al 18% (ovvero da
819 milioni a 1,3 miliardi). Contemporaneamente la clausola di salvaguardia
che fissa un tetto al taglio che possono
subire gli atenei da un anno all’altro
scende dal 5 al 3,5%. «È un fatto importante. La cifra per le università che si
mettono in gioco su base competitiva
aumenta in modo sensibile sia in termini percentuali che in numeri assoluti», commenta Paleari. Certo, sul fronte
della misurazione del merito, siamo
ancora indietro. Manca un sistema di
valutazione compiuto della qualità della didattica. Al momento l’unico parametro certo è quello relativo alla ricerca, licenziato dall’Anvur dopo anni di
lavori (e non senza strascichi polemici)
a luglio 2013 ed è relativo al periodo
2004-2010. Un «canone» da aggiornare
e senz’altro perfettibile ma pur sempre
un primo passo per la valutazione delle
nostre università.
Se la «quota premiale» sale al 18%, il
grosso dei finanziamenti (75%) resta
comunque in capo alla cosiddetta
«quota base», cioè ai parametri fino ad
ora di spesa storica che, trascinandosi
nel tempo, hanno finito per creare anche grandi disparità economiche fra gli
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
I numeri
I finanziamenti all’università
Sviluppo dell’università italiana
Ffo: Fondo finanziamento ordinario
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
2016
6.603
-163
-912
-2.4
-12.1
110
6.556
-47
-959
-0.7
-12.8
109
Totale atenei
Statali
Non statali tradizionali
Non statali telematici
96
Ffo Italia (mln euro)*
7.515 7.282 7.044 7.083 6.698 6.766
Variaz. assoluta (mln euro)
-233
-238
39
-385
68
Variaz. assoluta cumulata (mln euro)
-233
-471
-432
-817
-749
Variazione percentuale annua
-3.1
-3.3
0.6
-5.4
1.0
Variazione percentuale cumulata
-3.1
-6.3
-5.7
-10.9 -10.0
Ffo per abitante (euro)
125
121
117
118
112
113
Docenti e ricercatori **
60.636 58.778 56.000 55.033 54.309 53.323
* Stima a parità di perimetro. Per gli anni 2015-16 a legislazione vigente
78
39
4
** Atenei statali, tutti i ruoli
4
5
6
6
13
18
35
36
41
46
53
65
1950
1960
1970
1980
1990
2000
Fonte: Conferenza dei rettori delle università italiane
11
67
2010
CORRIERE DELLA SERA
I rettori: «Premiate il merito,
bloccate i tagli alle università»
E. R.
liardo (il Ffo è passato da 7,5 a 6,7 miliardi, mentre in Germania l’università
costa allo Stato 25 miliardi, in Francia
20, in Inghilterra 10). «A legislazione
vigente l’anno prossimo ci sarà un ulteriore salasso da 163 milioni. Il taglio
previsto quest’anno era stato evitato all’ultimo dal governo Letta inserendo
nella finanziaria 170 milioni per l’università», spiega Paleari. Il suo auspicio
è che anche Renzi faccia lo stesso visto
il dichiarato intento di investire in
istruzione e ricerca. «La mia proposta al
governo — dice — è di destinare per intero il recupero del taglio ai giovani ricercatori. Dobbiamo frenare la fuga dei
cervelli, non servirli su un piatto d’argento agli altri Paesi dopo averli formati». In 5 anni il taglio di fondi all’università si è tradotto in un’emorragia di ricercatori: da oltre 60 mila a 53 mila.
«Nessun comparto pubblico ha subito
una simile contrazione. Questo mina la
competitività del nostro Paese, le sue
prospettive di crescita futura. Ma è mai
possibile — conclude Paleari — che gli
italiani spendano per l’università meno
che per il canone Rai?».
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Orsola Riva
Paleari: si spende meno per la ricerca che per il canone Rai
atenei del tutto svincolate dal merito. È
così che l’anno scorso l’università Bicocca di Milano (che nella classifica Anvur sulla qualità della ricerca era risultata prima a pari merito con l’università
di Padova) ha ricevuto — in proporzione al numero di studenti — meno soldi
di quella di Messina che stava in fondo
alla classifica. Proprio per arginare queste storture, il ministero sta lavorando a
un nuovo sistema di calcolo della quota
base incentrato sui cosiddetti «costi
standard» in modo che la dote a cui ha
diritto ciascun ateneo sia strettamente
collegata al numero di corsi di laurea
che ha acceso, a quanti sono i suoi studenti e docenti e al rapporto fra gli uni e
gli altri. «L’idea — spiega Paleari — è
che un’università che ha un corso con
tanti studenti e pochi prof abbia diritto
59
52
46
40
a più soldi di un’altra che ha per lo stesso corso tanti prof per pochi studenti».
La bozza a cui sta lavorando il ministero
prevede una introduzione progressiva
dei costi standard che peserebbero per
il 20% quest’anno, per il 40 il prossimo
e così via fino a coprire il 100 per cento
della spesa storica nel 2018. Il provvedimento di distribuzione dei fondi sarà
presentato nei prossimi giorni e recepito in un decreto governativo (previo
passaggio all’Anvur e al ministero dell’Economia per l’approvazione dei costi
standard). Paleari dice di apprezzare il
gran lavoro del ministro e del suo staff
anche se i dettagli non sono ancora noti. La somma finale resta però a «costo
zero». Anzi molto negativa. Dal 2009 a
oggi (decreto Tremonti), l’università
italiana ha subito tagli per quasi un mi-
L’«Economist»
«Atenei al top a Roma e Milano»
L’Italia non convince per qualità
della vita, con buona pace del mito
ormai fané della Dolce vita, ma è
promossa per qualità del sistema
educativo. Almeno, quello delle
sue due metropoli. «Sia Roma che
Milano totalizzano un punteggio
pari a 100 nel nostro indice di
valutazione», spiega Jon Copestake,
l’analista capo dell’Economist
Intelligence Unit, che cura l’indice
di vivibilità. Insomma, se Roma si
posiziona solo al 49° posto, con
Milano al 46°, nella hit-parade
sulla «vivibilità» delle megalopoli
globali (il podio va a Melbourne,
Vienna e Vancouver), scuole e
università italiane sono di qualità
internazionale: «Un punteggio
perfetto — dice Copestake —.
Guardando ai 30 parametri valutati
dalla classifica, le due città hanno
ottimi voti anche per l’ambiente
culturale».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Cronache 19
italia: 51575551575557
#
Il giallo di Garlasco
«Segni di colluttazione sul braccio di Stasi»
Dopo sette anni spunta una foto sospetta
MILANO — Un paio di segni. Due
foto che tornano in primo piano. E
una domanda, a questo punto
fondamentale: perché ci si accorge
soltanto ora di quel dettaglio? O
quel dettaglio, più
semplicemente, è stato
considerato, ai tempi, poco o per
niente determinante ai fini delle
indagini? Sette anni dopo il delitto
di Chiara Poggi l’attenzione torna
ad alcune immagini scattate dai
carabinieri di Garlasco (Pavia) ad
Alberto Stasi: su un avambraccio
si vedrebbero due tracce, simili a
graffi, forse il frutto di una
colluttazione. Ci sarebbe anche
questo elemento tra gli indizi
raccolti durante l’estate dal
sostituto procuratore di Milano
Laura Barbaini nell’ambito del
processo di appello «bis» in cui
Stasi è imputato per l’omicidio
della sua ex fidanzata, morta a 26
anni. Secondo indiscrezioni, la
dottoressa Barbaini, che sta
conducendo il secondo processo
d’Appello contro il ragazzo, ha
condotto una serie di indagini
concentrando fra le altre cose la
sua attenzione anche su alcune
foto scattate all’indagato (da
sempre soltanto lui) da uno dei
carabinieri della stazione di
Garlasco subito dopo il
ritrovamento del cadavere. Quel
giorno, mentre a casa di Chiara gli
inquirenti eseguivano i primi
Imputato Alberto Stasi fidanzato di Chiara Poggi, uccisa nel 2007
rilievi, uno dei brigadieri in
servizio fece qualche scatto al suo
fidanzato. E in quelle immagini
comparirebbe anche un
avambraccio con i segni delle due
presunte ferite. Ad attirare
l’attenzione del carabinieri furono
proprio quei segni superficiali,
simili a graffi, che fecero pensare a
una colluttazione. Sempre
secondo indiscrezioni di ieri
quelle immagini finirono nel
fascicolo prima della Procura di
Vigevano e poi in quello
processuale. Ora, sette anni dopo
la morte della giovane, sarebbero
state «ripescate» dal procuratore
generale Barbaini. Gli
interrogativi però non mancano. Il
primo su tutti: perché ci si accorge
soltanto ora della possibile
rilevanza di quegli scatti? Le
immagini sono state ingrandite
per essere visualizzate meglio, in
ogni dettaglio, o già allora
l’obiettivo puntò direttamente ai
due segni sospetti? Sembra certo
che sette anni fa gli scatti non
siano stati presi in considerazione
dagli inquirenti poiché dagli atti
non risulta che sia mai stato
chiesto all’ex studente bocconiano
di spiegare il motivo di quei segni.
Fino a quando — nei giorni scorsi
— quelle immagini (riprodotte di
nuovo) sarebbero state
consegnate alla dottoressa
Barbaini perché le confrontasse
con quelle vecchie già presenti
negli atti. Nello stesso passaggio il
magistrato avrebbe anche sentito
come teste il brigadiere che scattò
quelle fotografie e che fu il primo
a parlare con Alberto Stasi poco
dopo l’omicidio della sua
fidanzata. Una novità, questa delle
immagini, che arriva poche ore
dopo quella sul presunto
ritrovamento di tracce di
cromosoma maschile sulle unghie
di Chiara Poggi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il caso La donna: tre compagni più grandi colpivano mio figlio con calci e schiaffi. L’istituto: sospesi per mezza giornata
Bulli e razzismo al liceo francese di Roma
Bufera sulla scuola d’élite per la denuncia della moglie dell’ex console
Alunni celebri
Il cantante
Riccardo Cocciante, 68
anni, ex allievo del
liceo Chateaubriand
Il ministro
Marianna Madia,
34 anni, andava alla
scuola francese
Il divulgatore
Alberto Angela,
52 anni, ha
frequentato il liceo
Il regista
Enrico Vanzina,
65 anni, è tra gli
alunni celebri
ROMA — Ha cambiato scuola, ma i segni — fisici e psicologici — dei soprusi subìti per
oltre quattro mesi non sono
scomparsi. Botte e insulti razzisti fra i banchi esclusivi dello
Chateaubriand, il prestigioso
istituto francese frequentato
soprattutto da figli di intellettuali, giornalisti, facoltosi professionisti, politici, attori, registi. E molti diplomatici, italiani
e stranieri. Il top dell’istruzione
e dell’apprendimento delle lingue, un’educazione di alto livello per un costo di almeno 7
mila euro all’anno. Ma per un
ragazzino di 13 anni, J. M. figlio
dell’ex console di Francia nella
Capitale, in carica fino ad agosto, sono state invece settimane da incubo: tre compagni di
scuola più grandi, quattordicenni, italiani, gli hanno ripetuto «sei un brutto negro», lo
hanno preso a schiaffi e calci
durante la ricreazione.
Una persecuzione rivelata
ora dalla madre e confermata
dal preside Joel Lust, che parla
di altri episodi di bullismo all’interno dell’istituto. «Nel febbraio scorso — racconta la
donna — mio figlio, che aveva
12 anni e da tempo tornava
spesso a casa da scuola con segni di contusioni, ha avuto dolori fortissimi all’addome e
l’abbiamo portato in ospedale.
Abbiamo scoperto che erano
l’effetto di una tensione psicologica, prolungata e fortissima:
solo a quel punto — prosegue
la moglie dell’ex console, dipendente dell’ambasciata francese — ci ha confessato che
dalla fine dell’anno precedente
tre compagni di classe italiani
lo colpivano con schiaffi e calci, insultandolo, almeno duetre volte a settimana. Lo abbiamo messo in malattia e ad aprile ha cambiato scuola, perdendo l’anno. Ha subìto danni
psicologici accertati. E ci sono
molti altri casi simili: lì razzismo e violenza sono pratica
quotidiana, “brutto negro” e
“viva il duce” sono espressioni
comuni. E molti lasciano ogni
anno la scuola perché non vengono tutelati».
Un’accusa precisa, circostanziata, quella della moglie
dell’alto diplomatico francese.
Non è chiaro se la donna abbia
presentato denuncia anche alle
autorità italiane, visto che per
il momento a polizia e carabinieri non risultano fatti di questo genere. Ma i genitori degli
alunni — sia quelli iscritti all’Ape (Associazione genitori
alunni) sia all’Upel (Unione dei
genitori) — hanno scritto al-
l’Agenzia dell’insegnamento
francese all’estero (Aefe) a Parigi per segnalare questo e altri
episodi di bullismo e razzismo
allo Chateaubriand, dove il tredicenne non sarebbe l’unica
vittima e dove saluti romani,
slogan fascisti, botte agli studenti più giovani non sarebbero una novità. «Il fenomeno è
molto più diffuso, molti non
denunciano per paura e la
scuola fa troppo poco», confermano i rappresentanti dei genitori che sui loro siti internet
hanno da tempo inserito documenti e relazioni, nonché programmi con iniziative contro i
bulli e l’harcelement, ovvero la
persecuzione sistematica dei
ragazzi.
Una questione molto sentita,
quindi, nella scuola che fra gli
ex alunni vede il ministro Ma-
Le famiglie in allarme
Tra i banchi anche saluti
romani e slogan fascisti.
«Fenomeni di violenza
diffusi, ma molti non
denunciano per paura. E
l’istituto fa troppo poco»
rianna Madia, i figli di Michele
Santoro ed Emilio Fede, dell’ex
sindaco Franco Carraro, di Vasco Rossi e del presentatore Jocelyn, e cognomi del calibro di
Eco, Comencini e Vanzina, Angela, Cocciante e Mastroianni.
Alla scuola della Capitale —
che ha conosciuto anche proteste e occupazioni — sono
iscritti 1.500 ragazzi, dalle elementari al diploma superiore,
di 30 nazionalità, divisi nelle
sedi di Villa Borghese e Villa Patrizi
( Po r ta P i a ) . G l i
alunni italiani rappresentano il 60 per
cento degli iscritti, i
francesi appena il
15. Con il passare
degli anni la rivalità è aumentata, con una netta prevalenza
di studenti romani. Ed è comparsa la politica, quella di
estrema destra, che ha preso il
sopravvento sulle comitive rap
degli anni Novanta che avevano come punto di ritrovo i bar
di piazzale Flaminio. «A quei
teppisti la scuola non ha fatto
nulla — accusa ancora la madre del tredicenne —, li hanno
costretti solo a scrivere un
compito sul bullismo». Immediata la replica del preside Lust,
in carica da due anni e con
un’esperienza di un quarto di
secolo nell’insegnamento fra
Madagascar e Canada: «Non è
vero — ribatte —, sul caso abbiamo istituito una commissione interna, con una psicologa esterna, che all’unanimità
ha concluso che si è trattato di
episodi di intimidazione fisica
e non di persecuzione. I tre sono stati sospesi per mezza giornata e abbiamo fatto incontri
formativi in tutte le classi. È vero invece — ammette il preside
— che ci sono stati episodi di
razzismo e bullismo, ma sono
60
Per cento La quota
di alunni italiani
iscritti nella struttura
stati limitati, come avviene in
tutte le scuole, niente di più.
L’anno scorso sono stati 3-4,
come quello del figlio del console: uno di razzismo, uno con
slogan fascisti, ma siamo sempre intervenuti con l’educazione». Episodi che non sarebbero
però usciti dalle mura dello
Chateaubriand. «Sarebbe stato
utile convocare i quattro ragazzi coinvolti e farli parlare fra loro», chiarisce la psicologa Sara
Di Michele, membro esterno
della commissione, che aggiunge: «La famiglia del tredicenne non ha voluto».
Rinaldo Frignani
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Arezzo
Scomparsa dal primo maggio
Un frate accusato di sequestro
Da tempo nel paese la gente chiacchierava di quell’amicizia
tra Guerrina e frate Gratien, religioso di origine congolese.
Illazioni, malelingue, calunnie senza alcun fondamento
dicevano altri. Fino a quando, il 1° maggio, Guerrina
Piscaglia, 50 anni, un marito in cassa integrazione e un
figlio disabile di 22 anni al quale è molto attaccata, è
scomparsa e pochi giorni fa il frate della congregazione
africana che regge la parrocchia di Ca’ Raffaello, minuscola
frazione del comune aretino di Badia Tedalda ai confini tra
la Toscana e la Romagna, è stato iscritto nel registro degli
indagati per sequestro di persona. Il provvedimento è stato
deciso dal sostituto procuratore Marco Dioni che per sette
ore ha interrogato il religioso. Chiedendogli, senza ottenere
una risposta convincente, anche di un particolare
contenuto della denuncia di scomparsa presentata dal
marito della donna, ovvero una misteriosa riunione
organizzata il giorno prima della sparizione in casa della
donna alla quale avevano partecipato, oltre al marito, anche
frate Gratien e uno sconosciuto venditore ambulante che
frequentava la montagna a bordo di una vecchia auto di
colore giallo. Molti i sopralluoghi effettuati dai carabinieri
del Ris di Roma, ma i risultati ancora restano riservatissimi.
Marco Gasperetti
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20
italia: 51575551575557
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Cronache 21
italia: 51575551575557
Trasporti Un
mese fa l’odissea
dei viaggiatori
senza bagaglio
per un altro
sciopero
di SERGIO RIZZO
S
uccede anche nelle migliori famiglie. «Caos
nei cieli d’Europa per
sciopero controllori
Francia», titolava l’Ansa il 25
giugno scorso. E anche allora
disagi negli aeroporti di tutta
Europa, centinaia di voli cancellati, proteste delle compagnie. Succede, da che esiste
l’aviazione civile. I meno giovani ricorderanno come per
stroncare lo sciopero degli
uomini radar che aveva messo in ginocchio gli Stati Uniti
il presidente Ronald Reagan
ne licenziò d’un colpo decine
di migliaia.
Succede. Ma quello che è
accaduto in Francia due mesi
e mezzo fa, con ripercussioni
economiche ben maggiori,
non è minimamente paragonabile agli effetti dello sciopero indetto ieri da un paio di
sigle sindacali dei nostri controllori di volo. Loro sono la
Francia, e noi l’Italia. A loro si
perdona più facilmente un
disservizio, una protesta, un
ritardo. E poi a Parigi, sciopero o no, si ritorna sempre.
Mentre a Roma…
Giusto un mese fa era in
pieno svolgimento a Fiumicino lo sciopero bianco dei lavoratori dell’handling Alitalia
contro gli esuberi previsti per
l’acquisizione della compagnia italiana da parte dell’araba Etihad. Migliaia di bagagli
di viaggiatori appena arrivati
all’aeroporto o in partenza
dallo scalo romano rimasero
a terra, ammucchiati negli
androni e nei magazzini. Per
restituirli ai legittimi proprietari, la stragrande maggioranza dei quali (ovviamente)
turisti, si caricarono su tir e si
spedirono in giro per gli aeroporti italiani ed europei
mentre il capo della rivolta,
intervistato in forma anonima da Repubblica, prometteva lotta senza quartiere. A oltranza.
In fila Decine di passeggeri in attesa ai banchi delle compagnie aeree. Sopra uno dei
tabelloni con gli orari delle partenze da Fiumicino: molti i voli cancellati (Ansa/Telenews)
Aerei cancellati, turisti stranieri a terra
Le cattive abitudini di Fiumicino
Nuova giornata di disagi per l’agitazione dei controllori di volo
L’agosto nero
La decisione
Agli inizi di agosto le
maestranze degli addetti di
Alitalia, mentre veniva
ufficializzata per loro la
procedura di mobilità, attuano
uno sciopero bianco
Il caos
Centinaia di valigie allo scalo di
Roma Fiumicino non vengono
consegnate o non partono per
nulla. Alla fine saranno 14-15
mila i bagagli rimasti fermi e
che saranno poi riportati ai
proprietari con costi extra per
la compagnia aerea
Sui giornali inglesi
Lo sciopero dei controllori di
volo di ieri in Italia, invece, ha
avuto ripercussioni sui media
britannici (foto sopra) dove si
parla di decine di voli cancellati
da e per gli scali inglesi
Si trova in una situazione
oggettivamente difficile, quel
signore, insieme ai suoi colleghi nella lista degli esuberi.
Ma qui non vogliamo entrare
nel merito delle motivazioni
di quell’agitazione di un mese
fa, o dello sciopero degli uomini radar. In entrambi i casi
si è trattato di proteste tutto
sommato limitate. Tuttavia la
domanda alla quale si deve rispondere è: con la reputazione che hanno i nostri servizi
pubblici, ci possiamo per-
mettere di avere il principale
aeroporto del Paese — e molti
altri sparsi per tutta la penisola, visto che ieri sono saltati
decine di arrivi e decolli da
Venezia a Catania passando
per Orio al Serio — che per un
motivo e per l’altro funziona a
corrente alternata? E proprio
nei giorni più delicati per gli
spostamenti dei turisti stranieri? Andrebbe ricordato co-
Reputazione
A giugno si bloccarono
gli scali francesi ma la
ripercussione mediatica
fu molto minore
Il volto del Paese
L’aeroporto romano è il
volto del Paese per
milioni di persone che
vengono in Italia
me nel 2013, un anno nel
quale il turismo mondiale ha
registrato un autentico boom
con un aumento delle presenze in Europa del 2,6 per
cento, l’Italia abbia subito,
unica fra i 28 Paesi dell’Unione, un calo di ben il 4,6 per
cento. Il che la dice lunga su
come funzionano da noi le
cose.
Allo sciopero di ieri, dicono
i dati, ha aderito appena un
controllore di volo su quattro.
Di più: la protesta era stata
anticipata con un congruo
anticipo, a differenza di quella del mese scorso. Ma questo
non ha impedito alle compagnie internazionali low cost
quali Easyjet e Ryanair di cancellare un numero impressionante di voli. Sappiamo come
funziona. Le agitazioni vengono anche utilizzate da certe
compagnie per risparmiare
tagliando rotte anche quando
magari non è necessario. E
scaricando la responsabilità
sulle proteste: in questo caso,
sui soliti italiani incapaci e
scansafatiche. Fin troppo facile.
Gli effetti di un’agitazione
come quella di un mese fa o di
ieri vanno però ben oltre le
loro semplici conseguenze
economiche. Certamente rilevanti, se si pensa che per restituire i bagagli non consegnati ad agosto l’Alitalia ha
speso oltre un milione, e che
soltanto Ryanair ha annullato
ieri 96 voli da e per l’Italia (ma
nel complesso, solo a Fiumicino, sono stati 130 quelli
cancellati). Perché l’aeroporto Leonardo Da Vinci non è
soltanto il principale scalo
italiano, ma è la faccia del Paese agli occhi di milioni di
persone che vengono in Italia. E non è, diciamo la verità,
una gran bella faccia per un
Paese che già non è considerato al top dell’efficienza. Oggi lo sciopero dei controllori
di volo, mentre i turisti ritornano a casa. Ieri i bagagli che
restano a terra, proprio nel
giorno in cui l’amministratore delegato della Etihad viene
a chiudere l’accordo per comprare la nostra compagnia di
bandiera sull’orlo del crac.
Tutti i giorni, viaggiatori
ignari che arrivano e devono
scucire un patrimonio per
farsi portare dal taxi in città.
O rassegnarsi a prendere un
trenino che a tutto assomiglia
tranne che a una metropolitana: avvilente, rispetto ad aeroporti come quello di Madrid. Anche se non peggiore
rispetto allo stato disastroso
del trasporto pubblico urbano di Roma.
Ci si può allora lamentare
se la storia finisce, com’è finita, sui giornali e sui siti internet stranieri come emblema
di tutti peggiori i luoghi comuni sull’Italia?
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I dati dell’Aci
Canale di Sicilia
Ogni anno 40 mila incidenti
causati dal sonno al volante
La bambina nata a bordo
della nave che salva i migranti
Quarantamila incidenti (in Italia) e 240 mila (nell’Unione
europea) che si potrebbero evitare dormendo quando il corpo
lo richiede. Il sonno al volante, infatti, è la causa del 22% di tutti
gli scontri per le strade: spesso molto gravi, con un rischio di
mortalità più che doppio rispetto a quelli determinati da altre
cause. A sostenerlo è l’Aci, Automobile Club d’Italia, che ha
presentato ieri a Monza — in occasione del Gran Premio di
Formula 1 — la campagna «Sleep stop» che evidenzia i benefici
di una breve pausa di sonno durante i lunghi tragitti in auto.
L’iniziativa — sostenuta dalla
Federazione internazionale
Italia ed Europa
dell’automobile — si propone
La stanchezza provoca di convincere i conducenti a
il 22% di tutti gli scontri non sottovalutare i segnali di
stanchezza al volante e a
In Europa sono 240
concedersi 15-20 minuti di
mila ogni dodici mesi
riposo. Nell’ambito della
campagna è stato predisposto
un questionario, pubblicato su
www.aci.it, che possono compilare gli automobilisti. «Il
problema è serio: ogni anno 800 automobilisti muoiono di
sonno sulle strade italiane», dice il presidente dell’Aci, Angelo
Sticchi Damiani. «L’attenzione delle istituzioni internazionali
sul tema della sonnolenza alla guida è sempre più alta —
aggiunge Jean Todt, presidente Fia — e lo dimostra la direttiva
Ue che sottopone gli automobilisti a test valutativi al momento
del rilascio o del rinnovo della patente per accertare patologie
che compromettano il riposo notturno».
È stata chiamata Yambambi Yete la bimba nata sulla nave
«Euro» della Marina militare, che ha soccorso sua madre
imbarcata a bordo di un gommone nel Canale di Sicilia con
altri 92 migranti. «La piccola pesa circa 3 chili e sta bene,
come la mamma. Per noi è stata una grandissima gioia, che
ci dà nuove motivazioni e conferma l’importanza della
missione», ha detto il capitano di fregata Cristian Nardone,
comandante della «Euro». Fatimada, la mamma, originaria
del Gambia, si trovava insieme con il marito Lame Yete
(magazziniere che viveva a
Tripoli), al figlio e ad altre 90
In gommone
persone su un gommone in
difficoltà. Il personale medico
La madre viaggiava
della nave italiana che li ha
con altre 92 persone
soccorsi «si è subito reso
a bordo di un
conto che il parto era
gommone in difficoltà imminente e che non ci
sarebbe stato il tempo di
realizzare un’evacuazione
medica con l’elicottero in dotazione sulla fregata. A quel
punto è stato necessario organizzare uno spazio sulla nave
per permettere alla donna di partorire in condizioni
igieniche e di sicurezza adeguate». Alle 15.23 di ieri
Yambambi è venuta alla luce «senza complicazioni» ed è
stata affidata alla mamma e al papà. La notizia della nascita a
bordo ha fatto il giro della nave e diversi marinai hanno
proposto ai genitori di aggiungere «Eura» come secondo
nome per la bambina.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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22
italia: 51575551575557
www.yamatovideo.com
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Cronache 23
italia: 51575551575557
Lo studio Senza emettere suoni o usare un computer sono stati trasmessi e ricevuti saluti: «Ciao», «Buongiorno»
Le cifre Condé Nast
L’invio
L’esperimento
L’Italia piace
agli stranieri
Ma gli hotel:
arrivi in calo
I messaggi pensati e poi «tradotti» in codice binario – pari a 140 bit –
vengono inviati via Internet a un altro computer a Strasburgo
8.000 k
m
FRANCIA
Più di tutti. Meglio di tutti. È
l’Italia, per il secondo anno
consecutivo, la miglior
destinazione al mondo. Lo
dicono i risultati del
sondaggio condotto dalla
versione inglese di Condé
Nast Traveller, un punto di
rifermento per il turismo di
lusso. Il nostro Paese ottiene
un giudizio medio di 94,49
punti (su un massimo di
cento). Gli elementi di forza?
La cultura e la cucina. Al
secondo posto si piazzano gli
Stati Uniti (93,89 punti).
Medaglia di bronzo per la
Francia (92,98). A livello
cittadino, invece, le cose
cambiano. New York — tra le
destinazioni non inglesi —
batte tutte, seguita da Parigi,
Roma e Barcellona. Venezia
chiude la cinquina. Ma se dal
Regno Unito arriva un ottimo
risultato, non si può dire lo
stesso per quelli forniti ieri
da Federalberghi. Perché il
mix di crisi economica e
capricci del meteo ha portato
INDIA
La conversione
Il «trasmittente»
in India
Il «ricevente»
in Francia
Questi segnali vengono trasmessi
a un pc e convertiti in codice binario:
Il volontario
indossa
un casco con
elettrodi (in grado
di registrare
i segnali cerebrali)
e si trova davanti
a uno schermo
su cui si muove
una palla
1
Se la palla passa sulla parte
superiore il volontario deve
pensare di alzare la mano
per aver pensato
l’alzata di mano
Una volta arrivati
i segnali vengono
inviati sotto forma
di impulsi luminosi
al caschetto della
persona ricevente
che li traduce
in messaggio
1011011001
0101101001
1001011101
0
per aver
immaginato
il cerchio
con il piede
Se questa passa sulla parte
inferiore il volontario deve pensare
di tracciare un cerchio con il piede
Fonte: «Conscious Brain-to-Brain
Communication in Humans Using
Non-Invasive Technologies»
Parlarsi solo con la forza della mente
L’eterna ricerca della telepatia
trice di caschi per elettro-encefalografie senza fili o wi-fi, che
ha promosso l’esperimento (per
questo c’è chi ha paventato un
conflitto di interessi). I volontari sono stati posti davanti ad
uno schermo su cui si muoveva
una palla e invitati a pensare di
alzare una mano quando la palla
passava sulla parte superiore
dello schermo, informazione
tradotta dal computer come
«1». E a pensare di tracciare un
cerchio con il piede quando si
muoveva in basso, gesto tradotto con «0». Una serie di 140 bit
sono stati inviati dalla sede indiana a quella di Strasburgo e
poi trasmessi al cervello, grazie
all’utilizzo di robot di stimolazione magnetica transcranica.
Nel 2013, neurobiologi dell’università Duke della Carolina
del Nord (Stati Uniti) erano riusciti a trasmettere informazioni
tra due ratti tramite una forma
di telepatia. Attualmente è anche in sperimentazione per i
malati di Sla un prototipo che
collega ordini cerebrali a varie
tecnologie utili per il malato.
Sigmund Freud, padre della
psichiatria, alla telepatia credeva. Nel 1909, insieme con il suo
allievo ungherese Ferenczi, fece
una serie di esperimenti su una
sensitiva berlinese. Nello stesso
tempo svolse esperimenti di telepatia con la figlia Anna. In una
lettera del 1911 scriveva a Jung:
«In fatto di occultismo sono diventato molto umile dopo la
grande lezione degli esperimenti di Ferenczi». Occultismo?
Sì, perché all’epoca il termine
tedesco okkultismus designava
scientificamente quell’insieme
di fenomeni chiamati in altre
lingue parapsicologia, metapsichica, ricerca psichica, telepatia.
Anche la telepatia era okkultismus.
Uomini comunicano tra India e Francia con sensori cerebrali e Rete
segnali in codice binario, a sua
volta li invia via Internet ad un
altro computer. Questo, a sua
volta, li traduce in impulsi luminosi e li invia al caschetto
della persona ricevente. Complicato, ma solo a parole.
«Volevamo vedere se era possibile comunicare direttamente
tra due persone leggendo le at-
tività cerebrali della prima e poi
trasmettendole a un’altra a
grandissima distanza tramite i
sistemi di comunicazioni esistenti», spiega Alvaro PascualLeone, neurologo della facoltà
di medicina della bostoniana
università di Harvard, co-autore della ricerca. Allo studio hanno preso parte anche fisici e
neurologi dell’università di Barcellona, dell’azienda di robotica
e neuroscienze spagnola Starlab e della società francese Axilium Robotics. Quello del 19
agosto è stato un primo passo
dopo una decina di anni di tentativi non proprio di successo.
Pascual-Leone è anche fondatore dell’azienda Starlab, produt-
Primo successo
L’esperimento il 19
agosto su quattro
volontari: primo
successo dopo dieci
anni di tentativi
✒
Ora bisogna sapere quante volte riesce
di EDOARDO BONCINELLI
N
on si tratta di telepatia nel
senso tradizionale del termine,
ma comunque di qualcosa di
fantastico e quasi fantascientifico:
trasmettere parole, elementari, da
un cervello a un altro a 5.000 miglia
di distanza, «senza fili». È
possibile? Sì, non facile ma
possibile. Il trucco sta nel
trasformare onde cerebrali in onde
elettromagnetiche, che poi vanno
amplificate e trasmesse. All’altro
capo del sistema ci sarà un
ricevitore all’origine di una serie di
operazioni inverse. Occorrerebbe
ovviamente avere qualche
particolare in più e mettere l’occhio
sulla statistica del sistema —
quante volte su cento il gioco riesce?
70, 90 o addirittura 100? — ma non
vale la pena di prenderla per la
classica «bufala estiva». Sappiamo
da tempo trasformare segnali
cerebrali in segnali
elettromagnetici, per aiutare
persone gravemente paralizzate e
costrette all’immobilità. In questa
maniera sappiamo anche muovere
con precisione estrema un arto
meccanico nei cosiddetti
esperimenti di Bci, brain computer
interface, interfacciamento di
cervello e computer. Quello che c’è
in più qui è la trasmissione senza
fili e la distanza, ma certo questo
non è un problema, dai tempi di...
Marconi. Detto che non è
impossibile, che scenari si aprono
per il futuro sulla base di questa
certo non usuale notizia? Pericoli
per la «lettura del pensiero» non ce
ne sono; se il primo individuo non
vuole trasmettere nulla, nulla viene
trasmesso. Se però i due soggetti
sono consenzienti si potrebbe
mettere su una gigantesca
comunità di conversanti: un social
network globale per tutto e per
tutti. Vista la frequenza e
l’assiduità con la quale molte
persone usano il cellulare, c’è da
credere che la cosa prenderebbe
piede. Scherzi a parte, tutto ciò
potrebbe essere l’avvio di una nuova
fase della nostra evoluzione
culturale con la formazione di una
comunità cerebrale, se non neurale,
di soggetti liberamente ma
facilmente comunicanti. Chi vede il
demonio dappertutto inorridirà, ma
chi ha fiducia nell’uomo potrebbe
intravedere brillanti opportunità.
Per cento Il calo
del tasso di occupazione
tra i lavoratori a tempo
indeterminato
nel settore alberghiero
luglio e agosto — mesi clou
per il turismo italiano — a
registrare un saldo negativo
rispetto all’anno precedente.
A rilevarlo è l’indagine
congiunturale di
Federalberghi che segnala il
crollo della domanda
interna, non compensata
dall’aumento dei visitatori
stranieri. Il saldo dei
pernottamenti da giugno a
agosto è pari allo 0%
(rispetto allo stesso periodo
del 2013): se giugno ha
registrato un incremento, i
mesi di luglio e agosto fanno
registrare un ribasso
rispettivamente dello 0,6% e
dello 0,2%. L’andamento è
determinato dal calo della
domanda italiana (-0,6%) e
da un leggero incremento di
quella straniera (+0,6%).
Negativi i dati
sull’occupazione: nello
stesso periodo si registra un
-1,3% frutto di un -2,9% di
lavoratori a tempo
indeterminato e di un -0,3%
di lavoratori a tempo
determinato.
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Mario Pappagallo
@Mariopaps
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sudoku Diabolico
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Giochi e pronostici
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8 2
Puzzles by Pappocom
Trasmettere i propri pensieri,
o leggere ciò che passa nella testa altrui, è stato sempre un sogno dell’uomo. Fin dai suoi primi passi nella Storia. Telepatia
in amore, ai fini del potere, come potente «arma» in guerra,
per leggere le mosse di un nemico o per carpire informazioni
a chi non vuole rivelarle, in medicina per comunicare con persone paralizzate o incapaci di
parlare. Un sogno che comincia
a materializzarsi con la telepatia
hi tech, sperimentata con successo il 19 agosto da un gruppo
di ricerca internazionale. Forse
primo passo (molto embrionale
per ora) di una nuova era. Simile a quella che già percorriamo
virtualmente nei romanzi o nei
film ambientati nello spazio, in
universi paralleli, in anni neanche tanto lontani nel futuro (Babylon 5 dove ci sono esseri umani ogm telepatici, per esempio,
si svolge nel 2068).
Il 19 agosto, quattro persone,
due in Francia (Strasburgo) e
due in India, sono riuscite a
scambiarsi «buon giorno», «arrivederci», «ciao», solo collegando i loro cervelli via Internet. Niente di scritto, nessuna
parola. Seduti a circa 8 mila chilometri di distanza gli uni dagli
altri. L’esperimento, pubblicato
sulla rivista scientifica PlosOne
è stato realizzato utilizzando un
casco dotato di elettrodi che registrano i segnali cerebrali di
una persona e li trasmettono ad
un Pc che, dopo aver convertito i
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Altri giochi su www.corriere.it
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Come si gioca
Bisogna riempire la
griglia in modo che ogni
riga, colonna e riquadro
contengano una sola
volta i numeri da 1 a 9
LA SOLUZIONE DI IERI
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Estrazioni di sabato 6 settembre 2014
BARI
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MILANO
NAPOLI
PALERMO
ROMA
TORINO
VENEZIA
NAZIONALE
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10eLottoI numeri vincenti
3 7 9 11 12 14 26 28 29 31
35 36 40 48 53 55 71 73 83 85
73 Numero Oro
SuperenalottoCombinazione vincente
26 33 53 61 73 82
23 numero Jolly
21 numero SuperStar
Jackpot indicativo prossimo concorso: 25.800.000,00
Ai 6:
- Ai 4:
370,72 Ai 3 stella: 2.078,00
Ai 3:
20,78 Ai 2 stella:
100,00
Ai 5+
Ai 5 stella:
- Agli 1 stella: 10,00
Ai 5:
64.984,40 Ai 4 stella: 37.072,00 Agli 0 stella:
5,00
Lotto Svizzero
7 11 32 33 34 39
1
Chance
www.corriere.it/giochiepronostici
Joker 692561
Replay 13
24
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Economia
A Wall Street Il gruppo cinese sorpasserà il social network che raccolse 16,6 miliardi. Capitalizzazione prevista di 163 miliardi
La lente
CORRIERECONOMIA
ECCO COME
Il tesoro di Alibaba vale più di Facebook
GUADAGNARE
CON I TASSI ZERO
Domani il collocamento, previsto un incasso di 24 miliardi di dollari
G
uadagnare con i tassi
vicini allo zero. Dopo
la mossa della Banca
centrale europea che ha
tagliato il costo del
denaro allo 0,05 per
cento, i portafogli degli
investitori si trovano a
fare i conti con
rendimenti sempre più
magri. Anche se, con la
dinamica dei prezzi
praticamente ferma (-0,1
per cento nell’ultimo
anno), i rendimenti pur
molto bassi sono reali.
«CorrierEconomia», il
supplemento di
economia e finanza in
edicola domani con il.
«Corriere della Sera», ha
fatto una ricognizione
sulle strategie utili a chi
si domanda come
investire adesso. Con i
rendimenti bassi per
guadagnare più del due
per cento è necessario
prendersi più rischi sia
in campo
obbligazionario che in
campo azionario. Chi
preferisce i bond e ha
guadagnato molto con i
Btp negli ultimi tre anni
ora deve decidere se
realizzare i profitti
accumulati. Ora sul
fronte obbligazionario
bisogna allungare molto
le scadenze: il Btp a dieci
anni rende poco più del
2% lordo. L’altra strada
da percorrere è quella dei
bond in valuta: il
rafforzamento del
dollaro e di altra valute
sulla scia della moneta
Usa, aiuta l’export delle
aziende italiane e indica
una direzione per
investire. Senza però
esagerare perché la
scommessa valutaria
comporta sempre una
buona dose di rischio. E
la Borsa? Alle azioni non
piace la deflazione, ma la
liquidità abbondante sul
mercato per ora può
sostenere le quotazioni.
Giuditta Marvelli
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO — Domani alle
9.30 ora di New York, quando
com’è tradizione suona la
campanella di Wall Street, si
aprirà la caverna di Alibaba. È
arrivato il giorno dell’Ipo
(l’Offerta pubblica iniziale)
delle azioni del gigante cinese
dell’e-commerce. Il prezzo di
un’azione è stato stimato tra i
60 e i 66 dollari; la valutazione
effettiva si avrà nella settimana del 15 settembre, al termine
del road show che porterà
l’offerta di Alibaba anche a
Hong Kong, Singapore, Londra, Los Angeles e il Medio
Oriente. Al prezzo di 66 dollari
l’Ipo potrebbe fruttare 24 miliardi di dollari circa: sarebbe
il record nella storia della Borsa, finora detenuto con 22,1
miliardi dalla Agricultural
Bank of China che debuttò nel
giugno 2010 a Hong Kong e
Shanghai. Nel campo di internet il primato è di Facebook
con 16 miliardi nel maggio
2012 a New York e una capitalizzazione di mercato di 81,2
miliardi (ora ne vale 201). La
valutazione di Alibaba potrebbe attestarsi a 163 miliardi di
dollari secondo i conti del «Financial Times»; 155 per il
«Wall Street Journal». Amazon
vale 160 miliardi, eBay 67.
Il fondatore di Alibaba, l’ex
professore di inglese Jack Ma,
che nel 1999 ha aperto la Cina
al commercio online, ha scritto una lunga lettera agli investitori: «Fin dall’inizio volevamo una società cinese ma che
dollari ad azione
milioni di titoli in vendita
Verso la Borsa
163
miliardi
di dollari
24
421,2
7,95
il valore
della società
miliardi
di dollari
la cifra che potrebbe
raccogliere
con la quotazione
1999
la data di fondazione
della società
Confronto delle più grandi quotazioni tech
320
miliardi
di dollari
il giro d’affari
nel 2013
85
60-66
19,6
38
26
70
Il fondatore
Jack Ma, il fondatore
e presidente di Alibaba,
è diventato ormai
l’uomo più ricco
della Cina con una
fortuna stimata
in 21,8 miliardi di dollari
2012
2013
struttura di governance architettata da Jack Ma. Si tratta di
una partnership di 27 uomini
con il diritto di nominare anche dopo l’Ipo la maggioranza
dei membri del consiglio
d’amministrazione. Il cinese
Ma difende la strategia nella
sua lettera spiegando che «il
nostro ecosistema è troppo
complesso e troppo importante perché dipenda da uno o
due fondatori o consiglieri
d’amministrazione, per quanto possano essere capaci». Una
frase che si può interpretare in
diversi modi. Jack insiste che
gli azionisti dovranno «condividere una visione segnata da
una missione, una visione di
lungo termine, non basata su
guadagni di breve termine».
Jack Ma ha dovuto rivelare
l’assetto azionario per questa
operazione: il fondatore ha
l’8,8% del pacchetto. Ne metterà sul mercato l’uno per cento, che dovrebbe fruttargli 841
milioni di dollari. Yahoo, che
ha il 22,4%, venderà un 6% incassando tra i 7 e gli 8 miliardi.
Il gruppo telecom giapponese
SoftBank, primo azionista con
il 30% circa di Alibaba, non
prevede di cedere azioni in
questa Ipo.
Negli ultimi mesi Alibaba
ha speso molto, in campi diversi (si dice per agire prima di
essere soggetto al controllo
degli azionisti di Wall Street).
Per 192 milioni Jack Ma si è
comprato il 50% dell’Evergrande di Guangzhou, il club
di calcio guidato da Lippi e
rinforzato con Diamanti e Gilardino: da allora la squadra è
stata eliminata dalla Coppa di
Cina e dalla Champions d’Asia
che aveva vinto l’anno scorso;
anche in campionato è in testa
ma ha perso diverse volte da
formazioni molto meno ricche
e tra i tifosi cinesi circola la voce che Alibaba abbia portato
un sortilegio.
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Patuano: Brasile, acceleriamo gli investimenti
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TRIBUNALE CIVILE DI BOLOGNA
Sezione Fallimentare
il giorno 19 settembre 2014 ad ore 13,00 per il lotto n. 1
presso la sala delle udienze del Tribunale di Bologna
Sala Tassinari - Municipio di Bologna - Piazza Maggiore 6 - Bologna
VENDITA SENZA INCANTO
DEL COMPLESSO AZIENDALE
DI PERTINENZA DEL FALLIMENTO CASTELLI SPA IN LIQUIDAZIONE N. 142/14
G.D.: Dott. Pasquale Liccardo
CURATORE: dott. Mauro Morelli
Si procede alla vendita del complesso aziendale avente quale attività principale “progettazione,
produzione, distribuzione e installazione, sia in proprio che in nome e/o per conto di terzi, di
mobili, pareti amovibili divisorie ed attrezzate, sedie per ufficio, per ambienti comuni e per collettività, mobili in genere, serramenti, arredamenti in legno ed in qualsivoglia altro materiale tecnologicamente atto alla produzione ed al commercio”.
1) La vendita ha riguardo al complesso aziendale stimato dal Prof. Angelo Paletta compreso
tutti i beni mobili nella consistenza indicata nella relazione di stima redatta dal Prof. Ing. Giuseppe Cantore contenuto nel fascicolo del fallimento
CONDIZIONI DI VENDITA
Per il lotto 1 il prezzo base d’asta è di € 2.500.000,00 composto dall’intero complesso aziendale ed in particolare da beni mobili, magazzino, marchi, nonché diritti di proprietà intellettuale;
Le offerte in aumento non potranno essere inferiori ad Euro 10.000,00 per il lotto n. 1,
Modalità di pagamento
Termine massimo di pagamento è 60 giorni dall’aggiudicazione.
Ogni offerente, tranne il fallito e tutti i soggetti per legge non ammessi alla vendita, dovrà
depositare entro le ore 12 dell’ultimo giorno non festivo precedente quello delle vendite, presso
l’Ufficio Unico Vendite presso il Tribunale di Bologna, Via Farini n. 1, unitamente all’istanza in
bollo di partecipazione all’asta, la ricevuta di effettuato pagamento sul conto corrente bancario
n. 52.225,42, Cod. Iban IT 91 B 01030 02400 000005222542, acceso presso Monte Paschi
di Siena sede di Bologna Via Rizzoli n. 6 di una somma pari al 20% del prezzo da lui proposto
da imputarsi a cauzione;
Per maggiori informazioni relative alle modalità di partecipazione alle vendite rivolgersi al curatore della procedura fallimentare dott. Mauro Morelli con studio in Bologna tel. 051/223336.
Avviso di vendita e perizie di stima su www.astegiudiziarie.it.
Guido Crosetto, ex parlamentare del
Pdl e tra i fondatori di Fratelli d’Italia,
potrebbe approdare in Finmeccanica
e da lì diventare presidente dell’Aiad,
l’Associazione delle aziende italiane
che si occupano di aerospazio, difesa
e sicurezza. L’ex sottosegretario e
fondatore di Fratelli d’Italia
conferma: «Me l’hanno chiesto da
mesi, ma io non ho ancora deciso».
dia prodotti dal gruppo guidato da Vincent
Bolloré. Un passo avanti verso quella convergenza che sta alimentando le attese per
un possibile ingresso di Mediaset sulla scena. «In una fase di trasformazione del settore i distributori di contenuti potrebbero
in futuro avvicinarsi ai distributori di dati
— ha spiegato Recchi —, chiunque vende
contenuti per noi è un interlocutore. Oggi
abbiamo un accordo solido e stabile con
Sky — ha ricordato il presidente di Telecom
— ma ogni società di contenuti per noi è
un venditore di prodotti». Dunque anche
Mediaset con la quale tuttavia «ad oggi non
ci sono stati contatti» ha aggiunto Recchi
escludendo discussioni «su un’alleanza.
Non ne abbiamo mai parlato». Secondo alcuni osservatori il tema della convergenza
potrebbe riportare l’attenzione sul tema
della rete, su cui il presidente della Cdp,
Franco Bassanini, via Twitter, è entrato in
polemica con Recchi: «Giuseppe Recchi a
Cernobbio: "Rete tlc inadeguata, in Italia
manca la domanda!" — ha twittato Bassanini —. Della serie: saremo il Paese dei
mandolini e della pizza». L’ingresso in Telecom di Vivendi è legato all’uscita di Telco.
I soci della cassaforte, Mediobanca, Intesa
Sanpaolo e Generali sono tutti venditori.
Ieri a Cernobbio il presidente delle Generali, Gabriele Galateri di Genola ha ribadito la
posizione della compagnia triestina «La
quota in Telecom — ha detto — verrà gestita nell’ottica della redditività e dell’interesse degli assicurati e degli azionisti». Sulla stessa linea il direttore generale di Intesa
Sanpaolo, Gaetano Miccichè: «Venderemo
la quota quando ci sarà la migliore utilità».
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Federico De Rosa
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
CERNOBBIO — La battuta d’arresto su
Gvt non cambia (per adesso) i piani di Telecom Italia sul Brasile dove, anzi, l’amministratore delegato, Marco Patuano, ha deciso di accelerare gli investimenti. «L’opportunità che stiamo vedendo in Brasile è
quella di accelerare i nostri investimenti e
fare la banda ultralarga mobile sulla scorta
di quello che stiamo facendo in Italia dove
abbiamo risultati molto interessanti — ha
spiegato il manager che insieme al presidente di Telecom Giuseppe Recchi ha partecipato ieri al workshop organizzato da
The European House-Ambrosetti a Villa
d’Este —. Sono sicuro che dovremo guardare al Brasile come a un’opzione di crescita».
Certo, qualcosa rispetto ai piani originali
andrà rivisto ora che Telefonica ha messo le
mani su Gvt, soffiandola proprio a Tim
Brasil. «Il fatto di avere una revisione dei
nostri programmi originali non è certamente qualcosa che deve sorprendere» ha
detto Patuano, «siamo aperti a valutare
tutte le alternative che dimostrino di offrire
una crescita organica». Ma il Brasile è solo
uno dei fronti aperti. C’è anche l’Argentina,
dove l’accordo per la cessione di Telecom
Argentina alla Fintech di David Martinez
rischia di non arrivare a compimento. Telecom ha esteso fino al 25 ottobre il temine
per il closing ma «le estensioni non possono durare all’infinito». È molto probabile
che a fine ottobre la controllata argentina
torni nel perimetro delle attività. Sullo
sfondo resta sempre il nodo relativo all’azionariato e in particolare lo «scambio»
tra Telefonica e Vivendi, suggellato dalla
Giuseppe Recchi e Marco Patuano
cessione di Gvt che Cesar Alierta pagherà
anche girando a Vivendi l’8,2% di Telecom
Italia e liquidando così la sua posizione.
L’ingresso di Vivendi apre nuovi scenari
per il gruppo telefonico, che potrebbe a
questo punto beneficiare dei contenuti me-
Nomine
Quella sorpresa di Crosetto
in Finmeccanica
CERNOBBIO — Ferrovie
dello Stato non ci sta a
farsi tirare in ballo dal Ntv
nella polemica sulla
concorrenza aggressiva, o
sleale, operata nei
confronti del primo
vettore alternativo sulla
alta Velocità, oggi in grave
crisi finanziaria. «Non ce
l’hanno con noi ma con
l’Authority sui Trasporti,
che deve indicare i criteri
per la determinazione del
pedaggio da parte di Rfi»,
spiega Michele Elia (foto)
amministratore delegato
delle Fs. «Loro ritengono
che attualmente sia
troppo alto». Tutto l’iter
Guido Santevecchi
Telecom Bassanini accusa: la rete? Non è adeguata. Non siamo il Paese dei mandolini
Contenuti
Recchi: contenuti,
accordo solido
e stabile con Sky
«Italo-Ntv?
Nessun
ostruzionismo
da Fs»
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
2004
D’ARCO
appartenesse al mondo, negli
ultimi dieci anni ci siamo misurati sulla nostra capacità di
cambiare la Cina. Ora saremo
giudicati sul grado di progresso che porteremo al mondo».
Non sono parole modeste,
d’altra parte i numeri sono con
il cinquantenne di Hangzhou:
con le sue piattaforme Taobao
(simile a eBay) e Tmall (in cui i
grandi marchi vendono direttamente ai consumatori) ha
279 milioni di compratori attivi e 8,5 milioni di venditori.
Controlla l’80 per cento dell’ecommerce cinese, in costante
crescita. Alibaba è anche molto più redditizio dei grandi
gruppi internet americani, con
margini operativi di profitto al
43 per cento nel secondo quadrimestre di quest’anno
(Amazon nello stesso periodo
ha solo raggiunto il pareggio).
Quindi, quella delle azioni
di Alibaba sembra davvero la
caverna del tesoro. Ma gli analisti mettono in guardia sulla
D’Elia
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per il nuovo pedaggio,
precisa, dovrebbero
concludersi tra 6-12 mesi.
Attualmente Ntv paga 105
milioni per l’accesso alla
rete ad Alta Velocità, già
ridotti di recente dai
precedenti 120. «Secondo
le regole Ue il pedaggio
deve essere legato ai costi
diretti per la circolazione
sulla rete», continua Elia, e
serve a Rfi per rimborsare
il debito di 4,2 miliardi
contratto per gli
investimenti sulla alta
Velocità. «Ed è un
pedaggio uguale per tutti,
per Trenitalia come per
Ntv. Non c’è alcuna
prevaricazione da parte
nostra. La concorrenza è
fatta tra imprese, anche
sulle tariffe. Sono stati
loro a dire che entravano
nel mercato per abbassare
i prezzi. Ora come fanno a
dire che sbagliamo noi
perché facciamo tariffe a 9
euro? Adesso poi le stanno
proponendo loro...». Circa
l’approdo in Borsa delle
Ferrovie, Elia ha indicato
invece come data di
riferimento la fine del
2015. «Stiamo lavorando,
c’è bisogno di una
stabilizzazione delle
regole e di tutti i fattori in
gioco, spero che tutto si
definisca nel 2015».
Fabrizio Massaro
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Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Economia 25
italia: 51575551575557
Industria L’ipotesi di una parziale riapertura anche dell’altoforno
Il caso
Jindal a un passo dalla Lucchini
Missione indiana a Firenze
L’incontro con il premier e i lavori al porto di Piombino
La divisa Walmart?
Se la pagano i dipendenti
Un semplice specchietto infografico pubblicato
sull’intranet aziendale che avvisa del cambio della divisa
dei lavoratori. «Per aiutare i clienti a trovarvi» spiega con
un messaggio Barbara Simone, responsabile delle risorse
umane. Un messaggio come tanti, se non fosse che in
Walmart, la multinazionale statunitense della grande
distribuzione che ha pubblicato qualche giorno fa l’avviso
sul web, sono volate proteste e commenti anonimi
indignati. Perché la nuova divisa (t-shirt bianche o blu e
pantaloni neri o color kaki. Vietati i jeans) è a carico dei
dipendenti. «Con tutto il rispetto per l’azienda - ha scritto
un lavoratore online - questo è un altro onere finanziario
per la nostra famiglia in cui il mio stipendio è l‘unica fonte
di reddito. Pagare per una nuova uniforme è sciocco,
quella che abbiamo cos’ha che non va? ». Dello stesso
identico tenore le altre segnalazioni pubblicate sul web.
«Continuare a cambiare il dress-code non ci aiuta,
soprattutto se è a carico nostro». Polemiche e segnalazioni
che sono finite anche su Our Walmart, una pagina online
creata proprio in difesa dei dipendenti Walmart. Non è la
prima volta infatti che il colosso Usa fondato negli anni ‘60
da Sam Walton, finisce al centro delle polemiche. Nel 2011
fu addirittura intentata una mega class action da un
milione e mezzo di impiegate che lamentavano
discriminazioni salariali. E a fine 2013 alcuni lavoratori
dell’Ohio, in occasione della festa del ringraziamento,
fecero partire una vera e propria colletta alimentare
interna per sostenere il menu del ringraziamento
suscitando polemiche sui bassi salari erogati dal colosso
americano. «Potete comprare le nuove divise con lo sconto
nel nostro store online» si è affrettata a precisare la
responsabile delle risorse umane Barbara Simone. E i
commenti indignati sono giustamente triplicati.
Corinna De Cesare
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Un incontro riservatissimo con il premier Matteo Renzi ieri mattina in
prefettura, poi un summit
con il governatore della
Toscana Enrico Rossi. E, a
sorpresa, una scritta sul
libro degli ospiti che ha il
sapore di un accordo vicino: «Speriamo di aiutare
Piombino a tornare ai
vecchi giorni di gloria con
il nuovo piano industriale». Il magnate indiano
Sajian Jindal, alla guida
del gruppo Jsw (oltre 9
miliardi di fatturato) torna a Firenze dove quattro
anni fa si era sposata la figlia Tanvi con un matrimonio da favola e mille
invitati, e apre una nuova
stagione sulle Acciaierie
Lucchini e sui 2300 operai
(più mille lavoratori dell’indotto) da anni nella
tempesta della crisi.
Jindal ha già avanzato
da mesi una proposta di
acquisto parziale del polo
siderurgico di Piombino,
ma esclusivamente per la
produzione a freddo,
quella dei laminatoi. Stavolta però per la prima
volta l’industriale indiano
parla di piano industriale
e della possibilità di tornare a produrre acciaio
con la lavorazione a caldo.
Nei colloqui con Renzi e
Vertice Sajian
Jindal, 54 anni,
alla guida del
colosso indiano Jsw. A destra, le acciaierie di Piombino
con Rossi (al meeting
hanno partecipato anche
il ministro dello sviluppo
economico Federica Guidi, il sottosegretario alla
presidenza Luca Lotti e il
commissario straordina-
La città
Il sindaco: «E’ un grande
passo in avanti, la mia
città torna a sperare»
L’occupazione
Il piano prevede
il mantenimento dei
livelli occupazionali
Dossier Cgia di Mestre sul lavoro
Mancano
progettisti
software
e analisti
MILANO — Oltre 29 mila assunzioni ma circa 8.500 rischiano di
rimanere senza coperture. È la stima della Cgia di Mestre
sulla top ten delle professioni che nel 2014 presentano le maggiori
difficoltà di reclutamento. Un dato, quest’ultimo, molto inferiore a quello
riferito al 2009 che, in termini assoluti, era pari a quasi 17.600. Se
all’inizio della crisi non si trovava oltre la metà degli infermieri
/ostetriche, dei falegnami e degli acconciatori, nel 2014 le professionalità
più difficili da trovare sono gli analisti e i progettisti di software (37,7%),
i programmatori (31,2%), gli ingegneri energetici e meccanici (28,1%), i
tecnici della sicurezza sul lavoro (27,7%) ed esperti informatici (27,4%).
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rio della Lucchini Piero
Nardi) Jindal avrebbe assicurato la volontà del suo
gruppo di mantenere i livelli occupazionali attuali
e in futuro di aumentare i
posti di lavoro e di rilanciare l’industria. In una
prima fase, sino a dicembre, gli indiani garantirebbero la produzione dei
laminatoi per realizzare
vergelle, barre, rotaie,
senza però escludere una
parziale riapertura dell’altoforno. Poi presenteranno il piano industriale
dei prossimi due anni. E
qui le indiscrezioni parlano della costruzione di un
impianto Corex che oltre
a una produzione avanzata ha meno impatto sull’inquinamento (il gruppo ne gestisce già due in
India).
Jindal è rimasto colpito
dai risultati degli ultimi
lavori effettuati sui fondali del porto di Piombino che garantiranno, come gli ha assicurato il governatore Rossi, l’arrivo
di grandi navi per il trasporto dell’acciaio. Infine
una nota di colore. Matteo
Renzi avrebbe scherzato
con il magnate ricordandogli il matrimonio della
figlia: «Chi sceglie Firenze, sa il fatto suo», avrebbe detto il premier.
Soddisfatto il sindaco
di Piombino, Massimo
Giuliani (Pd): «E’ un grade passo in avanti, la mia
città torna a sperare».
Marco Gasperetti
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Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
I sette giorni su Twitter
di Francesco Fistetti
Ogni settimana un ospite suggerisce
un libro al giorno ai follower
de @La_Lettura. Ecco i consigli
del filosofo Francesco Fistetti
27
italia: 51575551575557
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Niccolò Machiavelli,
«Il principe».
Cinquecento anni dopo,
resta il testo fondativo
della modernità politica.
David Graeber, «Debito».
Una storia affascinante
del debito. «Chi deve cosa
e a chi?».
Luciano Canfora,
«La crisi dell’utopia».
Una lettura intrigante
del Platone comunista,
deriso da Aristofane.
Jacques Godbout,
«Il linguaggio del dono».
E se fosse il dono che fa
funzionare le società
di mercato?
Manuel Vázquez
Montalbán,
«Quintetto di Buenos
Aires». Un romanzo
su Buenos Aires, crocevia
del mondo globale.
Franco Lo Piparo,
«Il professor Gramsci
e Wittgenstein».
Un dialogo a distanza
fra il carcere di Turi e
Cambridge.
Enzo Traverso,
«Che fine hanno fatto
gli intellettuali?».
Addio spiriti critici,
trionfano i mediatici.
Cultura
La nuova stagione del Super Sound Sunday, il nuovo
programma di Oprah Winfrey, comincia oggi negli Usa con
Paulo Coelho che parlerà della sua vita, dei suoi film e dei suoi
libri (su www.supersoulsunday.com streaming in diretta alle 17
italiane). In onda pure spezzoni di La mia Transiberiana, film di
Elisabetta Sgarbi sul viaggio di Coelho dedicato a Solzhenitsyn.
Il volume
Il nuovo libro di
Piero Boitani
(1947),
«Riconoscere è
un dio. Scene e
temi del
riconoscimento
nella letteratura»,
è pubblicato da
Einaudi (pp. 474,
34). L’autore
insegna
Letterature
comparate alla
Sapienza di
Roma ed è socio
dei Lincei e della
British Academy.
A fianco: Ugo
Attardi (19232006), «Ulisse
uccide i Proci»,
particolare
di PIETRO CITATI
I
L’arte sublime di riconoscersi
Telemaco incontra il padre Ulisse ed esce dall’ignoranza
Un motivo che unisce Genesi e Pirandello, Roth e Dante
rivela nel cuore di Telemaco: lo stesso
terrore che le donne di Eleusi avevano
provato davanti a Demetra, Achille davanti ad Atena, Elena davanti ad Afrodite. Ulisse risponde:
Non sono affatto un dio: perché mi
eguagli agli dei? / Ma sono tuo padre,
per il quale tu soffri / gemendo tanti
dolori, subendo gli insulti degli uomini.
Lo bacia e piange. Telemaco non gli
crede: «Non sei Ulisse, tu, mio padre,
ma un demone m’incanta perché
pianga ancora di più, gemendo… Somigli agli dei, che hanno il vasto cielo». Ulisse insiste.
Mai più ti verrà un altro Odisseo
qui, / ma sono io quello, che soffrendo
sventure e molto vagando / sono tornato al ventesimo anno nella terra dei
padri.
Allora i due scoppiano in pianto:
singhiozzano più fittamente e acutamente di uccelli, ai quali i contadini
tolgono i figli ancora implumi. Il paragone è capovolto: Ulisse e Telemaco si
ritrovano, mentre gli uccelli perdono i
piccoli. Nel corso di venti anni, Ulisse
e Telemaco avevano represso nel cuo-
re tante lacrime, si erano allontanati
così completamente l’uno dall’altro,
che ora, nel momento di ritrovarsi,
tutte le lacrime vengono alla luce, fitte
e acute, e danno loro un doloroso senso di perdita, come se si smarrissero
per sempre. In questo momento, Telemaco riconosce il padre: non ha bisogno di metterlo alla prova né di segni,
in un libro dove tutti — Ulisse, Penelope, Laerte — mettono gli altri alla prova e domandano segni. Telemaco ha
visto il padre quando era bambino:
dopo venti anni non lo ricorda; eppure
lo abbraccia piangendo, perché è giovane e ingenuo, e il viaggio a Pilo e a
Sparta ha colmato la sua mente di immagini paterne.
Tra padre e figlio si stabiliscono
un’affinità e una complicità strettissime. Ulisse educa Telemaco: gli insegna in poche ore tre aspetti essenziali
della sua arte di vivere: la sopportazione, le parole gentili, dolci, di miele, e il
segreto, cuore della sapienza. Nessuno, nemmeno Laerte, Penelope ed Eumeo, dovrà sapere che il re nascosto è
uscito dall’ombra. Sotto la guida di
Ulisse, Telemaco cresce rapidamente.
Soltanto lui, nell’Odissea, si trasforma
così sotto i nostri occhi, mentre Ulisse
non si trasforma, ma si sposta dall’una
all’altra delle molte possibilità del suo
mondo interiore. Appena arrivato nel
palazzo, Telemaco ci sembra un altro
uomo: esperto, sicuro di sé, cosciente,
tranquillo; capace di osservare con
precisione gli uomini e le cose, come
chi ha sciolto le incertezze giovanili
nell’esattezza dell’età matura. Diventa
quello che aveva sempre sognato: ciò
che non credeva di poter mai diventare; il figlio del padre. Così il riconoscimento è completo.
***
Il recentissimo, eccellente libro di
Piero Boitani Riconoscere è un dio.
Scene e temi del riconoscimento nella
letteratura (Einaudi) sviluppa uno dei
Metamorfosi
Nell’«Odissea» si stabilisce
una stretta affinità tra padre
e figlio. E quest’ultimo
diventa davvero un uomo
temi fondamentali della Poetica di
Aristotele. Secondo Aristotele, «il riconoscimento (anagnorisis) è un mutamento da ignoranza a conoscenza,
che conduce ad amicizia oppure all’ostilità. Mentre l’Iliade è semplice e
luttuosa, l’Odissea è complessa, perché dappertutto ci sono riconoscimenti». Nessuna definizione migliore
verrà proposta per duemila anni.
Riconoscere è un dio segue questo
filo analizzando le opere maggiori
della letteratura universale: Le Coefore, l’Elettra di Sofocle e Euripide, Re
Lear, Amleto, la Genesi, Il paradiso
perduto, Giuseppe e i suoi fratelli, Elena di Euripide, I Vangeli, Il racconto
d’inverno, I racconti di Canterbury, la
Commedia, La terra desolata, Il conte
di Montecristo, Il fu Mattia Pascal,
Giobbe di Joseph Roth. Il talento straordinario di Piero Boitani nasce dall’unione di due doni: una incomparabile ricchezza di conoscenze e l’arte
sottilissima di cogliere le relazioni che
rendono vivo e molteplice un testo, e
lo legano a tutte le altre opere passate
e future.
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Dialoghi Gli scrittori amici a colloquio: il libro su diritto e fede di Ian, quello sulla Shoah di Martin. E altre confidenze (anche alcoliche)
McEwan e Amis, vite parallele: amiamo le cose che vanno male
dal nostro inviato
MICHELE FARINA
LONDRA — «Le nostre vite parallele — dice Martin Amis — Abbiamo cominciato a pubblicare
nello stesso periodo, entrambi
abbiamo scritto 14 romanzi e due
raccolte. E poi matrimoni, divorzi,
figli, nuovi matrimoni: tutto nello
stesso periodo...». «Vuoi dire che
moriremo nello stesso periodo?»
scherza Ian McEwan.
Due amici, Martin e Ian, due tra
i più grandi scrittori inglesi viventi, che si trovano a riflettere (dialogo pubblicato ieri dal «Telegraph») sui loro ultimi lavori let-
terari, che naturalmente escono
in contemporanea. The Zone of
Interest è il secondo romanzo che
Amis scrive sulla Shoah. In The
Children Act McEwan esplora i dilemmi tra stato di diritto e religione quando si tratta di scelte mediche che riguardano i minori. Come nasce un romanzo: ospite di
una cena con molti magistrati,
McEwan si imbatte in un volume
di sentenze scritte dal giudice padrone di casa. «Notai che molte
erano legate alla religione: genitori cattolici che non vogliono veder
separati i loro gemelli siamesi, un
teenager testimone di Geova che
rifiuta la trasfusione salva-vita...
Da oggi Luca Dalisi,
illustratore e fumettista,
sceglie i libri per i
follower de @La_Lettura
Oprah Winfrey riparte con Coelho
Letture Piero Boitani
esplora per Einaudi
scene e temi del
ritrovarsi nella
letteratura universale
l primo riconoscimento
famigliare
nell’Odissea
avviene nella capanna di Eumeo,
ad Itaca. La capanna di Eumeo è simile a una di quelle locande così frequenti nel romanzo europeo del Settecento e dell’Ottocento: luogo di incontro e di intreccio delle trame, spazio
del racconto parlato. I cani scodinzolano senza abbaiare: si sente un rumore
di piedi; Telemaco arriva davanti alla
porta della stalla. Eumeo si alza stupefatto, e dalle mani gli cadono i vasi del
vino. Piangendo va incontro a Telemaco, gli bacia il capo, gli occhi e le mani,
lo abbraccia, come un padre accoglie
un figlio che torna, il decimo anno, da
una terra lontana. Gli dice:
Sei tornato Telemaco, mia dolce luce. Io non credevo / di rivederti, dopoché con la nave partisti per Pilo.
Sono le stesse parole che, fra poco,
Penelope dirà al figlio. Che intensità di
affetto, che dolcezza del cuore: il servo
ama il figlio del padrone come se ne
fosse la madre. L’uomo tornato da una
terra lontana, Ulisse, è lì, mentre Eumeo piange e abbraccia Telemaco. Tace. Ignoriamo quali sentimenti percorrano il suo cuore, dietro gli occhi di
corno.
Mentre Eumeo lascia la stalla, Atena
appare nella sua metamorfosi preferita, come una esperta tessitrice. Telemaco non la vede, «perché gli dei non
appaiono visibili a tutti». La scorgono
i cani, che hanno il dono di percepire
il divino più degli uomini: si spaventano, uggiolano e fuggono. Anche Ulisse
la vede: la dea gli fa cenno coi sopraccigli; Ulisse esce dalla stalla e le sta di
fronte. La dea gli ordina di rivelarsi al
figlio, lo tocca con la verga d’oro, ne
eleva la statura e il vigore, stende la
pelle delle guance, fa ritornare nera la
barba, lo ringiovanisce, e gli pone sul
corpo un mantello e una tunica.
Quando Ulisse trasformato ritorna
nella stalla, Telemaco lo guarda impaurito. Volge altrove lo sguardo, temendo che il padre sia un dio, e gli
promette sacrifici e doni d’oro. «Risparmiaci». Quale terrore degli dei si
Luca Dalisi
è il nuovo
#twitterguest
Ian McEwan (66 anni,
foto Ap) è autore di romanzi e racconti. L’ultimo libro uscito in Italia (quest’anno da Einaudi) è «Espiazione»
Martin Amis (65 anni,
foto Tim Jenkins) è
scrittore e saggista. In
Italia «The Zone of Interest» uscirà (da Einaudi)
nell’autunno del 2015
Tante storie sulla frattura tra lo
spirito laico e un mondo di sincere convinzioni legate al credo religioso». «Questi sistemi di credenze — chiosa Amis — sono mondi
chiusi. Religione, ma anche ideologia». A volte neppure: «Nel caso
di Hitler — dice Amis — non c’era
ideologia. C’erano due o tre idee:
Lebensraum, espansione territoriale; allucinante antisemitismo;
semplice volontà di restare al potere. La gente non fu attratta dal
nazismo per la sua ideologia. Fu
una sorta di adunata per sadici, e
questo doveva essere».
McEwan: «Sì, cosa sono in fondo quelle bandiere nere dell’Isis
se non un grande catalizzatore per
ogni aspirante torturatore disponibile. Cercano il loro posto nella
storia, non è così?». E sul perché i
romanzieri siano attratti da questi
mondi, «noi amiamo le cose che
vanno male» (McEwan), «e amiamo gli estremi, i sistemi chiusi:
cose che costituiscono un mondo
a sé» (Amis). Due amici uniti anche dal cosa non fare dopo cena:
non leggere più i libri che hanno
scritto: «Una volta la mia notte
ideale era una bottiglia di vino e
cinque ore passate a rileggere le
mie cose» dice Amis. E McEwan:
«Adesso cinque bottiglie e basta».
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Festival di Mantova
Elif Shafak
e i nuovi feticci:
«Troppa paura
delle differenze»
dal nostro inviato
CRISTINA TAGLIETTI
MANTOVA — Elif Shafak è al
Festivaletteratura dove ieri ha
presentato il suo nuovo libro, La
città ai confini del cielo (Rizzoli),
ambientato nella Istanbul del XVI
secolo. È qui per parlare di
Oriente e Occidente, di secoli di
scontri e incomprensioni, ma
anche di scambi e di confronti.
Ponte credibile tra le due realtà,
Elif Shafak (42 anni, nella foto),
autrice di un romanzo, La
bastarda di Istanbul, che ha
avuto grande successo di
pubblico e critica, ma anche
suscitato molte polemiche, vive
tra Londra e la città sul Bosforo.
«Oggi — dice al “Corriere” — mi
preoccupa la feticizzazione
dell’identico. I razzisti, i
fondamentalisti, i terroristi,
vogliono tutti la stessa cosa:
creare uno spazio dove non ci
siano differenze, dove tutti siano
uguali. Dove c’è questo tipo di
pensiero non c’è vita, non c’è
democrazia, non c’è arte, non c’è
cultura. Non ci sono libri, spesso,
perché lo scrittore ha bisogno di
storie e le storie hanno bisogno
di diversità». La condizione
femminile nel Medio Oriente (e
non solo) è uno dei suoi temi:
«Bisogna rafforzare una cultura
in cui le donne possano essere
libere e felici anche fuori di casa.
In Turchia siamo ancora al livello
che se arriva la notizia di una
donna molestata, subito tutti
dicono: avrà avuto la minigonna.
Questo è il tipo di mentalità». Ma
neppure l’opposto le sta bene,
come vietare alle donne di
indossare il velo islamico: «Noi
abbiamo 7 parole per indicarlo,
voi una sola, vorrà pur dire
qualcosa...». Il problema, dice, è
che in Medio Oriente «le energie
femminili sono state schiacciate,
compresse, le donne sono state
messe ai margini. Basta
camminare in città per rendersi
conto come lo spazio pubblico
sia occupato dagli uomini. Come
donne abbiamo bisogno di
ricostruire la nostra coscienza di
genere, acquisire maggior
consapevolezza del valore della
solidarietà. Una volta in Turchia
si diceva sorellanza. Ho sempre
creduto nel movimento
femminista». Ma questo è un
problema di tutti, non soltanto
delle donne. «No, certo.
Dobbiamo riuscire a parlare più
forte degli estremisti. Sono pochi
ma urlano, noi siamo di più ma
parliamo a voce troppo bassa».
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italia: 51575551575557
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Eventi
29
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JEWISH
AND THE CITY
La manifestazione
Parole, teatro e musica
L’incanto del narrare
in 11 luoghi della città
Aquaro a pagina 30
Il dibattito
Dal tempo ai pregiudizi
Le moderne schiavitù
sono sottili e invisibili
Scorranese a pagina 30
L’identità
Un’eredità trasmessa
non tramite i geni
ma attraverso i racconti
Jesurum a pagina 31
La tavola
Non c’è una sola cucina
E con le rivisitazioni
nasce la «jewecology»
Frenda a pagina 31
Le paladine della pace
Non amo gli eroi
L’unica leader
è stata mia madre
di LIZZIE DORON
Q
uando mi è stato chiesto di parlare
della leadership delle donne, mi sono domandata se sia attuale parlarne come una questione di genere.
La mia mente ha iniziato a visualizzare personaggi celebri. Ha snocciolato gente come
Churchill, Roosevelt, Stalin, Clinton, Ben
Gurion, Golda Meir e Angela Merkel. Sono
apparsi anche militari, guerrieri come Achille, Patton, Annibale, Montgomery e Rommel, e poi si sono fatti vivi i filosofi, leader a
loro modo, con Heiddeger, Adorno, Popper,
Sholem.
Ho sorriso a tutti questi volti che spuntavano dalla mia memoria, persone che hanno
influenzato così tanti, hanno allevato discepoli, frapposto credenti e avversari, indicato
a tutti noi le vie del bene e del male. Mi sono
resa conto che ieri come oggi la maggior parte dei leader sono uomini e che la «questione
di genere» anche in questo campo è una discussione da affrontare. Ma la mia mente si è
posta un’altra domanda: chi è il tuo leader,
Lizzie? La lista che da poco si era creata è svanita, come spazzata via, e un solo volto si è
materializzato, il volto di colei che ha costruito per me un mondo in cui vivere, mia madre,
Helena. E in un battito di ciglia sono tornata
ad essere la bambina cresciuta in un piccolo
quartiere di Tel Aviv, un quartiere dove tutti
gli abitanti erano sopravvissuti alla Shoah.
Erano tutti vittime di grandi leader, politici
e militari, e anche vittime dei filosofi, responsabili anch’essi di aver pavimentato la
❜❜
La passione
S’infuriava con il preside della
scuola e urlava che a sua figlia,
nata dopo la guerra, bisognava
insegnare solo ad amare la vita
strada che ha portato mia madre e la sua generazione negli abissi di polvere e oscurità. E
queste persone ora dovevano riportare la vita
dentro se stessi. E se mi guardo indietro, sono state le donne a intraprendere il cammino, a sostenere la rinascita e fondare una
nuova esistenza. Gli uomini accanto a loro
forse mantenevano le proprie famiglie, ma
spesso dentro erano spezzati, privi di energie, come morti.
Posso condividere con voi la via scelta da
mia madre Helena, una di quelle donne.
Mi viene in mente la lettera che mandò al
preside delle elementari comunicando che
non sarei andata a scuola alla cerimonia in ricordo di Trumpeldor. Dovete sapere che il signor Trumpeldor è stato un eroe che scelse
come ultime parole prima di morire in battaglia «È bello morire per il nostro paese». Il
suo eroismo e sacrificio scaldavano i cuori
nell’Israele degli anni Sessanta e agli studenti
si insegnava che il suo esempio era quello da
seguire. E solo mia madre si infuriava e urlava che a sua figlia, nata dopo la guerra, bisogna insegnare solo ad amare la vita e se a
combattere allora solo se obbligati, e anche
allora solo per vivere e non certo perché è
bello morire. E, mentre tutti i miei compagni
partecipavano alla cerimonia, io me ne stavo
a casa. In questo modo, già da bambina ho
imparato che non bisogna farsi ingannare da
un leader o uno slogan. Mia madre mi ha insegnato a dubitare, commentare, e a non idolatrare un uomo o un’opinione.
Non si faceva impressionare nemmeno
dalla leadership militare. Nei giorni in cui lo
Stato d’Israele sottolineava la necessità della
sicurezza e Moshé Dayan e Arik Sharon erano
gli eroi a cui molti guardavano con ammirazione, lei mi ripeteva continuamente che nelle guerre non ci sono vincitori, solo feriti e
morti. Erano parole che lei pronunciava in un
periodo in cui l’eroismo era una forma di linfa esistenziale per un paese nato dopo la
guerra.
SEGUE A PAGINA 31
La copertina
Quelle pecore
simbolo
del sacrificio
Il collage riproduce i
dipinti dell’israeliano
Menashe Kadishman
(1932). Kadishman, un
tempo pastore, associa
alle pecore colorate una
ricca simbologia che
rimanda alla religione:
l’agnello sacrificale, per
esempio, richiama il gesto
di Abramo e di Isacco.
Nel 1978 Kadishman
portò un gregge vivente
alla Biennale di Venezia,
episodio che ha ispirato
il film «Dove vai in
vacanza?» nell’episodio
di (e con) Alberto Sordi
Esperienze
di libertà
Il tema biblico dell’uscita dall’Egitto e il senso della festa di Pèsach: da qui
parte il Festival internazionale di cultura ebraica, a Milano dal 13 al 16
settembre, per raccontare in molti modi il viaggio metaforico dell’umanità
30 Eventi
JEWISH
AND THE CITY
italia: 51575551575557
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
Jonathan
Gottschall
Sarà domani alle
11 alla Sormani
con la Lecture
«Siamo ciò che
narriamo» e alle
18.30 alla Fondazione Feltrinelli
La guida «Jewish and the City», festival
internazionale di cultura ebraica, dal 13 al 16
settembre, è promosso dalla Comunità
ebraica di Milano, in collaborazione con il
Comune di Milano, Fondazione Corriere della
Sera e Teatro Franco Parenti. Ingresso
gratuito. www.jewishandthecity.it
L’appuntamento Undici luoghi di Milano per un viaggio fra tradizione e attualità
Parola, teatro e musica
L’incanto della narrazione
Il Festival si aggancia al valore della Pasqua ebraica
C
ercare se stessi, esplorare i
perché di un cammino, sono i
passi esistenziali dell’uomo.
Da sempre. Per l’Ebraismo,
queste domande cominciano con
l’Esodo dall’Egitto e proseguono fino
ad oggi. Ma sono anche gli interrogativi di ogni individuo, al di là dei contesti politico-religiosi. Ecco perché
«Jewish and the City», seconda edizione del festival di cultura ebraica a
Milano, dal 13 al 16 settembre prossimi, non si esaurisce in un racconto di
un popolo, ma è il «Pèsach: il viaggio
più lungo», scelto come tema da «colui che sa di non sapere», ricorda Roberto Della Rocca, responsabile
scientifico del festival e direttore del
Dipartimento culturale dell’unione
delle comunità ebraiche italiane. Alla
ricerca di possibili risposte, incontriamo lo psicologo evoluzionista Jonathan Gottschall, autore de «L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno
reso liberi» (Bollati Boringhieri), che
già domani, alle 11, nella Biblioteca
Sormani, terrà una lectio magistralis
sull’arte del racconto.
È la preview-raccontata di un festival che entrerà nel vivo, sabato 13, in
forma di narrazione teatrale e musicale, alla Rotonda della Besana, tra le
undici sedi di una città, Milano, «naturalmente portata alla condivisione
e allo scambio», ricorda Daniele
Cohen, assessore alla Cultura della
Comunità ebraica di Milano. La Besana è il luogo scelto dalla regista Andrée Ruth Shammah, per «Seder. Che
cosa è cambiato?», dove un avvenimento scandito nel tempo, il racconto nel racconto, portico dopo portico,
trae spunto dal «Seder di Pèsach», la
cena della Pasqua ebraica. E sempre
sotto i portici della Besana, sede del
Museo dei bambini, il giorno dopo,
dalle dieci del mattino, toccherà ai
più piccoli proseguire quel racconto
ispirato all’Haggadah (il compendio
delle principali omelie rabbiniche) in
una mostra-gioco, «Il mercato delle
storie». «Si cercheranno risposte, in
questi giorni di festival, all’interno di
discipline provenienti da mondi differenti», spiega l’assessore Cohen.
Domenica 14, la Sinagoga centrale
si sdoppierà in due momenti apparentemente diversi. La studiosa di
ebraismo Catherine Chalier ricorderà
quanto ciascuno di noi faccia parte di
una lunga storia iniziata prima e destinata a proseguire («in pratica, una
riflessione sul rispetto per il prossimo, dal momento che oggi siamo
schiavi dei pregiudizi, delle ideologie
e di un consumismo aggressivo e globalizzato», aggiunge Della Rocca),
mentre l’attore Gioele Dix si chiederà, in «E Mosè battè la roccia», che
cosa ci sia sfuggito del racconto della
liberazione del popolo ebraico dalla
schiavitù egiziana. Potrebbe esserci
sfuggito il giusto ruolo della figura
femminile, analizzato, domenica 14,
in occasione della quindicesima giornata europea della cultura ebraica, all’interno de «Le donne nell’Esodo»,
dalle tre del pomeriggio in Sinagoga.
E ancora, «Donne e Diaspora» in forma di sette note, se a suonare è il
quartetto klezmer, tutto al femminile,
de «Les Nuages Ensemble», dalle 15
di domenica alla Besana.
Ricorda Della Rocca, relatore lui
stesso, martedì 16, a chiusura del festival: «Anche se quella ebraica è
sempre stata una cultura di minoranza ma ben radicata e tesa all’uguaglianza, non vuol dire che non esistano delle nuove schiavitù pronte a rivoluzionarne l’esistenza». Concetto
che fa suo il rabbino Benedetto Carucci Viterbi, tra gli ospiti del Teatro
Franco Parenti, invitato, in soli diciotto simbolici minuti (tempo in cui
L’anteprima
Le storie che ci hanno reso liberi è il tema
della lectio magistralis che lo psicologo
evoluzionista Jonathan Gottschall tiene
domani come prologo alla manifestazione
Il palcoscenico rituale
Alla Besana in scena il «Seder di Pèsach», la
cena più suggestiva. E i piccoli arricchiscono
il racconto ispirato all’Haggadah, il
compendio delle omelie rabbiniche
il pane azzimo si trasforma nel pane
lievitato e proibito durante il Pesach),
a parlare di «Liberi dal faraone», in
pieno terzo millennio. Restiamo in
tema. Lunedì 15, dalle 17, alla Fondazione Corriere della Sera, «I comandamenti della libertà»: dieci relatori,
nei quindici minuti da talk americano, sono chiamati a esprimersi sui
precetti della Torah; coordina Stefano
Jesurum, giornalista e membro del
Comitato promotore di Jewish and
the City. Di corsa, in questo viaggio
alla ricerca di se stessi, segnaliamo
l’appuntamento di martedì 16, in Sinagoga, con Adin Steinsaltz, tra i più
autorevoli commentatori di Talmud
al mondo e relatore su un tema attualissimo: «Chi è lo straniero, e che cosa
significa rispettarlo». Magari è l’uomo dietro l’angolo, uno dei sette violinisti di «Ascolta Chagall», il concerto omaggio al grande pittore russo, la
sera di martedì, in piazzetta di Palazzo Reale, a due passi dalla grande
mostra dedicata al genio del racconto
dipinto.
Peppe Aquaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il dibattito Un incontro al teatro «Parenti» analizza le nuove forme di asservimento. Come l’ansia della trasparenza a tutti i costi
Quel chiacchiericcio che ci tiene in schiavitù
Molte parole vuote, complice la rete
E rischia di vincere il conformismo
I
n una recente intervista a «El
País», il capo di Stato dell’Uruguay, Pepe Mujica, ha dichiarato: «Sono stato schiavo per molti anni. Prima schiavo della dittatura
e, in seguito, prigioniero delle mie
rigidità ideologiche».
Nelle parole dell’anziano presidente c’è la lucidità dei poeti e dei rivoluzionari: la libertà e la schiavitù
convivono più frequentemente di
quanto si pensi. E di moderne forme
di schiavitù si parlerà a «Jewish and
The City», domenica 14: al Franco
Parenti si confronteranno religiosi,
scrittori e storici. Cominciando col
precisare che forse oggi sarebbe meglio parlare delle schiavitù, al plurale: dai pregiudizi sessuali e sociali ai
persecutori interni (o sensi di colpa), a imbrigliarci oggi sono reti invisibili, spesso accomodanti e vischiose.
«Il tempo, per esempio — commenta Rav Benedetto Carucci Viterbi, studioso di ermeneutica ebraica
—. Nelle Scritture si legge che il popolo ebraico uscì in fretta dall’Egitto. Una fuga che è anche liberazione,
quasi un parto. Ma oggi il tempo diventa una gabbia: il quando ci fa dimenticare che cosa e come». Schiavi
di una scansione temporale che annulla il desiderio?
O schiavi perché troppo liberi?
Non è un paradosso: è la spina dorsale di un libriccino fulminante di
Peter Sloterdijk, Stress e libertà
(Cortina, 2012): oggi siamo costretti
a compiere decine di micro-scelte
ogni giorno, quasi ogni ora, cosa che
ci crea ansia. La libertà stanca. O la
finta libertà: può davvero dirsi libera
una società dove certi pregiudizi,
razziali, sessuali e sociali, sopravvivono tenaci? «Più che di sopravvi-
venza, nel caso dei pregiudizi parlerei di un aumento vertiginoso — dice Luigi Zoja, psicanalista e tra i partecipanti al dibattito milanese —.
Paradossalmente, in una società più
complessa questi diventano molto
sottili, sfuggenti».
Il caso che ha coinvolto la Federcalcio e il suo presidente, Carlo Tavecchio, è un esempio: quella sui
«mangia-banane» è stata vista da
molti come una frase infelice che però rivela un retroterra dove certi pre-
giudizi si danno per assodati, fanno
parte del linguaggio colorito. Parole.
Oggi molto importanti: tra social
network, blog e piattaforme web, il
mondo scrive moltissimo. E forse
questo aspetto «sociale» della parola
è una forma di schiavitù. L’impulso
a scrivere un commento, l’ansia di
essere brillanti o ironici in rete, la
spinta continua a dire la propria, a
volte, possono oscurare l’oggetto
della riflessione, offuscando i fatti.
«Parola come buccia, guscio vuoto, stereotipo e non archetipo, per
dirla con Jung», sintetizza Zoja. Siamo ben lontani dalla parola creatrice
che informa le Sacre Scritture e, in
modi molto diversi, l’universo eso-
Il rabbino
Carucci Viterbi: «Il tempo
è diventato una gabbia.
L’ossessione per il quando
oscura il che cosa e come»
Lo psicanalista
Zoja: «I pregiudizi oggi sono
aumentati. In una società
più complessa, diventano
sottili e molto più sfuggenti»
I suoni della festa
Uno scatto tratto dall’edizione 2013 di «Jewish and The City» a Milano. La foto di Francesco Emanuele Ratti
illustra una parte delle attività che hanno animato via San Barnaba, zona dove si trova la sede della
Società Umanitaria. Per quattro giorni, le strade sono state ravvivate da concerti, reading e spettacoli
terico. La parola che produce e che
modifica le cose (come nelle formule alchemiche) ha lasciato il passo al
chiacchiericcio del quale non sappiamo fare a meno e che ci riduce in
schiavitù social-tecnologica? Anche
di questo gigantesco colloquiare
collettivo parla Libertà di parola, libro di Nigel Warburton (ancora Cortina) dove, inoltre, ci si pone la domanda: è giusto che tutti possano
dire la loro, compreso chi nega
l’Olocausto o chi bestemmia?
«Schiavitù è anche il conformismo», chiosa Carucci Viterbi, andando al cuore di un’altra forma di
asservimento sulla quale si discute
da anni: l’ansia della trasparenza, del
dire la verità a tutti i costi. Ne parla
un libro da poco uscito per nottetempo, La società della trasparenza,
di Byung-Chul Han, dove si legge:
«L’obbligo di trasparenza riduce
l’uomo a un elemento funzionale del
sistema. In questo consiste la sua
violenza». Mentre Zoja cita Brodskij:
«La sconsolante verità per la quale
un uomo liberato non sempre è un
uomo libero».
Così, al Parenti, si parlerà di prigionia reale (con Lucia Castellano,
una vita dedicata al carcere «progressista» di Bollate) e di prigionia
metaforica — con Nathalia Romanenko si ricorderanno compositori
dimenticati dal pubblico, perché anche la scomparsa della memoria è
una gabbia. In fondo, quella ebraica
è una tradizione culturale che, proprio a causa delle persecuzioni sopportate nella sua storia, ha spesso
trovato le chiavi di una libertà
espressiva originale: la grande mostra che si sta per aprire a Milano su
Chagall è una prova. L’artista originario di Vitebsk, in Bielorussia, confessò: «Dipingo ciò che non riesco a
dire con le parole».
Roberta Scorranese
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Catherine
Chalier
La filosofa terrà
la lectio magistralis «Raccontare per essere»
domenica 14
alla Sinagoga
Centrale, ore 11
Sacre Scritture
Una rivisitazione fotografica
della storia
biblica di Giacobbe ed Esaù
fatta da Adi Nes
e compresa
nella serie «Biblical Stories»,
realizzata tra il
2007 e il 2008
(foto: courtesy
dell’artista).
Nato nel 1966
in Israele, Adi
Nes riflette
spesso sull’attualità attraverso temi sociali,
religiosi e culturali. La scelta di
interpretare le
scene bibliche è
frutto di un costante rapporto
con le tradizioni
della cultura
ebraica. I suoi
lavori sono stati
esposti, tra l’altro, all’Hôtel de
Sully a Parigi e il
Jewish Museum
di New York.
✒
Intorno alla tavola della nostra identità
di STEFANO JESURUM
Y
etziàt Mitzràim, l’uscita dall’Egitto. Ciascuno
dal proprio Egitto, materiale e spirituale. I
travagliati percorsi verso la libertà, che non è
ancora liberazione interiore; il significato profondo
dell’alterità, dell’essere stranieri; l’importanza
vitale del racconto che ad ogni Pèsach viene
ripetuto midòr ledòr, di generazione in generazione.
E proprio come intorno alla tavola del sèder di
Pasqua – che milioni di uomini e donne hanno negli
occhi attraverso l’Ultima Cena leonardesca – si
mette in gioco e si rinforza la propria identità, così,
nel medesimo modo, relatori e partecipanti alla 2a
edizione di Jewish and the City si metteranno in
gioco con se stessi e con l’Altro. Un confronto che è
cultura, ricerca di un punto d’incontro nelle
Eventi 31
italia: 51575551575557
differenze. Narrando così – e insieme anche
proponendo (per esempio alla Fondazione Corriere
della Sera) – i «dieci comandamenti» della libertà.
Raccontando, e ascoltando. Perché nell’ebraismo
tutto, o quasi, è racconto. Voci che si tramandano e
tramandano storie, passato che è presente e futuro,
assenza di tempo, forse eternità. In una continuità
solidamente e al tempo stesso «liquidamente»
fondata su parole dette e scritte, labirinto di
interpretazioni, dibattiti, dissensi. Perché,
mutuando Amos Oz e sua figlia Fania, l’eredità, da
padri e madri a figli e figlie, è trasmessa attraverso
la narrazione e non tramite i geni.
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gioele Dix
L’attore e regista sarà protagonista del reading «E Mosè
battè la roccia»,
domenica 14
alla Sinagoga
Centrale, alle 12
Meret Meyer
Vicepresidente
dello Chagall
Committee, sarà
lunedì 15 a Palazzo Reale, ore
12.30, all’incontro
«Chagall, l’ebreo
in viaggio»
Don Gino
Rigoldi
Il presidente
della Comunità
Nuova Onlus
interverrà domenica 14 alle
18.30 alla Società Umanitaria
Nel piatto Innovare senza sconfessare. E al festival tornano gli show-cooking
Non una, cento cucine
E con le rivisitazioni
nasce la «jewecology»
Dagli Usa all’Italia, i nuovi guru del cibo
«L
a cucina ebraica?
Non esiste». Claudia Roden è lapidaria. Food writer
inglese, è autrice di quella che
sull’argomento viene considerata la «bibbia»: The book of jewish
food. «Mi pongono sempre questa domanda — spiega —. In realtà ciò che qui è familiare come
cibo ebraico, è totalmente sconosciuto agli ebrei d’Egitto, Marocco e India. Cibo regionale, locale, diventa ebreo quando viaggia con gli ebrei verso nuove patrie [... eppure] dopo anni di
ricerca, posso dire che ogni regione o Paese ha i suoi particolari piatti ebraici e questi sono
spesso molto differenti dalla cucina locale. Gli ebrei hanno adottato le cucine dei Paesi in cui sono vissuti, ma in ogni Paese la
loro cucina ha avuto un gusto e
note caratteristiche speciali e
qualche piatto originale che l’ha
reso distinto e riconoscibile».
La sfida, dunque, è capire di
cosa parliamo quando ragioniamo di cibo ebraico. E perché oggi, più di prima, è diventato di
moda. Specie tra i giovani. Lo testimonia un articolo del «New
York Times» di pochi mesi fa. Si
racconta di «un esercito di giovani cuochi, molti ebrei-america n i , a r r i va to s u l l a s ce n a
newyorkese a rielaborare e riscoprire i cibi dei loro antenati.
Imponendo la tendenza aringafriendly: esattamente come nel
XIX secolo per gli ebrei dell’Europa orientale».
Di aringhe, e anche zuppe di
cavoli, ne sa qualcosa Menachem Senderowicz, proprietario
di Jezebel, il nuovo ristorante kosher di Manhattan dove «si può
mangiare ebraico senza sentirsi
tristi». «Abbiamo scoperto che i
nostri antenati sapevano meglio
di noi cosa stavano facendo», aggiunge Jeffrey Yoskowitz, proprietario di Gefilteria, ditta di
successo che negli Usa produce
Controllo di qualità In alto prodotti certificati kosher (Ansa);
qui sopra Jasmine Guetta e Manuel Kanah, autore del blog Labna.it. A sinistra, Claudia Roden
le versioni non ortodosse di pesce gefilte, la carpa stufata aromatizzata alle mandorle. Un’ondata che comprende successi alimentari come Mile End Deli o
Russ & Daughters Cafe, dove servono il leggendario pesce affumicato e sono maestri nel remixare classici come la zuppa di
merluzzo o il gelato halvah al caramello (ne fa uno buonissimo al
cioccolato lo chef palestinese Yotam Ottolenghi, nel suo locale
monotavolo di Soho, a Londra).
Tutto, però, nell’ottica dell’ecosostenibilità.
La chiamano infatti jeweco-
logy. Parole d’ordine: fresco, locale e di stagione. Una rete mediatica e intellettuale che vuole
preservare la tradizione innovando i cibi dei nonni. E puntando sulla purezza del prodotto. Come predicano i kosher food blogger. Da Devra Ferst, autore di The Jew & The Carrot, a 7
bites di Lindsay Wess. Per l’Italia
Labna, con Benedetta Jasmine
Guetta, Dinner in Venice di
Alessandra Rovati. All’interno di
«Jewish and the city», Guetta,
con Manuel Kanah, altro autore
del blog, sarà protagonista, domenica 14, di due show cooking
al Teatro «Parenti», alle 15 e alle
17.30. Titolo: mangiare alla giudia. O Jewish kitchen, gestito
dalla Comunità ebraica di Venezia. Nuove generazioni che imparano ad affumicare il pesce o
fare la challah come le nonne...
Per poi magari servirla alle cene
del sabato sera con Cheddar e
olio harissa. Ma condividendo
le stesse regole: quelle della
kasherut. Kasher significa «permesso» e contraddistingue i cibi
concessi agli ebrei osservanti e
le regole per cucinarli.
E anche i locali
kosher sono una
tendenza inarrestabile. A Vienna c’è
Ohel Moshe Bakery,
un panificio che il
venerdì è preso d’assalto dagli osservanti che comprano le
pagnotte di «challah», il pane del sabato. Ha dolci deliziosi come i Rugelach, simili a brioche,
o i Kolach, originari
dall’Europa dell’Est.
A Parigi, da Chez
Marianne si può gustare il lato mediterraneo della cucina
kosher con falafel,
humus e insalata di
carciofi. Sempre qui
Simone Zanoni,
38enne chef allievo
di Gordon Ramsay,
ha aperto il Raphael,
il primo ristorante
kosher di lusso.
Ma è Deb Perelman, autrice del
blog The Smitten Kitchen, di origini
ebraiche, ad aver trovato nella
sua cucina una Terza via: «Io sono io. E non mia nonna o i miei
antenati. Così, ad esempio,
quando faccio il dolce di Pasqua,
aggiungo un pizzico di farina.
Quello tradizionale, senza farina,
lo trovo terribile. Oppure, agli
apple latkes io aggiungo dello
sciroppo al caramello che li rende più dolci. Amo il cibo ebraico,
sia chiaro, ma penso che oggi ci
siano mezzi per migliorarlo.
Senza per questo modificarne la
struttura portante. Abbiamo così
tanti nuovi ingredienti a disposizione! La frutta secca, l’olio vegetale, la crema invece dell’olio
di cocco... Inventare non significa tradire ma crescere».
Angela Frenda
angelafrenda
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Donne e potere
L’altro festival
L’arte quotidiana di una leadership casalinga
E a Roma va in scena
la notte della Cabbalà
SEGUE DA PAGINA 29
Ma mia madre era coraggiosa, critica, non aveva paura di esprimere
un’idea diversa e nemmeno nella vita di
tutti i giorni rinunciava ai suoi principi,
a partire dalla sensibilità verso il prossimo e i suoi bisogni. E così, a soli sette
anni e un grande desiderio di avere lo
smalto sulle unghie, mia madre, in modo del tutto inaspettato mi diede il permesso di comprare dello smalto rosso
da Leah, la manicurista del quartiere. La
gioia che provai nell’applicarlo alle unghie svanì a scuola quando le mie compagne e la maestra mi presero in giro.
Tornai a casa in lacrime. Mia madre rimase tranquilla e mi disse di non preoccuparmi perché avevo fatto una mitzvà. Leah era da poco rimasta vedova e
ora aveva bisogno di sostegno: meglio
comprarle lo smalto che farle la carità.
Credo di aver capito, grazie a lei, che
L’autrice
Lizzie Doron è nata a
Tel Aviv, dove vive, nel
1953. Per la Giuntina
ha pubblicato cinque
romanzi: «Perché
non sei venuta prima
della guerra?»,
«C’era una volta una
famiglia», «Giornate
tranquille», «Salta,
corri, canta!», «L’inizio
di qualcosa di bello»
la vera leadership non la si trova nei
parlamenti, sui campi di battaglia o all’interno di importanti saggi. E ho capito di aver avuto una leader casalinga,
una donna che mi ha insegnato che devo essere Mentsch ogni singolo giorno
della mia vita. È una parola in yiddish,
unica, significa essere una persona che
conduce una vita etica fino in fondo, un
essere umano.
E mia madre aggiungeva che non basta essere Mentsch nella vita di tutti i
giorni, perché ci sono anche momenti
che trascendono la vita di tutti i giorni,
e in questi frangenti drammatici dobbiamo diventare giusti tra le nazioni.
Ed era questo, per lei, il più alto livello
di umanità al mondo: essere un giusto
tra le nazioni. Per lei essere un leader
non dipendeva certo dal genere, per lei
era un modo di comportarsi, un sentimento di solidarietà, era sensibilità
verso il prossimo. I capi di governo, i
generali, i filosofi, per lei erano solo
persone che esercitavano una professione — quasi sempre per elevare solo
se stessi, commentava.
Vorrei concludere con un’informazione che ho ricevuto dopo la morte di
mia madre. A quanto pare, a salvarle la
vita quando era malata in campo di
concentramento, era stato un medico
nazista poi condannato a morte. Nonostante tutte le difficoltà pratiche e psi-
❜❜
Persona etica fino in fondo
Lei diceva: non basta
essere Mentsch nella vita
quotidiana, serve anche
nei frangenti drammatici
cologiche partì per andare a testimoniare in suo favore e là affermò, tra le
altre cose, che, come insegna la tradizione dei suoi padri, chi salva una vita
salva il mondo intero. E quell’uomo
non fu ucciso.
Allora chi è un leader? Quali le caratteristiche? Uomo o donna? Sono tornata al punto di partenza. Forse semplicemente una persona buona, capace di
migliorare le cose, per te e per gli altri.
La mia leader è mia madre. E quindi, riguardo ai capi di governo, ai generali e
ai filosofi che chiedono di essere seguiti
dalle persone, ho il profondo obbligo di
controllare, preoccuparmi, studiare se
essi meritino di essere i miei leader di
oggi. Uomini o donne che siano.
Lizzie Doron
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lizzie Doron sarà domenica 14 al
Teatro Parenti per l’incontro «Condotte
e condottiere - Libere di essere donne»
Mentre Milano ospita il« Jewish
and The City», sabato 13 settembre
Roma propone la Notte della
Cabbalà, che inaugura il Festival
Internazionale di Letteratura
e Cultura Ebraica (fino al 17
settembre). Il tema è «la famiglia».
Molti gli ospiti, tra i quali Fania Oz
(figlia di Amos) e il musicista
israeliano Idan Raichel (nella foto).
Tra gli incontri previsti, il dialogo
sulla bioetica tra il Rabbino Capo
Riccardo Di Segni e Antonio Monda.
32
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
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LA RIFORMA DEL LAVORO
✒
L’accorato appello di papa Francesco, che ha parlato di una Terza
guerra mondiale che si sta combattendo a
tappe, ha reso più urgenti gli sforzi che pochi, in verità, stanno compiendo per scongiurare l’inevitabile. La Comunità di Sant’Egidio, che molti hanno giustamente definito l’Onu di Trastevere, da decenni continua a promuovere l’incontro di tutte le
religioni e dei laici volonterosi con l’obiettivo di percorrere assieme l’accidentato sentiero che deve portare alla pace. Ogni anno,
in un luogo diverso, l’incontro internazionale raccoglie le voci e canalizza la passione di
chi non ha mai smesso di lottare e di pregare per una globale convivenza. Ad Anversa,
da stamane e per tre giorni, l’incontro del
2014 ha un titolo che riconosce e premia l’ottimismo della volontà: «La pace è il futuro».
Non è soltanto un cammino. Deve diventare
una certezza.
Negli anni più difficili, quando si discuteva del primato di una religione sulle altre, la
Comunità di Sant’Egidio continuava imperterrita sulla strada del dialogo, incurante di
appunti e critiche. Oggi, con il sostegno di
papa Francesco, il suo impegno è universalmente riconosciuto, ma i conflitti in tante regioni tribolate sono infinitamente più gravi
rispetto al passato. Iracheni, siriani, egiziani,
palestinesi, israeliani, russi, pachistani, indiani, libanesi ne parleranno in decine di incontri con tutti i capi religiosi, dando vita a
quelle Nazioni Unite delle religioni che anche in questi giorni vengono continuamente
evocate come l’unica possibilità per promuovere davvero la pace. Di una Onu delle
religioni ne ha parlato l’altro giorno al Pontefice l’ex presidente di Israele Shimon Peres.
In verità, un’analoga iniziativa era stata proposta anni fa dal principe Hassan di Giordania, fratello del grande Re Hussein. Ne aveva
anche prospettato la sede: Istanbul, a cavallo
tra due continenti. Oggi, dalle macerie delle
guerre che insanguinano il mondo, e in particolare il Medio Oriente, si levano grida di
disperazione e di dolore che papa Francesco
ha colto con la sensibilità di capo della Chiesa Cattolica e con la straordinaria lucidità di
grande leader planetario. Le religioni non
sono la causa delle guerre, anche se a volte
ne sono state il manipolato pretesto. Insomma, mai sono state il vero problema, però
adesso c’è assoluto bisogno che diventino
parte della soluzione.
Antonio Ferrari
[email protected]
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LA RIVOLUZIONE DELLA «BIG HISTORY»
SE LO STUDIOSO INCONTRA IL FILANTROPO
✒
Che cosa succede se uno storico
con idee innovative incontra un filantropo come Bill Gates? Una silenziosa rivoluzione destinata a dare un nuovo volto al
sistema educativo statunitense. Lo studioso
in questione, l’australiano David Christian,
seguace delle Annales, la scuola di storiografia francese che ha introdotto la multidisciplinarietà e il concetto di lunga durata, a un
certo punto del suo percorso ha pensato di
allargare ancora di più l’orizzonte. E ha ideato il concetto
di Big History, grande storia,
che contempla una narrazione totale in cui si inseriscono anche le vicende
umane. Un passo avanti
dunque anche rispetto alla
World History, che dagli anni Ottanta ha superato una
visione eurocentrica riconoscendo i debiti della cultura
occidentale verso le altre civilizzazioni.
Con pragmatismo anglosassone, la narrazione della Big History, che tiene assieme la
storia del mondo passando dal Big Bang alla
nascita dell’homo sapiens, dall’introduzione
dell’agricoltura allo sviluppo della storia moderna, è diventata un Dvd che nel 2008 ha
folgorato «il secchione» Bill Gates, il fonda-
tore della Microsoft che da quando è diventato filantropo a tempo pieno ha destinato
mezzo miliardo di dollari della sua Fondazione per elevare gli standard educativi americani. Di questi fondi, dieci milioni vanno al
programma Big History di David Christian.
L’aspetto rilevante è che la diffusione del
nuovo metodo di divulgazione storica non è
destinato alle università ma alle high school,
i licei. Come ha raccontato Andrew Ross
Sorkin, su «The New York
Times Magazine», quest’autunno quindicimila studenti
di 1.200 scuole, da Seattle a
New York, seguiranno i corsi
di storia secondo il nuovo
metodo. Con l’aiuto di Bill
Gates e di un’équipe di ingegneri e tecnici informatici il
corso di Christian è diventato un testo elettronico arricchito da infografiche e video
che è aperto ai contributi e ai suggerimenti
dei vari insegnanti che decidono di adottarlo. Per superare le strettoie burocratiche Gates non si è rivolto ai dipartimenti ma alle
singole high school che hanno un grado di
autonomia da noi impensabile.
Dino Messina
Minori indennità, più certezza di giudizio
Perché conviene il Jobs act alla tedesca
di MICHELE SALVATI e MARCO LEONARDI
È
ricominciato nella commissione
Lavoro del Senato l’iter legislativo del
Jobs act, la legge delega sulle riforme
della legislazione del lavoro proposta
dal governo. La materia è molto
ampia — va dagli ammortizzatori alle
politiche attive, dalle semplificazioni
normative al riordino dei contratti — ma è
probabile che l’attenzione interna e
internazionale si concentrerà soprattutto sulle
tutele relative al licenziamento individuale.
Insomma, riprenderà il tormentone
sull’articolo 18, che non si è sopito neppure
durante le ferie. Questa concentrazione
politica e mediatica è eccessiva: altre materie
sono importanti ed è poi l’insieme quello che
conta. Ma siccome avverrà così, avanziamo una
«modesta proposta» che potrebbe essere una
buona via d’uscita per il governo. Renzi ha
detto che il modello di riferimento per il
mercato del lavoro è la Germania. Siamo
d’accordo. Si pensi a come sarebbe efficace
poter dire in sede europea, a chi rinfaccia al
governo le sue resistenze in materia, che la
disciplina italiana del licenziamento
individuale è identica a quella tedesca.
L’articolo 18, inteso come protezione contro il
licenziamento individuale senza giusta causa,
esiste in tutti Paesi a democrazia avanzata,
seppure con varia intensità. È poco credibile
che l’Italia possa prendere a modello i Paesi
anglosassoni, dove il licenziamento
individuale è politicamente e culturalmente
più accettato, ma non per questo senza regole.
Può però «diventare come la Germania» e ci
manca poco a raggiungere l’obiettivo: già la
riforma Fornero aveva preso quel Paese come
esempio e gran parte del percorso di
avvicinamento è stato fatto. Anche in Italia è
oggi obbligatorio un tentativo di conciliazione
di fronte al giudice prima di andare in
tribunale e la reintegrazione del lavoratore non
è più necessaria in caso di licenziamento
ingiustificato: nella maggioranza dei casi basta
una indennità monetaria. La conciliazione
obbligatoria funziona e più del 50% dei casi
non arriva in tribunale, come in Germania. Nei
casi che arrivano in giudizio, per la metà
vincono i lavoratori e solo in pochi casi più
gravi c’è la reintegrazione. Cosa manca dunque
a diventare esattamente come la Germania?
Anzitutto, si tratta di un problema rilevante?
I numeri dei licenziamenti ex articolo 18 in
Italia sono molto bassi, meno di 10.000
all’anno. Ma questo non dimostra che l’attuale
disciplina sia un problema irrilevante per le
imprese, come sostengono i suoi difensori:
molte imprese non si azzardano a fare
licenziamenti individuali, che pure sarebbero
per loro convenienti, per il timore di un
possibile giudizio di reintegro. Inoltre
l’indennità per il licenziamento è tra i 12 e i 24
BEPPE GIACOBBE
SANT’EGIDIO E IL SUMMIT TRA LE FEDI
SOLUZIONE, NON PRETESTO PER LE GUERRE
mesi di salario, un’indennità ragionevole per i
lavoratori anziani ma molto alta per chi è in
azienda da poco tempo. Per «diventare come la
Germania» possiamo allora limitarci a due
modifiche dell’attuale disciplina, che non ci
sembrano politicamente impossibili nelle
attuali condizioni.
Non è necessario impedire al lavoratore di
impugnare in giudizio un licenziamento
individuale per motivi economici. Anche in
Germania lo si può fare e nei casi di ingiustizia
più grave si può ottenere anche la
reintegrazione nel posto di lavoro. Si deve però
ridurre l’incertezza del giudizio, perché in
Germania, di fatto, l’incertezza è poca, i
sindacati sono collaborativi e i giudici
normalmente prendono per buone le
motivazioni dell’imprenditore. In Spagna
hanno risolto la questione scrivendo nella
legge che, se l’azienda è in perdita, ciò
costituisce di per sé una giusta causa di
licenziamento. Solo se l’azienda è in perdita?
Non potrebbe essere un giustificato motivo
quello di adattare la forza lavoro al mutamento
della situazione economica, così com’è valutata
dall’imprenditore? Possibile che non ci sia un
modo per ridurre l’arbitraria sostituzione della
valutazione del giudice a quella
dell’imprenditore?
In secondo luogo, per «fare come la
Germania», è necessario ridurre l’indennità di
licenziamento per i lavoratori con poca
anzianità di servizio: per dare un’idea, se un
lavoratore è in azienda da sei mesi l’indennità
di licenziamento potrebbe essere di un mese e
così via. Se è questo il contratto unico a tutele
crescenti, allora ci si avvicina alla Germania,
dove c’è la stessa quantità di contratti a termine
dell’Italia e non ci si è mai preoccupati di un
contratto unico a tutele crescenti: si possono
lasciare le regole vigenti per i contratti a
termine anche in Italia, con un limite di
rinnovo fino a tre o cinque anni. Se è ottimista
sul futuro, è probabile che l’azienda decida di
stabilizzare il lavoratore con un contratto a
tempo indeterminato: le aziende decidono le
stabilizzazioni più in riferimento alle
prospettive di crescita che al costo del lavoro.
Se poi quelle prospettive non si realizzassero,
non si tratterebbe di un rischio intollerabile
perché si potrebbe procedere a licenziamenti
individuali con ragionevole certezza e a costi
accettabili.
Due sole modifiche, dunque. Anzi, a rigore,
una sola, perché in astratto un cambio
nell’atteggiamento dei giudici e del sindacato
potrebbe avvenire anche a legislazione vigente.
Ma, siccome è difficile che ciò avvenga dopo
una lunga storia di conflitti e sospetti, lo si può
stimolare con regole che inducano giudici e
sindacato ad un atteggiamento meno ostile nei
confronti delle decisioni aziendali. Pietro
Ichino è convinto che il suo «contratto di
ricollocazione» risolverebbe il problema.
Potrebbe essere. L’importante è che
imprenditori onesti, che vivono in un
ambiente difficile, si convincano che il giudice
riconoscerà le buone ragioni economiche che
li hanno indotti ad un licenziamento
individuale. E solo allora saremo diventati…
«come la Germania». Almeno in questo.
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MUTAZIONI
I CORI ANTI-STATO AL PRESIDIO DI NAPOLI
LA SCELTA DI CHI INTONA LA PROPRIA ROVINA
La sinistra di governo si scopre superficiale
✒
di MARCO DEMARCO
La camorra ti protegge, lo Stato ti
uccide. Le persone oneste che ieri
pomeriggio al presidio di rione Traiano hanno intonato questo e altri cori simili sono vittime e complici della loro rovina, delle loro
vite spese in un ghetto dove la grande colpa
dello Stato è invece la sua assenza. Dovrebbero volerne di più, di Stato, avrebbero ogni
diritto a invocare segni tangibili di una presenza salvifica che li liberi dalla punizione di
una periferia disperata e priva di qualunque
servizio essenziale anche perché proprio la
camorra ha deciso che la sua destinazione
d’uso dovesse essere quella di mercato all’aperto di eroina.
Quando parte un colpo significa che qualcuno ha sparato. I prudenti giri di parole letti
e ascoltati in questi giorni non rendono più
leggero il peso di quel che è accaduto al rione Traiano, non diminuiscono le responsabilità, non cancellano l’assurdità di una morte come quella di Davide Bifolco. Ci saranno
indagini, ci sarà un processo. Funziona così.
Si chiama democrazia, si chiama Stato. Quella cosa che ci tiene tutti insieme, e una che
funziona meglio non l’hanno ancora inventata. Dobbiamo crederci, non c’è altra scelta.
Non puoi farne a meno, non hai il diritto di
sputarci sopra. Altrimenti ti metti nelle mani
di quelli che per i loro sporchi traffici hanno
ogni interesse a cavalcare la rabbia e l’indignazione altrui, e così fai una scelta di campo. Non solo illegale. Anche rovinosa, autolesionista. Ci sono secoli di storia e decenni
di macerie recenti a dimostrarlo.
Rione Traiano non c’entra nulla con Ferguson. L’unico razzismo è quello di chi si
rassegna all’idea di una Napoli irredimibile,
sempre uguale a se stessa e alla sua miseria.
Le uniche vere eccezioni napoletane sono le
sue città dentro la città, interi rioni impermeabili alla legalità dove lo Stato è sostituito
da un anti-Stato che condanna i suoi sudditi
a un degrado perpetuo. L’uccisione di Davide ha fatto riemergere una malattia della
quale la manifestazione in suo nome è stata
un sintomo evidente. I cori e le voci di ieri
sono la conseguenza dell’innesco di una carica anti-Stato presente e percepibile da
tempo in alcuni quartieri, di Napoli e di altre
città del Sud. Le radici storiche e sociali di
questa pulsione eversiva sono fin troppo
chiare. Ma chi la abbraccia sceglie anche di
perpetuare la propria condanna, di rinunciare a ogni legittima speranza in una vita
migliore.
Marco Imarisio
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«C
he sarà mai», la sinistra italiana non l’ha mai detto. Lo
dice ora con Renzi. Ora che
incontra Berlusconi al Nazareno; quando deve commentare le negative variazioni del Pil; o quando c’è da
replicare alla copertina dell’Economist, quella
del gelato. Per l’«unfit» appioppato a Berlusconi
venne giù il mondo e l’allora premier dovette impegnarsi in una causa per diffamazione, che poi
perse. Ora invece la musica è cambiata. Che sarà
mai! «Preferisco rispondere con leggerezza», ha
spiegato Renzi citando Calvino e leccando allegramente il suo cono crema e limone. Prima di
lui, la sinistra ha sempre drammatizzato, storicizzato, problematizzato, ma mai si è autorappresentata leggera e volutamente superficiale.
Buonista, semmai. Ma Veltroni, che pure ha contribuito non poco all’alleggerimento, si è comunque portato dietro un carico pesante di nostalgie. E poi ha aggiunto, più che sottrarre: ha
messo dentro i Kennedy e Jovanottini senza mai
togliere Berlinguer, tanto per dire. E invece
quando Renzi ha fatto entrare quel carretto di
gelati nel Palazzo, tutto è cambiato. Col dessert
servito ai giornalisti non c’è stata più storia per la
polenta classista di Bertolucci o per la crostata
all’inciucio di D’Alema. Il quale ora critica il go-
verno e lamenta scarsi risultati? E che sarà mai.
«Ha fatto il suo tempo», dice la renziana Serracchiani. Una sinistra che un tempo si vantava di
essere laica e progressista, anche se non sempre
lo è stata, ora è dunque orgogliosa di dirsi leggera e finanche superficiale. In Il desiderio di essere come Tutti, l’ultimo libro di Francesco Piccolo, «di sinistra» per autodefinizione, ad esempio, la laicità è assente come parola e come concetto. E di progressismo neanche a parlarne. La
superficialità, di contro, c’è sempre: dalle prime
alle ultime pagine. Ad un certo punto, Piccolo
addirittura se la sposa, essendosi essa incarnata
in Chesaramai, la sua compagna nella vita reale.
Nel libro, Piccolo la chiama proprio così: Chesaramai. E spiega perché. Perché è un continuo e
realistico invito a non prendertela, al «che vuoi
che sia». Quello di Chesaramai è un altro modo,
più benevolo e indulgente, di vivere la vita. Nulla
a che vedere, si direbbe, col galleggiamento qualunquistico o col sugherismo terzista; o con la
leggerezza di Italo Calvino, troppo elitaria; o con
quella di Milan Kundera, troppo colpevole; piuttosto un omaggio alla «forza delle cose», a quell’idea per niente snob che fu di Goffredo Parise e
che Francesco Piccolo fa ora sua. Quando Berlusconi vince le elezioni la prima volta, Chesaramai non drammatizza. «Passerà», dice. Mentre
tutti gli altri «di sinistra» già si disperano, perché pensano che la storia sia finita lì, come
quando hanno ammazzato Moro, come quando
è morto Berlinguer. Ed è finita? Macché.
La laicità implica una distinzione. Come la
tolleranza, l’altro da tollerare. E dunque si porta
dietro l’impegno, la storia, la nostalgia dei padri
e delle generazioni migliori, e tanta, troppa cultura politica. La superficialità, teorizza Piccolo, ti
consegna invece al presente. Essa ha tanta legittimità di esistere quanto la profondità. Per certi
versi, anzi, ti responsabilizza di più e meglio.
L’impegno come opposto della superficialità, si
legge ancora nel libro, aveva un suo quid quando
la sinistra era parte minoritaria e perdente della
società; quando più si impegnava, più si distingueva moralmente e più si isolava politicamente. Ma oggi? Oggi che la sinistra è, se non «Tutti», come il titolo del libro suggerisce, di sicuro
più del 40 per cento dei votanti, perché continuare ad avere la puzza al naso? Oggi non è l’avversario che scaraventa la superficialità addosso
alla sinistra, perché non tiene conto delle compatibilità o perché insegue chimere o perché
non le insegue abbastanza. Oggi è la sinistra che
se la prende e se la porta a casa.
@mdemarco55
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Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
33
italia: 51575551575557
Lettere al Corriere
IL RITORNO VIRTUALE A VENEZIA
DI UN CAPOLAVORO PERDUTO
Risponde
Sergio Romano
Ho letto con interesse una
sua risposta di qualche
settimana fa sulla
restituzione, nel 1815, delle
opere d’arte italiane
trasportate in Francia e sul
ruolo determinante del
Canova.
Mi sembra di ricordare che i
francesi si erano pure
impegnati a restituire una
grande tela del Veronese che
si trova al Louvre: «Le Nozze
di Cana». Ho pure letto che
su questa restituzione si
erano impegnati con un
accordo stipulato prima
dell’entrata in guerra
dell’Italia nella Prima guerra
mondiale. Poi il trasporto non
sarebbe mai stato effettuato
perché giudicato
«pericoloso» per la tela. È
vero?
Francesco Biondani
francesco@
biondaniweb.it
CULTURE DIVERSE
Il lato migliore
Caro Romano, la Chiesa
cattolica accoglie a braccia
aperte i musulmani che se ne
vanno dall’Africa e dal Medio
Oriente. Per contro i
musulmani scacciano e
uccidono i cristiani che
vivono da sempre nelle
nazioni islamiche. Cosa ne
pensa di questa situazione
così sbilanciata?
Pietro Volpi
[email protected]
Penso che nei confronti e
scontri fra culture diverse
vince sempre quella che sa
dare una migliore dimostrazione delle sue qualità e delle
sue virtù.
STIPENDI BLOCCATI
Caro Biondani,
l trasporto delle «Nozze di
Cana» al Louvre, dove il
grande quadro è tuttora
esposto, avvenne nel settembre del 1797, durante la prima campagna del generale
Bonaparte in Italia, e fu molto
più di un’asportazione. Fu la
separazione forzata dei due
elementi che formavano insieme uno stesso capolavoro:
la concezione architettonica
di Palladio per il refettorio dei
frati benedettini nel convento dell’isola di San Giorgio
Maggiore e la grande tela, sul
fondo della sala, che i frati
avevano affidato al pennello
di Paolo Veronese. Non so se
il governo francese avesse
dato qualche affidamento
prima dell’ingresso dell’Italia
in guerra, a fianco degli Alleati, nel maggio del 1915; ma è
certamente vero che l’eventuale trasporto dell’opera si
scontrò con difficoltà molto
I
premio di una lotteria o un
regalo del governo, ma il
frutto di un lungo percorso di
studi, di un concorso
pubblico, di trasferimenti
non graditi e di fiducia nei
confronti dello Stato.
Paolo Cigliola
[email protected]
TURISMO
Poco rispetto
Sebbene il nostro Paese offra
tantissimo per i turisti,
purtroppo i nostri esercenti
tendono sempre ad
approfittarsi di questi ultimi,
molte volte aumentando i
prezzi o comunque gestendo
la vendita in modo diverso
rispetto alla gente del posto.
Questa è una cultura
maggiori di quelle che si opporrebbero al temporaneo
trasporto dei Bronzi di Riace
da Reggio Calabria a Milano
per la Esposizione Universale
del 2015.
Il quadro è eccezionalmente grande (quasi 7 metri per
10) e nel 1797, per essere trasportato a Parigi, venne tagliato in più parti: una soluzione che nessuno, oggi, oserebbe proporre. Vi furono altri tentativi, fra cui quello di
Vittore Branca, quando il
grande studioso di Boccaccio
collaborava con l’Unesco, ma
il passaggio del tempo finì
per conferire al Louvre una
proprietà di fatto, oggi difficilmente contestabile. Quando André Malraux, nel mag-
totalmente diversa da ciò che
avviene all’estero quando
siamo noi italiani ad essere
turisti. In questo caso si trova
rispetto, precisione e una
totale cultura «pro turista».
Se imparassimo anche noi a
fare così, ne vedremmo in
breve tempo i risultati.
Edoardo Rabascini
[email protected]
TAGLI
Misure più popolari
Molto spesso si dice che per
superare la crisi il governo
debba fare delle scelte
gio del 1958 (non era ancora
il ministro della Cultura del
generale De Gaulle), pronunciò nel refettorio di San Giorgio Maggiore un discorso sul
«Segreto dei grandi veneziani», Vittorio Cini, creatore e
presidente della Fondazione
che porta il suo nome, disse
al conferenziere: «Peccato
che lei non abbia parlato sotto le luci e i colori di uno dei
più prodigiosi miracoli coloristici della pittura veneziana, qui in ideale armonia (…)
con la rasserenante architettura realizzata dal Palladio
per questo Cenacolo». Manifestava un forte rimpianto,
ma con una signorilità e
un’eleganza che escludevano
qualsiasi ulteriore rivendicazione.
Oggi, caro Biondani, lei
troverà nel refettorio di San
Giorgio Maggiore, quando le
accadrà di visitare Venezia,
un «secondo originale». Gra-
zie a un accordo con il Louvre
e alla straordinaria tecnologia del laboratorio di un artista inglese, Adam Lowe, «Le
nozze di Cana» sono state
scannerizzate e riprodotte
con un sistema che consente
di ricreare «tutti gli elementi
dell’originale, le linee, le sfumature di colore, persino le
imperfezioni della tela di
supporto e i segni dell’usura
del tempo. Non solo: grazie a
un lavoro di minuziosa ricostruzione filologica e restauro virtuale, è possibile vedere
ciò che i rimaneggiamenti
novecenteschi del dipinto
avevano coperto»(http://
o l d . c i n i . i t / u p l o a d s / b ox /
d70bd1f97d913a4bab9816e3
24e9c5cc.pdf). «Le nozze di
Cana» sono «tornate» nel refettorio di San Giorgio Maggiore l’11 settembre 2007,
220 anni dopo la loro forzata
partenza per Parigi.
impopolari. Questo è vero se
l’azione governativa è
orientata al taglio delle
pensioni, degli stipendi o a
mettere altre tasse. Ma il
governo potrebbe decidere,
per esempio, di applicare i
costi standard nell’acquisto
del materiale sanitario da
parte delle Regioni, fare un
serio intervento sulle aziende
municipalizzate, sostituire la
miriade di regolamenti edilizi
con un unico regolamento
valido per l’intero territorio
nazionale, limitare l’azione
dei Comuni nel costruire
monumenti al nulla o
cattedrali nel deserto
sprecando denaro pubblico.
Questi e altri interventi simili
credo possano influire
positivamente sulla
popolarità del governo. Pure
di tanto!
Aspettative deluse
Il blocco degli stipendi per il
quinto anno consecutivo
mortifica ancora una volta le
ragionevoli aspettative di
retribuzione e di carriera di
milioni di lavoratori (e delle
loro famiglie) per i quali il
posto di lavoro non è il
La tua opinione su
sonar.corriere.it
Marijuana di Stato
prodotta dall’esercito
per scopi terapeutici.
Siete d’accordo
sul progetto?
@
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
La domanda
di oggi
Sì
Il premier ha disertato
Cernobbio per
l’inaugurazione di una
fabbrica di rubinetti a
Brescia. Ha fatto bene?
66
No
34
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Gualtiero M.F.Schirinzi
gualtiero.schirinzi@
alice.it
LAVORO
Carenza di informatici
Ho sentito che le aziende non
riescono a trovare
informatici. Mi meraviglio
perché so che molti ingegneri
(Nokia -Siemens, Italtel,
Alcatel, Celestica, Eutelia,
Nortel) inutilmente da anni
stanno cercando un lavoro.
Francesca Piccirilli
francescapiccirilli@
hotmail.com
CICLISTI
Meno arroganza
Finalmente il ministro Lupi
combatte l’arroganza dei
ciclisti che vogliono trasferire
in città la guerra contro gli
automobilisti e i pedoni. Se
fossero veramente interessati
alla mobilità sostenibile
andrebbero a piedi o in
autobus.
Bruno Telleschi, Roma
E-mail: [email protected]
oppure: www.corriere.it
oppure: [email protected]
Più o Meno
di Danilo Taino
Statistical Editor
Con la testa all’ingiù
le tasse vanno solo su
C
erte volte ci si abitua a guardare il mondo a testa in giù.
Rimettersi di tanto in tanto sui piedi può fare bene:
cambiare paradigma ridisegna l’ordine delle cose. Le
statistiche sulla tassazione in Italia, in Europa e nel
mondo aiutano: e suggeriscono che, forse, nel dibattito su spending review, vincoli europei di bilancio, crescita dell’economia potremmo ribaltare la prospettiva. Innanzitutto, il
confronto mondiale (i dati sono quelli riportati nella pubblicazione di Eurostat «Taxation trends in the European Union,
2014»). Nella Ue a 28, le tasse (compresi i contributi sociali) raccolte dai governi sono state, nel 2012, pari al 39,4% del Prodotto
interno lordo. Nei 18 Paesi dell’eurozona sono arrivate al 40,4%.
Nel mondo, c’è qualche Stato più esoso, ad esempio la ricca ed
eccentrica Norvegia (42,2%). Ma fuori dall’Europa le tasse sono
molto, molto più basse: il 24,7% del Pil negli Stati Uniti, il 27,8%
in Canada, il 30,3% in Giappone, il 27,8% in Australia.
In generale, si tende a spiegare queste differenze con il fatto
che in Europa c’è un alto livello — quindi costoso — di Welfare
State. L’argomentazione ha debolezze intrinseche. Per esempio,
è difficile sostenere che le protezioni sociali della Ue sono efficienti, destinate solo a chi ne ha davvero bisogno; o negare che
spesso sono addirittura incentivanti del non lavoro. E, in una
buona parte dei Paesi, il Welfare gigante toglie risorse alla crescita dell’economia, con l’effetto di
gonfiare la disoccupazione, abbassare i redditi, ridurre la competitività rispetto al resto del
mondo. Ma quel che è più inteL’imposizione
ressante è vedere come si colloca
al 44% del Pil
l’Italia. Il totale delle tasse raccolte, sempre considerando i contriè un macigno.
sociali, nel 2012 è stato pari a
Se rovesciassimo buti
689,3 miliardi, il 44% del Pil (nel
2000
era del 41,5%), decisamente
il paradigma?
sopra la media dell’eurozona. Siamo il sesto Paese della Ue per livello di tassazione, ma mentre i cinque più esosi — Danimarca
(48,1%), Belgio (45,4%), Francia (45,0%), Svezia (44,2%), Finlandia (44,1%) — possono rivendicare una qualità elevata di servizi pubblici per noi è notoriamente diverso (dal 2000 in poi, tra
l’altro, Svezia, Finlandia e Danimarca hanno ridotto il carico fiscale, Stoccolma addirittura del 7,3%).
Per dare l’idea di quanto sia pesante l’imposizione in Italia:
nella Ue a 28 siamo settimi per tasse indirette come percentuale
del Pil (ma al 26° posto per Iva), quinti per imposte dirette, ottavi per contributi sociali, settimi per tasse sul lavoro, secondi per
tasse sul capitale, quarti per tasse sull’energia, quarti per tasse
sulla proprietà. La questione è un macigno, forse il maggiore,
sull’attività dell’intero Paese. Perché dunque il dibattito è tutto
sul tagliare le spese, fatto che finora non è avvenuto, e si dice che
solo dopo si potranno abbassare le imposte? Probabilmente
avrebbe più senso guardare la realtà raddrizzando la prospettiva:
darsi obiettivi progressivi ma vincolanti di riduzione delle tasse
e sulla base di questi costringere lo Stato a tagliare le spese, non il
contrario. In fondo, s’è visto: a testa in giù si sbaglia strada.
@danilotaino
❜❜
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Interventi & Repliche
Le spese per la difesa
Uno dei passaggi più qualificanti della
dichiarazione finale del vertice Nato è
costituito dalla rinnovata attenzione verso il
tema delle spese per la Difesa. Dal vertice è
infatti giunto un forte richiamo, condiviso da
tutti i Paesi, affinché sia fermato qualsiasi
ulteriore calo di tali spese e, nell’arco di un
decennio, si arrivi a destinare almeno il 2%
del Pil a questo. Una questione dunque
delicata per l’Italia, alle prese con l’assenza di
una cultura complessiva su questi temi che ha
prodotto la situazione attuale, fatta di forze
armate con pochi fondi (l’1% circa del Pil), a
loro volta mal spesi. Il punto è che nonostante
gli impegni presi, questo governo non appare
intenzionato a invertire la rotta; prova ne
siano i pesanti tagli già apportati al bilancio
della Difesa e che lo stesso presidente del
Consiglio non abbia fornito alcuna indicazione
concreta in proposito, affidandosi a generici
richiami al patto di Stabilità dell’Ue. Si può
dunque ipotizzare fin da ora che l’Italia non
terrà fede al proprio impegno?
Giovanni Martinelli, [email protected]
La riforma ideale per la scuola
La «supplentite» Renzi la supererà solo
quando si darà a ciascuna scuola italiana la
facoltà di nominare il personale di cui
ciascuna scuola stessa ha bisogno. Basta a
quell’ingorgo enorme e burocratico che sono
le graduatorie, numerosissime quanto inutili e
dannose (ce ne sono oltre sessanta tipi!). La
soppressione delle graduatorie avrà
moltissimi meriti: 1) le scuole diventeranno
veramente responsabili dei docenti che
assumono (rispondendone di fronte alle
famiglie e agli alunni stessi), 2) permetterà di
sopprimere il 90% del personale dei
provveditorati (enti, per altro, pressoché
inutili, facendo risparmiare allo Stato
centinaia di milioni ogni anno), 3) potrà
dimezzare la pletora dei direttori generali del
ministero dell’Istruzione e del loro apparato,
4) non permetterà ai sindacati della scuola di
incassare — grazie al meccanismo delle
graduatorie — cifre scandalose dalle migliaia
e migliaia di aspiranti supplenti. L’opposizione
a Renzi però, da parte dei ministeriali e dei
sindacati, sarebbe non feroce, ma ferocissima;
non meno che da parte del ministero del
Tesoro che, sul precariato di povera gente,
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FONDATO NEL 1876
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
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specula sul ritardo nell’immissione in ruolo.
Se Renzi riuscirà a realizzare una simile
riforma, io crederò nei miracoli.
Daniele Straniero, già preside
del liceo classico Parini di Milano
conseguenti possibili esiti patologici sulla loro
progenie.
Erminio Giavini
già docente di Biologia dello Sviluppo
Università di Milano
I rischi dell’eterologa
Caccia alle nutrie
Nell’ambito della diatriba sulla fecondazione
eterologa e, in particolare, sull’anonimato o
meno del donatore, mi pare che non si sia
tenuto in considerazione un problema
biologico importante.
Se due persone di sesso diverso, figli
inconsapevoli dello stesso padre biologico, si
incontrassero e decidessero di fare figli in
maniera naturale avremmo a che fare con un
rapporto incestuoso tra due fratelli con
Ho letto le critiche di associazioni
ambientaliste circa l’autorizzazione per
cacciare la nutria e con il terreno coperto di
neve. La nutria è specie alloctona, ben
ambientata in Italia, portatrice di patologie
pericolose, che fa gravi danni all’agricoltura.
Quanto alla caccia su terreni innevati, questa
è praticata nei confronti di alcune specie di
ungulati, soprattutto i cinghiali.
Vittorio Zanuso, [email protected]
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34
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Spettacoli
✒
In platea
APPLAUSI ALL’ITALIA
(E A ROHRWACHER)
RIPARTIAMO DA QUI
di PAOLO MEREGHETTI
A
lba Rohrwacher tiene alta la bandiera italiana alla
71esima Mostra di Venezia. Con un ruolo a rischio —
una madre che per troppo amore finisce per far male al
figlio — questa attrice schiva e minuta, lontanissima dai
canoni acclamati della «bellezza italica», ha saputo
conquistare una meritatissima Coppa Volpi per la miglior
interpretazione femminile in Hungry Hearts di Saverio
Costanzo. Trascinando sul podio anche il suo collega Adam
Driver, premiato per l’interpretazione maschile.
L’accoppiata, che un po’ ha sorpreso soprattutto per il
riconoscimento all’attore visto il gran numero di prove
eccellenti (ricordiamo almeno quelle di Michael Keaton,
Viggo Mortensen o Elio Germano), acquista ulteriore forza
dal resto dei premi, tutti ampiamente condivisibili. Il Leone
d’oro a Roy Andersson per il suo «filosofico» piccione sul
ramo, quello d’argento per la
regia ad Andrej
Konchalovskij e il Gran
I riconoscimenti
Premio della giuria a Look of
Silence di Oppenheimer (che
il giurato Tim Roth ha
Leone d’oro
definito «un capolavoro»
«A Pigeon Sat on a
rendendo pubblica durante
Branch Reflecting on
la premiazione la sua
Existence»
passione ma anche, se ne
di Roy Andersson
deduce, le divisioni che non
Leone d’argento
hanno permesso al film di
«Le notti bianche del
conquistare il primo
postino»
premio), quei tre
di Andrej Konchalovskij
riconoscimenti — dicevo —
Gran premio giuria
premiano alcuni dei film
«The Look of Silence»
migliori visti al festival.
di Joshua Oppenheimer
Certo, personalmente avrei
Miglior attrice
voluto che anche altri titoli
Alba Rohrwacher per
ottenessero un qualche
«Hungry Hearts»
riconoscimento: dispiace per
di Saverio Costanzo
l’esclusione di Anime nere, di
Miglior attore
Red Amnesia, di Le dernier
Adam Driver
coup de marteau (che pure
per «Hungry Hearts»
ha fatto vincere al suo
interprete Romain Paul il
premio Mastroianni per la
miglior giovane speranza) ma i premi sono quelli e non si
possono moltiplicare come i pani e i pesci. Piuttosto gli
applausi e i consensi generali confermano che si può
tranquillamente fare un festival senza i blockbuster di
Hollywood (tra parentesi: i titoli più deludenti erano
proprio quelli che davano l’impressione di essere stati
selezionati solo per merito della star che li interpretavano…)
ma cercando tra chi crede ancora in un cinema di ricerca e
di scavo. Un discorso a parte merita la selezione italiana che
ha raccolto apprezzamenti pressoché unanimi, soprattutto
dopo anni di fischi e contestazioni. Può essere un buon
punto di ripartenza per rinsaldare un rapporto col pubblico
che qui a Venezia ha saputo fondere, nei film presentati, una
ritrovata energia narrativa con l’entusiasmo di un gruppo
invidiabile di interpreti. Due elementi capaci di far presa sul
pubblico (sensibile alle «belle storie» e ai «bravi attori») e di
aprire al nostro cinema la strada di una sua piena rinascita.
Anche in mancanza di Leoni d’oro o d’argento.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Madrina Luisa Ranieri sul palco (40 anni)
Venezia 2014
Konchalovskij è d’argento,
il Gran premio della giuria
a Oppenheimer. Ovazione
per il giovanissimo Romain
Paul. Anche «Belluscone»
ottiene un riconoscimento
Leone di Svezia
VENEZIA — Dove, se non a Venezia, un
Piccione può vincere un festival? A catturare
il Leone d’oro è il Piccione filosofo dello svedese Roy Andersson. Che, come dice il lungo titolo Siede su un ramo a riflettere sull’esistenza. Sulla morte prima ancora che
sulla vita. Un apologo noir, surreale e grottesco con due venditori di denti di vampiro,
maschere spaventose e sacchetti ghignanti,
in viaggio picaresco dal cabaret espressionista di Lotte la zoppa, al caffè dove Carlo XII,
re gay di Svezia, entra a cavallo per arruolare
un giovane barista come suo amante.
«Oggi non sarei un regista se non ci fosse
stato il cinema italiano — ha ringraziato
Andersson, 71 anni — in particolare Vittorio
De Sica. La scena di Ladri biciclette con
l’enorme quantità di bici e lenzuola lasciate
al Monte dei Pegni, è stata per me una lezione di cinema e di vita, un monito a prestare
sempre attenzione all’umanità dolente».
E se la Svezia vince per la prima volta il
Leone d’oro, l’Italia conquista un doppio
premio grazie al film di Saverio Costanzo.
Le due Coppe Volpi vanno a Adam Driver e
Alba Rohrwacher, che in Hungry Hearts sono impegnati in un lacerante corpo a cuore.
Dopo l’oro dello scorso anno a Sacro Gra di
Francesco Rosi, dopo il Gran premio della
Vince il «Piccione» di Andersson
Premiati gli attori di Costanzo
Leopardi e «Anime nere» i delusi
giuria di Cannes ad Alice Rohrwacher per Le
meraviglie, è il terzo riconoscimento consecutivo al nostro cinema. Segno di una ripresa non effimera. Resta però la delusione per
Martone e Munzi. Perché sia Il giovane favoloso (la cui colonna sonora di Apparat ha
vinto il premio Piero Piccioni) sia Anime nere sono stati molto applauditi anche dalla
critica straniera. Altro premio, speciale della giuria di Orizzonti a Belluscone di Franco
Maresco. Assente alla Mostra, ha mandato
un messaggio: «Voglio dedicarlo alla mia
Palermo, che tanto mi fa arrabbiare ma che
resta la città della mia vita, quella con la luce
più bella del mondo».
Felino d’argento ad Andrej Konchalo-
CI SONO STORIE CHE MERITANO
DI ESSERE RICORDATE PER SEMPRE.
Jaeger-LeCoultre sostiene l’arte cinematografica e si dedica a preservarne il
patrimonio, contribuendo al restauro di film storici. Siamo orgogliosi di essere
partner di alcuni dei più importanti Film Festival Internazionali: così facendo la
Manifattura premia anche l’ingegno e la creatività dei registi sia attraverso il
premio “Glory to the Filmmaker”, che con un programma di sostegno al
processo creativo, in collaborazione con la Film Society del Lincoln Center di
New York.
PARTNER DI
Emergente Romain Paul, 15 anni
vskij, 77 anni, miglior regista. Il microcosmo poetico di Le notti bianche del postino,
girato su un lago sperduto del nord della
Russia con la gente del posto, ha emozionato la giuria. E lui stesso ha confessato di sentirsi «Un bambino che apre i doni di Natale.
Proprio qui, 52 anni fa, vinsi il mio primo
Leone con il mio primo corto».
Titolo, Boy and the Pigeon. Sempre lui, il
Piccione. Capace persino di sconfiggere
l’Uomo uccello di Iñárritu, quel Birdman
quotatissimo anche per la straordinaria interpretazione di Michael Keaton. Una conferma invece alle previsioni è arrivata con
The Look of Silence, incoronato con il Gran
premio della giuria. Trattenuto a Chicago da
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Konchalovskij
Andrej Konchalovskij (77 anni) con
la moglie Julia.
Il cineasta russo
è stato premiato
con il Leone
d’argento per la
migliore regia
(«The Postman’s
White Nights»)
Protagonisti
Al bacio
Il vincitore Roy Andersson
(71 anni), già Premio
della giuria a Cannes
nel 2000 per «Canzoni
del secondo piano»
Spettacoli 35
italia: 51575551575557
Bani-Etemad
La «signora del
cinema iraniano», la regista
Rakhshan BaniEtemad (60 anni),
con il premio alla
Miglior sceneggiatura ricevuto
per il film «Ghesseha» («Tales»)
L’anno delle sorelle L’emozione dell’attrice. Alice aveva già conquistato Cannes
L’Alba della felicità,
riservata e tenace:
«Coppa al coraggio»
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
VENEZIA — «Non so niente, ma sono
felicissima», dice Alba Rohrwacher nella
hall dell’albergo. È lei la migliore attrice a
Venezia: «È stato premiato il coraggio, è
bellissimo condividere questo riconoscimento con Adam Driver. È un film facile e
sorprendente, ma realizzato in condizioni difficili, ed esiste solo perché è stato
tenacemente voluto da Saverio Costanzo.
Per questo alla cerimonia è stato sottolineata la parola “coraggio”. La Coppa Voluna tempesta che ha bloccato i voli, il regista Joshua Oppenheimer è comparso in video. «Il mio protagonista Adi ha voluto questo film affinché i criminali del genocidio in
Indonesia riconoscessero le loro responsabilità. E così poterli perdonare e vivere al loro fianco senza paure. Nessuno però ha ammesso le sue colpe. Solo una figlia ha chiesto scusa per conto del padre. E ora anche
l’Occidente dovrebbe trovare il coraggio di
riconoscere il ruolo che ha svolto in quel genocidio». «È un capolavoro — ha precisato
il giurato Tim Roth ritirando il premio per
conto del regista —. Mi ha commosso al di
là di ogni parola. È stato come veder nascere
un figlio».
La serata, condotta con grazia da Luisa
Ranieri e a cui hanno assistito il presidente
del Senato Grasso, quello della Commissione europea Barroso, il ministro Franceschini, ha visto anche il doppio premio a Court
dell’indiano Tamhane (oltre al De Laurentiis di 100 mila dollari, miglior film di Orizzonti) e quello per la miglior sceneggiatura
all’iraniano Tales. «Il cinema è la lingua che
accomuna tutti i popoli e questo riconoscimento è un immenso regalo ai miei connazionali che lo amano», ha esclamato la regista Rakhshan Bani-Etemad, i capelli coperti
da un velo rosa.
Infine il Mastroianni a Romain Paul, 15
anni, applauditissimo ed emozionatissimo
protagonista di Le dernier coup de marteau
dove la Sesta di Mahler gli svela di essere figlio di un direttore d’orchestra. Alexandre
Desplat, presidente della giuria e compositore, l’ha abbracciato forte salutando: «Viva
la musica, viva il cinema».
Giuseppina Manin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
❜❜
In carriera
Vincenti
Alice Rohrwacher
(33), sorella di Alba,
con il Grand Prix
di Cannes ricevuto
quest’anno
per il film
«Le meraviglie»
pi la dedico a Saverio».
Alba cerca di mantenere il riserbo fino
all’ultimo. E sorride, nascondendo il suo
volto così poco italiano dietro agli occhiali da sole. Ma il ruolo della bugiarda
non le riesce. Questa giovane donna che
esce dal copyright della bellezza femminile vince la Coppa Volpi insieme con
Adam Driver, l’attore americano del momento, tra Guerre Stellari e Martin Scorsese. Sono i protagonisti di Hungry Hearts, il piccolo (è costato 1 milione e mezzo), grande (per l’intensità) film italiano
di Saverio Costanzo. Stamattina sono tutti già in volo per il Festival di Toronto.
È il dramma ambientato a New York di
una giovane coppia: un figlio che non
cresce per le scelte radicali della madre
vegana. Alle volte uno è incompleto, ed è
soltanto giovane. Alba buca lo schermo
con apparente casualità, la pelle color latte ne esalta l’espressione apparentemente mite, portando un disagio che va al di
là della fisicità, un’inquietudine che forse
le viene dalla solitudine della campagna
umbra in cui è cresciuta. Ma in questo
film il suo sguardo si incupisce: «Le azioni di Mina, il mio personaggio, partono
da intenti amorevoli e finisce con lo sbagliare. Crede di avere ragione su ogni co-
sa, il marito non sa più come comportarsi, cerca di salvare la famiglia. Mina è intransigente, non è pazza come ha scritto
qualcuno», dice Alba. Le sorelle dei festival, lei e Alice, che con Le meraviglie
quattro mesi fa ha vinto il Gran premio
della giuria a Cannes. Anche Alice è qui,
presidente della giuria per le opere prime: «Ho fatto due film da regista, c’è una
forma di tenerezza e ironia nell’aver chiesto a me di presiedere una giuria. Con
Court di Chaitanya Tamhane, che esplora
il mondo giudiziario dell’India, abbiamo
voluto premiare il coraggio e la gioia di fidarsi degli spettatori, è un regista di cui
vogliamo vedere il prossimo film». Tutte
e due usano la parola «coraggio» per
analizzare le opere in cui credono.
Fino a poco tempo fa hanno cercato di
restare separate e di non avere una comune immagine pubblica. È rimasta la riservatezza, il pudore, la feroce determinazione di entrambe. A chi le chiede come
si sarebbe comportata lei, nella situazione di Mina, lei che madre non è, Alba risponde gentile ma ferma: «Non lo so, co-
Se conto quelli appena finiti,
ho già girato trentatré film
Mi rendo conto di non
avere più una vita privata
munque non parlerei mai di queste cose
in pubblico». Sono restie a parlare l’una
dell’altra; restie a parare della loro adolescenza anomala, la vita nella fattoria, la
casa più vicina a quattro chilometri, la
madre insegnante, il padre apicoltore tedesco.
La prima ad avere successo è stata Alba, 35 anni (Alice ne ha due in meno).
Quello di Costanzo è il suo trentesimo
film in dieci anni, tutti con registi italiani
tranne uno: Glück di Doris Dörrie. «In realtà ho appena finito quelli di Bellocchio
e Garrone, e sto per cominciarne uno in
Francia. Caspita sono già trentatré, vuol
dire che non ho una vita privata!». Da
bambina, Alba voleva fare l’acrobata al
circo. Da ragazza si è iscritta a Medicina.
La sera prima dell’esame di Istologia aveva gli occhi spalancati dall’emozione:
«Non riuscivo a dormire, dovevo recitare
in un teatrino». D’istinto si iscrive a una
scuola di recitazione a Firenze, si sentiva
protetta dai personaggi: «Era quello che
volevo fare». Dice: verrà un giorno in cui
si dirà che sono la sorella di Alice. Oggi è
Alice la sorella di Alba. Ma sono, semplicemente, le sorelle del cinema italiano.
Valerio Cappelli
Sorriso Alba Rohrwacher (35) con la Coppa Volpi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La Mostra delle curiosità
Il generoso Al e i capricci a tavola di Ashley, stravaganze al Lido
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
VENEZIA — Triste, solitario y final. Più Soriano che Pasolini
l’Abel Ferrara che venerdì sera alla
Pagoda suonava la chitarra al non
affollatissimo party per il suo film,
mentre mezzo lido aveva traversato la laguna per approdare a Venezia al Guggenheim per festeggiare
con pastiere e babà la nuova romantica e criminale coppia Zingaretti-D’Amore.
Chiude Venezia 71, il Lido risprofonda nel suo torpore (secolare, ha fatto notare il presidente Baratta, citando la frase del Volpi
quando si trattò di scegliere la sede della Mostra: «La fasemo al Lido perché l’è un po’ straco»), il buco del mancato palazzo, là dove
sorgeva la pineta e ancora resta
l’amianto, ha davanti un altro inverno per raccogliere pozzanghe-
re e erbacce. Restano i flm — che
stanno arrivando nelle sale e girano per i festival — e un gioco di
contrasti, conferme e sorprese. Un
Al Pacino più stakanovista che
mai fa sballare per eccesso di generosità gli orari delle interviste,
dilatando la consueta striminzita
mezzoretta fino a un’ora e più. Il
gesto liberatorio di Frances McDormand che al party in suo onore
scende dai tacchi e calza le infradito. Mentre Ashley Green (la Alice
Cullen di Twilight) fa impazzire il
catering della CQ House: rifiuta il
raffinato menu a base di pesce,
chiede pasta in bianco, poi quando il piatto è in tavola pretende la
pizza.
Come in un’opera di James
Franco nulla è come appare o come ci si aspetta. L’invasione di abiti e veli bianchi sul red carpet (per
Io sto con la sposa) ruba la scena e
batte nella gara dei flash Bélen Rodriguez, arrivata ad occupare lo
spazio che negli anni d’oro era affollatissimo. Solo nel 2009, per dire, su quel tappeto rosso si ricorda
un ingorgo da leggenda: Hugo
Chavez, Noemi Letizia, Sylvester
Stallone, Milingo, Tinto Brass, Paris Hilton, la coppia GregoraciBriatore, citiamo a memoria. Rodriguez comunque rilancia e si
improvvisa critica cinematografi-
Il borsino
Al Pacino
Sempre disponibile
e generoso nelle
interviste al festival
Ashley Green
No al menu di pesce
Vuole la pasta, poi
cambia idea: pizza
Frances McDormand
Al party in suo onore,
scende dai tacchi
e calza le infradito
ca: «Da quel poco che ho visto e
sentito qui c’è voglia di commedie
gioiose». Sorprendentemente in
linea con Milla Jovovich a cui però
l’ottimismo gioca un brutto scherzo: «Ci fa piacere che il pubblico
abbia riso, Shakespeare voleva divertire», anticipa, salvo scoprire
qualche ora dopo che il suo Cymbeline riceve più fischi che risate.
Nessuna sorpresa, invece, per il
premio «Nanni Moretti mi si nota
di più». Non c’è stata gara. Vince a
mani basse Lars Von Trier con la
miglior performance in conferenza stampa (per Nymphomaniac I e
II. Director’s Cut) grazie al sodale
(e solidale) Stellan Skarsgård che
si è prestato a fare da ponte umano al regista danese. Appuntamento a Venezia 72. James Franco,
com’è noto, non mancherà.
Stefania Ulivi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Grasso e Baratta
Il presidente
del Senato Pietro
Grasso (69 anni, a
sinistra) con il
presidente della
Biennale di Venezia, Paolo Baratta
(74 anni), alla
cerimonia di chiusura del festival
Dietro le quinte
Verdone: ci siamo
divisi sul verdetto
Ho vissuto recluso
come Silvio Pellico
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
VENEZIA — «Una bella esperienza ma è
stata massacrante. Non credo che la
ripeterei», dice Carlo Verdone, che ha
fatto parte della giuria presieduta dal
musicista francese Alexandre Desplat. «È
mancata l’unanimità, ma non c’è stato
bisogno di riunioni suppletive. Io sono
uno aperto al dialogo, ho cercato di dire
cose sensate e equilibrate». Come ha
trovato la giuria? «Molto intellettuale». Il
regista tedesco Philip Gröning e
l’austriaca Jessica Hausner, l’attore Tim
Roth, la scrittrice Usa di origine indiana
Jhumpa Lahiri… «Sono andati su
YouTube a vedersi spezzoni dei miei
film», racconta Verdone. Mai come
quest’anno il cinema italiano è stato
apprezzato: lei come si è posto rispetto ai
film in gara del nostro Paese? «Sono tre
buoni film, quello di Saverio Costanzo ha
colpito per la regia e soprattutto per la
performance dei due attori. Un piccolo
film claustrofobico, angusto, che sale
sempre di più di tensione, e gli altri due li
ha lasciati indietro. Anche se Martone e
Munzi non hanno avuto premi, hanno
fatto lavori importanti». Desplat
In smoking L’attore e regista Carlo Verdone (63)
aggiunge con una nota stonata,
fraintendendo la domanda: «Io sono
francese ma non ho spinto i film
francesi». Arrivato al Lido, Verdone ha
trovato, al pari dei suoi colleghi, una
sorta di manuale del «buon giurato»,
istruzioni redatte dal direttore artistico
Alberto Barbera, novità di quest’anno,
che sa un po’ di editto bulgaro: vietato
parlare se non alla conferenza stampa
finale. In sostanza, non puoi esprimere
giudizi sui film in concorso. Carlo
condivide con James Franco il primato
del bagno di folla. Benché «sdoganato»
dal ruolo che Sorrentino gli ha dato in La
grande bellezza, Carlo rappresenta
l’«altro» cinema, quello popolare, un
corpo estraneo a una certa prospettiva
radicale dei festival. Così lo hanno messo
nelle mani di una guardia del corpo.
«Andavo avanti e indietro due volte al
giorno dall’hotel alle sale di proiezione.
Ho vissuto per due settimane come allo
Spielberg — sorride —, mi sono sentito
Silvio Pellico». I fan non gli davano
tregua. Ha provato una volta a fare due
passi sulla spiaggia ma non era aria:
«Alcuni poi tornavano, ma se ci siamo
fatti la foto insieme ieri, ancora stai qui?».
Verdone fu già nella giuria di Venezia nel
1994: «C’erano David Lynch, Uma
Thurman, Margherita Buy, Olivier
Assayas. Ma soprattutto Mario Vargas
Llosa». Lo scrittore peruviano. «Sì, e
quello non lo smuovevi dalle sue idee
nemmeno col carro armato, ti inchiodava
con la forza dei ragionamenti». Carlo e
Margherita spinsero per Lamerica di
Gianni Amelio. Non ci fu nulla da fare:
«Cominciò a dire che c’era un
compiacimento del regista, che i
personaggi sembravano insetti impazziti,
che era un manierismo neorealista sopra
le righe… Parlava troppo bene. Infatti ci
distrusse con il suo eloquio».
V. Ca.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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italia: 51575551575557
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Spettacoli 37
italia: 51575551575557
Su Canale 5 Sesta edizione. «Sono una mamma architetto al lavoro all’Aquila»
Dal 20 al 25 settembre
Una nobile in casa Cesaroni
Christiane: con me temi seri
Prix Italia a Torino
sull’innovazione
«È un orgoglio sapere che la gran parte
del materiale che verrà utilizzato durante
il Prix Italia proverrà dai nostri archivi».
Così il presidente della Rai Tarantola a
proposito della 66ma edizione del Prix
Italia, che si svolgerà a Torino dal 20 al
25 settembre. Il Prix Italia è il grande
appuntamento annuale che la Rai
organizza per «dialogare» e confrontarsi
sul campo della qualità dell’offerta con
gli altri operatori della televisione, della
radio e del web d’Europa e del mondo.
Saranno 230 le opere in concorso, 30 i
Paesi dei cinque continenti presenti, 50
le aziende che si confronteranno, 90 i
relatori. Il tema dominante di questa
edizione è l’innovazione.
Filangieri è il nuovo volto della serie. Bene gli ascolti
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scelti dal Salina Doc Fest di quest’anno, il
concorso nazionale del documentario
narrativo in programma sull’isola
siciliana dal 23 al 27 settembre. Giunta
all’ottava edizione, la rassegna diretta da
Giovanna Taviani potrebbe avere il
destino segnato a causa del mancato
finanziamento da parte della Regione:
«Sono costretta a dimettermi e a chiudere
l’esperienza per emigrare altrove». E in
difesa del festival si è espresso Roberto
Saviano: «Sarebbe una bella provocazione
se continuasse a chiamarsi Salina Doc
Fest pur svolgendosi in un’altra città». Tra
gli ospiti in programma, Moni Ovadia,
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Aveva 25 anni
con Claudio già al provino. In
questa stagione «si tratteranno
temi seri, ma con semplicità».
Omosessualità, malattia, ambiente. Una puntata sarà a
L’Aquila, dove Sofia ricostruirà
la Basilica di Santa Maria di Collemaggio dopo il terremoto. Parecchio materiale arriverà poi
dal rapporto con i ragazzi: «Avrò
tre figli grandi: Sofia è diventata
mamma a 18 anni. È stato interessante: con l’adolescente ribelle sul set abbiamo fatto delle litigate tostissime». Lei che adolescente è stata? «Studiavo, niente
grilli per la testa. E non ho rischiato di diventare mamma a 18
anni. Ora si bruciano un po’ le
tappe. Io non l’ho fatto».
Eppure per lei la popolarità è
arrivata a 20 anni, grazie a una
serie di pubblicità-tormentone
della Tim di cui era testimonial:
«Avevo appena finito la scuola e,
pur andando bene, non ho mai
pensato all’università: volevo
l’indipendenza. Lavoravo come
accompagnatrice turistica e il
sogno era condurre programmi
di viaggio, alla Licia Colò. Quella
pubblicità ha aperto la strada alla recitazione». Che ora ama
moltissimo: «È una sfida: ogni
scena può essere fatta in mille
modi diversi e non saprai mai
quale è il migliore. Ci perdo la testa». Per questo passa ore sui copioni. Ma ha senso farlo anche
con prodotti popolari? «In questa serie sì. La mia insegnante di
recitazione lavora nel cinema:
leggendo i copioni di Sofia si è
stupita per quanto fosse costruita in profondità». Seguiva «I Cesaroni»? «Avevo visto qualcosa
della prima serie».
Il cinema l’affascina «molto:
in due ore puoi raccontare fino
in fondo un personaggio, ponderando ogni aspetto. Ora c’è
più apertura nello scegliere anche attori televisivi». Si è mai
sentita categorizzata? «Non c’è
un episodio in particolare. Forse
spesso non si pensa che la Filangieri, biondina, può inventare
dei personaggi che non ti aspetteresti». Il ruolo di Sofia è già un
traguardo: «Mostro molto di
quello che ho imparato». Resta
ora da aggiustare un lato del suo
carattere: «Non mi so promuovere. A molti provini sono stata
Corsi
Gli annunci si ricevono tutti i giorni su:
Coppia Claudio Amendola (51) e Christiane Filangieri nella serie
Spettacoli
nata in Germania, ha vissuto in Brasile e fin da
quando era bambina ha
viaggiato per il mondo:
sul suo passaporto il cognome di
una grande famiglia nobile.
Prossima destinazione, Garbatella.
Christiane Filangieri, discendente (tra gli altri) del giurista illuminista Gaetano Filangieri, è il
nuovo volto femminile nella sesta serie (prodotta da Publispei)
della veracissima famiglia dei
«Cesaroni» (ottimo esordio
mercoledì sera su Canale 5 con 4
milioni 781 mila spettatori e il
20,8% di share). Nonostante i natali, non si sente un’aliena: «Proprio aver viaggiato tanto mi ha
abituata a frequentare ambienti
diversi. Dove mi metti, sto. Anche in una famiglia super romana come quella dei Cesaroni».
Sarà Sofia, architetto e mamma di tre figli, rimasta sola. Uscita di scena Lucia, storico personaggio interpretato da Elena Sofia Ricci, adesso occuperà lei i
pensieri di Claudio Amendola.
«Al momento, per la serie, Lucia
è a New York. Non prendo il ruolo che era di Elena Sofia, il mio è
un personaggio nuovo. Con lei ci
siamo parlate, è deliziosa, mi ha
augurato il meglio. Ognuno fa le
sue scelte nella vita, la ruota continua a girare». L’idea di entrare
in un gruppo collaudato un po’
la intimoriva: «Ho pensato: chissà come mi accoglieranno. Invece è nato un bellissimo feeling
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Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
#
Sport
La visita Il presidente della Rossa
a Monza: «Eccessivo il tormentone
su di me. Posso restare per altri tre anni,
se ci saranno novità sarò il primo a dirle»
Così al via alle ore 14
Ore 14: Gp d’Italia
Il circuito
Monza (5.793 m)
53 giri per 306,720 km
Così in tv
ore 14: Raiuno, SkySportF1
Griglia di partenza
1ª FILA
44 Hamilton (Gbr) Mercedes
1’24’’109
6 Rosberg (Ger) Mercedes
1’24’’383
2ª FILA
77 Bottas (Fin) Williams
1’24’’697
19 Massa (Bra) Williams
1’24’’865
3ª FILA
20 Magnussen (Dan) McLaren
1’25’’314
22 Button (Gbr) McLaren
1’25’’379
4ª FILA
14 Alonso (Spa) Ferrari
1’25’’430
1 Vettel (Ger) Red Bull
1’25’’436
5ª FILA
3 Ricciardo (Aus) Red Bull
1’25’’709
11 Perez (Mes) Force India
1’25’’944
6ª FILA
7 Raikkonen (Fin) Ferrari
1’26’’110
25 Vergne (Fra) Toro Rosso
1’26’’157
7ª FILA
27 Hulkenberg (Ger) Force India
1’26’’279
99 Sutil (Ger) Sauber
1’26’’588
8ª FILA
21 Gutierrez (Mes) Sauber
1’26’’692
13 Maldonado (Ven) Lotus
1’27’’520
9ª FILA
8 Grosjean (Fra) Lotus
1’27’’632
10 Kobayashi (Gia) Caterham
1’27’’671
10ª FILA
17 Bianchi (Fra) Marussia
1’27’’738
4 Chilton (Gbr) Marussia
1’28’’247
11ª FILA
26 Kvyat (Rus) Toro Rosso
1’26’’070
9 Ericsson (Sve) Caterham
1’28’’562
Kvyat retrocesso di 10 posizioni
per sostituzione motore
Mondiale piloti
1. Rosberg (Ger)
220
2. Hamilton (Gbr)
191
3. Ricciardo (Aus)
156
4. Alonso (Spa)
121
5. Bottas (Fin)
110
6. Vettel (Ger)
98
7. Hülkenberg (Ger)
70
8. Button (Gbr)
68
9. Massa (Bra)
40
10. Raikkonen (Fin)
39
11. Magnussen (Dan)
37
12. Perez (Mes)
33
Mondiale costruttori
1. Mercedes
411
2. Red Bull-Renault
254
3. Ferrari
160
4. Williams-Mercedes
150
5. McLaren-Mercedes
105
6. Force India-Mercedes
103
Prossimo appuntamento
14/10: Gp di Singapore
MONZA — Arriva come al
solito, il sabato mattina, se ne
va prima del solito, senza assistere alle qualifiche dai box (e
non era mai successo), appena
dopo aver saputo che le due
Ferrari sono settima e dodicesima, che sarà stato anche previsto ma fa comunque male.
Non può essere un Gp di Monza come gli altri, per Luca di
Montezemolo: i gesti sono gli
stessi, le pacche sulle spalle agli
uomini rossi, gli incontri con
Lauda, Ecclestone, Todt, il saluto dal muretto ai tifosi che lo
acclamano, un abbraccio forse
un po’ più lungo e intenso a
Fernando Alonso, con gli occhi
velati. Se non era commozione,
sarà stato l’effetto del «polverone», parola sua, che si è scatenato attorno a lui. L’atmosfera no, non poteva essere la stessa, perché Monza 2014 passerà
alla storia come la sua ultima
da presidente Ferrari dopo 23
anni. Montezemolo lo sa e, sui
La scelta di Luca
gradini del motorhome, parla a
una folla di giornalisti. «In
estate abbiamo sempre bisogno di creare dei tormentoni,
questo mi è parso eccessivo —
comincia Montezemolo —. Io
sto lavorando, chiudiamo l’anno con il record di risultati economici, al Salone di Parigi presenteremo una Ferrari nuova, a
ottobre a Los Angeles festeggeremo i nostri 60 anni in America con una macchina in 10
esemplari». E poi, entrando nel
merito: «Solo a marzo ho dato
la mia disponibilità agli azionisti e alla gente della Ferrari per
un impegno di altri tre anni. Se
poi ci fossero novità, sarò io il
primo a dirlo». Non è, come si
vede, una smentita. È, semmai,
un mettere i puntini sulle i:
Montezemolo vuole apparire
Montezemolo: «Disponibile ad andare avanti»
ma procede con Torino la trattativa per l’addio
Alternativa
Fernando
Alonso, 33
anni, e, a destra, Sebastian Vettel,
27. Se davvero lo spagnolo dovesse lasciare la
Ferrari, il tedesco della
Red Bull sarebbe l’alternativa (Ansa)
Ippica
come padrone del proprio destino. Come dire: se la Ferrari
dovesse diventare un’altra cosa, dopo la quotazione della
Fca, e lui non dovesse godere
dell’autonomia di sempre, po-
Alonso sotto contratto
«Su Alonso un altro
polverone, ha un
contratto fino al 2016»
Ma il piano B è Vettel
trebbe essere lui ad andarsene.
In ogni caso, una trattativa con
Torino per decidere il «come»
lasciarsi è già in atto. Il ministro dei Trasporti Lupi (che con
Montezemolo ha parlato di treni) dice che «può essere utile
anche in altri importanti ruoli». Alitalia? Montezemolo ci
scherza su: «Spero di prenderla
domani, nel senso di salire su
un aereo».
Comunque vada nelle prossime settimane si chiuderà
l’era Montezemolo, un’era vin-
Tennis
La Milano del galoppo fa splendere l’autunno A New York va in scena la caduta degli dei
Priore Philip torna in pista e concede il bis
Djokovic e Federer k.o., finale Nishikori-Cilic
Prima giornata della stagione autunnale di
corse all’ippodromo di Milano. Apertura
con il Premio Sga-Asa selezionata 19
settembre, gara condizionata sui 1.500 mt
di pista media per i 2 anni, con un match in
casa tra i compagni di scuderia Hero Look e
Cassiano Fan, con il primo che si è imposto
nella sfida davanti a Zoan. Cassiano Fan
solo terzo. Nella seconda corsa — Premio
Palazzo Mariano — Maiden sui 1.500 mt
divisa in due, primi a scendere in pista i
maschi: Azari è giunto secondo dietro a Mia
Eccellenza. Terzo Brixton Gun, solo sesto
Miami Beach. Nella terza corsa — Premio
Oldaniga — Maiden sempre sui 1.500 mt, è
il turno delle femmine e Cherie Good vince
davanti ad Aria Di Primavera e Zida. Nel
Premio Merate - Maiden o a vendere sul
doppio chilometro di pista media, si passa
ai tre anni. Ritirato Dark Sea, è finita con
Thomas Sensazione davanti al tedesco
Pissarro, e Relationship. Corsa clou del
giorno la 5 — Premio Giuliano Moroni —
condizionata sul miglio di pista media per i
tre anni. Tasso tecnico molto elevato e
occasione per rivedere in pista Priore Philip
dopo la sensazionale vittoria nel Vittadini
di gruppo 2. Priore ha staccato di nuovo
tutti. Secondo posto per Cleo Fan e terzo
per Dress Drive. Nel Premio Adamello,
completato da due handicap per i 3 anni ed
oltre, si è imposto Tubinga davanti a Drop
The Gun e Brasilian Sunset. Settima e
ultima corsa, il Premio San Rocco. Per la
chiusura non cambia la categoria rispetto
alla corsa precedente, ma si accorcia sul
miglio. Anche qui diverse le possibilità di
vittoria, e tra i numerosi candidati c’era il
giovan Red Rebel che si è però ritirato. La
vittoria è andata a Caruso davanti a Liu Gin
e Blue Feeling.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
NEW YORK — La caduta degli dei sconvolge
New York. Prima salta Novak Djokovic, steso
dal giapponese Kei Nishikori. Poi, quando
ancora lo stupore per il primo giapponese in
finale nella storia degli Us Open è vivo
nell’aria dei Queens, salta anche Roger
Federer, annullato dal croato Marin Cilic. La
finale di domani, oltre che inattesa, sarà così
storica, perché dopo nove anni è la prima di
uno Slam senza uno fra Djokovic, Federer o
Nadal: accadde nel 2005 all’Australian Open,
Safin contro Hewitt. A Nishikori, numero 10
del ranking, sono serviti 4 set (6-4, 1-6, 7-5, 63) per battere Djokovic, numero 1 del mondo,
ottenendo il miglior risultato della sua
carriera e del tennis giapponese. «È una
sensazione fantastica — ha detto il 24enne di
Matsue —. Come ho fatto? Ho cercato di
dimenticare contro chi stavo giocando e mi
sono concentrato solo sul mio tennis». La
stessa fine del serbo è toccata poi a Federer,
caduto ancora più nettamente in tre set (6-3,
6-4, 6-4) contro il numero 14 del mondo.
Cilic, gigante di 1.98 allenato da Goran
Ivanisevic, ha sfruttato da buon allievo il suo
fantastico servizio, non dando mai scampo al
numero 3 del ranking contro il quale in
precedenza aveva perso tutti e cinque gli
scontri diretti: «Non avrei mai immaginato di
potere giocare così — ha detto alla fine —.
Ivanisevic mi ha dato quel pizzico in più in
tutti i fondamentali. Ora sto giocando davvero
bene, e quando servo così sento che posso
battere chiunque». Ieri si è visto, anche se in
finale il favorito pare Nishikori, che in carriera
conduce 5-2 su Cilic, 2-0 quest’anno. Nella
semifinale femminile Serena Williams ha
disintegrato la russa Ekaterina Makarova (6-1,
6-3) e oggi contro Caroline Wozniacki
(Eurosport dalle 22.35) andrà all’assalto del
sesto titolo Us Open e del 18° Slam in carriera .
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Vuelta: tappa a Hesjedal
Fontana bronzo nella Mbk Volley, k.o. contro Portorico
Vuelta, 14ª tappa nelle Asturie (Santander-La Camperona,
200 km). Vittoria per distacco del canadese Ryder Hesjedal, davanti a Zaugg e Erviti; Contador (12°) resta il leader della classifica, davanti a Valverde (a 42”) e a Froome (1’13”); Aru è sesto
a 2’45”. Oggi 15ª tappa ( Oviedo-Lagos de Covadong, 152 km).
Marco Aurelio Fontana, terzo ai Giochi di Londra, ha conquistato il bronzo nel cross country anche ai Mondiali di
mountain bike in corso a Hajfell, in Norvegia. L’oro è andato
al francese Absalon, l’argento allo svizzero Schurter. Era dal
1997 che un azzurro non saliva sul podio in questa specialità.
Microfoni aperti
Luca di Montezemolo
parla ai giornalisti a Monza. Nel tondo, Raikkonen
arriva al circuito su una
Jeep Renegade (Ansa)
cente, piena di ricordi indimenticabili: «A Monza ho vinto
il primo titolo da direttore
sportivo nel ’75, con Schumacher abbiamo ottenuto successi bellissimi: a proposito, forza
Michael. Con Alonso abbiamo
trionfato nel 2010. Ora sono
qui per stare vicino a Marco
Mattiacci: qualche piccolissimo miglioramento si è visto.
Questa sarà la prima Monza
senza Domenicali, è stato parte
importante della mia vita, ma
nello sport i risultati sono tut-
Sport 39
italia: 51575551575557
to». Domenicali sarà oggi al
circuito invitato da Ecclestone
e dal presidente Aci Milano
Ivan Capelli. Montezemolo
sembra non risparmiargli una
critica indiretta quando parla
del peso politico della Rossa:
«Sono contento dell’approccio
di Mattiacci, nelle riunioni gli
ho detto di non guardare in
faccia a nessuno. Adesso si sente la voce della Ferrari, ma
adesso si accorgono anche di
cosa vuol dire in termini di audience non avere una Ferrari
competitiva». I cavalli di battaglia sono quelli di sempre: «Le
regole devono essere semplici,
con al centro il tifoso. La F1 è
ricerca, non si può congelare lo
sviluppo dei motori per un anno. E poi ci vogliono i test».
Ma più che il futuro della F1,
al centro della scena c’è il futuro della Rossa (Piero Ferrari
rassicura: «Non esiste una F1
senza Ferrari, se qualcuno volesse fare l’esperimento di non
correre spero di non esserci,
ma non succederà»),
quello di Montezemolo,
ma anche quello di
Alonso. «È un altro
tormentone, ha un
contratto importante fino al
2016», le parole
del presidente.
Fernando risponde «no» a chi gli
chiede se il suo futuro sarà influenzato
da un cambio alla presidenza. «Nessuna relazione. Poi Montezemolo
mi aveva detto che sarebbe
rimasto». Ma la trattativa del
suo rinnovo non fa passi avanti. Nel contratto di Alonso non
ci sono clausole di uscita (legate ai risultati), quindi lo spagnolo potrebbe andarsene solo
con l’accordo delle due parti.
Lo scenario più verosimile è
che il matrimonio continui. In
ogni caso, Maranello sta già lavorando a un eventuale piano
B, che si chiama Sebastian Vettel. Senza Alonso, ma soprattutto senza Montezemolo, sarebbe proprio un’altra Ferrari.
Clamoroso al Mondiale in Polonia. L’Italia si arrende a
Portorico per 3-1. Gli azzurri, dopo aver vinto il primo set
25-19, hanno perso i tre successivi: 25-19, 25-23, 25-22.
Oggi alle 20.15 (diretta RaiSport1), l’Italia affronta gli Stati
Uniti: una sconfitta metterebbe fine al suo Mondiale.
Qualifiche Dominio dei motori Mercedes. Il ferrarista: «Ho tirato al limite»
Atletica leggera
Il gran ritorno di Hamilton
Alonso: «Ora gara perfetta»
A Rieti la sfida
Gatlin- Powell
C’è la Del Buono
Lewis in pole davanti a Rosberg. Fernando è 7°
Con la McLaren
Segafredo
in pista
dopo 20 anni
MONZA — (f.van.) Non è il
«title sponsor», che sarà
annunciato per la fine della
stagione, ma è un marchio
importante (oltretutto
italiano) e storico perché
legato a grandi pagine e a
grandi piloti. Segafredo
Zanetti, brand-icona
dell’industria del caffè,
torna in F1 dopo 20 anni di
assenza e lo fa legandosi di
nuovo alla McLaren, della
quale fu già partner dal
1984 al 1986, ai tempi di
Lauda, Prost, Rosberg. Ma
l’azienda emiliana
sponsorizzò anche Ayrton
Senna nell’anno del debutto
(1984, alla Toleman) e poi
nel tragico 1994, che vide la
sua morte a Imola. «Nel
ventennale della scomparsa
del mio amico Ayrton, mi è
sembrato opportuno
rientrare in F1, facendolo
con un team che già
conosco e che ha grandi
progetti» dice il presidente
Massimo Zanetti. Il marchio
apparirà sul retro dell’ala
posteriore e in altre zone
primarie delle monoposto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MONZA — Sei su sei. Non c’è solo la
Mercedes, come team, a dominare nel parco di Monza e a catturare la prima fila con
la combinazione 44 (Hamilton, che non
centrava la pole da Barcellona, storia di
quattro mesi fa) e 6 (Rosberg), ma una famiglia allargata che imbarca anche le due
Williams e nell’occasione perfino le due
McLaren, escludendo giusto le Force India
solo perché nelle monoposto orientali c’è
qualcosa di scarso che annacqua la supremazia delle power unit della Stella di Stoccarda, davvero inquietante per la concorrenza. «Ho tirato al limite e questo era il
massimo possibile, mentre adesso il massimo possibile diventa fare una gara perfetta per aiutare la squadra e accumulare
punti» dice Fernando Alonso,
settimo e primo degli altri con
la Ferrari (e di nuovo davanti a
Raikkonen, bocciato nel Q2 a
causa di un errore), ma con un
secondo e tre decimi di scarto
che riassume le debolezze — di
trazione e di prestazione nell’uscita dalle curve — della F14 T.
Il disc jockey non cambia musica una
trentina di metri più in là, dove c’è la
Energy Station della Red Bull, anche se di
«energy» nel motore Renault delle RB10
ce n’è ben poca e questo sia Vettel sia Ricciardo, i soli scalpi eccellenti che Fernando
ha potuto collezionare in un sabato quaresimale, l’hanno afferrato: «Il problema è
che siamo poco veloci» è la riflessione di
Daniel, che difficilmente potrà ripetere
l’impresa di Spa e salire a quattro vittorie
nella stagione, pur coltivando sempre la
pazza idea di «scippare il titolo a Rosberg o
ad Hamilton». Vedendo gli scarti, nella
circostanza occorre una buona dose di ottimismo. La vera alternativa, infatti, pare
la Williams. Soprattutto quella di Bottas,
ringalluzzito dalle proiezioni sul passo-
6
gara e pronto a sfoderare il celebre motto
— «Attaccare al massimo» — dell’ex asso
dei rally Markku Alen, presente a Monza.
«È sempre così, per me. Ma senza esagerare, senza superare una precisa linea di
confine» dice Iceman-2. E poi i conti vanno fatti con l’oste d’argento vestito. Provocati sugli strascichi della polemica di Spa,
sia Hamilton sia Rosberg reagiscono con i
nervi distesi. I rimbrotti dei boss Mercedes rimbomberanno nei timpani? «Per
nulla» dice Lewis; «il messaggio (guai a
scontrarsi, ndr) è lo stesso fin dall’inizio e
non è cambiato» aggiunge Nico. Più nello
specifico: «Mi sentirò libero di combattere», riprende l’inglese; «Se avrò una chance al secondo giro, stavolta sarò cauto? Ve-
i motori Mercedes
ai primi 6 posti con le due Mercedes,
le Williams e le due McLaren
dremo, il team ci ha detto di continuare a
lottare», sottolinea il tedesco, che più che
alla leadership iridata, e dunque a un Gp
di conserva, pensa al suo primo centro
nell’autodromo brianzolo, per dare una
gioia «ai tanti amici italiani che tifano per
me».
La Mercedes è pronta ad azionare la
modalità «tritatutto» e questo lo sa bene
Alonso («Lewis e Nico non avranno problemi») e lo sa pure la McLaren, anche se
la terza fila di Magnussen e Button saluta
l’avvento (anzi: il ritorno) della sponsorizzazione Segafredo. È la prima di una serie
di novità in arrivo per il team che nel 2015
sarà motorizzato Honda e che, pur avendo
pronto il contratto per Vettel (l’accordo
con il tedesco c’è su ogni aspetto), spera
ancora per un po’ nel sì di Fernando il ferrarista. I polveroni di questi giorni alla
Rossa potrebbero aiutare.
RIETI – Il tradizionale
pomeriggio di fine estate
dedicato all’atletica leggera si
rinnova con il 44 °
RietiMeeting allo stadio «Raul
Guidobaldi» (diretta RaiSport
2, alle 17 alle 19) battezzato
dopo le imprese del passato
«Tempio del mezzofondo».
Nell’anno orfano dei grandi
appuntamenti e dei record
con il contagocce (solo la
polacca Wlodarczyk ha
migliorato un mondiale: m
79,58 nel lancio del martello)
l’attenzione si è spostata sulle
grandi sfide e i ritorni dal
passato. Justin Gatlin, lo
statunitense che ha espiato
con 4 anni di stop la colpa del
doping, venerdì sera a
Bruxelles ha corso i 100 metri
riannodando il filo della sua
storia (9”77) e
rimpadronendosi di un crono
che aveva segnato la sua
prima vita agonistica. Allora
fu primato mondiale, adesso
che sull’atletica si è abbattuto
il ciclone Bolt, è miglior
prestazione stagionale, ma
tanto è bastato allo
statunitense per chiarire agli
scettici che da «puliti» si può
andare forte ugualmente. Sarà
a Rieti sulla pista che nel 2007
regalò ad Asafa Powell un
altro primato del mondo
(9”74), sfidando proprio il
giamaicano, ieri alle prese con
gli scioperi negli aeroporti.
Poi Bohdan Bondarenko nell’
alto, per provare ad
arrampicarsi sul trono
mondiale d’annata, da dove è
appena stato buttato giù da
Mutaz Barshim (m 2,43 a
Bruxelles) e il solito grande
mezzofondo con la sfida
lanciata negli 800 da Federica
Del Buono, il più bel prodotto
di un’atletica italiana alla
disperata ricerca di talenti.
Flavio Vanetti
Valerio Vecchiarelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Primo Lewis Hamilton
vola verso la pole
position (Getty Images)
Arianna Ravelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cosa c’è di Nuovo
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Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Rossoneri
Inzaghi disegna un Milan super offensivo per trovare un posto a Torres
Autografi Fernando Torres (Ap)
MILANO — Riflessioni sotto l’ombrellone.
Dopo la partitella in famiglia giocata ieri mattina
a Milanello fra i superstiti delle nazionali contro
la Primavera (5-0 il risultato finale: doppietta di
Saponara e gol di Torres, Bonaventura e Niang),
Filippo Inzaghi è volato a Formentera
approfittando dei due giorni e mezzo di riposo
concessi alla squadra. Pur nel relax delle Baleari,
l’allenatore milanista si è portato i compiti in
spiaggia. Dopo la bella prestazione dell’attacco
rossonero con la Lazio e le discussioni avute
venerdì a Milanello con il presidente Berlusconi
e Adriano Galliani, il tecnico sta meditando su
un cambio di modulo. I movimenti di Honda, le
accelerazioni di El Shaarawy e il lavoro di Menez
da falso nove lo hanno convinto a tal punto che
ora non vorrebbe togliere dal campo nessuno
dei tre giocatori per far posto a Torres che si
propone ovviamente come titolare del Milan che
verrà. Ecco perché nel centro sportivo rossonero
venerdì pomeriggio è stato affrontato
l’argomento riguardante un mutamento di
schema. Pippo è tentato infatti di passare dal 43-3 attuale al 4-2-3-1 per mandare in campo
tutta l’artiglieria pesante a disposizione. Difficile
sapere se con pochi allenamenti a disposizione,
il nuovo Milan si vedrà già domenica sera allo
stadio Tardini nel posticipo con il Parma (anche
perché fra i tanti ragionamenti maturati nel
vertice con i dirigenti si è considerata anche
l’eventualità di non mandare subito allo
sbaraglio Torres: l’esempio di Ibra, in campo
nello 0-2 a Cesena del settembre del 2010 induce
prudenza). Di certo Inzaghi (ieri impressionato
Doppietta Bonaventura
Il tecnico impressionato da
Bonaventura, che si muove bene
e in partitella segna una doppietta
dall’allenamento di Bonaventura) sta vagliando
anche l’ipotesi del modulo ultra offensivo,
apprezzato anche dal presidente. Galliani
intanto evita di rispondere a Piero Ausilio che
nei giorni scorsi aveva sottolineato che il
giocatore dell’Atalanta era passato ai cugini solo
dopo che era stato liberato dall’Inter. «Forse fino
alle 20.30 il Milan nemmeno sapeva che il
giocatore fosse sul mercato». Replica dell’ad:
«Nessuna polemica con Ausilio che mi è pure
simpatico, noi a quell’ora stavamo cercando di
prendere Biabiany».
Monica Colombo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nazionale Il difensore, infortunato, non seguirà più la squadra in Norvegia
Juve, uno sgarbo a Conte
Chiellini richiamato a casa
Dopo il sì, la società ha cambiato idea nella notte
Oriali ironico, i bianconeri: «Scelta di buon senso»
DAL NOSTRO INVIATO
Il caso
Buffon: «Lotito?
Niente di male
se ci sta vicino»
DAL NOSTRO INVIATO
FIRENZE — (a.b.) La frase è a
effetto. «Nello spogliatoio non è
entrato e non c’è niente di male se
sta vicino alla squadra. Non mi dava
fastidio prima, non vedo perché
debba darmelo adesso. Eppoi, ha
sempre fatto così, l’ho visto spesso
vicino alla Nazionale». Parola di Gigi
Buffon e il soggetto è sempre lui,
Claudio Lotito. Il capitano azzurro
non diventa portavoce del
malcontento evidenziato da alcuni
suoi compagni per l’ingombrante
presenza del presidente della Lazio
che a Bari è stato a bordo campo
durante l’allenamento della vigilia,
nell’androne degli spogliatoi dopo la
partita e in sala stampa ad ascoltare
Conte. Lotito non annuncia passi
indietro. «Da consigliere del
comitato di presidenza Figc ho il
diritto di stare al seguito del gruppo.
E i giocatori non li ho mai
avvicinati». Anche Luciano Moggi,
squalificato a vita, interviene in
questo balletto deprimente: «Lotito
è uno che ci sa fare». Oriali, team
manager azzurro, conferma come il
presidente della Lazio non sia
entrato nello spogliatoio: «È un
luogo sacro e serve l’autorizzazione
mia o di Conte. Inoltre, nessun
giocatore è venuto da me per
lamentarsi». Sul presenzialismo di
Lotito interviene anche Antonello
Valentini, il d.g. della Federcalcio:
«Mi sembra esagerato sostenere che
spacchi l’Italia. Per lui l’ambiente
della Nazionale è nuovo, da persona
intelligente saprà capire
l’opportunità di certe presenze».
Intanto Buffon applaude il nuovo
corso Conte: «È lo stesso della Juve,
lui e Sacchi sono i più pignoli che ho
avuto» e rende giustizia a Prandelli
sull’esclusione di Rossi dal
Mondiale: «So quanto ha sofferto
Pepito e spero possa farci vincere
l’Europeo, ma è arrivato il momento
di rivalutare le scelte di Cesare».
Infine, frena l’avanzata degli
stranieri: «Qualcosa bisogna fare,
magari mettere dei paletti sugli
undici che vanno in campo».
Sarebbe bello, ma pare impossibile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
FIRENZE — Dopo appena sei
giorni di lavoro Antonio Conte
ha sperimentato sulla propria
pelle quanto sia difficile far collimare gli interessi della Nazionale con quelli dei club. Il primo
caso, o per meglio dire la prima
contrapposizione forte, riguarda Giorgio Chiellini. Venerdì sera, alle 19.09, la Federcalcio ha
emesso un bollettino medico
per annunciare che il difensore
non sarebbe stato disponibile
contro la Norvegia, martedì sera
a Oslo, ma che «in accordo con il
c.t. e con la società di appartenenza» sarebbe rimasto nel
gruppo azzurro sino al termine
del ritiro. Ieri, alle 14.06, la stessa Federazione ha annunciato
con un altro comunicato che
Chiellini sarebbe rientrato subito a Torino. «Su richiesta del
proprio club», la specifica che
ha fatto calare il gelo tra le parti e
aperto una polemica a distanza
tra i bianconeri e Gabriele Oriali,
il team manager azzurro.
Il quadro è cambiato nello
spazio di una notte. E la Juve,
proprio la sua Juve, si è resa protagonista del primo sgarbo al
nuovo commissario tecnico.
«Giorgio poteva essere utile anche senza giocare» ha spiegato
Oriali. Perché è molto inserito
nel gruppo (è il terzo per presenze dopo Buffon e De Rossi) e
conosce alla perfezione Conte
avendolo avuto tre anni alla Juventus. Inoltre, sempre parole di
Gruppo H
Martedì 9/9
Azerbaig.-Bulgaria
Croazia-Malta
Norvegia-Italia
Venerdì 10/10
Bulgaria-Croazia
Italia-Azerbaigian
Malta-Norvegia
Lunedì 13/10
Croazia-Azerbaig.
Malta-Italia
Norvegia-Bulgaria
Domenica 16/11
Azerbaig.-Norvegia
Bulgaria-Malta
Italia-Croazia
Sabato 28/3
Azerbaigian-Malta
Croazia-Norvegia
Bulgaria-Italia
Venerdì 12/6
Croazia-Italia
Malta-Bulgaria
Norvegia-Azerbaig.
Giovedì 3/9
Azerbaig.-Croazia
Bulgaria-Norvegia
Italia-Malta
Domenica 6/9
Malta-Azerbaigian
Norvegia-Croazia
Italia-Bulgaria
Sabato 10/10
Azerbaigian-Italia
Norvegia-Malta
Croazia-Bulgaria
Martedì 13/10
Bulgaria-Azerbaig.
Italia-Norvegia
Malta-Croazia
Oriali, «a Coverciano abbiamo
dottori e fisioterapisti in grado
di curarlo».
Ma non c’è stato niente da fare. Alle 16.45, mentre i suoi
compagni prendevano la via degli spogliatoi per l’allenamento
del pomeriggio, Chiellini ha lasciato il ritiro, dribblando domande imbarazzanti: «È tutto
tranquillo», ha detto dietro un
sorriso forzato. Era stato lui a
chiedere di rimanere in gruppo
e Conte l’aveva accontentato,
dopo che i federali avevano
chiesto e ottenuto il benestare di
Marotta.
Ma cosa è cambiato? Il sì della
Juve è stato forse un po’ frettoloso. Ieri mattina, dopo un vertice
con lo staff medico, i bianconeri
hanno deciso di far rientrare il
difensore alla base. Chiellini
salterà per squalifica l’anticipo
di campionato contro l’Udinese,
in programma sabato 13 settembre, ma l’obiettivo della Juventus è recuperarlo per la successiva partita con il Malmoe,
martedì 16, nell’esordio del girone di Champions League.
La questione si presta a molte
considerazioni. La società di
Andrea Agnelli ha il diritto sacrosanto di richiamare alla base
un giocatore infortunato. E il caso non sarebbe neppure nato se
così fosse successo venerdì pomeriggio. Prima di Chiellini se
ne sono andati Osvaldo (Inter) e
Paletta (Parma), anche lo squalificato Marchisio (Juve). Il primo sì, contraddetto nel giro di
una notte, ha alimentato sospetti e turbato il clima di armonia che Conte intende impostare con le società e i colleghi. «Sinora abbiamo incontrato massima disponibilità da parte degli
allenatori, ma a Torino non ci
siamo ancora andati», ha spiegato con un filo di ironia Oriali,
che alla domanda se la Juve si è
ripresa il difensore per non fare
un piacere alla Nazionale, ha risposto con «traducete voi...». A
Torino non l’hanno presa bene e
nel giro di qualche ora hanno risposto al team manager con un
comunicato apparso sul sito
della società. «Le dichiarazioni
di Oriali non cambiano l’orientamento della Juventus a collaborare con la Figc, ma questo
orientamento non può entrare
in aperto contrasto né con il
buon senso, né con le esigenze
di recupero di un giocatore».
Nel comunicato non si fanno
riferimenti a Conte, l’allenatore
dei tre scudetti che, in ogni caso, c’è rimasto male per la piega
che ha preso la vicenda. Chiellini è ancora una volta il protagonista involontario e forse imbarazzato di una lite. Era successo
La novità Osteggiata dalla Spagna, la più piccola nazione dell’Uefa ha una Federazione fondata nel 1895 e in Portogallo ospita la Polonia
Gibilterra, 30 mila abitanti e debutto in Europa
Il suo eroe si chiama Kyle Casciaro,
l’uomo che il 4 giugno scorso ha segnato il gol della vittoria, la prima di sempre: 1-0 su Malta. I suoi assi dovrebbero essere Scott Wiseman e Jake Gosling,
del Preston North End (terza serie inglese), gli unici professionisti della rosa. La guida tecnica e spirituale è senz’altro Allen Bula, un signore di 49 anni
convinto che in queste qualificazioni a
Euro 2016 i Rock Boys non faranno la
fine dei materassi: «È un sogno che si
avvera, ma non siamo qui solo per partecipare. Puntiamo ad arrivare quarti, o
al peggio quinti nel girone. E comunque a giocarcela con tutti». Cioè con
Germania (!), Polonia, Irlanda, Georgia
e Scozia, una specie di derby: «Quando
ho visto il sorteggio sono saltato sulla
sedia — racconta felice Bula —. Mio nipote è mezzo scozzese e il mio vice è di
Glasgow. Non è fantastico?».
E allora welcome to Gibilterra, che
oggi gioca la prima partita ufficiale della sua storia contro la Polonia. Purtroppo non lo fa nel piccolo e inadatto
Victoria Stadium, incastrato com’è fra
le montagne e l’aeroporto (quello nuovo, da 8 mila posti, per ora è solo un
progetto). E non lo fa naturalmente in
Spagna, visto il no iberico a fornire uno
stadio ai vicini inglesi. Dunque, trasferta in Portogallo, a Faro, in Algarve,
proprio là dove nella prima amichevole
della sua storia (novembre 2013, quattro mesi dopo l’ ingresso nella Uefa,
54° e ultimo membro), Gibilterra ha
pareggiato 0-0 con la Slovacchia, sostenuta da 500 tifosi in delirio.
«Fu un giorno incredibile», dice Bula, ma quel ricordo sarà niente dopo
stasera. Con 30 mila abitanti, Gibilterra
è infatti la più piccola nazione dentro la
Uefa. Con il pallone però convive da
sempre: la sua Federcalcio, una delle
più vecchie del mondo, è stata fondata
Le 8 gare di oggi
Allenamento Gibilterra al lavoro (Afp)
Via alle qualificazioni
Oggi partono le qualificazioni
a Euro 2016, con otto partite
(gruppi D, F e I). Si qualificano
le prime due dei 9 gironi (18),
la migliore terza, le quattro
vincitrici dei playoff fra le terze
più la Francia già qualificata.
Gruppo D
ore 18: Georgia-Irlanda
ore 20.45: Germania-Scozia
ore 20.45: Gibilterra-Polonia
Gruppo F
ore 18: Ungheria-Nord Irlanda
ore 20.45: Far Oer-Finlandia
ore 20.45: Grecia-Romania
Gruppo I
ore 18: Danimarca-Portogallo
ore 20.45: Serbia-Albania
nel 1895; un pareggio in amichevole tra
la Nazionale e il Real Madrid nel 1949
viene ancora raccontato con toni epici
da età dell’oro; il campionato, che si
gioca dal 1907, si chiama ovviamente
Premier League, otto squadre, una stagione di 14 partite e un club dominante, il Lincoln Red Imps FC: ha il record
di convocati in Nazionale (dieci), in
aprile ha vinto il suo 20° titolo e a luglio ha partecipato per la prima volta
alla Champions League, eliminato nel
primo turno dei preliminari dall’Havnar Bóltfelag, squadrone delle Isole Far
Oer.
Per questi motivi, l’ingresso nel calcio ufficiale viene visto come un naturale approdo tecnico. Ma c’è altro: è la
pesante vittoria politica sulla Spagna
che si è sempre opposta all’indipendenza calcistica di Gibilterra e che tuttavia ha dovuto accettarla il 24 maggio
2013, quando la svolta è stata ratificata
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Sport 41
italia: 51575551575557
Nerazzurri
Palacio rincuora Mazzarri: nella partitella corsa, assist e voglia di rientro
Atteso Rodrigo Palacio, 32 anni (Inter.it)
MILANO — Prove tecniche di rientro per
Rodrigo Palacio. Per valutare le condizioni
della caviglia dell’ argentino, che gli sta
creando problemi da prima del Mondiale,
Walter Mazzarri ieri mattina ha organizzato
una partitella alla Pinetina. Due tempi di 20’ tra
due squadre miste composte anche con
parecchi ragazzi della Primavera. Palacio ha
giocato insieme a Icardi e non ha dimenticato
le buone abitudini: suo, infatti, è stato l’assist
per il gol del bomber argentino. Applaudito
anche Pietro Volpi, responsabile dello staff
medico interista che, a bordo campo, si è
intrattenuto col medico della nazionale
argentina, venuto apposta ad Appiano Gentile
per valutare le condizioni di Palacio. I due
hanno visionato gli esami ai quali si è
sottoposto il giocatore: tutto ok. Chiaro: le
condizioni di forma di Palacio, che solo negli
ultimi giorni ha iniziato a lavorare in gruppo,
non possono essere al top, però Mazzarri
confida, dopo un’altra settimana di lavoro, di
poterlo schierare domenica contro il Sassuolo.
Dopo la partitella del mattino, Hernanes, Dodò,
Juan Jesus, Vidic e Andreolli sono andati all’
autodromo di Monza per assistere alle prove
del Gp d’Italia. Simpatico il siparietto degli
interisti ai box della Mercedes con Nico
Rosberg, attuale leader del Mondiale. Prima di
andarsene Vidic e soci sono andati a trovare
anche Felipe Massa, pilota della Williams.
«Sono da sempre un gran appassionato di
Formula 1 — ha spiegato Dodò — : io non ho
mai visto correre Senna, il primo pilota che ho
Dodò suona la carica
«Il Sassuolo è una squadra che gioca
un buon calcio. Non sarà facile, ma
noi dobbiamo vincere a tutti i costi»
ammirato è stato Barrichello e mi svegliavo
sempre all’ alba per vederlo in tv». L’ ex
romanista ha fatto sapere che non vede l’ora di
debuttare a San Siro «uno stadio che ha
davvero un gran fascino. Nel ritorno contro lo
Stjarnan a Milano ero in tribuna ma domenica
contro il Sassuolo dovrei proprio essere in
campo. No, non sarà facile perché quella di Di
Francesco è una squadra che gioca un buon
calcio, però noi dobbiamo vincere a tutti i
costi». E con Palacio, magari, in campo dall’
inizio potrebbe essere meno complicato.
Franco Fiocchini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Debuttanti Non solo Conte: il post Mondiale ha portato novità
Il mondo è cambiato
Dunga guida la carica
dei nuovi selezionatori
Bene Martino, tocca a Ranieri e Petkovic
lo scorso marzo, prima di ItaliaSpagna, tra Prandelli e Conte,
allora bianconero. Ora la cosa si
ripete. Marotta ha annunciato
ieri a mezzogiorno il dietro
front. «Senza nessuna spiegazione, peraltro non gliel’abbiamo neppure chiesta», ha raccontato Oriali. La tensione è alta
e la stagione non è ancora entrata nel vivo. La verità è che il
Divisi
Giorgio Chiellini, 30 anni,
e Antonio Conte, 45:
il difensore della Juventus
è stato richiamato
a Torino dalla sua società
(Sport Image)
rapporto tra la Nazionale e la serie A corre sul filo del rasoio
perché gli interessi divergono e
il calendario è affollatissimo.
Conte intende cambiare l’andazzo e presto andrà a trovare
Allegri. Ma intanto ha perso la
prima battaglia e non per colpa
sua.
Alessandro Bocci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Qualificazioni europee e mondiali
con un solo altro voto contrario, quello
della Bielorussia.
Nonostante i proclami di Bula, per i
ragazzi della Rocca sarà ovviamente
durissima. Oggi, per esempio, tocca affrontare uno come Lewandowski. A lui
si opporrà simbolicamente Adam Priestley, alias Mister Gibilterra. Nato laggiù quando papà era in servizio nella
Raf, anche Adam gioca in Inghilterra,
da dilettante, in nona serie. In Nazionale è stato convocato dopo che, scoperta
l’esistenza della squadra su Twitter,
aveva inviato alla Federcalcio i video
con le sue performance (27 gol in campionato, mica male). Ma perché Mr.
Gibraltar? «Mi chiamano così i miei
studenti di Leeds». Dove lui, insegnante, lavora, e dove sarà di nuovo in cattedra martedì alle 6 di mattina. È la famosa differenza tra professionista e professore. Che però magari, hai visto mai,
tra poche ore potrebbe raccontare di
aver fatto un gol a Szczesny, il portiere
dell’Arsenal. Sarebbe la lezione più bella della sua carriera.
Alessandro Pasini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sky, divieto di sosta
In tv altre 500 partite
Non c’è più la sosta per la Nazionale. Questo lo
slogan di Sky che, fino a oggi soffriva per il vuoto
di partite ogni volta che i vari campionati si
fermavano per le gare di qualificazione, agli
Europei (come in questo caso) o ai Mondiali. E
invece su Sky Sport HD, con tanto di studio
(condotto da Anna Billò) e canale diretta gol,
inizia una scorpacciata di gare di qualificazione,
500 partite, quelle per Euro 2016 e per i Mondiali
2018. Fino a ora il mercato era selvaggio, ma
Michel Platini ha centralizzato la produzione
(come per la Champions) consentendo la vendita
di un pacchetto ad alto livello. Un modello unico,
insomma. Non più grandi produzioni da una
parte e la telecamera fissa dall’altra. Si parte oggi
con Danimarca-Armenia e Georgia-Irlanda (ore
18). Alle 20.45: Germania-Scozia, PortogalloAlbania e l’amichevole Francia-Serbia. Altra
novità: in differita l’Italia con commento di
Caressa e Bergomi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dopo il Mondiale, è un altro
mondo. Succede ogni quattro
anni, perché la coppa è il vero
spartiacque per federazioni e
c.t. e stavolta i cambi sono stati
ancora più decisi. La disfatta del
Brasile con la Germania in semifinale (1-7) ha travolto Felipao Scolari; la Cbf ha richiamato
Carlos Dunga, 50 anni, già in
panchina nel 2010 (fuori nei
quarti con l’Olanda), che è ripartito dalla vittoria sulla Colombia (confermato
Pekerman, Falcao in
campo nell’ultimo
quarto d’ora) a Miami,
in amichevole: 1-0, gol
di Neymar su punizione a otto minuti dalla
fine, espulso Cuadrado
al 3’ della ripresa. È
molto cambiata anche
l’Argentina, seconda al
Mondiale: il presidente
Julio Grondona è morto a fine luglio; il c.t.
Sabella ha lasciato per
stress; al suo posto, è
stato scelto Gerardo
«El Tata» Martino, che
si è presentato con il
4-2 di mercoledì ad
Hannover ai campioni
del mondo della Germania, con Di Maria
strepitoso e da ieri anche polemico: «Alle 11
del mattino del 13 luglio, è arrivata nel ritiro dell’Argentina una
lettera del Real, che mi
impediva di giocare la
finale del Mondiale.
Ho dovuto interrompere subito le cure che
stavo facendo per recuperare».
Per l’Europa sono
giorni particolari, perché cominciano oggi (Germania campione del mondo contro
la Scozia, senza Lahm, che ha lasciato la Mannschaft) le qualificazioni al campionato continentale 2016, con il passaggio
da 16 a 24 squadre nella fase finale del torneo (in Francia), un
numero giudicato da molti ec-
cessivo perché avvicina il 50%
delle nazionali partecipanti
(54). Polemiche che Platini
ha liquidato così: «Nel 2016
vedremo otto nazionali in
più e saranno tutte di alto
livello». La Spagna è uscita
subito dal Mondiale (eliminata da Olanda e Cile), ma ha
deciso di andare avanti con Vicente Del Bosque (era più perplesso lui dei suoi critici), che
ha avviato una difficile fase di
Ritorno
Carlos Dunga, 50 anni,
è tornato sulla panchina
del Brasile dopo aver guidato
la Seleçao dal 2006 al 2010
(Ap)
Novità
Dall’alto: Claudio Ranieri, c.t. della Grecia;
Tata Martino, Argentina; Vladimir Petkovic,
Svizzera (Reuters, Epa)
rinnovamento, dopo l’addio alla Roja di Xabi Alonso e di Xavi.
L’inizio ha coinciso con la sconfitta in amichevole con la Francia (0-1) e con l’infortunio di
Diego Costa, ma non è il talento
che manca ai campioni d’Europa. Ha cambiato tutto l’Italia,
seconda nel 2012; l’Olanda, che
due anni fa era reduce dal secondo posto al Mondiale ed era
uscita subito dall’Europeo, è
passata da Van Gaal (terzo in
Brasile) a Hiddink, che ha cominciato male a Bari.
Una delle sorprese della coppa del mondo è stata la Grecia,
eliminata ai rigori negli ottavi:
Fernando Santos ha lasciato e al
suo posto, ecco Claudio Ranieri,
che debutta oggi allo stadio Karaiskakis di Atene contro la Romania. E c’è l’esordio in gare ufficiali anche per un altro allenatore, che ha lavorato in Italia:
Vladimir Petkovic, l’uomo con
tre nazionalità (corata, bosniaca
e svizzera), ha preso il posto di
Hitzfeld, in base al contratto siglato prima del Mondiale e che
gli era costato l’esonero da parte
della Lazio. Il debutto è fissato a
Basilea contro l’Inghilterra, che
invece ha deciso di proseguire
con Roy Hodgson, nonostante
il pessimo Mondiale. Ha deciso di lasciare Gerrard e Rooney è diventato capitano.
Sono molti i c.t. che sono
riusciti a difendere la propria panchina. Il Portog a l l o , re d u ce d a u n
Mondiale deludente,
continua a credere nelle
qualità di Bento come
c.t. (esordio oggi contro
l’Albania di De Biasi): non
ci sarà Cristiano Ronaldo,
che zoppicava anche al
Mondiale. E non ha cambiato c.t. nemmeno la
Russia, che affronta le
qualificazione europee,
in attesa di ospitare il
Mondiale 2018, nel segno di Capello, ancora in
attesa degli arretrati dello stipendio. Anche Susic non ha
perso il posto alla guida della
nazionale bosniaca, dopo un discreto Mondiale, così come Erik
Hamren, c.t. della Svezia che ha
mancato il Brasile perdendo il
playoff con il Portogallo e
Morten Olsen, riconfermato dalla dirigenza danese
subito dopo l’eliminazione pre-mondiale.
Con loro è solidissimo
in panchina Fatih Terim. La Turchia non si
era nemmeno qualificata per il Mondiale,
ma gli «imperatori»
non si discutono.
Fabio Monti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Serie B: seconda giornata
Il Latina vince
Brescia k.o.
Oggi la sfida
Bari-Perugia
Seconda giornata del campionato di B.Ieri, nei
due anticipi, il Latina ha battuto il Crotone (10, gol-partita di Sforzini a 11’ dal termine);
vittoria del Livorno a Brescia (1-0 gol di
Djokovic, 33’ s.t.), nonostante il portiere
bresciano Minelli avesse parato un rigore.
Così oggi, ore 15: Bologna-Entella;
Carpi-Varese; Cittadella-Avellino;
Spezia-Frosinone; Ternana-Pescara; TrapaniVicenza; V. Lanciano-Modena; ore 18:
Pro Vercelli-Catania; ore 20.30: Bari-Perugia.
Classifica: Livorno* p. 4; Bari, Ternana,
Perugia, Avellino, Frosinone e Latina 3; Varese
(-1) 2; Catania, Virtus Lanciano, Modena,
Carpi, Cittadella, Trapani e Pescara 1;
Vicenza**, Spezia, Bologna, Pro Vercelli,
Crotone*, Entella e Brescia* 0.
(*) una partita in più; (**) una in meno.
Inizia oggi (a Trapani) il campionato per il
Vicenza, ammesso alla B per il Siena (fallito) il
29 agosto e con mercato aperto fino al 15.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
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CorriereSalute
LE PAGINE DEL VIVERE BENE
www.corriere.it/salute
Medicina
Diritto
Medicina
Alimentazione
Medicina
Per tornare
in forma
basta camminare?
Percorsi di cura
necessari
ai malati cronici
Come si manifesta
l’infiammazione
del nervo ottico
Il crollo della dieta
mediterranea
nel nostro Paese
I trattamenti
«fai da te»
contro l’acne
a pagina 47
a pagina 48
a pagina 51
a pagina 49
LA SCELTA GIUSTA
DOPO LA SECCHIATA
a pagina 46
A che cosa serve
l’osteopatia
di LUIGI RIPAMONTI
S
ulle secchiate d’acqua gelata si è detto di tutto
e di più. Come qualcuno ha osservato quest’anno sono
state loro, e non la classica canzone, il vero tormentone
dell’estate. C’è chi le ha salutate come un fenomeno
simpatico e utile, chi le bollate come una forma a buon
mercato (offerta libera) di autopromozione, chi le ha catalogate
alla voce «narcisismo». Comunque la si voglia vedere rimane un
fatto: pecunia non olet. E se si sono raccolti soldi, pochi o tanti che
siano, per la ricerca sulla Sclerosi laterale amiotrofica, ben venga
qualche raffreddore o qualche esibizione che può aver fatto
arricciare il naso a qualcuno. Piuttosto questo fenomeno offre lo
spunto per qualche altra riflessione. La prima è sul come e sul dove
destinare le donazioni dopo le secchiate d’acqua gelata. Perché se è
vero che i soldi per la ricerca sono comunque ben spesi, è anche
vero che, trattandosi di una forma di investimento, è legittimo
preoccuparsi di quanto rende. In questo caso il rendimento
non si può misurare in termini economici crudi, però
un’unità di misura da
prendere come riferimento
c’è, ed è rappresentata dalla
quantità e, soprattutto, dalla
qualità della produzione
Valutare la qualità scientifica della onlus cui si
destina la propria
della produzione
donazione. Si tratta di un
parametro che sarebbe
scientifica
abituarsi a
per far «rendere» opportuno
considerare e che non è
le donazioni
molto difficile da valutare:
ogni ente che fa ricerca
scientifica può renderlo ben
visibile sul proprio sito Internet o sui documenti che
produce. Renderlo facilmente leggibile e comprensibile a
tutti è un indizio di serietà e trasparenza che può aiutare a
scegliere come e dove indirizzare i nostri soldi. Una seconda
riflessione riguarda la deducibilità delle donazioni. C’è chi
ha notato che negli Stati Uniti, dove è iniziato il fenomeno
delle secchiate, sono stati elargiti molti più soldi che in
Italia. È probabilmente vero, anche tenendo conto della
differenza di popolazione. Ma va tenuto presente che negli
Usa la deducibilità fiscale per questo tipo di donazione è
decisamente maggiore rispetto a quanto accade in Italia.
Con i problemi di bilancio che attanagliano il nostro Paese
potrebbe far sorridere l’invocazione a incoraggiare questo
genere di gesto con uno «sconto» sulle tasse . Ma se si tiene
conto che i soldi per la ricerca non fanno bene solo ai malati
ma, a medio e lungo termine, anche al Pil, forse andrebbe
considerata la possibilità di agire anche in questa direzione.
❜❜
di RUGGIERO CORCELLA
alle pagine 44-45
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il numero
Ricetta elettronica in ritardo
Solo cinque regioni a regime
Si fa presto a dire “ricetta elettronica”:
solo cinque regioni (Sicilia, Valle d’Aosta,
Trentino, Basilicata e Veneto) sono a regime e stanno raggiungendo l’obiettivo di
emettere l’80% delle ricette mediche “dematerializzate” entro il 2014, come previsto dall’agenda digitale del governo Monti. Altre regioni sono in fase di sperimentazione. Tra queste: Molise,
Campania, Liguria, Piemonte, ToÈ il numero di ricette
scana, Friuli Vemediche erogate
nezia Giulia,
ogni anno in Italia.
Lombardia, EmiDi queste, facendo
lia Romagna, Puuna proiezione su base
glia, Marche. Le
annua, attualmente
rimanenti sono
solo 90 milioni
ancora «in fase di
sono elettroniche
preparazione».
( )
600 milioni
Insomma, al palo. A fare il punto sulla ricetta medica elettronica è Promofarma, la
società di Federfarma che si occupa di monitorare il passaggio della ricetta medica
dal cartaceo all’elettronico. In Italia, secondo la stima di Promofarma, ogni anno
vengono erogate oltre 600 milioni di ricette mediche. Di queste, facendo una proiezione su base annua, attualmente solo 90
milioni sono elettroniche. Nel dettaglio,
secondo i dati della società: 50 milioni in
Sicilia, 800 mila in Valle d’Aosta, 3 milioni
in Trentino, 5 milioni in Basilicata e, in
proiezione, 32 milioni l’anno in Veneto. Il
resto è ancora tutto cartaceo.
PER SAPERNE DI PIÙ
Il sito di Promofarma
www.promofarma.it
44 Salute
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
dossier medicina
di Ruggiero Corcella
L’origine del nome
Il “padre” dell’osteopatia è Andrew Taylor Still, medico della Virginia (USA). Secondo Still, molte malattie possono essere
curate senza l’utilizzo di farmaci e la chiave sta nel trovare e correggere le malposizioni anatomiche che interferiscono con
la circolazione sanguigna e l’attività nervosa. Still comincia a trattare i suoi pazienti con successo utilizzando questa
metodica e il 22 giugno 1874 enuncia i principi dell’osteopatia. Spiega lui stesso il perché del nome: «Le ossa
sono il punto di partenza che ritengo sia la causa delle condizioni patologiche. Ho combinato ostèon (osso) con pathos
(sofferenza) e ho ottenuto come risultato osteopatia». Nel 1892, Still fonda la prima scuola di osteopatia.
Medicine non convenzionali Una disciplina che all’estero è «normata» da tempo e con precisione
Osteopati italiani alla ricerca
di riconoscimento professionale
Per dare più garanzie ai pazienti
I
n oltre trent’anni, ne ha
fatta di strada l’osteopatia
italiana. Da iniziativa personale di pochi pionieri,
entusiasti degli studi seguiti in Inghilterra o in Francia
soprattutto, la disciplina manuale nata negli Stati Uniti a fine Ottocento si è organizzata in
scuole e associazioni di categoria e ha conquistato sempre
maggiori spazi e considerazione tra il pubblico: dati Istat ed
Eurispes dicono che circa il
7-8% della popolazione si rivolge agli osteopati, con un
grado di soddisfazione del 78%.
Adesso l’osteopatia tenta il
«grande salto» del riconoscimento come professione sanitaria.
Sì, perché, ancora oggi, i circa 5 mila osteopati (7 mila, secondo alcune stime) che operano nel nostro Paese non han-
no un inquadramento specifico. E la strada appare ancora
accidentata (vedi articoli sotto,
ndr).
«Questo del riconoscimento
è il nodo fondamentale rispetto
al quale ci stiamo muovendo —
spiega Paola Sciomachen, presidente del Registro degli
osteopati d’Italia (ROI), il primo, nel 1989, a introdurre una
serie di criteri di autoregolamentazione del settore —. A fi-
La richiesta
L’obiettivo
è l’inserimento
tra i profili sanitari,
dopo cinque anni
di formazione
ne luglio sono stati presentati
tre emendamenti al Disegno di
legge del ministro Lorenzin sul
riordino delle professioni sanitarie, che prevedono l’inserimento dell’osteopata con un
profilo professionale sanitario
specifico e un percorso formativo di 5 anni paragonabile a
quello di odontoiatria».
Cerchiamo di capire meglio.
Allo stato attuale, la professione di osteopata non è regolamentata dalla legge italiana, se
non per quanto riguarda il regime fiscale, e rientra tra le
professioni non riconosciute.
«C’è un vuoto legislativo —
sottolinea Carlo Broggini, presidente dell’Associazione professionale degli osteopati
(APO), una settantina di soci,
nata due anni fa per coordinare
gli osteopati e fissare requisiti
formativi, deontologici e pro-
fessionali adeguati a garantire
uno standard elevato nel servizio —. Chiunque può aprire
una scuola e rilasciare un diploma di osteopata con criteri
che più o meno può inventarsi
lui. Certo, ci sono i riferimenti
agli standard europei e dell’Organizzazione mondiale della
sanità, ma non sta scritto da
nessuna parte che uno debba
per forza osservarli. In realtà,
da noi basta ottemperare alle
leggi esistenti per l’apertura di
uno studio professionale».
In mancanza di uno status
giuridico, è stato appunto il Registro in prima battuta a cercare di mettere i «paletti» e a fornire gli orientamenti per la formazione e lo svolgimento della
professione. «Tutti i nostri
iscritti hanno un percorso certificato, a garanzia dell’utente
— specifica Paola Sciomachen
La ricerca erboristica,
per il tuo benessere quotidiano.
— . Però l’iscrizione è facoltativa. Quindi ci sono scuole che
sicuramente hanno standard
formativi ottimi, ma c’è stato
anche un proliferare di situazioni un po’ fuori controllo».
Così, accanto alle nove Scuole a
tempo pieno e alle diciannove a
tempo parziale riconosciute e
accreditate dallo stesso ROI, ce
ne sono almeno una ventina
non meglio identificate.
Una situazione di incertezza
e di ambiguità, che forse a una
parte del mondo dell’osteopatia ha anche fatto — e continua
a fare — comodo. «Nell’osteopatia c’è chi agisce in modo serio e chi invece lo fa solo come
business — ammette Carmine
Castagna, direttore generale
dell’Istituto superiore di osteopatia di Milano, la prima scuola
a tempo pieno in Italia, nata nel
1993 —. Il sentore è che anche
tra gli osteopati qualcuno volesse mantenere la situazione
in un limbo. Chi guarda solo
agli affari ha tutto l’interesse a
rifiutare un profilo professionale delineato e adeguato. Questo ha creato un enorme danno
di immagine a tutti noi».
L’obiettivo dichiarato delle
associazioni che spingono per
un pieno riconoscimento è
dunque la trasparenza e la
chiarezza. A partire dalla formazione, dove si punta a far
crescere il livello di preparazione delle scuole fino a quello
raggiunto dalle 4 o 5 che possono competere con le migliori in
Europa.
Oggi, nel nostro Paese, chi
vuole diventare osteopata può
seguire l’iter della laurea in
campo sanitario e poi frequentare un master specifico. Oppure, se sceglie la scuola privata,
ha due possibilità: il percorso a
tempo pieno o quello a tempo
parziale. Il primo, al quale si accede dopo la maturità, dura 5
anni. «Gli insegnamenti preve-
dono tutte le scienze biomediche di base e poi le scienze di tipo osteopatico — racconta
Marco Giardino, direttore dell’Accademia italiana di medicina osteopatica di Saronno, una
delle associate all’APO —. Si
tratta di circa 3.000-3.500 ore
di lezioni frontali, più altre
1.200 ore di tirocinio clinico su
pazienti, come è richiesto dai
documenti internazionali e dagli standard europei. Il tirocinio deve essere svolto in un
centro attrezzato e la pratica
degli studenti deve svolgersi
sotto la supervisione di personale medico e soprattutto di
tutor osteopati».
Il percorso a tempo parziale
è invece riservato a chi ha già
una laurea in campo sanitario,
quantomeno triennale e prevede 1.500 ore di lezione più
1.000 ore di tirocinio clinico in
sei anni. Le scuole più serie
professionale in Italia — dice
Paola Sciomachen — non aggiunge nulla di più». Le famiglie degli studenti dei corsi a
tempo pieno, dunque, oltre a
un investimento consistente
(dai 35 ai 40 mila euro in tutto),
devono così affrontare anche le
incertezze e i rischi legati alla
situazione di vuoto normativo.
«La speranza è che finalmente l’osteopatia venga riconosciuta — ribadisce Alfonso
Mandara, presidente della Federazione sindacale italiana
osteopati (FeSIOs) —. Se gli
emendamenti al ddl Lorenzin
dovessero finire in un nulla di
fatto, allora proporremmo lo
studio di una legge ad hoc per
l’Osteopatia e la Chiropratica,
che possa in tempi brevi normare entrambe le professioni».
Unica «consolazione» è che,
secondo gli addetti, nessuno
resta disoccupato. «I nostri stu-
Operatori
Per sopperire
all’assenza
di norme è stato
creato un Registro
del settore
Ammissione
Anche in questo
campo c’è chi
agisce in modo
serio e chi lo fa
solo come business
hanno poi accordi di gemellaggio con alcune scuole di formazione estere a livello universitario, principalmente in Inghilterra e in Francia, che consentono agli studenti italiani di
ottenere oltre al diploma in
osteopatia anche un titolo accademico (bachelor).
«Dal punto di vista legale —
tiene a precisare Broggini — il
diploma italiano è carta straccia, purtroppo». La certificazione di università o istituti esteri
è un titolo accademico, «ma
sotto l’aspetto dell’abilitazione
denti si rendono tutti autonomi entro tre anni dal diploma e
il settore offre spazi enormi»
assicura Castagna. Il lavoro poi
è ben retribuito: «Non abbiamo
un tariffario di riferimento —
spiega Marco Giardino — . In
media però il costo di un trattamento, dai 30 minuti a un’ora,
può variare dai 40-50 euro ai
100, a seconda del professionista. Un osteopata con uno studio avviato, come minimo visita dai 40 ai 50 pazienti alla settimana». Il conto è presto fatto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ruoli Si discute dei confini fra diverse competenze
Secondo i medici
il nodo è la diagnosi
L
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a «linea Maginot» è la
diagnosi. Amedeo
Bianco, presidente
della Federazione nazionale ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) non ha dubbi:
«La competenza della diagnosi
è esclusivamente medica, perché i medici sono preparati a
questo sulla base di una metodologia cognitiva che è diversa
da quella degli osteopati e attraverso una formazione che
dura dagli 11 ai 12 anni».
Insomma, secondo Bianco, il
paziente può rivolgersi a
un’osteopata solo dopo una valutazione clinica della patologia
e dei sintomi da parte di un me-
dico. «Dobbiamo decidere chi
vogliamo preparare alla diagnosi e come lo prepariamo —
aggiunge —. Se pensiamo che
esistano 50 mila modi di fare
una diagnosi, che possano essere attribuiti a figure diverse,
poi prepariamoci anche a qualche brutta sorpresa».
Insomma, sull’osteopatia
l’approccio dell’ente che disciplina la professione medica è di
estrema cautela: «Andiamoci
coi piedi di piombo, — ribadisce Bianco — non per spirito
conservatore, perché ci siamo
spesi molto anche per l’omeopatia, la fitoterapia e l’agopuntura, ma per un principio di garanzia del cittadino».
L’invito alla cautela riguarda
anche il riconoscimento dell’osteopatia come professione
sanitaria. «Sono molto perplesso sull’eventualità che l’osteopata diventi una figura di primo approccio per i cittadini. Lo
dico nell’interesse dei cittadini
stessi» aggiunge Amedeo Bianco.
Quanto al ddl Lorenzin, la
posizione della Federazione sarà di cercare di migliorare la
proposta degli emendamenti
«in senso garantista — dice il
presidente FNOMCeO —, evitando di creare situazioni che ci
facciano tornare indietro nel
tempo».
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Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Salute 45
italia: 51575551575557
D’ARCO
Nel nostro Paese, come in altri
Paesi europei, l’osteopatia
non è vietata ma il processo
di riconoscimento è ancora in corso
4-5 mila
Gli osteopati in Italia
Circa
È già riconosciuta,
invece, in questi Paesi:
Francia, Regno Unito, Belgio, USA,
Canada, Australia, Nuova Zelanda,
Svizzera, Norvegia, Finlandia, Russia
3 mila
Circa
La quota di italiani
che ricorre
a medicine
non convenzionali
Da
il
Colpo della strega
Nevralgie,
artralgie
e dolori reumatici
3 a 6 anni
Spasmi e crampi
muscolari
La durata dei corsi formativi
(riservati a medici e infermieri,
o per persone con laurea
non sanitaria, o per chi ha solo
diploma di scuola superiore)
Di questi
21,5%
Cervico
e lombo algie
Colpo di frusta
14,5%
il
L’osteopatia
L’os
ste
è utilizzata per trattare i seguenti disturbi
50
tiaa
Le Scuole italiane di osteopatia
orre)
(di cui 30 di associazioni di settore)
21
I CAMPI
CA
C
DI APPLICAZIONE
Quelli inseriti nell’elenco
delle associazioni di settore
(iscrizione non obbligatoria)
21%
19
il
17
17,2%
15
Ricorre
Ricorre
Ricorre
all’osteopatia all’agopuntura alla chiropratica
Da
Capsulite adesiva
Sindrome
dell'intestino
irritabile
40 a 100 euro
urro
Costipazione
Il costo di una seduta di osteopatia
oppatiaa
Da
Asma
30 a 60 minuti
nu
utii
Cefalee
La durata di una seduta
Emicranie
Fonte: EURISPES - RAPPORTO ITALIA 2012
Otiti
L’efficacia è provata
con evidenza scientifica
soltanto per:
Sinusiti
Problemi
muscolo-scheletrici
Disfunzioni
circolatorie
periferiche
Disfunzioni
temporomandibolari
(lombalgia, cervicalgia)
Studi di efficacia
sono in corso
per questi disturbi:
Prolassi o spasmi
del pavimento
pelvico
Dolori mestruali
Lombalgie
di gravidanza
Cistiti
Incontinenza
Disfunzioni
endocrine
Cefalee,
patologie di tipo
infiammatorio
o irritativo
(come la gastrite
o la sindrome
del colon irritabile)
Incontinenza
urinaria
Indicazioni Al di là delle «evidenze» pratiche ora ci sono anche studi scientifici che ne valutano l’efficacia
Quando (e con quali prove) si fanno le manovre
A beneficiarne sono soprattutto le patologie muscolo-scheletriche
C
he cos’è l’osteopatia
e soprattutto a cosa
serve? L’Organizzazione mondiale della
sanità la definisce
una «medicina manuale», ne
riconosce il valore al fine del
mantenimento della salute, la
inserisce fra le Medicine non
convenzionali e ne auspica
l’integrazione nei Sistemi sanitari nazionali.
Gli osteopati concordano
nel definire l’osteopatia una
medicina: «Perché — spiega
Alfonso Mandara, fondatore e
presidente dell’Icom College
di Milano — come le altre discipline che usano la manipolazione dei tessuti per ripristinare la corretta funzione
delle strutture, l’osteopatia
pur non utilizzando farmaci e
apparecchiature elettromedicali innesca processi di autoguarigione, propri dell’essere
umano o animale».
L’osteopatia considera
l’uomo come un’unità di corpo, mente e spirito, in cui
ogni singola parte interagisce
con l’insieme. La connessione
tra le diverse parti è assicurata dal movimento. La qualità
del movimento rispecchia
quindi la qualità della vita e
d e l l a s a l u te . At t r ave r s o
un’analisi della postura del
corpo e la palpazione, l’osteopata valuta la presenza di disturbi, che interessano non
solo l’apparato neuromuscoloscheletrico, ma anche craniosacrale (legame tra il cranio, la colonna vertebrale e
l’osso sacro) e viscerale (azioni sulla mobilità degli organi
viscerali). Si interviene quindi su un eventuale squilibrio
con manipolazioni e manovre
specifiche, con l’obiettivo è di
ristabilire le condizioni fisiologiche del movimento.
Basi teoriche
La qualità
del movimento
rispecchia
quella della vita
e della salute
Gli osteopati inoltre rivendicano alla propria disciplina
l’esistenza di una «diagnosi
osteopatica». Quello della
diagnosi è uno dei punti più
controversi della «querelle»
con fisioterapisti e medici,
contrari al riconoscimento
dell’osteopatia come professione sanitaria. Secondo questi ultimi, la diagnosi è atto
medico per eccellenza e gli
osteopati non hanno le competenze per farlo. «In realtà
l’osteopata non è in grado di
fare una diagnosi perfetta del
problema, ma di accorgersene — puntualizza Carmine
Castagna, direttore generale
dell’Istituto superiore di
osteopatia di Milano — . Poi
però demanda alla figura medica competente. Possiamo
prendere atto di alcune condizioni patologiche presenti,
ma dobbiamo fare un’analisi
della funzione, cioè di come il
corpo eventualmente com-
Il trattamento
Con particolari
manipolazioni
si mira a ristabilire
le condizioni
fisiologiche
pensa determinate patologie,
per poi intervenire sulle disfunzioni. Quindi facciamo
diagnosi in quella zona d’ombra che sta tra la fisiologia e la
patologia».
Con quali risultati? Negli
ultimi 15 anni, l’osteopatia ha
imboccato a pieno titolo la
strada della ricerca sia in Italia
che all’estero per avere validazioni ed essere ben accettata nel mondo scientifico e anche per crescere all’interno
della stessa professione. Se gli
ambiti di applicazione sono
svariati (vedi grafico, ndr)le
«prove scientifiche» sull’efficacia riguardano al momento
un numero ristretto di disturbi.
«I campi dove abbiamo ormai molte evidenze — risponde Marco Giardino, direttore dell’Accademia italiana di medicina osteopatica —
sono nell’ambito muscoloscheletrico, soprattutto sulla
lombalgia e sulla cervicalgia.
Dobbiamo ancora dimostrare
l’efficacia su altre patologie
come ad esempio la cefalea,
patologie di tipo infiammatorio o irritativo come la gastrite o la sindrome del colon irritabile o altre patologie come
l’incontinenza urinaria».
«Ci sono moltissimi campi
di applicazione in cui la ricerca va avanti — continua Giardino —. Ancora non si è raggiunto il risultato, non perché
non si è efficaci, ma perché
stiamo raccogliendo i dati.
L’osteopatia è ormai pienamente inserita, anche nell’ambito scientifico. Non siamo in un angolino, anzi. Penso che la nostra sia una delle
discipline sanitarie dove è più
fervente l'attività di ricerca a
livello internazionale. È molto interessante quello che sta
succedendo nel mondo e noi
italiani siamo pienamente inseriti in questo contesto».
L’osteopatia sta anche en-
I fisioterapisti La Settimana di iniziative a difesa della loro specificità
Il rischio di creare doppioni
che possono generare confusione
A
ssicurano che la loro
non è una chiusura
preconcetta,né
un’opposizione dettata da interessi di
bottega: «L’osteopatia è già materia di approfondimento professionale e quindi di formazione avanzata per quanto riguarda
medici e fisioterapisti. Perciò ne
riconosciamo il valore dal punto
di vista clinico, osteggiamo invece la figura dell’osteopata,
perché non è regolamentata».
Così Antonio Bortone, presidente dell’Associazione italiana
fisioterapisti (AIFI), precisa il
senso della battaglia contro il riconoscimento dell’osteopatia
come professione sanitaria.
«Oggi la formazione è fatta da
enti privati e quindi non è certificabile — aggiunge — né accreditata sul piano istituzionale.
Di fatto c’è un business di strutture private che erogano questa
formazione e soprattutto ne
fanno un cammino aperto a tutti, anche a studenti che hanno
finito il liceo».
Secondo AIFI, la via maestra
della formazione deve passare
dall’università. I fisioterapisti
sono convinti che anche il loro
percorso, tuttavia, debba essere
riformato, passando dagli attuali tre anni ai quattro anni, come avviene nell’80% dei Paesi
europei. «Proprio martedì scorso — dice Bortone — abbiamo
sottoposto una proposta formale al ministro dell’Istruzione
Stefania Giannini e intendiamo
presentare un disegno di legge».
Il riconoscimento dell’osteopatia come figura professionale
in ambito sanitario, a detta di
AIFI, rischierebbe poi di creare
doppioni e sovrapposizioni in
contrasto con le leggi vigenti. «Il
rischio è che il cittadino si perda
in una vera e propria giungla —
aggiunge Bortone —. Da tempo
auspichiamo invece un disegno
di legge che istituisca un albo
definito per tutte le professioni
sanitarie, fisioterapista incluso.
Speravamo che ciò avvenisse
con il ddl Lorenzin. Se però que-
sto dovesse contemplare storture e devianze, come la creazione
di nuove professioni, preferiremmo fosse cancellato». Sulla
stessa linea, anche il Sindacato
italiano fisioterapisti e professioni area riabilitativa (Spif AR).
Intanto, dall’ 8 al 12 settembre, AIFI rilancia la campagna
«Giù le mani», contro il fenomeno dell’abusivismo. I cittadini potranno ricevere informazioni chiamando il numero verde 800.03.60.77 (orario 15-17).
La campagna si concluderà il 13
settembre con il “Fisio-day”,
con l’apertura degli studi fisioterapici per consulti gratuiti con
prenotazione al numero verde.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
trando negli ospedali: «Ci sono grossi studi e grosse collaborazioni, che iniziano nell’ambito neonatale — dice
Carlo Broggini, presidente
dell’Associazione professionale degli osteopati — nei reparti di pediatria, anche su
patologie gravi. Non si ha la
pretesa di curare, ma si può
aiutare».
In alcuni Stati dove la pratica osteopatica è inserita come
professione sanitaria, è stata
anche misurata la sua efficacia in termini di costo-beneficio. «Si è riscontrata una riduzione dei giorni di assenza
dal lavoro per dolore muscolo-scheletrico — sottolinea
Alfonso Mandara —. Nel Regno Unito, c’è un risparmio
del Sistema sanitario nazionale, nella sola Inghilterra,
stimato in circa 3 mila sterline
annue per cittadino con lombalgia, relativo all’uso della
terapia osteopatica in termini
di miglioramento dell’indice
QALY (quality adjusted life
years, durata della vita e qualità della stessa, ndr)».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
medicina
WEB
L’esperto risponde alle domande
dei lettori sui problemi di pelle, capelli
e unghie all’indirizzo
http://forum.corriere.it/dermatologia
L'acne è una malattia della pelle caratterizzata
da un processo infiammatorio del follicolo pilifero
e della ghiandola sebacea annessa
Pelle sana
Comedone
chiuso
Comedone
aperto
Papula
Pustola
Nodulo
Ciste
1
2
3
4
(punto bianco)
Il bilancio
L’utilità e i limiti
dei rimedi fai-da-te
contro l’acne
Pubertà precoce
Di pari passo con la progressiva
anticipazione della pubertà, sta
scendendo anche l’età della prima
comparsa dell’acne: già a partire
dai 10 anni qualche bambino
si ritrova coi primi brufoletti, poi
durante l’adolescenza la
percentuale di ragazzi e ragazze
alle prese con l’acne arriva
all’80%. La malattia è provocata
dall’infiammazione del follicolo
pilifero e della ghiandola sebacea:
questa produce grasso in eccesso,
per lo più in concomitanza della
“tempesta ormonale” che si
scatena con lo sviluppo sessuale;
i “tappi di sebo” sui follicoli
creano l’ambiente adatto per la
proliferazione del
Propionibacterium acnes,
il batterio che contribuisce alla
malattia, e favoriscono
l’infiammazione cutanea che
porta alle lesioni.
(punto nero)
Dermatologia I prodotti al vaglio degli specialisti
Uno studio
analizza
i pro e i contro
di preparati
molto diffusi
I primi brufoli
già a partire
dai dieci anni
Corriere della Sera / Mirco Tangherlini
46 Salute
L’
acne è il cruccio di
moltissimi adolescenti, ma anche
di adulti alle prese
con foruncoli che
non accennano a scomparire
o con le cicatrici di brufoli mal
curati. Al primo affacciarsi del
problema l’opzione è spesso il
“fai-da-te”: ampia la scelta di
prodotti contro l’acne acquistabili senza prescrizione, in
farmacia ma anche nei supermercati. Se si vuole provarli
però occorre un po’ di attenzione, come ha segnalato di
recente la Food and Drug Administration statunitense dopo alcuni casi di reazioni allergiche gravi, che non si sa
ancora se dipendano dai
principi attivi anti-acne contenuti nei prodotti o dagli eccipienti. Gli esperti raccomandano di provare sempre i
nuovi prodotti in una piccola
area cutanea per tre giorni e di
sospendere ogni trattamento
se si manifestano segni di
un’ipersensibilità severa (non
arrossamenti, bruciori o secchezza della pelle, ma fenomeni più seri, come sensazione di svenire, fiato corto, gonfiori al viso, alle labbra o alla
lingua). Anche taluni prodotti
naturali, come ad esempio
l’olio dell’albero del tè, sono
“da prendere con le pinze”
perché, oltre a non esistere
prove certe della loro efficacia, possono provocare allergie. Lo sottolinea un documento dell’American Academy of Dermatology, per il
quale, Emmy Graber, direttrice del Cosmetic and Laser
Center dell’Università di Bo-
Precauzioni
Chi soffre
di dermatite
atopica dovrebbe
sempre rivolgersi
al medico
ston, ha passato in rassegna
creme, lozioni e altri preparati
acquistabili senza prescrizione medica.
Secondo Graber, possono
essere invece validi gli scrub,
che rimuovono le cellule
morte e il primo strato dell’epidermide facendo “respirare” i pori, nonché i panni e
le salviette detergenti, che
puliscono a fondo la pelle. «Le
salviette sono più delicate degli scrub e andrebbero scelte
fra quelle con ingredienti attivi contro l’acne, come benzoil
perossido e acido salicilico —
dice Graber —. Gli scrub possono essere troppo aggressivi; meglio quelli non troppo
“ruvidi” a base di palline di
polietilene, anziché i più irritanti ossidi di alluminio o semi di frutta. Anche le spazzoline per la pulizia del viso
possono essere eccessive: si
usano pensando che l’igiene
profonda serva a far penetrare
meglio i principi attivi antiacne di creme e lozioni, ma ciò
Dal punto di vista della morfologia delle lesioni ecco come l'acne può essere classificata
1 Comedonica
2 È caratterizzata dalla comparsa di comedoni: chiusi, quando il dotto pilifero
è chiuso e il sebo non è più in grado di fuoriuscire; aperti, quando il dotto pilifero
non è chiuso del tutto e quindi il sebo può uscire verso l’esterno
3 Papulo-pustolosa
Dall’evoluzione infiammatoria dei comedoni, perlopiù da quelli aperti, derivano lesioni
rotondeggianti rosee-rosse (papule) che possono trasformarsi in foruncoli (pustole)
4 Nodulare
In presenza, intorno al follicolo, di fenomeni infiammatori intensi, estesi e profondi, si possono
formare lesioni nodulari dolorose di colore rosso-violaceo, che possono contenere pus
Conglobata
È una forma rara di acne che si caratterizza per la comparsa, oltre che delle lesioni
papulo-pustolose e di quelle nodulari, di formazioni cistiche che lasciano spesso cicatrici
non è affatto dimostrato».
«Questi metodi possono
essere utili per la prima fase
dell’acne, quella “comedonica” in cui si hanno soltanto
punti neri e microcisti —
commenta Giampiero Girolomoni, direttore della Sezione
di dermatologia e venereologia dell’Università di Verona
—. In questi casi il “fai da te” è
ammesso e, se la malattia resta di grado lieve, può essere
sufficiente. Creme o lozioni
che contengano sostanze antisettiche, ad esempio il benzoil perossido, e principi attivi esfolianti, come i derivati
della vitamina A, possono essere efficaci su un’acne iniziale, in cui non ci sia una grossa
componente infiammatoria».
Quando si sceglie un prodotto anti-acne da banco bisogna perciò accertarsi che
contenga uno dei composti
attivi: il benzoil perossido,
perché elimina i batteri che
concorrono a provocare l’acne e può così tenerla sotto
controllo; l’acido salicilico,
perché funziona come esfoliante liberando i pori da cellule morte e grasso di troppo,
che li “ingolfano” infiammandoli; lo zolfo, perché soppri-
me i batteri e pulisce i pori,
ma che deve essere usato solo
sui brufoli e non su tutto il viso (sì quindi ai prodotti
“spot”, utilità dubbia per le
saponette). Utilizzabili anche
le creme che contengono alfaidrossiacidi, per esfoliare la
pelle, o i derivati della vitamina A come il retinolo, che liberano i pori.
«Possono servire inoltre
antibiotici topici, come clindamicina, eritromicina o le
tetracicline; non si deve usare
invece la gentamicina, il primo antibiotico a cui tanti
pensano, perché non ha alcun
effetto sul batterio che provoca l’acne — dice Girolomoni
—. Ma attenzione: tutti questi
prodotti possono rivelarsi irritanti, soprattutto se la pelle
è sensibile, in caso di allergie
o se usati senza moderazione.
Se la cute appare arrossata,
secca e desquamata è meglio
interrompere qualsiasi trattamento e chiedere consiglio al
medico. Chi soffre di dermatite atopica, inoltre, per scongiurare problemi dovrebbe
comunque evitare di prendere iniziative senza rivolgersi
allo specialista».
Dal dermatologo bisogna
andare anche se dopo un trattamento “fai da te” di uno o
due mesi non si vede nessun
risultato. «Purtroppo molti
pensano che l’acne sia un accadimento inevitabile legato
alla pubertà: in realtà è una
patologia infiammatoria cronica con una componente ormonale e non è così “benevola” come si potrebbe pensare,
non deve essere sottovalutata
— avverte Girolomoni —. Da
sola non passa facilmente,
tanto che una piccola quota di
pazienti continua a soffrirne
perfino dopo i 40 anni; inoltre, se non viene curata in
modo adeguato può lasciare
cicatrici evidenti e praticamente impossibili da eliminare».
«I prodotti da banco —
conclude lo specialista — non
bastano per affrontare l’acne
al secondo stadio, quando
compaiono le pustole, i brufoli arrossati; men che meno
possono essere sufficienti
contro l’acne di stadio più
grave, in cui si hanno grossi
noduli infiammatori, cisti e
cicatrici».
Elena Meli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Terapia Soluzioni efficaci, anche per le forme più serie
Gli ormoni servono
solo in pochi casi
I
l rischio vero delle terapie
anti-acne “fai da te”? «Provare due o tre prodotti e
credere di aver già fatto
tutto il possibile per risolvere il problema, scoraggiandosi e lasciando che la malattia
faccia il suo corso». Giampiero
Girolomoni, dermatologo dell’Università di Verona, sottolinea l’importanza di non darsi
per vinti: «Cure efficaci esistono, anche per i casi più seri. Accanto alle terapie locali e agli antibiotici, si possono impiegare
farmaci come l’isotretinoina,
derivato della vitamina A molto
valido, che può “spegnere” l’acne per un lungo periodo —
spiega Girolomoni —. Si tratta,
però, di un medicinale che può
indurre malformazioni del feto,
per cui i medici a volte sono titubanti a impiegarlo. È chiaro
che bisogna prendere le dovute
precauzioni se la paziente è in
età fertile».
La terapia dell’acne in media
dura qualche mese, ma a volte si
protrae per anni; gli antibiotici
in genere si assumono per periodi brevi. Lo stesso accade con i
trattamenti topici locali, per disinfettare e sfiammare la cute: in
genere si usano per 20 o 30 giorni e si intraprendono al bisogno,
quando l’acne ha una recidiva.
Quando servono gli ormoni?
«Bisogna chiarire che alterazioni ormonali importanti, tali da
Luogo comune
Non esiste
dimostrazione
certa che alcuni
cibi facciano
male alla pelle
richiedere una correzione con
un trattamento vero e proprio,
sono rare e si riconoscono facilmente: se gli ormoni sono “sballati” si hanno irsutismo, obesità
e nelle donne anomalie del ciclo
mestruale, prima fra tutte la
scomparsa delle mestruazioni
— dice Girolomoni —. In questi
casi è opportuno indagare con
dosaggi ormonali specifici; in
tutti gli altri i test, spesso sono
molto costosi, sono inutili».
Altrettanto superfluo, stando
al dermatologo, cercare di tenere sotto controllo l’acne privandosi di certi cibi, come cioccolato o patatine fritte: «Non esiste
dimostrazione inequivocabile
che certi cibi facciano male alla
pelle; ad esempio, non ci sono
prove definitive che ridurre il
consumo di latticini (accusati
spesso di aumentare le lesioni)
abbia un effetto positivo. L’acne
non si combatte, né si previene,
con consigli dietetici, né per ora
è provata un’azione benefica da
parte dei fermenti lattici, sperimentati sia con somministrazione per bocca sia per uso topico. È invece certo il legame fra
fumo e acne: le sigarette aumentano il rischio di problemi
cutanei» conclude Girolomoni.
E. M.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Salute 47
italia: 51575551575557
Per saperne di più
sui temi che riguardano il sistema
nervoso si può consultare
www.corriere.it/salute/neuroscienze
medicina pratica
Mi spieghi dottore Che cos’è la neurite ottica e come si presenta?
Lo specialista
La neurite ottica è un’infiammazione del nervo
ottico ed è la più comune neuropatia ottica
che colpisce i giovani adulti (di età inferiore ai 50
anni). Può essere causata da numerose patologie
che è importante distinguere per consentire
una gestione ottimale
Il nervo ottico
«soffre»
e la visione
diventa confusa
CRISTALLINO
LE CAUSE
In relazione ai fattori che l’hanno indotta, la neurite ottica
può essere distinta in alcune forme principali
di ANTONELLA SPARVOLI
FORME ASSOCIABILI A SCLEROSI MULTIPLA
La neurite ottica è il più comune disturbo visivo
associato a sclerosi multipla ed è spesso il primo
sintomo di questa patologia demielinizzante
in cui il sistema immunitario attacca la guaina
mielinica che ricopre le fibre nervose nel cervello
e nel midollo spinale, con conseguente
infiammazione e danni alle cellule nervose coinvolte
L
a neurite ottica è
un’infiammazione del nervo
ottico che può avere diverse
cause. «La neurite ottica si
associa a malattie infettive,
a patologie autoimmuni con sofferenze
neurologiche (neuromielite ottica)
o sistemiche (lupus eritematoso
Stefania
sistemico, connettiviti, ecc.). Spesso
Bianchi
è il sintomo d’esordio della sclerosi
Marzoli
multipla (Sm) e si ripresenta molto
Neuroftalmologia spesso nelle fasi di riacutizzazione.
Ist. Auxologico
Esistono anche forme isolate in cui
Italiano, Milano
non si riesce a stabilire un fattore
scatenante. In questi casi l’episodio
infiammatorio può essere unico (forme isolate vere e
proprie) o ripetuto (forme isolate ricorrenti e
recidivanti)» spiega Stefania Bianchi Marzoli,
responsabile del Servizio di Neuroftalmologia dell’Irccs
Istituto Auxologico Italiano di Milano.
Quali sono i sintomi tipici?
«L’esordio è sempre improvviso. I sintomi caratteristici
sono dolore nella parte posteriore dell’occhio,
offuscamento della parte centrale della visione e
riduzione della percezione dei colori. Nelle forme
associate a sclerosi multipla, l’infiammazione riguarda
in genere un solo occhio, in altre patologie possono
essere coinvolti entrambi gli occhi».
Come si fa la diagnosi ?
«Un attento inquadramento neuroftalmologico
è fondamentale per orientare la diagnosi e la terapia.
Con alcuni esami di base è possibile escludere che
i sintomi siano dovuti a neuropatie ottiche di origine
diversa o a malattie della retina che si presentano con
sintomi simili. Bisogna poi identificare la causa con
l’aiuto di risonanza magnetica di encefalo e nervo
ottico, esami del sangue mirati e radiografia del torace.
In alcuni casi possono essere utili risonanza magnetica
del midollo e l’analisi del liquor. Infine è sempre buona
regola eseguire alcuni esami elettrofunzionali
per stabilire fino a che punto è stato danneggiato
il nervo ottico».
Quali sono le cure?
« Le forme immunomediate vanno trattate
tempestivamente con cortisone per via endovenosa per
3-5 giorni. La stessa terapia è utilizzata anche nelle
forme correlate a sclerosi multipla, mentre se la neurite
ottica è determinata da una malattia infettiva, va
prescritta una terapia mirata. Una volta regredita
l’infiammazione, è utile avviare una terapia preventiva
a lungo termine di nuovi episodi. Nel caso di forme
associate alla sclerosi multipla in genere si usano
farmaci immunomodulatori, mentre per le forme
immunomediate e quelle isolate ricorrenti e recidivanti
si ricorre a immunosoppressori. Nelle forme di neurite
ottica associabili a sclerosi multipla la prognosi visiva
è buona: dopo un primo episodio oltre il 90% dei
pazienti recupera una normale acuità visiva. Le forme
immunomediate possono avere una prognosi visiva
meno prevedibile che molto dipende dalla risposta
a un adeguato e tempestivo trattamento
con cortisone».
❜❜
RETINA
NERVO OTTICO SANO
In genere colpisce un occhio solo (monolaterale)
CORNEA
COROIDE
SCLERA
FORME IMMUNOIMMEDIATE
NERVO OTTICO INFIAMMATO
Queste forme di neurite ottica possono essere
associate o meno a patologie sistemiche.
Tra le malattie autoimmuni che possono causare
l’infiammazione del nervo ottico ci sono: neuromielite
ottica, Lupus eritematoso sistemico, sarcoidosi
e alcune connettiviti (malattie del connettivo)
I SINTOMI
I sintomi, che insorgono all’improvviso, possono essere più o meno evidenti. I più tipici sono
FORME INFETTIVE
Offuscamento della vista oppure presenza
di un’area centrale di visione non perfetta,
come una nuvola grigia
La neurite ottica può essere causata anche
da malattie infettive come, per esempio, varicella,
rosolia, morbillo, Herpes, tubercolosi, sifilide.
La neurite ottica da infezioni virali si verifica
più spesso nei bambini
Riduzione della percezione dei colori,
che appaiono sbiaditi e privi di vivacità, soprattutto
il rosso (discromatopsia)
FORME ISOLATE
Dolore, in genere lieve, dietro l’occhio nella parte
superiore, che peggiora con i movimenti oculari.
Di solito questo dolore precede di 2 o 3 giorni
o accompagna la comparsa di sintomi visivi
Sono forme di neurite ottica di cui non si riesce
a stabilire un fattore scatenante. L’episodio
può essere unico (forme isolate) oppure possono
esserci più eventi (forme isolate ricorrenti
e recidivanti)
Queste forme possono riguardare
entrambi gli occchi (bilaterali)
visione normale
visione
con neurite ottica
Il deterioramento della funzione visiva può essere monolaterale (forme associate a sclerosi multipla)
o, meno di frequente bilaterale (altre forme di neurite ottica), soprattutto in età pediatrica
La maggior parte delle persone recupera una buona capacità visiva rapidamente entro il primo mese
e il miglioramento si completa entro alcuni mesi. Talvolta, la perdita della vista può però persistere
anche dopo la regressione dell’infiammazione
LA DIAGNOSI
Un corretto inquadramento della neurite ottica sin dal suo esordio è molto importante perché consente di orientare meglio la diagnosi
(eseguendo esami di laboratorio e strumentali mirati) e la terapia nonché di migliorare la prognosi
1
Il primo passo è una visita
neuroftalmologica con alcuni
esami di base come il campo
visivo computerizzato e la
tomografia a luce coerente (Oct)
del nervo ottico e della macula.
Queste indagini permettono
di inquadrare in modo corretto la
patologia, di escludere la presenza
di altre forme di neuropatia ottica
(ischemiche, compressive,
infiltrative, ecc) esordite in modo
acuto, eventuali malattie della retina
che possono presentarsi in modo
simile (per esempio coroidite,
distrofia maculare, malattie
infiammatorie della retina),
nonchè di fotografare la neurite
al suo esordio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
2
Una volta fatta la diagnosi di neurite
ottica bisogna capirne la causa.
A questo scopo occorre eseguire
una risonanza magnetica
dell’encefalo (permette di capire
se l’infiammazione è legata o meno
alla sclerosi multipla) e del nervo
ottico (permette di visualizzare
l’infiammazione e di escludere
altre cause di neuropatia ottica
acuta), alcuni esami del sangue
(per valutare parametri
infiammatori, indagare su possibili
malattie autoimmuni o ricercare
segni di malattie infettive)
e una radiografia del torace
(per escludere malattie infettive
che potrebbero essere riattivate
dalla terapia con cortisone)
3
In alcuni casi è utile eseguire anche
la risonanza magnetica
del midollo perché nei casi
di sclerosi multipla possono essere
presenti lesioni midollari.
Il riconoscimento di queste lesioni
permette di identificare un quadro
di neuromielite ottica.
Un altro esame che può rivelarsi
utile è l’analisi del liquor (liquido
cerebrospinale), che permette
di confermare anche l’eventuale
presenza di una patologia infettiva
4
Una volta inquadrata la neurite
e stabilita la causa conviene
eseguire anche alcuni esami
elettrofunzionali come, per esempio,
il potenziale evocato visivo (Pev)
e l’elettroretinogramma
da Pattern (Perg). Queste indagini
permettono di stabilire fino
a che punto è stato danneggiato
il nervo ottico, informazione utile
nel caso dovessero verificarsi nuovi
episodi di neurite ottica
in cui la neurite ottica
manifestazione di sclerosi multipla
25% Iècasila prima
LE CURE
MIRKO TANGHERLINI
Altri sintomi sono un dolore improvviso
nella parte posteriore dell’occhio,
e riduzione della percezione dei colori
Nella maggioparte dei casi di neurite ottica, anche quando è correlata alla sclerosi
multipla, la visione può tornare alla normalità entro 4-12 settimane,
anche in assenza di trattamento. Tuttavia una terapia con cortisone per via
endovenosa per 3-5 giorni accelera il recupero visivo e consente di evitare
che l’infiammazione causi danni permanenti alla struttura del nervo ottico.
Il trattamento con cortisone per vena è invece indispensabile in tutte le forme
di neurite ottica immunomediate e deve essere iniziato molto precocemente
Se la neurite ottica è determinata da una malattia infettiva, può essere prescritta
una terapia mirata contro l’agente infettivo implicato. Questo approccio, di solito,
previene ulteriori episodi
Una volta passata la fase acuta, può essere necessario impostare una terapia
preventiva a lungo termine di nuovi attacchi. Nel caso di forme associate
alla sclerosi multipla in genere si usano farmaci immunomodulatori
(per esempio interferone, copaxone, ecc.). Per le forme immunomediate
e quelle isolate ricorrenti e recidivanti si opta invece per una terapia
immunosoppressiva (per esempio con azatioprina, metotrexato, ecc.),
mentre nelle forme isolate non servono ulteriori terapie, ma solo un monitoraggio
clinico ed eventualmente con risonanza magnetica
Mentre il monitoraggio della funzione del nervo ottico è di competenza
neuroftalmologica, la diagnosi e il trattamento di malattia sistemica
che ha causato la neurite ottica richiede la collaborazione di specialisti
in ambito neurologico, immunologico e infettivologico
48 Salute
alimentazione
Strategie
Il punto sugli
obiettivi
che si possono
conseguire
mangiando «bene»
L
a dieta mediterranea è
in crisi da tempo, colpa
della recessione. Così
si ingrossa l’esercito
degli obesi e riemerge
il rischio di malattie cardiovascolari che le abitudini alimentari, tipiche dell’Italia e dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, stavano tenendo a bada.
Iscritta nella lista del Patrimonio culturale immateriale
dell’umanità dall’Unesco nel
2010, oggi sta per essere surclassata da hamburger e patatine fritte, kebab e cibi in scatola,
panini e merendine. Perché le
verdure fresche e il pesce, capisaldi della dieta mediterranea,
sono molto più costosi del cibo
spazzatura.
La documentazione degli effetti collaterali della crisi a tavola arriva da una ricerca, pubblicata sul British Medical
Journal: quanto più è elevato il
reddito e il livello di istruzione
delle persone tanto più queste
sono propense a seguire la dieta mediterranea e tanto meno
soffrono di obesità. Un secon-
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
The Future of Science 2014 sulla fame
La decima edizione della Conferenza mondiale The Future of Science si
terrà a Venezia dal 18 al 20 settembre 2014. Il titolo di quest’anno è: «Per
un mondo senza fame». I maggiori esperti affronteranno i temi relativi alla
fame nel mondo e alle strategie per contrastarla. Per saperne di più si può
visitare il sito ufficiale della Conferenza www.thefutureofscience.org
Prevenzione/1 Nuove ricerche lo confermano
La dieta Mediterranea
è anche antinfiammatoria
Ma noi non la seguiamo più
do studio, in pubblicazione su
Nutrition, metabolism and
cardiovascular diseases conferma: a partire dal 2007 hanno
dovuto rinunciare, per ragioni
economiche, agli alimenti più
sani soprattutto gli anziani, i
meno abbienti e coloro che vivono nelle zone urbane.
I due lavori sono firmati da
un gruppo di ricercatori italiani, fra cui Maria Benedetta Donati, e i dati emergono da un
progetto chiamato Moli-sani,
una sorta di studio Framingham italiano. Quest’ultimo è
partito negli Stati Uniti alla fine
degli anni Quaranta e da allora
sta tenendo sotto controllo
l’intera popolazione di una cittadina del Massachusetts, Framingham appunto, alla ricerca
di fattori di rischio cardiovascolare. È grazie a questa ricerca se noi oggi sappiamo che il
colesterolo in eccesso nel sangue e la pressione alta predispongono a infarto e ictus. Lo
studio Moli-sani sta facendo
qualcosa di analogo: il suo
obiettivo è quello di analizzare
WEB
L’allarme
Le difficoltà
economiche
ci stanno
allontanando
dai cibi più sani
La prospettiva
Lo studio
«Moli-sani»
ha già verificato
vantaggi contro
il rischio di diabete
quanto giocano i fattori genetici e quelli ambientali (compresa appunto la dieta) nel determinare malattie cardiovascolari e certi tipi di tumore.
Così un’intera regione si è
trasformata in un grande laboratorio scientifico. «Lo studio
Moli-sani è partito nel 2002,
promosso dalla sede di Campobasso dell’Università Cattolica del Sacro Cuore — spiega
Maria Benedetta Donati, che lo
coordina e ne parlerà in occasione della decima Conferenza
mondiale sul futuro della
scienza, promossa dalla Fondazione Veronesi (Venezia, 18-20
settembre) — con l’idea di
coinvolgere 25 mila persone
dai 35 anni in su, il 10 per cento
degli abitanti del Molise: il reclutamento è avvenuto fra il
2005 e il 2010. Poi, l’anno scorso, l’Università ha chiuso i battenti a Campobasso. Si rischiava di compromettere anni di
lavoro, ma il gruppo di ricercatori coinvolti nello studio sono
stati accolti all’Istituto Neuromed di Pozzilli, a Venafro, sem-
L’esperto risponde
alle domande dei lettori
sui temi che riguardano
la nutrizione all’indirizzo
forum.corriere.it/nutrizione
La Piramide e la crisi
GLI ALIMENTI DELLA DIETA MEDITERRANEA
I principali sono: ortaggi, frutta fresca, pesce, olio d’oliva,
latte e derivati, legumi e cereali integrali.
Cibi grassi da evitare. Carne da consumare con parsimonia.
Non eccedere comunque con pasta e pane
LE REGOLE
La dieta si basa sul consumo di diversi tipi di alimenti,
che devono essere presenti nell’alimentazione in quantità
decrescenti a partire da quelli alla base della piramide,
fino a quelli al vertice
Dolci
Burro
Insaccati
Latte
Formaggio
Frutta
Carni magre
Pesce
Verdure
Pasta
Il calo dei consumi di frutta e verdura
in Italia dal 2000 al 2014
La quantità di frutta acquistata
4,2 milioni
di tonnellate in Italia nel 2013
La quantità di ortaggi acquistati
3,6 milioni
di tonnellate in Italia nel 2013
-2%
Il calo dei consumi di prodotti
ortofrutticoli nel 1° semestre del 2014
rispetto allo stesso periodo del 2013
18,4% Gli italiani che nel 2013 hanno
consumato almeno 4 porzioni tra frutta,
verdura e legumi freschi ogni giorno
La quota di bambini e adolescenti che consuma
frutta e verdura a ogni pasto
37% nel 2012
35% nel 2013
La quota di bambini e adolescenti che consuma
frutta e verdura una volta al giorno
Pane
Cereali
-30%
Riso
39% nel 2012
35% nel 2013
Fonti : Coldiretti; Istat-Cnel 2013
pre in Molise, un istituto di eccellenza che si occupa di ricerca
sulle malattie cerebrovascolari,
e hanno potuto continuare l’indagine».
Di ogni partecipante allo
studio, i medici hanno raccolto
un prelievo di sangue e dati relativi a peso e altezza. Non solo:
hanno sottoposto tutti i volontari a una spirometria e a un
elettrocardiogramma e hanno
compilato due questionari,
uno sulla loro storia clinica e
uno sulle abitudini alimentari
e di vita. Ora è il momento di
richiamare tutti, uno per uno, e
di valutare che cosa è cambiato
nelle loro abitudini e nel loro
stato di salute.
Il progetto è una miniera
d’oro di informazioni che ha
già permesso una serie di osservazioni interessanti, pubblicate in letteratura (su Medline, la banca dati degli studi
scientifici, ne sono censiti una
trentina). «Chi aderisce alla
dieta mediterranea — continua
Donati — è più protetto nei
confronti di stimoli infiammatori perché quest’ultima è ricca
di sostanze antiossidanti. E
questo è un vantaggio dal momento che l’infiammazione
cronica è alla base di molte pa-
tologie come il diabete o la sindrome metabolica».
Un altro dato interessante riguarda i diabetici (2000 sui 25
mila partecipanti all’indagine):
se consumano cibi sani hanno
una mortalità inferiore rispetto
agli altri.
«Le buone abitudini alimentari si stanno però perdendo —
conclude Bernardi — e ci stiamo adeguando alle abitudini d’
oltreoceano che, purtroppo,
sono le più ricercate dai giovani».
Adriana Bazzi
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Prevenzione/2 Si può contrastare una condizione che aumenta il rischio di cancro
La relazione pericolosa
tra sindrome metabolica e tumori
L’
In farmacia
Organizzazione
mondiale della sanità ha ormai lanciato
l’allarme da diversi
anni: l’obesità rappresenta uno dei principali
problemi di salute pubblica nel
mondo. I chili in eccesso sono
collegati a morte prematura e
ormai universalmente riconosciuti come fattori di rischio
per malattie cardiovascolari, ictus, diabete, tumori. Senza
considerare che il sovrappeso
spesso è associato a numerosi
altri problemi di salute (ipertensione, ipercolesterolemia,
apnea notturna e problemi respiratori, asma, complicanze in
gravidanza, solo per citarne alcuni) e che un numero crescente di ricerche scientifiche dimostra un legame anche con
gravi disturbi dell’umore, fino
alla depressione.
Ciononostante, le ultime fotografie scattate alle bilance dei
cittadini dell’Unione Europea
mostrano un preoccupante aumento del peso, in atto da tempo. «I casi di obesità e sindrome metabolica sono in crescita
in tutto il mondo, mentre il legame tra obesità e cancro diventa sempre più evidente»
conferma Antonio Moschetta,
professore associato di Medicina interna all’Università Aldo
Moro di Bari e ricercatore all’Istituto tumori Giovanni Paolo II. Moschetta interverrà alla
decima Conferenza mondiale
sul futuro della scienza, nella
sessione sostenuta dall’Airc
(Associazione italiana per la ricerca sul cancro) proprio per illustrare il legame ormai scientificamente dimostrato fra tumori e nutrienti.
Il cibo e le abitudini relative
all’attività fisica possono avere
ripercussioni sul nostro Dna,
perché giorno dopo giorno
modificano il metabolismo
dell’organismo e il normale
funzionamento di ormoni e geni, influenzando la regolare attività delle nostre cellule che
possono così finire per trasformarsi in cancerose.
«Cambiamenti sostanziali
delle nostre abitudini alimentari e dello stile di vita hanno
contribuito alla nostra attuale
maggiore suscettibilità all’insorgenza di vari tipi di tumori,
mento della circonferenza dell’addome (superiore a 88 centimetri nelle donne e a 96 negli
uomini), ipertensione arteriosa, ipertrigliceridemia (oltre
150 milligrammi di trigliceridi
per decilitro di sangue), ridotti
livelli di colesterolo “ buono”
HDL (meno di 50 nelle femmine e 45 nei maschi) e aumento
della glicemia a digiuno (maggiore di 100). Se si hanno anche
solo tre su cinque di queste caratteristiche si soffre di sindrome metabolica e sale il rischio
di cancro (oltre a quello di diabete e malattie cardiovascolari)
Il meccanismo
Eccessi a tavola
e sedentarietà
possono avere
ripercussioni
sul nostro Dna
La scoperta
Il colesterolo
è usato come
«cemento» dalle
cellule cancerose
per crescere
primi fra tutti quelli di seno e
colon retto — spiega Moschetta —. Ma appare sempre più
evidente un legame anche con
quelli di prostata, ovaio, pancreas, fegato, rene e persino
cervello. Offriamo al cancro la
possibilità di crescere più velocemente perché gli forniamo la
“benzina” di cui ha bisogno:
glucosio per produrre energia e
insulina per proliferare».
Generalmente, per semplificare, si parla di una «relazione
pericolosa» fra neoplasie e obesità, ma la vera responsabile è
la sindrome metabolica: «Una
patologia — chiarisce il ricercatore — caratterizzata da au-
perché si crea un microambiente favorevole alle cellule
cancerose per svilupparsi e
prolificare».
Diversi studi su ampi numeri
di persone sane e malate di
cancro, così come numerosi
test di laboratorio, hanno dimostrato chiaramente che uno
stesso tipo di tumore si sviluppa con maggiore frequenza in
persone che soffrono di sindrome metabolica rispetto a soggetti sani. Inoltre, è ormai certo
che, fra i pazienti oncologici, le
probabilità di ricadute e la
mortalità per tumore sono più
elevate in chi è sovrappeso e ha
un girovita superiore al dovuto.
In pratica, la sindrome metabolica interviene in tutte le fasi
del tumore, dalla formazione
alla progressione, dalla resistenza alle terapie fino all’insorgenza di recidive.
«Acidi grassi, colesterolo, retinoidi e vitamina D presenti
negli alimenti possono interferire con il Dna e indurre le cellule tumorali ad aumentare o
bloccare la loro crescita — conclude Moschetta —. In particolare, abbiamo recentemente
scoperto nuove prove del ruolo
negativo giocato dal colesterolo, impiegato come “cemento”
dalle cellule malate per crescere: se è poco concentrato mancano al tumore gli elementi per
proliferare, proprio come sarebbe per noi impossibile costruire il secondo piano di una
casa. Tradotto nella realtà di
ogni giorno tutto questo significa che bisogna impegnarsi
per restare normopeso: fare regolarmente movimento e seguire abitudini alimentari sane,
limitando il consumo di cibi ad
alto contenuto di grassi e zuccheri». Regole semplici, che
appaiono però in via di scomparsa anche in Italia, dove, secondo recenti statistiche, circa
un bambino di 8 anni su quattro è già vittima dei chili di
troppo, uno su otto è addirittura obeso e un quarto dei connazionali ha peso in eccesso. E c’è
di peggio: nel nostro Paese si
contano già quasi 5 milioni di
obesi che troppo spesso dichiarano «di star bene così», incuranti dei molti danni causati
dalla sovrabbondanza di cellule
adipose.
Vera Martinella
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
diritto
Paradossi
Oggi, 7 settembre, prima Giornata mondiale di sensibilizzazione sulla Distrofia
muscolare di Duchenne, malattia genetica degenerativa che colpisce in media
nel mondo 1 su 3.500 nuovi nati. Aiuta a capire che cosa significa convivere con
questa patologia il video, realizzato dalle Associazioni, «I tanti volti della
Duchenne» che si può vedere in rete su www.worldduchenneawarenessday.org
e https://www. facebook.com/worldduchenneawarenessday.
L’indagine Analizzate le prestazioni ricevute da oltre 100 mila persone in 11 Asl
Migliori percorsi assistenziali
studiati per i malati cronici
S
In Emilia-Romagna
progetto per pazienti
«complessi»
Percorsi diagnostici, terapeutici e
assistenziali, Pdta, “su misura”
per chi soffre di più malattie
croniche. Li stanno attivando
in Emilia-Romagna.
La sperimentazione, partita in una
Casa della Salute
a Parma, si estenderà nelle altre
province. Individuata la
popolazione più a rischio tramite
appositi algoritmi, i pazienti sono
contattati dal medico di famiglia e
viene predisposto un percorso
personalizzato: oltre alle condizioni
di salute dell’assistito si valuta la
sua “vulnerabilità” sociale, per
esempio se vive da solo, se è
anziano, se ha reddito basso.
Per saperne di più
Lo studio Fiaso-Cergas Bocconi
«Ptda standard per patologie croniche»
http://www.fiaso.it
Giornata per la Distrofia di Duchenne
Si spende
per esami inutili
e non se ne
eseguono altri,
indispensabili
Pluripatologie
Salute 49
italia: 51575551575557
eguire la terapia giusta, essere “monitorati” con controlli periodici per
prevenire complicazioni e ricoveri
inutili, non dover peregrinare da
una struttura all’altra per farsi rinnovare il piano terapeutico dallo specialista,
raccontando ogni volta la propria storia clinica al medico di turno. Insomma, ricevere
cure e trattamenti appropriati, dalla diagnosi all’accesso alle terapie e alla riabilitazione,
grazie a “Percorsi diagnostici, terapeutici,
assistenziali” (Pdta). Ad analizzarne luci e
ombre con l’obiettivo di individuare “Pdta
standard per patologie croniche” è una ricerca condotta per tre anni dalla Fiaso-Federazione italiana di Asl e aziende ospedaliere
e dal Cergas dell’Università Bocconi. Le 11
Asl che hanno partecipato allo studio, coinvolgendo complessivamente più di centomila pazienti, hanno esaminato i modelli di
presa in carico per cinque condizioni croniche che possono essere trattate nel contesto
territoriale, salvo episodi acuti per cui è necessario il ricovero: broncopneumopatia
cronica ostruttiva (bpco), artrite reumatoide, tumore al polmone (in fase terminale),
scompenso cardiaco e ictus (entrambi nell’anno di riabilitazione successivo all’evento
acuto). Partendo dal codice fiscale dei pazienti, tramite i database amministrativi
aziendali sono state individuate tutte le tipologie di prestazioni — ricoveri, accessi al
Pronto soccorso, bisogni farmaceutici, assi-
I problemi denunciati
Alcuni dei principali problemi dei malati cronici, secondo il XII Rapporto
sulle politiche della cronicità, del Coordinamento nazionale
delle Associazioni dei malati cronici - Cittadinanzattiva (2013)
Ritardi diagnostici
Difficoltà ad accedere a visite specialistiche o esami
Difficoltà di accesso all’assistenza farmaceutica
Spesa elevata per farmaci non rimborsati; limitazioni
da parte dell’ospedale o della Asl per motivi di budget
Assistenza domiciliare carente
Mancanza di alcune figure professionali;
numero di ore insufficiente
Riabilitazione non adeguata
Tempi di attesa incompatibili; mancanza di posti letto
e strutture; durata limitata
CORRIERE DELLA SERA
❜❜
Lo scopo
è indicare
strumenti
ottimali,
di diagnosi
e di cura
stenza domiciliare, prestazioni specialistiche o protesiche — ricevute dai malati cronici del campione selezionato per le singole
malattie nel territorio di competenza. Lo
studio ha così evidenziato gli aspetti critici,
ma anche gli interventi messi in atto dalle
aziende per correggerli (vedi box a destra).
«Non sempre i pazienti ricevono le prestazioni raccomandate dalla comunità
scientifica, come la spirometria nel caso della bpco o le lastre alla mano per la diagnosi
di artrite reumatoide — afferma Valeria Tozzi, responsabile dell’area “Ricerca su Ptda e
governo clinico” del Cergas — . In altri casi,
invece, sono eseguiti esami non indicati per
quella specifica patologia. Lo studio, però,
dimostra che, se le aziende sanitarie dispongono di flussi informativi, possono sapere quali e quanti pazienti hanno con una
determinata patologia, se soffrono anche di
altre malattie, se ricevono cure appropriate.
Per esempio, è possibile verificare se il paziente diabetico fa almeno una visita cardiologica e l’esame del fondo oculare ogni anno». La ricerca evidenzia inoltre che l’attivazione di Percorsi diagnostici, terapeutici, assistenziali ha permesso, tra l’altro, il
controllo della progressione della malattia,
un miglioramento della qualità di vita dei
pazienti, la riduzione dei ricoveri e anche risparmi. «I Pdta — sottolinea il presidente di
Fiaso, Francesco Ripa Di Meana — favoriscono anche il coordinamento tra medici di
famiglia, specialisti, strutture territoriali,
assicurando così la continuità delle cure».
Ma le esperienze di Pdta sono ancora scarse,
soprattutto al Sud. «Possono essere un’occasione per garantire equità e appropriatezza
delle cure anche in Regioni sottoposte a piani di rientro — fa notare il presidente di Fiaso — . Per far fronte all’aumento dei malati
cronici, spesso anziani con più patologie
(vedi box a sinistra), ottimizzando gli interventi si utilizzano al meglio anche le risorse
disponibili».
Maria Giovanna Faiella
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Esperienze positive
Buone pratiche
da condividere
per «esportarle»
«Condividere le buone pratiche delle
strutture sanitarie è lo scopo del
“laboratorio Fiaso sul governo del
territorio”» dice Nicola Pinelli,
direttore della Federazione italiana
Asl e aziende ospedaliere. Tra le
esperienze virtuose di Pdta, per il
tumore al polmone c’è quella
dell’Ausl di Bologna: oltre a piano
terapeutico stilato da un team
multidisciplinare, prevede supporto
psicologico per pazienti e familiari,
assistenza domiciliare integrata, rete
di cure palliative nella fase
terminale. L’Azienda Usl di Ferrara ha
attivato un Pdta per la Bpco dopo
aver rilevato nel 2009 che circa
l’80% dei pazienti non aveva
eseguito la spirometria per indagare
lo stadio della malattia: un gruppo di
lavoro ha elaborato linee guida
aziendali per uniformare i
comportamenti dei medici. L’Azienda
per i servizi sanitari triestina (con la
popolazione di età media più alta
d’Italia) ha puntato a un Ptda che
integri ospedale-territorio per lo
scompenso cardiaco: dopo la
dimissione dall’ospedale viene
attivato un percorso “protetto” per
ogni singolo paziente, preso in
carico, secondo la gravità, dal
medico di famiglia, dal cardiologo del
distretto, dal Centro cardiovascolare,
o da una struttura intermedia.
50
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
S P E C I A L E
a cura di RCS MediaGroup Pubblicità
graficocreativo
CAPELLI
Esposta durante l’estate agli agenti esterni, la capigliatura ha bisogno in questo periodo di un aiuto in più
È il momento giusto
per cure su misura
premuti per eliminare l’eccesso
d’acqua. Non vanno nemmeno
strofinati, ma anzi tamponati
con cura.
I trattamenti che si trovano nei migliori saloni sono studiati
proprio per tutelare salute e bellezza del capello
L
a ripresa delle attività
dopo le vacanze in teoria non dovrebbe essere troppo faticoso: in
fondo si ha avuta l’occasione
di riposarsi, rilassarsi, vedere
posti nuovi e passare tempo
ad assecondare le proprie
passioni. Chi può aver patito sono le parti più esposte,
ovvero la pelle e i capelli,
che, anche se adeguatamente
protetti, hanno dovuto fare i
conti con il sole, la salsedine,
il vento.
Può capitare così, che, soprattutto se le cure non sono
state adeguate e i trattamenti
cosmetici troppo aggressivi o
ravvicinati, in anticipo sul fisiologico ricambio stagionale
dell’autunno, si assista a una
caduta più evidente e che la
capigliatura assuma un aspetto opaco, fragile e sia difficile
da pettinare. La prima cosa da
fare è ricorrere alle mani dell’esperto: il parrucchiere sa come
rimediare agli eventuali danni
grazie all’impiego di prodotti
specifici, studiati per restituire loro luce e morbidezza e
offrendo il giusto nutrimento
al cuoio capelluto, impedendo che i capelli crescano più
fragili e fini o facendo sì che,
rafforzati, tendano di meno a
spezzarsi.
MANI ESPERTE
Presso i migliori saloni viene
poi offerta anche l’opportunità
di proseguire a casa i trattamenti con i prodotti usati dal
parrucchiere, e che, con i suoi
giusti consigli, permetteranno
di riavere presto una testa più
disciplinata e meno a rischio
“cadute”. Non va sottovalutata
l’importanza di uno shampoo
corretto: meglio dedicare ai capelli tutto il tempo necessario,
e non limitarsi a una brusca
lavata sotto la doccia, scegliendo uno shampoo adatto
alle loro esigenze. Per districarli, meglio pettinarli prima,
dato che da asciutti offrono
Anche a casa
bisogna trattarli
con mille
attenzioni
più resistenza e si spezzano
con minor facilità. Una volta
bagnati in abbondanza si devono applicare piccole noci del
detergente scelto in vari punti
della testa, e massaggiare con
delicatezza. Mai usare le unghie, per non correre il rischio
di lesionare il cuoio capelluto,
ma sempre e solo i polpastrel-
li, con movimenti circolari e
con l’energia sufficiente ad
eliminare le impurità. Si può
poi fare un secondo shampoo
con meno prodotto per poi
sciacquarli abbondantemente, resistendo alla tentazione
di strizzarli come se fossero
uno straccio: vanno infatti
avvolti in un telo di spugna e
Vitalità e potenza per stimolare la ricrescita
Durante il periodo estivo, così come nel prossimo momento dell’autunno, il fenomeno di indebolimento della
capigliatura può manifestarsi in diverse modalità.
Medavita, storica azienda del settore trico-cosmetico
professionale, pietra miliare dei trattamenti coadiuvanti
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innovazione, all’interno di selezionati saloni di acconciatura, per far sì che le chiome restino forti e voluminose.
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l’ossigenazione e gli scambi metabolici. Contribuisce a
rinforzare il sistema di ancoraggio del capello al follicolo,
permettendo l’ideale trofismo del bulbo nella sua fase di
crescita vitale. La formazione di una microguaina naturale apporta forza, resistenza e pettinabilità al capello.
Il Trattamento intensivo anticaduta pH 3.5, frutto di un
unico ed esclusivo processo di preparazione, stimola il
microcircolo ed inibisce gli enzimi responsabili delle
modificazioni funzionali alla base della caduta. Le sue
proprietà vasoattive, antiossidanti ed ossigenanti, permettono di stimolare la ricrescita, rinforzare il sistema
di ancoraggio del capello al follicolo pilifero e allungare
la fase di vita del capello, permettendo l’ideale trofismo
del bulbo nella sua fase di crescita vitale.
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Concentrée, Lotion Concentrée Super e Lotion Concentrée Homme, contenenti rispettivamente, in omaggio: LC
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L’uso di un condizionante,
un balsamo, una maschera,
secondo le esigenze del capello e le sue caratteristiche
che si vogliono accentuare o
ridimensionare, è poi d’obbligo, anche per gli uomini,
dato che favorisce la chiusura
delle squame di cui è composto il fusto, evitando che fra
di esse si possano insinuare
agenti esterni e nel contempo
si richiudano meglio facendo
in modo che assumano un
aspetto più compatto. Si può
anche scegliere una maschera rinforzante, antiossidante
e volumizzante, che potrà
gradatamente, con un uso
regolare, farli tornare morbidi
e lucenti o una lozione specifica indicata per rinforzare la
naturale fisiologia del bulbo
pilifero: le migliori lozioni
professionali, che spesso si
trovano solo nei saloni in cui
è alta l’attenzione alla salute
del sistema capello, sfruttando in sinergia l’azione di
numerosi principi attivi, hanno un effetto nutriente, rinforzante e antiossidante, che
permettono di stimolare la ricrescita, rinforzare il sistema
di ancoraggio del capello al
follicolo pilifero e allungarne
la fase di vita, permettendone
l’ideale trofismo nella sua fase
di crescita vitale. E con qualche coccola in più, non sarà
difficile riavere una chioma
soffice e docile.
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Salute 51
italia: 51575551575557
corriere.it/salute
Inviate le vostre segnalazioni,
i vostri quesiti, i vostri dubbi,
all’indirizzo di posta elettronica
a cura di Daniela Natali
[email protected]
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Chiedete agli esperti Oltre 160 medici
specialisti rispondono online
alle domande dei lettori in 50 forum
VIVERE CON IL WEB
Segnalato da voi
Dai forum dei nostri esperti
A un settantenne sovrappeso
basta camminare
per tornare in forma?
Ho quasi 70 anni, sono in buona salute, ma in sovrappeso di circa
una decina di chili dei quali vorrei tanto «liberarmi». Penso che nel mio caso
la migliore attività aerobica per perdere peso sia la camminata.
Ho ragione? E se volessi iniziare a camminare: con quanti minuti dovrei
iniziare? E con quale frequenza settimanale?
Se lei ritiene invece che, visto il mio sovrappeso, sia più utile qualche altro
tipo di sport, a che cosa potrei dedicarmi?
Risponde
Gianfranco Beltrami
Docente corso di laurea
in Scienze motorie,
Università di Parma
www.corriere.it/salute/forum
Ritengo che effettivamente la camminata veloce sia un ottimo esercizio aerobico per una persona che come lei, all’età
di 70 anni, desidera perdere i chili in sovrappeso e mantenersi in buona efficienza fisica. Riguardo alla sua domanda sul
«quanto», va sottolineato che è necessa-
Il sito della settimana
www.fondazione-mariani.org
Bimbi con handicap neurologici
È dedicato ai bimbi con problemi neurologici il sito
della Fondazione Mariani www.fondazione-mariani.org.
In home page si trovano le informazioni sulle iniziative
promosse o patrocinate dalla Fondazione: dagli incontri
su progetti e studi appena conclusi, a quelli focalizzati sulla
«metodologia Feurstein» per la riabilitazione dei ragazzi
con difficoltà cognitive; dalle nuove pubblicazioni, ai corsi
di formazione. Nella sezione «assistenza» si possono
consultare le attività che la Fondazione svolge sia
per supportare i centri clinici che si occupano di neurologia
infantile, sia per alleviare i disagi della malattia o della
disabilità neurologica, come i progetti per offrire ai bambini
con disabilità motorie e cognitive momenti ricreativi, quali
feste, vacanze e weekend che li avvicinano alla vita dei loro
coetanei. Un’area specifica è dedicata alla «Neuromusic»:
qui si trovano le segnalazioni sui congressi organizzati con
gli esperti mondiali nel campo della neurobiologia,
psicologia, neuropsicologia applicate alla musica, ma anche
le pubblicazioni in questo settore emergente delle
neuroscienze. Per tenersi aggiornati, si può accedere
alla newsletter «Neuromusic news» effettuando il login.
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Oncologia
Cancro al seno, studio italiano svela
il meccanismo delle metastasi
Scienziati dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano hanno
scoperto un nuovo meccanismo all’origine delle metastasi
nel tumore al seno. C’è di mezzo una proteina chiave,
la osteopontina, che protegge le cellule tumorali che stanno
formando le metastasi dall’attacco delle cellule di difesa. Lo
studio, pubblicato sulla rivista scientifica Cancer Research,
svela un importante tassello del puzzle metastasi.
Il video
Reumatologia
Le cause e le terapie
della polimialgia reumatica
Da domani su Corriere.it/salute videointervista
con il professor Carlo Maurizio Montecucco, ordinario
di Reumatologia all’Università di Pavia e primario
all’Ospedale San Matteo di Pavia, su una malattia che
colpisce muscoli, borse sierose e articolazioni soprattutto
di spalle, parte posteriore del collo, cosce, glutei, e che non
esordisce quasi mai prima dei 50 anni.
ria una certa gradualità, come in tutti i casi quando si inizia un’attività fisica, per
evitare il rischio di traumatismi, abbastanza frequenti se si è in sovrappeso,
e abituare l’apparto cardiorespiratorio allo sforzo. Le consiglierei, dunque, di iniziare con un’attività a giorni alterni, cominciando, se è completamente sedentario, con una ventina di minuti e incrementando gli allenamenti ogni settimana
di cinque-dieci minuti, fino ad arrivare a
percorrere un’ora di marcia continua.
Anche il ritmo della camminata andrà
gradualmente incrementato, magari controllando il battito cardiaco, che non dovrà superare i 130 battiti al minuto.
Per ottenere il massimo del beneficio
da questo impegno potrà poi arrivare a
fare attività anche tutti i giorni, ma questo solo quando sarà ben allenato e si renderà conto di recuperare bene lo sforzo
del giorno precedente.
Una validissima alternativa alla marcia
veloce è anche il nordic walking, utilizzando quindi i bastoncini che favoriscono
una corretta postura e un maggior lavoro
anche del distretto superiore del corpo.
Disturbi del sonno
Sogni sempre agitati
e notti senza pace, che fare?
Mio marito di notte fa sogni agitati e, a furia
di «litigare» con le persone che sogna,
spesso arriva a cadere dal letto. Si può fare
qualcosa per ridare pace al suo riposo?
Risponde
Lino Nobili
Centro medicina del sonno,
Dip. neuroscienze, Osp. Niguarda, Milano
Probabilmente suo marito soffre
di un «disturbo comportamentale
in sonno REM» (RBD , sigla per Rem
sleep Behavior Disorder ).
Il sonno REM (Rapid Eye Movements,
cioè Movimenti rapidi dell’occhio)
è quella fase del sonno, maggiormente
rappresentata nella seconda parte
della notte, in cui si assiste a una quasi
completa perdita di tono
della muscolatura volontaria
(si è come immobilizzati) e durante
la quale più spesso si sogna.
Il disturbo di suo marito
è caratterizzato dalla perdita di questa
atonia muscolare.
Per tale motivo, questi pazienti
presentano una eccessiva attività
motoria, spesso contrassegnata da
comportamenti bruschi (come urlare,
tirare pugni e calci), in rapporto al
contenuto dei loro sogni.
Spesso, infatti, i pazienti riferiscono
sogni a contenuto negativo, che essi
«agiscono» compiendo azioni violente.
Tali manifestazioni comportano un alto
rischio di traumi sia per il paziente sia
per chi gli sta vicino.
La diagnosi di RBD viene formulata
sulla base delle caratteristiche degli
episodi riportate dal paziente e dal
partner di letto ed essere confermata
dalla esecuzione di una
videopolisonnografia.
Esistono trattamenti farmacologici che
possono essere efficaci
nel ridurre la frequenza e l’intensità
delle manifestazioni notturne.
52
italia: 51575551575557
Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
Luciano Fontana è vicino a Francesco in questo
momento di grande dolore per la scomparsa della madre
Serenamente, così come è sempre vissuta, ci
ha lasciato
Anna Giavazzi Marini
Prof. Carlo Bernasconi
- Milano, 6 settembre 2014.
Daniele è vicino all’amico Francesco, in questo
tristissimo momento, per la scomparsa della madre
Anna Giavazzi Marini
Corrado Ferri partecipa con profonda tristezza
al lutto della famiglia e del Collegio Ghislieri per
la perdita del suo Presidente
- Milano, 6 settembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Franca Zauli.
– Adriano e Luciana Binda Beschi.
– Peppino e Vittoria Daveri.
– Federica Gavotti Percival Mazza e Giulio.
Barbara Stefanelli abbraccia Francesco Giavazzi nel dolore per la perdita della madre
I nipoti Matteo, Maria con Federico e Anna con
Giovanni ricordano con affetto e nostalgia la
Mario e Elsa sono vicini con affetto a Francesco
e ai suoi famigliari nel grande dolore per la scomparsa della cara mamma
prof. Carlo Bernasconi
Anna Giavazzi Marini
della cui amicizia è stato sempre onorato fino
dalla nomina a rappresentante della istituzione.È testimone della alta eticità e della acuta intelligenza attuata dal Presidente nello svolgersi delle sue funzioni e a tutela del Collegio Ghislieri,
sempre nel sentimento di appartenenza comune
alla secolare istituzione.
- Pavia, 6 settembre 2014.
- Milano, 6 settembre 2014.
nonna Anna
Anna Maria Giavazzi Marini
la sua generosità, la sua pazienza e il suo carattere solare. - Milano, 6 settembre 2014.
- Milano, 6 settembre 2014.
Andrea e Laura Belvedere ricordano con affetto il
Alvise e Giovanna Rossi di Schio rattristati per
la perdita della signora
Il fratello Giovanni con Eva, e le figlie Evamaria
con Matteo e Ianamaria con Philip, ricorda la cara sorella
e sono vicini ai suoi familiari in questo tristissimo
momento. - Pavia, 6 settembre 2014.
sono affettuosamente vicini a Francesco, Giovannella, Maria e Anna nel loro grande dolore.
- Vicenza, 6 settembre 2014.
Il Collegio Ghislieri e la Fondazione Sandra
Bruni annunciano con grande tristezza la scomparsa del loro Presidente
Alessandro e Simonetta sono vicini con affetto
a Maria Teresa per la scomparsa della mamma
I cugini Mariagrazia, Franco, Antonio, Marco
con le loro famiglie sono vicini con affetto a Francesco e Maria Teresa nel ricordo della
che per oltre trent’anni ne ha retto le sorti con
infinita dedizione e lungimiranza.
- Pavia, 6 settembre 2014.
- Milano, 6 settembre 2014.
Andrea e Bonnie Sironi sono vicini a Francesco
nel dolore per la scomparsa della mamma
Silvio, Giovanni con Marcella, Stefano con Silvia, Andrea con Betta, Monica con Herry ricordano la carissima
Partecipano al lutto:
– Andrea Belvedere.
– Giuseppina Motta.
– Francesco Andreoni.
Anna Maria Giavazzi
- Milano, 6 settembre 2014.
zia Anna
Ci mancheranno tantissimo la sua vitalità, la sua
allegria, il suo grande senso di una famiglia unita. - Bergamo, 6 settembre 2014.
Italo Ambrogio Alberto Folonari esprimono a
Francesco, Giovanni e familiari le più sentite e
affettuose condoglianze nel ricordo e nel rimpianto della cara
Franca, Marisa e Romolo De Bartolomeis con
familiari sono vicini a Mariateresa e Francesco
nel ricordo della cara
- Milano, 7 settembre 2014.
L’Associazione Alunni del Collegio Ghislieri annuncia con cordoglio la perdita dell’insigne alunno
Prof. Carlo Bernasconi
Anna Giavazzi Marini
zia Anna
per oltre trent’anni Presidente del Collegio Ghislieri e componente del Consiglio Direttivo
dell’associazione. - Pavia, 6 settembre 2014.
Nel triste momento della scomparsa di
Floriana e Roberto con Alvise e Ludovica si stringono affettuosamente a Francesco ed a tutta la
famiglia. - Castelfranco, 6 settembre 2014.
Annamaria e Bruno sono vicini a Maria Teresa
per la perdita della carissima mamma
Anna Maria
Sandra, Lino e Silvia, Sara e Marco, Carlotta
con molto affetto abbracciano Francesco, Giovannella, Maria e Anna ricordando la signora
- Milano, 6 settembre 2014.
Anna Giavazzi
Mariuccia Albini e figli partecipano al dolore
della famiglia Giavazzi e loro cari per la perdita
della loro cara mamma
- Milano, 6 settembre 2014.
Anna
Bruna con Ettore e Caterina, Andrea e Elena,
partecipa con molto affetto al dolore di Francesco
e Giovannella, Maria Teresa e Giorgio e familiari
tutti nel ricordo della cara mamma
Il Presidente Mario Monti, il Vice Presidente Luigi Guatri, il Rettore Andrea Sironi, il Consigliere
Delegato Bruno Pavesi, il Consiglio di Amministrazione, il Collegio dei Revisori dei Conti, il corpo docente e il personale dell’Università Bocconi
partecipano commossi al grave lutto che ha colpito il professore Francesco Giavazzi per la scomparsa della madre
Anna Giavazzi
Anna Maria Giavazzi Marini
- Bergamo, 6 settembre 2014.
- Milano, 7 settembre 2014.
- Milano, 6 settembre 2014.
Elisabetta e Francesco sono affettuosamente
vicini ad Anna, Maria, Francesco e Giovannella
per la scomparsa della nonna
Bruno Pavesi partecipa con affetto al grande
dolore dell’amico Francesco per la scomparsa
della sua cara mamma
- Milano, 6 settembre 2014.
Angelo e Rory Provasoli si stringono commossi
a Maria Teresa, Francesco e familiari tutti nel ricordo della cara
I docenti ed il personale tecnico amministrativo
del Dipartimento di Economia Politica dell’Università Bocconi partecipano commossi al lutto del
Professor Francesco Giavazzi per la scomparsa
della mamma
Anna Giavazzi
Anna Giavazzi Marini
- Milano, 6 settembre 2014.
Anna Giavazzi Marini
Paola Balestreri
Grazia, Valeria con Andrea, Federico con Gabriella, Giulia e Michele sono affettuosamente vicini ad Isabella e Franco, a Titti e Tano con i loro
figli e nipoti nella dolorosa circostanza della prematura morte della loro cara
Paola Balestreri
- Milano, 6 settembre 2014.
I Consiglieri e l’Amministratore del condominio
Giardini della Moscova 40, Milano, partecipano
al dolore della famiglia per la scomparsa del
Antonio Bloise
- Milano, 6 settembre 2014.
Carissimo
Lello
ci hai lasciati in silenzio circondato dall’affetto
delle tue amatissime figlie.- Sei stato guida e
maestro di dottrina e di vita, uomo e amico indimenticabile.- Un abbraccio forte.- Lallo e Vittoria. - Milano, 6 settembre 2014.
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È serenamente mancata all’affetto dei suoi cari
Mariuccia Corti ved. Fossati
Lello
Maurizio con Giovanna, Chicca con Sandra e Camilla. - Monza, 5 settembre 2014.
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Gianni e Giliola Randelli con Pietro e Michela,
Filippo e Laura e Gemma commossi partecipano
al dolore per la scomparsa del
Prof. Mario Borroni
famoso medico e chirurgo ortopedico e maestro
dalle innate qualità umane.
- Milano, 6 settembre 2014.
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Necrologie: € 5,00
Adesioni al lutto: € 10,00
Necrologie: € 1,90
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A MODULO:
Solo anniversari,
trigesimi e ringraziamenti:
€ 540,00
Solo anniversari,
trigesimi e ringraziamenti:
€ 258,00
Diritto di trasmissione:
pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00
Emma Zerboni Speranza
- Buenos Aires, 5 settembre 2014.
L’accettazione delle adesioni è subordinata
al pagamento con carta di credito
Renata con Monica e Vitaliano, Vitaliano con
Giorgia e Fredy con Massimiliano, Fabrizio e Antonella si uniscono al dolore di Claudio e Federico per la perdita della loro mamma
Servizio fatturazione necrologie:
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Emma Zerboni Speranza
che avranno sempre nel cuore ricordandone la
forza, lo spirito e la gioia di vivere.
- Milano, 5 settembre 2014.
Servizio sportello da lunedì a venerdì
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Informativa ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 196/2003 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”).
Conformemente all’impegno e alla cura che la nostra società dedica alla tutela dei dati personali, La
informiamo sulle modalità, finalità e ambito di comunicazione e diffusione dei Suoi dati personali e
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ogni momento, quali sono i Suoi dati e come essi sono utilizzati. Ha anche il diritto di farli aggiornare,
integrare, rettificare o cancellare, chiederne il blocco ed opporsi al loro trattamento. Ricordiamo che
questi diritti sono previsti dal Art.7 del D. Lgs 196/2003. Per ogni informazione riguardo ai diritti può
rivolgersi, a tal fine, al Responsabile del trattamento dei dati personali di RCS MediaGroup S.p.A.
scrivendo allo stesso c/o RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano.
"Chi ci ha lasciato non è assente... colui
che non vedete è con voi".
(Sant’Agostino)
È mancato all’affetto dei suoi cari
Gianluigi (Gigi) Bracchi
Lo annunciano la moglie Licia, le figlie Veronica
con Marco e i nipoti Pietro e Gabriele e Camilla
con Simone, Fabio con Michela e il fratello Don
Massimo.- Per i funerali contattare lo
02.39313380.- Sono gradite in memoria donazioni a Fondo Ambiente Italiano (FAI).
- Milano, 5 settembre 2014.
Alberto e Antonella, Sara e Jacopo con Emanuela Curci e Fabio Bonomo si stringono a Mirando e ad Emanuela ricordando con affetto profondo la carissima
Laura Zini
- Milano, 5 settembre 2014.
Il Tempo
ATTIVO DA LUNEDI A DOMENICA 13.30-19.30
Marisa Dagrada
- Milano, 6 settembre 2014.
e abbracciano forte Paola e Costanza nel ricordo
del loro meraviglioso papà.- Marisa, Luciana,
Bruna, Edo, Carla, Giancesare, Rossana, Valeria,
Cici, Emiliana, Cochi, Sandro.
- Osmate, 6 settembre 2014.
Dott. Massimo Buffetti
- Milano, 6 settembre 2014.
SERVIZIO
ACQUISIZIONE NECROLOGIE
Manfredo e Maria Paola Lavizzari annunciano
con profonda tristezza la scomparsa della cara
amica
L’
Ne danno l’annuncio la mamma, il papà, le sorelle, i fratelli.- I funerali avranno luogo in Monza, martedì 9 settembre alle ore 15.30 nel Duomo. - Monza, 7 settembre 2014.
I condomini, l’amministratore del condominio
di via Maiocchi 23, Milano sono profondamente
vicini alla famiglia Bloise Donadeo per la perdita
del caro papà
Ferruccio ed Elisabetta de Bortoli si stringono
a Francesco e partecipano al dolore della famiglia per la scomparsa di
Carissimi Orietta Dario e Chiara, vi abbracciamo
con affetto ricordando i lunghi periodi trascorsi
insieme con Aldo, all’insegna della gioia e spensieratezza.- Vi siamo vicini con l’amicizia di sempre.- Edvige, Marco, Francesca con Pietro, Riccardo con Chiara. - Como, 6 settembre 2014.
Prof. Mario Borroni
- Milano, 6 settembre 2014.
ci ha lasciato.- Lo piangono con tanto dolore Silvia Stefania Mario Chiara e Federica, Selma Mariane e Andrea, Etienne e Gisella.- Grazie di cuore al dottor Binda di Milano e al dottor Beltran di
Borgo Valsugana. - Milano, 6 settembre 2014.
Ci ha lasciati per un lungo viaggio
Emilio Cazzaniga
Aldo Pullici
Avv. Carlo (Carletto) Longhi
Partecipano al lutto:
– Anna Malacrida.
– Paola Bernardi.
Lo annunciano i figli Massimo e Silvia, la nuora
Tiziana, il genero Paolo e i nipoti.- La camera
ardente è allestita presso la Casa Funeraria San
Siro in via Amantea dalle ore 8 alle ore 19.- Per
il giorno e l’ora dei funerali si prega chiamare il
numero 02.32867.
- Milano, 6 settembre 2014.
Piergaetano e Ada Marchetti sono vicini con affetto a Francesco e alla sua famiglia nel momento della scomparsa della madre signora
RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli,8 - 20132 Milano
- Milano, 6 settembre 2014.
I Primari dell’Ospedale Galeazzi: Max Paleari,
Herbert Schonhuber, Giampiero Pasolini e Antonio Croce sono vicini a Paola e Costanza per la
perdita del papà
Prof. Mario Borroni
straordinaria figura di Presidente e scienziato.
- Pavia, 7 settembre 2014.
Giovanni Fumagalli
Con immutato affetto e infinita nostalgia.- Lia con
Alberto e Monica. - Milano, 7 settembre 2014.
Sergio
e si stringono affettuosamente a Paola e Costanza. - Pietrasanta, 6 settembre 2014.
Claudio e Federico annunciano la perdita
dell’adorata mamma
Prof. Carlo Bernasconi
2000 - 2014
Riccardo Bellati
- Milano, 6 settembre 2014.
Il Collegio Nuovo Fondazione Sandra e Enea
Mattei partecipa con commozione al lutto del
Collegio Ghislieri e di tutta la comunità ghisleriana per la perdita del
È mancato all’affetto dei suoi cari
Modomodo ricorda con grande affetto
nel primo anniversario della sua scomparsa.
- Milano, 7 settembre 2014.
Gli amici e collaboratori della Divisione di Ortopedia della Casa di Cura San Pio X si stringono
con affetto alla famiglia per la scomparsa del
indimenticabile interprete dello spirito del Collegio Ghislieri. - Pavia, 6 settembre 2014.
- Milano, 6 settembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Sergio, Gianpaolo, Luca e collaboratori di Futura.
Lello Borroni
Prof. Giuseppe Fichera
sei sempre nei nostri cuori e nei nostri pensieri.La tua famiglia.
- Sesto San Giovanni, 7 settembre 2014.
Prof. Mario Borroni
Prof. Carlo Bernasconi
Anna Maria Giavazzi Marini
amica di tanti anni sereni della nostra gioventù.
- Milano, 6 settembre 2014.
Andrea e tutta la Direzione Finanza di Telecom
Italia si stringono commossi a Francesca per la
scomparsa dell’amato
2007 - 2014
Tiziano Badone
- Milano, 6 settembre 2014.
Gli amici Pii Quinti Sodales si stringono con affetto ai famigliari del
Anna Maria Giavazzi Marini
Anna Marini
- Milano, 7 settembre 2014.
Max, Veronica, Federico, Gianluigi, Tommaso
Paleari piangono la scomparsa dell’amico di una
vita
7 settembre 2010 - 7 settembre 2014
Ogni giorno mi manca la tua presenza, ti ho sempre nel cuore.- Giancarla.
- Segrate, 7 settembre 2014.
Il Primario Giorgio Maria Calori con i medici e
tutto il personale della Chirurgia Ortopedica Riparativa dell’Istituto Gaetano Pini piange la perdita del grande Maestro
Partecipano al lutto:
– Emilio Girino.
– Arianna Arisi Rota.
– Simone Aibino.
– Roberto Chittolina.
– Luisa Colicchio.
– Laura Convertino.
– Ignazio Danisi.
– Adriano De Maio.
– Federico Focher.
– Riccardo Goggi.
– Maurizio Harari.
– Walter Joffrain.
– Ileana Maestroni.
– Matteo Mannino.
– Paolo Mazzarello.
Anna Marini
- Milano, 6 settembre 2014.
Sergio Bussi
Ne dà l’annuncio la moglie Francesca.- La cerimonia sarà celebrata domani 8 settembre alle
ore 14.30 nella cappella interna alla camera
mortuaria dell’Ospedale Policlinico Gemelli.Non fiori ma offerte alla Fondazione Francesca
Rava - N.P.H. Italia Onlus, c/c postale n.
17775230. - Roma, 7 settembre 2014.
Gli amici di una vita ricordano con grande affetto
Prof. Carlo Bernasconi
Anna Maria Giavazzi
zia Anna Giavazzi Marini
- Milano, 6 settembre 2014.
Il giorno 5 settembre 2014 è venuto improvvisamente a mancare all’affetto dei suoi cari
Prof. Mario Borroni
papà affettuoso e medico appassionato.- Lo annunciano le figlie Paola e Costanza con Guido e
Jerry e gli amati nipoti.- I funerali si terranno lunedi presso la parrocchia di San Vittore.- Per
l’orario contattare l’impresa Magenta
02.468281. - Milano, 6 settembre 2014.
Prof. Carlo Bernasconi
Anna Giavazzi Marini
Anna
- Brescia, 6 settembre 2014.
Si è spento serenamente accompagnato
dall’amore della sua famiglia il
Ha raggiunto la sua amata Stefania il
Lo annunciano i figli Paolo, Giorgio, Michele con
Francesca, Luisella, Anna e i nipoti Tommaso, Filippo, Lucia, Carlotta, Cesare e Sofia.- La salma
riposa presso la Casa Funeraria B.B.M. - Bonizzoni e Frattini di Pavia in via Ciapessoni, 21.- Il
funerale si svolgerà lunedì 8 settembre alle ore
11 nella Basilica di Santa Maria del Carmine.
- Pavia, 6 settembre 2014.
Anna Giavazzi Marini
Lo annunciano con grande dolore i figli Francesco con Giovannella e Maria Teresa con Pier
Giorgio.- Un ringraziamento particolare a Graciela, Stefano e Caterina e a tutti i medici e le
infermiere del Centro Cure Palliative e Terapia
del Dolore dell’Ospedale Buzzi.- Il funerale si
svolgerà nella chiesa di San Vittore al Corpo lunedì 8 settembre alle ore 14.45.
- Milano, 6 settembre 2014.
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- Milano, 7 settembre 2014.
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Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Tv in chiaro
Teleraccomando
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di Maria Volpe
PER CAPIRE
PER DISTRARSI
Iacona: reportage Sfida in viaggio
sulla prostituzione con due soli euro
Torna il programma di
inchieste di Riccardo Iacona
( foto) con quattro puntate
speciali (altre dodici a
gennaio). Stasera un
reportage sulla
prostituzione minorile.
Tutti noi ci ricordiamo lo
scandalo dei Parioli:
l’inchiesta della Procura di
Roma su quelle centinaia di
uomini che hanno avuto
rapporti sessuali con
ragazzine di 14/15 anni. Il
programma ha cercato di
capire come è fatto il mondo
delle giovanissime che si
vendono per una ricarica di
cellulare o per un ingresso
in discoteca. E chi sono i
clienti.
Da Mandalay otto coppie in
un viaggio on the road alla
scoperta di quattro Paesi
asiatici: Myanmar,
Malaysia, Singapore e
Indonesia. Totale: 8.000
km. Doppio appuntamento
stasera e domani sera con
l’adventure - reality
condotto da Costantino
della Gherardesca (foto).
Budget limitato di due euro
al giorno: per trasporto e
alloggio dovranno
contare sull’ospitalità delle
popolazioni locali.
Tra i personaggi famosi in
gara: Eva Grimaldi, La
Pina, la modella e
principessa Sofia
Odescalchi.
Presadiretta
Rai3, ore 21.05
Pechino Express
Rai2, ore 21.05
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Film e programmi
Golino sparisce
a Lampedusa
Festa dei 30 anni
per Palombelli
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Grazia (Valeria Golino, foto)
vive a Lampedusa con il
marito pescatore e i suoi tre
figli, ma non si è mai adattata
alla vita monotona dell’isola.
Un giorno la donna sparisce.
Respiro
Iris, ore 21
Il «tribunale» della tv festeggia
i 30 anni con una puntata
speciale. Con Barbara
Palombelli (foto) l’occasione
per rivedere alcuni dei momenti
più importanti e non solo.
Forum - Speciale 30 anni
Canale 5, ore 15.45
Un gruppo di ragazzi L’amore contrastato
affronta gli squali
di Megan e Álex
Un’onda anomala travolge la
tranquilla vita di un paese in
Australia: alcuni ragazzi
restano intrappolati in un
supermercato insieme a due
squali bianchi.
Shark
Italia 1, ore 21.10
Nuovo appuntamento con la
soap spagnola che racconta la
contrastata e romantica storia
d’amore tra Pepa e Tristan
(Megan Gracìa Montañer e
Álex Gadea).
Il segreto
Canale 5, ore 21.10
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Corriere della Sera Domenica 7 Settembre 2014
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Film
e programmi
Vin Diesel contro
i predatori alieni
Terzo capitolo della saga di
fantascienza: tradito dal suo stesso
popolo e lasciato quasi morto su un
pianeta desolato, l’antieroe Richard
B. Riddick (Vin Diesel, foto) deve
combattere contro predatori alieni.
Riddick
Sky Cinema 1, ore 21.10
Il futuro apocalittico
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In un futuro apocalittico, la Terra è
devastata dalla guerra contro gli
alieni. Fra i sopravvissuti c’è Tom
Cruise: le sue certezze crollano
quando incontra una donna (Olga
Kurylenko, foto con Tom Cruise).
Oblivion
Premium Cinema, ore 21.15
La principessa e Siani
Amore per i tabloid
Letizia (Sarah Felberbaum) è una
principessa trascurata dai sudditi e
dai tabloid. Per attirare l’attenzione
della stampa si invaghirà per finta
di un disoccupato scroccone
(Alessandro Siani, foto insieme).
Il principe abusivo
Sky Cinema Hits, ore 21.10
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Come è stato ucciso
Osama Bin Laden
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Il film è la ricostruzione
dell’azione che ha portato
all’individuazione e all’uccisione di
Osama Bin Laden. Maya (Jessica
Chastain) fa parte della squadra
che lo ha inseguito per anni.
Zero Dark Thirty
Cinema Energy, ore 21.15
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I Classici dell'estate
di Maurizio Porro
Lo Cascio e la mafia
secondo Giordana
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uattordici anni fa la Mostra di Venezia scattò in piedi di
fronte al film di Marco Tullio Giordana I cento passi che
ricordava la giovane vittima della mafia Peppino Impastato, lanciando un attore siciliano di teatro che avrebbe fatto altri mille passi, Luigi Lo Cascio. Nello stesso
modo oggi rivediamo il film, alla fine di questa carrellata di classici iniziata con Monicelli mentre sempre a Venezia s’è imposto il bellissimo film di Francesco Munzi Anime nere, in uscita il 18
settembre, analisi ancestrale di un’altra fetta di criminalità organizzata, ma in Calabria.
Impastato era un giovane siciliano di provincia nella Cinisi anni 70
e s’illude di combattere la prepotenza dei boss col ciclostile e la satira
alla radio libera, denunciando intrighi, compromessi, trattative poco
pulite. Ma il padre (gran caratterista, non inteso come riduzione, Luigi Maria Burruano) fa parte di quella filiera omertosa che il figlio denuncia: anche qui la famiglia,
come al solito, che si contrappone alla «famiglia» con
le virgolette, quella del boss
Tano Badalamenti (un altro
potente voce volto, Tony Sperandeo). Tra le due case c’è la
distanza di un mondo, ma
solo cento passi. Il 9 maggio
'78, Peppino, candidato per
Democrazia Proletaria, vien
fatto saltare in aria col tritolo,
destino di Falcone, Borsellino ed altri eroi, ma solo nel
’97 si apre un processo a carico del padrino mandante e
come sempre si scoprono
con ritardo depistaggi all’itaIntenso Luigi Lo Cascio nel film liana, ma è tragedia non una
commedia.
Il film di Giordana, premiato alla Mostra per la sceneggiatura scritta con Claudio Fava e Monica Zappelli, riscopriva i valori civili in un
momento in cui il nostro cinema, a parte la voce solista e profetica di
Rosi, batteva altre strade, toccando il fondo televisivo, ma trovò un
pubblico pronto a solidarizzare con la storia, la società, con la morale
di cui il cinema si fa carico anche con una scorciatoia finale un po’ alla
Bertolucci che spinge prima ai fazzoletti e poi all’applauso: funerale
con pugni chiusi e bandiere rosse, oggi un pezzo politicamente vintage. A parte pretestuose polemiche (metti, su «Volare» di Modugno) I
cento passi, buon successo, rilancia l’organizzato talento ex sessantottino di Giordana che nel ‘95 aveva girato un documentario su Pasolini
e tre anni firmerà il monumentale capolavoro La meglio gioventù (oggi su Rai Premium dalle 11 alle 14.30), storia di una famiglia Made in
Italy che si ramifica dagli anni 50 al Duemila con Lo Cascio e Alessio
Boni come il Romolo e Remo di 50 anni di illusioni e delusioni.
I cento passi
Rai 3 ore 16.15
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Domenica 7 Settembre 2014 Corriere della Sera
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