Prof.ssa Romina Vinci a.s. 2012-2013 Il Giorno della Memoria è stato istituito, in Italia, con la legge 211 del 20 luglio 2000. La Repubblica italiana, infatti, riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", per ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.(art.1) In occasione del "Giorno della Memoria" sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.(art.2) Cancello d’ingresso del Campo di concentramento di Auschwitz Cancello d’ingresso del Campo di concentramento di Sachsenhausen Birkenau, Polonia, Donne nel campo femminile, Maggio1944. Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza più forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d'inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca, I vostri nati torcano il viso da voi. Un poliziotto tedesco finisce i giustiziati ancora vivi dopo un’esecuzione di massa dal ghetto di Mizocz (1942). Con il termine Olocausto si indica, il genocidio perpetrato dalla Germania nazista e dai suoi alleati nei confronti degli ebrei d'Europa. Esso consistette nello sterminio di circa 6 milioni di ebrei, di ogni sesso ed età. L'Olocausto è chiamato anche con il nome di Shoah (in lingua ebraica: השואהHaShoah, "catastrofe", "distruzione"). La parola "Olocausto" deriva dal greco ὁλόκαυστος (olokaustos, "bruciato interamente"), a sua volta composta da ὅλος (olos, "tutto intero") e καίω (kaio, "brucio"). L’eliminazione di circa i due terzi degli ebrei d'Europa venne organizzata e portata a termine dalla Germania nazista a partire dal 1933 con la segregazione degli ebrei tedeschi, proseguì, estendendosi a tutta l'Europa occupata dal Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, con il concentramento e la deportazione. Il fenomeno esplose dal 1941, con lo sterminio fisico per mezzo di eccidi di massa sul territorio da parte di reparti speciali e soprattutto in strutture di annientamento appositamente predisposte: i campi di sterminio. L'uso del termine Olocausto viene anche esteso a tutte le persone, gruppi etnici e religiosi ritenuti "indesiderabili" dalla dottrina nazista, e di cui il Terzo Reich aveva previsto e perseguito il totale annientamento nel medesimo evento storico: essi potevano comprendere, secondo i progetti del Generalplan Ost, popolazioni delle regioni orientali europee occupate ritenute "inferiori", e includere quindi prigionieri di guerra sovietici, oppositori politici, nazioni e gruppi etnici quali Rom, Sinti, Jenisch, gruppi religiosi come testimoni di Geova e pentecostali, omosessuali, malati di mente e portatori di handicap. Anche l’Italia, a partire dal 1938, emana delle leggi che discriminano fortemente coloro che sono di religione ebraica Secondo le leggi fasciste era ebreo chi era nato da: genitori entrambi ebrei da un ebreo e da una straniera da una madre ebrea in condizioni di paternità ignota chi, pur avendo un genitore ariano, professasse la religione ebraica. La legislazione antisemita comprendeva: il divieto di matrimonio tra italiani ed ebrei il divieto per gli ebrei di avere alle proprie dipendenze domestici di razza ariana il divieto per tutte le pubbliche amministrazioni e per le società private di carattere pubblicistico – come banche e assicurazioni – di avere alle proprie dipendenze ebrei il divieto di trasferirsi in Italia a ebrei stranieri, la revoca della cittadinanza italiana concessa a ebrei stranieri in data posteriore al 1919 il divieto di svolgere la professione di notaio e di giornalista e forti limitazioni per tutte le cosiddette professioni intellettuali il divieto di iscrizione dei ragazzi ebrei – che non fossero convertiti al cattolicesimo e che non vivessero in zone in cui i ragazzi ebrei erano troppo pochi per istituire scuole ebraiche – nelle scuole pubbliche il divieto per le scuole medie di assumere come libri di testo opere alla cui redazione avesse partecipato in qualche modo un ebreo. Fu inoltre disposta la creazione di scuole – a cura delle comunità ebraiche – specifiche per ragazzi ebrei. Gli insegnanti ebrei avrebbero potuto lavorare solo in quelle scuole. Infine vi fu una serie di limitazioni da cui erano esclusi i cosiddetti arianizzati: Divieto di svolgere il servizio militare Divieto di esercitare il ruolo di tutore di minori, Divieto di essere titolari di aziende dichiarate di interesse per la difesa nazionale Divieto di essere proprietari di terreni o di fabbricati urbani al di sopra di un certo valore. Per tutti fu disposta l'annotazione dello stato di razza ebraica nei registri dello stato civile Si trattava di una rivista quindicinale, pubblicata tra il 1938 e il 1943, nella quale si facevano dei resoconti "statistico-scientifici" per sostenere la superiorità della razza ariana alla quale gli italiani sarebbero appartenuti. Le varie uscite incitavano gli italiani con argomentazioni varie a proteggersi dalle contaminazioni biologiche delle "razze inferiori", con le quali l'Italia Imperiale era venuta a contatto Il 5 agosto 1938 sulla rivista La difesa della razza viene pubblicato il seguente manifesto: Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno, sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista. 1. LE RAZZE UMANE ESISTONO. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano a ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti. 2. ESISTONO GRANDI RAZZE E PICCOLE RAZZE. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente. 3. IL CONCETTO DI RAZZA È CONCETTO PURAMENTE BIOLOGICO. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze. 4. LA POPOLAZIONE DELL'ITALIA ATTUALE È NELLA MAGGIORANZA DI ORIGINE ARIANA E LA SUA CIVILTÀ ARIANA. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa. 5. È UNA LEGGENDA L'APPORTO DI MASSE INGENTI DI UOMINI IN TEMPI STORICI. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio. 6. ESISTE ORMAI UNA PURA "RAZZA ITALIANA". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico–linguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana. 7. È TEMPO CHE GLI ITALIANI SI PROCLAMINO FRANCAMENTE RAZZISTI. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano–nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra–europee, questo vuol dire elevare l'italiano a un ideale di superiore coscienza di sé stesso e di maggiore responsabilità. 8. È NECESSARIO FARE UNA NETTA DISTINZIONE FRA I MEDITERRANEI D'EUROPA (OCCIDENTALI) DA UNA PARTE E GLI ORIENTALI E GLI AFRICANI DALL'ALTRA. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili. 9. GLI EBREI NON APPARTENGONO ALLA RAZZA ITALIANA. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani. 10. I CARATTERI FISICI E PSICOLOGICI PURAMENTE EUROPEI DEGLI ITALIANI NON DEVONO ESSERE ALTERATI IN NESSUN MODO. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono a un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra–europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani. I ghetti divennero la terra degli ebrei nel Reich a partire dal 1939. Erano luoghi separati, divisi da barriere e stipati di gente in continuo afflusso dai territori. Furono luoghi di vera e propria reclusione, dove i viveri e i medicinali erano controllati dall’esterno e tenuti al minimo della sussistenza. Il primo fu Creato a Piotrkòv il 28 ottobre 1939, i ghetti più grandi furono Varsavia (A) creato nel novembre 1940 per 470.000-540.000 persone su 3,36 km2 e Lodz (B) nell’aprile 1940 per 200.000 persone su 4,14 km2. Altri ghetti vennero costituiti a Cracovia (C) nel 1941, Slobodka dove vennero trasferiti gli ebrei di Kovno nel luglio 1941 sopravvissuti agli stermini compiuti nei forti attorno alla città. A Terezin (Theresienstadt) (D) venne ricavato dal 10 ottobre 1941 il ghetto dalla città fortificata, dove fino al 20 aprile 1945 vennero deportati 140.000 ebrei. Doveva essere il ghetto “propaganda” da mostrare alle organizzazioni internazionali per smentire le voci dei crimini nazisti. Gli internati di Terezin finirono per la massima parte ad Auschwitz-Birkenau dove furono eliminati. Nei ghetti morirono circa 800.000 persone per fame e malattie. A Varsavia dal 19 aprile al 16 maggio 1943 il ghetto attua un’epica rivolta sedata solo con la completa distruzione delle case e l’eliminazione dei resistenti. I ghetti furono l’ultima stazione prima dell’eliminazione avvenuta nei campi di sterminio nell’ambito della “soluzione finale del problema ebraico”. Il ghetto di Varsavia occupava uno spazio di 4 chilometri di lunghezza e circa 2,5 di larghezza Era diviso in due parti: il ghetto grande ed il ghetto piccolo. Mappa del ghetto di Varsavia, diviso in ghetto grande e ghetto piccolo Nell'estate del 1940 venne motivata la sua creazione al fine di evitare il pericolo di epidemie. Al suo interno vi erano 500.000 persone, circa la metà dell'intera popolazione della città, mentre la sua superficie equivaleva a circa un ventesimo dell'intero territorio metropolitano. Agli ebrei non era consentito l'utilizzo dei mezzi pubblici e potevano servirsi solo dell'unica linea tramviaria riservata a loro Al momento della sua creazione il ghetto disponeva di 14 accessi e la circolazione tra la zona ebraica ed il resto della città, seppure non libera, non era soggetta a prescrizioni eccessivamente rigide. Nell'agosto del 1940 iniziarono i lavori di costruzione del muro che circondò completamente il ghetto. Il governatore di Varsavia consentì di sparare agli ebrei che si avvicinavano troppo. La foto è stata scattata nel 1944 nel ghetto di Varsavia: siamo nel pieno della Seconda guerra mondiale e questi ebrei sono allineati al muro pronti per essere fucilati dai nazisti. Le condizioni di vita peggiorarono all'inizio del 1941: lo spazio a disposizione dei residenti fu ulteriormente ridotto e la media di mortalità per fame, malattie e maltrattamenti crebbe in maniera esponenziale, tanto che, prima dell'arrivo dell'estate, si registrò una media di 2.000 decessi al mese. Un anno dopo, durante la conferenza di Wannsee del gennaio del 1942, fu definitivamente pianificato lo sterminio di tutta la popolazione ebraica residente in Europa e la polizia tedesca poteva sparare a vista agli ebrei per la strada. Una volta che i nazisti ebbero segregata la popolazione ebraica nel ghetto, il controllo, che venne affidato, a Varsavia come in altri ghetti, a "consigli ebraici", o Judenräte, eletti dagli ebrei o selezionati dai tedeschi, i quali avevano la responsabilità di porsi come tramite tra l'autorità tedesca ed i residenti nei ghetti. Tra i loro compiti principali vi erano quelli di: ◦ reclutare manodopera ebraica per i lavori forzati, quali quelli da svolgere nelle industrie tedesche, civili e belliche, per la pulizia delle strade, per lo scavo di canali e per costruire installazioni militari ◦ era responsabile inoltre dell'ordine pubblico, con la creazione di una propria forza di polizia ◦ della distribuzione delle razioni alimentari fornite dai tedeschi ◦ del controllo delle epidemie di tifo e di tubercolosi che si diffusero nel ghetto. Varsavia, 1941. Un bambino ebreo, ormai privo di forze, si accascia morente su un marciapiede del ghetto Varsavia, 1941. Bambini del ghetto. La Conferenza del Wannsee (1942) non decise lo sterminio degli ebrei europei, mise più semplicemente intorno ad un tavolo i rappresentanti delle organizzazioni che sarebbero state coinvolte nell'operazione. Per certi versi la conferenza rappresentò un momento di coordinamento rispetto ad una decisione già presa in precedenza. Di fatto i problemi da risolvere erano principalmente tre: 1) organizzare il rastrellamento di tutti gli ebrei residenti nelle aree occupate o alleate della Germania; 2) organizzare il trasporto di milioni di persone nei campi di concentramento e sterminio. 3) inventare un metodo di sterminio efficace ed efficiente in grado di "produrre morte" su scala industriale e in tempi rapidi. Birkenau, Polonia, Ebrei disposti in file, in attesa dell’inizio della selezione, 27/05/1944. Birkenau, Polonia, Ebrei anziani che scendono dal treno, 27/05/1944. Deportati ebrei che lavorano ad Auschwitz Bambini ebrei nel campo di concentramento di Auschwitz Entrano con violenza quattro con rasoi, pennelli e tosatrici, hanno pantaloni e giacche a righe, un numero cucito sul petto; forse sono della specie di quegli altri di stasera (stasera o ieri sera?); ma questi sono robusti e floridi. Noi facciamo molte domande, loro invece ci agguantano e in un momento ci troviamo rasi e tosati… P. Levi, Se questo è un uomo Quando abbiamo finito, ciascuno è rimasto nel suo angolo, e non abbiamo osato levare gli occhi l’uno sull’altro. Non c’è ove specchiarsi, ma il nostro aspetto ci sta dinanzi, riflesso in cento visi lividi, in cento pupazzi miserabili e sordidi. Eccoci trasformati nei fantasmi intravisti ieri sera. Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di cosi non si può andare: condizione umana più misera non c’è, e non è pensabile. P. Levi, Se questo è un uomo Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare si che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga. Noi sappiamo che in questo difficilmente saremo compresi, ed è bene che cosi sia. Ma consideri ognuno, quanto valore, quanto significato è racchiuso anche nelle più piccole nostre abitudini quotidiane, nei cento oggetti nostri che il più umile mendicante possiede: un fazzoletto, una vecchia lettera, la fotografia di una persona cara. Queste cose sono parte di noi, quasi come membra del nostro corpo; né è pensabile di venirne privati, nel nostro mondo, ché subito ne ritroveremmo altri a sostituire i vecchi, altri oggetti che sono nostri in quanto custodi e suscitatori di memorie nostre. Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana; nel caso più fortunato, in base ad un puro giudizio di utilità. Si comprenderà allora il duplice significato del termine “Campo di annientamento”, e sarà chiaro che cosa intendiamo esprimere con questa frase: giacere sul fondo. Häftling: ho imparato che io sono un Häftling. il mio nome è 174517; siamo stati battezzati, porteremo finché avremo il marchio tatuato sul braccio sinistro. P. Levi, Se questo è un uomo Ciò che abbiamo letto e visto pare frutto delle orribili fantasie di qualche sadico. Le atrocità a cui milioni di persone sono state sottoposte sono tali che si fatica a credere che l’uomo possa essere stato capace di simili azioni. Una filosofa di nome Hannah Arendt arriva a sostenere che il male commesso dall’uomo durante questo periodo storico, altro non fosse che l’abbandono della responsabilità personale e civile di coloro che hanno “obbedito” agli ordini dei superiori, di coloro che per seguire l’ideale nazista hanno accettato senza alcun senso critico un’ideologia sbagliata. Non dimentichiamo mai che siamo responsabili delle scelte che facciamo, ogni nostra azione ha una conseguenza. Non possiamo lavarci le mani quando vediamo qualcuno che subisce un sopruso. Se lo facciamo, non siamo poi tanto diversi da coloro che hanno contribuito allo sterminio di milioni di persone tra ebrei, zingari, omosessuali e disabili. www.museodelleintolleranze.it Museo virtuale delle intolleranze e degli stermini. www.yadvashem.org Il Museo dell’Olocausto, in inglese. www.aish.com/ho Studi sulla Shoah, in inglese. history1900s.about.com/od/holocaust/tp/holocaust.htm Introduzione alla Shoah: link, guida, linea del tempo, in inglese. motlc.wiesenthal.com Museo della Tolleranza e Centro Simon Wiesenthal. www.museoshoah.it/home.asp La persecuzione degli ebrei in Italia, 1938-1945, attraverso i documenti dell’epoca. www.cdec.it Sito della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea. www.remember.org Sito sulla storia della Shoah, in inglese. Per non dimenticare. http://www.binario21.org/ Mostra virtuale di documenti relativi alla Shoah. http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/page/Page-ba6a1e57-49b3-4703-82f9-a66d2149650e.html?set=ContentSeta45bd157-fe16-4cec-9dec-81d8e93530e3&type=V Documenti d’archivio con interviste a Primo Levi.