I TA L I A
l
Q
uattro anni fa la diocesi
di Bolzano-Bressanone
ha organizzato attraverso l’Istituto per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato, un
convegno sull’acqua che è stato poi annullato per il numero sconfortantemente esiguo di iscritti. I cristiani trovano il
tema dell’ambiente troppo laico e politico, i laici giudicano l’approccio cristiano troppo spirituale: questa lettura del
prof. don Karl Golser, direttore dell’Istituto e teologo italiano di riferimento per
la riflessione su fede, Chiesa e ambiente, vale anche oggi?
Un percorso di at tenzione
Il Vaticano dal luglio scorso è diventato il primo stato al mondo a impatto
zero. La coincidenza fra l’incontro nazionale dell’Agorà dei giovani con Benedetto XVI a Loreto e la II giornata
del creato (1° settembre 2007), ha portato gli organizzatori dell’evento a fare
quello che mons. Tarchi, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, ha definito «un grosso investimento educativo» sui temi dell’ambiente: posate in «mater-bi», polimero
biodegradabile; vademecum e libretto
liturgico in carta riciclata; torcia elettrica alimentata con una dinamo senza
utilizzo di batterie; pass in stoffa trasformabili in porta-cellulari; raccolta differenziata dei rifiuti; 15.000 alberi piantati nelle Marche per compensare l’immissione di CO2 nell’atmosfera provocata dall’evento. E, sul piano del simbolo e della formazione più propriamente
spirituale, la «fontana del creato», che
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Chiesa e ambiente
a bellezza del creato
Dalla strategia dell’attenzione
alla riflessione pastorale
di notte ha animato un percorso di riflessione sul tema dell’acqua.
Negli ultimi anni la Chiesa italiana
ha attivato un percorso di attenzione intorno ai temi ambientali (cf. Regno-att.
6,2005,196ss): in parte nella forma di
un magistero ecclesiale esplicito e in misura maggiore nella dimensione di uno
studio serio, di un’offerta di riflessioni e
sussidi, di un’analisi delle emergenze.
Sul piano del magistero, infatti, non c’è
ancora in Italia nulla di simile al documento, straordinario per ampiezza e
metodo, prodotto dalla Conferenza episcopale tedesca nel 1998 dal titolo Agire
per il futuro della creazione, oppure a
quello scritto nel 2000 della Commissione sociale dalla Conferenza episcopale francese intitolato Il rispetto del
creato. La Chiesa italiana ha accolto le
tematiche ambientali con un certo ritardo all’interno della propria riflessione e
del proprio agire, mentre le Chiese di
area tedesca hanno potuto contare sul
confronto interdisciplinare all’interno
delle università, che ha permesso di arrivare prima alla consapevolezza della
gravità del problema ecologico.
L’evento nuovo, che ha oggi una ricaduta importante su diocesi e parrocchie, è la giornata nazionale per la salvaguardia del creato che è stata istituita
nel gennaio 2006 dal Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana (CEI), il quale ha impegnato le comunità a celebrarla il 1° settembre di
ogni anno, così come era stato richiesto
già a partire dal 1989 dal Patriarcato
Ecumenico di Costantinopoli e poi sollecitato in più occasioni in diversi incontri ecumenici europei e nella Charta oe-
cumenica (2001). Nei sussidi preparati
per queste due prime giornate si riconosce esplicitamente al tema della difesa
del creato un’eredità ecumenica piena
di promesse per il futuro.
Prima di queste decisioni la CEI ha
affrontato questioni ambientali anche
nel messaggio, affidato alla Commissione episcopale per i problemi sociali e il
lavoro, la giustizia e la pace, in occasione della Giornata del ringraziamento, e
successivamente in almeno altre due occasioni degne di nota: nel 2002, nel documento Tra allagati e assetati: acqua,
un bene da condividere,1 opera dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il
lavoro, la giustizia la pace e della Caritas italiana; il 19 marzo 2005, nella nota pastorale Frutto della terra e del lavoro dell’uomo. Mondo rurale che cambia
e Chiesa in Italia, ancora opera della
Commissione episcopale per i problemi
sociali e il lavoro, la giustizia e la pace.
Ci sono poi due documenti, prodotti da due conferenze episcopali regionali, che trattano direttamente di temi ambientali, ma con un’attenzione propriamente locale: Etica ed ecologia. Per una
lettura cristiana di alcuni nodi ambientali della regione Piemonte, opera del 24
gennaio 2004 della Commissione regionale piemontese «Salvaguardia del
creato» (Conferenza episcopale piemontese); e Salvaguardia del creato e lavoro in Sicilia, pubblicato nell’agosto
2005 dalla Conferenza episcopale siciliana e frutto di un anno di lavoro del
gruppo di indagine appositamente creato. Molto più lontano nel tempo (1988)
è invece il testo della Conferenza episcopale lombarda dal titolo La questio-
ne ambientale. Sono invece numerosi gli
interventi di vescovi singoli, che a loro
volta rispondono a situazioni di emergenza ambientale proprie del territorio.
Fra i vescovi italiani che con maggiore
regolarità hanno impegnato la propria
riflessione e azione pastorale sui temi
della responsabilità verso il creato vanno ricordati mons. Wilhelm Egger, vescovo di Bolzano-Bressanone, e mons.
Giancarlo Bregantini, oggi vescovo di
Campobasso-Boiano e prima di LocriGerace.
Immediatamente dopo la I Assemblea ecumenica di Basilea del 1989,
mons. Egger scelse «Giustizia, pace e
salvaguardia del creato» quale tematica
dell’impegno pastorale per il triennio
1989-1992. Come conseguenza diretta
della riflessione che ha impegnato la
diocesi, nel 1992 ha pubblicato la lettera pastorale Ricordatevi dei cinque pani... il nostro impegno per l’uomo e il
creato. Poi, per dare continuità e sistematicità alla ricerca su questo tema, ha
fondato nel 1994, presso lo Studio teologico accademico di Bressanone, l’Istituto per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato, un caso unico in Italia di istituzione diocesana specificamente operante su temi ambientali e
capace di interagire con il mondo politico e culturale locale e insieme di produrre una riflessione teologica distesa
nel tempo. In questa occasione è stata
una scelta felice l’aver designato a dirigere l’istituto il prof. Karl Golser. La
doppia appartenenza culturale, italiana
e tedesca, ha consentito a questo teologo moralista di tenere saldamente unite
la riflessione sistematica sui temi ambientali e la vocazione pratica, riconosciuta maggiormente in area germanica, propria di questi temi. Allo stesso
tempo, la sua partecipazione a tutti i più
importanti appuntamenti ecumenici in
ruoli di responsabilità, ha permesso un
passaggio immediato delle conquiste
realizzate dalla riflessione sui temi ambientali in campo ecumenico, se non alla consapevolezza diffusa e condivisa
della Chiesa italiana, almeno alle realtà
e ai gruppi in cui questa riflessione si
opera.
Mons. Giancarlo Bregantini – un
trentino prestato al Sud che ha inserito
nel suo stemma vescovile la rappresentazione di monti di varia altezza, per ricordare le vette della sua regione e quel-
le della Calabria – ha avuto la possibilità di portare la propria sensibilità per i
temi ambientali all’interno di un ruolo
ufficiale della CEI in quanto, nel quinquennio 2000-2005, è stato presidente
della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la
pace.
Ambiente, mafia, stili di vita
Nello stesso tempo, dalla frontiera
della sua diocesi calabra, ha voluto sistematicamente coniugare la vocazione alla giustizia e alla pace con la riflessione
teologica in campo ecologico. Nel territorio diocesano sono quindi sorte, con il
coordinamento della Pastorale sociale e
del lavoro e con il tutoraggio di un consorzio trentino, alcune cooperative riunite nel Consorzio sociale GOEL con
«la funzione di liberazione delle fasce
sociali escluse ed emarginate del territorio».2 Molte di queste si dedicano all’agricoltura biologica e rappresentano
un’occasione di riscatto socio-economico per giovani che vivono in ambienti
culturali fortemente offesi dal degrado
mafioso. L’analisi delle lettere pastorali
di mons. Bregantini3 mostra un pensiero teologico secondo cui l’amore per la
creazione e la giustizia umana possono
esprimere il cuore del Vangelo.
Un discorso a parte si deve fare per
il card. Angelo Scola, patriarca di Venezia: pur non avendo impegnato la propria riflessione in particolare su temi
ambientali, poco dopo il suo arrivo a
Venezia nel 2003, ha dato corpo all’Ufficio per la pastorale degli stili di vita, affidandolo a don Gianni Fazzini, figura
nobile e profetica legata all’esperienza
dei «Bilanci di giustizia».4 Grazie al lavoro di questo ufficio sono state promosse una cascata di iniziative sia intraecclesiali – la festa del creato, il corso
triennale «Abitare la terra» presso la
scuola teologico-pastorale di S. Caterina, gli incontri mensili per sacerdoti su
temi ambientali – sia in collaborazione
col Comune di Venezia – la grande
campagna «Cambieresti», ad esempio,
attraverso la quale 1.000 famiglie sono
state aiutate a ridurre i propri consumi
e a renderli più ecologici e solidali. Da
questa esperienza sono nati, sempre insieme al Comune, il «piedibus», che organizza l’accompagnamento a piedi dei
bambini delle scuole, e il progetto «300
per 70», che sta seguendo 300 famiglie
che intendono arrivare a quota 70 kilowatt di consumi per metro quadrato
all’anno.5 Oltre ad aver iniettato forze e
risorse per questo impegno della sua
Chiesa, il card. Scola ha aumentato
sempre più i propri interventi critici nei
confronti della società dei consumi: è
sua l’espressione «oscenità del consumismo», con cui accompagna in questo
periodo l’iniziativa «liberare la domenica», promossa dall’Ufficio per la pastorale degli stili di vita.
Accanto a queste attenzioni più conosciute della Chiesa italiana, si colloca
una realtà probabilmente meno visibile,
ma alquanto attiva rappresentata dal
Gruppo di lavoro per la responsabilità
verso il creato, nato nel 1999 presso
l’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro e che lavora con il contributo del Servizio nazionale per il progetto
culturale della CEI.
Il gruppo ha trovato nel responsabile dell’Ufficio, mons. Paolo Tarchi, un
coordinamento convinto e possiede alcune caratteristiche che lo rendono particolarmente produttivo: non è numeroso; ha una composizione fluida; non ha
una vocazione esclusivamente teoricoriflessiva, ma raccoglie e valorizza, fin
dal suo nascere, tutte le realtà più significative nate all’interno o al confine delle realtà ecclesiali in Italia. Membri
«storici» sono l’Istituto per la giustizia,
la pace e la salvaguardia del creato di
Bressanone; il centro culturale francescano «Oltre il chiostro» di Napoli; il
centro didattico «Don Paolo Chiavacci»
di Crespano del Grappa (TV); i «Bilanci di giustizia» e, come referente scientifico, la Fondazione Lanza di Padova.
La Fondazione Lanza, attraverso le
competenze di Simone Morandini e
Matteo Mascia, ha sicuramente influenzato il metodo di lavoro di questo
gruppo, che ha innanzitutto realizzato
un’indagine informativa per individuare lo stato della sensibilità ambientale
del cattolicesimo italiano (2000) e sulla
base dei risultati ha attivato una serie di
iniziative:
– attività di supporto alle diocesi e
alle associazioni per diffondere esperienze ecclesiali espressamente finalizzate alla salvaguardia del creato;
– pubblicazioni, per favorire la diffusione della sensibilità ai temi ambientali nel campo della formazione e della
pastorale: oltre a un ricco database di
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pubblicazioni su temi ambientali,6 si
può ricordare il testo Responsabilità per
il creato (a cura di Mascia e Morandini,
Elledici, 2002) rivolto alle comunità cristiane; poi ancora i quattro volumetti,
uno per ogni ordine di scuola, rivolti
agli insegnanti di religione dal titolo Responsabili per il creato (a cura di Nicoletta Doro, Elledici-Capitello, 2005); e
infine l’ultimo, Emergenza rifiuti: una
proposta tra orizzonti teologici ed esperienze operative (di Paolo Tarchi e Simone Morandini, EMI, 2007);
– sette seminari di studio annuali finalizzati all’approfondimento scientifico; bisogna dire che anche in questo caso la formula inventata per i seminari è
decisamente produttiva e capace di tenere insieme le diverse attenzioni – teologiche, scientifiche e pratiche: i partecipanti sono relativamente pochi e tutti
addetti ai lavori; c’è scambio di buone
prassi per cui si torna a casa con idee
precise da poter proporre; c’è attenzione particolare alle esperienze straniere,
soprattutto di area tedesca; c’è uno spazio ampio di dibattito; si pubblicano gli
atti in tempi rapidi, attraverso i Quaderni della Segreteria generale della CEI.
Questi incontri hanno favorito la conoscenza e la diffusione di esperienze
non legate a strutture e istituzioni, oppure riferite a situazioni territoriali specifiche. Nello stesso tempo il fatto di
presentarsi in un contesto istituzionale
ha dato legittimazione a queste esperienze, in alcuni casi nate dentro, ma al
confine estremo della realtà ecclesiale.
Infine hanno promosso la nascita di reti, formali o informali.
Percorsi di passione
In effetti la rete sembra lo strumento adatto a valorizzare gli ormai numerosi e diversissimi percorsi di passione
nati nelle parrocchie e nelle diocesi intorno ai temi ambientali. Di passione
perché la maggior parte di queste realtà
è legata all’entusiasmo di singole persone o piccoli gruppi per i beni del creato,
o allo sdegno potente verso le situazioni
di ingiustizia che il loro sperpero genera
fra i poveri della terra. Diversissimi perché si va da esperienze già ricche di storia e di strutture e capaci di interagire
con il mondo civile e politico, ad altre
ancora giovani e vissute quasi in solitario.
Nei primi mesi del 2007 fra alcune
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diocesi del Nord si è formata la Rete interdiocesana «nuovi stili di vita» che
raccoglie in questo momento (ma è in
espansione veloce):7 Bolzano - Bressanone, attraverso l’Istituto per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato;
Brescia, attraverso la Pastorale del creato dell’Ufficio della pastorale sociale e
del lavoro; Padova, attraverso la Commissione diocesana «nuovi stili di vita»
della Pastorale sociale e del lavoro;
Trento, attraverso l’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro; Venezia, attraverso
la Pastorale degli stili di vita; Verona, attraverso l’attività «nuovi stili di vita» del
Centro missionario diocesano; Bergamo, attraverso il Centro diocesano per
la pastorale sociale; Reggio Emilia, attraverso il Centro missionario diocesano; Belluno - Feltre con l’Ufficio per la
cultura e gli stili di vita in montagna.8
L’analisi della Rete9 è istruttiva. A
parte Bolzano - Bressanone, Venezia e
Belluno - Feltre, dove vengono costituiti ad hoc, questi gruppi nascono come
espressione della Pastorale del lavoro
oppure della sensibilità missionaria,
spesso sulla spinta dei sinodi diocesani.
Dove queste realtà si danno un nome
proprio diverso dall’ufficio presso cui
nascono, si alternano due espressioni:
«pastorale del creato» e «nuovi stili di
vita». L’espressione «giustizia, pace e
salvaguardia del creato», che ingloba
l’espressione biblica rilanciata dal Vaticano II «giustizia e pace», compare
all’assemblea del Consiglio ecumenico
delle Chiese di Vancouver (1983), diventa il titolo dell’assemblea mondiale
di Seoul del 1990 e da allora è patrimonio consolidato della riflessione
ecumenica.
L’espressione «stili di vita» viene invece dalle scienze antropologiche, ma a
sua volta è stata fatta propria dal mondo ecumenico. L’assemblea di Graz
(1997) nelle raccomandazioni operative
scrive: «Raccomandiamo alle Chiese di
promuovere uno stile di vita orientato ai
criteri della sostenibilità e della giustizia» (n. 5.1; Regno-doc. 15,1997,484), la
Charta oecumenica infine (2001) unisce
le due espressioni al paragrafo 9, intitolato Salvaguardare il creato, che scrive:
«Ci impegniamo a sviluppare ulteriormente uno stile di vita nel quale, in contrapposizione al dominio della logica
economica e alla costrizione al consumo, accordiamo valore a una qualità di
vita responsabile e sostenibile» (Regnodoc. 9,2001,318). Come si vede, in ogni
caso si deve molto alla riflessione ecumenica.
Nomi e genesi diverse corrispondono ad accentuazioni diverse, se non delle proposte, almeno del percorso che le
produce, tanto che se si parla con i responsabili di questi gruppi diocesani, si
trova una difesa strenua della scelta
operata sul nome. La «pastorale del
creato» si rivolge innanzitutto al popolo
credente e lavora a un rinnovamento
della riflessione cristiana su creazione e
redenzione per arrivare a una prospettiva morale che legittimamente renda necessari comportamenti rispettosi del
mondo. È riferita a credenti che guardano a un nuovo modello di economia
in nome della fede nel Dio creatore. Per
alcuni questa prospettiva è troppo intraecclesiale. L’espressione «stili di vita»
da un lato, rivela un orientamento più
dialogico verso la società civile, dall’altro, registra maggiormente l’urgenza di
comportamenti durevoli e in certa misura estesi a tutte le scelte della vita materiale oltre che spirituale, capaci di giustizia ambientale, economica e sociale,
ma viene percepita come segnata da
una cifra troppo individuale per altri.
Quando poi si va a guardare le azioni promosse dalle singole realtà della rete si scoprono le situazioni più varie. La
Pastorale del creato di Venezia, di cui si
è già un po’ parlato, per il tramite di
don Fazzini, gode della più che decennale esperienza dei «Bilanci di giustizia» e della sua vocazione da un lato immediatamente pratica e dall’altro immediatamente dialogica nei confronti
del mondo laicale. I bilancisti nascono
infatti in ambito ecclesiale, da «Beati i
costruttori di pace»,10 e conservando l’ispirazione profondamente cristiana del
proprio agire trovano subito compagni
di strada di diverse provenienze, e nello
stesso tempo nascono per contestare radicalmente la pratica del consumismo.
Questo patrimonio passa alla Pastorale
del creato permettendo l’impegno teologico-teorico-pratico dell’ufficio.
A Brescia invece la Pastorale del
creato è legata a un’azione minuta e capillare curata da don Gabriele Scalmana e da un gruppo di laici che lavorano
soprattutto sul territorio con le parrocchie – una ogni domenica – diffondendo sensibilizzazione collaborando con i
~ segue a p. 119
numerosissimi comitati locali espressi
dalla società civile in risposta alle forme
gravi di degrado del territorio («minoranze attive»). Nello stesso tempo don
Scalmana cura mensilmente una riflessione a tema sul settimanale diocesano e
ha collaborato con il Centro teatrale
universitario della Cattolica per uno
spettacolo teatrale dal titolo Commedia
elementare (ovvero: degli elementi).
A Padova, dove è responsabile padre
Adriano Sella, la Commissione stili di
vita pubblica un sussidio corposo (a carattere in parte teologico, ma anche
molto tecnico per i contenuti) in occasione del mese del creato (novembre),
poi in collaborazione con i circoli ACLI
e «Noi di Padova» ha creato «L’angolo
nuovi stili di vita» all’interno dei patronati, e ancora sta lavorando, insieme alla Fondazione Lanza, a un progetto
molto ampio per promuovere pratiche
ecologiche nelle parrocchie (risparmio
energetico, utilizzo di fonti alternative
per il riscaldamento ecc.). Sempre la
Fondazione Lanza ha operato nel 2007
il censimento dei consumi energetici
delle parrocchie della diocesi, in vista di
un percorso di accompagnamento verso l’adozione di strategie di risparmio
energetico attraverso la scelta di fonti alternative. In rete con Innsbruck, le diocesi di Bolzano-Bressanone e Trento si
stanno occupando sistematicamente del
problema del traffico: un convegno del
2005 ha fatto parlare molto la stampa
nazionale ed entro l’anno Golser pubblicherà un volume, con Città Nuova,
in cui raccoglie e dà sistemazione alla riflessione teologica elaborata in questi
anni sull’argomento.
Si può capire la difficoltà di chi legge questi elenchi di iniziative e li sente
estranei per gran parte alla pratica tradizionale della nostra pastorale, e invece vicini per fini e strategie al mondo
dell’ambientalismo laico. L’ambientalismo non nasce in casa cristiana e questo
pesa come una specie di peccato d’origine quando se ne vogliono importare
metodi, conoscenze ed esperienze.
All’ultimo seminario del Gruppo
nazionale per la responsabilità verso il
creato don Luca Bressan della Facoltà
teologica di Milano ha parlato di «soglie
di stordimento ancora da superare» in
ambito cattolico su questi temi.11 È ovvio che non si può dare conto con sufficiente completezza di un mondo così
~ segue da p. 98
vario e minuto di azioni e che proprio
per frammentazione e varietà dicono
qualcosa della natura non sempre coesa
dell’ambientalismo cattolico in Italia.
Ad esempio si può osservare che la
maggior parte delle iniziative recensite
riguarda il Nord, nonostante il Sud non
sia risparmiato da emergenze ambientali gravi e conosciute. In effetti di fronte alla crisi dei rifiuti in Campania nel
2007 alcuni vescovi hanno fatto interventi di denuncia molto decisi, sia per
richiedere un monitoraggio del territorio contaminato da centinaia di discariche abusive (mons. Beniamino Depalma, vescovo di Nola), sia contro l’apertura di discariche in aree a rischio
(mons. Raffaele Nogaro, vescovo di Caserta, contro la discarica a Lo Uttaro).
Un respons abile realismo
E sono disseminate sul territorio varie esperienze positive, come quella della Caritas di Andria che ha lanciato il
progetto «Chiesa e fonti di energia rinnovabili» con cui ha realizzato impianti
fotovoltaici sul seminario e nelle strutture della parrocchia di S. Maria di Pompei, che rientrano nella pedagogia dei
«segni» secondo lo stile della Caritas.
Oppure come quella della parrocchia di
S. Alfredo di Sarno, dove da dieci anni
i pavoniani, che ne hanno la cura, hanno promosso attraverso i ragazzi la raccolta differenziata (nel 2007 assunta dal
Comune) e dove lo scorso anno hanno
realizzato per le loro strutture parrocchiali un impianto fotovoltaico che sta
facendo da moltiplicatore di interesse
presso i parrocchiani (che lo hanno finanziato con un curioso sistema di prestito chiamato «affido») e presso le comunità vicine. Sembra però essere meno visibile quel tentativo di fare rete e di
dialogare sistematicamente con la società civile di cui si è parlato.
Nel dicembre 2007 l’Accademia
Cusano di Bressanone ha organizzato
un convegno sul riscaldamento climatico con invitati di eccellenza. Il convegno ha raccolto cinque partecipanti.
Sembrerebbe la risposta alla domanda
da cui si è partiti: se l’attività non dà
qualche vantaggio, come i crediti scolastici per gli studenti delle scuole superiori oppure per gli allievi infermieri, per
esempio, questi argomenti non attirano
le persone, dice Golser. La disseminazione di iniziative di cui si è parlato allo-
ra porta o no a una coscienza ecologica
condivisa nel cattolicesimo italiano?
I teologi che si occupano del tema
riconoscono che la pastorale parrocchiale tradizionalmente si concentra
sulla redenzione e trascura l’annuncio
dei temi della creazione (e soprattutto
della creazione continua). I responsabili
diocesani raccontano la difficoltà nel far
accogliere ai parroci, già al limite delle
energie orientate alla pastorale dei sacramenti, i temi complessi dell’ambiente. Però mons. Tarchi parla di una vera
esplosione di interesse da parte delle
parrocchie e delle diocesi dopo l’istituzione della giornata del creato. L’ambientalismo cattolico in Italia è nato in
gran parte spontaneamente e vive di
molte anime: da quella profetica e radicale dei «Bilanci di giustizia», a quella
critica più orientata all’impegno per la
giustizia espressa dal mondo missionario e dalla Caritas. Nasce al seguito della riflessione ecumenica e sulla spinta di
emergenze ambientali. Ma c’è, e ha alcune caratteristiche che lo rendono assolutamente promettente per il futuro.
Di sicuro, in opposizione alle tentazioni negazioniste che talvolta trovano
spazi sproporzionati nella stampa rispetto all’esiguità degli studi che le sostengono, la CEI, attraverso il Gruppo
di lavoro sulla responsabilità per il creato e gli interventi per la giornata del
creato, ha operato decisamente la scelta
di prendere sul serio i dati messi a disposizione dalla scienza e sente la responsabilità seria del cristiano che non può
ignorarli: «L’avverbio responsabilmente
– ha detto mons. Luciano Monari, vescovo di Brescia, a un seminario della
CEI – contiene innanzitutto il riferimento alla conoscenza leale della
realtà».12 Inoltre, ha mostrato in modo
limpido di aver abbracciato quella concretezza di scelte e azioni richieste dall’amore per il creato e di voler continuare su questo percorso: quest’anno ad
aprile è programmato un convegno su
bioarchitettura ed edilizia ecclesiastica
promosso da tre uffici CEI.13
A questo proposito però le scelte della Chiesa in Italia sembrano soffrire della stessa disarmonia emersa da un’indagine recente sull’impegno delle Chiese
cattoliche in Europa nei confronti della
responsabilità verso il creato.14 Malgrado gli scienziati (e si potrebbe aggiungere, anche la percezione comune) denun-
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cino problemi ambientali gravissimi, le
Chiese cattoliche d’Europa, e appunto
anche quella italiana, hanno il passo
lento nel promuovere iniziative. Ci si
concentra più sulla riflessione che sull’azione, si rimane legati a una tradizione
che porta a collaborare più con il mondo rurale che con la società civile nel
suo complesso, si teme la contaminazione con settori dell’ambientalismo laico
che esprimono su altri temi sensibili, come la bioetica, posizioni lontane da
quelle della Chiesa. Si teme la critica di
opportunismo.
Ecologismo e populismo
Mons. Luigi Bressan, arcivescovo di
Trento, in occasione del convegno sul
traffico organizzato dall’arcidiocesi nel
2005 a cui si è accennato, ha iniziato così il suo intervento: «Qualcuno si chiede
se l’iniziativa della Chiesa di occuparsi
di ambiente non sia il tentativo di recuperare il posto già preso dai movimenti
ecologisti e guadagnare un certo prestigio per vie populiste». Quando ci si occupa di questi argomenti ci si deve difendere da chi, all’interno della Chiesa,
pensa che i temi ambientali siano eccentrici rispetto all’annuncio, moralmente secondi o terzi rispetto alla povertà, alla giustizia,15 espressione di una
specie di aristocrazia etica: «Perché parlare di rifiuti? Perché un interesse dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI per un tema del
genere? Non abbiamo qui a che fare
con questioni davvero troppo remote rispetto a quella testimonianza del Vangelo che costituisce il cuore autentico
della missione ecclesiale? Al massimo, si
potrebbe richiamare – con un’ironica
presa di distanza – l’invito a non buttar
le perle ai porci...»: così scrivono Simone Morandini e Paolo Tarchi nell’introduzione al volume Emergenza rifiuti.16
Ed è anche per questo che nel 2008
l’annuale seminario promosso dal
Gruppo di lavoro per la responsabilità
verso il creato ritornerà a concentrarsi
sui temi della fondazione teologica dell’interesse cristiano per l’ambiente.17
L’impegno per l’ambiente richiede
alla pastorale di tenere insieme competenze diverse: teologiche, tecniche,
scientifiche; richiede di dialogare con
chi queste competenze le ha (laici, credenti oppure no); ha bisogno di tradursi in pratiche concrete non solo a livello
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individuale; esige dialogo con le istituzioni. Si tratta di abitare stabilmente la
complessità, in un momento in cui la
parrocchia è in crisi di identità, di energie e di numeri.
È evidente che questo tipo di impegno può essere letto come un ennesimo
insopportabile peso sulle spalle di una
realtà le cui risorse sono già strizzate
dall’ordinaria attività pastorale. Oppure
può essere visto come un’occasione capace di generare energie proprie per
camminare verso questa frontiera nuova, in una specie di necessità di perdersi per ritrovare l’identità di cui la pastorale parrocchiale va in cerca da tempo.
Se l’ambientalismo viene periodicamente accusato di predicare apocalissi
senza speranza, di essere la «Cassandra
della cultura moderna», di oscurare il
progresso della civiltà, allora la fede, che
non può estenuarsi nel pessimismo e
crede che il futuro sia nelle mani salde
di Dio, può prestare all’impegno per
l’ambiente le parole luminose della propria teologia della bellezza oppure le
parole buone della tradizione relativa al
bene comune. Se non è proprio facile
penetrare l’abbaglio del benessere parlando di riduzione dei consumi, sobrietà, rinuncia all’automobile, allora
l’annuncio cristiano ha a disposizione la
pedagogia tradizionale della libertà dagli idoli che rendono schiavi e può aiutare a recuperare la bellezza di poter
scegliere: «Dove c’è bellezza non c’è
mafia», ripete spesso il vescovo Bregantini.
Magari un’enciclica...
Nel 2007 Benedetto XVI ha fatto
della salvaguardia del creato uno dei temi più ricorrenti, insieme a quello della
povertà, nei suoi interventi. L’anno si è
aperto con le parole del messaggio per
la XL giornata mondiale della pace:
«La distruzione dell’ambiente, un suo
uso improprio o egoistico e l’accaparramento violento delle risorse della terra
generano lacerazioni, conflitti e guerre,
proprio perché sono frutto di un concetto disumano di sviluppo» (Regno-doc.
1,2007,3). E si è chiuso su quelle bellissime dell’omelia della notte di Natale:
«Cristo non ricostruisce un qualsiasi palazzo. Egli è venuto per ridare alla creazione, al cosmo la sua bellezza e la sua
dignità: è questo che a Natale prende il
suo inizio e fa giubilare gli angeli».
In mezzo c’è stato un costante puntuale intervenire, quasi settimana dopo
settimana, che ha toccato in modo
estremamente informato tutti gli aspetti
del tema. È auspicabile che questa bella
attenzione di Benedetto XVI per la difesa del creato, anche se non produrrà
in tempi brevi un’enciclica De universali calefactu (Il riscaldamento globale),
possa dare alla Chiesa italiana l’accelerazione che ci si aspetta su un tema così centrale per la nostra fede e la vita del
mondo.
Mariapia Veladiano
1
Tutti i documenti in lingua italiana che vengono citati sono reperibili nel sito del Progetto
culturale della CEI: www.progettoculturale.it, alla voce «Pubblicazioni» che ospita il database sui
temi ambientali.
2
Informazioni tratte dal sito www.consorziosociale.coop.
3
Sul sito della diocesi di Locri-Gerace:
www.diocesilocri.it.
4
Sui «Bilanci di giustizia» cf. anche: Regnoatt. 16,1998,521ss; 8,2002,236ss.
5
Tutte le iniziative sono sul sito www.veneziastilidivita.it.
6
Reperibile sul sito www.progettoculturale.it.
7
Il sito della Pastorale sociale e del lavoro,
giustizia e pace, salvaguardia del creato della diocesi di Padova è www.diweb.it/pd/pastoralesociale.
8
Di cui è responsabile un laico, il dott. Cesare Lasen, botanico.
9
La rete si è presentata ufficialmente in ottobre a Padova attraverso il seminario «Felici di abitare la terra»; cf. Regno-att. 20,2007,662.
10
Cf. Regno-att. 16,2003,514ss.
11
Quaderni della Segreteria generale della
CEI, (2007) 18, 62.
12
Quaderni della Segreteria generale della
CEI, (2007) 18, 24.
13
Il Servizio nazionale per l’edilizia di culto,
l’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il
lavoro. Il titolo è «Costruire bene per vivere meglio. Edifici di culto nell’orizzonte della sostenibilità», ed è rivolto ai responsabili diocesani dei tre
uffici.
14
Voluta dal Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa nel 2007 e curata dalla Fondazione Lanza. I risultati sono pubblicati nel fascicolo Responsabilità per il creato, a cura della Fondazione Lanza.
15
A questo proposito l’elezione di Karl Golser, la cui riflessione teologica è così strettamente
legata ai temi ambientali, a presidente dell’ATISM (Associazione teologica dello studio della morale), può forse essere letta anche come una scelta di attenzione da parte dei teologi moralisti italiani verso questo ambito di ricerca. Su Karl Golser cf. Regno-att. 18,2003,597ss.
16
S. MORANDINI, P. TARCHI, Emergenza rifiuti: una proposta tra orizzonti teologici ed esperienze
operative, EMI, Bologna 2007, 5.
17
«Per una teologia del creato. Fondamenti
biblici, patristici, teologici ed etici», 1.3.2008.
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