LDB EGO. GLI INGANNI DEL CAPITALISMO FRANK SCHIRRMACHER FrankSchirrmacher Ego Gliingannidelcapitalismo Titolooriginale Ego.DasSpieldesLebens ©2013byKarlBlessingVerlag,a divisionofVerlagsgruppeRandom HouseGmbH,München,Germany Redazione:MonicaGuerra Impaginazione:DaianaGaligani Coordinamentoproduttivo:Enrico Casadei ©2015Codiceedizioni,Torino Tuttiidirittiriservati ISBN978-88-7578-538-3 codiceedizioni.it facebook.com/in.codice twitter.com/codice_codice pinterest.com/codice_codice Forseoggil’obiettivo principalenonèdiscoprire checosa siamo,mapiuttostodi rifiutarequellochesiamo. MichelFoucault Ego.Gliingannidel capitalismo Premessa Siamo diventati incredibilmente elementari. Purtroppo, neppure lo percepiamo. Perché facciamo quello che facciamo? Perché amiamo ciò che amiamo? Domandecosìcomplesseche nessuno è in grado di rispondere per quel che lo riguarda. Non ci rendiamo conto che da tempo, ormai, c’è chi risponde al nostro posto. Dimenticate per un attimo quello che sapete di psicologia, ricerca sul cervello,oanchesoloquanto avete appreso per esperienza suglienigmidellavostravita. Senza che ce ne accorgessimo, l’anima dell’uomo moderno è diventata affare da economisti. Per semplificare un mondo ipercomplessoeacceleraregli affari, è apparso dietro le quinte un modello che trasformainmododuraturola nostraesistenza. Questo modello insegna che cisipuòrenderelavitamolto piùsempliceeredditiziasesi accetta il presupposto che ogni uomo pensa esclusivamente a sé e al proprio vantaggio. In questo libro si mostrerà come un modello, innocente alla sua origine, si sia trasformato in una trappola. E quanto bene essavengadissimulata. Chi tende una trappola la mimetizzasempre.Nelbosco sono magari tagliole coperte di foglie e terra: artefatti che passanoperelementinaturali. Tra gli uomini le trappole vengono dissimulate sotto forma di leggi di natura, come avviene per esempio conl’affermazione“l’uomoè egoista”, e lo è a partire dai genifinoallasuamorale.Una teoria economica, confortata da moderni calcolatori, ha fatto di questa tesi una legge di natura. E cominciamo ad accorgercene. Nel mondo odierno, molti credono che le loro libertà e le loro possibilità di scelta siano più numerose che mai. Edipotere,infondo,rifiutare oaccettareleteorie. In realtà, non solo le hanno accettate inconsapevolmente, ma le usano per vivere e lavorare. Viviamo la nuova èra del capitalismo dell’informazione. Quest’ultimohacominciatoa trasformare il mondo in uno stato mentale. Agisce e progetta in grande. Vuole leggere,controllareevendere i pensieri. Vuole predire, stimare ed eliminare i rischi. Il suo cervello è costantemente impegnato a scoprirequellochelepersone fanno, dicono, comprano e quali nuove mosse progettano. Ovunque lo incontrino,siimbattonoinun sistema che sa sempre tutto meglio. Esso nega alle persone il diritto di presentarsi al loro ambiente in modo diverso da come sono. Qualunque cosa facciano, afferma che lo fannoapropriovantaggio. Il capitalismo dell’informazione non conosce comportamenti “senza motivo”. Ai suoi occhi, anche l’amicizia, la lealtà, l’amore hanno motivazioni razionali, che risiedono nell’interesse utilitaristico del singolo individuo.Daquil’inflazione generalizzata di “incentivi”, ricompense, che vanno dai bonusdiWallStreetfinoalle onorificenze e decorazioni virtuali e all’approvazione espressa con un “mi piace” perlecosepiùprivate. Esistono giochi aperti, come gli scacchi, e giochi coperti, come il poker, dove nessuno puòvederelecartedell’altro. L’economia dell’informazione ha tutta l’aria di un giro di poker. Il suo mondo è un mondo nel quale nessuno dice e fa davveroquellochepensa,ma chiunque diventa trasparente se gli si attribuiscono intenzioni egoistiche. Da qui questo enorme bisogno di informazioni. Da qui la coazione a simulare, bluffare e costruire piste false. Gli algoritmi finanziari dissimulano vendite di azioni per indurre in errore arrembanti algoritmi da predoni, oppure gli algoritmi da predoni danno in pasto ad altri agenti economici false informazioni alla velocità della luce, per gonfiare i prezzi. La gente si procura identitàposticce,sicostruisce profili Facebook per il capo del personale o per la banca. Interi Stati mandano falsi segnali per confondere i mercati. È una società nella qualesidiffidanonsolodegli altri, ma anche di se stessi. Chièarrivatoaquestopunto accettachelasuaformazione, lasuaesperienza,ilsuomodo di vivere non significhino quello che credeva significassero. La promessa di trovare risposteadomandechenonci si è neanche posti, l’affermazionedisaperesulle persone più di loro stesse, le previsionisuciòchevorremo quando noi ancora non lo sappiamo, il suggerimento su chidebbaesserciamicosono strutturalmente identici agli algoritmi di sorveglianza utilizzati dai servizi segreti, che sono al corrente di crimini dei quali, forse, il criminale stesso non ha ancora idea. La nuova economia si serve di macchine e cattura le relazioni umane con l’aiuto della matematica. Ama il “dilemma del prigioniero”, una situazione di quando la teoria dei giochi era agli albori: due persone condividono un medesimo destino, ma non possono confrontarsi e ricevono la proposta di ottenere un vantaggio l’una a spese dell’altra. In questo gioco, il tradimento non soltanto è previsto,maèanche«l’unica norma di comportamento accettatacomerazionale»1. È stato dimostrato che chi viene in contatto con questo pensiero muta il proprio comportamento. Un’immagine del mondo che dietroqualsiasiazioneumana vede all’opera la logica ineludibile dell’utilitarismo produce egoismo come una catena di montaggio2. Ultimamente, però, tutti ne vengono contagiati. Circondato da un mondo nel quale le informazioni sono organizzate non solo nelle Borse, ma anche sul posto di lavoro,nellacomunicazionee perfino nelle amicizie da macchine guidate dalla logica, che valutano il carattere umano in base alle leggi della massimizzazione personaledelprofitto,ivalori sociali cambiano a una velocitàsbalorditiva. Il capitalismo dell’informazione mette in questione la coerenza delle biografie e le identità delle singole persone; ha posto l’economia reale al proprio servizio e ora si accinge a riscrivere gli ordinamenti costituzionali e del diritto internazionale. Infatti, non solo il singolo individuo perde la propria sovranità.Idirittidisovranità degli Stati e dei parlamenti europei, amputati nell’attuale crisi dell’euro, non sono errori tecnici, ma parte della sualogicaoperativa. Esso ha minato il pensiero umano con un labirinto di gallerie e cunicoli ed elabora ilmaterialegrezzodicuisiè appropriatoconmacchineche –asecondadellascrivaniasu cui si trovano – possono condurre guerre, scatenare rivoluzioni,procuraredenaro, controllare persone o trasmetterelefotodell’ultima vacanza.Ormaiilcapitalismo dell’informazione sembra in grado di eliminare dall’oggi aldomaniinterenazionio,in determinate circostanze, di portare al potere chi vi si sia sintonizzato. Perciò la gente siapprestaatrasferirsiinsua compagniasottoterra,inspazi chiusi,allaluceartificiale,ea considerare i tunnel da esso scavaticomeilpropriostesso pensiero. Una trappola mimetizzata deve ingannare tutti i sensi. Nella sua Encyclopédie, Diderot suggerisce di coprire l’odore del ferro, poiché gli animali esperti lo associano alla propria uccisione. Un manuale moderno sulla catturadeglianimalidescrive con disarmante candore cosa occorre fare: «Attirare l’animale nel dispositivo o con un’esca o sfruttando la suanaturalecuriosità».Nona caso, secondo Otto Mayr, le parole inglesi engine e machine ebbero a lungo le connotazioni negative di “intrigo”, “frode”, “macchinazione” e perfino “inganno”3. Il dispositivo del capitalismodell’informazione è il computer, ma l’apparecchio è di per sé innocente. Tutto dipende da chi lo ha in mano e a quali scopi lo utilizza. Una volta ridotto l’egoismo umano a una formula, come accade oggi, lo si può usare per valutareun’interasocietà. È Diderot a definire la posa della trappola – non la trappola – una “scienza”. La sfida consiste nel catturare animali diffidenti per esperienza. Li si coglie di sorpresa solo raccogliendo e alterando informazioni. La trappola deve presentare l’esca come una preda facile. L’orso,lavolpeoillupodeve pensare di realizzare un inatteso profitto. Perché il trucco funzioni occorre «esplorare con la massima cura i luoghi nei quali gli animali si ritirano durante il giorno, i luoghi nei quali trascorrono la notte e le vie che percorrono abitualmente». Anche la struttura della trappolanonèrilevantesenza lastrategiadichilapiazza.Il più abile a posare le trappole ècoluichepensacomelasua preda; gli animali più abili a eluderle sono quelli che pensano come chi li vuole catturare.Questaèlascienza; è pura matematica e può essere programmata nei computer: durante la guerra fredda, quando venne inventata, le si diede nomi tipo rational choice theory, ovvero teoria dell’agire razionale, e l’inoffensivo teoriadeigiochi. Sotto la spinta psicologica della paura che sistemi totalitari come l’Unione Sovietica mettessero sotto tutela l’uomo affermando di sapere cos’è meglio per lui, gli economisti hanno escogitato un modello alternativo nel quale ognuno fa soltanto ciò che è meglio per sé. È diventato una delle più importanti armi strategiche della guerra fredda, grazie alla quale l’Occidente ha vinto la sfida trasuperpotenze. Ma quella, come nel frattempo è diventato evidente, non era la fine, bensì soltanto l’inizio. Conclusasi la sfida tra le superpotenze, poteva cominciare quella con la propria società. Uno degli artefici della grande trappola haammessoinseguitochele regole alle quali dobbiamo attenerci nel nuovo gioco della vita sono singolari. Per vincere si dovrebbe talvolta accettare l’idea che «l’universo,inuncertosenso, abbia scelto proprio te come ilsuopeggiornemico»4. Ancora una parola sull’intento di questo libro. L’impulso a scriverlo è venuto dalla crisi, ma non dalle sue manifestazioni economiche, bensì da quelle sociali. La crisi è soltanto un sintomo. Mostra l’instabilità nonsolodeimercati,madelle società, nelle quali le società vengono organizzate come i mercati e l’uomo è organizzato come Homo œconomicus.Amioavviso,si tratta del primo caso di un collasso di sistema dell’economia dell’informazione. Nella crisi con la quale abbiamo oggi a che fare non sono in gioco soltanto il denaro, il profitto, la bancarotta della Lehman o la crisi dell’Europa. Questo, se si vuole, è ancora il lato semplice della questione, l’aspetto più facilmente accessibileall’analisi.Chissà, forse la crisi verrà risolta e perlagentetuttoricomincerà dacapocomesenientefosse. L’economia dell’informazione valuta i sentimenti, la fiducia, i contatti sociali proprio come se fossero azioni o merci e, perlaprimavoltanellastoria, ha gli strumenti tecnologici per farlo con sempre maggiore accuratezza. È diversose,inunatransazione d’affari o in un’asta, si parte dal presupposto che per l’interlocutore è logico pensaresoltantoasestessoe imbrogliare,oppureselavita sociale si trasforma sempre piùinunatransazioned’affari o in un’asta, cioè in un mondo nel quale l’Io, ridotto a merce, ubbidisce a regole economiche trasparenti. In questomondoladiffidenza,il sospetto, i bluff, le manovre diversive sono la norma, sia pure solo per “tranquillizzare i mercati”, come recita una frasechesisentepronunciare spesso. Ma non valgono solo per gli Stati: in misura forse maggiore riguardano anche l’individuo. Queste regole sono tutte messeperiscritto,daqualche parte. Erano ipotesi, costruzioniausiliarie,modelli che dotavano l’essere umano di qualità non più psichiche, bensìmatematiche.«Popolare i modelli economici con personeincarneeossanonè mai stato l’obiettivo degli economisti», recita l’epigrafe di un libro che dimostra l’esatto contrario5. I modelli stessi, infatti, hanno preso vita, non sono soltanto istruzioni alle quali ci si affida inconsapevolmente come alla strumentazione di bordo; essi fanno molto di più: rendono l’uomo esattamente conforme alla lorodescrizione.E,adispetto di tutte le limitazioni autoimposte, lo descrivono comeegoista. Questo libro si basa su un’unica tesi. Negli ultimi tempi, essa è di nuovo ampiamente dibattuta da alcuni economisti rinnegati, che parlano di imperialismo economico. Con questa locuzione si intende il fatto che i modelli concettuali dell’economia hanno praticamente conquistato e dominano tutte le altre scienze sociali (la teoria economica imperialistica era notoriamenteilmarxismo). Nel mondo in cui viviamo sperimentiamo questo imperialismo come economicizzazione di tutti e di ciascuno. Non è un caso che bestseller come Freakonomics6 (ovvero le nudge-theories degli economisti comportamentali) abbiano tanto successo. In sostanza, questi libri raccontano di una quotidianità che scompone tutto in aneddoti sul tornaconto personale («Bisogna punire i genitori perchévengonoaprenderein ritardoilorofigli,esesì,con quale risultato? Che diventeranno ancora più negligenti se la multa è esigua,inprimoluogoperché pagarla vale la pena, e in secondo luogo perché trasmetteunsegnalesbagliato riguardo ai costi morali della violazione delle norme»7). Per quanto divertenti essi siano e per quanto controverse risultino le loro tesi, il fatto che abbiano successo dimostra che si trattaditeoriedell’autodifesa in un mondo che, ridotto all’economia in tutti i suoi dettagli, vive il tornaconto personale come nucleo essenzialedelcomportamento razionale. Ma il prezzo di questa autodifesa è elevato: come hanno mostrato Gerd Gigerenzer e Nathan Berg in un eminente studio sull’economia comportamentale, dietro molti ameni consigli si nasconde un’ideologia neoclassicacamuffata;o,sesi vuole, neoliberista8. Questo non vale soltanto per l’economia comportamentale, ma per tutti i mercati automatizzati, da quelli finanziari ai nuovi mercati dellacomunicazionesociale. L’imperialismo economico impone però anche – e a maggiorragionedopolacrisi finanziaria – di non lasciare campo libero a una scuola dominante di economisti per lo più anglosassoni. In tanti hanno finito per convincersi delle debolezze di alcuni modellifinoapocotempofa postulati come verità. Se qui vengonoesaminateduefrale costruzioni concettuali più efficaci nell’economia dell’informazione, cioè la teoria della rational choice e la teoria dei giochi, non è chiaramente perché si voglia sottintendere che fossero le uniche9.Esseperòhannouna particolare importanza per la storia che questo libro vuole raccontare: com’è potuto accadere che l’individuo abbia avuto la sensazione di una congiura dell’intero universocontrodiluiecome, dopo la fine della guerra fredda,siainiziataunanuova guerra fredda nel cuore della nostrasocietà. ____________________ 1 SonjaMichelleAmadae, RationalizingCapitalist Democracy:TheColdWarOrigins ofRationalChoiceLiberalism,The UniversityofChicagoPress, Chicago2003,p.295. 2Ivi,p.296. 3OttoMayr,Labilanciael’orologio. Libertàeautoritànelpensiero politicodell’Europamoderna,il Mulino,Bologna1988,p.216(ed. orig.UhrwerkundWaage. Autorität,Freiheitundtechnische SystemeinderfrühenNeuzeit,C.H. Beck,München1987,p.151). 4KenBinmore,Teoriadeigiochi, Codiceedizioni,Torino2008(ed. orig.GameTheory:AVeryShort Introduction,OxfordUniversity Press,Oxford2003). 5DimitrisMilonakiseBenFine, FromEconomicsImperialismto Freakonomics:TheShifting BoundariesbetweenEconomicsand otherSocialSciences,Routledge, London2009,p.1. 6StephenD.LevitteStephenG. Dubner,Freakonomics.Ilcalcolo dell’incalcolabile,Sperling& Kupfer,Milano2006(ed.orig. Freakonomics:ARogueEconomist ExplorestheHiddenSideof Everything,HarperandCollins, NewYork2005). 7MilonakiseFine,FromEconomics ImperialismtoFreakonomics,cit., p.107. 8GerdGigerenzereNathanBerg,As- If-BehavioralEconomics: NeoclassicalEconomicsin Disguise?,in“HistoryofEconomic Ideas”,18,2010,pp.1134-1164. 9Mirendocontodiridurrela complessitàstorica.Lanuova razionalitànonèstatagenerata soltantodallateoriadeigiochie dallateoriadellarationalchoice.È statailfruttodiinnumerevoli discipline,nonsemprestrettamente collegatetraloro:informatica, statisticaeciberneticahanno seguitostradeindipendentie toccanosoloparzialmentelateoria deigiochi.Ineffettil’operadivon Neumannsarebbeinimmaginabile senzalamacchinacalcolatricedi AlanTuringelaquestione,daessa sollevata,sucosaècalcolabilee cosano.Peresempio,PeterGalison (TheOntologyoftheEnemy: NorbertWienerandtheCybernetic Vision,in“CriticalInquiry”,21, 1994,1,pp.228-266)hadescritto, conriferimentoaNorbertWiener, comeilnemico“razionale”fosse diventatounafiguradipensierogià nellasecondaguerramondiale, dotatadituttigliattributichepoile avrebbeconferitolateoriadei giochi. ParteI L’ottimizzazionedel gioco Capitolo1 Trance L’apparatomilitarecerca unarispostaalladomanda suqualesiail comportamentoegoistico Tutto comincia, come nelle storie di Twilight Zone, con una trance. Ci troviamo nei primi anni della guerra fredda. Da qualche parte in America, protetti da spessi strati di cemento e acciaio a prova di bomba, si trovano uomini superaddestrati. Sono addettiallasorveglianzadello spazioaereodegliStatiUniti. Fissanoschermiradar. I soldati cercano con gli occhi piccoli punti luminosi che di tanto in tanto compaiono sugli schermi. Registrano anche il minimo movimento; ogni segnale potrebbe essere un aereo russo carico di bombe atomiche. In tutte le forze armate americane non esiste lavoro di importanza più vitale, ecco cosa è stato inculcato nella testa di questi uomini. Poi accadono fatti inspiegabili. Un ufficiale dell’aeronautica, scampato alla seconda guerra mondiale senzaungraffio,riescechissà come a rompersi una gamba nel breve tragitto fra lo schermo e la macchina del caffè. Altri militari si appisolano. Alcuni sono soggetti a troppi episodi di perdita transitoria di coscienza e memoria per rispondere alle domande. Si aggiunganolaluceartificiale, le porte e i corridoi sotterranei, la crescente mentalità da bunker e i continui circoli verdi dello schermo radar: tutto quanto rafforza la sensazione di trovarsi in un “organismo ipnotizzante”. «È difficile rimanere svegli» ammette un membro della squadra «quando si fissa per oreunoschermoradarinuna stanza buia, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, costantemente alla ricerca del segnale che richiede di decidere…» E questo è fatale, poiché «un minuto di sonno può significare che una città è stata annientata», scrive un preoccupato visitatore del bunkernel19551. Un team di esperti – economisti, psicologi e sociologi – mobilitato per questa ragione dall’esercito – cerca di individuare gli episodi di assenza sui volti illuminatidiverde.Eallafine si capisce che sono i calcolatori, queste macchine sempre vigili, a indurre l’ipnosi negli uomini che se neservono. I ricercatori sono di fronte a una missione quasi impossibile: come addestrare i soldati contro la forza ipnotica dei loro stessi strumenti? Ogni trenta secondi gli uomini in camice bianco registrano le fisionomie dei militariconmacchineguidate da schede perforate. Ogni venti minuti fotografano i loro schermi, tracciano diagrammi sui loro blocnotes, dove ora per ora annotano i movimenti e gli spostamentidelgruppo.Nello stesso periodo, a Hollywood si girano molti film di fantascienza e dell’orrore nei qualiaccadonolestessecose. Gli scienziati le chiamavano sedute di psicodramma. Tuttavia, lo scopo era quello ditradurrel’animadeisoldati in una formula matematica. Non solo gli uomini dovevano manovrare le macchine, ma le macchine dovevano imparare a servire gliuomini2.Perciògliuomini dovevano imparare a comportarsiinmodoleggibile dalle macchine. Ecco che la fantascienza era diventata realtà, poiché per la prima volta venivano colti dalla macchina non solo i movimenti e la gestione del tempo,maanchei“valori”ei sentimentidellepersone3. Risultò che molti soldati consideravano gli schermi radar come binocoli sovradimensionati o come una “finestra” sul mondo. Propriodaquisipotépartire. Funecessarioconvincerliche sullo schermo vedevano un gioco nel quale l’altro giocatore,l’UnioneSovietica, avrebbe fatto di tutto per abbindolarli. Non si trattava solo di registrare un segnale. Bisognava saper sempre prevedere le prossime mosse del punto luminoso, che poteva essere il nemico sovietico. Dal momento in cui i russi disposero della bomba atomica e fu possibile trasportare con un singolo apparecchio il potenziale distruttivo di intere flotte aeree, pensare in modo del tuttonuovodalpuntodivista strategico diventò una necessità. Nella paranoia di quell’epoca (che ancora non conosceva quello che noi oggi sappiamo in retrospettiva), quando si poteva temere in qualsiasi momento un attacco a sorpresadapartedell’Unione Sovietica, il rapporto dell’uomo con le informazionidovetteridursia un codice semplice: sospettare sempre il peggio. Tu non sai, infatti, – venne inculcato alla squadra – cosa l’altro ha intenzione di fare, masaichehaununicoscopo: mettertinelsacco. Ilmonitorverde,luminosoe ipnotico non riproduceva la “verità”, né il mondo così com’era. Come si legge in una relazione dell’epoca, la suaèuna«facciadapoker»4. Il soldato al radar doveva vederesestessoeloschermo come giocatori di poker. Tuttoeraungiococut-throat, come spesso viene chiamato il poker, un gioco spietato. Vedersicomeungiocatoredi poker stimolava l’adrenalina del soldato, lo pungolava e acuiva la sua intelligenza operativa. Il punto luminoso poteva essere un innocuo aereo di linea o un bombardiere atomico russo – l’uomo al radar doveva capire che facciadapokernonsignifica “movimentinellospazio”,ma “mosse strategiche”, e che quindi poteva rappresentare siailbluffsialaverità. Pernoncaderenellatrappola e andare sul sicuro c’era un solopresuppostopossibile,un presupposto che, come gli economisti coinvolti nell’operazione sapevano, aveva ben funzionato in economia: essere sensato, “razionale”, significa che ognuno pensa solo a se stesso. Per l’intelligenza strategica, voleva dire che se tutti agiscono così bisogna anche presupporre che ognuno nasconda qualcosa all’altropervincerelapartita dellavita. Cinquant’anni più tardi, l’antropologaCaitlinZaloom, che per le sue ricerche aveva lavorato due anni come operatrice di Borsa, avrebbe descritto il mondo completamenteautomatizzato degli agenti di Borsa nello stessoidenticomodo.Devono concentrarelaloroattenzione su cifre che non hanno più nulladifissoedistabile,ma che in tempo reale si trasformano sugli schermi in un flusso di segnali in continuocambiamento5.Ogni transazioneèunamossa,ogni giocatore pensa soltanto a se stesso,cisonobluffeattacchi a sorpresa, ci sono armi di sterminio di massa e armi tattiche, di precisione. I giocatori si tengono permanentemente sotto controllo e le decisioni devono essere così fulminee che solo i computer possono metterleinatto. Ma, soprattutto, oggi per i fondi speculativi vengono utilizzatiimodellidellateoria dei giochi già applicati nella guerra fredda. Nelle banche di investimento, interi reparti sono impegnati a decifrare a una velocità mozzafiato le intenzioni di attori concorrenti, vagliando una massa imponente di dati con l’aiuto dei computer e della teoriadeigiochieorientando di conseguenza il proprio agire. Coloro che avevano progettatolanuovaanimaper l’uomo nuovo non ne sarebbero rimasti molto sorpresi. Si può addirittura affermarechequestofosselo scopo. Non sono stati gli psicologi a sviluppare per l’apparato militare i nuovi modelli di comportamento e di pensiero dell’autointeresse razionale, ma gli economisti, i fisici e i matematici. Gli economisti si intendevano di mercati nei quali ognuno cerca il proprio tornaconto. Le loro strategie per una società che sopravvive nell’egoismo non riguardavano soltanto i soldati della guerra fredda. Ambivano all’universalità. Dovevano funzionare ovunque si prendessero decisioni. Nel poker, negli affari,nelleBorse,inguerra6. Nel 1950 il sociologo americano David Riesman, nel suo bestseller mondiale La folla solitaria, aveva lamentato il fatto che, nella società moderna, ciascuno diventa un operatore radar della propria vita. Non più guidato dalla propria interiorità ma dall’esterno, costantemente obbligato a cogliere segnali di altri e a riadattare il proprio comportamento alle nuove circostanze7. Ora la sua criticavenivarovesciata:tutto èlogicosesiriconoscecheil mondo gioca a poker e tutti voglionovincere. Suonava molto convincente. Quando le prime informazioni sul nuovo pensiero filtrarono nell’opinione pubblica, l’accoglienza fu addirittura entusiastica.Nelgirodipochi anni la RAND Corporation, l’organizzazione alla quale appartenevano gli scienziati che avevano analizzato la squadradeglioperatoriradar, era diventata, nell’ombra del segreto militare, la più potente fabbrica di pensiero degli Stati Uniti. Non si trattava più soltanto dell’Unione Sovietica. Si trattavaditutti. Lanascitadiquestopensiero è stata definita «una delle svolte più importanti nella storia intellettuale dell’Occidente»8. In ogni caso è una delle più sottovalutate. Infatti, solo se si accetta la premessa che ognuno agisce in vista del proprio utile si può tradurre tutta la complessità del comportamento umano nel linguaggio della matematica. Si possono scrivere formule, calcolare mosse, elaborare modelli di trattative e compromessi, addestrare le persone a una nuova “razionalità” che esse padroneggiano automaticamente, come in trance: un’operazione impossibile se si presuppone che ogni persona debba essere compresa soltanto partendo dalle peculiarità del suocarattere. Decisiva per il successo su scala mondiale è stata la possibilità di eseguire questi calcoli con rapidità fulminea e poi perfino in tempo reale. Con i primi computer, strumenti geniali attendevano soltanto di essere foraggiati con formule pensate per le persone. Le calcolatrici non vannobeneinpsicologia,ma sono molto efficaci nel calcolare la massimizzazione del profitto. Gli economisti cominciarono a ponderare le situazioni decisionali più complesse con l’ausilio di computer. Anche questo esperimentovennefattoinun primo tempo con l’Unione Sovietica, grazie agli abbondanti sussidi dell’apparatomilitare. I computer che analizzavano i segnali sugli schermi radar predicevano di continuo, comeinunaBorsamilitare,le mosse successive dell’avversariosovietico,elo facevano sempre meglio. Cosafa?Cosaprogetta?Cosa nasconde? Ma i russi erano altrettanto paranoidi. In men che non si dica si arrivò quindi a una situazione del tipo: cosa fa, se sa che io so quello che sta progettando? I calcolatori istruivano le persone che li usavano per lavorare.Dimostravanocome si doveva pensare nel mondo moderno.Nedavanocontinua prova. Erano talmente fusi con il pensiero umano che ben presto nessuno stratega militare ritenne possibile pensareinmododiverso. “Impara ad agire razionalmente” significava “impara a pensare e ad agire partendo sempre e soltanto dal tornaconto personale di ciascuno”. E l’operazione funziona anche con i comportamenti in apparenza non utilitaristici: si può cercarealungodiindovinare perchéunperfettoestraneoti regali dieci euro (o i russi intraprendanoun’iniziativadi disarmo). La teoria afferma che si è in grado di capirlo solo se si comprende che, così facendo, intende procurare un vantaggio a se stesso. Tuttavia, questo modello di pensiero non restò a lungo limitato alle strategie degli armamenti e della guerra. Non era soltanto un attrezzo. Si trasformò in uno strisciante, decennale addestramentoall’egoismo.Il computer dimostrava quanto lontano si potesse andare ponendo alla base di ogni calcolo questa motivazione. Ma, come è stato osservato a ragione, ciò con cui lo si era alimentatositrasformòdaun sistema di addestramento in un «sistema di indottrinamento»9. Nel gelo cinquanta, degli anni praticamente nessuno avrebbe creduto che l’immagine dell’uomo nata allora avrebbe gettato il mondo, mezzo secolo più tardi – oggi che l’Unione Sovieticanonesistepiùdaun pezzo – nella paura e nel terrore, e trasformato radicalmente le relazioni sociali. Ciò con cui oggi abbiamo a che fare non è opera soltanto di alcuni manager egoisti dei fondi di investimento o di avidi banchieri. Essi non sono che un sintomo. Allora, al freddo della corsa agli armamenti e non soltanto nelle crisi economiche del ventunesimo secolo, si è scatenato qualcosachehacominciatoa fare davvero carriera solo dopo la fine della guerra fredda. ____________________ 1SharonGhamari-Tabrizi,Cognitive andPerceptualTrainingintheCold WarMan-MachineSystem,inJoel IsaaceDuncanBell(acuradi), UncertainEmpire:American HistoryandtheIdeaoftheCold War,OxfordUniversityPress, Oxford2012,p.289. 2Cfr.GeorgeDyson,L’evoluzione dellemacchine.DaDarwin all’intelligenzaglobale,Raffaello Cortina,Milano2000,p.191(ed. orig.DarwinAmongtheMachines: TheEvolutionofGlobal Intelligence,PerseusBooks,New York1997,p.189). 3IsaaceBell,UncertainEmpire,cit., p.287. 4CosìDonMurraynellasua relazionesuunodeiprimiimpianti radar,pubblicatanel1955,nella qualedescriveilbluffdiunaereo nonidentificatodirettoaLos Alamos.Cfr.ivi,p.270. 5CaitlinZaloom,OutofthePits: TradersandTechnologyfrom ChicagotoLondon,TheUniversity ofChicagoPress,Chicago2010,pp. 136sg. 6Kaplandescriveladivisionedel lavorotraeconomistiematematici così:«(Glieconomisti)avrebbero analizzatole“funzionidiutilità”dei consumatorieilcomportamentoei valoridiinterenazioni.I matematici,chenonnecapivano nulla,avevanoinseguitola possibilitàdiinserireleconoscenze nellamatricedellateoriadei giochi».FredKaplan,TheWizards ofArmageddon,StanfordUniversity Press,Stanford1983,p.67. 7DavidRiesman,Lafollasolitaria,il Mulino,Bologna1973,pp.9sgg. (ed.orig.TheLonelyCrowd:A StudyoftheChangingAmerican Character,YaleUniversityPress, NewHaven1950,p.25).Cfr.Isaac eBell,UncertainEmpire,cit.,p. 271. 8PeresempioAmadae,Rationalizing CapitalistDemocracy,cit.,p.157. 9IsaaceBell,UncertainEmpire,cit., pp.284sg. Capitolo2 Gioco Glieconomistidannouna risposta Durante la guerra fredda nacquelaformulasecondola quale ognuno agisce per il proprio tornaconto e ha intenzione di abbindolare gli altri. Chi l’accettava, agiva razionalmente. La formula funzionava perché allora si fronteggiavano due potenze mondiali in possesso entrambe della bomba atomicaeconlapossibilitàdi annientarsi completamente l’unl’altra. In economia l’uomo egoista, l’Homo œconomicus, aveva una lunga tradizione: era una sortadialteregovirtuale,con ilqualesiprovavaaspiegarsi come ragiona la gente. Bastava andarlo a recuperare in cantina, dove iniziava a coprirsi di polvere. L’Homo œconomicus, infatti, aveva condotto fino ad allora un’esistenza alquanto appartata e puramente accademica. Esistevano addirittura formule che lo riguardavano,alcunerisalenti ancora al diciannovesimo secolo. Non è questo il luogo per rinvangare la storia bicentenaria dell’Homo œconomicus. Ma sarebbe un grave errore credere che fin dalla nascita fosse stato lasciato libero nel mondo sotto forma di mostro avido di profitto, benché queste sianolesembianzeconcuifin dalla prima modernità si è infiltrato nella letteratura inglese1.Inquantoessereche poteva venire compreso non più in base a passioni vaghe, maaisuoifortissimiinteressi (traiqualisipotevanoanche annoverare concetti come libertà), l’Homo œconomicus era pur sempre anche una figuradell’illuminismoefino a un certo punto, come ha mostrato l’allievo di Habermas Axel Honneth, lo si può perfino definire un’idea originaria della «sinistra»2. È una figura stilizzata e gli economisti intelligentinonsistancanodi avvertire che non è mai esistito in questa forma: si tratta di un’ipotesi, che ci consente non soltanto di fare previsioni sulle persone e le loro preferenze, ma anche di configurare contratti sociali che hanno il merito di non mirare al bello, al vero e all’utile solo a parole, ma nellasostanza. E tuttavia questa è solo una parte della storia, per quanto sia, se si vuole, la parte migliore. Quella peggiore è riassuntainunasolafraseper esempio, nel 2008, da Lynn A. Stout, giurista della Cornell University particolarmente impegnata nell’analisi delle crisi finanziarie degli ultimi anni come esperta di Corporate Governance e di regolazione dei mercati finanziari: «L’Homo œconomicus è un sociopatico»3. Negli ultimi anni e decenni innumerevoli autori, tra i qualimoltieconomisti,hanno mostrato che le previsioni sull’Homo œconomicus non rendono giustizia della complessità della psiche e della società umana4. Nondimeno, la tesi di questo libro è che c’è stato un momento, negli ultimi anni, nel quale colui che in queste pagine chiameremo Numero 2èstatoletteralmentedestato allavitaedèdiventatoquello che i più responsabili tra i suoi creatori non avrebbero voluto. Leragioninonsonodinatura puramente “economica”. Hanno a che fare anzitutto con il fatto che l’uomo moderno non sa più bene quale sia la sua identità e se ne abbia una, molte o nessuna. Le filosofie contemporaneenonsonostate in grado di corrergli in aiuto, ma hanno anzi rafforzato la tendenza. In questo modo è venuta automaticamente meno la capacità di opporsi alle semplificazioni di un modello che, fino alla metà delsecoloscorso,inuncerto senso era sempre vissuto anche della tensione con l’uomoreale. Era la prima grande vittoria dell’imperialismo economico, che riduceva tutto all’economia; ma era una vittoria dovuta al fatto che l’avversario si era letteralmente dissolto (e dunque non si può rimproverare agli economisti di aver immediatamente occupato lo spazio che qualcun altro aveva lasciato libero): la soggettività o individualità dell’uomo fu sostituitadallesuepreferenze (che vengono da fuori, cioè non conta come nascano e come mutino) e dalla massimizzazione dell’utile che si riprometteva5. Non c’era più bisogno d’altro. Nelle parole di Michel Foucault, l’Homo œconomicusnonèsoltantoun essere economico, ma anche un essere politico e, agli occhi del potere, ha il vantaggio di essere «eminentemente governabile»6. Ma questo non sarebbe bastatoadarvitaaNumero2. Senza il computer, senza quella scintilla elettronica scoccata tra la macchina e l’uomo, sarebbe rimasto soltanto un modello, una teoria, che (diversamente dal marxismo)avevailvantaggio dinonesserealtrochequesto. L’economistaefilosofoJohn Davis, per definire – non senza pathos – questa cacciata dal paradiso dell’assenza di vincoli, ha usato l’espressione dopo la caduta7. Quest’ultima si è compiuta in due passaggi: primo, con la comparsa del computer in ambito militare ed economico negli anni cinquanta; secondo (con conseguenze più rilevanti dell’invenzione della macchina a vapore), con la marciatrionfaledelcomputer “democratizzato” nei mercati di massa a partire dai primi anni ottanta. In questo libro torneremo di continuo a occuparci della commistione tra la scienza e gli scienziati daunlatoeinteresocietàcon lelorotecnologiedall’altro,e della nascita di ibridi uomomacchina, androidi o cyborg che dir si voglia. Tutte le discipline hanno provveduto contemporaneamente a rivedere l’immagine dell’uomo all’insegna di questa fusione, approdando per ironia della sorte a un modellocheneicassettidegli economisti e nella loro testa corrispondeva all’Homo œconomicus. Le scienze cognitive, per esempio, che nel dopoguerra avevano cominciato a svolgere un ruolo importante, non erano più interessate all’umanizzazione della macchina, ma, secondo la formulazione di Jean-Pierre Dupuy, alla meccanizzazione dello spirito8. La cibernetica, lascienzacheperprimasiera fusa con i computer, dissolse la filosofia, secondo la celebre affermazione di MartinHeidegger. La scienza utilizza le tecnologie non soltanto come strumenti per scoprire o modificare qualcosa, ma scopreemodificasempreciò che gli strumenti le consentono. Calcolare in tempo reale le preferenze degli uomini, e ben presto di un’interasocietà,comeormai si profila alla vigilia di Big Data, è possibile solo se ci sono strumenti che lo permettono9. Che il cervello sia un computer e i processi mentali si svolgano come i calcoli di un computer biologico – una tesi a favore della quale ancora negli anni cinquanta fu necessaria una grande opera di convincimento – è diventato intuitivamente plausibile per chiunque grazie al semplice usodeicalcolatori. Numero 2, del resto, non aveva affermato nulla di diverso a proposito di se stesso:l’individuorazionaleè una macchina calcolatrice. Può essere ridotto a ciò che egoisticamente vuole e sceglie, cioè alle sue cosiddette preferenze, e queste possono essere calcolate matematicamente. La formalizzazione dell’economia mediante formule matematiche dopo la seconda guerra mondiale (Davisladefinisceunacorsa agli armamenti tra gli economisti per il prestigio e l’influenza) consente di vedere effettivamente gli individuiormaisoltantocome «oggettimatematici»10. Ogni economista aggiungerebbe che le previsioni sull’uomo sono semplificative.Losonoinun modocosìradicaleche,come è stato giustamente rilevato, «l’individuo viene ridotto a un nulla, a eccezione della qualità delle sue preferenze da automa»11. Ma cosa succederebbe se la realtà finisse per coincidere con questoautoma?Eseilmondo diventasse sempre più una grande macchina che opera propriocosì?Ilproblemanon sonoimodellisemplificati.Il problema è che noi siamo diventati testimoni di un cambiamentonelqualequesti modellicodificanolarealtàe diventano in tal modo essi stessi reali. Non solo: decidono cosa è razionale e cosa non lo è. Chi pensa che ildiscorsosiatroppoastratto, si chieda quali “preferenze” Google o Facebook prestabiliscanoperluio,fatto attualmente ben più drammatico, quali algoritmi di Borsa riproducano le preferenze del trader. Le previsioni su Numero 2 sono già tutte dentro la lettura di un e-book, negli apparecchi smart, nei mercati finanziari, nellavitapolitica.Comedice Michel Callon, sono performative,creanolarealtà chemodellano12. Questa vittoria imperialistica haunapreistoriadirettamente legataallaguerrafredda. Che ogni uomo voglia vincere e non perdere sui mercatièunabanalità.Chea nessunosipossarimproverare di voler fare un affare è ovvio. La novità era che ormaicontavaesclusivamente lamotivazioneegoisticaeche un’intera società doveva essere modellata a sua immagine. La convinzione tacitamente condivisa che in realtà gli uomini fossero più complessi, ricchi, pieni di contraddizioni di quanto affermasse la teoria svanì negli anni cinquanta, e in parti della corporazione degli economisti fu ben presto dimenticata. Finì per essere considerato assolutamente razionale e per nulla problematico dal punto di vista morale comportarsi comeprescrivevalateoria. La morale non svolgeva affatto un ruolo importante, per motivi perfettamente comprensibili.Laragioneera evidente: nella guerra fredda sarebbe stata una leggerezza tremenda volere qualcosa di diversodall’essereilvincitore in questo gioco, pensare a qualcosa che non fosse il proprio vantaggio. Tuttavia, ciò che era ragionevole nell’ambito militare non si faceva limitare a quest’ultimo. I modelli in questione non miravano soltanto al rapporto con l’antagonista, ma anche al rapporto dell’uomo con il mondo. Molti degli economisti che negli anni cinquanta lavoravano alla RAND Corporation o prestavano consulenza all’esercito appartenevano alla cosiddetta scuola neoclassica, nata nell’università di Chicago e già da tempo impegnata a insegnare, nell’ambito dell’economia,chegliuomini sono egoisti e i mercati sono macchine della verità. Ora vedevano presentarsi l’opportunità di trasformare unasempliceaffermazionein unaleggedinatura. Cominciarono a scrivere formule e algoritmi, e le formule potevano di nuovo esserecompresedacomputer. Già questa era una novità. Fino ad allora, diversamente da quello che oggi si pensa, nella scienza economica riversare il comportamento umano in modelli matematici non era ben visto. Tuttavia, assumendo che ognuno cerca ilpropriovantaggio,sipoteva determinarne matematicamente il comportamento. Questi studiosi di economia spesso geniali diventarono non solo esperti di automatizzazione dell’apparato militare, ma anchediautomatizzazionedei mercatiediautomatizzazione delle persone dentro questi mercati. Erano pionieri di un mondochesolomezzosecolo dopo avrebbe visto tutti collegatitramiteicomputere i mercati. Tutte le loro formule, però, potevano essere comprese e applicate dacalcolatori. Chiamarono la loro invenzione teoria dei giochi. Econilsuoaiutotrasferirono quel modello di pensiero nel gioco della nostra vita. Dopo la fine della guerra fredda, molti degli economisti allora impiegati alla RAND ricevettero il premio Nobel per l’economia. Fu il coronamento di un’impresa gigantesca, che aveva trasferito nella società civile la logica della guerra fredda. Allafine,nelprimodecennio del ventunesimo secolo, il modello dell’Ego era effettivamente diventato una legge di natura. E nessuno può dubitare che funzionasse meglio di qualsiasi sbiadita ideologia dei valori sovraindividuale, con le sue pretese attribuzioni di ruolo etiche,innomedellequalinel ventesimo secolo aveva potuto affermarsi un collettivismo (o un razzismo) assassino.L’interoorganismo globale,scrivevailprincipale opinionistadel“NewYorker” sull’onda dei fatti dell’11 settembre, «si basa su una sorta di fiducia originaria: la fredda aspettativa che le persone,siaisingoliindividui che l’intera società, agiscano più o meno in vista dell’utile razionale»13. Ma, come abbiamo imparato piano piano a comprendere, nell’èra delle “macchine razionali”larazionalitàhaun prezzo. E fino a oggi un mondo in trance è ben poco consapevole, a parte rare eccezioni,delfattochequesti economistihannotrasformato l’anima umana più profondamente di qualsiasi psicologia. Non avevano approntato armi, prodotto merci, né saldato processori; sostanzialmente avevano scritto i programmi per le tre grandi macchine che ancora oggi determinano il mondo: l’apparatomilitare,ilmercato e il computer. Erano partiti dal punto su cui gli uomini sono più sensibili: l’opportunità di realizzare profitti. Profitti nel grande gioco della guerra fredda, profittinellavita. Durante la guerra fredda, a partire dalla metà degli anni cinquanta, l’apparato militare voleva disporre, grazie al computer, di un sostituto razionale, prevedibile, infaticabiledell’uomo,cioèdi un agente che pensa soltanto allapropriasopravvivenzaed èingradodivalutaretantoil rischiodiunattaccoquantola migliore opportunità per colpire. E, come sarebbe diventato chiaro negli anni successivi, queste erano le medesime qualità richieste dai nuovi mercati economici: un uomo che voleva fare profitti, che eracapacedicalcolareirischi e sapeva quando doveva aggiudicarsiun’asta. Ma quando si vuole prevedere razionalmente il futuro, quale fattore disturba più dell’uomo? È una mina vagante. Non solo si addormenta qualche volta sul lavoro, ma è intrattabile e contraddittorio, non lascia dare una sbirciatina alle sue carte e ha in testa talmente tante cose inutili e irragionevoli da impedire qualsiasicalcolo. Eranosecolichesicercavadi scoprire come funzionasse l’essere umano e tutti quelli che ci avevano provato, fossero indovini, filosofi, psicologi, alla fine avevano fallito. Perché proprio gli economisti sarebbero dovuti riuscire a tradurre l’imprevedibilità umana in unaformula? La loro idea geniale: non si sono più chiesti come funziona l’uomo. Si sono chiesti come avrebbe dovuto funzionare affinché funzionasseroleloroformule. La risposta era a portata di mano: tutti i problemi legati al fattore di insicurezza “uomo” si dissolvono che è un piacere se si ipotizza che l’essere umano, in ciò che pensa e fa, pensa sempre soltanto alla propria utilità. Questa teoria aveva il vantaggio di funzionare sempre e di rendere tutto calcolabile. L’interlocutore non è trasparente? Diventa trasparentecomeilvetrosesi ipotizza che vuole soltanto accrescere il proprio profitto. Ci sono uomini che aiutano altriuomini?Lofannoperché vogliono procurarsi qualche tornaconto. Coloro che avevano elaborato la teoria dei giochi nonavevanoavutobisognodi aprireilcraniodell’uomoper dirigerlo.Erastatosufficiente ridurlo a una formula di massimizzazione del profitto. Non ebbero bisogno di demagoghi, di volantini, di ideologi. I libri che annunciavano il verbo dell’egoismo razionale erano molto astratti e per tanti non comprensibili. La nuova teoria dei giochi penetrava nella quotidianità attraverso la pura e semplice prassi. Permetteva di calcolare tutto il possibile, non soltanto il modo migliore per intimidire i russi. Quando si deve sterzare, se due auto si corrono incontro a gran velocità e perde quella che schiva l’altra per prima? La stessa logica poteva essere efficacemente applicata alle asteoalletrattativesalariali. Ma la nuova dottrina, che vedeva in ogni uomo una macchina dell’Ego che vuole vincere nel poker della vita, era così in contrasto con l’educazione e la morale quotidiana che all’inizio, quando era ancora freschissima e nuova, suscitò resistenzeintuitive. La gente “là fuori”, all’esterno dei think-tanks e dei bunker, negli anni cinquantaavvertivachestava succedendo qualcosa. Non era un caso che improvvisamente fosse piena di paure paranoidi di essere manipolata. Hollywood immaginava e inducevaaimmaginareincubi nei quali gli alieni modificavanoilcervellodelle persone, condizionavano i loro pensieri con pistole spara-raggi o le sottoponevano a un lavaggio del cervello, per lo più comunista. 1984 di Orwell descriveva un mondo nel quale i “teleschermi” indottrinano e sorvegliano. Lo si poteva ancora leggere comeunaparabolasuisistemi totalitari. Ma nemmeno dieci anni dopo si diffuse ampiamente nell’opinione pubblica il sospetto che a controllare e a rieducare la gentenonfosserosoltantogli eserciti stranieri o quello nazionale, ma lo stesso mercato. Nel 1957 apparve il bestsellerIpersuasoriocculti del giornalista americano Vance Packard. Il libro parlava di agenzie pubblicitarie che impiegavano ipnotizzatori e di messaggi subliminali che, in una dimostrazione cinematograficarealizzatanel New Jersey, inducevano gli spettatori ad acquistare gelati comeintrance. Certo, era solo una favola, ma l’isteria che scatenava ancora anni dopo dimostra che, allora, sempre più persone avevano la sensazione che nella vita moderna andasse rarefacendosi la possibilità di compiere scelte realmente razionali. Packard aveva parlato di un tentativo di impiantare un’altra intelligenzaediaddestrarela genteaunconsumismocieco. Dunque, indottrinamento non attraverso i libri, le parole o gli argomenti, ma con l’ausilio di tecnologie che impongono le loro regole del gioco: donde un timore mai piùvenutomenonellesocietà industrialidell’Occidente. Allora queste tesi erano argomentate in modo ancora alquanto grossolano, ingenuo ecomplottista.Sicredevache potenze malvagie si insinuassero nel cervello, girassero qualche vite e schiacciassero pulsanti rossi, creando così l’uomo manipolato. In realtà le cose sono andate inmodoassaipiùsemplice:si è duplicato l’uomo. Oggi, nell’èra digitale, l’Homo œconomicus equivale all’agente economico: un’entità che opera al posto dell’uomo, tradotto in codice informatico secondo le leggi deglieconomisti. Prima si è assunto la responsabilità di decisioni strategicheincampomilitare, poi di decisioni economiche nei mercati e infine, sempre più spesso, di decisioni socialinellavitareale.Nonè necessariochesiaintelligente o intuitivo, deve soltanto saper calcolare in base alle regoledellateoriadeigiochi. Mapuòfaredipiù.Addestra la gente. Possiede chiaramente il potere di trasformare in profondità i sistemi valoriali delle persone.Nel2008nessunolo ha espresso in modo così esplicito come l’uomo che, nella sala caffè della sua azienda, tutti chiamavano solocomeunpersonaggiodel film Guerre stellari, Darth Vader. Il suo nome era Joseph M. Gregory e la sua ditta era la LehmanBrothers.EGregory, chief operating officer della banca di investimento, aveva capito che la qualità principale del manager della nuova èra consiste nel fondersi interamente con le macchine della Morte Nera14 che ogni secondo mercanteggiano per conseguireunutile. Pocoprimachescoppiassela bolla immobiliare nel 2008, i colleghi avevano chiesto a Gregory perché assumesse alla Lehman gente che non capivanulladiaffari.«Nonè questione di capacità individuali» aveva risposto «ma del potere della macchina»15. ____________________ 1Cfr.aquestoriguardoiltestodi riferimentodiGebhard Kirchgässner,Homoœconomicus, Mohr,Tübingen1991.Affascinanti repertidiinventivaletterariasono presentatiinLaurenzVolkmann, Homoœconomicus.Studienzur Modellierungeinesneues Menschenbildesinderenglischen LiteraturvomMittelalterbiszum 18.Jahrhundert,Universitätsverlag Winter,Heidelberg2003.La bibliografiaèsterminata.Riguardo all’epocapostrivoluzionaria,sono fondamentalilelezionidiFoucault del21e28marzo1979,raccoltenel volumeNascitadellabiopolitica. Latrasformazioneaoperadella rationalchoicetheoryedellateoria deigiochièstataesaminataafondo daSonjaMichelleAmadae. MachineDreams,diPhilip Mirowski,raccontalametamorfosi dell’Homoœconomicusinunagente cheelaborainformazioniechenon puòpiùesseredistintodal computer.Ècaldamente raccomandabilelaletturadel magistralecapolavoroindue volumidiJohnB.Davis,The TheoryoftheIndividualin EconomicsIdentityandValue (Routledge,London2003)e IndividualsandIdentityin Economics(CambridgeUniversity Press,Cambridge2011),unlavoro chedischiudeunanuova prospettiva.Gliultimiquattrostudi appenacitatiaffrontanolaquestione chestaallabaseanchediquesto libro,cioèfinoachepuntoil “modello”nonfacciainverità, riguardoall’identitàe all’individualitàdell’Homosapiens, affermazionichenell’èradigitale espongonoquesteultimealrischio diestinzione. 2Cfr.AxelHonneth,DasRechtder Freiheit,SuhrkampVerlag, FrankfurtamMain2011,pp.32332(incorsodistampapresso Codiceedizioni). 3LynnA.Stout,TakingConscience Seriously,inPaulJ.Zak(acuradi), MoralMarkets:TheCriticalRoleof ValuesintheEconomy,Princeton UniversityPress,Princeton2008, pp.157-172.Cfr.anche,riccodi aneddotipersonali,Id.,Cultivating Conscience:HowGoodLawsMake GoodPeople,PrincetonUniversity Press,Princeton2011. 4Recentemente,oltreaJohnDavis, peresempioBenFine,Social CapitalversusSocialTheory: PoliticalEconomyandSocial ScienceattheTurnofthe Millennium,Routledge,London 2001;MichaelSandel,Quellochei soldinonpossonocomprare.Ilimiti moralidelmercato,Feltrinelli, Milano2013(ed.orig.WhatMoney Can’tBuy:TheMoralLimitsof Markets,Farrar,StrausandGiroux, NewYork2012). 5Cfr.MilonakiseFine,From EconomicsImperialismto Freakonomics,cit.,pp.20-22. 6MichelFoucault,Nascitadella biopolitica.CorsoalCollègede France(1978-1979),Feltrinelli, Milano2005,p.220(ed.orig. Naissancedelabiopolitique.Cours auCollègedeFrance(1978-1979), Gallimard,Paris2004,p.274). 7Davis,TheTheoryoftheIndividual inEconomicsIdentityandValue, cit.,p.89. 8Jean-PierreDupuy,CyberneticsIs anAntihumanism:Advanced TechnologiesandtheRebellion AgainsttheHumanCondition, disponibileall’indirizzo http://www.metanexus.net/essay/hcyberneticsantihumanismadvanced-technologies-andrebellionagainst-human-condition. 9Davis,TheTheoryoftheIndividual inEconomicsIdentityandValue, cit.,p.89. 10Ibid. 11 MilonakiseFine,FromEconomics ImperialismtoFreakonomics,cit., p.20. 12RingrazioEvgenijMorozovperle prezioseindicazioni. 13HendrikHertzberg,Comment: TuesdayandAfter,in“New Yorker”,24settembre2001,p.27. 14Lagigantescastazionedabattaglia spazialedelfilmGuerrestellari, realizzatadall’imperogalatticoallo scopodirafforzareilsuoregimedel terrore.[N.d.T.] 15AndrewRossSorkin,Toobigto fail.Ilcrollo,DeAgostini,Novara 2011,p.301(ed.orig.TooBigto Fail:InsidetheBattletoSaveWall Street,ThePenguinPress,London 2010). Capitolo3 Profezia Veroèciòacuicrediamo Il 1989 ha significato molto più di quello che immaginavamo allora. Come uno dei maestri della teoria dei giochi aveva affermato con compiacimento, l’umanità, uscendo dal freddo, aveva portato con sé «cervelli più grandi, che eranoilrisultatodiunacorsa agli armamenti all’interno della nostra specie e costruivano calcolatori intelligentisemprepiùgrandi e sempre più perfezionati, al solo scopo di imbrogliare gli altri»1. Non smisero di pensare solo perché la minaccia per la quale erano stati creati sembrava scomparsa. Negli anni cinquanta la strada per raggiungere quel traguardo era ancora lunga; mancavano le tecnologie. Al loro posto c’erano la matematica astratta o la filosofia stravagante, come quella di Ayn Rand, la filosofa americana che aveva giàinsegnatoalgiovaneAlan Greenspan l’egoismo assoluto. Allora si poteva esserne catturati o trovarle respingenti. In ogni caso, si era liberi di scegliere. Finché, un bel giorno, la calcolatrice tascabile e poi il PC sono diventati utensili quotidiani e hanno cambiato tutto. In un mondo di carta, matita e regolo è impossibile applicare una formula complessa alla valutazione delprossimonellavitaditutti i giorni. Il calcolo dura semplicemente troppo e quando alla fine si ottiene il risultato, l’occasione è da tempo sfumata per sempre. Solo nel momento in cui, grazie a computer interconnessi, è possibile stimare immediatamente, in tempo reale, mediante formule, ogni transazione, ogni comportamento umano, leBorseeallafinepartidella realtà politica e sociale si trasformano. Fin dall’inizio il modello di pensieroegoistaeralospirito della macchina, ma da principio, negli anni ottanta, con discrezione e in modo non appariscente. I mercati finanziari non erano ancora così estesi e molti programmatori della prima ora credevano più nella comunità che nell’egoismo, quindi si sperimentarono algoritmi cooperativi che dovevano semplicemente riunirelepersone. Nei primi anni novanta furono programmate innumerevoli versioni di un sostituto dell’uomo nello spazio digitale. Alcune erano disinteressate e conclusero immediatamente compromessi, altre svilupparono propri sistemi valoriali. Era il tempo degli esperimentiedeitentativi2. Unadiquesteversioni,però, sopravvisse a tutte le altre. Pensata sulla carta come un’ipotesisulcomportamento umano, venne codificata in calcolatori dotati di istinti darwiniani di sopravvivenza duri come l’acciaio. Oggi nessuno riesce a sottrarsi a questo “agente economico” e nessuno è immune dalla sua influenza. Il sociologo Michel Callon dice che è la macchina dell’indottrinamento del capitalismo dell’informazione. La teoria «si basa sull’idea che gli agenti sono egoisti […] Per prevedere il comportamento degli agenti economici nella teoria economica non è necessariochequestaideasia del tutto vera; basta solo che tutticicredano»3. Siamo entrati ormai da tempo nell’èra delle profezie che si autoavverano. Forse possiamo convivere con il fatto che i social network o i motori di ricerca ci conoscanocosìbenedadarci soltanto le informazioni che ci attendiamo. E forse anche con il fatto che ormai parliamo solo con gente che lapensacomenoi. Ma alla lunga come si può rimanere immuni da danni interiori in una società che parte dal presupposto che ogni uomo sia razionale se agisce per il proprio tornaconto? «Il sopruso più grave che molti manipolatori commettono» scriveva perspicacemente Vance Packard negli anni cinquanta «è a mio avviso, il tentativo di insinuarsi nell’intimità della mente umana. È questo dirittoall’intimitàdellamente –ildirittodiessere,apiacere, razionali o irrazionali – che, iocredo,abbiamoildoveredi difendere»4. Cosaavrebbedetto,seavesse saputo che, nel ventunesimo secolo,unsistemacomplesso e interamente automatizzato avrebbestabilitopernoicosa èrazionaleecosanonloè? E che giusto cinquant’anni dopo i governi e interi Stati avrebbero cercato disperatamente di influenzare le decisioni finanziarie e le conclusionicuieragiuntauna quantità sterminata di programmi informatici di intelligenza artificiale, che probabilmente da tempo erano in comunicazione tra loro in un modo per noi incomprensibile e da noi non voluto, e costantemente impegnati ad analizzare i pensieridiinterepopolazioni, per trarre profitto dalle decisioniedalledeliberazioni dei governi? Oppure che in scritti politicamente influenti cisisarebbeespressiafavore di una nuova ragion di Stato americana e internazionale, nella quale viene configurato unnessofralanecessitàdelle tecnologie di previsione del comportamento, le droghe dellaveritàelatortura? Forse Vance Packard avrebbe detto che è solo l’inizio.Infondo,èstatoluia preannunciare l’epoca dei «mostriartificiali»5. ____________________ 1PhilipMirowski,MachineDreams: EconomicsBecomesaCyborg Science,CambridgeUniversity Press,Cambridge2002,p.505. 2Questatradizioneèancoravivanei gruppidihackere,inparte,in sistemicomeWikipedia. 3DonaldMacKenzie(acuradi),Do EconomistsMakeMarkets?Onthe PerformativityofEconomics, PrincetonUniversityPress, Princeton2008,p.322. 4VancePackard,Ipersuasoriocculti, Einaudi,Torino2011,pp.249-50 (ed.orig.TheHiddenPersuaders, IgPublishing,Opa-Locka2007,p. 239). 5Ivi,p.241. Capitolo4 Mostri Tuttiagisconorazionalmente eall’improvvisocompaiono cosetremende Ovunque vengono avvistati mostri. E dai tempi degli alchimisti sappiamo che compaionosemprequandotra il mondo socializzato e la natura si aprono fratture. Vengono fuori da questi abissi. Ognisocietàcercadivendere lapropriarealtàsocialecome se fosse legge, sia essa la legge “divina” dell’assolutismo oppure quella scientifica dell’Illuminismo. E se il mutamento sociale non è più comprensibile in base a queste leggi senza che due più due faccia cinque; e se poigliuomini,chenonsanno abbandonare il sistema logico,hannolasensazionedi impazzire, allora le paure si incarnanoinmostri. Vanno e vengono. All’inizio del ventunesimo secolo popolanolearti,soprattuttola letteratura, poi si mescolano al corteo trionfale dei totalitarismi, nello Stato e nella politica, e ora fanno capolino nei mercati finanziari. Tra i molti avvistamenti di quel «mostro» che, come ha scritto “Newsweek” il 6 ottobre 2008, «ha divorato Wall Street», cito solo i quattro segnalati dagli osservatori più obiettivi e perciòpiùcredibili. Il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz parla dei «laboratori di Frankenstein di Wall Street»: «NelMedioevo,glialchimisti cercavano di trasformare i metalliviliinoro.L’alchimia moderna ha cercato di trasformare rischiosi mutui subprime in prodotti con rating AAA, talmente sicuri da poter essere acquistati dai fondipensione[…]Insomma, le banche si sono messe a giocare d’azzardo direttamente»1. «I mercati finanziari internazionali si sono trasformati in un mostro», è stata l’ultima affermazione rilevante del presidente federale tedesco Horst Köhler,uneconomista,prima didareledimissioni. Lo storico della scienza George Dyson, che conosce la storia dell’intelligenza artificiale come nessun altro, descrive i disastri attuali come lo scatenamento di una creatura artificiale: «È come quando ci si chiede cosa potrebbe accadere se si producesse DNA artificiale: se fossero generate queste creature numeriche autoreplicanti,sarebbelafine del mondo come lo conosciamo?Maoraviviamo in un mondo nel quale esse sono state effettivamente generate, un mondo sempre più spesso gestito da un codiceautoreplicante»2. EinfineilsociologoManuel Castells,padrespiritualedella “società in rete”, scrive: «Abbiamo creato nel cuore delle nostre economie un automa che è deciso a determinare le nostre vite. L’incubodell’umanità,chele macchine assumano il controllo del nostro mondo, sembra ora divenire realtà – non nella forma di robot che distruggono mestieri o di governi che sorvegliano le nostrevite,mainquelladiun sistema elettronico di transazionifinanziarie»3. Sono parole forti, e dopo il 2008 tutti si sono chiesti ansiosamentecomeavrebbero reagito gli economisti di professione al disastro delle loro prognosi sbagliate. La perdita totale del controllo in un sistema che fino a non molto tempo prima, usando “Great Moderation” come parola chiave, era stato fatto passare per stabile quanto il Vaticano e razionale come Mr Spock, è naturalmente ancorapeggiodellaperditadi controllo in un contesto comunquefragile. Tutto, letteralmente tutto ciò che ha scatenato la crisi iniziata con il fallimento Lehman e sfociata nella crisi dell’euro è stato concepito come una strategia di schivamento del rischio. Tutto si basava sulla convinzione che il grande automa dei mercati finanziari fosse stato alimentato con i migliori modelli matematici dell’uomo e dei mercati per scongiurarequalsiasi“fusione del nocciolo”, qualsiasi “sterminio di massa” e qualunquemostro.Epoichéi conti non tornavano, in seguito si ritenne che qualcuno, e non solo nel Congresso americano, avrebbe dovuto rispondere a qualchedomanda4. Come nel frattempo è stato scrupolosamente dimostrato anche da economisti autocritici, quelle domande non hanno mai ricevuto risposta. E tutto lascia supporre che, dopo un nanosecondo di terrore, il sistema sia diventato ancora piùchiuso5. Si sottovaluta la crisi se si pensa che il problema fosse soltanto il presidente di una banca d’emissione di nome Alan Greenspan o una filosofa di nome Ayn Rand, che allora come oggi predica l’egoismo in libri che riscuotono più successo della Bibbia;ilproblemanonsono nemmeno in primo luogo economisti come Friedrich Hayek o il capo di Lehman, oppure “l’avidità” e “l’egoismo”dastigmatizzare. Perfino economisti ultraortodossi dell’università di Chicago, i cosiddetti neoclassici, così come i neoliberisti, non si fanno rubare la scena da nessuno nella condanna morale dei protagonisti. Sitrattapiuttostodichiedersi se la dottrina dell’autointeresse razionale, cioè dell’egoismo ragionevole,nonsiasulpunto digenerarefolliapura. Duranteunconfrontoserrato tra il deputato Henry Waxman e l’ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan davanti al Congresso americano, il deputatodemocraticochiese: «Non le sembra che la sua ideologia l’abbia indotta a prendere decisioni che non vorrebbeaverpreso?». «Peresisterec’èbisognodi un’ideologia» rispose Greenspan.«Laquestioneè se essa sia giusta o no. E oggi le dico: Sì, ho trovato unerrore». «Ha scoperto un errore nella realtà?» chiese Waxmandirimando. «Unerrorepercosìdirenel modello che definisce in modo risolutivo come funzionailmondo»6. Quasi nessuno si è accorto che Greenspan parlava di un mostro. Non si riferiva soltantoaqualcheerrorenella politicadeitassid’interessee nellaregolamentazione.Inun momento di grande lucidità, come ricostruito in seguito dal giornalista americano Scott Patterson, aveva messo indiscussionenonsoltantola razionalità di un sistema il quale affermava che gli interessi utilitaristici dell’«agente economico (trader, prestatori di denaro, proprietari di case, consumatori ecc.) avrebbero creato il migliore dei mondi possibili». Abiurò – per lo meno nel momento più buio della sua carriera – anche la fede nella possibilità di costruire una «macchina del mercato efficiente», se i calcoli del computer sono basati esclusivamente sull’egoismodelsingolo7. Per capire, non occorre essere un matematico. Ognuno può constatare che i modellifondatisulmercatoe sull’Ego mutano in autocontraddizioni permanenti, che richiedono alle persone comportamenti “razionali” obiettivamente folli. Che differenza c’è, per fare un esempio, tra il suggerimento di rintanarsi sotto un tavolo in caso di attacco atomico, che gli spettatori potevano vedere proiettatosulloschermodiun cinema negli anni cinquanta, e il consiglio di provvedere finanziariamente alla propria vecchiaia in mercati che annientano proprio queste misureprevidenziali? E così eccoci ritornati agli anni cinquanta, quando una situazione oggettivamente irrazionale – come ci si può rapportare razionalmente con l’oggettivafolliadiunattacco atomico?–avevaportatoalla produzione di massa di un nuovo genere cinematografico. ____________________ 1JosephStiglitz,Bancarotta. L’economiaglobaleincaduta libera,Einaudi,Torino2010,p.8 (ed.orig.Freefall:America,Free Markets,andtheSinkingofthe WorldEconomy,W.W.Norton& Company,NewYork2010,p.9). 2GeorgeDyson,AUniverseofSelfReplicatingCode,disponibile all'indirizzo http://www.edge.org/conversation/auniverse-of-self-replicating-code. 3ManuelCastells,Information TechnologyandGlobalCapitalism, inAnthonyGiddenseWillHutton (acuradi),OnTheEdge:Living withGlobalCapitalism,Vintage Digital,London2012,p.56. 4Ilmaterialedocumentariopiù esaurienteeistruttivositrovaonline nelladocumentazionedellesedute delSenatoamericano,disponibile all’indirizzo http://www.hsgac.senate.gov. 5RingrazioPhilipMirowskiper avermipermessodiprendere anticipatamentevisionedelsuo libroNeverletaSeriousCrisisgo Waste,Verso,London-NewYork 2013. 6ScottPatterson,TheQuants:Howa SmallBandofMathsWizardsTook OverWallStreetandNearly DestroyedIt,CornerstoneDigital, NewYork2012,p.263. 7Ibid. Capitolo5 Script “Sperochefunzioni”,lacrisi comefilm Un errore di sistema delle dimensioni di quello con il qualeabbiamooggiachefare dovrebbe avviare una grande revisione. «L’intero edificio scientifico è crollato», aveva detto Alan Greenspan di fronte al Congresso americano1. Eppure, il film di Charles FergusonInsideJobmostrava la totale indifferenza degli interessati. Nessuna autocritica,nessundubbio.Fu il documentario più brillante sul crollo; Ferguson ricevette un Oscar e il mondo si tranquillizzò al pensiero che la società, per rispetto di se stessa,avevachiamatolecose con il loro nome. I documentari sono una cosa; piùinteressanteèperòilfilm che scorre davanti all’occhio interiore dell’opinione pubblica. Questa narrazione, costituita di tutto ciò che si dice nei giornali, in rete, nei talk-show, nei parlamenti e nei tribunali, soddisfa tutti i requisiti di un film horror o catastrofico. Più ancora, corrisponde esattamente a quei disaster movies che negli anni cinquanta erano proliferati a Hollywood e in Giappone in un contesto segnato dal terrore per la bomba atomica eche,comeselafantasianon avessealcunaltropuntofisso, vive di mostri. È la replica esatta della storia dello scienziato irresponsabile che hacreatounmostro. Tutti i ruoli del film catastrofico dell’attuale crisi finanziaria sono assegnati e coloro che raccontano la trama–queitrader,banchieri e politici che parlavano sul dittafono ai giornalisti americani –, non hanno dimenticato il loro ruolo di eroi cinematografici. Diamo un’occhiata alla sceneggiatura, dal punto di vistadeglistessiprotagonisti. Primo:ilmostro. Nonèpossibilestabiliresesi tratti di un artefatto, di una cosa – il computer, il “sistema” – o dell’uomo stesso. Entrambe le varianti vengono proposte, tutt’e due risalgono al diciannovesimo secolo, quando Mary Shelley scrisse il suo Frankenstein, a sua volta costantemente scambiato per il mostro che avevacreato. Quindi gli uni descrivono il mostro come il risultato di formule, elettricità, di hardwareesoftwaresottrattisi alcontrolloumano. Per gli altri il mostro non è un programma per computer in preda a furia omicida, ma l’esito della deregolamentazione, dell’avidità e dell’egoismo. Avidità I: alcune persone si erano comprate case che non potevano permettersi e sulle case che non erano ancora di loroproprietàavevanoacceso ulteriori mutui. Avidità II: colorocheleavevanospintea farlo,concedendoildenaroin prestito, avevano realizzato sulle lettere di credito – i derivati – un grande, disonesto affare, che includeva nel calcolo non soltantolasolvibilitàdeiloro clienti, ma anche fino a quando i pignoramenti e le vendite all’asta avrebbero differito la perdita completa deiloromutuisubprime. Ma Alan Greenspan fornì dinnanzi al Congresso americano una terza spiegazione. Il mostro, disse, sarebbe il risultato di una mutazione, ma era stato partorito dalle «migliori conoscenze» di matematici e premi Nobel e dai «grandi progressi nella tecnologia informatica». Allora, nell’indignazione e nell’allarme generale, non si prestò sufficiente attenzione al fatto che, per la prima volta,unacrisiglobaleveniva spiegata con la comparsa del cyborg, cioè di un ibrido uomo-macchina. Il mostro – come esige l’economia della tensione nelleprimescenediognifilm dell’orrore – in un primo momento è invisibile; poi assumelefattezzediBernard Madoff. L’altra forma di questoessere,lamacchina,la cosa, viene rappresentata volentieri mediante serie di numeri verdi tremolanti che sfrecciano sugli schermi. L’antropologaCaitlinZaloom avevaosservatocomelecifre che cambiavano incessantemente sugli schermi provocassero una trasmutazione. I numeri, che sono il mezzo di comunicazione più rigorosoeincontestabileedai quali vengono ricavate le leggidinatura,nonservivano più a prevedere il comportamento di un mercato, ma soltanto alla sua interpretazione2. Un concetto concorrente – utilizzatoprimadiFukushima –, che aveva riscosso successo soprattutto negli ambienti bancari, generò confusione: quello di fusione del nocciolo. Prevedeva l’amputazione della componente umana del mostro e spiegava l’accaduto come una pura e semplice catastrofe naturale. Fusione del nocciolo. Un’espressione mutuata dalla fisica, con la quale però si intendeva in realtà un mostro statistico: il più grande incidente che si potesseimmaginare,manello stesso tempo il più improbabile. Già negli anni novanta due autori (uno di loro coinventore della strategia di tuteladelvalore,conlaquale si possono assicurare contro le perdite i propri titoli azionari) avevano dimostrato matematicamentecheilcrollo delleazionidel1987nonera avvenuto perché non poteva essere avvenuto: «Anche se fossimo vissuti per tutti i venti miliardi di anni da quando esiste l’universo […] la probabilità che un simile crollo delle quotazioni si verificasse anche solo una volta sarebbe stata letteralmente qualcosa di impossibile»3. L’idea che queste parole esprimono con il linguaggio della fisica è in realtà un’antichissima componente della teratologia, cioè dello studio delle mostruosità: un mostro è qualcosa di impossibile, e proprio per questoèunmostro. Secondo: gli scienziati pazzi, “MadScientists”. Nonèchiaro–comenelcaso deldottorFrankenstein–sei mostrinonsianoproprioloro. Non indossano camici bianchi, ma jeans strappati e Converse; non maneggiano provette, bensì apparecchi elettronici e formule matematiche, e non si chiamano dottor Stranamore, maquants4. Come nell’immaginario hollywoodiano,chelicolloca in bunker sotterranei, in interratioalpolonord,questi scienziati lavorano di nascosto.Alungolaloropura e semplice esistenza è stata tenutasegreta,comenelcaso del PDT, il Process Driven Trading, la potente divisione fondi speculativi di MorganStanley, di cui i collaboratori di quella stessa banca non avevanomaisaputonulla. Il giornalista Scott Patterson ha successivamente riferito che, ancora nei primi anni duemila, quando i bancari in giacca e cravatta di Morgan Stanley si imbattevano per caso in ascensore in uno di questi “stregoni”, erano del tuttoignaridellacosa. «Che diavolo fate qui di preciso?». A domande di questo genere i membri del PDT rispondevano evasivamente e stringendosi nelle spalle: «Noi facciamo roba tecnica, cose con il computer. “Roba da quant”»5. Terzo:ikillerdeimostri. La comparsa dei mostri crea unmercatopergliuccisoridi draghi, per lo più giovani uomini con spiccate fantasie maschiliste in ambienti favorevoli alla produzione di testosterone.Sonoglieroidel nostro film interiore sulla crisi economica, per lo meno loro si vedono così. I trader sonocolorocheraccontanola storia dalle viscere della grande macchina Lehman e AIG6. Fra tutti i personaggi del nostro film sono forse davverogliunicichepossano sostenere il ruolo degli eroi hollywoodiani o delle figure con cui identificarsi, dal momento che stanno chiusi nelle loro stanze davanti agli stessi computer che utilizziamo anche noi e simulano la vita moderna come una lotta per la sopravvivenza. In un certo modo sono i primi esemplari non militari di una società digitalizzata che, nel loro completo isolamento, non vedono più l’uomo con il quale “operano”. “Operano” su fronti informatici e non sono mossi dal profitto morale, bensìdaquelloeconomico.Il lorocompitoconsistenelfare quello che fanno, per esempio, anche i mercenari e Terminator: “assorbono il rischio”, e poiché non c’è alcun rischio (diminuzione deitassidiinteresse,uragani, esplosioni di centrali atomiche) che non sia stato assicuratoocalcolatodailoro committenti, combattono su tuttiifronti. Moralmente non sono esenti da ambiguità. Questi HeMen7 ben addestrati cambiano fronte spesso e volentieri. Uno degli stratagemmi preferiti durante il combattimento si chiama Tobashi, nome derivato dalla parolagiapponesetobasu,che significa pressappoco “far volare via qualcosa”. In base al sistema Tobashi, i debiti degli Stati o delle imprese devono “volare via”, cioè “diventare invisibili” con l’ausilio dei prodotti finanziari. Nel 2008 questi trader furono massicciamente coinvolti in un’operazione grazie alla quale la Grecia venne liberata dei suoi debiti con l’aiuto di derivati nei quali Goldman Sachs li faceva letteralmente sparire davantiagliocchidelmondo. Questo trucco fruttò alla banca d’investimento circa trecento milioni di dollari e allaGreciaunalleggerimento degli interessi dell’1 per cento. Poiché quelli di Goldman Sachs sapevano benissimocosaavevanofatto, utilizzarono le loro conoscenze per attaccare di nuovo la Grecia poco tempo dopo8. Davanti ai mondi riflessi nello schermo del computer, questo tipo di trader si sente l’eroediunfilmcatastrofico. Secondo un vecchio detto, i mostri vengono da sé o qualcuno ce li porta. Così comeinAliendiRidleyScott Ellen Ripley analizza, uccide e crea il mostro, i computertrader interpretano, si assumonoeassorbonoirischi invisibili che sorgono nelle istituzioni moderne. Caitlin Zaloomparagonailmomento nel quale i suoi colleghi trader si espongono al massimo pericolo a certi attimidell’alpinismoestremo: unincontro«conilveroIo»9. Tuttavia non è affatto chiaro se creino o uccidano il mostro. Gli uni fanno una cosa, gli altri l’altra. In ogni caso, come il supereroe, lo fanno nel nome del proprio profitto, solo che la loro ricompensa non è più di natura morale, bensì economica; e in caso di insuccessomuoiono. Caitlin Zaloom cita i suoi istruttori: «Se i soldi non ci sonopiù,noncisonopiù,ma mi creda, ci si sente morti. Bisognaprovare»10. Proprio da questo ambiente venivano anche quei trader monsterkiller che nel 2008 hanno quasi annientato il sistema delle banche di investimento scommettendo con successo contro di esso. Con vendite allo scoperto avevano iniettato nelle banche di investimento l’antidoto,provocandonecosì larovina–elapropriaascesa verso una ricchezza astronomica. Uno dei trionfatori è Steve Eisman. «Era come se nutrissimoilmostro»ammise in seguito. «Abbiamo nutrito il mostro fino a quando è scoppiato»11. Loscript. Questi,dunque,ipersonaggi. I dialoghi del nostro film consistono finora degli innumerevoli commenti, analisiescongiurisullacrisie sullasocietà. Eancheseigiornalistifanno come se fosse la cosa più normalediquestomondo,gli esperti, i premi Nobel, i politicieimediastessihanno manifestatodivergenzeanche radicali nella valutazione di un processo tecnico relativamente chiaro. I loro dialoghi suonano come una sorta di radiocomunicazione frammentaria, che nei film catastrofici induce sempre a conclusionisbagliate: «… non c’è nessuna alternativa,passo…» «…sefalliscel’eurofallisce l’Europa,passoechiudo…» Queste comunicazioni via radio vengono trasmesse in un contesto predeterminato dallapolitica: «… la crisi più grave dai tempi della grande depressione…» «…l’interosistemasull’orlo delcrollo…» «…Armageddon». Dopochelacancellieradella RepubblicaFederaleTedesca, al culmine della crisi della Lehman, con una mossa da film (e quasi senza precedenti) ebbe convocato una serie di capiredattori per esortarli a non cedere al panico, la politica tedesca e quella europea si trovarono coinvolte in un volo fuori controllo – come se una stazioneterrestreultranervosa (la politica) tentasse di comunicare con un pilota ultranervoso (i mercati) superandounforterumoredi fondo. E dinnanzi al pericolo di un crollo dell’intero sistema non è consentito a nessunaCorteCostituzionale, a nessun plebiscito e, soprattutto,anessuna“parola fuori luogo” di disturbare ulteriormente la comunicazione. Al rumore di fondo contribuivano anche altri soggetti: i parlamentari, i quali tracciavano linee rosse che avrebbero oltrepassato l’indomani;imedia,comeper esempioicorrispondentidelle emittenti televisive, che parlavano dei vertici di Bruxellescomesesitrattasse di una sceneggiatura («… è stato stabilito»; «… non è stato stabilito…»); i giornalisti, gli esperti, i dibattiti che ogni quarantott’ore offrivano interpretazioni del tutto contrastantil’unaconl’altrae perfinoincontraddizionecon sestesse. A nessun europeo è sfuggito il caos delle interpretazioni e delle opinioni degli ultimi anni, per il semplice motivo che esso viene comunicato e trasmesso con un grado estremo di ripetizione permanente, come se la mera ripetizione servisse a chiarire ifatti.Tuttoquesto,però,non accadeperchéifattisonocosì complessi, ma perché non possono nemmeno essere intesi–nelsensopiùletterale della parola – acusticamente. E, come è noto, in caso di comunicazioneconfusaincui èquestionedivitaodimorte, ilpilotaelastazionediterra, non potendo riunirsi per discutere le cose da una prospettiva diversa, ripetono di continuo la stessa informazione fino a quando essa viene “riprodotta”, cioè confermata. Sta qui la differenza tra ciò che è chiamato informazione e quello che intendiamo con sapere. Così come il copione di un film si distingue dalla realtà, le battute di un attore si distinguono dalla comunicazione o l’informazione del trader si distingue dalla conoscenza delmercato. Questo modo di gestire l’informazione corrisponde a ciò che già agli albori del computer veniva stabilito dalla cosiddetta teoria dell’informazione: i segnali informativinondevonoavere nessun significato, devono solo essere trasmessi, ancora eancora… Chi oggi segue in tempo reale la comunicazione di mercato e legge gli innumerevoli commenti e analisi – che spesso si ignorano reciprocamente e di certo non imparano mai gli unidaglialtri,nongiungendo ad alcun risultato – può riconoscere fino a che punto tutto ciò sia diventato lo script della nostra vita quotidiana. In ultima analisi, tutto si riduce a un sì, no, esclusione, inclusione (per esempio della Grecia) e alla fine suona come previsto in forma di parodia dal neuroscienziato Gerard: Ralph Unestraneovaaunafesta, dove tutti si conoscono bene fra loro. Uno dice «72», e tutti si mettono a ridere.Unaltrodice«29»e tutti i presenti sghignazzano. L’estraneo chiede che cosa stia succedendo. Il suo vicino dice: «Abbiamo molte barzellette e ce le siamo raccontate così tante volte che adesso usiamo semplicementeunnumero». L’ospite pensa di volerci provare e, dopo qualche parola, dice «63». La reazione è fiacca. «Che cosa c’è che non va, non è unabarzelletta?».«Oh,sì,è una delle nostre migliori in assoluto, ma non l’hai raccontatabene».12 Proprio in questo modo le opinionipubblicheeuropeesi scagliano numeri che dovrebberodomareilmostro. Tutti questi numeri non sono altro che interpretazioni di un’unica domanda: se una società,unoStato,l’eurozona sopravvivranno o no. È praticamente impossibile stabilireunqualsiasinessotra questi numeri e la propria identità di cittadini. Non appena vengono pronunciati, c’è subito qualcuno che ride, o perché afferma che non bastino mai, o perché ritiene che in tal modo non si farebbe che alimentare ulteriormenteilmostro. Gli scienziati propongono intanto rimedi fondamentalmente contraddittoriementregliuni ridono fragorosamente al “63”,glialtritrovanochesia un’insipida replica. Non stiamoparlandosoltantodella crisidiunsistemafinanziario, ma di quella di un sistema cognitivo che non è più in grado di distinguere tra informazione e conoscenza, poiché tutto si è trasformato in battute (o scene da copione). A metà degli anni sessanta Susan Sontag aveva scritto un’analisi dei film di fantascienza, horror e catastrofici della guerra fredda.Inessaillustraquanto le paure dei mostri siano alimentate non soltanto dalla pauradellabomba,maanche dal senso di spersonalizzazione–comese la gente temesse di perdere per sempre il suo Io individuale a causa dell’Invasione degli ultracorpi, dell’Astronave atomica del dottor Quatermass, del Puppet People o dei BrainEaters. Il delitto dei mostri è «peggio dell’assassinio. Essi non si limitano a uccidere la persona. La cancellano»13. Era il presentimento di un mondonelqualel’Iosarebbe diventato una “scatola nera”, definita soltanto in base alle preferenze e in particolare – Hollywood faceva le cose in grande – alla preferenza di tutte le preferenze: sopravvivere. Solo mediante la dissimulazione, i trucchi, il poker con l’irrazionalità umana e grazie alla “magia bianca” della scienza un singolo eroe (comunque con un esercito) è in grado di salvareilmondo. Nel suo saggio la Sontag aveva identificato, all’interno di dialoghi vuoti, anche la frase che ricorre di continuo nella lotta contro i mostri, quando l’eroe, l’esercito o i politici escogitano un piano di difesa (una copertura, un hedge). Inevitabilmente, sempre e ovunque, risuonano parole come: “Spero che funzioni”. All’inizio degli anni cinquanta un giornalista reso euforico dalla nuova arma intellettuale, la “teoria dei giochi”, visitò il Pentagono. Stava scrivendo un libro intitolato Strategie per il poker,ilbusinesselaguerra, poiché aveva sentito che l’esercito aveva trovato la pietra filosofale di tali strategie. Un sistema di pensiero per l’èra atomica, importante almeno quanto la bomba atomica: «Nel contesto spartano di un ufficio del Pentagono un giovane scienziato che lavorava per l’Air Force disse:“Speriamochefunzioni così come nel 1942 abbiamo sperato che funzionasse la bombaatomica”»14. Ha funzionato. Era la pietra filosofale. Chi la possiede, affermavano un tempo gli alchimisti, può trasformare il piombo in oro. Ma corre anche rischi e causa effetti collaterali. Infatti, senza che nessunodavverolovolesse,o anche solo lo immaginasse, ora i mostri sono tornati nel nostromondo. ____________________ 1Patterson,TheQuants,cit.,p.263. 2Zaloom,OutofthePits,cit.,p.99. 3Patterson,TheQuants,cit.,p.53. 4Espertidell’analisiquantitativa, ossiadell’applicazionedella matematicaedellastatistica all’economia.[N.d.T.] 5Patterson,TheQuants,cit.,p.162. 6AmericanInternationalGroup,una grandesocietàdiassicurazioni statunitenseconsedeaNewYork. [N.d.T.] 7He-Man,“l’uomopiùforte dell’universo”,èunpersonaggio creatonel1981daun’azienda statunitenseproduttricedigiocattoli ediventatoinseguitoprotagonista diunafortunataserieanimata, MastersofUniverse.[N.d.T.] 8SatyajitDas,ExtremeMoney: MastersoftheUniverseandthe CultofRisk,FTPress,Upper SaddleRiver2011,p.223. 9Zaloom,OutofthePits,cit.,p.109. 10Ivi,p.132. 11MichaelLewis,TheBigShort.Il grandescoperto,RizzoliEtas, Milano2011,p.267(ed.orig.The BigShort:InsidetheDoomsday Machine,ThePenguinPress, London2011,p.323). 12JamesGleick,L’informazione.Una storia.Unateoria.Undiluvio, Feltrinelli,Milano2012,pp.228229(ed.orig.TheInformation:A History,aTheory,aFlood, PantheonBooks,NewYork2011, p.235). 13SusanSontag,L’immaginedel disastro,inId.,Contro l’interpretazione,Mondadori, Milano1998,p.230(ed.orig.The ImaginationofDisaster,in.Id., AgainstInterpretation,Farrar, StrausandGiroux,NewYork, 1966,p.221). 14CitatoinStevenBelletto,No Accident,Comrade:Chanceand DesigninColdWarAmerican Narratives,OxfordUniversity Press,Oxford2011,p.104. Capitolo6 Ratio Ognunodiventamanagerdel proprioIo Siamo in due. Ovunque siamo, siamo in due. Potete esserelapersonapiùsolitaria del mondo, ma siete comunqueindue.Sipossono barricareleporte,chiuderele finestre, ma Numero 2 riuscirà ancora a intrufolarsi svelto. Numero 2 ci segue come un’ombra e ci toglie il sole. Numero 2 è il sole e dice:“Guardacomesplendo”. Numero 2 prende decisioni per noi, fa affari, guarda nel futuro,ciloda,cifaregalieci punisce. E soprattutto: Numero 2 scommette su di noi, mettendo sempre più spesso in gioco la nostra esistenza. Purtroppo, comincia a diventare un mostro. È un ominide, un essere antropomorfo.Numero2non ènatocomemostro,macome Homo œconomicus, un’ipotesi di essere umano con la funzione di simulare l’essere umano. Un essere ideale, matematico, che ama il gioco spietato. Su di lui si può fare affidamento senza problemi, ma è piuttosto difficileviverciinsieme. Lo hanno chiamato Double, Dummy, l’agente economico, ildoppiool’uomofalsificato. In questo libro lo chiamiamo Numero 2, poiché a un certo momento ha cominciato a pensareeadagirealpostodi Numero 1, l’uomo vero e proprio. Nella versione con la quale abbiamo a che fare oggi, è il modello di un uomo che agisce secondo una logica puramente economica e persegue il proprio utile nei mercati in modo razionale, ossiainpienacoerenzaconle proprie regole. Una piccola macchinaguidatadalpiacere, per la quale conta soltanto la realizzazione dei propri desideri di consumo (le “preferenze”) e alla quale l’altruismo interessa, se mai, solo in quanto torna indirettamente a proprio vantaggio. L’essere costruito dagli economisti ha preferenze trasparenti e prevedibili – diffidenza ed egoismo–,vienespintodalla volontà di profitto e la sua “verità” non conosce che il prezzo. Numero 2 ha una smania irrefrenabile di informazioni che possono procurargli un vantaggio nel giocodellavita. Quasi ogni uomo che non volesse combattere o desiderasseevitareunaguerra atomica, fino alla fine della guerrafreddapotevaignorare Numero 2. Ecco perché abbiamo vissuto tutti spensieratamente per decenni con Numero 2, spesso senza neppure accorgerci della sua presenza. Com’è stato possibile?Fintantochelasua formula concerneva mercati predigitali e mondi fuori moda, il suo campo d’azione era limitato e gli uomini in carne e ossa, specialmente quelli del paese di Ludwig Ehrard1, non dovettero preoccuparsenemolto. Gli economisti avevano amabilmentechiamato“teoria dei giochi” il sistema di regole di Numero 2. Questa teoria, così sintetizza il giornalista americano Fred Kaplan, «affermava che è un comportamento irrazionale vincerelaproprianatura,cioè fareilmeglioperentrambele parti, fidando nel fatto che l’avversario faccia lo stesso. In questo senso la teoria dei giochi era il perfetto fondamentointellettualedella guerrafredda»2. JohnvonNeumann,ungenio universaledell’epoca,eilsuo collega Oskar Morgenstern, avevano pubblicato già nel 1944 il saggio Theory of Games and Economic Behaviour (che era essenzialmente la versione definitiva di un manoscritto giàredattonel1928).Eppure quella che era concepita di fatto come teoria economica trovò inizialmente ben scarsa eco nella disciplina. Fu von Neumann, contemporaneamente impegnato nello sviluppo della bomba atomica e del computer, a riconoscere immediatamente l’opportunità di verificare le tesinelsistemamilitare3. Nel giro di pochi anni, sotto il tetto della RAND Corporation,lateoriadivenne uno strumento universale, da impiegare per tutti i tipi di problemi decisionali e negoziali al centro dei quali stava Numero 2, un essere che era razionale perché in tutto cercava sempre e soltantoilproprioutile. Selateoriadeigiochieralo strumento di lavoro di Numero 2, la teoria della decisione razionale – rational-choice-theory – sviluppatasi a partire dal 1951, in stretta connessione conlateoriadeigiochi,erala sua filosofia di vita. Per quanto nel corso del tempo venissero escogitate limitazioni e leggere relativizzazioni all’egotrip di Numero 2, in sostanza restò valido quanto aveva sintetizzato uno dei protagonisti della RAND alla fine degli anni cinquanta: «Ogni volta che parliamo di comportamento razionale intendiamo fondamentalmente il comportamento razionale che perseguescopiutilitaristici»4. I “giochi” della teoria dei giochieranopuramatematica e, a partire dal 1953, furono considerati segreti militari, chelaseravenivanochiusiin cassaforte da ricercatori muniti di speciali nullaosta5. Di fatto questi ricercatori trattavano il conflitto mondialecomeun“problema di ottimizzazione” economica,chepotevaessere risolto soltanto da un essere addirittura morbosamente razionale;cioèdaquell’essere che qui chiamiamo Numero 2. La giornalista Sylvia Nasar, nella sua biografia del beautiful mind John Nash, scrive: La RAND brulicava di uomini e donne convinti che un modo di pensare sistematico e la sua quantificazione fossero la chiave dei problemi più complessi. I fatti, quanto piùpossibilesganciatidalle emozioni,dalleconvenzioni e dalle opinioni precostituite, governavano tutto. Se la riduzione di complicate decisioni politiche e militari, compresalaproblematicadi una guerra atomica, a formule matematiche poteva contribuire alla soluzione dei problemi, allora questo metodo doveva adattarsi anche alle faccende della vita quotidiana. Perciò gli scienziati della RAND cercarono di convincere le loro mogli che la decisione seacquistareunalavatriceo meno rappresentava un “problema di ottimizzazione”6. Questi matematici della RAND, sia nel loro comportamento sociale sia nella loro iper-razionalità, corrispondevano esattamente ai quants delle epoche successive, cioè a quei matematici e fisici che nelle banche di investimento facevano stime sui prodottikiller della tecnica finanziaria. Essi si occupavano di questioniquali:comesitrova lastrategiamigliorecontroun antagonista che dispone del nostro stesso potenziale dissuasivo? Quando si deve sparare, in un duello? Come si stabilisce se l’altro ha ancoraunapallottola? EranotocheallaRAND–la cui sede era a Santa Monica, sul Pacifico – lavoravano molti degli scienziati che avevano partecipato allo sviluppo della bomba atomica, del radar e dei missili a lunga gittata. Certo, restarono preclusi all’opinione pubblica molti intrecci e sviluppi strategici secondari (anche la prassi delle pubblicazioni della RAND seguiva chiaramente piani ispirati alla teoria dei giochi, ossia qualcosa veniva pubblicato solo perché l’avversario pensasse che la RANDpensava…),manoici ricordiamo ancora bene del telegiornale della sera, che ci informava di iniziative diplomatiche di disarmo, minacce o riarmi sempre più complessie,inultimaanalisi, incomprensibili. Per entrambe le parti – scrive Kaplan – era ragionevole non costruire più bombe atomiche, ma nessuna delle due poteva fidarsiafirmareunaccordo sul reciproco blocco degli armamenti, poiché entrambe dovevano presupporrechel’altraparte imbrogliasse, continuasse a costruirearmievincesse. In questo gioco la mente forse più geniale e paranoide era il matematico americano John Nash, universalmente conosciuto nel 2001 come protagonista del film drammatico A Beautiful Mind, premiato con l’Oscar. Fu lui a dimostrare, con una logica apparentemente irrefutabile,cheilgiocodella vita poteva essere giocato razionalmente solo se ogni giocatore era mosso dal tornaconto assoluto e da una profondissima sfiducia nella controparte. Nash aveva elaborato una teoria dei giochi “non cooperativi”. Vale a dire giochi nei quali non si può comunicare con il partner, non ci si fida di lui, e nei quali entrambi i competitori anticipano con precisione nellamenteciascunoilpiano piùprobabiledell’altro. Le mosse “più probabili”, – ossia, nei termini dei teorici dei giochi, “più razionali” – altrui sono però sempre quelleutilitaristiche. Eraunaimmedesimazionedi tipo molto particolare: ci si doveva calare nell’egoismo dell’altro per potersi giocare meglio il proprio egoismo. Nel sobrio linguaggio della teoria: compiere la mossa strategica di volta in volta migliore in considerazione della mossa migliore altrui, e quindi creare una sorta di equilibrio. Era l’equilibrio di Nash, nel frattempodiventatocelebre,e non è altro che la formula matematicasuscalamondiale dell’egoismo coerente e vincente. Come formula matematicaècomplicata.Ma non è necessario impararla. Oggi si trova negli algoritmi dei fondi di investimento in Borsa, nelle piattaforme d’asta, nei più complessi algoritmi pubblicitari del mondoeprobabilmenteanche nelle reti sociali. È il grande automadell’Egonelcuoredei nostrisistemi. Lo storico della scienza Mirowski riassume così la formulachegovernailnostro mondo: In questo modo ognuno diventaunpiccoloagentee tutti cerchiamo di abbindolarci a vicenda – e nell’equilibrio di Nash stabiliamoleregoleinbase alle quali intendiamo farlo. Esso ritrae ciascuno di noi come se fossimo tutti computer algoritmici che cercano di ingannarsi a vicenda […] Questa visione, in base alla quale ciascuno, affidandosi alla propria immaginazione, manipola cinicamente altri esseri umani in assenza della minima traccia di intelligenza sociale […], è unritrattoabbastanzafedele dell’agente nel neoliberismo.Inunaparola: ogni persona viene ridotta allo status di imprenditore delproprioIo7. Nella guerra fredda, quanto più gli esperti di difesa avevano successo con i loro consigli, quanto più efficacemente funzionavano la dissuasione reciproca e la pesanteritorsione–duedelle parole d’ordine strategiche della guerra fredda –, tanto più questa logica riusciva ad affermarsicomericettavalida per qualsiasi tipo di negoziazioneinterpersonale. E quanto più malmessa si presentava l’Unione Sovietica, tanto più le questionimilitaridiventavano appannaggiodell’economia. I modelli non hanno nulla a chefareconleprofessionidi fede umanistiche, che soprattutto in Europa ponevano l’immagine della personasolidaleecooperativa alcentrodellaconcezionedel cittadino. Megliopresupporrechenella società moderna ogni giocatore valuti l’altro e vogliasempremassimizzarei propri profitti: “Se io penso che lui pensa che io penso…”,ecosìvia.Dunque, il gioco fa esattamente ciò che Vance Packard considerava un tempo come una minacciosa caratteristica della società moderna: ciascunononfachetentaredi intrufolarsi nella testa altrui per vincere una partita o, ciò cheèlostesso,perfareaffari. Ogni apparato militare, ogni operatore di Borsa, ogni algoritmo di Facebook cerca di farlo – di conseguenza, l’intero nostro mondo è diventato un mondo dell’intrufolarsi-nella-testaaltrui. Unaseriediepisodisingolari ha indotto autori come Douglas Rushkoff e Philip Mirowski a ritenere che alcuni dei più importanti precursori della nuova razionalità mostrassero segni di gravi disturbi mentali, come la paranoia e la schizofrenia. Nel caso di Nash così accentuati che, comescriveMirowski,sicreò l’imbarazzante situazione per cui il comitato del premio Nobeldovettefaredituttoper impedireaNashdicomparire in pubblico8. Uno degli aneddoti su Nash che si sentono in giro, qui nella versionediDonaldRushkoff, aiuta effettivamente a capire che differenza ci sia fra applicare la teoria dei giochi agli esseri umani o a calcolatori: Gli scienziati della RAND testavano uno dei loro giochi più importanti, il “dilemma del prigioniero”, con le segretarie che lavoravano alla RAND, creando tutti gli scenari possibili nei quali le donne potevano cooperare o ingannarsi a vicenda. Tuttavia, in ogni singolo esperimento le segretarie non sceglievano l’opzione egoistica che i ricercatori della RAND si erano aspettati, ma la cooperazione. Ciò non dissuase John Nash [...] dallo sviluppare successivamente per il governo scenari di gioco basati sulla paura e sull’egoismo […] Nash diede la colpa del fallimentodegliesperimenti alle segretarie. Secondo lui erano soggetti deboli, incapaci di seguire la semplice ma fondamentale regola per cui le loro strategie dovevano essere egoistiche9. Oggi, in molti algoritmi che fanno affari nei mercati finanziarieinaltriluoghidel bel mondo moderno, l’equilibro di Nash è codificato come il compromesso possibile fra due giocatori che pensano il peggio l’uno dell’altro e non comunicano(infatti,inBorsa, non si conosce il compagno digioco). Nash è stato colui che ha reso applicabili queste strategie non più soltanto all’apparato militare, ma a tutte le forme di interazione sociale. Soprattutto, però, affermavano i suoi ammiratori, diventava possibileprevedereilrisultato praticamente di qualsiasi strategia, di qualsiasi asta, di qualsiasiaffarediBorsa.Uno che ci si dedicò con il massimo impegno fu il microeconomista americano Hal Varian nella sua entusiastica recensione del film A Beautiful Mind10. Varian è oggi il capoeconomista di Google e ha dato un contributo fondamentale alla programmazione dei modelli basati sulla teoria dei giochi per Google Adwords, un enormealgoritmoperaste. Quella che oggi è chiamata economia dell’informazione non è affatto figlia del presente, ma di un conflitto mondialechehaimprigionato lepotenzemondialiingiochi mentali. Allora i cervelli umani e artificiali ipotizzavanotuttiimilionidi scenari immaginabili, che dovevano manipolare, ingannare, confondere, motivare, spaventare, paralizzare il nemico e indurlo a compiere determinate azioni. Oggi si tratta di prevedere con i modelli il comportamento di compagnidigiocoegoisti. CiòcheinAdwordsèancora innocuo diventa pericoloso nelle previsioni di Borsa o comportamentali, applicate dagli addetti alla sicurezza, dalle reti sociali o dalle “piovre dei dati”11 in base agli stessi modelli. Dicono qualcosa sulle persone reali? Confermano l’egoismo come moventegeneraledell’agireo sono forse qualcosa di ben più pericoloso: una sorta di profeziachesiautoavvera? Uno dei più importanti e dei più profondi teorici dei giochi, l’economista israelianoArielRubinstein,lo contestava e lo contesta tuttora. «Non riesco assolutamente a spiegarmi come Varian possa immaginare che con l’equilibriodiNashsiriescaa prevedere qualcosa», scriveva, e avvertiva: «Numero2nondovrebbemai esserescambiatoperlarealtà, non si dovrebbe mai credere chelateoriadeigiochipossa fornire indicazioni per agire nella vita reale. Essa non descrive la realtà, offre soltanto, in particolari situazioni, l’opportunità di analizzare una determinata logica, non è “utile” per la vita quotidiana, in nessun sensopragmatico»12. Ah,l’obiezioneèumana,ma senza speranza. Numero 2 è troppo efficiente. E lo si può “computerizzare”. Aveva fin dal principio una funzione psicologica da non sottovalutare. Rafforzava la fiducia in se stessi. La modernità – con Sigmund Freud & Co. e con la crescente autocontraddittorietà morale del sistema capitalistico – aveva dissolto l’Io. La risolutezza con la quale ora veniva elevato a legge del mondo il principio secondo cuièrazionaleciòcheèutile per sé, ha fatto di Numero 2 un’alternativa benvenuta. Dapprima, per qualche tempo, nell’apparato militare e poi, a partire dagli anni novanta,traisuoisuccessori, i“MastersoftheUniverse”di WallStreet. Il privilegio di indicare l’attimo nel quale le piccole, pericolose macchine pensanti abbandonarono la sfera militareesitrasferirononella societàcivilefuriservatoaun autore di fantascienza di grandetalento. Philip K. Dick (1928-1982), il cui romanzo Lotteria dello spazio, apparso negli anni cinquanta, narra di uno Stato costruito in base alle regole della teoria dei giochi, raccontanellaPrefazione: Hocominciatoaoccuparmi della teoria dei giochi del matematico John von Neumann dapprima per interesse puramente intellettuale, come per il giocodegliscacchi,poicon l’impressione via via più sgradevolecheessaandasse assumendounruolosempre piùimportantenellavitadel nostro Stato. E benché specialisti di ambiti contigui–lamatematica,la statistica, la sociologia e la scienza economica – sapessero della sua esistenza, finora la teoria dei giochi è poco nota e poco pubblicata […] Oggi la teoria dei giochi è una componente essenziale della strategia degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica. Mentre scrivevo questo libro von Neumann, cofondatore del modello, veniva chiamato a far parte della Commissione per l’energiaatomica13. In ogni caso, come Dick riconosceva correttamente, si trattava anzitutto dell’economia della guerra nell’èradellabombaatomica; Nikita Krusciov aveva pur semprefattosaperechelesue fabbriche avrebbero prodotto bombe atomiche «come salami»14. Ma si trattava anche, fin dall’inizio, di economia in sé e per sé e della programmazione dell’Homoœconomicus. È sorprendente con quanta indifferenzafuaccoltoilfatto che questa formula di fisica politica, importante per lo menoquantolaformuladella bomba atomica, venisse trasferita con la massima facilità dal settore militare all’ambitodell’economia15. Unmotivoful’affermazione, in ultima analisi indimostrabile, che la teoria dei giochi avesse evitato la guerra atomica e che chi avesse vinto questa partita mortale avrebbe potuto vincerequalsiasipartita. Un altro motivo è menzionato da Philip Mirowski nel 2004, nel suo eccellentetestodiriferimento Machine Dreams. Una parte considerevole degli scritti accessibili al pubblico che si occupavano di teoria dei giochieratalvoltafuorviante. Poteva accadere che un autore pubblicasse testi nei qualisostenevailcontrariodi quanto aveva scritto nelle relazioni militari segrete. Robert Aumann, premio Nobel per l’economia, ha in seguito riferito che prima del 1989 erano noti soltanto frammenti dei modelli in questione e che la maggior parte di essi era stata diffusa tra gli scienziati solo attraverso il passaparola16. Tuttavia, specialmente nella faseiniziale,quandoeranoin giocobudgetefinanziamenti, filtrarono all’esterno informazioni sufficienti a renderelastrategiamisteriosa eattraente. Ed è ben comprensibile: come modello teorico di efficaciacircoscritta,Numero 2 ha senz’altro qualcosa da offrire. Come strumento, la teoriadeigiochipuòrisolvere problemi di ripartizione: nel caso – per citare due celebri esempi – dei dormitori studenteschiodeitrapiantidi rene. Il problema è però che la teoria non si limita a descrivere l’agire, ma lo impone; non è solo descrittiva, ma anche normativa. Non si limita a postulare gli egoisti, ma li produce.Larazionalitàdicui si fa portavoce non viene da sé. In assenza di alternative, costringe il partner alla ragione. Non si forma la convinzione che possa essere nel proprio interesse rinunciare a un possibile profitto (o a una possibile vittoria) in forza di qualche codice morale, ma soltanto per la paura della punizione. Infatti, ai “tratti caratteriali” diNumero2–l’egoismoela massimizzazionedeiprofitti– se ne aggiunge un terzo: la pura e semplice paura. Essa scaturisce da una logica continuamenteapplicatanella guerra fredda: il comportamento razionale della controparte non deriva da argomenti razionali, ma dalle minacce e dalla paura dell’annientamento. Philip Mirowski ha descritto con grande chiarezza questa logica: «Gli esperti di difesa, come per esempio Thomas Schelling, spiegarono ai loro committenticheè“razionale” metterearischioogni[forma di] vita sulla Terra per […] mirare a un temporaneo vantaggio politico su un avversario […], che è possibile far impazzire di paura questo avversario per renderlo così “più razionale”»17. Naturalmente la teoria dei giochi non era tutto.Unastoriacheracconta la nascita della nuova razionalità dovrebbe richiamare anche le idee behavioristiche di Skinner, alle quali oggi le piattaforme di Google e Facebook, a quanto pare, si ispirano più cheallateoriadeigiochi:“fa’ questo” e “ottieni questa ricompensa”. Molti decenni dopo, questa razionalitàègiuntaall’interno della società civile. Ora le banche esperte di teoria dei giochi minacciano, se non verranno “salvate”, di trascinare nel loro naufragio l’interosistemafinanziario.Il messaggio, nel quale le responsabilità morali risultano sorprendentemente rovesciate, dice “salvateci, è nelvostrointeresse”. Oggiladomandaseunpaese come la Grecia debba uscire dal sistema economico dell’eurozona non può più esserepostasenzaprefigurare il crollo dell’intero sistema. Oggi le banche di investimento e i fondi speculativi suggeriscono ai loro clienti di partecipare al giocoediinvestirenellacrisi del continente europeo, in base a regole desunte dalla teoriadeigiochi18. La disintegrazione del sistemasocio-economico,– aveva scritto con lungimiranza Philip K. Dick, – era stata lenta, graduale e profonda. Era statatalmenteprofondache le persone avevano perso fiducia nelle stesse leggi naturali. Niente era più classificabile come certo o immutabile; l’universo era visto come un flusso mutevole e incerto. Nessunopotevasaperecosa lo aspettasse né contare su qualche certezza. In questo contestoleprevisionibasate sulla statistica divennero molto popolari […] il concetto fondamentale di causa ed effetto era scomparso. Le persone avevano perso la speranza di riuscire a controllare gli eventi del loro mondo e quello che rimaneva loro era la probabilità. La fortuna era l’unico fattore importante in un universo governatodalcaso19. Si può fare cattivo uso non solo delle tecnologie, ma anche delle teorie. Forse nessuno ha messo in guardia tanto chiaramente dall’abuso della propria teoria come Ariel Rubinstein. Nelle sue memorie egli riferisce sconcertato come un modello teorico utile, ma molto limitato e in gran parte accademico,stiapercambiare il sistema di valori del mondo. Esso avrebbe indotto acoltivareeasfruttarecome in una serra l’indubitabile egoismodell’Ioumano. Se si scambia il modello per la realtà nascono i guai. Come tutti i modelli che, dopoilcontattoconlarealtà, hanno fatto crollare l’immagine del mondo di Alan Greenspan. Rubinstein scrive di credere da tempo «chelostudiodellateoriadei giochinonsiautileeanzisia dannoso, poiché potenzialmente incoraggia l’egoismo e la perfidia». E anchequandounesperimento condotto con gli studenti mostra che non è sempre e necessariamente così, egli insiste:«Credocomunqueche esista un effetto del genere»20. Esso trasforma gli uomini in qualcosa che non sono. E allorché ne hanno la percezione intuitiva, si rifiutano di ammettere di agire secondo le regole di Numero 2. Una volta Rubinstein cerca di contrattare un prezzo nel bazar di Gerusalemme Vecchia utilizzando la teoria dei giochi. Si trasforma in Numero 2. Agisce esattamentecomeprescrivela teoria e si attende che le previsioni funzionino. L’esperimento è una catastrofe. Il commerciante ponetermineallafallimentare trattativa con queste parole: «Da generazioni tiriamo sul prezzo a modo nostro, e adesso viene lei e vuole cambiaretutto».ARubinstein nonrimanepiùnulladafare: «Menesonoandato,pienodi vergogna»21. Oggi noi siamo quel commerciante di bazar. Uno salta fuori dal nulla e vuole costringerciadagireinbasea regolenuove.Solochenonlo possiamo mandare via. Nei mercati automatizzati ci costringe ad adottare la sua logica. Anche quando non si gioca si viene coinvolti: si è tassati, quantificati, e tutto quellochesidiceesifaviene ridottoall’egotripuniversale. Da tempo tutto ciò non vale piùsoltantoperletransazioni economiche, ma anche per la comunicazione sociale, le negoziazioni, le reti sociali, i media, il bad karma delle ondate di indignazione digitale. Comunque, il mondo leggermente paranoide delle insinuazioni, degli inganni, della sfiducia reciproca negli ultimi anni non si è fatto più piccolo, ma è diventato una sortadiormonedellacrescita della nuova economia dell’informazione–edituttii suoi strumenti di sorveglianza, monitoraggio e analisi. Perciò non si tratta di un eccesso di pathos, quando Castells dice che qualcosa è stato“scatenato”. Lo “scatenamento” è stato possibile perché il 9 novembre1989nonsièfatta abbastanza attenzione. È vero.Ilcomunismoerafinito. Ma che ne sarebbe stato di quelle teorie occidentalicapitalistiche la cui nascita e la cui visione del mondo era spiegabile solo con l’esistenza del comunismo? Perchénelgirodipocotempo e contro le prognosi l’economiasocialedimercato èstatamessacosìfortemente sottopressionedaunmodello di società che si chiamava neoliberismo? Si è dimenticato che la radicalità di Numero 2, tutte le formule sull’egoismo e l’ottimizzazione dell’utile e tutte le affermazioni sull’onniscienza quasi divina delmercato,fioritetrail1950 eil1989,eranostatepartedi una guerra ideologica. Erano sempre anche il tentativo di contrastare la dottrina comunista. Come ha mostrato Sonja Michelle Amadae, negli anni cinquanta e sessanta nemmeno gli economisti arciconservatori erano sicuri cheilmodellomoscovitanon potessefunzionare.InUnione Sovietica era all’opera una potenza che credeva nella pianificazionee(perlomeno sulla carta) nel fatto che il finesuperiorenonsoloavesse la precedenza rispetto agli interessiegoisticidelsingolo, ma addirittura li cancellasse. Eavevaspeditonelcosmolo Sputnik e costruito anch’essa la bomba atomica. Era tutt’altro che certo che l’esperimento dell’economia di piano fosse destinato a fallire. Era altrettanto poco chiaro che il sistema occidentaleavrebbevinto.La tesi che il mercato è la macchina della verità e alla fine crea un equilibrio armonioso poiché chi vi partecipaseguesempreesolo il proprio interesse, non era maistata“dimostrata”.Chilo sapevadavvero? C’erano anche riserve ideologichecontroun’Europa che aveva incubato due terribili collettivismi. Sembrava allarmante anche che nell’Occidente europeo idee “non scientifiche” di solidarietà, cooperazione e altruismoattraesserolagente. Anchequestoeraconsiderato sospetto dagli economisti della RAND e dai loro colleghi di Chicago. Perfino Ludwig Erhard, negli anni cinquanta, dovette giustificarsi per aver affiancatoalsuoordinamento economico il pericoloso aggettivo“sociale”. La motivazione originaria alla base dell’egoismo assolutizzato era sempre anche strategica: dimostrare con tutta la forza di una scienza che l’uomo funziona in modo del tutto diverso da quantoaffermaval’avversario ideologico. E poi, dopo decenni, il giocatore di Mosca era alla bancarotta. Che vittoria, esultarono i supergiocatori di poker militari, quando il 9 novembre 1989 crollò il Muro; e tutto questo con la forza delle idee. Sembrava che, per la prima volta nella storia, un modello teorico matematico, nato sui computer, fosse diventato un’arma. Questa vittoria fu la ragione decisivapercuisicominciòa scambiarel’ideaperlarealtà. La guerra fredda era pur sempre stata vinta, cosa si vuole di più a riprova della validità di questa teoria? «Confrontandoci con l’Unione Sovietica» disse Barack Obama nel 2004, quando era ancora senatore, riferendosi all’irrazionalità del nuovo ordine mondiale, «abbiamo potuto capire il modello con cui operavano. Funzionava più o meno così: loro non vogliono saltare in aria,noinonvogliamosaltare in aria, perciò si utilizza la teoria dei giochi e si calcolano le possibilità per tenere sotto controllo la faccenda»22. Ilgiocosembravafunzionare così bene che lo si volle ripetere. La teoria e la corrispondente immagine dell’uomo cominciarono a rendersi autonome. Sganciate dal conflitto tra sistemi, a dispetto dei moniti di alcuni economisti si cominciò a dimenticare la ragione per la qualeeranostateelaborate.Si andò semplicemente avanti e si cominciò a trasformare la propria società mediante moderne macchine calcolatrici. L’opinione pubblica tedesca, concentrata sulla riunificazione, era alle prese con gli ultimi residui del comunismo. Stranamente, non si chiese cosa restasse della guerra fredda e cosa ne fosse sopravvissuto, magari inaltraforma.Nonsiaccorse chel’armadellaguerrafredda sieratrasformatainqualcosa che veniva chiamato neoliberismo ed economia dell’informazione,echestava proprioperindirizzarsicontro le grandi conquiste dell’economia sociale di mercato. John McDonald, quel primo reporter che all’inizio degli anni cinquanta era stato ammesso negli uffici ancora ultrasegreti dove si applicava la teoria dei giochi, aveva annunciato raggiante al mondo: «I matematici hanno scoperto un sistema perfetto, a prova di bomba, con il quale si può giocare ogni sorta di gioco d’azzardo: dal poker alla guerra, passando perilbusiness».Laguerradi nerviconMoscaerafinita,si scrisse il 9 novembre 1989. Laguerrafreddasiinfiltrònel “business”. Alla lettera. Si trasferìarmiebagagliaWall Street. ____________________ 1CancellieredellaRepubblica FederaleTedescadal1963al1966. [N.d.R.] 2Kaplan,TheWizardsof Armageddon,cit.,p.66. 3Tuttaquestaappassionantevicenda èraccontatadaMirowski,Machine Dreams,cit. 4CosìAnthonyDowns,citatoin Amadae,RationalizingCapitalist Democracy,cit.,p.5. 5SylviaNasar,Ilgeniodeinumeri. StoriadiJohnNash,matematicoe folle,Rizzoli,Milano2002,p.104 (ed.orig.ABeautifulMind:A BiographyofJohnForbesNash, Jr.,WinneroftheNobelPrizein Economics,Simon&Schuster,New York1994,p.111). 6Ivi,pp.109-110(dell’originale.Il branononèpresentenellatrad.it. cit.). 7PhilipMirowskiARevisionist’s ViewoftheHistoryofEconomic Thought(intervista),in “Challenge”,48settembre/ottobre 2005,5,pp.79-94. 8Id.,MachineDreams,cit.,pp.338 sgg. 9DouglasRushkoff,LifeInc., VintageDigital,NewYork2011,p. 151. 10“NewYorkTimes”,11aprile2002. 11 IltermineDatenkrake, letteralmente“piovra(chesinutre) didati”,èimpiegatonella discussionepoliticatedescaper indicarel’insiemedeisistemiedelle organizzazionicheanalizzanosu vastascalainformazionipersonalie lepassanoaterzi.[N.d.T.] 12ArielRubinstein,EconomicFables, OpenBookPublishers,Cambridge 2012,p.129. 13 PhilipK.Dick,Lotteriadello spazio,Fanucci,Roma2005(ed. orig.SolarLottery,AceBooks, NewYorkCity1955;laPrefazione cuisifariferimentoneltesto comparesolonell’edizionetedesca, Hauptgewinn.DieErde,Goldmann Verlag,München1971). 14FredKaplan,1959:TheYear EverythingChanged,Wiley, Hoboken2009,p.108. 15Comeènoto,conilsuoTheoryof GamesandEconomicBehavior, JohnvonNeumannsirivolgevaal settoremilitare,dopochegli economisti,aiqualisirichiedeva unosforzodicomprensione eccessivo,loavevanoaccoltocon benscarsoentusiasmo. 16Mirowski,MachineDreams,cit.,p. 330. 17Ivi,p.425. 18Cfr.infra,p.144. 19Dick,Lotteriadellospazio,cit.,p. 36. 20Rubinstein,EconomicFables,cit., p.137. 21Ivi,p.32. 22DavidMendel,Obamawould ConsiderMissileStrikesonIran,in “ChicagoTribune”,25settembre 2004.Comeinnumerevolialtri politiciecommentatoriamericani, Obamahavistonegliattacchi dell’11settembreancheuna smentitadellarazionalitàstrategica modellatasullateoriadeigiochi, chenonrischiailsuicidio. Capitolo7 Fisicasociale IlsignorPimbleytieneun discorsoedesortaifisicia vestirsibeneperWallStreet Lerivoluzionicostanotestee acconciature. Poco dopo la Rivoluzione francese, nella produzione di massa venne impiegatamanodoperaabuon mercatopereseguiresemplici calcoli. E sorprendentemente quelle persone furono chiamate computer. Erano in gran parte ex parrucchieri che avevano perdutoillavoroacausadella più recente tendenza nella moda capelli rivoluzionaria e della spiacevole indisponibilità di teste da parte dei precedenti clienti aristocratici. Certo, si sta più tranquilli se unparrucchierecalcolachese un boia ti taglia i capelli. È tutta una questione di distribuzionedeiruoliedelle competenze, ma tra le due cosenoncicorrecheunpelo. Noicifiguriamolavitacome evoluzione, ma dimentichiamo sempre che è lamutazioneacrearemostrie agenerarel’imprevisto. Isistemidel“mondochiuso” della guerra fredda furono costruiti con immenso dispendio di denaro, materiale, talenti: impianti radar, missili, i primi computer e le prime reti di dati,imodellimatematici–e tuttociònoneraaltrocheuna proiezione mentale. Fortunatamente, la bomba non è mai stata impiegata e anche il conflitto militare diretto fra le due superpotenze non è mai scoppiato. Gli scenari della guerra fredda erano spazi irreali, ermetici. Lo storico della scienzaPaulN.Edwardsliha descritti minuziosamente nel suo classico The Closed World. Anche le guerre catastrofiche e per nulla virtualiinCoreaeinVietnam rientravano nel sistema delle mossediNumero2edelsuo quesito fondamentale: come posso sconfiggere qualcuno chehalabombaatomica? Tutto era simbolico, ogni azione la mossa di un gioco. Infatti la guerra fredda si è svolta proprio così: non con la forza delle armi, ma con l’intimidazionepsicologica. Tutto questo è finito con il tracollodell’UnioneSovietica nel 1991. Poiché a quel tempo lo sguardo era rivolto unicamente al tramonto del comunismo, ci siamo indubbiamente interessati meno di cosa ne è stato di questoenormedispiegamento di energia, dopo che la minacciadirettaalsistemaera statasventata. Già nella notte in cui era crollato il Muro di Berlino, negli Stati comunisti vennero disattivateunadopol’altrale cellule cerebrali che per tutta una vita si erano dedicate al marxismo-leninismo e al materialismo storico. I funzionari della SED diventarono agenti immobiliari e i docenti di Staatsbürgerkunde1 si dedicaronoallagastronomia. Con lo sguardo fisso sulla macchina ormai allo sfascio delsistemasocialistaedebbri del proprio trionfo, molti osservatori non si accorsero che in quell’attimo stesso l’apparato cognitivo dell’Occidente cominciava a trasformarsi.Mentreifilosofi e i giornalisti erano ancora allepreseconleacconciature, e una delle parrucche preferite del pensiero si chiamava globalizzazione, le persone persero la testa: non ce n’era più bisogno là dove l’anatomia della società l’avevaprevista. Si rilocò la distribuzione sociale dell’intelligenza sotto la calotta cranica – e come sempre quando le prestazioni socialivengonorilocate,losi fece con il denaro. E a differenza di quanto vuol farci credere la religione dell’“economia del sapere”, solo molto di rado qualcosa del genere accade perché c’è unnuovoEinsteinesihanno risposte e verità migliori. Le teste e i talenti migrano là dove ci sono non solo i migliori incentives finanziari, ma soprattutto gli stimoli del prestigiosociale. Infatti,lafinedellaminaccia atomicadirettaebbemassicce conseguenze sul finanziamento e la pianificazione della carriera dei fisici. Essi non poterono più confidare ciecamente nella possibilità di essere sostenuti nelle loro ricerche dall’apparato economicomilitare, che li aveva sovvenzionati a partire dagli anni trenta. La pianificazione della ricerca scientifica in ambito militare, che aveva prodottolabombaatomica,la teoria dei giochi, il computer e la RAND Corporation, riformulò le sue priorità. Per contro, Wall Street aveva, sì, economisti, ma non fisici esperti nell’implementazione dei modelli matematici per i computer che stavano conquistando massicciamente ilmondo. In occasione dell’assemblea annuale dell’American Physical Society del 1996 uno di loro, il fisico Joseph M. Pimbley, parlò quasi soltanto della crisi di fiducia che coinvolgeva tutta la sua categoria professionale: «Ogni fisico oggi si trova di fronte alla questione di cosa vuol fare nel resto della sua carriera». E suggerì ai suoi colleghi Wall Street, con le sue nuove sfide e la buona remunerazione. Perché tutta questa attenzione al denaro? – chiese. – Bisognerebbe scegliersi il lavoro in base al guadagno? Certamente no.Mainunaliberasocietà con liberi mercati, il compenso economico è l’espressione […] del valore che una società attribuisce a questa professione. Forse i fisici possono rendere il servizio migliore alla società facendo carriera nell’economia finanziaria. Che affermazione provocatoria! Ci credo davvero? No, in realtà no. Ma siamo costretti a discuterne2. «Se oggi Einstein fosse giovane» dichiarò infine ai fisici americani riuniti «forse lavorerebbe a Wall Street. Purtroppo guadagnerebbe così bene e alla sera sarebbe stanco al punto da non diventaremaifamoso». Il discorso di Pimbley è l’affascinante testimonianza di un mutamento di paradigma. Mentre Pimbley vendeva ai suoi colleghi più giovani lo status sociale ed economico di una carriera a Wall Street, senza dubbio i più anziani ricordavano i bei tempiincuiifisicigodevano del prestigio sociale delle banchediinvestimento(chea suavoltanel1996eraancora indiscusso). Soprattutto negli anni cinquanta e sessanta era in voga tutt’altra “fiera delle vanità” e “Harper’s Bazaar” faceva sapere, nelle sue Society News, che «nessuna cena può essere un successo senonvipartecipaalmenoun fisico». Allora giovani fisici venivano effettivamente scortati dalla polizia alle conferenze private e fisici importanti, quando erano in viaggio anche in veste di consiglieri governativi, venivano trasferiti con bombardieri B-25, se i voli Pan-Am erano troppo complicati3. I fisici e i loro fratelli nello spirito, gli economisti, erano allora consiglieri in ogni campo, possedevano le pozioni miracolose, guadagnavanomoltodenaroe alla fine degli anni cinquanta erano la maggioranza dei decani di tutte le università americane. Frattanto, in un solo decennio, il numero degli studenti di fisica era triplicato4. Chi oggi scuote il capo di fronte allo stile di vita e al delirio di cifre astronomiche della fisica-di-Wall-Street, ai ritualidivirilità,allegridada animali in fregola che segnalano un “colpaccio” dei trader andato a segno; chi leggendo le e-mail – poi diventate celebri – delle banche di investimento apprende come in qualche casosisianomandatearotoli intere economie nazionali, potrebbe ritenere questi comportamenti patologie della “bestia che è nell’uomo”: l’uomo è così, quandoèsoloconsestesso. E invece è vero il contrario. Si tratta precisamente dei comportamenti che sono stati prodotti artificialmente negli annicinquanta,soprattuttotra i fisici, i militari e gli economisti americani. Perciò ora ricompaiono persone e conflitti che si potrebbero ritenere da tempo dimenticati e rinchiusi nei bunker abbandonati della guerra fredda. Ma la guerra fredda non è finita; è cambiato soltanto il theatre of war, lo scenariodiguerra. Nella guerra fredda era in gioco la vita delle persone, ma poiché fortunatamente la guerra atomica non è mai scoppiata, già allora, come dimostra Paul Edwards con un mucchio di esempi, nelle logiche egoistiche dei thinktankssièsviluppatalastessa mania dei numeri e la medesima stranezza di comportamento. Nessuno lo ha rappresentato meglio del regista Stanley Kubrick, il cui Dottor Stranamore incarna la psicologia dell’epoca con più accuratezza di qualsiasi libro distoria. Il famigerato ma geniale fisico Herman Kahn, per esempio, un autentico modello per il dottor Stranamore e uno dei funzionari più in vista della RAND, nel 1959 andava in giro per gli Stati Uniti tenendo, di fronte a migliaia di ascoltatori entusiasti, conferenze sull’economia della guerra termonucleare chedalpuntodivistaodierno sarebbero considerate senza alcuna esagerazione folli, se non corrispondessero esattamenteall’attualecalcolo deirischiaWallStreet. Per esempio, Kahn stimò davanti al suo atterrito ed eccitato pubblico che il più grande attacco atomico immaginabile da parte dell’Unione Sovietica avrebbe annientato tutte le cinquantatré principali metropoli degli Stati Uniti. Sarebbe stato grave, tuttavia il 60 per cento degli americani non viveva nelle metropoli.Percitareleparole diKahn: Potreste vivere con questo pensiero? La risposta è: sì. È il tipo di tragedia che siamo in grado di sopportare. Non è come il BlitzsuLondra,quandoc’è gente che vede la mano di una ragazza spuntare dalle macerie o cose orribili di quel genere; in questo caso non avreste immagini da portarvi dietro per il resto della vita. Le persone che abitanonellezoneobiettivo sarebbero annientate. Ma voi non vedreste i morti, capite? Non accadrebbe sulla soglia di casa vostra. Voi sentireste che New Yorkèstatadistrutta,mavi troveresteaPrinceton5… Èdifficiledireinchemisura le apparizioni pubbliche di Kahn fossero un gioco nel gioco, un bluff all’indirizzo dei soviet, per segnalare che si era pronti a sacrificare milioni di persone. Ma il gioco consisteva appunto nel farsapereallacontroparteche sisapevachesapevachenon ci si sarebbe fatti alcuno scrupolo. E poiché nulla era quel che sembrava,ildisastermoviedi Kahn aveva indubbiamente un altro motivo. La RAND Corporationeraallaricercadi nuovi introiti e si proponeva al governo americano per sviluppare la pianificazione urbanisticaeildecentramento inbaseamodellicibernetici6. Quel singolare mix di mezzi finanziaripressochéillimitati, calcolo dei dati gestito dai computer, teoria dei giochi e bomba atomica generò chiaramente anche quelle fantasie di onnipotenza emotive e sessualizzate che poi si sarebbero manifestate nella medesima forma, appunto, in quei resoconti internidiWallStreet. Una volta gli operatori della RAND e i generali si incontrarono in segreto per discutere di cosa sarebbe accaduto se l’Unione Sovietica avesse attaccato l’Europaoccidentaleconarmi esclusivamente convenzionali. Il piano del comando aereo strategico prevedeva in questo caso di sganciare tutte le bombe atomiche disponibili su tutti gli obiettivi in Russia e in Cina,ilchesarebbecostatola vita approssimativamente a duecentottantacinque milioni di persone. «Signori» disse Kahntralerisatedeigenerali «voi non avete un piano di guerra.Voiaveteunorgasmo diguerra»7. Fu lo stesso Kahn a escogitare nel suo bestseller On Thermonuclear War una Doomsday Machine, un ordigno dell’apocalisse che, incasodiattaccodell’Unione Sovietica, avrebbe fatto saltare in aria automaticamente il mondo intero.Kahnstessosottolinea nel libro che una simile macchina sarebbe inaffidabile, e infatti nessuno dei generali della guerra fredda trovava l’idea particolarmentebuona. Cinquant’anni dopo, però, il giornalista finanziario americano Michael Lewis sottotitolò una dettagliata ricercasulcrackfinanziarioe isuoiresponsabiliAll’interno dellaDoomsdayMachine. Nessunocorrerebbeilrischio di far crollare il mondo se ci rimanesse anche lui, era la logica della gente della RAND. Nessuno correrà il rischio di mandarci in rovina se trasciniamo con noi nell’abisso un mondo intero: cinquant’anni dopo, gli strateghi del too-big-to-fail, da Lehman ad AIG, evidentementeapplicavanola stessalogica. Il riflusso dell’euforia tra i fisici americani all’inizio degli anni settanta durò fino all’elezione di Ronald Reagan. Gli stipendi peggiorarono e le condizioni di lavoro divennero più pesanti. Le bombe atomiche da tempo non erano più ritenute “affascinanti” e, in conseguenza della guerra del Vietnam e della rivolta del Sessantotto, l’intero apparato scientifico-militare era guardato con diffidenza. Neanche Herman Kahn sarebbe stato più in grado di riempireunasala. Quando le prime massicce riduzioni di budget colpirono la fisica e la professione di “fisicoatomico”nonfupiùil sogno di ogni giovane americano, molti si ricordarono dei loro vecchi amici che si occupavano di scienze economiche, soprattutto nel ramo che aveva contribuito all’elaborazione dei grandi progetti nucleari e dei loro scenari. A quell’epoca i fisici fecero per la prima volta la loro comparsa a Wall Street. Certo, l’elezione di Reagan e l’esplosivopropagarsidiidee fantasiose attorno al progetto dello Scudo spaziale interruppero l’esodo, ma il contatto non militare tra le due sfere, cioè una scienza sociale di nome economia e una scienza della natura chiamata fisica, aveva generato qualcosa che ci avrebbecambiatopersempre: era l’inizio della fisica sociale. Al principio degli anni novanta cominciò la grande migrazione. I fisici più anziani lasciarono la ricerca militare e furono ingaggiati dalle banche e dai gestori di fondi. In un primo momento questi quants o tecnici dei missili,comelisichiamavaa Wall Street alludendo al “progetto Manhattan” della bomba atomica, non erano altro che computer umani, figure singolari, un po’ disprezzateoderisedai“veri” banchieri. Il loro comportamento sociale e il loro modo di vestire irritavano. L’associazione dei fisici consigliò a coloro che intendevano trasferirsi dai laboratori delle università a Wall Street di tagliarsi i capelli, curare l’aspetto, far lavare a secco i vestiti, usare modestia nel dimostrare la propriaintelligenza,inoltredi contrastare la tendenza dei fisiciall’autoisolamento. Ma quello che accadde fu ben più che una trasformazione professionale: gliscienziatinonfuronosolo pettinatievestitianuovo;qui venne creata una nuova specie. «Questi lavori non interessano nessuno», disse adesempio,quasipermettere le mani avanti, lo studioso di finanzaJonathanBerkametà degli anni novanta8. tuttavia, già pochi anni dopo i fisici avevano soppiantato gli studiosi di economia nei dipartimenti di analisi quantitativa. La vera storia dei quants comincia negli anni settanta con la nascita della formula che «avrebbe cambiato per sempre le regole in base alle quali lavora il sistema finanziario»9.Ilriferimentoè alla formula di Black e Scholes, con la quale poteva essere stimata in anticipo la volatilità delle azioni a determinate condizioni ideali (l’uomo utilizza modelli anche per descrivere i modelli). Così,oggi,ancheosservatori oggettivi come il giornalista finanziarioepubblicistaScott Pattersonraccontanolastoria effettuale della “formula di Black e Scholes”, successivamente insignita del premio Nobel, come la storia della formula originaria di Einstein, cioè della rivoluzione dell’immagine fisica del mondo, che condusse al progetto Manhattan e alla bomba atomica: «Come la scoperta diEinstein[…]laformuladi Black e Scholes cambiò drammaticamente il modo in cui gli uomini consideravano lo sconfinato mondo del denaro e degli investimenti. Scatenò le forze interne distruttive e nello stesso tempo spianò la strada a una serie di catastrofi finanziarie che culminò nel tremendo collasso dell’agosto del 2007»10. Neglianniottantalaformula, in sostanza un modello per calcolare il prezzo ottimale delle opzioni finanziarie, venne programmata sulle calcolatrici tascabili e di colpo la vita divenne molto più semplice. Alcuni autori datano l’inizio della grande alchimia nelle finanze all’apriledel1973,quandola Texas Instruments pubblicizzò sul “Wall Street Journal” una calcolatrice tascabileconloslogan:“Now you can find the BlackScholes value using our calculator” (“Ora, grazie alla nostra calcolatrice, potrete trovare il valore BlackSholes”)11. Come è noto, per ipadridellaformulalastoria finìconunfiasco:nel1998il loro fondo di investimento Long Term Capital Management, costruito in baseaquelmodello,subìuno spettacolarefallimento. In ogni caso era un inizio. Una serie di prodotti finanziarisimili,assicuratida una matematica della cartolarizzazione e dall’hedging, promettevano un portfolio praticamente immune da rischi e utilizzavano la formula per coseperlequalinonavrebbe dovutoessereutilizzata. Inun’analisisuccessivadella crisi e dei suoi modelli si afferma che era «come se si gettassero le fondamenta di un edificio senza sapere di qualematerialesonofatte»12. In effetti, tutta quanta l’operazione sui mercati finanziari partita negli anni novanta suona come un ricordo che il grande matematico R. W. Hamming aveva del progetto Los Alamos, quando si era accorto «che la bomba avrebbe potuto essere costruita solo con il computer. Ma quanto più a lungo e quanto più intensamente riflettevo sulla faccenda negli anni successivi, tanto più mi era chiaro che sarebbe cambiata l’essenzastessadellascienza, quanto più spesso avremmo osservato le simulazioni al computer e meno frequentemente gli esperimenti nel mondo reale […]Aqueltempo,uncalcolo delcomputersegnalavachela bomba sperimentale avrebbe potuto infiammare l’atmosfera. In altri termini, sullabasediunasimulazione al computer, il test rischiava di cancellare ogni forma di vita nell’universo conosciuto»13. Fu Warren Buffett, prima dello scoppio della crisi, a mettereinguardiadalle“armi di sterminio di massa” di Wall Street, e senza spingere i paralleli all’estremo: è chiarochelesimulazioninon sono universi paralleli creati in asettici laboratori, ma inducono gli individui a correre rischi ultimativi, di cui tutti gli altri devono subireleconseguenze. Eppure il confronto fra le tecnologie finanziarie e Los Alamos è convincente non solo per ragioni teoriche, bensì anche per motivi sociologici. Negli anni trenta ifisicidiLosAlamossierano trovati nella medesima situazione di coloro ai quali Pimbley, nel 1996, consigliò letteralmente “l’emigrazione”.Ancheallora un gran numero di fisici emigrò, spesso forzatamente, nell’apparato dell’industria militare, che non avrebbe abbandonato fino alla fine della guerra fredda. Ora accadevadinuovo. InqualchemodoinEuropaci è sfuggito con quali giganteschi progetti Wall Streethaaccoltoisuoifisici. «Ho conosciuto gente che ha collaborato al progetto Manhattan», dichiarò a “Newsweek” un direttore di JP-Morgan attivo negli anni novanta, «e per quelli di noi che erano della partita il sentimentoeraesattamentelo stesso. Come se si fosse coinvolti nella creazione di qualcosa di incredibilmente importante»14. ____________________ 1LaSozialistischeEinheitspartei Deutschlandserailpartitounicoal poterenellaRepubblica DemocraticaTedesca;la Staatsbürgerkunde,materiadi studionellascuolasuperiore diventataobsoletadopoilcrollodel Muro,prevedeval’insegnamento dellescienzesocialiepolitiche, finalizzateallaformazionedelbuon cittadinonellostatosocialista. [N.d.R.] 2JosephPimbley,Physicistsin Finance,in“PhysicsToday”,50, 1997,1,pp.42-46. 3DavidKaiser,ThePostwar SuburbanizationofAmerican Physics,in“AmericanQuarterly”, 56,2004,4,p.852. 4Nel1953,peresempio,“ognifisico ricevetteuncontributostatalemedio di11.000dollari;unchimico1900 dollari,unbiologoinmedia4900 dollarieunmatematico1700 dollari”.PhilipMirowski,ScienceMart:PrivatizingAmerican Science,HarvardUniversityPress, Cambridge2001,p.113. 5Kaplan,1959:TheYearEverything Changed,cit.,p.65. 6JenniferS.Light,FromWarfareto Welfare:DefenseIntellectualsand UrbanProblemsinColdWar America,TheJohnHopkins UniversityPress,Baltimore2003, pp.3sgg. 7Kaplan,1959:TheYearEverything Changed,cit.,p.67. 8Cfr.OliverBaker,Schroedinger’s CashRegister.PhysicistsTryto BreakEconomists’Monopolyon FinancialTheory,in“ScienceNews online”,27novembre1999. 9Patterson,TheQuants,cit.,p.38. 10 Ivi,pp.37sg. 11Das,ExtremeMoney,cit.,pp.121 sgg. 12DavidColander,MichaelGoldberg, ArminHaas,KatarinaJuselius, AlanKirman,ThomasLuxe BrigitteSloth,TheFinancialCrisis andtheSystemicFailureofthe EconomicsProfession,in“Critical Review:AJournalofPoliticsand Society”,21,2009,2-3,p.253. 13Mirowski,MachineDreams,cit., pp.14sgg. 14MatthewPhilips,TheMonsterthat AteWall-Street,in“Newsweek”,26 settembre2008. Capitolo8 Massacro Aviditàepaurasonostimoli sufficientiperilgiocodella vita Un tempo le Borse erano piene di persone che potevano vedersi tra loro. Di rumore, grida, urla, risate, segnali, sguardi e smorfie. E tuttoquestoavvenivainspazi fisici. Negli anni novanta questi spazi divennero schermi, luoghi di osservazione, sorveglianza, proiezione. Da allora i trader e i loro capi siedono dinnanzi agli schermi, proprio come una volta facevano gli operatori dei radar, e come loro non guardano più un monitor, ma una“facciadapoker”. Il denaro, le cifre che cambianodicontinuo,sonole truppe, i soldati che vengono impiegati, spostati oppure, talvolta, sacrificati. «Se hai perduto i soldi» spiega l’istruttore di una banca di investimento, come se si trattasse di caduti in un combattimento ravvicinato «fai un funerale. Devi metterci un punto. Non ci sono più […] e tu devi pensarealprossimotrade»1. Chioggiguardanegliufficie sugli schermi delle blindate stanzedeibottonideiquants, quellochevedenonpotrebbe essere benissimo il comando generale dell’esercito: lo è davvero. Le macchine, le stanze, gli schermi, l’aspirazione rapidissima dell’ossigeno per impedire incendi di vaste proporzioni, Numero 2, l’agente digitale che con l’aiuto della teoria deigiochisferrailcolpoolo para – questo è di fatto il cervello che una corsa agli armamenti unica nella storia haprodottoinnoi. E se qualcuno non si è accorto che anche gli esseri umani dentro il loro cervello fanno le stesse cose di allora –solo,stavolta,conirisparmi della nonna e del nonno – glielodiconoitrader. Fareloscalpo,uccidere,far fuorisonoiverbicheamano. In una banca di investimento hanno programmato i loro computerinmodoche,aogni variazionedeitassidicambio o di interesse, dagli altoparlanti uscissero rumori diguerra.Neigiorniincuigli scambi erano più intensi il frastuono del vetro in frantumiedeicolpidipistola riempivaicorridoi2. Quello che i trader vedono «non ha più forma». Sono punti luminosi dall’aspetto di numeri, «occasioni che passavano in fretta e offrivano ad altri nuove possibilità»3. Molti di coloro che fissavano i monitor non vedevano nessuna differenza tra le operazioni militari e tecnico-finanziarie. Entrambe sonooccasioniperconseguire unavittoriaoscongiurareuna sconfitta. Apartiredaglianninovantai loro posti di lavoro si trasformarono, con la crescente velocità di mercati di Borsa completamente automatizzati, in teatri di guerra simbolici: le Borse, dove i trader compravano e vendevano, divennero campi di battaglia simulati e le banche di investimento si trasformarono in comandi militari strategici al cui servizio i quants – i loro “tecnici dei missili” – producevano armi tecnicofinanziarie. I quants implementarono Numero 2. Non davanti allo schermo, ma dentro la macchina. Come programma di computer, egli aveva conquistatonelleBorseilsuo primo nuovo spazio vitale; cominciò a negoziare, a fare affari, imparò a bluffare. E, come si vede, non dovette riorientarsi radicalmente. Il contestonelqualesimuoveva non si poteva quasi distinguere dai mondi chiusi delPentagono. Numero 2 diventò il trader artificiale che, imbottito con le formule della teoria dei giochi, sbrigava una mole sempre maggiore di operazionidiBorsa.Inquesto modo, per la prima volta “l’egoismo” non era solo un tratto caratteriale delle persone, ma veniva applicato daprogrammiinformatici. A quell’epoca i trader americani usavano la parola tedesca spielen, “giocare”, per indicare le loro azioni (“I’vealwaysspieled[…]on the other house account”). Come nell’esercito, la vigilanza del mercenariotraderguidatadaltestosterone si mescolava con la fredda imperturbabilità logica di Numero 2. Quest’ultimo era dotato di un’arma logica letale, che aveva offerto una brillante prova di sé nei mondi anonimi della guerra fredda e che nella sfera automatizzata dei mercati seguiva la strategia che un tempo gli apparati militari si erano attesi dai loro soldati: minacciare, sparare e colpire primachel’altrosiaccorgadi cosa è successo (first round killing). Applicato alla Borsa, voleva dire: realizzare profitti prima che l’altro si accorga che ci rimetterà. E se non è possibile, bloccare la controparte fino a renderla incapace di agire. Come nel caso della crisi Lehman, si può arrivare ad “Armageddon” passando per le “armi di distruzione di massa”. Ma la faccenda si consuma più spesso nell’ambito della guerra convenzionale, dove è questione di “attacchi”, “falcidie”,“massacri”: Non posso spiegare. È una cosaselvaggia.Sequalcuno vedesse da fuori, direbbe: “Andrebbero messi in prigione”. Quando l’America era impegnata nella guerra del Golfo, abbiamo avuto trecento o quattrocentomila contratti al giorno per sei mesi […] Devi esserci […] È l’unica cosacheconta[…]perdere quattrocentomila franchi non mi paralizza […] La cosa bella di me è che quando mi picchiano mi rialzo e mi rifaccio sotto. Avanti,sitornaalfronte4. Nel corso degli anni, e in parte in seguito a una veemente discussione fra i giocatori, le varianti umane della teoria dei giochi hanno effettivamente formulato e sperimentato regole per una cooperazione ragionevole, una collaborazione e ripartizione equa. Qualche annofailfisicoStefanKlein, nel suo avvincente bestseller Der Sinn des Gebens5, ha citato molti di questi esempi incoraggianti, nei quali l’Homoœconomicusnonsela passabene. Il problema è solo che negli ultimi anni la società nella quale giochiamo è profondamente cambiata. Sonosemprepiùnumerosigli ambiti della nostra vita che vengono riorganizzati sul modello della Borsa e quindi il principio economico e l’egoismo di Numero 2 diventanoilfondamentodelle relazioni interpersonali. Già oggisonoall’operalàdovela gentelavoraconicomputere affida le decisioni agli agenti economici: nelle Borse, nei motori di ricerca, nei social network, nell’ufficio del personale, nell’ufficio delle imposte o negli uffici immigrazione. Nelle odierne, anonime Borse digitali della vita non esistonorivincite.Ilgiocoei giocatori cambiano di continuo. Questo vale per l’apparato militare, per i mercati finanziari e per l’esistenza sociale dell’uomo moderno. Una mossa sbagliata, una scelta di vita sbagliata,untweetsbagliatoo una valutazione sbagliata della controparte può mettere tutto a repentaglio senza l’opportunità di rimediare, e sempre più spesso senza una secondaopportunità6. L’uomosolonelsuobunker, davantialsuoschermo–alla Borsa,sulpostodilavorooa casa sua – è sempre più prigioniero di un mondo virtuale di interazioni anonime che avvengono una volta sola. In questo modo siamo scesi nel limbo dei giochi non cooperativi e siamo giunti proprio là dove un tempo è cominciata la teoria dei giochi: nella macchina pensante di quei think-tanks militari e semimilitari della guerra fredda e della sua atmosfera paranoide. Là dove è stata costruita la grande macchina dell’Ego che oggi sta cambiando profondamente e con enorme rapidità il nostro mondoeilsuocodicemorale edemocratico. Perché potesse accadere, Numero2dovettefornireuna prova delle sue capacità. La vittoriasuirussieraunabella cosa, ma non poteva essere davverodimostrata.Inoltre,la guerra fredda era appunto un tipo di guerra ed era ancora dastabilireseNumero2fosse adatto alla vita civile. Non pochi economisti intenzionati ormai a farla finita, oltre che con la guerra dei sistemi, anche con la tradizione neoclassica di un’immagine dell’uomo riduzionista, cominciavano a discutere apertamentelalimitatezzadel modello. Ilsuccessocheaprìgliocchi aqualsiasiinvestmentbanker del mondo si verificò nel 1994.NegliStatiUniti,eben presto anche in molti altri stati del mondo, le frequenze delle telecomunicazioni vennero messe all’asta. La “madre di tutte le aste” fu straordinariamente fruttuosa. E il motivo fu ben presto noto: sia la Federal Communications Commission che l’offerente avevano ingaggiato esperti di teoria dei giochi per farsi consigliare nel corso dell’asta7. Secondo la tesi propagandistica,ilfattochele offerte fossero state presentate insieme, ed entrambe tenendo presente l’equilibrio di Nash, aveva portatoalloStatopiùsoldidi quanti avesse mai potuto immaginare. Ma le cose sarebbero andate ancora meglio in futuro. Nel 2000 alcuni fisici ed economisti americani organizzarono l’asta delle licenzeperlatelefoniamobile di terza generazione in base alle regole della teoria dei giochi e in questo modo realizzarono per il governo britannico un profitto sensazionale, pari alla cifra del tutto fuori dalla realtà di ventidue miliardi di sterline. Per molti questa fu la dimostrazione a lungo attesa che il modello funzionava: tutti pagavano più di quanto avessero mai voluto per qualcosa di astratto che in realtànonavevaalcunprezzo “reale”. Ciò nonostante, pagavano con la soddisfazione di aver attuato al meglio (almeno per qualche mese) i propri interessiegoistici. Lamentedietrolequinteera unuomocheavrebbefattodi Numero 2 e della teoria dei giochi la nuova idea dell’ordine politico e sociale del ventunesimo secolo. Il brillante matematico ed economista britannico Kenneth Binmore, classe 1940,eraconvintocheciòdi cui Philip K. Dick aveva avuto paura fosse una promessa:l’opportunitàdiun nuovo, razionale contratto sociale. Nessuno ha fatto più di lui, dietrolequinteedavanti,per la carriera civile del megaegoista. E nessuno ha celebrato con altrettanta efficacia il successo dell’asta non solo come dimostrazione della teoria, ma come prova diunavisionedell’uomo: Sappiamo che talvolta i singoli individui sono irrazionali e non si comportano come le nostre teorie si aspettano da un giocatore. Ma le ricerche sulcampoegliesperimenti di laboratorio confermano che in alcuni contesti le persone agiscono in modo sufficientemente coerente perché la nostra teoria funzioni come un cronometro. Altrimenti, come ci sarebbe stato possibileapplicarelateoria dei giochi alle grandi aste della Telecom, che sconcertarono il mondo intero, poiché avevano creatomiliardididollaridal nulla8? Senza Binmore e quello che ha rappresentato come musa del New Labour e per l’Agenda20109,nessunopuò davvero comprendere l’evoluzione politica del primo ministro Tony Blair o di parte della socialdemocrazia tedesca sotto Gerhard Schröder. Come rappresentante del nuovopensiero,Binmorenon ha solo dato vita all’Homo œconomicus a uso delle macchine calcolatrici e dei mercati finanziari, ma ha anche cominciato a prescrivere al “gioco della vita”, alle idee di cooperazione e solidarietà, una morale fondamentalmente nuova. Si aveva paura di un mondo governato da Numero 2? Alloranonsieracompresoil mondo nuovo, come dimostravano le aste Telecom: l’egoismo opportunamente sfruttato può servire al bene di tutti. Un mondo caratterizzato dal calcolo e dalla previsione strategica in base al tornaconto personale di ogni singolo giocatore destava preoccupazioni? Ma ora che il computer stava su ogni scrivania tutti potevano partecipare: ogni trader, ogni persona. Già un anno dopo il crollo del Muro Binmore aveva cominciato, dapprima senza successo,adadoperarsidietro lequinteperchéaiteoricidei giochi, John Nash in testa, fosse conferito il premio Nobel10.Nessunodeipadridi Numero 2 ha dichiarato in modo così aperto e provocatorio come Binmore che non si “vergognava” di credereaigrandiegoisticome modello universale. Più avanti vedremo di nuovo Binmore in azione, quando Numero 2 sarà diventato grande e forte nel mondo delle finanze, degli uomini e dei geni. Ma qui, nell’ultimo decennio del ventesimo secolo,ciinteressasoprattutto il suo orgoglio paterno per l’essere che ha intenzione di mettereinlibertànellasocietà civile. Avidità e paura – scrive – sono motivazioni sufficienti; l’avidità dei frutti della cooperazione e la paura delle conseguenze se non si accettano le proposte cooperative degli altri. Mr Hyde non sarà forse attraente, ma è in grado di collaborare in modo straordinariamente efficiente con chi funziona propriocomelui11. Ciònonsignificaaltrosenon che Numero 2, “l’agente economico”, l’Homo œconomicus, sono diventati brutti come da secoli temevano gli scrittori. Ma vi sipossonofarebuoniaffari. ____________________ 1Zaloom,OutofthePits,cit.,p.132. 2Ivi,p.155. 3KarinKnorrCetinaeAlexPreda, TheSociologyofFinancialMarkets, OxfordUniversityPress,Oxford 2004,pp.42sgg. 4Ivi,p.108. 5StefanKlein,DerSinndesGebens. WarumSelbstlosigkeitinder Evolutionsiegtundwirmit Egoismusnichtweiterkommen,S. FischerVerlag,FrankfurtamMain 2010. 6Variantidellateoriadeigiochi muovonodadiversipresupposti sull’individuo.Igiochinon cooperativi,chesonogiocatiuna voltasola–l’originedellateoria– riduconolacomplessitàdell’agente umano.Gliapproccipiùrecenti– giochichevengonoripetuti all’infinitoeconsentonola cooperazione–sonopiùconfacenti all’essereumano.Nonsono–eciò èdeterminante–quellichevengono utilizzatineimodellifinanziari. Questiultimisilimitano esclusivamenteagiochinon cooperativi,diunasolavolta.A questoriguardocfr.ancheDavis, IndividualandIdentityin Economics,cit.,capitolo5.2. 7Rubinstein,EconomicFables,cit., p.125. 8MacKenzie(acuradi),Do EconomicsMakeMarkets?,cit.,p. 196. 9Unaseriediriformedelsistema socialeedelmercatodellavoro progettateeattuatedallacoalizione governativatedescaguidatada GerhardSchrödereformatada SocialdemocraticieVerdiapartire dal1998.[N.d.T.] 10Nasar,ABeautifulMind,cit.,p.355 (dell’originale,noncomparenella trad.it.cit.).Sullastoriadelpremio NobelaNashcfr.Mirowski, MachineDreams,cit.,p.333. 11KenBinmore,GameTheoryand theSocialContract,vol.I:Playing Fair,TheMITPress,Cambridge 1994,p.24. Capitolo9 Circolazione sanguigna Dentrolamacchina,tutto quellochelamacchinafa diventaunaleggedinatura Ci portiamo in giro nella testa un mucchio di mostri. All’inizio, nel diciannovesimo secolo, sono gliscrittoriaraccontarlo;alla fine, nel 2010, alcuni scienziati altrettanto intelligentieargutidelFondo MonetarioInternazionale. La stanza degli orrori del diciannovesimo secolo – Frankenstein, Dr Jekyll e Mr Hyde e Dracula – riunisce mostri che hanno in comune una cosa: in realtà sono tutti mostri dell’economia. Sono Numero 2 prima dell’invenzionedelcomputer, nella versione dell’èra meccanica. Quei romanzi nacquero in un’epoca di crisi economica, anzi addirittura di panico economico, e uscirono dalla penna di autori sui quali, sia pure in diversa misura, “incombeva la bancarotta”, come diceva di sé Robert Louis Stevenson, l’autore dello Strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde. Quandoilmostrosenzanome di Frankenstein aiuta di nascosto i suoi “amici” nelle faccende domestiche, si autodefinisce la “mano invisibile”–un’allusionealla mano invisibile del mercato, cioè alla metafora con la quale nel diciottesimo secolo il filosofo morale e illuminista scozzese Adam Smith aveva descritto l’autoregolazione del mercato. Dr Jekyll e Mr Hyde vengono riconosciuti e legittimati nella loro doppia naturadaunasolaistituzione, nel mondo di Stevenson molto chiacchierata proprio a causadellasuadoppianatura: laBancad’Inghilterra. La studiosa americana di letteratura Gail Houston ha richiamato l’attenzione sul fatto che l’autenticità della firma sull’assegno è sufficiente perché l’orribile Hyde venga riconosciuto senza problemi come il corteseDrJeckill1. Per prendere il posto dell’essere umano, Mr Hyde o Numero 2 o l’Homo œconomicus non hanno bisogno di un’anima, ma soltanto della legittimazione come soci d’affari. Nel romanzo la banca riconosce solvibilità a Mr Hyde, fabbricando così identità ancheperl’egoistaassassino. La Houston reinterpreta la finzioneapplicandolaallavita economica reale: il fatto che allora, sotto il tetto della Banca d’Inghilterra, avessero sedesialabancad’emissione chelasuagemella,unabanca d’affari – vale a dire due organismichesullacartanon dovrebberosaperenullal’uno dell’altro né comunicare tra loro, l’uno eterno e in rappresentanza degli interessi dello Stato, l’altro terreno e orientato al profitto – aveva generato, in un clima di panico dilagante, il forte timorecheentrambipotessero essere travolti, perché non c’eranessunochesvolgesseil ruolodelterzorazionale. Nell’ultimo decennio del diciannovesimo secolo incombeva la successiva ondatadipanicoelamoledi letteratura critica nei confronti delle banche pubblicata allora anche dai conservatori inglesi non sfigurerebbe oggi. Veniva attaccata la tesi della circolazione sanguigna dell’economia, nella quale i banchierienonpiùleattività produttive regolano l’immissione di «denaro in tuttelearteriedelcommercio e dell’industria». A quel tempo, di fronte al livello di indebitamento, frasi come “il sangue che tiene in vita il commercio è il credito” diedero luogo alla domanda sempre più ansiosa su cosa sarebbe accaduto dopo, post mortem,peresempionelcaso diuncrollo. LaBancad’Inghilterraerala rispostaaognidubbio,poiché nel suo corpo “immortale” assimilava «due terzi del sangue che non scorre più nelle vene delle banche morte». Equestasituazioneevocòun altro mostro: Dracula, di Bram Stoker. Il suo sistema vampiresco è costruito come un’impresa e nel libro egli vuoleespressamenteemigrare a Londra, nel centro finanziario del mondo di allora. È un investitore della Transilvania,cheviaggiacon baulipienidivalutedituttoil mondo, dispone a Londra di unpatrimonioimmobiliaredi dimensioni impressionanti e finanziato a credito e vorrebbe assumere il ruolo della Banca d’Inghilterra. L’intero romanzo – è stata la Houstonlaprimaarilevarlo– è infarcito di riferimenti a crediti, cartolarizzazioni, conti, assegni, proprietà immobiliari. Una volta che il conte viene aggredito con un coltello, non scorre sangue, ma un “flusso d’oro”. È quello che il conte vuole e che Van Helsing intende impedirgli: un monopolio sullacircolazione. Dracula fu scritto da un uomoindebitatofinoalcollo, in un decennio nel quale le pagine economiche dei giornali riferivano di «spaventi sensazionali e di paure tremende», di cui non si conosceva l’uguale. In un’epoca nella quale si temeva un panico che avrebbe spezzato «la supremazia della solvibilità britannica» e gettato il ridicolosul«cosiddettogenio finanziariodellebanche». Quandopoi,ancoranel1890, anche la prestigiosa BaringsBank andò vicina al fallimento (come è noto, per il fallimento definitivo avrebbedovutoattenderefino al 1995), l’Inghilterra assistette a un’ampia fusione di banche. In poco più di un decennio, il numero delle banche private scese da duecentocinquanta a una dozzina. Né Mary Shelley né Louis Stevenson né Bram Stoker erano “di sinistra” e anche coloro che avrebbero potuto imbattersi nello spettro di KarlMarxchesiaggiravaper l’Europa erano alquanto disinteressati. Nessuno di questi autori era un avversario delle banche in quanto tali, per non dire del sistema economico esistente. Essi attaccavano con il fiuto per il capitale e la forza dell’immaginazione i modelli economici con cui il comportamento sociale viene valutato, regolato e controllato.Scrutavanoquesti modellicomefinzioniecome “macchine” che non si limitavano a descrivere mercati, ma decidevano della reputazione,dellavitaedella rispettabilitàdellepersone. Perciò i mostri. Non sono soltanto simboli letterari del panico e dell’orrore. Sono anomalie del sistema. Nel romanzo vengono suscitati alla vita con l’elettricità o le reazioni chimiche. Il nostro odiernoNumero2nonèstato destatoallavitadascrittricio scrittori,madapersonechesi consideravano realiste. Puntavanosullamatematica. Ancoranel1952soloil2per cento degli articoli sulle più importanti riviste specialistiche di economia degli Stati Uniti conteneva formule matematiche. Tuttavia, già alla fine del secolo, quando l’Homo œconomicus alias Numero 2 dominava il mondo, un economistamoltoinfluentedi quel paese dovette ricordare che era esistita l’economia senza la matematica: «Gli studiosi di economia più giovani quasi non ci crederanno,mafinoallametà delsecolononerararocheun teoricocheutilizzavaformule matematiche si scusasse e spiegassechequestomododi procederenonsignificavache gli uomini sono automi privi diliberoarbitrio»2. Com’era stato possibile questo successo imperialistico? Com’era potuto accadere che le persone cominciassero a uniformarsi sempre più al modelloumanorappresentato da Numero 2, che pure nella vita reale avevano respinto? Infondo,nonavevanocreato nessun Mr Hyde. Perché ora un essere astratto? Non c’erano nemmeno motivi filosofici che lo giustificassero – come abbiamo visto, la dissoluzione postmoderna dell’Io aveva preso atto dell’economia con una certa freddezza. Il “residuo terrestre” era scomparso, l’alchimiapotevacominciare. Ma tutto questo avveniva in circoli accademici e anche all’interno della disciplina c’eranoinfinitevietraversee secondarie, per tacere della contraddizione per cui la vittoria strategica di Numero 2 nella vita quotidiana può essereeffettivamentespiegata solointerminieconomici:era incredibilmente efficiente e, grazie alla fusione con il computer, poteva essere dotato dall’oggi al domani della muscolatura di un Superman. In breve, Numero 2 aveva tanto successo perché, per lo meno fino a poco tempo prima, soprattutto nelle Borse, era in grado di fare quello che costringeva gli uomini a capitolare ancora prima di qualsiasi ideologia: riusciva a fare previsioni sorprendentemente corrette. Funzionava come un meccanismo a orologeria che predice il futuro. La matematica sembrava dire che all’opera non c’era un modello, ma una legge di natura. Numero 2 non è altro che un automa dell’Ego, una macchina che può essere programmataeimpiegata,ma proprio da questo gli uomini si lasciano ingannare. Aveva successo: sia nella guerra fredda che nelle aste e nelle Borse.Nonoccorrepredicare nessun egoismo. Basta attirare gli uomini all’interno diunamacchinaeconvincerli che ciò che vedono è una leggedinatura. L’immagine astratta del mondo di Newton non convincevaperilfattochegli uomini potevano vedere la Terra ruotare attorno al Sole, ma perché in base al suo modello si potevano prevedere con precisione le comete e le orbite planetarie. Così anche nel cosmo nel quale Numero 2 aveva l’ultimaparola. Formule che predicono gli esiti dell’agire economico e che a loro volta impongono un determinato agire economico non sono più semplici supposizioni, né mere descrizioni dei mercati, ma creano i mercati. Come sottolinea a ragione Callon, per le leggi alle quali ubbidiscono i corpi celesti è indifferente se noi ci crediamo o no. I modelli più efficaci facevano riferimento al futuro. I futures e le loro “leve” tratte dall’epoca meccanica di Newton, i derivati,fissavanoiprezziper cosecheancoranonc’erano. Le dimensioni di questa operazione possono anche esserecolteincifre.Intuttoil mondo il valore speculativo deiderivaticrebbedazeronel 1970a1,2milionidimiliardi di dollari nel 2010, ossia ventivolteilprodottointerno lordo dell’intero pianeta. A questoriguardoancheattoniti premi Nobel ora parlano dell’alchimiadeimercati:siè avverato l’antico sogno di creare l’oro solo con il pensieroeiltocco.Oraanche per l’uomo si può affermare che, come insegnavano gli alchimisti, il lavoro non può che essere un lavoro dell’anima. Chi lo fa nel modo giusto è padrone delle ricchezzedelmondo. Perché ciò potesse accadere, attraversoleveneelettroniche del computer doveva passare la corrente e gli uomini connettersi alla circolazione mediante PC e telefonino. Il computer divenne entrambe le cose: piazza del mercato e abitazione degli agenti economici. Solo a questo punto le formule funzionavano come programmazioni genetiche. Gli esseri umani potevano anche essere irrazionali, ma non gli “agenti autonomi”, cheoperavanopercontodegli uomini sui mercati finanziari e presto avrebbero operato anche sugli altri mercati. Avveniva quello che nell’insuperabile formulazionediHughKenner accade sempre quando il mondo entra in una nuova èra:«Furonoelaboratisistemi e per ciascuno ci si inventò l’uomoadatto»3. Questo grande esperimento sociale con l’uomo della societàcivileiniziòdapprima con l’automatizzazione delle piazzediscambiodeimercati finanziari. È opportuno non scambiare la critica dell’economia digitaleconloscetticismoper le macchine di fronte all’automobileeallaferrovia. Non parliamo di tecnologia, ma della costruzione della macchinasociale. Nei mercati azionari delle Borse,glioperatoridapprima diventarono tutt’uno con le calcolatrici tascabili e i loro tasti preprogrammati per gli interessi e le opzioni, poi, come prima di loro aveva fatto l’esercito, penetrarono all’interno della macchina e abitaronolestanzechiusedei terminali. «Ora l’Homo œconomicus esiste realmente», dichiarò il sociologo Michel Callon, «è formattato, inquadrato, assistito da protesi che lo aiutanoneisuoicalcolieche per gran parte derivano dall’economia»4. Tra tutte queste protesi, la teoria dei giochi è una delle preferite.Oggiimpariamogià a scuola che attraverso i secoli tutti i tentativi di ridurre le persone a qualche ingranaggio,aqualchepompa idraulica o formula fisica sono clamorosamente falliti. Anche gli economisti lo sapevano da molto tempo e hanno sviluppato idee di “razionalità limitata” con le qualispieganochelepersone non agiscono come Mr Spock. Ma Numero 2 replica soltanto dicendo che l’uomo puòfarequellochevuole.La libertàèilsuocontrassegnoe quello dei suoi apparecchi. Solo che se non agisce in base alla teoria dei giochi rischia di essere annientato dal mercato, dalla storia e dallaragione. Ma anche senza questa minaccia, il fattore umano non aveva possibilità contro la prassi. Il computer ha installatonelpropriosoftware la macchina per la sopravvivenza “Numero 2” comeagenteeconomico.Èlui a occuparsi degli affari, a controllare le aste, profetizzare il futuro e spiegare il passato. Da lungo tempo non più soltanto sui mercati finanziari, ma anche nei social network, nelle procedure analitiche che vengonoapplicateallee-mail e in tutti gli altri mercati che stabiliscono il prezzo di una persona attraverso l’insieme dei suoi dati e il mercato globale della comunicazione digitale. In un altro capitolo vedremo Numero2all’opera;aquesto puntodelnostrobreveritratto ci interessa soltanto l’agente come essere artificiale, in tutto il fulgore delle sue preferenze e dei suoi pregiudizi. Stimolatodalcrescentegrado di interconnessione tra persone che volevano cooperare e non comprare e vendere (soprattutto non se stesse), Numero 2 ha preso slancio, intrufolandosi con successo ovunque. All’alba della commercializzazione di internet, era arrivato il turno dellepersonestesse. Perchélarete,ilcellulareele potenti aziende che stanno dietro tutto questo vogliono saperequalesaràlaprossima cosa che faremo e che penseremo? Perché le nostre azionieinostripensierisono comemosse.L’uomodiventa user, l’user diventa consumatoreeilconsumatore diventa Numero 2: alla ricerca dei prezzi e dei contatti migliori; in breve, delle migliori informazioni nella presunta economia dell’informazione nata di recente. Elaprossimametamorfosiè ormaiimminente:loStatodel futuro – una gigantesca internet commerciale, realmente esistente – «esternalizzerà molte funzioni, punterà meno sulle leggielaregolazione,mapiù sugli incentivi di mercato e reagirà molto più spesso a unadomandadeiconsumatori in costante cambiamento e analizzata di continuo, non alle relativamente rare preferenze degli elettori in occasionedellevotazioni»5. Diversamente da quanto accade nella vita reale, nei sistemidigitaliilsosiaumano è tenuto costantemente sott’occhio. L’intento di prevedere cosa farà, comprerà, penserà, per ricavarne un prezzo, mette in collegamento tra loro l’esercito,lapolizia,imercati finanziari e tutti gli ambiti della comunicazione sociale digitale. Praticamente ogni persona, per lo meno nell’emisfero occidentale, è già parte dei giochi di John Nash. Ogni giorno, anche senza accorgersene, si partecipa ad aste come quella organizzata da Ken Binmore per il governo. Un ingenuo ma tanto più potentegiocod’astaèGoogle Adwords. Il filosofo della scienza George Dyson considera questo algoritmo il più potente del mondo, attualmente; più complesso e più efficace di tutte le formule della guerra fredda basatesullateoriadeigiochi6. Questo software, che collega le richieste di ricerca con la pubblicità e ha reso ricco Google,èdiventatounlavoro diroutinediNumero2. Ogni singola richiesta di ricerca che chiunque rivolge da qualsiasi parte del mondo è in realtà un’asta pilotata da Numero 2, nella quale si decide quale pubblicità e a quale prezzo apparirà sul bordo destro della pagina. L’asta si svolge attraverso algoritmimodellatisullabase della teoria dei giochi, che non si distinguono più da quelli applicati nel commercio in tempo reale di fondispeculativiederivati. La vendita di spazi pubblicitari non genera soltanto profitto; genera ancheflussididatisulgustoe le abitudini dell’user. Dati che poi Google filtra ed elabora per prevedere il futuro comportamento dei consumatori, migliorare i prodotti e vendere più spazi pubblicitari. Sono il cuore e l’anima della Googlenomics. È un sistema di autoanalisi costante: feed-back loop messo in moto dai dati, che non è soltanto il futuro di Google,maancheilfuturodi chiunquefacciaaffarionline7. È il futuro di chiunque comunichi nella società moderna. È vero, le calcolatrici tascabili ci hanno sottratto il calcolo a mente. Malacriticaculturalechene è seguita è andata fuori strada.Sedaunlatocihanno sottratto il calcolo, dall’altro calcolare la formula di Black e Scholes è diventato facile comefareunopiùuno. Già a metà degli anni venti un chiaroveggente Marcel Mauss scrisse: «L’Homo œconomicus non si trova dietro di noi, ma davanti a noi; come l’uomo della morale e del dovere, come l’uomo della scienza e della ragione. Per parecchio tempo l’uomo è stato qualcos’altro; enonèmoltocheèdiventato una macchina, anzi una macchinacalcolatrice»8. Le votazioni, la formazione delle opinioni, la politica, perfino l’assetto costituzionale della democrazia occidentale, tutto ciò sta per trasformarsi in mercatiautomatizzati:dazero a diversi miliardi di partecipanti. Muta la consistenza della vita individuale che, privata dell’identitàedellabiografia, viene carpita da Numero 2 come fa un virus informatico conunpezzodisoftware. Perciò lo sguardo sulla crisi dei mercati finanziari non è per noi uno sguardo nel portafoglio o nelle rubriche televisivededicateallaBorsa; chi guarda dove non si fa altrochetrasformareilfuturo in denaro con l’aiuto di automi getta uno sguardo nel futuro dei mercati automatizzati, cioè della società automatizzata in generale. Chi vuol vedere spettri può attraversare la galleria degli orrori, ma se uno spettro appare in pieno giorno e viene visto da tutti, la cosa comincia a farsi interessante. Ci sono poche speranze che l’alta considerazione per Numero2vengabarattatacon l’ammirazione per biografie che non possono essere ridotte all’uno più uno di un egoismo che sembra essere stato geneticamente programmatoinnoi.Epoche sonolesperanzecheneivolti degli esperti, per lo più americani, e dei pronosticatori matematici, che nei loro libri parlano di Stato sociale solo come di unacolpa,sidipingaqualcosa di diverso dal divertimento e dal leggero disprezzo quando li si mette di fronte ai mostri letterari. Nel frattempo, coloro che hanno fatto della loro razionalità umana ridotta a formule una prescrizione per tutti gli altri – e, per come stanno le cose, sono i rappresentanti più influenti dellacorporazioneeconomica –, offrono uno spettacolo di irrazionalità semplicemente bizzarro. Sull’onda della crisi, l’economistaPauldeGrauwe ha pubblicato un intervento autocritico nel quale metteva indubbiol’egoismorazionale dell’agente economico-tipo: «Poichétutticomprendonola medesima “verità”, tutti agiscono nello stesso modo. Dunque, per modellare le imponderabilità del mondo occorre modellare soltanto il comportamento di un unico agente (“il consumatore rappresentativo” e il “produttorerappresentativo”). Raramente un’idea così folle èstatapresasulseriodatanti accademici»9. Questa formulazione era ancoramoderata,vistochede Grauwe non poneva ulteriori domande sul ruolo e la morale di Numero 2. Ma già il giorno successivo un altro professore di economia pubblicòsullostessogiornale una risposta con cui dimostrava che de Grauwe era completamente in errore. Edinuovo,qualchesettimana dopo, un ulteriore articolo chiosava questa schermaglia con l’osservazione: «Il professor Wickens ha mostrato che de Grauwe aveva torto, il che dimostra cheeffettivamentedeGrauwe avevaragione»10. In realtà, il sorriso di chi, comeagentenelmondoreale, potrebbe essere uscito da un racconto di Kafka, rischia di essere prematuro. Forse la letteratura e l’arte potranno tornare a svolgere un ruolo nel ricordare a qualcuno l’imprevedibilità dell’uomo. Nel 2010, sull’onda del disastro,dueautoridelFondo Monetario Internazionale hanno messo a punto un’analisi alquanto desolante del fallimento sistemico, che ai loro occhi è stato un fallimento di tutti gli attori economici. Hanno ridotto l’agente in cenere11. E si battevanoconunfervoresolo lievemente ironico perché la categoria ne insediasse uno nuovo. Come candidato proponevano una figura letteraria: Mrs Rose, protagonista del breve racconto di Faulkner Una rosaperEmily.Èunracconto dell’orrore. ____________________ 1GailTurleyHouston,FromDickens toDracula,CambridgeUniversity Press,Cambridge2005. 2Mirowski,MachineDreams,cit.,p. 9. 3HughKenner,TheCounterfeiters: AnHistoricalComedy,Indiana UniversityPress,Bloomington 1968,p.40. 4MacKenzie(acuradi),Do EconomistsMakeMarkets?,cit.,p. 199. 5PhilipBobbitt,TerrorandConsent: TheWarsfortheTwenty-First Century,Anchor,NewYork2008, p.87. 6Dyson,AUniverseosSelfReplicatingCode,cit. 7StevenLevy,Secretof Googlenomics:Data-FueledRecipe BrewsProfitability,in“Wired”,22 maggio2009,disponibileall’ indirizzo http://www.wired.com/culture/culture 06/nep_googlenomics? currentPage=all. 8Cfr.MarcelMauss,Saggiosul dono,Torino,Einaudi2002(ed. orig.Essaisurledon,in“Année Philologique”,1923-1924;poiin Id.,Sociologieetanthropologie, PressesUniversitairesdeFrance, Paris1950). 9PauldeGrauwe,Warring EconomistsareCarriedalongby theCrowd,in“FinancialTimes”,22 luglio2009. 10LucE.LeruthePierreJ.Nicolas, TheCrisisandMissEmily’s Perceptions,InternationalMonetary Fund,Washington2010,p.2. 11 Ibid. Capitolo10 Sistemanervoso Perlaprimavoltadiventa chiaro:nonc’èbisognodi uncorpoperagirenel mondo,occorronosolonervi saldi Numero 2 non è più un essere di carta. Fintanto che stava solo nei libri era, sì, abbastanza inquietante, ma riconoscibile come ideologia, dagli economisti di Chicago fino alle aberrazioni del thatcherismo. Solo l’elettricità del computer ne hafattoquellocheèora. L’idea della robotica di far agire e pensare qualcos’altro alpostoproprioèanticacome la scoperta dell’elettricità e recente come la pubblicità dell’ultimo robot da cucina. Alcuni rispettabili visitatori che nel 1881 a Parigi assistono alla spettacolare esibizione dimostrativa allestita da Thomas Alva Edison parlano di una mano spettrale che accende o spegne, mette in moto o ti provoca a piacimento una scossa elettrica. La luce, il calore, la scossa e la mano invisibile: ecco la combinazione seducente che riempie le teste non solo di scienza,maanchedimagia.Il telefono è appena stato inventato e subito gli scienziaticercanodiprendere contatto con l’aldilà. Il telefono è appena entrato nellecase,edeccoche,come nei romanzi di Kafka, si fanno vive potenze anonime. L’elettricità è strettamente collegata alla paura delle forzeprimordialiedeimostri ridestatinelleprofonditàdella Terraoinsestessi. Unadiciannovennetrascrisse iltestooriginaledellafantasia che aveva avuto in una notte di temporale sul Lago di Ginevra. «Forse» rifletteva «si sarebbe potuto rianimare uncadavere;ilgalvanismone aveva dato prova; forse le parti di una creatura avrebbero potuto essere fabbricate, messe assieme, e dotatedelsoffiovitale»1. Anche il mostro del dottor Frankenstein,destatoallavita attraverso lampi e corrente galvanica, finora era rimasto solo sulla carta. Ha dovuto svernare quasi centocinquant’anni nel ghiaccio eterno, prima di ottenere la sua seconda opportunità. Ora tutti citano Frankenstein come se fosse realmente esistito. A essere cambiatinonsonolafantasia, i desideri e le passioni della gente, ma soltanto le possibilità tecniche di realizzarli. Come tante altre cose del diciannovesimo secolo, il Frankenstein di Mary Shelley fu un test di funzionamento della fantasia. Il mostro c’era. Mancava soltantolascintilladellavita. Viviamonell’epocadiquesta secondaondatadiidee,teorie e ideologie, già messe alla prova in base ad altri presupposti e fallite in passato. Le catastrofi del capitalismo finanziario appartengono a questa seconda ondata, ma la meccanizzazione dell’uomo, lo smembramento dell’Io umano per favorire un migliore sfruttamento, l’economicizzazione delle relazioni sociali erano tutte cose che già imperversavano neilaboratorideglialchimisti, ai tempi dell’assolutismo e della Rivoluzione industriale, e nei complessi industriali agli inizi del ventesimo secolo. La prima volta c’entra sempre il corpo: trasmutare l’oro in piombo, destare alla vita i morti mediante scosse elettriche, trasformare gli automi in esseri umani. Con sforzi enormi queste visioni degli uomini vengono continuamente imprigionate, esiliate nelle caverne o ai poli, o semplicemente considerate roba da bambini. Lì, come i Titani greci sottoterra o come Sauron a Mordor, attendono il giorno delritornoinaltresembianze o in migliori condizioni. L’immaginazione culturale conosce centinaia di queste storie,intitolate“Ilritornodei freak animals” o “Lo scatenamentodeimostri”. Questo richiamo storico è importante per capire quali sogni stiamo facendo. La storia non comincia con Apple o Microsoft, e nemmeno con le prime macchine calcolatrici del pionieredelcomputerKonrad Zuse. Per secoli il software che ha portato a queste macchine non consistette in uncodicematematico,manel desiderio economico di una sorta di macchina universale del pensiero, di un automa per il controllo del pensiero, perfarviverel’inanimato,per comunicare con chi non è presenteeosservarlo. Quando, nel diciottesimo secolo, fecero la loro comparsa i primi automi meccanici, diedero spunto alla fantasia dell’uomo artificiale; poi fu inventata la macchina a vapore e si cercò una macchina a vapore del pensiero; poi fu la volta dell’elettricità e si collegaronogliuominiafonti di energia elettrica. Nulla di tutto questo funzionò, ma tuttoeraanimatodallostesso desiderio: creare un sosia prevedibile e controllabile dell’uomo, e se non dell’uomo, per lo meno del suocervello. Inmancanzadellostrumento adeguato, cioè del computer, molte di queste idee finirono in vicoli ciechi, o soltanto in romanzi di fantascienza. Ma nessun fallimento ha mai bloccato la traboccante immaginazione.Nonsièmai trattato semplicemente di dichiarazioni delle tasse compilate da programmi automaticiodisistemiperla prenotazione di posti o delle vacanze. In gioco c’era sempre infinitamente di più. Primaimilitari,poigliagenti diBorsaeinfinetutti,ebbero la sensazione, già dopo un breve contatto con il mondo digitale, di comunicare con un organismo vivente così perfettodapotergliaffidarele decisionisullavitaelamorte dell’interopianeta. Il fatto che oggi tutti parlino di un “sistema nervoso” elettronico che pervade il mondo è ben più che una mera costruzione semantica sussidiaria. È proprio il sistema nervoso che gli economisti sognavano da duecento anni a questa parte: la medesima razionalità economica pervade l’intero universo vivente e non vivente, la medesima economia del pensiero, la medesima prevedibilità di acquisto e vendita, dai neuroni fino alle decisioni sull’investimento dei fondi pensione. Ci sono anche rami morti, nell’albero genealogico dell’odiernoNumero2.Unoè stato il tentativo di destarlo alla vita con l’aiuto dell’elettricità, come robot al servizio del suo signore o comeoperaiodifabbrica.Ma ilvicolocieconelqualesiera infilato il tardo secolo diciottesimo conduce a una conoscenza nuova e ripresa cent’anni dopo: l’energia vitalenonèl’elettricità,malo scambio elettrico di informazioni. Il primo tentativodidarvitaaNumero 2 fallì perché si collegarono direttamente gli elettrodi agli esseri viventi anziché utilizzarli per connettere gli esseriviventifraloro. Il6novembre1780ilmedico Luigi Galvani (1737-1798) toccò accidentalmente con il suo bisturi elettricamente carico la coscia amputata di una rana, fissata a un tavolo con graffette metalliche, ed ecco che cominciò a sussultare. Galvani pensò di avere scoperto gli spiriti vitali. Per essere certo che la scintilla elettrica potesse davvero accendere la vita, fissò al tetto di casa sua alcune barre metalliche direttamente collegate ai nervi delle rane e di altri animali preparati nel suo laboratorio. Quando nubi temporalesche si addensavano sulla sua casa e scoccava il fulmine, gli animali cominciavano a sussultare. In un baleno si diffuse in tutta Europa la notizia che l’elettricità era in grado di destare alla vita i morti. Pocotempodoposuonipote, il professore di fisica GiovanniAldini(1762-1834), fece esperimenti a Londra con il cadavere di un duplice omicida che era stato impiccato.Ilcorpodelmorto ebbe fortissimi spasmi, un occhiosiaprì,itrattidelvolto si distorsero, ma l’uomo non tornòinvita.Morìinveceuno dei medici presenti, a quanto pareperlospavento. A Parigi i giacobini cominciarono a fissare cavi alle teste decapitate e notaronocheivoltidelleloro vittime morte si torcevano in orribili smorfie. Certo, Alessandro Volta (17451827), il grande antagonista di Galvani, aveva ripetuto l’esperimento delle cosce di rana e aveva stabilito che il bisturi dotato di carica elettrostatica non aveva affatto aperto la porta che conducedallamorteallavita, ma aveva semplicemente chiuso un banale circuito di corrente. Poiché però aveva anche spiegato che ogni cellula del corpo è carica di elettricità, il legame fra elettricità e vita non fece che dominare ancor di più l’immaginazione. OvunqueinEuropavenivano smembrati esseri viventi e messi sotto corrente: teste di mucca, zampe di polli, lombrichi. A seconda dell’osservatore,sitrattavadi un’operazione spiritistica, scientifica o economica, spesso tutto assieme. Nulla poteva essere osservato isolatamente: il corpo dell’animaleedell’uomonon era altro che un ciclo economico, una animal economy, e rappresentava il modello di un’economia reale. Le leggi fisiche che consentiva di scoprire potevano essere immediatamente trasferite nell’economiaenellasocietà. Nel giro di pochi anni era nata una combinazione estremamente gravida di conseguenze: l’elettricità era diventata il simbolo dell’energia vitale e il simbolo della ricchezza economica. Peccato solo che, in questo modo, non fosse possibile creare artificialmente la vita. Ci si accontentò di trasferire le leggi dell’energia e dell’elettricità appena scoperte alle leggi dell’economia e della società umana. Ma il sogno più granderimaseirrealizzato:un essere che ubbidiva in modo prevedibile a queste leggi perché non poteva fare diversamente, e che quindi avrebbe potuto fruttare enormiguadagniinterminidi efficienzaperlasocietàinvia di industrializzazione, non esisteva. Poi, però, un fervente ammiratore di Galvani ebbe un lampo di genio. Perché collegarel’elettricitàainervi, se essa stessa poteva costituireunsistemanervoso? Perché destare alla vita un corpo intero se si voleva avere soltanto la mente? Già allora qualcuno cominciò a capirecomefareadarrivarci. Con centocinquant’anni di anticipo,magiàconl’ideadi fondoattuale:l’energiavitale non è l’elettricità, ma la vita nonèaltrocheloscambiodi informazioni. Dunque, mentre a Parigi la ghigliottina forniva materiale a sufficienza per raccapriccianti esperimenti a base di elettricità e teste umane, attorno al 1800 in Spagnailmedicoeinventore Don Francisco Salvá (17511828) rifletteva su come si potesse far comunicare fra loro teste viventi, senza i corpi. L’obiettivo di Salvá era quello di dare la vita non a corpimorti,maamentisenza corpo.ScriveGeorgeDyson: Sidicecheavessecostruito unalineatelegraficaacavo unico lungo le ventisei miglia che separano Aranjuez da Madrid. Salvá aveva sperimentato sia i segnali elettrostatici che la trasmissione di deboli impulsi di corrente continua, rilevati dalle convulsioni delle zampe di rana a ben trecentodieci metri di distanza […] Nel 1804[dimostrò]chelerane potevano essere sostituite da celle elettrochimiche tanto come trasmettitori quanto come recettori di segnalielettrici2. Con questa apparecchiatura Salvá, come espose nella sua relazioneall’Accademiadelle Scienze di Barcellona, aveva inventato uno dei primi telegrafi, un procedimento cheungiorno–anchequesto previde Salvá – avrebbe potuto funzionare “senza fili”. A Parigi qualcuno era molto interessato a invenzioni del genere, comunque più che al quesitosuqualefosselasede dell’anima. Salvá riferì all’Accademia, citando due fonti molto attendibili, che Napoleone era irritato per l’inaffidabilità della trasmissione esclusivamente ottica delle notizie. E riconosceva i vantaggi non soltanto militari, ma anche economici, che la nuova tecnologia avrebbe comportato. Fino ai computer-mostri della guerra fredda, i padrini che stanno accanto alla culla di una tecnologia intesa a migliorare il pensiero e la comunicazione sono sempre l’apparato militare e l’economia. Lecellulenervosedellerane, lo sfruttamento dell’animal economysonoleprimetracce diquellametaforasemprepiù potente che equipara la comunicazione elettrica al “sistemanervoso”.Nemmeno l’invenzione della pila da parte di Volta pose termine allosmembramentodeicorpi. Gli studiosi ora avevano, sì, l’elettricità, ma per lungo tempo non trovarono un ricevente che reagisse ai segnali elettrici con una sensibilità paragonabile a quella di un corpo vivente3. Sicollegaronofiliallalingua umana, e quando ciò si dimostrò poco pratico, il “telegrafo elettro- fisiognomico” degli inizi del diciannovesimo secolo utilizzò come stazione ricevente i polpastrelli di entrambe le mani. Alexander von Humboldt collegò con fililasualinguaeilsuoretto e in una lettera riferì di una «luce bianca che aveva visto». Nei disegni che il professore di arte Samuel Morse aveva fatto della sua invenzionesivedeancorauna sola mano manovrare il tasto di rame dell’apparecchio. Attorno al 1870 i primi telegrafistiriferivanodiavere lasensazionedi«fondersicon le loro reti […] durante il trasferimento dei segnali dai loro cervelli, attraverso le dita, fino ai tasti e infine al filo»4. Quanto più vi si fondevano, tanto più la comunicazione era veloce, essenziale, impeccabile. Anche questo insieme si scompone sempre più.Allafinenonc’èbisogno nemmeno della lingua e dell’intera mano – è rimasto soltantounpolliceall’insuin Facebook. Nel 1937, bicentenario della nascita di Galvani, all’epoca del telegrafo e del telefono era chiaro a tutti cosa allora era davvero venuto alla luce del mondo: «La stessa cosa che nelle mani di Galvani riusciva a far muovere un muscolo portava la voce di Marconi al di là degli oceani»5. Suona efficiente e logico, così come la storia della scienza di una specie razionale racconta il proprio progresso, dalla zampa di rana all’e-mail. Tuttavia, nel mormorio di fondo della storia, dalla terrazza di Salvá attraverso il segnale di SOS del Titanic, le quotazioni di Borsa,lecomunicazioniradio dell’Apollo 11, fino alla chat deinostriamicisuFacebook, da duecentocinquant’anni viene sempre inviato anche unaltromessaggioche,come èscrittosuuntelegrammadel DraculadiBramStoker,reca «notizie che vi faranno fischiareleorecchie». Infatti, non appena i cordoni nervosi metallici cominciano a tendersi per il mondo, il mondo cade in trance. Il mesmerismo sostiene di trasmettere il pensiero attraverso la trance e il Congresso americano è indeciso se investire denaro nel signor Morse o nel trasferimentodelpensiero. La risposta: occorre fondere le due cose. Già nel 1842 JamesBraidconiailconcetto di ipnotismo e nel 1882 – il telegrafo si è già affermato – FredericW.H.Myersinventa il concetto di telepatia. La lettura del pensiero e la comunicazionecongliassenti diventano il progetto di ricerca di scienziati seri che cercano di prendere contatto conimorti. L’anglista e storica della scienza Laura Otis ha raccontato con una gran quantità di riscontri, da Samuel Morse fino ai fonografi ai quali Bram Stoker fa registrare la storia delsuoDracula,ildrammadi questa trance. Gli uomini hanno cercato con i moderni mezzi di comunicazione non soltanto di parlare tra loro, maanchediprenderecontatto con un secondo, immateriale esserevivente. Di tutti questi stadi di sviluppo rimangono tracce di DNA nel corredo genetico di Numero2.Essoètecnico,ma anche spiritistico: Numero 2 calcolacomeunamacchinae prevede cose come un medium. All’inizio degli anni cinquanta l’economista FrederikHayek,inunostudio tutt’oggi affascinante – e senza ancora conoscere le ricerche dei cibernetici –, paragonò il mercato a un sistemadicomunicazioneche corrisponde al sistema nervoso dell’uomo e nel quale i neuroni svolgono il ruolo dei compratori o dei venditori, per fare «ciò che è utilealsistema». Alla fine del ventesimo secolo questo sistema era perfetto: dai geni attraverso i neuroni fino ai mercati finanziari automatizzati, tutto operava secondo i modelli dell’economia neoclassica e neoliberista. E la teoria dei giochierariuscitaadarforma anche alle relazioni interpersonaliinbaseaquesta immagine. Il primo tentativo di risvegliareimortiandòmale. Il secondo, il risveglio di modelli morti, a partire dagli anni cinquanta fu un trionfo senza pari. Tuttavia, sarebbe stato necessario un avvertimento: dove tutto è pianificato, accade talvolta che alla minima occasione crescanomostri. ____________________ 1MaryShelley,Frankenstein. Ovvero,ilmodernoPrometeo, EdizioniStudioTesi,Pordenone 1995,p.11(ed.orig.Frankenstein, 1818;lacitazioneètratta dall’introduzionedel1831). 2Cfr.Dyson,L’evoluzionedelle macchine,cit.,pp.244-245. 3LauraOtis,Networking: CommunicatingwithBodiesand MachinesintheNineteenth Century,TheUniversityof MichiganPress,Michigan2001,p. 121. 4Ivi,p.10. 5Ivi,p.228. Capitolo11 Androide Assemblatiiprimiautomi, subitosismembral’uomo Al suo primo apparire, Numero 2 era, letteralmente, una macchina che sembrava un essere umano. Tuttavia non faceva calcoli, ma suonavailflautooilpiano. Corre l’anno 1738 e tutta l’Europa è attraversata da lunghe processioni di esseri artificiali: gli automi sfilano dalle chiese ai palazzi e dai palazzi alle fiere annuali, migliaia di persone seguono le loro orme. Imperatrici e re li ammirano stupiti, poeti e artigiani li celebrano, funzionari pubblici e soldati capitolano dinnanzi alla loro perfezione. Sono la meravigliadell’epoca. La comparsa della specie artificiale fu, duecentocinquant’anni prima delle code che si formano all’uscitadiunnuovoiPhone, forse il primo caso nel quale lagioiosaeccitazioneperuna tecnologia magica è ormai inscindibile dall’interrogativo su chi avrebbe utilizzato entrambe – l’eccitazione e la tecnologia–aiproprifini. «Si può vedere proprio» scrisse un entusiasta contemporaneoapropositodi un amatissimo automa, un’anatra, «che divora il suo mangime con grande appetito, beve di gusto, è contenta quando ha bevuto, dopo di che si rassetta il piumaggio, si ferma per un po’ e infine va di corpo…» L’imperatrice Maria Teresa possedeva una macchina capace di scrivere. Alle Tuileries, migliaia di persone ascoltavano per 24 sous la canzone del suonatore di flauto (nel cui strumento era nascostaunapompaadaria)e «i più dapprima non riuscivano a credere che la musica provenisse davvero dall’automa»1. I più popolari erano gli automi con sembianze di esseri umani. Diderot, nella sua Encyclopédie, cercò per definirli un termine che significassepiùdi“automa”e menodi“uomo”.Daallorain poifuronochiamatiandroidi, lemacchinesimiliall’uomo. La superstar della specie divenne la “musicista”, un’organista della quale un osservatore notò che era «visibilmente emozionata, conuntimoreeunatimidezza che raramente si possono riscontrarenellavitareale»2. InFranciasicominciòcosìa costruire “l’uomo anatomico”, furono simulate miniere d’argento nelle quali iminatorifunzionavanocome piccoliautomi. Dopo i monarchi, gli artigiani, i contadini, presero laparola,comespessoaccade nel caso di una tecnologia pionieristica, i pensatori. E per quanto la pensassero diversamente, tutti paragonarono Jacques Vaucanson (1709-1782), il costruttore dell’anatra e del suonatore di flauto, a Prometeo, il più nobile dei Titani, che era riuscito ad accendere il fuoco vivificatore. Lo fece JeanJacques Rousseau, il filosofo dell’“uomo naturale”; lo fece La Mettrie, che giusto dieci annidopoavrebbepubblicato il libro L’uomo macchina; e lo fece volentieri Voltaire. Conglielogia“PrometeoII” spronava il re di Prussia Federico II, il quale cercava inutilmente di attirare Vaucanson a Berlino. Non essendociriuscito,«ilpedante re delle piccole macchine», come lo chiamava Michel Foucault, si fece costruire propriautomi. Dunque, la gente guardava estasiataleperfettemacchine, le cui superfici metalliche dovevanoprodurrel’illusione completa, ma non sapeva cosa vedeva. Qualcuno, riferisce Vaucanson, si era lamentato che l’anatra avesse piume di ottone perforate e non un vero piumaggio. «Ma il mio intento» spiegò «era quello di mostrare i movimenti e non una macchina»3. Infatti le meravigliose superfici, perfetta simulazione di esseri viventi, avevano un unico scopo: essereaperte.Alcune,comeil suonatore di flauto o la danzatrice, mediante uno sportello,altre,comel’anatra, mediante la trasparenza che consentiva di gettare uno sguardo nella loro meccanica senzaincontrareostacoli. Il pubblico avrebbe dovuto vedere gli ingranaggi e le piume di metallo – l’intero meccanismointernodellavita artificiale – per cercare di comprendere, a quanto si diceva, come funzionano la vitaeilmovimento.Lostesso Vaucanson, nelle sue memorie,invitavaancorauna voltaillettoreaesaminarele macchine per riconoscere «che la natura è stata imitata correttamente»4. In realtà, però, in gioco c’era qualcosa di completamente diverso: i curiosi che fissavano ignari gli automi diventarono le cavie di un esperimento sociale. Ispezionandoli, sarebberodiventatiessistessi parte della macchina. La macchina era meravigliosa; ed era una minaccia. Meravigliosa, poiché agli occhi dei contemporanei la vita artificiale sprigionava la magia degli alchimisti e il genio dei moderni ingegneri. Una minaccia, poiché le macchine erano complici nell’attuazione di un’idea politica: trasformare gli uominiinautomi. Che gli animali non fossero altro che automi era un’idea inculcata già dal filosofo Cartesio: l’uomo si distinguerebbe dagli animali solo perché ha un’anima. Joseph Spence, che aveva visto l’anatra a Parigi nel 1741, scrisse subito una lettera a sua madre, nella quale sviluppò ulteriormente quest’idea: i buoni artisti potrebbero «trasformare un animaleinunmeccanismoin grado di fare tutto ciò che riesce a fare un animale reale»5. Ma chi parla di animali? L’uomo è tutto. Gli automi perfetti prima o poi sollevarono la questione dell’anima;lofeceroinmodo scherzoso e per quanto possibile ironico, più o meno come la prima ondata di entusiasmo per Second Life nella rete, quando si credeva cheunqualcheavatarpotesse diventare quella che si chiamavita. Una delle macchine, un automa per la scrittura del grande orologiaio JaquetDroz di Neuchâtel, quando era di buon umore scriveva “penso, dunque sono”. Ma a volte anche “non penso, dunquenonesisto?”. Hobbes, l’autore del Leviatano, aveva spiegato l’uomo come un automa, per fare dello Stato un automa umano: «Che cos’è infatti il cuoresenonunamollaeche cosa sono i nervi se non altrettantecordeechecosale giunture se non altrettante ruote?». Era un’immagine del mondo che sembrava fatta apposta per i bisogni dell’incipiente modernità, per la sua spinta economica verso l’efficienza elosfruttamentoeperlasua volontà di controllo politico da parte di un cervello centrale. Elaspecificamissionedegli automieraquelladimostrare comefunzionerebbeunessere umano se fosse una macchina. Accedere all’interno dell’androide voleva dire accedere all’interno dell’uomo, poiché mentregliuominiguardavano dentro la macchina, la macchina trasformava l’interno delle loro teste. Il suonatore di flauto, il tamburino, la danzatrice e perfino l’anatra erano fabbriche di immagini del mondo. Gli uomini vedevano come dovevanovederesestessi:un ingranare di ruote dentate, di molle elastiche e di dispositivi idraulici, tutti dipendenti dall’unità meccanica centrale. Se funzionava così un’anatra, allora funzionava così anche il corpo umano, anima a parte. E ben presto i frequentatori dei salotti parigini cominciarono a dire chelaloro“mollamotrice”si era allentata e doveva essere ricaricata. Se il corpo funzionava così, allora anche loStatooun’economia… Questi androidi non erano altro che sistemi che elaboravano informazioni, e proprio di questa idea organizzativa avevano bisogno i monarchi e le istituzioni. Poco tempo dopo Federico II, come ha riferito MichelFoucault,trasformòil suo esercito in un “automa” addestrato a eseguire sequenze di movimenti come una macchina. Napoleone, che amava gli automi quanto Federico, imparò in fretta e perfezionò scuole, ospedali, amministrazione, che così si trasformarono in apparati. Al primo posto, però, e soprattutto, perfezionò l’economia. Occorresempreimmaginarsi iVoltaireoiLaMettrie,che Federico aveva fatto venire alla sua corte prussiana, un po’ come i McKinsey6 del diciottesimo secolo. L’uomo macchina di La Mettrie può essere letto come un libretto diistruzioniperilmontaggio dell’esercito prussiano, ma certamente anche dell’immaginedelmondodei sudditidiFederico. Da ogni parte, da Immanuel Kant nella sua Königsberg finoalmedicoedeconomista francese François Quesnay (1694-1774), giungevano pareri sul livello di organizzazione che lo Stato deve raggiungere per essere una macchina e a partire da quando la macchina farebbe dello Stato una tirannide. Ma ancor più decisiva fu quella chelostoricoSimonSchaffer chiamò la nascita della tecno-politica. Basta considerare ciò che facevano Quesnay e gli ingegneri parigini impegnati nella costruzione di prodigiosiautomi:sognavano macchine che non solo riproducessero l’intera anatomia umana, ogni osso e ossicino, ma anche i muscoli e, mediante dispositivi idraulici, simulassero la circolazione sanguigna. La convinzione che il corpo umano andasse concepito come un circolo non si era ancora diffusa tra la maggioranzadeimedici.Essi eranoancoralegatiallateoria di Galeno, secondo cui il sanguesiformanelfegatoed è propagato dai vasi sanguigni. Quesnay propose, letteralmente, di guarire i medici da queste false convinzioni: con automi che li mettessero in condizioni di vedere come stavano le cose. Essi sarebbero diventati, per così dire, pura ispezione, sguardo assoluto dentro la circolazionedelsangue,forse laprimasimulazionein3De laprimaparticelladiquelBig Bang virtuale che due secoli doposarebbeavvenutoconil computer. Tutto ciò suona ingenuo e più adatto a una lezione di biologia. Ma così come la meccanica degli ingranaggi avrebbe trasformato lo Stato, allo stesso modo gli ingranaggipiùlacircolazione idraulica avrebbero cambiato per sempre il modo in cui l’economia comprende se stessa.Ilcorpoautomatizzato diventò il corpo dell’uomo e il corpo dell’uomo l’organismodell’economia.Il sangue – il denaro o il benessere – fluì tra grandi proprietari terrieri, artigiani e contadini. Gli artigiani erano levene,icontadinilearteriee i grandi proprietari terrieri, che fornivano il capitale, il cuore7. Il benessere poteva scaturire solo dalla natura, poiché, secondoQuesnay,eral’unico luogo nel quale qualcosa potevanasceredalnulla. Paradigmi del genere sono particolarmente amati in economia, fintanto che esistonoautomichemostrano il proprio funzionamento: dopo la scoperta dell’elettricità, la corrente elettrica assume la funzione delsangue,chepiùtardisarà svoltadaiprocessidiscambio della struttura atomica descritti dalla fisica quantistica. Occorre tenere presente che il concetto di economia, così comelointendiamooggi,nel diciottesimo secolo non esisteva. Chi parlava di economia parlava di un settore della medicina, di “economia animale” (animal economy). L’Encyclopédie di Diderot, per esempio, la definisce come un sistema che comprende il «meccanismo, il complesso delle funzioni e dei movimenti che consentono la vita degli animali». E noi oggi sappiamo che i fondamentifisiciemeccanici dell’economiaavevanoquila loroorigine. Adam Smith era in stretto contatto con i francesi, e trassedalorolasuaideadella circolazione di tutta l’economia e della mano invisibilecheregolaimercati. E un’intera biblioteca di libri sull’argomento ha nel frattempo mostrato che il matrimonio tra economia e fisica,aqueltempocelebrato da orologiai, ingegneri e medici, sarebbe stato forse il legame più gravido di conseguenze e più drammatico dei secoli successivi. È quello che oggi cipreoccupapiùchemai. Un matrimonio che non è stato contratto in cielo, ma nei congegni meccanici dell’uomoindustrializzato. La stessa economia è stata findall’iniziounautoma.«La fisicael’economia»hascritto la filosofa della scienza Nancy Cartwright «sono entrambe discipline con tendenze imperialistiche: affermano di continuo di poterspiegaretutto,l’unanel mondo naturale, l’altra in quello sociale». Tuttavia, laddovesiallearono,lafisica (sottosezionemeccanica)creò nel diciottesimo secolo la matrice che l’economia sovrappose alla società. L’economia,nonlafilosofiae tanto meno l’astratto “Illuminismo”, applicò la tecnologia all’organizzazione sociale. Liquidare oggi la critica alle innovazioni tecnologiche come “luddismo” è di una ingenuità sconcertante. La critica alle tecnologie è sempre una critica alle costrizioni sociali e cognitive che esse producono, allorché vengono usate e abusate dall’economia come modello esplicativo. «L’uomo» aveva scritto La Mettrie «è una macchinachericaricadaséle mollechelamuovono»8. Leattrazionidafieracaricate con chiavi e manovelle furonol’iniziodiciòcheoggi chiamiamo determinismo tecnico: la macchina determinailnostrofuturo.Per dirla con le parole dello studioso di letteratura Hugh Kenner: «Se un uomo per tuttalavitanonfachetessere fili, come potrà poi una macchina tessitrice essere qualcosa di diverso da un uomoinformapiùpura?»9. Nel diciottesimo secolo non si trattava soltanto di inventare automi. Si trattava diinventareunessereumano perlemacchine. E fu effettivamente Vaucanson, il padre dell’anatra e dei danzatori, a costruire poco dopo, fra le proteste degli artigiani delle manifatture, il primo telaio completamente automatico, accompagnando questa invenzione con parole che, a distanza di duecentocinquant’anni, risuonano fino a noi: questo automa è uno strumento con ilquale«uncavallo,unbueo un sedere possono produrre vestiti più belli e meglio confezionati di quanto non riuscirebbero mai a fare i migliori tessitori di seta […] Ciascuna macchina produce ogni giorno quanto i migliori lavoratori se non sprecano tempo»10. In Francia la moda dei giocattoli volgeva al termine. Gli automi avevano prodotto soldati e sudditi; il passo successivo sarebbe consistito nel produrre consumatori e mercati. Anzitutto, però, una rivolta diartigianiaLione–dopole sue dichiarazioni sulla sostituibilità dei lavoratori, Vaucanson fu costretto a fuggire dalla città travestito da frate – chiarì che occorrevadapprimainsegnare agli uomini a riconoscere il codice della macchina anche quando la macchina non aveva le sembianze di un essere umano o di un animale. A quel punto, però, si cominciò a interessarsi degli automi-giocattolo in Inghilterra. Furono proprio i capitalisti di ventura a finanziare lo sviluppo della macchina a vapore di James Watt e a sostenere con una somma considerevole un uomo dal nome evocativo di Merlin11. Merlinfeceincettadiautomi francesielisistemòaLondra nel suo museo meccanico, che godeva di una notorietà ancora più straordinaria dei prodigi di Vaucanson ai tempi dei loro trionfi in Francia. Con i soldi di quei finanziatori,Merlinorganizzò una mostra permanente di androidi, della quale il meno che si possa dire è che presentò la scomposizione dell’uomo in tutte le singole funzioni che sarebbero state inseguitocosìimportantinel processo di produzione industriale. Quelle riproduzioni «eseguivano quasiognimovimentoegesto delcorpoumano,ossiaquelli del capo, del busto, della nuca,dellebraccia,delledita, delle gambe e perfino il movimentodellepalpebreeil sollevamento delle mani e delle braccia all’altezza del volto»12. Effettivamente gli esseri umani apparivano, senza saperlo, come algoritmi. Non erano scritti in codici, come oggi, ma li si poteva toccare, e tuttavia prepararono gli uomini a un mondo di divisione del lavoro e di scomposizione. Come ha chiarito Otto Mayr, a partire dal diciottesimo secolo lo smontaggio degli orologi venne considerato «come un’illustrazione di quel processo conoscitivo noto come analisi»13. È stato un processo inconscio, che ha piùachefareconladomanda di parti del corpo artificiali che con le esigenze dell’industria moderna, ma realizza esattamente ciò che oggi avviene di continuo mediante algoritmi: la scomposizione del lavoro manuale e intellettuale in formule che dovrebbero misurare il valore fisico e quindi economico del pensiero. Attornoal1790ilchimicoed economistaAntoineLavoisier escogitò non solo riforme dell’agricoltura francese, ma anche un metodo di calcolo del pensiero e della scrittura, allo scopo di misurare il lavoro intellettuale, cioè di penetrare nella mente. «Misurando il polso e il consumo d’aria» scrive Simon Schaffer «il lungimirante accademico e i suoi collaboratori credevano di poter stabilire a quante libbre corrispondono i tentativi di una persona di tenere un discorso o di suonare uno strumento musicale»14. Tutto ciò venne ben presto impiegato come modello per la nuova società nell’epoca della razionalizzazione del lavoro e del taylorismo: il computoinformulefisichedi forza ed efficienza di micromovimenti ripetuti senza sosta come il sollevamento di un braccio o l’allungamento delle dita. Eppure l’operaio era ancora fatto di muscoli, ossa, mani, braccia e gambe. Per tutta la Rivoluzione industriale, e fino al ventesimo secolo inoltrato, si rifugiava nel pensiero di vendere la sua forza fisica, ma non la sua anima. Il poeta romantico William Wordswortherastatounodei pochi a vedere nei graziosi androidi dell’Haymarket TheaterdiMerlinqualcosadi completamente diverso. Non esultò. Chiamò quello che avevavistounparlamentodi mostri. In Europa il trionfo delle creature-giocattolo durò ancora cent’anni. Poi, come inunromanzo,finìnellafarsa e nel mistero. Del celeberrimo esemplare, quell’anatra così realistica, chegiàGoetheavevavistoin uno stato deplorevole e che per questo Napoleone non aveva voluto ricomprare, negli anni trenta apparve in un museo francese una foto misteriosa che mostrava l’animalemezzoscheletrito,a quantoparevaaDresda. Quando la specie artificiale scese dal palcoscenico mondiale della fantasia, le grandinazionieranopopolate di macchine che potevano agire autonomamente e regolarsi da sé. Sembravano una mutazione dei fragili automi; e non venivano più salutateconapplausieconun entusiasmo da fiera, ma con timoreopaura. ____________________ 1SimonSchaffer,Enlightened Automata,inWilliamClark,Ian GolinskieSimonSchaffer(acura di),TheSciencesinEnlightened Europe,ChicagoUniversityPress, Chicago2001,vol.II,pp.126-165, quip.136. 2Ivi,p.138. 3Ivi,p.144. 4MinsooKang,SublimeDreamsof LivingMachines:TheAutomatonin theEuropeanImagination,Harvard UniversityPress,Cambridge2011, p.111. 5Ibid. 6McKinsey&Companyèunanota multinazionalespecializzatain consulenzadidirezione.[N.d.T.] 7MargaretSchabas,TheNatural OriginsofEconomics,Universityof ChicagoPress,Chicago2006,p.47. 8Schaffer,EnlightenedAutomata, cit.,p.142. 9Kenner,TheCounterfeiters,cit.,p. 30. 10Schaffer,EnlightenedAutomata, cit.,p.144. 11 Ivi,pp.137sg. 12Ivi,p.138. 13Mayr,Labilanciael’orologio,cit., p.140. 14Schaffer,EnlightenedAutomata, cit.,p.134. Capitolo12 Cervello L’uomovieneadattatoagli automi Gli automi arrugginiscono e l’epoca della macchina a vaporeèormaiimminente.Le macchine hanno il potere di produrre norme sociali senza comunicarle e senza doverle giustificare. Come la storia della tecnica ha mostrato, possono essere più efficaci degliapparatilegislativi1. La funzionalità è il loro argomento, e continuano a lavorare nelle teste anche quandonelmondorealesono da tempo rottamate. Senza averemaivistounamacchina a vapore, gli uomini dicono ancora oggi “sono sotto pressione”. Perché le macchinesonointuitivamente comprensibili. Comelavalvoladisicurezza della macchina a vapore, chiamata governor, questo bastò a giustificare l’idea di sistemi autoregolanti e, con essa,l’ideadelliberalismo2. La strada del governor conduce dalla macchina a vapore di Watt fino al concetto di cibernetica (termini che derivano dal latinogubernatoredalgreco kybernetes, “timoniere”) e ai governatori del Fondo salvastati, il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), che godonodiimmunitàgiuridica e operano solo sulla base dell’autoregolazione. Anche Sigmund Freud ha tratto dal mondo delle macchine metafore come spinta, energia, forza e rimozione per la sua interpretazione dell’inconscio. Chi parla di macchine o, come oggi, di computer,parlasempreanche difisicasociale. Attaverso il governor, la macchina a vapore ancorò la metaforadell’autoregolazione nella testa della gente. Ma la valvola di sicurezza non esisteva per proteggere gli uomini; le macchine, se non si faceva attenzione, avevano l’abitudine di staccare le braccia o le gambe di chi avevaachefareconesse.La valvola non lo impediva. Serviva piuttosto alla protezione del sistema, affinchélapreziosamacchina non saltasse in aria. Era questo il secondo messaggio “politico” della macchina: il funzionamento dell’apparecchio è più importantedelfunzionamento dell’uomo. Quando oggi si dice che i sistemi digitali amputano l’uomo e che l’user si fonde conilsuostrumento,sitratta di una vaga reminiscenza dei tempi nei quali ciò avveniva letteralmente e per la prima volta. La macchina a vapore amputava le persone, e lo faceva così spesso che ne derivò un grande mercato automatizzato di costole, mani e gambe. Per i pezzi di ricambio degli esseri umani furono presi a modello i prodigi meccanici del museo degli automi di Merlin; era avvenuto un completo rovesciamento: ora l’uomo si erainpartetrasformatoinun androide, per servire la macchina. E questo era il terzo messaggio politico: l’operaio deve letteralmente fondersiconlamacchina3. Poiché non si riesce a costruirerobot,l’uomostesso deve diventare un robot: è questo il codice politico che anche Numero 2 reca in sé dalle parti dell’ipermoderno ventunesimosecolo,poichéla costruzione di un modello matematico del suo egoismo e l’amputazione di ogni individualità spirituale naturalmente non significano altro che fare dell’uomo un automa. Non è una fantasia esclusiva del nostro tempo. Anche l’epoca vittoriana ha sognato questo sogno: una macchina che pensa per l’uomo. Proprio nel momento in cui WilliamWordsworthvisitava a Londra il “parlamento dei mostri”,unamadresimetteva inviaggioconilsuobambino alla volta del museo di Merlin. Ancora anni dopo il ragazzo si sarebbe ricordato della «danzatrice» di Vaucanson, «una straordinaria ballerina con un uccellino sull’indice della mano destra, che faceva l’altalena con la sua codina, sbatteva le ali e apriva il becco. Questa signora aveva un aspetto molto attraente. Il suo sguardo estremamente espressivoerairresistibile»4. Quel ragazzo un giorno avrebbe acquistato l’automa della danzatrice, nel frattempomoltorovinato,elo avrebbe mostrato ai suoi ospiti. Soprattutto, però, nel 1823, stimolato da Vaucanson, avrebbe concepito la prima calcolatrice digitale integrale e, poco dopo, una macchina differenziale che avrebbe scomposto i processi mentali benequantoimovimenti. Questo matematico inglese, Charles Babbage (17921871), il vero padre del computer, aveva previsto tutto nella sua mente: le schede perforate, la divisione del lavoro gestita dai calcolatori, la fabbrica automatizzata e le macchine istruite «in aritmetica e non piùinpoesia»5.Ecomeseciò non bastasse, egli previde anchelateoriadeigiochi. Scelsiperilmiotestl’idea di una macchina che avrebbe giocato un gioco per il quale occorrevano soltanto capacità intellettuali; qualcosa come il tris, la dama, gli scacchi ecc.[…]Riusciibenpresto adimostrarecheognigioco di abilità poteva essere giocatodaunautoma6. Se si occupa di Babbage, questa singolare figura del diciannovesimo secolo, quasi nessuno può fare a meno di rabbrividire per lo shock del riconoscimento.Eglisviluppa nella sua mente nientemeno che una macchina a vapore del pensiero. Deve essere quello che le braccia artificialieranoperglioperai addetti alla macchina a vapore reale: la protesi della classe di commercianti e mercantiinviadiformazione, chesisarebbeidentificatacon il sistema nascente del capitalismo,conlesuecifre,i suoi profitti e le sue funzioni diutilità. Ma era troppo presto per Numero 2. Poiché, diversamente da quanto sarebbe avvenuto appena cent’anni dopo, nessuno voleva costruire una bomba atomica o aveva bisogno di catene di comando militari regolate da uomini, a suo tempo il progetto suscitò nel governo britannico un interesse effimero. Babbage lamentò che tutti si interessassero solo della sua danzatrice, ma non della macchina differenziale. Avevasistematoladanzatrice inunastanzadicasasuaela macchina calcolatrice non ancora ultimata in un’altra: quasi nessuno dei suoi visitatori rivolgeva la propria attenzione alla macchina astratta,tuttivolevanovedere la simulazione offerta da un automa con sembianze umane. Eppure la macchina differenziale avrebbe dovuto suggerire per prima l’idea dell’automa. Babbage non poteva sapere che oggi, un secoloemezzodopo,nell’èra di Big Data, sorgono giganteschi supermarket di dati,magazzinieindustriedel pensiero umano. Tanto più lungimirante la sua definizione della calcolatrice comefabbrica. Trasformare i movimenti, le forze, le meccaniche del corpo umano in formule fisicheeraunabellacosa;ma riprodurre il pensiero stesso attraverso le formule di una macchina, rendendolo un bene misurabile, non era soltantobello,eratitanico. In effetti, però, i contemporanei di Babbage erano molto interessati a un automa umano. Solo che seguivano una strada assai piùdiretta.ABabbagesfuggì che nei salotti vittoriani di Londra, più tardi che in altre metropoli europee, lo spirito di Galvani, e soprattutto di Mesmer e del suo “magnetismo animale”, perseguiva lo stesso scopo con altri mezzi. Attorno al 1851 esplose la mesmeric mania, l’idea fissa di creare mediante l’energia corporea ricavatadall’uomounautoma vivente,fortecomeunmaglio a vapore, intelligente come Newton e oltretutto capace addirittura di prevedere il futuro(tuttisognicheoggisi sono realizzati, solo che allora non ci si serviva di formule, ma dell’uomo stesso)7. Evidentemente i sogni degli uomini non cambiano mai, ma solo gli strumenti per sognare. A quell’epoca diventarono di moda sedute nelle quali il mesmerista, anzitutto,fissavaperorenegli occhi chi gli stava di fronte, glimuovevalemanivicinoal corpo per produrre campi termici fino a quando, in un’atmosfera di assoluto silenzio e mentre i due continuavano a fissarsi reciprocamente, subentrava nellapenombralostatochein seguito avrebbero vissuto gli operatori militari statunitensi fissatidailoroschermiradar: latranceoil“coma”. Nelcorsodiquestesedutele cameriere (le cavie erano per lo più donne che, in quanto domestiche, non potevano opporsi) avevano in trance la sensazione di riuscire a sollevare pesi enormi, o manifestavano improvvisamente capacità intellettualichesuggerironoa qualcuno visioni utopistiche di un nuovo sistema di istruzione8. Ciò che avvenne nei semioscuri salotti della City londinesediventainteressante selosimetteinrelazionecon quanto accadeva qualche via più in là nell’abitazione di Charles Babbage. Nella sua avvincente storia del mesmerismo nell’età vittoriana, Alison Winter lo hadescrittocosì: Se si considera che Babbage lamentava il fatto che tutti amassero la sua danzatrice, mentre nessuno si interessava della sua macchina differenziale, si può trarre la conclusione che il mesmerismo sembrava così convincente perché combinava le caratteristiche più spiccate di un automa danzante con quelle di una macchina che pensa – e tutto questo nel corpo di un essere umano. Essotrasformavaunadonna in una macchina e dimostrava che la parte meccanica di un essere umano era in grado, come la macchina differenziale, di eseguire un lavoro intellettualesenzavolontàe senzapensiero9. Sipuòleggeretuttociòcome prova generale del dramma del nostro secolo dell’economia dell’informazione, al quale manca solo il protagonista, il computer, che non è ancora stato inventato. I sogni sono glistessi,soloilmedium,olo strumento per trasferirli dalla sceneggiatura alla realtà, non èancorastatotrovato. PrimacheNumero2entriin scena – l’uomo raddoppiato, manellostessotemporidotto, che mostra all’uomo reale come si calcola, come si fanno affari e come si valuta il mondo –, si continua a provareconNumero1. Già William Benjamin Carpenter, uno dei più eminenti fisiologi del diciannovesimosecolo,aveva sviluppato l’immagine dell’uomo come automa, che vienealimentatodall’esterno, tramite input elettrobiologici. Un essere, dunque, «che è (per così dire) un mero automa pensante (thinking automation), le cui idee vengono tutte quante determinate da suggerimenti esterni»10. Chiaramente, già con cent’anni di anticipo rispetto alle prime simulazioni dell’apparato militare, l’idea di diventare più intelligenti, più forti, più accorti era indissolubilmente legata a quella di una macchina dell’indottrinamento. Per quanto riguarda Babbage, tutto quello che il geniale matematico aveva progettatodovetteasuavolta attendereunsecolo.Ilmondo cercò dapprima di realizzarlo seguendo la via psicologica, che era iniziata con le sedute e successivamente sfociò in un’epoca di manipolazione, con i suoi perfezionati strumenti di indottrinamento, suggestione di massa e “propaganda”; in breve: i “persuasoriocculti”. Allafinedeldiciannovesimo secolo l’idea dei “flussi magnetici” tenne a battesimo l’industria pubblicitaria americana. Ormai “l’elettricità” veniva offerta, per esempio dall’inventore dell’Alka-Seltzer,informadi compresse e con spiegazioni scientifiche, come mezzo di trasformazione del corpo vecchioestanco. Nel 1925, dopo i primi esperimenti riusciti di suggestione di massa con un miscuglio di spiritismo e behaviorismo, la più grande agenzia pubblicitaria del mondo, A. J. Walter Thompson, dichiarò nel suo annuario che «la pubblicità è una forza non-morale, come l’elettricità, da cui non si ottiene soltanto la luce, ma anchelasediaelettrica»11. Il ventesimo secolo si differenzia dal ventunesimo per il fatto che oggi è possibile calcolare e controllare i desideri di ogni singola persona. La psicologia di massa, che nacque allora nei salotti londinesi, operava con “forze”,nonconindividui. Ma c’è differenza, se si manipolano masse o si calcola e si valuta il singolo nei suoi comportamenti, influenzandolo per esempio con messaggi pubblicitari tagliatisumisuraperlui.C’è differenza, se si manipolano le persone con suggestioni dall’esternoosipenetranelle loro teste e si viene a sapere cosa pensano, tengono segretoedesiderano. Nel primo caso si riesce a controllare le masse, nel secondo si possono stabilire, sulla base di un campione di dati sufficiente, regole del gioco che funzionano come leggi di natura. Già per Babbage era interessante una tecnica che consentiva di riorganizzare la vita sociale con piena razionalità, in base alleregoledelgioco.Allorai tempi per un sosia egoista dell’uomo non erano ancora maturi.Forseperchél’ideadi una macchina che costringe gliuomininonsoloalavorare in modo economico, ma ancheapensareinbaseauna razionalità puramente economica andava al di là dell’immaginazione. La sensazione che qualcosa non andasse si manifestò nei mostri, dalla creatura di Frankenstein attraverso Mr Hyde fino a Dracula, che turbavanoisognidell’epoca. Tuttavia,alloranacqueanche un’altravarianteletterariadei mostri,unavariantepiùcivile che, pur se dalla parte della legge, era nondimeno una sorta di mostruosità. Questo parto della legge e del diritto spiavalepersone,combinava indizi a partire da una massa apparentemente insensata di informazioni, smascherando di continuo gli uomini (o gli animali) che davano a intendere di essere qualcosa che non erano; Edgar Allan Poe, per esempio, lo usò come modello per il suo cervellone Dupin. Sherlock Holmes, che Conan Doyle aveva fatto risiedere a due minuti di cammino dal domicilio reale di Babbage, probabilmente,comeipotizza HughKenner,nonèaltroche l’incarnazionedellamacchina differenziale di Babbage. E anche l’Hercule Poirot di Agatha Christie è frutto dei geni iper-razionali di Babbage. Combinare, decifrare, smascherare, svelare e assumere interamente la prospettiva dell’altro mediante l’osservazione: è chiaro che, non appena l’uomo si approssima alle tecnologie digitali, vuole entrareimmediatamentenelle teste degli altri uomini, vuoi con le indagini, vuoi con gli algoritmi.Inogniindividuosi scopronoalloravied’ingresso che conducono nel mondo interiore, o calotte craniche trasparenti come quelle degli automi del grande inventore di giocattoli meccanici Vaucanson. E chi vuole imitare la logica dei grandi detective – il modo in cui Sherlock decifrava il suo ambiente o l’inventore del computer Alan Turing decrittava un codice – deve riconoscerecheessafunziona solo a patto di vedere il mondo come una condizione matematica nella quale tutto halasuafunzione. La fabbrica vittoriana con la suadisciplinadeicorpi,isuoi orologi marcatempo e i suoi calcoli delle forze, ha ampiamente applicato tutto ciò al lavoro umano. Per il pensiero e il suo controllo funzionava, in un primo momento, soltanto sul piano della letteratura. Anche un romanzo è una fabbrica nella quale tutto vive nel suo luogo,nelsuotempoesottoil regime stabilito dal suo autore. Ma proprio questo era il vicolo cieco: scrivere per gli uomini. Era necessario, invece, scrivere per le macchine, con le quali gli uominisisarebberofusi. Benpresto,giàapartiredagli anni cinquanta del ventesimo secolo, i testi che organizzavano, descrivevano, sorvegliavano e spingevano adagiregliuominisarebbero stati scritti nel linguaggio dellemacchine. Hugh Kenner scrive, a proposito dell’eredità di Charles Babbage: «Il computer simula il pensiero se il pensiero è stato definito secondo i criteri del computer;l’automasimulaun essere umano se l’essere umano è stato simulato secondo i criteri dell’automa»12. ____________________ 1Cfr.LangdonWinner,DoArtifacts havePolitics?,inId.,TheWhale andtheReactor:ASearchfor LimitsinanAgeofHigh Technology,UniversityofChicago Press,Chicago2010,pp.19-39,che portaancheunaseriediesempiin partediscutibili. 2Mayr,Labilanciael’orologio,cit., pp.319-21. 3HerbertSussman,Victorian Technology:Invention,Innovation, andtheRiseoftheMachine, Praeger,Westport2009,p.50. 4Kenner,TheCounterfeiters,cit.,p. 24. 5Ivi,p.131. 6Mirowski,MachineDreams,cit.,p. 34. 7AlisonWinter,Mesmerized:Powers ofMindinVictorianBritain,The UniversityofChicagoPress, London1998,p.285. 8Ivi,p.4. 9Ivi,p.57. 10Ivi,p.289. 11JacksonLears,Fablesof Abundance:ACulturalHistoryof AdvertisinginAmerica,Basic Books,NewYork1995,p.224. 12Kenner,TheCounterfeiters,cit.,p. 29. Capitolo13 Geni L’egoismoconquistail patrimoniogenetico Ai tempi di Vaucanson la macchina aveva assunto le sembianze di un essere umano.Nelventesimosecolo l’uomo dovette diventare una macchina. Forselaconquistadelpotere dapartediNumero2sarebbe stata meno completa se si fosse limitata ai modelli economici. Tuttavia, la biologia si incaricò di fare dell’essere umano una fabbricadiegoismo.Neitardi anni settanta i suoi esperti scoprirono che la teoria dei giochi si prestava perfettamente a spiegare il modello darwiniano della lotta per la sopravvivenza, ossia la lotta per i vantaggi, per la massimizzazione del profitto e per le chance di riproduzione. Nel 1976 il biologo britannico Richard Dawkins aveva formulato per la prima volta la sua tesi, secondo la quale gli esseri viventi sono soltanto macchine per la sopravvivenzafinalizzatealla riproduzionedigeniegoistici. Dawkins e le sue “truppe ausiliarie”, convinti di aver trovato una teoria universale delle società umane, dovettero dapprima accontentarsi del ruolo di fornitori degli economisti neoliberisti soprattutto negli Stati Uniti, poiché i grandi pensatori neoliberisti in Europa inorridivano all’idea di giustificare il modello di business degli egoisti con le strategie di investimento e disinvestimentodeigeni. Qui facciamo riferimento a Dawkins solo come al protagonista più eminente. Quando Dawkins scrisse il suolibroc’eragiàaccordosul fattoche–persemplificare– l’auto-organizzazione dei mercati corrisponde all’autoorganizzazione degli esseri viventi. La cibernetica, l’economia e la biologia avevano sostituito, indipendentemente l’una dall’altra, il concetto di “energia” con quello di “informazione”, creando così i presupposti per una nuova teoria universale, nella quale le “informazioni”, dal DNA, passandoperilcomputerfino ai mercati finanziari, diventavano il principio ovunque dominante1. Friedrich Hayek, che già nel 1935 aveva scoperto il ruolo dell’informazione per i mercati e che successivamente lo trasferì nelle funzioni cognitive, svolse a questo riguardo, come sempre, un ruolo brillante2. Fu però Dawkins l’autore di un’opera di divulgazione senza precedenti. In ogni teoria del destino – che a predeterminare la sorte di ciascuno siano i geni o il buon Dio –, di norma si fa affidamento sugli istinti di difesa della società. Agli occhi della vasta opinione pubblicanonfugranchéutile che i sociobiologi si sforzassero, insieme con i teorici dei giochi, di dimostrare che questo egoismo aveva effetti sociali sorprendenti, una volta preso atto che gli esseri viventi aiutano egoisticamente gli altri qualora ravvisino un vantaggio per sé. La tesi funzionava sempre. “Donare per procurare una gioia a se stessi”, più o meno così suonavano gli slogan pubblicitari di una psicologia grottescamentesemplificata. Quel che allora avvenne fu niente meno che la fondazionebiologisticadiuna nuovamorale.Ilgeneegoista di Numero 2 aveva conquistatolabiologia.Negli Stati Uniti, per esempio, Jeffrey Skilling, il capo della multinazionale-truffa Enron, eraunodeigrandiammiratori di Dawkins. Definiva il saggio di Dawkins «il suo libro preferito e la sua principale fonte di ispirazione»3. Aveva introdotto alla Enron il sistema rank and yank: ogni sei mesi tutti i collaboratori venivano valutati e il miglior 5 per cento otteneva premi elevati,mentreil15percento peggiore veniva licenziato o sostituito. Skilling dichiarò chesitrattavadiuna«lezione dellanatura»4. L’Europa restò immune dal cocktail di egoismo solo fino a quando simili ideologie rimasero sulla carta e non si materializzarono in una nuova e funzionante tecnologia. Infatti, basta che una macchina sia abbastanza convincente perché gli uomini, come abbiamo visto nel caso degli automi di Vaucanson, siano pronti a farne la metafora della propriavita. In questo modo la macchina diventa la trappola, la gabbia dell’automa, dalla quale non c’èviad’uscita.Perciòallora, negli anni settanta-ottanta, la rassicurazione che, per lo meno in Europa, non si dovesse temere una società dell’egoismo biologistico era purtroppoprematura. Solo leggendolo retrospettivamente si riconoscecheilbestsellerpiù influente di Dawkins, Ilgene egoista (1976), non è niente meno che la fondazione biologica dei mercati finanziari e delle società governati da robot e algoritmi. Dawkins descrive l’evoluzione come un gigantesco «computer biologico» nel quale «i geni controllanoilcomportamento delle loro macchine di sopravvivenza, non direttamente reggendo dei fili, come i burattinai, ma indirettamente, come un programmatore di computer»5. E nel quale i profitti e le perdite, l’individualismo e la cooperazione dei geni egoisti vengono valutati nel contesto di un’«economia vampira» – è il suo esempio preferito – secondo modelli basati sulla teoriadeigiochi. Scrittocircadiecianniprima che il computer diventasse uno strumento universale, suonò dapprima come uno stimolante esperimento mentale, che si poteva rifiutare o approvare. Sembrava distante anni luce dal trasformare la società comeuntempoavevanofatto le teorie dell’“equilibrio”, della “forza” o dell’“autoregolazione”,chesi erano materializzate nella macchinaavaporeeavevano datovitaall’èraindustriale. Poi però, un giorno, il PC apparve su ogni scrivania. E un altro giorno il PC si era connesso dall’oggi al domani con tutti gli altri PC del mondo e aveva adottato modellibasatisullateoriadei giochigiàsolopercoordinare automaticamente con altri computer la larghezza di banda, l’allocazione della memoriaeiltrasferimentodei dati.Eunaltrogiornoancora, gli algoritmi finanziari lavoravanocomegeniegoisti. E a questo punto furono cambiate le regole del gioco delpolverosomondoumano. Entrarono in scena gli alchimisti: gli economisti neoliberisti, con Ken Binmore in testa. Presero dalla sociobiologia le metafore del computer biologico egoista, così come nel diciannovesimo secolo avevano preso in prestito le loro metafore dalla fisica. Il grande trucco da illusionisti consistevanelnonparlarepiù di biologia, ma nel trattare i geni come minuscoli agenti economici (estesi a un equivalentesociale,i“memi” – idee, concezioni, immagini del mondo – che a quanto pareva non si comportavano diversamente dai programmi informatici).Inunmondonel quale c’erano in tutto solo quattro computer, era indifferente;inunmondonel quale ogni persona comunicava con il PC, era una rivoluzione – paragonabile solo con… no, nonconGutenberg,maconla nascita delle grandi ideologie delventesimosecolo. ____________________ 1Cfr.BruceClarke,FromEnergyto Information:Representationin ScienceandTechnology,Artand Literature,StanfordUniversity Press,Stanford2002. 2Cfr.Mirowski,MachineDreams, cit.,pp.235sg. 3Klein,DerSinndesGebens,cit. 4Cfr.EricMichaelJohnson,Survival oftheKindest,disponibile all’indirizzo http://seedmagazine.com/content/artic 5RichardDawkins,Ilgeneegoista: laparteimmortalediogniessere vivente,Mondadori,Milano1995 (ed.orig.TheSelfishGene:30th AnniversaryEdition,Oxford UniversityPress,Oxford2006,p. 52). Capitolo14 Affinità Anchelanaturacalcola comeunagentediBorsa Sappiamo che nel 2010 l’imprenditore biotech americano Craig Venter ha creato i primi esseri viventi sintetici mediante il computer. In una leggendaria conferenza tenuta di fronte all’élite di Silicon Valley riunita, Venter affermò che sono i geni, i software, a produrreglihardware,icorpi. Venter rappresenta il tipo di scienziato che nel suo laboratorio crea potenzialmente mostri. Un essere vivente è un essere viventeperchéèunsoftware. Può essere programmato, anchese–nonvadimenticato –soloallostadiodelbatterio. Tuttavia la nuovissima medicinachestanascendova trasformandosiinunascienza dell’informazione basata su questa idea algoritmica. La medicina delle cellule staminali, per esempio, crea al computer avatar a partire daiqualivengonoalorovolta creati organi di ricambio più efficienti, più longevi e più benefici, che lavorano per noi. Nella coscienza dell’uomo noncisaràpiùnessunambito che è come è e che non «rappresenti un problema di ottimizzazione»1. Contemporaneamente, però, lo stesso accade al livello dellaprogrammazionesociale dell’uomo. Numero 2 ha soltanto due geni: uno per l’egoismoeunoperilprofitto (eforseunterzoperlapaura). Se la vita è un software, allorailsoftwareèanchevita. A chi interessa un essere umano in carne e ossa, se si può programmare più a buon mercatoeinmodopiùpulito come copia digitale quello chesiconsiderailnucleodel suocomportamento? Il presupposto della nuova teoria elettrobiologistica universalevalidapertuttiera chesimettesseroinrelazione strettaigeni,glialgoritmidel computer e la loro programmabilità. Mentre i biologi evoluzionisti scoprivano la teoria dei giochi per la stima dei processi darwiniani di sopravvivenza e selezione in natura,alcontrarioneglianni novanta Ken Binmore introdusse il “gene egoista” nella teoria dei giochi. La biologia moderna e gli economisti avevano improvvisamente moltissimo da dirsi, poiché da quando la biologia si concepiva anche come “scienza dell’informazione”, avevano a che fare sostanzialmente con le stesse cose. L’esplosività di questa cooperazione diventa chiara in un passaggio apparentemente poco rilevante: Nessuno afferma – scrive Binmore–cheinostrigeni determinano ciò che in questa o quella società viene percepito come giusto, ma solo che i geni definiscono e delimitano l’algoritmo utilizzato da un società per decidere cosa è giusto. Ma un simile algoritmo non può funzionare senza qualche inputdamasticare2. Perché questo passaggio è tanto importante? Perché in base a esso soltanto un sognatore può ancora insistere nella pretesa di essere qualcosa di diverso da un robot se entrambi, l’uomo e il robot, vengono definiti nelloronucleopiùintimoda qualcosa che mette in moto deglialgoritmi. Qui,avvoltoinunapellicola trasparente come un nuovo iPhone, abbiamo il modello: chiscriveglialgoritmiscrive l’uomo nuovo. Nel capitalismodell’informazione l’uomo diventa la somma dei suoi algoritmi. Perciò è così redditizio coglierli, analizzarlieconfrontarli. Non fa differenza se consentono di ottenere su ciascuno risultati sfornati oggi da Google, domani da un motore di ricerca di gran lunga migliore, oppure dal computer della banca, della polizia o della cassa mutua. Della presunzione digitale chevedeinognunounfattore di rischio per la sicurezza o per il credito possiamo lamentarci poco come della predisposizione genetica all’Alzheimer o all’intolleranzaallattosio. L’unica incertezza è se la predisposizione evolva realmente in una malattia. E così come oggi, in presenza di certe attitudini genetiche, vengono suggeriti o prescritti determinati stili di vita sani, lo stesso avverrà nel caso delle intolleranze sociali, definitemediantealgoritmi. Già oggi, in Gran Bretagna, le assicurazioni abbassano i premi se si è disposti a far sorvegliare il proprio stile di guida. Su “Business Week” Stephen Baker descrive una ditta americana che già oggi compara, sulla base di tassonomie, lavoratori venticinquenni con cinquantenni, per stabilire come un venticinquenne dei nostri giorni potrà essere a cinquant’anni. E coloro che controllano la comunicazione sociale per accrescere la propria affidabilità creditizia hanno già cominciato a parteciparealgioco. Quisivedeintemporealee a occhio nudo come l’economia neoclassica, il darwinismo e la tecnologia informaticasifondanoinuna nuova superteoria. Se Marx, come molti credono, si è arenato da qualche parte del diciannovesimo secolo, i pericolosidiscepolidiDarwin sono riusciti ad allenare gli inglesi al gioco della vita nel ventunesimosecolo. I geni sono minuscole macchine per la sopravvivenza dentro la macchina per la sopravvivenza chiamata uomo, che è una minuscola macchina per la sopravvivenza dentro la macchina per la sopravvivenza chiamata mercato,enonsitrattadiun miracolo, ma è l’esito di un semplice, quasi banale processo nel quale la natura utilizza proficuamente le medesime ricette dei mercati finanziariautomatizzati. Lanaturadiventaessastessa Numero 2. E quindi Numero 2diventaunaleggedinatura. Con le parole del filosofo DanielDennett: Ecco l’idea pericolosa di Darwin: il livello algoritmico è il livello che spieganelmodomigliorela velocità dell’antilope, le ali dell’aquila e la forma dell’orchidea, la varietà delle specie e tutte le altre meraviglienelmondodella natura. Infatti, cosa dà impulso a tuttelemacchinecalcolatrici? Automassimizzazione del profitto individuale di sopravvivenza, cooperazione solo se serve ai propri fini egoistici, “ottuso” finalismo, come ha osservato John Maynard Smith, studioso di teoriadeigiochiapplicataalla sociobiologia,el’abilitànello sfruttare gli altri3. A questo puntodellanostraesposizione preghereiillettoredivoltarsi brevemente ancora una volta pervederecome,pianopiano, cominci ad aprirsi alle sue spalle un porta di servizio. È laportadallaqualeNumero2 cerca di infilarsi nella sua stanza. Ancora non molto e, come in una commedia, scoppieràunalitesuchisiail veroNumero1:voiolui.Ma mentre ancora si litiga, altrove la decisione è stata presa da un pezzo: siete una cosa sola. Come un cugino lontano che, dopo essere venuto a farvi visita, non se nevapiùviaeapocoapoco assumeilcontrollosututtala nostravitafamiliare,Numero 2 ha trasformato il “Tu digitale” nel proprio mostruoso Io. “Sono tuo parente”, dice. E la sociobiologia con il suo postulato del “gene egoista” dice:“Haituoistessigeni”. È chiaro – scrive Binmore – che la gente si sente “sminuita” quando le si dice che “non è migliore” dei robot, così come i borghesi dell’epoca vittoriana si sentivano minacciatiquandovenivano a sapere che le scimmie erano loro parenti […] la paurachelasocietàcrollise la gente conosce la propria veranaturaèassurda4. Pochi hanno riconosciuto la fusionefrateoriebiologichee teorieeconomicheelanascita di questa nuova macchina ideologica più chiaramente del biologo americano Stephen Jay Gould. Egli accusò Dennett di voler spiegare le meraviglie della natura esclusivamente attraverso la capacità di calcolo degli algoritmi egoistici. A quanto pare Gouldinquestocasoparlava, nel 1997, di biologia, ma avrebbe potuto parlare anche dei mercati finanziari del 2007. Infatti, egli ricordava semplicemente che eventi inattesi possono cambiare tutto. La diversità delle specie nonèaltrocheilrisultatodi un calcolo della selezione naturale? Io, invece, mi stupisco della possibilità cheunameteoraabbiafatto scomparire i dinosauri e abbiadatoun’opportunitàai mammiferi. Se questo evento casuale non fosse accaduto […] noi non saremmo qui a meravigliarci di questo o quello5. Eventi come la meteora che ha annientato i dinosauri oppure il “cigno nero”, l’evento inatteso che può cancellare i mercati finanziari, accompagneranno costantemente questa società in un mondo nel quale Numero 2 è diventato legge di natura. Il relativo termine tecnico è conseguenze impreviste – e forse occorrerebbe tenerlo presente nel caso in cui, per esempio, una registrazione a Facebook fatta in passato finisse nelle mani di un accertatore di solvibilità creditizia, o la Borsa tornasse a produrre a intervalliditemposemprepiù breviinformazionifolli. «Laleggedelleconseguenze impreviste» spiega il professore di statistica Andrew Gelman «mostra cosa accade quando un sistema semplice tenta di regolare un sistema complesso»6.Numero2,nella sua ottusità economica, regolal’uomoincarneeossa propriocosì. Come è continuamente emerso fin dai primi esperimenti con le segretarie della RAND, di norma gli esseri umani non agiscono come prevede la teoria. L’educazione, la morale, le convinzioni spesso si sottraggono, quale che ne sia il motivo, alla premessa egoistica. Eppure, quanto più sconfinato è il mercato sul quale Numero 2 comanda, tantopiùèevidentechetutto diventa mercato e che nella moderna economia dell’informazione non si può fare a meno di mettere sul mercato il proprio Io, dal curriculumvitaefinoalsocial network, come se fosse un prodotto,anzi,perdirlaconle già citate parole di Philip Mirowski, si è addirittura costretti a diventare il «manager del proprio Io», e tanto più alto è il prezzo da pagare per la propria resistenza. Nella vita non cadono meteore e non naviga nessun cigno nero. La faccenda è meno appariscente e perciò più pericolosa. Quando un singolo segnale erroneo (un tweet sbagliato, un sentimento che ci tradisce espresso in una mail) può essere sufficiente per distruggereunavitaintera,ei segnali della nostra vita vengono contemporaneamenteraccolti, memorizzati, analizzati o venduti senza sosta per via digitale,unasocietàcomincia acombatterelaguerrafredda con se stessa. È sempre più costretta a vivere in due mondi:quellodiNumero2e il proprio – una schizofrenia cheproducecontraddizioniin permanenza.Ilrisultatoèche si vive in una società come quella profetizzata da Philip K. Dick: nulla significa più ciò che è, e la propria vita si riduce a calcolo del rischio e delleprobabilità. ____________________ 1Nasar,Ilgeniodeinumeri,cit.,p. 104. 2Binmore,GameTheoryandthe SocialContract,cit.,vol.II:Just Playing,p.182. 3JohnMaynardSmith,Genes, Memes&Minds,in“TheNewYork ReviewofBooks”,30novembre 1995,disponibileall’indirizzo http://www.nybooks.com/articles/arch memes-minds/?pagination=false. 4Binmore,GameTheoryandthe SocialContract,cit.,vol.I:Playing Fair,p.231. 5StephenJayGould,Darwinian Fundamentalism,in“TheNew YorkReviewofBooks”,12giugno 1997,disponibileall’indirizzo http://www.nybooks.com/articles/arch fundamentalism/?pagination=false. 6Das,ExtremeMoney,cit.,p.363. Capitolo15 Schizofrenia Ilmondoèmoltopiùadatto adautomiegoistichea uominitrasognati È sorprendente la riluttanza degli uomini quando si vuol farne degli egoisti. È stata presentata loro l’immagine supermoderna dell’uomo basata sull’utile individuale, ma la maggior parte non collabora. Al contrario: è evidente che tra quello che dovrebbero essere e quello che sono si spalanca un abissoquasiinvalicabile. Già nel 1955, quando la teoria dei giochi – ancora senza computer, ma costruita come un automa – diventò moderna, John W. Campbell metteva in guardia dal trasferire le regole del gioco matematiche nella società: «Le persone che crescono in una cultura in cui si gioca a carte coperte avranno tremendiproblemipsichici». Intendeva dire: crescere in unasocietànellaqualenullaè quel che sembra; agire diversamente da come si pensa e pensare quello che non si sa produce enormi contraddizioni che, come nel caso di una malattia, si riconosconodailorosintomi. Frattanto, alcuni colgono la grande contraddizione ed essa, come previsto da John W. Campbell, porta a “tremendi” problemi psichici nell’esprimere la verità. Da un lato, un mondo di “intelligenza di sciame”, di “interconnessione”, di “trasparenza”, di “partecipazione” e “cooperazione”, che va dal blog alla primavera araba. Dall’altro, l’esatto contrario e, nello specifico, reti-ombra egoiste il cui calibro non si misurainterminidievasione fiscale, ma di miliardi andati in fumo e di Stati che crollano, a fronte di ingenti profittipersonalirealizzatida coloro che ne sono responsabili. Oppure: l’economia del sapere a fronte del contemporaneo disfacimento delle istituzioni del sapere. Oppure: la trasparenza a fronte del contemporaneo insediamento di consigli dei governatori non trasparenti e di parlamenti privi di competenze. Oppure: l’anonimato a fronte del contemporaneosvelamentodi ciòcheèpiùintimo.Oppure: “partecipazione” a fronte del contemporaneo discredito dei plebisciti che potrebbero rendere insicuri i “mercati” come vere macchine da votazione. Oppure: “creatività” assoluta e promessa di gloria per ognuno a fronte della contemporanea inflazione dell’autosfruttamento e del microlavoro non pagato. Oppure: “fine del lavoro” a fronte di paesi emergenti cui siconcede“l’onore”disweat shops che potrebbero uscire da un romanzo di Dickens. Infine: cooperazione a fronte della contemporanea esplosione demografica dell’agente economico egoistaintuttelepiattaforme digitali. Contraddizioni come quelle qui indicate sono il motivo per cui battistrada addirittura entusiastidellasocietàinrete registrano inorriditi una «schizofrenia strutturale tra funzione e significato» e per cui la paranoia rischia di diventare il tratto essenziale dellacomunicazione1. NemmenoifandiNumero2 lo contestano. Replicano semplicementecheiproblemi nascono solo perché noi siamo ancora troppo Numero 1. Tutta una questione di mentalità,diceKenBinmore, e aggiunge incoraggiante che per la riuscita della cooperazione in una società non è necessario che «i suoi cittadini siano dei Dr Jekyll chesitrattanocomefratelli»2. Tuttavia, la riluttanza a partecipareaquestogiocoera un problema da non sottovalutare. Le persone avevano dimostrato di essere troppo imprevedibili per le razionalità cut-throat modellate sulla teoria dei giochi.Unpo’troppouomini eunpo’troppopocoautomi, inquinavano le formule alchimistiche. Dunque, si replicòquantoavevagiàfatto l’apparato militare nella guerra fredda: far agire gli esseriumanimedianteautomi “di cui si fidano”. In tempi nei quali gli uomini e i mercati si muovono fulmineamente in internet e nelleBorseelettronichenonè forse utile lasciar fare a Numero 2 tutto il lavoro da solo? «La teoria dei giochi» proclamòNirVulkan,unodei precursori dei mercati elettronici alla vigilia della commercializzazione di internet, «è molto più adatta agli automi che agli uomini»3. Ecco il messaggio: non abbiamo bisogno di voi. Non solo perché siete troppo lenti e a volte vi addormentate davanti agli schermi, ma perché noi abbiamo l’opportunità di costruire macchinedell’Egomiglioridi quanto voi possiate mai essere. C’è qualcosa di meglio dell’uomo, se si vogliono fare affari. Si deve soltanto portare l’uomo a conferire legittimazione e autorità agli agenti automatizzati.L’agenteènon soltanto un software codificato, ma un’ideologia codificata. Numero2lavoranelcontesto digitalecomeunimprenditore che vuole accrescere l’efficienzaelacompetitività. Solo l’uomo può ridurre il proprio successo. Perciò occorre liberare Numero 2 dalle catene. La “mano invisibile del mercato” diventalamanodiNumero2. Non solo il successo delle Borse,mailsuccessodituttii mercati – dalle agenzie matrimonialifinoal«mercato delle idee», così recitava la profezia di Vulkan del 1999, «dipende dalla performance degli agenti egoisti, il cui comportamento non può essere più controllato da nessuno»4. Abbiamo ottenuto ciò che Vulkan aveva previsto. Non solo un modello per l’uomo, maancheinnumerevoliagenti digitali egoisti (spesso stupidi),cheproliferanocome organismi unicellulari nelle piattaforme digitali. Non c’è bisogno di molto per programmare Numero 2. Utile individuale, ricerca del profittoecapacitàdibluffare. Chicercal’attodinascitache attesti quando tutte le componenti della vita umana sono diventate mercati dell’informazione,lotrovain questefrasi. Era il sogno dei galvanisti e il timore di Mary Shelley, divenuto realtà nell’èra digitale: il tasto con cui si accendeilpropriocomputero il proprio telefonino fa scoccare la scintilla elettrica chedestaallavitaNumero2. Naturalmente, all’inizio il suo campo d’azione era limitato come quello dei neonati (Microsoft a quel tempoloavevadisegnatocon le caratteristiche di un bambino). Viveva in un box, occorreva imboccarlo con le proprie intenzioni, faceva errori e suscitava istinti di protezione. Nonlasuaintelligenza,mail suo campo d’azione crebbe costantemente. Quando potenti economie si dematerializzarono e deindustrializzarono sempre più; quanto più l’economia reale,alrichiamodellesirene della “globalizzazione”, dislocava le sue sedi di produzione in altre parti del mondo, quanto più nelle principali nazioni industrializzate si sviluppava un’economia dei mercati finanziari,tantopiùdiventava onnipotente. Era perfettamente logico: la deindustrializzazione e l’ascesa del computer avevano fatto sempre più svanireiconfinitramateriae spirito, tra cosa e informazione, e i confini divenneropermeabili. Ma la dematerializzazione, parola chiave dell’“economia del sapere”, funziona in entrambe le direzioni. Nasconointereindustrieicui prodotti sono puro spirito – l’algoritmo di ricerca di GoogleoisoftwarediApple – e, viceversa, lo spirito diventaindustria. A questo punto Numero 2 riuscì a penetrare, come l’omino gobbo della favola, in ogni cucina, in ogni magazzino,inognicantinae, quando il suo trionfo arrivò perlaprimavoltaalculmine, perfinoaessereinseritonelle preghiere, come documentò un leggendario reportage del “Time”.Entrònelcervellodi ognipersonaeinognicasa,e ilsuomediumeral’elettricità, che connetteva le persone e i mercati. Siimposeatutti.Eallafine, nel maggio del 2010, un mondosbigottitosireseconto di cosa può accadere quando Numero 2 ha il pieno controllo. ____________________ 1ManuelCastells,Lanascitadella societàinrete,UniversitàBocconi, Milano2008,p.535(ed.orig.The RiseoftheNetworkSociety:The InformationAge:Economy,Society, andCulture,Wiley-Blackwell, Hoboken2011;1aed.1996). 2Binmore,GameTheoryandthe SocialContract,cit.,vol.I:Playing Fair,p.205. 3NirVulkan,EconomicImplications ofAgentTechnologyandECommerce,in“TheEconomic Journal”,109,1999,pp.67-90,qui p.69. 4Ibid. Capitolo16 Lampo Lemacchinedell’Ego funzionanocomeda manuale...ecomincianole guerre A un grande maestro di scacchi occorrono pressappoco seicentocinquanta millisecondiperaccorgersidi essere sotto scacco. A un individuo normale occorrono mille millisecondi, cioè un secondo, per reagire fisicamente a un segnale di pericolo.Aimercatifinanziari occorre,nelmiglioredeicasi, un tempo pari a quello del grandemaestrodiscacchiper reagireauncrolloborsistico. Le transazioni sui mercati finanziariormaisiavvicinano alla velocità della luce. I trader installano i loro server direttamente accanto ai computerdellaBorsadiNew York, per sfruttare i millisecondi. Un cavo posato a questo unico scopo attraverso l’Atlantico ridurrà di settecentoquaranta nanosecondi il tempo di trasmissionedeidatifraWall Streeteitraderlondinesi(un nanosecondo è un milionesimodimillisecondo). Tradottanellanostranormale percezione del tempo, la differenza è tra il prendere unadecisioneinunminutoo in poco meno di dieci settimane. La trappola scatta aunavelocitàmilionidivolte superiore a quella necessaria a un essere umano per rendersi conto di essere in trappola. «Quando il normale cliente vede la quotazione delle azioni» dice uno che questi sistemi li crea, «è come se vedesse una stella che in realtà si è estinta da millenni»1. Tuttavia, tra i battiti di questa unità di tempo quasi subatomica non si accende nessuna luce. Il ritmo è dato da decisioni, valutazioni, giudizi, preferenzechesitrasformano in denaro: un bilione di byte inunsologiorno. L’esplosione della massa di dati corrisponde al collasso deltempo.Nelgirodiquattro anni, negli Stati Uniti il periodo medio di lock-up2 delleazionisièridottodadue mesi a ventidue secondi (negli anni cinquanta era mediamentediquattroanni)3. Dalpuntodivistadellafisica l’universo economico si muove, per così dire, all’indietroversoilBigBang. GiàlacrisiLehmanavvenne nel segno di prodotti finanziari ipercomplessi, la cuifisicaeraincomprensibile perfino agli addetti ai lavori. Il flash-crash del 6 maggio 2010,chesegnòilpiùgrande crollo mai subito dal Dow Jones in un solo giorno e, a dispetto di tutte le analisi degli esperti, è rimasto inspiegato fino a oggi; i fatti misteriosi avvenuti in occasione del crollo delle quotazioni in Borsa della piattaforma azionaria BATS; l’azzeramento di enormi quantitàdidenaronelcasodi Knights Capital: sono tutte trappolescattate,enonhanno lasciato tracce nelle menti solo perché, fortunatamente, sisonoriaperteelafaccenda è stata in qualche modo messaatacere. Il6maggio2010,giornodel primo flash-crash, gli algoritmi di Wall Street cominciarono per la prima volta a comportarsi in modo inatteso e incomprensibile. Molto denaro scomparve e riapparve altrettanto misteriosamente dopo poco tempo. I computer impartirono misteriose disposizioni di compravendita. Nell’agosto del 2012, Knights Capital perse nel giro di mezz’ora quasi mezzo miliardo di dollari, senza che le cause siano state finora chiarite in alcun modo – e il collasso matematico non coinvolse una piccola azienda qualunque, ma un’impresa che, come ha rilevato Scott Patterson,incertegiornatedi scambi a Wall Street e sul Nasdaq creava un giro di compravendite azionarie superioreaquellodiqualsiasi altraaziendanelmondo.Dice lo storico della scienza GeorgeDyson:«Eracomese si fosse assistito all’investimento mortale di unapersonachepoi,dicolpo, sirialzaeseneva»4. Già nel febbraio dello stesso anno il fisico Neil Johnson avevamessoinguardiadaun collasso dell’intero sistema, che avrebbe potuto essere scatenato da una «guerra globale tra algoritmi informatici rivali». Secondo Johnson, il mercato è come un lago pieno di piranha che danno la caccia a una grande preda, le cosiddette balene, dietrolequalisisononascosti enormi fondi istituzionali, oppure, in mancanza di altro cibo,sidivoranoavicenda. In tutti i sistemi digitali nei qualivieneinstallatoNumero 2, dalle piazze finanziarie fino ad Amazon, egli non pensa che a prevedere, a riprodurreeacontrobatterele mosse della controparte servendosi dell’equilibrio di Nash. Tuttavia, negli algoritmi finanziari, dove, comeèrisultatoevidentecon il flash-crash, si trattava di marginidiprofittominimalia frontedifatturatigiganteschi, Numero 2 non agiva più nel mercato,maerailmercato. Se si fosse trattato di un sistemapolitico,losisarebbe potuto confrontare solo con unacrisidiCubapermanente. Già le sanzioni più blande, il minimo screzio nelle “trattative”, la più piccola deviazione dall’autointeresse egoistico assoluto possono scatenare il mostro. Questa «tragedia algoritmica del benecomune,nellaqualetutti gli attori, agendo in modo coerente con il solo interesse individuale, davano luogo a unmercatochecostituivauna minaccia sistemica per la vita»,avevaportatoilmondo sull’orlo del fallimento sistemico5. Il vero sciame, in un mondo nel quale il mercato è la verità, non è l’intelligenza collettiva. Sono i milioni di piranha che danno la caccia alle nostre intenzioni, ai nostri obiettivi e ai nostri desideri. In un mondo che si definisce con indulgenza economia del sapere ogni domanda, ogni risposta, ogni acquisto o vendita è una dichiarazione che potrebbe rivelare di noi più di quanto vorremmo. Come sempre, anche in questo caso le piazze finanziariefannodapioniere: nel giro di pochi anni è esplosalaquotaditransazioni nei dark pools, quelle acque nere–inrealtànient’altroche Borse prive di controlli –, nelle quali un tempo gli investitori trovavano rifugio dai predatori. Un fondo istituzionale, i cui algoritmi stabiliscono di acquistare o vendere azioni in grandi quantità, modifica immediatamente il prezzo. Chi riesce a prevederlo in qualche frazione di secondo puòfarebuoniaffari. Ci sono algoritmi che pasturano le balene, cioè fanno essi stessi offerte in piccoledosiequindidannola caccia agli agenti della controparte in una spirale di prezzicrescentichesimuove a una velocità misurabile in nanosecondi. Altri attaccano le balene mediante falsi segnali. Altri ancora rivelano leintenzionidelcompratoree poi ci sono anche le scariche senza fine di sistemi con nomicheparlanodasé,come Blast6, che vendono e acquistano a incredibile velocità, per fare a pezzi i piranha. Il giornalista e investigatore finanziario Scott Patterson, che probabilmente è stato il primo a spingere lo sguardo fino al fondo dei dark pools, riferiscecomeicreatoridegli algoritmipredonidianovitaa un nuovo darwinismo, che si riteneva estinto anche nel movimento d’affari più spietato. Non è la lotta darwiniana per la sopravvivenza di epoca vittoriana, ma una guerra permanente, un divorare ed esseredivoratidapredoniche agiscono autonomamente e fulmineamente, una «danza febbrile tra cacciatore e preda». Gli shock provocati nei social network dei mercati finanziari dai flash-crashes del maggio 2010 e dell’agosto 2012 furono un segno del grado di instabilità ormaimostratodaisistemi. Oggi è quasi più inquietante il linguaggio inequivocabile conilqualepressochétuttele fonti riferiscono che nessuno dei soggetti coinvolti sapeva cometrovareunaviad’uscita senza distruggere i fondamentistessidelsistema. Sono le vecchie paure della guerrafredda,trasferiteinun mondo la cui paranoide tecnologia della conoscenza non produce alcuna “trasparenza”, ma la schietta pauradelmostro. E come nella guerra fredda, si verificano scaramucce, minacce di annientamento totale, guerre per interposta persona. Dall’inizio del secolo già due volte si sono manifestate nei sistemi automatizzati crisi poi note come algo-wars, “guerredegli-algoritmi”7. Nella ricostruzione degli eventi fatta da Scott Patterson nel suo libro Dark Pools ci si trova nel bel mezzo della guerra fredda. Vengono sviluppate “armi letali” che nelle guerre-degli-algoritmi provocano danni terribili, poiché le loro intenzioni e i loro progetti non sono più riconoscibili, mosse ipercomplesse, nelle quali ognuno mette nel conto l’eliminazione da parte dell’altro e tutti cercano disperatamentedistabilireun “equilibriodelterrore”. Mentrelapoliticadispiegava la sua Iniziativa di difesa strategica (SDI) sotto forma discudiprotettivi,unaricerca cheanalizzava,perilperiodo dal 2006 al 2011, quasi diciannovemila eventi ultrarapidi e del tutto inattesi sul mercato azionario dimostrava che la cupola al vertice dei mercati finanziari aveva subito, nel linguaggio figuratodegliautori,«fratture ultraveloci», che avrebbero potuto portare a una «lenta rotturadelsistemafinanziario globale»8. Il motivo principale sta nel fatto che la comunicazione uomo-macchina si era separata dalla comunicazione macchina-macchina. “Darth Vader” Joseph M. Gregory non era stato l’unico a spiegare ai suoi collaboratori che per fare profitto c’è bisogno solo della “macchina”. Innumerevoli altrilofacevano. Specialisti come George Dyson oggi dichiarano apertamente che nessuno sa più come alcuni di questi mutanti di Numero 2 si sviluppino,unavoltaimmessi nel loro habitat naturale. Tuttociòchesannoècheuna scintilla galvanica basta a mettere in moto qualcosa. Dice Dyson: «Questo potrebbe accadere ovunque attorno a noi, non solo nel mondo delle finanze. Magari non ci rendiamo neppure contochec’ètuttounmondo di comunicazione che non è più comunicazione umana. Sono macchine che comunicano con macchine. Possonocomunicaredenaroo informazioni che hanno un altro significato – ma se è denaro, prima o poi ce ne accorgiamo. È un piccolo stagno caldo, in attesa della scintillaelettrica»9. Noiuominifallibili,contutti inostrideficitecompromessi sbagliati siamo stati messi fuorigioco,outoftheloop,e sostituiti da Numero 2. Ora che Numero 2 comanda, ha avvertitoDaveCliff–unodi quellichehannocreatointere generazioni di agenti economici, prima di lasciare Wall Street –, un giorno non lontano l’intero sistema entrerà in un «circuito infinito, che nessun uomo potrà più interrompere»10. I sistemi che vogliono sempre scoprire che cosa la loro controparte progetta e nasconde, e poi danno per scontato che la controparte sappia che loro vogliono scoprire cos’ha in mente, e così via per l’eternità, si bloccano. E poiché si bloccano, devono raccogliere sempre più informazioni. Tuttociòhaavutoinizionelle Borse; ma non occorre molta fantasia per immaginare che, ovunque Numero 2 valuta e stima transazioni umane, la mania di raccogliere informazioni porterà a un sistema caratterizzato da effetti di feed-back che si rafforzano. Numero2nonavevabisogno del computer, poiché è egli stesso un automa. Occorre soltantolamatricedellateoria dei giochi, una tabella nella quale si inseriscono tutte le mosse immaginabili e i loro rischi, più qualche formula. Malatecnicaglirendelavita piùfacile. Inquestisistemi,Numero2è fornito di tutto. Ormai può leggereiresocontidell’ultima conferenza stampa di un’impresaquotatainBorsa,i risultati dell’ultimo turno di Champions League o le notizie sulle proteste di coloro che contestano la costruzionedell’aeroporto.Le agenzie di stampa come Reuters e Dow Jones gli forniscono i loro testi scritti in un linguaggio che le macchine sono in grado di leggere. Tuttavia esso da tempo comunica anche con TwittereGoogle,Facebooke YouTube, per «valutare lo stato d’animo di intere popolazioni»11. Lamaggiorpartedellecopie digitali di Numero 2 oggi è pur sempre di una rozzezza brutale (zero intelligence), e noitutticilavoriamo.Devono individuare il biglietto meno caroeilristorantepiùabuon mercato e molte non negoziano con i diversi operatori, ma si limitano a confrontare i prezzi. Altre valutano il lavoro intellettuale, per esempio nelle grandi banche dati di Thomson Reuters, che ormai stabiliscono l’importanza del lavoro scientifico mediante parametri come la frequenza delle citazioni in riviste “importanti” – fino alla valutazione di intere università, che consiste sostanzialmente nell’apprezzamento di un singolo operatore commerciale. Gli agenti più interessanti, però, soprattutto quelli che operano nei mercati finanziari, sono programmati evolutivamente,apprendonoe modificano il loro comportamento e nel loro insieme sono una variazione sul grande tema della vita egoisticadiunMrHyde. Oggi, anche per gli informatici dell’economia è impossibile prevedere come si svilupperanno determinati agenti economici che agiscono nel mercato e operano in modo evolutivo. Ciò che Numero 2, quando è ingradodiapprendere,facon successo nella prima generazione, viene ripreso e ottimizzato dalla seconda generazione, senza alcuna influenzadapartedell’uomo. Cosìsononatieffettivamente organismi quasi biologici. Come veri e propri esseri viventi sono esposti ai condizionamenti ambientali (il mercato) e, come nel caso dei veri e propri esseri viventi, questa spinta porta nonsoltantoallaselezionedei più egoisti, ma anche a mutazioni. La cosa va immaginata così: nei sistemi, agenti sempre meglio addestrati si presentanononsoltantocome ego-macchine da combattimento superefficienti,maanche,per così dire, come vitelli a due testeoesseriumaniconsette dita, cioè come quelli che Charles Darwin avrebbe chiamato mostri. Ed è sconcertante e illuminante nello stesso tempo vedere comelapolemicasullecause dell’instabilità dei mercati finanziariautomatizzativenga condotta nella cerchia degli esperti esattamente come l’aveva condotta Darwin nel diciannovesimo secolo, quando gli era stata opposta l’esistenzadiquestifenomeni come prova confutativa della teoriaevoluzionistica. Così anche adesso: gli uni dicono che Numero 2 è diventatounmostroperchéla mostruosità è sempre stata insita in lui, sicché occorrerebbe fare qualcosa; gli altri credono che Numero 2 sia mutato in qualcos’altro, una variazione casuale che nonè“sistemica”,cioènonè ereditaria. Tuttavia, Darwin avrebbe potutodireatutticostoroche c’è differenza tra le creature chevengonoallevateequelle che vengono prodotte dalla natura. «Alcune razze di animali domestici […] hanno spesso un carattere mostruoso»,scriveva,elasua spiegazione del fatto che la natura consenta qualcosa del genere è di estremo rilievo per il nostro tema. La sfortuna, secondo Darwin, è cheifreakanimals«vengono selezionati dall’uomo solo a proprio vantaggio; dalla natura solo per l’essere viventechevuolefavorire»12. Nessunoèattualmentepiùin grado di rispondere alla domanda su cosa realmente faccia Numero 2 nei mercati finanziarisottoformadeisuoi algoritmi. Alcuni ipotizzano che apprenda. Ma cosa? E conqualiconclusioni? Gli interlocutori con cui ho parlato in occasione delle ricerche per questo libro non riescono a dare una risposta. E dopo tre enigmatici crolli, l’autocoscienza dei pensatori nonèpiù,daunpezzo,quella degli eroi dell’universo. Al contrario: alcuni dei più importanti hanno lasciato Wall Street e hanno scritto libri che, per il loro allarmismo, ricordano i moniti autocritici dei fisici atomici degli anni cinquanta. È il caso per esempio di EmanuelDerman,studiosodi fisica quantistica e analista quantitativo prestato alla finanza,odiNassimTaleb. Certo, resa insicura dalla violenza della crisi inattesa, una schiera di economisti ha guardato ancora una volta a Numero 2, che nei modelli viene fatto agire al posto dell’uomo. Alcuni, come gli autori del Fondo Monetario Internazionale, hanno dimostrato che, per comprenderelacrisi,lafigura diqualchepazzodaromanzo èpiùutilediNumero2. Lo studioso di economia britannico Geoffrey M. Hodgson auspica con fervore una «nuova economia senza Homo œconomicus»13. Gli economisti comportamentali additanolecontraddizionifra larealtàeilmodello.EGerd Gigerenzer,ilgrandestudioso dell’apprendimento berlinese, dimostra che l’uomo e la natura non traggono impulso da una matematica dell’utile individuale, ma da istituzioni edeuristiche. Tanto più sorprendente è allora il fatto che noi lasciamo penetrare in tutta la nostravitasocialeciòchenei primi mercati automatizzati delmondohaquasiportatoa unacatastrofe. Molti indizi suggeriscono chenelcuoredell’attualecrisi finanziaria ed europea covi un conflitto molto più fondamentale, nel quale è sostanzialmente in gioco l’implementazione dell’ideologia neoclassica e neoliberista americana nelle società, nei micro-mercati e perfino negli ordinamenti costituzionali dell’Occidente europeo. Si tratta della convinzione che ogni governo – anche quello americano – non solo samenodelmercato(ilquale non è altro che un grande computer), ma che i governi non riescono più a esprimere lavolontàdellamaggioranza. ____________________ 1JeremyAdler,RagingBulls:How WallStreetGotAddictedtoLightSpeedTrading,in“Wired”, settembre2012,disponibile all’indirizzo http://www.wired.com/business/2012 2Ilperiododitemponelqualeè proibitaalmanagementea importantiinvestitorilavendita delleproprieazioni.[N.d.T.] 3ScottPatterson,DarkPools:The RiseofA.I.TradingMachinesand theLoomingThreattoWallStreet, CornerstoneDigital,NewYork 2012,p.46. 4Dyson,AUniverseofSelfreplicatingCode,cit. 5Patterson,DarkPools,cit.,p.315. 6“Caricaesplosiva”,“esplosione”, maanche“schianto”,“sballo”. [N.d.T.] 7Patterson,DarkPools,cit.,p.40. 8NeilJohnson,GuannanZhao,Eric Hunsader,JingMeng,Amith Ravindar,SpencerCarraneBrian Tivnan,FinancialBlackSwans DrivenbyUltrafastMachine Ecology,disponibileall’indirizzo http://arxiv.org/abs/1202.1448. 9Dyson,AUniverseofSelfreplicatingCode,cit. 10MikeO'Hara,ManVersusMachine (intervistaaDaveCliff),in“High FrequencyTradingReview”, disponibileall'indirizzo http://www.hftreview.com/pg/blog/m 11Patterson,DarkPools,cit.,p.307. 12StephenT.Asma,OnMonsters:An UnnaturalHistoryofourWorst Fears,OxfordUniversityPress, Oxford2009,p.168. 13GeoffreyM.Hodgson,From PleasureMachinestoMoral Communities:AnEvolutionary EconomicswithoutHomo œconomicus,UniversityofChicago Press,Chicago2012. Capitolo17 Politica Comesimettonoingabbia gliStati Dalla prima pubblicazione del Frankenstein di Mary Shelley la nostra fantasia è stataaddestrataperquasidue secoli all’apparizione di mostri. Avevano le sembianze di Boris Karloff, Godzilla o dei personaggi di Alien, di Ridley Scott. Assumevano la forma delle paurepiùdiffuse,equandole paure non avevano forma, allora incarnavano, come gli esseri viventi investiti dalla nube atomica, la loro mutazionegenetica. Il capitalismo dell’informazione aveva covatounessereilcuicodice genetico si era inarrestabilmente riprodotto in“titolitossici”cheinrealtà erano segnali elettronici. Questa creatura non aveva più l’abitudine di schiacciare isolati e intere città. Si lasciava dietro, invece, una scia di case nuove e di quartieri interi dai quali gli abitanti umani erano stati sfrattati. Questi ultimi, e come loro anche gli sconcertati piccoli investitori che potevano vedere sugli schermi la loro pensionecheandavainfumo, intuirono forse per la prima voltadinonvivereaSeattleo a Solingen, ma in una sola grandemacchina. «Ci socializzeremo in vicinati digitali», aveva scritto meno di dieci anni prima Nicholas Negroponte, uno dei precursori del capitalismo dell’informazione, «nei quali lo spazio fisico è diventato irrilevanteeiltempogiocaun ruolodeltuttonuovo»1. Era proprio quello che era successo, ma in modo del tutto diverso da come era stato pensato. Era rimasto soltantolospaziovirtuale. Il nuovo Grande Fratello, come il mostro era stato chiamato da qualcuno dotato di scarsa fantasia, faceva esattamente ciò che il sociologo Zygmunt Bauman aveva previsto: praticava l’esclusione. «[Deve] individuare le persone che “non si adattano” al posto loro assegnato – scriveva Bauman – [deve] scacciarle di lì e deportarle “dov’è il postoloro”o,meglioancora, non permettergli mai di avvicinarsi. Il nuovo Grande Fratellofornisceaifunzionari dell’ufficio immigrazione gli elenchi di persone che non vanno fatte entrare, ai banchieri l’elenco delle persone che non devono ammettere nel novero dei clientisolventi»2. Ormai tutto funziona secondo lo schema binario esclusione-inclusione: dai risultati della ricerca di Google,passandoperisocial network e le tendopoli nomadi del movimento Occupy nel cuore delle metropoli finanziarie, fino allavacillante“casaEuropa”, cheminacciadisfrattosingoli locatari e la cui gioventù decidedimigrareversonord. Avere un’illusione significa staccareunassegnocontando su qualcosa che non si possiede e comperare qualcosa che non ci si può permettere: proprio questo è accaduto con la bolla immobiliare americana. Queste case sono chimere, anche se i loro proprietari sono registrati nei libri catastali. Non erano soltanto prodotti della matematica finanziaria, ma anche dell’economiapolitica–egià soloquestonefagliaraldidei tempi moderni. Non erano soltanto un esperimento finanziario, ma nello stesso tempo un esperimento sociale. A uno dei trader rovinati dalla bolla dei subprime cadde, secondo le sue stesse parole, la benda dagli occhi: «Come si può comunicare alla povera gente la sensazione del benessere, se [gli stipendi] ristagnano? Le si offrono crediti più a buon mercato»3. I proprietari di case americani, che andavano a comprareconildenaropreso in prestito ipotecando case chenonpossedevano,agirono razionalmente fino allo scoppio della crisi. Non solo lebanche,maancheimedia, gliscienziatieipremiNobel li incoraggiavano. Era un comportamento coerente con la teoria del nuovo capitalismo dell’informazione. La presunta “società del sapere” ha propagandato in tutto il mondo l’idea che le imprese, le istituzioni e il singolo individuo dovessero “spogliarsi” (dismantle) delle limitazioni fisiche. La quota di beni immateriali e di capitale virtuale cresce costantemente. Naomi Klein, nel suo libro No Logo, diventato un punto di riferimento, ha descritto l’economia di mercati che non producono più, ma creano “brand”, affittano, prestano, noleggiano beni materiali e persone, sicché alcuni parlano già del fatto che i futuri consumatori troveranno fuori moda il concettodi“proprietà”. Ma,comenelcasodeinuovi senzatetto, questo non era implicito nell’idea dello “spogliarsi”. Di colpo le persone si sono ritrovate realmente nude e senza un tetto sulla testa. I sottoscrittori americani di ipoteche, indebitati fino al collo, non avevano fatto che tradurre in comportamenti concretiparoled’ordinecome “usa il capitale, ma non possederlo”, diffuse da consulenti finanziari molto influenti(Rifkin)eacclamate intuttiicongressideimentori di questo modo di pensare. Coerentemente, ciò significa anche “usa il lavoratore, ma non assumerlo (prendilo solo in prestito)” e infine “usa la tua testa, ma non esserne il padrone”. Con questo ci si riferisce a una delle operazioni più gravide di conseguenze con cui il “nuovo pensiero economico”hadatovitaaun mondo del lavoro nel quale “identità” e “personalità” sonostatedatempomesseda parte4. Un famigerato manifesto dell’ideologia di internet riassume quasi tutte queste tesi in una frase: «Le nostre identitànonhannocorpo[…] dunque, non c’è nemmeno unacoazionefisica». Senonsivuolefarperdereil buon umore a gente che sta chiusainunagabbia,occorre affermare che non esiste un mondotuttoattorno.Èinutile chiedersi se l’esecuzione forzata a danno dei nonproprietari di case americani nell’agosto del 2007 sia stata un difetto di tessitura nella teoria o nella realtà. Non è stato possibile rispondere a questa domanda, perché nel frattempo le cose erano precipitate. Sarebbe troppo fatalistico descrivere ciò che allora accadde con la locuzione “profezia che si autoavvera”. E ben presto risultò chiaro che, a dispetto di tutte le montagne di muscoli mentali fornite dal computer, la sconfessionedelcorpoedella physis aveva i suoi limiti dove li ha l’uomo. La generazionedegliuominiche aveva le macchine più intelligenti non sapeva più cosa in realtà fosse successo. E allora, proprio allora, semplicemente tirò i remi in barca. Seguì quella strana alzata di spalle, quel nonpoter-spiegare,quellaconfusa discussione dei medici al capezzale del malato, la nebulosità politica, la frase “sperochefunzioni…” Uno dei principali segnali d’allarme è che nell’epoca dellanuovarazionalitànonci sonopiùrisposterazionali.A guardar meglio, si constata chelacrisifinanziaria,conle sue cifre astronomiche che vannoaldilàdiognicapacità di immaginazione umana o politica, ci trasforma in prigionieridelcalcolatore,nel quale vediamo con stupore soltantocatenedinumeriedi codicichecipassanodavanti sfrecciando. Così ci si deve sentire all’interno della matrice. Dopo la crisi Lehman, per qualche tempo né le banche né le loro commissioni di sorveglianza furonoingradodidistinguere leuscitedalleentrate.“Essere in trappola” è una delle locuzioni più utilizzate nel contestodellacrisifinanziaria e dell’euro, dalla trappola della liquidità fino a quella dellacostituzione. Gli attori politici sono in trappola. Che fosse così lo dicevano loro stessi, lo dicevanoimedia,glianalisti, lovedevachiunqueascoltasse inotiziari. Quante volte si può dire “trappola” prima di accorgersicheèdavverotale? Dai tempi della crisi finanziaria già il linguaggio, perfino il linguaggio del corpo dei politici ricorda quello di un prigioniero. Il “linguaggio della trappola” è un linguaggio estremamente complicato, che dà a intenderel’esistenzadiviedi fuga là dove non ci sono e finge la routine dove domina già il panico. I politici cercano “vie d’uscita” in spazi chiusi, si muovono in tondo, utilizzano formule di esclusione (“non c’è alternativa”), costruzioni al passivo con cui affermano di subire(“siamocostretti”)esi affidano a un’unica razionalità(“sefalliscel’euro, fallisce l’Europa”) che diventa la ragione di tutti gli altriospitidellagabbia. La guerra fredda è tornata, manellaformadiunaguerra fredda che la società ha dichiarato a se stessa: prima dei vertici dell’Unione Europea vengono tracciate “zone di atterraggio”, viene proposto o minacciato un riarmoesonoinscenatitragli alleati politici conflitti apparenti o reali, dove poi i singolistatidell’UEsvolgono “parate trionfali” mediante conferenze stampa che otto ore dopo sono interpretate dagli altri come una “capitolazione”, mentre nello stesso tempo viene testata la reazionesui“mercati”esulla propria popolazione, con comunicati ai media, brusche minacce di plebisciti o l’accanita opposizione a essi –tuttociòèprassipoliticada anni, sono tutti concetti del discorsopoliticoattuale5. L’interessanteèchegliStati, spesso senza che i loro politici se ne accorgano, vengonodatempoconsiderati dall’economia come puri e semplici giocatori nel mercato, non più come strutture costituzionali al di sopradeimercati. Ormai i primi ministri governano solo in parte i paesi;Numero2,chesacome funzionanoigiochirazionali, si insinua anche qui. Di conseguenza le banche di investimento suggeriscono ai loroinvestitoridinonleggere l’intera politica europea di gestione della crisi come politica, ma come gioco non cooperativo che, a ben vedere, può essere sfruttato. Ciò significa non credere a nulla, ipotizzare il peggio, partire dall’interesse individuale assoluto e poi vedere fin dove ci si può spingerestrategicamente. «Non crediate che l’Unione Sovietica non ci attaccherà per qualche remora morale», sidicevaaitempidellaguerra fredda.«Soloimmaginandoil peggio si trova una strategia razionale per trarre in inganno l’avversario». Come abbiamogiàdetto,eraquesto l’equilibriodiNash. Eoggi? Ora, – scrive il “Wall StreetJournal”comesenon si trattasse della crisi dell’eurodel2012,madella deterrenza reciproca, – si legge molto spesso che l’euro non crollerà, dal momento che questo sarebbe un guaio per tutti, sicché alla fine i politici si metteranno d’accordo e prenderanno decisioni ragionevoli. Non credetelo mai. È piuttosto probabile un evento catastrofico. L’unica condotta razionale consiste nel prepararsi al peggio. E poiché quel giornale è convinto della superiore saggezza dei mercati ed è persuaso della limitatezza degliStati,suggerisceaisuoi lettori di inserire subito nel lettore DVD il film A Beautiful Mind per comprendere la crisi dell’euro6. Uno dei più importanti giochi di strategia della guerra fredda, di cui si sono occupati anche John Nash e suoi colleghi, era il ChickenGame: due auto sfrecciano lungounastradal’unacontro l’altra.Chisterzaperprimoe quando? Fino a quale secondo posso restare lì, per far sì che l’altro batta in ritirata? Come sempre in questi giochi mentali non era questione di reazione autonoma, ma di come riuscire a dare l’impressione di avere un’irremovibile autonomia, infondendo nell’altro il dubbio sulle proprieintenzioni.Losideve sapere, se si vuole comprenderecomegliStatie i loro cittadini oggi vengono letti dai mercati finanziari: fannocomesenoncifossero. Il cittadino e lo Stato non hanno più alcuna sovranità, ma “giocano” soltanto. In questo modo i parlamenti diventano accessori e le opinioni pubbliche casse di risonanzaacuicisirivolgein realtà per influenzare i mercati. Oggi gli Stati sono economicamenteimprigionati nel loro campo d’azione come lo era militarmente il mondo della guerra fredda. Nel gennaio del 2012 lo stratega capo dell’agenzia di investimenti di Chicago “William Blair” definì ironicamente la politica europeadellacrisiungiocodi sovranità nel quale i politici non miravano più al denaro, ma all’autodeterminazione politica. Durante la guerra freddaleesibizionidipotenza avvenivano mediante una “sovrabbondanza di armi nucleari”;orainuovirivali– Stati e mercati finanziari – mostrano la loro potenza con una sovrabbondanza di presunterisorsedidenaroche potrebbero salvare o annientare gli Stati in pericolo. «Ma,–avverteBrianSinger, autore del testo, – la sovrabbondanza può essere un bluff o può esistere realmente».Inparolepovere: abbiamo i soldi per i quali garantiamo? L’obiettivo del gioco della Germania sarebbe quello di imporre all’intera zona dell’euro la “politica finanziariateutonica”.Ipaesi del Sud hanno bisogno di denaro, ma dovrebbero rinunciare a parte della loro sovranità. Nel mondo di Numero2l’ideadilasciarela sceltaalpopoloègiàdipersé una “minaccia”, in quanto il mercato è un computer elettorale migliore del plebiscito. L’ex primo ministro greco Papandreu cercò di minacciare gli altri paesi con un referendum. Sfortunatamente era un bluff, e ci rimise il posto […] La Francia ha formato una coalizione con la Germaniaperspillareforza economica dalla Germania […]Nonc’èl’intenzionedi separare i mercati finanziari;giocaungiocodi sovranità, proprio come previsto dal modello di John Nash. I leader politici e i loro partner nei media giocano molto bene […] quando la crisi di liquidità sarà passata, una serie di paesi sviluppati dovrà vedersela con l’insolvenza cronica. Dunque, le banche di investimentonondevonoaver pauradiunaregolazioneodi una “rappresaglia”. «Piaccia o no, un buon avvocato, un derivato e una mente versata per la finanza è in grado di aggirare qualsiasi regolazione, talvolta, sfortunatamente, anche in modoillegale»7. Non si può addossare tutto alle banche di investimento: esse descrivono come gli investitori possono partecipare al grande gioco, maanchegliStatigiocanotra di loro il medesimo gioco da quando è scoppiata la crisi dell’euro. In questo contesto di gioco a carte coperte perfino l’affermazione “uno più uno uguale due” può essere un bluff. Si pone però laquestionediquantoalungo le democrazie possano reggere simili forme di comunicazionepubblica. Nei bunker delle sue stanze negoziali, la classe politica deve programmare cinque passieprevedereisuccessivi diecipassidelmercato,chea sua volta ha previsto e “stimato” i cinque passi dei governi. Ormai i governi parlano solo tatticamente con le loro opinioni pubbliche, scavalcano i parlamenti e le leggi, devono dare indicazioni fuorvianti e suscitare aspettative contraddittorie, illudere su risorse finanziarie illimitate e su grandi capacità di tenuta, annunciare, applicare o respingere regolazioni – tutto questo solo per confondere, indurreinerroreocostringere allacooperazionel’avversario nella corsa agli armamenti con i mercati. Solo per non cadere nella trappola e piazzarneinveceunaloro. La controparte opera esattamente con gli stessi bluff. Numero 2, da maestro deimodellibasatisullateoria dei giochi, li ha insegnati a tutti.Glialgoritmicalcolanoa partiredaunagranquantitàdi informazioni il futuro andamento dei prezzi, valutano con l’ausilio di altri algoritmi come il proprio comportamento viene letto dagli altri e cambia il futuro, e quindi decidono a chi e in quale quantità inviare informazioni sbagliate. Cercano di predire la performance di un’impresa prima che questa sia nota all’impresa stessa (dark pools), inviano perfino informazionialmercatodella finanza e al mercato dei politici per provocare o impedireazioni. La maggior parte dei gestori di fondi speculativi, di operatori delle banche d’investimentoeditradernon ha volto né nome, ma possiede armi efficaci e una razionalitàsullaqualesibasa l’intero gioco: non vuole perdere. Mentre i conflitti sociali tra economia reale, Stato e società duravano decenni e, soprattutto in Germania, si svolgevano cooperativamente,all’insegna del concetto di “economia sociale di mercato”, ora il gioco dei mercati finanziari internazionaliconlasocietàè sempre più spesso non cooperativo,asommazero:la vincita dell’uno è la perdita dell’altro. Lo si può formulare anche assaipiùconcretamente:dopo una guerra fredda durata cinquant’anni tra un sistema di economia sociale e un sistema di economia pianificata, entrambi dotati della bomba atomica, ci troviamo dopo la fine del comunismo in una nuova guerra fredda tra gli Stati nazionali democratici e i corpi globalizzati dei mercati finanziari. Entrambi sanno che l’altra parte dispone di potentissime armi di deterrenza e di sterminio di massa. Entrambi non possono parlarsi direttamente, ma devono riprodurrenellapropriamente il pensiero dell’altro, per reagirvi. Entrambi devono ipotizzare razionalmente che nessuna delle due parti sferreràilcolpomortaleeche non può davvero volere che l’altravadacompletamentein rovina, il che però non escludeprimicolpistrategici, comefucostrettaaconstatare conorrore(dibrevedurata)la Lehman Brothers, che credeva nella propria rilevanza sistemica. I manager erano convinti, infatti, che lo Stato non l’avrebbe lasciata andare a fondo. Dobbiamo abbandonare l’idea che la crisi sia una situazioned’emergenzaeche tutteleazionipolitichesiano, per così dire, operazioni specialidiun’unitàdicrisidi pronto intervento. Ci troviamo in una fase di “politica del contenimento”, dilimitazionedell’espansione finanziaria globale. Il problema è solo che, diversamente dagli anni cinquanta, quando si trattava del contenimento di un imperialismo sovietico sostenuto dalla bomba atomica,ilpiùpotentealleato di allora, gli Stati Uniti, oggi non è più un compagno di gioco. Tra tutte le cattive notizie contenute in Inside Job, il film di Charles Ferguson,lapeggioreèsenza dubbio quella sull’amministrazione Obama: il governo americano non solo ha protetto le élite finanziarie, ma le ha anche chiamate a far parte dell’esecutivo. Nelgirodiunsolodecennio, tra il 2000 e il 2010, la balance of power tra la politica e i mercati finanziari americani si è spostata. Solo nella crisi è diventato chiaro che la politica agiva come avevanomostratoiteoricidei giochi della guerra fredda: comunica mediante mosse, nonmedianteargomenti.Ele mosse possono essere punizioni, ricompense, apparentisacrificidisestessi, ritirateooffensive. Come i giocatori della RAND-Corporation,igoverni non giocano solo con l’“avversario”, né soltanto con i “mercati”, ma con le proprie opinioni pubbliche. Basta il denaro per il fondo salva-Stati? Il limite invalicabile può essere superato? Il parlamento deve essereinformato? Che, come viene detto all’opinione pubblica, qualcosa sia “andato fuori controllo” e debba essere “contenuto”, che occorra “immagazzinare” denaro, evitare il “panico”, aprire un “ombrello protettivo”, sul quale decidono “governatori” dotati di immunità giuridica: sonotuttecose–compresala metafora nucleare della “fusionedelnocciolo”edelle financial weapons of mass destruction – che non rientrano nel linguaggio dell’assistenza tecnica o di Fukushima, ma in quello dellaguerrafreddainterna. ____________________ 1NicholasNegroponte,BeingDigital, Knopf,NewYork2005,citatoin http://www.scottlondon.com/reviews/ 2ZygmuntBauman,Vitediscarto, Laterza,Roma-Bari,2005,p.164 (ed.orig.WastedLives:Modernity anditsOutcasts,PolityPress, Cambridge2004,p.133). 3Lewis,TheBigShort.Ilgrande scoperto,cit.,p.14. 4JohnPerryBarlow,ADeclaration oftheIndependenceofCyberspace, 1996,disponibileall’indirizzo https://projects.eff.org/~barlow/Decla Final.html 5Peresempiocfr. http://www.faz.net/aktuell/politik/euro union/euro-gipfel-montismorgenstreich-11817149.htm. 6Cfr.MatthewLynn,GreekCrisis isn’tEconomics,it’sGameTheory, disponibileall’indirizzo http://www.marketwatch.com/story/g crisis-isnt-economics-its-gametheory-2012-02-22. 7Cfr.BrianB.Singer,Positioning PortfoliosforTurbulentTimes, disponibileall'indirizzo http://www.williamblair.com/~/media %20June%202012.pdf;Lynn, GreekCrisisisn'tEconomics,it’s GameTheory,cit. Capitolo18 Matrix “Comeavetepotutocreare unuomosimile?” È questa, dunque, la macchina che continua a spingere sempre più la politica europea e i suoi cittadinicontrolesbarredella loro gabbia? È questa la razionalità alla quale interi Stati devono adeguare in misura sempre più ampia le lorodecisionirazionali?Cisi sarebbe aspettati un po’ di scetticismo, anche se solo nella forma di un’ispezione che stabilisse se la favolosa macchina “mercato”, che tienetutticonilfiatosospeso, funzioni davvero come sta scritto nelle superate istruzioniperl’uso. Com’è potuta cadere nel mezzodiunacrisidimercato, e apparire come una visione, la frase di Angela Merkel su una“democraziaconformeal mercato”, e perché è stato profuso grande impegno nel riparare gli Stati, ma non i mercati? La risposta suona così: perché quasi tutte le élite politiche e sociali prendono per legge di natura la teoria secondo cui il mercato “la sa più lunga di noi”. Solo grazie a questa rietichettaturaèstatopossibile, per esempio, che la “fusione del nocciolo” dei mercati finanziari non suscitasse dubbi sull’Onnisciente, ma generasse la visione politica diunademocraziaubbidiente al mercato, che sarebbe risorta come la fenice dalla ceneretossica. Ciòacuiassistiamodal2007 con la crisi finanziaria è chiaramente diverso da un passeggero e irrazionale erroredisistema,qualcosadi più del periodico evergreen Systems gone wild. Non si possono semplicemente “arrestare” le macchine o, come dopo Fukushima, annunciare una svolta energetica. La frase sui “mostri” rivela quanto il subconsciocollettivocoltiviil sospetto che qui sia stato scatenatoqualcosadivivo. Le ricerche sul campo della sociologa austriaca Karin Knorr Cetina sulle piazze finanziarie di New York e Zurigo hanno mostrato che i trader percepiscono i loro sistemi di scambio digitali non più come mezzi di comunicazione, ma come autonome forme di vita biologiche e come qualcosa di simile a un “essere superiore” (greater being)1. Nella fusione tra l’uomo e la macchina gli schermi dei computer, a differenza degli anni novanta, non sono più “finestre” sui mercati, ma sono i mercati stessi – o meglio: «cantieri nei quali viene edificato l’intero mondo economico e intellettuale», una trasformazione che avviene anche nei social network “privati”comeFacebook. Di conseguenza, anche tutte le definizioni del mercato si fondonoinunasola.Parlando con un trader esperto, che ha operatoinquasitutteleBorse del mondo, alcuni studiosi hannodomandato: «Cos’èperleiilmercato?». Rispostadeltrader:«Tutto». Domanda: «E cos’è per lei l’informazione?». Risposta:«Tutto». Chi compera, chi vende, doveavviene,dov’èilcentro, cosafannolebanchecentrali, cosa fanno i grandi fondi, cosa dice la stampa, cosa succedenellaCDU,cosadice ilprimoministromalaysiano: ètutto,tuttoesempre2. Una forte intuizione sociale avverte che questa fusione crea un nuovo tipo di uomo. Percepisce il processo quasi alchimistico nel quale l’individuovienecreatodagli apparati di un mercato dell’informazione ormai privo di freni – e proprio quando l’individuo si è reso colpevole di un misfatto, come ad esempio l’agente di Borsa francese Jérôme Kerviel,chenel2008procurò al suo datore di lavoro, la SociétéGénérale,unaperdita di 4,8 miliardi di euro. Al culmine della crisi finanziaria, Kerviel diventò agli occhi dell’opinione pubblica francese quasi una sortadiCheGuevara,ilquale fa saltare in aria un sistema che esige un determinato comportamentoeconomico,e lofaadottandoproprioquesto comportamento. A leggere i suoi sostenitori su Facebook o nella stampa francese, sembrava già di trovarsi di fronte a un capitolo della trilogiadiMatrix. Kerviel era la quintessenza del cyborg, dell’uomo fuso con la macchina, che sul suo schermo percepiva le cifre nonpiùcomegrandezzefisse, macomepuraliquidità,come unflussoelettricochemutava in continuazione. «Mi dica chi è, chi è Mr Kerviel?» chieseilgiudiceall’iniziodel processo. Non senza pathos, ma con una retorica nella quale si rivelavalaveritàdiunintero sistema, dopo l’escussione delle prove l’avvocato di Kerviel,OlivierMetzner,fece un’altradomanda:«Chisiete, Société Générale? Chi siete? Come avete potuto creare un uomosimile?»3. Abbiamo già sentito questa domanda. È la domanda rivolta al dottor Victor Frankenstein. ____________________ 1KnorrCetinaePreda,TheSociology ofFinancialMarkets,cit.,p.47. 2Ibid. 3Das,ExtremeMoney,cit.,p.229. Capitolo19 “Mind’seye” “Avvio”dellademocrazia conformealmercato Che tipo di politica fa Numero 2? O, più precisamente, com’è il suo Stato ideale? Dove vivremo quando avrà completato la sua opera e avrà in pugno tutte le istituzioni sociali? E per chi sa che le parole particolarmente controverse deipoliticinonsonoaltroche le mosse di un gioco: cosa significa democrazia conformealmercato? Non c’è bisogno di spiegare che Numero 2 e i suoi cloni moltiplicati per milioni non vogliono più soltanto quello che vogliono i loro committenti. I flash-crashes hannodimostratocheormaii soldati agiscono fuori del controllo umano. Non è un incidente, ma corrisponde esattamente alla volontà dei loro creatori: certo non sarebbero passati per la macchina di Chicago1 se ora volessero comandare l’esercitodiautomi. Quello che volevano era del tutto sincero: una società nella quale ognuno può vivere liberamente secondo i propri desideri e le proprie passioni. Anche gli agenti, anche le controfigure. Perciò molti di coloro che hanno introdottoagentievolutivinei sistemi finanziari da tempo non sanno più cosa fanno le loro creature, solo che molto probabilmente continuano a farlo secondo le semplici regole della massimizzazione del loro profitto, in base alle quali erano state programmate. Finoaquandorimangonosul terreno della “costituzione” – egoismo significa massimizzazione del profitto e questa costituzione del mondo degli automi è stata scritta fondamentalmente da Ken Binmore –, anche agli agenti tutto è permesso. E poichéperprincipiosidiffida gli uni degli altri, l’incetta di informazionisucosaluiolei pensa o ha intenzione di fare sostituiscelacomunicazione. In questo mondo la “menzogna” non c’entra con la morale e l’insincerità deliberata è il problema minore: nell’epoca di Big Data – dell’interconnessione totale di tutti i dati sulle persone e le cose – anche l’autoinganno, le illusioni, le strategie con le quali gli uomini “se la danno a intendere”rientranoinquesta categoria. Le imprese che fanno opera di persuasione rivolta a se stesse e ad altri vengono esaminate e punite in Borsa, oppure, come nel caso di Lehman e AIG, giocano a lungo e con successo al tavolo da poker. Dove si “è mentito” nel senso classico del termine, è facile pronunciare sentenze giuridiche e morali. Ma le cosesipresentanoinunmodo ben diverso se gli stessi soggettiinteressatinonsanno ancoracosasanno. Le persone vivono da generazioni con il paradosso delle conseguenze “impreviste” e una parte importante dell’accertamento giuridicodellaveritàconsiste nello stabilire che cosa un individuo abbia progettato consapevolmenteoprovocato inconsapevolmente.Ilconfine si sposta quando nascono tecnologie che da un lato sono in grado di dare un nome a questo sapere implicito, ma dall’altro sono impiegate da persone convinte che i bluff siano la norma del comportamento sociale. Il programmatore Axel Pentland sviluppa e promuove apparecchi capaci dileggereisegnaliumani.La parolasegnalesuonaingenua e sterile. Si riferisce però a informazioni che l’uomo stessononsadipossedere. ScienziaticomePentlandnon sono Frankenstein. Propongono tecnologie che possono sempre essere impiegateperillatooscuroo per il lato luminoso del potere. «Pentland ritiene che questo tipo di sorveglianza possa essere utile per identificare persone potenzialmente avviate a un burn-out e che quindi richiedono un’osservazione piùattenta»2. Tuttavia le informazioni nei mercati vengono sempre raccolte e valutate nel contesto del “gioco a carte coperte”. Il giocatore o la giocatricetaceunparticolare, lo tiene per sé per trarne profitto. Nessuna azienda e nessuna organizzazione direbbe che vuole scoprire quellocheisuoicollaboratori tengono segreto. Piuttosto, in un contesto di lavoro normale, la teoria dei giochi puòessereformulatacosì: Poiché le persone tendono a nascondere il loro stress davantiaglialtri,puòessere difficile, se non impossibile, coglierne i segnali. In uno studio, Pentland e il suo studente MichaelSunghannofissato sensori fisiologici al corpo di studenti che giocavano a poker puntando denaro vero, monitorando i movimenti del corpo, la reazionecutaneaeilbattito cardiaco. Scoprirono che potevano identificare i momenti di stress particolarmenteintensocon una precisione dell’80 per cento. Inoltre, riuscirono a stabilire nel 70 per cento dei casi se i giocatori stavanobluffando3. Nel nostro contesto, l’esperimento è importante solo perché non è altro che l’applicazionedellamacchina della verità al gioco della nostravita.Ildatamining,lo sfruttamento di ogni tipo di informazione digitale, da tempo si fonde con ciò che Alex Pentland chiama il realitymining4. Ènotoatuttil’attualeambito di applicazione delle macchine della verità in campo politico-militare. La nuova guerra contro il terrorismo, che ha sostituito laguerrafredda,èricchissima di esempi. Per quanto appaia singolarechedonneinsediaa rotelle quasi centenarie siano costrette a spogliarsi ai controlli aeroportuali perché nella loro carrozzina potrebbero aver nascosto un’arma, nel complesso siamo pronti ad accettare il principio della fondamentale diffidenza in questi luoghi chiavedellacomunicazioneo del traffico, e di ciò fanno parteinakedbodyscanner,la perquisizione da parte di estranei, la richiesta di togliersi le scarpe, l’apertura e il controllo delle valigette, la rilevazione delle impronte digitali all’ingresso in un paeseecc. A scanso di equivoci, qui non stiamo mettendo in discussione l’indubbiamente legittima difesa dal terrorismo. Tuttavia, proprio queste procedure di identificazione costituiscono l’essenza dell’economia dell’informazione; all’aeroporto con il body scannero,comeperesempio all’aeroporto di Los Angeles, con sistemi di sorveglianza modellati sulla teoria dei giochi;nelcasodegliacquisti online,conagentieconomici. Allostatoattuale,alprogetto della “democrazia conforme al mercato” si lavora già in quasi tutte le nazioni industrializzate dell’Occidente. Come finora hanno fatto i mercati finanziari automatizzati, i social network e i motori di ricerca nell’internet commercializzata, il nuovo Stato dell’informazione sviluppametodidiprevisione dei comportamenti e di sorveglianza gestiti da robot, secondo il modello dell’analisi preventiva anticrimine. I centri di irradiazione del capitalismo dell’informazione del ventunesimo secolo si trovanonellaSiliconValleye aWallStreet.Unterzo,ilpiù potenteditutti,chesioccupa senza sosta delle idee degli uomini, si trova però in Virginia. Qui ha sede la National Security Agency, l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti. Oggi lavorano per la NSA le testemigliori(peresempio,il progetto Carnegie Mellon5 è stato finanziato dal Dipartimento di ricerca del Ministero della Difesa, il DARPA),eGooglevirecluta i suoi manager6. Quello che unavoltaeranoibunkeregli apparati di sorveglianza della guerra fredda è ora di casa nellebenpiùliquidestrutture della NSA. Se i teorici dei giochi della guerra fredda giocavano giochi economici con l’Unione Sovietica, la NSA è un passo avanti: è diventata una componente essenziale dell’economia dell’informazionee,comeun tempo la gente della RAND, sta per riscrivere accordi sociali.Unodeiloropensatori piùimportanti,anchesenonè luistessomembrodellaNSA, vede addirittura approssimarsi nuovi ordinamenti costituzionali che scuoteranno dalle fondamenta gli Stati democraticinazionali. PhilipBobbitthaconiatoper questi nuovi Stati la definizione di Stati del mercato dell’informazione. Il giurista è uno dei pensatori politici più influenti degli StatiUniti,untempomembro del Consiglio di Sicurezza. Democratico e tutt’altro che unBigBrother.Halavoratoa suotempoperBillClinton,e GeorgeBushharipresoletesi di Bobbitt nel suo Discorso sullo stato dell’Unione del 2004. Due anni dopo il fallimento Lehman, Bobbitt, con il plausodiHenryKissinger,di Niall Ferguson e dell’establishment politico americano, ha auspicato qualcosa a cui un’Europa maturata rapidamente e prontaall’assaltodalpuntodi vistatecnico-finanziariosista orientando in questo momento. Egli prefigurò e pronosticò un nuovo «ordine costituzionale che dissolverà lo Stato nazionale», la trasformazione del nostro mondo in «Stati del mercato dell’informazione». Per Bobbitt le crisi attuali non insegnano a mettere in dubbio il quoziente d’intelligenzadeimercati,ma il contrario: i mercati hanno delegittimato gli Stati poiché gli Stati non comprendono più i moderni processi del denaro e dell’informazione. Gli Stati dell’informazione hanno un messaggio molto semplice:dateciinformazioni suciòchepensate,progettate o volete consumare e noi vi daremo nuove opportunità di sviluppo e di carriera. Nello stessotempoilmodernoStato delmercatodell’informazione garantisce soltanto prestazioni di welfare minimali. Bobbitt non dice che trova giusta questa evoluzione. La descrive come una legge di natura; o meglio, la descrive come oggi viene descritto ogni mutamento sociale, cioè come l’esito di un determinismotecnologico. I padri di Numero 2 hanno visto il mercato come un unico, gigantesco computer; unamacchinaperelaborarele informazioni che fissa prezzi equi. Bobbitt fa un passo avanti:vedeloStatocomeun computer che ora – quando finalmente è sul mercato comeunasortadisuper-iMac Apple con chip ultraveloce, migliore scheda grafica, più rapidotrasferimentodeidatie design accattivante – ci impone determinati comportamenti,propriocome il telefonino, il computer, Facebook, l’anatra di Vaucanson, gli automi di Federico II, la macchina a vaporediWatt. «Un nuovo ordinamento costituzionale, che incarna questo mutamento, prima o poi sostituirà lo Stato nazionale», scrive Bobbitt. Non parla di Mr Hyde e si attiene a una certa diplomazia; eppure in frasi come questa si percepisce chiaramentel’ecodeipadridi Numero2: [Lo stato del mercato dell’informazione] esternalizzerà molte sue funzioni.Inquestomodola legittimazionedelloStatoin parte slitterà: esso non garantirà più il welfare, ma contribuirà a far sì che ognuno massimizzi le proprie opportunità individuali e adotterà metodi di condotta della guerra e tecniche di difesa di cui gli Stati nazionali nondispongono7. Non si potrebbe descrivere con più precisione come Numero 2 intenda ridurre il comportamentoumano,come desidera che sia lo Stato nel quale devono vivere i suoi uomini. E il bello è che le tecniche di guerra, come Bobbitt documenta pagina dopo pagina e come sa chiunque si sente addosso l’eyeintheskydell’America, munito di droni e onniveggente, sono le tecnichediinformazione:una tesi che non può sorprendere gli oppositori delle algowars.Cosìcomenelsecondo necessarioperscriverequesta PAROLA, algoritmi ad alta frequenza concludono centinaia di migliaia di affari in tutto il mondo, gli algoritmi ad alta frequenza dello Stato del mercato dell’informazionemonitorano imovimentideisuoicittadini. Qualunque cosa registrino le decinedimigliaiadidroninel cielo sopra l’America e le innumerevoli telecamere di sorveglianza, ora viene tradotta come i movimenti di truppe o gli autoconvogli russi nella guerra fredda o come i movimenti azionari nei mercati automatizzati. Numero2nonèpiùunessere coninformazioniincomplete. “Mind’s Eye”, un progetto del Pentagono, prevede di dotare di intelligenza visuale tutti i sistemi di sorveglianza della vita quotidiana. È il corrispondente sociale di quello che facevano gli operatori radar degli anni cinquanta e trasferirà definitivamente nella vita umana il sistema delle azioni e delle transazioni simboliche. Solo poco tempo fa i ricercatori della Carnegie Mellon University hanno presentato un sistema che in qualche secondo non solo decritta i video di sorveglianza, ma cerca anche di prevedere cosa potrebbe accadere dopo. Le registrazioni video vengono sezionateinsingolesequenze per poi essere collegate a concetti semantici come “sollevare”, “seppellire” o “portare”: se qualcuno “solleva”, “porta” o “seppellisce” un corpo, il sistema mette in allarme gli operatori che, allo stato delle cose, ridiventeranno in parte essistessimacchine. Qui, per il momento, i modellibasatisullateoriadei giochi svolgono di sicuro un ruolo soltanto marginale. Probabilmentefarannosentire la loro influenza nelle previsioni dei comportamenti e nelle strategie sociali, ma sono soltanto un ingrediente tra gli altri. Le procedure di riconoscimento delle immagini, le analisi statistiche e forse perfino le reti neuronali sono molto più importanti per gli “occhi” in cielo. Tuttavia è solo una questione di livello di organizzazione. Come abbiamovisto,nonèsoloHal Varian a credere che con l’aiutodell’equilibriodiNash si possa prevedere il comportamento. Come è possibile constatare osservando le architetture di sicurezza dell’aeroporto di Los Angeles, ciò non deve incomberesudinoicomeuna minaccia8. Qui il compito di impedire gli attacchi di un “avversario intelligente” (il terrorismo) disponendo di risorse limitate è stato risolto grazie a modelli basati sulla teoria dei giochi, che ridistribuivano le forze di sicurezza in modo sempre nuovo, secondo un principio di casualità straordinariamentecomplesso – sempre con lo scopo di spingerecosìinaltoi“costi” dell’aggressore (per esempio, dovrebbe sempre sorvegliare le routine che cambiano) da indurlo a rinunciare. Naturalmente simili applicazioni, che in ultima analisi non mirano ad altro cheallaripartizionedirisorse scarse (la polizia), in altri contestisonoanchemetodidi controllo. Nell’èra di Big Datalanostravitanonètutta quantamonitorataeosservata in permanenza mediante i droni e i segnali digitali? La statistica è una cosa – e attualmente è uno degli scenaripiùimportantiaccanto alla teoria dei giochi –; l’analisi del materiale partendo dal presupposto che tutto ciò che occorre sapere dellemotivazionidiqualcuno ècheeglivuolemassimizzare il proprio utile, è una cosa moralmentedeltuttodiversa. No, questo non è Orwell, o almeno non lo è fino a quandol’Occidentevivenella democrazia. Tuttavia è, se possibile, più drammatico: i sistemi che prevedono il comportamento umano non possono fare a meno di ricorrere a modelli basati sullateoriadeigiochi. In altri termini, tutti questi occhifreddiincieloeinterra devono per definizione pensare il peggio della persona che osservano. Vediamo più da vicino cosa neconsegue. ____________________ 1Macchinaleggendaria,emblema dell’automatizzazione,nellaqualei maialientranoviviedesconosotto formadiprosciutto.Poincarélacita nell’ambitodelladiscussionesui fondamentidellamatematica,per contrastarelaposizionedichinon ritienenecessariocapireunteorema perpoterlodimostrare,comese esistesseunamacchinanellaquale bastasemplicementeinserire assiomiperestrarneteoremi. [N.d.R.] 2MarkBuchanan,Signals,in “strategy+business”,48,2007, disponibileall’indirizzo http://web.media.mit.edu/~sandy/Hon Signals-sb48_07307.pdf. 3Ibid. 4Cfr.AndyGreenberg,Mining HumanBehaviouratMIT, disponibileall’indirizzohttp:// www.forbes.com/forbes/2010/0830/egang-mit-sandy-pentland-darpasociometers-mining-reality_2.html. 5LaCarnegieMellonUniversityè un’universitàprivatadiPittsburgh, inPennsylvania,sedediuna prestigiosascuoladiscienza informatica.Ilprogettoin questione,Mind’sEye,siproponedi svilupparel’intelligenzavisuale nellemacchine(cfr.infra,p.158). [N.d.T.] 6NoahSchachtman,DARPADirector BoltsPentagonforGoogle, disponibileall’indirizzo http://www.wired.com/dangerroom/20 darpagoogle/. 7Bobbitt,TerrorandConsent,cit.,p. 87. 8JamesPita,ManishJain,Fernando Ordoñez,ChristopherPortway, MilindTambe,CraigWestern, PraveenParuchurieSaritKraus, UsingGameTheoryforLosAngeles AirportSecurity,2012,disponibile all’indirizzo http://teamcore.usc.edu/papers/2008/A Capitolo20 Votazione Nel“crepuscolodegliidoli dellasovranità”lepotenze restituisconoilpotereagli uomini È per ora l’ultimo aggiornamento del capitalismodell’informazione nel segno della macchina: il cervello,ilmercatoeloStato diventano computer e hanno lo stesso software. Tutto questo ha un’enorme plausibilità per la società, poiché quasi tutti vivono già all’interno della macchina. Comegliautomiaorologeria di Federico il Grande, crediamo di conoscere l’ingranaggio che mette in motoilmondo. Tuttavia non è più la macchina degli esordi grandiosi,neglianninovanta, con le loro utopie digitali di comunicazionesenzaconfini, trasparenza e sciami amichevoli che diventano semprepiùintelligenti.Senza dubbiol’ideadiun’economia del sapere nella quale gli uomini traggono profitto l’uno dall’altro anche senza etichetta del prezzo, grazie alla cooperazione e all’altruismo, è una speranza sempre viva; questo tipo umano non è però programmato,senonaltroper semplici ragioni di impossibilità “tecnica”. E c’è differenza tra assumere che gli uomini siano spinti dal puro interesse personale e programmare un’intera popolazione in modo che lo sia. Il mercato automatizzato analizza preferenze, e per questo mercato, il fatto che i consumatori scelgano fra diversi libri o fra diversi governi comporta soltanto una differenza di prezzo. La tattica argomentativa è sempre la stessa: il capitalismodell’informazione innestailpatrimoniogenetico dell’Homo œconomicus sintetico in tutti i sistemi immaginabili – dal singolo individuo fino alle economie globali – e si espone sempre più al pericolo di produrre endemicamente profezie che siautoavverano. Walter Wriston, capo della Citybank e il più potente banchiere del suo tempo, nel 1992 aveva malignamente annunciato il «crepuscolo degli idoli della sovranità», un mondo nel quale lo Stato avrebbecapitolatodifronteal sapere dei mercati e alla razionalità dell’Homo œconomicus. Pronosticò ciò chenel2012ibanchieridella banca di investimento “William Blair” hanno accertato come un fatto. Gli Stati ormai giocano soltanto “giochi di sovranità”. I «mercati» scrisse Wriston «sono computer elettorali; sono un referendum permanente»1. Scritto–sinotibene–prima della commercializzazione di internet, in un momento nel quale non esisteva ancora il concetto di world wide web, Wriston celebrava il mercato con le stesse parole con le quali oggi viene lodata Internet Inc.: le «informazioni» prodotte dai mercati sono un «incessante conteggio dei voti su ciò che il mondo pensa della politica diplomatica, fiscale e monetaria di uno Stato». In altri termini, sono i mercati che «restituiscono il potere allepersone»2. Il mercato come simbolo della partecipazione democratica era l’idea originaria dei padri di Numero 2, di economisti come Kenneth Arrow o Milton Friedman. Voleva dire, per lo Stato, essere di per sé un mercato o non essercipiù. Non si può immaginare – e su questo Bobbitt insiste – una politica conforme al mercato attuata dallo Stato dell’informazione che sia come il laissez-faire di Ronald Reagan o Margaret Thatcher. Simili associazioni sono sempre state di per sé una banalizzazione. Ciò che Numero 2 vuole realmente farebbesudarefreddoqualche esponente della dottrina neoliberista pura. «Lo Stato del mercato è senza classi», non gli interessano la razza, la provenienza o il sesso, ma anche valori come il rispetto, l’altruismo, la lealtà o la famiglia gli sono indifferenti»3. Le elezioni sono poi, in un certo senso, assemblee popolari su questioni astratte e generali. La volontà dei consumatori si esprime attraverso la comunicazione collettiva su internet e nei media così come attraverso i “mercati” stessi. Dal momento, però, che entrambe, sia la comunicazione in rete sia la copertura mediatica – purtroppo sempre più finalizzata, in una parte populistica dei media, al numerodiclickeallecascate informative4 – vengono quantificate e selezionate da algoritmi, l’inquietante cerchio della profezia che si autorealizzasichiude. Perchidubitadiciòsonoda tempo disponibili i primi esempi concreti: la rapidità con cui si è realizzata la svoltaenergeticainGermania (in particolare per chi aveva assunto una posizione critica sull’energia atomica); il fatto che in occasione delle elezioni tedesche del 2009 fosse stato promesso proprio il contrario di ciò che poi è stato politicamente realizzato (per esempio, per quanto riguarda le forze armate o il salario minimo); la posizione assunta nei confronti del plebiscito greco e il suggerimentodatoaigrecidi spostare le loro elezioni tenendo d’occhio i “mercati” sono tutti strilli neonatali di un nuovo Stato del mercato dell’informazione. Non si tratta di fenomeni eccezionali e isolati: è piuttosto l’esito della diffusione di Numero 2 nel mondo del sociale e della politica.SoloquandoloStato (o ciò che di esso è rimasto) generalapropriaveritàconil computer, attraverso il plebiscito dei consumatori, è al posto che gli spetta secondol’opinionediunaltro vecchiostrategadellaRAND, profondamente legato alla nostrastoria5. Il “teorema dell’impossibilità”delpremio Nobel per l’economia Kenneth Arrow, che peraltro si considera “di sinistra”, ha dimostrato matematicamente che i desideri di tutti i partecipanti al mercato non possono essere compendiati in una sorta di volonté générale fedele alla realtà. Questo però significa anche che le elezioni, diversamente dai mercati, non sono mezzi per esprimere la somma dei desideriindividuali. Philip Bobbitt pronosticava unoStatocheavrebbereagito non più a scelte elettorali, relativamente rade, ma «ai desideri costantemente mutevoli e costantemente sorvegliatideiconsumatori»6. Già per questo motivo deve produrre incessantemente “trasparenza”, così da fornire aisuoimembrileconoscenze necessarieetutelarlidadanni. A tale scopo, tuttavia, esso deve poter guardare nelle menti dei partecipanti al mercato, un tempo chiamati cittadini. Lo Stato del mercato dell’informazione, infatti, deve fornire in permanenzaprevisionisututti gli scenari di un possibile futuro, per «prevedere ed escludere minacce». È una macchina di valutazione del rischio e quindi proprio ciò che è un moderno mercato azionario. Affermazioni come quella che segue sulla necessità delle previsioni del comportamento potrebbero benissimoapparteneretantoa un analista dei mercati finanziariquantoalgestoredi un social network: «Prima d’ora i governi non si sono maidovutiavventurarefinoa questo punto in speculazioni sul futuro, poiché la mancanza di una reazione tempestiva avrebbe conseguenzeirrevocabili». I social network dispongono del potere delle masse, i mercati finanziari automatizzati possono contaresulpoteredeldenaro, lo stato globale del mercato dell’informazione, terzo della serie, detiene il potere della forza militare e legislativa. Con tutta l’autorità dell’ex membro del Consiglio Nazionale di Sicurezza, la distinzione più importante di Bobbitt è quella tra i “produttori” e i “consumatori” di informazioni riservate (intelligence producers and consumers). Ognuno deve essere valutato contemporaneamente come produttore e consumatore di informazioni,ecosìilcerchio sichiude:all’uomoinquanto cittadino,aspiranteaunposto di lavoro, turista, accade esattamente ciò che accade a chiunqueoggilegganellarete e venga letto allo scopo di prevederneilcomportamento. Lo Stato del mercato dell’informazione parla volentiericonlavocealtruie in particolare con quella dei suoi nemici idealisti. Così Bobbitt e altri auspicano un universodigitaleparalleloper iservizisegretieifunzionari della sicurezza del nuovo Stato. E poiché il gioco prevede che si dica sempre qualcosa che significa qualcos’altro, per parlare di questo Stato utilizza concetti sacri ai pionieri della rete: open source, ossia conoscenza degli algoritmi, unmotorediricercaglobalee Creative Commons7, ossia la libera utilizzazione di informazioni. Cosìleinformazionidituttii servizi segreti del mondo “libero” verrebbero assemblate in un’unica piattaforma e sarebbero accessibili solo a coloro che soddisfano i requisiti della sicurezza. Tra le richieste della National Security Agency americana figura un “Google per i servizi di intelligence” e un direttorio dell’opensourcecheraccolga nella rete informazioni accessibili solo per breve tempo e, soprattutto, una giurisdizione unitaria. Questa piattaforma non soltanto regolerà la sorveglianza dei “consumatori di informazioni” e dei “produttori di informazioni”, ma valuterà queste informazioni come una Borsa. Le informazioni sui rischi, per esempio su un cyber-attacco o su un possibile piano terroristico, oggi vengono “protette” con l’ausilio di indicazioni matematiche (per esempio tramite manipolazione delle notiziechevengonoforniteal pubblico) come i fondi di investimento. Gli algoritmi delle Borse, di Facebook e dei servizi segreti in parte forniscono valutazioni identiche; solo la determinazione del prezzo – la “verità” – si distingue ancora. Cosa questo significhi, lo si può riconoscere nel modo migliorequandoèidentificato ilsoggettonelquale,perdirla in termini di tecnica del mercato finanziario, vale la pena di fare un investimento. Aquestoscoposiutilizzanoil data mining e gli algoritmi cheformulanoprevisioni,già oggiapplicatiaogniingresso negli Stati Uniti. Secondo Bobbitt, se nel mondo degli Stati del mercato dell’informazione una giuria indipendente – immaginata per esempio da Friedrich Hayekcomeun“consigliodi saggi” per le democrazie moderne – si convince che il terroristaarrestatohamentito, possono essere adottate misure coattive «come la privazione del sonno, l’isolamento e la somministrazione di droghe. Dove non c’è vero e proprio dolore,nonc’ètortura»8. Per essere equi, occorre aggiungere che in questi casi concretiBobbittprevedetutta unaseriedilimitazionilegali («nessuna tortura per motivi politici») e prende le mosse dallo scenario della ticking bomb,cioèlasituazionenella quale un sospettato sa dov’è nascostalabombachestagià ticchettando. Tuttavia questa concessione è a sua volta inficiata dal fatto che egli, come per esempio Niall Ferguson ha sottolineato in tono elogiativo, non respinge la prassi, finora seguita, di ricorrere alle droghe della veritàealla«torturaleggera», ma critica soltanto la mancanza di fondamenti legali. Essa deve essere regolata, come un mercato finanziario. La prassi americana del sequestro e dell’interrogatorio di sospetti terroristi da parte dei servizi segreti in stati terzi, dove la torturaèconsentita,èdefinita daBobbittun«outsourcingin mercatinonregolati». Egli chiarisce che rifiuta similimetodi,perilfattoche sicollocanofuoridellalegge. La legge deve adeguarsi evolutivamente,enellaprassi ciò significa che la sopraddetta giuria, composta di persone ragionevoli, anonime, che «sono scelte a caso nel numero più ampio possibile», decide sulle modalità per ottenere informazioni nel caso di terroristi. Queste persone agiscono «non come rappresentanti del governo, ma della società per la quale operaquestogoverno». Èchiarochel’interosistema quisviluppatodipendedachi è terrorista. Mettendo per un momento da parte i casi inequivocabili, è chiaro che tutto dipende dall’imputazione. Lo stesso Bobbitt fa notare che un uomo come l’eroe della Resistenza francese Jean Moulin venne trattato come un terrorista dai nazisti e che furonoinazistiadapplicareil concetto di terrorismo alla Resistenza francese. Bobbitt non ha una risposta alla domanda su come si possa evitarechelanuovatipologia di nemici in una guerra internazionale includa fra i terroristi anche degli innocenti – e la prassi adottata a Guantanamo non attenuaidubbi.Cosasuccede se la giuria stabilisce che l’indiziatoèunterroristaesa dov’è nascosta la bomba ticchettante? In un mondo dove sono perfettamente possibili la simulazione digitale e il furto di identità, dove intere guerre vengono legittimate con la menzogna delle armi di distruzione di massa nascoste, e nel quale, infine, è possibile, come si è visto nei mercati finanziari, suscitare sistematicamente un’apparenza ingannevole, la risposta a questa domanda risulta certamente tutt’altro chetranquillizzante. A giudizio di Bobbitt, le forme di organizzazione del futurononsonogliStatidella sorveglianza, ma i mercati della sorveglianza in Stati democratici. Essi non solo monitorano la minaccia potenziale dall’esterno, ma anche il consenso della popolazione, che non è altro che una scelta da consumatore compiuta dall’elettorepermanente. Non si può avere una cosa senza l’altra, e in entrambi i casi occorre investire molto denaro e molta tecnologia. Proprio questo si avvia a diventare il nuovo tema dominantedeinostritempi. ____________________ 1ThomasFrank,OneMarketUnder God:ExtremeCapitalism,Market PopulismandtheEndofEconomic Democracy,Kindleedition,Vintage Digital,London2010,pos.1227. 2Ibid. 3Bobbitt,TerrorandConsent,cit.,p. 89. 4Unacascatainformativasicrea quandounanotiziaoriginalediffusa daunsitowebvieneripresa direttamenteoindirettamenteda altrisiti.[N.d.T.] 5Mirowski,MachineDreams,cit.,p. 505. 6Bobbitt,TerrorandConsent,cit.,p. 87. 7Organizzazionenonprofitconsede negliStatiUniti,chemiraa facilitarelacondivisioneel’utilizzo pubblicodioperecreative,offrendo opzionididirittod’autoreperautori eartisti.[N.d.T.] 8Bobbitt,TerrorandConsent,cit.,p. 390. Capitolo21 BigData Numero2volainelicottero sullatestaditutti La società di consulenza aziendale McKinsey ha da poco annunciato una nuova fase del “capitalismo” e pronosticatoperimercatidel sociale un Big Bang dell’informazione e della velocitàcomequellochesiè verificato nei mercati finanziari a partire dal 2004. Ilnuovissimotrendsichiama “Big Data”, uno sterminato universo di dati connessi gli uni con gli altri, che possono essere acquistati o venduti in supermarket dei dati e che potenzialmente,dallestelleal caffè del mattino, dalle vibrazioniairumori,aivalori del sangue fino ai commenti malevoli su internet, mettono in relazione, scambiano e riversano in modelli analitici tutto ciò che è stato in qualchemodoregistrato.Solo per gli Stati Uniti, McKinsey calcola fino al 2018 un fabbisogno di almeno duecentomila analisti di dati, in grado di comprendere i sistemi in profondità. A essi si aggiunge un ulteriore milione e mezzo di datatrader, che li valutano, li formattano e li commerciano1. Il computer offre dunque la possibilità di valutare l’intera società umana come se fosse una macchina. O, per dirla diversamente, di attirare un’intera società all’interno della macchina. Gli studiosi dichiarano al “New Tork Times” «che i magazzini di Big Data riveleranno per la prima volta le leggi sociologiche del comportamento umano – consentirannodiprevederele crisipolitiche,lerivoluzionie altre forme di instabilità politica ed economica, proprio come i fisici e i chimiciriesconoaprevederei fenomeninaturali»2. Cosa questo significhi, lo spiega con una schiettezza e un brio davvero notevoli il sociologo di Harvard NicholasChristakis: Se vent’anni fa qualcuno avesse chiesto a un sociologoqualefosseilsuo sogno più grande, quest’ultimo avrebbe detto: «Sarebbe incredibile se potessimo avere un microscopico elicottero Black Hawk per volare sopradileieosservareogni cosa:dovesitrova,conchi sta parlando, cosa sta comperando, a cosa sta pensando, e se potessimo farlo in tempo reale e contemporaneamente per milioni di persone». È proprio quello che ora abbiamoottenuto3. Tuttoquestoèeccitanteperi tecnocrati,mainquietanteper gli umanisti, che vedono allungarsil’ombradelGrande Fratello, così rapida e nera cheperfinounochestadando un contributo determinante alla costruzione della nuova industria avverte per precauzione che «a George Orwell era di gran lunga mancatalafantasianecessaria quandoavevascritto1984». Tuttavialapauraperilfuturo da fantascienza sottovaluta il presente nel quale viviamo. Naturalmente,nonèsbagliato prepararsi al peggio, a quegli Stormtrooper,masseanonime e gelide macchine, con le qualinel1984laApple,inun leggendariospotpubblicitario del regista di Alien Ridley Scott,reclamizzòilsuoprimo MacIntosh, per dire che il 1984 non era 1984. Il problema non è, infatti, il grande dittatore che ne approfitta e trasforma una società in un carcere. È avvenuto, piuttosto, che una società si sia cacciata in una trappoladallaqualenonèpiù capacediuscire. Denunciare il fatto che il computer di Big Data riduce inmisurainaccettabilel’agire umano a modelli matematici, come se le persone fossero titoli azionari e i loro comportamenti transazioni, e dire che si dovrebbe fare di tutto per porre limiti alla valutazionedellepersonenon significa altro che imporre a scoppioritardatountempodi reazione troppo lungo: significa fare torto al computer e significa perdonare troppo alla società che l’ha creato. Big Data lavorerà con sistemi multiagente che non possono far altro che analizzare il mondo del sociale con l’Ego di Numero 2 e con formule basatesullateoriadeigiochi. Il nostro nuovo mondo tecnico riproduce fin nei dettagli l’immagine economicadelmondo,chegli economisti neoclassici e neoliberisti hanno sviluppato apartiredagliannicinquanta. Infatti, quella che ora accade non è una rivoluzione tecnico-fisica. Ogni iPhone, ogni occhiale computerizzato, ogni geniale algoritmo finanziario, pubblicitarioodiricercaèin primo luogo un evento della fisica sociale e serve all’installazione dell’uomo in unnuovosistemaeconomico. «L’automa simula un essere umano dopo che l’essere umano è stato simulato a misuradiautoma». Chiunque legga un libro come questo in formato ebook(oscorralabibliografia nei libri Kindle) può verificarloimmediatamente:i dati del lettore di e-book – sottolineature, pagine o capitoli saltati, durata della lettura–vengonotrasmessia centrali che ne traggono le loro conclusioni. E lo fanno cosìconcretamentecheormai vengono scritti interi libri sfruttando l’effetto retroattivo.Giànell’attimoin cui comincia a leggere, il lettore di e-book è un agente attivosulmercato. Fin dai tempi di Reagan i precursori liberisti del nuovo capitalismodell’informazione parlavano del computer proprio in questi termini. Annunciavano l’èra della fisica (quantistica) sociale, del “superamento della materia” e della “modernizzazione” del mercato, una santa trinità finalizzata esclusivamente all’ottimizzazione delle opportunitàdiprofitto. Quellachequisimanifestaè una soddisfazione inquietante, e il costante richiamo all’ideologia, secondocuisifaqualcosaper l’uomo,nonmiglioralecose. Dirk Helbing, che alla ETH di Zurigo vuole creare con FuturICTunadellepiùgrandi banche dati del pianeta e ha chiesto a tale scopo un miliardo all’Unione Europea, chiarisce senza remore di cosasitratta: È molto importante che impariamo a misurare il capitale sociale, come la fiducia, la solidarietà e la puntualità.Èimportanteper ricavarne un valore economico [...] Se imparassimo come si stabilizza o si crea la fiducia, ciò frutterebbe davveromoltodenaro4. L’errore di questa visione emerge con la massima evidenza nel punto cieco che consente agli ingegneri socialidiBigDatadiignorare il problema delle loro profezie che si autoavverano. Dalle esperienze dei mercati finanziari non hanno appreso nient’altro che la brama di averesemprepiùdati,sempre più connessione, sempre più tempo reale. In questo modo hannoprodottoenormierrori, inparticolarenelcampodella prognosidellemalattieedelle epidemie, di cui vanno così fieri e che continuano a impiegare come giustificazione politica per richiedere ancora più dati. Negli ultimi anni l’esperto di statistica Alexander Ozonoff, della Harvard School of PublicHealth,hastabilitouna significativa correlazione statistica tra le malattie e la loro diffusione mediatica: quanto più se ne legge sui giornali, tanto più frequentemente esse vengono accertate. Abbiamo avuto la ripetuta conferma del fatto che quanto maggiore è l’attenzione riservata dalla gente a una determinata malattiaequantopiùquesta malattia si trova al centro dei dibattiti pubblici, tanto piùladiagnositendeal100 cento5. Molti indizi inducono a ritenere che questo valga anche per la rapidissima diffusione dell’influenza suina.Quantipiùmediasono controllati dai click e dagli algoritmi e commentano in tempo reale, tanto più forte diventaquestotrend.Nell’èra di Big Data il Black Friday, con il suo panico che si autorafforza, si verificherà piùspessochemai. Tuttavia,anchealdilàdelle suggestioni di massa, gli amici di Big Data se la cavano sorprendentemente male nel compito che si attribuiscono: la capacità di predizione. Non solo nelle Borse, ma in quasi tutti i campi nei quali abbiamo la possibilità di verificare la qualitàdiquesteprognosi(e– c’è di che rabbrividire – in tutti i campi nei quali non sappiamo affatto se le previsionivengonovalutate). L’influente istituto di prognosi ECRI, che non può mancareinnessunarubricadi notizie dalla Borsa, si fa pubblicità con l’inquietante slogan: «Così come non è necessariosapereesattamente come un’auto funziona per guidare in sicurezza, neppure è necessario comprendere tutti i dettagli dell’economia per leggere correttamente gli strumenti». Ultimamente l’ECRI ha fatto parlare di sé con una prognosi drammaticamente sbagliata, cheunodeipiùseriosiesperti di statistica americani, Nate Silver, ha laconicamente commentato così: «A chi serve un’altra teoria, se abbiamo tante informazioni? Ma questo è proprio l’atteggiamentosbagliato[…] ECRI ha a disposizione un minestrone di variabili e scambia le correlazioni per variabili»6. Anche qui i mercati finanziari sono soltanto i battistrada.Sappiamopocosu quali software prognostici vengono applicati dalle autorità fiscali, dagli uffici addetti agli ingressi, dagli istitutidicredito,daicapidel personale. Ma quello che si apprende da altri ambiti, per esempio dalla medicina, è sufficiente a consigliare cautela. Nate Silver cita uno studio pubblicatonel2005,nelquale l’autore analizzava le prognosi mediche su farmaci sottoposti a sperimentazione. Provocando la rabbia del mondo degli specialisti, venne dimostrato che la maggior parte di queste prognosieranosbagliate.Eil suo studio sarebbe stato dimenticato, se poco dopo la Bayer non ne avesse confermato in modo ancor più impressionante gli esiti: due terzi dei risultati positivi riportati negli studi medici (pubblicati nelle principali riviste specialistiche) non potevano essere riprodotti sperimentalmente7. Lo stesso vale per la bolla immobiliaredegliStatiUniti. Le agenzie di rating disponevano di software per elaborare prognostici e avevano installato un complesso sistema di sorveglianza. Tuttavia, in seguito spiegarono l’erronea valutazione positiva dei titoli tossici con “eventi imprevisti”, cioè con il famoso “cigno nero”. Niente di più sbagliato. Come dimostraNateSilver,labolla immobiliare fu tutt’altro che uncignonero;perripeterele parolediPaulKrugman,essa fu «un elefante in una stanza». Ma ancor più decisivo è che tutti sentivano che le cose sarebbero finite male. Nel 2007 scoppiò la bolla immobiliare. Nate Silver scrive: Le interrogazioni su Google relative a “bolla immobiliare”decuplicarono tra il gennaio del 2004 e l’estate del 2005. Il massimo interesse per questo tema si registrò in Stati come ad esempio la California, dove si era verificato l’aumento più rilevante dei prezzi degli immobili […] Nel 2001 l’espressione “bolla immobiliare” era apparsa otto volte nei media e già nel 2005 raggiunse le 3447 citazioni. Di bolla immobiliare si discuteva all’incirca dieci volte al giorno nelle riviste e nei giornalipiùprestigiosi8. Si noti: tre anni prima dell’evento“imprevisto”. Larispostaaquestoenigmaè che non mancavano le “conoscenze” o le “informazioni”. Erano soltanto male utilizzate, vale a dire che erano impiegate come armi per gli affari di Numero 2, il quale opera in tuttiisistemi. Solo grazie ai prodotti derivati, nel decennio dal 1997 al 2007, i profitti di Moody’s erano aumentati dell’800percento. Secondolaformulaelaborata daFrankH.Knightnel1921, al rischio si può applicare un’etichetta con il prezzo. Il rischio, dicevano i giocatori di poker della RAND Corporation,sipuòridurrese si inchioda l’antagonista al suo egoistico interesse alla sopravvivenza. Il prezzo del rischio, dicevano quelli di Moody’s, è qualcosa il cui prezzo va spinto così in alto che nessuno può permettersi difarscoppiarelabomba. ____________________ 1Cfr.JamesManyikaetal.,Big Data:TheNextFrontierfor Innovation,Competition,and Productivity,disponibile al’indirizzo http://www.mckinsey.com/insights/m 2DennisOberbye,MysteryofBig Data’sParallelUniverseBrings Fear,andaThrill,in“TheNew YorkTimes”,edizionediNew York,5giugno2012,disponibile all'indirizzo http://www.nytimes.com/2012/06/05/ datas-parallel-universe-brings-fearsand-a-thrill.html? gwh=34E306B7F3DD574728A5F2A 3ANewKindofSocialSciencefor the21stCentury(conversazionecon NicholasChristakis),disponibile all’indirizzo http://edge.org/conversation/a-21stcentury-change-tosocial-science. 4ANewKindofSocio-Inspired Technology(conversazionecon DirkHelbing),disponibile all'indirizzo http://edge.org/conversation/a-newkind-of-socialinspired-technology. 5NateSilver,TheSignalandthe Noise:WhySoManyPredictions Fail–butSomeDon’t,ThePenguin Press,London2012,p.218. 6Ivi,p.196. 7Ivi,p.11. 8Ivi,p.22. Capitolo22 Sottomissione L’uomoètuttociòchevuole, enoisappiamocosavuole Finora nella nostra esposizione abbiamo visto comeNumero2siadiventato grande e forte e come abbia fattodituttoperamministrare la nostra identità, le nostre preferenze, le nostre passioni e i nostri desideri. Il capolavoro strategico di un imperialismomentaledelsolo che ancora conti in un’economia dell’informazionechecelebra la “sottomissione della materia”. Ma c’era un problema che, nella sua eterea vaporosità, Numero 2 non poteva risolvere da solo. Là dove lo siinculcava,nellamentedelle persone, c’era già qualcuno. AlcunilochiamavanoIo,altri Sé. Certo, in particolare i cosiddetti filosofi postmoderni avevano già fatto la loro parte nel bombardamento preparatorio della fortezza, ma l’Io era piuttosto ostinato. Voleva cosechehannoachefarecon l’identità: per esempio, contratti di lavoro a lungo termineoppuretornareacasa la sera, come generazioni di persone, e poter dire che aveva venduto la sua forza lavoro,manonlasuaanima. Come scrive Ellen Ullman, una programmatrice che aveva cominciato a lavorare entusiasta a Silicon Valley negli anni novanta e ha vissuto tutto questo: l’utopia della cooperazione, il nuovo pensiero,l’ideadicollaborare alla costruzione di un mondo nuovo. Ellen è uno dei pochi primi esemplari dell’Homo novus digitale che abbiano raccontato di quei tempi con lagrandemacchinadiSilicon Valleyeall’internodiessa. Comehascrittouncritico,il suolibroèunasortadi«urlo di un corpo che scompare dentro una macchina». È la testimonianza alquanto sconcertante di una donna che,comemoltialtridellasua generazione, ha creduto nella breve estate di una rete davverolibera:hannocreduto «di poter fare a pezzi la macchina e costruirne una migliore», ma poi si sono ritrovati giù in fondo, nel «grandemotoredelmercato». Volevo convincermi che i computersononeutrali,uno strumento come qualsiasi altro, un martello che può costruire una casa o spaccare un cranio. Ma c’è qualcosanelsistemastesso, nellalogicaformaledeidati edeiprogrammi,chericrea il mondo a sua immagine. […] È come se dichiarassimo che il gioco degli scacchi è l’ordine supremo dell’esistenza umana1. Eppureèproprioquellocheè accaduto. Non in forza del computer in sé, ma mediante l’intervento dell’economia dell’informazione. La sensazione della Ullman non è, come forse è ormai diventato chiaro, l’effetto collaterale di una tecnologia di cui, semplicemente, non sempre sappiamo servirci correttamente. Chi sarebbe stato meglio preparato di un’informatica come Ellen Ullman? Si tratta piuttosto della logica conseguenza di quell’imperialismo economico che ha trovato il suo strumento perfetto nella macchina calcolatrice. Per ridurre tutto a un soundbyte: pensavamo che Silicon Valley avrebbe conquistato il mondo. No, a conquistare il mondo è stata una determinata variante dell’economia (che nel suo nucleo è neoclassica, ma si spinge molto oltre) – e ora conquista Silicon Valley. Lo ha sottolineato uno dei recensori del fondamentale studio di John Davis sulla scomparsa dell’individuo nell’“economia politica”: «Per gli economisti neoclassici […] tutto ciò è irrilevante. Davis potrebbe scrivere altrettanto bene sulle […] figure degli scacchi, poiché l’individuo astratto, atomistico è tanto poco collegato al mondo quanto […]lefiguredegliscacchi»2. È questo ciò che la Ullman avvertiva intuitivamente e se oggi ci fosse un dadaismo letterario di rango, raffigurerebbe l’uomo come una figura degli scacchi che giocaapoker. Qui sta la ragione per la quale la teoria della rational choice e la teoria dei giochi hanno trovato un pubblico così attento a Silicon Valley. Fin dai tempi remoti della RAND, l’élite digitale aveva adottato una serie di assunti sulla razionalità, dalla pura scienza del computer, dalla teoria dell’informazione e dalla statistica fino al design (l’architetturadelBauhausha influenzatoSiliconValleypiù di tutte le teorie – essa nuotava, per così dire, come un pesce nell’oceano della “razionalità”). Come si poteva resistere a una teoria che non lascia nulla dell’uomo, tranne le sue preferenze unite alla sua motivazione egoistica di realizzarle, e che inoltre considera non-razionale tutto ciò che non rientra nella massimizzazione dell’utile individuale3? Vogliamo ciò che vogliamo – la teoria neoclassica non si interessa al perché vogliamo qualcosa. Significa che i nostri interessi vengono da fuori, e proprio lì, nell’èra digitale, l’economia dell’informazione occupa il posto chiave. Da qui le ubique raccomandazioni dei varilikeiteyourpreferences olericercheindividualizzate. Google (ma anche molti algoritmi finanziari, Facebook e allo stesso modo le funzioni di filtro dei software di monitoraggio) afferma con una certa arroganzadiportareallaluce le nostre preferenze: le sue previsioni, le sue raccomandazioni, i suoi controlli sono come uno specchio che riflette i nostri desideri. Prendiamo soltanto, come semplice esempio, ciò che Eric Schmidt, l’attuale presidente del consiglio di vigilanza di Google, afferma sulla “ricerca autonoma”. Secondo Schmidt i nostri telefonini cercano incessantemente per noi e sono in grado di prevedere che cosa dovremmo o vorremofare. Sa chi sono. Sa cosa mi interessa. Sa abbastanza precisamente dove sono. È questa l’idea della ricerca autonoma – la capacità di dirmi cose che non sapevo, ma che probabilmente mi interessano è il prossimo livellodellaricerca4. Oppure si pensi alle nuove funzioni promesse da Google Maps. Un’app che funziona come strumento di navigazionenondicesoltanto cosasivede,maanchecosasi desidererà. Per esempio, secondo l’“Atlantic Wire” potrebbe dire: “All’angolo è stata girata una scena del tuo film preferito”5. È assolutamente escluso che sistemi del genere possano funzionare senza fare presupposizioni sull’utenza. Allo stato dell’arte, non possono essere diverse da quelle alle quali si rifanno anchelateoriadeigiochiela teoriadellarationalchoice. Non va dimenticato che Numero 2 non necessita di qualcosa di più: né nell’ambito dei consumi, né inambitidistantidalmercato, come le elezioni o i contatti sociali. Molto di tutto ciò è sorprendente, non solo per quanto riguarda la ricerca in internet. Un giorno Google scopriràchevogliamoandare alcinemaeverràaprenderci con un’auto che va da sola, perportarciadestinazione.E affinché non nascano malintesi: le “raccomandazioni” di Google,masoprattuttoquelle di Amazon, attualmente funzionano benissimo. Gli assunti sulla razionalità, le “intenzioni” e l’“Io” dell’uomo (o dell’user) sono inevitabili. La gente prima si fidava del suo libraio, ora Amazon mette sul banco di vendita qualche altro libro che potrebbe interessare ai clienti. I designer delle banchedatiperlebiblioteche sanno che è impossibile codificare un’enormità di informazioni dettagliate su ogni singolo lettore – forse sarà possibile un giorno, soprattutto nell’èra degli ebook, ma fino ad allora le semplificazioni saranno indispensabili. Questo vale anche per le informazioni politiche,idibattitisociali,le proposte di argomenti e di tesi. La questione centrale non è come evitare le semplificazioni, ma quale genere di semplificazioni è per noi accettabile e a quali interessiservono. E se accadesse proprio ciò cheabbiamogiàosservatonel caso del flash-crash? E se i sisteminonrispecchiasserole nostre preferenze, ma le creasseroattivamente?Allora il determinismo tecnologico sarebbe definitivamente diventato determinismo sociale. Allora l’uomo coinciderebbe con la valutazione che altri – non solo Amazon, ma anche gli amici di Facebook, la famiglia, l’ufficio del personale, la banca, le autorità o, come vedremo, i professional social media comeLinkedin–dannodelle sue preferenze; e si avrebbe un bel dire che ci sono tra il cieloelaterratantecoseche non servono all’ottimizzazione dell’utile e all’egoismo: un mondo che scopre e vende per lui le sue preferenze non gli dà alcuna chancediesserealtrocheuna macchina dell’Ego, se vuol essere considerato un essere razionale.Inquestocasotutto ubbidirebbe alle leggi del mercato, anche le preferenze sociali e politiche di una società permanentemente monitorata. Tuttavia, le questioni di rilevanza non possono mai trovare risposta esclusivamente attraverso i mercati.Sonosceltepolitiche. Ellen Ullman era solo un prototipo creato dalla nuova economia dell’informazione. JérômeKervieldavantialsuo giudice ne è il doppio criminale. Le persone non possono più essere abbandonate a un ambiente dominato dall’egoismo automatizzato senza dover pagare per questo il prezzo più alto che ci sia. La nostra civiltà proietta di continuo i suoi desideri nei suoi strumenti, ma la tecnologia dipende sempre da finalità e obiettiviistituzionali. Cosa pensava gente come Ellen Ullman e cosa pensano molti ancora oggi? È la vecchia storia della tecnologia come cavallo di Troia. Ma non funziona così. Non ha mai funzionato così. Ha funzionato soltanto quandoleistituzionieipoteri si sono serviti della tecnologia così come Federico il Grande si serviva degli automi, per infiltrarli come androidi di Troia nel pensierodeisuoisudditi. Gli strumenti fioriscono e prosperano, il loro potere diventa sempre più grande, ma in realtà il singolo individuo diventa dipendente e, probabilmente, sempre più debole. Lo psicologo californiano Raymond Barglow descrive come l’economia dell’informazione “spogli” letteralmente l’individuo di ogni identità, sicché alla fine rimane soltanto il sogno di un impiegato high-tech di Silicon Valley: «L’immagine di una testa […] e, a essa collegata, una tastiera di computer[…]iosonoquesta testa programmata». Come rileva il sobrio Manuel Castells in uno dei suoi rari momenti di commozione, l’immagine della solitudine assoluta. In Close to the Machine, la Ullman descrive un’esperienzasociale–enon fadifferenzaselamacchinaè un computer o un uomo istruito dai computer (ciò di cui può rendersi conto chiunque voglia far valere le proprie ragioni nei suoi confronti). Non c’è nulla contro cui ci si possa appellare meno di un computer, e non c’è nulla contro cui ci si possa appellare meno del mercato cheessorappresenta. Il computer e il mercato hanno sempre ragione, come innotevolemisuraèrisultato evidente nella crisi finanziaria,anchequandonon è possibile che abbiano ragione. In termini di teoria dei giochi, chi, snervato, interrompeildownload,paga un prezzo per la sua involontaria cooperazione, checonsenteatuttiglialtridi continuareilgioco. Moralmente, in un mondo controilqualenonèpossibile alcuna obiezione, ognuno deve cercare la “colpa” in se stesso. È questo il nucleo della nuova ideologia ed è questa l’essenza delle società del tipo the winner takes it all: ognuno può essere tutto. Diventare una star di YouTube, una scrittrice di bestseller come Cinquanta sfumature di grigio, una star da milioni con una buona trovata o un video, fare soldi e comperare case ipotecando quello che non si possiede ecc. Solo quando tutti ci credono e sono disposti a sgombrare il campo senza accusarenessunaltrooltrese stesso e la sfortuna, può davvero cominciare il grande girodipoker. Selosidicesseinmodocosì chiaro e semplice nessuno parteciperebbe volontariamente a questo gioco. Numero 2 non ha potuto fare a meno di convenire che, a dispetto di ogni sforzo di preparazione teorica, la resistenza dell’Io eraenorme.Perciòhadovuto batterlo in altro modo. Non, come ritiene Susan Sontag, uccidendolo, ma cancellandolo. ____________________ 1EllenUllman,ClosetotheMachine, CityLightsBooks,SanFrancisco 1997. 2MilonakiseFine,FromEconomics ImperialismtoFreakonomics,cit., p.20. 3Ivi,p.19. 4MattMcGee,Google’sSchmidt: ‘NextGreatStageofSearchis AutonomousPersonal,disponibile all’indirizzo http://searchengineland.com/schmidtgreat-stage-search-is-autonomouspersonal-50014. 5RebeccaGreenfield,GoogleMaps oftheFutureSoundsUsefulbut Creepy,disponibileall’indirizzo http://www.theatlanticwire.com/techn maps-future-sounds-usefulcreepy/60542/. ParteII L’ottimizzazione dell’uomo Capitolo23 TheSecret Ilgiocodellavita:istruzioni perl’uso Per capire come funziona unamacchinaoccorreleggere il libretto delle istruzioni. Il nuovo capitalismo dell’informazione lo mette a disposizione in un luogo inatteso. A darci una mano c’è un intero settore. I suggerimenti più efficaci dell’ultimo decenniorecitano:“Ilsegreto definitivo per ottenere assolutamentetutto”,“Nessun limite”, “Ordinazioni all’universo”e“TheSecret”1. Garantiscono che, grazie alle proprie idee e ai propri sentimenti, come registrava entusiasta “Newsweek”, «si puòcambiarelarealtàfisica:i numeridelLotto,leazioniei pensieri di persone che neanche conosciamo e che non sanno neppure che esistiamo». Tutto è possibile, tuttoèinfinito.Lapromessaè il contrappeso psichico alla globalizzazione. Il vertiginoso incremento di questi manuali – cinquanta milioni di copie vendute nel settoredelbusiness–impone però la conclusione opposta: evidentemente sempre più persone condividono la sensazione che l’orizzonte delle opportunità si stia restringendo, e perciò ricorrono ai prodotti del supermercato cosmico. Le loro promesse sono così smaccatamente contraddette daqualsiasiesperienzadivita chenonsipuòfareamenodi ritradurre le loro fascette: il “segreto definitivo per ottenere assolutamente tutto” significa soltanto che non è un segreto per nessuno che non si ottiene assolutamente nulla. Sorprendentemente non ci sonoreclami,néneiconfronti dell’universo, né nei confronti degli autori. Infatti essiriesconoaconvinceregli acquirenti che, se la merce non funziona, è colpa dei clienti. La giornalista Barbara Ehrenreich, che ha visitato alcune delle menzionate fabbrichedellascopertadise stessi, afferma che uno dei momenti più desolanti della suaricercaèstatoquandoun coach ha risposto sorridendo alle sue lagnanze perché il metodo non funzionava: «Intende dire che non funzionaperlei»2. Chi entra nella sfavillante lobby dei “segreti del successo di un milionario” si sente sussurrare sarcasticamente alle spalle, mentre attraverso la porta girevole viene ributtato immediatamentefuori:“Tutto èpossibile,trannecheperte”. La facoltà di creare materia dall’immaginazione, dalla imaginatio, era un antichissimo sogno dell’epocamagica.Siètentati di liquidare come tipica ipocrisia sociale dei filosofi americani del business un vangelo disposto a fare qualunque offerta spirituale se solo la richiesta è sufficientemente articolata. Chi,trannequalchesognatore a occhi aperti privo di senso della realtà, di fronte alla scarsità delle risorse e allo scetticismosullacrescita,può ancora credere nell’esistenza di infinite potenzialità del mondo immateriale, che possono essere in qualsiasi momentoattuatenellarealtà? La risposta è che non sono i sognatori a occhi aperti a crederci, ma le élite economiche e politiche dominanti del mondo occidentale. È proprio quanto è accaduto a Wall Street, quando il denaro virtuale ha moltiplicato ulteriormente il suo valore, già di per sé inesistente, per il fatto di esserestatodatoinprestito. Per quello che riguarda il singoloindividuo,sitrattaora di quanto i critici di Numero 2 e della teoria dei giochi avevanoprevisto:ogniessere umano deve diventare il managerdelproprioIo.Come in un eterno gioco a poker deve continuamente riprodurre la propria identità, rinnovando le sue tattiche, le suestrategie,isuoibluffele sue mosse. I supermarket cosmici sono soltanto gli indirizzi più appariscenti, e perciò anche più traditori, di unanuovasuperstrutturaricca di sviluppi, che si appresta a trasformarecompletamentela relazione del singolo individuo con la società e la relazione dell’essere umano conilproprioIo. Il mondo sta facendo i conti da più di un decennio con le catastrofiche conseguenze di questo pensiero. Molti si spiegano la sensazione che il terreno sotto i piedi venga meno e che tutte le certezze siano divenute volatili con il fallimentomoraledeisingoli. Lacrisifinanziariaèassociata all’avidità o all’avarizia, cioè alle debolezze di alcuni individui, il che a sua volta non significa altro che: fondamentalmente funziona, anchesenonpertutti. Ma ciò è palesemente falso: le presunte debolezze umane sono punti di forza, poiché vengono onorate con l’unica cosa che conti, ossia con moltissimo denaro anche in caso di fallimento e con un potere grande quanto basta a distruggereinteriStati. Concetti come armi di distruzionedimassaefusione del nocciolo hanno accompagnato le narrazioni della crisi finanziaria e sostituito la parola crash del 1929. Crash è un’onomatopea ricavata dal mondo della vecchia fisica, dove il metallo urta contro il cemento. La scelta delle nuove parole dimostra che il capitalismodell’informazione non ha a che fare con il denaro che cade per terra tintinnando, ma con la trasmutazionedellamateria. Sono stati i tedeschi a scatenare questa rivoluzione, senzacomprendererealmente cosa avevano fatto. Celebrarono il crollo del Muro come superamento tardivodiunsistemapolitico (o lo denunciarono come vittoria altrui). E poiché, dopoil1989,perundecennio sono stati alle prese con se stessi e con la riunificazione, hanno creduto che la vecchia concezione politica di un mondo bipolare sarebbe stata semplicemente sostituita da una nuova concezione politica. In realtà si è trattato anche del superamento tardivo di una concezione fisicadelmondo. Mentre discutevamo ancora di geografie, nell’amministrazione Reagan e poi nell’amministrazione Bush avveniva una “rivoluzione recuperante”3 di tutt’altro genere: fino a quando c’era stato il comunismo come potere politico, c’era stato anche il positivismo del diciannovesimo secolo con i suoi miti del lavoro, i suoi muscoli e le sue cose concrete. Adesso veniva sostituitodaunanuovafisica che non si basava più sulle minieredicarbonedell’epoca diDickens,masullasabbiadi SiliconValley. L’elementochimicoSiO2era destinato a provocare nel paesaggiouncambiamentoin confronto al quale le montagneelegalleriescavate nel diciannovesimo secolo sarebbero sembrati giochi nellabucadellasabbia. Fino a quando rimase in piedi, il Muro fu il confine invalicabile dietro il quale il secoloscorsosierabarricato. Entro i suoi confini si era consolidata la teoria newtoniana secondo cui la materia è fatta di parti massicce, «tanto perfettamente dure, da non poter mai consumarsi o infrangersi; nessuna forza comune essendo in grado di dividere ciò che Dio stesso […]hacreato,hafattouno»4. Anchesenel1989gliuomini e i mercati credevano ancora che esistesse solo ciò che si può toccare con mano, così come credevano che il sole sorgesseetramontasse,giàla minacciadelloScudospaziale (il programma SDI) progettato dagli americani aveva indotto a riconoscere che una fisica immateriale poteva scuotere il solido mondo delle pietre. Infatti, anche se lo SDI era soltanto un’idea, la sua semplice ipotesi aveva fatto invecchiare di colpo muri e sistemidiattacco. Divenne chiaro al mondo intero allorché Ronald Reagan pronunciò la sua celebrefrase.IlsuogridoMr Gorbaciov, tear down this wall in realtà non era indirizzato in primo luogo allostessoGorbaciov,bensìa quella giovane élite russa a cui Reagan si era già rivolto un anno prima, il 31 maggio 1983, nel discorso da lui stesso considerato il più importante di tutta la sua presidenza. Davanti a un gigantesco bustodiLeninnell’università di Mosca, troppo pesante perché il suo staff riuscisse a spostarlo fuori dal campo visivo delle telecamere, Reagan annunciò la rivoluzione dell’assenza di gravità. Avrebbe «scosso tutto il nostro mondo, le nostre vecchie convinzioni, e avrebbetrasformatolavitadi tutti». Sarebbe stata, però, una “rivoluzione del mercato”, chesisarebbeservitaproprio di quelle tecnologie che, nel caso dello SDI, avevano consentito di ridurre ad antiquariato il complesso tecnologico-militare dell’UnioneSovietica. Capovolgendo consapevolmente l’immagine dei terminali dei depositi di bombe atomiche, drammatizzata in innumerevoli film hollywoodiani, Reagan affermò: «Ormai un solo individuoconuncomputerda scrivania e un telefono può avere il comando su una quantitàdirisorsesuperiorea quella di cui disponeva qualsiasi governo fino a qualche anno fa». Ma non si tratta di risorse, di ricchezze minerarie, di prodotti, bensì soltanto di una cosa: della trasformazione alchimistica dell’anima in qualsiasi materialesipossadesiderare. Reagan si servì dell’immagine della mutazione della crisalide in farfalla, l’antichissimo simbolo della metamorfosi dell’anima, per mostrare che non si trattava più della manipolazione delle cose da parte della scienza, bensì della manipolazione dell’anima da parte di una sortadialchimiadigitale: Sarà una rivoluzione tecnologica o una rivoluzione dell’informazione, e il suo emblema è il chip del computer, non più grande diun’improntadigitale[…] Come una crisalide stiamo sgusciando fuori dall’economia della Rivoluzione industriale – un’economia circoscritta e limitata alle risorse fisiche della Terra –, e ci stiamo trasformando in ciò che un economista ha chiamato l’economiadellamente5.In essa non ci sono confini all’immaginazione e alla libertàumana.Lacreatività è la più preziosa risorsa naturale. Pensate a questo piccolo chip. Il suo valore nonstanellasabbiadicuiè fatto, ma nell’architettura microscopica inscritta in esso da menti geniali […] Stiamo spezzando le condizioni materiali di esistenza, per entrare in un mondo nel quale l’uomo crea il proprio destino. Di fronte alle più avanzate conquiste della scienza torniamo all’antichissima saggezza del libro della Genesi: In principio era lo spirito, ed è da questo spirito che è stata generata l’abbondanza materiale dellacreazione6. Nel contesto della società dell’informazione, “l’uomo che crea il proprio destino” non è misticismo, ma una nuova definizione del lavoro. Se, per ottenere tutto, non si ha più bisogno di nient’altro che di se stessi, questo significa anche che chi non ottiene nulla rende superflua la propria anima, come una forza lavoro razionalizzata all’epocadiHenryFord. A quell’epoca, in ogni caso, arroganti intellettuali europei ironizzaronosulfattoche,nel suo discorso, Reagan proponeva di mettere a disposizionedelpopolorusso “in pochi secondi”, via satellite, gli show televisivi e radiofonici americani. Tuttavia quel discorso non apparteneva alla mitologia privata di un attore di Hollywood,maerailcopione di un nuovo ordine mondiale che revocava con parole che suonavano bene, ma senza alcun sentimentalismo, la differenza fra materia e spirito e quindi dichiarava che l’Ego era la piazza del mercato del futuro, dove si decidevatutto. I frammenti del Muro di Berlino, distribuiti in tutto il mondo come schegge di reliquie cristiane e firmati da uomini di Stato, non erano solo i souvenir del fallito esperimento socialista sull’uomo, ma anche l’inizio di un esperimento nuovo. Ogni frammento dimostrava al livello macroscopico della geopolitica ciò che a livello microscopico era da tempo diventato il bene comune dellascienza. Persinoilpiùgrandemurodi cemento mai costruito da mano umana, sorvegliato da poderose forze armate, non poteva cambiare in nulla questo stato di cose: le informazioni infrangono i muri. Senza la teoria dell’informazione della computerscience,fondatanel 1948 dal geniale matematico Claude Shannon, il sistema SDI di difesa antimissile non sarebbe mai stato niente più che un’ipotesi. Nulla era più ovvio che trasferire finalmente sul piano politico ilconcettosulqualeShannon, e successivamente alcuni settoridellafisica,ritenevano che si basasse la materia: il bit. Come particella immateriale, esso aveva il vantaggiodiconciliareconla fisica coloro che soffrivano sottoilmaterialismo. Naturalmente i politici non eranofisicidelleparticelle,né teorici dell’informazione. Tutto quello che fecero fu calcolare per i mercati il potenziale militare della tecnologia appena sgusciata dalla California e da Seattle neimercatimondiali. Informazionenonèciòdicui parlano i telegiornali, anzi è tutt’altro. L’informazione moltiplicabile a piacere può essere tutto, in primo luogo denarochesitrasformainbit a una velocità tale che, come scrive Jeremy Rifkin, già verso la fine del millennio «menodel10percentodella massa monetaria americana è costituita da banconote e monetemetalliche»7. IlWebster8definiscelazona diconfinecome«unaregione avanzata e non ancora completamente esplorata». È un descrizione quasi perfetta del luogo nel quale oggi si trova l’industria dei computer. «L’estensione completa di quest’area è quasisconfinata»9. Lo disse Ronald Reagan il 2 maggio 1961. Per quasi dieci anni,dal1953al1962,aveva condotto il General Electric Theater, uno show televisivo sponsorizzato dal gigante americano dell’elettronica General Electric. Su invito dell’azienda fece un discorso pubblicitario per ERMA, il primo supercomputer, in gradodileggereedelaborare autonomamente assegni. Pochesettimaneprimairussi avevano mandato il primo uomonelcosmoepochimesi doposarebbestatocostruitoil MurodiBerlino. Quel giorno di tanti anni dopo a Mosca, per il presidente americano il trionfo dell’èra dell’informazione dev’essere statocomeundéjavu. Lagenteeglianalistipolitici festeggiarono la fine del mondo bipolare, ma mentre festeggiavano si organizzava un mondo nuovo nella forma della più piccola unità misurabile e quantificabile del sì e del no, dell’1 e dello 0, del tutto o niente. Il chip, checablavalacomunicazione come un sistema complesso di situazioni sì-e-no, ben presto non fu più l’impronta digitale di un mondo del lavoro limitato alle mani e alle braccia. Come scrisse uno dei profeti della nuova èra, non era niente di meno che la riproduzione dello stessoimprenditore. ____________________ 1Sitrattadeititolidialcunibestseller pubblicatioripubblicatinegliultimi anni:MickeHernacki,TheUltimate SecrettoGettingAbsolutely EverythingYouWant,Berkley Books,NewYork1982(ristampato daPelicanPublishingCompany, Gretna,2007);MichaelPhelps,No Limits.Volereèvincere, Mondadori,Milano2009(ed.orig. NoLimits:TheWilltoSucceed, SimonandSchuster,NewYork 2008);BärbelMohr,Bestellungen beimUniversum:EinHandbuchzur Wunscherfüllung,OmegaVerlag, Aachen1998;RhondaByrne,Il segreto,MacroEdizioni,Cesena 2007(ed.orig.TheSecret,Atria Books,NewYork2006).[N.d.T.] 2BarbaraEhrenreich,Bright-sided: HowtheRelentlessPromotionof PositiveThinkingHasUndermined America,MetropolitanBooks,New York2009,p.71. 3IntedesconachholendeRevolution, allusionealtitolotedescodiuna raccoltadisaggidiJürgen Habermas,Larivoluzioneincorso, Feltrinelli,Milano1990(ed.orig. DieNachholendeRevolution, Suhrkamp,FrankfurtamMain 1990).Nachholensignifica, appunto,“recuperare”.[N.d.T.] 4IsaacNewton,Scrittisull’ottica, Utet,Torino1978,libroIII,parteI, qu.31,p.600(ed.orig.Opticks, 1704). 5WarrenT.Brookes,TheEconomyin Mind,UniverseBooks,NewYork 1982. 6Disponibileall’indirizzo http://millercenter.org/president/speec 7JeremyRifkin,L’eradell’accesso. Larivoluzionedellaneweconomy, Mondadori,Milano2001,p.50(ed. orig.TheAgeofAccess:TheNew CultureofHypercapitalism,Where AllofLifeisaPaid-ForExperience, PutnamPublishingGroup,The PenguinGroup,NewYork2000,p. 52). 8Celebredizionariodell’inglese d’America,meglionotocome «Merriam-Webster».[N.d.T.] 9Cfr.http://www.ge.com/reagan/. Capitolo24 Successo Diovuolechetusiaricco. Perchénonlosei? A partire dal Sessantotto, cioè dalle agitazioni studentesche e dalle proteste di una controcultura occidentale, dalle previsioni sulla “fine della crescita” ispirate alla critica della civiltà e, in seguito, a partire dallo sviluppo di un movimento ecologista che incontrava un successo sempre maggiore, il capitalismodeldopoguerrasi era avviluppato in contraddizioni sempre più grandi. Attorno alla metà degli anni settanta, proprio i conservatori cominciarono a maledire il materialismo con moltepliciallusioniallafisica quantistica e alla teoria dell’informazione,enelnome dell’immaterialismo, ma con intenzioni del tutto diverse dallasinistra. L’establishment aveva constatatoconorrorecomeil movimento di protesta degli anni sessanta fosse riuscito a introdursi rapidamente nei sistemi del potere. Vent’anni dopo, molti dei suoi appartenenti, oltre ad aver cambiato fronte, avevano trovato una piattaforma in “Wired”, e ormai le nuove ideologie delle tecnologie dell’informazione contagiavano come un virus informatico i codici dello stato d’animo antiestablishment. Nel giro di pochi anni, da queste nuove ideologie nacquero la New EconomyeilNeoliberismo. L’imprenditore ultraconservatore americano GeorgeGilder,unconsigliere del presidente americano che gliavevaanchesegnalatoThe Economy in Mind (di cui aveva scritto la prefazione), esattamentedieciannidopoil discorso di Reagan nel cuore del comunismo tenne un discorsoinVaticano. Ormailarivoluzionedigitale era progredita a un ritmo mozzafiato, e non solo: internet aveva trasformato i muri in reti. Gilder intitolò L’anima del silicio il suo discorso, che consisteva in una predica sulla nuova economia della mente. «Nell’odierna teoria dell’atomononc’èpiùniente di solido o di fisicamente determinato», affermò. «La radice di tutti i cambiamenti economicidelnostrotempoè il superamento della sostanza materiale»1. Gilder attaccò sarcasticamente le «paure morbose» dei nuovi movimenti sociali riguardo alle«energienonrinnovabili, alle riserve finite, ai limiti della crescita». Chi parlava così, glorificava a suo parere la carne e la materia e disconosceva il nuovo messaggio della scienza e la vecchia religione: «Il mondo non è intrappolato, l’uomo non è finito, la mente umana non è imprigionata nella testa». Ciò che valeva per la globalizzazione, ora valeva ancheperognisingolouomo. Evidentementeilpubblicoal quale si rivolgeva non si rendeva conto che l’immateriale, l’anima stessa, sarebbe diventato la piazza del mercato. Gilder, a quel tempo uno dei più influenti pensatori della nuova economia e autore molto apprezzato da “Wired”, non lasciava alcun dubbio sul fatto che il “destino”, in questo nuovo mondo senza frontiere,èciòchel’uomofa della sua vita. Né i limiti materialiné–fattoancorpiù decisivo – le casualità imponderabili potevano fermarlo o, se le cose andavano storte, liberarlo dallaresponsabilità. Quel che ne seguì fu uno spettacolare esperimento in tempo reale, paragonabile soltanto al tramontato laboratorio socialista: il ritorno del pensiero magico con l’aiuto della scienza nel mondo del ventunesimo secolo. Reagan non aveva ancora parlato, come il servizio a domicilio dall’universo, di frigoriferi che stanno nelle nostre cucine per pura fantasia (così come poi, all’epoca della crisi immobiliare, sarebbero effettivamente state costruite caseintereperpurafantasia), ma era chiaro chi era responsabile se non si trovavano in cucina: noi stessi. Nel 1998, in occasione del quinto anniversario della rivista americana “Wired”, che come nessun’altra univa l’aura della controcultura a quella della New Economy, Gilderpotéannunciarelafine della “tirannia della materia” e la redazione lo spalleggiò conuneditorialeintitolatoLa situazione del pianeta: un’allusione diretta ai rapportipessimisticidelClub ofRome2. «In questo sistema economico,lanostracapacità di creare ricchezza non è più circoscrittadalimitifisici,ma solo dalla nostra attitudine a sviluppare nuove idee – in altritermini:èillimitata»3. Il giornalista Kevin Kelly, cheinprecedenzaerastatoun hippy e proveniva dal movimento Whole Earth, prima di diventare caporedattore di “Wired”, profetizzò in quello stesso momento che il «mondo che era stato fatto» sarebbe stato pervasodallapuraforzadella «menteglobale». Il dominio della mente sulla materia non è affatto una novità. È il dogma dell’industria pubblicitaria, che nel corso di un secolo aveva perfezionato sempre più la manipolazione dell’anima. Ora esso diventava il business model nonsolodeicyber-profeti,ma anche del commerciante di autousateall’angolo. Nel libro più influente di quest’epoca, Nuove regole per un nuovo mondo, Kelly scriveva che i principî che presiedono al mondo dei software, dei media e dei servizi «ben presto domineranno il mondo dell’hardware(ilmondodella realtà, degli atomi, degli oggetti, dell’acciaio e del petrolio, e del duro lavoro fatto col sudore della fronte)»4. Un’eticacherendeilsingolo individuo letteralmente responsabiledelsuosuccesso o dei suoi fallimenti c’è sempre stata. Chi ha successo, ce l’ha perché, come postula The Secret, ha attirato questo successo, come si fa con un amico o un’amica in un social network. «Ormai»avevadettoRonald Reagan «un solo individuo conuncomputerdascrivania e un telefono può avere il comando su una quantità di risorse superiore a quella di cui disponeva qualsiasi governo fino a qualche anno fa».TheSecret e altri trattati del genere lo hanno soltanto preso alla lettera. «Tu puoi avere tutto» significa: la tua bicicletta,iltuofrigorifero,il tuo televisore, il tuo posto di lavoro e la tua anima sono fuori uso e tu continui comunque ad attendere l’invito alla televisione, poiché tu stesso sei fuori uso edevirinnovarti. Nel2006,dueanniprimadel fallimento Lehman, il “Time Magazine” catturò lo stato d’animodigrandeaspettativa inunreportagedaltitoloDio vuole che tu sia ricco? La rispostafu:lovuole. Quellostessoanno,unuomo di nome Mike Gelband, responsabile della sezione immobili di Lehman, dovette sperimentare cosa significhi dubitare della volontà divina. Durante lo scambio annuale di idee con i superiori disse senza mezzi termini e molto allarmato: «Dobbiamo ripensare il nostro business model»...evennelicenziato. ____________________ 1IldiscorsodiGeorgeGilder,The SoulofSilicon,èdisponibile all'indirizzo http://www.forbes.com/asap/1998/060 2Organizzazionenonprofitche riuniscescienziati,economisti, attivistideidiritticivilieuominidi statodituttoilmondoalloscopodi analizzareigrandiproblemi dell’umanitàinuncontesto mondialeetrovaresoluzioni alternative.[N.d.R.] 3GeorgeGilder,HappyBirthday Wired,6gennaio1998,disponibile all’indirizzo http://www.wired.com/wired/archive/ 4KevinKelly,Nuoveregoleperun nuovomondo.Undecalogoperchi vuolecavalcarelenuovetecnologie enonessernescavalcato,Pontealle Grazie,Milano1999,p.8 (traduzioneleggermentemodificata; ed.orig.NewRulesfortheNew Economy.10RadicalStrategiesfor aConnectedWorld,Viking,New York1998,p.2). Capitolo25 Alchimisti Trasmutalatuaanimain oro,poichéillavoroèlavoro susestessi Tuttoquestoeragiàaccaduto una volta: la speranza in una nuova economia di ricchezza infinita grazie a risorse che non si esauriscono mai e a un’energia che non conosce entropia. E riviviamo tutto quelloacuiavevamoassistito ai tempi di Galvani, di Salvá e di tutti gli altri: questa tecnologia, che si presume riuniscainsétuttiisogni,era già stata preceduta da un primo tentativo ben più concreto, realistico come zampediranachesussultano e, nel caso dell’economia spirituale,lucentecomel’oro. Ciò a cui assistiamo è una replica, il secondo tentativo da parte della società modernadiridestarelamagia con l’aiuto della scienza moderna. Il primo tentativo aveva peraltro avuto esiti catastrofici. Anche allora, all’inizio del ventesimo secolo, la porta sembrò letteralmente spalancarsi di colpo su un mondo di fantastica abbondanza, nel quale non parevano più esserci limiti fisici. Improvvisamente, membri molto stimati della Royal Society e premi Nobel si chinavano sui trattati degli alchimisti, alla ricerca di indicazioni su come trasmutareilpiomboinoroe ricavarelamateriadalnulla. Il fattore scatenante si trovava nella nuova fisica atomica. Nel laboratorio di un’università canadese il chimico Frederick Soddy e il fisico Ernest Rutherford avevano scoperto, nel 1901, che un elemento radioattivo poteva trasformarsi in un altro elemento. Il biografo di Soddydescrivecomeilfuturo premio Nobel per la chimica vive il momento della scoperta: Erosopraffattodaqualcosa cheerapiùchegioia–non sonoingradodiesprimerlo compiutamente–,unasorta di esaltazione. Rutherford, questa è trasmutazione!», gliuscìdigetto.«Percarità, Soddy» esclamò il suo collega, come raggiunto da un colpo di pistola «non chiamarlatrasmutazione.Ci prenderanno per alchimisti ecitaglierannolatesta»1. Cosa sia invece avvenuto davvero, lo ha raccontato Mark Morrisson nel suo affascinante studio Modern Alchemy: la scienza e la società impazzirono per l’alchimia,perunametafisica che poteva fare la fisica. «Dopo che Rutherford e Soddy ebbero pubblicato i loro risultati nel 1902, gli atteggiamenti mutarono drammaticamente.Perfinogli scettici in ambito religioso cominciarono a chiedersi se per caso gli alchimisti non avessero compreso, sull’essenza della materia, qualcosacheerasfuggitoagli scienziati del diciannovesimo secolo. Potrebbe essere il radio la leggendaria pietra filosofale?»2. Ebbe inizio quello che Morrisson chiama una corsa all’oro accademica e, se si cambiasoloqualcheparola,si può leggere questa esagerazione come una parodia di quei profeti dei mercati finanziari che nel ventunesimo secolo volevano ricavare l’oro dal nulla con l’ausiliodelcomputeredegli algoritmi. Dicolpoleconoscenzedella chimica e della fisica moderna si mescolarono con quelle dell’esoterismo, talvolta nella stessa persona. Per il nostro contesto è decisiva l’idea che nella “trasmutazione”sicredevadi avere scoperto un’“energia” che, come si può leggere in una relazione sulle sedute della Chemical Society, portava direttamente alla materia originaria e quindi allapossibilitàdidisporre«di tutta l’energia per la creazionedelmondo». In questa carrellata di sosia nonmancadiunsuobizzarro fascino vedere come, a ogni piè sospinto, si incontri un morto vivente. Nel suo libro TheInterpretationofRadium, infatti, Soddy scopre già, accanto alla nuova tecnologia,anchela“finedel lavoro”, che nel copione è prevista solo a partire dal 2000: Una specie che riesce a trasmutare la materia avrebbe pochi motivi per guadagnarsi il pane con il sudore della fronte. Una specie del genere potrebbe trasformare i deserti, scioglierelecalottepolarie fare del mondo uno splendido giardino dell’Eden3. Per quasi trent’anni l’immaginazione pubblica è stata sotto il segno della trasmutazione alchemica. Morrisson dimostra come la scienza, i media e la fantascienza sognino l’abbondanza. Per esempio come visione di riserve inesauribili di energia – attraversare l’intero Oceano con l’energia di una provetta di sostanza radioattiva – o come l’effettiva trasformazione della materia grezzainoro. Il passo successivo: l’alchimia contagiò l’economia. Cosa accadrebbe sel’oro,ilcuivaloreèdovuto allascarsità,fossedisponibile in abbondanza? Nel 1922 il “NewYorkTimes”siritenne tenuto a pubblicare in prima pagina il rapporto di un ufficiofederaleamericano: L’interesse per l’alchimia risvegliatosidirecente,ele affermazioni in base alle quali l’oro artificiale sarebbe disponibile in quantità tale da far perdere al metallo naturale il suo valore per la valuta statunitense, induce l’United States Geological Survey a rilasciare una dichiarazione secondo cui i chimici non hanno alcun motivo di sperare e gli economistinonhannoalcun motivo di temere che il materiale prezioso possa essere prodotto in laboratorio. Quando, negli anni trenta, si diffuse la notizia (poi smentita)cheiltedescoAdolf Mietheerariuscitoaprodurre oro, il “New York Times” titolò: L’oro artificiale potrebbe lacerare il mondo. La produzione commerciale significherebbe il caos nei mercatifinanziari4. Valelapenadimenzionarea questopuntoquellachesuona comeunanotaapièdipagina della storia, poiché concorre ad acuire la consapevolezza delle “conseguenze impreviste” del testo principale. In un mondo basato sul calcolo, la storia degli esiti non previsti delle tecnologie che avrebbero dovuto guarire il mondo dai suoi difetti è importante quanto un foglietto illustrativo che enumera gli effetti collaterali indesiderati diunfarmaco. Unodiquestieffettierastato descrittodalloscrittoreH.G. Wells. Questi era affascinato dallascopertadiSoddy,epiù ancoradalletesialchimistiche di Soddy. Era stato sedotto non solo dalla trasmutazione in oro, ma soprattutto dalla prospettiva di un’energia illimitata. Nel 1913 scrisse il romanzo La liberazione del mondo5, che dedicò a Soddy. Il libro, scritto straordinariamente male, ma che è anche un romanzo straordinariamente profetico,narralastoriadelle prima guerra atomica, che si immagina svolta negli anni cinquanta del ventesimo secolo. Le metropoli si annientano a vicenda, l’oro scaturito spontaneamente dalle incessanti esplosioni distrugge l’economia e di fronte a un’arma che non conoscerà vincitori, ma soltantosconfitti,lenazionisi risolvono ad adottare… no, non la teoria dei giochi, ma ungovernomondiale. Negli anni trenta lo stesso Soddy coniò, sulla base di questo libro da lui molto amato, il concetto di ricchezza virtuale e formulò una teoria del capitale irreale che anticipò in modo sorprendente “l’economia dellamente”. Nel 1932 anche il giovane fisico Leó Szilárd lesse il romanzo, rimanendone altrettanto impressionato. Un anno dopo scoprì la reazione atomica a catena e offrì il brevettoalgovernobritannico poiché, come diceva, aveva compreso il suo Wells. E sette anni dopo fu Szilárd a far approvare – sempre con esplicito riferimento al romanzo di Wells – il “progetto Manhattan” e, quindi, la realizzazione della bombaatomica. Questo per quanto riguarda le conseguenze intenzionali e non intenzionali delle utopie tecnologiche,chefannoquasi tutteglistessisogni. Si può senz’altro affermare che, con l’andare del tempo, diventano sempre più realisticheevantaggioseperi sognatori. Dalla trasmutazionediSoddynonè scaturito l’oro, ma la bomba atomica, e con la bomba atomica è arrivata la nuova razionalità, nella veste della teoriadeigiochi. Alsecondotentativo,dopola fine della guerra fredda, si rinunciò all’intenzione di produrreororealenelmondo reale(malosilasciòfarealla teoria dei giochi e a Numero 2).Eranoilcomputereisuoi agenti fautori della teoria dei giochi a sussurrare all’orecchio degli uomini il messaggio di re Mida: tutto ciòchetoccheraiattraversodi mediventeràoro… «Il vero capitalista, – scriveva George Gilder, – ha il tocco-anti-Mida. Con l’alchimia della mente creativa trasforma le masse d’oroediliquiditàincapitale e ricchezza reale»6. Non era nient’altro che la “ricchezza virtuale”, che si era aggirata comeunospettroperlementi giànegliannitrenta. Nel suo libro Soldi sporchi, che ricostruisce la crisi debitoria del 2007, Kevin Phillips mostra fino a che punto gli operatori di Wall Streetsimuovanosemprepiù in un contesto mentalmente disturbato, nel senso letterale dell’espressione, ma per il momentoabbianosemprepiù successo7. Fra tutte le risorse di cui il nuovo capitalismo aveva celebrato l’inesauribilità, il denaroeraquellaperlaquale la teoria che “tutti possono avere tutto” sembrava effettivamente funzionare. L’aumento di denaro virtuale aveva, sì, fatto crescere i debiti e calare i risparmi, ma aveva anche realizzato ogni desiderio, dall’auto alla casa diproprietà. L’entità della trasmutazione contraddiceva tutte le leggi valide fino a quel momento. «Si può comprare una casa senza denaro e oltretutto spendere il denaro che non esiste», così lo storico del computer George Dyson sintetizzò l’anomalia. Si può, dicevano intere industrie che non possedevano più i loro impianti, ma li esternalizzavano. Non fu un caso se, come scriveKevinPhillipsinSoldi sporchi, quando questa idea raggiunse il culmine della popolarità, il super-bestseller diRhondaByrne,TheSecret, «salì qualche gradino in più nelle classifiche dei libri più venduti usando la scala della sfrontatezza.“Quellichesono ricchi meritano il loro successo”scriveva“perchése losonoattirato”». Giàpocoprimadellacrisidel 2007 fu chiaro che le promesse della nuova economia non si erano avverate. Il capitalismo dell’informazione aveva, sì, prodotto dei vincitori, ma si trattava di vincitori in una società del tipo winner takes itall.Anchesetuttivedevano che in America e in Europa, per la prima volta, il reddito dei ceti medi alla lunga sembrava contrarsi e che la maggioranza degli stipendi non era più agganciata alla crescita della produttività o dei profitti, lo sconfinato ottimismodelleélitenonsubì alcuncambiamento. La Germania, un paese che non conosceva la tradizione di risveglio religioso degli Stati Uniti, prese dalla cassetta degli attrezzi dell’“economia della mente” soprattutto gli elementi che sembravano adattarsi meglio alla propria storia del pensiero. In una programmazionesocialetanto banale quanto rivelatrice venne annunciata da ogni palco di esperti “la società della conoscenza”, e “l’apprendimento per tutta la vita”diventòundovere. Era banale, poiché la scuola della vita non era altro che uno stereotipo, soprattutto in una cultura che aveva prodotto il romanzo di formazione. Era però rivelatrice,poichéinrealtàla societànonsapevapiùcosasi dovesse sapere e come si dovesse imparare nella terza modernitàindustriale. Se però si osserva più da vicino, si scopre negli slogan la medesima architettura di quelcodicemondialecreatoa Wall Street e nella Silicon Valley,ilqualeinsegnavache controllareipropripensieriè possibile. Il lavoro è essenzialmente lavoro su se stessi, un processo mentale che però è organizzatoinbasealleleggi del mercato. Chi ha perso il lavoro è stato in certo modo privato della sua anima. Vendere la propria forza lavoro, ma non la propria anima, è stato il nucleo fondativo dell’identità nel ventesimo secolo. Quello filosofico è “diventa ciò che sei”. Ciò che qualcosa è, non si può separare da ciò che fa – questa acquisizione della nuova fisica è diventata un annullamento senza pari dell’identitàehapostolebasi del nomadismo dell’uomo moderno. Che il corpo sia una tomba dell’anima – soma/sema – è una delle formule platoniche fondative dell’Occidente. I capitalisti di ventura e i teorici di internet erano convinti che la dissoluzione dell’involucro corporeo avrebbe frantumato non solo solide creazioni, ma l’architettura di organizzazioni, burocrazie e imprese di ogni genere e avrebbe fatto dell’individuo lacontroparte,conparidiritti, degliorganidipotere. È sorprendente quanto poco ci si rendesse conto che il gioco può anche finire diversamente. Così come l’idea della comunicazione deregolatavennecoltaalvolo e diventò il motore dei mercati finanziari deregolati, l’equiparazione dell’uomo e dell’impresanonsignificache leimpresesianodiventatepiù umane, ma che gli uomini sonodiventaticomeimprese. Quellochequiavvienenonè più spiegabile con i fondamenti “scientifici” di una nuova immagine del mondo, così come è difficile spiegare il fatto sconcertante che l’economia immateriale consenta, anzi chiaramente impongaperditechedivorano gli Stati e nello stesso tempo ricompensi i responsabili di questeperdite. Lo si può capire soltanto se si ascolta ancora una volta queldialogoinlaboratoriodi oltrecent’annifa.Ilritornodi un’artechiamataalchimia,da tempo tramontata e ormai inusitatanellavitaquotidiana, ma riapparsa proprio nei mercati finanziari non è un caso. Ricavare l’oro dal nulla: questo è oggi il compito assegnato a tutti, e dal miracolo della trasmutazione dipendeilvaloredellapropria anima. Mentre Numero 2 impone a tutti un mondo di logica irrefutabile, ognuno sa che non si può catturare Numero 1 con la logica. La logica ti dice che non funziona. Riversarla nella testadell’uomofunzionasolo con la magia, con la parola magica che accompagna il computer e gli iPhone come unastella. Dobbiamo ora gettare uno sguardodentroillaboratorio. ____________________ 1SpencerR.Weart,TheRiseof NuclearFear,HarvardUniversity Press,Cambridge2012,p.3. 2MarkMorrisson,ModernAlchemy: OccultismandtheEmergenceof AtomicTheory,OxfordUniversity Press,Oxford2007,p.4. 3Ivi,p.12. 4Ivi,144. 5HerbertG.Wells,Laliberazionedel mondo,inId.,Laguerranell’ariae altreavventuredifantascienza, Mursia,Milano1981,pp.218-357 (ed.orig.TheWorld,SetFree:a StoryofMankind,Macmillan& Co.,London1914). 6GeorgeGilder,WealthandPoverty, BasicBooks,NewYork1981,p. 63. 7KevinPhillips,Soldisporchi. Finanzaspericolata,erroripolitici ecrisiglobale,Garzanti,Milano 2010,pp.28sgg.(ed.orig.Bad Money:RecklessFinance,Failed Politics,andtheGlobalCrisisof AmericanCapitalism,ThePenguin Press,London2009). Capitolo26 Metamorfosi dell’anima Lavitacomeesperimento fallito «Nessuno può sfuggire all’impetotrasformatoredelle macchine».Èquestalaprima frasedellibrodiKevinKelly Nuove regole per un nuovo mondo,apparsonel19981:un trattato straordinariamente influente, che ha suggerito, nel linguaggio e nelle idee, tuttociòcheSiliconWalleye Wall Street intendevano fare conilnuovomondo. Il trattato fondativo della nuova razionalità economica argomenta magicamente. Kelly iniziava con una frase che avrebbe potuto trovarsi anche nelle opere degli alchimisti. Questi ultimi credevano che l’anima si trasmutasse in “fuoco trasformatore”.Kellyechila pensava come lui a Wall Street argomentava in modo mistico, ma di fatto non auspicavanientedimenoche la metamorfosi alchemica dell’uomo mediante la tecnologia dei mercati digitali. Fin dall’inizio la nuova magia dei codici ha saldamentecablatoilpostodi lavoro digitale con i quattro elementi: la terra (la sabbia, dicuisonofattiimicrochip), il fuoco (l’elettricità, compresi i firewall, la masterizzazione dei supporti di dati, le “fucine di software”), l’aria (il trasferimentowirelessdidati) e l’acqua (il flusso di informazioni, nel quale affogachinonnaviga). La magia era anche strettamente necessaria, dal momento che le contraddizioni della “nuova economia” erano così vistose e la sua affinità con gli spregiatori neoliberisti dello Stato era così stretta che non sarebbe mai stato possibile convincere, senza ricorrere a stratagemmi, gli uomini a organizzare la propria vita in base al fondamentalismo del mercato. Era dunque necessario promettere loro la grande “trasformazione”, che nel laboratorio alchimistico aveva sempre significato anche la trasformazione della carneumanainunamateriadi inimmaginabile perfezione, unattodi“rinascitaspirituale eimmortalitàfisica”. I cyberprofeti non promettevano niente meno chelarealizzazionedelsogno umano più antico di tutti – con la piccola limitazione di poterlo vivere soltanto attraversoilsosiadigitale,per lo meno fintanto che gli uomini nella realtà devono ancora respirare, mangiare e morire. Ci fu una perfetta divisione dellavorotragli“economisti della mente” (o della società dei servizi), che volevano trasformare la deindustrializzazione in un nuovo mercato, e gli evangelisti digitali, che facevano lo stesso con l’Io privato del corpo e dell’anima,sulqualeNumero 2assumevailcontrollo. Gli economisti predicavano la metamorfosi dei mercati, i simpatizzanti politici e giornalistici la metamorfosi dei posti di lavoro. Gli uni predicavano la trasmutazione economica, gli altri quella sociale. Si dividevano fraternamente quasi ogni grido di battaglia: outsourcing, reengineering, downsizing. La motivazione era chiara: appena tutto fosse stato “immateriale” e solo più una questione di “economia dell’informazione” e di comunicazione, finalmente il mondo reale sarebbe stato trasformato in quello spazio simbolico nel quale Numero 2, il computer e la teoria dei giochi avrebbe potuto agire come ai tempi della guerra fredda. KevinKellyèindubbiamente uno di quei pensatori “progressisti” che non solo sono responsabili di tutto il miscuglio di metafore tecnologicheebiologiche,ma che, superando le voragini apertedaunaguerraculturale fra la controcultura e Wall Street durata decenni, offrì il braccioaquest’ultima.Ilfatto cheisistemitecnicidiventino nuove“formedivita”,chela rete sappia sempre più di quellochesailsingoloeche sololatotalitàmaiafferrabile del sapere sveli la verità – tutto questo era di fatto una metafora “neobiologica”, che «trasforma la rete in ciò che Hayek immaginava dovesse essereilmercato»2. Kelly ha fatto molto perché Numero 2 non facesse più paura(unesempiodisistema funzionantedaluipredilettoè Sim City3). Descrive un mondo nel quale non più gli uomini, bensì gli agenti conducono una lotta darwiniana per la sopravvivenza–peresempio, in un memorabile passaggio, per stabilire il prezzo di un uovo – mentre l’Homo sapiens si mette comodo e accarezzalesuenobiliideedi “coevoluzione” e cooperazione. Nessuno è sfuggito alle arti alchimistiche di Kelly, nessuno immaginava quanto sarebbe costata la nuova ideologia, e nessuno rise quandoKelly,riferendosialla personalizzazione dei pullover e delle camicie, definì l’azienda Benetton un nuovo «superorganismo economico»4. Seall’iniziodelventunesimo secolo, demoni, elfi, nani, maghi e vampiri tornavano nelle teste degli uomini dopo esserne stati a lungo banditi, occorrevedereinessiiprimi presagi di un mutamento ecologico fondamentale. Il clima della ragione, che non sopportavano, era cambiato a lorofavore. Orasumilionidischerminei quali si trasmettono idee con il tocco delle dita e il denaro con la luce, si destano creature che erano state covate negli alambicchi degli alchimisti. Qualsiasi mago del diciassettesimo secolo i cui servizi non erano più stati richiesti per qualche secolo, se la caverebbe brillantemente, per quanto scalcinato, nel nostro mondo odierno. Sarebbe un maestro nonsoltantoneivideogiochi. Che si tratti di escrementi di topo o di bile di bue, non ci sarebbe alcun bisogno di spiegargli un mondo nel quale, con un codice matematico, qualsiasi informazione su ogni singola anima può essere trasformata in denaro: perfino la rilevazionesuquantoalungo voi,leggendosull’eReader,vi soffermate sulle parole “escrementi di topo” o “bile dibue”. Il fatto di essere arrivato in un’epocanellaquale,secondo le parole del premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, gli «alchimisti finanziari» di Wall Street nei loro «laboratori frankensteiniani» producevano «mostri» con incomprensibili formule «tossiche» sui loro schermi, per lui non significherebbe altro che essere arrivato finalmenteacasa. Non c’è da meravigliarsi, poiché quando i manuali di marketing finanziario compitano, per esempio, CPDO, ricorrono a quella stessa incomprensibile mistica universale delle lettere che veniva utilizzata un tempo dall’alchimista. In questo caso, per offrire ai clienti il «più formidabile metodo alchimistico di trasformazione di crediti di piombo nell’oro di straordinariguadagni»5. L’alchimista, infatti, non ha mai conosciuto la differenza traspiritoemateria.Ilibridi magia dicevano che chi voleva trasformare il piombo in oro aveva bisogno, oltre che di determinate essenze e formule,anchedischermi,di “proiezioni” che calcolavano il codice magico in base a simboli rigorosamente prescritti. Uno schermo che rendeva visibile la trasformazione: la forza immaginativa interiore, la leggendaria imaginatio, con la quale venivano sfruttate le energiedell’anima. Se ora Gabriel Clauder, il medicopersonaledelprincipe elettore di Sassonia, venendo dalsuodiciassettesimosecolo varcasse la soglia del ventunesimo, constaterebbe con soddisfazione che l’alchimia ha compiuto progressi sorprendenti. Noterebbe che il denaro e il potere oggi scaturiscono da dove si scompone e si ricompone l’anima umana in base a regole ben precise e a bendeterminatericette.Negli algoritmi che oggi decidono della nostra esistenza non vedrebbe altro che versioni perfezionate delle sue ricette alchemiche. Lo scritto di Clauder Dissertatio de tinctura universali, vulgo lapis philosophorum dicta [Dissertazione sulla tintura universale, ovvero la pietra filosofale]nonèdunquealtro che il codice di come, passo dopo passo, si crea qualcosa dal nulla. La “pietra filosofale”noneraunapietra ma un fluido, pura liquidità. Per ottenerla, il mago ha bisogno dello «spirito dell’universo» che però, sfortunatamente, si trova nell’aria, «volatile, fluttuante einvisibile»6. Per condensarlo occorre, dopo che «per settimane non è piovuto», scavare con la pala in aprile o in maggio, dopomezzanotte,unpezzodi terradicampoumida,esporlo per tre ore ai raggi del sole con l’aiuto di una lente convergente e quindi raccogliere l’acqua che ne esceconunpannodilinoche, successivamente, va strizzato soprauncontenitoredivetro. Esolopochegoccediquesta tintura, purché essa venga utilizzata da una persona affidabile, trasformano qualche oncia di mercurio in oropuro. Chi oggi scrive dopo mezzanotte un’e-mail nella quale compaiono le parole terra, pala, scavare, lente convergente,mercurio,linoe oro forse riceverà da Google soloconsigliperl’acquistodi attrezzi da giardinaggio, oppure la Homeland Security loarresteràalsuoarrivonegli Stati Uniti, ma la trasmutazione del nulla in denaro o in potere gli è riuscita. Molto prima di Google, Facebook e Apple, Scipione Chiaramonti, un matematico che credeva nelle streghe e avrebbe bruciato volentieri Galileosulrogo,eraconvinto che fosse possibile determinare e prevedere il pensiero, il carattere e le intenzioni di una persona attraversolavoce,ilmododi muoversi, le condizioni del tempo,illuogoelasintassi. La scoperta dei ricercatori americani,chesemplicemente in base ai dati automatizzati sul tipo dei movimenti compiuti e sul luogo, registrati da un telefonino, si può prevedere l’inizio di un’influenza, oppure, in base a e-mail del tutto decontestualizzate, si può predire una disdetta che avverrà solo un anno dopo, gli sarebbe sembrata una logica conseguenza delle sue tesi. Nel1670unuomodinomeJ. L. Hannemann cercò di diffondere l’idea, caduta nell’oblio, di “un’anima del mondo collettiva”. La psiche collettiva era per lui una simulazione del mondo naturale. Probabilmente la nostra scoperta della “società connessa in rete” gli avrebbe strappato soltanto uno stanco sbadiglio. Nel grande organismo del mondo tutto era interconnesso e tutto comunicavacontutto,perfino tra continenti: se va in cancrena il braccio di una persona con il cui tessuto è stato corretto il naso di un’altra persona, allora va in cancrena pure il naso dell’altrapersona,anchesesi trovaaltrove. I trattati sulla mistica dei numeri, la crittografia, la gematria e la numerologia sono molto numerosi; non si contano i codici – molti dei quali escogitati da alcuni dei migliori matematici del loro tempo – con cui venivano calcolati e previsti gli strani modelli di controllo del comportamento umano, ed erano manipolati e programmati i materiali. Il confine non correva, infatti, tra maghi e scienziati, ma tra areediunmedesimocervello. Nel lascito di Isaac Newton, il più grande genio matematico del suo tempo, è stato trovato un milione di parole e, come afferma in tono lapidario uno dei suoi biografi, sono tutte «prive di un valore sostanziale». Furono «tutte scritte nello stesso arco di tempo di venticinque anni, nel quale Newtoncondusseisuoistudi matematici e sarebbero razionali quanto questi ultimi seillorointerocontenutoeil loro unico intento non fosse lamagia». Non solo le pandemie mediche, ma anche quelle culturali hanno quasi sempre un’origine precisamente localizzabile. Così la scienza magica che prese il posto della magia naturale del mondo di Merlino, e a sua volta mutò nell’èra scientifica, derivò da uno dei più grandi movimenti open sourcedellastoria. Nel tredicesimo secolo giunsero nell’Europa settentrionale, provenienti dallaCatalognaadaMaiorca, gli scritti tradotti in latino di studiosi islamici sull’astrologia, l’arte divinatoria e soprattutto l’alchimia (nella sola Inghilterra si sono conservati tremilacinquecentotesti). Anche l’infezione mentale del ventunesimo secolo ha due luoghi esattamente localizzabili:laSanFrancisco Bayelapuntameridionaledi Manhattan. Silicon Valley e WallStreet. Molte persone si affannano per tutta la vita e non capiscono perché non funzioni. Perché non valga per loro quello che è stato promesso a tutti. Si percepiscono come un esperimento che fallisce permanentemente. La trasformazionedelpiomboin oro non riesce e quelli che affermano il contrario si rivelano ciarlatani. Si attengono scrupolosamente alle prescrizioni e alle istruzioni d’uso, imparano e studiano, si informano, combattono sul posto di lavoro, si creano una rete di amicizie, frequentano i posti giusti, ma prima o poi i più devono prendere atto del fallimento dell’intera impresa, al più tardi quando, trovandosi ormai “collocati a riposo”, una dopo l’altra le aspirazioni coltivate durante il ciclo della vita si dissolvononelnulla. Ilproblemaèchelamaggior parte delle persone ha letto i codici della società dell’informazione, così come quelli degli alchimisti, come metafore. Non ha compreso cheègravesel’informazione nonsidistinguepiùdallecose enonpuòpiùesseremisurata e valutata in base a esse. Per usare le parole di Theodore Roszak, l’informazione è diventataunfeticcio. Finoaquandosipotédarela responsabilità dell’insuccesso a potenze esterne – gli dèi, i re o i governi –, questa delusione generò regolarmente rivolte e rivoluzioni. Il nuovo capitalismoèriuscito,invece, a scaricare la responsabilità sull’Iodegliesseriumani. Così, per esempio, sempre più persone hanno la sensazione di vivere una vita al di sotto delle loro potenzialità, mentre l’apparato, allo scopo di realizzare le proprie aspirazioni,affermache“noi” avremmo“vissutoaldisopra dellenostrepossibilità”. Comesisa,nonlosièinteso come argomento economico, poiché altrimenti occorrerebbe spiegare “chi” avrebbe vissuto al di sopra delle sue possibilità. È un argomento puramente morale e, come si vede nella formulazionepreferita,quella dei “peccati”, è inteso anche in senso religioso: non funzionaperchévoipeccate. La lamentata mancanza di flessibilità, disciplina e responsabilità propria non è un difetto sistemico, ma caratteriale, e può essere eliminato. Solo così si può spiegare perché lo smantellamento dello Stato sociale abbia trovato approvazione perfino tra coloro che erano vicini ad avernebisogno.Comemostra Thomas Frank, negli anni novanta l’esempio americano aveva mostrato lo scambio moralediintereclassisociali. «I ricchi, la precedente società del tempo libero» si leggesullepaginedi“Wired” «diventanoinuovioberatidal lavoro, mentre quella che un tempo si chiamava la classe lavoratrice diventa la classe deltempolibero». Solo chi ne era “degno” poteva sperare di ottenere la trasmutazione, la metamorfosi della materia in orooinspiritonellaboratorio alchimistico. Chi voleva avere un’opportunità doveva essere sano, paziente, intelligente, devoto e disciplinato7. Doveva essere ingradodiassumerequalsiasi informazione, ma non poteva affogare nella fiumana delle informazioni. Chi «salta da un’opinione all’altra e da un desiderio all’altro […] è così distratto che non porterà mai nulla a conclusione». Bisognava essere creativi e costantemente concentrati sul lavoro, «in modo da non iniziare un lavoro e poi di nuovounaltro»8. Anche se si faceva tesoro di tutto questo, ogni sforzo era vano senza il buon Dio. Il problema era solo che Egli è un capo piuttosto imprevedibile,che«estendea tutti la Sua giustizia e la Sua bontà, ma anche la toglie a chiunque, a Suo esclusivo giudizio». Perciò non bisogna restare delusi se alla fine non viene fuori l’oro: la dottrina decisiva affermava che è meno importante trasformare il metallo che la propria anima. Probabilmente questa fiera della magia, secoli prima della pubblicità e del branding, era il primo caso nelqualeillavorosull’anima e il lavoro industriale erano collegati. Molti alchimisti erano imprenditorieperlamaggior parte erano inscindibilmente legati alla fiorente industria mineraria. Il lavoro su se stessi, ossia la rigenerazione dell’anima, comportava una sorta di consumismo spirituale paragonabile a quellodellamoda.Bisognava continuamenteessereprontia togliersi di dosso la vecchia forma di esistenza come i vestitivecchi,cosìsuonavail tipicoparagone.Ciòavveniva nel fuoco della fucina alchimistica: una metamorfosi dell’Io, che nei futuri processi di lavoro sarebbe diventato un prodotto. La trasformazione alchimistica era comunicazione e, come la ricerca ha mostrato, perfino i risultati pratici ottenuti nel laboratorio erano letti come una lingua, poiché solo così poteva essere giustificato lo scambio tra uomo e materia. Da qui le crittografie e i codici, la numerologia e infine anche le preghiere: nello scambio sopravvissuto alla dissoluzione della cosa e dello spirito, ossia nella comunicazione come essenza di tutto. Fare è pensare, e pensareèfare. Così è nato un sistema magico: quella che una volta era iniziazione oggi è comunicazione attraverso canalidigitali.Quellocheuna volta era l’adepto oggi si chiamatalento.Ciòcheallora significava compiutezza oggi sichiamaperfezione. Talento,laparolapreferitain tuttoilmondoperindicarela manodopera più ricercata, è un’eternapromessa,unapura potenzialità. Concetti fumosi come sapere o creatività, continuamente proclamati da ignari giornalisti, che scambiano l’istruzione per il “sapere”, come marcatori di vantaggi darwiniani per la sopravvivenza, nella loro arbitrarietà servono soltanto alle necessità del capo imprevedibile, che dona o toglie la propria benevolenza asuopiacimento. Non sono più concetti che riguardanolalibertà,masolo il controllo sociale. È quest’ultimo a decidere se il processo ha portato all’esito desiderato oppure no. La trasmutazione dell’Io non è nellenostremanicomenonlo eraaitempidellamagianera. L’Io, che alla fine deve cercareinsestessoleragioni del proprio fallimento, è soltanto un’interfaccia con la quale si è al servizio del mondo, ma si può anche essere serviti dal mondo. La conferma dipende da mille dettagli, dalla salute fisica e mentale, dalla sincerità interiore, dall’ora nella quale siredigonopostsuFacebook o si scrivono e-mail, dal luogo in cui ci si ferma e da tutti i luoghi nei quali si è stati e che consentono di prevedere in quali altri ci si recheràinfuturo. Èsufficienteguardareivolti sconcertatidituttiglistudenti elestudentessechescalanole vettedelsapere,osservaregli operai specializzati, gli ingegneri, i giornalisti che improvvisamente sono costretti a riconoscere che il “sapere” non è altro che la manifestazioneesteriorediun affare nel quale i risultati materiali decidono quanto il saperevaleononvale.Anche il denaro, infatti, è informazione e, come nell’immagine del mondo degli alchimisti, mantiene il doppio senso di un valore tantosacralequantoprofano. Come scrive in modo illuminante Hans Christoph Binswanger in una bella interpretazione di Goethe, il denaro è «la cosa (soltanto) immaginata» – certo la sola che incide direttamente sulla realtà. Le società europee hanno sperimentato che un’esplosione dell’informazione può avere come conseguenza un’esplosionedeldenaro. Nessuna meraviglia che Ken Binmore abbia in mente, come visione della nuova epoca, ciò che chiama apprendimentononcognitivo: un apprendimento che non deve più essere “compreso”; è una ragione che scambia il sapere con l’informazione e per la quale non conta più comprendere e penetrare i segnali di informazione che arrivano,masoltantoriceverli einviarli9. Le informazioni sono in certo modo le sostanze e gli elementi chimici mescolati dall’alchimista.Questinonsa in cosa consistano e non è nemmeno in grado di spiegarecomefunzionino,ma è perfettamente consapevole di cosa venga fuori se li si mischia: dall’incantesimo d’amore alla guarigione prodigiosa. In questo modo, nell’èra dell’informazione, l’uomo è diventato un pezzo da lavorare che ottiene il suo valore solo grazie all’elaborazione e allo scambio. ____________________ 1Kelly,Nuoveregoleperunnuovo mondo,cit.,p.7. 2Frank,OneMarketUnderGod,cit., pos.1278. 3Videogiocodisimulazione consistentenelcreareesviluppare unacittà.[N.d.T.] 4Frank,OneMarketUnderGod,cit., pos.1298. 5MarkGilbert,Complicit:How GreedandCollusionMadethe CreditCrisisUnstoppable,Kindle edition,BloombergPress,New York2010,pos.609. 6Tuttigliesempisonotratti dall’EnciclopediadiLynn Thorndike,AHistoryofMagicand ExperimentalScience,MacMillan, NewYork1923. 7MirceaEliade,Artidelmetalloe alchimia,BollatiBoringhieri, Torino1980,pp.137-151,in particolarep.141(ed.orig. Forgeronsetalchimistes, Flammarion,Paris1977,pp.140155). 8TaraNummedal,Alchemyand AuthorityintheHolyRoman Empire,Kindleedition,University ofChicagoPress,Chicago2007, pos.622. 9CitatoinMirowski,Machine Dreams,cit.,p.515. Capitolo27 DeathDating Ladistruzionecreativae l’artedegliingegneri La cancellazione dello “spirito”edella“materia”ha una preistoria altamente realistica nell’economia reale del ventesimo secolo. Nel 1932, la più grande nazione industrializzata del mondo si trovava in una depressione economica ben più grave di una crisi ciclica. Il fatto puro e semplice e le dimensioni della catastrofe smentivano tutte le promesse che per quasi mezzo secolo avevano accompagnatolagrandeepica delmiracolotecnologico. Permoltiaspettiècomeseil 1932fosseunmodello,come se la mostruosa crisi di autocoscienza del mondo di allora anticipasse in parte il mondo di oggi. Un drastico crollo dei prezzi degli immobili e la rinuncia ai consumi degli americani avevano portato l’economia sull’orlo del baratro. Già gli anni del boom prima della crisi economica mondiale erano stati dominati dalla pauradellasovrapproduzione. La maggior parte delle persone continuava a comperare oggetti perché ne avevabisognoenonperchéli desiderava, ma era evidente che ci si sarebbe dovuti far venire in mente qualcosa per aumentare la velocità di circolazionedellemerci. Gli anni record della produzione industriale prima della crisi economica mondiale videro la produzione di massa di auto, frigoriferi, distributori automaticima,aldisottodel livello delle cose che si potevano toccare e comperare,perlaprimavolta vennero prodotti strumenti coniqualisipotevapenetrare nel mondo interiore della menteemanipolarlocomeun pezzodilegnoodimetallo. La scoperta della psicologia di massa per il mercato pubblicitario infine – attraverso il nipote di Freud EdwardBernays,cheinventò ilconcettodipublicrelations – significò la colonizzazione e lo sfruttamento di un continente mentale che per secoli era stato considerato imperscrutabile. Allora si trattava soltanto di materie prime mentali e non di modelli matematici come quelli che ottant’anni dopo sarebbero stati applicati dagli informatici dell’èra del computer con l’aiuto di psicologi e antropologi. Tuttavia fu decisivo che si potesse valutare il successo dei nuovi metodi in marchi e pfennig e che lo si potesse dedurre dal volume degli affari. Riconoscere che, se il singoloèdiventatopartedella massa,ècalcolabileeche,in una certa misura, il suo comportamento può essere predeterminato fu, ben prima della comparsa di Google e degli algoritmi, qualcosa di paragonabile al reattore a fusione nucleare del mutamento sociale, con enormi conseguenze politiche.Iduenucleiatomici che si erano fusi erano la psicheeilprodotto. Secondo quanto riferisce Bernays, gli inventori di questi strumenti chiamati pubblicità e pubbliche relazioni si consideravano un’élite, un «gruppo relativamente piccolo di persone», le sole in grado di comprendere «i processi mentali delle masse». Una promessa che, dopo le esperienzedellemobilitazioni emotive delle masse nella primaguerramondiale,eradi enormeimportanza. Coerentemente gli ingegneri sociali, come amavano definirsi,parlavanodelleloro prestazioni come di “tecnologie”. Esse erano efficaci e di una neutralità addirittura spietata. «La pubblicità è una forza nonmorale», scriveva nel 1925 l’agenzia pubblicitaria A. J. Walter Thompson, «è come l’elettricità, da cui non si ottiene soltanto la luce, ma anchelasediaelettrica»1. Naturalmente i “persuasori occulti” si sono sopravvalutati e si può perfino sostenere che le loro affermazioni riguardanti il potere di controllo che avevano sulle persone siano state una delle loro trovate pubblicitarie più riuscite. Ormai un’intera biblioteca di ricerche ha relativizzato l’immagine dei manipolatori. Una tesi diffusa afferma che nonsonoriuscitiafarequello chesostenevanodipoterfare perchél’uomoèpiùricco,più profondo e contraddittorio di quanto volessero far credere quelle concezioni semplificate.Manonèquesto il punto. Il punto è se sia possibile ridurre il mondo ad adattarsi a queste semplici concezioni. Lapsicologiadimassaaveva dimostrato che l’anima poteva essere manipolata in modo che cose neutrali apparissero in un’altra luce. Ora veniva la seconda parte: anchelecosepotevanoessere manipolate in modo da trasformarelapsiche,anziun intero codice di comportamento. Non c’è nulladicuigliingegneridella coscienza degli anni trenta si lamentino di più che della morale dei loro clienti, convintichenonsidovessero dissipare le cose e che andassero adoperate per tutta lavita. La proposta decisiva venne avanzata da un agente immobiliaredinomeBernard London, che nel 1932 pubblicò un saggio dal titolo Ending the Depression Through Planned Obslescence. Con obsolescencesiintendevache unprodottosierarottoonon era più up to date, non si poteva più riparare. London proponeva che ogni prodotto potesse avere soltanto un ciclo vitale limitato, stabilito perlegge.Dopo,«questecose [andavano considerate] ufficialmente morte» e dovevano essere smaltite o eliminate2. E con procedure fino a oggi note solo in modo frammentario, gli ingegneri cominciaronoainscriverenei loro prodotti le “date di morte”. Il death dating stabilisce quanto qualcosa – si tratti di un’auto giocattolo, di una lampadina o di una radio–,devedurare.Neanche ilpubblicistaGilesSlade,che in un saggio ha raccontato la storia dell’“obsolescenza” in America, è riuscito a svelare l’efficientissimo meccanismo di questi orologi della morte incorporati. Alcuni promemoria interni della General Electric degli anni trenta dimostrano però che, a quantopare,tuttisapevanodi cosasitrattasse. Andavano fuori uso: le lampadine dopo un certo tempo (perché – così si diceva – poi il rendimento luminososarebbestatotroppo scarso),levalvoledelleradio, le componenti elettroniche, che erano programmate in modo da smettere di funzionare proprio al cambio di batteria. Il fatto decisivo era che veniva stabilita una secondaistanzadicontrollo. Glipsicologidellapubblicità affermavano di controllare l’anima delle masse, ma gli imprenditori controllavano realmente il tempo di vita dell’hardware, da quando – come del resto la psicologia pergliuomini–nonfupiùun bene di lusso e diventò un benedimassa. Nel 1880 una lampadina era un lusso. Costava pressappoco la metà del salario giornaliero di un operaio. I primi clienti di EdisonfuronoJ.P.Morgane i Vanderbilt. Poi, grazie all’aumento degli allacciamenti delle case alla rete elettrica e al miglioramento delle condizioni produttive, iniziò la fase della loro produzione industriale. Nel 1924 si incontrarono a Ginevra i membri del cosiddetto cartello di Phoebus, che includeva la Osram,laPhilipselaGeneral Electric, e decisero di accorciare artificialmente la durata di vita delle lampadine. «La durata della lampadina 2330» si legge in un promemoria citato da Vance Packard «è stata ridotta da 300 a 200 ore […] Questa comunicazione non deve in alcun modo essere resapubblica»3. Per la prima volta gli ingegneri avevano inserito negli oggetti, come loro specifica caratteristica, la “distruzione creativa”; quindi non avevano costruito soltanto qualcosa di funzionante, ma anche qualcosa di non funzionante. Quali fossero i termini della morte prematura delle lampadine ormai è diventata una leggenda: nel 1901, in una piccola stazione dei pompieri di Livermore, in California, venne accesa una lampadina. Centodieci anni dopo continua a emettere luce. Sul sito web dei pompierisipuòvederecome, ormaifioca,siasopravvissuta a generazioni di comandanti deivigilidelfuoco. Il desiderio dei giganti dell’industria di decidere quanto a lungo qualcosa debba funzionare era un’operazionesiatecnicache psicologica. Essi adottarono ricette che in parte vengono applicate anche oggi e che, nel caso di semplici apparecchiature, non sono altro che corrispondenti semplicialgoritmirelativioal materiale o alla funzionalità. In qualche caso è stato sufficiente che il prodotto si sporcasseononavessepiùun aspettogradevoleinuntempo relativamentebreve. Nel caso di prodotti complessi, la tecnica consisteva nel manipolare la componente più debole, the weakesttie, per sabotare così la funzionalità del tutto. Dal punto di vista psicologico, tuttavia, la data di morte era soltanto una misura per produrreunasovrabbondanza delsuperfluo,mainunmodo così efficace che un deputato del Congresso americano espresse ben presto compassione per i milioni di persone «i cui utensili domesticicadonoapezzi»4. In seguito al dibattito pubblico, suscitato in particolare da Vance Packard dopo la seconda guerra mondiale, la messa fuori uso pianificata è stata applicata con più cautela. La messa fuori uso come principio di superfluità diventò un processo su tre livelli, perfezionatoinugualemisura da ingegneri, pubblicitari e designer. L’intero settore parlava apertamente, come non avrebbe più fatto, delle tre opzioni: messa fuori uso pianificata in base alla qualità; invecchiamento funzionale, poiché i nuovi utensili sono migliori e più veloci; e, infine, la “messa fuori uso psichica”: un prodottononèpiùoggettodel desiderio, ma fuori moda e quindi superfluo. Quest’ultima opzione comprende tutti i cambiamenti di design e di moda spacciati come necessari dalla pubblicità e daitestimonial.Unodeiprimi designer industriali, Harley Earl, definì così quello che chiamava l’invecchiamento pianificato o dinamico: «Il nostro compito è accelerare l’invecchiamento. Nel 1934 la gente teneva la sua auto cinque anni. Nel 1955 due anni.Quandoarriveremoaun anno avremo raggiunto lo standardperfetto»5. Decenni prima dell’avvento di un mondo calcolato dal computer era stata costruita una macchina culturale che funzionava deterministicamente e produceva sovrabbondanza attraverso la propria superfluità.Produceva,perlo meno agli occhi delle imprese, un’autodistruzione calcolata, esito di una massimizzazione dei profitti chenonconoscevaalcuncaso fortuito, alcun utilizzo o stile di vita sbagliato o corretto, alcun destino – essa arrivava con la forza della predeterminazione.Mutavale categoriediaffidabilità,lealtà edurevolezzadituttelecose tangibili, ben prima che la modernasocietàdeimedia,la moderna politica e la New Economy lo facessero anche conlecoseimmateriali. Molti articoli di giornale e molteletteredilettoridiquel tempo attestano che ampi settori dell’opinione pubblica erano consapevoli che il mondo nel quale sarebbero entrati come consumatori sarebbe stato un mondo di lealtàinfrante. I grandi magazzini e le imprese smisero improvvisamente di fornire “garanzie a vita” – un messaggio pubblicitario che prima della crisi economica mondiale era diventato addirittura esistenziale per i prodotti di massa. Nemmeno dieci anni prima che, nel crollo della Borsa, sembrasse annunciarsi anche il collasso ideale dell’intero sistema, Henry Ford, il padre della produzione di massa, dichiara: Non possiamo immaginare di poter servire i clienti in altro modo che offrendo loro qualcosa che, per quanto ci riguarda, dura in eterno[…]noncipiaceche l’auto di un cliente vada fuoriusoodiventiobsoleta. Vogliamo che chi compera unadellenostreautononne debba comperare mai più un’altra. Non faremo mai un miglioramento che faccia diventare obsoleto il modelloprecedente. Ormai, come racconta minuziosamente Giles Slade, la vecchia promessa della “garanzia a vita” era stata cancellataesostituitaconuna nuova: instant gratification, soddisfazioneimmediata.Era l’ingresso definitivo della cosa in sé nel cervello, là dove vengono scaricati gli ormoni e nascono le dipendenze. Soprattutto, però, in questo modo si creava una nuova, semplice e semplificante leggedellastoria,cheoggi,a dispetto di un diffuso scetticismoneiconfrontidella tecnica, ha conquistato anche quei settori della società umana–dalleBorseaigruppi sociali – che altrimenti respingerebbero rigorosamente la legge della predeterminazione: il progresso tecnologico si fonda su se stesso. Chi non staalpasso,perdeilcontatto. Il giornalista Eli Pariser, nel suo libro Il filtro, ha evidenziato che questo ostentato fatalismo si può cogliere già a livello grammaticale nella predilezione per le costruzioni passive rispetto a quelle attive, poiché «i tecnologi […] dicono raramente che qualcosa “potrebbe” o “dovrebbe” succedere, dicono che “succederà”. “I motori di ricerca del futuro saranno personalizzati” dice la vicepresidente di Google Marissa Mayer, usando la forma passiva»6. Pariser, che rimprovera un po’ esageratamente a Google, Facebook e Amazon di non mostrarcicosenuove,haperò un’intuizione–purtropponon ulteriormentesviluppata–del problema ben più fondamentale: scrive infatti che tutti quanti hanno nelle profondità dei loro codici «una cattiva teoria della personalità»7. In un mondo nel quale il capitalismodell’informazione commercializza l’interiorità della mente non è più il prodotto,bensìl’uomostesso a essere esposto all’“obsolescenza pianificata”. Perciò le sue esperienze, i suoi attestati di lavoro e le sue lealtà non contano più nulla. Perciò l’instant gratification sostituiscelalealtàpertuttala vita. Perciò la “liquidità”, la fluidificazione dei numeri, delle identità, degli stili di vita, delle professioni, è all’ordinedelgiorno. Nella misura in cui gli uomini devono funzionare come automi, il death dating è diventato il principio fondamentale, ampiamente sottovalutato, del nostro mondo sociale. Uno scrittore trentaseienneavevacompreso intuitivamente che non si trattava soltanto di una manipolazionedellecose,ma anche degli uomini; dobbiamo questa consapevolezzaaquellocheè senz’altroiltestochiavedella societàmoderna.Nel1932,lo stesso anno del saggio di London sull’“obsolescenza pianificata”, apparve il romanzodiAldousHuxleyIl mondo nuovo, che – come sottolineò Neil Postman anni fa – coglie la nostra situazione in modo ben più realisticodi 1984 di Orwell8. Le macchine dell’indottrinamento sussurrano all’orecchio di uominiindottiallatranceche non devono riparare le cose, ma gettarle via (ending is better than mending). Una società nella quale non soltanto i vestiti e gli apparecchi,masoprattuttogli uomini hanno “difetti di fabbricazione” presuppone come ovvio che si possano programmare per le capacità, i talenti, le emozioni e le lealtà umane cicli vitali temporalmente limitati. In Huxley ciò avviene mediante alterazioni dell’informazione genetica.Fortunatamentenon siamo ancora arrivati fino a questopunto,macisiamogià vicini.Danoi,comevedremo in dettaglio, vengono selezionate e valutate informazioni digitali che prevedono per quanto tempo ancora un lavoratore sarà leale, se fra dieci anni funzionerà ancora al posto che attualmente gli è assegnato, oppure se diventerà superfluo. Nella meccanicadelcorsodellavita è da tempo inserito un interruttore che può accendere e spegnere l’uomo senza che egli ne conosca i motivi. La “trasmutazione” è il continuo accendersi e spegnersi delle capacità e delle qualità nel grande patrimoniogeneticodellavita sociale. Uno dei più importantivenditorialmondo di curriculum vitae, Reid Hoffman, fondatore di Linkedin, spiega senza sentimentalismi di cosa si tratta oggi: «Non c’è nessun vero “Io” da qualche parte dentro di te, che tu possa scoprire con l’autoosservazione e che ti possa indicareladirezione». Bisogna guardarsi bene dall’intendere simili affermazioni solo come la filosofia privata di imprenditori di successo che vogliono togliersi lo sfizio di scrivere un libro. Al contrario: esse portano direttamente al cuore della nuova ideologia, là dove gli apparati multinazionali produconol’esseredell’uomo nuovo. “Fare significa fare, non significa pensarci sopra”. Questa non è un’immagine del mondo psicologica, ma fisica. È ciò che i computer direbberosepotesseroparlare delleanime. Il filosofo R. G. Collingwood, tra gli applausi dei cyber-protagonisti, ha formulato così la concezione della nuova fisica: «Non si puòseparareciòcheunacosa è da ciò che essa fa». Secondo Collingwood, la cancellazione di questa differenza è anche la cancellazione di spirito e materia. In questo modo, ciò che un uomo è diventa immediatamente un giudizio di valore che viene dedotto soltantodalsuoagire. Poichél’identitànonsifonda più su qualcosa che si è, non sipuònemmenoandarefuori usocomeungiocattolochesi è lasciato cadere. L’uomo della cyber-modernità viene accesoespentoquandoinodi della rete lo staccano dalle informazioni. Proprio là dove Silicon Valley preparava la sua nuova ideologia si trovano storicamente i primi segnali del fatto che gli uomini percepivano intuitivamente questatrasformazione. Un giorno, nel dicembre del 1964, un ragazzo si presentò al microfono davanti a studenti che protestavano e gridò qualche frase che poi sarebbe diventata leggendaria: «Noi siamo un pezzo di materia prima che non vuole essere trasformata inunprodotto,chenonvuole essere comperato da qualche cliente dell’università. Noi siamoesseriumani». Si chiamava Max Savio e gridò questa frase il 2 dicembre 1964 nel campus dell’università americana di Berkeley.LaprotestadelFree SpeechMovement(chepoisi sarebbe riversata in tutto il mondo nella rivolta studentesca)sidirigevaperla prima volta contro lo sfruttamentodell’anima,dello spirito e del sapere a favore degli apparati del complesso scientifico-militare. Infatti, proprio questo avevano previsto con una franchezza oggi inimmaginabile le élite perlegiovanigenerazioninel 1964. Chi rilegge che cosa aveva annunciato nel 1963 Clark Kerr,direttoreamministrativo dell’università di Berkeley e bersaglio principale delle proteste, durante una serie di lezioni,puòvalutarel’enorme lasso di tempo trascorso prima che la nozione di società del sapere si radicasse. Nel 1963 Kerr delineò l’immagine di un mondo che nonsidistinguequasiinnulla dalla realtà a cui siamo oggi pervenuti. Previde la nascita di un’«industria del sapere» digitalizzata, nella quale l’«intelletto diventa una questione di interesse nazionale […] una componente del complesso industriale-militare»9. Considerando che queste parole erano state scritte mentre nel Sudest asiatico infuriava la guerra del Vietnam, era chiaro che da quel momento il pensiero sarebbe diventato strategia militare. Infatti, il nuovo “sapere” non aveva più nulla a che vedere con ciò che le generazioni precedenti avevano inteso con questa parola.Nonpresupponevapiù ilpensieroteorico. Il filosofo Gilbert Ryle, al quale il direttore amministrativodell’università si riferiva, attribuiva la responsabilità dei malintesi a quella che considerava la fatale distinzione tra mente e corpo.Ritenevacheesserein grado di compiere un’azione senza ulteriore riflessione fosse comunque “sapere”. L’agire intelligente consisterebbe nell’applicazione di regole: fare è già un’operazione mentale. Non c’è differenza alcuna rispettoalleideerimuginatea lume di candela nel laboratorio alchimistico, solo che ora il laboratorio è completamente cambiato. Sono stati “la macchina”, “l’apparecchio” e soprattutto ilgrandecomputeratradurre immediatamente in realtà l’agiresimbolico. Gli studenti di allora lo compresero istintivamente. Moltidiloroavevanoappese al collo le schede perforate con le quali le università di alloragestivanoglistudentie il personale. Uno variò la scritta riportata sui cartellini: «Io sono uno studente. Per favorenonpiegare,lacerareo deteriorare». Decenni più tardi uno dei manager dell’economia dell’informazione con la carriera e il curriculum di maggior successo, il cofondatorediLinkedinReid Hoffman,dicecheogniuomo deve diventare un’«impresa start-up». E cita il cyberpropagandista Marc Andreessen,ilqualeafferma: «Ai mercati, che non esistono,noninteressaquanto sei intelligente. È cioè del tutto indifferente quanto duramentetuabbialavoratoo con quanta passione coltivi i tuoi interessi: se nessuno ti paga per i tuoi servizi nel mercato del lavoro, è abbastanza dura. Non hai dirittoanulla»10. Si è solo ciò che si fa, si fa solo ciò per cui c’è un mercatoec’èsolounmercato perciòpercuisivienepagati: è il mantra della nuova identità. Nel laboratorio alchimistico ognioperainiziavaconl’idea della materia primordiale caotica, a partire dalla quale sarebbestatocreatoqualcosa. Analogamente, il capitalismo dell’informazione localizza il caos nell’Io: «Tu non sei in un mare tranquillo. Tu sei in un oceano caotico […] Altisonanti domande sull’identitàesulfinemorale dell’agire impiegano lungo tempoperottenererisposta,e lerispostemutano»11. Coerentemente, chi pensa cosìannunciaunanuova“èra dell’impensabile”. Impensabile nel significato più fondamentale della parola: un mondo nel quale tutto ciò che viene pensato viene fatto, perché lascia immediatamente dietro di sé tracce digitali che possono essere analizzate solo per via matematica–peresempioda Linkedin. In questo modo, però, la vita stessa diventa unaBorsa. Secondo Reid Hoffman, pur sempre l’amministratore di milioni di curricula, i crolli delle Borse del presente, “cignineri”,lefratturechesi creano al vertice del sistema mostrano che la volatilità, le biografie che declinano e tracollano, diventano una nuovanormaesistenziale: La fragilità è il prezzo che pagheremo per un mondo collegato con hyperlink, un mondo nel quale tutti i buffer vengono eliminati per ottimizzare il sistema. L’economia, la politica e il mercato del lavoro contengono un mucchio di shock inattesi. In questo senso il mondo di domani appariràancoradipiùcome la Silicon Valley di oggi: cambiamenti e shock permanenti12. Secondo Hoffman l’uomo è costantemente in modalità radar. Sa che la sua vita è fragile e, se non è sempre pronto come un trader di Borsa a sfruttare le opportunità, rischia «una gigantesca esplosione in futuro». L’uomo stesso sta diventando una perfetta incarnazione di Numero 2. Monitorizza gli altri giocatori, che sono spinti dall’ambizioneedaldesiderio esclusivo di massimizzazione deiprofitti,eincertomodosi prescrive le proprie assicurazionicontroilrischio. «Se includi sistematicamente la volatilità nella tua vita, riesci ad “assorbire con dignitàglishock”».Inbreve: l’uomo come trader della propriavita. Una volatilità matematicamente misurabile in millisecondi non è più un tratto distintivo delle Borse, madell’identitàumana. Dall’uomo, in una trasposizione letteralmente perversa dell’origine delle crisieconomiche,cisiattende che faccia ciò che le Borse delmondolospingonoafare: egli deve “investire in se stesso” e assumersi rischi enormi, all’occorrenza inserendo artificialmente nellapropriabiografiacrollie shock. Comevivereunavitacosì? Come modalità standard, comedefaultsetting,lanuova élite suggerisce di dire “sì”: «Cosa accadrebbe se tu standardizzassi per un giorno il “sì”? Un’intera settimana? Sì!,accadaquelcheaccada». Perché la minaccia è chiara: «Se non sei tu a trovare i rischi, sono loro a trovare te»13. ____________________ 1Fondamentalmenteèquestalastoria raccontatadaLears,Fablesof Abundance,cit. 2GilesSlade,MadetoBreak: TechnologyandObsolenscencein America,HarvardUniversityPress, Cambridge2006,p.73. 3VancePackard,TheWasteMakers, Kindleedition,IgPublishing,OpaLocka2001,pos.824. 4Slade,MadetoBreak,cit.,p.89. 5Ivi,p.43. 6EliPariser,Ilfiltro.Quelloche internetcinasconde,IlSaggiatore, Milano2012,p.140(ed.orig.The FilterBubble:WhattheInternetIs HidingfromYou,ThePenguin Press,NewYork2011). 7Ibid.,p.90.Cfr.larecensionedi EvgenijMorozov,OnYourFacts, in“NewYorkTimes”,6dicembre 2012,chesirichiamaespressamente alprincipiosottaciutodella serendipità,disponibileall’indirizzo http://www.nytimes.com/2011/06/12/ review-the-filter-bubble-by-elipariser.html?pagewanted=all&_r=0. 8NeilPostman,Divertirsidamorire, Marsilio,Venezia2002(ed.orig. AmusingOurselvestoDeath: PublicDiscourseintheAgeof ShowBusiness,ThePenguinBooks, NewYork1985). 9ReidHoffmaneBenCasnocha,The Start-upofYou:Adapttothe Future,InvestinYourself,and TransformYourCareer,Kindle edition,CornerstoneDigital,New York2012,pos.3727. 10Ivi,pos.700. 11 Ivi,pos.2366. 12Ivi,pos.2411. 13Ibid. Capitolo28 Reengineering L’uomoscompostoèuna minierad’oro «Sì, tu sei qualcosa di diverso da uno spedizioniere discarpeonline.Matuvendi iltuocervello,iltuotalentoe la tua energia. E lo fai nel mezzo di una gigantesca competizione». Questo è il mantra di Reid Hoffman, e sul fatto che esprima la dottrina del nuovo capitalismodell’informazione nonpossonosussisteredubbi. Significa che in futuro gli uomini vivranno con una nuova divisione del lavoro: diventeranno gli operai, gli impiegati e gli imprenditori della propria fabbrica dell’anima. Sono circondati da persone che vogliono esattamente la stessa cosa, che twittano, postano su Facebook, bloggano, fotografano, lavorano come fannoloro. Di fronte a queste informazioni che mutano costantemente, come avviene in Borsa, e che possono tutte essereutilizzateinunmercato del lavoro volatile, l’unica strategia di sopravvivenza è quella suggerita da Numero 2: bisogna ridurre tutti gli altri al loro egoismo, a un bluff, a un piano che dissimulano e con il quale vogliono vincere il gioco dellavita. Chi conosce l’attuale comunicazione in rete, la sua disposizione all’odio e il piacere dell’insinuazione, constateràchequestogiocoè giàincorso. Nel capitalismo dell’informazionel’Ioassume sia il ruolo del dispotico padrone di fabbrica, sia quello dei suoi operai e perfino dei suoi mezzi di produzione.Ilmaterialeconil quale produce consiste di informazioni.Essesonol’oro del presente. Ma – come se l’incubodeicontemporaneidi Soddy si fosse avverato – un oro che è disponibile in eccesso. Sorprendentemente, ciò non diminuisce il suo valore,maloaccresce. Per millenni gli uomini rimaseroindifferentidifronte aenormiquantitàdimateriali scuri, maleodoranti o inutili. Dapprima cercarono senza successoditrasformarequesti materiali poco attraenti in oro. Poi impararono a utilizzare il carbone o il petroliocomemateriaprima. Il premio Nobel per la fisica Arno Penzias lo ha spiegato con una bella battuta: «Se io vedo della gelatina dolce e bruna sulla sua cravatta, è sporcizia.Masemettoquesta stessasporciziasuunpiatto,è budino di cioccolato. I dati sonocomelasporcizia,mase leilimettenelpostogiustoe crea un ordine, diventano sapere»1. Non solo ogni evento della vita di una persona diventa informazione, ma anche lo scambio di questi eventi con infiniti altri che vengono registrati in forma digitale. Non solo la macchia sulla cravatta, anche il movimento della mano che cerca di eliminarla, la velocità con la quale la portate a pulire, la frequenza con la quale la cravattasimacchiadinuovo, il tipo di macchia, le occasioni nelle quali la cravatta viene indossata – tutte queste sono informazioni alla lunga utilizzabili e vendibili. E questo vale soltanto dalla prospettiva di una sola cravatta.Chedirenelcasodi innumerevoli portatori di cravatta: i camerieri di un locale, il personale di un aereo,iproduttoridelbudino di cioccolata e della stessa cravatta? Oggi sempre più persone sanno di essere inserite con foto o commenti in social network nei quali non sono mai entrate, poiché c’è una diffusione di dati da parte di terzi nelle cui foto esse appaiono casualmente. Ma quello che vale per le foto, vale anche per ogni tipo di informazione. «Se io do ad altriimieidatigenetici»dice un’informatica che si occupa di Big Data presso Microsoft «do loro anche i dati di mio fratello, di mia madre, dei miei eventuali figli. La grande questione sarà: a chi appartienelacatenadie-mail trateeme?»2. È chiaro da tempo che tutto questo vale anche per il mondo del lavoro. Qualsiasi nostro gesto, movimento, cenno del capo produce un sapere che non conosciamo come verrà interpretato; ogni nostro pensiero, ogni nostra frase, ogni nostra e-mail produce una narrazione che comprendiamosoloquandoci viene presentata come da un giudiceistruttore,sottoforma di storia del nostro fare e del nostroagire.Alloraigiornidi malattia vengono collegati a codici di lettura delle sensazioni, dei movimenti e ben presto anche degli sguardi, del linguaggio del corpoedellamimica–infatti, l’ultima invenzione di Google, l’occhiale computerizzato, includerà un’app che decifrerà l’autenticità del sorriso e il messaggio del linguaggio corporeo. Nel flusso dei dati ormai vengono immesse anche conoscenze tratte dalle scansioni cerebrali e con le quali aziende come Lucid Systems intendono comunicare la “verità inespressa”. In questo modo, però, viene abbattuto anche un altro limite della materia: ilpassato. Chiunque direbbe che ciò che è stato deve essere accadutoperforza,altrimenti noncisarebberocase,templi, opere d’arte, libri, città o paesi.Oraperòlaquestioneè perché le cose sono andate come sono andate e come sarebbero potute andare diversamente. «Da un punto di vista scientifico, per pronosticare cosa potrebbe succedereinfuturodobbiamo non soltanto sapere cos’è successoinpassato,maanche cosa sarebbe potuto succedere»3. Nel campo dell’analisi azionaria, tutti sanno cosa si intende quando si proiettano nel futuro gli andamenti passati delle quotazioni. Attualmente, però, queste analisi vengono già applicate in formato ridotto all’esperienza umana – per esempio nelle indagini sulle frodifinanziarieinaziendedi Wall Street – e, dove possibile, dagli uffici del personaledigrandiaziende. Per quanto concerne l’accumulazione di Big Data, come dice l’ingegnere di Google Martin Wattemberg, siamo ancora nell’èra preindustriale4. Questi “dati ditransazione”,ossiagliesiti della comunicazione tra uomini e cose e tra uomini e uomini, vengono immagazzinati in giganteschi supermarket e chi guarda attentamentesiaccorgeràche sono mani, braccia e gambe, movimentieflussidipensieri che attendono di essere trasformatiindenaro.Sonole bambole-automi che nel museodiMerlinmostravanoi movimenti isolati delle loro braccia,maniepalpebre. Aziende come l’americana ClearStoryoraoffronoqueste informazioni nel formato preferito, combinando dati pubblicamenteaccessibilicon altri messi a disposizione da altre aziende. “Dove McDonald’s deve nutrire chi?” recita una delle domandepiùingenue. «Noi rendiamo consumabili i dati» ha affermato la presidente del consiglio di amministrazione ShahaniMulliganinun’intervistaal “New York Times”. «Non ci si deve far sedare dalla noiosa parola dati». Quel che intendeva dire è: noi trasmutiamo i pensieri e le micro-azioni umane in materiali consumabili. La dirigente d’impresa Mulliganchiarisceanchein cosa consista il materiale psichico trasmutato: è «oro rinchiuso da trent’anni in banchedati»5. È vero ciò che una volta scrisse Earl Shorris: questa è l’èra dell’informazione, tuttavia l’informazione non è lapremessadelsapere,malo strumento del venditore6. Se nella nuova immagine del mondo, per citare il titolo di un libro di successo, l’intero universo è un computer che non fa altro che elaborare informazioni, allora il microcosmoeilmacrocosmo sifondonocomenoneramai avvenuto dai tempi del pensieromagico. Nonèverochecontasoloil denaro, ma: tutto è denaro. Letteralmente. Dalle singole sequenze del codice genetico passando per le associazioni di idee, tutte forme di movimentonellospazioenel tempo. In questo mondo non c’è più alcuna necessità strutturale di lavoratori classici,manemmenodigran parte del lavoro intellettuale. Si creano mercati del lavoro per gli analisti che elaborano informazioni sulle informazioni, sia a Wall Streetchenelleimprese. Gli uomini non sono più ruote dentate in questo automa, ne sono il prodotto. Scrive un matematico del MIT: «L’ingenuo pregiudizio che gli oggetti fisici siano “piùreali”deglioggettiideali è ancora profondamente radicato nel pensiero occidentale […] una conseguenza di questa convinzione è che la nostra logica continua a seguire il modellodeglioggettifisici»7. Qui viene negata una differenza che fa parte dell’esperienza quotidiana e delcommonsensedegliesseri umani. Se è la mente a manipolareeacontrollaregli elementi, allora questo vale anche per la mente stessa: può essere manipolata e controllata allo stesso modo dell’acciaio che diventa lamiere di automobili. Anche l’informatica Danah Boyd, che presso Microsoft si occupa proprio di questi problemi di elaborazione di BigData,parladiuno«strano momentodiraccapriccio»8. In un mondo come questo, infatti, nel quale le uniche cose concrete e solide sono informazioni, i sensi umani non possono più essere strumenti di sopravvivenza, anzi, nemmeno più mezzi di provaaccettabili. Guardate, làggiù ci sono personechechiacchierano.Si scambiano informazioni, si divertono, fanno affari, forse parlano solo del più e del meno. L’essenziale è che tutti, parlando, formano uno spazio sociale comune. Un’azienda americana si è specializzata nell’analisi di questi spazi; il suo badge digitale, nTAG, registra appuntochi,conchi,quantoa lungoparla. Lapermutatramenteecosa, tra software e hardware, avviene attraverso le routine. Questo è il motivo per il quale tutte le religioni assegnano tanto valore agli esercizi e ai rituali. In essi tutto è definito, ogni gesto e ogni parola, un eterno algoritmo che nella maggior parte dei casi ha come scopo la trasformazione della materia in spirito o dello spirito in materia. È uno scambio che dall’Ultima cena, passando per i laboratori degli alchimisti, arrivafinoalbuddismoZen. Tuttavia, nella vita quotidiana la maggioranza delle persone concorda sul fatto che sarebbe meglio far svolgereleroutinedaschiavi. Leroutine,diconodaquando HenryFordavevacostruitole sue prime catene di montaggio,mettonofuoriuso gliuomini.Tuttipensanoche le catene di montaggio e la monotonia si addicano più alle macchine che a esseri pensanti. Ora che questo schiavo sotto forma di computer fruga in tutta la nostra vita secondo routine che può accollarsi per noi, i propagandisti del nuovo mondo del lavoro fanno un ulteriorepassoavanti. Ora tutta la vita convenzionale, basata su un’identità stabile e su un lavoro regolare, è esposta al sospetto di non essere altro che una simile routine. «Vent’anni di esperienza», dice Andy Argadon, diplomato in economia aziendale presso l’università dellaCalifornia,«sonospesso soltanto un anno di esperienza ripetuta venti volte». Sottoquestoprofilo,l’Ioèin realtà soltanto un’abitudine chedisturba,unautomatismo che rende ottusi e lenti. Poichésièsolociòchesifae si deve costantemente fare qualcosadinuovo,siproduce permanentemente anche un nuovo Sé volatile. Nel gergo dellateoriadell’informazione applicata,l’Ioindividualenon è altro che noise: «Non abbiamo bisogno di un nome» dice al “New York Times” un manager di Google«inomisonosoltanto rumore». Ciò suggerisce, in piena conformità alla logica dell’“ideologia californiana”, che l’uomo come avatar e libero dalle coazioni a ripeterediventaincertomodo incorporeo, una pura idea, trova tempo e agio per la contemplazioneelacreatività e, tra l’altro, non può più addurre come scusa le esperienze di lavoro logoranti, se gli manca la forzaperquestacreatività. Vale la pena di guardare la cosa su un altro schermo, là dove le persone mangiano, nascono e muoiono. Tutti i dati che vengono messi in vendita nel supermarket dei dati provengono da catene di montaggio nelle quali alcuni apparecchi li hanno staccati dagli uomini, come cablaggi incandescenti. Mentrenell’economiarealei robotassemblanoapartireda innumerevoli pezzi, saldano, vernicianooimballanoautoo macchinedelcaffèeallafine applicano loro un marchio, nellacatenadimontaggiodel capitalismo digitale gli apparecchi scompongono l’uomo nella sue singole parti.Sel’uomoèciòchefa, alloravaleancheilcontrario: si sa cos’è se si osserva cosa fa. Se si sa abbastanza, si sa cosa un uomo farà, anche quando egli stesso non lo sa ancora. La catena di montaggio, come ha sottolineato Sigfried Giedion nella sua fondamentale storia della meccanizzazione, è stata sempre pensata come un’unità automatica, «nella quale l’uomo agisce solo come osservatore». La presenzadilavoratoridoveva esseresoloprovvisoria,finoa quando le macchine non avrebbero padroneggiato movimenti particolarmente complessi. Nel 1929, nel bel mezzo della crisi economica mondiale, l’imprenditore americanoL.R.Smithfeceil passosuccessivopubblicando uno scritto dal titolo Costruiamo una fabbrica che lavorerà senza uomini. Interessante oggi non è la visione di Smith, di cui abbiamo quotidiane conferme, ma il modo in cui eglipervenneaquestaidea: La risposta stava nel subconscio degli ingegneri […] molto probabilmente attraverso la nostra osservazionequotidianadel modo in cui giorno dopo giorno gli operai eseguivano gli stessi movimentifummoindottia perseguire la meccanizzazione integrale della produzione di carrozzerie9. Se oggi tutti i sistemi di formazione hanno il compito di addestrare sempre più specialisti, si pone la questione se gli specialisti vengano utilizzati solo affinché le macchine copino illorospecialismoeallafine riescanoasostituirli. Una specializzazione umana, – ha scritto Hugh Kenner, – se viene osservata abbastanza accuratamente, è meccanicamente riproducibile,eseunuomo è diventato uno specialista, anche quest’uomo è meccanicamente riproducibile10. Vale in particolare nel caso in cui l’incremento delle prestazioni cognitive dei computer proceda nella misura oggi prevista dai cyber-evangelisti specializzati.Ilfattocheoggi veniamo “osservati” dalle macchine–un’ideanonfacile daconcepireperuningegnere –,nelcontestodelloStatodel mercato dell’informazione ha quasi sempre gli stessi tre motivi, che spesso si sovrappongono: nell’ambito della sorveglianza si tratta di acquisire un sapere sul comportamento sociale futuro, per controllarci; nell’ambito del consumo, si tratta di acquisire un sapere sulle nostre abitudini di acquisto, per consigliarci (o per manipolarci); nell’ambito della produzione, si tratta di acquisireunsaperesulnostro sapere,persostituirci. Oggi,nell’epocadiBigData, noncisonoosservatoriumani nellecatenedimontaggio,ma dispositivi che portiamo in giroconnoi,checitracciano eosservanolenostreazionie i nostri pensieri, li scompongono, li custodiscono in “magazzini” digitali e li ricompongono in baseallenecessitàdeiclienti. La differenza rispetto alle fabbrichedescrittedaSigfried Giedion sta nel fatto che le tecnologiemoderne,applicate attraverso un’interfaccia computerizzata, non eseguono soltanto azioni al posto degli uomini, ma traducono ciascuna di queste azioni in informazione. Esse, per così dire, scrivono in permanenza un romanzo su ciò che gli uomini fanno con e attraverso di esse. Ormai non viene più soltanto schiacciato un bottone, ma nello stesso tempo viene scrittountesto. Il linguaggio moderno del lavoro chiede: Quando? dove?perquantotempo?con qualestatod’animo?conchi? quanto spesso? quanto rapidamente?Aesserescritto e letto da questo sottotesto non è soltanto l’operaio addetto alla macchina – una consapevolezza che nel frattempo si è fatta strada anche nelle più acritiche comunità di social media –, ma chiunque partecipi mediantelamacchinadigitale al mercato del pensare e del parlare. La prima a richiamare l’attenzione su questo fenomeno è stata Shoshana Zuboff, che alla fine degli anni ottanta inventò per questi ambienti di lavoro il concetto di testo elettronico. Da allora non solo il mondo del lavoro, ma tutta la vita umana è seguita come un’ombra dal testo elettronico. Pochissimitranoiconoscono questotesto.Siamoquasitutti analfabeti riguardo al romanzo della nostra vita. Scritto in un linguaggio che non comprendiamo, chiuso come le Sacre Scritture e interpretato da ermeneuti ed esegetiicuicriterinonsiamo in grado di mettere in questione. Nessun datore di lavoro, nessuna Homeland Security, ma anche nessun Google, Apple o Amazon lasciano davvero vedere le loro carte làdovelecosesifannoserie in un mondo che pretende di esseretrasparente.Sonocome sacerdoti che vegliano gelosamente sull’interpretazione della parola di Dio. Pertanto – come perspicacemente aveva stabilito già decenni fa Shoshana Zuboff – nella modernità il potere sta in chi interpreta questi testi e nelle regole in base alle quali li interpreta. Queste regole corrispondono a ciò che si potrebbe chiamare controlling umano: si tratta esclusivamente di efficienza e ottimizzazione, sia negli acquisti, sia nella prognosideirischidiazionio malattie. Il testo elettronico viene utilizzato per determinare la logica consapevole o inconsapevole del comportamento umano. Soprattutto, però, esso deve scoprire le contraddizioni messe in luce dal nostro comportamento, e finora si è ben poco discusso delle conseguenze che questo comporta. ____________________ 1Cit.inEarlShorris,ANationof Salesmen:TheTyrannyofthe MarketandtheSubversionof Culture,Kindleedition,W.W. Norton&Company,NewYork 2012,pos.1749. 2CosìDanahBoyd,percuicfr. QuentinHardy,RethinkingPrivacy inanEraofBigData,in“New YorkTimes”,4giugno2012, disponibileall'indirizzo http://bits.blogs.nytimes.com/2012/06 privacy-in-an-era-of-bigdata/. 3DuncanJ.Watts,SixDegrees:The ScienceofaConnectedAge,W.W. Norton&Company,NewYork 2004. 4Cfr.QuentinHardy,HowBigData GetReal,in“NewYorkTimes”,4 giugno2012,disponibile all’indirizzo http://bits.blogs.nytimes.com/2012/06 big-datagets-real/. 5Cfr.Id.,BigDatafortheRestofUs, inOneStartUp,in“NewYork Times”,19marzo2012,disponibile all’indirizzo http://bits.blogs.nytimes.com/2012/03 about-big-data-in-one-startup/. 6Shorris,ANationofSalesmen,cit. 7GeorgeGilder,Microcosm:A PrescientLookInsidethe ExpandingUniverseofEconomic, SocialandTechnological PossibilitieswithintheWorldofthe SiliconChip,Touchstone,New York1989,p.21. 8Cfr.Hardy,RethinkingPrivacyin anEraofBigDatacit. 9SigfriedGiedion,DieHerrschaft derMechanisierung,Europäische Verlagsanstalt,FrankfurtamMain 1982,p.144. 10Kenner,TheCounterfeiters,cit.,p. 16. Capitolo29 Tu Comevienelettaemessasul mercatol’essenzadiuna persona Quando, caro lettore, ti capiterà di avere problemi – si tratti del controllo del passaporto, della carriera o della solvibilità –, sarà sempre questione di contraddizioni. Tutta la carriera di Numero 2 e dei suoi strumenti, sempre più legatiallateoriadeigiochi,è un’operazione concettuale finalizzata a eliminare le contraddizioni. Il mantra dell’economia neoclassica era l’autoconsistenza di Numero 2, dell’Homo œconomicus: non poteva rapportarsi contraddittoriamente alle sue pulsioni egoistiche; perfino come altruista è al servizio dell’utileindividuale. In tutto è insita una logica, anche nella contraddizione, nelfallimento,neltentativodi esserediversidaquelchesiè. Per quanto generazioni di economisti e psicologi (che avevano un’immagine del tutto differente dell’Io umano) si siano opposte a questo dato di fatto, in tempi nei quali tutto può essere calcolato è più attuale che mai. Là dove il pensiero, l’agire consapevole o inconsapevole di un uomo mostrano contraddizioni, sussiste la possibilità di rintracciare le sue “vere” intenzioni: i suoi obiettivi egoistici. Molto di rado, e per l’esattezza solo quando la tecnologiadevefornireprove giuridiche – per esempio, nei procedimenti giudiziari degli Stati Uniti –, è possibile gettare un’occhiata negli abissidell’analitica. «Il nostro lavoro è un po’ come leggere tutti i riferimentiincrociatineidiari di scrittori meticolosi quasi finoallafollia»diceElizabeth Charnock, amministratore delegato di Cataphora1. Per anni la sua azienda ha analizzato dati per i procedimenti giudiziari, in particolare quelli che riguardavanoWallStreet. Ora che ha ceduto questa sezione, è tra i pochi che possono parlare apertamente deiproprisistemi.Ildiarioin questioneècertamenteditipo particolare: Tuttavia l’effetto generale è assai maggiore, poiché evidentemente la maggior parte delle azioni della vita reale viene compiuta nella modalità del pilota automatico.Perciòilritratto che possiamo ottenere basandoci su queste azioni riproduce l’essenza di una persona con chiarezza ben maggiore di quanto non sia maistatopossibileprima2. Furonoi“diaristi”,cioèdegli scrittori, a prevedere il collasso delle narrazioni di vita a partire dagli anni a cavallofraOttoeNovecento. IlRitratto di Dorian Graydi Oscar Wilde, dove l’eroe rimane splendidamente giovane, ma il suo ritratto dipinto invecchia e diventa ripugnante, agli occhi degli analisti è il patto con il diavolo che oggi molti sottoscrivonosenzariflettere. La divergenza, – scrive la Charnock, – si crea fra le identità digitali abbellite, che le persone si costruiscono nei social network, e il ritratto del loro “Tu” digitale, che noi componiamo assemblando tutti i databit disponibili, ottenuti da tutte le fonti possibili3. Da Oscar Wilde attraverso Kafka, Aldous Huxley e George Orwell fino a Max Frisch il racconto della perdita di identità salvava ancora l’identità. Anche sociologi come Richard Sennett, che al più tardi a partire dagli anni novanta hanno dimostrato il depotenziamento del singolo nelmondodellavoronell’èra della globalizzazione, credevano pur sempre, a dispetto di ogni pessimismo, inungiocofraattoriumani. Ora l’autore è cambiato. La Charnockeilsuoteamhanno scoperto, con loro stessa sorpresa, di essere in grado «di cogliere il carattere delle persone e delle organizzazioniconprecisione clinica». È in questo referto clinico che in futuro verrà scritta quella narrazione dell’Io che è la nostra vita. Possiamo aver studiato e appreso, possiamo aver acquistato un nuovo vestito o un nuovo abito per il colloquio di lavoro, ma il Tu digitale non indossa abiti né vestiti e le sue credenziali sono i suoi dati digitali, mentre diplomi edesamicontanopochissimo. Qual è la nostra reazione, chiede la Charnock, che dal 2002 ha analizzato «milioni diinteressantie-mailedidati elettronici» – «forse», come aggiunge con franchezza, «anche di alcuni di voi, cari lettori» – «se Google ha decisochesietesospetti?». Le nuove storie di vita non sono più storie dell’Io, ma racconti del Tu. Una sterminata letteratura, composta in parte da testi di alta matematica, desta alla vitaquesto“Tudigitale”elo trasforma in un processo mozzafiato senza che esso stessosiaccorgadidiventare un compagno di gioco nel grande gioco della vita di Numero2. Numero 2, l’algoritmo analizzanteeilTudigitale(se stessi), Numero 1, si fronteggiano come gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica nella guerra fredda. Con la differenza che le mosse di Numero2nonsiriescequasi ad analizzarle, anzi spesso si intuisce soltanto di giocare conqualcunoeperquestosiè cauti nelle proprie comunicazioni.MaNumero2 conosce la forza dell’abitudine e sa che, alla lunga, nessuna persona può controllare il proprio comportamento. Naturalmente, questi algoritmi non capiscono cosa qualcuno “intenda” quando adopera parole come triste, cattivo, arrabbiato; non conoscono il sentimento che qualcuno prova quando nelle mail è felice, quando ride beffardamenteolamattina,di regola, risponde per prime a certe e-mail, mentre altre le trascura. Non capiscono neppure cosa “significhi” quando un agente di Borsa, scrupolosamente esaminato con il loro aiuto dalla Security and Exchange Commission (SEC), suggerisce titoli azionari ai suoiclientieunminutodopo deplora i “mercati deprimenti”. Non devono capire tutto ciò e quindi si trovanoinpienoaccordocon l’economianeoclassica. IlrealeoperatodiNumero2 non sorprenderà chi ne abbia seguito la carriera fin qui: traduce la comunicazione in unmodelloeconomico.Sotto la superficie delle parole lavora come un motore un’economia del dare e dell’avere, “grazie” e “prego”,“sì”e“no”,mainun numero enorme di contesti; un’economia del profitto e della perdita, del bluff, della punizioneedellaricompensa. Dopo aver lavorato un po’ (con gli algoritmi), cominciammo a comprendere che sui nostri obiettivi ne sapevamo di più – davvero di più – dei loro coniugi e dei loro amici più stretti. Forse più di quanto loro stessi non sapessero di sé. Sapevamo non solo se erano felici o infelici, ma anche cosa li rendeva tali e come si comportavano poi. Eravamo in grado di studiare la coerenza logica delle loro opinioni e di stabilire se manifestavano le medesime opinioni di fronte a persone diverse. Vedevamo chi condivideva generosamente il riconoscimentoottenutoper il suo lavoro e chi rivendicava a sé il riconoscimento per tutto, tranne che per l’invenzione diinternet. Ora ci profonde troviamo viscere nelle della macchina, dove ci giungono attenuate le parole con le qualiKenBinmoredeplorase gli uomini vi si trovano bene e si indignano se li si paragona a egoistici Mr Hyde. Ora, la buona notizia per Binmore & Co. è che è del tutto irrilevante come agli uomini piaccia essere considerati. È del tutto indifferentesescriviamolibri sull’altruismo e il Welfare State; chi si adopera per gli altri, non dimentichiamolo, non contraddice la teoria, ma persegue coerentemente i propri interessi. La calcolatrice del mercato di Numero 2 è esercitata a scoprire i bluff – e a partire dalla formula dell’equilibrio del dottor Nash, soprattutto quando non si conosce il proprio antagonista e non si puòparlareconlui. La Charnock descrive come sarebbedifficilecomprendere realmente il “carattere” dei propri “obiettivi” se si parlasse con loro. Ma, come abbiamo visto, nel mondo di Numero2nonèquestionedi psicologia. Si tratta invece di analizzare strategicamente il loro comportamento in modo da poter comprendere i percorsi e le mosse del loro persistente interesse egoistico. A qualcuno questo discorso continua probabilmente a suonare astratto, ma nel lavoro pratico di un analista di dati si fa molto concreto: «Gli uomini vogliono comunque essere considerati gentili e ragionevoli, anche quellicheinrealtàsonoirosi e collerici […] Ma noi abbiamo un vantaggio singolare, raramente incontriamo i nostri “obiettivi”. Invece, studiamo un campione rappresentativo delle loro tracce elettroniche, alcune delle quali risalgono ad anni addietro […] per la maggior parte delle persone ciò corrisponde a una massa di centinaia e migliaia di unità-dati»4. Neiloroambientidilavorole persone vogliono riconoscimento, successo, denaro, potere; è un’economia sociale, che viene convertita e valutata con l’aiuto di una fisica sociale. Ma Numero 2 può tradurre tutto ciò in commodities, in merci,puòapplicarefunzioni di utilità (utilities) e stabilire come e in che misura nelle comunicazionidigitalièstato raggiunto l’equilibrio di Nash. Gioca alla guerra fredda,sempreecomunque,e con il medesimo effetto: «È moltopiùprobabile»silegge nel resoconto dell’esperienza diElizabethCharnock«chea essere sorpreso a mentire, ingannare e rubare sul posto di lavoro sia il Tu digitale, piuttostocheilTureale». A questo punto è opportuno precisare che Cataphora di Elizabeth Charnock ha scoperto, con questi strumenti, inganni reali e menzogne reali anche nel contesto di grandi scandali economico-finanziari. La sua franchezzaèinqualchemodo controrivoluzionaria e merita grande rispetto, poiché mostra come i sistemi funzionano in linea di principio, con tutti e tutte coloro a cui vengono applicati. Quando Cataphora indaga, il collaboratore riceve dal procuratore della Repubblica una lettera freeze, che vieta qualsiasi ulteriore comunicazione,cancellazione o alterazione di contenuti digitali.Maèdatempochiaro che le stesse operazioni vengono effettuate anche su oggetti di indagine vivi, in temporealeesenzasoste. “Cosa sa lui, cosa non so io?”eraladomandarivoltaal suocomputerdauntraderche abbiamo già incontrato in un capitolo precedente. Negli ambienti del Pentagono e della Borsa dove viene applicata la teoria dei giochi, dopo l’analisi delle informazioni raccolte su una controparte che si conosce tanto poco quanto Elizabeth Charnock conosce i suoi “obiettivi”, comincia il “gioco nascosto”, la grande manovra nella quale le cose non significano più ciò che significano, ma esistono ancora soltanto per inviare segnali che provocano determinatemosse,desiderate dachiinviatalisegnali. Perciò,anchequi: Ilfattocheilritratto(della persona) venga dipinto con appositi programmi per computer, conferisce al tutto l’imprimatur dell’oggettività. Gli avvocati e i procuratori dellaRepubblicaconiquali collaboriamo utilizzano le nostre ricerche archeologiche e i nostri ritratti personali generati dal computer negli interrogatori […] e perfino nei processi. Importanti testimoni e sospetti in grandi processi attendono determinate domande rilevanti per il caso in questione. Il loro avvocato li preparerà ad affrontarle. Quello che non si attendono, sono domande che li spiazzano, per esempio perché hanno modificato certe abitudini negli ultimi tempi. In altri termini, in un processo sulla garanzia di un prodotto, la domanda “Quando ha pensato per la prima volta che il prodotto potesseesseredifettoso?”è decisiva. Ma una domanda come“Perchéhasmessodi andare a mangiare con James il venerdì?” sconcerta il testimone della controparte e genera in lui una confusione di cui il nostroclientesiavvarrànel contraddittorio. Nell’economia della mente nessuno ha tempo di attenderechequalcunofaccia errori. Gli errori sono già interventisullarealtà.Laloro immagine riflessa nel Sé digitale sono le “contraddizioni”. E il codice non si dedica a nulla con più dedizione che a scoprire e a rendere evidenti queste contraddizioni. Nel mondo del ventesimo secolo molte delle nostre contraddizioni scomparivano, senzaesserenotatenédanoi, né dagli altri. Nell’ecologia dell’informazione del ventunesimo secolo le contraddizioni non solo sono registrate, ma sono anche puramente e semplicemente inevitabili.Inunsistemadella pura mente, nel quale le idee vengono trasmesse con un tocco, diventano inevitabilmente azioni e violazionidelleregole. Sisottovalutal’analiticasesi crede che le contraddizioni siano soltanto incompatibilità concettuali. I software non analizzano soltanto il vocabolario e la costruzione della frase, ma anche le emozioni che sono in contraddizione con le azioni, perfino lungo un asse temporale che indica la misura della buona o cattiva disposizioned’animo. Ciò che si è fatto, si fa, si farà: la scomposizione dell’uomo lo riduce, in quanto insieme di innumerevoli dati privo di corpo e di identità nell’“economia della mente”, a nient’altro che a un titolo azionario, un’opzione, un futurecalcolatodaNumero2 secondo un valore determinatoinbaseadiverse aste. Così come gli ingegneri degli anni trenta traducevano i movimenti ripetitivi in movimenti robotici, i codici traducono i modelli ripetitivi in pacchetti di informazioni discrete. Infine, rendono possibili non solo le analisi del passato, ma anche le previsionisulpropriofuturo. Nei modelli procedurali che vengono applicati ai posti di lavoro, al consumo e in occasione dei grandi mutamenti geopolitici, l’uomo vive già in un futuro determinato che a sua volta, come avviene per un titolo azionario, determina il suo valore per il presente, che a suavoltamodellailfuturoin una profezia che si autoavvera. Si parte con la prognosi genetica delle malattie e si finisceconilpostodilavoro, l’istruzioneeilcreditoperla casa. Anche per questo è già prontaunamossa. Jeremy Bailenson della Stanford University chiama questi sistemi “Veja Du”: vediamo nelle simulazioni cosa accadrà con i corpi, i prodotti e gli uomini del futuro. Èquestalagrandemacchina della trasmutazione che la Germania non ha ancora avviato interamente solo perché qui, diversamente che in Inghilterra o negli Stati Uniti, l’economia reale può svolgereilruolodellaragione conipiediperterra. Tuttavia, guardando al mondo anglosassone, si può riconoscere che nell’automatizzazione della vita umana non c’è più una grandedifferenzarispettoalle “fabbriche senza uomini” di L. R. Smith, solo che ora è diventataunafabbricafattadi idee, sogni, speranze, menzogneestrategieumane. ____________________ 1ElisabethCharnock,E-Habits.What YouMustDotoOptimizeYour ProfessionalDigitalPresence, Kindleedition,McGraw-Hill,New York2010,pos.132. 2Ibid. 3Ivi,pos.360. 4Ivi,pos.259. Capitolo30 Deliriodimassa Abbondanza,ricchezzaper tuttiesocietàdelsapere Ilmini-sistemaeconomicoin grado di provvedere a se stesso di Robinson Crusoe è servito per lungo tempo agli economisti come modello di come l’uomo – per citare WalterKempowski–«agisce eopera». Ci sono voluti cent’anni primacheunlettorescoprisse nel Robinson Crusoe l’errore oggi celebre: Robinson nuota nudo verso la nave, dove riempie di attrezzi indispensabili alla propria sopravvivenza le tasche del vestito, che però non può avere,datocheènudo. Nessuno sa perché Daniel Defoe sia incorso in questo errore. Magari era solo distratto. Forse era anche un sadico. In una grotta del tesoro non c’è niente di peggio che leggere l’invito “prendituttoquellocheriesci a portare via”, se non si è in grado di portare via proprio niente. Forse voleva soltanto alludere con delicatezza al fatto che tutta la storia – non raccontata da lui, ma da un certo Robinson Crusoe – in realtà funziona solo nella fantasia. È l’errore che oggi si è insinuatonellebiografiedelle persone. Oggi non veniamo raccontati da parole, ma da formuleecifre.Ognunoèuna sorta di Robinson-medio in base alla statistica, un naufrago piuttosto duro di comprendonio e letargico, approdato sugli scogli della società dell’informazione e dellaglobalizzazione. “Nonsiamopiùun’isola”,“Il mondo non ci aspetta”, “Il tempo delle palme e delle amache è finito”, recitano i messaggi dell’Autore, la cui voce si compone di tutti gli articoli di giornale, di tutti i talk-show, di tutti i moniti politico-economici. Anche Robinson seguiva l’economia dell’informazione del suo tempo. Mediante la Bibbia,recuperatasullanave, luichefinoadalloraerastato un non-credente, si connetteva con Dio, e quello che oggi chiamiamo sapere eraperluiprovvidenza(forse nonèazzardatoaffermareche la Bibbia, talvolta aperta a casodaRobinsonperottenere risposte,nelCrusoe svolge il ruolo dell’onnisciente algoritmodiricerca). Con la testa, le mani e le informazioni quali indispensabili strumenti di civiltà–questalatesiodierna – ognuno vince nella giungla capitalistica. Ciò di cui abbiamo bisogno è disponibile in abbondanza se solocisforziamoconlatesta, ci tuffiamo in acqua e andiamo a procurarci attrezzi e informazioni sull’arca di Noè della società del sapere. Robinsonèriuscitoafarlosu un’isola deserta e oggi, secondo un Defoe moderno, anche un guerriero masai, «con un telefono cellulare dispone di una connettività mobilemigliorediquellache il presidente degli Stati Uniti poteva vantare venticinque annifa»1. Perché–cisichiede–allora nonèunasortadipresidente? Il problema è questo: sulla strada che conduce dagli scogli all’arca di Noè della società del sapere, gli autori delle nuove biografie hanno smarritoqualcosa. Le persone che vincono o perdono nel capitalismo dell’informazione si trovano proprio nel momento della lorovitasituatofralarivaela nave. Devono confrontarsi con l’affermazione secondo cui si può ottenere tutto, se soltanto lo si vuole. Si tratta delpassaggiomancantefrala trasformazione dell’uomo nudo,cheèmaterialegrezzo, e colui che come Robinson elenca pedantemente informazioni («Bibbia, quattro compassi, carte marittime e libri di navigazione»), effettua il reboot, il “riavvio”, e si crea unparadiso. Questa trasformazione oggi sichiamasapere,creativitàe talento. Prima si chiamava formazione o storia, ma ora comporta assai più di quanto abbia mai comportato prima. Società del sapere significa “nuota nudo e afferra quel chepuoi”. Robinson si è portato a terra proprio le cose giuste: è solo questione di strumenti di navigazioneeBibbia,ossiadi due tecnologie, delle quali l’una conosce un link per tutto e l’altra ha una risposta atutto. La“societàdelsapere”amai beni immateriali e il capitale virtuale; come già accennato, porta singoli individui e intere imprese a spogliarsi (dismantling) e il suo evergreen darwiniano si chiama apprendimento per tutta la vita. In fondo “l’apprendimento per tutta la vita”èunconcettomagnifico, anchesebanale. Forse la mistificazione concettuale insita in questa espressione è uno dei danni collateralipiùtristidellacrisi, poichéhaportatosullastrada sbagliatatantoidealismoeha sfruttato ai propri fini i siti migliori di internet. Infatti, dietro il dovere dell’“apprendimento per tutta la vita” per il singolo, che in realtà coincideva con il dovere di essere sempre disponibile ad adattarsi, si celava la cognizione della lentezzadelleistituzioni. La giornata di otto ore del mondodellavorotradizionale non ha soltanto strutturato il giorno, ma anche l’anno e la vita. Oggi non si può vivere in un’èra della contemporaneità e credere che l’economia del proprio tempo di vita non ne sia coinvolta. La progressiva scomparsa delle sequenze temporali, in un mondo dell’agire ad alta frequenza e della comunicazione in tempo reale, si estende dal microlivello fino al macrolivello,dovecorrodela separazione fra il tempo di lavoroeiltempolibero. L’apprendimentopertuttala vita ha la funzione di produrre questa contemporaneità permanente anche nella testa. Perciò “l’apprendimento per tutta la vita”, che suona tanto rilassanteeinnocuo,spessoè proprio l’opposto: la capacità di dimenticare permanentementeciòacuisi ècredutofinoaieri,anchela propria identità. Infatti, cosa si dovesse apprendere, al di fuori del concetto comunque abusato di “creatività”, non era chiaro nemmeno alle autorità preposte all’istruzione, che in pochi anni avevano riscritto i programmi scolastici e universitari in modo tanto completo quanto contraddittorio. InCalifornia,peresempio,la partecipazione statale alle università si è ridotta del 30 per cento nel giro di tre decenni, circostanza che ha condotto alla bizzarra situazione per cui, nell’Eldorado del nuovo pensiero, lo Stato ha pagato perleprigioniunterzoinpiù cheperleuniversità. Giustonell’èradella“società delsapere”sicollocaancheil declassamento dell’università tedescaedeisuoistudenti,in cui è stata spenta proprio la creatività che pure era così richiesta. “L’istruzione” non era più concepitasoltantoinfunzione dell’utile economico, ma si era verificato un radicale mutamento di prospettiva. L’idea dell’apprendimento e dell’istruzione mirava a formare identità stabili, in grado di durare una vita intera. Infatti l’istruzione generale, che non punta immediatamente alla valorizzabilità industriale, costa pochissimo a una società e lascia i segni più duraturisullavita. Questa,però,èlaprospettiva dell’individuo. Nelle condizioni della comunicazione e del lavoro liquididelpresente,l’identità è un fattore di disturbo già solo perché esige lealtà che oggi non possono più essere garantite. Come ha mostrato neisuoistudipionieristicisul “Collasso delle società complesse” l’antropologo Joseph Tainter, a trarre profitto da una formazione altamente specializzata e in tempi accelerati è sempre soltanto un settore relativamente ridotto della società, mentre i costi sono ripartitifratutti2. Nonsipuòproprioparlaredi beni immateriali e credere cheilcontenutodellapropria testa non abbia nulla a che fare con lo sviluppo futuro dei mercati. “L’apprendimentopertuttala vita” è stato per secoli una banalità, prima di essere reinterpretato da Wall Street, e ora significa “adattarsi in qualsiasi momento a nuove condizionideimercati”. Economiadelsapere,società dell’informazione e dei servizi, Io spa, iniziative di eccellenza sono concetti inflazionati e vaghi, di cui oggi vengono nutriti i nostri pensieri con un fine ben preciso. È pur vero che spesso la sinistra è riuscita, non di rado a caro prezzo, a rivendicare a sé le idee di libertà, emancipazione e progresso nel ventesimo secolo – anche là dove l’evidenza, come nel socialismo reale, confutava inequivocabilmente tale pretesa. Ma la sottrazione di idee che nessuno può contraddire prosegue nel ventunesimo secolo anche dall’altra parte. Chi potrebbe opporsi all’istruzione, all’apprendimento, al sapere? Edichealtrositrattasenon di una “rivoluzione permanente”, se l’identità è diventatafluidacomelecifre suglischermideitrader? Si tratta pur sempre di chi parla così di una vita: noi stessi o coloro che devono ingaggiare, pagare e incoraggiare qualcuno. Nel primo caso, è psicologia; nel secondo, è pura e semplice economia. Nel frattempo gente come il profeta della globalizzazione Thomas Friedman andava a passeggio per Wall Street e identificava i perdenti incapaci di apprendere. «Sono le tartarughe […] che rappresentano la più grave minaccia per la stabilità dei nuovi mercati high-tech nel mondo globalizzato, poiché hanno paura di essere sorpassate sull’autostrada dell’informazione». Tra queste tartarughe egli annoverava per esempio i pensionati russi o gli abitanti deivillaggideipaesiinviadi sviluppo, che «si mangiano tutta» la foresta pluviale e in generale le nostre scarse risorsemateriali. In passato ci si sarebbe chiesti cos’altro dovrebbero fare. Ma non più nella nuova èra:nell’epocadell’economia dell’informazione è apparsa una materia prima inesauribile, che consente a qualsiasi tartaruga di diventare un’antilope con la sola forza della mente. Il prodigioso rimedio che produce questo effetto è “l’informazione” stessa, assimilata da reti e trasformata in qualsiasi prodottodesiderato. SoloquandoibrokerdiWall Streethannoscopertochenel mondo globalizzato anche il denaro è soltanto un’informazione – che, come ha detto qualcuno, fa di qualsiasi computer la propria macchina per stampare denaro –, si è formato il mix esplosivotradenaro,mentee investimento, ben prima che le scuole, le università e i ministeri dell’Istruzione saltassero sul treno del “capitaleumano”.Sonostatii funzionari delle banche d’investimento, gli economisti e i tycoon del software a diventare specialisti dell’anima: non analisti,masciamani. Sigmund Freud, dicevano sogghignando,avevaspiegato l’anima con le metafore dell’epoca della macchina a vapore,conleforze,lespinte o la pressione. Ora essi eseguivano i loro incantesimi con i bit, con 1 e 0, sì e no, esclusione e inclusione, accendere e spegnere e contestavano che l’identità potesse essere qualcosa di diverso dal movimento costante. Ineffetti,fuquestaladatadi nascita reale di TINA, There Is No Alternative. «Non credo», così Friedman si rivolse via radio dalla sua isoletta ai refrattari all’apprendimento di tutto il mondo,«cheabreveemedio termine si presenterà un’alternativa ideologica. Nonneesistono». Nello sguardo telescopico degli ideologi della globalizzazione le questioni di giustizia individuale si riducono alla dimensione di una tartaruga. Il fatto che nellacrisiiguadagnivengano privatizzati e le perdite socializzate non è soltanto una circostanza che offende la ragione economica di ogni individuo, ma è essenzialmente un attacco all’ideastessadidemocrazia. In questo modo – scrive il super-quant Emanuel Derman,chehacreatoalcuni dei modelli poi andati fuori controllo – il legame tra capitalismoedemocraziasiè spezzato.«Abbiamovistoche leimpresesonotrattateconla gentilezza dovuta alle persone, mentre le persone […] vengono trattate come cose»3. Da qui la nuova immagine delmondo,laprivatizzazione della vita pubblica, l’economicizzazione di ciò che di più privato vi possa essere. Nei media americani e tedeschi venne celebrato come una rivoluzione il fatto che il «potere», che «per intere generazioni era stato solo nelle mani di qualche migliaio di uomini bianchi», orapuòessereconquistatoda qualsiasi uomo e qualsiasi donna. «Non cambia soltanto il modo in cui investiamo», ha scritto un’importante rivista di economia, «cambia ancheilmodoincuivivremo elavoreremo»4. Ma per quanto scientifico si presenti il programma, in realtàèmagico. «Così come la fisica quantistica è andata oltre la materia di Newton, anche l’economia quantistica va oltre la materia di Newton nellacreazionediricchezza». Si potrebbe pensare che chi afferma ciò non sia del tutto sano di mente, anche se a parlare in questo caso è ancora una volta George Gilder, uno dei più stretti collaboratori di Ronald Reagan. E tuttavia, come ognunosa,èaccadutoproprio ciòcheavevaprevisto:aWall Street furono i quants che cominciarono a fare qualcosa dalnulla. Ray Kurzweil (tecnofuturista), Richard Branson (fondatore di Virgin), Jeff Skoll (cofondatore di eBay) e Arianna Huffington (fondatrice di “Huffington Post”) esaltano Abbondanza, unadellebibbiepiùattualidi Silicon Valley: «Abbondanza», vi è scritto, «vuoldirecreareunmondodi possibilità: un mondo dove chiunque possa passare le giornate a fare e a fantasticare, invece che a faticare per sbarcare il lunario»5. Una gran parte della teoria secondo cui ognuno può avere tutto è infatti occupata dalle descrizioni delle buone opere compiute per il mondo daJeffSkoll,RayKurzweile AriannaHuffington. Cisisarebbepotutiaspettare da chiunque l’affermazione che “sognare equivale già a fare”, ma non dai thinkthanksdiPaloAltoediWall Street.«Cometribùprimitive, la maggioranza delle persone adora cose che può vedere e sentire», si leggeva in un libro che avrebbe fatto guadagnare investitori non – poniamo – a Greenpeace, ma aGreenspan6. Retrospettivamente, è stata una mossa geniale, dopo la finedelcomunismo,superare alivellosubatomico,percosì diresulleondeluminosedella fisica quantistica, i critici dell’ultramaterialistico sistema americano: dove non c’èpiùmateriaetuttodiventa informazione, «gli uomini vengono dotati di un grande poteredicrearericchezza». Questa è la matrice di una nuovaideologia,asuotempo iniziata come californiana e poi irrefrenabilmente consolidatasi e globalizzatasi nelle teste degli uomini, a dispettodituttiicontraccolpi e di tutte le vittime individuabili. E qual è la situazione nel luogo in cui la nuova alchimia è nata? È ormai assodato che neppure in Californiafunziona. «Cominciachiederti:dicosa è fatta una città? Perché mai viviamo assieme?»7, si domanda disperato il sindaco di uno dei comuni più ricchi di Silicon Valley, il quale prevede, senza alcuna ironia, che ben presto lavorerà al servizio della città un unico funzionario, il quale dovrà sobbarcarsi del versamento dei contributi pensionistici chetuttodivorano. In una comunità le cui élite scrivono libri come Abbondanza. Il futuro è meglio di quanto tu pensi, l’idea di un’amministrazione alserviziodelbenecomunesi avvicina letteralmente all’inconcepibile. Gli elogi dei benefattori, dei “tecnofilantropi” che l’hanno realizzata occupa interi gigabyte. Tuttavia, al capo meridionale della Valley un Alpha-giornalista8 esperto di economia incontra il sindaco di San José, poiché vuole scoprireseciòchehacolpito l’Europa colpirà ben presto anche gli Stati Uniti. Il sottofinanziamento dei bilanci pubblici, la crescita esplosiva della spesa per le pensioni, l’impossibilità politica di imporre aumenti delle tasse hanno fatto sì che la città prendesse in considerazione l’ipotesi di dichiarare lo “stato di emergenza pubblico”. Beninteso, in un comune che dopo New York presenta il più alto reddito pro capite degliStatiUniti. E qui, dove è nata l’economia della mente, e dove, secondo le entusiastiche parole di Reid Hoffman, sperimentiamo “il mondo di domani”, si può vedere come l’oikos si trasformidicolpoinunacasa degli spettri. Infatti, contro ciò che sostiene la teoria, ci sono, sì, la pietra e la malta, manoncisonogliuomini.Il sindaco la chiama insolvenza nella erogazione dei servizi: il nuovo municipio è terminato, ma non sarà inauguratoperchénoncisono soldi per gli impiegati. Le biblioteche, che non sono bruttipostiperunasocietàdel sapere, rimarranno chiuse tre giorni alla settimana. «Credo chesiamocadutiinundelirio di massa», ha detto. Non ho capito bene cosa intendesse. «Diventeremotuttiricchi»,ha dichiarato. «Vivremo in eterno. Tutte le forze dello Stato si uniscono per mantenerel’illusione,equi– in questo luogo – si va a sbatterecontrolarealtà»9. Poi nei libri di storia si affermerà che, nel primo decennio del nuovo millennio, si era svolta una competizione tra coloro che facevanounusosocialedelle nuovetecnologie(gliusers)e quellichenefacevanounuso economico e capitalizzavano ilsociale. Sembra che abbiano vinto coloro che dispongono delle piattaforme della nuova comunicazione. Hanno fatto ciò di cui nessun arcicapitalista era mai stato capace: accolti dal giubilo di un’avanguardia che a ben vedereavrebbedovutoessere un loro avversario, sono riusciti a vendere come modello di business un’idea che essi stessi non rappresentano. È vero che internet è una fonte infinita di sapere e che cisonoesempiimpressionanti di intelligenza collettiva. Ma, come sempre nella società dell’informazione, questa immaginecambianonappena il cyber-spazio viene annesso dai mercati. Quanto più debolidiventanoleistituzioni sociali che decidono del valore della formazione slegata da interessi, e quanto più esse delegano il mercato della rete, tanto più si riduce lo spazio di fuga individuale. Viene allora a mancare il sensodisicurezzaindividuale in un proprio “sapere” su comefunzionailmondo. Come ha osservato il sociologoManuelCastells,la ricerca della propria identità, cheperesempioinGermania ha prodotto la tradizione del “romanzo di formazione”, è una forza potente quanto lo stesso mutamento tecnologico. Tuttavia, mentre Castells,forseilpiùinfluente teorico della rete nel nostro tempo, parla ancora di una schizofrenia strutturale tra l’individuo e la rete, per qualche tycoon del software la frattura è già decisa. Perseverare nella propria identità, dicono come se avessero trasferito la teoria neoclassica di Numero 2 in una filosofia di vita, è la stradadelperdente. Rimaneallafinelaquestione dicomesipossaspiegareuna trance in cui Numero 2 ha potutoaverecosìfacilegioco. Perché è dappertutto? Nel poscrittoalsuoCignonero10, Nassim Taleb, con riferimento ai mercati finanziari, ha sollevato la banale questione del perché, in una civiltà tecnologica, nasca l’idea di voler scoprire esattamente il motivo per cui inqualcunonasconoidee.Ha trovato la risposta in una formaattenuatadiautismo,la sindromediAsperger. Si può discutere se gli autistici abbiano davvero problemi nel mettersi nei panni degli altri e sviluppino una forte inclinazione a quantificaresottoogniprofilo persone e cose. Ma Taleb ha descritto in modo suggestivo come la presunta società del saperesviluppisemprenuove grammatiche per tagliare l’universo in modo da adattarloaisuoimodelli. E come se occorresse provare che la spirale si restringe sempre più, l’influente studioso di economia Tyler Cowen ha annunciato che i sintomi di crisi della nuova economia non sono stati provocati da eccesso di autismo, ma da troppo poco autismo. Egli legge nella storia dell’economia, a cominciare dalla fabbrica di spilli di Adam Smith, nella quale per la prima volta si svolgono processi di lavoro che si ripetono incessantemente e uniformemente, l’anelito alle «forze cognitive dell’autismo».Icomputer,dai terminali della Borsa fino al PC, non sarebbero altro che uno strumento per imitare le capacità di un autistico. Ci addestrano a un mondo nel quale sopravvive soltanto chi persegue un unico obiettivo, comeinungioconelqualene va della vita o della morte. «Al giorno d’oggi» scrive Cowen «un nuovo tipo d’uomo crea la sua personalissima economia nellapropriatesta»11 ____________________ 1PeterH.DiamandiseStevenKotler, Abbondanza.Ilfuturoèmiglioredi quantopensiate,CodiceEdizioni, Torino2014,p.14(ed.orig. Abundance:TheFutureisBetter ThanYouThink,2012). 2JosephA.Tainter,TheCollapseof ComplexSocieties(NewStudiesin Archaeology),Kindleedition, CambridgeUniversityPress, Cambridge1988,pos.1773. 3EmanuelDerman,Model.Behaving. Badly.WhyConfusingIllusionWith RealityCanLeadtoDisasterOn WallStreetandinRealLife,Kindle edition,FreePress,NewYork2011, pos.2614. 4Frank,OneMarketUnderGod,cit., pos.3075. 5DiamandiseKotler,Abbondanza, cit.,p.19. 6Gilder,Microcosm,cit.,p.21. 7MichaelLewis,Boomerang: TravelsintheNewThirdWorld, W.W.Norton&Co.,NewYork 2011,p.181. 8AlphaJournalèun’applicazione chepermetteachiunqueditenere onlineundiarioprivato,diarioo registroperusopersonaleo aziendale.[N.d.T.] 9Lewis,Boomerang:Travelsinthe NewThirdWorld,cit.,p.210. 10 NassimTaleb,Ilcignonero.Come l’improbabilegovernalanostra vita,ilSaggiatore,Milano2008(ed. orig.TheBlackSwan:TheImpact oftheHighlyImprobable,2aed., RandomHouse,London2010). 11TylerCowen,TheAgeofInfovore: SuccedingintheInformation Economy,Kindleedition,Plume, NewYork2010,pos.256. Capitolo31 Ego Ucciderelamarionetta A poco a poco la luce della Twilight Zone si abbassa; i link hanno diretto a colpo sicuro la nostra navigazione làdovelaricercaerainiziata. La macchina dell’indottrinamento degli operatori radar americani, pensatasoltantocomesistema diistruzione,oratrasformale persone, secondo le parole di Tyler Cowen, in gente educata dalla macchina nel modo in cui la macchina è stata a sua volta educata. Il pioniere del computer Alan Turing aveva scritto, a propositodeiprimicomputer, che la macchina andrebbe trattatacomeunbambino. Lanostrasperanzaconsiste nel fatto che in un cervello infantilecisonocosìpoche funzioni meccaniche preimpresse, che le si può programmare facilmente. Possiamo ipotizzare a un primo calcolo approssimativo che il dispendio di lavoro per l’educazione (della macchina) sia grosso modo il medesimo che per un piccolod’uomo1. E per quanto strano possa ancora sembrare a qualcuno, una delle questioni fondamentali del nostro futuro sarà a che scopo educhiamolemacchineprima che, non solo nei mercati finanziari automatizzati, ma in ogni ambito, siano cresciute al punto da educare noi. Nonpossiamo,comesilegge nello scritto di Kleist sul teatro delle marionette, attenderefinoaquando,dopo «aver attraversato l’infinito», ci ritroviamo dall’altra parte inungiardinodell’Eden.Alla luce di quanto qui è emerso, cisiponeladomandasucosa siamodiventatinonsenzauna certainquietudine. Chi è contento di perdere al gioco?Affermandoche,nelle situazioni in cui bisogna decidere, tutti non facciamo che giocare, i principali teorici della guerra fredda sono riusciti a ridurre la ragione alla motivazione esclusiva dell’utile individuale. Solo se tutto è diventato un gioco basato sulle regole dell’egoismo, l’uomo e il suo mondo possono essere calcolati secondo precise formule matematiche. Tutto sembra indicare che oggi, poiché la logica della guerra fredda conquistaedominalasocietà civile, ci troviamo solo all’inizio di questa trasformazione. La gamification, l’idea di trasformare la vita intera in un eterno gioco di riconoscimenti, ricompense e incentivi è il prossimo passo. In Chore Wars, persone che vivono in una casa comune organizzano tutta la loro vita quotidiana,dallosmaltimento dell’immondizia fino al lavaggio delle stoviglie, attraversolalottaperpremie tesorivirtuali.Lecassemutua stannopensandodipremiarei comportamenti sani di chi è disposto a far valutare in tempo reale la propria condotta di vita quotidiana. Lequests e le missioni di un gioco per computer vengono trasferite nella vita reale: ora pedala per dieci chilometri sulla cyclette e raggiungi il livellosuccessivo. Entro il 2015, riferisce Evgenij Morozov, il 50 per cento di tutte le organizzazioni gestiranno i loro processi di vendita e di innovazione attraverso la gamification.Tuttavia,poiché nel capitalismo dell’informazione ogni cittadino non è altro che un consumatore,lagamification, il fratellino a uso domestico del behaviorismo, trasforma, con la politica, il grande mercato sociale nel suo complesso – i talk show, ancheallatelevisionetedesca, che assegnano un premio all’ospite con i migliori argomenti, non sono che l’inizio… Gabe Zichermann, il più importante pensatore dell’industria della gamification, ha già progetti precisi su come in futuro dovrebbero essere organizzateleelezioni.Premi e ricompense sono previsti per la presenza alle manifestazioni di partito, per le visite dei siti web dei politici, per la partecipazione a incontri a base di domande e risposte con esponenti politici ecc. Ma l’idea più radicale è quella di organizzarelotterieelettorali. Ciascunelettorericeveconil certificato elettorale un biglietto della lotteria. Una voltadeterminatol’esitodelle elezioni ha luogo, in televisione, un’estrazione pubblica – primo premio dieci milioni di dollari, «una goccia nel gigantesco oceano dei costi di un’elezione nazionale», ma un enorme «incentivo» contro l’astensionismo. A ciò si aggiungono premi speciali simbolici di ogni sorta, per esempio un invito al Campidoglio o alla Casa Bianca,oppure,comepremio a sorpresa, una cena con il presidente2. Lotteria dello spazio di Philip K. Dick non erafantascienza. Come sempre, si pone la questionedichecosaimporti perdere qualcosa se ci si è dimenticati di quello che si è perduto. La questione non è banale.Ediversamentedaciò che auspica l’argomento conservatore,ildisimparareè una componente elementare dell’autoilluminismo. Se così non fosse, saremmo inseguiti da fantasmi ben diversi da quelli che si aggiranoinquestepagine. Certo,nonèlastessacosase nell’èra del computer cediamolecapacitàcognitive a un sistema chiamato mercato dell’informazione e quindi non siamo più capaci di insegnare cosa riteniamo giustoallemacchinechesono ingirosusuomandato. Dobbiamo guardarci da coloro che non solo evocano la sfiducia e il culto dell’egoismo, ma vogliono anche installare all’interno della nostra mente una bizzarra etichettatrice allo scopo di prezzare le nostre idee. La convinzione che il mercato sia un enorme computer,chesapiùdituttii suoi componenti messi assieme, aveva una funzione in tempi in cui l’esperimento dellapianificazionetotalenon eraancorafallito. La nuova epoca ha sempre più trasformato questa convinzione in un mostro statistico nel quale ciò che è “vero” non viene più deciso attraverso contenuti, biografie, esperienze individuali, ma attraverso modelli statistici che sono interpretati in modo puramenteeconomico. Anche gli algoritmi di Cataphora non fanno altro che trarre affermazioni sull’economia psichica del carattere da una correlazione statistica ipercomplessa. E George Dyson crede che il piùpotentemotoredelmondo reale, il mercato, stia diventando il motore più potente del nostro stesso pensiero: Quale algoritmo è il più potente che sia mai stato messo in giro sulla Terra? In origine era il codice Montecarlo,perfarecalcoli sui neutroni. Ora è probabilmente Adwords […]ilrilevamentostatistico dell’intero spazio dei motori di ricerca, che nello stesso tempo monetizza questo spazio. Un lavoro brillante. Ecco che appare all’orizzonte, oltre il quale sorge, con i colori vivi dell’inevitabilità, il nuovo astro di Big Data, l’ultima metafora con la quale Numero 2 si appresta a ridefinire l’automa e il proprio ruolo al suo interno: come sistema di insetti sociali. I nuovi sistemi multi-agente hanno imparato. Non rinuncianoanessunodeiloro geni egoistici, ma fondono i sistemistessiconlabiologia. J. Doyne Farmer, la cui leggendaria Prediction Company, in assoluto la prima azienda produttrice di software prognostici, è stata acquistatadaUBS,ritieneche la crisi ci imponga scelte conseguenti anche nei modellieconomici. Luiealtri,–scriveil“New York Times” – hanno cominciato sviluppando i cosiddettimodelliadagenti [agent-based models] dell’economia, che chiedono come un comportamento apparentemente casuale di singole formiche riesca a produrre costruzioni con uno scopo, una forma e un’intelligenza. Frattanto, la mirmecologa DeborahM.Gordonriferisce, in un articolo intitolato Twitter nel formicaio, che le formiche, diversamente da quanto molti credono, con le loro antenne non trasmettono affatto “informazioni”, come per primo aveva tentato di fare Francisco Salvá con le sue zampe di rana3. Non fanno altro che trarre conclusioni algoritmiche di tipostatisticodall’interazione edall’odoredialtreformiche – in certo modo, interpretano notizie il cui contenuto è meno importante della loro distribuzione statistica. È più omenociòchenellemoderne societàdeimediasimanifesta attraversol’economiadeiclic ripartitidaAdwords. Ètempodipensareaunavia d’uscita. Stando così le cose, essa può consistere soltanto nel separare l’economicizzazione della nostravitadaunmeccanismo di egoistica e insincera immagine dell’uomo ormai saldamente cablato nei sistemi. La “mente che apprende” è qualcosa di diverso dalla macchina che apprende dalle dinamiche del mercato. «Un bambino che impara a parlare, – scrive HughKennerconriferimento alla metafora dell’educazione impiegata da Turing, – è un dispositivo estremamente misterioso, che riceve come input“datialquantosconnessi e inaccessibili”, e come output produce un risultato sorprendentemente unitario, chesuperainquantitàemolto spesso in qualità l’input (gli insegnanti di Shakespeare erano più eloquenti del poeta?)». Forse è molto semplice: non partecipare al gioco. Comunque, non in base alle regolecheciimponeNumero 2. È una decisione che può prendere solo il singolo individuo – e la politica. Le opportunitàinGermaniasono buone, poiché il motore del suo benessere è pur sempre l’economia reale. Sembra quasicheilpaesechehadato i natali all’idealismo possa formare un contrappeso all’“economia della mente” conunnuovorealismo. All’inizio, le risposte sono moltopragmatiche:vanno,ad esempio, dalla creazione di motori di ricerca europei, passano per una ridefinizione e una ridenominazione della “tutela dei dati” fino a domande riguardanti gli interventi sul patrimonio geneticodell’uomo. A questo scopo sarebbe necessaria,dapartedipolitici e non-economisti, la consapevolezza che i “mercati”, in primo luogo i “mercati finanziari”, secondo le parole di Karin KnorrCetina, sono diventati qualcosa di completamente diverso da quello che sono stati in passato e che in nessun caso possono più, in quanto macchine dell’informazione, rivendicare una “verità”. Infatti l’informazione stessa, al di là del mero segnale, forse nel nostro mondo non saràmaipiùciòcheabbiamo ritenutochefosse. Essadiventailrisultatodiun processo di negoziazione, di un’asta, di un’offerta e di un mercanteggiare che si svolge in un attimo e in un numero sempre maggiore di ambiti della vita umana, fino a quando alla fine viene codificato dall’autorità di un’“agenziadirating”. La questione che allora si pone è: come potremo riconoscere che l’economia dell’informazione è ormai fallita? Tutti sanno che gli Stati, le imprese o le persone vanno in bancarotta quando nonhannopiùsoldi,macome stanno le cose con “l’economiadellamente”?La risposta non è facile. Qualcosasembraindicareche John Campbell abbia colto nelsegnomettendoinguardia da una «cultura dei giochi nascosti», perché porta a «spaventosi problemi psicologici». Sipuòsorrideredelfattoche i protagonisti di Big Data sognino non soltanto di macchine che producono capitale e fiducia sociale, ma aggiungano anche, come abbiamo visto, che “fare moltisoldièun’ottimacosa”. L’idea, che possiamo formulare così solo con un pizzico di esagerazione polemica, è che noi costruiamo robot che ci rimangonolealianchequando nessun altro lo è più. Tuttavia, gente come Dirk Helbing tocca un punto essenziale. Chiaramente valori normativi come la fiducia, l’uguaglianza di diritti o l’equità sono ormai richiesti sui mercati, poiché non sono più disponibili in misura sufficiente nei luoghi classici della società. Per esempio, quale fiducia ha un ragazzo nell’azione plasmatrice della personalità svolta da una “formazione” alla quale la società che lo istruisce, e già nel momento incuiglidàquestaistruzione, haassegnatounasortadidata discadenza?Anchelafiducia e l’equità saranno dunque prodotte come le auto, provviste di cartellini con il prezzoeinqualitàdifferente? Comemostranoleriflessioni diPhilipBobbitt,laquestione ètutt’altrocheaccademica.In un mondo nel quale è razionale chiunque possa essere ridotto ai propri interessi e tutti i dati che si lascia dietro vengono letti in questa prospettiva, tutti sono potenzialmente sospettati. In un mondo come questo, la fiducia potrebbe diventare un bene di lusso che, per esempio, si “assegna”, per così dire, ai social network e con il quale vengono alimentatelemacchine:allora effettivamente i “valori” avrebbero ancora soltanto il valoredeldenaro. Per fortuna, anche in economia è cominciato un nuovo dibattito sul fatto che «cose come la giustizia e la parità di diritti hanno valore normativo,siachesoddisfino ipropridesiderioppureno»4. L’ideadiKenBinmore,cheil comportamento altruistico o anche soltanto equo convenga, poiché ci è utile, può,sì,esseretrasferitainun modello matematico, ma, potendo essere applicata a tutto e a tutti in tempo reale digitale,seppelliscelafedein qualsiasi tipo di forza non generata dal mercato, noneconomica, normativa. In questo modo vengono intaccati non solo i parlamenti, le corti costituzionaliolecostituzioni stesse, ma pure la volontà sovrana del singolo di essere semplicementequellocheè. PerMarxeperl’economia politicavenutadopodilui– dice Evgenij Morozov, che ha posto per primo la questione della bancarotta dell’economia dell’informazione – era importante sapere chi possedeva i mezzi di produzione. Oggi, con l’economia dell’informazione e con la virtualizzazione, è decisivo chi controlla i sensori e gli algoritmi. Deve essere ben chiaro che abbiamo raggiunto un punto nel quale i modelli della nostra razionalità ci hanno ridotto addirittura a credere di non essere più in grado di scoprirecosavogliamo5. *** Paul Valéry (1871-1945), nella cui opera l’Europa si incarna profondamente come in nessun altro scrittore, ha inventato la figura di MonsieurTeste,unuomoche specula in Borsa e che nella sua aspirazione a diventare puramentenonpuòessereun esempio, tranne che per una cosa: «Aveva ucciso la marionetta». «Non sarà» si legge in un passaggio«cheleidee-mostri diventino enormi a causa dell’esercizio ingenuo della nostracapacitàdiinterrogare, che noi applichiamo un po’ ovunque, senza pensare che dovremmo ragionevolmente interrogare solo ciò che può davverodarciunarisposta?». È il principio più semplice, conilqualesipuòparalizzare la logica spietata di una società e di un’economia automatizzata e si possono creare nuove libertà, non importa se si tratti di speculazioni sicurissime sul futuro dei mercati o di previsioni sulle persone e le loropassioni. Il principio per uccidere le marionette suona: la risposta erasbagliata. ____________________ 1Kenner,TheCounterfeiters,cit.,p. 155. 2GabeZichermann,Rethinking ElectionswithGamification,in “HuffingtonPost”,20novembre 2012,disponibileall”indirizzo http://www.huffingtonpost.com/gabezichermann/improve-voter-turnout_b_2127459.html. 3DeborahM.Gordon,Twitterinthe AntNest,in“NaturalHistory”,119, 2001,6,pp.10-41. 4Davis,IndividualsandIdentity,cit. 5EvgenijMorozov,comunicazione orale. Appendice Brevestoriadello sviluppodegliagenti diBorsaartificiali La strada per la macchina è stata fin dall’inizio lastricata delle uniche esche che attiranodavverogliuomini:i buoniaffari.Ilviafudatonel 1991, tre anni prima che nascesse l’idea del world wideweb. KenBinmoreel’economista BrianArthurpubblicaronoun intervento che fin dal titolo descriveva gli «agenti economicicheagisconocome agenti umani». L’obiettivo, secondoquantodicelostesso Arthur, era costruire un agente artificiale che un osservatore non avrebbe più potuto distinguere da un essere umano. A prima vista non si trattava di un’impresa troppodifficile,considerando cheancheneimodellifinoad allora dominanti dell’uomo e della sua imprevedibilità rimanevano soltanto l’egoismo, la brama di profittoelapaura. Questo agente artificiale avebbe dovuto raggiungere sempre il suo optimum personalenelleaste,eproprio nelmodoincui,standoaquel che sembra, lo fanno gli uomini: mediante il calcolo dell’equilibrio di Nash, compiuto in base alla teoria dei giochi. Due anni dopo sembrava che il momento fossearrivato.Glieconomisti Dhananjay Gode e Shyam Sunden crearono in condizionidilaboratorio–in un esperimento nel frattempo diventato classico – un mercato artificiale, nel quale Numero 2 agiva in due versioni. In una versione spendeva anche denaro che nonpossedevaaffatto,mentre in una seconda versione gli erano imposti alcuni limiti, percuinonpotevasuperareil proprio budget. In entrambi i casi il suo quoziente d’intelligenza era prossimo allo zero. Comprava, vendeva, si atteneva alle regole del mercato e a quelle delprofessorNash. Irisultatidimostraronochela seconda versione non poteva più essere distinta da trader umani che operavano con strumenti digitali. Un trionfo non solo per i software, ma anche per la concezione neoclassica dell’economia: anche in caso di intelligenza zero si può agire razionalmente,sesiubbidisce alle leggi del mercato. I due economisti parlarono di «mercati come sostituti parziali della razionalità individuale». Tuttavia,nellamisuraincuii mercati finanziari si digitalizzavano e la rete diventava la piattaforma di negoziazione, cresceva la consapevolezza che l’intelligenzazeroelafiducia nel mercato non potevano bastare da sole a fare dell’agente digitale un Terminator. Nel1998ifisiciDaveCliffe JanetBrutendichiararonoche era finalmente giunto il tempodellateoriadeigiochi. L’agente–leloroconclusioni si possono riassumere così – non può essere un cretino, nonostante tutto il suo egoismo. Deve sapere che altri vogliono trarlo in inganno e reagire immediatamente. In un mercato basato sulla competizione il contesto è dinamico e non consente errori. Le informazioni rilevanti (come quelle sui margini di guadagno o le informazionidialtritrader) sono ignote o possono difficilmente essere previste, ed è altamente improbabile che un trader possa contare sulla benevolenza o sull’altruismodisinteressato […] Per gli agenti economici nulla è sicuro, tranne il fatto che hanno dietroilmondointeroeche chidormeperde. Tutto il resto era solo questionediformule.Numero 2, come le specie di Darwin, era sottoposto alla necessità evolutiva di apprendere, e lo ha fatto ottenendo sempre maggiori “ricompense”, cioè profitti, per i successi nell’apprendimento. Ha dovuto “adattarsi” nel senso darwiniano del termine, cioè diventare capace di sopravvivere. Nel linguaggio deisuoiottimizzatori:«Segli agenti economici agiscono in un contesto di mercato, le formule della ricompensa e dell’adattamento possono senz’altro e inequivocabilmente essere ricondotte al “profitto” e all’“utile”». Naturalmente, questa prassi poteva essere mantenuta solo in sistemi chiusi. Tuttavia c’erano anche forme miste, per lo più anche dirette, governate dall’intervento umano, per esempio in caso diaccessoaretisovraccariche o qualcosa di simile, dove nella microeconomia del cosmo dei dati venivano, per così dire, condotte trattative sulla ripartizione delle informazioni e per stabilire chi e a che prezzo (non necessariamente in denaro, ma ad esempio anche in tempod’attesa)abbiaomeno accesso a queste informazioni. Tuttavia, la situazione è drammaticamente cambiata già alla fine degli anni novanta.Certo,primac’erano già algoritmi nel trading, ma il loro comportamento era unidimensionale, erano piccoli «organismi unicellulari che, in base a un semplice sistema normativo» non facevano altro che comprare e vendere (Scott Patterson). Ma poi, nel 1999, Goldman Sachs acquistò Hull Trading, un’aziendanota,oltrecheper la competenza nel campo dell’intelligenza artificiale e dell’algo-trading, per il fatto che ci lavorava una serie di eccellenti fisici del Fermilab, vicino a Chicago1: gente che aveva partecipato alla scoperta dei quark e che, dopo il 1989, a causa delle riduzionedeifondistatali,era emigrata a Wall Street. L’acquistodiHullTradingda parte di Goldman Sachs equivaleva più o meno all’acquistodiunafabbricadi cloni da parte del Vaticano. Ovvero, come in seguito ha scritto al riguardo Scott Patterson: Ha segnato un netto spostamento di Goldman – laquintessenzadell’azienda dellavecchiascuoladiWall Street – in direzione del commercioelettronico.Uno spostamento che avrebbe preparato l’ascesa di Goldmanaunaposizionedi predominio negli anni duemila,cioèinunperiodo nelqualeGoldmandivenne uno dei Golia del trading più abili e aggressivi del mondo. I mercati finanziari e le reti informatiche cominciarono, inquellachepoisarebbestata chiamata la bolla delle Dotcomaperseguireperlaprima volta interessi comuni, e la rete stessa (Google faceva i primiincertipassiesplorativi) cominciò ad assumere come mercato una grandezza critica. Gli informatici dell’economia, che allora concepirono assieme ai quants i mercati elettronici, disserochiaroetondochenei sistemi aperti soltanto gli agenti egoistici avrebbero avutounachance. ____________________ 1 FermiNationalAccelerator Laboratory,laboratoriodiricerca chesidedicaallostudiodelle particelleelementariconsedea Batavia,vicinoaChicago.[N.d.T.] Ringraziamenti Molti mi hanno aiutato con idee, indicazioni, chiarimenti e correzioni. Ringrazio Emanuel Derman, Michael Hudson, Stefan Klein, Frank Lübberding,TorstenEymann, Edo Reents, Frank Rieger, TiloEckardteUlrichGenzler della casa editrice Blessing, cosìcomeMatthiasLandwehr eThomasSchmidt. Evgenij Morozov, Philip Mirowski e Shoshanna Zuboffnonmihannosoltanto fornitostimoliimportanti,ma mihannoancheconsentitodi gettare uno sguardo ai loro lavori in corso di realizzazione. Ringrazio qualche persona che non vuoleesserenominatapoiché mi ha permesso di dare un’occhiata nell’acquario digitale dei piranha delle piattaforme finanziarie digitali. Ringrazio il mio collega Rainer Hank per la critica preziosa e incoraggiante. E devo a EvgenijMorozovalcunedelle ispirazionipiùfecondecheun autore isolato possa mai sognarsi.Einfine,einprimo luogo, ringrazio Rebecca Casati. Questi i ringraziamenti. La responsabilità, naturalmente, èmia. Bibliografia AbbadeJanet(1999),Inventingthe Internet, Kindle edition, The MITPress,Cambridge. Abella, Alex (2009): Soldiers of Reason:TheRANDCorporation and the Rise of the American Empire, Kindle edition, Houghton Mifflin Harcourt, Boston. 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