LDB
EGO. GLI
INGANNI
DEL
CAPITALISMO
FRANK
SCHIRRMACHER
FrankSchirrmacher
Ego
Gliingannidelcapitalismo
Titolooriginale
Ego.DasSpieldesLebens
©2013byKarlBlessingVerlag,a
divisionofVerlagsgruppeRandom
HouseGmbH,München,Germany
Redazione:MonicaGuerra
Impaginazione:DaianaGaligani
Coordinamentoproduttivo:Enrico
Casadei
©2015Codiceedizioni,Torino
Tuttiidirittiriservati
ISBN978-88-7578-538-3
codiceedizioni.it
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pinterest.com/codice_codice
Forseoggil’obiettivo
principalenonèdiscoprire
checosa
siamo,mapiuttostodi
rifiutarequellochesiamo.
MichelFoucault
Ego.Gliingannidel
capitalismo
Premessa
Siamo
diventati
incredibilmente elementari.
Purtroppo,
neppure
lo
percepiamo. Perché facciamo
quello che facciamo? Perché
amiamo ciò che amiamo?
Domandecosìcomplesseche
nessuno è in grado di
rispondere per quel che lo
riguarda. Non ci rendiamo
conto che da tempo, ormai,
c’è chi risponde al nostro
posto.
Dimenticate per un attimo
quello che sapete di
psicologia,
ricerca
sul
cervello,oanchesoloquanto
avete appreso per esperienza
suglienigmidellavostravita.
Senza
che
ce
ne
accorgessimo,
l’anima
dell’uomo
moderno
è
diventata
affare
da
economisti.
Per semplificare un mondo
ipercomplessoeacceleraregli
affari, è apparso dietro le
quinte un modello che
trasformainmododuraturola
nostraesistenza.
Questo modello insegna che
cisipuòrenderelavitamolto
piùsempliceeredditiziasesi
accetta il presupposto che
ogni
uomo
pensa
esclusivamente a sé e al
proprio vantaggio. In questo
libro si mostrerà come un
modello, innocente alla sua
origine, si sia trasformato in
una trappola. E quanto bene
essavengadissimulata.
Chi tende una trappola la
mimetizzasempre.Nelbosco
sono magari tagliole coperte
di foglie e terra: artefatti che
passanoperelementinaturali.
Tra gli uomini le trappole
vengono dissimulate sotto
forma di leggi di natura,
come avviene per esempio
conl’affermazione“l’uomoè
egoista”, e lo è a partire dai
genifinoallasuamorale.Una
teoria economica, confortata
da moderni calcolatori, ha
fatto di questa tesi una legge
di natura. E cominciamo ad
accorgercene.
Nel mondo odierno, molti
credono che le loro libertà e
le loro possibilità di scelta
siano più numerose che mai.
Edipotere,infondo,rifiutare
oaccettareleteorie.
In realtà, non solo le hanno
accettate inconsapevolmente,
ma le usano per vivere e
lavorare.
Viviamo la nuova èra del
capitalismo
dell’informazione.
Quest’ultimohacominciatoa
trasformare il mondo in uno
stato mentale. Agisce e
progetta in grande. Vuole
leggere,controllareevendere
i pensieri. Vuole predire,
stimare ed eliminare i rischi.
Il
suo
cervello
è
costantemente impegnato a
scoprirequellochelepersone
fanno, dicono, comprano e
quali
nuove
mosse
progettano. Ovunque lo
incontrino,siimbattonoinun
sistema che sa sempre tutto
meglio. Esso nega alle
persone il diritto di
presentarsi al loro ambiente
in modo diverso da come
sono.
Qualunque
cosa
facciano, afferma che lo
fannoapropriovantaggio.
Il
capitalismo
dell’informazione
non
conosce
comportamenti
“senza motivo”. Ai suoi
occhi, anche l’amicizia, la
lealtà,
l’amore
hanno
motivazioni razionali, che
risiedono
nell’interesse
utilitaristico del singolo
individuo.Daquil’inflazione
generalizzata di “incentivi”,
ricompense, che vanno dai
bonusdiWallStreetfinoalle
onorificenze e decorazioni
virtuali e all’approvazione
espressa con un “mi piace”
perlecosepiùprivate.
Esistono giochi aperti, come
gli scacchi, e giochi coperti,
come il poker, dove nessuno
puòvederelecartedell’altro.
L’economia
dell’informazione ha tutta
l’aria di un giro di poker. Il
suo mondo è un mondo nel
quale nessuno dice e fa
davveroquellochepensa,ma
chiunque diventa trasparente
se gli si attribuiscono
intenzioni egoistiche. Da qui
questo enorme bisogno di
informazioni. Da qui la
coazione a simulare, bluffare
e costruire piste false. Gli
algoritmi
finanziari
dissimulano vendite di azioni
per indurre in errore
arrembanti algoritmi da
predoni, oppure gli algoritmi
da predoni danno in pasto ad
altri agenti economici false
informazioni alla velocità
della luce, per gonfiare i
prezzi. La gente si procura
identitàposticce,sicostruisce
profili Facebook per il capo
del personale o per la banca.
Interi Stati mandano falsi
segnali per confondere i
mercati. È una società nella
qualesidiffidanonsolodegli
altri, ma anche di se stessi.
Chièarrivatoaquestopunto
accettachelasuaformazione,
lasuaesperienza,ilsuomodo
di vivere non significhino
quello
che
credeva
significassero.
La promessa di trovare
risposteadomandechenonci
si
è
neanche
posti,
l’affermazionedisaperesulle
persone più di loro stesse, le
previsionisuciòchevorremo
quando noi ancora non lo
sappiamo, il suggerimento su
chidebbaesserciamicosono
strutturalmente identici agli
algoritmi di sorveglianza
utilizzati dai servizi segreti,
che sono al corrente di
crimini dei quali, forse, il
criminale stesso non ha
ancora idea. La nuova
economia si serve di
macchine e cattura le
relazioni umane con l’aiuto
della matematica. Ama il
“dilemma del prigioniero”,
una situazione di quando la
teoria dei giochi era agli
albori:
due
persone
condividono un medesimo
destino, ma non possono
confrontarsi e ricevono la
proposta di ottenere un
vantaggio l’una a spese
dell’altra. In questo gioco, il
tradimento non soltanto è
previsto,maèanche«l’unica
norma di comportamento
accettatacomerazionale»1.
È stato dimostrato che chi
viene in contatto con questo
pensiero muta il proprio
comportamento.
Un’immagine del mondo che
dietroqualsiasiazioneumana
vede all’opera la logica
ineludibile dell’utilitarismo
produce egoismo come una
catena
di
montaggio2.
Ultimamente, però, tutti ne
vengono
contagiati.
Circondato da un mondo nel
quale le informazioni sono
organizzate non solo nelle
Borse, ma anche sul posto di
lavoro,nellacomunicazionee
perfino nelle amicizie da
macchine guidate dalla
logica, che valutano il
carattere umano in base alle
leggi della massimizzazione
personaledelprofitto,ivalori
sociali cambiano a una
velocitàsbalorditiva.
Il
capitalismo
dell’informazione mette in
questione la coerenza delle
biografie e le identità delle
singole persone; ha posto
l’economia reale al proprio
servizio e ora si accinge a
riscrivere gli ordinamenti
costituzionali e del diritto
internazionale.
Infatti, non solo il singolo
individuo perde la propria
sovranità.Idirittidisovranità
degli Stati e dei parlamenti
europei, amputati nell’attuale
crisi dell’euro, non sono
errori tecnici, ma parte della
sualogicaoperativa.
Esso ha minato il pensiero
umano con un labirinto di
gallerie e cunicoli ed elabora
ilmaterialegrezzodicuisiè
appropriatoconmacchineche
–asecondadellascrivaniasu
cui si trovano – possono
condurre guerre, scatenare
rivoluzioni,procuraredenaro,
controllare
persone
o
trasmetterelefotodell’ultima
vacanza.Ormaiilcapitalismo
dell’informazione sembra in
grado di eliminare dall’oggi
aldomaniinterenazionio,in
determinate circostanze, di
portare al potere chi vi si sia
sintonizzato. Perciò la gente
siapprestaatrasferirsiinsua
compagniasottoterra,inspazi
chiusi,allaluceartificiale,ea
considerare i tunnel da esso
scavaticomeilpropriostesso
pensiero.
Una trappola mimetizzata
deve ingannare tutti i sensi.
Nella sua Encyclopédie,
Diderot suggerisce di coprire
l’odore del ferro, poiché gli
animali esperti lo associano
alla propria uccisione. Un
manuale moderno sulla
catturadeglianimalidescrive
con disarmante candore cosa
occorre
fare:
«Attirare
l’animale nel dispositivo o
con un’esca o sfruttando la
suanaturalecuriosità».Nona
caso, secondo Otto Mayr, le
parole inglesi engine e
machine ebbero a lungo le
connotazioni negative di
“intrigo”,
“frode”,
“macchinazione” e perfino
“inganno”3. Il dispositivo del
capitalismodell’informazione
è
il
computer,
ma
l’apparecchio è di per sé
innocente. Tutto dipende da
chi lo ha in mano e a quali
scopi lo utilizza. Una volta
ridotto l’egoismo umano a
una formula, come accade
oggi, lo si può usare per
valutareun’interasocietà.
È Diderot a definire la posa
della trappola – non la
trappola – una “scienza”. La
sfida consiste nel catturare
animali
diffidenti
per
esperienza. Li si coglie di
sorpresa solo raccogliendo e
alterando informazioni. La
trappola deve presentare
l’esca come una preda facile.
L’orso,lavolpeoillupodeve
pensare di realizzare un
inatteso profitto. Perché il
trucco funzioni occorre
«esplorare con la massima
cura i luoghi nei quali gli
animali si ritirano durante il
giorno, i luoghi nei quali
trascorrono la notte e le vie
che
percorrono
abitualmente».
Anche la struttura della
trappolanonèrilevantesenza
lastrategiadichilapiazza.Il
più abile a posare le trappole
ècoluichepensacomelasua
preda; gli animali più abili a
eluderle sono quelli che
pensano come chi li vuole
catturare.Questaèlascienza;
è pura matematica e può
essere programmata nei
computer: durante la guerra
fredda,
quando
venne
inventata, le si diede nomi
tipo rational choice theory,
ovvero teoria dell’agire
razionale, e l’inoffensivo
teoriadeigiochi.
Sotto la spinta psicologica
della paura che sistemi
totalitari come l’Unione
Sovietica mettessero sotto
tutela l’uomo affermando di
sapere cos’è meglio per lui,
gli
economisti
hanno
escogitato
un
modello
alternativo nel quale ognuno
fa soltanto ciò che è meglio
per sé. È diventato una delle
più
importanti
armi
strategiche della guerra
fredda, grazie alla quale
l’Occidente ha vinto la sfida
trasuperpotenze.
Ma quella, come nel
frattempo
è
diventato
evidente, non era la fine,
bensì
soltanto
l’inizio.
Conclusasi la sfida tra le
superpotenze,
poteva
cominciare quella con la
propria società. Uno degli
artefici della grande trappola
haammessoinseguitochele
regole alle quali dobbiamo
attenerci nel nuovo gioco
della vita sono singolari. Per
vincere si dovrebbe talvolta
accettare
l’idea
che
«l’universo,inuncertosenso,
abbia scelto proprio te come
ilsuopeggiornemico»4.
Ancora
una
parola
sull’intento di questo libro.
L’impulso a scriverlo è
venuto dalla crisi, ma non
dalle sue manifestazioni
economiche, bensì da quelle
sociali. La crisi è soltanto un
sintomo. Mostra l’instabilità
nonsolodeimercati,madelle
società, nelle quali le società
vengono organizzate come i
mercati
e
l’uomo
è
organizzato come Homo
œconomicus.Amioavviso,si
tratta del primo caso di un
collasso
di
sistema
dell’economia
dell’informazione.
Nella crisi con la quale
abbiamo oggi a che fare non
sono in gioco soltanto il
denaro, il profitto, la
bancarotta della Lehman o la
crisi dell’Europa. Questo, se
si vuole, è ancora il lato
semplice della questione,
l’aspetto più facilmente
accessibileall’analisi.Chissà,
forse la crisi verrà risolta e
perlagentetuttoricomincerà
dacapocomesenientefosse.
L’economia
dell’informazione valuta i
sentimenti, la fiducia, i
contatti sociali proprio come
se fossero azioni o merci e,
perlaprimavoltanellastoria,
ha gli strumenti tecnologici
per farlo con sempre
maggiore accuratezza. È
diversose,inunatransazione
d’affari o in un’asta, si parte
dal presupposto che per
l’interlocutore è logico
pensaresoltantoasestessoe
imbrogliare,oppureselavita
sociale si trasforma sempre
piùinunatransazioned’affari
o in un’asta, cioè in un
mondo nel quale l’Io, ridotto
a merce, ubbidisce a regole
economiche trasparenti. In
questomondoladiffidenza,il
sospetto, i bluff, le manovre
diversive sono la norma, sia
pure solo per “tranquillizzare
i mercati”, come recita una
frasechesisentepronunciare
spesso. Ma non valgono solo
per gli Stati: in misura forse
maggiore riguardano anche
l’individuo.
Queste regole sono tutte
messeperiscritto,daqualche
parte.
Erano
ipotesi,
costruzioniausiliarie,modelli
che dotavano l’essere umano
di qualità non più psichiche,
bensìmatematiche.«Popolare
i modelli economici con
personeincarneeossanonè
mai stato l’obiettivo degli
economisti», recita l’epigrafe
di un libro che dimostra
l’esatto contrario5. I modelli
stessi, infatti, hanno preso
vita, non sono soltanto
istruzioni alle quali ci si
affida
inconsapevolmente
come alla strumentazione di
bordo; essi fanno molto di
più:
rendono
l’uomo
esattamente conforme alla
lorodescrizione.E,adispetto
di tutte le limitazioni
autoimposte, lo descrivono
comeegoista.
Questo libro si basa su
un’unica tesi. Negli ultimi
tempi, essa è di nuovo
ampiamente dibattuta da
alcuni economisti rinnegati,
che parlano di imperialismo
economico. Con questa
locuzione si intende il fatto
che i modelli concettuali
dell’economia
hanno
praticamente conquistato e
dominano tutte le altre
scienze sociali (la teoria
economica imperialistica era
notoriamenteilmarxismo).
Nel mondo in cui viviamo
sperimentiamo
questo
imperialismo
come
economicizzazione di tutti e
di ciascuno. Non è un caso
che
bestseller
come
Freakonomics6 (ovvero le
nudge-theories
degli
economisti comportamentali)
abbiano tanto successo. In
sostanza,
questi
libri
raccontano
di
una
quotidianità che scompone
tutto in aneddoti sul
tornaconto
personale
(«Bisogna punire i genitori
perchévengonoaprenderein
ritardoilorofigli,esesì,con
quale
risultato?
Che
diventeranno ancora più
negligenti se la multa è
esigua,inprimoluogoperché
pagarla vale la pena, e in
secondo
luogo
perché
trasmetteunsegnalesbagliato
riguardo ai costi morali della
violazione delle norme»7).
Per quanto divertenti essi
siano
e
per
quanto
controverse risultino le loro
tesi, il fatto che abbiano
successo dimostra che si
trattaditeoriedell’autodifesa
in un mondo che, ridotto
all’economia in tutti i suoi
dettagli, vive il tornaconto
personale come nucleo
essenzialedelcomportamento
razionale.
Ma il prezzo di questa
autodifesa è elevato: come
hanno
mostrato
Gerd
Gigerenzer e Nathan Berg in
un
eminente
studio
sull’economia
comportamentale,
dietro
molti ameni consigli si
nasconde
un’ideologia
neoclassicacamuffata;o,sesi
vuole, neoliberista8. Questo
non vale soltanto per
l’economia comportamentale,
ma per tutti i mercati
automatizzati, da quelli
finanziari ai nuovi mercati
dellacomunicazionesociale.
L’imperialismo economico
impone però anche – e a
maggiorragionedopolacrisi
finanziaria – di non lasciare
campo libero a una scuola
dominante di economisti per
lo più anglosassoni. In tanti
hanno finito per convincersi
delle debolezze di alcuni
modellifinoapocotempofa
postulati come verità. Se qui
vengonoesaminateduefrale
costruzioni concettuali più
efficaci
nell’economia
dell’informazione, cioè la
teoria della rational choice e
la teoria dei giochi, non è
chiaramente perché si voglia
sottintendere che fossero le
uniche9.Esseperòhannouna
particolare importanza per la
storia che questo libro vuole
raccontare: com’è potuto
accadere che l’individuo
abbia avuto la sensazione di
una congiura dell’intero
universocontrodiluiecome,
dopo la fine della guerra
fredda,siainiziataunanuova
guerra fredda nel cuore della
nostrasocietà.
____________________
1
SonjaMichelleAmadae,
RationalizingCapitalist
Democracy:TheColdWarOrigins
ofRationalChoiceLiberalism,The
UniversityofChicagoPress,
Chicago2003,p.295.
2Ivi,p.296.
3OttoMayr,Labilanciael’orologio.
Libertàeautoritànelpensiero
politicodell’Europamoderna,il
Mulino,Bologna1988,p.216(ed.
orig.UhrwerkundWaage.
Autorität,Freiheitundtechnische
SystemeinderfrühenNeuzeit,C.H.
Beck,München1987,p.151).
4KenBinmore,Teoriadeigiochi,
Codiceedizioni,Torino2008(ed.
orig.GameTheory:AVeryShort
Introduction,OxfordUniversity
Press,Oxford2003).
5DimitrisMilonakiseBenFine,
FromEconomicsImperialismto
Freakonomics:TheShifting
BoundariesbetweenEconomicsand
otherSocialSciences,Routledge,
London2009,p.1.
6StephenD.LevitteStephenG.
Dubner,Freakonomics.Ilcalcolo
dell’incalcolabile,Sperling&
Kupfer,Milano2006(ed.orig.
Freakonomics:ARogueEconomist
ExplorestheHiddenSideof
Everything,HarperandCollins,
NewYork2005).
7MilonakiseFine,FromEconomics
ImperialismtoFreakonomics,cit.,
p.107.
8GerdGigerenzereNathanBerg,As-
If-BehavioralEconomics:
NeoclassicalEconomicsin
Disguise?,in“HistoryofEconomic
Ideas”,18,2010,pp.1134-1164.
9Mirendocontodiridurrela
complessitàstorica.Lanuova
razionalitànonèstatagenerata
soltantodallateoriadeigiochie
dallateoriadellarationalchoice.È
statailfruttodiinnumerevoli
discipline,nonsemprestrettamente
collegatetraloro:informatica,
statisticaeciberneticahanno
seguitostradeindipendentie
toccanosoloparzialmentelateoria
deigiochi.Ineffettil’operadivon
Neumannsarebbeinimmaginabile
senzalamacchinacalcolatricedi
AlanTuringelaquestione,daessa
sollevata,sucosaècalcolabilee
cosano.Peresempio,PeterGalison
(TheOntologyoftheEnemy:
NorbertWienerandtheCybernetic
Vision,in“CriticalInquiry”,21,
1994,1,pp.228-266)hadescritto,
conriferimentoaNorbertWiener,
comeilnemico“razionale”fosse
diventatounafiguradipensierogià
nellasecondaguerramondiale,
dotatadituttigliattributichepoile
avrebbeconferitolateoriadei
giochi.
ParteI
L’ottimizzazionedel
gioco
Capitolo1
Trance
L’apparatomilitarecerca
unarispostaalladomanda
suqualesiail
comportamentoegoistico
Tutto comincia, come nelle
storie di Twilight Zone, con
una trance. Ci troviamo nei
primi anni della guerra
fredda. Da qualche parte in
America, protetti da spessi
strati di cemento e acciaio a
prova di bomba, si trovano
uomini superaddestrati. Sono
addettiallasorveglianzadello
spazioaereodegliStatiUniti.
Fissanoschermiradar.
I soldati cercano con gli
occhi piccoli punti luminosi
che di tanto in tanto
compaiono sugli schermi.
Registrano anche il minimo
movimento; ogni segnale
potrebbe essere un aereo
russo carico di bombe
atomiche. In tutte le forze
armate americane non esiste
lavoro di importanza più
vitale, ecco cosa è stato
inculcato nella testa di questi
uomini.
Poi
accadono
fatti
inspiegabili. Un ufficiale
dell’aeronautica, scampato
alla seconda guerra mondiale
senzaungraffio,riescechissà
come a rompersi una gamba
nel breve tragitto fra lo
schermo e la macchina del
caffè. Altri militari si
appisolano. Alcuni sono
soggetti a troppi episodi di
perdita
transitoria
di
coscienza e memoria per
rispondere alle domande. Si
aggiunganolaluceartificiale,
le porte e i corridoi
sotterranei, la crescente
mentalità da bunker e i
continui circoli verdi dello
schermo radar: tutto quanto
rafforza la sensazione di
trovarsi in un “organismo
ipnotizzante”.
«È difficile rimanere svegli»
ammette un membro della
squadra «quando si fissa per
oreunoschermoradarinuna
stanza buia, giorno dopo
giorno, settimana dopo
settimana, costantemente alla
ricerca del segnale che
richiede di decidere…» E
questo è fatale, poiché «un
minuto di sonno può
significare che una città è
stata annientata», scrive un
preoccupato visitatore del
bunkernel19551.
Un team di esperti –
economisti, psicologi e
sociologi – mobilitato per
questa ragione dall’esercito –
cerca di individuare gli
episodi di assenza sui volti
illuminatidiverde.Eallafine
si capisce che sono i
calcolatori, queste macchine
sempre vigili, a indurre
l’ipnosi negli uomini che se
neservono.
I ricercatori sono di fronte a
una
missione
quasi
impossibile: come addestrare
i soldati contro la forza
ipnotica dei loro stessi
strumenti?
Ogni trenta secondi gli
uomini in camice bianco
registrano le fisionomie dei
militariconmacchineguidate
da schede perforate. Ogni
venti minuti fotografano i
loro schermi, tracciano
diagrammi sui loro blocnotes, dove ora per ora
annotano i movimenti e gli
spostamentidelgruppo.Nello
stesso periodo, a Hollywood
si girano molti film di
fantascienza e dell’orrore nei
qualiaccadonolestessecose.
Gli scienziati le chiamavano
sedute di psicodramma.
Tuttavia, lo scopo era quello
ditradurrel’animadeisoldati
in una formula matematica.
Non solo gli uomini
dovevano manovrare le
macchine, ma le macchine
dovevano imparare a servire
gliuomini2.Perciògliuomini
dovevano
imparare
a
comportarsiinmodoleggibile
dalle macchine. Ecco che la
fantascienza era diventata
realtà, poiché per la prima
volta venivano colti dalla
macchina non solo i
movimenti e la gestione del
tempo,maanchei“valori”ei
sentimentidellepersone3.
Risultò che molti soldati
consideravano gli schermi
radar
come
binocoli
sovradimensionati o come
una “finestra” sul mondo.
Propriodaquisipotépartire.
Funecessarioconvincerliche
sullo schermo vedevano un
gioco nel quale l’altro
giocatore,l’UnioneSovietica,
avrebbe fatto di tutto per
abbindolarli. Non si trattava
solo di registrare un segnale.
Bisognava saper sempre
prevedere le prossime mosse
del punto luminoso, che
poteva essere il nemico
sovietico.
Dal momento in cui i russi
disposero
della
bomba
atomica e fu possibile
trasportare con un singolo
apparecchio il potenziale
distruttivo di intere flotte
aeree, pensare in modo del
tuttonuovodalpuntodivista
strategico
diventò
una
necessità. Nella paranoia di
quell’epoca (che ancora non
conosceva quello che noi
oggi
sappiamo
in
retrospettiva), quando si
poteva temere in qualsiasi
momento un attacco a
sorpresadapartedell’Unione
Sovietica,
il
rapporto
dell’uomo
con
le
informazionidovetteridursia
un
codice
semplice:
sospettare sempre il peggio.
Tu non sai, infatti, – venne
inculcato alla squadra – cosa
l’altro ha intenzione di fare,
masaichehaununicoscopo:
mettertinelsacco.
Ilmonitorverde,luminosoe
ipnotico non riproduceva la
“verità”, né il mondo così
com’era. Come si legge in
una relazione dell’epoca, la
suaèuna«facciadapoker»4.
Il soldato al radar doveva
vederesestessoeloschermo
come giocatori di poker.
Tuttoeraungiococut-throat,
come spesso viene chiamato
il poker, un gioco spietato.
Vedersicomeungiocatoredi
poker stimolava l’adrenalina
del soldato, lo pungolava e
acuiva la sua intelligenza
operativa.
Il punto luminoso poteva
essere un innocuo aereo di
linea o un bombardiere
atomico russo – l’uomo al
radar doveva capire che
facciadapokernonsignifica
“movimentinellospazio”,ma
“mosse strategiche”, e che
quindi poteva rappresentare
siailbluffsialaverità.
Pernoncaderenellatrappola
e andare sul sicuro c’era un
solopresuppostopossibile,un
presupposto che, come gli
economisti
coinvolti
nell’operazione
sapevano,
aveva ben funzionato in
economia: essere sensato,
“razionale”, significa che
ognuno pensa solo a se
stesso. Per l’intelligenza
strategica, voleva dire che se
tutti agiscono così bisogna
anche
presupporre
che
ognuno nasconda qualcosa
all’altropervincerelapartita
dellavita.
Cinquant’anni più tardi,
l’antropologaCaitlinZaloom,
che per le sue ricerche aveva
lavorato due anni come
operatrice di Borsa, avrebbe
descritto
il
mondo
completamenteautomatizzato
degli agenti di Borsa nello
stessoidenticomodo.Devono
concentrarelaloroattenzione
su cifre che non hanno più
nulladifissoedistabile,ma
che in tempo reale si
trasformano sugli schermi in
un flusso di segnali in
continuocambiamento5.Ogni
transazioneèunamossa,ogni
giocatore pensa soltanto a se
stesso,cisonobluffeattacchi
a sorpresa, ci sono armi di
sterminio di massa e armi
tattiche, di precisione. I
giocatori
si
tengono
permanentemente
sotto
controllo e le decisioni
devono essere così fulminee
che solo i computer possono
metterleinatto.
Ma, soprattutto, oggi per i
fondi speculativi vengono
utilizzatiimodellidellateoria
dei giochi già applicati nella
guerra fredda. Nelle banche
di investimento, interi reparti
sono impegnati a decifrare a
una velocità mozzafiato le
intenzioni
di
attori
concorrenti, vagliando una
massa imponente di dati con
l’aiuto dei computer e della
teoriadeigiochieorientando
di conseguenza il proprio
agire.
Coloro
che
avevano
progettatolanuovaanimaper
l’uomo nuovo non ne
sarebbero rimasti molto
sorpresi. Si può addirittura
affermarechequestofosselo
scopo. Non sono stati gli
psicologi a sviluppare per
l’apparato militare i nuovi
modelli di comportamento e
di pensiero dell’autointeresse
razionale, ma gli economisti,
i fisici e i matematici. Gli
economisti si intendevano di
mercati nei quali ognuno
cerca il proprio tornaconto.
Le loro strategie per una
società
che
sopravvive
nell’egoismo
non
riguardavano soltanto i
soldati della guerra fredda.
Ambivano all’universalità.
Dovevano
funzionare
ovunque si prendessero
decisioni. Nel poker, negli
affari,nelleBorse,inguerra6.
Nel 1950 il sociologo
americano David Riesman,
nel suo bestseller mondiale
La folla solitaria, aveva
lamentato il fatto che, nella
società moderna, ciascuno
diventa un operatore radar
della propria vita. Non più
guidato
dalla
propria
interiorità ma dall’esterno,
costantemente obbligato a
cogliere segnali di altri e a
riadattare
il
proprio
comportamento alle nuove
circostanze7. Ora la sua
criticavenivarovesciata:tutto
èlogicosesiriconoscecheil
mondo gioca a poker e tutti
voglionovincere.
Suonava molto convincente.
Quando
le
prime
informazioni sul nuovo
pensiero
filtrarono
nell’opinione
pubblica,
l’accoglienza fu addirittura
entusiastica.Nelgirodipochi
anni la RAND Corporation,
l’organizzazione alla quale
appartenevano gli scienziati
che avevano analizzato la
squadradeglioperatoriradar,
era diventata, nell’ombra del
segreto militare, la più
potente fabbrica di pensiero
degli Stati Uniti. Non si
trattava
più
soltanto
dell’Unione Sovietica. Si
trattavaditutti.
Lanascitadiquestopensiero
è stata definita «una delle
svolte più importanti nella
storia
intellettuale
dell’Occidente»8. In ogni
caso è una delle più
sottovalutate. Infatti, solo se
si accetta la premessa che
ognuno agisce in vista del
proprio utile si può tradurre
tutta la complessità del
comportamento umano nel
linguaggio della matematica.
Si possono scrivere formule,
calcolare mosse, elaborare
modelli di trattative e
compromessi, addestrare le
persone a una nuova
“razionalità”
che
esse
padroneggiano
automaticamente, come in
trance:
un’operazione
impossibile se si presuppone
che ogni persona debba
essere compresa soltanto
partendo dalle peculiarità del
suocarattere.
Decisiva per il successo su
scala mondiale è stata la
possibilità di eseguire questi
calcoli con rapidità fulminea
e poi perfino in tempo reale.
Con i primi computer,
strumenti geniali attendevano
soltanto di essere foraggiati
con formule pensate per le
persone. Le calcolatrici non
vannobeneinpsicologia,ma
sono molto efficaci nel
calcolare la massimizzazione
del profitto. Gli economisti
cominciarono a ponderare le
situazioni decisionali più
complesse con l’ausilio di
computer. Anche questo
esperimentovennefattoinun
primo tempo con l’Unione
Sovietica,
grazie
agli
abbondanti
sussidi
dell’apparatomilitare.
I computer che analizzavano
i segnali sugli schermi radar
predicevano di continuo,
comeinunaBorsamilitare,le
mosse
successive
dell’avversariosovietico,elo
facevano sempre meglio.
Cosafa?Cosaprogetta?Cosa
nasconde? Ma i russi erano
altrettanto paranoidi. In men
che non si dica si arrivò
quindi a una situazione del
tipo: cosa fa, se sa che io so
quello che sta progettando? I
calcolatori istruivano le
persone che li usavano per
lavorare.Dimostravanocome
si doveva pensare nel mondo
moderno.Nedavanocontinua
prova. Erano talmente fusi
con il pensiero umano che
ben presto nessuno stratega
militare ritenne possibile
pensareinmododiverso.
“Impara
ad
agire
razionalmente” significava
“impara a pensare e ad agire
partendo sempre e soltanto
dal tornaconto personale di
ciascuno”. E l’operazione
funziona anche con i
comportamenti in apparenza
non utilitaristici: si può
cercarealungodiindovinare
perchéunperfettoestraneoti
regali dieci euro (o i russi
intraprendanoun’iniziativadi
disarmo). La teoria afferma
che si è in grado di capirlo
solo se si comprende che,
così
facendo,
intende
procurare un vantaggio a se
stesso.
Tuttavia, questo modello di
pensiero non restò a lungo
limitato alle strategie degli
armamenti e della guerra.
Non era soltanto un attrezzo.
Si trasformò in uno
strisciante,
decennale
addestramentoall’egoismo.Il
computer dimostrava quanto
lontano si potesse andare
ponendo alla base di ogni
calcolo questa motivazione.
Ma, come è stato osservato a
ragione, ciò con cui lo si era
alimentatositrasformòdaun
sistema di addestramento in
un
«sistema
di
indottrinamento»9.
Nel gelo
cinquanta,
degli anni
praticamente
nessuno avrebbe creduto che
l’immagine dell’uomo nata
allora avrebbe gettato il
mondo, mezzo secolo più
tardi – oggi che l’Unione
Sovieticanonesistepiùdaun
pezzo – nella paura e nel
terrore,
e
trasformato
radicalmente le relazioni
sociali. Ciò con cui oggi
abbiamo a che fare non è
opera soltanto di alcuni
manager egoisti dei fondi di
investimento o di avidi
banchieri. Essi non sono che
un sintomo. Allora, al freddo
della corsa agli armamenti e
non soltanto nelle crisi
economiche del ventunesimo
secolo, si è scatenato
qualcosachehacominciatoa
fare davvero carriera solo
dopo la fine della guerra
fredda.
____________________
1SharonGhamari-Tabrizi,Cognitive
andPerceptualTrainingintheCold
WarMan-MachineSystem,inJoel
IsaaceDuncanBell(acuradi),
UncertainEmpire:American
HistoryandtheIdeaoftheCold
War,OxfordUniversityPress,
Oxford2012,p.289.
2Cfr.GeorgeDyson,L’evoluzione
dellemacchine.DaDarwin
all’intelligenzaglobale,Raffaello
Cortina,Milano2000,p.191(ed.
orig.DarwinAmongtheMachines:
TheEvolutionofGlobal
Intelligence,PerseusBooks,New
York1997,p.189).
3IsaaceBell,UncertainEmpire,cit.,
p.287.
4CosìDonMurraynellasua
relazionesuunodeiprimiimpianti
radar,pubblicatanel1955,nella
qualedescriveilbluffdiunaereo
nonidentificatodirettoaLos
Alamos.Cfr.ivi,p.270.
5CaitlinZaloom,OutofthePits:
TradersandTechnologyfrom
ChicagotoLondon,TheUniversity
ofChicagoPress,Chicago2010,pp.
136sg.
6Kaplandescriveladivisionedel
lavorotraeconomistiematematici
così:«(Glieconomisti)avrebbero
analizzatole“funzionidiutilità”dei
consumatorieilcomportamentoei
valoridiinterenazioni.I
matematici,chenonnecapivano
nulla,avevanoinseguitola
possibilitàdiinserireleconoscenze
nellamatricedellateoriadei
giochi».FredKaplan,TheWizards
ofArmageddon,StanfordUniversity
Press,Stanford1983,p.67.
7DavidRiesman,Lafollasolitaria,il
Mulino,Bologna1973,pp.9sgg.
(ed.orig.TheLonelyCrowd:A
StudyoftheChangingAmerican
Character,YaleUniversityPress,
NewHaven1950,p.25).Cfr.Isaac
eBell,UncertainEmpire,cit.,p.
271.
8PeresempioAmadae,Rationalizing
CapitalistDemocracy,cit.,p.157.
9IsaaceBell,UncertainEmpire,cit.,
pp.284sg.
Capitolo2
Gioco
Glieconomistidannouna
risposta
Durante la guerra fredda
nacquelaformulasecondola
quale ognuno agisce per il
proprio tornaconto e ha
intenzione di abbindolare gli
altri. Chi l’accettava, agiva
razionalmente. La formula
funzionava perché allora si
fronteggiavano due potenze
mondiali
in
possesso
entrambe
della
bomba
atomicaeconlapossibilitàdi
annientarsi completamente
l’unl’altra.
In economia l’uomo egoista,
l’Homo œconomicus, aveva
una lunga tradizione: era una
sortadialteregovirtuale,con
ilqualesiprovavaaspiegarsi
come ragiona la gente.
Bastava andarlo a recuperare
in cantina, dove iniziava a
coprirsi di polvere. L’Homo
œconomicus, infatti, aveva
condotto fino ad allora
un’esistenza
alquanto
appartata
e
puramente
accademica.
Esistevano
addirittura formule che lo
riguardavano,alcunerisalenti
ancora al diciannovesimo
secolo.
Non è questo il luogo per
rinvangare
la
storia
bicentenaria
dell’Homo
œconomicus. Ma sarebbe un
grave errore credere che fin
dalla nascita fosse stato
lasciato libero nel mondo
sotto forma di mostro avido
di profitto, benché queste
sianolesembianzeconcuifin
dalla prima modernità si è
infiltrato nella letteratura
inglese1.Inquantoessereche
poteva venire compreso non
più in base a passioni vaghe,
maaisuoifortissimiinteressi
(traiqualisipotevanoanche
annoverare concetti come
libertà), l’Homo œconomicus
era pur sempre anche una
figuradell’illuminismoefino
a un certo punto, come ha
mostrato
l’allievo
di
Habermas Axel Honneth, lo
si può perfino definire
un’idea originaria della
«sinistra»2. È una figura
stilizzata e gli economisti
intelligentinonsistancanodi
avvertire che non è mai
esistito in questa forma: si
tratta di un’ipotesi, che ci
consente non soltanto di fare
previsioni sulle persone e le
loro preferenze, ma anche di
configurare contratti sociali
che hanno il merito di non
mirare al bello, al vero e
all’utile solo a parole, ma
nellasostanza.
E tuttavia questa è solo una
parte della storia, per quanto
sia, se si vuole, la parte
migliore. Quella peggiore è
riassuntainunasolafraseper
esempio, nel 2008, da Lynn
A. Stout, giurista della
Cornell
University
particolarmente impegnata
nell’analisi
delle
crisi
finanziarie degli ultimi anni
come esperta di Corporate
Governance e di regolazione
dei
mercati
finanziari:
«L’Homo œconomicus è un
sociopatico»3.
Negli ultimi anni e decenni
innumerevoli autori, tra i
qualimoltieconomisti,hanno
mostrato che le previsioni
sull’Homo œconomicus non
rendono giustizia della
complessità della psiche e
della
società
umana4.
Nondimeno, la tesi di questo
libro è che c’è stato un
momento, negli ultimi anni,
nel quale colui che in queste
pagine chiameremo Numero
2èstatoletteralmentedestato
allavitaedèdiventatoquello
che i più responsabili tra i
suoi creatori non avrebbero
voluto.
Leragioninonsonodinatura
puramente
“economica”.
Hanno a che fare anzitutto
con il fatto che l’uomo
moderno non sa più bene
quale sia la sua identità e se
ne abbia una, molte o
nessuna.
Le
filosofie
contemporaneenonsonostate
in grado di corrergli in aiuto,
ma hanno anzi rafforzato la
tendenza. In questo modo è
venuta
automaticamente
meno la capacità di opporsi
alle semplificazioni di un
modello che, fino alla metà
delsecoloscorso,inuncerto
senso era sempre vissuto
anche della tensione con
l’uomoreale.
Era la prima grande vittoria
dell’imperialismo economico,
che
riduceva
tutto
all’economia; ma era una
vittoria dovuta al fatto che
l’avversario
si
era
letteralmente dissolto (e
dunque
non
si
può
rimproverare agli economisti
di aver immediatamente
occupato lo spazio che
qualcun altro aveva lasciato
libero): la soggettività o
individualità dell’uomo fu
sostituitadallesuepreferenze
(che vengono da fuori, cioè
non conta come nascano e
come mutino) e dalla
massimizzazione dell’utile
che si riprometteva5. Non
c’era più bisogno d’altro.
Nelle parole di Michel
Foucault,
l’Homo
œconomicusnonèsoltantoun
essere economico, ma anche
un essere politico e, agli
occhi del potere, ha il
vantaggio
di
essere
«eminentemente
governabile»6.
Ma questo non sarebbe
bastatoadarvitaaNumero2.
Senza il computer, senza
quella scintilla elettronica
scoccata tra la macchina e
l’uomo, sarebbe rimasto
soltanto un modello, una
teoria, che (diversamente dal
marxismo)avevailvantaggio
dinonesserealtrochequesto.
L’economistaefilosofoJohn
Davis, per definire – non
senza pathos – questa
cacciata
dal
paradiso
dell’assenza di vincoli, ha
usato l’espressione dopo la
caduta7. Quest’ultima si è
compiuta in due passaggi:
primo, con la comparsa del
computer in ambito militare
ed economico negli anni
cinquanta; secondo (con
conseguenze più rilevanti
dell’invenzione
della
macchina a vapore), con la
marciatrionfaledelcomputer
“democratizzato” nei mercati
di massa a partire dai primi
anni ottanta. In questo libro
torneremo di continuo a
occuparci della commistione
tra la scienza e gli scienziati
daunlatoeinteresocietàcon
lelorotecnologiedall’altro,e
della nascita di ibridi uomomacchina, androidi o cyborg
che dir si voglia. Tutte le
discipline hanno provveduto
contemporaneamente
a
rivedere
l’immagine
dell’uomo all’insegna di
questa fusione, approdando
per ironia della sorte a un
modellocheneicassettidegli
economisti e nella loro testa
corrispondeva
all’Homo
œconomicus. Le scienze
cognitive, per esempio, che
nel dopoguerra avevano
cominciato a svolgere un
ruolo importante, non erano
più
interessate
all’umanizzazione
della
macchina, ma, secondo la
formulazione di Jean-Pierre
Dupuy, alla meccanizzazione
dello spirito8. La cibernetica,
lascienzacheperprimasiera
fusa con i computer, dissolse
la filosofia, secondo la
celebre affermazione di
MartinHeidegger.
La
scienza
utilizza
le
tecnologie non soltanto come
strumenti per scoprire o
modificare qualcosa, ma
scopreemodificasempreciò
che gli strumenti le
consentono. Calcolare in
tempo reale le preferenze
degli uomini, e ben presto di
un’interasocietà,comeormai
si profila alla vigilia di Big
Data, è possibile solo se ci
sono strumenti che lo
permettono9. Che il cervello
sia un computer e i processi
mentali si svolgano come i
calcoli di un computer
biologico – una tesi a favore
della quale ancora negli anni
cinquanta fu necessaria una
grande
opera
di
convincimento – è diventato
intuitivamente plausibile per
chiunque grazie al semplice
usodeicalcolatori.
Numero 2, del resto, non
aveva affermato nulla di
diverso a proposito di se
stesso:l’individuorazionaleè
una macchina calcolatrice.
Può essere ridotto a ciò che
egoisticamente vuole e
sceglie, cioè alle sue
cosiddette preferenze, e
queste
possono
essere
calcolate matematicamente.
La
formalizzazione
dell’economia
mediante
formule matematiche dopo la
seconda guerra mondiale
(Davisladefinisceunacorsa
agli armamenti tra gli
economisti per il prestigio e
l’influenza) consente di
vedere effettivamente gli
individuiormaisoltantocome
«oggettimatematici»10.
Ogni
economista
aggiungerebbe
che
le
previsioni sull’uomo sono
semplificative.Losonoinun
modocosìradicaleche,come
è stato giustamente rilevato,
«l’individuo viene ridotto a
un nulla, a eccezione della
qualità delle sue preferenze
da automa»11. Ma cosa
succederebbe se la realtà
finisse per coincidere con
questoautoma?Eseilmondo
diventasse sempre più una
grande macchina che opera
propriocosì?Ilproblemanon
sonoimodellisemplificati.Il
problema è che noi siamo
diventati testimoni di un
cambiamentonelqualequesti
modellicodificanolarealtàe
diventano in tal modo essi
stessi reali. Non solo:
decidono cosa è razionale e
cosa non lo è. Chi pensa che
ildiscorsosiatroppoastratto,
si chieda quali “preferenze”
Google
o
Facebook
prestabiliscanoperluio,fatto
attualmente
ben
più
drammatico, quali algoritmi
di Borsa riproducano le
preferenze del trader. Le
previsioni su Numero 2 sono
già tutte dentro la lettura di
un e-book, negli apparecchi
smart, nei mercati finanziari,
nellavitapolitica.Comedice
Michel
Callon,
sono
performative,creanolarealtà
chemodellano12.
Questa vittoria imperialistica
haunapreistoriadirettamente
legataallaguerrafredda.
Che ogni uomo voglia
vincere e non perdere sui
mercatièunabanalità.Chea
nessunosipossarimproverare
di voler fare un affare è
ovvio. La novità era che
ormaicontavaesclusivamente
lamotivazioneegoisticaeche
un’intera società doveva
essere modellata a sua
immagine. La convinzione
tacitamente condivisa che in
realtà gli uomini fossero più
complessi, ricchi, pieni di
contraddizioni di quanto
affermasse la teoria svanì
negli anni cinquanta, e in
parti della corporazione degli
economisti fu ben presto
dimenticata. Finì per essere
considerato
assolutamente
razionale e per nulla
problematico dal punto di
vista morale comportarsi
comeprescrivevalateoria.
La morale non svolgeva
affatto un ruolo importante,
per motivi perfettamente
comprensibili.Laragioneera
evidente: nella guerra fredda
sarebbe stata una leggerezza
tremenda volere qualcosa di
diversodall’essereilvincitore
in questo gioco, pensare a
qualcosa che non fosse il
proprio vantaggio. Tuttavia,
ciò che era ragionevole
nell’ambito militare non si
faceva
limitare
a
quest’ultimo. I modelli in
questione non miravano
soltanto al rapporto con
l’antagonista, ma anche al
rapporto dell’uomo con il
mondo.
Molti degli economisti che
negli
anni
cinquanta
lavoravano alla RAND
Corporation o prestavano
consulenza
all’esercito
appartenevano alla cosiddetta
scuola neoclassica, nata
nell’università di Chicago e
già da tempo impegnata a
insegnare,
nell’ambito
dell’economia,chegliuomini
sono egoisti e i mercati sono
macchine della verità. Ora
vedevano
presentarsi
l’opportunità di trasformare
unasempliceaffermazionein
unaleggedinatura.
Cominciarono a scrivere
formule e algoritmi, e le
formule potevano di nuovo
esserecompresedacomputer.
Già questa era una novità.
Fino ad allora, diversamente
da quello che oggi si pensa,
nella scienza economica
riversare il comportamento
umano in modelli matematici
non era ben visto. Tuttavia,
assumendo che ognuno cerca
ilpropriovantaggio,sipoteva
determinarne
matematicamente
il
comportamento.
Questi studiosi di economia
spesso geniali diventarono
non
solo
esperti
di
automatizzazione
dell’apparato militare, ma
anchediautomatizzazionedei
mercatiediautomatizzazione
delle persone dentro questi
mercati. Erano pionieri di un
mondochesolomezzosecolo
dopo avrebbe visto tutti
collegatitramiteicomputere
i mercati. Tutte le loro
formule, però, potevano
essere comprese e applicate
dacalcolatori.
Chiamarono
la
loro
invenzione teoria dei giochi.
Econilsuoaiutotrasferirono
quel modello di pensiero nel
gioco della nostra vita. Dopo
la fine della guerra fredda,
molti degli economisti allora
impiegati
alla
RAND
ricevettero il premio Nobel
per l’economia. Fu il
coronamento di un’impresa
gigantesca,
che
aveva
trasferito nella società civile
la logica della guerra fredda.
Allafine,nelprimodecennio
del ventunesimo secolo, il
modello
dell’Ego
era
effettivamente diventato una
legge di natura. E nessuno
può dubitare che funzionasse
meglio di qualsiasi sbiadita
ideologia
dei
valori
sovraindividuale, con le sue
pretese attribuzioni di ruolo
etiche,innomedellequalinel
ventesimo secolo aveva
potuto
affermarsi
un
collettivismo (o un razzismo)
assassino.L’interoorganismo
globale,scrivevailprincipale
opinionistadel“NewYorker”
sull’onda dei fatti dell’11
settembre, «si basa su una
sorta di fiducia originaria: la
fredda aspettativa che le
persone,siaisingoliindividui
che l’intera società, agiscano
più o meno in vista dell’utile
razionale»13.
Ma, come abbiamo imparato
piano piano a comprendere,
nell’èra delle “macchine
razionali”larazionalitàhaun
prezzo. E fino a oggi un
mondo in trance è ben poco
consapevole, a parte rare
eccezioni,delfattochequesti
economistihannotrasformato
l’anima
umana
più
profondamente di qualsiasi
psicologia.
Non avevano approntato
armi, prodotto merci, né
saldato
processori;
sostanzialmente
avevano
scritto i programmi per le tre
grandi macchine che ancora
oggi determinano il mondo:
l’apparatomilitare,ilmercato
e il computer. Erano partiti
dal punto su cui gli uomini
sono
più
sensibili:
l’opportunità di realizzare
profitti. Profitti nel grande
gioco della guerra fredda,
profittinellavita.
Durante la guerra fredda, a
partire dalla metà degli anni
cinquanta, l’apparato militare
voleva disporre, grazie al
computer, di un sostituto
razionale,
prevedibile,
infaticabiledell’uomo,cioèdi
un agente che pensa soltanto
allapropriasopravvivenzaed
èingradodivalutaretantoil
rischiodiunattaccoquantola
migliore opportunità per
colpire.
E, come sarebbe diventato
chiaro negli anni successivi,
queste erano le medesime
qualità richieste dai nuovi
mercati economici: un uomo
che voleva fare profitti, che
eracapacedicalcolareirischi
e sapeva quando doveva
aggiudicarsiun’asta.
Ma quando si vuole
prevedere razionalmente il
futuro, quale fattore disturba
più dell’uomo? È una mina
vagante. Non solo si
addormenta qualche volta sul
lavoro, ma è intrattabile e
contraddittorio, non lascia
dare una sbirciatina alle sue
carte e ha in testa talmente
tante
cose
inutili
e
irragionevoli da impedire
qualsiasicalcolo.
Eranosecolichesicercavadi
scoprire come funzionasse
l’essere umano e tutti quelli
che ci avevano provato,
fossero indovini, filosofi,
psicologi, alla fine avevano
fallito. Perché proprio gli
economisti sarebbero dovuti
riuscire
a
tradurre
l’imprevedibilità umana in
unaformula?
La loro idea geniale: non si
sono più chiesti come
funziona l’uomo. Si sono
chiesti come avrebbe dovuto
funzionare
affinché
funzionasseroleloroformule.
La risposta era a portata di
mano: tutti i problemi legati
al fattore di insicurezza
“uomo” si dissolvono che è
un piacere se si ipotizza che
l’essere umano, in ciò che
pensa e fa, pensa sempre
soltanto alla propria utilità.
Questa teoria aveva il
vantaggio di funzionare
sempre e di rendere tutto
calcolabile. L’interlocutore
non è trasparente? Diventa
trasparentecomeilvetrosesi
ipotizza che vuole soltanto
accrescere il proprio profitto.
Ci sono uomini che aiutano
altriuomini?Lofannoperché
vogliono procurarsi qualche
tornaconto.
Coloro
che
avevano
elaborato la teoria dei giochi
nonavevanoavutobisognodi
aprireilcraniodell’uomoper
dirigerlo.Erastatosufficiente
ridurlo a una formula di
massimizzazione del profitto.
Non ebbero bisogno di
demagoghi, di volantini, di
ideologi. I libri che
annunciavano
il
verbo
dell’egoismo razionale erano
molto astratti e per tanti non
comprensibili. La nuova
teoria dei giochi penetrava
nella quotidianità attraverso
la pura e semplice prassi.
Permetteva di calcolare tutto
il possibile, non soltanto il
modo migliore per intimidire
i russi. Quando si deve
sterzare, se due auto si
corrono incontro a gran
velocità e perde quella che
schiva l’altra per prima? La
stessa logica poteva essere
efficacemente applicata alle
asteoalletrattativesalariali.
Ma la nuova dottrina, che
vedeva in ogni uomo una
macchina dell’Ego che vuole
vincere nel poker della vita,
era così in contrasto con
l’educazione e la morale
quotidiana che all’inizio,
quando
era
ancora
freschissima e nuova, suscitò
resistenzeintuitive.
La gente “là fuori”,
all’esterno dei think-tanks e
dei bunker, negli anni
cinquantaavvertivachestava
succedendo qualcosa. Non
era
un
caso
che
improvvisamente fosse piena
di paure paranoidi di essere
manipolata.
Hollywood immaginava e
inducevaaimmaginareincubi
nei
quali
gli
alieni
modificavanoilcervellodelle
persone, condizionavano i
loro pensieri con pistole
spara-raggi
o
le
sottoponevano a un lavaggio
del cervello, per lo più
comunista. 1984 di Orwell
descriveva un mondo nel
quale
i
“teleschermi”
indottrinano e sorvegliano.
Lo si poteva ancora leggere
comeunaparabolasuisistemi
totalitari. Ma nemmeno dieci
anni dopo si diffuse
ampiamente
nell’opinione
pubblica il sospetto che a
controllare e a rieducare la
gentenonfosserosoltantogli
eserciti stranieri o quello
nazionale, ma lo stesso
mercato.
Nel 1957 apparve il
bestsellerIpersuasoriocculti
del giornalista americano
Vance Packard. Il libro
parlava
di
agenzie
pubblicitarie
che
impiegavano ipnotizzatori e
di messaggi subliminali che,
in
una
dimostrazione
cinematograficarealizzatanel
New Jersey, inducevano gli
spettatori ad acquistare gelati
comeintrance.
Certo, era solo una favola,
ma l’isteria che scatenava
ancora anni dopo dimostra
che, allora, sempre più
persone
avevano
la
sensazione che nella vita
moderna
andasse
rarefacendosi la possibilità di
compiere scelte realmente
razionali. Packard aveva
parlato di un tentativo di
impiantare
un’altra
intelligenzaediaddestrarela
genteaunconsumismocieco.
Dunque, indottrinamento non
attraverso i libri, le parole o
gli argomenti, ma con
l’ausilio di tecnologie che
impongono le loro regole del
gioco: donde un timore mai
piùvenutomenonellesocietà
industrialidell’Occidente.
Allora queste tesi erano
argomentate in modo ancora
alquanto grossolano, ingenuo
ecomplottista.Sicredevache
potenze
malvagie
si
insinuassero nel cervello,
girassero qualche vite e
schiacciassero pulsanti rossi,
creando
così
l’uomo
manipolato.
In realtà le cose sono andate
inmodoassaipiùsemplice:si
è duplicato l’uomo. Oggi,
nell’èra digitale, l’Homo
œconomicus
equivale
all’agente
economico:
un’entità che opera al posto
dell’uomo, tradotto in codice
informatico secondo le leggi
deglieconomisti.
Prima si è assunto la
responsabilità di decisioni
strategicheincampomilitare,
poi di decisioni economiche
nei mercati e infine, sempre
più spesso, di decisioni
socialinellavitareale.Nonè
necessariochesiaintelligente
o intuitivo, deve soltanto
saper calcolare in base alle
regoledellateoriadeigiochi.
Mapuòfaredipiù.Addestra
la
gente.
Possiede
chiaramente il potere di
trasformare in profondità i
sistemi
valoriali
delle
persone.Nel2008nessunolo
ha espresso in modo così
esplicito come l’uomo che,
nella sala caffè della sua
azienda, tutti chiamavano
solocomeunpersonaggiodel
film Guerre stellari, Darth
Vader.
Il suo nome era Joseph M.
Gregory e la sua ditta era la
LehmanBrothers.EGregory,
chief operating officer della
banca di investimento, aveva
capito che la qualità
principale del manager della
nuova èra consiste nel
fondersi interamente con le
macchine della Morte Nera14
che
ogni
secondo
mercanteggiano
per
conseguireunutile.
Pocoprimachescoppiassela
bolla immobiliare nel 2008, i
colleghi avevano chiesto a
Gregory perché assumesse
alla Lehman gente che non
capivanulladiaffari.«Nonè
questione
di
capacità
individuali» aveva risposto
«ma del potere della
macchina»15.
____________________
1Cfr.aquestoriguardoiltestodi
riferimentodiGebhard
Kirchgässner,Homoœconomicus,
Mohr,Tübingen1991.Affascinanti
repertidiinventivaletterariasono
presentatiinLaurenzVolkmann,
Homoœconomicus.Studienzur
Modellierungeinesneues
Menschenbildesinderenglischen
LiteraturvomMittelalterbiszum
18.Jahrhundert,Universitätsverlag
Winter,Heidelberg2003.La
bibliografiaèsterminata.Riguardo
all’epocapostrivoluzionaria,sono
fondamentalilelezionidiFoucault
del21e28marzo1979,raccoltenel
volumeNascitadellabiopolitica.
Latrasformazioneaoperadella
rationalchoicetheoryedellateoria
deigiochièstataesaminataafondo
daSonjaMichelleAmadae.
MachineDreams,diPhilip
Mirowski,raccontalametamorfosi
dell’Homoœconomicusinunagente
cheelaborainformazioniechenon
puòpiùesseredistintodal
computer.Ècaldamente
raccomandabilelaletturadel
magistralecapolavoroindue
volumidiJohnB.Davis,The
TheoryoftheIndividualin
EconomicsIdentityandValue
(Routledge,London2003)e
IndividualsandIdentityin
Economics(CambridgeUniversity
Press,Cambridge2011),unlavoro
chedischiudeunanuova
prospettiva.Gliultimiquattrostudi
appenacitatiaffrontanolaquestione
chestaallabaseanchediquesto
libro,cioèfinoachepuntoil
“modello”nonfacciainverità,
riguardoall’identitàe
all’individualitàdell’Homosapiens,
affermazionichenell’èradigitale
espongonoquesteultimealrischio
diestinzione.
2Cfr.AxelHonneth,DasRechtder
Freiheit,SuhrkampVerlag,
FrankfurtamMain2011,pp.32332(incorsodistampapresso
Codiceedizioni).
3LynnA.Stout,TakingConscience
Seriously,inPaulJ.Zak(acuradi),
MoralMarkets:TheCriticalRoleof
ValuesintheEconomy,Princeton
UniversityPress,Princeton2008,
pp.157-172.Cfr.anche,riccodi
aneddotipersonali,Id.,Cultivating
Conscience:HowGoodLawsMake
GoodPeople,PrincetonUniversity
Press,Princeton2011.
4Recentemente,oltreaJohnDavis,
peresempioBenFine,Social
CapitalversusSocialTheory:
PoliticalEconomyandSocial
ScienceattheTurnofthe
Millennium,Routledge,London
2001;MichaelSandel,Quellochei
soldinonpossonocomprare.Ilimiti
moralidelmercato,Feltrinelli,
Milano2013(ed.orig.WhatMoney
Can’tBuy:TheMoralLimitsof
Markets,Farrar,StrausandGiroux,
NewYork2012).
5Cfr.MilonakiseFine,From
EconomicsImperialismto
Freakonomics,cit.,pp.20-22.
6MichelFoucault,Nascitadella
biopolitica.CorsoalCollègede
France(1978-1979),Feltrinelli,
Milano2005,p.220(ed.orig.
Naissancedelabiopolitique.Cours
auCollègedeFrance(1978-1979),
Gallimard,Paris2004,p.274).
7Davis,TheTheoryoftheIndividual
inEconomicsIdentityandValue,
cit.,p.89.
8Jean-PierreDupuy,CyberneticsIs
anAntihumanism:Advanced
TechnologiesandtheRebellion
AgainsttheHumanCondition,
disponibileall’indirizzo
http://www.metanexus.net/essay/hcyberneticsantihumanismadvanced-technologies-andrebellionagainst-human-condition.
9Davis,TheTheoryoftheIndividual
inEconomicsIdentityandValue,
cit.,p.89.
10Ibid.
11
MilonakiseFine,FromEconomics
ImperialismtoFreakonomics,cit.,
p.20.
12RingrazioEvgenijMorozovperle
prezioseindicazioni.
13HendrikHertzberg,Comment:
TuesdayandAfter,in“New
Yorker”,24settembre2001,p.27.
14Lagigantescastazionedabattaglia
spazialedelfilmGuerrestellari,
realizzatadall’imperogalatticoallo
scopodirafforzareilsuoregimedel
terrore.[N.d.T.]
15AndrewRossSorkin,Toobigto
fail.Ilcrollo,DeAgostini,Novara
2011,p.301(ed.orig.TooBigto
Fail:InsidetheBattletoSaveWall
Street,ThePenguinPress,London
2010).
Capitolo3
Profezia
Veroèciòacuicrediamo
Il 1989 ha significato molto
più
di
quello
che
immaginavamo allora. Come
uno dei maestri della teoria
dei giochi aveva affermato
con
compiacimento,
l’umanità, uscendo dal
freddo, aveva portato con sé
«cervelli più grandi, che
eranoilrisultatodiunacorsa
agli armamenti all’interno
della nostra specie e
costruivano
calcolatori
intelligentisemprepiùgrandi
e sempre più perfezionati, al
solo scopo di imbrogliare gli
altri»1. Non smisero di
pensare solo perché la
minaccia per la quale erano
stati
creati
sembrava
scomparsa.
Negli anni cinquanta la
strada per raggiungere quel
traguardo era ancora lunga;
mancavano le tecnologie. Al
loro posto c’erano la
matematica astratta o la
filosofia stravagante, come
quella di Ayn Rand, la
filosofa americana che aveva
giàinsegnatoalgiovaneAlan
Greenspan
l’egoismo
assoluto. Allora si poteva
esserne catturati o trovarle
respingenti.
In ogni caso, si era liberi di
scegliere.
Finché, un bel giorno, la
calcolatrice tascabile e poi il
PC sono diventati utensili
quotidiani e hanno cambiato
tutto. In un mondo di carta,
matita e regolo è impossibile
applicare
una
formula
complessa alla valutazione
delprossimonellavitaditutti
i giorni. Il calcolo dura
semplicemente troppo e
quando alla fine si ottiene il
risultato, l’occasione è da
tempo sfumata per sempre.
Solo nel momento in cui,
grazie
a
computer
interconnessi, è possibile
stimare immediatamente, in
tempo
reale,
mediante
formule, ogni transazione,
ogni comportamento umano,
leBorseeallafinepartidella
realtà politica e sociale si
trasformano.
Fin dall’inizio il modello di
pensieroegoistaeralospirito
della macchina, ma da
principio, negli anni ottanta,
con discrezione e in modo
non appariscente. I mercati
finanziari non erano ancora
così
estesi
e
molti
programmatori della prima
ora credevano più nella
comunità che nell’egoismo,
quindi si sperimentarono
algoritmi cooperativi che
dovevano
semplicemente
riunirelepersone.
Nei primi anni novanta
furono
programmate
innumerevoli versioni di un
sostituto dell’uomo nello
spazio digitale. Alcune erano
disinteressate e conclusero
immediatamente
compromessi,
altre
svilupparono propri sistemi
valoriali. Era il tempo degli
esperimentiedeitentativi2.
Unadiquesteversioni,però,
sopravvisse a tutte le altre.
Pensata sulla carta come
un’ipotesisulcomportamento
umano, venne codificata in
calcolatori dotati di istinti
darwiniani di sopravvivenza
duri come l’acciaio. Oggi
nessuno riesce a sottrarsi a
questo “agente economico” e
nessuno è immune dalla sua
influenza.
Il sociologo Michel Callon
dice che è la macchina
dell’indottrinamento
del
capitalismo
dell’informazione. La teoria
«si basa sull’idea che gli
agenti sono egoisti […] Per
prevedere il comportamento
degli agenti economici nella
teoria economica non è
necessariochequestaideasia
del tutto vera; basta solo che
tutticicredano»3.
Siamo entrati ormai da
tempo nell’èra delle profezie
che si autoavverano. Forse
possiamo convivere con il
fatto che i social network o i
motori di ricerca ci
conoscanocosìbenedadarci
soltanto le informazioni che
ci attendiamo. E forse anche
con il fatto che ormai
parliamo solo con gente che
lapensacomenoi.
Ma alla lunga come si può
rimanere immuni da danni
interiori in una società che
parte dal presupposto che
ogni uomo sia razionale se
agisce per il proprio
tornaconto? «Il sopruso più
grave che molti manipolatori
commettono»
scriveva
perspicacemente
Vance
Packard negli anni cinquanta
«è a mio avviso, il tentativo
di insinuarsi nell’intimità
della mente umana. È questo
dirittoall’intimitàdellamente
–ildirittodiessere,apiacere,
razionali o irrazionali – che,
iocredo,abbiamoildoveredi
difendere»4.
Cosaavrebbedetto,seavesse
saputo che, nel ventunesimo
secolo,unsistemacomplesso
e interamente automatizzato
avrebbestabilitopernoicosa
èrazionaleecosanonloè?
E che giusto cinquant’anni
dopo i governi e interi Stati
avrebbero
cercato
disperatamente di influenzare
le decisioni finanziarie e le
conclusionicuieragiuntauna
quantità
sterminata
di
programmi informatici di
intelligenza artificiale, che
probabilmente da tempo
erano in comunicazione tra
loro in un modo per noi
incomprensibile e da noi non
voluto, e costantemente
impegnati ad analizzare i
pensieridiinterepopolazioni,
per trarre profitto dalle
decisioniedalledeliberazioni
dei governi? Oppure che in
scritti politicamente influenti
cisisarebbeespressiafavore
di una nuova ragion di Stato
americana e internazionale,
nella quale viene configurato
unnessofralanecessitàdelle
tecnologie di previsione del
comportamento, le droghe
dellaveritàelatortura?
Forse
Vance
Packard
avrebbe detto che è solo
l’inizio.Infondo,èstatoluia
preannunciare l’epoca dei
«mostriartificiali»5.
____________________
1PhilipMirowski,MachineDreams:
EconomicsBecomesaCyborg
Science,CambridgeUniversity
Press,Cambridge2002,p.505.
2Questatradizioneèancoravivanei
gruppidihackere,inparte,in
sistemicomeWikipedia.
3DonaldMacKenzie(acuradi),Do
EconomistsMakeMarkets?Onthe
PerformativityofEconomics,
PrincetonUniversityPress,
Princeton2008,p.322.
4VancePackard,Ipersuasoriocculti,
Einaudi,Torino2011,pp.249-50
(ed.orig.TheHiddenPersuaders,
IgPublishing,Opa-Locka2007,p.
239).
5Ivi,p.241.
Capitolo4
Mostri
Tuttiagisconorazionalmente
eall’improvvisocompaiono
cosetremende
Ovunque vengono avvistati
mostri. E dai tempi degli
alchimisti sappiamo che
compaionosemprequandotra
il mondo socializzato e la
natura si aprono fratture.
Vengono fuori da questi
abissi.
Ognisocietàcercadivendere
lapropriarealtàsocialecome
se fosse legge, sia essa la
legge
“divina”
dell’assolutismo
oppure
quella
scientifica
dell’Illuminismo. E se il
mutamento sociale non è più
comprensibile in base a
queste leggi senza che due
più due faccia cinque; e se
poigliuomini,chenonsanno
abbandonare il sistema
logico,hannolasensazionedi
impazzire, allora le paure si
incarnanoinmostri.
Vanno e vengono. All’inizio
del ventunesimo secolo
popolanolearti,soprattuttola
letteratura, poi si mescolano
al corteo trionfale dei
totalitarismi, nello Stato e
nella politica, e ora fanno
capolino
nei
mercati
finanziari.
Tra i molti avvistamenti di
quel «mostro» che, come ha
scritto “Newsweek” il 6
ottobre 2008, «ha divorato
Wall Street», cito solo i
quattro
segnalati
dagli
osservatori più obiettivi e
perciòpiùcredibili.
Il premio Nobel per
l’economia Joseph Stiglitz
parla dei «laboratori di
Frankenstein di Wall Street»:
«NelMedioevo,glialchimisti
cercavano di trasformare i
metalliviliinoro.L’alchimia
moderna ha cercato di
trasformare rischiosi mutui
subprime in prodotti con
rating AAA, talmente sicuri
da poter essere acquistati dai
fondipensione[…]Insomma,
le banche si sono messe a
giocare
d’azzardo
direttamente»1.
«I
mercati
finanziari
internazionali
si
sono
trasformati in un mostro», è
stata l’ultima affermazione
rilevante del presidente
federale
tedesco
Horst
Köhler,uneconomista,prima
didareledimissioni.
Lo storico della scienza
George Dyson, che conosce
la storia dell’intelligenza
artificiale come nessun altro,
descrive i disastri attuali
come lo scatenamento di una
creatura artificiale: «È come
quando ci si chiede cosa
potrebbe accadere se si
producesse DNA artificiale:
se fossero generate queste
creature
numeriche
autoreplicanti,sarebbelafine
del mondo come lo
conosciamo?Maoraviviamo
in un mondo nel quale esse
sono state effettivamente
generate, un mondo sempre
più spesso gestito da un
codiceautoreplicante»2.
EinfineilsociologoManuel
Castells,padrespiritualedella
“società in rete”, scrive:
«Abbiamo creato nel cuore
delle nostre economie un
automa che è deciso a
determinare le nostre vite.
L’incubodell’umanità,chele
macchine
assumano
il
controllo del nostro mondo,
sembra ora divenire realtà –
non nella forma di robot che
distruggono mestieri o di
governi che sorvegliano le
nostrevite,mainquelladiun
sistema
elettronico
di
transazionifinanziarie»3.
Sono parole forti, e dopo il
2008 tutti si sono chiesti
ansiosamentecomeavrebbero
reagito gli economisti di
professione al disastro delle
loro prognosi sbagliate. La
perdita totale del controllo in
un sistema che fino a non
molto tempo prima, usando
“Great Moderation” come
parola chiave, era stato fatto
passare per stabile quanto il
Vaticano e razionale come
Mr Spock, è naturalmente
ancorapeggiodellaperditadi
controllo in un contesto
comunquefragile.
Tutto, letteralmente tutto ciò
che ha scatenato la crisi
iniziata con il fallimento
Lehman e sfociata nella crisi
dell’euro è stato concepito
come una strategia di
schivamento del rischio.
Tutto si basava sulla
convinzione che il grande
automa dei mercati finanziari
fosse stato alimentato con i
migliori modelli matematici
dell’uomo e dei mercati per
scongiurarequalsiasi“fusione
del nocciolo”, qualsiasi
“sterminio di massa” e
qualunquemostro.Epoichéi
conti non tornavano, in
seguito si ritenne che
qualcuno, e non solo nel
Congresso
americano,
avrebbe dovuto rispondere a
qualchedomanda4.
Come nel frattempo è stato
scrupolosamente dimostrato
anche
da
economisti
autocritici, quelle domande
non hanno mai ricevuto
risposta. E tutto lascia
supporre che, dopo un
nanosecondo di terrore, il
sistema sia diventato ancora
piùchiuso5.
Si sottovaluta la crisi se si
pensa che il problema fosse
soltanto il presidente di una
banca d’emissione di nome
Alan Greenspan o una
filosofa di nome Ayn Rand,
che allora come oggi predica
l’egoismo in libri che
riscuotono più successo della
Bibbia;ilproblemanonsono
nemmeno in primo luogo
economisti come Friedrich
Hayek o il capo di Lehman,
oppure
“l’avidità”
e
“l’egoismo”dastigmatizzare.
Perfino
economisti
ultraortodossi dell’università
di Chicago, i cosiddetti
neoclassici, così come i
neoliberisti, non si fanno
rubare la scena da nessuno
nella condanna morale dei
protagonisti.
Sitrattapiuttostodichiedersi
se
la
dottrina
dell’autointeresse razionale,
cioè
dell’egoismo
ragionevole,nonsiasulpunto
digenerarefolliapura.
Duranteunconfrontoserrato
tra il deputato Henry
Waxman e l’ex presidente
della Federal Reserve Alan
Greenspan
davanti
al
Congresso americano, il
deputatodemocraticochiese:
«Non le sembra che la sua
ideologia l’abbia indotta a
prendere decisioni che non
vorrebbeaverpreso?».
«Peresisterec’èbisognodi
un’ideologia»
rispose
Greenspan.«Laquestioneè
se essa sia giusta o no. E
oggi le dico: Sì, ho trovato
unerrore».
«Ha scoperto un errore
nella
realtà?»
chiese
Waxmandirimando.
«Unerrorepercosìdirenel
modello che definisce in
modo risolutivo come
funzionailmondo»6.
Quasi nessuno si è accorto
che Greenspan parlava di un
mostro. Non si riferiva
soltantoaqualcheerrorenella
politicadeitassid’interessee
nellaregolamentazione.Inun
momento di grande lucidità,
come ricostruito in seguito
dal giornalista americano
Scott Patterson, aveva messo
indiscussionenonsoltantola
razionalità di un sistema il
quale affermava che gli
interessi
utilitaristici
dell’«agente
economico
(trader, prestatori di denaro,
proprietari
di
case,
consumatori ecc.) avrebbero
creato il migliore dei mondi
possibili». Abiurò – per lo
meno nel momento più buio
della sua carriera – anche la
fede nella possibilità di
costruire una «macchina del
mercato efficiente», se i
calcoli del computer sono
basati
esclusivamente
sull’egoismodelsingolo7.
Per capire, non occorre
essere
un
matematico.
Ognuno può constatare che i
modellifondatisulmercatoe
sull’Ego
mutano
in
autocontraddizioni
permanenti, che richiedono
alle persone comportamenti
“razionali” obiettivamente
folli.
Che differenza c’è, per fare
un
esempio,
tra
il
suggerimento di rintanarsi
sotto un tavolo in caso di
attacco atomico, che gli
spettatori potevano vedere
proiettatosulloschermodiun
cinema negli anni cinquanta,
e il consiglio di provvedere
finanziariamente alla propria
vecchiaia in mercati che
annientano proprio queste
misureprevidenziali?
E così eccoci ritornati agli
anni cinquanta, quando una
situazione
oggettivamente
irrazionale – come ci si può
rapportare razionalmente con
l’oggettivafolliadiunattacco
atomico?–avevaportatoalla
produzione di massa di un
nuovo
genere
cinematografico.
____________________
1JosephStiglitz,Bancarotta.
L’economiaglobaleincaduta
libera,Einaudi,Torino2010,p.8
(ed.orig.Freefall:America,Free
Markets,andtheSinkingofthe
WorldEconomy,W.W.Norton&
Company,NewYork2010,p.9).
2GeorgeDyson,AUniverseofSelfReplicatingCode,disponibile
all'indirizzo
http://www.edge.org/conversation/auniverse-of-self-replicating-code.
3ManuelCastells,Information
TechnologyandGlobalCapitalism,
inAnthonyGiddenseWillHutton
(acuradi),OnTheEdge:Living
withGlobalCapitalism,Vintage
Digital,London2012,p.56.
4Ilmaterialedocumentariopiù
esaurienteeistruttivositrovaonline
nelladocumentazionedellesedute
delSenatoamericano,disponibile
all’indirizzo
http://www.hsgac.senate.gov.
5RingrazioPhilipMirowskiper
avermipermessodiprendere
anticipatamentevisionedelsuo
libroNeverletaSeriousCrisisgo
Waste,Verso,London-NewYork
2013.
6ScottPatterson,TheQuants:Howa
SmallBandofMathsWizardsTook
OverWallStreetandNearly
DestroyedIt,CornerstoneDigital,
NewYork2012,p.263.
7Ibid.
Capitolo5
Script
“Sperochefunzioni”,lacrisi
comefilm
Un errore di sistema delle
dimensioni di quello con il
qualeabbiamooggiachefare
dovrebbe avviare una grande
revisione.
«L’intero edificio scientifico
è crollato», aveva detto Alan
Greenspan di fronte al
Congresso
americano1.
Eppure, il film di Charles
FergusonInsideJobmostrava
la totale indifferenza degli
interessati.
Nessuna
autocritica,nessundubbio.Fu
il documentario più brillante
sul crollo; Ferguson ricevette
un Oscar e il mondo si
tranquillizzò al pensiero che
la società, per rispetto di se
stessa,avevachiamatolecose
con il loro nome. I
documentari sono una cosa;
piùinteressanteèperòilfilm
che scorre davanti all’occhio
interiore
dell’opinione
pubblica. Questa narrazione,
costituita di tutto ciò che si
dice nei giornali, in rete, nei
talk-show, nei parlamenti e
nei tribunali, soddisfa tutti i
requisiti di un film horror o
catastrofico.
Più ancora, corrisponde
esattamente a quei disaster
movies che negli anni
cinquanta erano proliferati a
Hollywood e in Giappone in
un contesto segnato dal
terrore per la bomba atomica
eche,comeselafantasianon
avessealcunaltropuntofisso,
vive di mostri. È la replica
esatta della storia dello
scienziato irresponsabile che
hacreatounmostro.
Tutti i ruoli del film
catastrofico dell’attuale crisi
finanziaria sono assegnati e
coloro che raccontano la
trama–queitrader,banchieri
e politici che parlavano sul
dittafono
ai
giornalisti
americani –, non hanno
dimenticato il loro ruolo di
eroi cinematografici. Diamo
un’occhiata
alla
sceneggiatura, dal punto di
vistadeglistessiprotagonisti.
Primo:ilmostro.
Nonèpossibilestabiliresesi
tratti di un artefatto, di una
cosa – il computer, il
“sistema” – o dell’uomo
stesso. Entrambe le varianti
vengono proposte, tutt’e due
risalgono al diciannovesimo
secolo, quando Mary Shelley
scrisse il suo Frankenstein, a
sua volta costantemente
scambiato per il mostro che
avevacreato.
Quindi gli uni descrivono il
mostro come il risultato di
formule,
elettricità,
di
hardwareesoftwaresottrattisi
alcontrolloumano.
Per gli altri il mostro non è
un programma per computer
in preda a furia omicida, ma
l’esito
della
deregolamentazione,
dell’avidità e dell’egoismo.
Avidità I: alcune persone si
erano comprate case che non
potevano permettersi e sulle
case che non erano ancora di
loroproprietàavevanoacceso
ulteriori mutui. Avidità II:
colorocheleavevanospintea
farlo,concedendoildenaroin
prestito, avevano realizzato
sulle lettere di credito – i
derivati – un grande,
disonesto
affare,
che
includeva nel calcolo non
soltantolasolvibilitàdeiloro
clienti, ma anche fino a
quando i pignoramenti e le
vendite all’asta avrebbero
differito la perdita completa
deiloromutuisubprime.
Ma Alan Greenspan fornì
dinnanzi
al
Congresso
americano
una
terza
spiegazione. Il mostro, disse,
sarebbe il risultato di una
mutazione, ma era stato
partorito dalle «migliori
conoscenze» di matematici e
premi Nobel e dai «grandi
progressi nella tecnologia
informatica».
Allora, nell’indignazione e
nell’allarme generale, non si
prestò sufficiente attenzione
al fatto che, per la prima
volta,unacrisiglobaleveniva
spiegata con la comparsa del
cyborg, cioè di un ibrido
uomo-macchina.
Il mostro – come esige
l’economia della tensione
nelleprimescenediognifilm
dell’orrore – in un primo
momento è invisibile; poi
assumelefattezzediBernard
Madoff. L’altra forma di
questoessere,lamacchina,la
cosa, viene rappresentata
volentieri mediante serie di
numeri verdi tremolanti che
sfrecciano sugli schermi.
L’antropologaCaitlinZaloom
avevaosservatocomelecifre
che
cambiavano
incessantemente
sugli
schermi provocassero una
trasmutazione.
I numeri, che sono il mezzo
di
comunicazione
più
rigorosoeincontestabileedai
quali vengono ricavate le
leggidinatura,nonservivano
più
a
prevedere
il
comportamento
di
un
mercato, ma soltanto alla sua
interpretazione2.
Un concetto concorrente –
utilizzatoprimadiFukushima
–, che aveva riscosso
successo soprattutto negli
ambienti bancari, generò
confusione: quello di fusione
del nocciolo. Prevedeva
l’amputazione
della
componente umana del
mostro e spiegava l’accaduto
come una pura e semplice
catastrofe naturale. Fusione
del nocciolo. Un’espressione
mutuata dalla fisica, con la
quale però si intendeva in
realtà un mostro statistico: il
più grande incidente che si
potesseimmaginare,manello
stesso
tempo
il
più
improbabile.
Già negli anni novanta due
autori (uno di loro coinventore della strategia di
tuteladelvalore,conlaquale
si possono assicurare contro
le perdite i propri titoli
azionari) avevano dimostrato
matematicamentecheilcrollo
delleazionidel1987nonera
avvenuto perché non poteva
essere avvenuto: «Anche se
fossimo vissuti per tutti i
venti miliardi di anni da
quando esiste l’universo […]
la probabilità che un simile
crollo delle quotazioni si
verificasse anche solo una
volta
sarebbe
stata
letteralmente qualcosa di
impossibile»3.
L’idea che queste parole
esprimono con il linguaggio
della fisica è in realtà
un’antichissima componente
della teratologia, cioè dello
studio delle mostruosità: un
mostro è qualcosa di
impossibile, e proprio per
questoèunmostro.
Secondo: gli scienziati pazzi,
“MadScientists”.
Nonèchiaro–comenelcaso
deldottorFrankenstein–sei
mostrinonsianoproprioloro.
Non
indossano
camici
bianchi, ma jeans strappati e
Converse; non maneggiano
provette, bensì apparecchi
elettronici
e
formule
matematiche, e non si
chiamano dottor Stranamore,
maquants4.
Come
nell’immaginario
hollywoodiano,chelicolloca
in bunker sotterranei, in
interratioalpolonord,questi
scienziati
lavorano
di
nascosto.Alungolaloropura
e semplice esistenza è stata
tenutasegreta,comenelcaso
del PDT, il Process Driven
Trading, la potente divisione
fondi speculativi di MorganStanley, di cui i collaboratori
di quella stessa banca non
avevanomaisaputonulla.
Il giornalista Scott Patterson
ha successivamente riferito
che, ancora nei primi anni
duemila, quando i bancari in
giacca e cravatta di Morgan
Stanley si imbattevano per
caso in ascensore in uno di
questi “stregoni”, erano del
tuttoignaridellacosa.
«Che diavolo fate qui di
preciso?». A domande di
questo genere i membri del
PDT
rispondevano
evasivamente e stringendosi
nelle spalle: «Noi facciamo
roba tecnica, cose con il
computer.
“Roba
da
quant”»5.
Terzo:ikillerdeimostri.
La comparsa dei mostri crea
unmercatopergliuccisoridi
draghi, per lo più giovani
uomini con spiccate fantasie
maschiliste in ambienti
favorevoli alla produzione di
testosterone.Sonoglieroidel
nostro film interiore sulla
crisi economica, per lo meno
loro si vedono così. I trader
sonocolorocheraccontanola
storia dalle viscere della
grande macchina Lehman e
AIG6. Fra tutti i personaggi
del nostro film sono forse
davverogliunicichepossano
sostenere il ruolo degli eroi
hollywoodiani o delle figure
con cui identificarsi, dal
momento che stanno chiusi
nelle loro stanze davanti agli
stessi
computer
che
utilizziamo anche noi e
simulano la vita moderna
come una lotta per la
sopravvivenza.
In un certo modo sono i
primi esemplari non militari
di una società digitalizzata
che, nel loro completo
isolamento, non vedono più
l’uomo con il quale
“operano”. “Operano” su
fronti informatici e non sono
mossi dal profitto morale,
bensìdaquelloeconomico.Il
lorocompitoconsistenelfare
quello che fanno, per
esempio, anche i mercenari e
Terminator: “assorbono il
rischio”, e poiché non c’è
alcun rischio (diminuzione
deitassidiinteresse,uragani,
esplosioni
di
centrali
atomiche) che non sia stato
assicuratoocalcolatodailoro
committenti, combattono su
tuttiifronti.
Moralmente non sono esenti
da ambiguità. Questi HeMen7
ben
addestrati
cambiano fronte spesso e
volentieri.
Uno degli stratagemmi
preferiti
durante
il
combattimento si chiama
Tobashi, nome derivato dalla
parolagiapponesetobasu,che
significa pressappoco “far
volare via qualcosa”. In base
al sistema Tobashi, i debiti
degli Stati o delle imprese
devono “volare via”, cioè
“diventare invisibili” con
l’ausilio
dei
prodotti
finanziari. Nel 2008 questi
trader furono massicciamente
coinvolti in un’operazione
grazie alla quale la Grecia
venne liberata dei suoi debiti
con l’aiuto di derivati nei
quali Goldman Sachs li
faceva letteralmente sparire
davantiagliocchidelmondo.
Questo trucco fruttò alla
banca d’investimento circa
trecento milioni di dollari e
allaGreciaunalleggerimento
degli interessi dell’1 per
cento. Poiché quelli di
Goldman Sachs sapevano
benissimocosaavevanofatto,
utilizzarono
le
loro
conoscenze per attaccare di
nuovo la Grecia poco tempo
dopo8.
Davanti ai mondi riflessi
nello schermo del computer,
questo tipo di trader si sente
l’eroediunfilmcatastrofico.
Secondo un vecchio detto, i
mostri vengono da sé o
qualcuno ce li porta. Così
comeinAliendiRidleyScott
Ellen Ripley analizza, uccide
e crea il mostro, i computertrader
interpretano,
si
assumonoeassorbonoirischi
invisibili che sorgono nelle
istituzioni moderne. Caitlin
Zaloomparagonailmomento
nel quale i suoi colleghi
trader si espongono al
massimo pericolo a certi
attimidell’alpinismoestremo:
unincontro«conilveroIo»9.
Tuttavia non è affatto chiaro
se creino o uccidano il
mostro. Gli uni fanno una
cosa, gli altri l’altra. In ogni
caso, come il supereroe, lo
fanno nel nome del proprio
profitto, solo che la loro
ricompensa non è più di
natura
morale,
bensì
economica; e in caso di
insuccessomuoiono.
Caitlin Zaloom cita i suoi
istruttori: «Se i soldi non ci
sonopiù,noncisonopiù,ma
mi creda, ci si sente morti.
Bisognaprovare»10.
Proprio da questo ambiente
venivano anche quei trader
monsterkiller che nel 2008
hanno quasi annientato il
sistema delle banche di
investimento scommettendo
con successo contro di esso.
Con vendite allo scoperto
avevano
iniettato
nelle
banche di investimento
l’antidoto,provocandonecosì
larovina–elapropriaascesa
verso
una
ricchezza
astronomica.
Uno dei trionfatori è Steve
Eisman. «Era come se
nutrissimoilmostro»ammise
in seguito. «Abbiamo nutrito
il mostro fino a quando è
scoppiato»11.
Loscript.
Questi,dunque,ipersonaggi.
I dialoghi del nostro film
consistono finora degli
innumerevoli
commenti,
analisiescongiurisullacrisie
sullasocietà.
Eancheseigiornalistifanno
come se fosse la cosa più
normalediquestomondo,gli
esperti, i premi Nobel, i
politicieimediastessihanno
manifestatodivergenzeanche
radicali nella valutazione di
un
processo
tecnico
relativamente chiaro. I loro
dialoghi suonano come una
sorta di radiocomunicazione
frammentaria, che nei film
catastrofici induce sempre a
conclusionisbagliate:
«… non c’è nessuna
alternativa,passo…»
«…sefalliscel’eurofallisce
l’Europa,passoechiudo…»
Queste comunicazioni via
radio vengono trasmesse in
un contesto predeterminato
dallapolitica:
«… la crisi più grave dai
tempi
della
grande
depressione…»
«…l’interosistemasull’orlo
delcrollo…»
«…Armageddon».
Dopochelacancellieradella
RepubblicaFederaleTedesca,
al culmine della crisi della
Lehman, con una mossa da
film
(e
quasi
senza
precedenti) ebbe convocato
una serie di capiredattori per
esortarli a non cedere al
panico, la politica tedesca e
quella europea si trovarono
coinvolte in un volo fuori
controllo – come se una
stazioneterrestreultranervosa
(la politica) tentasse di
comunicare con un pilota
ultranervoso (i mercati)
superandounforterumoredi
fondo. E dinnanzi al pericolo
di un crollo dell’intero
sistema non è consentito a
nessunaCorteCostituzionale,
a nessun plebiscito e,
soprattutto,anessuna“parola
fuori luogo” di disturbare
ulteriormente
la
comunicazione.
Al rumore di fondo
contribuivano anche altri
soggetti: i parlamentari, i
quali tracciavano linee rosse
che avrebbero oltrepassato
l’indomani;imedia,comeper
esempioicorrispondentidelle
emittenti televisive, che
parlavano dei vertici di
Bruxellescomesesitrattasse
di una sceneggiatura («… è
stato stabilito»; «… non è
stato
stabilito…»);
i
giornalisti, gli esperti, i
dibattiti
che
ogni
quarantott’ore
offrivano
interpretazioni del tutto
contrastantil’unaconl’altrae
perfinoincontraddizionecon
sestesse.
A nessun europeo è sfuggito
il caos delle interpretazioni e
delle opinioni degli ultimi
anni, per il semplice motivo
che esso viene comunicato e
trasmesso con un grado
estremo
di
ripetizione
permanente, come se la mera
ripetizione servisse a chiarire
ifatti.Tuttoquesto,però,non
accadeperchéifattisonocosì
complessi, ma perché non
possono nemmeno essere
intesi–nelsensopiùletterale
della parola – acusticamente.
E, come è noto, in caso di
comunicazioneconfusaincui
èquestionedivitaodimorte,
ilpilotaelastazionediterra,
non potendo riunirsi per
discutere le cose da una
prospettiva diversa, ripetono
di continuo la stessa
informazione fino a quando
essa viene “riprodotta”, cioè
confermata.
Sta qui la differenza tra ciò
che è chiamato informazione
e quello che intendiamo con
sapere. Così come il copione
di un film si distingue dalla
realtà, le battute di un attore
si
distinguono
dalla
comunicazione
o
l’informazione del trader si
distingue dalla conoscenza
delmercato.
Questo modo di gestire
l’informazione corrisponde a
ciò che già agli albori del
computer veniva stabilito
dalla
cosiddetta
teoria
dell’informazione: i segnali
informativinondevonoavere
nessun significato, devono
solo essere trasmessi, ancora
eancora…
Chi oggi segue in tempo
reale la comunicazione di
mercato e legge gli
innumerevoli commenti e
analisi – che spesso si
ignorano reciprocamente e di
certo non imparano mai gli
unidaglialtri,nongiungendo
ad alcun risultato – può
riconoscere fino a che punto
tutto ciò sia diventato lo
script della nostra vita
quotidiana. In ultima analisi,
tutto si riduce a un sì, no,
esclusione, inclusione (per
esempio della Grecia) e alla
fine suona come previsto in
forma di parodia dal
neuroscienziato
Gerard:
Ralph
Unestraneovaaunafesta,
dove tutti si conoscono
bene fra loro. Uno dice
«72», e tutti si mettono a
ridere.Unaltrodice«29»e
tutti
i
presenti
sghignazzano. L’estraneo
chiede che cosa stia
succedendo. Il suo vicino
dice: «Abbiamo molte
barzellette e ce le siamo
raccontate così tante volte
che
adesso
usiamo
semplicementeunnumero».
L’ospite pensa di volerci
provare e, dopo qualche
parola, dice «63». La
reazione è fiacca. «Che
cosa c’è che non va, non è
unabarzelletta?».«Oh,sì,è
una delle nostre migliori in
assoluto, ma non l’hai
raccontatabene».12
Proprio in questo modo le
opinionipubblicheeuropeesi
scagliano
numeri
che
dovrebberodomareilmostro.
Tutti questi numeri non sono
altro che interpretazioni di
un’unica domanda: se una
società,unoStato,l’eurozona
sopravvivranno o no. È
praticamente
impossibile
stabilireunqualsiasinessotra
questi numeri e la propria
identità di cittadini. Non
appena vengono pronunciati,
c’è subito qualcuno che ride,
o perché afferma che non
bastino mai, o perché ritiene
che in tal modo non si
farebbe che alimentare
ulteriormenteilmostro.
Gli scienziati propongono
intanto
rimedi
fondamentalmente
contraddittoriementregliuni
ridono fragorosamente al
“63”,glialtritrovanochesia
un’insipida replica. Non
stiamoparlandosoltantodella
crisidiunsistemafinanziario,
ma di quella di un sistema
cognitivo che non è più in
grado di distinguere tra
informazione e conoscenza,
poiché tutto si è trasformato
in battute (o scene da
copione).
A metà degli anni sessanta
Susan Sontag aveva scritto
un’analisi dei film di
fantascienza,
horror
e
catastrofici della guerra
fredda.Inessaillustraquanto
le paure dei mostri siano
alimentate non soltanto dalla
pauradellabomba,maanche
dal
senso
di
spersonalizzazione–comese
la gente temesse di perdere
per sempre il suo Io
individuale
a
causa
dell’Invasione
degli
ultracorpi,
dell’Astronave
atomica
del
dottor
Quatermass, del Puppet
People o dei BrainEaters. Il
delitto dei mostri è «peggio
dell’assassinio. Essi non si
limitano a uccidere la
persona. La cancellano»13.
Era il presentimento di un
mondonelqualel’Iosarebbe
diventato una “scatola nera”,
definita soltanto in base alle
preferenze e in particolare –
Hollywood faceva le cose in
grande – alla preferenza di
tutte
le
preferenze:
sopravvivere.
Solo
mediante
la
dissimulazione, i trucchi, il
poker con l’irrazionalità
umana e grazie alla “magia
bianca” della scienza un
singolo eroe (comunque con
un esercito) è in grado di
salvareilmondo.
Nel suo saggio la Sontag
aveva identificato, all’interno
di dialoghi vuoti, anche la
frase che ricorre di continuo
nella lotta contro i mostri,
quando l’eroe, l’esercito o i
politici escogitano un piano
di difesa (una copertura, un
hedge).
Inevitabilmente,
sempre e ovunque, risuonano
parole come: “Spero che
funzioni”.
All’inizio
degli
anni
cinquanta un giornalista reso
euforico dalla nuova arma
intellettuale, la “teoria dei
giochi”, visitò il Pentagono.
Stava scrivendo un libro
intitolato Strategie per il
poker,ilbusinesselaguerra,
poiché aveva sentito che
l’esercito aveva trovato la
pietra filosofale di tali
strategie. Un sistema di
pensiero per l’èra atomica,
importante almeno quanto la
bomba
atomica:
«Nel
contesto spartano di un
ufficio del Pentagono un
giovane
scienziato
che
lavorava per l’Air Force
disse:“Speriamochefunzioni
così come nel 1942 abbiamo
sperato che funzionasse la
bombaatomica”»14.
Ha funzionato. Era la pietra
filosofale. Chi la possiede,
affermavano un tempo gli
alchimisti, può trasformare il
piombo in oro. Ma corre
anche rischi e causa effetti
collaterali. Infatti, senza che
nessunodavverolovolesse,o
anche solo lo immaginasse,
ora i mostri sono tornati nel
nostromondo.
____________________
1Patterson,TheQuants,cit.,p.263.
2Zaloom,OutofthePits,cit.,p.99.
3Patterson,TheQuants,cit.,p.53.
4Espertidell’analisiquantitativa,
ossiadell’applicazionedella
matematicaedellastatistica
all’economia.[N.d.T.]
5Patterson,TheQuants,cit.,p.162.
6AmericanInternationalGroup,una
grandesocietàdiassicurazioni
statunitenseconsedeaNewYork.
[N.d.T.]
7He-Man,“l’uomopiùforte
dell’universo”,èunpersonaggio
creatonel1981daun’azienda
statunitenseproduttricedigiocattoli
ediventatoinseguitoprotagonista
diunafortunataserieanimata,
MastersofUniverse.[N.d.T.]
8SatyajitDas,ExtremeMoney:
MastersoftheUniverseandthe
CultofRisk,FTPress,Upper
SaddleRiver2011,p.223.
9Zaloom,OutofthePits,cit.,p.109.
10Ivi,p.132.
11MichaelLewis,TheBigShort.Il
grandescoperto,RizzoliEtas,
Milano2011,p.267(ed.orig.The
BigShort:InsidetheDoomsday
Machine,ThePenguinPress,
London2011,p.323).
12JamesGleick,L’informazione.Una
storia.Unateoria.Undiluvio,
Feltrinelli,Milano2012,pp.228229(ed.orig.TheInformation:A
History,aTheory,aFlood,
PantheonBooks,NewYork2011,
p.235).
13SusanSontag,L’immaginedel
disastro,inId.,Contro
l’interpretazione,Mondadori,
Milano1998,p.230(ed.orig.The
ImaginationofDisaster,in.Id.,
AgainstInterpretation,Farrar,
StrausandGiroux,NewYork,
1966,p.221).
14CitatoinStevenBelletto,No
Accident,Comrade:Chanceand
DesigninColdWarAmerican
Narratives,OxfordUniversity
Press,Oxford2011,p.104.
Capitolo6
Ratio
Ognunodiventamanagerdel
proprioIo
Siamo in due. Ovunque
siamo, siamo in due. Potete
esserelapersonapiùsolitaria
del mondo, ma siete
comunqueindue.Sipossono
barricareleporte,chiuderele
finestre, ma Numero 2
riuscirà ancora a intrufolarsi
svelto. Numero 2 ci segue
come un’ombra e ci toglie il
sole. Numero 2 è il sole e
dice:“Guardacomesplendo”.
Numero 2 prende decisioni
per noi, fa affari, guarda nel
futuro,ciloda,cifaregalieci
punisce.
E
soprattutto:
Numero 2 scommette su di
noi, mettendo sempre più
spesso in gioco la nostra
esistenza.
Purtroppo,
comincia a diventare un
mostro.
È un ominide, un essere
antropomorfo.Numero2non
ènatocomemostro,macome
Homo
œconomicus,
un’ipotesi di essere umano
con la funzione di simulare
l’essere umano. Un essere
ideale, matematico, che ama
il gioco spietato. Su di lui si
può fare affidamento senza
problemi, ma è piuttosto
difficileviverciinsieme.
Lo hanno chiamato Double,
Dummy, l’agente economico,
ildoppiool’uomofalsificato.
In questo libro lo chiamiamo
Numero 2, poiché a un certo
momento ha cominciato a
pensareeadagirealpostodi
Numero 1, l’uomo vero e
proprio.
Nella versione con la quale
abbiamo a che fare oggi, è il
modello di un uomo che
agisce secondo una logica
puramente economica e
persegue il proprio utile nei
mercati in modo razionale,
ossiainpienacoerenzaconle
proprie regole. Una piccola
macchinaguidatadalpiacere,
per la quale conta soltanto la
realizzazione dei propri
desideri di consumo (le
“preferenze”) e alla quale
l’altruismo interessa, se mai,
solo in quanto torna
indirettamente a proprio
vantaggio. L’essere costruito
dagli
economisti
ha
preferenze trasparenti e
prevedibili – diffidenza ed
egoismo–,vienespintodalla
volontà di profitto e la sua
“verità” non conosce che il
prezzo. Numero 2 ha una
smania
irrefrenabile
di
informazioni che possono
procurargli un vantaggio nel
giocodellavita.
Quasi ogni uomo che non
volesse
combattere
o
desiderasseevitareunaguerra
atomica, fino alla fine della
guerrafreddapotevaignorare
Numero 2. Ecco perché
abbiamo
vissuto
tutti
spensieratamente per decenni
con Numero 2, spesso senza
neppure accorgerci della sua
presenza.
Com’è
stato
possibile?Fintantochelasua
formula concerneva mercati
predigitali e mondi fuori
moda, il suo campo d’azione
era limitato e gli uomini in
carne e ossa, specialmente
quelli del paese di Ludwig
Ehrard1, non dovettero
preoccuparsenemolto.
Gli economisti avevano
amabilmentechiamato“teoria
dei giochi” il sistema di
regole di Numero 2. Questa
teoria, così sintetizza il
giornalista americano Fred
Kaplan, «affermava che è un
comportamento irrazionale
vincerelaproprianatura,cioè
fareilmeglioperentrambele
parti, fidando nel fatto che
l’avversario faccia lo stesso.
In questo senso la teoria dei
giochi era il perfetto
fondamentointellettualedella
guerrafredda»2.
JohnvonNeumann,ungenio
universaledell’epoca,eilsuo
collega Oskar Morgenstern,
avevano pubblicato già nel
1944 il saggio Theory of
Games
and
Economic
Behaviour
(che
era
essenzialmente la versione
definitiva di un manoscritto
giàredattonel1928).Eppure
quella che era concepita di
fatto come teoria economica
trovò inizialmente ben scarsa
eco nella disciplina. Fu von
Neumann,
contemporaneamente
impegnato nello sviluppo
della bomba atomica e del
computer, a riconoscere
immediatamente
l’opportunità di verificare le
tesinelsistemamilitare3.
Nel giro di pochi anni, sotto
il tetto della RAND
Corporation,lateoriadivenne
uno strumento universale, da
impiegare per tutti i tipi di
problemi
decisionali
e
negoziali al centro dei quali
stava Numero 2, un essere
che era razionale perché in
tutto cercava sempre e
soltantoilproprioutile.
Selateoriadeigiochieralo
strumento di lavoro di
Numero 2, la teoria della
decisione
razionale
–
rational-choice-theory
–
sviluppatasi a partire dal
1951, in stretta connessione
conlateoriadeigiochi,erala
sua filosofia di vita. Per
quanto nel corso del tempo
venissero
escogitate
limitazioni
e
leggere
relativizzazioni all’egotrip di
Numero 2, in sostanza restò
valido
quanto
aveva
sintetizzato
uno
dei
protagonisti della RAND alla
fine degli anni cinquanta:
«Ogni volta che parliamo di
comportamento
razionale
intendiamo
fondamentalmente
il
comportamento razionale che
perseguescopiutilitaristici»4.
I “giochi” della teoria dei
giochieranopuramatematica
e, a partire dal 1953, furono
considerati segreti militari,
chelaseravenivanochiusiin
cassaforte da ricercatori
muniti di speciali nullaosta5.
Di fatto questi ricercatori
trattavano
il
conflitto
mondialecomeun“problema
di
ottimizzazione”
economica,chepotevaessere
risolto soltanto da un essere
addirittura
morbosamente
razionale;cioèdaquell’essere
che qui chiamiamo Numero
2.
La giornalista Sylvia Nasar,
nella sua biografia del
beautiful mind John Nash,
scrive:
La RAND brulicava di
uomini e donne convinti
che un modo di pensare
sistematico e la sua
quantificazione fossero la
chiave dei problemi più
complessi. I fatti, quanto
piùpossibilesganciatidalle
emozioni,dalleconvenzioni
e
dalle
opinioni
precostituite, governavano
tutto. Se la riduzione di
complicate
decisioni
politiche
e
militari,
compresalaproblematicadi
una guerra atomica, a
formule
matematiche
poteva contribuire alla
soluzione dei problemi,
allora questo metodo
doveva adattarsi anche alle
faccende
della
vita
quotidiana. Perciò gli
scienziati della RAND
cercarono di convincere le
loro mogli che la decisione
seacquistareunalavatriceo
meno rappresentava un
“problema
di
ottimizzazione”6.
Questi matematici della
RAND, sia nel loro
comportamento sociale sia
nella loro iper-razionalità,
corrispondevano esattamente
ai quants delle epoche
successive, cioè a quei
matematici e fisici che nelle
banche di investimento
facevano stime sui prodottikiller
della
tecnica
finanziaria.
Essi si occupavano di
questioniquali:comesitrova
lastrategiamigliorecontroun
antagonista che dispone del
nostro stesso potenziale
dissuasivo? Quando si deve
sparare, in un duello? Come
si stabilisce se l’altro ha
ancoraunapallottola?
EranotocheallaRAND–la
cui sede era a Santa Monica,
sul Pacifico – lavoravano
molti degli scienziati che
avevano partecipato allo
sviluppo
della
bomba
atomica, del radar e dei
missili a lunga gittata. Certo,
restarono
preclusi
all’opinione pubblica molti
intrecci e sviluppi strategici
secondari (anche la prassi
delle pubblicazioni della
RAND seguiva chiaramente
piani ispirati alla teoria dei
giochi, ossia qualcosa veniva
pubblicato
solo
perché
l’avversario pensasse che la
RANDpensava…),manoici
ricordiamo ancora bene del
telegiornale della sera, che ci
informava di iniziative
diplomatiche di disarmo,
minacce o riarmi sempre più
complessie,inultimaanalisi,
incomprensibili.
Per entrambe le parti –
scrive Kaplan – era
ragionevole non costruire
più bombe atomiche, ma
nessuna delle due poteva
fidarsiafirmareunaccordo
sul reciproco blocco degli
armamenti,
poiché
entrambe
dovevano
presupporrechel’altraparte
imbrogliasse, continuasse a
costruirearmievincesse.
In questo gioco la mente
forse più geniale e paranoide
era il matematico americano
John Nash, universalmente
conosciuto nel 2001 come
protagonista
del
film
drammatico A Beautiful
Mind, premiato con l’Oscar.
Fu lui a dimostrare, con una
logica
apparentemente
irrefutabile,cheilgiocodella
vita poteva essere giocato
razionalmente solo se ogni
giocatore era mosso dal
tornaconto assoluto e da una
profondissima sfiducia nella
controparte.
Nash aveva elaborato una
teoria dei giochi “non
cooperativi”. Vale a dire
giochi nei quali non si può
comunicare con il partner,
non ci si fida di lui, e nei
quali entrambi i competitori
anticipano con precisione
nellamenteciascunoilpiano
piùprobabiledell’altro.
Le mosse “più probabili”, –
ossia, nei termini dei teorici
dei giochi, “più razionali” –
altrui sono però sempre
quelleutilitaristiche.
Eraunaimmedesimazionedi
tipo molto particolare: ci si
doveva calare nell’egoismo
dell’altro per potersi giocare
meglio il proprio egoismo.
Nel sobrio linguaggio della
teoria: compiere la mossa
strategica di volta in volta
migliore in considerazione
della mossa migliore altrui, e
quindi creare una sorta di
equilibrio.
Era l’equilibrio di Nash, nel
frattempodiventatocelebre,e
non è altro che la formula
matematicasuscalamondiale
dell’egoismo coerente e
vincente. Come formula
matematicaècomplicata.Ma
non è necessario impararla.
Oggi si trova negli algoritmi
dei fondi di investimento in
Borsa, nelle piattaforme
d’asta, nei più complessi
algoritmi pubblicitari del
mondoeprobabilmenteanche
nelle reti sociali. È il grande
automadell’Egonelcuoredei
nostrisistemi.
Lo storico della scienza
Mirowski riassume così la
formulachegovernailnostro
mondo:
In questo modo ognuno
diventaunpiccoloagentee
tutti
cerchiamo
di
abbindolarci a vicenda – e
nell’equilibrio di Nash
stabiliamoleregoleinbase
alle quali intendiamo farlo.
Esso ritrae ciascuno di noi
come se fossimo tutti
computer algoritmici che
cercano di ingannarsi a
vicenda
[…]
Questa
visione, in base alla quale
ciascuno, affidandosi alla
propria
immaginazione,
manipola cinicamente altri
esseri umani in assenza
della minima traccia di
intelligenza sociale […], è
unritrattoabbastanzafedele
dell’agente
nel
neoliberismo.Inunaparola:
ogni persona viene ridotta
allo status di imprenditore
delproprioIo7.
Nella guerra fredda, quanto
più gli esperti di difesa
avevano successo con i loro
consigli,
quanto
più
efficacemente funzionavano
la dissuasione reciproca e la
pesanteritorsione–duedelle
parole d’ordine strategiche
della guerra fredda –, tanto
più questa logica riusciva ad
affermarsicomericettavalida
per qualsiasi tipo di
negoziazioneinterpersonale.
E quanto più malmessa si
presentava
l’Unione
Sovietica, tanto più le
questionimilitaridiventavano
appannaggiodell’economia.
I modelli non hanno nulla a
chefareconleprofessionidi
fede
umanistiche,
che
soprattutto
in
Europa
ponevano l’immagine della
personasolidaleecooperativa
alcentrodellaconcezionedel
cittadino.
Megliopresupporrechenella
società
moderna
ogni
giocatore valuti l’altro e
vogliasempremassimizzarei
propri profitti: “Se io penso
che lui pensa che io
penso…”,ecosìvia.Dunque,
il gioco fa esattamente ciò
che
Vance
Packard
considerava un tempo come
una minacciosa caratteristica
della
società
moderna:
ciascunononfachetentaredi
intrufolarsi nella testa altrui
per vincere una partita o, ciò
cheèlostesso,perfareaffari.
Ogni apparato militare, ogni
operatore di Borsa, ogni
algoritmo di Facebook cerca
di farlo – di conseguenza,
l’intero nostro mondo è
diventato
un
mondo
dell’intrufolarsi-nella-testaaltrui.
Unaseriediepisodisingolari
ha indotto autori come
Douglas Rushkoff e Philip
Mirowski a ritenere che
alcuni dei più importanti
precursori
della
nuova
razionalità mostrassero segni
di gravi disturbi mentali,
come la paranoia e la
schizofrenia. Nel caso di
Nash così accentuati che,
comescriveMirowski,sicreò
l’imbarazzante situazione per
cui il comitato del premio
Nobeldovettefaredituttoper
impedireaNashdicomparire
in pubblico8. Uno degli
aneddoti su Nash che si
sentono in giro, qui nella
versionediDonaldRushkoff,
aiuta effettivamente a capire
che differenza ci sia fra
applicare la teoria dei giochi
agli esseri umani o a
calcolatori:
Gli scienziati della RAND
testavano uno dei loro
giochi più importanti, il
“dilemma del prigioniero”,
con le segretarie che
lavoravano alla RAND,
creando tutti gli scenari
possibili nei quali le donne
potevano cooperare o
ingannarsi a vicenda.
Tuttavia, in ogni singolo
esperimento le segretarie
non sceglievano l’opzione
egoistica che i ricercatori
della RAND si erano
aspettati,
ma
la
cooperazione. Ciò non
dissuase John Nash [...]
dallo
sviluppare
successivamente per il
governo scenari di gioco
basati sulla paura e
sull’egoismo […] Nash
diede la colpa del
fallimentodegliesperimenti
alle segretarie. Secondo lui
erano soggetti deboli,
incapaci di seguire la
semplice ma fondamentale
regola per cui le loro
strategie dovevano essere
egoistiche9.
Oggi, in molti algoritmi che
fanno affari nei mercati
finanziarieinaltriluoghidel
bel
mondo
moderno,
l’equilibro di Nash è
codificato
come
il
compromesso possibile fra
due giocatori che pensano il
peggio l’uno dell’altro e non
comunicano(infatti,inBorsa,
non si conosce il compagno
digioco).
Nash è stato colui che ha
reso
applicabili
queste
strategie non più soltanto
all’apparato militare, ma a
tutte le forme di interazione
sociale. Soprattutto, però,
affermavano
i
suoi
ammiratori,
diventava
possibileprevedereilrisultato
praticamente di qualsiasi
strategia, di qualsiasi asta, di
qualsiasiaffarediBorsa.Uno
che ci si dedicò con il
massimo impegno fu il
microeconomista americano
Hal Varian nella sua
entusiastica recensione del
film A Beautiful Mind10.
Varian è oggi il capoeconomista di Google e ha
dato
un
contributo
fondamentale
alla
programmazione dei modelli
basati sulla teoria dei giochi
per Google Adwords, un
enormealgoritmoperaste.
Quella che oggi è chiamata
economia dell’informazione
non è affatto figlia del
presente, ma di un conflitto
mondialechehaimprigionato
lepotenzemondialiingiochi
mentali. Allora i cervelli
umani
e
artificiali
ipotizzavanotuttiimilionidi
scenari immaginabili, che
dovevano
manipolare,
ingannare,
confondere,
motivare,
spaventare,
paralizzare il nemico e
indurlo
a
compiere
determinate azioni. Oggi si
tratta di prevedere con i
modelli il comportamento di
compagnidigiocoegoisti.
CiòcheinAdwordsèancora
innocuo diventa pericoloso
nelle previsioni di Borsa o
comportamentali, applicate
dagli addetti alla sicurezza,
dalle reti sociali o dalle
“piovre dei dati”11 in base
agli stessi modelli. Dicono
qualcosa sulle persone reali?
Confermano l’egoismo come
moventegeneraledell’agireo
sono forse qualcosa di ben
più pericoloso: una sorta di
profeziachesiautoavvera?
Uno dei più importanti e dei
più profondi teorici dei
giochi,
l’economista
israelianoArielRubinstein,lo
contestava e lo contesta
tuttora.
«Non
riesco
assolutamente a spiegarmi
come
Varian
possa
immaginare
che
con
l’equilibriodiNashsiriescaa
prevedere
qualcosa»,
scriveva,
e
avvertiva:
«Numero2nondovrebbemai
esserescambiatoperlarealtà,
non si dovrebbe mai credere
chelateoriadeigiochipossa
fornire indicazioni per agire
nella vita reale. Essa non
descrive la realtà, offre
soltanto,
in
particolari
situazioni, l’opportunità di
analizzare una determinata
logica, non è “utile” per la
vita quotidiana, in nessun
sensopragmatico»12.
Ah,l’obiezioneèumana,ma
senza speranza. Numero 2 è
troppo efficiente. E lo si può
“computerizzare”. Aveva fin
dal principio una funzione
psicologica
da
non
sottovalutare. Rafforzava la
fiducia in se stessi. La
modernità – con Sigmund
Freud & Co. e con la
crescente
autocontraddittorietà morale
del sistema capitalistico –
aveva dissolto l’Io. La
risolutezza con la quale ora
veniva elevato a legge del
mondo il principio secondo
cuièrazionaleciòcheèutile
per sé, ha fatto di Numero 2
un’alternativa
benvenuta.
Dapprima, per qualche
tempo, nell’apparato militare
e poi, a partire dagli anni
novanta,traisuoisuccessori,
i“MastersoftheUniverse”di
WallStreet.
Il privilegio di indicare
l’attimo nel quale le piccole,
pericolose macchine pensanti
abbandonarono la sfera
militareesitrasferirononella
societàcivilefuriservatoaun
autore di fantascienza di
grandetalento.
Philip K. Dick (1928-1982),
il cui romanzo Lotteria dello
spazio, apparso negli anni
cinquanta, narra di uno Stato
costruito in base alle regole
della teoria dei giochi,
raccontanellaPrefazione:
Hocominciatoaoccuparmi
della teoria dei giochi del
matematico John von
Neumann dapprima per
interesse
puramente
intellettuale, come per il
giocodegliscacchi,poicon
l’impressione via via più
sgradevolecheessaandasse
assumendounruolosempre
piùimportantenellavitadel
nostro Stato. E benché
specialisti
di
ambiti
contigui–lamatematica,la
statistica, la sociologia e la
scienza economica –
sapessero
della
sua
esistenza, finora la teoria
dei giochi è poco nota e
poco pubblicata […] Oggi
la teoria dei giochi è una
componente
essenziale
della strategia degli Stati
Uniti
e
dell’Unione
Sovietica. Mentre scrivevo
questo libro von Neumann,
cofondatore del modello,
veniva chiamato a far parte
della Commissione per
l’energiaatomica13.
In ogni caso, come Dick
riconosceva correttamente, si
trattava
anzitutto
dell’economia della guerra
nell’èradellabombaatomica;
Nikita Krusciov aveva pur
semprefattosaperechelesue
fabbriche avrebbero prodotto
bombe atomiche «come
salami»14. Ma si trattava
anche, fin dall’inizio, di
economia in sé e per sé e
della
programmazione
dell’Homoœconomicus.
È sorprendente con quanta
indifferenzafuaccoltoilfatto
che questa formula di fisica
politica, importante per lo
menoquantolaformuladella
bomba atomica, venisse
trasferita con la massima
facilità dal settore militare
all’ambitodell’economia15.
Unmotivoful’affermazione,
in
ultima
analisi
indimostrabile, che la teoria
dei giochi avesse evitato la
guerra atomica e che chi
avesse vinto questa partita
mortale avrebbe potuto
vincerequalsiasipartita.
Un
altro
motivo
è
menzionato
da
Philip
Mirowski nel 2004, nel suo
eccellentetestodiriferimento
Machine Dreams. Una parte
considerevole degli scritti
accessibili al pubblico che si
occupavano di teoria dei
giochieratalvoltafuorviante.
Poteva accadere che un
autore pubblicasse testi nei
qualisostenevailcontrariodi
quanto aveva scritto nelle
relazioni militari segrete.
Robert Aumann, premio
Nobel per l’economia, ha in
seguito riferito che prima del
1989 erano noti soltanto
frammenti dei modelli in
questione e che la maggior
parte di essi era stata diffusa
tra gli scienziati solo
attraverso il passaparola16.
Tuttavia, specialmente nella
faseiniziale,quandoeranoin
giocobudgetefinanziamenti,
filtrarono
all’esterno
informazioni sufficienti a
renderelastrategiamisteriosa
eattraente.
Ed è ben comprensibile:
come modello teorico di
efficaciacircoscritta,Numero
2 ha senz’altro qualcosa da
offrire. Come strumento, la
teoriadeigiochipuòrisolvere
problemi di ripartizione: nel
caso – per citare due celebri
esempi – dei dormitori
studenteschiodeitrapiantidi
rene.
Il problema è però che la
teoria non si limita a
descrivere l’agire, ma lo
impone; non è solo
descrittiva,
ma
anche
normativa. Non si limita a
postulare gli egoisti, ma li
produce.Larazionalitàdicui
si fa portavoce non viene da
sé. In assenza di alternative,
costringe il partner alla
ragione. Non si forma la
convinzione che possa essere
nel
proprio
interesse
rinunciare a un possibile
profitto (o a una possibile
vittoria) in forza di qualche
codice morale, ma soltanto
per la paura della punizione.
Infatti, ai “tratti caratteriali”
diNumero2–l’egoismoela
massimizzazionedeiprofitti–
se ne aggiunge un terzo: la
pura e semplice paura. Essa
scaturisce da una logica
continuamenteapplicatanella
guerra
fredda:
il
comportamento
razionale
della controparte non deriva
da argomenti razionali, ma
dalle minacce e dalla paura
dell’annientamento.
Philip Mirowski ha descritto
con grande chiarezza questa
logica: «Gli esperti di difesa,
come per esempio Thomas
Schelling, spiegarono ai loro
committenticheè“razionale”
metterearischioogni[forma
di] vita sulla Terra per […]
mirare a un temporaneo
vantaggio politico su un
avversario […], che è
possibile far impazzire di
paura questo avversario per
renderlo
così
“più
razionale”»17. Naturalmente
la teoria dei giochi non era
tutto.Unastoriacheracconta
la nascita della nuova
razionalità
dovrebbe
richiamare anche le idee
behavioristiche di Skinner,
alle quali oggi le piattaforme
di Google e Facebook, a
quanto pare, si ispirano più
cheallateoriadeigiochi:“fa’
questo” e “ottieni questa
ricompensa”.
Molti decenni dopo, questa
razionalitàègiuntaall’interno
della società civile. Ora le
banche esperte di teoria dei
giochi minacciano, se non
verranno
“salvate”,
di
trascinare nel loro naufragio
l’interosistemafinanziario.Il
messaggio, nel quale le
responsabilità
morali
risultano sorprendentemente
rovesciate, dice “salvateci, è
nelvostrointeresse”.
Oggiladomandaseunpaese
come la Grecia debba uscire
dal sistema economico
dell’eurozona non può più
esserepostasenzaprefigurare
il crollo dell’intero sistema.
Oggi
le
banche
di
investimento e i fondi
speculativi suggeriscono ai
loro clienti di partecipare al
giocoediinvestirenellacrisi
del continente europeo, in
base a regole desunte dalla
teoriadeigiochi18.
La disintegrazione del
sistemasocio-economico,–
aveva
scritto
con
lungimiranza Philip K.
Dick, – era stata lenta,
graduale e profonda. Era
statatalmenteprofondache
le persone avevano perso
fiducia nelle stesse leggi
naturali. Niente era più
classificabile come certo o
immutabile; l’universo era
visto come un flusso
mutevole
e
incerto.
Nessunopotevasaperecosa
lo aspettasse né contare su
qualche certezza. In questo
contestoleprevisionibasate
sulla statistica divennero
molto popolari […] il
concetto fondamentale di
causa ed effetto era
scomparso. Le persone
avevano perso la speranza
di riuscire a controllare gli
eventi del loro mondo e
quello che rimaneva loro
era la probabilità. La
fortuna era l’unico fattore
importante in un universo
governatodalcaso19.
Si può fare cattivo uso non
solo delle tecnologie, ma
anche delle teorie. Forse
nessuno ha messo in guardia
tanto chiaramente dall’abuso
della propria teoria come
Ariel Rubinstein. Nelle sue
memorie
egli
riferisce
sconcertato come un modello
teorico utile, ma molto
limitato e in gran parte
accademico,stiapercambiare
il sistema di valori del
mondo. Esso avrebbe indotto
acoltivareeasfruttarecome
in una serra l’indubitabile
egoismodell’Ioumano.
Se si scambia il modello per
la realtà nascono i guai.
Come tutti i modelli che,
dopoilcontattoconlarealtà,
hanno
fatto
crollare
l’immagine del mondo di
Alan Greenspan. Rubinstein
scrive di credere da tempo
«chelostudiodellateoriadei
giochinonsiautileeanzisia
dannoso,
poiché
potenzialmente incoraggia
l’egoismo e la perfidia». E
anchequandounesperimento
condotto con gli studenti
mostra che non è sempre e
necessariamente così, egli
insiste:«Credocomunqueche
esista un effetto del
genere»20.
Esso trasforma gli uomini in
qualcosa che non sono. E
allorché ne hanno la
percezione intuitiva, si
rifiutano di ammettere di
agire secondo le regole di
Numero 2. Una volta
Rubinstein
cerca
di
contrattare un prezzo nel
bazar
di
Gerusalemme
Vecchia utilizzando la teoria
dei giochi. Si trasforma in
Numero
2.
Agisce
esattamentecomeprescrivela
teoria e si attende che le
previsioni
funzionino.
L’esperimento
è
una
catastrofe. Il commerciante
ponetermineallafallimentare
trattativa con queste parole:
«Da generazioni tiriamo sul
prezzo a modo nostro, e
adesso viene lei e vuole
cambiaretutto».ARubinstein
nonrimanepiùnulladafare:
«Menesonoandato,pienodi
vergogna»21.
Oggi noi siamo quel
commerciante di bazar. Uno
salta fuori dal nulla e vuole
costringerciadagireinbasea
regolenuove.Solochenonlo
possiamo mandare via. Nei
mercati automatizzati ci
costringe ad adottare la sua
logica. Anche quando non si
gioca si viene coinvolti: si è
tassati, quantificati, e tutto
quellochesidiceesifaviene
ridottoall’egotripuniversale.
Da tempo tutto ciò non vale
piùsoltantoperletransazioni
economiche, ma anche per la
comunicazione sociale, le
negoziazioni, le reti sociali, i
media, il bad karma delle
ondate di indignazione
digitale.
Comunque,
il
mondo
leggermente paranoide delle
insinuazioni, degli inganni,
della sfiducia reciproca negli
ultimi anni non si è fatto più
piccolo, ma è diventato una
sortadiormonedellacrescita
della
nuova
economia
dell’informazione–edituttii
suoi
strumenti
di
sorveglianza, monitoraggio e
analisi.
Perciò non si tratta di un
eccesso di pathos, quando
Castells dice che qualcosa è
stato“scatenato”.
Lo “scatenamento” è stato
possibile perché il 9
novembre1989nonsièfatta
abbastanza attenzione. È
vero.Ilcomunismoerafinito.
Ma che ne sarebbe stato di
quelle teorie occidentalicapitalistiche la cui nascita e
la cui visione del mondo era
spiegabile
solo
con
l’esistenza del comunismo?
Perchénelgirodipocotempo
e contro le prognosi
l’economiasocialedimercato
èstatamessacosìfortemente
sottopressionedaunmodello
di società che si chiamava
neoliberismo?
Si è dimenticato che la
radicalità di Numero 2, tutte
le formule sull’egoismo e
l’ottimizzazione dell’utile e
tutte
le
affermazioni
sull’onniscienza quasi divina
delmercato,fioritetrail1950
eil1989,eranostatepartedi
una guerra ideologica. Erano
sempre anche il tentativo di
contrastare
la
dottrina
comunista.
Come ha mostrato Sonja
Michelle Amadae, negli anni
cinquanta
e
sessanta
nemmeno gli economisti
arciconservatori erano sicuri
cheilmodellomoscovitanon
potessefunzionare.InUnione
Sovietica era all’opera una
potenza che credeva nella
pianificazionee(perlomeno
sulla carta) nel fatto che il
finesuperiorenonsoloavesse
la precedenza rispetto agli
interessiegoisticidelsingolo,
ma addirittura li cancellasse.
Eavevaspeditonelcosmolo
Sputnik e costruito anch’essa
la bomba atomica. Era
tutt’altro che certo che
l’esperimento dell’economia
di piano fosse destinato a
fallire. Era altrettanto poco
chiaro che il sistema
occidentaleavrebbevinto.La
tesi che il mercato è la
macchina della verità e alla
fine crea un equilibrio
armonioso poiché chi vi
partecipaseguesempreesolo
il proprio interesse, non era
maistata“dimostrata”.Chilo
sapevadavvero?
C’erano
anche
riserve
ideologichecontroun’Europa
che aveva incubato due
terribili
collettivismi.
Sembrava allarmante anche
che nell’Occidente europeo
idee “non scientifiche” di
solidarietà, cooperazione e
altruismoattraesserolagente.
Anchequestoeraconsiderato
sospetto dagli economisti
della RAND e dai loro
colleghi di Chicago. Perfino
Ludwig Erhard, negli anni
cinquanta,
dovette
giustificarsi
per
aver
affiancatoalsuoordinamento
economico il pericoloso
aggettivo“sociale”.
La motivazione originaria
alla
base
dell’egoismo
assolutizzato era sempre
anche strategica: dimostrare
con tutta la forza di una
scienza che l’uomo funziona
in modo del tutto diverso da
quantoaffermaval’avversario
ideologico.
E poi, dopo decenni, il
giocatore di Mosca era alla
bancarotta. Che vittoria,
esultarono i supergiocatori di
poker militari, quando il 9
novembre 1989 crollò il
Muro; e tutto questo con la
forza delle idee. Sembrava
che, per la prima volta nella
storia, un modello teorico
matematico,
nato
sui
computer, fosse diventato
un’arma.
Questa vittoria fu la ragione
decisivapercuisicominciòa
scambiarel’ideaperlarealtà.
La guerra fredda era pur
sempre stata vinta, cosa si
vuole di più a riprova della
validità di questa teoria?
«Confrontandoci
con
l’Unione Sovietica» disse
Barack Obama nel 2004,
quando era ancora senatore,
riferendosi all’irrazionalità
del nuovo ordine mondiale,
«abbiamo potuto capire il
modello con cui operavano.
Funzionava più o meno così:
loro non vogliono saltare in
aria,noinonvogliamosaltare
in aria, perciò si utilizza la
teoria dei giochi e si
calcolano le possibilità per
tenere sotto controllo la
faccenda»22.
Ilgiocosembravafunzionare
così bene che lo si volle
ripetere. La teoria e la
corrispondente
immagine
dell’uomo cominciarono a
rendersi autonome. Sganciate
dal conflitto tra sistemi, a
dispetto dei moniti di alcuni
economisti si cominciò a
dimenticare la ragione per la
qualeeranostateelaborate.Si
andò semplicemente avanti e
si cominciò a trasformare la
propria società mediante
moderne
macchine
calcolatrici.
L’opinione pubblica tedesca,
concentrata
sulla
riunificazione, era alle prese
con gli ultimi residui del
comunismo.
Stranamente,
non si chiese cosa restasse
della guerra fredda e cosa ne
fosse sopravvissuto, magari
inaltraforma.Nonsiaccorse
chel’armadellaguerrafredda
sieratrasformatainqualcosa
che
veniva
chiamato
neoliberismo ed economia
dell’informazione,echestava
proprioperindirizzarsicontro
le
grandi
conquiste
dell’economia sociale di
mercato.
John McDonald, quel primo
reporter che all’inizio degli
anni cinquanta era stato
ammesso negli uffici ancora
ultrasegreti dove si applicava
la teoria dei giochi, aveva
annunciato raggiante al
mondo: «I matematici hanno
scoperto un sistema perfetto,
a prova di bomba, con il
quale si può giocare ogni
sorta di gioco d’azzardo: dal
poker alla guerra, passando
perilbusiness».Laguerradi
nerviconMoscaerafinita,si
scrisse il 9 novembre 1989.
Laguerrafreddasiinfiltrònel
“business”. Alla lettera. Si
trasferìarmiebagagliaWall
Street.
____________________
1CancellieredellaRepubblica
FederaleTedescadal1963al1966.
[N.d.R.]
2Kaplan,TheWizardsof
Armageddon,cit.,p.66.
3Tuttaquestaappassionantevicenda
èraccontatadaMirowski,Machine
Dreams,cit.
4CosìAnthonyDowns,citatoin
Amadae,RationalizingCapitalist
Democracy,cit.,p.5.
5SylviaNasar,Ilgeniodeinumeri.
StoriadiJohnNash,matematicoe
folle,Rizzoli,Milano2002,p.104
(ed.orig.ABeautifulMind:A
BiographyofJohnForbesNash,
Jr.,WinneroftheNobelPrizein
Economics,Simon&Schuster,New
York1994,p.111).
6Ivi,pp.109-110(dell’originale.Il
branononèpresentenellatrad.it.
cit.).
7PhilipMirowskiARevisionist’s
ViewoftheHistoryofEconomic
Thought(intervista),in
“Challenge”,48settembre/ottobre
2005,5,pp.79-94.
8Id.,MachineDreams,cit.,pp.338
sgg.
9DouglasRushkoff,LifeInc.,
VintageDigital,NewYork2011,p.
151.
10“NewYorkTimes”,11aprile2002.
11
IltermineDatenkrake,
letteralmente“piovra(chesinutre)
didati”,èimpiegatonella
discussionepoliticatedescaper
indicarel’insiemedeisistemiedelle
organizzazionicheanalizzanosu
vastascalainformazionipersonalie
lepassanoaterzi.[N.d.T.]
12ArielRubinstein,EconomicFables,
OpenBookPublishers,Cambridge
2012,p.129.
13
PhilipK.Dick,Lotteriadello
spazio,Fanucci,Roma2005(ed.
orig.SolarLottery,AceBooks,
NewYorkCity1955;laPrefazione
cuisifariferimentoneltesto
comparesolonell’edizionetedesca,
Hauptgewinn.DieErde,Goldmann
Verlag,München1971).
14FredKaplan,1959:TheYear
EverythingChanged,Wiley,
Hoboken2009,p.108.
15Comeènoto,conilsuoTheoryof
GamesandEconomicBehavior,
JohnvonNeumannsirivolgevaal
settoremilitare,dopochegli
economisti,aiqualisirichiedeva
unosforzodicomprensione
eccessivo,loavevanoaccoltocon
benscarsoentusiasmo.
16Mirowski,MachineDreams,cit.,p.
330.
17Ivi,p.425.
18Cfr.infra,p.144.
19Dick,Lotteriadellospazio,cit.,p.
36.
20Rubinstein,EconomicFables,cit.,
p.137.
21Ivi,p.32.
22DavidMendel,Obamawould
ConsiderMissileStrikesonIran,in
“ChicagoTribune”,25settembre
2004.Comeinnumerevolialtri
politiciecommentatoriamericani,
Obamahavistonegliattacchi
dell’11settembreancheuna
smentitadellarazionalitàstrategica
modellatasullateoriadeigiochi,
chenonrischiailsuicidio.
Capitolo7
Fisicasociale
IlsignorPimbleytieneun
discorsoedesortaifisicia
vestirsibeneperWallStreet
Lerivoluzionicostanotestee
acconciature. Poco dopo la
Rivoluzione francese, nella
produzione di massa venne
impiegatamanodoperaabuon
mercatopereseguiresemplici
calcoli.
E sorprendentemente quelle
persone furono chiamate
computer.
Erano in gran parte ex
parrucchieri che avevano
perdutoillavoroacausadella
più recente tendenza nella
moda capelli rivoluzionaria e
della
spiacevole
indisponibilità di teste da
parte dei precedenti clienti
aristocratici.
Certo, si sta più tranquilli se
unparrucchierecalcolachese
un boia ti taglia i capelli. È
tutta una questione di
distribuzionedeiruoliedelle
competenze, ma tra le due
cosenoncicorrecheunpelo.
Noicifiguriamolavitacome
evoluzione,
ma
dimentichiamo sempre che è
lamutazioneacrearemostrie
agenerarel’imprevisto.
Isistemidel“mondochiuso”
della guerra fredda furono
costruiti
con
immenso
dispendio
di
denaro,
materiale, talenti: impianti
radar, missili, i primi
computer e le prime reti di
dati,imodellimatematici–e
tuttociònoneraaltrocheuna
proiezione
mentale.
Fortunatamente, la bomba
non è mai stata impiegata e
anche il conflitto militare
diretto
fra
le
due
superpotenze non è mai
scoppiato.
Gli scenari della guerra
fredda erano spazi irreali,
ermetici. Lo storico della
scienzaPaulN.Edwardsliha
descritti minuziosamente nel
suo classico The Closed
World. Anche le guerre
catastrofiche e per nulla
virtualiinCoreaeinVietnam
rientravano nel sistema delle
mossediNumero2edelsuo
quesito fondamentale: come
posso sconfiggere qualcuno
chehalabombaatomica?
Tutto era simbolico, ogni
azione la mossa di un gioco.
Infatti la guerra fredda si è
svolta proprio così: non con
la forza delle armi, ma con
l’intimidazionepsicologica.
Tutto questo è finito con il
tracollodell’UnioneSovietica
nel 1991. Poiché a quel
tempo lo sguardo era rivolto
unicamente al tramonto del
comunismo,
ci
siamo
indubbiamente
interessati
meno di cosa ne è stato di
questoenormedispiegamento
di energia, dopo che la
minacciadirettaalsistemaera
statasventata.
Già nella notte in cui era
crollato il Muro di Berlino,
negli Stati comunisti vennero
disattivateunadopol’altrale
cellule cerebrali che per tutta
una vita si erano dedicate al
marxismo-leninismo e al
materialismo
storico.
I
funzionari
della
SED
diventarono
agenti
immobiliari e i docenti di
Staatsbürgerkunde1
si
dedicaronoallagastronomia.
Con lo sguardo fisso sulla
macchina ormai allo sfascio
delsistemasocialistaedebbri
del proprio trionfo, molti
osservatori non si accorsero
che in quell’attimo stesso
l’apparato
cognitivo
dell’Occidente cominciava a
trasformarsi.Mentreifilosofi
e i giornalisti erano ancora
allepreseconleacconciature,
e una delle parrucche
preferite del pensiero si
chiamava globalizzazione, le
persone persero la testa: non
ce n’era più bisogno là dove
l’anatomia della società
l’avevaprevista.
Si rilocò la distribuzione
sociale dell’intelligenza sotto
la calotta cranica – e come
sempre quando le prestazioni
socialivengonorilocate,losi
fece con il denaro. E a
differenza di quanto vuol
farci credere la religione
dell’“economia del sapere”,
solo molto di rado qualcosa
del genere accade perché c’è
unnuovoEinsteinesihanno
risposte e verità migliori. Le
teste e i talenti migrano là
dove ci sono non solo i
migliori incentives finanziari,
ma soprattutto gli stimoli del
prestigiosociale.
Infatti,lafinedellaminaccia
atomicadirettaebbemassicce
conseguenze
sul
finanziamento
e
la
pianificazione della carriera
dei fisici. Essi non poterono
più confidare ciecamente
nella possibilità di essere
sostenuti nelle loro ricerche
dall’apparato
economicomilitare, che li aveva
sovvenzionati a partire dagli
anni trenta. La pianificazione
della ricerca scientifica in
ambito militare, che aveva
prodottolabombaatomica,la
teoria dei giochi, il computer
e la RAND Corporation,
riformulò le sue priorità. Per
contro, Wall Street aveva, sì,
economisti, ma non fisici
esperti nell’implementazione
dei modelli matematici per i
computer
che
stavano
conquistando massicciamente
ilmondo.
In occasione dell’assemblea
annuale
dell’American
Physical Society del 1996
uno di loro, il fisico Joseph
M. Pimbley, parlò quasi
soltanto della crisi di fiducia
che coinvolgeva tutta la sua
categoria
professionale:
«Ogni fisico oggi si trova di
fronte alla questione di cosa
vuol fare nel resto della sua
carriera». E suggerì ai suoi
colleghi Wall Street, con le
sue nuove sfide e la buona
remunerazione.
Perché
tutta
questa
attenzione al denaro? –
chiese. – Bisognerebbe
scegliersi il lavoro in base
al guadagno? Certamente
no.Mainunaliberasocietà
con liberi mercati, il
compenso economico è
l’espressione […] del
valore che una società
attribuisce
a
questa
professione. Forse i fisici
possono rendere il servizio
migliore
alla
società
facendo
carriera
nell’economia finanziaria.
Che
affermazione
provocatoria! Ci credo
davvero? No, in realtà no.
Ma siamo costretti a
discuterne2.
«Se oggi Einstein fosse
giovane» dichiarò infine ai
fisici americani riuniti «forse
lavorerebbe a Wall Street.
Purtroppo
guadagnerebbe
così bene e alla sera sarebbe
stanco al punto da non
diventaremaifamoso».
Il discorso di Pimbley è
l’affascinante testimonianza
di un mutamento di
paradigma. Mentre Pimbley
vendeva ai suoi colleghi più
giovani lo status sociale ed
economico di una carriera a
Wall Street, senza dubbio i
più anziani ricordavano i bei
tempiincuiifisicigodevano
del prestigio sociale delle
banchediinvestimento(chea
suavoltanel1996eraancora
indiscusso). Soprattutto negli
anni cinquanta e sessanta era
in voga tutt’altra “fiera delle
vanità” e “Harper’s Bazaar”
faceva sapere, nelle sue
Society News, che «nessuna
cena può essere un successo
senonvipartecipaalmenoun
fisico».
Allora
giovani
fisici
venivano
effettivamente
scortati dalla polizia alle
conferenze private e fisici
importanti, quando erano in
viaggio anche in veste di
consiglieri
governativi,
venivano
trasferiti
con
bombardieri B-25, se i voli
Pan-Am
erano
troppo
complicati3.
I fisici e i loro fratelli nello
spirito, gli economisti, erano
allora consiglieri in ogni
campo, possedevano le
pozioni
miracolose,
guadagnavanomoltodenaroe
alla fine degli anni cinquanta
erano la maggioranza dei
decani di tutte le università
americane. Frattanto, in un
solo decennio, il numero
degli studenti di fisica era
triplicato4.
Chi oggi scuote il capo di
fronte allo stile di vita e al
delirio di cifre astronomiche
della fisica-di-Wall-Street, ai
ritualidivirilità,allegridada
animali in fregola che
segnalano un “colpaccio” dei
trader andato a segno; chi
leggendo le e-mail – poi
diventate celebri – delle
banche di investimento
apprende come in qualche
casosisianomandatearotoli
intere economie nazionali,
potrebbe ritenere questi
comportamenti
patologie
della
“bestia
che
è
nell’uomo”: l’uomo è così,
quandoèsoloconsestesso.
E invece è vero il contrario.
Si tratta precisamente dei
comportamenti che sono stati
prodotti artificialmente negli
annicinquanta,soprattuttotra
i fisici, i militari e gli
economisti americani. Perciò
ora ricompaiono persone e
conflitti che si potrebbero
ritenere da tempo dimenticati
e rinchiusi nei bunker
abbandonati della guerra
fredda. Ma la guerra fredda
non è finita; è cambiato
soltanto il theatre of war, lo
scenariodiguerra.
Nella guerra fredda era in
gioco la vita delle persone,
ma poiché fortunatamente la
guerra atomica non è mai
scoppiata, già allora, come
dimostra Paul Edwards con
un mucchio di esempi, nelle
logiche egoistiche dei thinktankssièsviluppatalastessa
mania dei numeri e la
medesima
stranezza
di
comportamento.
Nessuno lo ha rappresentato
meglio del regista Stanley
Kubrick, il cui Dottor
Stranamore
incarna
la
psicologia dell’epoca con più
accuratezza di qualsiasi libro
distoria.
Il famigerato ma geniale
fisico Herman Kahn, per
esempio,
un
autentico
modello per il dottor
Stranamore e uno dei
funzionari più in vista della
RAND, nel 1959 andava in
giro per gli Stati Uniti
tenendo, di fronte a migliaia
di ascoltatori entusiasti,
conferenze
sull’economia
della guerra termonucleare
chedalpuntodivistaodierno
sarebbero considerate senza
alcuna esagerazione folli, se
non
corrispondessero
esattamenteall’attualecalcolo
deirischiaWallStreet.
Per esempio, Kahn stimò
davanti al suo atterrito ed
eccitato pubblico che il più
grande attacco atomico
immaginabile
da
parte
dell’Unione
Sovietica
avrebbe annientato tutte le
cinquantatré
principali
metropoli degli Stati Uniti.
Sarebbe stato grave, tuttavia
il 60 per cento degli
americani non viveva nelle
metropoli.Percitareleparole
diKahn:
Potreste vivere con questo
pensiero? La risposta è: sì.
È il tipo di tragedia che
siamo in grado di
sopportare. Non è come il
BlitzsuLondra,quandoc’è
gente che vede la mano di
una ragazza spuntare dalle
macerie o cose orribili di
quel genere; in questo caso
non avreste immagini da
portarvi dietro per il resto
della vita. Le persone che
abitanonellezoneobiettivo
sarebbero annientate. Ma
voi non vedreste i morti,
capite? Non accadrebbe
sulla soglia di casa vostra.
Voi sentireste che New
Yorkèstatadistrutta,mavi
troveresteaPrinceton5…
Èdifficiledireinchemisura
le apparizioni pubbliche di
Kahn fossero un gioco nel
gioco, un bluff all’indirizzo
dei soviet, per segnalare che
si era pronti a sacrificare
milioni di persone. Ma il
gioco consisteva appunto nel
farsapereallacontroparteche
sisapevachesapevachenon
ci si sarebbe fatti alcuno
scrupolo.
E poiché nulla era quel che
sembrava,ildisastermoviedi
Kahn aveva indubbiamente
un altro motivo. La RAND
Corporationeraallaricercadi
nuovi introiti e si proponeva
al governo americano per
sviluppare la pianificazione
urbanisticaeildecentramento
inbaseamodellicibernetici6.
Quel singolare mix di mezzi
finanziaripressochéillimitati,
calcolo dei dati gestito dai
computer, teoria dei giochi e
bomba atomica generò
chiaramente anche quelle
fantasie di onnipotenza
emotive e sessualizzate che
poi si sarebbero manifestate
nella medesima forma,
appunto, in quei resoconti
internidiWallStreet.
Una volta gli operatori della
RAND e i generali si
incontrarono in segreto per
discutere di cosa sarebbe
accaduto
se
l’Unione
Sovietica avesse attaccato
l’Europaoccidentaleconarmi
esclusivamente
convenzionali. Il piano del
comando aereo strategico
prevedeva in questo caso di
sganciare tutte le bombe
atomiche disponibili su tutti
gli obiettivi in Russia e in
Cina,ilchesarebbecostatola
vita approssimativamente a
duecentottantacinque milioni
di persone. «Signori» disse
Kahntralerisatedeigenerali
«voi non avete un piano di
guerra.Voiaveteunorgasmo
diguerra»7.
Fu lo stesso Kahn a
escogitare nel suo bestseller
On Thermonuclear War una
Doomsday Machine, un
ordigno dell’apocalisse che,
incasodiattaccodell’Unione
Sovietica, avrebbe fatto
saltare
in
aria
automaticamente il mondo
intero.Kahnstessosottolinea
nel libro che una simile
macchina
sarebbe
inaffidabile, e infatti nessuno
dei generali della guerra
fredda
trovava
l’idea
particolarmentebuona.
Cinquant’anni dopo, però, il
giornalista
finanziario
americano Michael Lewis
sottotitolò una dettagliata
ricercasulcrackfinanziarioe
isuoiresponsabiliAll’interno
dellaDoomsdayMachine.
Nessunocorrerebbeilrischio
di far crollare il mondo se ci
rimanesse anche lui, era la
logica della gente della
RAND.
Nessuno correrà il rischio di
mandarci in rovina se
trasciniamo
con
noi
nell’abisso un mondo intero:
cinquant’anni dopo, gli
strateghi del too-big-to-fail,
da Lehman ad AIG,
evidentementeapplicavanola
stessalogica.
Il riflusso dell’euforia tra i
fisici americani all’inizio
degli anni settanta durò fino
all’elezione
di
Ronald
Reagan.
Gli
stipendi
peggiorarono e le condizioni
di lavoro divennero più
pesanti. Le bombe atomiche
da tempo non erano più
ritenute “affascinanti” e, in
conseguenza della guerra del
Vietnam e della rivolta del
Sessantotto, l’intero apparato
scientifico-militare
era
guardato con diffidenza.
Neanche Herman Kahn
sarebbe stato più in grado di
riempireunasala.
Quando le prime massicce
riduzioni di budget colpirono
la fisica e la professione di
“fisicoatomico”nonfupiùil
sogno di ogni giovane
americano,
molti
si
ricordarono dei loro vecchi
amici che si occupavano di
scienze
economiche,
soprattutto nel ramo che
aveva
contribuito
all’elaborazione dei grandi
progetti nucleari e dei loro
scenari.
A quell’epoca i fisici fecero
per la prima volta la loro
comparsa a Wall Street.
Certo, l’elezione di Reagan e
l’esplosivopropagarsidiidee
fantasiose attorno al progetto
dello
Scudo
spaziale
interruppero l’esodo, ma il
contatto non militare tra le
due sfere, cioè una scienza
sociale di nome economia e
una scienza della natura
chiamata
fisica,
aveva
generato qualcosa che ci
avrebbecambiatopersempre:
era l’inizio della fisica
sociale.
Al principio degli anni
novanta cominciò la grande
migrazione. I fisici più
anziani lasciarono la ricerca
militare e furono ingaggiati
dalle banche e dai gestori di
fondi. In un primo momento
questi quants o tecnici dei
missili,comelisichiamavaa
Wall Street alludendo al
“progetto Manhattan” della
bomba atomica, non erano
altro che computer umani,
figure singolari, un po’
disprezzateoderisedai“veri”
banchieri.
Il loro comportamento
sociale e il loro modo di
vestire
irritavano.
L’associazione dei fisici
consigliò a coloro che
intendevano trasferirsi dai
laboratori delle università a
Wall Street di tagliarsi i
capelli, curare l’aspetto, far
lavare a secco i vestiti, usare
modestia nel dimostrare la
propriaintelligenza,inoltredi
contrastare la tendenza dei
fisiciall’autoisolamento.
Ma quello che accadde fu
ben
più
che
una
trasformazione professionale:
gliscienziatinonfuronosolo
pettinatievestitianuovo;qui
venne creata una nuova
specie.
«Questi
lavori
non
interessano nessuno», disse
adesempio,quasipermettere
le mani avanti, lo studioso di
finanzaJonathanBerkametà
degli anni novanta8. tuttavia,
già pochi anni dopo i fisici
avevano soppiantato gli
studiosi di economia nei
dipartimenti
di
analisi
quantitativa.
La vera storia dei quants
comincia negli anni settanta
con la nascita della formula
che «avrebbe cambiato per
sempre le regole in base alle
quali lavora il sistema
finanziario»9.Ilriferimentoè
alla formula di Black e
Scholes, con la quale poteva
essere stimata in anticipo la
volatilità delle azioni a
determinate condizioni ideali
(l’uomo utilizza modelli
anche per descrivere i
modelli).
Così,oggi,ancheosservatori
oggettivi come il giornalista
finanziarioepubblicistaScott
Pattersonraccontanolastoria
effettuale della “formula di
Black
e
Scholes”,
successivamente insignita del
premio Nobel, come la storia
della formula originaria di
Einstein,
cioè
della
rivoluzione dell’immagine
fisica del mondo, che
condusse
al
progetto
Manhattan e alla bomba
atomica: «Come la scoperta
diEinstein[…]laformuladi
Black e Scholes cambiò
drammaticamente il modo in
cui gli uomini consideravano
lo sconfinato mondo del
denaro e degli investimenti.
Scatenò le forze interne
distruttive e nello stesso
tempo spianò la strada a una
serie di catastrofi finanziarie
che culminò nel tremendo
collasso dell’agosto del
2007»10.
Neglianniottantalaformula,
in sostanza un modello per
calcolare il prezzo ottimale
delle opzioni finanziarie,
venne programmata sulle
calcolatrici tascabili e di
colpo la vita divenne molto
più semplice. Alcuni autori
datano l’inizio della grande
alchimia
nelle
finanze
all’apriledel1973,quandola
Texas
Instruments
pubblicizzò sul “Wall Street
Journal” una calcolatrice
tascabileconloslogan:“Now
you can find the BlackScholes value using our
calculator” (“Ora, grazie alla
nostra calcolatrice, potrete
trovare il valore BlackSholes”)11. Come è noto, per
ipadridellaformulalastoria
finìconunfiasco:nel1998il
loro fondo di investimento
Long
Term
Capital
Management, costruito in
baseaquelmodello,subìuno
spettacolarefallimento.
In ogni caso era un inizio.
Una serie di prodotti
finanziarisimili,assicuratida
una
matematica
della
cartolarizzazione
e
dall’hedging, promettevano
un portfolio praticamente
immune da rischi e
utilizzavano la formula per
coseperlequalinonavrebbe
dovutoessereutilizzata.
Inun’analisisuccessivadella
crisi e dei suoi modelli si
afferma che era «come se si
gettassero le fondamenta di
un edificio senza sapere di
qualematerialesonofatte»12.
In effetti, tutta quanta
l’operazione sui mercati
finanziari partita negli anni
novanta suona come un
ricordo che il grande
matematico R. W. Hamming
aveva del progetto Los
Alamos, quando si era
accorto «che la bomba
avrebbe
potuto
essere
costruita solo con il
computer. Ma quanto più a
lungo
e
quanto
più
intensamente riflettevo sulla
faccenda
negli
anni
successivi, tanto più mi era
chiaro che sarebbe cambiata
l’essenzastessadellascienza,
quanto più spesso avremmo
osservato le simulazioni al
computer
e
meno
frequentemente
gli
esperimenti nel mondo reale
[…]Aqueltempo,uncalcolo
delcomputersegnalavachela
bomba sperimentale avrebbe
potuto
infiammare
l’atmosfera. In altri termini,
sullabasediunasimulazione
al computer, il test rischiava
di cancellare ogni forma di
vita
nell’universo
conosciuto»13.
Fu Warren Buffett, prima
dello scoppio della crisi, a
mettereinguardiadalle“armi
di sterminio di massa” di
Wall Street, e senza spingere
i paralleli all’estremo: è
chiarochelesimulazioninon
sono universi paralleli creati
in asettici laboratori, ma
inducono gli individui a
correre rischi ultimativi, di
cui tutti gli altri devono
subireleconseguenze.
Eppure il confronto fra le
tecnologie finanziarie e Los
Alamos è convincente non
solo per ragioni teoriche,
bensì anche per motivi
sociologici. Negli anni trenta
ifisicidiLosAlamossierano
trovati nella medesima
situazione di coloro ai quali
Pimbley, nel 1996, consigliò
letteralmente
“l’emigrazione”.Ancheallora
un gran numero di fisici
emigrò, spesso forzatamente,
nell’apparato dell’industria
militare, che non avrebbe
abbandonato fino alla fine
della guerra fredda. Ora
accadevadinuovo.
InqualchemodoinEuropaci
è sfuggito con quali
giganteschi progetti Wall
Streethaaccoltoisuoifisici.
«Ho conosciuto gente che ha
collaborato
al
progetto
Manhattan», dichiarò a
“Newsweek” un direttore di
JP-Morgan attivo negli anni
novanta, «e per quelli di noi
che erano della partita il
sentimentoeraesattamentelo
stesso. Come se si fosse
coinvolti nella creazione di
qualcosa di incredibilmente
importante»14.
____________________
1LaSozialistischeEinheitspartei
Deutschlandserailpartitounicoal
poterenellaRepubblica
DemocraticaTedesca;la
Staatsbürgerkunde,materiadi
studionellascuolasuperiore
diventataobsoletadopoilcrollodel
Muro,prevedeval’insegnamento
dellescienzesocialiepolitiche,
finalizzateallaformazionedelbuon
cittadinonellostatosocialista.
[N.d.R.]
2JosephPimbley,Physicistsin
Finance,in“PhysicsToday”,50,
1997,1,pp.42-46.
3DavidKaiser,ThePostwar
SuburbanizationofAmerican
Physics,in“AmericanQuarterly”,
56,2004,4,p.852.
4Nel1953,peresempio,“ognifisico
ricevetteuncontributostatalemedio
di11.000dollari;unchimico1900
dollari,unbiologoinmedia4900
dollarieunmatematico1700
dollari”.PhilipMirowski,ScienceMart:PrivatizingAmerican
Science,HarvardUniversityPress,
Cambridge2001,p.113.
5Kaplan,1959:TheYearEverything
Changed,cit.,p.65.
6JenniferS.Light,FromWarfareto
Welfare:DefenseIntellectualsand
UrbanProblemsinColdWar
America,TheJohnHopkins
UniversityPress,Baltimore2003,
pp.3sgg.
7Kaplan,1959:TheYearEverything
Changed,cit.,p.67.
8Cfr.OliverBaker,Schroedinger’s
CashRegister.PhysicistsTryto
BreakEconomists’Monopolyon
FinancialTheory,in“ScienceNews
online”,27novembre1999.
9Patterson,TheQuants,cit.,p.38.
10
Ivi,pp.37sg.
11Das,ExtremeMoney,cit.,pp.121
sgg.
12DavidColander,MichaelGoldberg,
ArminHaas,KatarinaJuselius,
AlanKirman,ThomasLuxe
BrigitteSloth,TheFinancialCrisis
andtheSystemicFailureofthe
EconomicsProfession,in“Critical
Review:AJournalofPoliticsand
Society”,21,2009,2-3,p.253.
13Mirowski,MachineDreams,cit.,
pp.14sgg.
14MatthewPhilips,TheMonsterthat
AteWall-Street,in“Newsweek”,26
settembre2008.
Capitolo8
Massacro
Aviditàepaurasonostimoli
sufficientiperilgiocodella
vita
Un tempo le Borse erano
piene di persone che
potevano vedersi tra loro. Di
rumore, grida, urla, risate,
segnali, sguardi e smorfie. E
tuttoquestoavvenivainspazi
fisici.
Negli anni novanta questi
spazi divennero schermi,
luoghi di osservazione,
sorveglianza, proiezione. Da
allora i trader e i loro capi
siedono
dinnanzi
agli
schermi, proprio come una
volta facevano gli operatori
dei radar, e come loro non
guardano più un monitor, ma
una“facciadapoker”.
Il denaro, le cifre che
cambianodicontinuo,sonole
truppe, i soldati che vengono
impiegati, spostati oppure,
talvolta, sacrificati. «Se hai
perduto i soldi» spiega
l’istruttore di una banca di
investimento, come se si
trattasse di caduti in un
combattimento ravvicinato
«fai un funerale. Devi
metterci un punto. Non ci
sono più […] e tu devi
pensarealprossimotrade»1.
Chioggiguardanegliufficie
sugli schermi delle blindate
stanzedeibottonideiquants,
quellochevedenonpotrebbe
essere benissimo il comando
generale dell’esercito: lo è
davvero. Le macchine, le
stanze,
gli
schermi,
l’aspirazione
rapidissima
dell’ossigeno per impedire
incendi di vaste proporzioni,
Numero 2, l’agente digitale
che con l’aiuto della teoria
deigiochisferrailcolpoolo
para – questo è di fatto il
cervello che una corsa agli
armamenti unica nella storia
haprodottoinnoi.
E se qualcuno non si è
accorto che anche gli esseri
umani dentro il loro cervello
fanno le stesse cose di allora
–solo,stavolta,conirisparmi
della nonna e del nonno –
glielodiconoitrader.
Fareloscalpo,uccidere,far
fuorisonoiverbicheamano.
In una banca di investimento
hanno programmato i loro
computerinmodoche,aogni
variazionedeitassidicambio
o di interesse, dagli
altoparlanti uscissero rumori
diguerra.Neigiorniincuigli
scambi erano più intensi il
frastuono del vetro in
frantumiedeicolpidipistola
riempivaicorridoi2.
Quello che i trader vedono
«non ha più forma». Sono
punti luminosi dall’aspetto di
numeri, «occasioni che
passavano in fretta e
offrivano ad altri nuove
possibilità»3. Molti di coloro
che fissavano i monitor non
vedevano nessuna differenza
tra le operazioni militari e
tecnico-finanziarie. Entrambe
sonooccasioniperconseguire
unavittoriaoscongiurareuna
sconfitta.
Apartiredaglianninovantai
loro posti di lavoro si
trasformarono,
con
la
crescente velocità di mercati
di Borsa completamente
automatizzati, in teatri di
guerra simbolici: le Borse,
dove i trader compravano e
vendevano, divennero campi
di battaglia simulati e le
banche di investimento si
trasformarono in comandi
militari strategici al cui
servizio i quants – i loro
“tecnici dei missili” –
producevano armi tecnicofinanziarie.
I quants implementarono
Numero 2. Non davanti allo
schermo, ma dentro la
macchina. Come programma
di computer, egli aveva
conquistatonelleBorseilsuo
primo nuovo spazio vitale;
cominciò a negoziare, a fare
affari, imparò a bluffare. E,
come si vede, non dovette
riorientarsi radicalmente. Il
contestonelqualesimuoveva
non si poteva quasi
distinguere dai mondi chiusi
delPentagono.
Numero 2 diventò il trader
artificiale che, imbottito con
le formule della teoria dei
giochi, sbrigava una mole
sempre
maggiore
di
operazionidiBorsa.Inquesto
modo, per la prima volta
“l’egoismo” non era solo un
tratto
caratteriale
delle
persone, ma veniva applicato
daprogrammiinformatici.
A quell’epoca i trader
americani usavano la parola
tedesca spielen, “giocare”,
per indicare le loro azioni
(“I’vealwaysspieled[…]on
the other house account”).
Come
nell’esercito,
la
vigilanza del mercenariotraderguidatadaltestosterone
si mescolava con la fredda
imperturbabilità logica di
Numero 2. Quest’ultimo era
dotato di un’arma logica
letale, che aveva offerto una
brillante prova di sé nei
mondi anonimi della guerra
fredda e che nella sfera
automatizzata dei mercati
seguiva la strategia che un
tempo gli apparati militari si
erano attesi dai loro soldati:
minacciare, sparare e colpire
primachel’altrosiaccorgadi
cosa è successo (first round
killing).
Applicato alla Borsa, voleva
dire: realizzare profitti prima
che l’altro si accorga che ci
rimetterà. E se non è
possibile,
bloccare
la
controparte fino a renderla
incapace di agire. Come nel
caso della crisi Lehman, si
può
arrivare
ad
“Armageddon” passando per
le “armi di distruzione di
massa”. Ma la faccenda si
consuma
più
spesso
nell’ambito della guerra
convenzionale,
dove
è
questione di “attacchi”,
“falcidie”,“massacri”:
Non posso spiegare. È una
cosaselvaggia.Sequalcuno
vedesse da fuori, direbbe:
“Andrebbero messi in
prigione”.
Quando
l’America era impegnata
nella guerra del Golfo,
abbiamo avuto trecento o
quattrocentomila contratti
al giorno per sei mesi […]
Devi esserci […] È l’unica
cosacheconta[…]perdere
quattrocentomila franchi
non mi paralizza […] La
cosa bella di me è che
quando mi picchiano mi
rialzo e mi rifaccio sotto.
Avanti,sitornaalfronte4.
Nel corso degli anni, e in
parte in seguito a una
veemente discussione fra i
giocatori, le varianti umane
della teoria dei giochi hanno
effettivamente formulato e
sperimentato regole per una
cooperazione
ragionevole,
una
collaborazione
e
ripartizione equa. Qualche
annofailfisicoStefanKlein,
nel suo avvincente bestseller
Der Sinn des Gebens5, ha
citato molti di questi esempi
incoraggianti, nei quali
l’Homoœconomicusnonsela
passabene.
Il problema è solo che negli
ultimi anni la società nella
quale
giochiamo
è
profondamente
cambiata.
Sonosemprepiùnumerosigli
ambiti della nostra vita che
vengono riorganizzati sul
modello della Borsa e quindi
il principio economico e
l’egoismo di Numero 2
diventanoilfondamentodelle
relazioni interpersonali. Già
oggisonoall’operalàdovela
gentelavoraconicomputere
affida le decisioni agli agenti
economici: nelle Borse, nei
motori di ricerca, nei social
network, nell’ufficio del
personale, nell’ufficio delle
imposte o negli uffici
immigrazione.
Nelle odierne, anonime
Borse digitali della vita non
esistonorivincite.Ilgiocoei
giocatori
cambiano
di
continuo. Questo vale per
l’apparato militare, per i
mercati finanziari e per
l’esistenza sociale dell’uomo
moderno.
Una
mossa
sbagliata, una scelta di vita
sbagliata,untweetsbagliatoo
una valutazione sbagliata
della controparte può mettere
tutto a repentaglio senza
l’opportunità di rimediare, e
sempre più spesso senza una
secondaopportunità6.
L’uomosolonelsuobunker,
davantialsuoschermo–alla
Borsa,sulpostodilavorooa
casa sua – è sempre più
prigioniero di un mondo
virtuale
di
interazioni
anonime che avvengono una
volta sola. In questo modo
siamo scesi nel limbo dei
giochi non cooperativi e
siamo giunti proprio là dove
un tempo è cominciata la
teoria dei giochi: nella
macchina pensante di quei
think-tanks
militari
e
semimilitari della guerra
fredda e della sua atmosfera
paranoide. Là dove è stata
costruita la grande macchina
dell’Ego che oggi sta
cambiando profondamente e
con enorme rapidità il nostro
mondoeilsuocodicemorale
edemocratico.
Perché potesse accadere,
Numero2dovettefornireuna
prova delle sue capacità. La
vittoriasuirussieraunabella
cosa, ma non poteva essere
davverodimostrata.Inoltre,la
guerra fredda era appunto un
tipo di guerra ed era ancora
dastabilireseNumero2fosse
adatto alla vita civile. Non
pochi economisti intenzionati
ormai a farla finita, oltre che
con la guerra dei sistemi,
anche con la tradizione
neoclassica di un’immagine
dell’uomo
riduzionista,
cominciavano a discutere
apertamentelalimitatezzadel
modello.
Ilsuccessocheaprìgliocchi
aqualsiasiinvestmentbanker
del mondo si verificò nel
1994.NegliStatiUniti,eben
presto anche in molti altri
stati del mondo, le frequenze
delle
telecomunicazioni
vennero messe all’asta. La
“madre di tutte le aste” fu
straordinariamente fruttuosa.
E il motivo fu ben presto
noto: sia la Federal
Communications
Commission che l’offerente
avevano ingaggiato esperti di
teoria dei giochi per farsi
consigliare
nel
corso
dell’asta7. Secondo la tesi
propagandistica,ilfattochele
offerte
fossero
state
presentate
insieme,
ed
entrambe tenendo presente
l’equilibrio di Nash, aveva
portatoalloStatopiùsoldidi
quanti avesse mai potuto
immaginare.
Ma le cose sarebbero andate
ancora meglio in futuro. Nel
2000 alcuni fisici ed
economisti
americani
organizzarono l’asta delle
licenzeperlatelefoniamobile
di terza generazione in base
alle regole della teoria dei
giochi e in questo modo
realizzarono per il governo
britannico
un
profitto
sensazionale, pari alla cifra
del tutto fuori dalla realtà di
ventidue miliardi di sterline.
Per molti questa fu la
dimostrazione a lungo attesa
che il modello funzionava:
tutti pagavano più di quanto
avessero mai voluto per
qualcosa di astratto che in
realtànonavevaalcunprezzo
“reale”. Ciò nonostante,
pagavano
con
la
soddisfazione di aver attuato
al meglio (almeno per
qualche mese) i propri
interessiegoistici.
Lamentedietrolequinteera
unuomocheavrebbefattodi
Numero 2 e della teoria dei
giochi la nuova idea
dell’ordine politico e sociale
del ventunesimo secolo. Il
brillante matematico ed
economista
britannico
Kenneth Binmore, classe
1940,eraconvintocheciòdi
cui Philip K. Dick aveva
avuto paura fosse una
promessa:l’opportunitàdiun
nuovo, razionale contratto
sociale.
Nessuno ha fatto più di lui,
dietrolequinteedavanti,per
la carriera civile del megaegoista. E nessuno ha
celebrato con altrettanta
efficacia il successo dell’asta
non solo come dimostrazione
della teoria, ma come prova
diunavisionedell’uomo:
Sappiamo che talvolta i
singoli individui sono
irrazionali e non si
comportano come le nostre
teorie si aspettano da un
giocatore. Ma le ricerche
sulcampoegliesperimenti
di laboratorio confermano
che in alcuni contesti le
persone agiscono in modo
sufficientemente coerente
perché la nostra teoria
funzioni
come
un
cronometro.
Altrimenti,
come ci sarebbe stato
possibileapplicarelateoria
dei giochi alle grandi aste
della
Telecom,
che
sconcertarono il mondo
intero, poiché avevano
creatomiliardididollaridal
nulla8?
Senza Binmore e quello che
ha rappresentato come musa
del New Labour e per
l’Agenda20109,nessunopuò
davvero
comprendere
l’evoluzione politica del
primo ministro Tony Blair o
di
parte
della
socialdemocrazia
tedesca
sotto Gerhard Schröder.
Come rappresentante del
nuovopensiero,Binmorenon
ha solo dato vita all’Homo
œconomicus a uso delle
macchine calcolatrici e dei
mercati finanziari, ma ha
anche
cominciato
a
prescrivere al “gioco della
vita”,
alle
idee
di
cooperazione e solidarietà,
una
morale
fondamentalmente nuova. Si
aveva paura di un mondo
governato da Numero 2?
Alloranonsieracompresoil
mondo
nuovo,
come
dimostravano
le
aste
Telecom:
l’egoismo
opportunamente sfruttato può
servire al bene di tutti. Un
mondo caratterizzato dal
calcolo e dalla previsione
strategica in base al
tornaconto personale di ogni
singolo giocatore destava
preoccupazioni? Ma ora che
il computer stava su ogni
scrivania tutti potevano
partecipare: ogni trader, ogni
persona.
Già un anno dopo il crollo
del Muro Binmore aveva
cominciato, dapprima senza
successo,adadoperarsidietro
lequinteperchéaiteoricidei
giochi, John Nash in testa,
fosse conferito il premio
Nobel10.Nessunodeipadridi
Numero 2 ha dichiarato in
modo così aperto e
provocatorio come Binmore
che non si “vergognava” di
credereaigrandiegoisticome
modello universale. Più
avanti vedremo di nuovo
Binmore in azione, quando
Numero 2 sarà diventato
grande e forte nel mondo
delle finanze, degli uomini e
dei geni. Ma qui, nell’ultimo
decennio del ventesimo
secolo,ciinteressasoprattutto
il suo orgoglio paterno per
l’essere che ha intenzione di
mettereinlibertànellasocietà
civile.
Avidità e paura – scrive –
sono
motivazioni
sufficienti; l’avidità dei
frutti della cooperazione e
la paura delle conseguenze
se non si accettano le
proposte cooperative degli
altri. Mr Hyde non sarà
forse attraente, ma è in
grado di collaborare in
modo straordinariamente
efficiente con chi funziona
propriocomelui11.
Ciònonsignificaaltrosenon
che Numero 2, “l’agente
economico”,
l’Homo
œconomicus, sono diventati
brutti come da secoli
temevano gli scrittori. Ma vi
sipossonofarebuoniaffari.
____________________
1Zaloom,OutofthePits,cit.,p.132.
2Ivi,p.155.
3KarinKnorrCetinaeAlexPreda,
TheSociologyofFinancialMarkets,
OxfordUniversityPress,Oxford
2004,pp.42sgg.
4Ivi,p.108.
5StefanKlein,DerSinndesGebens.
WarumSelbstlosigkeitinder
Evolutionsiegtundwirmit
Egoismusnichtweiterkommen,S.
FischerVerlag,FrankfurtamMain
2010.
6Variantidellateoriadeigiochi
muovonodadiversipresupposti
sull’individuo.Igiochinon
cooperativi,chesonogiocatiuna
voltasola–l’originedellateoria–
riduconolacomplessitàdell’agente
umano.Gliapproccipiùrecenti–
giochichevengonoripetuti
all’infinitoeconsentonola
cooperazione–sonopiùconfacenti
all’essereumano.Nonsono–eciò
èdeterminante–quellichevengono
utilizzatineimodellifinanziari.
Questiultimisilimitano
esclusivamenteagiochinon
cooperativi,diunasolavolta.A
questoriguardocfr.ancheDavis,
IndividualandIdentityin
Economics,cit.,capitolo5.2.
7Rubinstein,EconomicFables,cit.,
p.125.
8MacKenzie(acuradi),Do
EconomicsMakeMarkets?,cit.,p.
196.
9Unaseriediriformedelsistema
socialeedelmercatodellavoro
progettateeattuatedallacoalizione
governativatedescaguidatada
GerhardSchrödereformatada
SocialdemocraticieVerdiapartire
dal1998.[N.d.T.]
10Nasar,ABeautifulMind,cit.,p.355
(dell’originale,noncomparenella
trad.it.cit.).Sullastoriadelpremio
NobelaNashcfr.Mirowski,
MachineDreams,cit.,p.333.
11KenBinmore,GameTheoryand
theSocialContract,vol.I:Playing
Fair,TheMITPress,Cambridge
1994,p.24.
Capitolo9
Circolazione
sanguigna
Dentrolamacchina,tutto
quellochelamacchinafa
diventaunaleggedinatura
Ci portiamo in giro nella
testa un mucchio di mostri.
All’inizio,
nel
diciannovesimo secolo, sono
gliscrittoriaraccontarlo;alla
fine, nel 2010, alcuni
scienziati
altrettanto
intelligentieargutidelFondo
MonetarioInternazionale.
La stanza degli orrori del
diciannovesimo secolo –
Frankenstein, Dr Jekyll e Mr
Hyde e Dracula – riunisce
mostri che hanno in comune
una cosa: in realtà sono tutti
mostri dell’economia. Sono
Numero
2
prima
dell’invenzionedelcomputer,
nella
versione
dell’èra
meccanica.
Quei romanzi nacquero in
un’epoca di crisi economica,
anzi addirittura di panico
economico, e uscirono dalla
penna di autori sui quali, sia
pure in diversa misura,
“incombeva la bancarotta”,
come diceva di sé Robert
Louis Stevenson, l’autore
dello Strano caso del dottor
Jekyll e del signor Hyde.
Quandoilmostrosenzanome
di Frankenstein aiuta di
nascosto i suoi “amici” nelle
faccende domestiche, si
autodefinisce la “mano
invisibile”–un’allusionealla
mano invisibile del mercato,
cioè alla metafora con la
quale nel diciottesimo secolo
il filosofo morale e
illuminista scozzese Adam
Smith
aveva
descritto
l’autoregolazione
del
mercato.
Dr Jekyll e Mr Hyde
vengono riconosciuti e
legittimati nella loro doppia
naturadaunasolaistituzione,
nel mondo di Stevenson
molto chiacchierata proprio a
causadellasuadoppianatura:
laBancad’Inghilterra.
La studiosa americana di
letteratura Gail Houston ha
richiamato l’attenzione sul
fatto che l’autenticità della
firma
sull’assegno
è
sufficiente perché l’orribile
Hyde venga riconosciuto
senza problemi come il
corteseDrJeckill1.
Per prendere il posto
dell’essere umano, Mr Hyde
o Numero 2 o l’Homo
œconomicus non hanno
bisogno di un’anima, ma
soltanto della legittimazione
come soci d’affari. Nel
romanzo la banca riconosce
solvibilità a Mr Hyde,
fabbricando così identità
ancheperl’egoistaassassino.
La Houston reinterpreta la
finzioneapplicandolaallavita
economica reale: il fatto che
allora, sotto il tetto della
Banca d’Inghilterra, avessero
sedesialabancad’emissione
chelasuagemella,unabanca
d’affari – vale a dire due
organismichesullacartanon
dovrebberosaperenullal’uno
dell’altro né comunicare tra
loro, l’uno eterno e in
rappresentanza degli interessi
dello Stato, l’altro terreno e
orientato al profitto – aveva
generato, in un clima di
panico dilagante, il forte
timorecheentrambipotessero
essere travolti, perché non
c’eranessunochesvolgesseil
ruolodelterzorazionale.
Nell’ultimo decennio del
diciannovesimo
secolo
incombeva la successiva
ondatadipanicoelamoledi
letteratura
critica
nei
confronti
delle
banche
pubblicata allora anche dai
conservatori inglesi non
sfigurerebbe oggi. Veniva
attaccata la tesi della
circolazione
sanguigna
dell’economia, nella quale i
banchierienonpiùleattività
produttive
regolano
l’immissione di «denaro in
tuttelearteriedelcommercio
e dell’industria». A quel
tempo, di fronte al livello di
indebitamento, frasi come “il
sangue che tiene in vita il
commercio è il credito”
diedero luogo alla domanda
sempre più ansiosa su cosa
sarebbe accaduto dopo, post
mortem,peresempionelcaso
diuncrollo.
LaBancad’Inghilterraerala
rispostaaognidubbio,poiché
nel suo corpo “immortale”
assimilava «due terzi del
sangue che non scorre più
nelle vene delle banche
morte».
Equestasituazioneevocòun
altro mostro: Dracula, di
Bram Stoker. Il suo sistema
vampiresco è costruito come
un’impresa e nel libro egli
vuoleespressamenteemigrare
a Londra, nel centro
finanziario del mondo di
allora. È un investitore della
Transilvania,cheviaggiacon
baulipienidivalutedituttoil
mondo, dispone a Londra di
unpatrimonioimmobiliaredi
dimensioni impressionanti e
finanziato a credito e
vorrebbe assumere il ruolo
della Banca d’Inghilterra.
L’intero romanzo – è stata la
Houstonlaprimaarilevarlo–
è infarcito di riferimenti a
crediti,
cartolarizzazioni,
conti, assegni, proprietà
immobiliari. Una volta che il
conte viene aggredito con un
coltello, non scorre sangue,
ma un “flusso d’oro”. È
quello che il conte vuole e
che Van Helsing intende
impedirgli: un monopolio
sullacircolazione.
Dracula fu scritto da un
uomoindebitatofinoalcollo,
in un decennio nel quale le
pagine economiche dei
giornali
riferivano
di
«spaventi sensazionali e di
paure tremende», di cui non
si conosceva l’uguale. In
un’epoca nella quale si
temeva un panico che
avrebbe
spezzato
«la
supremazia della solvibilità
britannica» e gettato il
ridicolosul«cosiddettogenio
finanziariodellebanche».
Quandopoi,ancoranel1890,
anche la prestigiosa BaringsBank andò vicina al
fallimento (come è noto, per
il
fallimento
definitivo
avrebbedovutoattenderefino
al
1995),
l’Inghilterra
assistette a un’ampia fusione
di banche. In poco più di un
decennio, il numero delle
banche private scese da
duecentocinquanta a una
dozzina.
Né Mary Shelley né Louis
Stevenson né Bram Stoker
erano “di sinistra” e anche
coloro che avrebbero potuto
imbattersi nello spettro di
KarlMarxchesiaggiravaper
l’Europa erano alquanto
disinteressati. Nessuno di
questi autori era un
avversario delle banche in
quanto tali, per non dire del
sistema economico esistente.
Essi attaccavano con il fiuto
per il capitale e la forza
dell’immaginazione i modelli
economici con cui il
comportamento sociale viene
valutato,
regolato
e
controllato.Scrutavanoquesti
modellicomefinzioniecome
“macchine” che non si
limitavano a descrivere
mercati, ma decidevano della
reputazione,dellavitaedella
rispettabilitàdellepersone.
Perciò i mostri. Non sono
soltanto simboli letterari del
panico e dell’orrore. Sono
anomalie del sistema. Nel
romanzo vengono suscitati
alla vita con l’elettricità o le
reazioni chimiche. Il nostro
odiernoNumero2nonèstato
destatoallavitadascrittricio
scrittori,madapersonechesi
consideravano
realiste.
Puntavanosullamatematica.
Ancoranel1952soloil2per
cento degli articoli sulle più
importanti
riviste
specialistiche di economia
degli Stati Uniti conteneva
formule
matematiche.
Tuttavia, già alla fine del
secolo, quando l’Homo
œconomicus alias Numero 2
dominava il mondo, un
economistamoltoinfluentedi
quel paese dovette ricordare
che era esistita l’economia
senza la matematica: «Gli
studiosi di economia più
giovani quasi non ci
crederanno,mafinoallametà
delsecolononerararocheun
teoricocheutilizzavaformule
matematiche si scusasse e
spiegassechequestomododi
procederenonsignificavache
gli uomini sono automi privi
diliberoarbitrio»2.
Com’era stato possibile
questo
successo
imperialistico?
Com’era
potuto accadere che le
persone cominciassero a
uniformarsi sempre più al
modelloumanorappresentato
da Numero 2, che pure nella
vita reale avevano respinto?
Infondo,nonavevanocreato
nessun Mr Hyde. Perché ora
un essere astratto? Non
c’erano nemmeno motivi
filosofici
che
lo
giustificassero
–
come
abbiamo
visto,
la
dissoluzione
postmoderna
dell’Io aveva preso atto
dell’economia con una certa
freddezza.
Il
“residuo
terrestre” era scomparso,
l’alchimiapotevacominciare.
Ma tutto questo avveniva in
circoli accademici e anche
all’interno della disciplina
c’eranoinfinitevietraversee
secondarie, per tacere della
contraddizione per cui la
vittoria strategica di Numero
2 nella vita quotidiana può
essereeffettivamentespiegata
solointerminieconomici:era
incredibilmente efficiente e,
grazie alla fusione con il
computer, poteva essere
dotato dall’oggi al domani
della muscolatura di un
Superman.
In breve, Numero 2 aveva
tanto successo perché, per lo
meno fino a poco tempo
prima, soprattutto nelle
Borse, era in grado di fare
quello che costringeva gli
uomini a capitolare ancora
prima di qualsiasi ideologia:
riusciva a fare previsioni
sorprendentemente corrette.
Funzionava
come
un
meccanismo a orologeria che
predice il futuro. La
matematica sembrava dire
che all’opera non c’era un
modello, ma una legge di
natura. Numero 2 non è altro
che un automa dell’Ego, una
macchina che può essere
programmataeimpiegata,ma
proprio da questo gli uomini
si lasciano ingannare. Aveva
successo: sia nella guerra
fredda che nelle aste e nelle
Borse.Nonoccorrepredicare
nessun egoismo. Basta
attirare gli uomini all’interno
diunamacchinaeconvincerli
che ciò che vedono è una
leggedinatura.
L’immagine astratta del
mondo di Newton non
convincevaperilfattochegli
uomini potevano vedere la
Terra ruotare attorno al Sole,
ma perché in base al suo
modello
si
potevano
prevedere con precisione le
comete e le orbite planetarie.
Così anche nel cosmo nel
quale Numero 2 aveva
l’ultimaparola.
Formule che predicono gli
esiti dell’agire economico e
che a loro volta impongono
un
determinato
agire
economico non sono più
semplici supposizioni, né
mere descrizioni dei mercati,
ma creano i mercati. Come
sottolinea a ragione Callon,
per le leggi alle quali
ubbidiscono i corpi celesti è
indifferente se noi ci
crediamo o no. I modelli più
efficaci facevano riferimento
al futuro. I futures e le loro
“leve” tratte dall’epoca
meccanica di Newton, i
derivati,fissavanoiprezziper
cosecheancoranonc’erano.
Le dimensioni di questa
operazione possono anche
esserecolteincifre.Intuttoil
mondo il valore speculativo
deiderivaticrebbedazeronel
1970a1,2milionidimiliardi
di dollari nel 2010, ossia
ventivolteilprodottointerno
lordo dell’intero pianeta. A
questoriguardoancheattoniti
premi Nobel ora parlano
dell’alchimiadeimercati:siè
avverato l’antico sogno di
creare l’oro solo con il
pensieroeiltocco.Oraanche
per l’uomo si può affermare
che, come insegnavano gli
alchimisti, il lavoro non può
che essere un lavoro
dell’anima. Chi lo fa nel
modo giusto è padrone delle
ricchezzedelmondo.
Perché ciò potesse accadere,
attraversoleveneelettroniche
del computer doveva passare
la corrente e gli uomini
connettersi alla circolazione
mediante PC e telefonino. Il
computer divenne entrambe
le cose: piazza del mercato e
abitazione
degli
agenti
economici. Solo a questo
punto
le
formule
funzionavano
come
programmazioni genetiche.
Gli esseri umani potevano
anche essere irrazionali, ma
non gli “agenti autonomi”,
cheoperavanopercontodegli
uomini sui mercati finanziari
e presto avrebbero operato
anche sugli altri mercati.
Avveniva
quello
che
nell’insuperabile
formulazionediHughKenner
accade sempre quando il
mondo entra in una nuova
èra:«Furonoelaboratisistemi
e per ciascuno ci si inventò
l’uomoadatto»3.
Questo grande esperimento
sociale con l’uomo della
societàcivileiniziòdapprima
con l’automatizzazione delle
piazzediscambiodeimercati
finanziari.
È opportuno non scambiare
la critica dell’economia
digitaleconloscetticismoper
le macchine di fronte
all’automobileeallaferrovia.
Non parliamo di tecnologia,
ma della costruzione della
macchinasociale.
Nei mercati azionari delle
Borse,glioperatoridapprima
diventarono tutt’uno con le
calcolatrici tascabili e i loro
tasti preprogrammati per gli
interessi e le opzioni, poi,
come prima di loro aveva
fatto l’esercito, penetrarono
all’interno della macchina e
abitaronolestanzechiusedei
terminali.
«Ora l’Homo œconomicus
esiste realmente», dichiarò il
sociologo Michel Callon, «è
formattato,
inquadrato,
assistito da protesi che lo
aiutanoneisuoicalcolieche
per gran parte derivano
dall’economia»4.
Tra tutte queste protesi, la
teoria dei giochi è una delle
preferite.Oggiimpariamogià
a scuola che attraverso i
secoli tutti i tentativi di
ridurre le persone a qualche
ingranaggio,aqualchepompa
idraulica o formula fisica
sono clamorosamente falliti.
Anche gli economisti lo
sapevano da molto tempo e
hanno sviluppato idee di
“razionalità limitata” con le
qualispieganochelepersone
non agiscono come Mr
Spock.
Ma Numero 2 replica
soltanto dicendo che l’uomo
puòfarequellochevuole.La
libertàèilsuocontrassegnoe
quello dei suoi apparecchi.
Solo che se non agisce in
base alla teoria dei giochi
rischia di essere annientato
dal mercato, dalla storia e
dallaragione.
Ma anche senza questa
minaccia, il fattore umano
non aveva possibilità contro
la prassi. Il computer ha
installatonelpropriosoftware
la
macchina
per
la
sopravvivenza “Numero 2”
comeagenteeconomico.Èlui
a occuparsi degli affari, a
controllare
le
aste,
profetizzare il futuro e
spiegare il passato. Da lungo
tempo non più soltanto sui
mercati finanziari, ma anche
nei social network, nelle
procedure analitiche che
vengonoapplicateallee-mail
e in tutti gli altri mercati che
stabiliscono il prezzo di una
persona attraverso l’insieme
dei suoi dati e il mercato
globale della comunicazione
digitale.
In un altro capitolo vedremo
Numero2all’opera;aquesto
puntodelnostrobreveritratto
ci interessa soltanto l’agente
come essere artificiale, in
tutto il fulgore delle sue
preferenze e dei suoi
pregiudizi.
Stimolatodalcrescentegrado
di
interconnessione
tra
persone
che
volevano
cooperare e non comprare e
vendere (soprattutto non se
stesse), Numero 2 ha preso
slancio, intrufolandosi con
successo ovunque. All’alba
della commercializzazione di
internet, era arrivato il turno
dellepersonestesse.
Perchélarete,ilcellulareele
potenti aziende che stanno
dietro tutto questo vogliono
saperequalesaràlaprossima
cosa che faremo e che
penseremo? Perché le nostre
azionieinostripensierisono
comemosse.L’uomodiventa
user,
l’user
diventa
consumatoreeilconsumatore
diventa Numero 2: alla
ricerca dei prezzi e dei
contatti migliori; in breve,
delle migliori informazioni
nella presunta economia
dell’informazione nata di
recente.
Elaprossimametamorfosiè
ormaiimminente:loStatodel
futuro – una gigantesca
internet
commerciale,
realmente
esistente
–
«esternalizzerà
molte
funzioni, punterà meno sulle
leggielaregolazione,mapiù
sugli incentivi di mercato e
reagirà molto più spesso a
unadomandadeiconsumatori
in costante cambiamento e
analizzata di continuo, non
alle
relativamente
rare
preferenze degli elettori in
occasionedellevotazioni»5.
Diversamente da quanto
accade nella vita reale, nei
sistemidigitaliilsosiaumano
è tenuto costantemente
sott’occhio. L’intento di
prevedere
cosa
farà,
comprerà, penserà, per
ricavarne un prezzo, mette in
collegamento
tra
loro
l’esercito,lapolizia,imercati
finanziari e tutti gli ambiti
della comunicazione sociale
digitale.
Praticamente ogni persona,
per lo meno nell’emisfero
occidentale, è già parte dei
giochi di John Nash. Ogni
giorno,
anche
senza
accorgersene, si partecipa ad
aste come quella organizzata
da Ken Binmore per il
governo.
Un ingenuo ma tanto più
potentegiocod’astaèGoogle
Adwords. Il filosofo della
scienza
George
Dyson
considera questo algoritmo il
più potente del mondo,
attualmente; più complesso e
più efficace di tutte le
formule della guerra fredda
basatesullateoriadeigiochi6.
Questo software, che collega
le richieste di ricerca con la
pubblicità e ha reso ricco
Google,èdiventatounlavoro
diroutinediNumero2.
Ogni singola richiesta di
ricerca che chiunque rivolge
da qualsiasi parte del mondo
è in realtà un’asta pilotata da
Numero 2, nella quale si
decide quale pubblicità e a
quale prezzo apparirà sul
bordo destro della pagina.
L’asta si svolge attraverso
algoritmimodellatisullabase
della teoria dei giochi, che
non si distinguono più da
quelli
applicati
nel
commercio in tempo reale di
fondispeculativiederivati.
La vendita di spazi
pubblicitari non genera
soltanto profitto; genera
ancheflussididatisulgustoe
le abitudini dell’user. Dati
che poi Google filtra ed
elabora per prevedere il
futuro comportamento dei
consumatori, migliorare i
prodotti e vendere più spazi
pubblicitari. Sono il cuore e
l’anima della Googlenomics.
È un sistema di autoanalisi
costante: feed-back loop
messo in moto dai dati, che
non è soltanto il futuro di
Google,maancheilfuturodi
chiunquefacciaaffarionline7.
È il futuro di chiunque
comunichi nella società
moderna. È vero, le
calcolatrici tascabili ci hanno
sottratto il calcolo a mente.
Malacriticaculturalechene
è seguita è andata fuori
strada.Sedaunlatocihanno
sottratto il calcolo, dall’altro
calcolare la formula di Black
e Scholes è diventato facile
comefareunopiùuno.
Già a metà degli anni venti
un chiaroveggente Marcel
Mauss scrisse: «L’Homo
œconomicus non si trova
dietro di noi, ma davanti a
noi; come l’uomo della
morale e del dovere, come
l’uomo della scienza e della
ragione. Per parecchio tempo
l’uomo è stato qualcos’altro;
enonèmoltocheèdiventato
una macchina, anzi una
macchinacalcolatrice»8.
Le votazioni, la formazione
delle opinioni, la politica,
perfino
l’assetto
costituzionale
della
democrazia occidentale, tutto
ciò sta per trasformarsi in
mercatiautomatizzati:dazero
a diversi miliardi di
partecipanti.
Muta
la
consistenza
della
vita
individuale che, privata
dell’identitàedellabiografia,
viene carpita da Numero 2
come fa un virus informatico
conunpezzodisoftware.
Perciò lo sguardo sulla crisi
dei mercati finanziari non è
per noi uno sguardo nel
portafoglio o nelle rubriche
televisivededicateallaBorsa;
chi guarda dove non si fa
altrochetrasformareilfuturo
in denaro con l’aiuto di
automi getta uno sguardo nel
futuro
dei
mercati
automatizzati, cioè della
società automatizzata in
generale.
Chi vuol vedere spettri può
attraversare la galleria degli
orrori, ma se uno spettro
appare in pieno giorno e
viene visto da tutti, la cosa
comincia a farsi interessante.
Ci sono poche speranze che
l’alta considerazione per
Numero2vengabarattatacon
l’ammirazione per biografie
che non possono essere
ridotte all’uno più uno di un
egoismo che sembra essere
stato
geneticamente
programmatoinnoi.Epoche
sonolesperanzecheneivolti
degli esperti, per lo più
americani,
e
dei
pronosticatori
matematici,
che nei loro libri parlano di
Stato sociale solo come di
unacolpa,sidipingaqualcosa
di diverso dal divertimento e
dal leggero disprezzo quando
li si mette di fronte ai mostri
letterari.
Nel frattempo, coloro che
hanno fatto della loro
razionalità umana ridotta a
formule una prescrizione per
tutti gli altri – e, per come
stanno le cose, sono i
rappresentanti più influenti
dellacorporazioneeconomica
–, offrono uno spettacolo di
irrazionalità semplicemente
bizzarro.
Sull’onda
della
crisi,
l’economistaPauldeGrauwe
ha pubblicato un intervento
autocritico nel quale metteva
indubbiol’egoismorazionale
dell’agente economico-tipo:
«Poichétutticomprendonola
medesima “verità”, tutti
agiscono nello stesso modo.
Dunque, per modellare le
imponderabilità del mondo
occorre modellare soltanto il
comportamento di un unico
agente (“il consumatore
rappresentativo”
e
il
“produttorerappresentativo”).
Raramente un’idea così folle
èstatapresasulseriodatanti
accademici»9.
Questa formulazione era
ancoramoderata,vistochede
Grauwe non poneva ulteriori
domande sul ruolo e la
morale di Numero 2. Ma già
il giorno successivo un altro
professore di economia
pubblicòsullostessogiornale
una risposta con cui
dimostrava che de Grauwe
era completamente in errore.
Edinuovo,qualchesettimana
dopo, un ulteriore articolo
chiosava questa schermaglia
con l’osservazione: «Il
professor
Wickens
ha
mostrato che de Grauwe
aveva torto, il che dimostra
cheeffettivamentedeGrauwe
avevaragione»10.
In realtà, il sorriso di chi,
comeagentenelmondoreale,
potrebbe essere uscito da un
racconto di Kafka, rischia di
essere prematuro. Forse la
letteratura e l’arte potranno
tornare a svolgere un ruolo
nel ricordare a qualcuno
l’imprevedibilità dell’uomo.
Nel 2010, sull’onda del
disastro,dueautoridelFondo
Monetario
Internazionale
hanno messo a punto
un’analisi alquanto desolante
del fallimento sistemico, che
ai loro occhi è stato un
fallimento di tutti gli attori
economici. Hanno ridotto
l’agente in cenere11. E si
battevanoconunfervoresolo
lievemente ironico perché la
categoria ne insediasse uno
nuovo. Come candidato
proponevano una figura
letteraria:
Mrs
Rose,
protagonista
del
breve
racconto di Faulkner Una
rosaperEmily.Èunracconto
dell’orrore.
____________________
1GailTurleyHouston,FromDickens
toDracula,CambridgeUniversity
Press,Cambridge2005.
2Mirowski,MachineDreams,cit.,p.
9.
3HughKenner,TheCounterfeiters:
AnHistoricalComedy,Indiana
UniversityPress,Bloomington
1968,p.40.
4MacKenzie(acuradi),Do
EconomistsMakeMarkets?,cit.,p.
199.
5PhilipBobbitt,TerrorandConsent:
TheWarsfortheTwenty-First
Century,Anchor,NewYork2008,
p.87.
6Dyson,AUniverseosSelfReplicatingCode,cit.
7StevenLevy,Secretof
Googlenomics:Data-FueledRecipe
BrewsProfitability,in“Wired”,22
maggio2009,disponibileall’
indirizzo
http://www.wired.com/culture/culture
06/nep_googlenomics?
currentPage=all.
8Cfr.MarcelMauss,Saggiosul
dono,Torino,Einaudi2002(ed.
orig.Essaisurledon,in“Année
Philologique”,1923-1924;poiin
Id.,Sociologieetanthropologie,
PressesUniversitairesdeFrance,
Paris1950).
9PauldeGrauwe,Warring
EconomistsareCarriedalongby
theCrowd,in“FinancialTimes”,22
luglio2009.
10LucE.LeruthePierreJ.Nicolas,
TheCrisisandMissEmily’s
Perceptions,InternationalMonetary
Fund,Washington2010,p.2.
11
Ibid.
Capitolo10
Sistemanervoso
Perlaprimavoltadiventa
chiaro:nonc’èbisognodi
uncorpoperagirenel
mondo,occorronosolonervi
saldi
Numero 2 non è più un
essere di carta. Fintanto che
stava solo nei libri era, sì,
abbastanza inquietante, ma
riconoscibile come ideologia,
dagli economisti di Chicago
fino alle aberrazioni del
thatcherismo.
Solo
l’elettricità del computer ne
hafattoquellocheèora.
L’idea della robotica di far
agire e pensare qualcos’altro
alpostoproprioèanticacome
la scoperta dell’elettricità e
recente come la pubblicità
dell’ultimo robot da cucina.
Alcuni rispettabili visitatori
che nel 1881 a Parigi
assistono alla spettacolare
esibizione
dimostrativa
allestita da Thomas Alva
Edison parlano di una mano
spettrale che accende o
spegne, mette in moto o ti
provoca a piacimento una
scossa elettrica. La luce, il
calore, la scossa e la mano
invisibile:
ecco
la
combinazione seducente che
riempie le teste non solo di
scienza,maanchedimagia.Il
telefono è appena stato
inventato e subito gli
scienziaticercanodiprendere
contatto con l’aldilà. Il
telefono è appena entrato
nellecase,edeccoche,come
nei romanzi di Kafka, si
fanno vive potenze anonime.
L’elettricità è strettamente
collegata alla paura delle
forzeprimordialiedeimostri
ridestatinelleprofonditàdella
Terraoinsestessi.
Unadiciannovennetrascrisse
iltestooriginaledellafantasia
che aveva avuto in una notte
di temporale sul Lago di
Ginevra. «Forse» rifletteva
«si sarebbe potuto rianimare
uncadavere;ilgalvanismone
aveva dato prova; forse le
parti di una creatura
avrebbero potuto essere
fabbricate, messe assieme, e
dotatedelsoffiovitale»1.
Anche il mostro del dottor
Frankenstein,destatoallavita
attraverso lampi e corrente
galvanica, finora era rimasto
solo sulla carta. Ha dovuto
svernare
quasi
centocinquant’anni
nel
ghiaccio eterno, prima di
ottenere la sua seconda
opportunità. Ora tutti citano
Frankenstein come se fosse
realmente esistito. A essere
cambiatinonsonolafantasia,
i desideri e le passioni della
gente, ma soltanto le
possibilità
tecniche
di
realizzarli. Come tante altre
cose del diciannovesimo
secolo, il Frankenstein di
Mary Shelley fu un test di
funzionamento della fantasia.
Il mostro c’era. Mancava
soltantolascintilladellavita.
Viviamonell’epocadiquesta
secondaondatadiidee,teorie
e ideologie, già messe alla
prova in base ad altri
presupposti e fallite in
passato. Le catastrofi del
capitalismo
finanziario
appartengono
a
questa
seconda ondata, ma la
meccanizzazione dell’uomo,
lo smembramento dell’Io
umano per favorire un
migliore
sfruttamento,
l’economicizzazione
delle
relazioni sociali erano tutte
cose che già imperversavano
neilaboratorideglialchimisti,
ai tempi dell’assolutismo e
della Rivoluzione industriale,
e nei complessi industriali
agli inizi del ventesimo
secolo.
La prima volta c’entra
sempre il corpo: trasmutare
l’oro in piombo, destare alla
vita i morti mediante scosse
elettriche, trasformare gli
automi in esseri umani. Con
sforzi enormi queste visioni
degli
uomini
vengono
continuamente imprigionate,
esiliate nelle caverne o ai
poli,
o
semplicemente
considerate roba da bambini.
Lì, come i Titani greci
sottoterra o come Sauron a
Mordor, attendono il giorno
delritornoinaltresembianze
o in migliori condizioni.
L’immaginazione culturale
conosce centinaia di queste
storie,intitolate“Ilritornodei
freak animals” o “Lo
scatenamentodeimostri”.
Questo richiamo storico è
importante per capire quali
sogni stiamo facendo. La
storia non comincia con
Apple o Microsoft, e
nemmeno con le prime
macchine calcolatrici del
pionieredelcomputerKonrad
Zuse. Per secoli il software
che ha portato a queste
macchine non consistette in
uncodicematematico,manel
desiderio economico di una
sorta di macchina universale
del pensiero, di un automa
per il controllo del pensiero,
perfarviverel’inanimato,per
comunicare con chi non è
presenteeosservarlo.
Quando, nel diciottesimo
secolo, fecero la loro
comparsa i primi automi
meccanici, diedero spunto
alla fantasia dell’uomo
artificiale; poi fu inventata la
macchina a vapore e si cercò
una macchina a vapore del
pensiero; poi fu la volta
dell’elettricità
e
si
collegaronogliuominiafonti
di energia elettrica. Nulla di
tutto questo funzionò, ma
tuttoeraanimatodallostesso
desiderio: creare un sosia
prevedibile e controllabile
dell’uomo, e se non
dell’uomo, per lo meno del
suocervello.
Inmancanzadellostrumento
adeguato, cioè del computer,
molte di queste idee finirono
in vicoli ciechi, o soltanto in
romanzi di fantascienza. Ma
nessun fallimento ha mai
bloccato la traboccante
immaginazione.Nonsièmai
trattato semplicemente di
dichiarazioni delle tasse
compilate da programmi
automaticiodisistemiperla
prenotazione di posti o delle
vacanze. In gioco c’era
sempre infinitamente di più.
Primaimilitari,poigliagenti
diBorsaeinfinetutti,ebbero
la sensazione, già dopo un
breve contatto con il mondo
digitale, di comunicare con
un organismo vivente così
perfettodapotergliaffidarele
decisionisullavitaelamorte
dell’interopianeta.
Il fatto che oggi tutti parlino
di un “sistema nervoso”
elettronico che pervade il
mondo è ben più che una
mera costruzione semantica
sussidiaria. È proprio il
sistema nervoso che gli
economisti sognavano da
duecento anni a questa parte:
la medesima razionalità
economica pervade l’intero
universo vivente e non
vivente,
la
medesima
economia del pensiero, la
medesima prevedibilità di
acquisto e vendita, dai
neuroni fino alle decisioni
sull’investimento dei fondi
pensione.
Ci sono anche rami morti,
nell’albero
genealogico
dell’odiernoNumero2.Unoè
stato il tentativo di destarlo
alla vita con l’aiuto
dell’elettricità, come robot al
servizio del suo signore o
comeoperaiodifabbrica.Ma
ilvicolocieconelqualesiera
infilato il tardo secolo
diciottesimo conduce a una
conoscenza nuova e ripresa
cent’anni dopo: l’energia
vitalenonèl’elettricità,malo
scambio
elettrico
di
informazioni.
Il
primo
tentativodidarvitaaNumero
2 fallì perché si collegarono
direttamente gli elettrodi agli
esseri
viventi
anziché
utilizzarli per connettere gli
esseriviventifraloro.
Il6novembre1780ilmedico
Luigi Galvani (1737-1798)
toccò accidentalmente con il
suo bisturi elettricamente
carico la coscia amputata di
una rana, fissata a un tavolo
con graffette metalliche, ed
ecco che cominciò a
sussultare. Galvani pensò di
avere scoperto gli spiriti
vitali. Per essere certo che la
scintilla elettrica potesse
davvero accendere la vita,
fissò al tetto di casa sua
alcune barre metalliche
direttamente collegate ai
nervi delle rane e di altri
animali preparati nel suo
laboratorio. Quando nubi
temporalesche
si
addensavano sulla sua casa e
scoccava il fulmine, gli
animali cominciavano a
sussultare. In un baleno si
diffuse in tutta Europa la
notizia che l’elettricità era in
grado di destare alla vita i
morti.
Pocotempodoposuonipote,
il professore di fisica
GiovanniAldini(1762-1834),
fece esperimenti a Londra
con il cadavere di un duplice
omicida che era stato
impiccato.Ilcorpodelmorto
ebbe fortissimi spasmi, un
occhiosiaprì,itrattidelvolto
si distorsero, ma l’uomo non
tornòinvita.Morìinveceuno
dei medici presenti, a quanto
pareperlospavento.
A Parigi i giacobini
cominciarono a fissare cavi
alle teste decapitate e
notaronocheivoltidelleloro
vittime morte si torcevano in
orribili
smorfie.
Certo,
Alessandro Volta (17451827), il grande antagonista
di Galvani, aveva ripetuto
l’esperimento delle cosce di
rana e aveva stabilito che il
bisturi dotato di carica
elettrostatica non aveva
affatto aperto la porta che
conducedallamorteallavita,
ma aveva semplicemente
chiuso un banale circuito di
corrente. Poiché però aveva
anche spiegato che ogni
cellula del corpo è carica di
elettricità, il legame fra
elettricità e vita non fece che
dominare ancor di più
l’immaginazione.
OvunqueinEuropavenivano
smembrati esseri viventi e
messi sotto corrente: teste di
mucca, zampe di polli,
lombrichi.
A
seconda
dell’osservatore,sitrattavadi
un’operazione
spiritistica,
scientifica o economica,
spesso tutto assieme. Nulla
poteva essere osservato
isolatamente:
il
corpo
dell’animaleedell’uomonon
era altro che un ciclo
economico, una animal
economy, e rappresentava il
modello di un’economia
reale. Le leggi fisiche che
consentiva
di
scoprire
potevano
essere
immediatamente
trasferite
nell’economiaenellasocietà.
Nel giro di pochi anni era
nata una combinazione
estremamente gravida di
conseguenze: l’elettricità era
diventata
il
simbolo
dell’energia vitale e il
simbolo della ricchezza
economica.
Peccato solo che, in questo
modo, non fosse possibile
creare artificialmente la vita.
Ci si accontentò di trasferire
le leggi dell’energia e
dell’elettricità
appena
scoperte
alle
leggi
dell’economia e della società
umana. Ma il sogno più
granderimaseirrealizzato:un
essere che ubbidiva in modo
prevedibile a queste leggi
perché non poteva fare
diversamente, e che quindi
avrebbe potuto fruttare
enormiguadagniinterminidi
efficienzaperlasocietàinvia
di industrializzazione, non
esisteva.
Poi, però, un fervente
ammiratore di Galvani ebbe
un lampo di genio. Perché
collegarel’elettricitàainervi,
se essa stessa poteva
costituireunsistemanervoso?
Perché destare alla vita un
corpo intero se si voleva
avere soltanto la mente? Già
allora qualcuno cominciò a
capirecomefareadarrivarci.
Con centocinquant’anni di
anticipo,magiàconl’ideadi
fondoattuale:l’energiavitale
non è l’elettricità, ma la vita
nonèaltrocheloscambiodi
informazioni.
Dunque, mentre a Parigi la
ghigliottina forniva materiale
a
sufficienza
per
raccapriccianti esperimenti a
base di elettricità e teste
umane, attorno al 1800 in
Spagnailmedicoeinventore
Don Francisco Salvá (17511828) rifletteva su come si
potesse far comunicare fra
loro teste viventi, senza i
corpi.
L’obiettivo di Salvá era
quello di dare la vita non a
corpimorti,maamentisenza
corpo.ScriveGeorgeDyson:
Sidicecheavessecostruito
unalineatelegraficaacavo
unico lungo le ventisei
miglia
che
separano
Aranjuez da Madrid. Salvá
aveva sperimentato sia i
segnali elettrostatici che la
trasmissione di deboli
impulsi
di
corrente
continua, rilevati dalle
convulsioni delle zampe di
rana a ben trecentodieci
metri di distanza […] Nel
1804[dimostrò]chelerane
potevano essere sostituite
da celle elettrochimiche
tanto come trasmettitori
quanto come recettori di
segnalielettrici2.
Con questa apparecchiatura
Salvá, come espose nella sua
relazioneall’Accademiadelle
Scienze di Barcellona, aveva
inventato uno dei primi
telegrafi, un procedimento
cheungiorno–anchequesto
previde Salvá – avrebbe
potuto funzionare “senza
fili”.
A Parigi qualcuno era molto
interessato a invenzioni del
genere, comunque più che al
quesitosuqualefosselasede
dell’anima. Salvá riferì
all’Accademia, citando due
fonti molto attendibili, che
Napoleone era irritato per
l’inaffidabilità
della
trasmissione esclusivamente
ottica delle notizie. E
riconosceva i vantaggi non
soltanto militari, ma anche
economici, che la nuova
tecnologia
avrebbe
comportato.
Fino ai computer-mostri
della guerra fredda, i padrini
che stanno accanto alla culla
di una tecnologia intesa a
migliorare il pensiero e la
comunicazione sono sempre
l’apparato
militare
e
l’economia.
Lecellulenervosedellerane,
lo sfruttamento dell’animal
economysonoleprimetracce
diquellametaforasemprepiù
potente che equipara la
comunicazione elettrica al
“sistemanervoso”.Nemmeno
l’invenzione della pila da
parte di Volta pose termine
allosmembramentodeicorpi.
Gli studiosi ora avevano, sì,
l’elettricità, ma per lungo
tempo non trovarono un
ricevente che reagisse ai
segnali elettrici con una
sensibilità paragonabile a
quella di un corpo vivente3.
Sicollegaronofiliallalingua
umana, e quando ciò si
dimostrò poco pratico, il
“telegrafo
elettro-
fisiognomico” degli inizi del
diciannovesimo
secolo
utilizzò
come
stazione
ricevente i polpastrelli di
entrambe le mani. Alexander
von Humboldt collegò con
fililasualinguaeilsuoretto
e in una lettera riferì di una
«luce bianca che aveva
visto». Nei disegni che il
professore di arte Samuel
Morse aveva fatto della sua
invenzionesivedeancorauna
sola mano manovrare il tasto
di rame dell’apparecchio.
Attorno al 1870 i primi
telegrafistiriferivanodiavere
lasensazionedi«fondersicon
le loro reti […] durante il
trasferimento dei segnali dai
loro cervelli, attraverso le
dita, fino ai tasti e infine al
filo»4.
Quanto più vi si fondevano,
tanto più la comunicazione
era
veloce,
essenziale,
impeccabile. Anche questo
insieme si scompone sempre
più.Allafinenonc’èbisogno
nemmeno della lingua e
dell’intera mano – è rimasto
soltantounpolliceall’insuin
Facebook.
Nel 1937, bicentenario della
nascita di Galvani, all’epoca
del telegrafo e del telefono
era chiaro a tutti cosa allora
era davvero venuto alla luce
del mondo: «La stessa cosa
che nelle mani di Galvani
riusciva a far muovere un
muscolo portava la voce di
Marconi al di là degli
oceani»5.
Suona efficiente e logico,
così come la storia della
scienza di una specie
razionale racconta il proprio
progresso, dalla zampa di
rana all’e-mail. Tuttavia, nel
mormorio di fondo della
storia, dalla terrazza di Salvá
attraverso il segnale di SOS
del Titanic, le quotazioni di
Borsa,lecomunicazioniradio
dell’Apollo 11, fino alla chat
deinostriamicisuFacebook,
da
duecentocinquant’anni
viene sempre inviato anche
unaltromessaggioche,come
èscrittosuuntelegrammadel
DraculadiBramStoker,reca
«notizie che vi faranno
fischiareleorecchie».
Infatti, non appena i cordoni
nervosi metallici cominciano
a tendersi per il mondo, il
mondo cade in trance. Il
mesmerismo sostiene di
trasmettere
il
pensiero
attraverso la trance e il
Congresso americano è
indeciso se investire denaro
nel signor Morse o nel
trasferimentodelpensiero.
La risposta: occorre fondere
le due cose. Già nel 1842
JamesBraidconiailconcetto
di ipnotismo e nel 1882 – il
telegrafo si è già affermato –
FredericW.H.Myersinventa
il concetto di telepatia. La
lettura del pensiero e la
comunicazionecongliassenti
diventano il progetto di
ricerca di scienziati seri che
cercano di prendere contatto
conimorti.
L’anglista e storica della
scienza Laura Otis ha
raccontato con una gran
quantità di riscontri, da
Samuel Morse fino ai
fonografi ai quali Bram
Stoker fa registrare la storia
delsuoDracula,ildrammadi
questa trance. Gli uomini
hanno cercato con i moderni
mezzi di comunicazione non
soltanto di parlare tra loro,
maanchediprenderecontatto
con un secondo, immateriale
esserevivente.
Di tutti questi stadi di
sviluppo rimangono tracce di
DNA nel corredo genetico di
Numero2.Essoètecnico,ma
anche spiritistico: Numero 2
calcolacomeunamacchinae
prevede cose come un
medium.
All’inizio
degli
anni
cinquanta
l’economista
FrederikHayek,inunostudio
tutt’oggi affascinante – e
senza ancora conoscere le
ricerche dei cibernetici –,
paragonò il mercato a un
sistemadicomunicazioneche
corrisponde
al
sistema
nervoso dell’uomo e nel
quale i neuroni svolgono il
ruolo dei compratori o dei
venditori, per fare «ciò che è
utilealsistema».
Alla fine del ventesimo
secolo questo sistema era
perfetto: dai geni attraverso i
neuroni fino ai mercati
finanziari automatizzati, tutto
operava secondo i modelli
dell’economia neoclassica e
neoliberista. E la teoria dei
giochierariuscitaadarforma
anche
alle
relazioni
interpersonaliinbaseaquesta
immagine.
Il primo tentativo di
risvegliareimortiandòmale.
Il secondo, il risveglio di
modelli morti, a partire dagli
anni cinquanta fu un trionfo
senza pari. Tuttavia, sarebbe
stato
necessario
un
avvertimento: dove tutto è
pianificato, accade talvolta
che alla minima occasione
crescanomostri.
____________________
1MaryShelley,Frankenstein.
Ovvero,ilmodernoPrometeo,
EdizioniStudioTesi,Pordenone
1995,p.11(ed.orig.Frankenstein,
1818;lacitazioneètratta
dall’introduzionedel1831).
2Cfr.Dyson,L’evoluzionedelle
macchine,cit.,pp.244-245.
3LauraOtis,Networking:
CommunicatingwithBodiesand
MachinesintheNineteenth
Century,TheUniversityof
MichiganPress,Michigan2001,p.
121.
4Ivi,p.10.
5Ivi,p.228.
Capitolo11
Androide
Assemblatiiprimiautomi,
subitosismembral’uomo
Al suo primo apparire,
Numero 2 era, letteralmente,
una macchina che sembrava
un essere umano. Tuttavia
non faceva calcoli, ma
suonavailflautooilpiano.
Corre l’anno 1738 e tutta
l’Europa è attraversata da
lunghe processioni di esseri
artificiali: gli automi sfilano
dalle chiese ai palazzi e dai
palazzi alle fiere annuali,
migliaia di persone seguono
le loro orme. Imperatrici e re
li ammirano stupiti, poeti e
artigiani
li
celebrano,
funzionari pubblici e soldati
capitolano dinnanzi alla loro
perfezione.
Sono
la
meravigliadell’epoca.
La comparsa della specie
artificiale
fu,
duecentocinquant’anni prima
delle code che si formano
all’uscitadiunnuovoiPhone,
forse il primo caso nel quale
lagioiosaeccitazioneperuna
tecnologia magica è ormai
inscindibile dall’interrogativo
su chi avrebbe utilizzato
entrambe – l’eccitazione e la
tecnologia–aiproprifini.
«Si può vedere proprio»
scrisse
un
entusiasta
contemporaneoapropositodi
un amatissimo automa,
un’anatra, «che divora il suo
mangime
con
grande
appetito, beve di gusto, è
contenta quando ha bevuto,
dopo di che si rassetta il
piumaggio, si ferma per un
po’ e infine va di corpo…»
L’imperatrice Maria Teresa
possedeva una macchina
capace di scrivere. Alle
Tuileries, migliaia di persone
ascoltavano per 24 sous la
canzone del suonatore di
flauto (nel cui strumento era
nascostaunapompaadaria)e
«i più dapprima non
riuscivano a credere che la
musica provenisse davvero
dall’automa»1.
I più popolari erano gli
automi con sembianze di
esseri umani. Diderot, nella
sua Encyclopédie, cercò per
definirli un termine che
significassepiùdi“automa”e
menodi“uomo”.Daallorain
poifuronochiamatiandroidi,
lemacchinesimiliall’uomo.
La superstar della specie
divenne la “musicista”,
un’organista della quale un
osservatore notò che era
«visibilmente
emozionata,
conuntimoreeunatimidezza
che raramente si possono
riscontrarenellavitareale»2.
InFranciasicominciòcosìa
costruire
“l’uomo
anatomico”, furono simulate
miniere d’argento nelle quali
iminatorifunzionavanocome
piccoliautomi.
Dopo i monarchi, gli
artigiani, i contadini, presero
laparola,comespessoaccade
nel caso di una tecnologia
pionieristica, i pensatori. E
per quanto la pensassero
diversamente,
tutti
paragonarono
Jacques
Vaucanson (1709-1782), il
costruttore dell’anatra e del
suonatore di flauto, a
Prometeo, il più nobile dei
Titani, che era riuscito ad
accendere
il
fuoco
vivificatore. Lo fece JeanJacques Rousseau, il filosofo
dell’“uomo naturale”; lo fece
La Mettrie, che giusto dieci
annidopoavrebbepubblicato
il libro L’uomo macchina; e
lo fece volentieri Voltaire.
Conglielogia“PrometeoII”
spronava il re di Prussia
Federico II, il quale cercava
inutilmente
di
attirare
Vaucanson a Berlino. Non
essendociriuscito,«ilpedante
re delle piccole macchine»,
come lo chiamava Michel
Foucault, si fece costruire
propriautomi.
Dunque, la gente guardava
estasiataleperfettemacchine,
le cui superfici metalliche
dovevanoprodurrel’illusione
completa, ma non sapeva
cosa vedeva. Qualcuno,
riferisce Vaucanson, si era
lamentato che l’anatra avesse
piume di ottone perforate e
non un vero piumaggio. «Ma
il mio intento» spiegò «era
quello di mostrare i
movimenti e non una
macchina»3.
Infatti le meravigliose
superfici,
perfetta
simulazione di esseri viventi,
avevano un unico scopo:
essereaperte.Alcune,comeil
suonatore di flauto o la
danzatrice, mediante uno
sportello,altre,comel’anatra,
mediante la trasparenza che
consentiva di gettare uno
sguardo nella loro meccanica
senzaincontrareostacoli.
Il pubblico avrebbe dovuto
vedere gli ingranaggi e le
piume di metallo – l’intero
meccanismointernodellavita
artificiale – per cercare di
comprendere, a quanto si
diceva, come funzionano la
vitaeilmovimento.Lostesso
Vaucanson,
nelle
sue
memorie,invitavaancorauna
voltaillettoreaesaminarele
macchine per riconoscere
«che la natura è stata imitata
correttamente»4. In realtà,
però, in gioco c’era qualcosa
di completamente diverso: i
curiosi che fissavano ignari
gli automi diventarono le
cavie di un esperimento
sociale.
Ispezionandoli,
sarebberodiventatiessistessi
parte della macchina. La
macchina era meravigliosa;
ed era una minaccia.
Meravigliosa, poiché agli
occhi dei contemporanei la
vita artificiale sprigionava la
magia degli alchimisti e il
genio dei moderni ingegneri.
Una minaccia, poiché le
macchine erano complici
nell’attuazione di un’idea
politica: trasformare gli
uominiinautomi.
Che gli animali non fossero
altro che automi era un’idea
inculcata già dal filosofo
Cartesio:
l’uomo
si
distinguerebbe dagli animali
solo perché ha un’anima.
Joseph Spence, che aveva
visto l’anatra a Parigi nel
1741, scrisse subito una
lettera a sua madre, nella
quale sviluppò ulteriormente
quest’idea: i buoni artisti
potrebbero «trasformare un
animaleinunmeccanismoin
grado di fare tutto ciò che
riesce a fare un animale
reale»5.
Ma chi parla di animali?
L’uomo è tutto. Gli automi
perfetti prima o poi
sollevarono la questione
dell’anima;lofeceroinmodo
scherzoso e per quanto
possibile ironico, più o meno
come la prima ondata di
entusiasmo per Second Life
nella rete, quando si credeva
cheunqualcheavatarpotesse
diventare quella che si
chiamavita.
Una delle macchine, un
automa per la scrittura del
grande orologiaio JaquetDroz di Neuchâtel, quando
era di buon umore scriveva
“penso, dunque sono”. Ma a
volte anche “non penso,
dunquenonesisto?”.
Hobbes,
l’autore
del
Leviatano, aveva spiegato
l’uomo come un automa, per
fare dello Stato un automa
umano: «Che cos’è infatti il
cuoresenonunamollaeche
cosa sono i nervi se non
altrettantecordeechecosale
giunture se non altrettante
ruote?».
Era un’immagine del mondo
che sembrava fatta apposta
per i bisogni dell’incipiente
modernità, per la sua spinta
economica verso l’efficienza
elosfruttamentoeperlasua
volontà di controllo politico
da parte di un cervello
centrale.
Elaspecificamissionedegli
automieraquelladimostrare
comefunzionerebbeunessere
umano se fosse una
macchina.
Accedere
all’interno
dell’androide
voleva
dire
accedere
all’interno dell’uomo, poiché
mentregliuominiguardavano
dentro la macchina, la
macchina
trasformava
l’interno delle loro teste. Il
suonatore di flauto, il
tamburino, la danzatrice e
perfino
l’anatra
erano
fabbriche di immagini del
mondo.
Gli uomini vedevano come
dovevanovederesestessi:un
ingranare di ruote dentate, di
molle elastiche e di
dispositivi idraulici, tutti
dipendenti
dall’unità
meccanica centrale. Se
funzionava così un’anatra,
allora funzionava così anche
il corpo umano, anima a
parte. E ben presto i
frequentatori dei salotti
parigini cominciarono a dire
chelaloro“mollamotrice”si
era allentata e doveva essere
ricaricata. Se il corpo
funzionava così, allora anche
loStatooun’economia…
Questi androidi non erano
altro che sistemi che
elaboravano informazioni, e
proprio di questa idea
organizzativa
avevano
bisogno i monarchi e le
istituzioni. Poco tempo dopo
Federico II, come ha riferito
MichelFoucault,trasformòil
suo esercito in un “automa”
addestrato
a
eseguire
sequenze di movimenti come
una macchina. Napoleone,
che amava gli automi quanto
Federico, imparò in fretta e
perfezionò scuole, ospedali,
amministrazione, che così si
trasformarono in apparati. Al
primo posto, però, e
soprattutto,
perfezionò
l’economia.
Occorresempreimmaginarsi
iVoltaireoiLaMettrie,che
Federico aveva fatto venire
alla sua corte prussiana, un
po’ come i McKinsey6 del
diciottesimo secolo. L’uomo
macchina di La Mettrie può
essere letto come un libretto
diistruzioniperilmontaggio
dell’esercito prussiano, ma
certamente
anche
dell’immaginedelmondodei
sudditidiFederico.
Da ogni parte, da Immanuel
Kant nella sua Königsberg
finoalmedicoedeconomista
francese François Quesnay
(1694-1774),
giungevano
pareri sul livello di
organizzazione che lo Stato
deve raggiungere per essere
una macchina e a partire da
quando la macchina farebbe
dello Stato una tirannide. Ma
ancor più decisiva fu quella
chelostoricoSimonSchaffer
chiamò la nascita della
tecno-politica.
Basta considerare ciò che
facevano Quesnay e gli
ingegneri parigini impegnati
nella
costruzione
di
prodigiosiautomi:sognavano
macchine che non solo
riproducessero
l’intera
anatomia umana, ogni osso e
ossicino, ma anche i muscoli
e,
mediante
dispositivi
idraulici, simulassero la
circolazione sanguigna. La
convinzione che il corpo
umano andasse concepito
come un circolo non si era
ancora diffusa tra la
maggioranzadeimedici.Essi
eranoancoralegatiallateoria
di Galeno, secondo cui il
sanguesiformanelfegatoed
è propagato dai vasi
sanguigni.
Quesnay
propose,
letteralmente, di guarire i
medici da queste false
convinzioni: con automi che
li mettessero in condizioni di
vedere come stavano le cose.
Essi sarebbero diventati, per
così dire, pura ispezione,
sguardo assoluto dentro la
circolazionedelsangue,forse
laprimasimulazionein3De
laprimaparticelladiquelBig
Bang virtuale che due secoli
doposarebbeavvenutoconil
computer.
Tutto ciò suona ingenuo e
più adatto a una lezione di
biologia. Ma così come la
meccanica degli ingranaggi
avrebbe trasformato lo Stato,
allo stesso modo gli
ingranaggipiùlacircolazione
idraulica avrebbero cambiato
per sempre il modo in cui
l’economia comprende se
stessa.Ilcorpoautomatizzato
diventò il corpo dell’uomo e
il
corpo
dell’uomo
l’organismodell’economia.Il
sangue – il denaro o il
benessere – fluì tra grandi
proprietari terrieri, artigiani e
contadini. Gli artigiani erano
levene,icontadinilearteriee
i grandi proprietari terrieri,
che fornivano il capitale, il
cuore7.
Il benessere poteva scaturire
solo dalla natura, poiché,
secondoQuesnay,eral’unico
luogo nel quale qualcosa
potevanasceredalnulla.
Paradigmi del genere sono
particolarmente amati in
economia, fintanto che
esistonoautomichemostrano
il proprio funzionamento:
dopo
la
scoperta
dell’elettricità, la corrente
elettrica assume la funzione
delsangue,chepiùtardisarà
svoltadaiprocessidiscambio
della
struttura
atomica
descritti
dalla
fisica
quantistica.
Occorre tenere presente che
il concetto di economia, così
comelointendiamooggi,nel
diciottesimo secolo non
esisteva. Chi parlava di
economia parlava di un
settore della medicina, di
“economia animale” (animal
economy). L’Encyclopédie di
Diderot, per esempio, la
definisce come un sistema
che
comprende
il
«meccanismo, il complesso
delle funzioni e dei
movimenti che consentono la
vita degli animali». E noi
oggi sappiamo che i
fondamentifisiciemeccanici
dell’economiaavevanoquila
loroorigine.
Adam Smith era in stretto
contatto con i francesi, e
trassedalorolasuaideadella
circolazione
di
tutta
l’economia e della mano
invisibilecheregolaimercati.
E un’intera biblioteca di libri
sull’argomento
ha
nel
frattempo mostrato che il
matrimonio tra economia e
fisica,aqueltempocelebrato
da orologiai, ingegneri e
medici, sarebbe stato forse il
legame più gravido di
conseguenze
e
più
drammatico
dei
secoli
successivi. È quello che oggi
cipreoccupapiùchemai.
Un matrimonio che non è
stato contratto in cielo, ma
nei congegni meccanici
dell’uomoindustrializzato.
La stessa economia è stata
findall’iniziounautoma.«La
fisicael’economia»hascritto
la filosofa della scienza
Nancy Cartwright «sono
entrambe discipline con
tendenze
imperialistiche:
affermano di continuo di
poterspiegaretutto,l’unanel
mondo naturale, l’altra in
quello sociale». Tuttavia,
laddovesiallearono,lafisica
(sottosezionemeccanica)creò
nel diciottesimo secolo la
matrice che l’economia
sovrappose alla società.
L’economia,nonlafilosofiae
tanto
meno
l’astratto
“Illuminismo”, applicò la
tecnologia all’organizzazione
sociale.
Liquidare oggi la critica alle
innovazioni
tecnologiche
come “luddismo” è di una
ingenuità sconcertante. La
critica alle tecnologie è
sempre una critica alle
costrizioni sociali e cognitive
che esse producono, allorché
vengono usate e abusate
dall’economia come modello
esplicativo. «L’uomo» aveva
scritto La Mettrie «è una
macchinachericaricadaséle
mollechelamuovono»8.
Leattrazionidafieracaricate
con chiavi e manovelle
furonol’iniziodiciòcheoggi
chiamiamo
determinismo
tecnico:
la
macchina
determinailnostrofuturo.Per
dirla con le parole dello
studioso di letteratura Hugh
Kenner: «Se un uomo per
tuttalavitanonfachetessere
fili, come potrà poi una
macchina tessitrice essere
qualcosa di diverso da un
uomoinformapiùpura?»9.
Nel diciottesimo secolo non
si trattava soltanto di
inventare automi. Si trattava
diinventareunessereumano
perlemacchine.
E
fu
effettivamente
Vaucanson,
il
padre
dell’anatra e dei danzatori, a
costruire poco dopo, fra le
proteste degli artigiani delle
manifatture, il primo telaio
completamente automatico,
accompagnando
questa
invenzione con parole che, a
distanza
di
duecentocinquant’anni,
risuonano fino a noi: questo
automa è uno strumento con
ilquale«uncavallo,unbueo
un sedere possono produrre
vestiti più belli e meglio
confezionati di quanto non
riuscirebbero mai a fare i
migliori tessitori di seta […]
Ciascuna macchina produce
ogni giorno quanto i migliori
lavoratori se non sprecano
tempo»10.
In Francia la moda dei
giocattoli volgeva al termine.
Gli automi avevano prodotto
soldati e sudditi; il passo
successivo sarebbe consistito
nel produrre consumatori e
mercati.
Anzitutto, però, una rivolta
diartigianiaLione–dopole
sue
dichiarazioni
sulla
sostituibilità dei lavoratori,
Vaucanson fu costretto a
fuggire dalla città travestito
da frate – chiarì che
occorrevadapprimainsegnare
agli uomini a riconoscere il
codice della macchina anche
quando la macchina non
aveva le sembianze di un
essere umano o di un
animale.
A quel punto, però, si
cominciò a interessarsi degli
automi-giocattolo
in
Inghilterra. Furono proprio i
capitalisti di ventura a
finanziare lo sviluppo della
macchina a vapore di James
Watt e a sostenere con una
somma considerevole un
uomo dal nome evocativo di
Merlin11.
Merlinfeceincettadiautomi
francesielisistemòaLondra
nel suo museo meccanico,
che godeva di una notorietà
ancora più straordinaria dei
prodigi di Vaucanson ai
tempi dei loro trionfi in
Francia.
Con i soldi di quei
finanziatori,Merlinorganizzò
una mostra permanente di
androidi, della quale il meno
che si possa dire è che
presentò la scomposizione
dell’uomo in tutte le singole
funzioni che sarebbero state
inseguitocosìimportantinel
processo di produzione
industriale.
Quelle
riproduzioni
«eseguivano
quasiognimovimentoegesto
delcorpoumano,ossiaquelli
del capo, del busto, della
nuca,dellebraccia,delledita,
delle gambe e perfino il
movimentodellepalpebreeil
sollevamento delle mani e
delle braccia all’altezza del
volto»12.
Effettivamente gli esseri
umani apparivano, senza
saperlo, come algoritmi. Non
erano scritti in codici, come
oggi, ma li si poteva toccare,
e tuttavia prepararono gli
uomini a un mondo di
divisione del lavoro e di
scomposizione. Come ha
chiarito Otto Mayr, a partire
dal diciottesimo secolo lo
smontaggio degli orologi
venne considerato «come
un’illustrazione di quel
processo conoscitivo noto
come analisi»13. È stato un
processo inconscio, che ha
piùachefareconladomanda
di parti del corpo artificiali
che con le esigenze
dell’industria moderna, ma
realizza esattamente ciò che
oggi avviene di continuo
mediante
algoritmi:
la
scomposizione del lavoro
manuale e intellettuale in
formule che dovrebbero
misurare il valore fisico e
quindi
economico
del
pensiero.
Attornoal1790ilchimicoed
economistaAntoineLavoisier
escogitò non solo riforme
dell’agricoltura francese, ma
anche un metodo di calcolo
del pensiero e della scrittura,
allo scopo di misurare il
lavoro intellettuale, cioè di
penetrare
nella
mente.
«Misurando il polso e il
consumo d’aria» scrive
Simon
Schaffer
«il
lungimirante accademico e i
suoi collaboratori credevano
di poter stabilire a quante
libbre
corrispondono
i
tentativi di una persona di
tenere un discorso o di
suonare uno strumento
musicale»14.
Tutto ciò venne ben presto
impiegato come modello per
la nuova società nell’epoca
della razionalizzazione del
lavoro e del taylorismo: il
computoinformulefisichedi
forza ed efficienza di
micromovimenti
ripetuti
senza sosta come il
sollevamento di un braccio o
l’allungamento delle dita.
Eppure l’operaio era ancora
fatto di muscoli, ossa, mani,
braccia e gambe. Per tutta la
Rivoluzione industriale, e
fino al ventesimo secolo
inoltrato, si rifugiava nel
pensiero di vendere la sua
forza fisica, ma non la sua
anima.
Il poeta romantico William
Wordswortherastatounodei
pochi a vedere nei graziosi
androidi
dell’Haymarket
TheaterdiMerlinqualcosadi
completamente diverso. Non
esultò. Chiamò quello che
avevavistounparlamentodi
mostri.
In Europa il trionfo delle
creature-giocattolo
durò
ancora cent’anni. Poi, come
inunromanzo,finìnellafarsa
e
nel
mistero.
Del
celeberrimo
esemplare,
quell’anatra così realistica,
chegiàGoetheavevavistoin
uno stato deplorevole e che
per questo Napoleone non
aveva voluto ricomprare,
negli anni trenta apparve in
un museo francese una foto
misteriosa che mostrava
l’animalemezzoscheletrito,a
quantoparevaaDresda.
Quando la specie artificiale
scese
dal
palcoscenico
mondiale della fantasia, le
grandinazionieranopopolate
di macchine che potevano
agire autonomamente e
regolarsi da sé. Sembravano
una mutazione dei fragili
automi; e non venivano più
salutateconapplausieconun
entusiasmo da fiera, ma con
timoreopaura.
____________________
1SimonSchaffer,Enlightened
Automata,inWilliamClark,Ian
GolinskieSimonSchaffer(acura
di),TheSciencesinEnlightened
Europe,ChicagoUniversityPress,
Chicago2001,vol.II,pp.126-165,
quip.136.
2Ivi,p.138.
3Ivi,p.144.
4MinsooKang,SublimeDreamsof
LivingMachines:TheAutomatonin
theEuropeanImagination,Harvard
UniversityPress,Cambridge2011,
p.111.
5Ibid.
6McKinsey&Companyèunanota
multinazionalespecializzatain
consulenzadidirezione.[N.d.T.]
7MargaretSchabas,TheNatural
OriginsofEconomics,Universityof
ChicagoPress,Chicago2006,p.47.
8Schaffer,EnlightenedAutomata,
cit.,p.142.
9Kenner,TheCounterfeiters,cit.,p.
30.
10Schaffer,EnlightenedAutomata,
cit.,p.144.
11
Ivi,pp.137sg.
12Ivi,p.138.
13Mayr,Labilanciael’orologio,cit.,
p.140.
14Schaffer,EnlightenedAutomata,
cit.,p.134.
Capitolo12
Cervello
L’uomovieneadattatoagli
automi
Gli automi arrugginiscono e
l’epoca della macchina a
vaporeèormaiimminente.Le
macchine hanno il potere di
produrre norme sociali senza
comunicarle e senza doverle
giustificare. Come la storia
della tecnica ha mostrato,
possono essere più efficaci
degliapparatilegislativi1.
La funzionalità è il loro
argomento, e continuano a
lavorare nelle teste anche
quandonelmondorealesono
da tempo rottamate. Senza
averemaivistounamacchina
a vapore, gli uomini dicono
ancora oggi “sono sotto
pressione”.
Perché
le
macchinesonointuitivamente
comprensibili.
Comelavalvoladisicurezza
della macchina a vapore,
chiamata governor, questo
bastò a giustificare l’idea di
sistemi autoregolanti e, con
essa,l’ideadelliberalismo2.
La strada del governor
conduce dalla macchina a
vapore di Watt fino al
concetto di cibernetica
(termini che derivano dal
latinogubernatoredalgreco
kybernetes, “timoniere”) e ai
governatori del Fondo salvastati, il Meccanismo Europeo
di Stabilità (MES), che
godonodiimmunitàgiuridica
e operano solo sulla base
dell’autoregolazione.
Anche Sigmund Freud ha
tratto dal mondo delle
macchine metafore come
spinta, energia, forza e
rimozione per la sua
interpretazione
dell’inconscio. Chi parla di
macchine o, come oggi, di
computer,parlasempreanche
difisicasociale.
Attaverso il governor, la
macchina a vapore ancorò la
metaforadell’autoregolazione
nella testa della gente. Ma la
valvola di sicurezza non
esisteva per proteggere gli
uomini; le macchine, se non
si faceva attenzione, avevano
l’abitudine di staccare le
braccia o le gambe di chi
avevaachefareconesse.La
valvola non lo impediva.
Serviva
piuttosto
alla
protezione del sistema,
affinchélapreziosamacchina
non saltasse in aria. Era
questo il secondo messaggio
“politico” della macchina: il
funzionamento
dell’apparecchio
è
più
importantedelfunzionamento
dell’uomo.
Quando oggi si dice che i
sistemi digitali amputano
l’uomo e che l’user si fonde
conilsuostrumento,sitratta
di una vaga reminiscenza dei
tempi nei quali ciò avveniva
letteralmente e per la prima
volta. La macchina a vapore
amputava le persone, e lo
faceva così spesso che ne
derivò un grande mercato
automatizzato di costole,
mani e gambe. Per i pezzi di
ricambio degli esseri umani
furono presi a modello i
prodigi meccanici del museo
degli automi di Merlin; era
avvenuto
un
completo
rovesciamento: ora l’uomo si
erainpartetrasformatoinun
androide, per servire la
macchina. E questo era il
terzo messaggio politico:
l’operaio deve letteralmente
fondersiconlamacchina3.
Poiché non si riesce a
costruirerobot,l’uomostesso
deve diventare un robot: è
questo il codice politico che
anche Numero 2 reca in sé
dalle parti dell’ipermoderno
ventunesimosecolo,poichéla
costruzione di un modello
matematico del suo egoismo
e l’amputazione di ogni
individualità
spirituale
naturalmente non significano
altro che fare dell’uomo un
automa. Non è una fantasia
esclusiva del nostro tempo.
Anche l’epoca vittoriana ha
sognato questo sogno: una
macchina che pensa per
l’uomo.
Proprio nel momento in cui
WilliamWordsworthvisitava
a Londra il “parlamento dei
mostri”,unamadresimetteva
inviaggioconilsuobambino
alla volta del museo di
Merlin. Ancora anni dopo il
ragazzo si sarebbe ricordato
della
«danzatrice»
di
Vaucanson,
«una
straordinaria ballerina con un
uccellino sull’indice della
mano destra, che faceva
l’altalena con la sua codina,
sbatteva le ali e apriva il
becco. Questa signora aveva
un aspetto molto attraente. Il
suo sguardo estremamente
espressivoerairresistibile»4.
Quel ragazzo un giorno
avrebbe acquistato l’automa
della
danzatrice,
nel
frattempomoltorovinato,elo
avrebbe mostrato ai suoi
ospiti. Soprattutto, però, nel
1823,
stimolato
da
Vaucanson,
avrebbe
concepito
la
prima
calcolatrice digitale integrale
e, poco dopo, una macchina
differenziale che avrebbe
scomposto i processi mentali
benequantoimovimenti.
Questo matematico inglese,
Charles Babbage (17921871), il vero padre del
computer, aveva previsto
tutto nella sua mente: le
schede perforate, la divisione
del lavoro gestita dai
calcolatori,
la
fabbrica
automatizzata e le macchine
istruite «in aritmetica e non
piùinpoesia»5.Ecomeseciò
non bastasse, egli previde
anchelateoriadeigiochi.
Scelsiperilmiotestl’idea
di una macchina che
avrebbe giocato un gioco
per il quale occorrevano
soltanto
capacità
intellettuali; qualcosa come
il tris, la dama, gli scacchi
ecc.[…]Riusciibenpresto
adimostrarecheognigioco
di abilità poteva essere
giocatodaunautoma6.
Se si occupa di Babbage,
questa singolare figura del
diciannovesimo secolo, quasi
nessuno può fare a meno di
rabbrividire per lo shock del
riconoscimento.Eglisviluppa
nella sua mente nientemeno
che una macchina a vapore
del pensiero. Deve essere
quello che le braccia
artificialieranoperglioperai
addetti alla macchina a
vapore reale: la protesi della
classe di commercianti e
mercantiinviadiformazione,
chesisarebbeidentificatacon
il sistema nascente del
capitalismo,conlesuecifre,i
suoi profitti e le sue funzioni
diutilità.
Ma era troppo presto per
Numero
2.
Poiché,
diversamente da quanto
sarebbe avvenuto appena
cent’anni dopo, nessuno
voleva costruire una bomba
atomica o aveva bisogno di
catene di comando militari
regolate da uomini, a suo
tempo il progetto suscitò nel
governo
britannico
un
interesse effimero. Babbage
lamentò che tutti si
interessassero solo della sua
danzatrice, ma non della
macchina
differenziale.
Avevasistematoladanzatrice
inunastanzadicasasuaela
macchina calcolatrice non
ancora ultimata in un’altra:
quasi nessuno dei suoi
visitatori rivolgeva la propria
attenzione alla macchina
astratta,tuttivolevanovedere
la simulazione offerta da un
automa con sembianze
umane. Eppure la macchina
differenziale avrebbe dovuto
suggerire per prima l’idea
dell’automa. Babbage non
poteva sapere che oggi, un
secoloemezzodopo,nell’èra
di Big Data, sorgono
giganteschi supermarket di
dati,magazzinieindustriedel
pensiero umano. Tanto più
lungimirante
la
sua
definizione della calcolatrice
comefabbrica.
Trasformare i movimenti, le
forze, le meccaniche del
corpo umano in formule
fisicheeraunabellacosa;ma
riprodurre il pensiero stesso
attraverso le formule di una
macchina, rendendolo un
bene misurabile, non era
soltantobello,eratitanico.
In
effetti,
però,
i
contemporanei di Babbage
erano molto interessati a un
automa umano. Solo che
seguivano una strada assai
piùdiretta.ABabbagesfuggì
che nei salotti vittoriani di
Londra, più tardi che in altre
metropoli europee, lo spirito
di Galvani, e soprattutto di
Mesmer
e
del
suo
“magnetismo
animale”,
perseguiva lo stesso scopo
con altri mezzi. Attorno al
1851 esplose la mesmeric
mania, l’idea fissa di creare
mediante l’energia corporea
ricavatadall’uomounautoma
vivente,fortecomeunmaglio
a vapore, intelligente come
Newton e oltretutto capace
addirittura di prevedere il
futuro(tuttisognicheoggisi
sono realizzati, solo che
allora non ci si serviva di
formule, ma dell’uomo
stesso)7.
Evidentemente i sogni degli
uomini non cambiano mai,
ma solo gli strumenti per
sognare. A quell’epoca
diventarono di moda sedute
nelle quali il mesmerista,
anzitutto,fissavaperorenegli
occhi chi gli stava di fronte,
glimuovevalemanivicinoal
corpo per produrre campi
termici fino a quando, in
un’atmosfera di assoluto
silenzio e mentre i due
continuavano a fissarsi
reciprocamente, subentrava
nellapenombralostatochein
seguito avrebbero vissuto gli
operatori militari statunitensi
fissatidailoroschermiradar:
latranceoil“coma”.
Nelcorsodiquestesedutele
cameriere (le cavie erano per
lo più donne che, in quanto
domestiche, non potevano
opporsi) avevano in trance la
sensazione di riuscire a
sollevare pesi enormi, o
manifestavano
improvvisamente
capacità
intellettualichesuggerironoa
qualcuno visioni utopistiche
di un nuovo sistema di
istruzione8.
Ciò che avvenne nei
semioscuri salotti della City
londinesediventainteressante
selosimetteinrelazionecon
quanto accadeva qualche via
più in là nell’abitazione di
Charles Babbage. Nella sua
avvincente
storia
del
mesmerismo
nell’età
vittoriana, Alison Winter lo
hadescrittocosì:
Se si considera che
Babbage lamentava il fatto
che tutti amassero la sua
danzatrice, mentre nessuno
si interessava della sua
macchina differenziale, si
può trarre la conclusione
che
il
mesmerismo
sembrava così convincente
perché combinava
le
caratteristiche più spiccate
di un automa danzante con
quelle di una macchina che
pensa – e tutto questo nel
corpo di un essere umano.
Essotrasformavaunadonna
in una macchina e
dimostrava che la parte
meccanica di un essere
umano era in grado, come
la macchina differenziale,
di eseguire un lavoro
intellettualesenzavolontàe
senzapensiero9.
Sipuòleggeretuttociòcome
prova generale del dramma
del
nostro
secolo
dell’economia
dell’informazione, al quale
manca solo il protagonista, il
computer, che non è ancora
stato inventato. I sogni sono
glistessi,soloilmedium,olo
strumento per trasferirli dalla
sceneggiatura alla realtà, non
èancorastatotrovato.
PrimacheNumero2entriin
scena – l’uomo raddoppiato,
manellostessotemporidotto,
che mostra all’uomo reale
come si calcola, come si
fanno affari e come si valuta
il mondo –, si continua a
provareconNumero1.
Già William Benjamin
Carpenter, uno dei più
eminenti
fisiologi
del
diciannovesimosecolo,aveva
sviluppato
l’immagine
dell’uomo come automa, che
vienealimentatodall’esterno,
tramite input elettrobiologici.
Un essere, dunque, «che è
(per così dire) un mero
automa pensante (thinking
automation), le cui idee
vengono
tutte
quante
determinate da suggerimenti
esterni»10. Chiaramente, già
con cent’anni di anticipo
rispetto
alle
prime
simulazioni
dell’apparato
militare, l’idea di diventare
più intelligenti, più forti, più
accorti era indissolubilmente
legata a quella di una
macchina
dell’indottrinamento.
Per
quanto
riguarda
Babbage, tutto quello che il
geniale matematico aveva
progettatodovetteasuavolta
attendereunsecolo.Ilmondo
cercò dapprima di realizzarlo
seguendo la via psicologica,
che era iniziata con le sedute
e successivamente sfociò in
un’epoca di manipolazione,
con i suoi perfezionati
strumenti di indottrinamento,
suggestione di massa e
“propaganda”; in breve: i
“persuasoriocculti”.
Allafinedeldiciannovesimo
secolo l’idea dei “flussi
magnetici” tenne a battesimo
l’industria
pubblicitaria
americana.
Ormai
“l’elettricità” veniva offerta,
per esempio dall’inventore
dell’Alka-Seltzer,informadi
compresse e con spiegazioni
scientifiche, come mezzo di
trasformazione del corpo
vecchioestanco.
Nel 1925, dopo i primi
esperimenti
riusciti
di
suggestione di massa con un
miscuglio di spiritismo e
behaviorismo, la più grande
agenzia pubblicitaria del
mondo, A. J. Walter
Thompson, dichiarò nel suo
annuario che «la pubblicità è
una forza non-morale, come
l’elettricità, da cui non si
ottiene soltanto la luce, ma
anchelasediaelettrica»11.
Il ventesimo secolo si
differenzia dal ventunesimo
per il fatto che oggi è
possibile
calcolare
e
controllare i desideri di ogni
singola
persona.
La
psicologia di massa, che
nacque allora nei salotti
londinesi,
operava
con
“forze”,nonconindividui.
Ma c’è differenza, se si
manipolano masse o si
calcola e si valuta il singolo
nei suoi comportamenti,
influenzandolo per esempio
con messaggi pubblicitari
tagliatisumisuraperlui.C’è
differenza, se si manipolano
le persone con suggestioni
dall’esternoosipenetranelle
loro teste e si viene a sapere
cosa
pensano,
tengono
segretoedesiderano.
Nel primo caso si riesce a
controllare le masse, nel
secondo si possono stabilire,
sulla base di un campione di
dati sufficiente, regole del
gioco che funzionano come
leggi di natura. Già per
Babbage era interessante una
tecnica che consentiva di
riorganizzare la vita sociale
con piena razionalità, in base
alleregoledelgioco.Allorai
tempi per un sosia egoista
dell’uomo non erano ancora
maturi.Forseperchél’ideadi
una macchina che costringe
gliuomininonsoloalavorare
in modo economico, ma
ancheapensareinbaseauna
razionalità
puramente
economica andava al di là
dell’immaginazione.
La sensazione che qualcosa
non andasse si manifestò nei
mostri, dalla creatura di
Frankenstein attraverso Mr
Hyde fino a Dracula, che
turbavanoisognidell’epoca.
Tuttavia,alloranacqueanche
un’altravarianteletterariadei
mostri,unavariantepiùcivile
che, pur se dalla parte della
legge, era nondimeno una
sorta di mostruosità. Questo
parto della legge e del diritto
spiavalepersone,combinava
indizi a partire da una massa
apparentemente insensata di
informazioni, smascherando
di continuo gli uomini (o gli
animali) che davano a
intendere di essere qualcosa
che non erano; Edgar Allan
Poe, per esempio, lo usò
come modello per il suo
cervellone Dupin. Sherlock
Holmes, che Conan Doyle
aveva fatto risiedere a due
minuti di cammino dal
domicilio reale di Babbage,
probabilmente,comeipotizza
HughKenner,nonèaltroche
l’incarnazionedellamacchina
differenziale di Babbage. E
anche l’Hercule Poirot di
Agatha Christie è frutto dei
geni
iper-razionali
di
Babbage.
Combinare,
decifrare,
smascherare,
svelare
e
assumere interamente la
prospettiva
dell’altro
mediante l’osservazione: è
chiaro che, non appena
l’uomo si approssima alle
tecnologie digitali, vuole
entrareimmediatamentenelle
teste degli altri uomini, vuoi
con le indagini, vuoi con gli
algoritmi.Inogniindividuosi
scopronoalloravied’ingresso
che conducono nel mondo
interiore, o calotte craniche
trasparenti come quelle degli
automi del grande inventore
di giocattoli meccanici
Vaucanson. E chi vuole
imitare la logica dei grandi
detective – il modo in cui
Sherlock decifrava il suo
ambiente o l’inventore del
computer
Alan
Turing
decrittava un codice – deve
riconoscerecheessafunziona
solo a patto di vedere il
mondo come una condizione
matematica nella quale tutto
halasuafunzione.
La fabbrica vittoriana con la
suadisciplinadeicorpi,isuoi
orologi marcatempo e i suoi
calcoli delle forze, ha
ampiamente applicato tutto
ciò al lavoro umano. Per il
pensiero e il suo controllo
funzionava, in un primo
momento, soltanto sul piano
della letteratura. Anche un
romanzo è una fabbrica nella
quale tutto vive nel suo
luogo,nelsuotempoesottoil
regime stabilito dal suo
autore.
Ma proprio questo era il
vicolo cieco: scrivere per gli
uomini. Era necessario,
invece, scrivere per le
macchine, con le quali gli
uominisisarebberofusi.
Benpresto,giàapartiredagli
anni cinquanta del ventesimo
secolo,
i
testi
che
organizzavano, descrivevano,
sorvegliavano e spingevano
adagiregliuominisarebbero
stati scritti nel linguaggio
dellemacchine.
Hugh Kenner scrive, a
proposito dell’eredità di
Charles
Babbage:
«Il
computer simula il pensiero
se il pensiero è stato definito
secondo i criteri del
computer;l’automasimulaun
essere umano se l’essere
umano è stato simulato
secondo
i
criteri
dell’automa»12.
____________________
1Cfr.LangdonWinner,DoArtifacts
havePolitics?,inId.,TheWhale
andtheReactor:ASearchfor
LimitsinanAgeofHigh
Technology,UniversityofChicago
Press,Chicago2010,pp.19-39,che
portaancheunaseriediesempiin
partediscutibili.
2Mayr,Labilanciael’orologio,cit.,
pp.319-21.
3HerbertSussman,Victorian
Technology:Invention,Innovation,
andtheRiseoftheMachine,
Praeger,Westport2009,p.50.
4Kenner,TheCounterfeiters,cit.,p.
24.
5Ivi,p.131.
6Mirowski,MachineDreams,cit.,p.
34.
7AlisonWinter,Mesmerized:Powers
ofMindinVictorianBritain,The
UniversityofChicagoPress,
London1998,p.285.
8Ivi,p.4.
9Ivi,p.57.
10Ivi,p.289.
11JacksonLears,Fablesof
Abundance:ACulturalHistoryof
AdvertisinginAmerica,Basic
Books,NewYork1995,p.224.
12Kenner,TheCounterfeiters,cit.,p.
29.
Capitolo13
Geni
L’egoismoconquistail
patrimoniogenetico
Ai tempi di Vaucanson la
macchina aveva assunto le
sembianze di un essere
umano.Nelventesimosecolo
l’uomo dovette diventare una
macchina.
Forselaconquistadelpotere
dapartediNumero2sarebbe
stata meno completa se si
fosse limitata ai modelli
economici. Tuttavia, la
biologia si incaricò di fare
dell’essere
umano
una
fabbricadiegoismo.Neitardi
anni settanta i suoi esperti
scoprirono che la teoria dei
giochi
si
prestava
perfettamente a spiegare il
modello darwiniano della
lotta per la sopravvivenza,
ossia la lotta per i vantaggi,
per la massimizzazione del
profitto e per le chance di
riproduzione.
Nel 1976 il biologo
britannico Richard Dawkins
aveva formulato per la prima
volta la sua tesi, secondo la
quale gli esseri viventi sono
soltanto macchine per la
sopravvivenzafinalizzatealla
riproduzionedigeniegoistici.
Dawkins e le sue “truppe
ausiliarie”, convinti di aver
trovato una teoria universale
delle
società
umane,
dovettero
dapprima
accontentarsi del ruolo di
fornitori degli economisti
neoliberisti soprattutto negli
Stati Uniti, poiché i grandi
pensatori neoliberisti in
Europa inorridivano all’idea
di giustificare il modello di
business degli egoisti con le
strategie di investimento e
disinvestimentodeigeni.
Qui facciamo riferimento a
Dawkins solo come al
protagonista più eminente.
Quando Dawkins scrisse il
suolibroc’eragiàaccordosul
fattoche–persemplificare–
l’auto-organizzazione
dei
mercati corrisponde all’autoorganizzazione degli esseri
viventi. La cibernetica,
l’economia e la biologia
avevano
sostituito,
indipendentemente
l’una
dall’altra, il concetto di
“energia” con quello di
“informazione”, creando così
i presupposti per una nuova
teoria universale, nella quale
le “informazioni”, dal DNA,
passandoperilcomputerfino
ai
mercati
finanziari,
diventavano il principio
ovunque
dominante1.
Friedrich Hayek, che già nel
1935 aveva scoperto il ruolo
dell’informazione per i
mercati
e
che
successivamente lo trasferì
nelle funzioni cognitive,
svolse a questo riguardo,
come sempre, un ruolo
brillante2. Fu però Dawkins
l’autore di un’opera di
divulgazione
senza
precedenti.
In ogni teoria del destino –
che a predeterminare la sorte
di ciascuno siano i geni o il
buon Dio –, di norma si fa
affidamento sugli istinti di
difesa della società. Agli
occhi della vasta opinione
pubblicanonfugranchéutile
che i sociobiologi si
sforzassero, insieme con i
teorici dei giochi, di
dimostrare
che
questo
egoismo aveva effetti sociali
sorprendenti, una volta preso
atto che gli esseri viventi
aiutano egoisticamente gli
altri qualora ravvisino un
vantaggio per sé. La tesi
funzionava sempre. “Donare
per procurare una gioia a se
stessi”, più o meno così
suonavano
gli
slogan
pubblicitari di una psicologia
grottescamentesemplificata.
Quel che allora avvenne fu
niente
meno
che
la
fondazionebiologisticadiuna
nuovamorale.Ilgeneegoista
di Numero 2 aveva
conquistatolabiologia.Negli
Stati Uniti, per esempio,
Jeffrey Skilling, il capo della
multinazionale-truffa Enron,
eraunodeigrandiammiratori
di Dawkins. Definiva il
saggio di Dawkins «il suo
libro preferito e la sua
principale
fonte
di
ispirazione»3.
Aveva
introdotto alla Enron il
sistema rank and yank: ogni
sei mesi tutti i collaboratori
venivano valutati e il miglior
5 per cento otteneva premi
elevati,mentreil15percento
peggiore veniva licenziato o
sostituito. Skilling dichiarò
chesitrattavadiuna«lezione
dellanatura»4.
L’Europa restò immune dal
cocktail di egoismo solo fino
a quando simili ideologie
rimasero sulla carta e non si
materializzarono in una
nuova
e
funzionante
tecnologia. Infatti, basta che
una macchina sia abbastanza
convincente
perché
gli
uomini, come abbiamo visto
nel caso degli automi di
Vaucanson, siano pronti a
farne la metafora della
propriavita.
In questo modo la macchina
diventa la trappola, la gabbia
dell’automa, dalla quale non
c’èviad’uscita.Perciòallora,
negli anni settanta-ottanta, la
rassicurazione che, per lo
meno in Europa, non si
dovesse temere una società
dell’egoismo biologistico era
purtroppoprematura.
Solo
leggendolo
retrospettivamente
si
riconoscecheilbestsellerpiù
influente di Dawkins, Ilgene
egoista (1976), non è niente
meno che la fondazione
biologica
dei
mercati
finanziari e delle società
governati da robot e
algoritmi.
Dawkins
descrive
l’evoluzione
come
un
gigantesco
«computer
biologico» nel quale «i geni
controllanoilcomportamento
delle loro macchine di
sopravvivenza,
non
direttamente reggendo dei
fili, come i burattinai, ma
indirettamente, come un
programmatore
di
computer»5. E nel quale i
profitti e le perdite,
l’individualismo
e
la
cooperazione dei geni egoisti
vengono valutati nel contesto
di un’«economia vampira» –
è il suo esempio preferito –
secondo modelli basati sulla
teoriadeigiochi.
Scrittocircadiecianniprima
che il computer diventasse
uno strumento universale,
suonò dapprima come uno
stimolante
esperimento
mentale, che si poteva
rifiutare
o
approvare.
Sembrava distante anni luce
dal trasformare la società
comeuntempoavevanofatto
le teorie dell’“equilibrio”,
della
“forza”
o
dell’“autoregolazione”,chesi
erano materializzate nella
macchinaavaporeeavevano
datovitaall’èraindustriale.
Poi però, un giorno, il PC
apparve su ogni scrivania. E
un altro giorno il PC si era
connesso dall’oggi al domani
con tutti gli altri PC del
mondo e aveva adottato
modellibasatisullateoriadei
giochigiàsolopercoordinare
automaticamente con altri
computer la larghezza di
banda, l’allocazione della
memoriaeiltrasferimentodei
dati.Eunaltrogiornoancora,
gli
algoritmi
finanziari
lavoravanocomegeniegoisti.
E a questo punto furono
cambiate le regole del gioco
delpolverosomondoumano.
Entrarono in scena gli
alchimisti: gli economisti
neoliberisti,
con
Ken
Binmore in testa. Presero
dalla
sociobiologia
le
metafore
del
computer
biologico egoista, così come
nel diciannovesimo secolo
avevano preso in prestito le
loro metafore dalla fisica. Il
grande trucco da illusionisti
consistevanelnonparlarepiù
di biologia, ma nel trattare i
geni come minuscoli agenti
economici (estesi a un
equivalentesociale,i“memi”
– idee, concezioni, immagini
del mondo – che a quanto
pareva non si comportavano
diversamente dai programmi
informatici).Inunmondonel
quale c’erano in tutto solo
quattro
computer,
era
indifferente;inunmondonel
quale
ogni
persona
comunicava con il PC, era
una
rivoluzione
–
paragonabile solo con… no,
nonconGutenberg,maconla
nascita delle grandi ideologie
delventesimosecolo.
____________________
1Cfr.BruceClarke,FromEnergyto
Information:Representationin
ScienceandTechnology,Artand
Literature,StanfordUniversity
Press,Stanford2002.
2Cfr.Mirowski,MachineDreams,
cit.,pp.235sg.
3Klein,DerSinndesGebens,cit.
4Cfr.EricMichaelJohnson,Survival
oftheKindest,disponibile
all’indirizzo
http://seedmagazine.com/content/artic
5RichardDawkins,Ilgeneegoista:
laparteimmortalediogniessere
vivente,Mondadori,Milano1995
(ed.orig.TheSelfishGene:30th
AnniversaryEdition,Oxford
UniversityPress,Oxford2006,p.
52).
Capitolo14
Affinità
Anchelanaturacalcola
comeunagentediBorsa
Sappiamo che nel 2010
l’imprenditore
biotech
americano Craig Venter ha
creato i primi esseri viventi
sintetici
mediante
il
computer. In una leggendaria
conferenza tenuta di fronte
all’élite di Silicon Valley
riunita, Venter affermò che
sono i geni, i software, a
produrreglihardware,icorpi.
Venter rappresenta il tipo di
scienziato che nel suo
laboratorio
crea
potenzialmente mostri. Un
essere vivente è un essere
viventeperchéèunsoftware.
Può essere programmato,
anchese–nonvadimenticato
–soloallostadiodelbatterio.
Tuttavia la nuovissima
medicinachestanascendova
trasformandosiinunascienza
dell’informazione basata su
questa idea algoritmica. La
medicina
delle
cellule
staminali, per esempio, crea
al computer avatar a partire
daiqualivengonoalorovolta
creati organi di ricambio più
efficienti, più longevi e più
benefici, che lavorano per
noi.
Nella coscienza dell’uomo
noncisaràpiùnessunambito
che è come è e che non
«rappresenti un problema di
ottimizzazione»1.
Contemporaneamente, però,
lo stesso accade al livello
dellaprogrammazionesociale
dell’uomo. Numero 2 ha
soltanto due geni: uno per
l’egoismoeunoperilprofitto
(eforseunterzoperlapaura).
Se la vita è un software,
allorailsoftwareèanchevita.
A chi interessa un essere
umano in carne e ossa, se si
può programmare più a buon
mercatoeinmodopiùpulito
come copia digitale quello
chesiconsiderailnucleodel
suocomportamento?
Il presupposto della nuova
teoria
elettrobiologistica
universalevalidapertuttiera
chesimettesseroinrelazione
strettaigeni,glialgoritmidel
computer
e
la
loro
programmabilità.
Mentre
i
biologi
evoluzionisti scoprivano la
teoria dei giochi per la stima
dei processi darwiniani di
sopravvivenza e selezione in
natura,alcontrarioneglianni
novanta
Ken
Binmore
introdusse il “gene egoista”
nella teoria dei giochi. La
biologia moderna e gli
economisti
avevano
improvvisamente moltissimo
da dirsi, poiché da quando la
biologia si concepiva anche
come
“scienza
dell’informazione”, avevano
a che fare sostanzialmente
con
le
stesse
cose.
L’esplosività
di
questa
cooperazione diventa chiara
in
un
passaggio
apparentemente
poco
rilevante:
Nessuno afferma – scrive
Binmore–cheinostrigeni
determinano ciò che in
questa o quella società
viene percepito come
giusto, ma solo che i geni
definiscono e delimitano
l’algoritmo utilizzato da un
società per decidere cosa è
giusto. Ma un simile
algoritmo
non
può
funzionare senza qualche
inputdamasticare2.
Perché questo passaggio è
tanto importante? Perché in
base a esso soltanto un
sognatore
può
ancora
insistere nella pretesa di
essere qualcosa di diverso da
un robot se entrambi, l’uomo
e il robot, vengono definiti
nelloronucleopiùintimoda
qualcosa che mette in moto
deglialgoritmi.
Qui,avvoltoinunapellicola
trasparente come un nuovo
iPhone, abbiamo il modello:
chiscriveglialgoritmiscrive
l’uomo
nuovo.
Nel
capitalismodell’informazione
l’uomo diventa la somma dei
suoi algoritmi. Perciò è così
redditizio
coglierli,
analizzarlieconfrontarli.
Non fa differenza se
consentono di ottenere su
ciascuno risultati sfornati
oggi da Google, domani da
un motore di ricerca di gran
lunga migliore, oppure dal
computer della banca, della
polizia o della cassa mutua.
Della presunzione digitale
chevedeinognunounfattore
di rischio per la sicurezza o
per il credito possiamo
lamentarci poco come della
predisposizione
genetica
all’Alzheimer
o
all’intolleranzaallattosio.
L’unica incertezza è se la
predisposizione
evolva
realmente in una malattia. E
così come oggi, in presenza
di certe attitudini genetiche,
vengono suggeriti o prescritti
determinati stili di vita sani,
lo stesso avverrà nel caso
delle intolleranze sociali,
definitemediantealgoritmi.
Già oggi, in Gran Bretagna,
le assicurazioni abbassano i
premi se si è disposti a far
sorvegliare il proprio stile di
guida. Su “Business Week”
Stephen Baker descrive una
ditta americana che già oggi
compara, sulla base di
tassonomie,
lavoratori
venticinquenni
con
cinquantenni, per stabilire
come un venticinquenne dei
nostri giorni potrà essere a
cinquant’anni. E coloro che
controllano la comunicazione
sociale per accrescere la
propria affidabilità creditizia
hanno già cominciato a
parteciparealgioco.
Quisivedeintemporealee
a occhio nudo come
l’economia neoclassica, il
darwinismo e la tecnologia
informaticasifondanoinuna
nuova superteoria. Se Marx,
come molti credono, si è
arenato da qualche parte del
diciannovesimo secolo, i
pericolosidiscepolidiDarwin
sono riusciti ad allenare gli
inglesi al gioco della vita nel
ventunesimosecolo.
I geni sono minuscole
macchine
per
la
sopravvivenza dentro la
macchina
per
la
sopravvivenza
chiamata
uomo, che è una minuscola
macchina
per
la
sopravvivenza dentro la
macchina
per
la
sopravvivenza
chiamata
mercato,enonsitrattadiun
miracolo, ma è l’esito di un
semplice,
quasi
banale
processo nel quale la natura
utilizza proficuamente le
medesime ricette dei mercati
finanziariautomatizzati.
Lanaturadiventaessastessa
Numero 2. E quindi Numero
2diventaunaleggedinatura.
Con le parole del filosofo
DanielDennett:
Ecco l’idea pericolosa di
Darwin:
il
livello
algoritmico è il livello che
spieganelmodomigliorela
velocità dell’antilope, le ali
dell’aquila e la forma
dell’orchidea, la varietà
delle specie e tutte le altre
meraviglienelmondodella
natura.
Infatti, cosa dà impulso a
tuttelemacchinecalcolatrici?
Automassimizzazione
del
profitto
individuale
di
sopravvivenza, cooperazione
solo se serve ai propri fini
egoistici, “ottuso” finalismo,
come ha osservato John
Maynard Smith, studioso di
teoriadeigiochiapplicataalla
sociobiologia,el’abilitànello
sfruttare gli altri3. A questo
puntodellanostraesposizione
preghereiillettoredivoltarsi
brevemente ancora una volta
pervederecome,pianopiano,
cominci ad aprirsi alle sue
spalle un porta di servizio. È
laportadallaqualeNumero2
cerca di infilarsi nella sua
stanza. Ancora non molto e,
come in una commedia,
scoppieràunalitesuchisiail
veroNumero1:voiolui.Ma
mentre ancora si litiga,
altrove la decisione è stata
presa da un pezzo: siete una
cosa sola. Come un cugino
lontano che, dopo essere
venuto a farvi visita, non se
nevapiùviaeapocoapoco
assumeilcontrollosututtala
nostravitafamiliare,Numero
2 ha trasformato il “Tu
digitale”
nel
proprio
mostruoso Io. “Sono tuo
parente”, dice. E la
sociobiologia con il suo
postulato del “gene egoista”
dice:“Haituoistessigeni”.
È chiaro – scrive Binmore
– che la gente si sente
“sminuita” quando le si
dice che “non è migliore”
dei robot, così come i
borghesi
dell’epoca
vittoriana si sentivano
minacciatiquandovenivano
a sapere che le scimmie
erano loro parenti […] la
paurachelasocietàcrollise
la gente conosce la propria
veranaturaèassurda4.
Pochi hanno riconosciuto la
fusionefrateoriebiologichee
teorieeconomicheelanascita
di questa nuova macchina
ideologica più chiaramente
del
biologo
americano
Stephen Jay Gould. Egli
accusò Dennett di voler
spiegare le meraviglie della
natura
esclusivamente
attraverso la capacità di
calcolo
degli
algoritmi
egoistici. A quanto pare
Gouldinquestocasoparlava,
nel 1997, di biologia, ma
avrebbe potuto parlare anche
dei mercati finanziari del
2007. Infatti, egli ricordava
semplicemente che eventi
inattesi possono cambiare
tutto.
La diversità delle specie
nonèaltrocheilrisultatodi
un calcolo della selezione
naturale? Io, invece, mi
stupisco della possibilità
cheunameteoraabbiafatto
scomparire i dinosauri e
abbiadatoun’opportunitàai
mammiferi. Se questo
evento casuale non fosse
accaduto […] noi non
saremmo
qui
a
meravigliarci di questo o
quello5.
Eventi come la meteora che
ha annientato i dinosauri
oppure il “cigno nero”,
l’evento inatteso che può
cancellare
i
mercati
finanziari, accompagneranno
costantemente questa società
in un mondo nel quale
Numero 2 è diventato legge
di natura. Il relativo termine
tecnico
è
conseguenze
impreviste – e forse
occorrerebbe tenerlo presente
nel caso in cui, per esempio,
una registrazione a Facebook
fatta in passato finisse nelle
mani di un accertatore di
solvibilità creditizia, o la
Borsa tornasse a produrre a
intervalliditemposemprepiù
breviinformazionifolli.
«Laleggedelleconseguenze
impreviste»
spiega
il
professore
di
statistica
Andrew Gelman «mostra
cosa accade quando un
sistema semplice tenta di
regolare
un
sistema
complesso»6.Numero2,nella
sua ottusità economica,
regolal’uomoincarneeossa
propriocosì.
Come è continuamente
emerso fin dai primi
esperimenti con le segretarie
della RAND, di norma gli
esseri umani non agiscono
come prevede la teoria.
L’educazione, la morale, le
convinzioni
spesso
si
sottraggono, quale che ne sia
il motivo, alla premessa
egoistica. Eppure, quanto più
sconfinato è il mercato sul
quale Numero 2 comanda,
tantopiùèevidentechetutto
diventa mercato e che nella
moderna
economia
dell’informazione non si può
fare a meno di mettere sul
mercato il proprio Io, dal
curriculumvitaefinoalsocial
network, come se fosse un
prodotto,anzi,perdirlaconle
già citate parole di Philip
Mirowski, si è addirittura
costretti a diventare il
«manager del proprio Io», e
tanto più alto è il prezzo da
pagare per la propria
resistenza.
Nella vita non cadono
meteore e non naviga nessun
cigno nero. La faccenda è
meno appariscente e perciò
più pericolosa. Quando un
singolo segnale erroneo (un
tweet
sbagliato,
un
sentimento che ci tradisce
espresso in una mail) può
essere
sufficiente
per
distruggereunavitaintera,ei
segnali della nostra vita
vengono
contemporaneamenteraccolti,
memorizzati, analizzati o
venduti senza sosta per via
digitale,unasocietàcomincia
acombatterelaguerrafredda
con se stessa. È sempre più
costretta a vivere in due
mondi:quellodiNumero2e
il proprio – una schizofrenia
cheproducecontraddizioniin
permanenza.Ilrisultatoèche
si vive in una società come
quella profetizzata da Philip
K. Dick: nulla significa più
ciò che è, e la propria vita si
riduce a calcolo del rischio e
delleprobabilità.
____________________
1Nasar,Ilgeniodeinumeri,cit.,p.
104.
2Binmore,GameTheoryandthe
SocialContract,cit.,vol.II:Just
Playing,p.182.
3JohnMaynardSmith,Genes,
Memes&Minds,in“TheNewYork
ReviewofBooks”,30novembre
1995,disponibileall’indirizzo
http://www.nybooks.com/articles/arch
memes-minds/?pagination=false.
4Binmore,GameTheoryandthe
SocialContract,cit.,vol.I:Playing
Fair,p.231.
5StephenJayGould,Darwinian
Fundamentalism,in“TheNew
YorkReviewofBooks”,12giugno
1997,disponibileall’indirizzo
http://www.nybooks.com/articles/arch
fundamentalism/?pagination=false.
6Das,ExtremeMoney,cit.,p.363.
Capitolo15
Schizofrenia
Ilmondoèmoltopiùadatto
adautomiegoistichea
uominitrasognati
È sorprendente la riluttanza
degli uomini quando si vuol
farne degli egoisti. È stata
presentata loro l’immagine
supermoderna
dell’uomo
basata sull’utile individuale,
ma la maggior parte non
collabora. Al contrario: è
evidente che tra quello che
dovrebbero essere e quello
che sono si spalanca un
abissoquasiinvalicabile.
Già nel 1955, quando la
teoria dei giochi – ancora
senza computer, ma costruita
come un automa – diventò
moderna, John W. Campbell
metteva in guardia dal
trasferire le regole del gioco
matematiche nella società:
«Le persone che crescono in
una cultura in cui si gioca a
carte
coperte
avranno
tremendiproblemipsichici».
Intendeva dire: crescere in
unasocietànellaqualenullaè
quel che sembra; agire
diversamente da come si
pensa e pensare quello che
non si sa produce enormi
contraddizioni che, come nel
caso di una malattia, si
riconosconodailorosintomi.
Frattanto, alcuni colgono la
grande contraddizione ed
essa, come previsto da John
W. Campbell, porta a
“tremendi” problemi psichici
nell’esprimere la verità. Da
un lato, un mondo di
“intelligenza di sciame”, di
“interconnessione”,
di
“trasparenza”,
di
“partecipazione”
e
“cooperazione”, che va dal
blog alla primavera araba.
Dall’altro, l’esatto contrario
e, nello specifico, reti-ombra
egoiste il cui calibro non si
misurainterminidievasione
fiscale, ma di miliardi andati
in fumo e di Stati che
crollano, a fronte di ingenti
profittipersonalirealizzatida
coloro
che
ne
sono
responsabili.
Oppure: l’economia del
sapere
a
fronte
del
contemporaneo disfacimento
delle istituzioni del sapere.
Oppure: la trasparenza a
fronte del contemporaneo
insediamento di consigli dei
governatori non trasparenti e
di parlamenti privi di
competenze.
Oppure:
l’anonimato a fronte del
contemporaneosvelamentodi
ciòcheèpiùintimo.Oppure:
“partecipazione” a fronte del
contemporaneo discredito dei
plebisciti che potrebbero
rendere insicuri i “mercati”
come vere macchine da
votazione.
Oppure:
“creatività”
assoluta
e
promessa di gloria per
ognuno a fronte della
contemporanea
inflazione
dell’autosfruttamento e del
microlavoro non pagato.
Oppure: “fine del lavoro” a
fronte di paesi emergenti cui
siconcede“l’onore”disweat
shops che potrebbero uscire
da un romanzo di Dickens.
Infine: cooperazione a fronte
della
contemporanea
esplosione
demografica
dell’agente
economico
egoistaintuttelepiattaforme
digitali.
Contraddizioni come quelle
qui indicate sono il motivo
per cui battistrada addirittura
entusiastidellasocietàinrete
registrano inorriditi una
«schizofrenia strutturale tra
funzione e significato» e per
cui la paranoia rischia di
diventare il tratto essenziale
dellacomunicazione1.
NemmenoifandiNumero2
lo contestano. Replicano
semplicementecheiproblemi
nascono solo perché noi
siamo ancora troppo Numero
1. Tutta una questione di
mentalità,diceKenBinmore,
e aggiunge incoraggiante che
per la riuscita della
cooperazione in una società
non è necessario che «i suoi
cittadini siano dei Dr Jekyll
chesitrattanocomefratelli»2.
Tuttavia, la riluttanza a
partecipareaquestogiocoera
un problema da non
sottovalutare. Le persone
avevano dimostrato di essere
troppo imprevedibili per le
razionalità
cut-throat
modellate sulla teoria dei
giochi.Unpo’troppouomini
eunpo’troppopocoautomi,
inquinavano le formule
alchimistiche. Dunque, si
replicòquantoavevagiàfatto
l’apparato militare nella
guerra fredda: far agire gli
esseriumanimedianteautomi
“di cui si fidano”. In tempi
nei quali gli uomini e i
mercati
si
muovono
fulmineamente in internet e
nelleBorseelettronichenonè
forse utile lasciar fare a
Numero 2 tutto il lavoro da
solo?
«La teoria dei giochi»
proclamòNirVulkan,unodei
precursori
dei
mercati
elettronici alla vigilia della
commercializzazione
di
internet, «è molto più adatta
agli automi che agli
uomini»3.
Ecco il messaggio: non
abbiamo bisogno di voi. Non
solo perché siete troppo lenti
e a volte vi addormentate
davanti agli schermi, ma
perché
noi
abbiamo
l’opportunità di costruire
macchinedell’Egomiglioridi
quanto voi possiate mai
essere. C’è qualcosa di
meglio dell’uomo, se si
vogliono fare affari. Si deve
soltanto portare l’uomo a
conferire legittimazione e
autorità
agli
agenti
automatizzati.L’agenteènon
soltanto
un
software
codificato, ma un’ideologia
codificata.
Numero2lavoranelcontesto
digitalecomeunimprenditore
che
vuole
accrescere
l’efficienzaelacompetitività.
Solo l’uomo può ridurre il
proprio successo. Perciò
occorre liberare Numero 2
dalle catene. La “mano
invisibile del mercato”
diventalamanodiNumero2.
Non solo il successo delle
Borse,mailsuccessodituttii
mercati – dalle agenzie
matrimonialifinoal«mercato
delle idee», così recitava la
profezia di Vulkan del 1999,
«dipende dalla performance
degli agenti egoisti, il cui
comportamento non può
essere più controllato da
nessuno»4.
Abbiamo ottenuto ciò che
Vulkan aveva previsto. Non
solo un modello per l’uomo,
maancheinnumerevoliagenti
digitali
egoisti
(spesso
stupidi),cheproliferanocome
organismi unicellulari nelle
piattaforme digitali. Non c’è
bisogno di molto per
programmare Numero 2.
Utile individuale, ricerca del
profittoecapacitàdibluffare.
Chicercal’attodinascitache
attesti quando tutte le
componenti della vita umana
sono
diventate
mercati
dell’informazione,lotrovain
questefrasi.
Era il sogno dei galvanisti e
il timore di Mary Shelley,
divenuto realtà nell’èra
digitale: il tasto con cui si
accendeilpropriocomputero
il proprio telefonino fa
scoccare la scintilla elettrica
chedestaallavitaNumero2.
Naturalmente, all’inizio il
suo campo d’azione era
limitato come quello dei
neonati (Microsoft a quel
tempoloavevadisegnatocon
le caratteristiche di un
bambino). Viveva in un box,
occorreva imboccarlo con le
proprie intenzioni, faceva
errori e suscitava istinti di
protezione.
Nonlasuaintelligenza,mail
suo campo d’azione crebbe
costantemente.
Quando
potenti
economie
si
dematerializzarono
e
deindustrializzarono sempre
più; quanto più l’economia
reale,alrichiamodellesirene
della
“globalizzazione”,
dislocava le sue sedi di
produzione in altre parti del
mondo, quanto più nelle
principali
nazioni
industrializzate si sviluppava
un’economia dei mercati
finanziari,tantopiùdiventava
onnipotente.
Era
perfettamente logico: la
deindustrializzazione
e
l’ascesa
del
computer
avevano fatto sempre più
svanireiconfinitramateriae
spirito,
tra
cosa
e
informazione, e i confini
divenneropermeabili.
Ma la dematerializzazione,
parola chiave dell’“economia
del sapere”, funziona in
entrambe
le
direzioni.
Nasconointereindustrieicui
prodotti sono puro spirito –
l’algoritmo di ricerca di
GoogleoisoftwarediApple
– e, viceversa, lo spirito
diventaindustria.
A questo punto Numero 2
riuscì a penetrare, come
l’omino gobbo della favola,
in ogni cucina, in ogni
magazzino,inognicantinae,
quando il suo trionfo arrivò
perlaprimavoltaalculmine,
perfinoaessereinseritonelle
preghiere, come documentò
un leggendario reportage del
“Time”.Entrònelcervellodi
ognipersonaeinognicasa,e
ilsuomediumeral’elettricità,
che connetteva le persone e i
mercati.
Siimposeatutti.Eallafine,
nel maggio del 2010, un
mondosbigottitosireseconto
di cosa può accadere quando
Numero 2 ha il pieno
controllo.
____________________
1ManuelCastells,Lanascitadella
societàinrete,UniversitàBocconi,
Milano2008,p.535(ed.orig.The
RiseoftheNetworkSociety:The
InformationAge:Economy,Society,
andCulture,Wiley-Blackwell,
Hoboken2011;1aed.1996).
2Binmore,GameTheoryandthe
SocialContract,cit.,vol.I:Playing
Fair,p.205.
3NirVulkan,EconomicImplications
ofAgentTechnologyandECommerce,in“TheEconomic
Journal”,109,1999,pp.67-90,qui
p.69.
4Ibid.
Capitolo16
Lampo
Lemacchinedell’Ego
funzionanocomeda
manuale...ecomincianole
guerre
A un grande maestro di
scacchi
occorrono
pressappoco
seicentocinquanta
millisecondiperaccorgersidi
essere sotto scacco. A un
individuo normale occorrono
mille millisecondi, cioè un
secondo,
per
reagire
fisicamente a un segnale di
pericolo.Aimercatifinanziari
occorre,nelmiglioredeicasi,
un tempo pari a quello del
grandemaestrodiscacchiper
reagireauncrolloborsistico.
Le transazioni sui mercati
finanziariormaisiavvicinano
alla velocità della luce. I
trader installano i loro server
direttamente accanto ai
computerdellaBorsadiNew
York, per sfruttare i
millisecondi. Un cavo posato
a questo unico scopo
attraverso l’Atlantico ridurrà
di
settecentoquaranta
nanosecondi il tempo di
trasmissionedeidatifraWall
Streeteitraderlondinesi(un
nanosecondo
è
un
milionesimodimillisecondo).
Tradottanellanostranormale
percezione del tempo, la
differenza è tra il prendere
unadecisioneinunminutoo
in poco meno di dieci
settimane. La trappola scatta
aunavelocitàmilionidivolte
superiore a quella necessaria
a un essere umano per
rendersi conto di essere in
trappola.
«Quando il normale cliente
vede la quotazione delle
azioni» dice uno che questi
sistemi li crea, «è come se
vedesse una stella che in
realtà si è estinta da
millenni»1. Tuttavia, tra i
battiti di questa unità di
tempo quasi subatomica non
si accende nessuna luce. Il
ritmo è dato da decisioni,
valutazioni,
giudizi,
preferenzechesitrasformano
in denaro: un bilione di byte
inunsologiorno.
L’esplosione della massa di
dati corrisponde al collasso
deltempo.Nelgirodiquattro
anni, negli Stati Uniti il
periodo medio di lock-up2
delleazionisièridottodadue
mesi a ventidue secondi
(negli anni cinquanta era
mediamentediquattroanni)3.
Dalpuntodivistadellafisica
l’universo economico si
muove, per così dire,
all’indietroversoilBigBang.
GiàlacrisiLehmanavvenne
nel segno di prodotti
finanziari ipercomplessi, la
cuifisicaeraincomprensibile
perfino agli addetti ai lavori.
Il flash-crash del 6 maggio
2010,chesegnòilpiùgrande
crollo mai subito dal Dow
Jones in un solo giorno e, a
dispetto di tutte le analisi
degli esperti, è rimasto
inspiegato fino a oggi; i fatti
misteriosi
avvenuti
in
occasione del crollo delle
quotazioni in Borsa della
piattaforma azionaria BATS;
l’azzeramento di enormi
quantitàdidenaronelcasodi
Knights Capital: sono tutte
trappolescattate,enonhanno
lasciato tracce nelle menti
solo perché, fortunatamente,
sisonoriaperteelafaccenda
è stata in qualche modo
messaatacere.
Il6maggio2010,giornodel
primo
flash-crash,
gli
algoritmi di Wall Street
cominciarono per la prima
volta a comportarsi in modo
inatteso e incomprensibile.
Molto denaro scomparve e
riapparve
altrettanto
misteriosamente dopo poco
tempo.
I
computer
impartirono
misteriose
disposizioni
di
compravendita. Nell’agosto
del 2012, Knights Capital
perse nel giro di mezz’ora
quasi mezzo miliardo di
dollari, senza che le cause
siano state finora chiarite in
alcun modo – e il collasso
matematico non coinvolse
una
piccola
azienda
qualunque, ma un’impresa
che, come ha rilevato Scott
Patterson,incertegiornatedi
scambi a Wall Street e sul
Nasdaq creava un giro di
compravendite
azionarie
superioreaquellodiqualsiasi
altraaziendanelmondo.Dice
lo storico della scienza
GeorgeDyson:«Eracomese
si
fosse
assistito
all’investimento mortale di
unapersonachepoi,dicolpo,
sirialzaeseneva»4.
Già nel febbraio dello stesso
anno il fisico Neil Johnson
avevamessoinguardiadaun
collasso dell’intero sistema,
che avrebbe potuto essere
scatenato da una «guerra
globale
tra
algoritmi
informatici rivali». Secondo
Johnson, il mercato è come
un lago pieno di piranha che
danno la caccia a una grande
preda, le cosiddette balene,
dietrolequalisisononascosti
enormi fondi istituzionali,
oppure, in mancanza di altro
cibo,sidivoranoavicenda.
In tutti i sistemi digitali nei
qualivieneinstallatoNumero
2, dalle piazze finanziarie
fino ad Amazon, egli non
pensa che a prevedere, a
riprodurreeacontrobatterele
mosse della controparte
servendosi dell’equilibrio di
Nash.
Tuttavia,
negli
algoritmi finanziari, dove,
comeèrisultatoevidentecon
il flash-crash, si trattava di
marginidiprofittominimalia
frontedifatturatigiganteschi,
Numero 2 non agiva più nel
mercato,maerailmercato.
Se si fosse trattato di un
sistemapolitico,losisarebbe
potuto confrontare solo con
unacrisidiCubapermanente.
Già le sanzioni più blande, il
minimo
screzio
nelle
“trattative”, la più piccola
deviazione dall’autointeresse
egoistico assoluto possono
scatenare il mostro. Questa
«tragedia algoritmica del
benecomune,nellaqualetutti
gli attori, agendo in modo
coerente con il solo interesse
individuale, davano luogo a
unmercatochecostituivauna
minaccia sistemica per la
vita»,avevaportatoilmondo
sull’orlo del fallimento
sistemico5.
Il vero sciame, in un mondo
nel quale il mercato è la
verità, non è l’intelligenza
collettiva. Sono i milioni di
piranha che danno la caccia
alle nostre intenzioni, ai
nostri obiettivi e ai nostri
desideri. In un mondo che si
definisce con indulgenza
economia del sapere ogni
domanda, ogni risposta, ogni
acquisto o vendita è una
dichiarazione che potrebbe
rivelare di noi più di quanto
vorremmo.
Come sempre, anche in
questo caso le piazze
finanziariefannodapioniere:
nel giro di pochi anni è
esplosalaquotaditransazioni
nei dark pools, quelle acque
nere–inrealtànient’altroche
Borse prive di controlli –,
nelle quali un tempo gli
investitori trovavano rifugio
dai predatori. Un fondo
istituzionale, i cui algoritmi
stabiliscono di acquistare o
vendere azioni in grandi
quantità,
modifica
immediatamente il prezzo.
Chi riesce a prevederlo in
qualche frazione di secondo
puòfarebuoniaffari.
Ci sono algoritmi che
pasturano le balene, cioè
fanno essi stessi offerte in
piccoledosiequindidannola
caccia agli agenti della
controparte in una spirale di
prezzicrescentichesimuove
a una velocità misurabile in
nanosecondi. Altri attaccano
le balene mediante falsi
segnali. Altri ancora rivelano
leintenzionidelcompratoree
poi ci sono anche le scariche
senza fine di sistemi con
nomicheparlanodasé,come
Blast6, che vendono e
acquistano a incredibile
velocità, per fare a pezzi i
piranha.
Il giornalista e investigatore
finanziario Scott Patterson,
che probabilmente è stato il
primo a spingere lo sguardo
fino al fondo dei dark pools,
riferiscecomeicreatoridegli
algoritmipredonidianovitaa
un nuovo darwinismo, che si
riteneva estinto anche nel
movimento d’affari più
spietato. Non è la lotta
darwiniana
per
la
sopravvivenza di epoca
vittoriana, ma una guerra
permanente, un divorare ed
esseredivoratidapredoniche
agiscono autonomamente e
fulmineamente, una «danza
febbrile tra cacciatore e
preda».
Gli shock provocati nei
social network dei mercati
finanziari dai flash-crashes
del
maggio
2010
e
dell’agosto 2012 furono un
segno del grado di instabilità
ormaimostratodaisistemi.
Oggi è quasi più inquietante
il linguaggio inequivocabile
conilqualepressochétuttele
fonti riferiscono che nessuno
dei soggetti coinvolti sapeva
cometrovareunaviad’uscita
senza
distruggere
i
fondamentistessidelsistema.
Sono le vecchie paure della
guerrafredda,trasferiteinun
mondo la cui paranoide
tecnologia della conoscenza
non
produce
alcuna
“trasparenza”, ma la schietta
pauradelmostro.
E come nella guerra fredda,
si verificano scaramucce,
minacce di annientamento
totale, guerre per interposta
persona. Dall’inizio del
secolo già due volte si sono
manifestate nei sistemi
automatizzati crisi poi note
come algo-wars, “guerredegli-algoritmi”7.
Nella
ricostruzione degli eventi
fatta da Scott Patterson nel
suo libro Dark Pools ci si
trova nel bel mezzo della
guerra fredda. Vengono
sviluppate “armi letali” che
nelle guerre-degli-algoritmi
provocano danni terribili,
poiché le loro intenzioni e i
loro progetti non sono più
riconoscibili,
mosse
ipercomplesse, nelle quali
ognuno mette nel conto
l’eliminazione da parte
dell’altro e tutti cercano
disperatamentedistabilireun
“equilibriodelterrore”.
Mentrelapoliticadispiegava
la sua Iniziativa di difesa
strategica (SDI) sotto forma
discudiprotettivi,unaricerca
cheanalizzava,perilperiodo
dal 2006 al 2011, quasi
diciannovemila
eventi
ultrarapidi e del tutto inattesi
sul
mercato
azionario
dimostrava che la cupola al
vertice dei mercati finanziari
aveva subito, nel linguaggio
figuratodegliautori,«fratture
ultraveloci», che avrebbero
potuto portare a una «lenta
rotturadelsistemafinanziario
globale»8.
Il motivo principale sta nel
fatto che la comunicazione
uomo-macchina
si
era
separata dalla comunicazione
macchina-macchina. “Darth
Vader” Joseph M. Gregory
non era stato l’unico a
spiegare ai suoi collaboratori
che per fare profitto c’è
bisogno
solo
della
“macchina”. Innumerevoli
altrilofacevano.
Specialisti come George
Dyson oggi dichiarano
apertamente che nessuno sa
più come alcuni di questi
mutanti di Numero 2 si
sviluppino,unavoltaimmessi
nel loro habitat naturale.
Tuttociòchesannoècheuna
scintilla galvanica basta a
mettere in moto qualcosa.
Dice
Dyson:
«Questo
potrebbe accadere ovunque
attorno a noi, non solo nel
mondo delle finanze. Magari
non ci rendiamo neppure
contochec’ètuttounmondo
di comunicazione che non è
più comunicazione umana.
Sono
macchine
che
comunicano con macchine.
Possonocomunicaredenaroo
informazioni che hanno un
altro significato – ma se è
denaro, prima o poi ce ne
accorgiamo. È un piccolo
stagno caldo, in attesa della
scintillaelettrica»9.
Noiuominifallibili,contutti
inostrideficitecompromessi
sbagliati siamo stati messi
fuorigioco,outoftheloop,e
sostituiti da Numero 2. Ora
che Numero 2 comanda, ha
avvertitoDaveCliff–unodi
quellichehannocreatointere
generazioni
di
agenti
economici, prima di lasciare
Wall Street –, un giorno non
lontano l’intero sistema
entrerà in un «circuito
infinito, che nessun uomo
potrà più interrompere»10. I
sistemi che vogliono sempre
scoprire che cosa la loro
controparte
progetta
e
nasconde, e poi danno per
scontato che la controparte
sappia che loro vogliono
scoprire cos’ha in mente, e
così via per l’eternità, si
bloccano. E poiché si
bloccano, devono raccogliere
sempre più informazioni.
Tuttociòhaavutoinizionelle
Borse; ma non occorre molta
fantasia per immaginare che,
ovunque Numero 2 valuta e
stima transazioni umane, la
mania
di
raccogliere
informazioni porterà a un
sistema caratterizzato da
effetti di feed-back che si
rafforzano.
Numero2nonavevabisogno
del computer, poiché è egli
stesso un automa. Occorre
soltantolamatricedellateoria
dei giochi, una tabella nella
quale si inseriscono tutte le
mosse immaginabili e i loro
rischi, più qualche formula.
Malatecnicaglirendelavita
piùfacile.
Inquestisistemi,Numero2è
fornito di tutto. Ormai può
leggereiresocontidell’ultima
conferenza
stampa
di
un’impresaquotatainBorsa,i
risultati dell’ultimo turno di
Champions League o le
notizie sulle proteste di
coloro che contestano la
costruzionedell’aeroporto.Le
agenzie di stampa come
Reuters e Dow Jones gli
forniscono i loro testi scritti
in un linguaggio che le
macchine sono in grado di
leggere. Tuttavia esso da
tempo comunica anche con
TwittereGoogle,Facebooke
YouTube, per «valutare lo
stato d’animo di intere
popolazioni»11.
Lamaggiorpartedellecopie
digitali di Numero 2 oggi è
pur sempre di una rozzezza
brutale (zero intelligence), e
noitutticilavoriamo.Devono
individuare il biglietto meno
caroeilristorantepiùabuon
mercato e molte non
negoziano con i diversi
operatori, ma si limitano a
confrontare i prezzi. Altre
valutano
il
lavoro
intellettuale, per esempio
nelle grandi banche dati di
Thomson Reuters, che ormai
stabiliscono l’importanza del
lavoro scientifico mediante
parametri come la frequenza
delle citazioni in riviste
“importanti” – fino alla
valutazione
di
intere
università, che consiste
sostanzialmente
nell’apprezzamento di un
singolo
operatore
commerciale.
Gli agenti più interessanti,
però, soprattutto quelli che
operano
nei
mercati
finanziari, sono programmati
evolutivamente,apprendonoe
modificano
il
loro
comportamento e nel loro
insieme sono una variazione
sul grande tema della vita
egoisticadiunMrHyde.
Oggi, anche per gli
informatici dell’economia è
impossibile prevedere come
si svilupperanno determinati
agenti
economici
che
agiscono nel mercato e
operano in modo evolutivo.
Ciò che Numero 2, quando è
ingradodiapprendere,facon
successo
nella
prima
generazione, viene ripreso e
ottimizzato dalla seconda
generazione, senza alcuna
influenzadapartedell’uomo.
Cosìsononatieffettivamente
organismi quasi biologici.
Come veri e propri esseri
viventi sono esposti ai
condizionamenti ambientali
(il mercato) e, come nel caso
dei veri e propri esseri
viventi, questa spinta porta
nonsoltantoallaselezionedei
più egoisti, ma anche a
mutazioni.
La cosa va immaginata così:
nei sistemi, agenti sempre
meglio
addestrati
si
presentanononsoltantocome
ego-macchine
da
combattimento
superefficienti,maanche,per
così dire, come vitelli a due
testeoesseriumaniconsette
dita, cioè come quelli che
Charles Darwin avrebbe
chiamato mostri. Ed è
sconcertante e illuminante
nello stesso tempo vedere
comelapolemicasullecause
dell’instabilità dei mercati
finanziariautomatizzativenga
condotta nella cerchia degli
esperti esattamente come
l’aveva condotta Darwin nel
diciannovesimo
secolo,
quando gli era stata opposta
l’esistenzadiquestifenomeni
come prova confutativa della
teoriaevoluzionistica.
Così anche adesso: gli uni
dicono che Numero 2 è
diventatounmostroperchéla
mostruosità è sempre stata
insita
in
lui,
sicché
occorrerebbe fare qualcosa;
gli altri credono che Numero
2 sia mutato in qualcos’altro,
una variazione casuale che
nonè“sistemica”,cioènonè
ereditaria.
Tuttavia, Darwin avrebbe
potutodireatutticostoroche
c’è differenza tra le creature
chevengonoallevateequelle
che vengono prodotte dalla
natura. «Alcune razze di
animali domestici […] hanno
spesso
un
carattere
mostruoso»,scriveva,elasua
spiegazione del fatto che la
natura consenta qualcosa del
genere è di estremo rilievo
per il nostro tema. La
sfortuna, secondo Darwin, è
cheifreakanimals«vengono
selezionati dall’uomo solo a
proprio vantaggio; dalla
natura solo per l’essere
viventechevuolefavorire»12.
Nessunoèattualmentepiùin
grado di rispondere alla
domanda su cosa realmente
faccia Numero 2 nei mercati
finanziarisottoformadeisuoi
algoritmi. Alcuni ipotizzano
che apprenda. Ma cosa? E
conqualiconclusioni?
Gli interlocutori con cui ho
parlato in occasione delle
ricerche per questo libro non
riescono a dare una risposta.
E dopo tre enigmatici crolli,
l’autocoscienza dei pensatori
nonèpiù,daunpezzo,quella
degli eroi dell’universo. Al
contrario: alcuni dei più
importanti hanno lasciato
Wall Street e hanno scritto
libri che, per il loro
allarmismo, ricordano i
moniti autocritici dei fisici
atomici degli anni cinquanta.
È il caso per esempio di
EmanuelDerman,studiosodi
fisica quantistica e analista
quantitativo prestato alla
finanza,odiNassimTaleb.
Certo, resa insicura dalla
violenza della crisi inattesa,
una schiera di economisti ha
guardato ancora una volta a
Numero 2, che nei modelli
viene fatto agire al posto
dell’uomo. Alcuni, come gli
autori del Fondo Monetario
Internazionale,
hanno
dimostrato
che,
per
comprenderelacrisi,lafigura
diqualchepazzodaromanzo
èpiùutilediNumero2.
Lo studioso di economia
britannico Geoffrey M.
Hodgson auspica con fervore
una «nuova economia senza
Homo œconomicus»13. Gli
economisti comportamentali
additanolecontraddizionifra
larealtàeilmodello.EGerd
Gigerenzer,ilgrandestudioso
dell’apprendimento berlinese,
dimostra che l’uomo e la
natura non traggono impulso
da una matematica dell’utile
individuale, ma da istituzioni
edeuristiche.
Tanto più sorprendente è
allora il fatto che noi
lasciamo penetrare in tutta la
nostravitasocialeciòchenei
primi mercati automatizzati
delmondohaquasiportatoa
unacatastrofe.
Molti indizi suggeriscono
chenelcuoredell’attualecrisi
finanziaria ed europea covi
un conflitto molto più
fondamentale, nel quale è
sostanzialmente in gioco
l’implementazione
dell’ideologia neoclassica e
neoliberista americana nelle
società, nei micro-mercati e
perfino negli ordinamenti
costituzionali dell’Occidente
europeo.
Si tratta della convinzione
che ogni governo – anche
quello americano – non solo
samenodelmercato(ilquale
non è altro che un grande
computer), ma che i governi
non riescono più a esprimere
lavolontàdellamaggioranza.
____________________
1JeremyAdler,RagingBulls:How
WallStreetGotAddictedtoLightSpeedTrading,in“Wired”,
settembre2012,disponibile
all’indirizzo
http://www.wired.com/business/2012
2Ilperiododitemponelqualeè
proibitaalmanagementea
importantiinvestitorilavendita
delleproprieazioni.[N.d.T.]
3ScottPatterson,DarkPools:The
RiseofA.I.TradingMachinesand
theLoomingThreattoWallStreet,
CornerstoneDigital,NewYork
2012,p.46.
4Dyson,AUniverseofSelfreplicatingCode,cit.
5Patterson,DarkPools,cit.,p.315.
6“Caricaesplosiva”,“esplosione”,
maanche“schianto”,“sballo”.
[N.d.T.]
7Patterson,DarkPools,cit.,p.40.
8NeilJohnson,GuannanZhao,Eric
Hunsader,JingMeng,Amith
Ravindar,SpencerCarraneBrian
Tivnan,FinancialBlackSwans
DrivenbyUltrafastMachine
Ecology,disponibileall’indirizzo
http://arxiv.org/abs/1202.1448.
9Dyson,AUniverseofSelfreplicatingCode,cit.
10MikeO'Hara,ManVersusMachine
(intervistaaDaveCliff),in“High
FrequencyTradingReview”,
disponibileall'indirizzo
http://www.hftreview.com/pg/blog/m
11Patterson,DarkPools,cit.,p.307.
12StephenT.Asma,OnMonsters:An
UnnaturalHistoryofourWorst
Fears,OxfordUniversityPress,
Oxford2009,p.168.
13GeoffreyM.Hodgson,From
PleasureMachinestoMoral
Communities:AnEvolutionary
EconomicswithoutHomo
œconomicus,UniversityofChicago
Press,Chicago2012.
Capitolo17
Politica
Comesimettonoingabbia
gliStati
Dalla prima pubblicazione
del Frankenstein di Mary
Shelley la nostra fantasia è
stataaddestrataperquasidue
secoli all’apparizione di
mostri.
Avevano
le
sembianze di Boris Karloff,
Godzilla o dei personaggi di
Alien, di Ridley Scott.
Assumevano la forma delle
paurepiùdiffuse,equandole
paure non avevano forma,
allora incarnavano, come gli
esseri viventi investiti dalla
nube atomica, la loro
mutazionegenetica.
Il
capitalismo
dell’informazione
aveva
covatounessereilcuicodice
genetico
si
era
inarrestabilmente riprodotto
in“titolitossici”cheinrealtà
erano segnali elettronici.
Questa creatura non aveva
più l’abitudine di schiacciare
isolati e intere città. Si
lasciava dietro, invece, una
scia di case nuove e di
quartieri interi dai quali gli
abitanti umani erano stati
sfrattati.
Questi ultimi, e come loro
anche gli sconcertati piccoli
investitori che potevano
vedere sugli schermi la loro
pensionecheandavainfumo,
intuirono forse per la prima
voltadinonvivereaSeattleo
a Solingen, ma in una sola
grandemacchina.
«Ci
socializzeremo
in
vicinati digitali», aveva
scritto meno di dieci anni
prima Nicholas Negroponte,
uno dei precursori del
capitalismo
dell’informazione, «nei quali
lo spazio fisico è diventato
irrilevanteeiltempogiocaun
ruolodeltuttonuovo»1.
Era proprio quello che era
successo, ma in modo del
tutto diverso da come era
stato pensato. Era rimasto
soltantolospaziovirtuale.
Il nuovo Grande Fratello,
come il mostro era stato
chiamato da qualcuno dotato
di scarsa fantasia, faceva
esattamente ciò che il
sociologo Zygmunt Bauman
aveva previsto: praticava
l’esclusione.
«[Deve]
individuare le persone che
“non si adattano” al posto
loro assegnato – scriveva
Bauman – [deve] scacciarle
di lì e deportarle “dov’è il
postoloro”o,meglioancora,
non permettergli mai di
avvicinarsi. Il nuovo Grande
Fratellofornisceaifunzionari
dell’ufficio immigrazione gli
elenchi di persone che non
vanno fatte entrare, ai
banchieri l’elenco delle
persone che non devono
ammettere nel novero dei
clientisolventi»2.
Ormai
tutto
funziona
secondo lo schema binario
esclusione-inclusione:
dai
risultati della ricerca di
Google,passandoperisocial
network e le tendopoli
nomadi del movimento
Occupy nel cuore delle
metropoli finanziarie, fino
allavacillante“casaEuropa”,
cheminacciadisfrattosingoli
locatari e la cui gioventù
decidedimigrareversonord.
Avere un’illusione significa
staccareunassegnocontando
su qualcosa che non si
possiede
e
comperare
qualcosa che non ci si può
permettere: proprio questo è
accaduto con la bolla
immobiliare
americana.
Queste case sono chimere,
anche se i loro proprietari
sono registrati nei libri
catastali. Non erano soltanto
prodotti della matematica
finanziaria,
ma
anche
dell’economiapolitica–egià
soloquestonefagliaraldidei
tempi moderni. Non erano
soltanto un esperimento
finanziario, ma nello stesso
tempo
un
esperimento
sociale.
A uno dei trader rovinati
dalla bolla dei subprime
cadde, secondo le sue stesse
parole, la benda dagli occhi:
«Come si può comunicare
alla povera gente la
sensazione del benessere, se
[gli stipendi] ristagnano? Le
si offrono crediti più a buon
mercato»3.
I proprietari di case
americani, che andavano a
comprareconildenaropreso
in prestito ipotecando case
chenonpossedevano,agirono
razionalmente fino allo
scoppio della crisi. Non solo
lebanche,maancheimedia,
gliscienziatieipremiNobel
li incoraggiavano. Era un
comportamento coerente con
la
teoria
del
nuovo
capitalismo
dell’informazione.
La presunta “società del
sapere” ha propagandato in
tutto il mondo l’idea che le
imprese, le istituzioni e il
singolo individuo dovessero
“spogliarsi” (dismantle) delle
limitazioni fisiche. La quota
di beni immateriali e di
capitale virtuale cresce
costantemente. Naomi Klein,
nel suo libro No Logo,
diventato un punto di
riferimento, ha descritto
l’economia di mercati che
non producono più, ma
creano “brand”, affittano,
prestano, noleggiano beni
materiali e persone, sicché
alcuni parlano già del fatto
che i futuri consumatori
troveranno fuori moda il
concettodi“proprietà”.
Ma,comenelcasodeinuovi
senzatetto, questo non era
implicito nell’idea dello
“spogliarsi”. Di colpo le
persone si sono ritrovate
realmente nude e senza un
tetto
sulla
testa.
I
sottoscrittori americani di
ipoteche, indebitati fino al
collo, non avevano fatto che
tradurre in comportamenti
concretiparoled’ordinecome
“usa il capitale, ma non
possederlo”, diffuse da
consulenti finanziari molto
influenti(Rifkin)eacclamate
intuttiicongressideimentori
di questo modo di pensare.
Coerentemente, ciò significa
anche “usa il lavoratore, ma
non assumerlo (prendilo solo
in prestito)” e infine “usa la
tua testa, ma non esserne il
padrone”.
Con questo ci si riferisce a
una delle operazioni più
gravide di conseguenze con
cui il “nuovo pensiero
economico”hadatovitaaun
mondo del lavoro nel quale
“identità” e “personalità”
sonostatedatempomesseda
parte4.
Un famigerato manifesto
dell’ideologia di internet
riassume quasi tutte queste
tesi in una frase: «Le nostre
identitànonhannocorpo[…]
dunque, non c’è nemmeno
unacoazionefisica».
Senonsivuolefarperdereil
buon umore a gente che sta
chiusainunagabbia,occorre
affermare che non esiste un
mondotuttoattorno.Èinutile
chiedersi se l’esecuzione
forzata a danno dei nonproprietari di case americani
nell’agosto del 2007 sia stata
un difetto di tessitura nella
teoria o nella realtà. Non è
stato possibile rispondere a
questa domanda, perché nel
frattempo le cose erano
precipitate.
Sarebbe troppo fatalistico
descrivere ciò che allora
accadde con la locuzione
“profezia che si autoavvera”.
E ben presto risultò chiaro
che, a dispetto di tutte le
montagne di muscoli mentali
fornite dal computer, la
sconfessionedelcorpoedella
physis aveva i suoi limiti
dove li ha l’uomo. La
generazionedegliuominiche
aveva le macchine più
intelligenti non sapeva più
cosa in realtà fosse successo.
E allora, proprio allora,
semplicemente tirò i remi in
barca. Seguì quella strana
alzata di spalle, quel nonpoter-spiegare,quellaconfusa
discussione dei medici al
capezzale del malato, la
nebulosità politica, la frase
“sperochefunzioni…”
Uno dei principali segnali
d’allarme è che nell’epoca
dellanuovarazionalitànonci
sonopiùrisposterazionali.A
guardar meglio, si constata
chelacrisifinanziaria,conle
sue cifre astronomiche che
vannoaldilàdiognicapacità
di immaginazione umana o
politica, ci trasforma in
prigionieridelcalcolatore,nel
quale vediamo con stupore
soltantocatenedinumeriedi
codicichecipassanodavanti
sfrecciando. Così ci si deve
sentire all’interno della
matrice. Dopo la crisi
Lehman, per qualche tempo
né le banche né le loro
commissioni di sorveglianza
furonoingradodidistinguere
leuscitedalleentrate.“Essere
in trappola” è una delle
locuzioni più utilizzate nel
contestodellacrisifinanziaria
e dell’euro, dalla trappola
della liquidità fino a quella
dellacostituzione.
Gli attori politici sono in
trappola. Che fosse così lo
dicevano loro stessi, lo
dicevanoimedia,glianalisti,
lovedevachiunqueascoltasse
inotiziari.
Quante volte si può dire
“trappola”
prima
di
accorgersicheèdavverotale?
Dai tempi della crisi
finanziaria già il linguaggio,
perfino il linguaggio del
corpo dei politici ricorda
quello di un prigioniero. Il
“linguaggio della trappola” è
un linguaggio estremamente
complicato, che dà a
intenderel’esistenzadiviedi
fuga là dove non ci sono e
finge la routine dove domina
già il panico. I politici
cercano “vie d’uscita” in
spazi chiusi, si muovono in
tondo, utilizzano formule di
esclusione
(“non
c’è
alternativa”), costruzioni al
passivo con cui affermano di
subire(“siamocostretti”)esi
affidano
a
un’unica
razionalità(“sefalliscel’euro,
fallisce
l’Europa”)
che
diventa la ragione di tutti gli
altriospitidellagabbia.
La guerra fredda è tornata,
manellaformadiunaguerra
fredda che la società ha
dichiarato a se stessa: prima
dei
vertici
dell’Unione
Europea vengono tracciate
“zone di atterraggio”, viene
proposto o minacciato un
riarmoesonoinscenatitragli
alleati
politici
conflitti
apparenti o reali, dove poi i
singolistatidell’UEsvolgono
“parate trionfali” mediante
conferenze stampa che otto
ore dopo sono interpretate
dagli altri come una
“capitolazione”, mentre nello
stesso tempo viene testata la
reazionesui“mercati”esulla
propria popolazione, con
comunicati ai media, brusche
minacce di plebisciti o
l’accanita opposizione a essi
–tuttociòèprassipoliticada
anni, sono tutti concetti del
discorsopoliticoattuale5.
L’interessanteèchegliStati,
spesso senza che i loro
politici se ne accorgano,
vengonodatempoconsiderati
dall’economia come puri e
semplici
giocatori
nel
mercato, non più come
strutture costituzionali al di
sopradeimercati.
Ormai i primi ministri
governano solo in parte i
paesi;Numero2,chesacome
funzionanoigiochirazionali,
si insinua anche qui. Di
conseguenza le banche di
investimento suggeriscono ai
loroinvestitoridinonleggere
l’intera politica europea di
gestione della crisi come
politica, ma come gioco non
cooperativo che, a ben
vedere, può essere sfruttato.
Ciò significa non credere a
nulla, ipotizzare il peggio,
partire
dall’interesse
individuale assoluto e poi
vedere fin dove ci si può
spingerestrategicamente.
«Non crediate che l’Unione
Sovietica non ci attaccherà
per qualche remora morale»,
sidicevaaitempidellaguerra
fredda.«Soloimmaginandoil
peggio si trova una strategia
razionale per trarre in
inganno l’avversario». Come
abbiamogiàdetto,eraquesto
l’equilibriodiNash.
Eoggi?
Ora, – scrive il “Wall
StreetJournal”comesenon
si trattasse della crisi
dell’eurodel2012,madella
deterrenza reciproca, – si
legge molto spesso che
l’euro non crollerà, dal
momento che questo
sarebbe un guaio per tutti,
sicché alla fine i politici si
metteranno d’accordo e
prenderanno
decisioni
ragionevoli. Non credetelo
mai. È piuttosto probabile
un evento catastrofico.
L’unica condotta razionale
consiste nel prepararsi al
peggio.
E poiché quel giornale è
convinto della superiore
saggezza dei mercati ed è
persuaso della limitatezza
degliStati,suggerisceaisuoi
lettori di inserire subito nel
lettore DVD il film A
Beautiful
Mind
per
comprendere
la
crisi
dell’euro6.
Uno dei più importanti
giochi di strategia della
guerra fredda, di cui si sono
occupati anche John Nash e
suoi colleghi, era il ChickenGame: due auto sfrecciano
lungounastradal’unacontro
l’altra.Chisterzaperprimoe
quando? Fino a quale
secondo posso restare lì, per
far sì che l’altro batta in
ritirata? Come sempre in
questi giochi mentali non era
questione
di
reazione
autonoma, ma di come
riuscire a dare l’impressione
di avere un’irremovibile
autonomia,
infondendo
nell’altro il dubbio sulle
proprieintenzioni.Losideve
sapere,
se
si
vuole
comprenderecomegliStatie
i loro cittadini oggi vengono
letti dai mercati finanziari:
fannocomesenoncifossero.
Il cittadino e lo Stato non
hanno più alcuna sovranità,
ma “giocano” soltanto. In
questo modo i parlamenti
diventano accessori e le
opinioni pubbliche casse di
risonanzaacuicisirivolgein
realtà per influenzare i
mercati.
Oggi gli Stati sono
economicamenteimprigionati
nel loro campo d’azione
come lo era militarmente il
mondo della guerra fredda.
Nel gennaio del 2012 lo
stratega capo dell’agenzia di
investimenti di Chicago
“William
Blair”
definì
ironicamente la politica
europeadellacrisiungiocodi
sovranità nel quale i politici
non miravano più al denaro,
ma all’autodeterminazione
politica. Durante la guerra
freddaleesibizionidipotenza
avvenivano mediante una
“sovrabbondanza di armi
nucleari”;orainuovirivali–
Stati e mercati finanziari –
mostrano la loro potenza con
una sovrabbondanza di
presunterisorsedidenaroche
potrebbero
salvare
o
annientare gli Stati in
pericolo.
«Ma,–avverteBrianSinger,
autore del testo, – la
sovrabbondanza può essere
un bluff o può esistere
realmente».Inparolepovere:
abbiamo i soldi per i quali
garantiamo?
L’obiettivo del gioco della
Germania sarebbe quello di
imporre all’intera zona
dell’euro
la
“politica
finanziariateutonica”.Ipaesi
del Sud hanno bisogno di
denaro, ma dovrebbero
rinunciare a parte della loro
sovranità. Nel mondo di
Numero2l’ideadilasciarela
sceltaalpopoloègiàdipersé
una “minaccia”, in quanto il
mercato è un computer
elettorale
migliore
del
plebiscito.
L’ex primo ministro greco
Papandreu
cercò
di
minacciare gli altri paesi
con
un
referendum.
Sfortunatamente era un
bluff, e ci rimise il posto
[…] La Francia ha formato
una coalizione con la
Germaniaperspillareforza
economica dalla Germania
[…]Nonc’èl’intenzionedi
separare
i
mercati
finanziari;giocaungiocodi
sovranità, proprio come
previsto dal modello di
John Nash. I leader politici
e i loro partner nei media
giocano molto bene […]
quando la crisi di liquidità
sarà passata, una serie di
paesi sviluppati dovrà
vedersela con l’insolvenza
cronica.
Dunque, le banche di
investimentonondevonoaver
pauradiunaregolazioneodi
una “rappresaglia”. «Piaccia
o no, un buon avvocato, un
derivato e una mente versata
per la finanza è in grado di
aggirare
qualsiasi
regolazione,
talvolta,
sfortunatamente, anche in
modoillegale»7.
Non si può addossare tutto
alle banche di investimento:
esse descrivono come gli
investitori
possono
partecipare al grande gioco,
maanchegliStatigiocanotra
di loro il medesimo gioco da
quando è scoppiata la crisi
dell’euro. In questo contesto
di gioco a carte coperte
perfino l’affermazione “uno
più uno uguale due” può
essere un bluff. Si pone però
laquestionediquantoalungo
le
democrazie
possano
reggere simili forme di
comunicazionepubblica.
Nei bunker delle sue stanze
negoziali, la classe politica
deve programmare cinque
passieprevedereisuccessivi
diecipassidelmercato,chea
sua volta ha previsto e
“stimato” i cinque passi dei
governi. Ormai i governi
parlano solo tatticamente con
le loro opinioni pubbliche,
scavalcano i parlamenti e le
leggi,
devono
dare
indicazioni fuorvianti e
suscitare
aspettative
contraddittorie, illudere su
risorse finanziarie illimitate e
su grandi capacità di tenuta,
annunciare, applicare o
respingere regolazioni – tutto
questo solo per confondere,
indurreinerroreocostringere
allacooperazionel’avversario
nella corsa agli armamenti
con i mercati. Solo per non
cadere nella trappola e
piazzarneinveceunaloro.
La
controparte
opera
esattamente con gli stessi
bluff. Numero 2, da maestro
deimodellibasatisullateoria
dei giochi, li ha insegnati a
tutti.Glialgoritmicalcolanoa
partiredaunagranquantitàdi
informazioni
il
futuro
andamento
dei
prezzi,
valutano con l’ausilio di altri
algoritmi come il proprio
comportamento viene letto
dagli altri e cambia il futuro,
e quindi decidono a chi e in
quale
quantità
inviare
informazioni
sbagliate.
Cercano di predire la
performance di un’impresa
prima che questa sia nota
all’impresa stessa (dark
pools), inviano perfino
informazionialmercatodella
finanza e al mercato dei
politici per provocare o
impedireazioni.
La maggior parte dei gestori
di fondi speculativi, di
operatori
delle
banche
d’investimentoeditradernon
ha volto né nome, ma
possiede armi efficaci e una
razionalitàsullaqualesibasa
l’intero gioco: non vuole
perdere.
Mentre i conflitti sociali tra
economia reale, Stato e
società duravano decenni e,
soprattutto in Germania, si
svolgevano
cooperativamente,all’insegna
del concetto di “economia
sociale di mercato”, ora il
gioco dei mercati finanziari
internazionaliconlasocietàè
sempre più spesso non
cooperativo,asommazero:la
vincita dell’uno è la perdita
dell’altro.
Lo si può formulare anche
assaipiùconcretamente:dopo
una guerra fredda durata
cinquant’anni tra un sistema
di economia sociale e un
sistema
di
economia
pianificata, entrambi dotati
della bomba atomica, ci
troviamo dopo la fine del
comunismo in una nuova
guerra fredda tra gli Stati
nazionali democratici e i
corpi globalizzati dei mercati
finanziari.
Entrambi sanno che l’altra
parte dispone di potentissime
armi di deterrenza e di
sterminio di massa. Entrambi
non
possono
parlarsi
direttamente, ma devono
riprodurrenellapropriamente
il pensiero dell’altro, per
reagirvi. Entrambi devono
ipotizzare razionalmente che
nessuna delle due parti
sferreràilcolpomortaleeche
non può davvero volere che
l’altravadacompletamentein
rovina, il che però non
escludeprimicolpistrategici,
comefucostrettaaconstatare
conorrore(dibrevedurata)la
Lehman
Brothers,
che
credeva
nella
propria
rilevanza
sistemica.
I
manager erano convinti,
infatti, che lo Stato non
l’avrebbe lasciata andare a
fondo.
Dobbiamo
abbandonare
l’idea che la crisi sia una
situazioned’emergenzaeche
tutteleazionipolitichesiano,
per così dire, operazioni
specialidiun’unitàdicrisidi
pronto
intervento.
Ci
troviamo in una fase di
“politica del contenimento”,
dilimitazionedell’espansione
finanziaria
globale.
Il
problema è solo che,
diversamente dagli anni
cinquanta, quando si trattava
del contenimento di un
imperialismo
sovietico
sostenuto
dalla
bomba
atomica,ilpiùpotentealleato
di allora, gli Stati Uniti, oggi
non è più un compagno di
gioco. Tra tutte le cattive
notizie contenute in Inside
Job, il film di Charles
Ferguson,lapeggioreèsenza
dubbio
quella
sull’amministrazione Obama:
il governo americano non
solo ha protetto le élite
finanziarie, ma le ha anche
chiamate a far parte
dell’esecutivo.
Nelgirodiunsolodecennio,
tra il 2000 e il 2010, la
balance of power tra la
politica e i mercati finanziari
americani si è spostata. Solo
nella crisi è diventato chiaro
che la politica agiva come
avevanomostratoiteoricidei
giochi della guerra fredda:
comunica mediante mosse,
nonmedianteargomenti.Ele
mosse
possono
essere
punizioni,
ricompense,
apparentisacrificidisestessi,
ritirateooffensive.
Come i giocatori della
RAND-Corporation,igoverni
non giocano solo con
l’“avversario”, né soltanto
con i “mercati”, ma con le
proprie opinioni pubbliche.
Basta il denaro per il fondo
salva-Stati?
Il
limite
invalicabile può essere
superato? Il parlamento deve
essereinformato?
Che, come viene detto
all’opinione
pubblica,
qualcosa sia “andato fuori
controllo” e debba essere
“contenuto”, che occorra
“immagazzinare”
denaro,
evitare il “panico”, aprire un
“ombrello protettivo”, sul
quale decidono “governatori”
dotati di immunità giuridica:
sonotuttecose–compresala
metafora nucleare della
“fusionedelnocciolo”edelle
financial weapons of mass
destruction – che non
rientrano nel linguaggio
dell’assistenza tecnica o di
Fukushima, ma in quello
dellaguerrafreddainterna.
____________________
1NicholasNegroponte,BeingDigital,
Knopf,NewYork2005,citatoin
http://www.scottlondon.com/reviews/
2ZygmuntBauman,Vitediscarto,
Laterza,Roma-Bari,2005,p.164
(ed.orig.WastedLives:Modernity
anditsOutcasts,PolityPress,
Cambridge2004,p.133).
3Lewis,TheBigShort.Ilgrande
scoperto,cit.,p.14.
4JohnPerryBarlow,ADeclaration
oftheIndependenceofCyberspace,
1996,disponibileall’indirizzo
https://projects.eff.org/~barlow/Decla
Final.html
5Peresempiocfr.
http://www.faz.net/aktuell/politik/euro
union/euro-gipfel-montismorgenstreich-11817149.htm.
6Cfr.MatthewLynn,GreekCrisis
isn’tEconomics,it’sGameTheory,
disponibileall’indirizzo
http://www.marketwatch.com/story/g
crisis-isnt-economics-its-gametheory-2012-02-22.
7Cfr.BrianB.Singer,Positioning
PortfoliosforTurbulentTimes,
disponibileall'indirizzo
http://www.williamblair.com/~/media
%20June%202012.pdf;Lynn,
GreekCrisisisn'tEconomics,it’s
GameTheory,cit.
Capitolo18
Matrix
“Comeavetepotutocreare
unuomosimile?”
È questa, dunque, la
macchina che continua a
spingere sempre più la
politica europea e i suoi
cittadinicontrolesbarredella
loro gabbia? È questa la
razionalità alla quale interi
Stati devono adeguare in
misura sempre più ampia le
lorodecisionirazionali?Cisi
sarebbe aspettati un po’ di
scetticismo, anche se solo
nella forma di un’ispezione
che stabilisse se la favolosa
macchina “mercato”, che
tienetutticonilfiatosospeso,
funzioni davvero come sta
scritto
nelle
superate
istruzioniperl’uso.
Com’è potuta cadere nel
mezzodiunacrisidimercato,
e apparire come una visione,
la frase di Angela Merkel su
una“democraziaconformeal
mercato”, e perché è stato
profuso grande impegno nel
riparare gli Stati, ma non i
mercati? La risposta suona
così: perché quasi tutte le
élite politiche e sociali
prendono per legge di natura
la teoria secondo cui il
mercato “la sa più lunga di
noi”. Solo grazie a questa rietichettaturaèstatopossibile,
per esempio, che la “fusione
del nocciolo” dei mercati
finanziari non suscitasse
dubbi sull’Onnisciente, ma
generasse la visione politica
diunademocraziaubbidiente
al mercato, che sarebbe
risorta come la fenice dalla
ceneretossica.
Ciòacuiassistiamodal2007
con la crisi finanziaria è
chiaramente diverso da un
passeggero e irrazionale
erroredisistema,qualcosadi
più del periodico evergreen
Systems gone wild. Non si
possono
semplicemente
“arrestare” le macchine o,
come dopo Fukushima,
annunciare
una
svolta
energetica. La frase sui
“mostri” rivela quanto il
subconsciocollettivocoltiviil
sospetto che qui sia stato
scatenatoqualcosadivivo.
Le ricerche sul campo della
sociologa austriaca Karin
Knorr Cetina sulle piazze
finanziarie di New York e
Zurigo hanno mostrato che i
trader percepiscono i loro
sistemi di scambio digitali
non più come mezzi di
comunicazione, ma come
autonome forme di vita
biologiche e come qualcosa
di simile a un “essere
superiore” (greater being)1.
Nella fusione tra l’uomo e la
macchina gli schermi dei
computer, a differenza degli
anni novanta, non sono più
“finestre” sui mercati, ma
sono i mercati stessi – o
meglio: «cantieri nei quali
viene edificato l’intero
mondo
economico
e
intellettuale»,
una
trasformazione che avviene
anche nei social network
“privati”comeFacebook.
Di conseguenza, anche tutte
le definizioni del mercato si
fondonoinunasola.Parlando
con un trader esperto, che ha
operatoinquasitutteleBorse
del mondo, alcuni studiosi
hannodomandato:
«Cos’èperleiilmercato?».
Rispostadeltrader:«Tutto».
Domanda: «E cos’è per lei
l’informazione?».
Risposta:«Tutto».
Chi compera, chi vende,
doveavviene,dov’èilcentro,
cosafannolebanchecentrali,
cosa fanno i grandi fondi,
cosa dice la stampa, cosa
succedenellaCDU,cosadice
ilprimoministromalaysiano:
ètutto,tuttoesempre2.
Una forte intuizione sociale
avverte che questa fusione
crea un nuovo tipo di uomo.
Percepisce il processo quasi
alchimistico
nel
quale
l’individuovienecreatodagli
apparati di un mercato
dell’informazione
ormai
privo di freni – e proprio
quando l’individuo si è reso
colpevole di un misfatto,
come ad esempio l’agente di
Borsa
francese
Jérôme
Kerviel,chenel2008procurò
al suo datore di lavoro, la
SociétéGénérale,unaperdita
di 4,8 miliardi di euro. Al
culmine
della
crisi
finanziaria, Kerviel diventò
agli occhi dell’opinione
pubblica francese quasi una
sortadiCheGuevara,ilquale
fa saltare in aria un sistema
che esige un determinato
comportamentoeconomico,e
lofaadottandoproprioquesto
comportamento. A leggere i
suoi sostenitori su Facebook
o nella stampa francese,
sembrava già di trovarsi di
fronte a un capitolo della
trilogiadiMatrix.
Kerviel era la quintessenza
del cyborg, dell’uomo fuso
con la macchina, che sul suo
schermo percepiva le cifre
nonpiùcomegrandezzefisse,
macomepuraliquidità,come
unflussoelettricochemutava
in continuazione. «Mi dica
chi è, chi è Mr Kerviel?»
chieseilgiudiceall’iniziodel
processo.
Non senza pathos, ma con
una retorica nella quale si
rivelavalaveritàdiunintero
sistema, dopo l’escussione
delle prove l’avvocato di
Kerviel,OlivierMetzner,fece
un’altradomanda:«Chisiete,
Société Générale? Chi siete?
Come avete potuto creare un
uomosimile?»3.
Abbiamo già sentito questa
domanda. È la domanda
rivolta al dottor Victor
Frankenstein.
____________________
1KnorrCetinaePreda,TheSociology
ofFinancialMarkets,cit.,p.47.
2Ibid.
3Das,ExtremeMoney,cit.,p.229.
Capitolo19
“Mind’seye”
“Avvio”dellademocrazia
conformealmercato
Che tipo di politica fa
Numero
2?
O,
più
precisamente, com’è il suo
Stato ideale? Dove vivremo
quando avrà completato la
sua opera e avrà in pugno
tutte le istituzioni sociali? E
per chi sa che le parole
particolarmente controverse
deipoliticinonsonoaltroche
le mosse di un gioco: cosa
significa
democrazia
conformealmercato?
Non c’è bisogno di spiegare
che Numero 2 e i suoi cloni
moltiplicati per milioni non
vogliono più soltanto quello
che vogliono i loro
committenti. I flash-crashes
hannodimostratocheormaii
soldati agiscono fuori del
controllo umano. Non è un
incidente, ma corrisponde
esattamente alla volontà dei
loro creatori: certo non
sarebbero passati per la
macchina di Chicago1 se ora
volessero
comandare
l’esercitodiautomi.
Quello che volevano era del
tutto sincero: una società
nella quale ognuno può
vivere liberamente secondo i
propri desideri e le proprie
passioni. Anche gli agenti,
anche le controfigure. Perciò
molti di coloro che hanno
introdottoagentievolutivinei
sistemi finanziari da tempo
non sanno più cosa fanno le
loro creature, solo che molto
probabilmente continuano a
farlo secondo le semplici
regole della massimizzazione
del loro profitto, in base alle
quali
erano
state
programmate.
Finoaquandorimangonosul
terreno della “costituzione” –
egoismo
significa
massimizzazione del profitto
e questa costituzione del
mondo degli automi è stata
scritta fondamentalmente da
Ken Binmore –, anche agli
agenti tutto è permesso. E
poichéperprincipiosidiffida
gli uni degli altri, l’incetta di
informazionisucosaluiolei
pensa o ha intenzione di fare
sostituiscelacomunicazione.
In questo mondo la
“menzogna” non c’entra con
la morale e l’insincerità
deliberata è il problema
minore: nell’epoca di Big
Data – dell’interconnessione
totale di tutti i dati sulle
persone e le cose – anche
l’autoinganno, le illusioni, le
strategie con le quali gli
uomini “se la danno a
intendere”rientranoinquesta
categoria.
Le imprese che fanno opera
di persuasione rivolta a se
stesse e ad altri vengono
esaminate e punite in Borsa,
oppure, come nel caso di
Lehman e AIG, giocano a
lungo e con successo al
tavolo da poker. Dove si “è
mentito” nel senso classico
del termine, è facile
pronunciare
sentenze
giuridiche e morali. Ma le
cosesipresentanoinunmodo
ben diverso se gli stessi
soggettiinteressatinonsanno
ancoracosasanno.
Le persone vivono da
generazioni con il paradosso
delle
conseguenze
“impreviste” e una parte
importante dell’accertamento
giuridicodellaveritàconsiste
nello stabilire che cosa un
individuo abbia progettato
consapevolmenteoprovocato
inconsapevolmente.Ilconfine
si sposta quando nascono
tecnologie che da un lato
sono in grado di dare un
nome a questo sapere
implicito, ma dall’altro sono
impiegate
da
persone
convinte che i bluff siano la
norma del comportamento
sociale.
Il programmatore Axel
Pentland
sviluppa
e
promuove apparecchi capaci
dileggereisegnaliumani.La
parolasegnalesuonaingenua
e sterile. Si riferisce però a
informazioni che l’uomo
stessononsadipossedere.
ScienziaticomePentlandnon
sono
Frankenstein.
Propongono tecnologie che
possono sempre essere
impiegateperillatooscuroo
per il lato luminoso del
potere. «Pentland ritiene che
questo tipo di sorveglianza
possa essere utile per
identificare
persone
potenzialmente avviate a un
burn-out e che quindi
richiedono un’osservazione
piùattenta»2.
Tuttavia le informazioni nei
mercati vengono sempre
raccolte e valutate nel
contesto del “gioco a carte
coperte”. Il giocatore o la
giocatricetaceunparticolare,
lo tiene per sé per trarne
profitto. Nessuna azienda e
nessuna
organizzazione
direbbe che vuole scoprire
quellocheisuoicollaboratori
tengono segreto. Piuttosto, in
un contesto di lavoro
normale, la teoria dei giochi
puòessereformulatacosì:
Poiché le persone tendono
a nascondere il loro stress
davantiaglialtri,puòessere
difficile,
se
non
impossibile, coglierne i
segnali. In uno studio,
Pentland e il suo studente
MichaelSunghannofissato
sensori fisiologici al corpo
di studenti che giocavano a
poker puntando denaro
vero,
monitorando
i
movimenti del corpo, la
reazionecutaneaeilbattito
cardiaco. Scoprirono che
potevano identificare i
momenti
di
stress
particolarmenteintensocon
una precisione dell’80 per
cento. Inoltre, riuscirono a
stabilire nel 70 per cento
dei casi se i giocatori
stavanobluffando3.
Nel
nostro
contesto,
l’esperimento è importante
solo perché non è altro che
l’applicazionedellamacchina
della verità al gioco della
nostravita.Ildatamining,lo
sfruttamento di ogni tipo di
informazione digitale, da
tempo si fonde con ciò che
Alex Pentland chiama il
realitymining4.
Ènotoatuttil’attualeambito
di
applicazione
delle
macchine della verità in
campo politico-militare. La
nuova guerra contro il
terrorismo, che ha sostituito
laguerrafredda,èricchissima
di esempi. Per quanto appaia
singolarechedonneinsediaa
rotelle quasi centenarie siano
costrette a spogliarsi ai
controlli aeroportuali perché
nella
loro
carrozzina
potrebbero aver nascosto
un’arma, nel complesso
siamo pronti ad accettare il
principio della fondamentale
diffidenza in questi luoghi
chiavedellacomunicazioneo
del traffico, e di ciò fanno
parteinakedbodyscanner,la
perquisizione da parte di
estranei, la richiesta di
togliersi le scarpe, l’apertura
e il controllo delle valigette,
la rilevazione delle impronte
digitali all’ingresso in un
paeseecc.
A scanso di equivoci, qui
non stiamo mettendo in
discussione l’indubbiamente
legittima
difesa
dal
terrorismo. Tuttavia, proprio
queste
procedure
di
identificazione costituiscono
l’essenza
dell’economia
dell’informazione;
all’aeroporto con il body
scannero,comeperesempio
all’aeroporto di Los Angeles,
con sistemi di sorveglianza
modellati sulla teoria dei
giochi;nelcasodegliacquisti
online,conagentieconomici.
Allostatoattuale,alprogetto
della “democrazia conforme
al mercato” si lavora già in
quasi tutte le nazioni
industrializzate
dell’Occidente. Come finora
hanno fatto i mercati
finanziari automatizzati, i
social network e i motori di
ricerca
nell’internet
commercializzata, il nuovo
Stato
dell’informazione
sviluppametodidiprevisione
dei comportamenti e di
sorveglianza gestiti da robot,
secondo
il
modello
dell’analisi
preventiva
anticrimine. I centri di
irradiazione del capitalismo
dell’informazione
del
ventunesimo
secolo
si
trovanonellaSiliconValleye
aWallStreet.Unterzo,ilpiù
potenteditutti,chesioccupa
senza sosta delle idee degli
uomini, si trova però in
Virginia. Qui ha sede la
National Security Agency,
l’Agenzia per la Sicurezza
Nazionale degli Stati Uniti.
Oggi lavorano per la NSA le
testemigliori(peresempio,il
progetto Carnegie Mellon5 è
stato
finanziato
dal
Dipartimento di ricerca del
Ministero della Difesa, il
DARPA),eGooglevirecluta
i suoi manager6. Quello che
unavoltaeranoibunkeregli
apparati di sorveglianza della
guerra fredda è ora di casa
nellebenpiùliquidestrutture
della NSA. Se i teorici dei
giochi della guerra fredda
giocavano giochi economici
con l’Unione Sovietica, la
NSA è un passo avanti: è
diventata una componente
essenziale
dell’economia
dell’informazionee,comeun
tempo la gente della RAND,
sta per riscrivere accordi
sociali.Unodeiloropensatori
piùimportanti,anchesenonè
luistessomembrodellaNSA,
vede
addirittura
approssimarsi
nuovi
ordinamenti
costituzionali
che
scuoteranno
dalle
fondamenta
gli
Stati
democraticinazionali.
PhilipBobbitthaconiatoper
questi nuovi Stati la
definizione di Stati del
mercato dell’informazione. Il
giurista è uno dei pensatori
politici più influenti degli
StatiUniti,untempomembro
del Consiglio di Sicurezza.
Democratico e tutt’altro che
unBigBrother.Halavoratoa
suotempoperBillClinton,e
GeorgeBushharipresoletesi
di Bobbitt nel suo Discorso
sullo stato dell’Unione del
2004.
Due anni dopo il fallimento
Lehman, Bobbitt, con il
plausodiHenryKissinger,di
Niall
Ferguson
e
dell’establishment politico
americano, ha auspicato
qualcosa a cui un’Europa
maturata rapidamente e
prontaall’assaltodalpuntodi
vistatecnico-finanziariosista
orientando
in
questo
momento. Egli prefigurò e
pronosticò un nuovo «ordine
costituzionale che dissolverà
lo Stato nazionale», la
trasformazione del nostro
mondo in «Stati del mercato
dell’informazione».
Per Bobbitt le crisi attuali
non insegnano a mettere in
dubbio
il
quoziente
d’intelligenzadeimercati,ma
il contrario: i mercati hanno
delegittimato gli Stati poiché
gli Stati non comprendono
più i moderni processi del
denaro e dell’informazione.
Gli Stati dell’informazione
hanno un messaggio molto
semplice:dateciinformazioni
suciòchepensate,progettate
o volete consumare e noi vi
daremo nuove opportunità di
sviluppo e di carriera. Nello
stessotempoilmodernoStato
delmercatodell’informazione
garantisce
soltanto
prestazioni
di
welfare
minimali.
Bobbitt non dice che trova
giusta questa evoluzione. La
descrive come una legge di
natura; o meglio, la descrive
come oggi viene descritto
ogni mutamento sociale, cioè
come
l’esito
di
un
determinismotecnologico.
I padri di Numero 2 hanno
visto il mercato come un
unico, gigantesco computer;
unamacchinaperelaborarele
informazioni che fissa prezzi
equi. Bobbitt fa un passo
avanti:vedeloStatocomeun
computer che ora – quando
finalmente è sul mercato
comeunasortadisuper-iMac
Apple con chip ultraveloce,
migliore scheda grafica, più
rapidotrasferimentodeidatie
design accattivante – ci
impone
determinati
comportamenti,propriocome
il telefonino, il computer,
Facebook,
l’anatra
di
Vaucanson, gli automi di
Federico II, la macchina a
vaporediWatt.
«Un nuovo ordinamento
costituzionale, che incarna
questo mutamento, prima o
poi sostituirà lo Stato
nazionale», scrive Bobbitt.
Non parla di Mr Hyde e si
attiene
a
una
certa
diplomazia; eppure in frasi
come questa si percepisce
chiaramentel’ecodeipadridi
Numero2:
[Lo stato del mercato
dell’informazione]
esternalizzerà molte sue
funzioni.Inquestomodola
legittimazionedelloStatoin
parte slitterà: esso non
garantirà più il welfare, ma
contribuirà a far sì che
ognuno massimizzi le
proprie
opportunità
individuali e adotterà
metodi di condotta della
guerra e tecniche di difesa
di cui gli Stati nazionali
nondispongono7.
Non si potrebbe descrivere
con più precisione come
Numero 2 intenda ridurre il
comportamentoumano,come
desidera che sia lo Stato nel
quale devono vivere i suoi
uomini. E il bello è che le
tecniche di guerra, come
Bobbitt documenta pagina
dopo pagina e come sa
chiunque si sente addosso
l’eyeintheskydell’America,
munito
di
droni
e
onniveggente,
sono
le
tecnichediinformazione:una
tesi che non può sorprendere
gli oppositori delle algowars.Cosìcomenelsecondo
necessarioperscriverequesta
PAROLA, algoritmi ad alta
frequenza
concludono
centinaia di migliaia di affari
in tutto il mondo, gli
algoritmi ad alta frequenza
dello Stato del mercato
dell’informazionemonitorano
imovimentideisuoicittadini.
Qualunque cosa registrino le
decinedimigliaiadidroninel
cielo sopra l’America e le
innumerevoli telecamere di
sorveglianza, ora viene
tradotta come i movimenti di
truppe o gli autoconvogli
russi nella guerra fredda o
come i movimenti azionari
nei mercati automatizzati.
Numero2nonèpiùunessere
coninformazioniincomplete.
“Mind’s Eye”, un progetto
del Pentagono, prevede di
dotare di intelligenza visuale
tutti i sistemi di sorveglianza
della vita quotidiana. È il
corrispondente sociale di
quello che facevano gli
operatori radar degli anni
cinquanta
e
trasferirà
definitivamente nella vita
umana il sistema delle azioni
e
delle
transazioni
simboliche.
Solo poco tempo fa i
ricercatori della Carnegie
Mellon University hanno
presentato un sistema che in
qualche secondo non solo
decritta
i
video
di
sorveglianza, ma cerca anche
di prevedere cosa potrebbe
accadere
dopo.
Le
registrazioni video vengono
sezionateinsingolesequenze
per poi essere collegate a
concetti semantici come
“sollevare”, “seppellire” o
“portare”:
se
qualcuno
“solleva”,
“porta”
o
“seppellisce” un corpo, il
sistema mette in allarme gli
operatori che, allo stato delle
cose, ridiventeranno in parte
essistessimacchine.
Qui, per il momento, i
modellibasatisullateoriadei
giochi svolgono di sicuro un
ruolo soltanto marginale.
Probabilmentefarannosentire
la loro influenza nelle
previsioni dei comportamenti
e nelle strategie sociali, ma
sono soltanto un ingrediente
tra gli altri. Le procedure di
riconoscimento
delle
immagini,
le
analisi
statistiche e forse perfino le
reti neuronali sono molto più
importanti per gli “occhi” in
cielo. Tuttavia è solo una
questione di livello di
organizzazione.
Come
abbiamovisto,nonèsoloHal
Varian a credere che con
l’aiutodell’equilibriodiNash
si possa prevedere il
comportamento.
Come è possibile constatare
osservando le architetture di
sicurezza dell’aeroporto di
Los Angeles, ciò non deve
incomberesudinoicomeuna
minaccia8. Qui il compito di
impedire gli attacchi di un
“avversario intelligente” (il
terrorismo) disponendo di
risorse limitate è stato risolto
grazie a modelli basati sulla
teoria dei giochi, che
ridistribuivano le forze di
sicurezza in modo sempre
nuovo, secondo un principio
di
casualità
straordinariamentecomplesso
– sempre con lo scopo di
spingerecosìinaltoi“costi”
dell’aggressore (per esempio,
dovrebbe sempre sorvegliare
le routine che cambiano) da
indurlo
a
rinunciare.
Naturalmente
simili
applicazioni, che in ultima
analisi non mirano ad altro
cheallaripartizionedirisorse
scarse (la polizia), in altri
contestisonoanchemetodidi
controllo. Nell’èra di Big
Datalanostravitanonètutta
quantamonitorataeosservata
in permanenza mediante i
droni e i segnali digitali? La
statistica è una cosa – e
attualmente è uno degli
scenaripiùimportantiaccanto
alla teoria dei giochi –;
l’analisi
del
materiale
partendo dal presupposto che
tutto ciò che occorre sapere
dellemotivazionidiqualcuno
ècheeglivuolemassimizzare
il proprio utile, è una cosa
moralmentedeltuttodiversa.
No, questo non è Orwell, o
almeno non lo è fino a
quandol’Occidentevivenella
democrazia. Tuttavia è, se
possibile, più drammatico: i
sistemi che prevedono il
comportamento umano non
possono fare a meno di
ricorrere a modelli basati
sullateoriadeigiochi.
In altri termini, tutti questi
occhifreddiincieloeinterra
devono per definizione
pensare il peggio della
persona che osservano.
Vediamo più da vicino cosa
neconsegue.
____________________
1Macchinaleggendaria,emblema
dell’automatizzazione,nellaqualei
maialientranoviviedesconosotto
formadiprosciutto.Poincarélacita
nell’ambitodelladiscussionesui
fondamentidellamatematica,per
contrastarelaposizionedichinon
ritienenecessariocapireunteorema
perpoterlodimostrare,comese
esistesseunamacchinanellaquale
bastasemplicementeinserire
assiomiperestrarneteoremi.
[N.d.R.]
2MarkBuchanan,Signals,in
“strategy+business”,48,2007,
disponibileall’indirizzo
http://web.media.mit.edu/~sandy/Hon
Signals-sb48_07307.pdf.
3Ibid.
4Cfr.AndyGreenberg,Mining
HumanBehaviouratMIT,
disponibileall’indirizzohttp://
www.forbes.com/forbes/2010/0830/egang-mit-sandy-pentland-darpasociometers-mining-reality_2.html.
5LaCarnegieMellonUniversityè
un’universitàprivatadiPittsburgh,
inPennsylvania,sedediuna
prestigiosascuoladiscienza
informatica.Ilprogettoin
questione,Mind’sEye,siproponedi
svilupparel’intelligenzavisuale
nellemacchine(cfr.infra,p.158).
[N.d.T.]
6NoahSchachtman,DARPADirector
BoltsPentagonforGoogle,
disponibileall’indirizzo
http://www.wired.com/dangerroom/20
darpagoogle/.
7Bobbitt,TerrorandConsent,cit.,p.
87.
8JamesPita,ManishJain,Fernando
Ordoñez,ChristopherPortway,
MilindTambe,CraigWestern,
PraveenParuchurieSaritKraus,
UsingGameTheoryforLosAngeles
AirportSecurity,2012,disponibile
all’indirizzo
http://teamcore.usc.edu/papers/2008/A
Capitolo20
Votazione
Nel“crepuscolodegliidoli
dellasovranità”lepotenze
restituisconoilpotereagli
uomini
È
per
ora
l’ultimo
aggiornamento
del
capitalismodell’informazione
nel segno della macchina: il
cervello,ilmercatoeloStato
diventano computer e hanno
lo stesso software. Tutto
questo
ha
un’enorme
plausibilità per la società,
poiché quasi tutti vivono già
all’interno della macchina.
Comegliautomiaorologeria
di Federico il Grande,
crediamo
di
conoscere
l’ingranaggio che mette in
motoilmondo.
Tuttavia non è più la
macchina
degli
esordi
grandiosi,neglianninovanta,
con le loro utopie digitali di
comunicazionesenzaconfini,
trasparenza
e
sciami
amichevoli che diventano
semprepiùintelligenti.Senza
dubbiol’ideadiun’economia
del sapere nella quale gli
uomini traggono profitto
l’uno dall’altro anche senza
etichetta del prezzo, grazie
alla
cooperazione
e
all’altruismo, è una speranza
sempre viva; questo tipo
umano
non
è
però
programmato,senonaltroper
semplici
ragioni
di
impossibilità “tecnica”. E c’è
differenza tra assumere che
gli uomini siano spinti dal
puro interesse personale e
programmare
un’intera
popolazione in modo che lo
sia.
Il mercato automatizzato
analizza preferenze, e per
questo mercato, il fatto che i
consumatori scelgano fra
diversi libri o fra diversi
governi comporta soltanto
una differenza di prezzo. La
tattica argomentativa è
sempre
la
stessa:
il
capitalismodell’informazione
innestailpatrimoniogenetico
dell’Homo
œconomicus
sintetico in tutti i sistemi
immaginabili – dal singolo
individuo fino alle economie
globali – e si espone sempre
più al pericolo di produrre
endemicamente profezie che
siautoavverano.
Walter Wriston, capo della
Citybank e il più potente
banchiere del suo tempo, nel
1992 aveva malignamente
annunciato il «crepuscolo
degli idoli della sovranità»,
un mondo nel quale lo Stato
avrebbecapitolatodifronteal
sapere dei mercati e alla
razionalità
dell’Homo
œconomicus. Pronosticò ciò
chenel2012ibanchieridella
banca
di
investimento
“William Blair” hanno
accertato come un fatto. Gli
Stati ormai giocano soltanto
“giochi di sovranità”. I
«mercati» scrisse Wriston
«sono computer elettorali;
sono
un
referendum
permanente»1.
Scritto–sinotibene–prima
della commercializzazione di
internet, in un momento nel
quale non esisteva ancora il
concetto di world wide web,
Wriston celebrava il mercato
con le stesse parole con le
quali oggi viene lodata
Internet
Inc.:
le
«informazioni» prodotte dai
mercati sono un «incessante
conteggio dei voti su ciò che
il mondo pensa della politica
diplomatica,
fiscale
e
monetaria di uno Stato». In
altri termini, sono i mercati
che «restituiscono il potere
allepersone»2.
Il mercato come simbolo
della
partecipazione
democratica
era
l’idea
originaria dei padri di
Numero 2, di economisti
come Kenneth Arrow o
Milton Friedman. Voleva
dire, per lo Stato, essere di
per sé un mercato o non
essercipiù.
Non si può immaginare – e
su questo Bobbitt insiste –
una politica conforme al
mercato attuata dallo Stato
dell’informazione che sia
come il laissez-faire di
Ronald Reagan o Margaret
Thatcher. Simili associazioni
sono sempre state di per sé
una banalizzazione. Ciò che
Numero 2 vuole realmente
farebbesudarefreddoqualche
esponente della dottrina
neoliberista pura. «Lo Stato
del mercato è senza classi»,
non gli interessano la razza,
la provenienza o il sesso, ma
anche valori come il rispetto,
l’altruismo, la lealtà o la
famiglia
gli
sono
indifferenti»3.
Le elezioni sono poi, in un
certo senso, assemblee
popolari su questioni astratte
e generali. La volontà dei
consumatori si esprime
attraverso la comunicazione
collettiva su internet e nei
media così come attraverso i
“mercati”
stessi.
Dal
momento,
però,
che
entrambe,
sia
la
comunicazione in rete sia la
copertura
mediatica
–
purtroppo
sempre
più
finalizzata, in una parte
populistica dei media, al
numerodiclickeallecascate
informative4 – vengono
quantificate e selezionate da
algoritmi,
l’inquietante
cerchio della profezia che si
autorealizzasichiude.
Perchidubitadiciòsonoda
tempo disponibili i primi
esempi concreti: la rapidità
con cui si è realizzata la
svoltaenergeticainGermania
(in particolare per chi aveva
assunto una posizione critica
sull’energia atomica); il fatto
che in occasione delle
elezioni tedesche del 2009
fosse stato promesso proprio
il contrario di ciò che poi è
stato politicamente realizzato
(per esempio, per quanto
riguarda le forze armate o il
salario minimo); la posizione
assunta nei confronti del
plebiscito greco e il
suggerimentodatoaigrecidi
spostare le loro elezioni
tenendo d’occhio i “mercati”
sono tutti strilli neonatali di
un nuovo Stato del mercato
dell’informazione.
Non si tratta di fenomeni
eccezionali e isolati: è
piuttosto
l’esito
della
diffusione di Numero 2 nel
mondo del sociale e della
politica.SoloquandoloStato
(o ciò che di esso è rimasto)
generalapropriaveritàconil
computer,
attraverso
il
plebiscito dei consumatori, è
al posto che gli spetta
secondol’opinionediunaltro
vecchiostrategadellaRAND,
profondamente legato alla
nostrastoria5.
Il
“teorema
dell’impossibilità”delpremio
Nobel
per
l’economia
Kenneth Arrow, che peraltro
si considera “di sinistra”, ha
dimostrato matematicamente
che i desideri di tutti i
partecipanti al mercato non
possono essere compendiati
in una sorta di volonté
générale fedele alla realtà.
Questo però significa anche
che le elezioni, diversamente
dai mercati, non sono mezzi
per esprimere la somma dei
desideriindividuali.
Philip Bobbitt pronosticava
unoStatocheavrebbereagito
non più a scelte elettorali,
relativamente rade, ma «ai
desideri
costantemente
mutevoli e costantemente
sorvegliatideiconsumatori»6.
Già per questo motivo deve
produrre
incessantemente
“trasparenza”, così da fornire
aisuoimembrileconoscenze
necessarieetutelarlidadanni.
A tale scopo, tuttavia, esso
deve poter guardare nelle
menti dei partecipanti al
mercato, un tempo chiamati
cittadini. Lo Stato del
mercato dell’informazione,
infatti, deve fornire in
permanenzaprevisionisututti
gli scenari di un possibile
futuro, per «prevedere ed
escludere minacce». È una
macchina di valutazione del
rischio e quindi proprio ciò
che è un moderno mercato
azionario.
Affermazioni come quella
che segue sulla necessità
delle
previsioni
del
comportamento potrebbero
benissimoapparteneretantoa
un analista dei mercati
finanziariquantoalgestoredi
un social network: «Prima
d’ora i governi non si sono
maidovutiavventurarefinoa
questo punto in speculazioni
sul futuro, poiché la
mancanza di una reazione
tempestiva
avrebbe
conseguenzeirrevocabili».
I social network dispongono
del potere delle masse, i
mercati
finanziari
automatizzati
possono
contaresulpoteredeldenaro,
lo stato globale del mercato
dell’informazione, terzo della
serie, detiene il potere della
forza militare e legislativa.
Con tutta l’autorità dell’ex
membro
del
Consiglio
Nazionale di Sicurezza, la
distinzione più importante di
Bobbitt è quella tra i
“produttori”
e
i
“consumatori”
di
informazioni
riservate
(intelligence producers and
consumers). Ognuno deve
essere
valutato
contemporaneamente come
produttore e consumatore di
informazioni,ecosìilcerchio
sichiude:all’uomoinquanto
cittadino,aspiranteaunposto
di lavoro, turista, accade
esattamente ciò che accade a
chiunqueoggilegganellarete
e venga letto allo scopo di
prevederneilcomportamento.
Lo Stato del mercato
dell’informazione
parla
volentiericonlavocealtruie
in particolare con quella dei
suoi nemici idealisti. Così
Bobbitt e altri auspicano un
universodigitaleparalleloper
iservizisegretieifunzionari
della sicurezza del nuovo
Stato. E poiché il gioco
prevede che si dica sempre
qualcosa
che
significa
qualcos’altro, per parlare di
questo Stato utilizza concetti
sacri ai pionieri della rete:
open
source,
ossia
conoscenza degli algoritmi,
unmotorediricercaglobalee
Creative Commons7, ossia la
libera
utilizzazione
di
informazioni.
Cosìleinformazionidituttii
servizi segreti del mondo
“libero”
verrebbero
assemblate in un’unica
piattaforma e sarebbero
accessibili solo a coloro che
soddisfano i requisiti della
sicurezza. Tra le richieste
della National Security
Agency americana figura un
“Google per i servizi di
intelligence” e un direttorio
dell’opensourcecheraccolga
nella rete informazioni
accessibili solo per breve
tempo e, soprattutto, una
giurisdizione unitaria. Questa
piattaforma non soltanto
regolerà la sorveglianza dei
“consumatori
di
informazioni”
e
dei
“produttori di informazioni”,
ma
valuterà
queste
informazioni come una
Borsa. Le informazioni sui
rischi, per esempio su un
cyber-attacco o su un
possibile piano terroristico,
oggi vengono “protette” con
l’ausilio
di
indicazioni
matematiche (per esempio
tramite manipolazione delle
notiziechevengonoforniteal
pubblico) come i fondi di
investimento. Gli algoritmi
delle Borse, di Facebook e
dei servizi segreti in parte
forniscono
valutazioni
identiche;
solo
la
determinazione del prezzo –
la “verità” – si distingue
ancora.
Cosa questo significhi, lo si
può riconoscere nel modo
migliorequandoèidentificato
ilsoggettonelquale,perdirla
in termini di tecnica del
mercato finanziario, vale la
pena di fare un investimento.
Aquestoscoposiutilizzanoil
data mining e gli algoritmi
cheformulanoprevisioni,già
oggiapplicatiaogniingresso
negli Stati Uniti. Secondo
Bobbitt, se nel mondo degli
Stati
del
mercato
dell’informazione una giuria
indipendente – immaginata
per esempio da Friedrich
Hayekcomeun“consigliodi
saggi” per le democrazie
moderne – si convince che il
terroristaarrestatohamentito,
possono essere adottate
misure coattive «come la
privazione
del
sonno,
l’isolamento
e
la
somministrazione di droghe.
Dove non c’è vero e proprio
dolore,nonc’ètortura»8.
Per essere equi, occorre
aggiungere che in questi casi
concretiBobbittprevedetutta
unaseriedilimitazionilegali
(«nessuna tortura per motivi
politici») e prende le mosse
dallo scenario della ticking
bomb,cioèlasituazionenella
quale un sospettato sa dov’è
nascostalabombachestagià
ticchettando. Tuttavia questa
concessione è a sua volta
inficiata dal fatto che egli,
come per esempio Niall
Ferguson ha sottolineato in
tono elogiativo, non respinge
la prassi, finora seguita, di
ricorrere alle droghe della
veritàealla«torturaleggera»,
ma critica soltanto la
mancanza di fondamenti
legali. Essa deve essere
regolata, come un mercato
finanziario.
La
prassi
americana del sequestro e
dell’interrogatorio di sospetti
terroristi da parte dei servizi
segreti in stati terzi, dove la
torturaèconsentita,èdefinita
daBobbittun«outsourcingin
mercatinonregolati».
Egli chiarisce che rifiuta
similimetodi,perilfattoche
sicollocanofuoridellalegge.
La legge deve adeguarsi
evolutivamente,enellaprassi
ciò
significa
che
la
sopraddetta giuria, composta
di persone ragionevoli,
anonime, che «sono scelte a
caso nel numero più ampio
possibile», decide sulle
modalità
per
ottenere
informazioni nel caso di
terroristi. Queste persone
agiscono
«non
come
rappresentanti del governo,
ma della società per la quale
operaquestogoverno».
Èchiarochel’interosistema
quisviluppatodipendedachi
è terrorista. Mettendo per un
momento da parte i casi
inequivocabili, è chiaro che
tutto
dipende
dall’imputazione. Lo stesso
Bobbitt fa notare che un
uomo come l’eroe della
Resistenza francese Jean
Moulin venne trattato come
un terrorista dai nazisti e che
furonoinazistiadapplicareil
concetto di terrorismo alla
Resistenza francese. Bobbitt
non ha una risposta alla
domanda su come si possa
evitarechelanuovatipologia
di nemici in una guerra
internazionale includa fra i
terroristi
anche
degli
innocenti – e la prassi
adottata a Guantanamo non
attenuaidubbi.Cosasuccede
se la giuria stabilisce che
l’indiziatoèunterroristaesa
dov’è nascosta la bomba
ticchettante? In un mondo
dove sono perfettamente
possibili la simulazione
digitale e il furto di identità,
dove intere guerre vengono
legittimate con la menzogna
delle armi di distruzione di
massa nascoste, e nel quale,
infine, è possibile, come si è
visto nei mercati finanziari,
suscitare sistematicamente
un’apparenza ingannevole, la
risposta a questa domanda
risulta certamente tutt’altro
chetranquillizzante.
A giudizio di Bobbitt, le
forme di organizzazione del
futurononsonogliStatidella
sorveglianza, ma i mercati
della sorveglianza in Stati
democratici. Essi non solo
monitorano la minaccia
potenziale dall’esterno, ma
anche il consenso della
popolazione, che non è altro
che
una
scelta
da
consumatore
compiuta
dall’elettorepermanente.
Non si può avere una cosa
senza l’altra, e in entrambi i
casi occorre investire molto
denaro e molta tecnologia.
Proprio questo si avvia a
diventare il nuovo tema
dominantedeinostritempi.
____________________
1ThomasFrank,OneMarketUnder
God:ExtremeCapitalism,Market
PopulismandtheEndofEconomic
Democracy,Kindleedition,Vintage
Digital,London2010,pos.1227.
2Ibid.
3Bobbitt,TerrorandConsent,cit.,p.
89.
4Unacascatainformativasicrea
quandounanotiziaoriginalediffusa
daunsitowebvieneripresa
direttamenteoindirettamenteda
altrisiti.[N.d.T.]
5Mirowski,MachineDreams,cit.,p.
505.
6Bobbitt,TerrorandConsent,cit.,p.
87.
7Organizzazionenonprofitconsede
negliStatiUniti,chemiraa
facilitarelacondivisioneel’utilizzo
pubblicodioperecreative,offrendo
opzionididirittod’autoreperautori
eartisti.[N.d.T.]
8Bobbitt,TerrorandConsent,cit.,p.
390.
Capitolo21
BigData
Numero2volainelicottero
sullatestaditutti
La società di consulenza
aziendale McKinsey ha da
poco annunciato una nuova
fase del “capitalismo” e
pronosticatoperimercatidel
sociale un Big Bang
dell’informazione e della
velocitàcomequellochesiè
verificato
nei
mercati
finanziari a partire dal 2004.
Ilnuovissimotrendsichiama
“Big Data”, uno sterminato
universo di dati connessi gli
uni con gli altri, che possono
essere acquistati o venduti in
supermarket dei dati e che
potenzialmente,dallestelleal
caffè del mattino, dalle
vibrazioniairumori,aivalori
del sangue fino ai commenti
malevoli su internet, mettono
in relazione, scambiano e
riversano in modelli analitici
tutto ciò che è stato in
qualchemodoregistrato.Solo
per gli Stati Uniti, McKinsey
calcola fino al 2018 un
fabbisogno
di
almeno
duecentomila analisti di dati,
in grado di comprendere i
sistemi in profondità. A essi
si aggiunge un ulteriore
milione e mezzo di datatrader, che li valutano, li
formattano
e
li
commerciano1.
Il computer offre dunque la
possibilità di valutare l’intera
società umana come se fosse
una macchina. O, per dirla
diversamente, di attirare
un’intera società all’interno
della macchina. Gli studiosi
dichiarano al “New Tork
Times” «che i magazzini di
Big Data riveleranno per la
prima volta le leggi
sociologiche
del
comportamento umano –
consentirannodiprevederele
crisipolitiche,lerivoluzionie
altre forme di instabilità
politica
ed
economica,
proprio come i fisici e i
chimiciriesconoaprevederei
fenomeninaturali»2.
Cosa questo significhi, lo
spiega con una schiettezza e
un brio davvero notevoli il
sociologo
di
Harvard
NicholasChristakis:
Se vent’anni fa qualcuno
avesse chiesto a un
sociologoqualefosseilsuo
sogno
più
grande,
quest’ultimo avrebbe detto:
«Sarebbe incredibile se
potessimo
avere
un
microscopico
elicottero
Black Hawk per volare
sopradileieosservareogni
cosa:dovesitrova,conchi
sta parlando, cosa sta
comperando, a cosa sta
pensando, e se potessimo
farlo in tempo reale e
contemporaneamente per
milioni di persone». È
proprio quello che ora
abbiamoottenuto3.
Tuttoquestoèeccitanteperi
tecnocrati,mainquietanteper
gli umanisti, che vedono
allungarsil’ombradelGrande
Fratello, così rapida e nera
cheperfinounochestadando
un contributo determinante
alla costruzione della nuova
industria
avverte
per
precauzione che «a George
Orwell era di gran lunga
mancatalafantasianecessaria
quandoavevascritto1984».
Tuttavialapauraperilfuturo
da fantascienza sottovaluta il
presente nel quale viviamo.
Naturalmente,nonèsbagliato
prepararsi al peggio, a quegli
Stormtrooper,masseanonime
e gelide macchine, con le
qualinel1984laApple,inun
leggendariospotpubblicitario
del regista di Alien Ridley
Scott,reclamizzòilsuoprimo
MacIntosh, per dire che il
1984 non era 1984. Il
problema non è, infatti, il
grande dittatore che ne
approfitta e trasforma una
società in un carcere. È
avvenuto, piuttosto, che una
società si sia cacciata in una
trappoladallaqualenonèpiù
capacediuscire.
Denunciare il fatto che il
computer di Big Data riduce
inmisurainaccettabilel’agire
umano a modelli matematici,
come se le persone fossero
titoli azionari e i loro
comportamenti transazioni, e
dire che si dovrebbe fare di
tutto per porre limiti alla
valutazionedellepersonenon
significa altro che imporre a
scoppioritardatountempodi
reazione
troppo
lungo:
significa fare torto al
computer
e
significa
perdonare troppo alla società
che l’ha creato. Big Data
lavorerà con sistemi multiagente che non possono far
altro che analizzare il mondo
del sociale con l’Ego di
Numero 2 e con formule
basatesullateoriadeigiochi.
Il nostro nuovo mondo
tecnico riproduce fin nei
dettagli
l’immagine
economicadelmondo,chegli
economisti neoclassici e
neoliberisti hanno sviluppato
apartiredagliannicinquanta.
Infatti, quella che ora accade
non è una rivoluzione
tecnico-fisica.
Ogni iPhone, ogni occhiale
computerizzato, ogni geniale
algoritmo
finanziario,
pubblicitarioodiricercaèin
primo luogo un evento della
fisica sociale e serve
all’installazione dell’uomo in
unnuovosistemaeconomico.
«L’automa simula un essere
umano dopo che l’essere
umano è stato simulato a
misuradiautoma».
Chiunque legga un libro
come questo in formato ebook(oscorralabibliografia
nei libri Kindle) può
verificarloimmediatamente:i
dati del lettore di e-book –
sottolineature, pagine o
capitoli saltati, durata della
lettura–vengonotrasmessia
centrali che ne traggono le
loro conclusioni. E lo fanno
cosìconcretamentecheormai
vengono scritti interi libri
sfruttando
l’effetto
retroattivo.Giànell’attimoin
cui comincia a leggere, il
lettore di e-book è un agente
attivosulmercato.
Fin dai tempi di Reagan i
precursori liberisti del nuovo
capitalismodell’informazione
parlavano del computer
proprio in questi termini.
Annunciavano l’èra della
fisica (quantistica) sociale,
del “superamento della
materia”
e
della
“modernizzazione”
del
mercato, una santa trinità
finalizzata
esclusivamente
all’ottimizzazione
delle
opportunitàdiprofitto.
Quellachequisimanifestaè
una
soddisfazione
inquietante, e il costante
richiamo
all’ideologia,
secondocuisifaqualcosaper
l’uomo,nonmiglioralecose.
Dirk Helbing, che alla ETH
di Zurigo vuole creare con
FuturICTunadellepiùgrandi
banche dati del pianeta e ha
chiesto a tale scopo un
miliardo all’Unione Europea,
chiarisce senza remore di
cosasitratta:
È molto importante che
impariamo a misurare il
capitale sociale, come la
fiducia, la solidarietà e la
puntualità.Èimportanteper
ricavarne
un
valore
economico
[...]
Se
imparassimo come si
stabilizza o si crea la
fiducia, ciò frutterebbe
davveromoltodenaro4.
L’errore di questa visione
emerge con la massima
evidenza nel punto cieco che
consente agli ingegneri
socialidiBigDatadiignorare
il problema delle loro
profezie che si autoavverano.
Dalle esperienze dei mercati
finanziari non hanno appreso
nient’altro che la brama di
averesemprepiùdati,sempre
più connessione, sempre più
tempo reale. In questo modo
hannoprodottoenormierrori,
inparticolarenelcampodella
prognosidellemalattieedelle
epidemie, di cui vanno così
fieri e che continuano a
impiegare
come
giustificazione politica per
richiedere ancora più dati.
Negli ultimi anni l’esperto di
statistica Alexander Ozonoff,
della Harvard School of
PublicHealth,hastabilitouna
significativa
correlazione
statistica tra le malattie e la
loro diffusione mediatica:
quanto più se ne legge sui
giornali,
tanto
più
frequentemente esse vengono
accertate.
Abbiamo avuto la ripetuta
conferma del fatto che
quanto
maggiore
è
l’attenzione riservata dalla
gente a una determinata
malattiaequantopiùquesta
malattia si trova al centro
dei dibattiti pubblici, tanto
piùladiagnositendeal100
cento5.
Molti indizi inducono a
ritenere che questo valga
anche per la rapidissima
diffusione
dell’influenza
suina.Quantipiùmediasono
controllati dai click e dagli
algoritmi e commentano in
tempo reale, tanto più forte
diventaquestotrend.Nell’èra
di Big Data il Black Friday,
con il suo panico che si
autorafforza, si verificherà
piùspessochemai.
Tuttavia,anchealdilàdelle
suggestioni di massa, gli
amici di Big Data se la
cavano sorprendentemente
male nel compito che si
attribuiscono: la capacità di
predizione. Non solo nelle
Borse, ma in quasi tutti i
campi nei quali abbiamo la
possibilità di verificare la
qualitàdiquesteprognosi(e–
c’è di che rabbrividire – in
tutti i campi nei quali non
sappiamo affatto se le
previsionivengonovalutate).
L’influente
istituto
di
prognosi ECRI, che non può
mancareinnessunarubricadi
notizie dalla Borsa, si fa
pubblicità con l’inquietante
slogan: «Così come non è
necessariosapereesattamente
come un’auto funziona per
guidare in sicurezza, neppure
è necessario comprendere
tutti i dettagli dell’economia
per leggere correttamente gli
strumenti».
Ultimamente
l’ECRI ha fatto parlare di sé
con
una
prognosi
drammaticamente sbagliata,
cheunodeipiùseriosiesperti
di statistica americani, Nate
Silver, ha laconicamente
commentato così: «A chi
serve un’altra teoria, se
abbiamo tante informazioni?
Ma questo è proprio
l’atteggiamentosbagliato[…]
ECRI ha a disposizione un
minestrone di variabili e
scambia le correlazioni per
variabili»6.
Anche qui i mercati
finanziari sono soltanto i
battistrada.Sappiamopocosu
quali software prognostici
vengono applicati dalle
autorità fiscali, dagli uffici
addetti agli ingressi, dagli
istitutidicredito,daicapidel
personale. Ma quello che si
apprende da altri ambiti, per
esempio dalla medicina, è
sufficiente a consigliare
cautela.
Nate Silver cita uno studio
pubblicatonel2005,nelquale
l’autore
analizzava
le
prognosi mediche su farmaci
sottoposti a sperimentazione.
Provocando la rabbia del
mondo degli specialisti,
venne dimostrato che la
maggior parte di queste
prognosieranosbagliate.Eil
suo studio sarebbe stato
dimenticato, se poco dopo la
Bayer non ne avesse
confermato in modo ancor
più impressionante gli esiti:
due terzi dei risultati positivi
riportati negli studi medici
(pubblicati nelle principali
riviste specialistiche) non
potevano essere riprodotti
sperimentalmente7.
Lo stesso vale per la bolla
immobiliaredegliStatiUniti.
Le agenzie di rating
disponevano di software per
elaborare prognostici e
avevano
installato
un
complesso
sistema
di
sorveglianza. Tuttavia, in
seguito spiegarono l’erronea
valutazione positiva dei titoli
tossici
con
“eventi
imprevisti”, cioè con il
famoso “cigno nero”. Niente
di più sbagliato. Come
dimostraNateSilver,labolla
immobiliare fu tutt’altro che
uncignonero;perripeterele
parolediPaulKrugman,essa
fu «un elefante in una
stanza». Ma ancor più
decisivo è che tutti sentivano
che le cose sarebbero finite
male.
Nel 2007 scoppiò la bolla
immobiliare. Nate Silver
scrive:
Le interrogazioni su
Google relative a “bolla
immobiliare”decuplicarono
tra il gennaio del 2004 e
l’estate del 2005. Il
massimo interesse per
questo tema si registrò in
Stati come ad esempio la
California, dove si era
verificato l’aumento più
rilevante dei prezzi degli
immobili […] Nel 2001
l’espressione
“bolla
immobiliare” era apparsa
otto volte nei media e già
nel 2005 raggiunse le 3447
citazioni.
Di
bolla
immobiliare si discuteva
all’incirca dieci volte al
giorno nelle riviste e nei
giornalipiùprestigiosi8.
Si noti: tre anni prima
dell’evento“imprevisto”.
Larispostaaquestoenigmaè
che non mancavano le
“conoscenze”
o
le
“informazioni”.
Erano
soltanto male utilizzate, vale
a dire che erano impiegate
come armi per gli affari di
Numero 2, il quale opera in
tuttiisistemi.
Solo grazie ai prodotti
derivati, nel decennio dal
1997 al 2007, i profitti di
Moody’s erano aumentati
dell’800percento.
Secondolaformulaelaborata
daFrankH.Knightnel1921,
al rischio si può applicare
un’etichetta con il prezzo. Il
rischio, dicevano i giocatori
di poker della RAND
Corporation,sipuòridurrese
si inchioda l’antagonista al
suo egoistico interesse alla
sopravvivenza. Il prezzo del
rischio, dicevano quelli di
Moody’s, è qualcosa il cui
prezzo va spinto così in alto
che nessuno può permettersi
difarscoppiarelabomba.
____________________
1Cfr.JamesManyikaetal.,Big
Data:TheNextFrontierfor
Innovation,Competition,and
Productivity,disponibile
al’indirizzo
http://www.mckinsey.com/insights/m
2DennisOberbye,MysteryofBig
Data’sParallelUniverseBrings
Fear,andaThrill,in“TheNew
YorkTimes”,edizionediNew
York,5giugno2012,disponibile
all'indirizzo
http://www.nytimes.com/2012/06/05/
datas-parallel-universe-brings-fearsand-a-thrill.html?
gwh=34E306B7F3DD574728A5F2A
3ANewKindofSocialSciencefor
the21stCentury(conversazionecon
NicholasChristakis),disponibile
all’indirizzo
http://edge.org/conversation/a-21stcentury-change-tosocial-science.
4ANewKindofSocio-Inspired
Technology(conversazionecon
DirkHelbing),disponibile
all'indirizzo
http://edge.org/conversation/a-newkind-of-socialinspired-technology.
5NateSilver,TheSignalandthe
Noise:WhySoManyPredictions
Fail–butSomeDon’t,ThePenguin
Press,London2012,p.218.
6Ivi,p.196.
7Ivi,p.11.
8Ivi,p.22.
Capitolo22
Sottomissione
L’uomoètuttociòchevuole,
enoisappiamocosavuole
Finora
nella
nostra
esposizione abbiamo visto
comeNumero2siadiventato
grande e forte e come abbia
fattodituttoperamministrare
la nostra identità, le nostre
preferenze, le nostre passioni
e i nostri desideri. Il
capolavoro strategico di un
imperialismomentaledelsolo
che ancora conti in
un’economia
dell’informazionechecelebra
la “sottomissione della
materia”.
Ma c’era un problema che,
nella sua eterea vaporosità,
Numero 2 non poteva
risolvere da solo. Là dove lo
siinculcava,nellamentedelle
persone, c’era già qualcuno.
AlcunilochiamavanoIo,altri
Sé.
Certo, in particolare i
cosiddetti
filosofi
postmoderni avevano già
fatto la loro parte nel
bombardamento preparatorio
della fortezza, ma l’Io era
piuttosto ostinato. Voleva
cosechehannoachefarecon
l’identità: per esempio,
contratti di lavoro a lungo
termineoppuretornareacasa
la sera, come generazioni di
persone, e poter dire che
aveva venduto la sua forza
lavoro,manonlasuaanima.
Come scrive Ellen Ullman,
una programmatrice che
aveva cominciato a lavorare
entusiasta a Silicon Valley
negli anni novanta e ha
vissuto tutto questo: l’utopia
della cooperazione, il nuovo
pensiero,l’ideadicollaborare
alla costruzione di un mondo
nuovo. Ellen è uno dei pochi
primi esemplari dell’Homo
novus digitale che abbiano
raccontato di quei tempi con
lagrandemacchinadiSilicon
Valleyeall’internodiessa.
Comehascrittouncritico,il
suolibroèunasortadi«urlo
di un corpo che scompare
dentro una macchina». È la
testimonianza
alquanto
sconcertante di una donna
che,comemoltialtridellasua
generazione, ha creduto nella
breve estate di una rete
davverolibera:hannocreduto
«di poter fare a pezzi la
macchina e costruirne una
migliore», ma poi si sono
ritrovati giù in fondo, nel
«grandemotoredelmercato».
Volevo convincermi che i
computersononeutrali,uno
strumento come qualsiasi
altro, un martello che può
costruire una casa o
spaccare un cranio. Ma c’è
qualcosanelsistemastesso,
nellalogicaformaledeidati
edeiprogrammi,chericrea
il mondo a sua immagine.
[…]
È
come
se
dichiarassimo che il gioco
degli scacchi è l’ordine
supremo
dell’esistenza
umana1.
Eppureèproprioquellocheè
accaduto. Non in forza del
computer in sé, ma mediante
l’intervento dell’economia
dell’informazione.
La
sensazione della Ullman non
è, come forse è ormai
diventato chiaro, l’effetto
collaterale di una tecnologia
di cui, semplicemente, non
sempre sappiamo servirci
correttamente. Chi sarebbe
stato meglio preparato di
un’informatica come Ellen
Ullman? Si tratta piuttosto
della logica conseguenza di
quell’imperialismo
economico che ha trovato il
suo strumento perfetto nella
macchina calcolatrice. Per
ridurre tutto a un soundbyte:
pensavamo che Silicon
Valley avrebbe conquistato il
mondo. No, a conquistare il
mondo
è
stata
una
determinata
variante
dell’economia (che nel suo
nucleo è neoclassica, ma si
spinge molto oltre) – e ora
conquista Silicon Valley. Lo
ha sottolineato uno dei
recensori del fondamentale
studio di John Davis sulla
scomparsa
dell’individuo
nell’“economia
politica”:
«Per
gli
economisti
neoclassici […] tutto ciò è
irrilevante. Davis potrebbe
scrivere altrettanto bene sulle
[…] figure degli scacchi,
poiché l’individuo astratto,
atomistico è tanto poco
collegato al mondo quanto
[…]lefiguredegliscacchi»2.
È questo ciò che la Ullman
avvertiva intuitivamente e se
oggi ci fosse un dadaismo
letterario
di
rango,
raffigurerebbe l’uomo come
una figura degli scacchi che
giocaapoker.
Qui sta la ragione per la
quale la teoria della rational
choice e la teoria dei giochi
hanno trovato un pubblico
così attento a Silicon Valley.
Fin dai tempi remoti della
RAND, l’élite digitale aveva
adottato una serie di assunti
sulla razionalità, dalla pura
scienza del computer, dalla
teoria dell’informazione e
dalla statistica fino al design
(l’architetturadelBauhausha
influenzatoSiliconValleypiù
di tutte le teorie – essa
nuotava, per così dire, come
un pesce nell’oceano della
“razionalità”). Come si
poteva resistere a una teoria
che non lascia nulla
dell’uomo, tranne le sue
preferenze unite alla sua
motivazione egoistica di
realizzarle, e che inoltre
considera non-razionale tutto
ciò che non rientra nella
massimizzazione dell’utile
individuale3?
Vogliamo ciò che vogliamo
– la teoria neoclassica non si
interessa al perché vogliamo
qualcosa. Significa che i
nostri interessi vengono da
fuori, e proprio lì, nell’èra
digitale,
l’economia
dell’informazione occupa il
posto chiave. Da qui le
ubique raccomandazioni dei
varilikeiteyourpreferences
olericercheindividualizzate.
Google (ma anche molti
algoritmi
finanziari,
Facebook e allo stesso modo
le funzioni di filtro dei
software di monitoraggio)
afferma con una certa
arroganzadiportareallaluce
le nostre preferenze: le sue
previsioni,
le
sue
raccomandazioni, i suoi
controlli sono come uno
specchio che riflette i nostri
desideri.
Prendiamo soltanto, come
semplice esempio, ciò che
Eric
Schmidt,
l’attuale
presidente del consiglio di
vigilanza di Google, afferma
sulla “ricerca autonoma”.
Secondo Schmidt i nostri
telefonini
cercano
incessantemente per noi e
sono in grado di prevedere
che cosa dovremmo o
vorremofare.
Sa chi sono. Sa cosa mi
interessa. Sa abbastanza
precisamente dove sono. È
questa l’idea della ricerca
autonoma – la capacità di
dirmi cose che non sapevo,
ma che probabilmente mi
interessano è il prossimo
livellodellaricerca4.
Oppure si pensi alle nuove
funzioni promesse da Google
Maps. Un’app che funziona
come
strumento
di
navigazionenondicesoltanto
cosasivede,maanchecosasi
desidererà. Per esempio,
secondo l’“Atlantic Wire”
potrebbe dire: “All’angolo è
stata girata una scena del tuo
film
preferito”5.
È
assolutamente escluso che
sistemi del genere possano
funzionare
senza
fare
presupposizioni sull’utenza.
Allo stato dell’arte, non
possono essere diverse da
quelle alle quali si rifanno
anchelateoriadeigiochiela
teoriadellarationalchoice.
Non va dimenticato che
Numero 2 non necessita di
qualcosa
di
più:
né
nell’ambito dei consumi, né
inambitidistantidalmercato,
come le elezioni o i contatti
sociali.
Molto di tutto ciò è
sorprendente, non solo per
quanto riguarda la ricerca in
internet. Un giorno Google
scopriràchevogliamoandare
alcinemaeverràaprenderci
con un’auto che va da sola,
perportarciadestinazione.E
affinché
non
nascano
malintesi:
le
“raccomandazioni”
di
Google,masoprattuttoquelle
di Amazon, attualmente
funzionano benissimo. Gli
assunti sulla razionalità, le
“intenzioni”
e
l’“Io”
dell’uomo (o dell’user) sono
inevitabili. La gente prima si
fidava del suo libraio, ora
Amazon mette sul banco di
vendita qualche altro libro
che potrebbe interessare ai
clienti. I designer delle
banchedatiperlebiblioteche
sanno che è impossibile
codificare un’enormità di
informazioni dettagliate su
ogni singolo lettore – forse
sarà possibile un giorno,
soprattutto nell’èra degli ebook, ma fino ad allora le
semplificazioni
saranno
indispensabili. Questo vale
anche per le informazioni
politiche,idibattitisociali,le
proposte di argomenti e di
tesi. La questione centrale
non è come evitare le
semplificazioni, ma quale
genere di semplificazioni è
per noi accettabile e a quali
interessiservono.
E se accadesse proprio ciò
cheabbiamogiàosservatonel
caso del flash-crash? E se i
sisteminonrispecchiasserole
nostre preferenze, ma le
creasseroattivamente?Allora
il determinismo tecnologico
sarebbe
definitivamente
diventato
determinismo
sociale.
Allora
l’uomo
coinciderebbe
con
la
valutazione che altri – non
solo Amazon, ma anche gli
amici di Facebook, la
famiglia,
l’ufficio
del
personale, la banca, le
autorità o, come vedremo, i
professional social media
comeLinkedin–dannodelle
sue preferenze; e si avrebbe
un bel dire che ci sono tra il
cieloelaterratantecoseche
non
servono
all’ottimizzazione dell’utile e
all’egoismo: un mondo che
scopre e vende per lui le sue
preferenze non gli dà alcuna
chancediesserealtrocheuna
macchina dell’Ego, se vuol
essere considerato un essere
razionale.Inquestocasotutto
ubbidirebbe alle leggi del
mercato, anche le preferenze
sociali e politiche di una
società
permanentemente
monitorata. Tuttavia, le
questioni di rilevanza non
possono mai trovare risposta
esclusivamente attraverso i
mercati.Sonosceltepolitiche.
Ellen Ullman era solo un
prototipo creato dalla nuova
economia dell’informazione.
JérômeKervieldavantialsuo
giudice ne è il doppio
criminale. Le persone non
possono
più
essere
abbandonate a un ambiente
dominato
dall’egoismo
automatizzato senza dover
pagare per questo il prezzo
più alto che ci sia. La nostra
civiltà proietta di continuo i
suoi desideri nei suoi
strumenti, ma la tecnologia
dipende sempre da finalità e
obiettiviistituzionali.
Cosa pensava gente come
Ellen Ullman e cosa pensano
molti ancora oggi? È la
vecchia
storia
della
tecnologia come cavallo di
Troia. Ma non funziona così.
Non ha mai funzionato così.
Ha funzionato soltanto
quandoleistituzionieipoteri
si sono serviti della
tecnologia
così
come
Federico il Grande si serviva
degli automi, per infiltrarli
come androidi di Troia nel
pensierodeisuoisudditi.
Gli strumenti fioriscono e
prosperano, il loro potere
diventa sempre più grande,
ma in realtà il singolo
individuo diventa dipendente
e, probabilmente, sempre più
debole.
Lo
psicologo
californiano
Raymond
Barglow descrive come
l’economia dell’informazione
“spogli”
letteralmente
l’individuo di ogni identità,
sicché alla fine rimane
soltanto il sogno di un
impiegato
high-tech
di
Silicon Valley: «L’immagine
di una testa […] e, a essa
collegata, una tastiera di
computer[…]iosonoquesta
testa programmata». Come
rileva il sobrio Manuel
Castells in uno dei suoi rari
momenti di commozione,
l’immagine della solitudine
assoluta.
In Close to the Machine, la
Ullman
descrive
un’esperienzasociale–enon
fadifferenzaselamacchinaè
un computer o un uomo
istruito dai computer (ciò di
cui può rendersi conto
chiunque voglia far valere le
proprie ragioni nei suoi
confronti). Non c’è nulla
contro cui ci si possa
appellare meno di un
computer, e non c’è nulla
contro cui ci si possa
appellare meno del mercato
cheessorappresenta.
Il computer e il mercato
hanno sempre ragione, come
innotevolemisuraèrisultato
evidente
nella
crisi
finanziaria,anchequandonon
è possibile che abbiano
ragione. In termini di teoria
dei giochi, chi, snervato,
interrompeildownload,paga
un prezzo per la sua
involontaria cooperazione,
checonsenteatuttiglialtridi
continuareilgioco.
Moralmente, in un mondo
controilqualenonèpossibile
alcuna obiezione, ognuno
deve cercare la “colpa” in se
stesso. È questo il nucleo
della nuova ideologia ed è
questa l’essenza delle società
del tipo the winner takes it
all: ognuno può essere tutto.
Diventare una star di
YouTube, una scrittrice di
bestseller come Cinquanta
sfumature di grigio, una star
da milioni con una buona
trovata o un video, fare soldi
e comperare case ipotecando
quello che non si possiede
ecc. Solo quando tutti ci
credono e sono disposti a
sgombrare il campo senza
accusarenessunaltrooltrese
stesso e la sfortuna, può
davvero cominciare il grande
girodipoker.
Selosidicesseinmodocosì
chiaro e semplice nessuno
parteciperebbe
volontariamente a questo
gioco. Numero 2 non ha
potuto fare a meno di
convenire che, a dispetto di
ogni sforzo di preparazione
teorica, la resistenza dell’Io
eraenorme.Perciòhadovuto
batterlo in altro modo. Non,
come ritiene Susan Sontag,
uccidendolo,
ma
cancellandolo.
____________________
1EllenUllman,ClosetotheMachine,
CityLightsBooks,SanFrancisco
1997.
2MilonakiseFine,FromEconomics
ImperialismtoFreakonomics,cit.,
p.20.
3Ivi,p.19.
4MattMcGee,Google’sSchmidt:
‘NextGreatStageofSearchis
AutonomousPersonal,disponibile
all’indirizzo
http://searchengineland.com/schmidtgreat-stage-search-is-autonomouspersonal-50014.
5RebeccaGreenfield,GoogleMaps
oftheFutureSoundsUsefulbut
Creepy,disponibileall’indirizzo
http://www.theatlanticwire.com/techn
maps-future-sounds-usefulcreepy/60542/.
ParteII
L’ottimizzazione
dell’uomo
Capitolo23
TheSecret
Ilgiocodellavita:istruzioni
perl’uso
Per capire come funziona
unamacchinaoccorreleggere
il libretto delle istruzioni. Il
nuovo
capitalismo
dell’informazione lo mette a
disposizione in un luogo
inatteso.
A darci una mano c’è un
intero settore. I suggerimenti
più efficaci dell’ultimo
decenniorecitano:“Ilsegreto
definitivo
per
ottenere
assolutamentetutto”,“Nessun
limite”,
“Ordinazioni
all’universo”e“TheSecret”1.
Garantiscono che, grazie alle
proprie idee e ai propri
sentimenti, come registrava
entusiasta “Newsweek”, «si
puòcambiarelarealtàfisica:i
numeridelLotto,leazioniei
pensieri di persone che
neanche conosciamo e che
non sanno neppure che
esistiamo». Tutto è possibile,
tuttoèinfinito.Lapromessaè
il contrappeso psichico alla
globalizzazione.
Il vertiginoso incremento di
questi manuali – cinquanta
milioni di copie vendute nel
settoredelbusiness–impone
però la conclusione opposta:
evidentemente sempre più
persone condividono la
sensazione che l’orizzonte
delle opportunità si stia
restringendo,
e
perciò
ricorrono ai prodotti del
supermercato cosmico. Le
loro promesse sono così
smaccatamente contraddette
daqualsiasiesperienzadivita
chenonsipuòfareamenodi
ritradurre le loro fascette: il
“segreto
definitivo
per
ottenere assolutamente tutto”
significa soltanto che non è
un segreto per nessuno che
non si ottiene assolutamente
nulla.
Sorprendentemente non ci
sonoreclami,néneiconfronti
dell’universo,
né
nei
confronti degli autori. Infatti
essiriesconoaconvinceregli
acquirenti che, se la merce
non funziona, è colpa dei
clienti.
La giornalista Barbara
Ehrenreich, che ha visitato
alcune delle menzionate
fabbrichedellascopertadise
stessi, afferma che uno dei
momenti più desolanti della
suaricercaèstatoquandoun
coach ha risposto sorridendo
alle sue lagnanze perché il
metodo non funzionava:
«Intende dire che non
funzionaperlei»2.
Chi entra nella sfavillante
lobby dei “segreti del
successo di un milionario” si
sente
sussurrare
sarcasticamente alle spalle,
mentre attraverso la porta
girevole viene ributtato
immediatamentefuori:“Tutto
èpossibile,trannecheperte”.
La facoltà di creare materia
dall’immaginazione,
dalla
imaginatio,
era
un
antichissimo
sogno
dell’epocamagica.Siètentati
di liquidare come tipica
ipocrisia sociale dei filosofi
americani del business un
vangelo disposto a fare
qualunque offerta spirituale
se solo la richiesta è
sufficientemente articolata.
Chi,trannequalchesognatore
a occhi aperti privo di senso
della realtà, di fronte alla
scarsità delle risorse e allo
scetticismosullacrescita,può
ancora credere nell’esistenza
di infinite potenzialità del
mondo immateriale, che
possono essere in qualsiasi
momentoattuatenellarealtà?
La risposta è che non sono i
sognatori a occhi aperti a
crederci, ma le élite
economiche e politiche
dominanti
del
mondo
occidentale.
È proprio quanto è accaduto
a Wall Street, quando il
denaro
virtuale
ha
moltiplicato ulteriormente il
suo valore, già di per sé
inesistente, per il fatto di
esserestatodatoinprestito.
Per quello che riguarda il
singoloindividuo,sitrattaora
di quanto i critici di Numero
2 e della teoria dei giochi
avevanoprevisto:ogniessere
umano deve diventare il
managerdelproprioIo.Come
in un eterno gioco a poker
deve
continuamente
riprodurre la propria identità,
rinnovando le sue tattiche, le
suestrategie,isuoibluffele
sue mosse. I supermarket
cosmici sono soltanto gli
indirizzi più appariscenti, e
perciò anche più traditori, di
unanuovasuperstrutturaricca
di sviluppi, che si appresta a
trasformarecompletamentela
relazione
del
singolo
individuo con la società e la
relazione dell’essere umano
conilproprioIo.
Il mondo sta facendo i conti
da più di un decennio con le
catastrofiche conseguenze di
questo pensiero. Molti si
spiegano la sensazione che il
terreno sotto i piedi venga
meno e che tutte le certezze
siano divenute volatili con il
fallimentomoraledeisingoli.
Lacrisifinanziariaèassociata
all’avidità o all’avarizia, cioè
alle debolezze di alcuni
individui, il che a sua volta
non significa altro che:
fondamentalmente funziona,
anchesenonpertutti.
Ma ciò è palesemente falso:
le presunte debolezze umane
sono punti di forza, poiché
vengono onorate con l’unica
cosa che conti, ossia con
moltissimo denaro anche in
caso di fallimento e con un
potere grande quanto basta a
distruggereinteriStati.
Concetti come armi di
distruzionedimassaefusione
del
nocciolo
hanno
accompagnato le narrazioni
della crisi finanziaria e
sostituito la parola crash del
1929.
Crash
è
un’onomatopea ricavata dal
mondo della vecchia fisica,
dove il metallo urta contro il
cemento. La scelta delle
nuove parole dimostra che il
capitalismodell’informazione
non ha a che fare con il
denaro che cade per terra
tintinnando, ma con la
trasmutazionedellamateria.
Sono stati i tedeschi a
scatenare questa rivoluzione,
senzacomprendererealmente
cosa
avevano
fatto.
Celebrarono il crollo del
Muro come superamento
tardivodiunsistemapolitico
(o lo denunciarono come
vittoria altrui). E poiché,
dopoil1989,perundecennio
sono stati alle prese con se
stessi e con la riunificazione,
hanno creduto che la vecchia
concezione politica di un
mondo bipolare sarebbe stata
semplicemente sostituita da
una
nuova
concezione
politica. In realtà si è trattato
anche del superamento
tardivo di una concezione
fisicadelmondo.
Mentre discutevamo ancora
di
geografie,
nell’amministrazione Reagan
e poi nell’amministrazione
Bush
avveniva
una
“rivoluzione recuperante”3 di
tutt’altro genere: fino a
quando c’era stato il
comunismo come potere
politico, c’era stato anche il
positivismo
del
diciannovesimo secolo con i
suoi miti del lavoro, i suoi
muscoli e le sue cose
concrete. Adesso veniva
sostituitodaunanuovafisica
che non si basava più sulle
minieredicarbonedell’epoca
diDickens,masullasabbiadi
SiliconValley.
L’elementochimicoSiO2era
destinato a provocare nel
paesaggiouncambiamentoin
confronto al quale le
montagneelegalleriescavate
nel diciannovesimo secolo
sarebbero sembrati giochi
nellabucadellasabbia.
Fino a quando rimase in
piedi, il Muro fu il confine
invalicabile dietro il quale il
secoloscorsosierabarricato.
Entro i suoi confini si era
consolidata
la
teoria
newtoniana secondo cui la
materia è fatta di parti
massicce,
«tanto
perfettamente dure, da non
poter mai consumarsi o
infrangersi; nessuna forza
comune essendo in grado di
dividere ciò che Dio stesso
[…]hacreato,hafattouno»4.
Anchesenel1989gliuomini
e i mercati credevano ancora
che esistesse solo ciò che si
può toccare con mano, così
come credevano che il sole
sorgesseetramontasse,giàla
minacciadelloScudospaziale
(il
programma
SDI)
progettato dagli americani
aveva indotto a riconoscere
che una fisica immateriale
poteva scuotere il solido
mondo delle pietre. Infatti,
anche se lo SDI era soltanto
un’idea, la sua semplice
ipotesi
aveva
fatto
invecchiare di colpo muri e
sistemidiattacco.
Divenne chiaro al mondo
intero
allorché
Ronald
Reagan pronunciò la sua
celebrefrase.IlsuogridoMr
Gorbaciov, tear down this
wall in realtà non era
indirizzato in primo luogo
allostessoGorbaciov,bensìa
quella giovane élite russa a
cui Reagan si era già rivolto
un anno prima, il 31 maggio
1983, nel discorso da lui
stesso considerato il più
importante di tutta la sua
presidenza.
Davanti a un gigantesco
bustodiLeninnell’università
di Mosca, troppo pesante
perché il suo staff riuscisse a
spostarlo fuori dal campo
visivo delle telecamere,
Reagan
annunciò
la
rivoluzione dell’assenza di
gravità. Avrebbe «scosso
tutto il nostro mondo, le
nostre vecchie convinzioni, e
avrebbetrasformatolavitadi
tutti».
Sarebbe stata, però, una
“rivoluzione del mercato”,
chesisarebbeservitaproprio
di quelle tecnologie che, nel
caso dello SDI, avevano
consentito di ridurre ad
antiquariato il complesso
tecnologico-militare
dell’UnioneSovietica.
Capovolgendo
consapevolmente l’immagine
dei terminali dei depositi di
bombe
atomiche,
drammatizzata
in
innumerevoli
film
hollywoodiani,
Reagan
affermò: «Ormai un solo
individuoconuncomputerda
scrivania e un telefono può
avere il comando su una
quantitàdirisorsesuperiorea
quella di cui disponeva
qualsiasi governo fino a
qualche anno fa». Ma non si
tratta di risorse, di ricchezze
minerarie, di prodotti, bensì
soltanto di una cosa: della
trasformazione alchimistica
dell’anima
in
qualsiasi
materialesipossadesiderare.
Reagan
si
servì
dell’immagine
della
mutazione della crisalide in
farfalla,
l’antichissimo
simbolo della metamorfosi
dell’anima, per mostrare che
non si trattava più della
manipolazione delle cose da
parte della scienza, bensì
della
manipolazione
dell’anima da parte di una
sortadialchimiadigitale:
Sarà una rivoluzione
tecnologica
o
una
rivoluzione
dell’informazione, e il suo
emblema è il chip del
computer, non più grande
diun’improntadigitale[…]
Come una crisalide stiamo
sgusciando
fuori
dall’economia
della
Rivoluzione industriale –
un’economia circoscritta e
limitata alle risorse fisiche
della Terra –, e ci stiamo
trasformando in ciò che un
economista ha chiamato
l’economiadellamente5.In
essa non ci sono confini
all’immaginazione e alla
libertàumana.Lacreatività
è la più preziosa risorsa
naturale. Pensate a questo
piccolo chip. Il suo valore
nonstanellasabbiadicuiè
fatto, ma nell’architettura
microscopica inscritta in
esso da menti geniali […]
Stiamo
spezzando
le
condizioni materiali di
esistenza, per entrare in un
mondo nel quale l’uomo
crea il proprio destino. Di
fronte alle più avanzate
conquiste della scienza
torniamo all’antichissima
saggezza del libro della
Genesi: In principio era lo
spirito, ed è da questo
spirito che è stata generata
l’abbondanza
materiale
dellacreazione6.
Nel contesto della società
dell’informazione, “l’uomo
che crea il proprio destino”
non è misticismo, ma una
nuova definizione del lavoro.
Se, per ottenere tutto, non si
ha più bisogno di nient’altro
che di se stessi, questo
significa anche che chi non
ottiene nulla rende superflua
la propria anima, come una
forza lavoro razionalizzata
all’epocadiHenryFord.
A quell’epoca, in ogni caso,
arroganti intellettuali europei
ironizzaronosulfattoche,nel
suo
discorso,
Reagan
proponeva di mettere a
disposizionedelpopolorusso
“in pochi secondi”, via
satellite, gli show televisivi e
radiofonici
americani.
Tuttavia quel discorso non
apparteneva alla mitologia
privata di un attore di
Hollywood,maerailcopione
di un nuovo ordine mondiale
che revocava con parole che
suonavano bene, ma senza
alcun sentimentalismo, la
differenza fra materia e
spirito e quindi dichiarava
che l’Ego era la piazza del
mercato del futuro, dove si
decidevatutto.
I frammenti del Muro di
Berlino, distribuiti in tutto il
mondo come schegge di
reliquie cristiane e firmati da
uomini di Stato, non erano
solo i souvenir del fallito
esperimento
socialista
sull’uomo, ma anche l’inizio
di un esperimento nuovo.
Ogni frammento dimostrava
al livello macroscopico della
geopolitica ciò che a livello
microscopico era da tempo
diventato il bene comune
dellascienza.
Persinoilpiùgrandemurodi
cemento mai costruito da
mano umana, sorvegliato da
poderose forze armate, non
poteva cambiare in nulla
questo stato di cose: le
informazioni infrangono i
muri.
Senza
la
teoria
dell’informazione
della
computerscience,fondatanel
1948 dal geniale matematico
Claude Shannon, il sistema
SDI di difesa antimissile non
sarebbe mai stato niente più
che un’ipotesi. Nulla era più
ovvio
che
trasferire
finalmente sul piano politico
ilconcettosulqualeShannon,
e successivamente alcuni
settoridellafisica,ritenevano
che si basasse la materia: il
bit.
Come
particella
immateriale, esso aveva il
vantaggiodiconciliareconla
fisica coloro che soffrivano
sottoilmaterialismo.
Naturalmente i politici non
eranofisicidelleparticelle,né
teorici
dell’informazione.
Tutto quello che fecero fu
calcolare per i mercati il
potenziale militare della
tecnologia appena sgusciata
dalla California e da Seattle
neimercatimondiali.
Informazionenonèciòdicui
parlano i telegiornali, anzi è
tutt’altro.
L’informazione
moltiplicabile a piacere può
essere tutto, in primo luogo
denarochesitrasformainbit
a una velocità tale che, come
scrive Jeremy Rifkin, già
verso la fine del millennio
«menodel10percentodella
massa monetaria americana è
costituita da banconote e
monetemetalliche»7.
IlWebster8definiscelazona
diconfinecome«unaregione
avanzata e non ancora
completamente esplorata». È
un descrizione quasi perfetta
del luogo nel quale oggi si
trova
l’industria
dei
computer.
«L’estensione
completa di quest’area è
quasisconfinata»9.
Lo disse Ronald Reagan il 2
maggio 1961. Per quasi dieci
anni,dal1953al1962,aveva
condotto il General Electric
Theater, uno show televisivo
sponsorizzato dal gigante
americano
dell’elettronica
General Electric. Su invito
dell’azienda fece un discorso
pubblicitario per ERMA, il
primo supercomputer, in
gradodileggereedelaborare
autonomamente
assegni.
Pochesettimaneprimairussi
avevano mandato il primo
uomonelcosmoepochimesi
doposarebbestatocostruitoil
MurodiBerlino.
Quel giorno di tanti anni
dopo a Mosca, per il
presidente americano il
trionfo
dell’èra
dell’informazione dev’essere
statocomeundéjavu.
Lagenteeglianalistipolitici
festeggiarono la fine del
mondo bipolare, ma mentre
festeggiavano si organizzava
un mondo nuovo nella forma
della più piccola unità
misurabile e quantificabile
del sì e del no, dell’1 e dello
0, del tutto o niente. Il chip,
checablavalacomunicazione
come un sistema complesso
di situazioni sì-e-no, ben
presto non fu più l’impronta
digitale di un mondo del
lavoro limitato alle mani e
alle braccia. Come scrisse
uno dei profeti della nuova
èra, non era niente di meno
che la riproduzione dello
stessoimprenditore.
____________________
1Sitrattadeititolidialcunibestseller
pubblicatioripubblicatinegliultimi
anni:MickeHernacki,TheUltimate
SecrettoGettingAbsolutely
EverythingYouWant,Berkley
Books,NewYork1982(ristampato
daPelicanPublishingCompany,
Gretna,2007);MichaelPhelps,No
Limits.Volereèvincere,
Mondadori,Milano2009(ed.orig.
NoLimits:TheWilltoSucceed,
SimonandSchuster,NewYork
2008);BärbelMohr,Bestellungen
beimUniversum:EinHandbuchzur
Wunscherfüllung,OmegaVerlag,
Aachen1998;RhondaByrne,Il
segreto,MacroEdizioni,Cesena
2007(ed.orig.TheSecret,Atria
Books,NewYork2006).[N.d.T.]
2BarbaraEhrenreich,Bright-sided:
HowtheRelentlessPromotionof
PositiveThinkingHasUndermined
America,MetropolitanBooks,New
York2009,p.71.
3IntedesconachholendeRevolution,
allusionealtitolotedescodiuna
raccoltadisaggidiJürgen
Habermas,Larivoluzioneincorso,
Feltrinelli,Milano1990(ed.orig.
DieNachholendeRevolution,
Suhrkamp,FrankfurtamMain
1990).Nachholensignifica,
appunto,“recuperare”.[N.d.T.]
4IsaacNewton,Scrittisull’ottica,
Utet,Torino1978,libroIII,parteI,
qu.31,p.600(ed.orig.Opticks,
1704).
5WarrenT.Brookes,TheEconomyin
Mind,UniverseBooks,NewYork
1982.
6Disponibileall’indirizzo
http://millercenter.org/president/speec
7JeremyRifkin,L’eradell’accesso.
Larivoluzionedellaneweconomy,
Mondadori,Milano2001,p.50(ed.
orig.TheAgeofAccess:TheNew
CultureofHypercapitalism,Where
AllofLifeisaPaid-ForExperience,
PutnamPublishingGroup,The
PenguinGroup,NewYork2000,p.
52).
8Celebredizionariodell’inglese
d’America,meglionotocome
«Merriam-Webster».[N.d.T.]
9Cfr.http://www.ge.com/reagan/.
Capitolo24
Successo
Diovuolechetusiaricco.
Perchénonlosei?
A partire dal Sessantotto,
cioè
dalle
agitazioni
studentesche e dalle proteste
di
una
controcultura
occidentale, dalle previsioni
sulla “fine della crescita”
ispirate alla critica della
civiltà e, in seguito, a partire
dallo sviluppo di un
movimento ecologista che
incontrava un successo
sempre
maggiore,
il
capitalismodeldopoguerrasi
era
avviluppato
in
contraddizioni sempre più
grandi.
Attorno alla metà degli anni
settanta,
proprio
i
conservatori cominciarono a
maledire il materialismo con
moltepliciallusioniallafisica
quantistica e alla teoria
dell’informazione,enelnome
dell’immaterialismo, ma con
intenzioni del tutto diverse
dallasinistra.
L’establishment
aveva
constatatoconorrorecomeil
movimento di protesta degli
anni sessanta fosse riuscito a
introdursi rapidamente nei
sistemi del potere. Vent’anni
dopo, molti dei suoi
appartenenti, oltre ad aver
cambiato fronte, avevano
trovato una piattaforma in
“Wired”, e ormai le nuove
ideologie delle tecnologie
dell’informazione
contagiavano come un virus
informatico i codici dello
stato
d’animo
antiestablishment. Nel giro di
pochi anni, da queste nuove
ideologie nacquero la New
EconomyeilNeoliberismo.
L’imprenditore
ultraconservatore americano
GeorgeGilder,unconsigliere
del presidente americano che
gliavevaanchesegnalatoThe
Economy in Mind (di cui
aveva scritto la prefazione),
esattamentedieciannidopoil
discorso di Reagan nel cuore
del comunismo tenne un
discorsoinVaticano.
Ormailarivoluzionedigitale
era progredita a un ritmo
mozzafiato, e non solo:
internet aveva trasformato i
muri in reti. Gilder intitolò
L’anima del silicio il suo
discorso, che consisteva in
una predica sulla nuova
economia
della
mente.
«Nell’odierna
teoria
dell’atomononc’èpiùniente
di solido o di fisicamente
determinato», affermò. «La
radice di tutti i cambiamenti
economicidelnostrotempoè
il superamento della sostanza
materiale»1.
Gilder
attaccò
sarcasticamente le «paure
morbose»
dei
nuovi
movimenti sociali riguardo
alle«energienonrinnovabili,
alle riserve finite, ai limiti
della crescita». Chi parlava
così, glorificava a suo parere
la carne e la materia e
disconosceva
il
nuovo
messaggio della scienza e la
vecchia religione: «Il mondo
non è intrappolato, l’uomo
non è finito, la mente umana
non è imprigionata nella
testa».
Ciò che valeva per la
globalizzazione, ora valeva
ancheperognisingolouomo.
Evidentementeilpubblicoal
quale si rivolgeva non si
rendeva
conto
che
l’immateriale, l’anima stessa,
sarebbe diventato la piazza
del mercato. Gilder, a quel
tempo uno dei più influenti
pensatori
della
nuova
economia e autore molto
apprezzato da “Wired”, non
lasciava alcun dubbio sul
fatto che il “destino”, in
questo nuovo mondo senza
frontiere,èciòchel’uomofa
della sua vita. Né i limiti
materialiné–fattoancorpiù
decisivo – le casualità
imponderabili
potevano
fermarlo o, se le cose
andavano storte, liberarlo
dallaresponsabilità.
Quel che ne seguì fu uno
spettacolare esperimento in
tempo reale, paragonabile
soltanto
al
tramontato
laboratorio socialista: il
ritorno del pensiero magico
con l’aiuto della scienza nel
mondo del ventunesimo
secolo.
Reagan non aveva ancora
parlato, come il servizio a
domicilio dall’universo, di
frigoriferi che stanno nelle
nostre cucine per pura
fantasia (così come poi,
all’epoca
della
crisi
immobiliare,
sarebbero
effettivamente state costruite
caseintereperpurafantasia),
ma era chiaro chi era
responsabile se non si
trovavano in cucina: noi
stessi.
Nel 1998, in occasione del
quinto anniversario della
rivista americana “Wired”,
che come nessun’altra univa
l’aura della controcultura a
quella della New Economy,
Gilderpotéannunciarelafine
della “tirannia della materia”
e la redazione lo spalleggiò
conuneditorialeintitolatoLa
situazione del pianeta:
un’allusione
diretta
ai
rapportipessimisticidelClub
ofRome2.
«In
questo
sistema
economico,lanostracapacità
di creare ricchezza non è più
circoscrittadalimitifisici,ma
solo dalla nostra attitudine a
sviluppare nuove idee – in
altritermini:èillimitata»3.
Il giornalista Kevin Kelly,
cheinprecedenzaerastatoun
hippy e proveniva dal
movimento Whole Earth,
prima
di
diventare
caporedattore di “Wired”,
profetizzò in quello stesso
momento che il «mondo che
era stato fatto» sarebbe stato
pervasodallapuraforzadella
«menteglobale».
Il dominio della mente sulla
materia non è affatto una
novità.
È
il
dogma
dell’industria pubblicitaria,
che nel corso di un secolo
aveva perfezionato sempre
più
la
manipolazione
dell’anima.
Ora
esso
diventava il business model
nonsolodeicyber-profeti,ma
anche del commerciante di
autousateall’angolo.
Nel libro più influente di
quest’epoca, Nuove regole
per un nuovo mondo, Kelly
scriveva che i principî che
presiedono al mondo dei
software, dei media e dei
servizi
«ben
presto
domineranno il mondo
dell’hardware(ilmondodella
realtà, degli atomi, degli
oggetti, dell’acciaio e del
petrolio, e del duro lavoro
fatto col sudore della
fronte)»4.
Un’eticacherendeilsingolo
individuo
letteralmente
responsabiledelsuosuccesso
o dei suoi fallimenti c’è
sempre stata. Chi ha
successo, ce l’ha perché,
come postula The Secret, ha
attirato questo successo,
come si fa con un amico o
un’amica in un social
network.
«Ormai»avevadettoRonald
Reagan «un solo individuo
conuncomputerdascrivania
e un telefono può avere il
comando su una quantità di
risorse superiore a quella di
cui disponeva qualsiasi
governo fino a qualche anno
fa».TheSecret e altri trattati
del genere lo hanno soltanto
preso alla lettera. «Tu puoi
avere tutto» significa: la tua
bicicletta,iltuofrigorifero,il
tuo televisore, il tuo posto di
lavoro e la tua anima sono
fuori uso e tu continui
comunque ad attendere
l’invito alla televisione,
poiché tu stesso sei fuori uso
edevirinnovarti.
Nel2006,dueanniprimadel
fallimento Lehman, il “Time
Magazine” catturò lo stato
d’animodigrandeaspettativa
inunreportagedaltitoloDio
vuole che tu sia ricco? La
rispostafu:lovuole.
Quellostessoanno,unuomo
di nome Mike Gelband,
responsabile della sezione
immobili di Lehman, dovette
sperimentare cosa significhi
dubitare della volontà divina.
Durante lo scambio annuale
di idee con i superiori disse
senza mezzi termini e molto
allarmato:
«Dobbiamo
ripensare il nostro business
model»...evennelicenziato.
____________________
1IldiscorsodiGeorgeGilder,The
SoulofSilicon,èdisponibile
all'indirizzo
http://www.forbes.com/asap/1998/060
2Organizzazionenonprofitche
riuniscescienziati,economisti,
attivistideidiritticivilieuominidi
statodituttoilmondoalloscopodi
analizzareigrandiproblemi
dell’umanitàinuncontesto
mondialeetrovaresoluzioni
alternative.[N.d.R.]
3GeorgeGilder,HappyBirthday
Wired,6gennaio1998,disponibile
all’indirizzo
http://www.wired.com/wired/archive/
4KevinKelly,Nuoveregoleperun
nuovomondo.Undecalogoperchi
vuolecavalcarelenuovetecnologie
enonessernescavalcato,Pontealle
Grazie,Milano1999,p.8
(traduzioneleggermentemodificata;
ed.orig.NewRulesfortheNew
Economy.10RadicalStrategiesfor
aConnectedWorld,Viking,New
York1998,p.2).
Capitolo25
Alchimisti
Trasmutalatuaanimain
oro,poichéillavoroèlavoro
susestessi
Tuttoquestoeragiàaccaduto
una volta: la speranza in una
nuova economia di ricchezza
infinita grazie a risorse che
non si esauriscono mai e a
un’energia che non conosce
entropia. E riviviamo tutto
quelloacuiavevamoassistito
ai tempi di Galvani, di Salvá
e di tutti gli altri: questa
tecnologia, che si presume
riuniscainsétuttiisogni,era
già stata preceduta da un
primo tentativo ben più
concreto, realistico come
zampediranachesussultano
e, nel caso dell’economia
spirituale,lucentecomel’oro.
Ciò a cui assistiamo è una
replica, il secondo tentativo
da parte della società
modernadiridestarelamagia
con l’aiuto della scienza
moderna.
Il primo tentativo aveva
peraltro
avuto
esiti
catastrofici.
Anche allora, all’inizio del
ventesimo secolo, la porta
sembrò
letteralmente
spalancarsi di colpo su un
mondo
di
fantastica
abbondanza, nel quale non
parevano più esserci limiti
fisici.
Improvvisamente,
membri molto stimati della
Royal Society e premi Nobel
si chinavano sui trattati degli
alchimisti, alla ricerca di
indicazioni
su
come
trasmutareilpiomboinoroe
ricavarelamateriadalnulla.
Il fattore scatenante si
trovava nella nuova fisica
atomica. Nel laboratorio di
un’università canadese il
chimico Frederick Soddy e il
fisico Ernest Rutherford
avevano scoperto, nel 1901,
che un elemento radioattivo
poteva trasformarsi in un
altro elemento. Il biografo di
Soddydescrivecomeilfuturo
premio Nobel per la chimica
vive il momento della
scoperta:
Erosopraffattodaqualcosa
cheerapiùchegioia–non
sonoingradodiesprimerlo
compiutamente–,unasorta
di esaltazione. Rutherford,
questa è trasmutazione!»,
gliuscìdigetto.«Percarità,
Soddy» esclamò il suo
collega, come raggiunto da
un colpo di pistola «non
chiamarlatrasmutazione.Ci
prenderanno per alchimisti
ecitaglierannolatesta»1.
Cosa sia invece avvenuto
davvero, lo ha raccontato
Mark Morrisson nel suo
affascinante studio Modern
Alchemy: la scienza e la
società impazzirono per
l’alchimia,perunametafisica
che poteva fare la fisica.
«Dopo che Rutherford e
Soddy ebbero pubblicato i
loro risultati nel 1902, gli
atteggiamenti
mutarono
drammaticamente.Perfinogli
scettici in ambito religioso
cominciarono a chiedersi se
per caso gli alchimisti non
avessero
compreso,
sull’essenza della materia,
qualcosacheerasfuggitoagli
scienziati del diciannovesimo
secolo. Potrebbe essere il
radio la leggendaria pietra
filosofale?»2.
Ebbe inizio quello che
Morrisson chiama una corsa
all’oro accademica e, se si
cambiasoloqualcheparola,si
può
leggere
questa
esagerazione come una
parodia di quei profeti dei
mercati finanziari che nel
ventunesimo secolo volevano
ricavare l’oro dal nulla con
l’ausiliodelcomputeredegli
algoritmi.
Dicolpoleconoscenzedella
chimica e della fisica
moderna si mescolarono con
quelle
dell’esoterismo,
talvolta nella stessa persona.
Per il nostro contesto è
decisiva l’idea che nella
“trasmutazione”sicredevadi
avere scoperto un’“energia”
che, come si può leggere in
una relazione sulle sedute
della Chemical Society,
portava direttamente alla
materia originaria e quindi
allapossibilitàdidisporre«di
tutta l’energia per la
creazionedelmondo».
In questa carrellata di sosia
nonmancadiunsuobizzarro
fascino vedere come, a ogni
piè sospinto, si incontri un
morto vivente. Nel suo libro
TheInterpretationofRadium,
infatti, Soddy scopre già,
accanto
alla
nuova
tecnologia,anchela“finedel
lavoro”, che nel copione è
prevista solo a partire dal
2000:
Una specie che riesce a
trasmutare la materia
avrebbe pochi motivi per
guadagnarsi il pane con il
sudore della fronte. Una
specie del genere potrebbe
trasformare i deserti,
scioglierelecalottepolarie
fare del mondo uno
splendido
giardino
dell’Eden3.
Per
quasi
trent’anni
l’immaginazione pubblica è
stata sotto il segno della
trasmutazione
alchemica.
Morrisson dimostra come la
scienza, i media e la
fantascienza
sognino
l’abbondanza. Per esempio
come visione di riserve
inesauribili di energia –
attraversare l’intero Oceano
con l’energia di una provetta
di sostanza radioattiva – o
come
l’effettiva
trasformazione della materia
grezzainoro.
Il
passo
successivo:
l’alchimia
contagiò
l’economia. Cosa accadrebbe
sel’oro,ilcuivaloreèdovuto
allascarsità,fossedisponibile
in abbondanza? Nel 1922 il
“NewYorkTimes”siritenne
tenuto a pubblicare in prima
pagina il rapporto di un
ufficiofederaleamericano:
L’interesse per l’alchimia
risvegliatosidirecente,ele
affermazioni in base alle
quali l’oro artificiale
sarebbe disponibile in
quantità tale da far perdere
al metallo naturale il suo
valore per la valuta
statunitense,
induce
l’United States Geological
Survey a rilasciare una
dichiarazione secondo cui i
chimici non hanno alcun
motivo di sperare e gli
economistinonhannoalcun
motivo di temere che il
materiale prezioso possa
essere
prodotto
in
laboratorio.
Quando, negli anni trenta, si
diffuse la notizia (poi
smentita)cheiltedescoAdolf
Mietheerariuscitoaprodurre
oro, il “New York Times”
titolò: L’oro artificiale
potrebbe lacerare il mondo.
La produzione commerciale
significherebbe il caos nei
mercatifinanziari4.
Valelapenadimenzionarea
questopuntoquellachesuona
comeunanotaapièdipagina
della storia, poiché concorre
ad acuire la consapevolezza
delle
“conseguenze
impreviste”
del
testo
principale. In un mondo
basato sul calcolo, la storia
degli esiti non previsti delle
tecnologie che avrebbero
dovuto guarire il mondo dai
suoi difetti è importante
quanto
un
foglietto
illustrativo che enumera gli
effetti collaterali indesiderati
diunfarmaco.
Unodiquestieffettierastato
descrittodalloscrittoreH.G.
Wells. Questi era affascinato
dallascopertadiSoddy,epiù
ancoradalletesialchimistiche
di Soddy. Era stato sedotto
non solo dalla trasmutazione
in oro, ma soprattutto dalla
prospettiva di un’energia
illimitata.
Nel 1913 scrisse il romanzo
La liberazione del mondo5,
che dedicò a Soddy. Il libro,
scritto
straordinariamente
male, ma che è anche un
romanzo straordinariamente
profetico,narralastoriadelle
prima guerra atomica, che si
immagina svolta negli anni
cinquanta del ventesimo
secolo. Le metropoli si
annientano a vicenda, l’oro
scaturito
spontaneamente
dalle incessanti esplosioni
distrugge l’economia e di
fronte a un’arma che non
conoscerà vincitori, ma
soltantosconfitti,lenazionisi
risolvono ad adottare… no,
non la teoria dei giochi, ma
ungovernomondiale.
Negli anni trenta lo stesso
Soddy coniò, sulla base di
questo libro da lui molto
amato, il concetto di
ricchezza virtuale e formulò
una teoria del capitale irreale
che anticipò in modo
sorprendente
“l’economia
dellamente”.
Nel 1932 anche il giovane
fisico Leó Szilárd lesse il
romanzo,
rimanendone
altrettanto impressionato. Un
anno dopo scoprì la reazione
atomica a catena e offrì il
brevettoalgovernobritannico
poiché, come diceva, aveva
compreso il suo Wells. E
sette anni dopo fu Szilárd a
far approvare – sempre con
esplicito riferimento al
romanzo di Wells – il
“progetto Manhattan” e,
quindi, la realizzazione della
bombaatomica.
Questo per quanto riguarda
le conseguenze intenzionali e
non intenzionali delle utopie
tecnologiche,chefannoquasi
tutteglistessisogni.
Si può senz’altro affermare
che, con l’andare del tempo,
diventano
sempre
più
realisticheevantaggioseperi
sognatori.
Dalla
trasmutazionediSoddynonè
scaturito l’oro, ma la bomba
atomica, e con la bomba
atomica è arrivata la nuova
razionalità, nella veste della
teoriadeigiochi.
Alsecondotentativo,dopola
fine della guerra fredda, si
rinunciò all’intenzione di
produrreororealenelmondo
reale(malosilasciòfarealla
teoria dei giochi e a Numero
2).Eranoilcomputereisuoi
agenti fautori della teoria dei
giochi
a
sussurrare
all’orecchio degli uomini il
messaggio di re Mida: tutto
ciòchetoccheraiattraversodi
mediventeràoro…
«Il vero capitalista, –
scriveva George Gilder, – ha
il tocco-anti-Mida. Con
l’alchimia
della
mente
creativa trasforma le masse
d’oroediliquiditàincapitale
e ricchezza reale»6. Non era
nient’altro che la “ricchezza
virtuale”, che si era aggirata
comeunospettroperlementi
giànegliannitrenta.
Nel suo libro Soldi sporchi,
che ricostruisce la crisi
debitoria del 2007, Kevin
Phillips mostra fino a che
punto gli operatori di Wall
Streetsimuovanosemprepiù
in un contesto mentalmente
disturbato, nel senso letterale
dell’espressione, ma per il
momentoabbianosemprepiù
successo7.
Fra tutte le risorse di cui il
nuovo capitalismo aveva
celebrato l’inesauribilità, il
denaroeraquellaperlaquale
la teoria che “tutti possono
avere
tutto”
sembrava
effettivamente
funzionare.
L’aumento di denaro virtuale
aveva, sì, fatto crescere i
debiti e calare i risparmi, ma
aveva anche realizzato ogni
desiderio, dall’auto alla casa
diproprietà.
L’entità della trasmutazione
contraddiceva tutte le leggi
valide fino a quel momento.
«Si può comprare una casa
senza denaro e oltretutto
spendere il denaro che non
esiste», così lo storico del
computer George Dyson
sintetizzò l’anomalia. Si può,
dicevano intere industrie che
non possedevano più i loro
impianti,
ma
li
esternalizzavano.
Non fu un caso se, come
scriveKevinPhillipsinSoldi
sporchi, quando questa idea
raggiunse il culmine della
popolarità, il super-bestseller
diRhondaByrne,TheSecret,
«salì qualche gradino in più
nelle classifiche dei libri più
venduti usando la scala della
sfrontatezza.“Quellichesono
ricchi meritano il loro
successo”scriveva“perchése
losonoattirato”».
Giàpocoprimadellacrisidel
2007 fu chiaro che le
promesse
della
nuova
economia non si erano
avverate. Il capitalismo
dell’informazione aveva, sì,
prodotto dei vincitori, ma si
trattava di vincitori in una
società del tipo winner takes
itall.Anchesetuttivedevano
che in America e in Europa,
per la prima volta, il reddito
dei ceti medi alla lunga
sembrava contrarsi e che la
maggioranza degli stipendi
non era più agganciata alla
crescita della produttività o
dei profitti, lo sconfinato
ottimismodelleélitenonsubì
alcuncambiamento.
La Germania, un paese che
non conosceva la tradizione
di risveglio religioso degli
Stati Uniti, prese dalla
cassetta
degli
attrezzi
dell’“economia della mente”
soprattutto gli elementi che
sembravano adattarsi meglio
alla propria storia del
pensiero.
In
una
programmazionesocialetanto
banale quanto rivelatrice
venne annunciata da ogni
palco di esperti “la società
della
conoscenza”,
e
“l’apprendimento per tutta la
vita”diventòundovere.
Era banale, poiché la scuola
della vita non era altro che
uno stereotipo, soprattutto in
una cultura che aveva
prodotto il romanzo di
formazione.
Era
però
rivelatrice,poichéinrealtàla
societànonsapevapiùcosasi
dovesse sapere e come si
dovesse imparare nella terza
modernitàindustriale.
Se però si osserva più da
vicino, si scopre negli slogan
la medesima architettura di
quelcodicemondialecreatoa
Wall Street e nella Silicon
Valley,ilqualeinsegnavache
controllareipropripensieriè
possibile.
Il lavoro è essenzialmente
lavoro su se stessi, un
processo mentale che però è
organizzatoinbasealleleggi
del mercato. Chi ha perso il
lavoro è stato in certo modo
privato della sua anima.
Vendere la propria forza
lavoro, ma non la propria
anima, è stato il nucleo
fondativo dell’identità nel
ventesimo secolo. Quello
filosofico è “diventa ciò che
sei”.
Ciò che qualcosa è, non si
può separare da ciò che fa –
questa acquisizione della
nuova fisica è diventata un
annullamento senza pari
dell’identitàehapostolebasi
del nomadismo dell’uomo
moderno.
Che il corpo sia una tomba
dell’anima – soma/sema – è
una delle formule platoniche
fondative dell’Occidente. I
capitalisti di ventura e i
teorici di internet erano
convinti che la dissoluzione
dell’involucro
corporeo
avrebbe frantumato non solo
solide
creazioni,
ma
l’architettura
di
organizzazioni, burocrazie e
imprese di ogni genere e
avrebbe fatto dell’individuo
lacontroparte,conparidiritti,
degliorganidipotere.
È sorprendente quanto poco
ci si rendesse conto che il
gioco può anche finire
diversamente. Così come
l’idea della comunicazione
deregolatavennecoltaalvolo
e diventò il motore dei
mercati finanziari deregolati,
l’equiparazione dell’uomo e
dell’impresanonsignificache
leimpresesianodiventatepiù
umane, ma che gli uomini
sonodiventaticomeimprese.
Quellochequiavvienenonè
più spiegabile con i
fondamenti “scientifici” di
una nuova immagine del
mondo, così come è difficile
spiegare il fatto sconcertante
che l’economia immateriale
consenta, anzi chiaramente
impongaperditechedivorano
gli Stati e nello stesso tempo
ricompensi i responsabili di
questeperdite.
Lo si può capire soltanto se
si ascolta ancora una volta
queldialogoinlaboratoriodi
oltrecent’annifa.Ilritornodi
un’artechiamataalchimia,da
tempo tramontata e ormai
inusitatanellavitaquotidiana,
ma riapparsa proprio nei
mercati finanziari non è un
caso.
Ricavare l’oro dal nulla:
questo è oggi il compito
assegnato a tutti, e dal
miracolo della trasmutazione
dipendeilvaloredellapropria
anima. Mentre Numero 2
impone a tutti un mondo di
logica irrefutabile, ognuno sa
che non si può catturare
Numero 1 con la logica. La
logica ti dice che non
funziona. Riversarla nella
testadell’uomofunzionasolo
con la magia, con la parola
magica che accompagna il
computer e gli iPhone come
unastella.
Dobbiamo ora gettare uno
sguardodentroillaboratorio.
____________________
1SpencerR.Weart,TheRiseof
NuclearFear,HarvardUniversity
Press,Cambridge2012,p.3.
2MarkMorrisson,ModernAlchemy:
OccultismandtheEmergenceof
AtomicTheory,OxfordUniversity
Press,Oxford2007,p.4.
3Ivi,p.12.
4Ivi,144.
5HerbertG.Wells,Laliberazionedel
mondo,inId.,Laguerranell’ariae
altreavventuredifantascienza,
Mursia,Milano1981,pp.218-357
(ed.orig.TheWorld,SetFree:a
StoryofMankind,Macmillan&
Co.,London1914).
6GeorgeGilder,WealthandPoverty,
BasicBooks,NewYork1981,p.
63.
7KevinPhillips,Soldisporchi.
Finanzaspericolata,erroripolitici
ecrisiglobale,Garzanti,Milano
2010,pp.28sgg.(ed.orig.Bad
Money:RecklessFinance,Failed
Politics,andtheGlobalCrisisof
AmericanCapitalism,ThePenguin
Press,London2009).
Capitolo26
Metamorfosi
dell’anima
Lavitacomeesperimento
fallito
«Nessuno può sfuggire
all’impetotrasformatoredelle
macchine».Èquestalaprima
frasedellibrodiKevinKelly
Nuove regole per un nuovo
mondo,apparsonel19981:un
trattato straordinariamente
influente, che ha suggerito,
nel linguaggio e nelle idee,
tuttociòcheSiliconWalleye
Wall Street intendevano fare
conilnuovomondo.
Il trattato fondativo della
nuova razionalità economica
argomenta
magicamente.
Kelly iniziava con una frase
che avrebbe potuto trovarsi
anche nelle opere degli
alchimisti. Questi ultimi
credevano che l’anima si
trasmutasse
in
“fuoco
trasformatore”.Kellyechila
pensava come lui a Wall
Street argomentava in modo
mistico, ma di fatto non
auspicavanientedimenoche
la metamorfosi alchemica
dell’uomo
mediante
la
tecnologia
dei
mercati
digitali.
Fin dall’inizio la nuova
magia dei codici ha
saldamentecablatoilpostodi
lavoro digitale con i quattro
elementi: la terra (la sabbia,
dicuisonofattiimicrochip),
il
fuoco
(l’elettricità,
compresi i firewall, la
masterizzazione dei supporti
di dati, le “fucine di
software”),
l’aria
(il
trasferimentowirelessdidati)
e l’acqua (il flusso di
informazioni, nel quale
affogachinonnaviga).
La magia era anche
strettamente necessaria, dal
momento
che
le
contraddizioni della “nuova
economia” erano così vistose
e la sua affinità con gli
spregiatori neoliberisti dello
Stato era così stretta che non
sarebbe mai stato possibile
convincere, senza ricorrere a
stratagemmi, gli uomini a
organizzare la propria vita in
base al fondamentalismo del
mercato.
Era dunque necessario
promettere loro la grande
“trasformazione”, che nel
laboratorio
alchimistico
aveva sempre significato
anche la trasformazione della
carneumanainunamateriadi
inimmaginabile perfezione,
unattodi“rinascitaspirituale
eimmortalitàfisica”.
I
cyberprofeti
non
promettevano niente meno
chelarealizzazionedelsogno
umano più antico di tutti –
con la piccola limitazione di
poterlo
vivere
soltanto
attraversoilsosiadigitale,per
lo meno fintanto che gli
uomini nella realtà devono
ancora respirare, mangiare e
morire.
Ci fu una perfetta divisione
dellavorotragli“economisti
della mente” (o della società
dei servizi), che volevano
trasformare
la
deindustrializzazione in un
nuovo mercato, e gli
evangelisti digitali, che
facevano lo stesso con l’Io
privato
del
corpo
e
dell’anima,sulqualeNumero
2assumevailcontrollo.
Gli economisti predicavano
la metamorfosi dei mercati, i
simpatizzanti politici e
giornalistici la metamorfosi
dei posti di lavoro. Gli uni
predicavano la trasmutazione
economica, gli altri quella
sociale.
Si
dividevano
fraternamente quasi ogni
grido
di
battaglia:
outsourcing, reengineering,
downsizing.
La motivazione era chiara:
appena tutto fosse stato
“immateriale” e solo più una
questione di “economia
dell’informazione” e di
comunicazione, finalmente il
mondo reale sarebbe stato
trasformato in quello spazio
simbolico nel quale Numero
2, il computer e la teoria dei
giochi avrebbe potuto agire
come ai tempi della guerra
fredda.
KevinKellyèindubbiamente
uno di quei pensatori
“progressisti” che non solo
sono responsabili di tutto il
miscuglio
di
metafore
tecnologicheebiologiche,ma
che, superando le voragini
apertedaunaguerraculturale
fra la controcultura e Wall
Street durata decenni, offrì il
braccioaquest’ultima.Ilfatto
cheisistemitecnicidiventino
nuove“formedivita”,chela
rete sappia sempre più di
quellochesailsingoloeche
sololatotalitàmaiafferrabile
del sapere sveli la verità –
tutto questo era di fatto una
metafora “neobiologica”, che
«trasforma la rete in ciò che
Hayek immaginava dovesse
essereilmercato»2.
Kelly ha fatto molto perché
Numero 2 non facesse più
paura(unesempiodisistema
funzionantedaluipredilettoè
Sim City3). Descrive un
mondo nel quale non più gli
uomini, bensì gli agenti
conducono
una
lotta
darwiniana
per
la
sopravvivenza–peresempio,
in un memorabile passaggio,
per stabilire il prezzo di un
uovo – mentre l’Homo
sapiens si mette comodo e
accarezzalesuenobiliideedi
“coevoluzione”
e
cooperazione.
Nessuno è sfuggito alle arti
alchimistiche di Kelly,
nessuno immaginava quanto
sarebbe costata la nuova
ideologia, e nessuno rise
quandoKelly,riferendosialla
personalizzazione
dei
pullover e delle camicie,
definì l’azienda Benetton un
nuovo
«superorganismo
economico»4.
Seall’iniziodelventunesimo
secolo, demoni, elfi, nani,
maghi e vampiri tornavano
nelle teste degli uomini dopo
esserne stati a lungo banditi,
occorrevedereinessiiprimi
presagi di un mutamento
ecologico fondamentale. Il
clima della ragione, che non
sopportavano, era cambiato a
lorofavore.
Orasumilionidischerminei
quali si trasmettono idee con
il tocco delle dita e il denaro
con la luce, si destano
creature che erano state
covate negli alambicchi degli
alchimisti.
Qualsiasi
mago
del
diciassettesimo secolo i cui
servizi non erano più stati
richiesti per qualche secolo,
se
la
caverebbe
brillantemente, per quanto
scalcinato, nel nostro mondo
odierno. Sarebbe un maestro
nonsoltantoneivideogiochi.
Che si tratti di escrementi di
topo o di bile di bue, non ci
sarebbe alcun bisogno di
spiegargli un mondo nel
quale, con un codice
matematico,
qualsiasi
informazione su ogni singola
anima può essere trasformata
in denaro: perfino la
rilevazionesuquantoalungo
voi,leggendosull’eReader,vi
soffermate sulle parole
“escrementi di topo” o “bile
dibue”.
Il fatto di essere arrivato in
un’epocanellaquale,secondo
le parole del premio Nobel
per
l’economia
Joseph
Stiglitz, gli «alchimisti
finanziari» di Wall Street nei
loro
«laboratori
frankensteiniani»
producevano «mostri» con
incomprensibili
formule
«tossiche» sui loro schermi,
per lui non significherebbe
altro che essere arrivato
finalmenteacasa.
Non c’è da meravigliarsi,
poiché quando i manuali di
marketing
finanziario
compitano, per esempio,
CPDO, ricorrono a quella
stessa
incomprensibile
mistica universale delle
lettere che veniva utilizzata
un tempo dall’alchimista. In
questo caso, per offrire ai
clienti il «più formidabile
metodo alchimistico di
trasformazione di crediti di
piombo
nell’oro
di
straordinariguadagni»5.
L’alchimista, infatti, non ha
mai conosciuto la differenza
traspiritoemateria.Ilibridi
magia dicevano che chi
voleva trasformare il piombo
in oro aveva bisogno, oltre
che di determinate essenze e
formule,anchedischermi,di
“proiezioni” che calcolavano
il codice magico in base a
simboli
rigorosamente
prescritti. Uno schermo che
rendeva
visibile
la
trasformazione: la forza
immaginativa interiore, la
leggendaria imaginatio, con
la quale venivano sfruttate le
energiedell’anima.
Se ora Gabriel Clauder, il
medicopersonaledelprincipe
elettore di Sassonia, venendo
dalsuodiciassettesimosecolo
varcasse la soglia del
ventunesimo, constaterebbe
con
soddisfazione
che
l’alchimia ha compiuto
progressi
sorprendenti.
Noterebbe che il denaro e il
potere oggi scaturiscono da
dove si scompone e si
ricompone l’anima umana in
base a regole ben precise e a
bendeterminatericette.Negli
algoritmi che oggi decidono
della nostra esistenza non
vedrebbe altro che versioni
perfezionate delle sue ricette
alchemiche.
Lo scritto di Clauder
Dissertatio de tinctura
universali,
vulgo
lapis
philosophorum
dicta
[Dissertazione sulla tintura
universale, ovvero la pietra
filosofale]nonèdunquealtro
che il codice di come, passo
dopo passo, si crea qualcosa
dal nulla. La “pietra
filosofale”noneraunapietra
ma un fluido, pura liquidità.
Per ottenerla, il mago ha
bisogno
dello
«spirito
dell’universo» che però,
sfortunatamente, si trova
nell’aria, «volatile, fluttuante
einvisibile»6.
Per condensarlo occorre,
dopo che «per settimane non
è piovuto», scavare con la
pala in aprile o in maggio,
dopomezzanotte,unpezzodi
terradicampoumida,esporlo
per tre ore ai raggi del sole
con l’aiuto di una lente
convergente
e
quindi
raccogliere l’acqua che ne
esceconunpannodilinoche,
successivamente, va strizzato
soprauncontenitoredivetro.
Esolopochegoccediquesta
tintura, purché essa venga
utilizzata da una persona
affidabile,
trasformano
qualche oncia di mercurio in
oropuro.
Chi oggi scrive dopo
mezzanotte un’e-mail nella
quale compaiono le parole
terra, pala, scavare, lente
convergente,mercurio,linoe
oro forse riceverà da Google
soloconsigliperl’acquistodi
attrezzi da giardinaggio,
oppure la Homeland Security
loarresteràalsuoarrivonegli
Stati
Uniti,
ma
la
trasmutazione del nulla in
denaro o in potere gli è
riuscita.
Molto prima di Google,
Facebook e Apple, Scipione
Chiaramonti, un matematico
che credeva nelle streghe e
avrebbe bruciato volentieri
Galileosulrogo,eraconvinto
che
fosse
possibile
determinare e prevedere il
pensiero, il carattere e le
intenzioni di una persona
attraversolavoce,ilmododi
muoversi, le condizioni del
tempo,illuogoelasintassi.
La scoperta dei ricercatori
americani,chesemplicemente
in base ai dati automatizzati
sul tipo dei movimenti
compiuti e sul luogo,
registrati da un telefonino, si
può prevedere l’inizio di
un’influenza, oppure, in base
a
e-mail
del
tutto
decontestualizzate, si può
predire una disdetta che
avverrà solo un anno dopo,
gli sarebbe sembrata una
logica conseguenza delle sue
tesi.
Nel1670unuomodinomeJ.
L. Hannemann cercò di
diffondere l’idea, caduta
nell’oblio, di “un’anima del
mondo collettiva”. La psiche
collettiva era per lui una
simulazione del mondo
naturale. Probabilmente la
nostra scoperta della “società
connessa in rete” gli avrebbe
strappato soltanto uno stanco
sbadiglio.
Nel
grande
organismo del mondo tutto
era interconnesso e tutto
comunicavacontutto,perfino
tra continenti: se va in
cancrena il braccio di una
persona con il cui tessuto è
stato corretto il naso di
un’altra persona, allora va in
cancrena pure il naso
dell’altrapersona,anchesesi
trovaaltrove.
I trattati sulla mistica dei
numeri, la crittografia, la
gematria e la numerologia
sono molto numerosi; non si
contano i codici – molti dei
quali escogitati da alcuni dei
migliori matematici del loro
tempo – con cui venivano
calcolati e previsti gli strani
modelli di controllo del
comportamento umano, ed
erano
manipolati
e
programmati i materiali. Il
confine non correva, infatti,
tra maghi e scienziati, ma tra
areediunmedesimocervello.
Nel lascito di Isaac Newton,
il
più
grande
genio
matematico del suo tempo, è
stato trovato un milione di
parole e, come afferma in
tono lapidario uno dei suoi
biografi, sono tutte «prive di
un valore sostanziale».
Furono «tutte scritte nello
stesso arco di tempo di
venticinque anni, nel quale
Newtoncondusseisuoistudi
matematici e sarebbero
razionali quanto questi ultimi
seillorointerocontenutoeil
loro unico intento non fosse
lamagia».
Non solo le pandemie
mediche, ma anche quelle
culturali hanno quasi sempre
un’origine
precisamente
localizzabile. Così la scienza
magica che prese il posto
della magia naturale del
mondo di Merlino, e a sua
volta
mutò
nell’èra
scientifica, derivò da uno dei
più grandi movimenti open
sourcedellastoria.
Nel tredicesimo secolo
giunsero
nell’Europa
settentrionale,
provenienti
dallaCatalognaadaMaiorca,
gli scritti tradotti in latino di
studiosi
islamici
sull’astrologia,
l’arte
divinatoria e soprattutto
l’alchimia
(nella
sola
Inghilterra si sono conservati
tremilacinquecentotesti).
Anche l’infezione mentale
del ventunesimo secolo ha
due luoghi esattamente
localizzabili:laSanFrancisco
Bayelapuntameridionaledi
Manhattan. Silicon Valley e
WallStreet.
Molte persone si affannano
per tutta la vita e non
capiscono
perché
non
funzioni. Perché non valga
per loro quello che è stato
promesso a tutti. Si
percepiscono
come
un
esperimento che fallisce
permanentemente.
La
trasformazionedelpiomboin
oro non riesce e quelli che
affermano il contrario si
rivelano
ciarlatani.
Si
attengono scrupolosamente
alle prescrizioni e alle
istruzioni d’uso, imparano e
studiano, si informano,
combattono sul posto di
lavoro, si creano una rete di
amicizie, frequentano i posti
giusti, ma prima o poi i più
devono prendere atto del
fallimento
dell’intera
impresa, al più tardi quando,
trovandosi ormai “collocati a
riposo”, una dopo l’altra le
aspirazioni coltivate durante
il ciclo della vita si
dissolvononelnulla.
Ilproblemaèchelamaggior
parte delle persone ha letto i
codici
della
società
dell’informazione, così come
quelli degli alchimisti, come
metafore. Non ha compreso
cheègravesel’informazione
nonsidistinguepiùdallecose
enonpuòpiùesseremisurata
e valutata in base a esse. Per
usare le parole di Theodore
Roszak, l’informazione è
diventataunfeticcio.
Finoaquandosipotédarela
responsabilità dell’insuccesso
a potenze esterne – gli dèi, i
re o i governi –, questa
delusione
generò
regolarmente
rivolte
e
rivoluzioni.
Il
nuovo
capitalismoèriuscito,invece,
a scaricare la responsabilità
sull’Iodegliesseriumani.
Così, per esempio, sempre
più persone hanno la
sensazione di vivere una vita
al di sotto delle loro
potenzialità,
mentre
l’apparato, allo scopo di
realizzare
le
proprie
aspirazioni,affermache“noi”
avremmo“vissutoaldisopra
dellenostrepossibilità”.
Comesisa,nonlosièinteso
come argomento economico,
poiché
altrimenti
occorrerebbe spiegare “chi”
avrebbe vissuto al di sopra
delle sue possibilità. È un
argomento puramente morale
e, come si vede nella
formulazionepreferita,quella
dei “peccati”, è inteso anche
in senso religioso: non
funzionaperchévoipeccate.
La lamentata mancanza di
flessibilità, disciplina e
responsabilità propria non è
un difetto sistemico, ma
caratteriale, e può essere
eliminato. Solo così si può
spiegare
perché
lo
smantellamento dello Stato
sociale
abbia
trovato
approvazione perfino tra
coloro che erano vicini ad
avernebisogno.Comemostra
Thomas Frank, negli anni
novanta l’esempio americano
aveva mostrato lo scambio
moralediintereclassisociali.
«I ricchi, la precedente
società del tempo libero» si
leggesullepaginedi“Wired”
«diventanoinuovioberatidal
lavoro, mentre quella che un
tempo si chiamava la classe
lavoratrice diventa la classe
deltempolibero».
Solo chi ne era “degno”
poteva sperare di ottenere la
trasmutazione,
la
metamorfosi della materia in
orooinspiritonellaboratorio
alchimistico. Chi voleva
avere un’opportunità doveva
essere
sano,
paziente,
intelligente,
devoto
e
disciplinato7. Doveva essere
ingradodiassumerequalsiasi
informazione, ma non poteva
affogare nella fiumana delle
informazioni. Chi «salta da
un’opinione all’altra e da un
desiderio all’altro […] è così
distratto che non porterà mai
nulla
a
conclusione».
Bisognava essere creativi e
costantemente concentrati sul
lavoro, «in modo da non
iniziare un lavoro e poi di
nuovounaltro»8.
Anche se si faceva tesoro di
tutto questo, ogni sforzo era
vano senza il buon Dio. Il
problema era solo che Egli è
un
capo
piuttosto
imprevedibile,che«estendea
tutti la Sua giustizia e la Sua
bontà, ma anche la toglie a
chiunque, a Suo esclusivo
giudizio».
Perciò non bisogna restare
delusi se alla fine non viene
fuori l’oro: la dottrina
decisiva affermava che è
meno importante trasformare
il metallo che la propria
anima.
Probabilmente questa fiera
della magia, secoli prima
della pubblicità e del
branding, era il primo caso
nelqualeillavorosull’anima
e il lavoro industriale erano
collegati.
Molti alchimisti erano
imprenditorieperlamaggior
parte erano inscindibilmente
legati alla fiorente industria
mineraria. Il lavoro su se
stessi, ossia la rigenerazione
dell’anima, comportava una
sorta
di
consumismo
spirituale paragonabile a
quellodellamoda.Bisognava
continuamenteessereprontia
togliersi di dosso la vecchia
forma di esistenza come i
vestitivecchi,cosìsuonavail
tipicoparagone.Ciòavveniva
nel fuoco della fucina
alchimistica:
una
metamorfosi dell’Io, che nei
futuri processi di lavoro
sarebbe
diventato
un
prodotto.
La
trasformazione
alchimistica
era
comunicazione e, come la
ricerca ha mostrato, perfino i
risultati pratici ottenuti nel
laboratorio erano letti come
una lingua, poiché solo così
poteva essere giustificato lo
scambio tra uomo e materia.
Da qui le crittografie e i
codici, la numerologia e
infine anche le preghiere:
nello scambio sopravvissuto
alla dissoluzione della cosa e
dello spirito, ossia nella
comunicazione come essenza
di tutto. Fare è pensare, e
pensareèfare.
Così è nato un sistema
magico: quella che una volta
era iniziazione oggi è
comunicazione
attraverso
canalidigitali.Quellocheuna
volta era l’adepto oggi si
chiamatalento.Ciòcheallora
significava compiutezza oggi
sichiamaperfezione.
Talento,laparolapreferitain
tuttoilmondoperindicarela
manodopera più ricercata, è
un’eternapromessa,unapura
potenzialità. Concetti fumosi
come sapere o creatività,
continuamente proclamati da
ignari
giornalisti,
che
scambiano l’istruzione per il
“sapere”, come marcatori di
vantaggi darwiniani per la
sopravvivenza, nella loro
arbitrarietà servono soltanto
alle necessità del capo
imprevedibile, che dona o
toglie la propria benevolenza
asuopiacimento.
Non sono più concetti che
riguardanolalibertà,masolo
il controllo sociale. È
quest’ultimo a decidere se il
processo ha portato all’esito
desiderato oppure no. La
trasmutazione dell’Io non è
nellenostremanicomenonlo
eraaitempidellamagianera.
L’Io, che alla fine deve
cercareinsestessoleragioni
del proprio fallimento, è
soltanto un’interfaccia con la
quale si è al servizio del
mondo, ma si può anche
essere serviti dal mondo. La
conferma dipende da mille
dettagli, dalla salute fisica e
mentale, dalla sincerità
interiore, dall’ora nella quale
siredigonopostsuFacebook
o si scrivono e-mail, dal
luogo in cui ci si ferma e da
tutti i luoghi nei quali si è
stati e che consentono di
prevedere in quali altri ci si
recheràinfuturo.
Èsufficienteguardareivolti
sconcertatidituttiglistudenti
elestudentessechescalanole
vettedelsapere,osservaregli
operai specializzati, gli
ingegneri, i giornalisti che
improvvisamente
sono
costretti a riconoscere che il
“sapere” non è altro che la
manifestazioneesteriorediun
affare nel quale i risultati
materiali decidono quanto il
saperevaleononvale.Anche
il
denaro,
infatti,
è
informazione
e,
come
nell’immagine del mondo
degli alchimisti, mantiene il
doppio senso di un valore
tantosacralequantoprofano.
Come scrive in modo
illuminante Hans Christoph
Binswanger in una bella
interpretazione di Goethe, il
denaro è «la cosa (soltanto)
immaginata» – certo la sola
che incide direttamente sulla
realtà. Le società europee
hanno sperimentato che
un’esplosione
dell’informazione può avere
come
conseguenza
un’esplosionedeldenaro.
Nessuna meraviglia che Ken
Binmore abbia in mente,
come visione della nuova
epoca, ciò che chiama
apprendimentononcognitivo:
un apprendimento che non
deve più essere “compreso”;
è una ragione che scambia il
sapere con l’informazione e
per la quale non conta più
comprendere e penetrare i
segnali di informazione che
arrivano,masoltantoriceverli
einviarli9.
Le informazioni sono in
certo modo le sostanze e gli
elementi chimici mescolati
dall’alchimista.Questinonsa
in cosa consistano e non è
nemmeno in grado di
spiegarecomefunzionino,ma
è perfettamente consapevole
di cosa venga fuori se li si
mischia:
dall’incantesimo
d’amore alla guarigione
prodigiosa.
In questo modo, nell’èra
dell’informazione, l’uomo è
diventato un pezzo da
lavorare che ottiene il suo
valore
solo
grazie
all’elaborazione
e
allo
scambio.
____________________
1Kelly,Nuoveregoleperunnuovo
mondo,cit.,p.7.
2Frank,OneMarketUnderGod,cit.,
pos.1278.
3Videogiocodisimulazione
consistentenelcreareesviluppare
unacittà.[N.d.T.]
4Frank,OneMarketUnderGod,cit.,
pos.1298.
5MarkGilbert,Complicit:How
GreedandCollusionMadethe
CreditCrisisUnstoppable,Kindle
edition,BloombergPress,New
York2010,pos.609.
6Tuttigliesempisonotratti
dall’EnciclopediadiLynn
Thorndike,AHistoryofMagicand
ExperimentalScience,MacMillan,
NewYork1923.
7MirceaEliade,Artidelmetalloe
alchimia,BollatiBoringhieri,
Torino1980,pp.137-151,in
particolarep.141(ed.orig.
Forgeronsetalchimistes,
Flammarion,Paris1977,pp.140155).
8TaraNummedal,Alchemyand
AuthorityintheHolyRoman
Empire,Kindleedition,University
ofChicagoPress,Chicago2007,
pos.622.
9CitatoinMirowski,Machine
Dreams,cit.,p.515.
Capitolo27
DeathDating
Ladistruzionecreativae
l’artedegliingegneri
La cancellazione dello
“spirito”edella“materia”ha
una preistoria altamente
realistica nell’economia reale
del ventesimo secolo. Nel
1932, la più grande nazione
industrializzata del mondo si
trovava in una depressione
economica ben più grave di
una crisi ciclica. Il fatto puro
e semplice e le dimensioni
della catastrofe smentivano
tutte le promesse che per
quasi mezzo secolo avevano
accompagnatolagrandeepica
delmiracolotecnologico.
Permoltiaspettiècomeseil
1932fosseunmodello,come
se la mostruosa crisi di
autocoscienza del mondo di
allora anticipasse in parte il
mondo di oggi. Un drastico
crollo dei prezzi degli
immobili e la rinuncia ai
consumi degli americani
avevano portato l’economia
sull’orlo del baratro. Già gli
anni del boom prima della
crisi economica mondiale
erano stati dominati dalla
pauradellasovrapproduzione.
La maggior parte delle
persone
continuava
a
comperare oggetti perché ne
avevabisognoenonperchéli
desiderava, ma era evidente
che ci si sarebbe dovuti far
venire in mente qualcosa per
aumentare la velocità di
circolazionedellemerci.
Gli anni record della
produzione industriale prima
della
crisi
economica
mondiale
videro
la
produzione di massa di auto,
frigoriferi,
distributori
automaticima,aldisottodel
livello delle cose che si
potevano
toccare
e
comperare,perlaprimavolta
vennero prodotti strumenti
coniqualisipotevapenetrare
nel mondo interiore della
menteemanipolarlocomeun
pezzodilegnoodimetallo.
La scoperta della psicologia
di massa per il mercato
pubblicitario
infine
–
attraverso il nipote di Freud
EdwardBernays,cheinventò
ilconcettodipublicrelations
– significò la colonizzazione
e lo sfruttamento di un
continente mentale che per
secoli era stato considerato
imperscrutabile.
Allora si trattava soltanto di
materie prime mentali e non
di modelli matematici come
quelli che ottant’anni dopo
sarebbero stati applicati dagli
informatici dell’èra del
computer con l’aiuto di
psicologi e antropologi.
Tuttavia fu decisivo che si
potesse valutare il successo
dei nuovi metodi in marchi e
pfennig e che lo si potesse
dedurre dal volume degli
affari.
Riconoscere che, se il
singoloèdiventatopartedella
massa,ècalcolabileeche,in
una certa misura, il suo
comportamento può essere
predeterminato fu, ben prima
della comparsa di Google e
degli algoritmi, qualcosa di
paragonabile al reattore a
fusione
nucleare
del
mutamento sociale, con
enormi
conseguenze
politiche.Iduenucleiatomici
che si erano fusi erano la
psicheeilprodotto.
Secondo quanto riferisce
Bernays, gli inventori di
questi strumenti chiamati
pubblicità
e
pubbliche
relazioni si consideravano
un’élite,
un
«gruppo
relativamente piccolo di
persone», le sole in grado di
comprendere «i processi
mentali delle masse». Una
promessa che, dopo le
esperienzedellemobilitazioni
emotive delle masse nella
primaguerramondiale,eradi
enormeimportanza.
Coerentemente gli ingegneri
sociali, come amavano
definirsi,parlavanodelleloro
prestazioni
come
di
“tecnologie”. Esse erano
efficaci e di una neutralità
addirittura spietata. «La
pubblicità è una forza nonmorale», scriveva nel 1925
l’agenzia pubblicitaria A. J.
Walter Thompson, «è come
l’elettricità, da cui non si
ottiene soltanto la luce, ma
anchelasediaelettrica»1.
Naturalmente i “persuasori
occulti”
si
sono
sopravvalutati e si può
perfino sostenere che le loro
affermazioni riguardanti il
potere di controllo che
avevano sulle persone siano
state una delle loro trovate
pubblicitarie più riuscite.
Ormai un’intera biblioteca di
ricerche ha relativizzato
l’immagine dei manipolatori.
Una tesi diffusa afferma che
nonsonoriuscitiafarequello
chesostenevanodipoterfare
perchél’uomoèpiùricco,più
profondo e contraddittorio di
quanto volessero far credere
quelle
concezioni
semplificate.Manonèquesto
il punto. Il punto è se sia
possibile ridurre il mondo ad
adattarsi a queste semplici
concezioni.
Lapsicologiadimassaaveva
dimostrato che l’anima
poteva essere manipolata in
modo che cose neutrali
apparissero in un’altra luce.
Ora veniva la seconda parte:
anchelecosepotevanoessere
manipolate in modo da
trasformarelapsiche,anziun
intero
codice
di
comportamento. Non c’è
nulladicuigliingegneridella
coscienza degli anni trenta si
lamentino di più che della
morale dei loro clienti,
convintichenonsidovessero
dissipare le cose e che
andassero adoperate per tutta
lavita.
La proposta decisiva venne
avanzata da un agente
immobiliaredinomeBernard
London, che nel 1932
pubblicò un saggio dal titolo
Ending the Depression
Through
Planned
Obslescence.
Con
obsolescencesiintendevache
unprodottosierarottoonon
era più up to date, non si
poteva più riparare. London
proponeva che ogni prodotto
potesse avere soltanto un
ciclo vitale limitato, stabilito
perlegge.Dopo,«questecose
[andavano
considerate]
ufficialmente morte» e
dovevano essere smaltite o
eliminate2.
E con procedure fino a oggi
note
solo
in
modo
frammentario, gli ingegneri
cominciaronoainscriverenei
loro prodotti le “date di
morte”. Il death dating
stabilisce quanto qualcosa –
si tratti di un’auto giocattolo,
di una lampadina o di una
radio–,devedurare.Neanche
ilpubblicistaGilesSlade,che
in un saggio ha raccontato la
storia dell’“obsolescenza” in
America, è riuscito a svelare
l’efficientissimo meccanismo
di questi orologi della morte
incorporati.
Alcuni
promemoria interni della
General Electric degli anni
trenta dimostrano però che, a
quantopare,tuttisapevanodi
cosasitrattasse.
Andavano fuori uso: le
lampadine dopo un certo
tempo (perché – così si
diceva – poi il rendimento
luminososarebbestatotroppo
scarso),levalvoledelleradio,
le componenti elettroniche,
che erano programmate in
modo da smettere di
funzionare proprio al cambio
di batteria. Il fatto decisivo
era che veniva stabilita una
secondaistanzadicontrollo.
Glipsicologidellapubblicità
affermavano di controllare
l’anima delle masse, ma gli
imprenditori controllavano
realmente il tempo di vita
dell’hardware, da quando –
come del resto la psicologia
pergliuomini–nonfupiùun
bene di lusso e diventò un
benedimassa.
Nel 1880 una lampadina era
un
lusso.
Costava
pressappoco la metà del
salario giornaliero di un
operaio. I primi clienti di
EdisonfuronoJ.P.Morgane
i Vanderbilt. Poi, grazie
all’aumento
degli
allacciamenti delle case alla
rete
elettrica
e
al
miglioramento
delle
condizioni produttive, iniziò
la fase della loro produzione
industriale.
Nel 1924 si incontrarono a
Ginevra i membri del
cosiddetto
cartello
di
Phoebus, che includeva la
Osram,laPhilipselaGeneral
Electric, e decisero di
accorciare artificialmente la
durata
di
vita
delle
lampadine. «La durata della
lampadina 2330» si legge in
un promemoria citato da
Vance Packard «è stata
ridotta da 300 a 200 ore […]
Questa comunicazione non
deve in alcun modo essere
resapubblica»3.
Per la prima volta gli
ingegneri avevano inserito
negli oggetti, come loro
specifica caratteristica, la
“distruzione creativa”; quindi
non
avevano
costruito
soltanto
qualcosa
di
funzionante,
ma
anche
qualcosa di non funzionante.
Quali fossero i termini della
morte
prematura
delle
lampadine ormai è diventata
una leggenda: nel 1901, in
una piccola stazione dei
pompieri di Livermore, in
California, venne accesa una
lampadina. Centodieci anni
dopo continua a emettere
luce. Sul sito web dei
pompierisipuòvederecome,
ormaifioca,siasopravvissuta
a generazioni di comandanti
deivigilidelfuoco.
Il desiderio dei giganti
dell’industria di decidere
quanto a lungo qualcosa
debba
funzionare
era
un’operazionesiatecnicache
psicologica. Essi adottarono
ricette che in parte vengono
applicate anche oggi e che,
nel caso di semplici
apparecchiature, non sono
altro che corrispondenti
semplicialgoritmirelativioal
materiale o alla funzionalità.
In qualche caso è stato
sufficiente che il prodotto si
sporcasseononavessepiùun
aspettogradevoleinuntempo
relativamentebreve.
Nel caso di prodotti
complessi,
la
tecnica
consisteva nel manipolare la
componente più debole, the
weakesttie, per sabotare così
la funzionalità del tutto. Dal
punto di vista psicologico,
tuttavia, la data di morte era
soltanto una misura per
produrreunasovrabbondanza
delsuperfluo,mainunmodo
così efficace che un deputato
del Congresso americano
espresse
ben
presto
compassione per i milioni di
persone «i cui utensili
domesticicadonoapezzi»4.
In seguito al dibattito
pubblico,
suscitato
in
particolare da Vance Packard
dopo la seconda guerra
mondiale, la messa fuori uso
pianificata è stata applicata
con più cautela. La messa
fuori uso come principio di
superfluità
diventò
un
processo su tre livelli,
perfezionatoinugualemisura
da ingegneri, pubblicitari e
designer. L’intero settore
parlava apertamente, come
non avrebbe più fatto, delle
tre opzioni: messa fuori uso
pianificata in base alla
qualità;
invecchiamento
funzionale, poiché i nuovi
utensili sono migliori e più
veloci; e, infine, la “messa
fuori uso psichica”: un
prodottononèpiùoggettodel
desiderio, ma fuori moda e
quindi
superfluo.
Quest’ultima
opzione
comprende
tutti
i
cambiamenti di design e di
moda
spacciati
come
necessari dalla pubblicità e
daitestimonial.Unodeiprimi
designer industriali, Harley
Earl, definì così quello che
chiamava l’invecchiamento
pianificato o dinamico: «Il
nostro compito è accelerare
l’invecchiamento. Nel 1934
la gente teneva la sua auto
cinque anni. Nel 1955 due
anni.Quandoarriveremoaun
anno avremo raggiunto lo
standardperfetto»5.
Decenni prima dell’avvento
di un mondo calcolato dal
computer era stata costruita
una macchina culturale che
funzionava
deterministicamente
e
produceva sovrabbondanza
attraverso
la
propria
superfluità.Produceva,perlo
meno agli occhi delle
imprese, un’autodistruzione
calcolata, esito di una
massimizzazione dei profitti
chenonconoscevaalcuncaso
fortuito, alcun utilizzo o stile
di vita sbagliato o corretto,
alcun destino – essa arrivava
con
la
forza
della
predeterminazione.Mutavale
categoriediaffidabilità,lealtà
edurevolezzadituttelecose
tangibili, ben prima che la
modernasocietàdeimedia,la
moderna politica e la New
Economy lo facessero anche
conlecoseimmateriali.
Molti articoli di giornale e
molteletteredilettoridiquel
tempo attestano che ampi
settori dell’opinione pubblica
erano consapevoli che il
mondo nel quale sarebbero
entrati come consumatori
sarebbe stato un mondo di
lealtàinfrante.
I grandi magazzini e le
imprese
smisero
improvvisamente di fornire
“garanzie a vita” – un
messaggio pubblicitario che
prima della crisi economica
mondiale era diventato
addirittura esistenziale per i
prodotti di massa. Nemmeno
dieci anni prima che, nel
crollo della Borsa, sembrasse
annunciarsi anche il collasso
ideale dell’intero sistema,
Henry Ford, il padre della
produzione
di
massa,
dichiara:
Non possiamo immaginare
di poter servire i clienti in
altro modo che offrendo
loro qualcosa che, per
quanto ci riguarda, dura in
eterno[…]noncipiaceche
l’auto di un cliente vada
fuoriusoodiventiobsoleta.
Vogliamo che chi compera
unadellenostreautononne
debba comperare mai più
un’altra. Non faremo mai
un miglioramento che
faccia diventare obsoleto il
modelloprecedente.
Ormai, come racconta
minuziosamente Giles Slade,
la vecchia promessa della
“garanzia a vita” era stata
cancellataesostituitaconuna
nuova: instant gratification,
soddisfazioneimmediata.Era
l’ingresso definitivo della
cosa in sé nel cervello, là
dove vengono scaricati gli
ormoni e nascono le
dipendenze.
Soprattutto, però, in questo
modo si creava una nuova,
semplice e semplificante
leggedellastoria,cheoggi,a
dispetto di un diffuso
scetticismoneiconfrontidella
tecnica, ha conquistato anche
quei settori della società
umana–dalleBorseaigruppi
sociali – che altrimenti
respingerebbero
rigorosamente la legge della
predeterminazione:
il
progresso tecnologico si
fonda su se stesso. Chi non
staalpasso,perdeilcontatto.
Il giornalista Eli Pariser, nel
suo libro Il filtro, ha
evidenziato che questo
ostentato fatalismo si può
cogliere già a livello
grammaticale
nella
predilezione
per
le
costruzioni passive rispetto a
quelle attive, poiché «i
tecnologi
[…]
dicono
raramente che qualcosa
“potrebbe” o “dovrebbe”
succedere,
dicono
che
“succederà”. “I motori di
ricerca del futuro saranno
personalizzati”
dice
la
vicepresidente di Google
Marissa Mayer, usando la
forma passiva»6. Pariser, che
rimprovera
un
po’
esageratamente a Google,
Facebook e Amazon di non
mostrarcicosenuove,haperò
un’intuizione–purtropponon
ulteriormentesviluppata–del
problema
ben
più
fondamentale: scrive infatti
che tutti quanti hanno nelle
profondità dei loro codici
«una cattiva teoria della
personalità»7.
In un mondo nel quale il
capitalismodell’informazione
commercializza l’interiorità
della mente non è più il
prodotto,bensìl’uomostesso
a
essere
esposto
all’“obsolescenza
pianificata”. Perciò le sue
esperienze, i suoi attestati di
lavoro e le sue lealtà non
contano più nulla. Perciò
l’instant
gratification
sostituiscelalealtàpertuttala
vita. Perciò la “liquidità”, la
fluidificazione dei numeri,
delle identità, degli stili di
vita, delle professioni, è
all’ordinedelgiorno.
Nella misura in cui gli
uomini devono funzionare
come automi, il death dating
è diventato il principio
fondamentale, ampiamente
sottovalutato, del nostro
mondo sociale. Uno scrittore
trentaseienneavevacompreso
intuitivamente che non si
trattava soltanto di una
manipolazionedellecose,ma
anche
degli
uomini;
dobbiamo
questa
consapevolezzaaquellocheè
senz’altroiltestochiavedella
societàmoderna.Nel1932,lo
stesso anno del saggio di
London sull’“obsolescenza
pianificata”, apparve il
romanzodiAldousHuxleyIl
mondo nuovo, che – come
sottolineò Neil Postman anni
fa – coglie la nostra
situazione in modo ben più
realisticodi 1984 di Orwell8.
Le
macchine
dell’indottrinamento
sussurrano all’orecchio di
uominiindottiallatranceche
non devono riparare le cose,
ma gettarle via (ending is
better than mending). Una
società nella quale non
soltanto i vestiti e gli
apparecchi,masoprattuttogli
uomini hanno “difetti di
fabbricazione” presuppone
come ovvio che si possano
programmare per le capacità,
i talenti, le emozioni e le
lealtà umane cicli vitali
temporalmente limitati. In
Huxley ciò avviene mediante
alterazioni dell’informazione
genetica.Fortunatamentenon
siamo ancora arrivati fino a
questopunto,macisiamogià
vicini.Danoi,comevedremo
in
dettaglio,
vengono
selezionate
e
valutate
informazioni digitali che
prevedono per quanto tempo
ancora un lavoratore sarà
leale, se fra dieci anni
funzionerà ancora al posto
che attualmente gli è
assegnato,
oppure
se
diventerà superfluo. Nella
meccanicadelcorsodellavita
è da tempo inserito un
interruttore
che
può
accendere e spegnere l’uomo
senza che egli ne conosca i
motivi.
La “trasmutazione” è il
continuo
accendersi
e
spegnersi delle capacità e
delle qualità nel grande
patrimoniogeneticodellavita
sociale. Uno dei più
importantivenditorialmondo
di curriculum vitae, Reid
Hoffman,
fondatore
di
Linkedin, spiega senza
sentimentalismi di cosa si
tratta oggi: «Non c’è nessun
vero “Io” da qualche parte
dentro di te, che tu possa
scoprire
con
l’autoosservazione e che ti possa
indicareladirezione».
Bisogna guardarsi bene
dall’intendere
simili
affermazioni solo come la
filosofia
privata
di
imprenditori di successo che
vogliono togliersi lo sfizio di
scrivere un libro. Al
contrario: esse portano
direttamente al cuore della
nuova ideologia, là dove gli
apparati
multinazionali
produconol’esseredell’uomo
nuovo.
“Fare significa fare, non
significa pensarci sopra”.
Questa non è un’immagine
del mondo psicologica, ma
fisica. È ciò che i computer
direbberosepotesseroparlare
delleanime.
Il
filosofo
R.
G.
Collingwood, tra gli applausi
dei cyber-protagonisti, ha
formulato così la concezione
della nuova fisica: «Non si
puòseparareciòcheunacosa
è da ciò che essa fa».
Secondo Collingwood, la
cancellazione di questa
differenza è anche la
cancellazione di spirito e
materia. In questo modo, ciò
che un uomo è diventa
immediatamente un giudizio
di valore che viene dedotto
soltantodalsuoagire.
Poichél’identitànonsifonda
più su qualcosa che si è, non
sipuònemmenoandarefuori
usocomeungiocattolochesi
è lasciato cadere. L’uomo
della cyber-modernità viene
accesoespentoquandoinodi
della rete lo staccano dalle
informazioni.
Proprio là dove Silicon
Valley preparava la sua
nuova ideologia si trovano
storicamente i primi segnali
del fatto che gli uomini
percepivano intuitivamente
questatrasformazione.
Un giorno, nel dicembre del
1964, un ragazzo si presentò
al microfono davanti a
studenti che protestavano e
gridò qualche frase che poi
sarebbe
diventata
leggendaria: «Noi siamo un
pezzo di materia prima che
non vuole essere trasformata
inunprodotto,chenonvuole
essere comperato da qualche
cliente dell’università. Noi
siamoesseriumani».
Si chiamava Max Savio e
gridò questa frase il 2
dicembre 1964 nel campus
dell’università americana di
Berkeley.LaprotestadelFree
SpeechMovement(chepoisi
sarebbe riversata in tutto il
mondo
nella
rivolta
studentesca)sidirigevaperla
prima volta contro lo
sfruttamentodell’anima,dello
spirito e del sapere a favore
degli apparati del complesso
scientifico-militare. Infatti,
proprio questo avevano
previsto con una franchezza
oggi inimmaginabile le élite
perlegiovanigenerazioninel
1964.
Chi rilegge che cosa aveva
annunciato nel 1963 Clark
Kerr,direttoreamministrativo
dell’università di Berkeley e
bersaglio principale delle
proteste, durante una serie di
lezioni,puòvalutarel’enorme
lasso di tempo trascorso
prima che la nozione di
società del sapere si
radicasse.
Nel 1963 Kerr delineò
l’immagine di un mondo che
nonsidistinguequasiinnulla
dalla realtà a cui siamo oggi
pervenuti. Previde la nascita
di un’«industria del sapere»
digitalizzata, nella quale
l’«intelletto diventa una
questione
di
interesse
nazionale
[…]
una
componente del complesso
industriale-militare»9.
Considerando che queste
parole erano state scritte
mentre nel Sudest asiatico
infuriava la guerra del
Vietnam, era chiaro che da
quel momento il pensiero
sarebbe diventato strategia
militare. Infatti, il nuovo
“sapere” non aveva più nulla
a che vedere con ciò che le
generazioni
precedenti
avevano inteso con questa
parola.Nonpresupponevapiù
ilpensieroteorico.
Il filosofo Gilbert Ryle, al
quale
il
direttore
amministrativodell’università
si riferiva, attribuiva la
responsabilità dei malintesi a
quella che considerava la
fatale distinzione tra mente e
corpo.Ritenevacheesserein
grado di compiere un’azione
senza ulteriore riflessione
fosse comunque “sapere”.
L’agire
intelligente
consisterebbe
nell’applicazione di regole:
fare è già un’operazione
mentale.
Non c’è differenza alcuna
rispettoalleideerimuginatea
lume di candela nel
laboratorio alchimistico, solo
che ora il laboratorio è
completamente
cambiato.
Sono stati “la macchina”,
“l’apparecchio” e soprattutto
ilgrandecomputeratradurre
immediatamente in realtà
l’agiresimbolico.
Gli studenti di allora lo
compresero istintivamente.
Moltidiloroavevanoappese
al collo le schede perforate
con le quali le università di
alloragestivanoglistudentie
il personale. Uno variò la
scritta riportata sui cartellini:
«Io sono uno studente. Per
favorenonpiegare,lacerareo
deteriorare».
Decenni più tardi uno dei
manager
dell’economia
dell’informazione con la
carriera e il curriculum di
maggior
successo,
il
cofondatorediLinkedinReid
Hoffman,dicecheogniuomo
deve diventare un’«impresa
start-up». E cita il cyberpropagandista
Marc
Andreessen,ilqualeafferma:
«Ai mercati, che non
esistono,noninteressaquanto
sei intelligente. È cioè del
tutto indifferente quanto
duramentetuabbialavoratoo
con quanta passione coltivi i
tuoi interessi: se nessuno ti
paga per i tuoi servizi nel
mercato del lavoro, è
abbastanza dura. Non hai
dirittoanulla»10.
Si è solo ciò che si fa, si fa
solo ciò per cui c’è un
mercatoec’èsolounmercato
perciòpercuisivienepagati:
è il mantra della nuova
identità.
Nel laboratorio alchimistico
ognioperainiziavaconl’idea
della materia primordiale
caotica, a partire dalla quale
sarebbestatocreatoqualcosa.
Analogamente, il capitalismo
dell’informazione localizza il
caos nell’Io: «Tu non sei in
un mare tranquillo. Tu sei in
un oceano caotico […]
Altisonanti
domande
sull’identitàesulfinemorale
dell’agire impiegano lungo
tempoperottenererisposta,e
lerispostemutano»11.
Coerentemente, chi pensa
cosìannunciaunanuova“èra
dell’impensabile”.
Impensabile nel significato
più fondamentale della
parola: un mondo nel quale
tutto ciò che viene pensato
viene fatto, perché lascia
immediatamente dietro di sé
tracce digitali che possono
essere analizzate solo per via
matematica–peresempioda
Linkedin. In questo modo,
però, la vita stessa diventa
unaBorsa.
Secondo Reid Hoffman, pur
sempre l’amministratore di
milioni di curricula, i crolli
delle Borse del presente,
“cignineri”,lefratturechesi
creano al vertice del sistema
mostrano che la volatilità, le
biografie che declinano e
tracollano, diventano una
nuovanormaesistenziale:
La fragilità è il prezzo che
pagheremo per un mondo
collegato con hyperlink, un
mondo nel quale tutti i
buffer vengono eliminati
per ottimizzare il sistema.
L’economia, la politica e il
mercato
del
lavoro
contengono un mucchio di
shock inattesi. In questo
senso il mondo di domani
appariràancoradipiùcome
la Silicon Valley di oggi:
cambiamenti e shock
permanenti12.
Secondo Hoffman l’uomo è
costantemente in modalità
radar. Sa che la sua vita è
fragile e, se non è sempre
pronto come un trader di
Borsa a sfruttare le
opportunità, rischia «una
gigantesca esplosione in
futuro». L’uomo stesso sta
diventando una perfetta
incarnazione di Numero 2.
Monitorizza
gli
altri
giocatori, che sono spinti
dall’ambizioneedaldesiderio
esclusivo di massimizzazione
deiprofitti,eincertomodosi
prescrive
le
proprie
assicurazionicontroilrischio.
«Se includi sistematicamente
la volatilità nella tua vita,
riesci ad “assorbire con
dignitàglishock”».Inbreve:
l’uomo come trader della
propriavita.
Una
volatilità
matematicamente misurabile
in millisecondi non è più un
tratto distintivo delle Borse,
madell’identitàumana.
Dall’uomo,
in
una
trasposizione letteralmente
perversa dell’origine delle
crisieconomiche,cisiattende
che faccia ciò che le Borse
delmondolospingonoafare:
egli deve “investire in se
stesso” e assumersi rischi
enormi,
all’occorrenza
inserendo
artificialmente
nellapropriabiografiacrollie
shock.
Comevivereunavitacosì?
Come modalità standard,
comedefaultsetting,lanuova
élite suggerisce di dire “sì”:
«Cosa accadrebbe se tu
standardizzassi per un giorno
il “sì”? Un’intera settimana?
Sì!,accadaquelcheaccada».
Perché la minaccia è chiara:
«Se non sei tu a trovare i
rischi, sono loro a trovare
te»13.
____________________
1Fondamentalmenteèquestalastoria
raccontatadaLears,Fablesof
Abundance,cit.
2GilesSlade,MadetoBreak:
TechnologyandObsolenscencein
America,HarvardUniversityPress,
Cambridge2006,p.73.
3VancePackard,TheWasteMakers,
Kindleedition,IgPublishing,OpaLocka2001,pos.824.
4Slade,MadetoBreak,cit.,p.89.
5Ivi,p.43.
6EliPariser,Ilfiltro.Quelloche
internetcinasconde,IlSaggiatore,
Milano2012,p.140(ed.orig.The
FilterBubble:WhattheInternetIs
HidingfromYou,ThePenguin
Press,NewYork2011).
7Ibid.,p.90.Cfr.larecensionedi
EvgenijMorozov,OnYourFacts,
in“NewYorkTimes”,6dicembre
2012,chesirichiamaespressamente
alprincipiosottaciutodella
serendipità,disponibileall’indirizzo
http://www.nytimes.com/2011/06/12/
review-the-filter-bubble-by-elipariser.html?pagewanted=all&_r=0.
8NeilPostman,Divertirsidamorire,
Marsilio,Venezia2002(ed.orig.
AmusingOurselvestoDeath:
PublicDiscourseintheAgeof
ShowBusiness,ThePenguinBooks,
NewYork1985).
9ReidHoffmaneBenCasnocha,The
Start-upofYou:Adapttothe
Future,InvestinYourself,and
TransformYourCareer,Kindle
edition,CornerstoneDigital,New
York2012,pos.3727.
10Ivi,pos.700.
11
Ivi,pos.2366.
12Ivi,pos.2411.
13Ibid.
Capitolo28
Reengineering
L’uomoscompostoèuna
minierad’oro
«Sì, tu sei qualcosa di
diverso da uno spedizioniere
discarpeonline.Matuvendi
iltuocervello,iltuotalentoe
la tua energia. E lo fai nel
mezzo di una gigantesca
competizione». Questo è il
mantra di Reid Hoffman, e
sul fatto che esprima la
dottrina
del
nuovo
capitalismodell’informazione
nonpossonosussisteredubbi.
Significa che in futuro gli
uomini vivranno con una
nuova divisione del lavoro:
diventeranno gli operai, gli
impiegati e gli imprenditori
della
propria
fabbrica
dell’anima. Sono circondati
da persone che vogliono
esattamente la stessa cosa,
che twittano, postano su
Facebook,
bloggano,
fotografano, lavorano come
fannoloro.
Di
fronte
a
queste
informazioni che mutano
costantemente, come avviene
in Borsa, e che possono tutte
essereutilizzateinunmercato
del lavoro volatile, l’unica
strategia di sopravvivenza è
quella suggerita da Numero
2: bisogna ridurre tutti gli
altri al loro egoismo, a un
bluff, a un piano che
dissimulano e con il quale
vogliono vincere il gioco
dellavita.
Chi
conosce
l’attuale
comunicazione in rete, la sua
disposizione all’odio e il
piacere
dell’insinuazione,
constateràchequestogiocoè
giàincorso.
Nel
capitalismo
dell’informazionel’Ioassume
sia il ruolo del dispotico
padrone di fabbrica, sia
quello dei suoi operai e
perfino dei suoi mezzi di
produzione.Ilmaterialeconil
quale produce consiste di
informazioni.Essesonol’oro
del presente. Ma – come se
l’incubodeicontemporaneidi
Soddy si fosse avverato – un
oro che è disponibile in
eccesso. Sorprendentemente,
ciò non diminuisce il suo
valore,maloaccresce.
Per millenni gli uomini
rimaseroindifferentidifronte
aenormiquantitàdimateriali
scuri, maleodoranti o inutili.
Dapprima cercarono senza
successoditrasformarequesti
materiali poco attraenti in
oro. Poi impararono a
utilizzare il carbone o il
petroliocomemateriaprima.
Il premio Nobel per la fisica
Arno Penzias lo ha spiegato
con una bella battuta: «Se io
vedo della gelatina dolce e
bruna sulla sua cravatta, è
sporcizia.Masemettoquesta
stessasporciziasuunpiatto,è
budino di cioccolato. I dati
sonocomelasporcizia,mase
leilimettenelpostogiustoe
crea un ordine, diventano
sapere»1.
Non solo ogni evento della
vita di una persona diventa
informazione, ma anche lo
scambio di questi eventi con
infiniti altri che vengono
registrati in forma digitale.
Non solo la macchia sulla
cravatta, anche il movimento
della mano che cerca di
eliminarla, la velocità con la
quale la portate a pulire, la
frequenza con la quale la
cravattasimacchiadinuovo,
il tipo di macchia, le
occasioni nelle quali la
cravatta viene indossata –
tutte
queste
sono
informazioni alla lunga
utilizzabili e vendibili. E
questo vale soltanto dalla
prospettiva di una sola
cravatta.Chedirenelcasodi
innumerevoli portatori di
cravatta: i camerieri di un
locale, il personale di un
aereo,iproduttoridelbudino
di cioccolata e della stessa
cravatta?
Oggi sempre più persone
sanno di essere inserite con
foto o commenti in social
network nei quali non sono
mai entrate, poiché c’è una
diffusione di dati da parte di
terzi nelle cui foto esse
appaiono casualmente. Ma
quello che vale per le foto,
vale anche per ogni tipo di
informazione. «Se io do ad
altriimieidatigenetici»dice
un’informatica che si occupa
di Big Data presso Microsoft
«do loro anche i dati di mio
fratello, di mia madre, dei
miei eventuali figli. La
grande questione sarà: a chi
appartienelacatenadie-mail
trateeme?»2.
È chiaro da tempo che tutto
questo vale anche per il
mondo del lavoro. Qualsiasi
nostro gesto, movimento,
cenno del capo produce un
sapere che non conosciamo
come verrà interpretato; ogni
nostro pensiero, ogni nostra
frase, ogni nostra e-mail
produce una narrazione che
comprendiamosoloquandoci
viene presentata come da un
giudiceistruttore,sottoforma
di storia del nostro fare e del
nostroagire.Alloraigiornidi
malattia vengono collegati a
codici di lettura delle
sensazioni, dei movimenti e
ben presto anche degli
sguardi, del linguaggio del
corpoedellamimica–infatti,
l’ultima
invenzione
di
Google,
l’occhiale
computerizzato,
includerà
un’app
che
decifrerà
l’autenticità del sorriso e il
messaggio del linguaggio
corporeo.
Nel flusso dei dati ormai
vengono immesse anche
conoscenze tratte dalle
scansioni cerebrali e con le
quali aziende come Lucid
Systems
intendono
comunicare
la
“verità
inespressa”. In questo modo,
però, viene abbattuto anche
un altro limite della materia:
ilpassato.
Chiunque direbbe che ciò
che è stato deve essere
accadutoperforza,altrimenti
noncisarebberocase,templi,
opere d’arte, libri, città o
paesi.Oraperòlaquestioneè
perché le cose sono andate
come sono andate e come
sarebbero potute andare
diversamente. «Da un punto
di vista scientifico, per
pronosticare cosa potrebbe
succedereinfuturodobbiamo
non soltanto sapere cos’è
successoinpassato,maanche
cosa
sarebbe
potuto
succedere»3.
Nel campo dell’analisi
azionaria, tutti sanno cosa si
intende quando si proiettano
nel futuro gli andamenti
passati delle quotazioni.
Attualmente, però, queste
analisi vengono già applicate
in
formato
ridotto
all’esperienza umana – per
esempio nelle indagini sulle
frodifinanziarieinaziendedi
Wall Street – e, dove
possibile, dagli uffici del
personaledigrandiaziende.
Per
quanto
concerne
l’accumulazione di Big Data,
come dice l’ingegnere di
Google Martin Wattemberg,
siamo
ancora
nell’èra
preindustriale4. Questi “dati
ditransazione”,ossiagliesiti
della comunicazione tra
uomini e cose e tra uomini e
uomini,
vengono
immagazzinati in giganteschi
supermarket e chi guarda
attentamentesiaccorgeràche
sono mani, braccia e gambe,
movimentieflussidipensieri
che attendono di essere
trasformatiindenaro.Sonole
bambole-automi che nel
museodiMerlinmostravanoi
movimenti isolati delle loro
braccia,maniepalpebre.
Aziende come l’americana
ClearStoryoraoffronoqueste
informazioni nel formato
preferito, combinando dati
pubblicamenteaccessibilicon
altri messi a disposizione da
altre
aziende.
“Dove
McDonald’s deve nutrire
chi?” recita una delle
domandepiùingenue.
«Noi
rendiamo
consumabili i dati» ha
affermato la presidente del
consiglio
di
amministrazione ShahaniMulliganinun’intervistaal
“New York Times”. «Non
ci si deve far sedare dalla
noiosa parola dati». Quel
che intendeva dire è: noi
trasmutiamo i pensieri e le
micro-azioni umane in
materiali consumabili. La
dirigente
d’impresa
Mulliganchiarisceanchein
cosa consista il materiale
psichico trasmutato: è «oro
rinchiuso da trent’anni in
banchedati»5.
È vero ciò che una volta
scrisse Earl Shorris: questa è
l’èra
dell’informazione,
tuttavia l’informazione non è
lapremessadelsapere,malo
strumento del venditore6. Se
nella nuova immagine del
mondo, per citare il titolo di
un libro di successo, l’intero
universo è un computer che
non fa altro che elaborare
informazioni,
allora
il
microcosmoeilmacrocosmo
sifondonocomenoneramai
avvenuto dai tempi del
pensieromagico.
Nonèverochecontasoloil
denaro, ma: tutto è denaro.
Letteralmente. Dalle singole
sequenze del codice genetico
passando per le associazioni
di idee, tutte forme di
movimentonellospazioenel
tempo. In questo mondo non
c’è più alcuna necessità
strutturale di lavoratori
classici,manemmenodigran
parte del lavoro intellettuale.
Si creano mercati del lavoro
per gli analisti che elaborano
informazioni
sulle
informazioni, sia a Wall
Streetchenelleimprese.
Gli uomini non sono più
ruote dentate in questo
automa, ne sono il prodotto.
Scrive un matematico del
MIT: «L’ingenuo pregiudizio
che gli oggetti fisici siano
“piùreali”deglioggettiideali
è ancora profondamente
radicato
nel
pensiero
occidentale
[…]
una
conseguenza
di
questa
convinzione è che la nostra
logica continua a seguire il
modellodeglioggettifisici»7.
Qui viene negata una
differenza che fa parte
dell’esperienza quotidiana e
delcommonsensedegliesseri
umani. Se è la mente a
manipolareeacontrollaregli
elementi, allora questo vale
anche per la mente stessa:
può essere manipolata e
controllata allo stesso modo
dell’acciaio che diventa
lamiere di automobili. Anche
l’informatica Danah Boyd,
che presso Microsoft si
occupa proprio di questi
problemi di elaborazione di
BigData,parladiuno«strano
momentodiraccapriccio»8.
In un mondo come questo,
infatti, nel quale le uniche
cose concrete e solide sono
informazioni, i sensi umani
non possono più essere
strumenti di sopravvivenza,
anzi, nemmeno più mezzi di
provaaccettabili.
Guardate, làggiù ci sono
personechechiacchierano.Si
scambiano informazioni, si
divertono, fanno affari, forse
parlano solo del più e del
meno. L’essenziale è che
tutti, parlando, formano uno
spazio sociale comune.
Un’azienda americana si è
specializzata nell’analisi di
questi spazi; il suo badge
digitale, nTAG, registra
appuntochi,conchi,quantoa
lungoparla.
Lapermutatramenteecosa,
tra software e hardware,
avviene attraverso le routine.
Questo è il motivo per il
quale tutte le religioni
assegnano tanto valore agli
esercizi e ai rituali. In essi
tutto è definito, ogni gesto e
ogni parola, un eterno
algoritmo che nella maggior
parte dei casi ha come scopo
la trasformazione della
materia in spirito o dello
spirito in materia. È uno
scambio che dall’Ultima
cena, passando per i
laboratori degli alchimisti,
arrivafinoalbuddismoZen.
Tuttavia,
nella
vita
quotidiana la maggioranza
delle persone concorda sul
fatto che sarebbe meglio far
svolgereleroutinedaschiavi.
Leroutine,diconodaquando
HenryFordavevacostruitole
sue prime catene di
montaggio,mettonofuoriuso
gliuomini.Tuttipensanoche
le catene di montaggio e la
monotonia si addicano più
alle macchine che a esseri
pensanti. Ora che questo
schiavo sotto forma di
computer fruga in tutta la
nostra vita secondo routine
che può accollarsi per noi, i
propagandisti del nuovo
mondo del lavoro fanno un
ulteriorepassoavanti.
Ora
tutta
la
vita
convenzionale, basata su
un’identità stabile e su un
lavoro regolare, è esposta al
sospetto di non essere altro
che una simile routine.
«Vent’anni di esperienza»,
dice
Andy
Argadon,
diplomato in economia
aziendale presso l’università
dellaCalifornia,«sonospesso
soltanto un anno di
esperienza ripetuta venti
volte».
Sottoquestoprofilo,l’Ioèin
realtà soltanto un’abitudine
chedisturba,unautomatismo
che rende ottusi e lenti.
Poichésièsolociòchesifae
si deve costantemente fare
qualcosadinuovo,siproduce
permanentemente anche un
nuovo Sé volatile. Nel gergo
dellateoriadell’informazione
applicata,l’Ioindividualenon
è altro che noise: «Non
abbiamo bisogno di un
nome» dice al “New York
Times” un manager di
Google«inomisonosoltanto
rumore».
Ciò suggerisce, in piena
conformità
alla
logica
dell’“ideologia californiana”,
che l’uomo come avatar e
libero dalle coazioni a
ripeterediventaincertomodo
incorporeo, una pura idea,
trova tempo e agio per la
contemplazioneelacreatività
e, tra l’altro, non può più
addurre come scusa le
esperienze
di
lavoro
logoranti, se gli manca la
forzaperquestacreatività.
Vale la pena di guardare la
cosa su un altro schermo, là
dove le persone mangiano,
nascono e muoiono. Tutti i
dati che vengono messi in
vendita nel supermarket dei
dati provengono da catene di
montaggio nelle quali alcuni
apparecchi li hanno staccati
dagli uomini, come cablaggi
incandescenti.
Mentrenell’economiarealei
robotassemblanoapartireda
innumerevoli pezzi, saldano,
vernicianooimballanoautoo
macchinedelcaffèeallafine
applicano loro un marchio,
nellacatenadimontaggiodel
capitalismo digitale gli
apparecchi
scompongono
l’uomo nella sue singole
parti.Sel’uomoèciòchefa,
alloravaleancheilcontrario:
si sa cos’è se si osserva cosa
fa. Se si sa abbastanza, si sa
cosa un uomo farà, anche
quando egli stesso non lo sa
ancora.
La catena di montaggio,
come ha sottolineato Sigfried
Giedion
nella
sua
fondamentale storia della
meccanizzazione, è stata
sempre
pensata
come
un’unità automatica, «nella
quale l’uomo agisce solo
come
osservatore».
La
presenzadilavoratoridoveva
esseresoloprovvisoria,finoa
quando le macchine non
avrebbero
padroneggiato
movimenti particolarmente
complessi.
Nel 1929, nel bel mezzo
della
crisi
economica
mondiale,
l’imprenditore
americanoL.R.Smithfeceil
passosuccessivopubblicando
uno scritto dal titolo
Costruiamo una fabbrica che
lavorerà senza uomini.
Interessante oggi non è la
visione di Smith, di cui
abbiamo
quotidiane
conferme, ma il modo in cui
eglipervenneaquestaidea:
La risposta stava nel
subconscio degli ingegneri
[…] molto probabilmente
attraverso
la
nostra
osservazionequotidianadel
modo in cui giorno dopo
giorno
gli
operai
eseguivano
gli
stessi
movimentifummoindottia
perseguire
la
meccanizzazione integrale
della
produzione
di
carrozzerie9.
Se oggi tutti i sistemi di
formazione hanno il compito
di addestrare sempre più
specialisti, si pone la
questione se gli specialisti
vengano
utilizzati
solo
affinché le macchine copino
illorospecialismoeallafine
riescanoasostituirli.
Una
specializzazione
umana, – ha scritto Hugh
Kenner, – se viene
osservata
abbastanza
accuratamente,
è
meccanicamente
riproducibile,eseunuomo
è diventato uno specialista,
anche
quest’uomo
è
meccanicamente
riproducibile10.
Vale in particolare nel caso
in cui l’incremento delle
prestazioni cognitive dei
computer proceda nella
misura oggi prevista dai
cyber-evangelisti
specializzati.Ilfattocheoggi
veniamo “osservati” dalle
macchine–un’ideanonfacile
daconcepireperuningegnere
–,nelcontestodelloStatodel
mercato dell’informazione ha
quasi sempre gli stessi tre
motivi, che spesso si
sovrappongono: nell’ambito
della sorveglianza si tratta di
acquisire un sapere sul
comportamento
sociale
futuro, per controllarci;
nell’ambito del consumo, si
tratta di acquisire un sapere
sulle nostre abitudini di
acquisto, per consigliarci (o
per manipolarci); nell’ambito
della produzione, si tratta di
acquisireunsaperesulnostro
sapere,persostituirci.
Oggi,nell’epocadiBigData,
noncisonoosservatoriumani
nellecatenedimontaggio,ma
dispositivi che portiamo in
giroconnoi,checitracciano
eosservanolenostreazionie
i
nostri
pensieri,
li
scompongono,
li
custodiscono in “magazzini”
digitali e li ricompongono in
baseallenecessitàdeiclienti.
La differenza rispetto alle
fabbrichedescrittedaSigfried
Giedion sta nel fatto che le
tecnologiemoderne,applicate
attraverso
un’interfaccia
computerizzata,
non
eseguono soltanto azioni al
posto degli uomini, ma
traducono ciascuna di queste
azioni in informazione. Esse,
per così dire, scrivono in
permanenza un romanzo su
ciò che gli uomini fanno con
e attraverso di esse. Ormai
non viene più soltanto
schiacciato un bottone, ma
nello stesso tempo viene
scrittountesto.
Il linguaggio moderno del
lavoro chiede: Quando?
dove?perquantotempo?con
qualestatod’animo?conchi?
quanto
spesso?
quanto
rapidamente?Aesserescritto
e letto da questo sottotesto
non è soltanto l’operaio
addetto alla macchina – una
consapevolezza che nel
frattempo si è fatta strada
anche nelle più acritiche
comunità di social media –,
ma
chiunque
partecipi
mediantelamacchinadigitale
al mercato del pensare e del
parlare.
La prima a richiamare
l’attenzione
su
questo
fenomeno è stata Shoshana
Zuboff, che alla fine degli
anni ottanta inventò per
questi ambienti di lavoro il
concetto di testo elettronico.
Da allora non solo il mondo
del lavoro, ma tutta la vita
umana è seguita come
un’ombra
dal
testo
elettronico.
Pochissimitranoiconoscono
questotesto.Siamoquasitutti
analfabeti
riguardo
al
romanzo della nostra vita.
Scritto in un linguaggio che
non comprendiamo, chiuso
come le Sacre Scritture e
interpretato da ermeneuti ed
esegetiicuicriterinonsiamo
in grado di mettere in
questione.
Nessun datore di lavoro,
nessuna Homeland Security,
ma anche nessun Google,
Apple o Amazon lasciano
davvero vedere le loro carte
làdovelecosesifannoserie
in un mondo che pretende di
esseretrasparente.Sonocome
sacerdoti
che
vegliano
gelosamente
sull’interpretazione
della
parola di Dio. Pertanto –
come perspicacemente aveva
stabilito già decenni fa
Shoshana Zuboff – nella
modernità il potere sta in chi
interpreta questi testi e nelle
regole in base alle quali li
interpreta.
Queste regole corrispondono
a ciò che si potrebbe
chiamare controlling umano:
si tratta esclusivamente di
efficienza e ottimizzazione,
sia negli acquisti, sia nella
prognosideirischidiazionio
malattie. Il testo elettronico
viene
utilizzato
per
determinare
la
logica
consapevole o inconsapevole
del comportamento umano.
Soprattutto, però, esso deve
scoprire le contraddizioni
messe in luce dal nostro
comportamento, e finora si è
ben poco discusso delle
conseguenze che questo
comporta.
____________________
1Cit.inEarlShorris,ANationof
Salesmen:TheTyrannyofthe
MarketandtheSubversionof
Culture,Kindleedition,W.W.
Norton&Company,NewYork
2012,pos.1749.
2CosìDanahBoyd,percuicfr.
QuentinHardy,RethinkingPrivacy
inanEraofBigData,in“New
YorkTimes”,4giugno2012,
disponibileall'indirizzo
http://bits.blogs.nytimes.com/2012/06
privacy-in-an-era-of-bigdata/.
3DuncanJ.Watts,SixDegrees:The
ScienceofaConnectedAge,W.W.
Norton&Company,NewYork
2004.
4Cfr.QuentinHardy,HowBigData
GetReal,in“NewYorkTimes”,4
giugno2012,disponibile
all’indirizzo
http://bits.blogs.nytimes.com/2012/06
big-datagets-real/.
5Cfr.Id.,BigDatafortheRestofUs,
inOneStartUp,in“NewYork
Times”,19marzo2012,disponibile
all’indirizzo
http://bits.blogs.nytimes.com/2012/03
about-big-data-in-one-startup/.
6Shorris,ANationofSalesmen,cit.
7GeorgeGilder,Microcosm:A
PrescientLookInsidethe
ExpandingUniverseofEconomic,
SocialandTechnological
PossibilitieswithintheWorldofthe
SiliconChip,Touchstone,New
York1989,p.21.
8Cfr.Hardy,RethinkingPrivacyin
anEraofBigDatacit.
9SigfriedGiedion,DieHerrschaft
derMechanisierung,Europäische
Verlagsanstalt,FrankfurtamMain
1982,p.144.
10Kenner,TheCounterfeiters,cit.,p.
16.
Capitolo29
Tu
Comevienelettaemessasul
mercatol’essenzadiuna
persona
Quando, caro lettore, ti
capiterà di avere problemi –
si tratti del controllo del
passaporto, della carriera o
della solvibilità –, sarà
sempre
questione
di
contraddizioni. Tutta la
carriera di Numero 2 e dei
suoi strumenti, sempre più
legatiallateoriadeigiochi,è
un’operazione
concettuale
finalizzata a eliminare le
contraddizioni.
Il mantra dell’economia
neoclassica
era
l’autoconsistenza di Numero
2, dell’Homo œconomicus:
non
poteva
rapportarsi
contraddittoriamente alle sue
pulsioni egoistiche; perfino
come altruista è al servizio
dell’utileindividuale.
In tutto è insita una logica,
anche nella contraddizione,
nelfallimento,neltentativodi
esserediversidaquelchesiè.
Per quanto generazioni di
economisti e psicologi (che
avevano un’immagine del
tutto
differente
dell’Io
umano) si siano opposte a
questo dato di fatto, in tempi
nei quali tutto può essere
calcolato è più attuale che
mai. Là dove il pensiero,
l’agire
consapevole
o
inconsapevole di un uomo
mostrano
contraddizioni,
sussiste la possibilità di
rintracciare le sue “vere”
intenzioni: i suoi obiettivi
egoistici.
Molto di rado, e per
l’esattezza solo quando la
tecnologiadevefornireprove
giuridiche – per esempio, nei
procedimenti giudiziari degli
Stati Uniti –, è possibile
gettare un’occhiata negli
abissidell’analitica.
«Il nostro lavoro è un po’
come leggere tutti i
riferimentiincrociatineidiari
di scrittori meticolosi quasi
finoallafollia»diceElizabeth
Charnock,
amministratore
delegato di Cataphora1. Per
anni la sua azienda ha
analizzato dati per i
procedimenti giudiziari, in
particolare
quelli
che
riguardavanoWallStreet.
Ora che ha ceduto questa
sezione, è tra i pochi che
possono parlare apertamente
deiproprisistemi.Ildiarioin
questioneècertamenteditipo
particolare:
Tuttavia l’effetto generale
è assai maggiore, poiché
evidentemente la maggior
parte delle azioni della vita
reale viene compiuta nella
modalità
del
pilota
automatico.Perciòilritratto
che possiamo ottenere
basandoci su queste azioni
riproduce l’essenza di una
persona con chiarezza ben
maggiore di quanto non sia
maistatopossibileprima2.
Furonoi“diaristi”,cioèdegli
scrittori, a prevedere il
collasso delle narrazioni di
vita a partire dagli anni a
cavallofraOttoeNovecento.
IlRitratto di Dorian Graydi
Oscar Wilde, dove l’eroe
rimane
splendidamente
giovane, ma il suo ritratto
dipinto invecchia e diventa
ripugnante, agli occhi degli
analisti è il patto con il
diavolo che oggi molti
sottoscrivonosenzariflettere.
La divergenza, – scrive la
Charnock, – si crea fra le
identità digitali abbellite,
che
le
persone
si
costruiscono nei social
network, e il ritratto del
loro “Tu” digitale, che noi
componiamo assemblando
tutti i databit disponibili,
ottenuti da tutte le fonti
possibili3.
Da Oscar Wilde attraverso
Kafka, Aldous Huxley e
George Orwell fino a Max
Frisch il racconto della
perdita di identità salvava
ancora l’identità. Anche
sociologi come Richard
Sennett, che al più tardi a
partire dagli anni novanta
hanno
dimostrato
il
depotenziamento del singolo
nelmondodellavoronell’èra
della
globalizzazione,
credevano pur sempre, a
dispetto di ogni pessimismo,
inungiocofraattoriumani.
Ora l’autore è cambiato. La
Charnockeilsuoteamhanno
scoperto, con loro stessa
sorpresa, di essere in grado
«di cogliere il carattere delle
persone
e
delle
organizzazioniconprecisione
clinica».
È in questo referto clinico
che in futuro verrà scritta
quella narrazione dell’Io che
è la nostra vita. Possiamo
aver studiato e appreso,
possiamo aver acquistato un
nuovo vestito o un nuovo
abito per il colloquio di
lavoro, ma il Tu digitale non
indossa abiti né vestiti e le
sue credenziali sono i suoi
dati digitali, mentre diplomi
edesamicontanopochissimo.
Qual è la nostra reazione,
chiede la Charnock, che dal
2002 ha analizzato «milioni
diinteressantie-mailedidati
elettronici» – «forse», come
aggiunge con franchezza,
«anche di alcuni di voi, cari
lettori» – «se Google ha
decisochesietesospetti?».
Le nuove storie di vita non
sono più storie dell’Io, ma
racconti del Tu. Una
sterminata
letteratura,
composta in parte da testi di
alta matematica, desta alla
vitaquesto“Tudigitale”elo
trasforma in un processo
mozzafiato senza che esso
stessosiaccorgadidiventare
un compagno di gioco nel
grande gioco della vita di
Numero2.
Numero 2, l’algoritmo
analizzanteeilTudigitale(se
stessi), Numero 1, si
fronteggiano come gli Stati
Uniti e l’Unione Sovietica
nella guerra fredda. Con la
differenza che le mosse di
Numero2nonsiriescequasi
ad analizzarle, anzi spesso si
intuisce soltanto di giocare
conqualcunoeperquestosiè
cauti
nelle
proprie
comunicazioni.MaNumero2
conosce
la
forza
dell’abitudine e sa che, alla
lunga, nessuna persona può
controllare
il
proprio
comportamento.
Naturalmente,
questi
algoritmi non capiscono cosa
qualcuno “intenda” quando
adopera parole come triste,
cattivo, arrabbiato; non
conoscono il sentimento che
qualcuno prova quando nelle
mail è felice, quando ride
beffardamenteolamattina,di
regola, risponde per prime a
certe e-mail, mentre altre le
trascura. Non capiscono
neppure cosa “significhi”
quando un agente di Borsa,
scrupolosamente esaminato
con il loro aiuto dalla
Security and Exchange
Commission
(SEC),
suggerisce titoli azionari ai
suoiclientieunminutodopo
deplora
i
“mercati
deprimenti”. Non devono
capire tutto ciò e quindi si
trovanoinpienoaccordocon
l’economianeoclassica.
IlrealeoperatodiNumero2
non sorprenderà chi ne abbia
seguito la carriera fin qui:
traduce la comunicazione in
unmodelloeconomico.Sotto
la superficie delle parole
lavora come un motore
un’economia del dare e
dell’avere,
“grazie”
e
“prego”,“sì”e“no”,mainun
numero enorme di contesti;
un’economia del profitto e
della perdita, del bluff, della
punizioneedellaricompensa.
Dopo aver lavorato un po’
(con
gli
algoritmi),
cominciammo
a
comprendere che sui nostri
obiettivi ne sapevamo di
più – davvero di più – dei
loro coniugi e dei loro
amici più stretti. Forse più
di quanto loro stessi non
sapessero di sé. Sapevamo
non solo se erano felici o
infelici, ma anche cosa li
rendeva tali e come si
comportavano
poi.
Eravamo in grado di
studiare la coerenza logica
delle loro opinioni e di
stabilire se manifestavano
le medesime opinioni di
fronte a persone diverse.
Vedevamo chi condivideva
generosamente
il
riconoscimentoottenutoper
il suo lavoro e chi
rivendicava a sé il
riconoscimento per tutto,
tranne che per l’invenzione
diinternet.
Ora ci
profonde
troviamo
viscere
nelle
della
macchina, dove ci giungono
attenuate le parole con le
qualiKenBinmoredeplorase
gli uomini vi si trovano bene
e si indignano se li si
paragona a egoistici Mr
Hyde.
Ora, la buona notizia per
Binmore & Co. è che è del
tutto irrilevante come agli
uomini
piaccia
essere
considerati. È del tutto
indifferentesescriviamolibri
sull’altruismo e il Welfare
State; chi si adopera per gli
altri, non dimentichiamolo,
non contraddice la teoria, ma
persegue coerentemente i
propri
interessi.
La
calcolatrice del mercato di
Numero 2 è esercitata a
scoprire i bluff – e a partire
dalla formula dell’equilibrio
del dottor Nash, soprattutto
quando non si conosce il
proprio antagonista e non si
puòparlareconlui.
La Charnock descrive come
sarebbedifficilecomprendere
realmente il “carattere” dei
propri “obiettivi” se si
parlasse con loro. Ma, come
abbiamo visto, nel mondo di
Numero2nonèquestionedi
psicologia. Si tratta invece di
analizzare strategicamente il
loro comportamento in modo
da poter comprendere i
percorsi e le mosse del loro
persistente
interesse
egoistico.
A qualcuno questo discorso
continua probabilmente a
suonare astratto, ma nel
lavoro pratico di un analista
di dati si fa molto concreto:
«Gli
uomini
vogliono
comunque essere considerati
gentili e ragionevoli, anche
quellicheinrealtàsonoirosi
e collerici […] Ma noi
abbiamo
un
vantaggio
singolare,
raramente
incontriamo
i
nostri
“obiettivi”. Invece, studiamo
un campione rappresentativo
delle loro tracce elettroniche,
alcune delle quali risalgono
ad anni addietro […] per la
maggior parte delle persone
ciò corrisponde a una massa
di centinaia e migliaia di
unità-dati»4.
Neiloroambientidilavorole
persone
vogliono
riconoscimento,
successo,
denaro,
potere;
è
un’economia sociale, che
viene convertita e valutata
con l’aiuto di una fisica
sociale.
Ma Numero 2 può tradurre
tutto ciò in commodities, in
merci,puòapplicarefunzioni
di utilità (utilities) e stabilire
come e in che misura nelle
comunicazionidigitalièstato
raggiunto l’equilibrio di
Nash. Gioca alla guerra
fredda,sempreecomunque,e
con il medesimo effetto: «È
moltopiùprobabile»silegge
nel resoconto dell’esperienza
diElizabethCharnock«chea
essere sorpreso a mentire,
ingannare e rubare sul posto
di lavoro sia il Tu digitale,
piuttostocheilTureale».
A questo punto è opportuno
precisare che Cataphora di
Elizabeth Charnock ha
scoperto,
con
questi
strumenti, inganni reali e
menzogne reali anche nel
contesto di grandi scandali
economico-finanziari. La sua
franchezzaèinqualchemodo
controrivoluzionaria e merita
grande rispetto, poiché
mostra come i sistemi
funzionano in linea di
principio, con tutti e tutte
coloro a cui vengono
applicati.
Quando Cataphora indaga, il
collaboratore riceve dal
procuratore della Repubblica
una lettera freeze, che vieta
qualsiasi
ulteriore
comunicazione,cancellazione
o alterazione di contenuti
digitali.Maèdatempochiaro
che le stesse operazioni
vengono effettuate anche su
oggetti di indagine vivi, in
temporealeesenzasoste.
“Cosa sa lui, cosa non so
io?”eraladomandarivoltaal
suocomputerdauntraderche
abbiamo già incontrato in un
capitolo precedente. Negli
ambienti del Pentagono e
della Borsa dove viene
applicata la teoria dei giochi,
dopo
l’analisi
delle
informazioni raccolte su una
controparte che si conosce
tanto poco quanto Elizabeth
Charnock conosce i suoi
“obiettivi”, comincia il
“gioco nascosto”, la grande
manovra nella quale le cose
non significano più ciò che
significano, ma esistono
ancora soltanto per inviare
segnali
che
provocano
determinatemosse,desiderate
dachiinviatalisegnali.
Perciò,anchequi:
Ilfattocheilritratto(della
persona) venga dipinto con
appositi programmi per
computer, conferisce al
tutto
l’imprimatur
dell’oggettività.
Gli
avvocati e i procuratori
dellaRepubblicaconiquali
collaboriamo utilizzano le
nostre
ricerche
archeologiche e i nostri
ritratti personali generati
dal
computer
negli
interrogatori […] e perfino
nei processi. Importanti
testimoni e sospetti in
grandi processi attendono
determinate
domande
rilevanti per il caso in
questione. Il loro avvocato
li preparerà ad affrontarle.
Quello che non si
attendono, sono domande
che li spiazzano, per
esempio perché hanno
modificato certe abitudini
negli ultimi tempi. In altri
termini, in un processo
sulla garanzia di un
prodotto, la domanda
“Quando ha pensato per la
prima volta che il prodotto
potesseesseredifettoso?ӏ
decisiva. Ma una domanda
come“Perchéhasmessodi
andare a mangiare con
James
il
venerdì?”
sconcerta il testimone della
controparte e genera in lui
una confusione di cui il
nostroclientesiavvarrànel
contraddittorio.
Nell’economia della mente
nessuno ha tempo di
attenderechequalcunofaccia
errori. Gli errori sono già
interventisullarealtà.Laloro
immagine riflessa nel Sé
digitale
sono
le
“contraddizioni”. E il codice
non si dedica a nulla con più
dedizione che a scoprire e a
rendere evidenti queste
contraddizioni.
Nel mondo del ventesimo
secolo molte delle nostre
contraddizioni scomparivano,
senzaesserenotatenédanoi,
né dagli altri. Nell’ecologia
dell’informazione
del
ventunesimo
secolo
le
contraddizioni non solo sono
registrate, ma sono anche
puramente e semplicemente
inevitabili.Inunsistemadella
pura mente, nel quale le idee
vengono trasmesse con un
tocco,
diventano
inevitabilmente azioni e
violazionidelleregole.
Sisottovalutal’analiticasesi
crede che le contraddizioni
siano soltanto incompatibilità
concettuali. I software non
analizzano
soltanto
il
vocabolario e la costruzione
della frase, ma anche le
emozioni che sono in
contraddizione con le azioni,
perfino lungo un asse
temporale che indica la
misura della buona o cattiva
disposizioned’animo.
Ciò che si è fatto, si fa, si
farà:
la
scomposizione
dell’uomo lo riduce, in
quanto
insieme
di
innumerevoli dati privo di
corpo
e
di
identità
nell’“economia della mente”,
a nient’altro che a un titolo
azionario, un’opzione, un
futurecalcolatodaNumero2
secondo
un
valore
determinatoinbaseadiverse
aste. Così come gli ingegneri
degli anni trenta traducevano
i movimenti ripetitivi in
movimenti robotici, i codici
traducono i modelli ripetitivi
in pacchetti di informazioni
discrete. Infine, rendono
possibili non solo le analisi
del passato, ma anche le
previsionisulpropriofuturo.
Nei modelli procedurali che
vengono applicati ai posti di
lavoro, al consumo e in
occasione
dei
grandi
mutamenti
geopolitici,
l’uomo vive già in un futuro
determinato che a sua volta,
come avviene per un titolo
azionario, determina il suo
valore per il presente, che a
suavoltamodellailfuturoin
una
profezia
che
si
autoavvera.
Si parte con la prognosi
genetica delle malattie e si
finisceconilpostodilavoro,
l’istruzioneeilcreditoperla
casa. Anche per questo è già
prontaunamossa.
Jeremy Bailenson della
Stanford University chiama
questi sistemi “Veja Du”:
vediamo nelle simulazioni
cosa accadrà con i corpi, i
prodotti e gli uomini del
futuro.
Èquestalagrandemacchina
della trasmutazione che la
Germania non ha ancora
avviato interamente solo
perché qui, diversamente che
in Inghilterra o negli Stati
Uniti, l’economia reale può
svolgereilruolodellaragione
conipiediperterra.
Tuttavia, guardando al
mondo anglosassone, si può
riconoscere
che
nell’automatizzazione della
vita umana non c’è più una
grandedifferenzarispettoalle
“fabbriche senza uomini” di
L. R. Smith, solo che ora è
diventataunafabbricafattadi
idee,
sogni,
speranze,
menzogneestrategieumane.
____________________
1ElisabethCharnock,E-Habits.What
YouMustDotoOptimizeYour
ProfessionalDigitalPresence,
Kindleedition,McGraw-Hill,New
York2010,pos.132.
2Ibid.
3Ivi,pos.360.
4Ivi,pos.259.
Capitolo30
Deliriodimassa
Abbondanza,ricchezzaper
tuttiesocietàdelsapere
Ilmini-sistemaeconomicoin
grado di provvedere a se
stesso di Robinson Crusoe è
servito per lungo tempo agli
economisti come modello di
come l’uomo – per citare
WalterKempowski–«agisce
eopera».
Ci sono voluti cent’anni
primacheunlettorescoprisse
nel Robinson Crusoe l’errore
oggi celebre: Robinson nuota
nudo verso la nave, dove
riempie
di
attrezzi
indispensabili alla propria
sopravvivenza le tasche del
vestito, che però non può
avere,datocheènudo.
Nessuno sa perché Daniel
Defoe sia incorso in questo
errore. Magari era solo
distratto. Forse era anche un
sadico. In una grotta del
tesoro non c’è niente di
peggio che leggere l’invito
“prendituttoquellocheriesci
a portare via”, se non si è in
grado di portare via proprio
niente.
Forse
voleva
soltanto
alludere con delicatezza al
fatto che tutta la storia – non
raccontata da lui, ma da un
certo Robinson Crusoe – in
realtà funziona solo nella
fantasia.
È l’errore che oggi si è
insinuatonellebiografiedelle
persone. Oggi non veniamo
raccontati da parole, ma da
formuleecifre.Ognunoèuna
sorta di Robinson-medio in
base alla statistica, un
naufrago piuttosto duro di
comprendonio e letargico,
approdato sugli scogli della
società dell’informazione e
dellaglobalizzazione.
“Nonsiamopiùun’isola”,“Il
mondo non ci aspetta”, “Il
tempo delle palme e delle
amache è finito”, recitano i
messaggi dell’Autore, la cui
voce si compone di tutti gli
articoli di giornale, di tutti i
talk-show, di tutti i moniti
politico-economici.
Anche Robinson seguiva
l’economia dell’informazione
del suo tempo. Mediante la
Bibbia,recuperatasullanave,
luichefinoadalloraerastato
un
non-credente,
si
connetteva con Dio, e quello
che oggi chiamiamo sapere
eraperluiprovvidenza(forse
nonèazzardatoaffermareche
la Bibbia, talvolta aperta a
casodaRobinsonperottenere
risposte,nelCrusoe svolge il
ruolo
dell’onnisciente
algoritmodiricerca).
Con la testa, le mani e le
informazioni
quali
indispensabili strumenti di
civiltà–questalatesiodierna
– ognuno vince nella giungla
capitalistica. Ciò di cui
abbiamo
bisogno
è
disponibile in abbondanza se
solocisforziamoconlatesta,
ci tuffiamo in acqua e
andiamo a procurarci attrezzi
e informazioni sull’arca di
Noè della società del sapere.
Robinsonèriuscitoafarlosu
un’isola deserta e oggi,
secondo un Defoe moderno,
anche un guerriero masai,
«con un telefono cellulare
dispone di una connettività
mobilemigliorediquellache
il presidente degli Stati Uniti
poteva vantare venticinque
annifa»1.
Perché–cisichiede–allora
nonèunasortadipresidente?
Il problema è questo: sulla
strada che conduce dagli
scogli all’arca di Noè della
società del sapere, gli autori
delle nuove biografie hanno
smarritoqualcosa.
Le persone che vincono o
perdono nel capitalismo
dell’informazione si trovano
proprio nel momento della
lorovitasituatofralarivaela
nave. Devono confrontarsi
con l’affermazione secondo
cui si può ottenere tutto, se
soltanto lo si vuole. Si tratta
delpassaggiomancantefrala
trasformazione
dell’uomo
nudo,cheèmaterialegrezzo,
e colui che come Robinson
elenca
pedantemente
informazioni
(«Bibbia,
quattro compassi, carte
marittime
e
libri
di
navigazione»), effettua il
reboot, il “riavvio”, e si crea
unparadiso.
Questa trasformazione oggi
sichiamasapere,creativitàe
talento. Prima si chiamava
formazione o storia, ma ora
comporta assai più di quanto
abbia mai comportato prima.
Società del sapere significa
“nuota nudo e afferra quel
chepuoi”.
Robinson si è portato a terra
proprio le cose giuste: è solo
questione di strumenti di
navigazioneeBibbia,ossiadi
due tecnologie, delle quali
l’una conosce un link per
tutto e l’altra ha una risposta
atutto.
La“societàdelsapere”amai
beni immateriali e il capitale
virtuale; come già accennato,
porta singoli individui e
intere imprese a spogliarsi
(dismantling) e il suo
evergreen darwiniano si
chiama apprendimento per
tutta la vita. In fondo
“l’apprendimento per tutta la
vitaӏunconcettomagnifico,
anchesebanale.
Forse la mistificazione
concettuale insita in questa
espressione è uno dei danni
collateralipiùtristidellacrisi,
poichéhaportatosullastrada
sbagliatatantoidealismoeha
sfruttato ai propri fini i siti
migliori di internet. Infatti,
dietro
il
dovere
dell’“apprendimento per tutta
la vita” per il singolo, che in
realtà coincideva con il
dovere di essere sempre
disponibile ad adattarsi, si
celava la cognizione della
lentezzadelleistituzioni.
La giornata di otto ore del
mondodellavorotradizionale
non ha soltanto strutturato il
giorno, ma anche l’anno e la
vita. Oggi non si può vivere
in
un’èra
della
contemporaneità e credere
che l’economia del proprio
tempo di vita non ne sia
coinvolta.
La progressiva scomparsa
delle sequenze temporali, in
un mondo dell’agire ad alta
frequenza
e
della
comunicazione in tempo
reale, si estende dal
microlivello
fino
al
macrolivello,dovecorrodela
separazione fra il tempo di
lavoroeiltempolibero.
L’apprendimentopertuttala
vita ha la funzione di
produrre
questa
contemporaneità permanente
anche nella testa. Perciò
“l’apprendimento per tutta la
vita”, che suona tanto
rilassanteeinnocuo,spessoè
proprio l’opposto: la capacità
di
dimenticare
permanentementeciòacuisi
ècredutofinoaieri,anchela
propria identità. Infatti, cosa
si dovesse apprendere, al di
fuori del concetto comunque
abusato di “creatività”, non
era chiaro nemmeno alle
autorità
preposte
all’istruzione, che in pochi
anni avevano riscritto i
programmi scolastici e
universitari in modo tanto
completo
quanto
contraddittorio.
InCalifornia,peresempio,la
partecipazione statale alle
università si è ridotta del 30
per cento nel giro di tre
decenni, circostanza che ha
condotto
alla
bizzarra
situazione
per
cui,
nell’Eldorado del nuovo
pensiero, lo Stato ha pagato
perleprigioniunterzoinpiù
cheperleuniversità.
Giustonell’èradella“società
delsapere”sicollocaancheil
declassamento dell’università
tedescaedeisuoistudenti,in
cui è stata spenta proprio la
creatività che pure era così
richiesta.
“L’istruzione” non era più
concepitasoltantoinfunzione
dell’utile economico, ma si
era verificato un radicale
mutamento di prospettiva.
L’idea dell’apprendimento e
dell’istruzione mirava a
formare identità stabili, in
grado di durare una vita
intera. Infatti l’istruzione
generale, che non punta
immediatamente
alla
valorizzabilità
industriale,
costa pochissimo a una
società e lascia i segni più
duraturisullavita.
Questa,però,èlaprospettiva
dell’individuo.
Nelle
condizioni
della
comunicazione e del lavoro
liquididelpresente,l’identità
è un fattore di disturbo già
solo perché esige lealtà che
oggi non possono più essere
garantite. Come ha mostrato
neisuoistudipionieristicisul
“Collasso delle società
complesse”
l’antropologo
Joseph Tainter, a trarre
profitto da una formazione
altamente specializzata e in
tempi accelerati è sempre
soltanto
un
settore
relativamente ridotto della
società, mentre i costi sono
ripartitifratutti2.
Nonsipuòproprioparlaredi
beni immateriali e credere
cheilcontenutodellapropria
testa non abbia nulla a che
fare con lo sviluppo futuro
dei
mercati.
“L’apprendimentopertuttala
vita” è stato per secoli una
banalità, prima di essere
reinterpretato da Wall Street,
e ora significa “adattarsi in
qualsiasi momento a nuove
condizionideimercati”.
Economiadelsapere,società
dell’informazione e dei
servizi, Io spa, iniziative di
eccellenza sono concetti
inflazionati e vaghi, di cui
oggi vengono nutriti i nostri
pensieri con un fine ben
preciso. È pur vero che
spesso la sinistra è riuscita,
non di rado a caro prezzo, a
rivendicare a sé le idee di
libertà, emancipazione e
progresso nel ventesimo
secolo – anche là dove
l’evidenza,
come
nel
socialismo reale, confutava
inequivocabilmente
tale
pretesa. Ma la sottrazione di
idee che nessuno può
contraddire prosegue nel
ventunesimo secolo anche
dall’altra parte. Chi potrebbe
opporsi
all’istruzione,
all’apprendimento, al sapere?
Edichealtrositrattasenon
di
una
“rivoluzione
permanente”, se l’identità è
diventatafluidacomelecifre
suglischermideitrader?
Si tratta pur sempre di chi
parla così di una vita: noi
stessi o coloro che devono
ingaggiare,
pagare
e
incoraggiare qualcuno. Nel
primo caso, è psicologia; nel
secondo, è pura e semplice
economia.
Nel frattempo gente come il
profeta della globalizzazione
Thomas Friedman andava a
passeggio per Wall Street e
identificava
i
perdenti
incapaci di apprendere.
«Sono le tartarughe […] che
rappresentano la più grave
minaccia per la stabilità dei
nuovi mercati high-tech nel
mondo globalizzato, poiché
hanno paura di essere
sorpassate
sull’autostrada
dell’informazione».
Tra queste tartarughe egli
annoverava per esempio i
pensionati russi o gli abitanti
deivillaggideipaesiinviadi
sviluppo, che «si mangiano
tutta» la foresta pluviale e in
generale le nostre scarse
risorsemateriali.
In passato ci si sarebbe
chiesti cos’altro dovrebbero
fare. Ma non più nella nuova
èra:nell’epocadell’economia
dell’informazione è apparsa
una
materia
prima
inesauribile, che consente a
qualsiasi
tartaruga
di
diventare un’antilope con la
sola forza della mente. Il
prodigioso rimedio che
produce questo effetto è
“l’informazione”
stessa,
assimilata
da
reti
e
trasformata in qualsiasi
prodottodesiderato.
SoloquandoibrokerdiWall
Streethannoscopertochenel
mondo globalizzato anche il
denaro
è
soltanto
un’informazione – che, come
ha detto qualcuno, fa di
qualsiasi computer la propria
macchina per stampare
denaro –, si è formato il mix
esplosivotradenaro,mentee
investimento, ben prima che
le scuole, le università e i
ministeri
dell’Istruzione
saltassero sul treno del
“capitaleumano”.Sonostatii
funzionari delle banche
d’investimento,
gli
economisti e i tycoon del
software
a
diventare
specialisti dell’anima: non
analisti,masciamani.
Sigmund Freud, dicevano
sogghignando,avevaspiegato
l’anima con le metafore
dell’epoca della macchina a
vapore,conleforze,lespinte
o la pressione. Ora essi
eseguivano i loro incantesimi
con i bit, con 1 e 0, sì e no,
esclusione e inclusione,
accendere e spegnere e
contestavano che l’identità
potesse essere qualcosa di
diverso dal movimento
costante.
Ineffetti,fuquestaladatadi
nascita reale di TINA, There
Is No Alternative. «Non
credo», così Friedman si
rivolse via radio dalla sua
isoletta
ai
refrattari
all’apprendimento di tutto il
mondo,«cheabreveemedio
termine
si
presenterà
un’alternativa
ideologica.
Nonneesistono».
Nello sguardo telescopico
degli
ideologi
della
globalizzazione le questioni
di giustizia individuale si
riducono alla dimensione di
una tartaruga. Il fatto che
nellacrisiiguadagnivengano
privatizzati e le perdite
socializzate non è soltanto
una circostanza che offende
la ragione economica di ogni
individuo,
ma
è
essenzialmente un attacco
all’ideastessadidemocrazia.
In questo modo – scrive il
super-quant
Emanuel
Derman,chehacreatoalcuni
dei modelli poi andati fuori
controllo – il legame tra
capitalismoedemocraziasiè
spezzato.«Abbiamovistoche
leimpresesonotrattateconla
gentilezza
dovuta
alle
persone, mentre le persone
[…] vengono trattate come
cose»3.
Da qui la nuova immagine
delmondo,laprivatizzazione
della
vita
pubblica,
l’economicizzazione di ciò
che di più privato vi possa
essere.
Nei media americani e
tedeschi venne celebrato
come una rivoluzione il fatto
che il «potere», che «per
intere generazioni era stato
solo nelle mani di qualche
migliaio di uomini bianchi»,
orapuòessereconquistatoda
qualsiasi uomo e qualsiasi
donna. «Non cambia soltanto
il modo in cui investiamo»,
ha scritto un’importante
rivista di economia, «cambia
ancheilmodoincuivivremo
elavoreremo»4.
Ma per quanto scientifico si
presenti il programma, in
realtàèmagico.
«Così come la fisica
quantistica è andata oltre la
materia di Newton, anche
l’economia quantistica va
oltre la materia di Newton
nellacreazionediricchezza».
Si potrebbe pensare che chi
afferma ciò non sia del tutto
sano di mente, anche se a
parlare in questo caso è
ancora una volta George
Gilder, uno dei più stretti
collaboratori di Ronald
Reagan. E tuttavia, come
ognunosa,èaccadutoproprio
ciòcheavevaprevisto:aWall
Street furono i quants che
cominciarono a fare qualcosa
dalnulla.
Ray
Kurzweil
(tecnofuturista),
Richard
Branson
(fondatore
di
Virgin),
Jeff
Skoll
(cofondatore di eBay) e
Arianna
Huffington
(fondatrice di “Huffington
Post”) esaltano Abbondanza,
unadellebibbiepiùattualidi
Silicon
Valley:
«Abbondanza», vi è scritto,
«vuoldirecreareunmondodi
possibilità: un mondo dove
chiunque possa passare le
giornate a fare e a
fantasticare, invece che a
faticare per sbarcare il
lunario»5.
Una gran parte della teoria
secondo cui ognuno può
avere tutto è infatti occupata
dalle descrizioni delle buone
opere compiute per il mondo
daJeffSkoll,RayKurzweile
AriannaHuffington.
Cisisarebbepotutiaspettare
da chiunque l’affermazione
che “sognare equivale già a
fare”, ma non dai thinkthanksdiPaloAltoediWall
Street.«Cometribùprimitive,
la maggioranza delle persone
adora cose che può vedere e
sentire», si leggeva in un
libro che avrebbe fatto
guadagnare investitori non –
poniamo – a Greenpeace, ma
aGreenspan6.
Retrospettivamente, è stata
una mossa geniale, dopo la
finedelcomunismo,superare
alivellosubatomico,percosì
diresulleondeluminosedella
fisica quantistica, i critici
dell’ultramaterialistico
sistema americano: dove non
c’èpiùmateriaetuttodiventa
informazione, «gli uomini
vengono dotati di un grande
poteredicrearericchezza».
Questa è la matrice di una
nuovaideologia,asuotempo
iniziata come californiana e
poi
irrefrenabilmente
consolidatasi e globalizzatasi
nelle teste degli uomini, a
dispettodituttiicontraccolpi
e di tutte le vittime
individuabili.
E qual è la situazione nel
luogo in cui la nuova
alchimia è nata? È ormai
assodato che neppure in
Californiafunziona.
«Cominciachiederti:dicosa
è fatta una città? Perché mai
viviamo assieme?»7, si
domanda disperato il sindaco
di uno dei comuni più ricchi
di Silicon Valley, il quale
prevede, senza alcuna ironia,
che ben presto lavorerà al
servizio della città un unico
funzionario, il quale dovrà
sobbarcarsi del versamento
dei contributi pensionistici
chetuttodivorano.
In una comunità le cui élite
scrivono
libri
come
Abbondanza. Il futuro è
meglio di quanto tu pensi,
l’idea di un’amministrazione
alserviziodelbenecomunesi
avvicina
letteralmente
all’inconcepibile.
Gli elogi dei benefattori, dei
“tecnofilantropi” che l’hanno
realizzata occupa interi
gigabyte. Tuttavia, al capo
meridionale della Valley un
Alpha-giornalista8 esperto di
economia incontra il sindaco
di San José, poiché vuole
scoprireseciòchehacolpito
l’Europa colpirà ben presto
anche gli Stati Uniti. Il
sottofinanziamento
dei
bilanci pubblici, la crescita
esplosiva della spesa per le
pensioni,
l’impossibilità
politica di imporre aumenti
delle tasse hanno fatto sì che
la città prendesse in
considerazione l’ipotesi di
dichiarare lo “stato di
emergenza
pubblico”.
Beninteso, in un comune che
dopo New York presenta il
più alto reddito pro capite
degliStatiUniti.
E qui, dove è nata
l’economia della mente, e
dove,
secondo
le
entusiastiche parole di Reid
Hoffman, sperimentiamo “il
mondo di domani”, si può
vedere come l’oikos si
trasformidicolpoinunacasa
degli spettri. Infatti, contro
ciò che sostiene la teoria, ci
sono, sì, la pietra e la malta,
manoncisonogliuomini.Il
sindaco la chiama insolvenza
nella erogazione dei servizi:
il nuovo municipio è
terminato, ma non sarà
inauguratoperchénoncisono
soldi per gli impiegati. Le
biblioteche, che non sono
bruttipostiperunasocietàdel
sapere, rimarranno chiuse tre
giorni alla settimana. «Credo
chesiamocadutiinundelirio
di massa», ha detto. Non ho
capito bene cosa intendesse.
«Diventeremotuttiricchi»,ha
dichiarato. «Vivremo in
eterno. Tutte le forze dello
Stato si uniscono per
mantenerel’illusione,equi–
in questo luogo – si va a
sbatterecontrolarealtà»9.
Poi nei libri di storia si
affermerà che, nel primo
decennio
del
nuovo
millennio, si era svolta una
competizione tra coloro che
facevanounusosocialedelle
nuovetecnologie(gliusers)e
quellichenefacevanounuso
economico e capitalizzavano
ilsociale.
Sembra che abbiano vinto
coloro che dispongono delle
piattaforme della nuova
comunicazione. Hanno fatto
ciò
di
cui
nessun
arcicapitalista era mai stato
capace: accolti dal giubilo di
un’avanguardia che a ben
vedereavrebbedovutoessere
un loro avversario, sono
riusciti a vendere come
modello di business un’idea
che
essi
stessi
non
rappresentano.
È vero che internet è una
fonte infinita di sapere e che
cisonoesempiimpressionanti
di intelligenza collettiva. Ma,
come sempre nella società
dell’informazione,
questa
immaginecambianonappena
il cyber-spazio viene annesso
dai mercati. Quanto più
debolidiventanoleistituzioni
sociali che decidono del
valore della formazione
slegata da interessi, e quanto
più esse delegano il mercato
della rete, tanto più si riduce
lo spazio di fuga individuale.
Viene allora a mancare il
sensodisicurezzaindividuale
in un proprio “sapere” su
comefunzionailmondo.
Come ha osservato il
sociologoManuelCastells,la
ricerca della propria identità,
cheperesempioinGermania
ha prodotto la tradizione del
“romanzo di formazione”, è
una forza potente quanto lo
stesso
mutamento
tecnologico. Tuttavia, mentre
Castells,forseilpiùinfluente
teorico della rete nel nostro
tempo, parla ancora di una
schizofrenia strutturale tra
l’individuo e la rete, per
qualche tycoon del software
la frattura è già decisa.
Perseverare nella propria
identità, dicono come se
avessero trasferito la teoria
neoclassica di Numero 2 in
una filosofia di vita, è la
stradadelperdente.
Rimaneallafinelaquestione
dicomesipossaspiegareuna
trance in cui Numero 2 ha
potutoaverecosìfacilegioco.
Perché è dappertutto? Nel
poscrittoalsuoCignonero10,
Nassim
Taleb,
con
riferimento
ai
mercati
finanziari, ha sollevato la
banale questione del perché,
in una civiltà tecnologica,
nasca l’idea di voler scoprire
esattamente il motivo per cui
inqualcunonasconoidee.Ha
trovato la risposta in una
formaattenuatadiautismo,la
sindromediAsperger.
Si può discutere se gli
autistici abbiano davvero
problemi nel mettersi nei
panni degli altri e sviluppino
una forte inclinazione a
quantificaresottoogniprofilo
persone e cose. Ma Taleb ha
descritto in modo suggestivo
come la presunta società del
saperesviluppisemprenuove
grammatiche per tagliare
l’universo in modo da
adattarloaisuoimodelli.
E come se occorresse
provare che la spirale si
restringe
sempre
più,
l’influente
studioso
di
economia Tyler Cowen ha
annunciato che i sintomi di
crisi della nuova economia
non sono stati provocati da
eccesso di autismo, ma da
troppo poco autismo. Egli
legge
nella
storia
dell’economia, a cominciare
dalla fabbrica di spilli di
Adam Smith, nella quale per
la prima volta si svolgono
processi di lavoro che si
ripetono incessantemente e
uniformemente, l’anelito alle
«forze
cognitive
dell’autismo».Icomputer,dai
terminali della Borsa fino al
PC, non sarebbero altro che
uno strumento per imitare le
capacità di un autistico. Ci
addestrano a un mondo nel
quale sopravvive soltanto chi
persegue un unico obiettivo,
comeinungioconelqualene
va della vita o della morte.
«Al giorno d’oggi» scrive
Cowen «un nuovo tipo
d’uomo crea la sua
personalissima
economia
nellapropriatesta»11
____________________
1PeterH.DiamandiseStevenKotler,
Abbondanza.Ilfuturoèmiglioredi
quantopensiate,CodiceEdizioni,
Torino2014,p.14(ed.orig.
Abundance:TheFutureisBetter
ThanYouThink,2012).
2JosephA.Tainter,TheCollapseof
ComplexSocieties(NewStudiesin
Archaeology),Kindleedition,
CambridgeUniversityPress,
Cambridge1988,pos.1773.
3EmanuelDerman,Model.Behaving.
Badly.WhyConfusingIllusionWith
RealityCanLeadtoDisasterOn
WallStreetandinRealLife,Kindle
edition,FreePress,NewYork2011,
pos.2614.
4Frank,OneMarketUnderGod,cit.,
pos.3075.
5DiamandiseKotler,Abbondanza,
cit.,p.19.
6Gilder,Microcosm,cit.,p.21.
7MichaelLewis,Boomerang:
TravelsintheNewThirdWorld,
W.W.Norton&Co.,NewYork
2011,p.181.
8AlphaJournalèun’applicazione
chepermetteachiunqueditenere
onlineundiarioprivato,diarioo
registroperusopersonaleo
aziendale.[N.d.T.]
9Lewis,Boomerang:Travelsinthe
NewThirdWorld,cit.,p.210.
10
NassimTaleb,Ilcignonero.Come
l’improbabilegovernalanostra
vita,ilSaggiatore,Milano2008(ed.
orig.TheBlackSwan:TheImpact
oftheHighlyImprobable,2aed.,
RandomHouse,London2010).
11TylerCowen,TheAgeofInfovore:
SuccedingintheInformation
Economy,Kindleedition,Plume,
NewYork2010,pos.256.
Capitolo31
Ego
Ucciderelamarionetta
A poco a poco la luce della
Twilight Zone si abbassa; i
link hanno diretto a colpo
sicuro la nostra navigazione
làdovelaricercaerainiziata.
La
macchina
dell’indottrinamento
degli
operatori radar americani,
pensatasoltantocomesistema
diistruzione,oratrasformale
persone, secondo le parole di
Tyler Cowen, in gente
educata dalla macchina nel
modo in cui la macchina è
stata a sua volta educata. Il
pioniere del computer Alan
Turing aveva scritto, a
propositodeiprimicomputer,
che la macchina andrebbe
trattatacomeunbambino.
Lanostrasperanzaconsiste
nel fatto che in un cervello
infantilecisonocosìpoche
funzioni meccaniche preimpresse, che le si può
programmare facilmente.
Possiamo ipotizzare a un
primo
calcolo
approssimativo che il
dispendio di lavoro per
l’educazione
(della
macchina) sia grosso modo
il medesimo che per un
piccolod’uomo1.
E per quanto strano possa
ancora sembrare a qualcuno,
una
delle
questioni
fondamentali del nostro
futuro sarà a che scopo
educhiamolemacchineprima
che, non solo nei mercati
finanziari automatizzati, ma
in ogni ambito, siano
cresciute al punto da educare
noi.
Nonpossiamo,comesilegge
nello scritto di Kleist sul
teatro delle marionette,
attenderefinoaquando,dopo
«aver attraversato l’infinito»,
ci ritroviamo dall’altra parte
inungiardinodell’Eden.Alla
luce di quanto qui è emerso,
cisiponeladomandasucosa
siamodiventatinonsenzauna
certainquietudine.
Chi è contento di perdere al
gioco?Affermandoche,nelle
situazioni in cui bisogna
decidere, tutti non facciamo
che giocare, i principali
teorici della guerra fredda
sono riusciti a ridurre la
ragione alla motivazione
esclusiva
dell’utile
individuale. Solo se tutto è
diventato un gioco basato
sulle regole dell’egoismo,
l’uomo e il suo mondo
possono essere calcolati
secondo precise formule
matematiche. Tutto sembra
indicare che oggi, poiché la
logica della guerra fredda
conquistaedominalasocietà
civile, ci troviamo solo
all’inizio
di
questa
trasformazione.
La
gamification,
l’idea
di
trasformare la vita intera in
un
eterno
gioco
di
riconoscimenti, ricompense e
incentivi è il prossimo passo.
In Chore Wars, persone che
vivono in una casa comune
organizzano tutta la loro vita
quotidiana,dallosmaltimento
dell’immondizia fino al
lavaggio delle stoviglie,
attraversolalottaperpremie
tesorivirtuali.Lecassemutua
stannopensandodipremiarei
comportamenti sani di chi è
disposto a far valutare in
tempo reale la propria
condotta di vita quotidiana.
Lequests e le missioni di un
gioco per computer vengono
trasferite nella vita reale: ora
pedala per dieci chilometri
sulla cyclette e raggiungi il
livellosuccessivo.
Entro il 2015, riferisce
Evgenij Morozov, il 50 per
cento
di
tutte
le
organizzazioni gestiranno i
loro processi di vendita e di
innovazione attraverso la
gamification.Tuttavia,poiché
nel
capitalismo
dell’informazione
ogni
cittadino non è altro che un
consumatore,lagamification,
il fratellino a uso domestico
del behaviorismo, trasforma,
con la politica, il grande
mercato sociale nel suo
complesso – i talk show,
ancheallatelevisionetedesca,
che assegnano un premio
all’ospite con i migliori
argomenti, non sono che
l’inizio… Gabe Zichermann,
il più importante pensatore
dell’industria
della
gamification, ha già progetti
precisi su come in futuro
dovrebbero
essere
organizzateleelezioni.Premi
e ricompense sono previsti
per la presenza alle
manifestazioni di partito, per
le visite dei siti web dei
politici, per la partecipazione
a incontri a base di domande
e risposte con esponenti
politici ecc. Ma l’idea più
radicale è quella di
organizzarelotterieelettorali.
Ciascunelettorericeveconil
certificato elettorale un
biglietto della lotteria. Una
voltadeterminatol’esitodelle
elezioni ha luogo, in
televisione,
un’estrazione
pubblica – primo premio
dieci milioni di dollari, «una
goccia nel gigantesco oceano
dei costi di un’elezione
nazionale», ma un enorme
«incentivo»
contro
l’astensionismo. A ciò si
aggiungono premi speciali
simbolici di ogni sorta, per
esempio un invito al
Campidoglio o alla Casa
Bianca,oppure,comepremio
a sorpresa, una cena con il
presidente2. Lotteria dello
spazio di Philip K. Dick non
erafantascienza.
Come sempre, si pone la
questionedichecosaimporti
perdere qualcosa se ci si è
dimenticati di quello che si è
perduto. La questione non è
banale.Ediversamentedaciò
che auspica l’argomento
conservatore,ildisimparareè
una componente elementare
dell’autoilluminismo.
Se così non fosse, saremmo
inseguiti da fantasmi ben
diversi da quelli che si
aggiranoinquestepagine.
Certo,nonèlastessacosase
nell’èra
del
computer
cediamolecapacitàcognitive
a un sistema chiamato
mercato dell’informazione e
quindi non siamo più capaci
di insegnare cosa riteniamo
giustoallemacchinechesono
ingirosusuomandato.
Dobbiamo guardarci da
coloro che non solo evocano
la sfiducia e il culto
dell’egoismo, ma vogliono
anche installare all’interno
della nostra mente una
bizzarra etichettatrice allo
scopo di prezzare le nostre
idee.
La convinzione che il
mercato sia un enorme
computer,chesapiùdituttii
suoi componenti messi
assieme, aveva una funzione
in tempi in cui l’esperimento
dellapianificazionetotalenon
eraancorafallito.
La nuova epoca ha sempre
più
trasformato
questa
convinzione in un mostro
statistico nel quale ciò che è
“vero” non viene più deciso
attraverso
contenuti,
biografie,
esperienze
individuali, ma attraverso
modelli statistici che sono
interpretati
in
modo
puramenteeconomico.
Anche gli algoritmi di
Cataphora non fanno altro
che trarre affermazioni
sull’economia psichica del
carattere da una correlazione
statistica ipercomplessa. E
George Dyson crede che il
piùpotentemotoredelmondo
reale, il mercato, stia
diventando il motore più
potente del nostro stesso
pensiero:
Quale algoritmo è il più
potente che sia mai stato
messo in giro sulla Terra?
In origine era il codice
Montecarlo,perfarecalcoli
sui neutroni. Ora è
probabilmente
Adwords
[…]ilrilevamentostatistico
dell’intero spazio dei
motori di ricerca, che nello
stesso tempo monetizza
questo spazio. Un lavoro
brillante.
Ecco
che
appare
all’orizzonte, oltre il quale
sorge, con i colori vivi
dell’inevitabilità, il nuovo
astro di Big Data, l’ultima
metafora con la quale
Numero 2 si appresta a
ridefinire l’automa e il
proprio ruolo al suo interno:
come sistema di insetti
sociali.
I nuovi sistemi multi-agente
hanno
imparato.
Non
rinuncianoanessunodeiloro
geni egoistici, ma fondono i
sistemistessiconlabiologia.
J. Doyne Farmer, la cui
leggendaria
Prediction
Company, in assoluto la
prima azienda produttrice di
software prognostici, è stata
acquistatadaUBS,ritieneche
la crisi ci imponga scelte
conseguenti
anche
nei
modellieconomici.
Luiealtri,–scriveil“New
York Times” – hanno
cominciato sviluppando i
cosiddettimodelliadagenti
[agent-based
models]
dell’economia,
che
chiedono
come
un
comportamento
apparentemente casuale di
singole formiche riesca a
produrre costruzioni con
uno scopo, una forma e
un’intelligenza.
Frattanto, la mirmecologa
DeborahM.Gordonriferisce,
in un articolo intitolato
Twitter nel formicaio, che le
formiche, diversamente da
quanto molti credono, con le
loro antenne non trasmettono
affatto “informazioni”, come
per primo aveva tentato di
fare Francisco Salvá con le
sue zampe di rana3. Non
fanno altro che trarre
conclusioni algoritmiche di
tipostatisticodall’interazione
edall’odoredialtreformiche
– in certo modo, interpretano
notizie il cui contenuto è
meno importante della loro
distribuzione statistica. È più
omenociòchenellemoderne
societàdeimediasimanifesta
attraversol’economiadeiclic
ripartitidaAdwords.
Ètempodipensareaunavia
d’uscita. Stando così le cose,
essa può consistere soltanto
nel
separare
l’economicizzazione
della
nostravitadaunmeccanismo
di egoistica e insincera
immagine dell’uomo ormai
saldamente cablato nei
sistemi. La “mente che
apprende” è qualcosa di
diverso dalla macchina che
apprende dalle dinamiche del
mercato. «Un bambino che
impara a parlare, – scrive
HughKennerconriferimento
alla metafora dell’educazione
impiegata da Turing, – è un
dispositivo
estremamente
misterioso, che riceve come
input“datialquantosconnessi
e inaccessibili”, e come
output produce un risultato
sorprendentemente unitario,
chesuperainquantitàemolto
spesso in qualità l’input (gli
insegnanti di Shakespeare
erano più eloquenti del
poeta?)».
Forse è molto semplice: non
partecipare
al
gioco.
Comunque, non in base alle
regolecheciimponeNumero
2. È una decisione che può
prendere solo il singolo
individuo – e la politica. Le
opportunitàinGermaniasono
buone, poiché il motore del
suo benessere è pur sempre
l’economia reale. Sembra
quasicheilpaesechehadato
i natali all’idealismo possa
formare un contrappeso
all’“economia della mente”
conunnuovorealismo.
All’inizio, le risposte sono
moltopragmatiche:vanno,ad
esempio, dalla creazione di
motori di ricerca europei,
passano per una ridefinizione
e una ridenominazione della
“tutela dei dati” fino a
domande riguardanti gli
interventi sul patrimonio
geneticodell’uomo.
A questo scopo sarebbe
necessaria,dapartedipolitici
e
non-economisti,
la
consapevolezza
che
i
“mercati”, in primo luogo i
“mercati finanziari”, secondo
le parole di Karin KnorrCetina,
sono
diventati
qualcosa di completamente
diverso da quello che sono
stati in passato e che in
nessun caso possono più, in
quanto
macchine
dell’informazione,
rivendicare una “verità”.
Infatti l’informazione stessa,
al di là del mero segnale,
forse nel nostro mondo non
saràmaipiùciòcheabbiamo
ritenutochefosse.
Essadiventailrisultatodiun
processo di negoziazione, di
un’asta, di un’offerta e di un
mercanteggiare che si svolge
in un attimo e in un numero
sempre maggiore di ambiti
della vita umana, fino a
quando alla fine viene
codificato dall’autorità di
un’“agenziadirating”.
La questione che allora si
pone è: come potremo
riconoscere che l’economia
dell’informazione è ormai
fallita? Tutti sanno che gli
Stati, le imprese o le persone
vanno in bancarotta quando
nonhannopiùsoldi,macome
stanno
le
cose
con
“l’economiadellamente”?La
risposta non è facile.
Qualcosasembraindicareche
John Campbell abbia colto
nelsegnomettendoinguardia
da una «cultura dei giochi
nascosti», perché porta a
«spaventosi
problemi
psicologici».
Sipuòsorrideredelfattoche
i protagonisti di Big Data
sognino non soltanto di
macchine che producono
capitale e fiducia sociale, ma
aggiungano anche, come
abbiamo visto, che “fare
moltisoldièun’ottimacosa”.
L’idea,
che
possiamo
formulare così solo con un
pizzico di esagerazione
polemica, è che noi
costruiamo robot che ci
rimangonolealianchequando
nessun altro lo è più.
Tuttavia, gente come Dirk
Helbing tocca un punto
essenziale.
Chiaramente
valori normativi come la
fiducia, l’uguaglianza di
diritti o l’equità sono ormai
richiesti sui mercati, poiché
non sono più disponibili in
misura sufficiente nei luoghi
classici della società. Per
esempio, quale fiducia ha un
ragazzo
nell’azione
plasmatrice della personalità
svolta da una “formazione”
alla quale la società che lo
istruisce, e già nel momento
incuiglidàquestaistruzione,
haassegnatounasortadidata
discadenza?Anchelafiducia
e l’equità saranno dunque
prodotte come le auto,
provviste di cartellini con il
prezzoeinqualitàdifferente?
Comemostranoleriflessioni
diPhilipBobbitt,laquestione
ètutt’altrocheaccademica.In
un mondo nel quale è
razionale chiunque possa
essere ridotto ai propri
interessi e tutti i dati che si
lascia dietro vengono letti in
questa prospettiva, tutti sono
potenzialmente sospettati. In
un mondo come questo, la
fiducia potrebbe diventare un
bene di lusso che, per
esempio, si “assegna”, per
così dire, ai social network e
con il quale vengono
alimentatelemacchine:allora
effettivamente i “valori”
avrebbero ancora soltanto il
valoredeldenaro.
Per fortuna, anche in
economia è cominciato un
nuovo dibattito sul fatto che
«cose come la giustizia e la
parità di diritti hanno valore
normativo,siachesoddisfino
ipropridesiderioppureno»4.
L’ideadiKenBinmore,cheil
comportamento altruistico o
anche
soltanto
equo
convenga, poiché ci è utile,
può,sì,esseretrasferitainun
modello matematico, ma,
potendo essere applicata a
tutto e a tutti in tempo reale
digitale,seppelliscelafedein
qualsiasi tipo di forza non
generata dal mercato, noneconomica, normativa. In
questo
modo
vengono
intaccati non solo i
parlamenti,
le
corti
costituzionaliolecostituzioni
stesse, ma pure la volontà
sovrana del singolo di essere
semplicementequellocheè.
PerMarxeperl’economia
politicavenutadopodilui–
dice Evgenij Morozov, che
ha posto per primo la
questione della bancarotta
dell’economia
dell’informazione – era
importante sapere chi
possedeva i mezzi di
produzione. Oggi, con
l’economia
dell’informazione e con la
virtualizzazione, è decisivo
chi controlla i sensori e gli
algoritmi. Deve essere ben
chiaro
che
abbiamo
raggiunto un punto nel
quale i modelli della nostra
razionalità ci hanno ridotto
addirittura a credere di non
essere più in grado di
scoprirecosavogliamo5.
***
Paul Valéry (1871-1945),
nella cui opera l’Europa si
incarna profondamente come
in nessun altro scrittore, ha
inventato la figura di
MonsieurTeste,unuomoche
specula in Borsa e che nella
sua aspirazione a diventare
puramentenonpuòessereun
esempio, tranne che per una
cosa: «Aveva ucciso la
marionetta».
«Non sarà» si legge in un
passaggio«cheleidee-mostri
diventino enormi a causa
dell’esercizio ingenuo della
nostracapacitàdiinterrogare,
che noi applichiamo un po’
ovunque, senza pensare che
dovremmo ragionevolmente
interrogare solo ciò che può
davverodarciunarisposta?».
È il principio più semplice,
conilqualesipuòparalizzare
la logica spietata di una
società e di un’economia
automatizzata e si possono
creare nuove libertà, non
importa se si tratti di
speculazioni sicurissime sul
futuro dei mercati o di
previsioni sulle persone e le
loropassioni.
Il principio per uccidere le
marionette suona: la risposta
erasbagliata.
____________________
1Kenner,TheCounterfeiters,cit.,p.
155.
2GabeZichermann,Rethinking
ElectionswithGamification,in
“HuffingtonPost”,20novembre
2012,disponibileall”indirizzo
http://www.huffingtonpost.com/gabezichermann/improve-voter-turnout_b_2127459.html.
3DeborahM.Gordon,Twitterinthe
AntNest,in“NaturalHistory”,119,
2001,6,pp.10-41.
4Davis,IndividualsandIdentity,cit.
5EvgenijMorozov,comunicazione
orale.
Appendice
Brevestoriadello
sviluppodegliagenti
diBorsaartificiali
La strada per la macchina è
stata fin dall’inizio lastricata
delle uniche esche che
attiranodavverogliuomini:i
buoniaffari.Ilviafudatonel
1991, tre anni prima che
nascesse l’idea del world
wideweb.
KenBinmoreel’economista
BrianArthurpubblicaronoun
intervento che fin dal titolo
descriveva
gli
«agenti
economicicheagisconocome
agenti umani». L’obiettivo,
secondoquantodicelostesso
Arthur, era costruire un
agente artificiale che un
osservatore non avrebbe più
potuto distinguere da un
essere umano. A prima vista
non si trattava di un’impresa
troppodifficile,considerando
cheancheneimodellifinoad
allora dominanti dell’uomo e
della sua imprevedibilità
rimanevano
soltanto
l’egoismo, la brama di
profittoelapaura.
Questo agente artificiale
avebbe dovuto raggiungere
sempre il suo optimum
personalenelleaste,eproprio
nelmodoincui,standoaquel
che sembra, lo fanno gli
uomini: mediante il calcolo
dell’equilibrio di Nash,
compiuto in base alla teoria
dei giochi. Due anni dopo
sembrava che il momento
fossearrivato.Glieconomisti
Dhananjay Gode e Shyam
Sunden
crearono
in
condizionidilaboratorio–in
un esperimento nel frattempo
diventato classico – un
mercato artificiale, nel quale
Numero 2 agiva in due
versioni. In una versione
spendeva anche denaro che
nonpossedevaaffatto,mentre
in una seconda versione gli
erano imposti alcuni limiti,
percuinonpotevasuperareil
proprio budget. In entrambi i
casi il suo quoziente
d’intelligenza era prossimo
allo
zero.
Comprava,
vendeva, si atteneva alle
regole del mercato e a quelle
delprofessorNash.
Irisultatidimostraronochela
seconda versione non poteva
più essere distinta da trader
umani che operavano con
strumenti digitali. Un trionfo
non solo per i software, ma
anche per la concezione
neoclassica dell’economia:
anche in caso di intelligenza
zero
si
può
agire
razionalmente,sesiubbidisce
alle leggi del mercato. I due
economisti parlarono di
«mercati come sostituti
parziali della razionalità
individuale».
Tuttavia,nellamisuraincuii
mercati
finanziari
si
digitalizzavano e la rete
diventava la piattaforma di
negoziazione, cresceva la
consapevolezza
che
l’intelligenzazeroelafiducia
nel mercato non potevano
bastare da sole a fare
dell’agente
digitale
un
Terminator.
Nel1998ifisiciDaveCliffe
JanetBrutendichiararonoche
era finalmente giunto il
tempodellateoriadeigiochi.
L’agente–leloroconclusioni
si possono riassumere così –
non può essere un cretino,
nonostante tutto il suo
egoismo. Deve sapere che
altri vogliono trarlo in
inganno
e
reagire
immediatamente.
In un mercato basato sulla
competizione il contesto è
dinamico e non consente
errori. Le informazioni
rilevanti (come quelle sui
margini di guadagno o le
informazionidialtritrader)
sono ignote o possono
difficilmente
essere
previste, ed è altamente
improbabile che un trader
possa
contare
sulla
benevolenza
o
sull’altruismodisinteressato
[…] Per gli agenti
economici nulla è sicuro,
tranne il fatto che hanno
dietroilmondointeroeche
chidormeperde.
Tutto il resto era solo
questionediformule.Numero
2, come le specie di Darwin,
era sottoposto alla necessità
evolutiva di apprendere, e lo
ha fatto ottenendo sempre
maggiori “ricompense”, cioè
profitti, per i successi
nell’apprendimento.
Ha
dovuto “adattarsi” nel senso
darwiniano del termine, cioè
diventare
capace
di
sopravvivere. Nel linguaggio
deisuoiottimizzatori:«Segli
agenti economici agiscono in
un contesto di mercato, le
formule della ricompensa e
dell’adattamento
possono
senz’altro
e
inequivocabilmente essere
ricondotte al “profitto” e
all’“utile”».
Naturalmente, questa prassi
poteva essere mantenuta solo
in sistemi chiusi. Tuttavia
c’erano anche forme miste,
per lo più anche dirette,
governate
dall’intervento
umano, per esempio in caso
diaccessoaretisovraccariche
o qualcosa di simile, dove
nella microeconomia del
cosmo dei dati venivano, per
così dire, condotte trattative
sulla
ripartizione
delle
informazioni e per stabilire
chi e a che prezzo (non
necessariamente in denaro,
ma ad esempio anche in
tempod’attesa)abbiaomeno
accesso
a
queste
informazioni.
Tuttavia, la situazione è
drammaticamente cambiata
già alla fine degli anni
novanta.Certo,primac’erano
già algoritmi nel trading, ma
il loro comportamento era
unidimensionale,
erano
piccoli
«organismi
unicellulari che, in base a un
semplice sistema normativo»
non facevano altro che
comprare e vendere (Scott
Patterson).
Ma poi, nel 1999, Goldman
Sachs acquistò Hull Trading,
un’aziendanota,oltrecheper
la competenza nel campo
dell’intelligenza artificiale e
dell’algo-trading, per il fatto
che ci lavorava una serie di
eccellenti fisici del Fermilab,
vicino a Chicago1: gente che
aveva
partecipato
alla
scoperta dei quark e che,
dopo il 1989, a causa delle
riduzionedeifondistatali,era
emigrata a Wall Street.
L’acquistodiHullTradingda
parte di Goldman Sachs
equivaleva più o meno
all’acquistodiunafabbricadi
cloni da parte del Vaticano.
Ovvero, come in seguito ha
scritto al riguardo Scott
Patterson:
Ha segnato un netto
spostamento di Goldman –
laquintessenzadell’azienda
dellavecchiascuoladiWall
Street – in direzione del
commercioelettronico.Uno
spostamento che avrebbe
preparato
l’ascesa
di
Goldmanaunaposizionedi
predominio negli anni
duemila,cioèinunperiodo
nelqualeGoldmandivenne
uno dei Golia del trading
più abili e aggressivi del
mondo.
I mercati finanziari e le reti
informatiche cominciarono,
inquellachepoisarebbestata
chiamata la bolla delle Dotcomaperseguireperlaprima
volta interessi comuni, e la
rete stessa (Google faceva i
primiincertipassiesplorativi)
cominciò ad assumere come
mercato una grandezza
critica.
Gli
informatici
dell’economia, che allora
concepirono assieme ai
quants i mercati elettronici,
disserochiaroetondochenei
sistemi aperti soltanto gli
agenti egoistici avrebbero
avutounachance.
____________________
1
FermiNationalAccelerator
Laboratory,laboratoriodiricerca
chesidedicaallostudiodelle
particelleelementariconsedea
Batavia,vicinoaChicago.[N.d.T.]
Ringraziamenti
Molti mi hanno aiutato con
idee, indicazioni, chiarimenti
e correzioni. Ringrazio
Emanuel Derman, Michael
Hudson, Stefan Klein, Frank
Lübberding,TorstenEymann,
Edo Reents, Frank Rieger,
TiloEckardteUlrichGenzler
della casa editrice Blessing,
cosìcomeMatthiasLandwehr
eThomasSchmidt.
Evgenij Morozov, Philip
Mirowski e Shoshanna
Zuboffnonmihannosoltanto
fornitostimoliimportanti,ma
mihannoancheconsentitodi
gettare uno sguardo ai loro
lavori
in
corso
di
realizzazione.
Ringrazio
qualche persona che non
vuoleesserenominatapoiché
mi ha permesso di dare
un’occhiata
nell’acquario
digitale dei piranha delle
piattaforme
finanziarie
digitali. Ringrazio il mio
collega Rainer Hank per la
critica
preziosa
e
incoraggiante. E devo a
EvgenijMorozovalcunedelle
ispirazionipiùfecondecheun
autore isolato possa mai
sognarsi.Einfine,einprimo
luogo, ringrazio Rebecca
Casati.
Questi
i
ringraziamenti.
La
responsabilità, naturalmente,
èmia.
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