Novità
Scheda tecnica
RM 10,70
Sostanza e forma
Linea moderna e accattivante, costruzione solida,
vocazione alturiera se non addirittura oceanica. Il
nuovo 11 metri di Fora Marine è proprio bello.
Non che il 10,60 – modello che va a sostituire
completando il rinnovamento della gamma – non
lo fosse, ma si nota il fine lavoro di styling fatto
dal team di progetto e dal cantiere. Per non
parlare della grande scelta di colori
per le finiture. Lo scafo è più
lungo – fuori tutto e soprattutto al galleggiamento –
appena più largo, e vede aumentare di 8 centimetri anche
il pescaggio della versione a
doppia chiglia. Il dislocamento è contenuto entro i 4.900
chilogrammi. Come tradizione
di questo produttore francese,
la scocca a spigolo è realizzata
in compensato marino con l’applicazione di resina epossidica. Se
ne ottiene una costruzione semplice e solida che
riscuote un grande successo. Tanto che le linee di
produzione sono tutte al completo. L’opera morta del nuovo 10.70 mostra la prua leggermente
rovescia, con il bompresso strutturale che contiene anche il musone dell’ancora e lo spigolo di
stabilità ben marcato su tutta la fiancata, da prua
a poppa. La tuga è meno ingombrante che sul
10.60, risultando più profilata e in armonia con
le proporzioni generali della barca. Altra novità è
l’introduzione della doppia timoneria a ruota, che
rende ancora più facili i movimenti dell’equipaggio in pozzetto.
Le manovre
sono disposte in modo da rendere possibile l’uso
in equipaggio ridotto e per, quanto riguarda il posizionamento dei winch delle scotte, si
avvalgono di due comode torrette di fronte alle
quali si può agire in piedi. Rimane lo specchio di
poppa aperto, che alla fonda si trasforma in una
grande plancetta per fare il bagno. L’armo pre-
vede un albero di ben 17 metri di altezza sull’acqua, una randa di buone dimensioni, ma non
esagerata, e il genova tradizionale. Nonostante
le crocette fortemente acquartierate, è previsto
anche uno stralletto per eliminare il pompaggio
del profilo d’alluminio con mare molto mosso.
Lo sdoppiamento delle sartie – con le lande delle
alte posizionate in falchetta e quelle delle basse
a filo tuga – mantengono
i passavanti totalmente
sgombri. E’ prevista l’opzione fra la chiglia doppia,
con pescaggio a 1,68 metri,
e quella basculante. Rispetto
al modello precedente gli interni
mantengono la stessa impostazione
generale, ma guadagnano una vera cabina
separata a prua al posto del più sportivo cuccettone. Dunque ci sono complessivamente due
vere cabine matrimoniali, una davanti e l’altra
dietro, dotate di un buon piano di calpestio, un
grande letto e armadiature capienti. Il quadrato
è molto tradizionale, con due divani lineari contrapposti e al centro il tavolo con le ante abbattibili. Degna di nota l’ampia superficie di lavoro
e i volumi della cucina – entrando sottocoperta
sulla dritta – certamente degna di una barca di
taglia superiore. Molto comodo anche il piano
del tavolo di carteggio, contrapposto sul lato sinistro. Dall’unico bagno, posto in prossimità della
postazione del navigatore, si accede direttamente
al grandissimo gavone che si sviluppa lungo il
fianco del pozzetto. Da notare anche il vano tecnico posto a poppavia del motore. La luminosità
è la caratteristica principale degli ambienti sottocoperta ed è assicurata dalle grandi finestrature,
laterali e frontali, che consentono anche di controllare la navigazione dall’interno. Un dettaglio
non da poco visto lo spirito del progetto.
Per informazioni: Yachtsynergy srl, Marina
Cala Galera 24, 58018 Porto Ercole (GR), Tel.
0564 830234; [email protected]
Roberto Neglia
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MAXY YACHTS
1200
Un nuovo Maxy più mediterraneo
È stato presentato in anteprima mondiale al
Boot di Düsseldorf il nuovo modello di Maxy
Yachts, il 1200. Questa ultima imbarcazione
va a sostituire il precedente 38+, dandogli
una caratterizzazione più mediterranea, pur
non dimenticando le caratteristiche di “imbarcazione oceanica” che hanno sempre caratterizzato gli scafi del cantiere svedese. Il
1200, sempre disegnato dal famoso architetto
e campione olimpico svedese Pelle Petterson,
segue infatti le nuove tendenze cominciate con il 1300: pozzetto poppiero ampio ma
protetto e doppia timoneria con tavolo ad ante
abbattibili. La gestione delle scotte asservita
da una batteria di tre winch, tutti a portata del
timoniere e con il centrale destinato alla regolazione della randa, facilita la conduzione
della barca anche con equipaggio ridotto.
Lo scafo, rinforzato in fibra di carbonio, presenta sezioni di prua molto svasate, spigoli a
poppa e manovre rinviate in pozzetto, per una
buona prestazione anche in regata.
Gli interni, disegnati dalla matita di Tony Ca-
Scheda tecnica
Lunghezza fuori tutto: m 12,16 – Lunghezza scafo: m 11,56 – Lunghezza al galleggiamento: m 10,60 – Larghezza massima: m 3,75 – Pescaggio chiglia corta/standard/lunga: m 1,75/2,00/2,32 – Peso: kg 6.900 (chiglia a T)
di cui 2.470 di zavorra – Superficie velica randa: mq 46,50 – Superficie velica fiocco (100% LPG): mq 37,50
– Potenza motore: entrobordo diesel HP 28 – Capacità serbatoio carburante: 150 litri – Capacità serbatoi acqua
dolce: 260 litri – Capacità serbatoi acque scarichi: 60 litri – Categoria di progettazione CE: A per 8 persone.
stro, confermano l’impostazione armatoriale
della barca, con due grandi cabine, un bagno e
una zona giorno particolarmente ampia e luminosa, grazie alle superfici laccate lucide. Osteriggi a filo, un’ampia zona prendisole a prua e
un piccolo bompresso di serie conferiscono un
aspetto elegante al Maxy Yachts 1200.
Per ulteriori informazioni: Sailpassion Srl,
Tel. 3382879114 - 3498028701;
[email protected]
Stefano Ruia
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posto dalla britannica Land & Marine
Products, che ha inventato la Jason’s
Craddle(www.jasonscradle.co.uk/), la
culla di Jason. Prodotta in due linee,
una destinata espressamente ai mezzi
di salvataggio, l’altra più adatta alle
imbarcazioni da diporto, essa consiste
in una struttura articolata che, vagamente simile a un tappetino per doccia, a un’estremità deve essere assicurata al trincarino della barca, all’altra
(cioè quella che deve essere srotolata
in acqua), deve essere collegata a un
cavo di forza, come per esempio una
drizza. Il suo funzionamento come
“ascensore” è semplice quanto intuitivo e la sua utilità è incalcolabile.
UNA CULLA PER RINASCERE
Il salvataggio di un uomo caduto in
mare, soprattutto in condizioni meteo avverse, è in assoluto l’operazione più difficile e drammatica che si
possa immaginare. Uno dei problemi
più delicati – secondo molti, il più
rischioso – è costituito dal recupero
propriamente detto, cioè il sistema
con il quale si intende issare a bordo
il malcapitato. In diverse occasioni abbiamo trattato l’argomento, indicando
i possibili metodi che, oltre a garantire
il ritorno a bordo, sono anche in grado
di non provocare traumi. Il più sicuro,
tuttavia, è quello recentemente pro-
RECUPERO DI UOMO A MARE DA BOLINA
traverso. Non appena rileviamo l’uomo al traverso sottovento (a dritta, nell’esempio), restiamo sul bordo ancora per un paio di minuti.
Fase III. Abbattiamo, assumendo un’andatura al lasco.
Fase IV. Non appena siamo al traverso
dell’uomo in mare, orziamo in bolina, puntandolo leggermente sottovento (circa un paio di lunghezze, a seconda delle caratteristiche della barca).
Fase V. Appena l’uomo è esattamente sopravvento, orziamo nella sua direzione, lascando tutta la tela, e lo raggiungiamo con
l’abbrivo residuo.
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RECUPERO DI UOMO A MARE DA LASCO - 1
Mob dal lasco (III)
Fermo restando che, con l’esercizio, le procedure già descritte possono essere notevolmente abbreviate, esiste un’altra variante che
solo apparentemente sembra la più semplice
ma che, in realtà, richiede l’impegno di un
equipaggio esperto e ben allenato. Il suo vantaggio è la velocità del recupero. Il suo rischio
è la possibilità di ritrovarsi in fase conclusiva
troppo sottovento all’uomo, tanto da dover
ricominciare da capo con un’altra procedura (con effetti psicologicamente deleteri sia
sull’uomo da recuperare sia sull’equipaggio
impegnato nell’azione).
Fase I. Orziamo mediante un’accostata molto ampia, che si conclude con una virata con
la prua quasi sull’uomo.
Fase II. Appena l’uomo è esattamente sopravvento, orziamo nella sua direzione, lascando tutta la tela, e lo raggiungiamo con
l’abbrivo residuo.
Il recupero a bordo
Non possiamo nascondere il fatto che, una volta
raggiunto l’uomo caduto in mare, si è soltanto –
bene che vada – a metà dell’opera. Questo perché, soprattutto in condizioni di mare difficili
(guarda caso, proprio quelle che più facilmente
possono portare a una caduta), il suo recupero a bordo può risultare molto complicato e,
perciò, molto più lungo del previsto. Il miglior
modo per affrontare questa fase è avvicinarsi
senza puntare direttamente sul malcapitato, ma
portandosi di fianco fino a una distanza di circa 5 metri, utile al lancio del salvagente, dopo
averlo opportunamente assicurato alla barca
mediante la sua sagola galleggiante. In alcuni
casi, come per esempio quando il l’uomo non
mostra segni di vitalità o quando manifesta la
necessità di un immediato supporto psicologico e/o fisico, può rendersi indispensabile tuffarsi per raggiungerlo a nuoto. Ciò deve avvenire
solo ed esclusivamente se ci si sente in grado di
farlo e dopo aver indossato il proprio salvagente individuale. Da questo momento in poi, si
deve agire con rapidità ma senza fretta. La pri-
rendere l’operazione più semplice. Ma non
possiamo dare per scontato che l’uomo in mare
indossi la cintura, né possiamo immaginare di
fargliela indossare mentre è in acqua. L’ideale,
dunque, è poter ricorrere a uno strumento ausiliario appositamente creato a tale scopo, come
la culla di salvataggio Jason’s Craddle o quella
che noi chiamiamo “velaccia”: un accessorio
che può essere ricavato con una spesa irrisoria
da una vecchia vela pesante.
Cultura e allenamento
Se c’è una cosa che caratterizza i velisti, assai
più dei motoscafisti, è la loro incontenibile passione per le dissertazioni.
Li senti parlare tra loro, in banchina, e ti sembra di intercettare una discussione tra Russel
Coutts, Paul Cayard e Charlie Ekberg. Ma poi
RECUPERO DI UOMO A MARE DA LASCO - 2
ma attenzione da parte di chi governa la barca
deve essere rivolta a fare in modo che nessuna
parte dello scafo possa urtare chi è in acqua.
Se il mare è calmo (condizione purtroppo rara quando si ha a che fare con una caduta) e
la barca è stabile, il recupero può avvenire da
poppa, con l’aiuto – se presenti – della scaletta
balneare e della piattaforma. Se invece il mare
è mosso e lo scafo beccheggia, la poppa deve
essere assolutamente dimenticata, in quanto la
possibilità che provochi traumi è molto elevata.
Perciò, in questa circostanza, il recupero deve
avvenire più o meno a mezzanave, laddove
cioè l’escursione del movimento oscillatorio
RECUPERO DI UOMO A MARE DA LASCO - 3
risulta decisamente ridotta. Qui il problema
più cospicuo può essere costituito dall’altezza
dello scafo sull’acqua e dalla presenza di una
battagliola. Piuttosto che improvvisare subito tentativi di afferramento delle mani e delle
braccia, pericolosi sia per chi sta a bordo sia per
chi sta in acqua, è bene utilizzare come piattaforma intermedia il tender, soprattutto se si
tratta di gommone, dopo averlo ben assicurato
fianco a fianco alla murata mediante una coppia
di robusti cavi. Il tutto può essere coadiuvato da
un argano volante che, fissato sul boma e collegato direttamente con la cintura di sicurezza
della persona da sollevare, può effettivamente
li vedi manovrare per prendere il largo e ti accorgi che il livello non è precisamente quello.
Intendiamoci, non ci sarebbe assolutamente
nulla di criticabile se questo gap non riguardasse anche i temi della sicurezza, per i quali i relativi manuali e gli articoli come questo servono
davvero a poco, se non vengono affiancati da
una seria e responsabile pratica sul campo. In
un suo vecchio libro dedicato alle emergenze,
il comandante Roberto Mannucci raccomanda:
“Ogni giorno, durante la navigazione, tratta
uno di questi argomenti con il tuo equipaggio
e simula l’emergenza. E’ un addestramento che
un giorno potrebbe salvarti la vita”.
51
Per il serbatoio del gasolio – a differenza di quello della benzina che è
bene svuotare – si consiglia di riempirlo a tappo in modo da ridurre l’aria
al suo interno evitando così la formazione di condensa. Si può aggiungere un biocida (dopo il pieno) ed eventualmente un additivo contro fanghi, morchie e paraffine. Mantenerne pulito l’esterno è anche un buon
modo per verificare a colpo d’occhio eventuali future perdite.
Da ultimo passiamo a pulire il filtro dell’aria. Possiamo utilizzare della
benzina per rimuovere i detriti dalla spugnetta posta al suo interno.
Tuttavia consigliamo la sostituzione annuale, il motore lavorerà in maniera sempre efficiente, riducendo il consumo di carburante (foto M).
IMPIANTO DI ALIMENTAZIONE
G
H
H
I
G) Il filtro separatore acqua-gasolio (racor) consta di un contenitore e di una cartuccia che va sostituita.
H) La cartuccia del filtro gasolio. Una volta svitata (eventualmente con l’apposita pinza) si deve riposizionare la guarnizione, un’operazione da eseguire alla cieca, infilandola intorno
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al perno centarle del portafiltro. La seconda immagine mostra il
dado che andrà svitato per effettuare lo spurgo.
I) In rosso il punto dove la guarnizione di cui alla foto sopra va a
baciare con la cartuccia.
L) Allentato il dado dello spurgo (foto H), si procede ad aspirare
L’IMPIANTO DI LUBRIFICAZIONE
Ogni costruttore prevede un tempo di uso per la sostituzione
dell’olio e del filtro olio, in genere ogni 100/150 ore di funzionamento, ma comunque una volta per stagione, al fine di impedire
dannosi logorii del motore. Prima di procedere si deve scaldare il
propulsore.
Quindi estrarre il lubrificante esausto, utilizzando l’apposita pompa dopo estratto l’astina del livello (foto N).
Occorre munirsi di uno spezzone di tubo di gomma da collegare
alla pompa per raccogliere l’olio in contenitori idonei a conferirlo
L
M
a un centro di raccolta e smaltimento.
Prima di procedere è meglio rimuovere la cartuccia del filtro, generalmente posta in una posizione in basso e non sempre facilmente accessibile (foto O). Se necessario, ci si può aiutare con
una pinza a catena. Umettare la guarnizione della nuova cartuccia
prima di riavvitarla, usando dell’olio motore (foto P).
Ora è possibile inserire il nuovo lubrificante secondo le specifiche
indicate dal libretto del motore.
Generalmente si tratta un 10W40. Ne va versata la quantità prevista dal costruttore, dopo alcuni minuti si reinserisce l’astina per
verificare il livello e si provvede, se necessario, a un ulteriore
rabbocco. All’inizio della stagione o al varo ci si dovrà ricordare
di ricontrollate il livello dell’olio prima di riavviare il motore.
Al rimessaggio si dovrà sostituire anche l’olio dell’invertitore o
del piede. Attenzione, la presenza di una colorazione grigiastra
del lubrificante esausto potrebbe indicare infiltrazioni d’acqua.
Se il propulsore è equipaggiato con una trasmissione S-drive la
membrana di tenuta tra la sella del motore e il piede deve essere
controllata con estrema attenzione. La presenza di sporco o di residui di gasolio può accelerarne l’invecchiamento. In presenza di
screpolature o danneggiamenti ci si dovrà rivolgere all’assistenza
per la sostituzione.
Per la trasmissione ad asse una verifica importante è quella della
cuffia, il cappuccio in gomma che viene fissato sulla parte interna
dell’astuccio (foto Q). Va ispezionata e sostituita in caso di screpolature e comunque entro i limiti imposti dalla casa produttrice
(generalmente 500 ore o comunque non più di cinque anni).
Prima di rimettere la barca in acqua andrà comunque spurgata
dall’aria: basta prendere la cuffia tra il pollice contrapposto all’indice e il medio e premere con una certa decisione. In questo modo
il labbro si ovalizza e l’aria presente fuoriesce fino alla comparsa
di un po’ di acqua. A questo punto il lavoro è completato.
M
gasolio nel circuito, azionando la levetta della pompetta C, fin
quando cessa di uscire aria. A quel punto si serra il dado quasi
per intero e si fa girare il motore. Uscite le ultime bolle d’aria si
può strigerlo definitivamente.
M) Il filtro dell’aria mostra evidenti annerrimenti: sostituirlo.
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32
Bimax
ALCHIMIA
Testo e foto di Corradino Corbò
Impressione di navigazione n. 1582
P
Prezzo base: Euro 100.000 Iva esclusa
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rendendo spunto dai due aspetti “deboli” della linea d’asse – il
suo forte angolo di inclinazione e le turbolenze generate a monte
dell’elica dagli astucci, dai braccetti e dallo stesso asse – i tecnici
del cantiere Bimax hanno sviluppato un nuovo sistema di trasmissione
che, applicato per la prima volta sull’Alchimia 32 di questa prova, offre
risultati estremamente interessanti. In acqua, lo scafo – già collaudato
per migliaia di miglia in
Una volta tanto, l’uso del termine “rivoluziona- altura, con la propulsione
rio” è lecito per indicare il senso di un natante bimotore in linea d’asse
che, esteticamente elegante e originale, nascon- – appare assolutamente
de fondamentali soluzioni tecniche mai appli- identico a quello che conoscevamo con il nome di
cate fino ad ora su una unità da diporto.
Diamond 32, ma in carena e in sala macchine c’è stata una vera rivoluzione. L’unica linea d’asse,
infatti (stavolta si tratta di un monomotore da 350 cavalli, con motore
ausiliario a trasmissione idraulica optional), esce dall’opera viva al contrario, cioè verso prua. Pertanto l’elica – proprio come nell’IPS della Volvo Penta – è trattiva e non spingente, con il grande vantaggio di potersi
avvitare in un’acqua “pulita”. Inoltre, essendo rivolta verso prua con un
Scheda tecnica
o Progetto: Bimax Service Hi-Tech
o Costruttore: Bimax, Zona Industriale Minturno (LT),
tel. 338 6194771, cell. 339 7674716
o Categoria di progettazione CE: B
o Materiali e costruzione: scafo vetroresina stratificata
a mano, coperta sandwich
o Lunghezza massima f.t.: m 9,80
o Larghezza massima: m 3,15
o Immersione alle eliche: m 1,00
o Dislocamento a vuoto: kg 4.800
o Portata omologata persone: 10
o Totale posti letto: 4
o Potenza massima installabile: 2 x 350 HP
o Motorizzazione della prova: VM 4.2 marinizzato Nanni
o Potenza complessiva: 1 x 350 HP
o Tipo di trasmissione: linea d’asse inversa
o Peso totale motore: kg 460
o Velocità massima dichiarata: nodi 32,5
o Capacità serbatoio carburante: litri 450
o Capacità serbatoio acqua: litri 150
o Trasportabilità su strada: camion
o Dotazioni standard: caricabatterie, boiler, hi-fi,
frigo da 84 litri, strumentazione motore.
o Optional: elica di prua, gruppo elettrogeno
con propulsione idraulica ausiliaria da 7,5 kW, vernice
metallizzata, coperta di teak, tettuccio estensibile
elettrico, personalizzazione artistica.
o Prezzo della barca provata full optional:
Euro 136.000 IVA esclusa.
angolo di 7 gradi, l’inclinazione dell’asse si trova a essere compensata dal
naturale appoppamento dello scafo in navigazione, con il risultato che, in
assetto di planata, l’elica lavora con appena 3 gradi di inclinazione: un risultato mai raggiunto fino ad oggi dalla tradizionale linea d’asse, neppure
nel caso di carene a tunnel. Il caso vuole che il giorno della nostra prova
avessimo a disposizione anche uno scafo gemello ma dotato di propulsione bimotore – 2 x 320 HP – in linea d’asse tradizionale. Ovviamente non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di fare una semplicissima
comparazione diretta. Pur tenuto conto che la carena dell’altra unità non
era altrettanto pulita, i risultati sono stati a dir poco eclatanti, non tanto
e non solo per la velocità massima (34 nodi per il bimotore, 31,5 per
il monomotore) quanto piuttosto per l’accelerazione che invece ha visto
letteralmente e sorprendentemente dominare il secondo. Ovviamente, il
cantiere ha molto curato gli aspetti legati all’affidabilità e alla sicurezza
di questo sistema e, sotto questo profilo, il pezzo forte è costituito dalla
compartimentazione stagna che, all’interno della sala macchine, circonda il motore e la trasmissione isolandola da tutto il resto: in sostanza,
in caso di gravi problemi (urti violenti sul fondo, sfilamento dell’asse
eccetera), l’eventuale allagamento resterebbe confinato al suo interno per
un volume di 0,75 metri cubi, dunque tale da non compromettere in alcun
modo il galleggiamento dello scafo. Altrettanto interessante è il risultato
in termini di consumo: utilizzando l’infallibile sistema della buretta graduata (al quale si deve lo sviluppo solo parziale del diagramma) abbiamo
registrato un flusso di 35 litri l’ora alla velocità economica di 20 nodi. Si
tenga conto, peraltro, che l’attento lavoro di perfezionamento tuttora in
atto, soprattutto per quanto riguarda l’elica, porterà sicuramente a un ulteriore miglioramento. La guida è più fluida rispetto a quella della versione
classica bimotore e, a parte una leggera controcoppia in fase di accelerazione (che si traduce in un lieve sbandamento temporaneo sulla sinistra),
è quella che caratterizza qualsiasi scafo planante monomotore, compresa
la fase di manovra in porto, per la quale è assai utile l’aiuto dell’elica di
prua. Sebbene concentrati su questi fondamentali aspetti tecnici, non ci
siamo dimenticati di valutare il natante anche nella sua qualità di cabinato. Frutto di un design decisamente avanzato, l’Alchimia 32 è un open
originale e assai gradevole che, tanto in esterno quanto sottocoperta, offre
una spiccata sensazione di ampio spazio vitale. La forma degli arredi, le
scelte cromatiche e gli inserti artistici personalizzati (optional) costituiscono un insieme decisamente funzionale ed elegante.
Vuoi vedere altre foto della barca in prova? Vai su: www.nautica.it/photo
83
Winston Churchill
LORD
DEL
MARE
di Daniele Busetto
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Cinquant’anni fa moriva
l’inglese più famoso
della sua epoca.
Nominato due volte Primo
Lord dell’Ammiragliato,
fu statista, scrittore, storico
e quotato pittore di molti
quadri di marine.
I
l 24 gennaio 1965 a Londra si spegneva
a 81 anni Sir Winston Leonard Spencer
Churchill. Nato a Woodstock, il 30 novembre 1874, Winston Churchill, discendeva
dai Duchi di Marlborough ed era legato da una
lontana parentela a Diana Spencer, consorte sino
al 1996 di Carlo, figlio della Regina Elisabetta
II. Churchill studia a Harrow e nel 1893, ammesso all’Accademia Militare Reale di Sandhurst, dimostra anche un notevole talento per la
scrittura, decide così di trascorrere qualche anno
come corrispondente a Cuba, in India e Sudafri-
ca. Grazie ai suoi articoli sulla guerra afgana del
1897 pubblica il libro “The Story of the Malakand Field Force”, 1898.
Winston Churchill è presente per quasi sessant’anni nella scena politica inglese, ricopre
numerose cariche politiche e di governo. Nei
primi anni del Novecento è a capo del Ministero per il commercio e l’industria e Segretario
di Stato per gli Affari interni. Durante la prima
guerra mondiale ricopre la carica di Primo Lord
dell’Ammiragliato e Ministro delle Munizioni,
il ministero che sovrintendeva alla produzione
bellica. Nel 1911 quando divengono chiare le
mire espansionistiche della Germania, Churchill
viene nominato Primo Lord dell’Ammiragliato
– ruolo corrispondente a Ministro della Marina
Militare – con lo scopo dichiarato di mantenere
la superiorità della Royal Navy sulla Kaiserliche
Marine – la Marina Militare Tedesca – in tutti i
possibili teatri di un futuro conflitto. Contro ogni
resistenza, Churchill riesce a imporre l’attuazione di un vasto programma di modernizzazione
della Marina, avviando un processo per il rafforzamento della flotta rivolto alle innovazioni,
in particolare con lo sviluppo dell’aviazione di
marina e l’ammodernamento della flotta britannica mediante l’utilizzo di motori a gasolio. Da
quest’ultima decisione dipenderà l’importanza
strategica assunta dai giacimenti petroliferi in
La portaerei di ghiacchio,
l’arma navale segreta di Winston Churchill
Winston Churchill approva nel dicembre del 1942 il progetto
di una portarei da 2 milioni di tonnellate, l’HMS Habakkuk,
concepito da Lord Mountbatten e Geoffrey Pyke. La gigantesca
nave doveva essere lunga 600 metri e larga 90, con pareti
dello spessore di 13 metri, il pescaggio previsto era di 12
metri. La realizzazione doveva essere svolta in Canada utilizzando tra gli altri materiali 280.000 blocchi di ghiaccio. Nel
1943 la Montreal Engineering Company Ltd. dietro richiesta
del Primo Ministro Winston Churchill accetta la commessa del
progetto Habakkuk. Il progetto viene perfezionato prevedendo
per l’originale costruzione un materiale composto da una mistura di ghiaccio e cellulosa, nota come Pykrete. All’interno del
vascello un impianto refrigerante avrebbe mantenuto l’intera
struttura allo stato solido. La nave, sia pur dotata di una manovrabilità molto ridotta, doveva avere una velocità di circa 10 nodi, grazie all’utilizzo di ben 26 motori
elettrici montati su supporti esterni, per evitare calore eccessivo. L’armamento previsto includeva 40
torrette con cannoni oltre alle mitragliatrici antiaeree e il trasporto fino a 150 bombardieri o caccia.
Un blocco di Pykrete era potenzialmente indistruttibile, proprio grazie alla sua originale conformazione,
che lo rendeva inattaccabile dalle armi convenzionali, a patto che fosse mantenuto a basse temperature. Gli studi sul ghiaccio e sul Pykrete furono condotti a Lake Louise nell’Alberta, con la costruzione di
un prototipo di piccole dimensioni. Il progetto viene proseguito fino al 1944 e poi sospeso quando il problema dei sottomarini nemici operanti nel medio Atlantico viene risolto. Il prototipo costruito in Canada
si scioglie completamente dopo tre estati.
Una foto di Winston Churchill
marinaretto nel 1881.
Nella pagina accanto, il Sir
in un dipinto di John Leigh
Pemberton esposto al National
Maritime Museum di Greenwich.
Mesopotamia (controllata allora dall’Impero
Ottomano) e in Persia, paese formalmente indipendente, ma situato nella
sfera di influenza sia russa sia
britannica. E’ da qui che parte
la conseguente campagna militare britannica nell’area del
Golfo Persico.
Il 4 agosto 1914 scoppia il
primo conflitto mondiale
e nel mese di ottobre dello
stesso anno Churchill ordina l’invio di tremila fanti di
marina in aiuto ad Anversa,
allora già assediata. Questa
mossa non salverà Anversa
dalla capitolazione ma permetterà alla flotta britannica
di assumere e mantenere il controllo dei mari.
Churchill è uno dei promotori dello sbarco alleato nella penisola di Gallipoli sui Dardanelli nel gennaio 1915, un’ambiziosa operazione
militare che aveva l’obiettivo di aprire un collegamento via mare con i russi attraverso la
conquista di Istanbul. La campagna militare
però si dimostra molto più difficile del previsto per l’efficace difesa degli ottomani, e gli
alleati, dopo aver subito pesantissime perdite,
decidono il ritiro da Gallipoli. 89
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