Novità Scheda tecnica RM 10,70 Sostanza e forma Linea moderna e accattivante, costruzione solida, vocazione alturiera se non addirittura oceanica. Il nuovo 11 metri di Fora Marine è proprio bello. Non che il 10,60 – modello che va a sostituire completando il rinnovamento della gamma – non lo fosse, ma si nota il fine lavoro di styling fatto dal team di progetto e dal cantiere. Per non parlare della grande scelta di colori per le finiture. Lo scafo è più lungo – fuori tutto e soprattutto al galleggiamento – appena più largo, e vede aumentare di 8 centimetri anche il pescaggio della versione a doppia chiglia. Il dislocamento è contenuto entro i 4.900 chilogrammi. Come tradizione di questo produttore francese, la scocca a spigolo è realizzata in compensato marino con l’applicazione di resina epossidica. Se ne ottiene una costruzione semplice e solida che riscuote un grande successo. Tanto che le linee di produzione sono tutte al completo. L’opera morta del nuovo 10.70 mostra la prua leggermente rovescia, con il bompresso strutturale che contiene anche il musone dell’ancora e lo spigolo di stabilità ben marcato su tutta la fiancata, da prua a poppa. La tuga è meno ingombrante che sul 10.60, risultando più profilata e in armonia con le proporzioni generali della barca. Altra novità è l’introduzione della doppia timoneria a ruota, che rende ancora più facili i movimenti dell’equipaggio in pozzetto. Le manovre sono disposte in modo da rendere possibile l’uso in equipaggio ridotto e per, quanto riguarda il posizionamento dei winch delle scotte, si avvalgono di due comode torrette di fronte alle quali si può agire in piedi. Rimane lo specchio di poppa aperto, che alla fonda si trasforma in una grande plancetta per fare il bagno. L’armo pre- vede un albero di ben 17 metri di altezza sull’acqua, una randa di buone dimensioni, ma non esagerata, e il genova tradizionale. Nonostante le crocette fortemente acquartierate, è previsto anche uno stralletto per eliminare il pompaggio del profilo d’alluminio con mare molto mosso. Lo sdoppiamento delle sartie – con le lande delle alte posizionate in falchetta e quelle delle basse a filo tuga – mantengono i passavanti totalmente sgombri. E’ prevista l’opzione fra la chiglia doppia, con pescaggio a 1,68 metri, e quella basculante. Rispetto al modello precedente gli interni mantengono la stessa impostazione generale, ma guadagnano una vera cabina separata a prua al posto del più sportivo cuccettone. Dunque ci sono complessivamente due vere cabine matrimoniali, una davanti e l’altra dietro, dotate di un buon piano di calpestio, un grande letto e armadiature capienti. Il quadrato è molto tradizionale, con due divani lineari contrapposti e al centro il tavolo con le ante abbattibili. Degna di nota l’ampia superficie di lavoro e i volumi della cucina – entrando sottocoperta sulla dritta – certamente degna di una barca di taglia superiore. Molto comodo anche il piano del tavolo di carteggio, contrapposto sul lato sinistro. Dall’unico bagno, posto in prossimità della postazione del navigatore, si accede direttamente al grandissimo gavone che si sviluppa lungo il fianco del pozzetto. Da notare anche il vano tecnico posto a poppavia del motore. La luminosità è la caratteristica principale degli ambienti sottocoperta ed è assicurata dalle grandi finestrature, laterali e frontali, che consentono anche di controllare la navigazione dall’interno. Un dettaglio non da poco visto lo spirito del progetto. Per informazioni: Yachtsynergy srl, Marina Cala Galera 24, 58018 Porto Ercole (GR), Tel. 0564 830234; [email protected] Roberto Neglia 34 MAXY YACHTS 1200 Un nuovo Maxy più mediterraneo È stato presentato in anteprima mondiale al Boot di Düsseldorf il nuovo modello di Maxy Yachts, il 1200. Questa ultima imbarcazione va a sostituire il precedente 38+, dandogli una caratterizzazione più mediterranea, pur non dimenticando le caratteristiche di “imbarcazione oceanica” che hanno sempre caratterizzato gli scafi del cantiere svedese. Il 1200, sempre disegnato dal famoso architetto e campione olimpico svedese Pelle Petterson, segue infatti le nuove tendenze cominciate con il 1300: pozzetto poppiero ampio ma protetto e doppia timoneria con tavolo ad ante abbattibili. La gestione delle scotte asservita da una batteria di tre winch, tutti a portata del timoniere e con il centrale destinato alla regolazione della randa, facilita la conduzione della barca anche con equipaggio ridotto. Lo scafo, rinforzato in fibra di carbonio, presenta sezioni di prua molto svasate, spigoli a poppa e manovre rinviate in pozzetto, per una buona prestazione anche in regata. Gli interni, disegnati dalla matita di Tony Ca- Scheda tecnica Lunghezza fuori tutto: m 12,16 – Lunghezza scafo: m 11,56 – Lunghezza al galleggiamento: m 10,60 – Larghezza massima: m 3,75 – Pescaggio chiglia corta/standard/lunga: m 1,75/2,00/2,32 – Peso: kg 6.900 (chiglia a T) di cui 2.470 di zavorra – Superficie velica randa: mq 46,50 – Superficie velica fiocco (100% LPG): mq 37,50 – Potenza motore: entrobordo diesel HP 28 – Capacità serbatoio carburante: 150 litri – Capacità serbatoi acqua dolce: 260 litri – Capacità serbatoi acque scarichi: 60 litri – Categoria di progettazione CE: A per 8 persone. stro, confermano l’impostazione armatoriale della barca, con due grandi cabine, un bagno e una zona giorno particolarmente ampia e luminosa, grazie alle superfici laccate lucide. Osteriggi a filo, un’ampia zona prendisole a prua e un piccolo bompresso di serie conferiscono un aspetto elegante al Maxy Yachts 1200. Per ulteriori informazioni: Sailpassion Srl, Tel. 3382879114 - 3498028701; [email protected] Stefano Ruia 35 posto dalla britannica Land & Marine Products, che ha inventato la Jason’s Craddle(www.jasonscradle.co.uk/), la culla di Jason. Prodotta in due linee, una destinata espressamente ai mezzi di salvataggio, l’altra più adatta alle imbarcazioni da diporto, essa consiste in una struttura articolata che, vagamente simile a un tappetino per doccia, a un’estremità deve essere assicurata al trincarino della barca, all’altra (cioè quella che deve essere srotolata in acqua), deve essere collegata a un cavo di forza, come per esempio una drizza. Il suo funzionamento come “ascensore” è semplice quanto intuitivo e la sua utilità è incalcolabile. UNA CULLA PER RINASCERE Il salvataggio di un uomo caduto in mare, soprattutto in condizioni meteo avverse, è in assoluto l’operazione più difficile e drammatica che si possa immaginare. Uno dei problemi più delicati – secondo molti, il più rischioso – è costituito dal recupero propriamente detto, cioè il sistema con il quale si intende issare a bordo il malcapitato. In diverse occasioni abbiamo trattato l’argomento, indicando i possibili metodi che, oltre a garantire il ritorno a bordo, sono anche in grado di non provocare traumi. Il più sicuro, tuttavia, è quello recentemente pro- RECUPERO DI UOMO A MARE DA BOLINA traverso. Non appena rileviamo l’uomo al traverso sottovento (a dritta, nell’esempio), restiamo sul bordo ancora per un paio di minuti. Fase III. Abbattiamo, assumendo un’andatura al lasco. Fase IV. Non appena siamo al traverso dell’uomo in mare, orziamo in bolina, puntandolo leggermente sottovento (circa un paio di lunghezze, a seconda delle caratteristiche della barca). Fase V. Appena l’uomo è esattamente sopravvento, orziamo nella sua direzione, lascando tutta la tela, e lo raggiungiamo con l’abbrivo residuo. 50 RECUPERO DI UOMO A MARE DA LASCO - 1 Mob dal lasco (III) Fermo restando che, con l’esercizio, le procedure già descritte possono essere notevolmente abbreviate, esiste un’altra variante che solo apparentemente sembra la più semplice ma che, in realtà, richiede l’impegno di un equipaggio esperto e ben allenato. Il suo vantaggio è la velocità del recupero. Il suo rischio è la possibilità di ritrovarsi in fase conclusiva troppo sottovento all’uomo, tanto da dover ricominciare da capo con un’altra procedura (con effetti psicologicamente deleteri sia sull’uomo da recuperare sia sull’equipaggio impegnato nell’azione). Fase I. Orziamo mediante un’accostata molto ampia, che si conclude con una virata con la prua quasi sull’uomo. Fase II. Appena l’uomo è esattamente sopravvento, orziamo nella sua direzione, lascando tutta la tela, e lo raggiungiamo con l’abbrivo residuo. Il recupero a bordo Non possiamo nascondere il fatto che, una volta raggiunto l’uomo caduto in mare, si è soltanto – bene che vada – a metà dell’opera. Questo perché, soprattutto in condizioni di mare difficili (guarda caso, proprio quelle che più facilmente possono portare a una caduta), il suo recupero a bordo può risultare molto complicato e, perciò, molto più lungo del previsto. Il miglior modo per affrontare questa fase è avvicinarsi senza puntare direttamente sul malcapitato, ma portandosi di fianco fino a una distanza di circa 5 metri, utile al lancio del salvagente, dopo averlo opportunamente assicurato alla barca mediante la sua sagola galleggiante. In alcuni casi, come per esempio quando il l’uomo non mostra segni di vitalità o quando manifesta la necessità di un immediato supporto psicologico e/o fisico, può rendersi indispensabile tuffarsi per raggiungerlo a nuoto. Ciò deve avvenire solo ed esclusivamente se ci si sente in grado di farlo e dopo aver indossato il proprio salvagente individuale. Da questo momento in poi, si deve agire con rapidità ma senza fretta. La pri- rendere l’operazione più semplice. Ma non possiamo dare per scontato che l’uomo in mare indossi la cintura, né possiamo immaginare di fargliela indossare mentre è in acqua. L’ideale, dunque, è poter ricorrere a uno strumento ausiliario appositamente creato a tale scopo, come la culla di salvataggio Jason’s Craddle o quella che noi chiamiamo “velaccia”: un accessorio che può essere ricavato con una spesa irrisoria da una vecchia vela pesante. Cultura e allenamento Se c’è una cosa che caratterizza i velisti, assai più dei motoscafisti, è la loro incontenibile passione per le dissertazioni. Li senti parlare tra loro, in banchina, e ti sembra di intercettare una discussione tra Russel Coutts, Paul Cayard e Charlie Ekberg. Ma poi RECUPERO DI UOMO A MARE DA LASCO - 2 ma attenzione da parte di chi governa la barca deve essere rivolta a fare in modo che nessuna parte dello scafo possa urtare chi è in acqua. Se il mare è calmo (condizione purtroppo rara quando si ha a che fare con una caduta) e la barca è stabile, il recupero può avvenire da poppa, con l’aiuto – se presenti – della scaletta balneare e della piattaforma. Se invece il mare è mosso e lo scafo beccheggia, la poppa deve essere assolutamente dimenticata, in quanto la possibilità che provochi traumi è molto elevata. Perciò, in questa circostanza, il recupero deve avvenire più o meno a mezzanave, laddove cioè l’escursione del movimento oscillatorio RECUPERO DI UOMO A MARE DA LASCO - 3 risulta decisamente ridotta. Qui il problema più cospicuo può essere costituito dall’altezza dello scafo sull’acqua e dalla presenza di una battagliola. Piuttosto che improvvisare subito tentativi di afferramento delle mani e delle braccia, pericolosi sia per chi sta a bordo sia per chi sta in acqua, è bene utilizzare come piattaforma intermedia il tender, soprattutto se si tratta di gommone, dopo averlo ben assicurato fianco a fianco alla murata mediante una coppia di robusti cavi. Il tutto può essere coadiuvato da un argano volante che, fissato sul boma e collegato direttamente con la cintura di sicurezza della persona da sollevare, può effettivamente li vedi manovrare per prendere il largo e ti accorgi che il livello non è precisamente quello. Intendiamoci, non ci sarebbe assolutamente nulla di criticabile se questo gap non riguardasse anche i temi della sicurezza, per i quali i relativi manuali e gli articoli come questo servono davvero a poco, se non vengono affiancati da una seria e responsabile pratica sul campo. In un suo vecchio libro dedicato alle emergenze, il comandante Roberto Mannucci raccomanda: “Ogni giorno, durante la navigazione, tratta uno di questi argomenti con il tuo equipaggio e simula l’emergenza. E’ un addestramento che un giorno potrebbe salvarti la vita”. 51 Per il serbatoio del gasolio – a differenza di quello della benzina che è bene svuotare – si consiglia di riempirlo a tappo in modo da ridurre l’aria al suo interno evitando così la formazione di condensa. Si può aggiungere un biocida (dopo il pieno) ed eventualmente un additivo contro fanghi, morchie e paraffine. Mantenerne pulito l’esterno è anche un buon modo per verificare a colpo d’occhio eventuali future perdite. Da ultimo passiamo a pulire il filtro dell’aria. Possiamo utilizzare della benzina per rimuovere i detriti dalla spugnetta posta al suo interno. Tuttavia consigliamo la sostituzione annuale, il motore lavorerà in maniera sempre efficiente, riducendo il consumo di carburante (foto M). IMPIANTO DI ALIMENTAZIONE G H H I G) Il filtro separatore acqua-gasolio (racor) consta di un contenitore e di una cartuccia che va sostituita. H) La cartuccia del filtro gasolio. Una volta svitata (eventualmente con l’apposita pinza) si deve riposizionare la guarnizione, un’operazione da eseguire alla cieca, infilandola intorno 66 al perno centarle del portafiltro. La seconda immagine mostra il dado che andrà svitato per effettuare lo spurgo. I) In rosso il punto dove la guarnizione di cui alla foto sopra va a baciare con la cartuccia. L) Allentato il dado dello spurgo (foto H), si procede ad aspirare L’IMPIANTO DI LUBRIFICAZIONE Ogni costruttore prevede un tempo di uso per la sostituzione dell’olio e del filtro olio, in genere ogni 100/150 ore di funzionamento, ma comunque una volta per stagione, al fine di impedire dannosi logorii del motore. Prima di procedere si deve scaldare il propulsore. Quindi estrarre il lubrificante esausto, utilizzando l’apposita pompa dopo estratto l’astina del livello (foto N). Occorre munirsi di uno spezzone di tubo di gomma da collegare alla pompa per raccogliere l’olio in contenitori idonei a conferirlo L M a un centro di raccolta e smaltimento. Prima di procedere è meglio rimuovere la cartuccia del filtro, generalmente posta in una posizione in basso e non sempre facilmente accessibile (foto O). Se necessario, ci si può aiutare con una pinza a catena. Umettare la guarnizione della nuova cartuccia prima di riavvitarla, usando dell’olio motore (foto P). Ora è possibile inserire il nuovo lubrificante secondo le specifiche indicate dal libretto del motore. Generalmente si tratta un 10W40. Ne va versata la quantità prevista dal costruttore, dopo alcuni minuti si reinserisce l’astina per verificare il livello e si provvede, se necessario, a un ulteriore rabbocco. All’inizio della stagione o al varo ci si dovrà ricordare di ricontrollate il livello dell’olio prima di riavviare il motore. Al rimessaggio si dovrà sostituire anche l’olio dell’invertitore o del piede. Attenzione, la presenza di una colorazione grigiastra del lubrificante esausto potrebbe indicare infiltrazioni d’acqua. Se il propulsore è equipaggiato con una trasmissione S-drive la membrana di tenuta tra la sella del motore e il piede deve essere controllata con estrema attenzione. La presenza di sporco o di residui di gasolio può accelerarne l’invecchiamento. In presenza di screpolature o danneggiamenti ci si dovrà rivolgere all’assistenza per la sostituzione. Per la trasmissione ad asse una verifica importante è quella della cuffia, il cappuccio in gomma che viene fissato sulla parte interna dell’astuccio (foto Q). Va ispezionata e sostituita in caso di screpolature e comunque entro i limiti imposti dalla casa produttrice (generalmente 500 ore o comunque non più di cinque anni). Prima di rimettere la barca in acqua andrà comunque spurgata dall’aria: basta prendere la cuffia tra il pollice contrapposto all’indice e il medio e premere con una certa decisione. In questo modo il labbro si ovalizza e l’aria presente fuoriesce fino alla comparsa di un po’ di acqua. A questo punto il lavoro è completato. M gasolio nel circuito, azionando la levetta della pompetta C, fin quando cessa di uscire aria. A quel punto si serra il dado quasi per intero e si fa girare il motore. Uscite le ultime bolle d’aria si può strigerlo definitivamente. M) Il filtro dell’aria mostra evidenti annerrimenti: sostituirlo. 67 32 Bimax ALCHIMIA Testo e foto di Corradino Corbò Impressione di navigazione n. 1582 P Prezzo base: Euro 100.000 Iva esclusa 82 rendendo spunto dai due aspetti “deboli” della linea d’asse – il suo forte angolo di inclinazione e le turbolenze generate a monte dell’elica dagli astucci, dai braccetti e dallo stesso asse – i tecnici del cantiere Bimax hanno sviluppato un nuovo sistema di trasmissione che, applicato per la prima volta sull’Alchimia 32 di questa prova, offre risultati estremamente interessanti. In acqua, lo scafo – già collaudato per migliaia di miglia in Una volta tanto, l’uso del termine “rivoluziona- altura, con la propulsione rio” è lecito per indicare il senso di un natante bimotore in linea d’asse che, esteticamente elegante e originale, nascon- – appare assolutamente de fondamentali soluzioni tecniche mai appli- identico a quello che conoscevamo con il nome di cate fino ad ora su una unità da diporto. Diamond 32, ma in carena e in sala macchine c’è stata una vera rivoluzione. L’unica linea d’asse, infatti (stavolta si tratta di un monomotore da 350 cavalli, con motore ausiliario a trasmissione idraulica optional), esce dall’opera viva al contrario, cioè verso prua. Pertanto l’elica – proprio come nell’IPS della Volvo Penta – è trattiva e non spingente, con il grande vantaggio di potersi avvitare in un’acqua “pulita”. Inoltre, essendo rivolta verso prua con un Scheda tecnica o Progetto: Bimax Service Hi-Tech o Costruttore: Bimax, Zona Industriale Minturno (LT), tel. 338 6194771, cell. 339 7674716 o Categoria di progettazione CE: B o Materiali e costruzione: scafo vetroresina stratificata a mano, coperta sandwich o Lunghezza massima f.t.: m 9,80 o Larghezza massima: m 3,15 o Immersione alle eliche: m 1,00 o Dislocamento a vuoto: kg 4.800 o Portata omologata persone: 10 o Totale posti letto: 4 o Potenza massima installabile: 2 x 350 HP o Motorizzazione della prova: VM 4.2 marinizzato Nanni o Potenza complessiva: 1 x 350 HP o Tipo di trasmissione: linea d’asse inversa o Peso totale motore: kg 460 o Velocità massima dichiarata: nodi 32,5 o Capacità serbatoio carburante: litri 450 o Capacità serbatoio acqua: litri 150 o Trasportabilità su strada: camion o Dotazioni standard: caricabatterie, boiler, hi-fi, frigo da 84 litri, strumentazione motore. o Optional: elica di prua, gruppo elettrogeno con propulsione idraulica ausiliaria da 7,5 kW, vernice metallizzata, coperta di teak, tettuccio estensibile elettrico, personalizzazione artistica. o Prezzo della barca provata full optional: Euro 136.000 IVA esclusa. angolo di 7 gradi, l’inclinazione dell’asse si trova a essere compensata dal naturale appoppamento dello scafo in navigazione, con il risultato che, in assetto di planata, l’elica lavora con appena 3 gradi di inclinazione: un risultato mai raggiunto fino ad oggi dalla tradizionale linea d’asse, neppure nel caso di carene a tunnel. Il caso vuole che il giorno della nostra prova avessimo a disposizione anche uno scafo gemello ma dotato di propulsione bimotore – 2 x 320 HP – in linea d’asse tradizionale. Ovviamente non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di fare una semplicissima comparazione diretta. Pur tenuto conto che la carena dell’altra unità non era altrettanto pulita, i risultati sono stati a dir poco eclatanti, non tanto e non solo per la velocità massima (34 nodi per il bimotore, 31,5 per il monomotore) quanto piuttosto per l’accelerazione che invece ha visto letteralmente e sorprendentemente dominare il secondo. Ovviamente, il cantiere ha molto curato gli aspetti legati all’affidabilità e alla sicurezza di questo sistema e, sotto questo profilo, il pezzo forte è costituito dalla compartimentazione stagna che, all’interno della sala macchine, circonda il motore e la trasmissione isolandola da tutto il resto: in sostanza, in caso di gravi problemi (urti violenti sul fondo, sfilamento dell’asse eccetera), l’eventuale allagamento resterebbe confinato al suo interno per un volume di 0,75 metri cubi, dunque tale da non compromettere in alcun modo il galleggiamento dello scafo. Altrettanto interessante è il risultato in termini di consumo: utilizzando l’infallibile sistema della buretta graduata (al quale si deve lo sviluppo solo parziale del diagramma) abbiamo registrato un flusso di 35 litri l’ora alla velocità economica di 20 nodi. Si tenga conto, peraltro, che l’attento lavoro di perfezionamento tuttora in atto, soprattutto per quanto riguarda l’elica, porterà sicuramente a un ulteriore miglioramento. La guida è più fluida rispetto a quella della versione classica bimotore e, a parte una leggera controcoppia in fase di accelerazione (che si traduce in un lieve sbandamento temporaneo sulla sinistra), è quella che caratterizza qualsiasi scafo planante monomotore, compresa la fase di manovra in porto, per la quale è assai utile l’aiuto dell’elica di prua. Sebbene concentrati su questi fondamentali aspetti tecnici, non ci siamo dimenticati di valutare il natante anche nella sua qualità di cabinato. Frutto di un design decisamente avanzato, l’Alchimia 32 è un open originale e assai gradevole che, tanto in esterno quanto sottocoperta, offre una spiccata sensazione di ampio spazio vitale. La forma degli arredi, le scelte cromatiche e gli inserti artistici personalizzati (optional) costituiscono un insieme decisamente funzionale ed elegante. Vuoi vedere altre foto della barca in prova? Vai su: www.nautica.it/photo 83 Winston Churchill LORD DEL MARE di Daniele Busetto 88 Cinquant’anni fa moriva l’inglese più famoso della sua epoca. Nominato due volte Primo Lord dell’Ammiragliato, fu statista, scrittore, storico e quotato pittore di molti quadri di marine. I l 24 gennaio 1965 a Londra si spegneva a 81 anni Sir Winston Leonard Spencer Churchill. Nato a Woodstock, il 30 novembre 1874, Winston Churchill, discendeva dai Duchi di Marlborough ed era legato da una lontana parentela a Diana Spencer, consorte sino al 1996 di Carlo, figlio della Regina Elisabetta II. Churchill studia a Harrow e nel 1893, ammesso all’Accademia Militare Reale di Sandhurst, dimostra anche un notevole talento per la scrittura, decide così di trascorrere qualche anno come corrispondente a Cuba, in India e Sudafri- ca. Grazie ai suoi articoli sulla guerra afgana del 1897 pubblica il libro “The Story of the Malakand Field Force”, 1898. Winston Churchill è presente per quasi sessant’anni nella scena politica inglese, ricopre numerose cariche politiche e di governo. Nei primi anni del Novecento è a capo del Ministero per il commercio e l’industria e Segretario di Stato per gli Affari interni. Durante la prima guerra mondiale ricopre la carica di Primo Lord dell’Ammiragliato e Ministro delle Munizioni, il ministero che sovrintendeva alla produzione bellica. Nel 1911 quando divengono chiare le mire espansionistiche della Germania, Churchill viene nominato Primo Lord dell’Ammiragliato – ruolo corrispondente a Ministro della Marina Militare – con lo scopo dichiarato di mantenere la superiorità della Royal Navy sulla Kaiserliche Marine – la Marina Militare Tedesca – in tutti i possibili teatri di un futuro conflitto. Contro ogni resistenza, Churchill riesce a imporre l’attuazione di un vasto programma di modernizzazione della Marina, avviando un processo per il rafforzamento della flotta rivolto alle innovazioni, in particolare con lo sviluppo dell’aviazione di marina e l’ammodernamento della flotta britannica mediante l’utilizzo di motori a gasolio. Da quest’ultima decisione dipenderà l’importanza strategica assunta dai giacimenti petroliferi in La portaerei di ghiacchio, l’arma navale segreta di Winston Churchill Winston Churchill approva nel dicembre del 1942 il progetto di una portarei da 2 milioni di tonnellate, l’HMS Habakkuk, concepito da Lord Mountbatten e Geoffrey Pyke. La gigantesca nave doveva essere lunga 600 metri e larga 90, con pareti dello spessore di 13 metri, il pescaggio previsto era di 12 metri. La realizzazione doveva essere svolta in Canada utilizzando tra gli altri materiali 280.000 blocchi di ghiaccio. Nel 1943 la Montreal Engineering Company Ltd. dietro richiesta del Primo Ministro Winston Churchill accetta la commessa del progetto Habakkuk. Il progetto viene perfezionato prevedendo per l’originale costruzione un materiale composto da una mistura di ghiaccio e cellulosa, nota come Pykrete. All’interno del vascello un impianto refrigerante avrebbe mantenuto l’intera struttura allo stato solido. La nave, sia pur dotata di una manovrabilità molto ridotta, doveva avere una velocità di circa 10 nodi, grazie all’utilizzo di ben 26 motori elettrici montati su supporti esterni, per evitare calore eccessivo. L’armamento previsto includeva 40 torrette con cannoni oltre alle mitragliatrici antiaeree e il trasporto fino a 150 bombardieri o caccia. Un blocco di Pykrete era potenzialmente indistruttibile, proprio grazie alla sua originale conformazione, che lo rendeva inattaccabile dalle armi convenzionali, a patto che fosse mantenuto a basse temperature. Gli studi sul ghiaccio e sul Pykrete furono condotti a Lake Louise nell’Alberta, con la costruzione di un prototipo di piccole dimensioni. Il progetto viene proseguito fino al 1944 e poi sospeso quando il problema dei sottomarini nemici operanti nel medio Atlantico viene risolto. Il prototipo costruito in Canada si scioglie completamente dopo tre estati. Una foto di Winston Churchill marinaretto nel 1881. Nella pagina accanto, il Sir in un dipinto di John Leigh Pemberton esposto al National Maritime Museum di Greenwich. Mesopotamia (controllata allora dall’Impero Ottomano) e in Persia, paese formalmente indipendente, ma situato nella sfera di influenza sia russa sia britannica. E’ da qui che parte la conseguente campagna militare britannica nell’area del Golfo Persico. Il 4 agosto 1914 scoppia il primo conflitto mondiale e nel mese di ottobre dello stesso anno Churchill ordina l’invio di tremila fanti di marina in aiuto ad Anversa, allora già assediata. Questa mossa non salverà Anversa dalla capitolazione ma permetterà alla flotta britannica di assumere e mantenere il controllo dei mari. Churchill è uno dei promotori dello sbarco alleato nella penisola di Gallipoli sui Dardanelli nel gennaio 1915, un’ambiziosa operazione militare che aveva l’obiettivo di aprire un collegamento via mare con i russi attraverso la conquista di Istanbul. La campagna militare però si dimostra molto più difficile del previsto per l’efficace difesa degli ottomani, e gli alleati, dopo aver subito pesantissime perdite, decidono il ritiro da Gallipoli. 89