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2013
Giornalino dell’ Associazione Astrofili Agordini
“Cieli Dolomitici”
17/12/2003
17/12/2013
BUON DECIMO COMPLEANNO
CIELI DOLOMITICI
Dieci anni fa nasceva l’Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici”, la prima associazione di astrofili in
Agordino. La molla per la sua costituzione fu il Planetario di S. Tomaso, già costruito e che sarebbe stato inaugurato
qualche mese dopo. Tante erano le incognite e le paure. Saremmo stati capaci di gestire una struttura allora unica nel
bellunese, parlando di Astronomia a migliaia di persone? Dopo un decennio siamo ancora qui e con orgoglio possiamo
affermare che si, la sfida è vinta e che “Cieli Dolomitici” è ormai una realtà ben radicata sul territorio.
L’immagine di copertina, creata da Andrea De Nardin, ritrae la torta di compleanno con dieci candeline speciali. Siete in
grado di riconoscere quali oggetti celesti compongono le dieci fiammelle delle candele?
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SOMMARIO
LUCI ED OMBRE di Tomaso Avoscan pag. 3
I punti forti e quelli deboli della nostra Associazione
REQUIEM PER UNA COMETA di Claudio Pra pag. 4
La fine della ISON
LE SCIE CHIMICHE di Gianni Marigo pag. 5
Spiegazione di un fenomeno strumentalizzato dai soliti noti
IL RASOIO DI OCCAM di Alvise Tomaselli pag. 6
Un metodo per ragionare
LE PICCOLE GRANDI COSE DELLA VITA di Eva Gabrieli pag. 8
A volte basta poco per essere felici…
OSSERVARE IL CIELO UN SECOLO FA di Gianantonio Milani pag. 9
L’astrofilo di qualche decennio fa
L’ALTRO CIELO di Vittorio De Nardin pag. 11
Piccolo viaggio nel cielo australe
RIFLESSIONI SU UN GRANELLO DI POLVERE di Carl Sagan pag. 12
Teniamoci cara l’unica nostra casa
LE MERIDIANE DELL’AGORDINO di Giuseppe De Donà pag. 13
L’Agordino è ricco di orologi solari
IO, IL CIELO E L’ASSOCIAZIONE di Simone Pra pag. 16
Breve pensiero di un giovane astrofilo
LE ORIGINI DEL CALENDARIO adattamento di Claudio Pra pag. 17
Dare un ordine al tempo
VIAGGIO A ZURIGO di Andrea Cibien pag. 18
Tra lavoro e scienza
ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE pag. 19
IL GIORNALINO CERCA COLLABORATORI
Vuoi collaborare con il giornalino della nostra Associazione? Qualsiasi contributo sarà il benvenuto. Articoli
(anche molto semplici), domande, fotografie, vignette, disegni, ecc. non potranno che arricchire la nostra
pubblicazione. Manda il tuo materiale a:
Claudio Pra, via Saviner Di Calloneghe 22 32020 Rocca Pietore (Bl)
Per contattare il responsabile del giornalino
Claudio Pra:
Sito internet dell’Associazione:
www.cielidolomitici.it
e-mail : [email protected]
WEBMASTER Andrea De Nardin
Telefono: 0437/523186
Indirizzo: via Saviner Di Calloneghe 22
32020 Rocca Pietore (Bl)
e-mail
[email protected]
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LUCI ED OMBRE di Tomaso Avoscan
Come celebra il simpatico aforisma riguardante due aspetti antitetici quali matrimoni e divorzi, “i matrimoni
sono la principale causa dei divorzi”, parimenti si può affermare che anche luce ed ombra sono strettamente
collegate e conseguenti tra di loro e nessuna delle due può essere pienamente apprezzata se non comparata con
l’altra. In qualità di presidente dell’Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici“, al traguardo del decimo
anno di attività, voglio evidenziare proprio luci ed ombre della nostra associazione.
“Cieli Dolomitici”, che raggruppa appassionati dell’osservazione del cielo e delle materie legate
all’Astronomia in generale, si è costituita ufficialmente nel dicembre 2003. Per statuto, esercita l’attività
privilegiando la divulgazione delle materie legate al cielo con incontri specifici e serate osservative. Dalla
primavera 2004, sulla base di una convenzione con il Comune di San Tomaso, gestisce il Planetario del Centro
Astronomico Provinciale “Emigranti “ del medesimo Comune.
Fra le attività svolte, una delle principali è la divulgazione della conoscenza del cielo agli studenti delle scuole
della Provincia, sia presso il sopra citato Planetario, sia presso le sedi degli istituti scolastici, sia in occasione di
particolari uscite sul territorio.
La nostra attività ha promosso la conoscenza dell'Astronomia e dei fenomeni celesti nell'Agordino ed anche
oltre i confini geografici del territorio.
Proprio per questo, in data 28 novembre 2009, il Circolo Culturale Agordino ci ha conferito un premio per la
diffusione della cultura nella Vallata Agordina, risultato particolarmente importante che ci ha reso orgogliosi e
che ha premiato il nostro costante impegno, stimolandoci a continuare nella nostra "missione".
Cieli Dolomitici ha svolto e continua a svolgere le attività sopra descritte in forma gratuita, finanziandosi per
buona parte con i proventi derivanti dal tesseramento.
Soci fondatori
Grande l’entusiasmo dei 9 soci fondatori il giorno 17 dicembre 2003, data ufficiale della nascita di “Cieli
Dolomitici” (luce). Peccato per la pressoché immediata uscita dall’Associazione di uno dei fondatori e il
limitatissimo impegno di qualche altro (ombra). Confidiamo in un vecchio adagio ……… “pochi ma buoni!”
Associati
Nonostante il consistente numero di iscrizioni con cui è partita l’Associazione nel 2003 (104), frutto
ovviamente anche di un entusiasmo temporaneo e contingente legato alla novità della nostra proposta, i Soci
sono andati via via diminuendo fino a raggiungere lo zoccolo duro che si è consolidato negli ultimi anni a circa
40 iscritti. A consolarci per la perdita di iscrizioni c’è stato l’arrivo di qualche nuovo aderente molto motivato
e interessato (luce).
Purtroppo in quasi tutte le numerose manifestazioni organizzate si è dovuta comunque constatare la scarsissima
partecipazione da parte degli Associati (ombra).
Scuole
L’attività divulgativa presso il Planetario a favore delle scuole è stata intensa e continua (luce).
Le visite hanno riguardato quasi sempre classi della scuola primaria, più raramente classi di scuola secondaria
di primo grado e rarissimamente classi della scuola primaria di secondo grado (ombra).
Le visite sono state proposte perlopiù da singoli insegnanti particolarmente sensibili alla validità trasversale
dell’insegnamento dell’Astronomia (luce).
Salvo l’unico caso di una insegnante Liceale particolarmente motivata ed interessata all’Astronomia, è
completamente mancato l’interesse da parte dei docenti di una scuola particolarmente importante come il Liceo
Scientifico (ombra).
Pubblico.
L’attività divulgativa presso il Planetario a favore del pubblico è stata altrettanto intensa e continua (luce),
seppure limitata quasi esclusivamente ad un pubblico “foresto”. Da qualche anno nel periodo estivo
l’Associazione propone delle serate divulgative al Planetario in collaborazione con gli Uffici Turistici di
Alleghe e Falcade. L’iniziativa ha avuto sinora un discreto successo tanto che ci è stata recentemente richiesta
la medesima disponibilità anche per il periodo invernale (luce).
Scarsa e saltuaria è risultata invece la fruizione della struttura da parte dei nostri valligiani, rimarcando ancora
una volta di più la loro scarsa propensione ad aderire ad una qualsiasi proposta culturale (ombra).
Luci ed ombre ……Tutte le osservazioni celesti si fanno per mezzo della luce e dell’ombra e tutte le ombre
parlano del Sole, seppure sottovoce. Luci ed ombre continueranno ad accompagnare anche in futuro la nostra
attività ma questo non ci deve preoccupare più di tanto anche perché … è proprio la luce a rivelare l’ombra.
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REQUIEM PER UNA COMETA di Claudio Pra
LA SCOPERTA, L’ EUFORIA E I PRIMI DUBBI
La C/2012 S1 ISON passerà alla storia come la cometa dei sogni infranti.
Scoperta nel settembre 2012 da un sistema automatico di monitoraggio del
cielo coordinato dalla Russia, l’International Scentific Optical Network, venne
subito indicata come possibile grande cometa. In quel periodo la sua debole
luminosità era comunque considerata notevole per la distanza, ma soprattutto la
sua orbita l’avrebbe portata nel dicembre 2013 a sfiorare il Sole, passando a
poco più di un milione di chilometri dalla superficie della nostra stella. Le
previsioni sul suo possibile picco luminoso furono quindi piuttosto concordi
nell’assegnarle valori alti, in qualche caso altissimi. Stavolta, a godere dello
spettacolo, sarebbero stati gli osservatori boreali, cioè noi, dopo che negli ultimi
Il relitto della ISON nelle anni era toccato agli australi ammirare incredibili show. Prima della ISON, a
immagini della sonda SOHO marzo 2013, abbiamo però potuto osservare un’altra notevole cometa , la
C/2011 L4 PANSTARRS, bellissima, luminosa ma che non ha regalato ciò che
molti attendevano (ne abbiamo parlato nello scorso giornalino). Passata la PANSTARRS tutto l’interesse si
incentrò sulla ISON, dalla quale però non arrivavano buone notizie . L’oggetto cominciò infatti a sollevare
qualche dubbio dato che la progressione luminosa non seguiva la curva di luce prevista. In pratica la cometa
non cresceva come avrebbe dovuto. Le previsioni furono così riviste al ribasso, ma continuavano comunque ad
indicare un ottima luminosità per dicembre. I problemi di crescita dalla ISON sono continuati praticamente per
tutto il 2013 ma si sa, le comete sono imprevedibili e una volta vicine al Sole chissà cosa succede...
LE MIE OSSERVAZIONI
Dopo parecchi tentativi falliti ho avvistato per la prima volta la ISON a metà ottobre, trovandola molto
deludente pur se osservata con un grande strumento. Successivamente è migliorata molto, cominciando a
sfoggiare anche una corta codina. L’ho vista per l’ultima volta a metà novembre, ormai bassa sull’orizzonte e
avviata all’incontro con il Sole. Pur in presenza di un forte disturbo lunare era luminosa e compatta, con la coda
decisamente più lunga. Contavo di osservarla ancora qualche volta prima di perderla nel chiarore dell’alba e
invece il meteo non me lo ha permesso. Ma poco male, pensai, tanto il bello arriverà fra un paio di settimane.
Povero illuso…
L’INCONTRO FATALE CON IL SOLE
Arriviamo così ai giorni decisivi: nelle prime ore del 27 novembre, giornata che precede il passaggio alla
minima distanza dal Sole, la ISON, ormai non più osservabile da terra, entra nel campo visivo della sonda della
NASA SOHO, posizionata in un punto particolare dello spazio per studiare il Sole, mostrandosi meno luminosa
del previsto. Con il passare delle ore la cometa cresce in brillantezza eguagliando e poi superando la luminosità
di Antares, la stella alfa dello Scorpione contenuta a sua volta nel campo di SOHO.
Il giorno successivo, quello fatidico, è inizialmente segnalata molto luminosa (-3 magnitudini). Si comincia a
sognare…Poi però arriva un brusco e inaspettato calo di luminosità. Mancano poche ore al perielio, dovrebbe
crescere e invece cala. Bruttissimo segno
Chi può segue le immagini provenienti da SOHO in real time, ma io, essendo al lavoro, mi accontento delle
notizie che mi giungono via mail sul telefonino dagli amici del CARA (Cometary ARchive for Afro), un
gruppo che raccoglie i più attivi ed esperti osservatori italiani di comete. Pare di seguire “Tutto il calcio minuto
per minuto”.
La cometa, ormai prossima all’incontro ravvicinato con il Sole, sembra dissolversi man mano che va incontro a
quello che nelle immagini di SOHO sembra essere uno spaventoso drago sputafuoco, non mostrando infine più
una vera e propria testa. L’ipotesi più probabile è che il nucleo stia andando in mille pezzi, così come stanno
andando in mille pezzi i sogni degli appassionati. La ISON transita al perielio forse già completamente dissolta
in una scia spettrale. Le speranze sono ormai ridotte al lumicino.
La mattina successiva le immagini mostrano che qualcosa si è forse salvato, ma la cometa ha preso una botta
irrimediabile. Mi sento davvero avvilito e "svuotato". C'è di peggio nella vita, ma la sensazione è di aver perso
qualcosa di prezioso, che avevo visto crescere e su cui riponevo tante speranze. Poteva essere la cometa da
tramandare ai posteri con racconti fantastici, rimarrà invece un grande rimpianto. La ISON resta comunque una
bellissima esperienza vissuta in gruppo, seppure a distanza. Tanti amici, veri appassionati, che si sono alzati all'
alba per molti giorni e, incuranti del freddo, hanno inseguito un sogno fino a vederlo svanire sul più bello. "Ci
vuole vento, pioggia e sangue nelle vene, e una ragione per vivere..." canta Jovanotti, per me questa avventura
ha anche questo significato. E ora speriamo arrivi presto un altro sogno da inseguire che scacci quello appena
infranto.
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LE SCIE CHIMICHE di Gianni Marigo
Gianni Marigo, funzionario dell’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione
Ambientale del Veneto, opera come meteorologo presso il Centro Valanghe di Arabba.
Gli
scarichi
dei
motori
degli
aerei
contengono, oltre a vari gas, anche una
componente di vapore acqueo che, al
contatto con l’aria fredda (a volte anche
estremamente fredda) delle alte quote,
condensa in piccole goccioline d’acqua o
perlopiù
in
microscopici
cristalli
di
ghiaccio. Tale processo può essere in
parte influenzato anche da altri parametri
dell’atmosfera, in primo luogo l’umidità
relativa dell’aria e la pressione. Le scie
che si producono al passaggio degli aerei
Scie chimiche di condensazione (foto A. Tomaselli)
per effetto di quanto sopra descritto si
chiamano scie di condensazione.
La visibilità e la persistenza delle scie di condensazione dipendono in primo luogo dal vento che si
riscontra alla quota di volo; generalmente, specie per le rotte più lunghe che avvengono ad altitudini
molto elevate, i venti in alta quota (8000/10000 m.), sia quelli orizzontali che quelli verticali dovuti ai
moti convettivi, sono molto forti, per cui la scia tende a dissolversi in tempi molto rapidi.
Talora però, in presenza di correnti meno sostenute o, in casi rari, pressoché assenti, le scie di
condensazione tendono a persistere per periodi più lunghi; in questo caso generalmente tendono
anche ad espandersi orizzontalmente. La persistenza delle scie dovuta alla bassa intensità dei venti
in condizioni di stabilità atmosferica è maggiormente riscontrabile per le rotte più brevi, per le quali le
quote di sorvolo sono più modeste.
In alcuni casi, in corrispondenza delle rotte di volo più frequentate, può succedere che porzioni di
cielo anche consistenti possano “velarsi” per effetto della persistenza ed espansione di più scie di
condensazione e per la concomitante assenza di forti correnti in quota. In questo senso è possibile
affermare che talora le scie di condensazione siano in grado di modificare localmente il grado di
copertura nuvolosa del cielo, anche se sempre e comunque solo per sottili velature e mai per vera e
propria nuvolosità più consistente.
Negli ultimi anni ha preso piede una teoria “complottista” secondo la quale sarebbero in corso vari
esperimenti militari volti a modificare il clima attraverso l’emissione di gas di scarico particolari, con la
conseguente alterazione della componente chimica locale dell’atmosfera e del grado di copertura
nuvolosa, attraverso la formazione voluta di scie di condensazione, che in questo ambito vengono
definite scie “chimiche”.
E’ evidente che tale teoria non può essere confortata da dati reali, ne tanto meno è plausibile
pensare che i presunti autori ne ammettano la veridicità. Gli enti e le autorità scientifiche
ufficialmente pre-
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preposti allo studio e al controllo dell’aria e della sua qualità si sono sempre dichiarati non a
conoscenza di alcun tipo di esperimento, e lo studio sulla composizione, diffusione e persistenza da
molti anni effettuato sulle scie di condensazione ha sempre fatto ritenere le osservazioni
“complottiste” assolutamente compatibili con la normale evoluzione ed il normale comportamento
delle scie di condensazione stesse.
IL RASOIO DI OCCAM di Alvise Tomaselli
L’esaustiva spiegazione del fenomeno delle scie chimiche fornita
da Gianni Marigo mi fa venire alla mente “Il Rasoio di Occam”.
Cos’è il “Rasoio di Occam”?
Nel XIV secolo un frate francescano e filosofo , William of
Ockham
(Londra),
coniò
un
principio
metodologico
che
considerava la maniera più semplice, logica e razionale di porsi
di fronte alla spiegazione di un fenomeno fisico.
Il principio di Occam cosa dice? Semplice : “A parità di fattori la
spiegazione più semplice è da preferire”.
Il rasoio rappresenta lo strumento che consente di eliminare tutte
quelle forme complesse di approccio alla soluzione del
fenomeno considerato. In altre parole, è ragionevole ipotizzare,
fra le varie soluzioni, quella più diretta e intuitiva. In sostanza,
Il filosofo e frate francescano
inglese William of Ockham
non vale la pena di complicare ciò è semplice.
E ora torniamo all’argomento trattato da Gianni Marigo nel suo
contributo sulle scie chimiche di condensazione. Su questo fenomeno vengono spesso proposte
illazioni fantasiose e teorie cervellotiche, che vedrebbero all’opera gruppi di potere che hanno
l’intento di modificare il clima planetario per poi poterne gestire le conseguenze. Ma con mente
razionale alcuni semplici dubbi sorgono immediati: chi si prenderebbe la briga di riempire i serbatoi
dei velivoli con del carburante contraffatto? Chi piloterebbe un aereo con carburante chimicamente
modificato, che metterebbe in serio pericolo la propria e altrui incolumità? Quali compagnie aeree
mondiali sarebbero complici di tale complotto? Sembrano piuttosto teorie tratte da un romanzo di
Fleming (007). Molti sostengono che in questi ultimi anni il fenomeno si ripeta frequentemente ma
pochi considerano che il trasporto aereo, ai nostri giorni, ha raggiunto ormai uno sviluppo
impensabile e di conseguenza anche l’osservazione casuale della volta celeste in qualsiasi ora del
giorno porta a vedere innumerevoli aerei lungo le più disparate rotte.
Sempre in tema di teorie “strampalate”, un caso creato ad arte riguarda la possibilità che l’uomo
non sia mai arrivato sulla Luna. Sono stati scritti numerosi libri in proposito (libri che hanno venduto
anche bene…) che analizzano tutta una serie di circostanze e dubbi prendendo in considerazione
dati oggettivi secondo i quali, dietro la conquista della Luna, c’è un enorme “bluff” da parte della
NASA. Si tratterebbe, in sostanza, di una sceneggiata creata ad hoc in uno studio cinematografico.
Non mi soffermo ad analizzare gli elementi contestati (per altro tutti facilmente spiegabili) se non per
considerarne solo uno, molto semplice; in piena guerra fredda è difficile ipotizzare il silenzio da parte
della superpotenza antagonista (U.R.S.S.) se realmente fosse successo quello che paventano que-
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sti appassionati di libri gialli!
L’applicazione del “Rasoio di Occam” trova spazio in molte situazioni legate all’Astronomia. Un
classico è legato alla fantomatica “Area 51”, una base militare segreta nel Nevada (USA) che è
famosa per il mistero che l’avvolge circa l’ attività che vi verrebbe svolta. Si è detto di tutto e di più,
dagli extraterrestri fatti a pezzi per studiarli, alla base di partenza di potenziali dischi volanti fino allo
studio di sistemi di comunicazione con civiltà aliene. E’ molto più semplice e probabile che si tratti
invece di una delle tante basi segrete statunitensi dove si sperimentano armi e sistemi di difesa di
tipo militare che hanno quindi poco a che vedere con i “marziani”.
Un altro classico, per rimanere in tema, è il continuo bombardamento di informazioni circa
l’avvistamento di fenomeni luminosi legati alla presenza di improbabili visitatori di altri mondi. Ci sono
poi i burloni che trascorrono le notti a falciare campi di grano in giro per il mondo. I disegni realizzati
presentano talvolta riferimenti geometrici complessi che producono grande stupore, ma anche le
arrabbiature dei contadini degli appezzamenti…
Esempio di disinformazione a mezzo stampa. Leggendo l’articolo non si riesce proprio a capire come i
sedicenti “studiosi” avrebbero dimostrato che i cerchi non sono opera umana. Ma tant’è, la verità è un
Proprio questi fenomeni e altri analoghi hanno fatto la fortuna (o sfortuna?) di alcune recenti
trasmissioni televisive da “prima serata” condotte da fantasiosi giornalisti. Mio figlio già quando aveva
10 anni si faceva delle grasse risate nel vedere in televisione la saga delle “balle spaziali”…
Il frate inglese Guglielmo non avrà avuto sicuramente tutte queste situazioni da analizzare per
adattare il suo approccio metodologico, ma evidentemente già allora, seppure in un contesto storico
diverso, la facilità (o fragilità umana) nel credere al mistero e all’esoterico era fortemente permeata
nel tessuto sociale.
LA BIBLIOTECA DELL’ASSOCIAZIONE
Tra le opportunità offerte agli Associati c’è quella di poter fruire della biblioteca dell’Associazione. La
biblioteca è ben fornita (oltre a molti libri e riviste ci sono anche videocassette e DVD) ed è auspicabile
che un buon numero di persone se ne servano. Ricordiamo che per accedere alla biblioteca bisogna
contattare Claudio al 3493278611 per fissare un appuntamento.
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LE PICCOLE GRANDI COSE DELLA VITA di Eva Gabrieli
Era davvero tanto tempo che non ricevevo più un
messaggino simile…-Uno di questi giorni ti va di
andare a vedere l’alba in montagna?Me lo mandava Elena, la mia migliore amica,
nonché compagna di avventure sui monti, prima che
entrambe diventassimo mamme. -Certo che mi va!fu la mia risposta. Ma non è più così semplice... E a
conferma di ciò, un paio di giorni dopo, la mia
bambina si ammalò. -Mi sa che la nostra alba dovrà
attendere- scrissi alla mia amica, anche lei mamma,
che proprio per questo comprese benissimo.
Passarono i giorni e pian piano la mia piccola
Emma si riprese. Poi una mattina ad Agordo
incontrai Elena… -E se la nostra alba la programmassimo per domani mattina?- Non ricordo chi lo disse per
prima, ma sicuramente lo pensammo entrambe. Il posto lo decisi io. Ci voleva un luogo veloce da raggiungere,
ma che fosse sufficientemente in quota per poter apprezzare al meglio il nascere del Sole. La Mesolina, sopra il
Rifugio Padon, mi parve il luogo adatto. Possedeva infatti un apertura quasi a 360 gradi, limitata solo ad ovest
dalla Marmolada. Era poi raggiungibile da Passo Fedaia in poco più di un'ora. Deciso! Partenza alle 3 di quella
notte. Ricordo che quel pomeriggio, al lavoro, non facevo che pensare all’appuntamento che mi aspettava
poche ore dopo. Una miriade di emozioni mi attraversavano il cuore e la mente. Era così tanto che non andavo
in montagna, e di notte poi...Davvero una vita.
La sveglia suonò alle due e trenta e in un attimo fui in piedi. Mi preparai e scaldai anche del the. Avremmo
fatto colazione in cima. Passai quindi a prendere Elena e poco prima delle 4 arrivammo sul Fedaia. Scesa dalla
macchina fui subito assalita da una sorta di timore dovuto alla ormai scarsa abitudine al vero buio e al grande
silenzio della montagna. Il cielo era spettacolare, da togliere il fiato. La Via Lattea era lì sopra, nitidissima,
come un sentiero di montagna. Ci incamminammo pian piano, consapevoli entrambe del nostro scarso
allentamento. Ero un po' preoccupata perché da tanto non andavo a camminare. -Chissà che fatica- pensai. Ed
invece, dopo dieci minuti di marcia un po' affannosa, stavo benissimo, come se avessi sempre camminato! Ero
felice. Mi sentivo proprio bene e a mio agio, come se fossi stata ricatapultata di colpo in un mondo che mi era
appartenuto anni prima, lì tra le mie montagne sotto il cielo stellato. Una sensazione bellissima. La mia amica
Elena invece era più in difficoltà. Si sentiva molto affaticata e procedeva lentamente. Era a disagio per questo,
ma io la rassicurai dicendole che non c'era nessun problema. Se non se la sentiva, invece di arrivare in cima, ci
saremmo fermate al rifugio. Anche da lì il panorama non è affatto male. Certo che però, pensavo tra me e me, il
top sarebbe la cima, ma se non fosse stato possibile raggiungerla me ne sarei fatta una ragione. Dopotutto ero
immersa in ambiente meraviglioso, assieme alla mia migliore amica; qualsiasi cosa saremmo riuscite a fare
sarebbe stata speciale.
Dopo parecchie soste per foto e battute varie, verso le 5 arrivammo alla forcella nei pressi del rifugio. Ci
arrivai io per prima e girandomi verso Elena, un po' attardata, le dissi che quello che già si vedeva da lì
l'avrebbe ripagata di tutte le fatiche. In lontananza i colori dell' alba iniziavano a fare capolino, mentre ancora si
vedevano le stelle sopra la nostra testa. Avevo già visto quello spettacolo, ma la sorpresa che si prova
ritrovandoselo di fronte all' improvviso toglie sempre il fiato, come la prima volta. Per Elena invece era tutto
nuovo, e quando si affacciò dalla forcella rimase senza parole. Era stanchissima, ma quella visione fu come
carburante per lei. -Voglio provare ad arrivare in cima!- Mi disse, aggiungendo che probabilmente era a corto
di zuccheri. Così mangiò qualcosa e tirò fuori anche una Red Bull, che io sperai ardentemente le mettesse le
ali! Dovevamo però fare presto perché il Sole sarebbe sorto verso le sei. Così, dopo qualche foto, ripartimmo
ancora più decise di prima, rinfrancate dallo spettacolo che avevamo davanti agli occhi. Ci tenevo tanto che
anche Elena, amante della montagna come me, potesse vivere quell’ambiente in un modo diverso dal solito. Io
in passato, grazie ad un mio grande amico, avevo avuto l'occasione di assistere spesso ad albe e tramonti e più
volte gliene avevo parlato, ma probabilmente solo ora riusciva a capire il valore di alzarsi presto e fare fatica
per godere di certi spettacoli. Ci trovavamo lungo il pendìo erboso sommitale quando finalmente il Sole arrivò
a farci compagnia. E come sempre fu emozionante vederlo sbucare e alzarsi velocemente sopra le cime all'
orizzonte. Rimanemmo lassù per un po’, scattando foto e sorseggiando the caldo. Stavo lì e pensavo che ogni
giorno il miracolo si compie. Ogni giorno il Sole sorge dando vita ad uno spettacolo di colori che pochi
ammirano. Sarebbe bello che tutti avessero la possibilità di godere di questo spettacolo. Saremmo rimaste lì
tutto il giorno, ma dovevamo tornare ai nostri doveri, lavorativi per la mia amica e famigliari per me. Eravamo
però così felici dell' avventura vissuta, che la giornata, sicuramente dura da affrontare, non ci spaventava per
niente. Conoscevo già quella sensazione. Per qualche giorno non riesci a toglierti dalla mente e dal cuore le
emozioni vissute. Vorresti che il ricordo rimanesse sempre nitido ma, inevitabilmente, il tempo lo sbiadisce
pian piano. E allora speri ardentemente di poter ripetere al più presto una simile esperienza...
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OSSERVARE IL CIELO UN SECOLO FA di Gianantonio Milani
Giannantonio Milani abita a Padova e osserva il cielo fin da ragazzo. Dagli anni '70 si e'
appassionato in particolare alle comete. Autore di numerosi articoli scientifici su riviste
italiane ed internazionali, coordina la Sezione Comete dell' Unione Astrofili Italiani ed il
progetto CARA. Si e' occupato di Astronomia a vari livelli, sia osservativa (su comete, pianeti,
stelle variabili), che didattica e divulgativa, anche curando per diversi anni l'attività del locale
planetario. E' attualmente presidente dell'Associazione Astronomica Euganea che svolge
prevalentemente attività di divulgazione con il progetto Parco delle Stelle, sviluppato in
collaborazione con il Parco Regionale dei Colli Euganei.
A volte, guardando le immagini dei vari oggetti che riprendo dal poggiolo di casa, resto sconcertato.
Deboli cometine e altrettanto deboli stelle e galassie sono li, ben visibili sul monitor del vecchio
portatile che uso con il mio piccolo telescopio. Nonostante sia ormai abituato ai prodigi
dell’elettronica un po’ di stupore rimane sempre perché la memoria inevitabilmente si confronta con
quel che accadeva un po’ di tempo fa, il secolo scorso. In realtà poche decine di anni fa, ma sembra
di guardare indietro se non all’età della pietra, all’età del ferro!
Quando ho iniziato ad interessarmi all’Astronomia iniziava la corsa allo spazio. Affacciarsi verso
l’universo era una curiosità istintiva, stimolata di primi lanci spaziali e in seguito dall’uomo in orbita e
poi sulla Luna. I mezzi però erano molto scarsi. I telescopi in commercio pochi e costosissimi. Un
modesto rifrattore da 60 mm. made in Japan impegnava già un capitale del tutto fuori portata per le
Un piccolo rifrattore da 6 cm. di diametro risalente agli anni settanta. A quel tempo questo modesto
strumento, considerato oggi un giocattolino, era già un punto di arrivo per molti astrofili.
tasche di uno studente. Altri strumenti erano ancor più inarrivabili.
I primi passi li ho fatti con un cannocchiale 30x30 mm. e con un binocolo 6x30, residuato della
seconda guerra mondiale, con i quali, insieme a un amico, esploravo il cielo scoprendo la Luna,
Giove, Saturno (con anelli microscopici al 30x30) e riuscendo a vedere la galassia M 31 e qualche
altro oggetto. Si cercava di potenziare i mezzi assemblando telescopi rudimentali con qualsiasi lente
capitasse a tiro. Fondamentale in questo ambito era stata la pubblicazione del il libretto “Astronomia
Pratica” di Wolfang Schroeder, che insegnava a costruire semplici strumenti con forbici, colla,
cartone e dava i riferimenti per osservare un gran numero di oggetti celesti. Un telescopio realizzato
in questo modo, con una lente semplice da 7 cm. e usato a bassissimi ingrandimenti, mi aveva
aperto nuovi panorami di Orione e del limpido cielo invernale.
Ma i più temerari ed avanzati erano riusciti a costruirsi degli specchi e ad assemblare un telescopio
newtoniano. Anch’io, grazie agli insegnamenti di Giancarlo Favero, mi sono cimentato
nell’autocostruzione realizzando un paio di specchi, il primo da 16 cm. il secondo da 19. Montati in
modo rudimentale o usati, come il 19 cm. anche solo appoggiando il tubo alla ringhiera del poggiolo,
per osservare soprattutto i pianeti e in particolare la mutevole atmosfera di Giove.
Il sogno era però fotografare il cielo e avere un documento permanente. Il passo decisivo è stato
l’acquisto di uno specchio parabolico da 20 cm. f/4 di elevata qualità, prodotto da Zen. Usato
inizialmente in visuale, dopo alcuni anni è stato finalmente dotato di una solida montatura costruita
da Franco Zanon, un ingegnoso socio costruttore della mia stessa associazione. La montatura
solida e pesante è la stessa che uso attualmente, anche se da alcuni mesi porta uno strumento più
piccolo e leggero.
Da casa avevo una visibilità molto limitata e un forte inquinamento luminoso per cui lo strumento
veniva per lo più utilizzato per trasferte in collina o montagna, non con poca fatica considerato il
peso e
9
l’ingombro. Era consigliabile essere in due per caricare e scaricare lo
strumento dall’auto e per montarlo, anche se alcune volte lo avevo
trasportato da solo in spedizioni sul Monte Grappa.
Oltre a me il “team” di utilizzatori del newtoniano era formato dagli amici
Stefano Baggio e Giulio Celato, che hanno più volte scarrozzato lo
strumento per le nostre montagne in cerca di cieli cristallini.
Tutta la strumentazione accessoria è stata realizzata in modo
artigianale e in economia con il fai da te: l’elettronica con il variatore di
frequenza per pilotare il motorino sincrono, un sistema con eccentrico
per le micro-correzioni in declinazione, il cannocchiale di guida, i
raccordi per la macchina reflex…
Tra le mete più frequenti il monte Grappa, i Colli Euganei, le cime
intorno all’Altopiano di Asiago, ma anche Carezza, il Lagazuoi, le
Tofane…. Alle Tofane era salito una volta Stefano, caricando lo
strumento in funivia sotto un diluvio torrenziale. Altri astrofili avevano
rinunciato, ma Stefano era stato poi premiato più tardi, dopo il
temporale, con una serata limpidissima che aveva messo a dura prova
molti strumenti per delle forti folate di vento. Ma la solida montatura del
newtoniano non ne aveva risentito.
C’è da dire che i complicati traslochi dello strumento causavano spesso
Astronomia Pratica,
problemi. Qualcosa che si rompeva e richiedeva riparazioni lampo sul
di Wolfgang Schroeder , un
campo (la colla Attack era un gran alleato!), ma anche problemi di
libro di riferimento
collimazione delle ottiche e in un caso anche una pellicola a colori
per gli astrofili
ipersensibilizzata rovinata dal forte sbalzo di temperatura e umidità nel
di qualche decennio fa
passare dall’afa estiva della pianura all’alta montagna.
Oggi il risultato lo si vede subito, ma la pellicola svelava trionfi o fallimenti solo dopo lo sviluppo, che
per il bianco e nero poteva avvenire anche entro poche ore dal ritorno, o al massimo una giornata,
ma per il colore dipendeva dai tempi dei laboratori. Sperando, dopo 1000 raccomandazioni, che non
rovinassero tutto dicendoci poi che nei negativi c’era solo qualche puntino e non era venuto nulla!
Tutta la fatica era comunque premiata dalle nottate passate sotto un bel cielo. Molte volte, dopo una
nottata di fotografie e osservazione (il binocolo 20x80 era un secondo fedele compagno), rientravo a
casa con gli occhi pieni di stelle e lo spettacolo del Sole che sorgeva, arrivando a destinazione giusto
il tempo per dormire una mezz’ora prima di andare al lavoro.
Poi gli anni (anagrafici) sono aumentati ed è diventato molto più complicato affrontare spedizioni
impegnative con il pesante strumento. Poi, con l’apparizione della cometa Hale-Bopp a fine anni
novanta, per me è arrivata anche l’elettronica ed il passaggio al digitale.
Il telescopio è rimasto così per molto tempo stabilmente installato nel poggiolo, inizialmente coperto
da un telo e poi da una sorta di piccola casupola in policarbonato, sopportando calure estive, gelo
invernale e subendo anche direttamente le intemperie, incluse violente grandinate in occasione di
forti temporali estivi che hanno perfino divelto la copertura. Ma senza mai riportare alcun danno
grazie alla sua struttura robusta .
Lo scorso anno, in seguito ad alcuni lavori ai poggioli, ho dovuto smontare tutto ed ho colto
l’occasione per ridimensionare la strumentazione. L’idea c’era da tempo, ma ero restio ad
abbandonare un vecchio strumento che mi ha accompagnato per così tanto tempo.
Il glorioso newtoniano è finito per ora in cantina ed è stato rimpiazzato da un rifrattore da 10 cm che
mi consente un minore ingombro e una maggiore manovrabilità e visibilità del cielo. La montatura
rimane sempre quella, artigianale ma aggiornata da ormai molti anni con il puntamento automatico
(la vecchia motorizzazione dell’Osservatorio di Remanzacco), non certo l’ultimo ritrovato della
tecnica, che però fa ancora il suo dovere.
Il CCD oggi, quasi magicamente, consente di ottenere risultati sorprendenti. La possibilità di
sommare immagini ha permesso di riprendere comodamente da casa e dalla città, oggetti che prima
richiedevano spedizioni in montagna alla ricerca di cieli limpidi e puliti. Sorprendente riprendere
senza fatica ad esempio le nebulose del Sagittario, anche con la Luna a tre quarti a non più di trenta
gradi di distanza e con un forte inquinamento luminoso. Fantascienza rispetto alle possibilità dell’era
dominata dal visuale e dalla fotografia su pellicola.
Riguardando indietro sembra quasi impossibile un salto così grande. Sembrano passati secoli, o
almeno un secolo, ma invece sono solo 20 anni ed è cambiato davvero tutto!
10
L’ALTRO CIELO di Vittorio De Nardin
In cielo ci sono 88 costellazioni, divise grosso modo tra i due
emisferi. Alle nostre latitudini possiamo osservare tutte quelle del
nostro emisfero ed alcune di quelle australi. Molte risultano dunque
inaccessibili, a meno che non ci si imbarchi su un aereo e si affronti
qualche ora di volo, magari con destinazione qualche sperduta
fattoria trasformata in un accogliente albergo nel deserto della
Namibia. Proprio in questo paese dell'Africa si trovano alcune
strutture che permettono di ammirare uno dei cieli più bui e
maestosi della nostra Terra. Una di queste è la Tivoli-astrofarm che
mette a disposizione un parco strumenti molto vario, dal rifrattore
per fare foto, al Dobson, il telescopio re del visuale. Qui possiamo
prendere confidenza con delle costellazioni che ospitano al loro
interno oggetti che mozzano letteralmente il fiato. Il primo
L’ammasso globulare Omega Centauri
raggruppamento di stelle di cui andiamo a parlare è quello del
Centauro. La mitologia parla di Chirone, che era appunto un centauro, una creatura metà uomo e metà cavallo.
Chirone, a differenza degli altri suoi simili che erano brutali e di fattezze mostruose, era molto saggio, tanto da
essere il maestro di Giasone ed Ercole. Ferito accidentalmente da quest'ultimo ed in preda ad immani
sofferenze, ma senza la possibilità di morire poiché era immortale, pregò Zeus di mettere fine al suo dolore.
Questi consentì al centauro di morire e lo collocò tra le stelle. In questa costellazione troviamo Alpha Centauri,
una bella stella doppia binaria, con le due componenti che girano l'una attorno all'altra in circa 80 anni e
Proxima Centauri, in assoluto la stella più vicina alla Terra, distante solo 4,3 anni luce. Un oggetto celeste
contenuto in questa costellazione, tra i più belli dell'intera volta celeste, è Omega Centauri , splendido ammasso
globulare formato da circa un milione di stelle. E' distante circa 16.000 anni luce e questo ne fa uno dei più
vicini della sua categoria. E’ visibile ad occhio nudo come una stella sfocata di quarta magnitudine. A
differenza della maggior parte degli ammassi globulari, solitamente tondeggianti, ha una forma ovale:
l'osservazione al telescopio regala una visione grandiosa. Poco a nord di questo oggetto c'è NGC5128 , una
galassia ellittica con una caratteristica banda scura al centro che la taglia in due. Chiamata anche Centaurus A è
una potente radiosorgente che emette una quantità di energia mille volte superiore a quella emessa dalla Via
Lattea.
Altra costellazione australe piuttosto famosa è la Croce Del Sud, che tra l'altro compare sulla bandiera di
numerose Nazioni. Nell'emisfero australe ha aiutato i marinai di altri tempi a trovare il sud, grazie
all'allineamento della coppia di stelle Acrux e Gacrux. Al suo interno troviamo due oggetti degni di nota: NGC
4755 “lo Scrigno” e C 99, la nebulosa “Sacco di Carbone”. Il primo è un bell' ammasso aperto la cui
caratteristica è quella di essere costituito da un centinaio di stelle azzurre che fanno da cornice ad una brillante
stella rossa, che sembra un rubino sospeso su un pavé di zaffiri. La seconda è una delle più estese e dense
nebulose oscure; se il cielo è abbastanza buio la si nota facilmente ad occhio nudo sullo sfondo della Via
Lattea.
Passiamo ora al raggruppamento di stelle che prende il nome di Dorado, una costellazione non molto estesa ma
in cui troviamo due piacevoli oggetti , la “Grande Nube di Magellano” (PGC 17223) e la “Nebulosa
Tarantola” (NGC 2070) in essa contenuta. La Grande Nube di Magellano è visibile ad occhio nudo sotto un
cielo sufficientemente buio: si tratta di una piccola galassia di forma irregolare che si trova però molto vicina
alla Via Lattea e per questo è ben visibile. Prende il nome dall'esploratore Ferdinando Magellano che la notò
nel suo viaggio di circumnavigazione terrestre. Nel 1987 in questa galassia
esplose una brillante supernova che venne denominata 1987A. La Nebulosa
Tarantola è invece la più grande regione di formazione stellare conosciuta
nel Gruppo Locale di galassie.
Ora, spostandoci di poco, andiamo a conoscere la costellazione del Tucano,
uccello dal grande becco e dai colori vivaci. Qui ci sono altri due notevoli
oggetti visibili ad occhio nudo: 47 Tucanae (NGC 104) e la “Piccola Nube di
Magellano” (PGC 3085). Il primo contende la palma del più bell'ammasso
globulare del cielo ad Omega Centauri: è veramente difficile dire quale sia il
più maestoso. L'osservazione di questi ammassi con telescopi di buon
diametro, permette di risolvere una quantità enorme di stelle fino al centro
dell'oggetto. La Piccola Nube di Magellano, come la sorella maggiore, è uno
degli oggetti più distanti visibili con i nostri occhi dalla Terra. Galassia nana,
dalla sagoma irregolare, forma un bel quadretto con il vicino 47 Tucanae.
Tra la Croce del Sud e il Dorado si trova la Carena. Questo raggruppamento La Piccola Nube di Magellano
di stelle faceva parte dell'antica ed estesa costellazione della Nave Argo, il
e in alto a sinistra 47 Tucanae
vascello sul quale avevano navigato Giasone e gli Argonauti alla ricerca del
Vello d'oro. Tanto estesa da essere successivamente divisa in quattro costellazioni : la Bussola, la Poppa, la 11
di tutto il firmamento. Altra stella degna di menzione è Eta Carinae, una ipergigante blu fra le più massicce
conosciute ( 100 - 150 volte più del Sole... ), che negli ultimi quattro secoli ha avuto notevoli variazioni di
luminosità passando da valori di magnitudine pari a quelli della luminosissima Canopo fino a scomparire alla
vista dell’occhio. Eta Carinae si trova all’interno di una vasta e luminosa nebulosità nota come “Nebulosa della
Carena” (NGC 3372) o “Nebulosa Buco della Serratura”, una delle più spettacolari della Via Lattea. Essa
contiene diversi ammassi aperti ed è visibile ad occhio nudo; al suo interno si trova anche la Nebulosa
Omuncolo.
Questo è solo un piccolo assaggio di quello che ci può regalare il cielo australe. Uno dei miei sogni è quello di
poter intraprendere un viaggio assieme a qualche amico astrofilo, che ci porti a veleggiare tra costellazioni e
oggetti che finora non abbiamo mai potuto osservare.
RIFLESSIONI SU UN GRANELLO DI POLVERE
Carl Sagan (1934 - 1996) , astrofisico statunitense
Dal libro "Pale Blue Dot: A Vision of the Human Future in Space"
Noi riuscimmo a fare questa fotografia, e, se tu la guardi, tu vedi un puntino. Quello è qui. Quella è la nostra
casa. Quello è noi. Su di esso, tutti quelli di cui sei venuto a sapere, ogni essere umano che ci sia mai stato,
tutti hanno vissuto là. L’insieme di tutte le nostre gioie e sofferenze, migliaia di religioni, ideologie e dottrine
economiche, ogni cacciatore e allevatore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e
contadino, ogni giovane coppia innamorata, ogni bambino pieno di speranza, ogni madre e padre, ogni
inventore ed esploratore, ogni moralista, ogni politico corrotto, ogni divo, ogni duce supremo, ogni santo e
peccatore nella storia della nostra specie vissero là, su un granello di polvere sospeso in un raggio di Sole.
La Terra è un palcoscenico molto piccolo in un’enorme arena cosmica. Pensa ai fiumi di sangue versati da
tutti i generali ed imperatori affinché in gloria e trionfo loro potessero divenire i padroni momentanei di una
frazione di un puntino. Pensa alle crudeltà senza fine degli abitanti di un angolo del puntino sugli abitanti di
un altro angolo appena distinguibile del puntino. Così frequenti i loro malintesi, così ansiosi sono di
uccidersi l'un l'altro, così fervente il loro odio. La nostra presunzione, la nostra immaginata auto-importanza,
la nostra illusione di avere una posizione privilegiata nell'Universo, sono sfidate da questo puntino di luce
p
a
l
l
i
d
a
.
Il nostro pianeta è una macchiolina solitaria avvolta nel grande buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta
questa vastità, non c'è suggerimento d’aiuto che verrà da altrove a salvare noi da noi stessi. Si dice che
l’Astronomia insegna la modestia e io aggiungo che è un’esperienza che costruisce il carattere. Io penso che
non c’è forse nessuna migliore dimostrazione della follia della presunzione umana che questa immagine da
lontano del nostro piccolo mondo. Secondo me, essa sottolinea la nostra responsabilità di avere più
gentilezza e compassione l'un con l'altro e di preservare e curare teneramente quel pallido puntino blu, l'unica
PLANETARIO DI S. TOMASO
Le serate si tengono ogni venerdì con inizio alle 20.30. Per
partecipare occorre prenotarsi telefonando al Comune di S.
Tomaso in mattinata allo 0437/598004 oppure passare
direttamente in Municipio. Il costo è fissato in 5 euro per gli
adulti e 3 euro per i minorenni. Non pagano i bambini sotto i
cinque anni e i portatori di handicap. Al raggiungimento del
tetto massimo di prenotazioni per una serata, si sarà
dirottati alla successiva o alla prima dove ci sia posto (se d'
accordo).
Per le scolaresche sono due le giornate di apertura
settimanale, il mercoledì e il giovedì con lezioni alle 9.00 e
alle 10.30. La prenotazione va effettuata sempre ai numeri del Municipio e il pagamento (anticipato) è possibile
tramite bollettino di c/c Il costo va dai 2,50 euro a persona per le scuole dell' obbligo ai 3,00 euro per le
superiori. Il numero massimo di studenti per lezione non può superare i 25 per le scuole dell' obbligo e i 20 per
le superiori (nel numero rientrano gli accompagnatori).
PER GLI ASSOCIATI L’INGRESSO E’ GRATUITO
12
LE MERIDIANE DELL’AGORDINO di Giuseppe De Donà
Wikipedia definisce l’astrofilo: “(dal greco astèr, "stella", e philos "amico")
un dilettante appassionato di astronomia che si diletta nello studio e
nell'osservazione dei fenomeni astronomici”. La passione degli astrofili non
è per tutti la medesima in quanto l’osservazione del cielo abbraccia vari
settori. Fin dalle sue origini, l’Unione Astrofili Italiani ha suddiviso i vari
rami in Sezioni di Ricerca, le più seguite delle quali sono le sezioni Comete,
Meteore, Occultazioni, Pianeti, Sole, Luna ecc. ecc. Tra esse, c’è la sezione
Quadranti Solari, che comprende una vera e propria pattuglia di appassionati
sparsi in tutta Italia. I seminari di gnomonica sono sempre molto frequentati
con presenze costantemente superiori al centinaio. Il XVIII Seminario s’è
svolto a Chatillon in Valle d’Aosta nell’ottobre 2012, mentre il prossimo si
La meridiana di Colle S. Lucia
terrà a Cefalù in Sicilia nei giorni 4,5 e 6 aprile del 2014. La gnomonica è
stata inserita nelle Sezioni di Ricerca in quanto un quadrante solare, detto anche orologio solare o più
comunemente meridiana, è uno strumento prettamente astronomico.
L’elemento fondamentale di ogni meridiana è lo gnomone. La parola gnomone [dal greco gnômôn,
“indicatore”], in un quadrante solare è l’asta (o stilo) che serve a proiettare sul quadrante l’ombra dello stesso.
Nell’antichità, era invece il semplice bastone che piantato verticalmente sul terreno proiettava un’ombra che
variava direzione col passare delle ore, costituendo, di per sé, l’orologio solare. I popoli antichi capirono che
con lo gnomone era possibile individuare facilmente il mezzogiorno. Al mattino col Sole basso a levante
l’ombra proiettata dal bastone sul terreno è lunga. Poi, mentre lentamente il Sole sale in cielo percorrendo il suo
abituale tragitto, l’ombra del bastone sul terreno si accorcia fino a raggiungere la lunghezza minima. In quel
momento il Sole si trova nel punto più alto dell’arco diurno, la sua direzione è esattamente quella Sud, e, dalla
parte opposta, l’ombra sul terreno indica in modo rigoroso la direzione Nord. E’ mezzogiorno. La Piramide di
Cheope, i cui lati sono diretti verso i quattro punti cardinali, potrebbe essere stata orientata con questo sistema.
La parola meridiana, oggi d’uso comune in tutti gli orologi verticali, deriva da meridies, “mezzogiorno”. La
linea meridiana è quindi la linea che indica l’ora del mezzogiorno locale o della culminazione del Sole. Nelle
meridiane a camera oscura, la linea si trova in un ambiente con poca luce e l’ora è segnata dal transito
dell’immagine del Sole che penetra in un foro di dimensioni ridotte che funge da gnomone.
In alcune grandi chiese esistono importanti meridiane con foro gnomonico molto alto e conseguente linea
meridiana molto lunga. In Italia sono celebri la meridiana di Cassini nella chiesa di San Petronio a Bologna
(1655) con linea meridiana lunga ben 67 metri, quella del Toscanelli a Santa Maria del Fiore a Firenze (1475)
con foro gnomonico alto 90 metri, quella del Bianchini a Santa Maria degli Angeli a Roma (1702), di De
Acerbis al Duomo di Milano (1786), e dell’Abate Piazzi alla Cattedrale di Palermo (1801). Queste meridiane,
oltre che per regolare l’ora, furono usate anche per altri importanti studi astronomici, come la riforma del
calendario, il calcolo della data della Pasqua e soprattutto per confermare gli studi di Copernico e ribadire le
leggi di Keplero. Le grandi meridiane nelle chiese furono, per alcuni secoli, dei veri e propri laboratori,
l’emblema dell’Astronomia, “caratterizzando un’epoca nella storia del rinnovamento delle scienze” (Jérôme
Lalande).
L’ora delle meridiane ha sempre imitato l’ora civile. Ai giorni nostri l’orologio solare riporta le cosiddette ore
moderne o francesi, in cui il giorno comincia a mezzanotte e l’ora 12 indica il mezzogiorno. Questo sistema
orario è in vigore in Italia solo dalla metà del XIX secolo. Le ore d’oltralpe, altro nome delle ore moderne,
sostituirono le ore italiche usate da metà del XIII secolo fino al 1850 circa. Con il sistema ad ore italiche il
giorno cominciava col tramonto del Sole e per questo furono anche dette ab occasu. Le ore italiche hanno
anche altri nomi: ore moderne, ore uguali, ore equinoziali; con esse ebbe infatti inizio la suddivisione del
giorno in 24 ore tutte uguali tra loro. Prima di allora vigevano in Italia le ore temporarie o diseguali, così
chiamate perché andavano dall’alba al tramonto e viceversa, dividendo il giorno e la notte in due periodi di 12
ore, evidentemente diversi tra loro e variabili con le stagioni e la latitudine. Queste ore sono anche chiamate ore
giudaiche perché citate anche nei Vangeli (Matteo 20, 1-16). A quel periodo appartengono anche le ore
canoniche che segnavano i momenti di preghiera del giorno e della notte. Le ore canoniche furono di grande
importanza per la Chiesa perché sono, anch’esse, citate nei Vangeli a proposito della Passione e morte di Gesù.
Le ore canoniche sono rimaste in uso nella liturgia cattolica nella recita del breviario fino alla riforma del 1970:
mattutino (recitato nella notte), lodi (all’alba), prima (ore 6), terza (ore 9), sesta (ore 12), nona (ore 15), vespro
(al tramonto), compieta (prima del riposo). Le veglie notturne, vigilae, avevano cadenze più empiriche. Sia
nelle ore temporarie sia nelle ore canoniche il mezzodì corrispondeva all’ora sesta, da cui è rimasta la parola
“siesta”. Le ore canoniche erano annunciate col suono delle campane azionate dal campanaro nelle torri
municipali e dal sagrestano nei campanili delle chiese. La campane dei municipi battevano tre tocchi ad alba e
tramonto (prima e vespro), due alle ore terza e nona, uno al mezzodì: “battere il tocco” indica appunto l’ora
sesta o il mezzodì. Nei campanili delle chiese le cadenze erano spesso differenti e non era facile per i cittadini
districarsi tra i vari rintocchi con numero, cadenze e tonalità diverse tra loro. Tornando alle ore italiche, le
testimonianze sul loro uso si trovano un po’ ovunque. Per esempio, J.W. Goethe nella sua opera “Italienische 13
ziosamente un sistema da lui ideato per la comprensione delle “complicate” ore italiche. A. Manzoni nel suo
capolavoro “I Promessi Sposi” scrive: “..Quantunque, nel momento che usciva da Gorgonzola, scoccassero le
ventiquattro, e le tenebre che venivano innanzi..”, indicando che, evidentemente, Renzo esce dal paese dopo il
tramonto del Sole. Va rilevato che, seppur complicato, quel sistema era comodo per i lavori all’aperto in
quanto, in ogni stagione, quando una meridiana segnava le 23 significava che c’era ancora un’ora a
disposizione prima del buio. A quell’ora il Sole era basso sull’orizzonte, fastidioso, per cui bisognava a volte
calare la tesa del cappello verso il Sole. Il detto “portare il cappello sulle 23” deriva appunto da quel periodo. Il
sistema a ore italiche fu abbandonato nel 1850, quando si passò all’attuale sistema a ore francesi (o d’oltralpe)
con le tradizionali 24 ore che iniziano dalla mezzanotte. Il passaggio, decretato da Pio IX nel 1846, creò
parecchi malumori, come testimonia la strofa di un sonetto del poeta romano Gioacchino Belli:
….
E intanto er zanto padre ha la corata
de mette l’orologgio a la francese.
Un papa! Ammalapena ar quarto mese
der papatico suo! Brutta fumata!
……
L’adeguamento al nuovo metodo non fu semplice. Le
tradizionali meridiane a ora italica furono usate ancora per
lungo tempo e, in molti casi, furono affiancate da quelle
col nuovo sistema orario prima di essere definitivamente
abbandonate.
L’ora della meridiana
Come detto, il mezzogiorno (e le altre ore) indicato
dall’ombra del Sole su una meridiana, è quello solare vero.
L’orologio che portiamo al polso indica invece un’ora
media che non coincide mai con l’ora della meridiana. La
differenza è dovuta a due fattori:
– Equazione del tempo. Mentre il giorno medio ha una
durata costante di 24 ore, a causa della differente velocità
di rivoluzione della Terra intorno al Sole durante l’anno e
dell’obliquità dell’eclittica, l’intervallo tra due successivi
passaggi del Sole su un meridiano qualsiasi non è mai di
La meridiana di Jore
24 ore. La differenza arriva fino a ±30 secondi ogni
giorno. Pochi secondi, che, accumulandosi tra loro, durante l’anno giungono a totalizzare differenze di ±
15 minuti che costituiscono la cosiddetta “equazione del tempo”.
- Longitudine della località. L’ora media del nostro paese, cioè il TMEC (Tempo Medio dell’Europa
Centrale), ha come meridiano di riferimento quello di longitudine 15° Est. La Terra ruota da Ovest verso
Est di 15° ogni ora, di 1° ogni 4 minuti. Pertanto, per esempio in una località posta a 12° Est, il Sole
transita in meridiano (e in un quadrante solare l’ombra indica il mezzogiorno), dodici minuti dopo esser
transitato e aver indicato il mezzogiorno in un analogo quadrante posto a 15° Est. La correzione dovuta a
questo secondo fattore non era necessaria quando l’orario usato era quello locale. L’adozione del TMEC è
avvenuta col Regio decreto il 10 agosto 1893. Alcuni moderni gnomonisti non adottano nei loro quadranti
l’ora locale ma l’ora vera del fuso. Questi orologi sono riconoscibili in quanto la linea delle ore 12 non è
verticale. Anche in questo caso questa seconda correzione non è necessaria. Questi orologi hanno il pregio,
a volte, di segnare un’ora più vicina a quella dell’orologio, ma perdono le importanti caratteristiche
astronomiche insite nell’ora locale. Siccome l’ora non è in ogni caso quella dell’orologio, i pareri sul suo
impiego sono spesso discordi tra i vari gnomonisti dando sovente adito, durante i seminari e nelle mailing
list, ad accanite discussioni.
L’osservatore di una meridiana solitamente ignora queste differenze, per cui, quando guarda l’orario segnato
dall’ombra solare e lo confronta con quello del suo orologio, vedendo una discordanza pensa che l’orario
dell’ombra dello gnomone sia sbagliato. Non è così. L’ombra di una meridiana va letta con cura tenendo conto
dei concetti sopra riportati.
La meridiana come “segnale orario”
Come detto, in passato, prima dell’invenzione dell’orologio meccanico, i quadranti solari furono i principali
indicatori dello scorrere del tempo. I primi orologi, in genere collocati sulle torri campanarie, risalgono alla fine
del XIII secolo. Nei secoli successivi la loro “avanzata fu lenta e inesorabile, ma l’orologio solare rimase anco-
14
ra il deus ex machina della misura del
tempo dando il segnale orario
all’orologio meccanico per rifasarlo
quando
necessario”
(Girolamo
Fantoni). L’orologio meccanico è
stato
certamente
l’artefice
dell’installazione di un grande numero
di meridiane tra il 1600 e la fine del
1800. In quel periodo gli orologi
meccanici, migliorarono la loro
precisione proprio grazie ai quadranti
solari. Allora non c’erano i segnali
orari, per cui con la meridiana si
regolava l’orologio della torre o del
campanile della chiesa, da cui poi
ognuno
poteva
regolare
l’ora
dell’orologio del proprio taschino.
La meridiana di Pradesora
Nelle meridiane verticali si trova
spesso una linea trasversale, strana per l’inesperto; si tratta della linea equinoziale. Quella linea non misura le
ore, ma indica se siamo in estate o in inverno, in autunno o in primavera. Nei quadranti più recenti, oltre alla
linea equinoziale, sono spesso inserite anche le linee del solstizio estivo e quello invernale. Pertanto, l’orologio
solare non misura solo le ore del giorno, ma ha anche un’importante funzione calendariale. Per costruire un
quadrante solare in modo geometrico o matematico, è necessario conoscere esattamente le coordinate terrestri
locali e l’orientamento, rispetto ai punti cardinali, della parete dove l’orologio è tracciato. Infine va chiarito che
lo stilo può essere piantato ortogonale alla parete (ortostilo), oppure obliquo in direzione del polo nord celeste
(assostilo), cioè parallelo all’asse di rotazione della Terra. Nel primo caso è solo la punta dello gnomone a
segnare l’ora, mentre nello stilo polare tutta l’ombra si sovrappone alla linee orarie ed è quindi di lettura più
facile ed intuitiva.
Le meridiane nell’agordino
Nel catalogo-guida dei quadranti solari italiani dal titolo “Meridiane dei Comuni d’Italia” curato da Enrico Del
Favero e Claudio Garetti e stampato nel 2001 con il patrocinio dell’UAI (Unione Astrofili Italiani) e dell’ANCI
(Associazione Nazionale Comuni Italiani), nei sedici comuni dell’agordino erano censiti 37 quadranti solari.
Nel 2011 è nato il sito www.sundialatlas.eu, uno strumento dedicato agli orologi solari di tutto il mondo dove
ognuno può inserire attraverso il Web ogni meridiana che non sia censita. Il numero di orologi dell’agordino
registrati su Sundial Atlas (SA) ha raggiunto le ottanta unità. Molti orologi sono stati costruiti dopo il 2000
(circa 25), altri, seppure di antica costruzione, sono stati segnalati e inseriti di recente. Su SA è prevista anche
l’introduzione di meridiane naturali. Si tratta di quei riferimenti, in genere montagne, che, per la loro
particolare posizione rispetto al luogo d’osservazione, funzionano come veri e propri gnomoni che hanno
aiutato i nostri antenati a ricavare l’ora del giorno. Su SA nell’agordino sono censite tre meridiane di questo
tipo: il Bech del Mezzodì ad Alleghe e il Bech da Mesdì ad Arabba prendono il nome dalla loro collocazione a
sud rispetto ai due paesi. Meno nota è la fessura del Pelmo. In primavera, quando il nevaio di Val d’Arcia è ben
coperto di neve, la luce del Sole che attraversa la fessura che divide Pelmo e Pelmetto irraggia a nord il nevaio.
Visto dalla Val Fiorentina o da Colle Santa Lucia l’immagine si muove sulla neve come la lancetta di un
orologio che indica l’ora di pranzo. Su SA sono censiti anche il Sasso delle Undici e delle Dodici in Marmolada
e il Sasso delle Undici e Piz de Mez nel Gruppo del Cimonega, tutti osservabili dall’agordino (Porta Vescovo e
Gosaldo). Nel censimento la loro sistemazione è attribuita ai comuni atesini di Canazei e Sagron Mis in quanto,
in entrambi i casi, il Sole passa sopra le quattro cime alle 11 e 12 locali se osservato delle zone trentine del lago
del Fedaia lato Canazei e di Sagron Mis.
Per molte meridiane non è facile stabilire la data della loro costruzione. Il foro gnomonico del Castello di
Andraz costruito da Nicola Cusano nel 1457 e di cui s’è parlato nel numero scorso di Cieli Dolomitici,
dovrebbe essere il più antico. Molto vecchi e importanti sono anche i due orologi ubicati nel 1606 nella Chiesa
Parrocchiale di Colle Santa Lucia e di casa Piazza. Il primo è ben conservato mentre del secondo rimangono
purtroppo solo tracce. Le meridiane delle chiese, quelle usate per regolare gli orologi degli annessi campanili,
sono 16. E’ recente solo quella costruita da don Antonio De Fanti nella chiesa di Agordo. In questa
esposizione, per non fare torto a qualcuno, non sono citati i nomi degli artisti che hanno dipinto i quadranti né i
tanti motti, molti in latino, che spesso accompagnano le meridiane. Nell’elenco che segue, con i comuni in
ordine alfabetico e l’indicazione succinta della loro collocazione, sono elencate le 80 meridiane censite su SA a
fine di novembre 2013.
Agordo; numero quattro quadranti. Uno sulla Chiesa Arcidiaconale, uno sull’ex Istituto Minerario e due a
Toccol, sull’abitazione del presidente di “Cieli Dolomitici” Tomaso Avoscan. Alleghe; n. 9. Bech di Mezzodì, 15
Chiesa Parrocchiale, Municipio, Scuola elementare, via Coldai, loc. Fontanive, via De Gasperi, casa nel bosco
vicino a Caprile e casa del 1777 a Casaril. Canale d’Agordo; n. 2. Baita del Cacciatore raggiungibile a piedi
da Colmean in circa 1h e l’importante dipinto della Casa delle Regole. Questo quadrante è piuttosto misterioso
e di dubbia funzione astronomica; non ha lo gnomone ed è collocato sulla parete a nord. Le ore indicate
potrebbero essere riferite a quelle delle preghiere in funzione della posizione del Sole. Cencenighe; n. 6.
Chiesa Parrocchiale, Pradimezzo, Pradisopra raggiungibile a piedi da Pradimezzo in 30 m, e tre orologi a Bogo.
Colle Santa Lucia; n. 6. Chiesa Parrocchiale, casa Piazza, Costalta, Troi, in piazza e l’orologio naturale sulla
Fessura del Pelmo. Falcade; n. 5. Via Venezia, due ad ore italiche sulla Chiesa di Falcade Alto, due sulla
Chiesetta di Jore raggiungibile a piedi da Sappade in 30 m. Gosaldo; n. 6. Chiesa Parrocchiale a Don, Stallivere,
Renon, Villa S.Andrea e due a Ren. La Valle Agordina; n. 2. Noach e baita a Ciuit raggiungibile a piedi in
30m. Livinallongo del Col di Lana; n. 8. Bech da Mesdì, foro Cusano al Castello di Andraz, Andraz, Chiesa di
Larzonei, Arabba, Pian di Salesei, Costa di Salesei e Salesei di Sotto. Rivamonte; n. 1. Visibile dalla strada
provinciale. Rocca Pietore; n. 9. Chiesa Parrocchiale, casa vicino alla Chiesa, Scuola elementare, Sottoguda,
Ronch di Laste, Sorarù, Col di Rocca e due a Saviner di Calloneghe. San Tomaso Agordino; n. 3. Chiesa
Parrocchiale, Avoscan, e uno recente in centro vicino alla chiesa. Selva di Cadore; n. 4. Chiesa Parrocchiale,
Scuola elementare a S. Fosca, casa vicino alla Chiesa di S. Fosca e Rova. Taibon Agordino; n. 4. Chiesa
Parrocchiale, via Foch, via della Merla e via Besarel. Vallada Agordina; n. 5. Scuola elementare, Chiesa di
Andrich, Sacchet e due a Piaz. Voltago Agordino; n. 2. Frassenè e via Roma a Voltago.
In totale 76 quadranti visibili. Su SA è possibile censire anche i quadranti scomparsi di cui ci sia una fonte certa
della loro antica esistenza. Nell’agordino ce ne sono quattro, tutti documentati nel censimento UAI del 2000 e
nel libro Le Meridiane Bellunesi di Gabriele Vanin (Ed. Pilotto, 1991). Tre si trovavano nel comune di
Gosaldo; due a Ren ed una a Pattine. Il quarto quadrante si trovava sulla Chiesa di Celat ed è documentato dalla
foto dello gnomone scattata da Vanin. Il totale sale quindi a 80 quadranti.
Ogni comune dell’agordino ha almeno una sua meridiana. La densità è molto alta con un quadrante ogni 250
abitanti: in Italia la densità è circa 1/3000, mentre in provincia di Belluno è circa 1/500. Il comune con densità
minore è, stranamente, Agordo, con un quadrante ogni 1000 abitanti. Il comune più “ricco” è invece Colle
Santa Lucia con un quadrante ogni 70 abitanti. Va sottolineato che, per motivi vari, alcune zone sono state
vagliate in modo più scrupoloso, altre in maniera meno meticolosa. Sicuramente qualche quadrante non è
ancora censito e c’è notizia di alcune meridiane di futura costruzione. Quota 100 non è quindi lontana.
Chiunque voglia segnalare un quadrante che non figura nell’elenco sopra riportato può scrivere una mail a:
[email protected], oppure telefonare al numero di cellulare: 3474374141.
IO, IL CIELO E L’ASSOCIAZIONE di Simone Pra
La storia del cielo ha vissuto molti
momenti emozionanti. Nell’antichità
si vedevano solo 5 pianeti, ma col
passare del tempo è stato inventato il
telescopio e si scoprirono altri pianeti.
Il primo a fare delle scoperte con il
telescopio è stato Galileo Galilei.
Dopo moltissimi anni, nel 2003, è nata
l’Associazione Astrofili Agordini
“Cieli Dolomitici”, ovvero la nostra
associazione e quasi tutti gli
appassionati agordini hanno voluto
entrarne a far parte. Poi sono entrato
anche io e devo dire che finora è stato
bello questo viaggio.
Io ho iniziato ad appassionarmi nel 2009 perchè mio papà Claudio mi aveva chiesto di andare con lui a
osservare Saturno. Da quel momento mi sono innamorato del cielo. Anche adesso continuo a far parte
dell’Associazione e mi sto divertendo a scoprire nuovi e sconosciuti mondi. Non mi resta che consigliarvi di
iscrivervi, vi divertirete.
Ringrazio quelli che hanno letto il mio articolo e vi ricordo di ascoltare su Radio Più “Per tetto un cielo di
stelle”, una trasmissione dedicata all’ astronomia dove collaboro anche io. In futuro spero di rubare il posto di
conduttore principale a Claudio.
16
LE ORIGINI DEL CALENDARIO adattamento di Claudio Pra
I nomi dei mesi e dei giorni e le modalità con cui è ripartito il nostro calendario hanno una
storia millenaria che si è svolta in gran parte nel nostro paese. La misurazione del tempo è
derivata dalla regolarità con cui si ripetono alcuni fenomeni astronomici. L’alternarsi di
luce e tenebre è stata la prima e più evidente unità di misura con cui calcolare la lunghezza
di un giorno. Le quattro principali fasi della Luna, che si verificano ogni sette giorni circa,
sono alla base della settimana e l’intervallo che passa tra una luna nuova e la successiva,
pari a circa trenta giorni, è diventato il riferimento temporale per la misurazione del mese.
Dodici lunazioni, quindi dodici cicli lunari completi, sono alla base della ripartizione
dell’anno in dodici mesi e corrispondono più o meno al tempo che serve al Sole per
eseguire un giro completo tra le stelle dello zodiaco e quindi a completare un anello in cielo. La parola anno
deriva appunto da anello o rotondità, quindi completamento circolare di un ciclo. Naturalmente la posizione
occupata dal Sole tra le stelle è servita per capire la durata dell’anno solare e scandire le stagioni.
Il termine calendario deriva da (kalendae) che significa “chiamare a raccolta”. Nei primi tempi di Roma infatti,
al primo apparire della nuova luna uno dei pontefici convocava il popolo e annunziava il principio del mese.
Quindi il giorno delle calende era il primo giorno del mese.
Il termine “mese”, nelle più remote lingue del ceppo indo europeo, è un miscuglio tra le parole menes (mese),
mes (Luna) e me (misura) da cui il legame anche etimologico tra la parola mese e la il concetto di durata della
lunazione.
Attualmente in occidente i mesi hanno nomi molto simili fra loro, a testimonianza della comune origine che è
antica almeno quanto quella delle civiltà sviluppatesi in Italia, alle quali si possono far risalire i principali nomi
del calendario ancor oggi conosciuti.
L'antico calendario romano era un calendario rustico, che serviva per regolamentare i lavori agricoli che
iniziavano con la buona stagione e si concludevano con l'inizio dell'inverno. Esso contava solo 10 mesi e
trascurava i due più freddi in cui non si svolgevano lavori nei campi.
L'anno cominciava con martius (marzo), dedicato a una delle divinità prevalenti, Marte, dapprima protettore
della natura e del suo risorgere, divenuto poi il guerriero che brandisce l’ascia e difende il gregge, identificato
in seguito con il greco Ares. I mesi successivi fino a giungo trassero il loro nome da aspetti caratteristici della
natura nei corrispondenti periodi. Aprilis (aprile), deriva infatti da aperire, cioè aprire, con chiaro riferimento
al dischiudersi della vita in primavera e il germinare delle semenze. Seguiva maius (maggio), che in relazione
al crescere della vegetazione era dedicato alla dea Maia, divinità propiziatrice della fecondità della terra. Il
prosperare della natura e la dea Giunone (Juno) dettero il nome a junuis. Giunone, oltre che la dea della
maternità, era considerata la dea del calendario alla quale venivano dedicati i giorni delle calende. Seguivano
quintilius (quinto mese) che verrà successivamente cambiato in Iulius (luglio) in onore di Giulio Cesare, che
era nato in quel mese. La stessa cosa accadrà per il sesto mese, sextilis, che verrà cambiato in Agustus per
onorare Augusto imperatore. Quindi seguivano september, october, november e december che erano
rispettivamente il settimo, l'ottavo, il nono e il decimo mese dell'anno.
Scomparso Romolo, il suo successore Numa Pompilio aggiunse al calendario altri due mesi. L’undicesimo
mese prese il nome di januarius in onore di Janus, Giano, la figura espressiva più sacra ai romani, dio della
porta (janua) e protettore dell’inviolabilità del domicilio, i cui attributi sono il bastone e la chiave. Al
dodicesimo mese fu dato il nome di e februarius (da februalia, che erano le feste di purificazione). Questo
mese, allora come oggi, era il periodo destinato a sanare periodicamente le anomalie del calendario .
Successivamente, verso la metà del II secolo a.C. l' inizio dell'anno civile, per motivi di organizzazione
militare, venne spostato al 1° gennaio. Così l'undicesimo e il dodicesimo mese divennero rispettivamente il
primo e il secondo mese dell'anno. In questo modo gennaio, il mese dedicato a Giano, dio che presiedeva gli
ingressi, diventava il più adatto a chiudere la porta del vecchio anno e ad aprire quella del nuovo.
I nomi dei giorni furono assegnati dai Babilonesi ed ereditati dai Romani. Hanno origine dai nomi del Sole,
della Luna e dei 5 pianeti conosciuti fin dall’antichità perché visibili a occhio nudo. Così il lunedì era il giorno
della Luna (Lunae dies), martedì di Marte (Martis dies), mercoledì di Mercurio (Mercuri dies), giovedì di
Giove (Iovis dies), venerdì di Venere (Veneris dies). Sabato era in origine il giorno di Saturno (Saturni dies)
tanto che la denominazione si ritrova oggi nell’inglese Saturday. Però, con il diffondersi in Occidente del
cristianesimo, il termine ebraico “shabbat”, ovvero “giorno di riposo”, sostituì in molte lingue il nome pagano.
Analogamente il nome domenica (in latino Dominica, ovvero giorno del Signore) fu introdotto da Costantino,
convertito al cristianesimo, in sostituzione del più antico Solis dies, giorno del Sole, che resiste nell’inglese
Sunday e nel tedesco Sonntag.
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VIAGGIO A ZURIGO di Andrea Cibien
Recentemente per lavoro mi sono spostato a Zurigo, la maggiore città
della Svizzera.
Ho potuto così vedere il Politecnico federale di Zurigo, fondato nel
1855 e considerato uno dei più importanti centri di ricerca,
attualmente considerato, nel settore dell’ ingegneria e delle scienze
applicate, l’ottavo al mondo e il secondo in Europa.
Oltre una ventina di premi Nobel sono legati a questa scuola, fra cui
il celebre Albert Einstein, Premio Nobel per la fisica. La grandezza di
Einstein consiste nell' aver mutato per sempre il modello di
interpretazione del mondo fisico. Nell'ottobre del 1896 (a 16 anni)
Einstein superò l'esame di ammissione al Politecnico di Zurigo.
Concluse i suoi studi nel luglio del 1900, superando gli esami finali
con la votazione di 4,9/6, risultando quarto su cinque dei candidati in
matematica e fisica. Egli fu l'unico dei diplomati a non ottenere un
posto come assistente. Dopo il diploma Einstein trovò un lavoro all'
ufficio brevetti di Berna. Insieme all'amico e collega di lavoro,
L’Osservatorio Urania di Zurigo
Michele Besso, fondò un gruppo di discussione chiamato
"Accademia Olimpia", dove si discuteva di scienza e filosofia. Nel 1905 (passato alla storia come l'annus
mirabilis) Albert Einstein risolve le contraddizioni presenti tra le equazioni di Maxwell dell' elettromagnetismo
e la relatività galileiana, pubblicando in un articolo la teoria della relatività ristretta. Einstein comprese che la
massa e l’energia, due realtà fisiche apparentemente così diverse, sono in verità strettamente legate da un valore
numerico molto preciso: il quadrato della velocità della luce (E=mc2). Questa geniale e semplice formula, che
all'epoca risultò assolutamente rivoluzionaria, stabilisce che massa ed energia sono equivalenti. Questa nuova
teoria cade però a sua volta in contraddizione con la teoria della gravitazione universale di Newton: negli anni
successivi Einstein cerca così di modificare la teoria della gravitazione in modo da renderla compatibile con la
relatività ristretta. Dopo dieci anni di studi, nel 1915 Einstein descrive la gravità come curvatura dello
spaziotempo a quattro dimensioni. dedusse inoltre il modo in cui la materia curva lo spaziotempo imponendo
l'equivalenza di ogni possibile sistema di riferimento (da cui il nome di relatività generale). In particolare, il
potenziale gravitazionale newtoniano viene reinterpretato come l'approssimazione, per campo debole, della
componente temporale del tensore metrico: da questo discende il fatto che il tempo scorre più lentamente in un
campo gravitazionale più intenso. La nuova teoria gravitazionale risulta anche essere molto più accurata di
quella newtoniana nel prevedere la precessione del perielio di Mercurio.
Alla pubblicazione, la teoria della relatività generale venne accolta con scetticismo da parte degli scienziati,
perché essa derivava da ragionamenti matematici e analisi razionali, non da esperimenti o osservazioni. Ma nel
1919 le predizioni contenute nella teoria, furono confermate dalle misurazioni dell'astrofisico Arthur Eddington
in occasione di un'eclissi di Sole, in cui verificò una delle conseguenze della teoria, e cioè la flessione dei raggi
luminosi (di una Stella) in presenza di forte campo gravitazionale (il Sole). Esperimenti più precisi hanno
confermato le predizioni della teoria della relatività generale, che oggigiorno vengono usate nel normale
funzionamento dei sistemi GPS.
Dopo quasi un secolo, la teoria della relatività generale di Albert Einstein continua ad essere valida: E' di
quest'anno la notizia che le osservazioni condotte su una stella pulsar binaria distante settemila anni luce,
confermano la correttezza delle previsioni della teoria della relatività generale. Un laboratorio stellare, scoperto
nel 2003, e da allora utilizzato dagli astrofisici per verificare sperimentalmente quello che Einstein aveva
previsto un centinaio di anni prima, nella sua Teoria della Relatività. Il risultato conferma la validità della
teoria einsteiniana con una precisione del 99.95% anche in condizioni di campo gravitazionale così estremo
come quello presente nel sistema binario in questione.
Visita all'osservatorio Urania di Zurigo
L' Urania Sternwarte è l'osservatorio pubblico di Zurigo. E' stato inaugurato Il 15 giugno 1907 e possiede un
telescopio rifrattore Fraunhofer Carl Zeiss di 30 cm. di apertura e 5,05 metri di lunghezza focale. Il rifrattore
pesa dodici tonnellate ed è installato all'interno di una cupola posizionata su una torre alta 50 metri.
L'osservatorio offre visite guidate per scuole e gruppi. Le visite pubbliche a pagamento vengono svolte 3 volte
a settimana, a partire dalle 20:00, ed è possibile anche osservare al telescopio. La sua posizione nel centro della
città di Zurigo è un problema serio: l'inquinamento luminoso permette infatti solo l’osservazione di pochi
oggetti celesti. In condizioni di scarsa visibilità o la pioggia, vengono effettuate in alternativa lezioni di
astronomia, aiutandosi con la proiezione di immagini e animazioni su uno schermo. Un piano più in basso, il
bar Jules Verne offre uno splendido panorama sulla città.
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ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE
(luglio --novembre 2013)
Sabato 10 agosto al Rif. Bottari, si è tenuta la ormai tradizionale serata dedicata alle Perseidi, le “stelle cadenti”
per antonomasia, organizzata da Cieli Dolomitici in collaborazione con il CAI di Oderzo, proprietario della
struttura. Cielo terso, tante stelle, tante meteore e tanta gente rapita da un fenomeno sempre suggestivo e dalla
possibilità di ammirare al telescopio gli oggetti celesti del periodo.
Lunedì 12 agosto al Rif. Scarpa abbiamo proposto un altro evento legato alle perseidi in collaborazione con il
gestore del Rifugio Aron Lazzaro. Notevolissimo il telescopio messo a disposizione, un Dobson da quasi
mezzo metro di diametro, che ha mostrato gli oggetti celesti in maniera quasi fotografica lasciando di stucco gli
intervenuti.
Sabato 17 agosto, al Castello di Andràz, si è tenuta una serata particolare divisa in più parti. Inizialmente una
piccola conferenza ha accolto gli intervenuti. Successivamente è stato possibile visitare la stanza del Castello
dove è presente un foro di possibile funzione astronomica attribuito a un illustre personaggio vissuto nel 1400,
Nicolò Cusano, cardinale, teologo, filosofo, umanista, giurista, matematico e astronomo tedesco. A spiegare
l’ipotesi del foro è intervenuto colui che l’ ha formulata, Giuseppe De Donà. Infine tutti al telescopio ad
osservare la Luna.
Sabato 9 novembre alla scuola Gabelli di Belluno, uno dei nostri divulgatori (Claudio Pra) ha proposto una
piccola lezioncina a cinquanta bambini di seconda elementare. La visita ha suscitato l’entusiasmo dei piccoli e
degli insegnanti, rapiti dal cielo e dalle sue meraviglie. Questi incontri sono forse i più belli e gratificanti anche
per noi dell’Associazione.
Venerdì 22 novembre, presso la Sala convegni della Comunità Montana Agordina “Don Ferdinando Tamis” ,
abbiamo festeggiato il decimo compleanno dell’Associazione con un mesetto di anticipo, proponendo un
incontro diviso in due parti: nella prima si è parlato del raggiungimento dell’importante traguardo, rievocando i
momenti più significativi anche grazie al supporto di audiovisivi. La seconda parte è stata invece dedicata alla
cometa ISON.
“Per tetto un cielo di stelle”, la trasmissione dedicata al cielo stellato condotta da Claudio e Simone Pra per
conto dell’Associazione, ha continuato (e continua) ad andare in onda settimanalmente sull’emittente agordina
Radio Più, interrompendosi soltanto per un paio di mesi in estate.
E’ continuato l’invio settimanale via mail agli Associati delle news contenenti informazioni astronomiche,
appuntamenti, notizie sull’ Associazione, consigli per osservare il cielo, immagini ecc.
Per il nostro decimo anno di attività abbiamo dato alle stampe un calendario molto particolare dedicato alla
Luna e alle nostre montagne. Luna 2014, oltre ad essere un bellissimo ed utile calendario, è anche una
testimonianza della nostra attività nei primi dieci anni di vita.
I divulgatori dell’Associazione hanno continuato a gestire le visite al Planetario di S. Tomaso che, come di
consueto, propone un picco di lavoro nei mesi di luglio e agosto.
Nuovo Orione e Coelum,
Le due riviste astronomiche che vi consigliamo,
in edicola tutti i mesi.
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Cieli Dolomitici n°20