La nostra lingua è sessuata? Come parliamo a cura di Graziella Priulla Si racconta che un giorno i discepoli di Confucio gli domandarono: Quale sarebbe la tua prima mossa, se tu diventassi imperatore della Cina? Rispose: Comincerei col fissare il senso delle parole. 2 Premessa L’ipotesi generale è che la lingua non solo manifesta, ma anche condiziona il nostro modo di pensare: essa incorpora una visione del mondo e ce la impone. Nella lingua, dunque, la posta in gioco è l’interpretazione del mondo che mette in gioco il senso. Le categorie fondamentali in base alle quali la nostra lingua prende forma sono ideologicamente condizionate. Scriveva il famoso linguista Giulio Lepschy nel 1989: Mentre gli uomini sentono che la lingua manifesta nello stesso tempo sia la loro condizione di esseri umani sia la loro condizione di maschi, le donne trovano che la stessa lingua non corrisponde ugualmente alla loro condizione specifica di donne e che perciò è inficiata anche la sua presunta universalità umana. Significato: Significato modo in cui gli individui comprendono ciò che comunicano e ciò che viene comunicato L’insieme delle conoscenze implicate nell’uso dei significati concerne la totalità delle conoscenze enciclopediche prodotte dalla propria esperienza personale e dall’appartenenza a una determinata cultura L’esperienza personale, in quanto attività influenzata e governata in modo costante e intrinseco dalla cultura di appartenenza, è una lente che ingrandisce o rimpicciolisce, modificando i dati di realtà in funzione dei propri schemi mentali, valori e pratiche conoscitive Il sistema dei significati non è in sé concluso, ma è in continuo divenire in funzione delle esperienze generate nell’interazione e nello scambio fra i comunicatori Il significato si configura come un percorso interpretativo per spiegare e dare senso agli accadimenti che rappresentano il contenuto delle proprie esperienze personali e sociali, oggetto della comunicazione 4 Il dizionario non raccoglie semplicemente le parole e le locuzioni di una lingua, dandone le definizioni, ma è un’opera ideologica, che riflette la mentalità di chi l’ha scritto e contribuisce a forgiare quella di chi lo consulta. Un cambiamento può avvenire con il passaggio generazionale. Fondamentali sono l’educazione da parte delle docenti e le soluzioni da parte delle linguiste. 5 La funzione modellizzante della lingua La lingua modifica le mentalità o occorre modificare prima le mentalità per ottenere le adeguate trasformazioni linguistiche? E' un falso problema: i due fenomeni sono intrecciati, qualora si consideri la lingua non solo come strumento di informazione e comunicazione, ma come uno dei più importanti sistemi simbolici a nostra disposizione, che costituisce uno degli strumenti privilegiati per la costruzione della soggettività individuale e collettiva e in primo luogo dell'identità di genere. La lingua non ha solo la funzione di rispecchiare i valori, ma anche quella di concorrere a determinarli, organizzando le nostre menti. Ogni lingua storico-naturale reca in sé la sedimentazione di tutti i significati individuali e collettivi attribuiti alle parole nel corso del tempo, ma è anche un deposito di tutti gli elementi: giudizi di valore, fantasie, emozioni, affetti, paure, desideri, speranze, idee e comportamenti, cui veniamo socializzati fin dalla nascita. 6 Se la lingua è il luogo in cui una cultura stabilisce, fissa e tramanda le proprie rappresentazioni simboliche, riflettendo e alimentando anche gli stereotipi e i pregiudizi che la connotano, è nella lingua che vanno cercate le risposte in merito allo statuto dell’uomo e della donna in una società strutturata. Le riflessioni sulla sessuazione della lingua sono coeve alla nascita dei movimenti femministi, e alla loro volontà di decostruirne il condizionamento. 7 8 Costruzionismo sociale Le relazioni sociali si basano sul linguaggio. La questione che si pone qui è quella dell’asimmetria nelle designazioni. Espressioni differenziate portano a ruoli differenti entro il gruppo sociale, rafforzano le sottostanti disuguaglianze e inducono un pensiero di sé che spesso ricade negli stereotipi e in attribuzione di altri. Discorsi diversi costruiscono diversamente il mondo offrendone diverse rappresentazioni, classificazioni e descrizioni. 9 La discriminazione passa per la lingua 10 Il linguaggio quotidiano è l’ideologia sociale fossilizzata La lingua è il binario su cui viaggia il pensiero; parlare non è mai neutro. Ciò che non si dice non esiste. Il pregiudizio si annida spesso nel linguaggio. La discriminazione, prima che sostanziale, è linguistica. Parole che controllano l’immaginario, che producono e regolano il mondo, che si dicono a nome di tutti, si presentano neutre, negano la differenza di genere e permettono dunque al maschile di sottrarsi alle relazioni. Interrogarsi sul sessismo nei linguaggi significa chiedersi se l’uso che facciamo del linguaggio avere un’influenza sul nostro modo di pensare e, di conseguenza, sul nostro modo di agire. Nella quotidianità si gioca lo spazio più importante della nostra esistenza. 11 LINGUAGGIO come artefatto simbolico per rappresentare e ricostruire la REALTÀ È il risultato di un processo storico e culturale in cui il modello maschile predomina sia nelle strutture sia nelle forme linguistiche l’uno e l’unicità il due come non-uno o alterità l’uno e l’unicità sono divenuti neutro/universalità che comprendono in sé la differenza nascondendola fino a considerare il soggetto femminile come compreso nell’umanità universale che è in realtà soggetto maschile logica logica aristotelica aristotelica categoria centrale l’uno e l’unicità logica logica cartesiana cartesiana 12 13 Libertà femminile significa questo: usare l’intelletto senza negare che esso è in un corpo di donna, per costruire un pensiero che si radichi nella propria esperienza reale, per stare al mondo non in maniera subalterna o concorrenziale o paritaria con i maschi ma in maniera autentica e sensata, secondo un ordine simbolico che dia alle donne parola sul mondo e su se stesse. Questo pensiero fornisce possibilità di ordine e senso anche ai maschi, perché, indicando la parzialità del loro essere ne limita la presunzione di assoluto. Il primo ambito nel quale tale libertà è coartata è il ‘linguaggio’, depositario di un ordine simbolico patriarcale, cioè un sistema di rappresentazioni speculari alla soggettività maschile. 14 LINGUAGGIO SESSUATO ALL’ORIGINE DELLE DIFFERENZE NEL LINGUAGGIO NON CI SONO MOTIVI DI ORDINE LINGUISTICO, MA MOTIVAZIONI SOCIALI genere generegrammaticale grammaticale la superiorità del maschile nella struttura della lingua genere generesociale sociale corrisponde alla superiorità maschile nella società Þ IL LINGUAGGIO CONTRIBUISCE A CREARE e REIFICARE LE REALTÀ, ANCHE LE REALTÀ DEI GENERI 15 Le donne e i linguaggi • • • • Il campo della comunicazione è ancora poco scandagliato attraverso la dimensione di genere, nonostante le importanti posizioni che le donne hanno conquistato come protagoniste della società. Lo fece a suo tempo il movimento femminista (quello italiano fu uno dei più vivaci d’Europa), cercando - dopo aver ricostruito una storia sessuata di inventare nuovi linguaggi e nuove pratiche. Si profilò un’idea radicalmente diversa di cultura, di democrazia, di libertà, che incise sulla politica dei partiti di sinistra ma poi fu messa ai margini, finì per sembrare un ingombro. Forse la complessità del suo pensiero, forse la sua estraneità alla sfera istituzionale, per non parlare delle sue divisioni interne, impedirono che la riflessione diventasse patrimonio di tutte, trasformasse i modi della convivenza e si traducesse in nuovi canali di rappresentanza, in presenza diversa nei luoghi del potere e della comunicazione. Passare dal “movimento femminista” al “femminismo diffuso” si rivelò difficilissimo. La fine della “prima Repubblica” interruppe il rapporto che faticosamente si era creato tra movimenti delle donne e mediazione politica. Ridurre i primi a caricatura fu una mossa formidabile per denigrarli e screditarli. 16 La nozione di sessismo linguistico è abbastanza recente: se la lotta per l’emancipazione femminile ha una storia secolare, solo nella seconda metà del ‘900 è sorto un dibattito sulle implicazioni linguistiche della differenziazione storica dei ruoli tra maschio e femmina. Presa coscienza dell’invisibilità linguistica delle donne,si è avviato un processo di valorizzazione di una lingua non discriminatoria e sessuata. 17 I gender studies nella sociolinguistica e nella linguistica applicata si sono sviluppati molto soprattutto in America a partire dagli anni ‘70 con la pubblicazione del libro della linguista Robin Lakoff “Il linguaggio e il posto della donna” , e sono proseguiti con le opere di Deborah Tannen (“Ma perché non mi capisci?”) e di Jennifer Coates, tra le altre. Il movimento femminista sollevava la questione delle parole con cui le donne venivano designate,e chiedeva alle istituzioni, alle scuole, ai media, un uso non sessista della lingua, richiedendo, quando necessari, cambiamenti linguistici adeguati. Il rapporto tra linguaggio e genere non è invece mai stato particolarmente approfondito in Italia, dove solo nel 1987 furono pubblicate le “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua”, a cura di Alma Sabatini . 18 Nel mondo anglosassone, a partire dagli Stati Uniti negli anni ‘70 del secolo scorso, le iniziative per contrastare il sessismo nella lingua hanno comportato sia interventi istituzionali, sia un’attenzione massiccia, nei luoghi di diffusione di cultura e informazione (scuole, case editrici, redazioni di giornali, associazioni culturali, istituzioni giuridiche), verso l’uso di certe forme criticabili e la predilezione per nuove altre non discriminatorie. In Italia ci si è mossi con ritardo, perché i mutamenti economico-sociali e la consapevolezza culturale sono maturati con più lentezza. 19 Riflettere sugli automatismi A metà degli anni ‘80 gli studi di Alma Sabatini e di Patrizia Violi pongono la questione di come la lingua neutra, espellendo da sé ogni traccia di differenza, dia voce ad un solo soggetto, apparentemente neutro e universale, in realtà maschile […] e ripensano alla lingua in una prospettiva diversa, mirante a fare emergere e liberare le possibilità creative e vitali che la differenza sessuale racchiude in sé, nel momento in cui essa diviene luogo ove si esprimono due diversi soggetti, non simmetricamente definiti. I lavori sulla questione non sono molti, ma è opportuno ricordare almeno Donna & Linguaggio (1995), una raccolta di saggi curata da Gianna Marcato e articolata in cinque sezioni nelle quali si esaminano, rispettivamente, i rapporti lingua-genere-sesso, la scrittura al femminile, l’uso linguistico e le matrici culturali, la fonetica e gestualità al femminile, e gli approcci lessicali alle tematiche della femminilità. 20 Non si usa la sessuazione del linguaggio perché il nome è potere, esistenza, possibilità di diventare degne di entrare nella storia in quanto donne, trasmettitrici della vita ad altri a prezzo dell’oscurità della propria. Questo infatti è il potere simbolico del nome, dell’esercizio della parola: trasmettere la storia sessuando il linguaggio è narrarsi, dirsi, obbligare ad essere dette con il proprio nome di genere. Se non abbiamo nome e siamo possesso di un uomo, dell’etnia, della nazione, della religione, possiamo essere violentate nei molti modi in cui ciò avviene: se abbiamo nome e potestà di noi stesse la cosa è più difficile. Così Lidia Menapace nella postfazione di Parole per giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d’oggi, scritto nel 1990. 21 22 Sguardi sulle differenze L’opposizione maschile/femminile è investita da un sistema di valorizzazioni che ne delinea lo spazio semantico. Può non esser percepito, ma la forma linguistica funziona come generatrice di senso e di metafore: queste sono il residuo di un simbolismo che perdura. 23 L’invisibile parzialità Le lingue non registrano proprietà intrinseche della natura, ma categorie che in esse si sono formate e che sono state proiettate poi sulla natura; le stesse distinzioni che percepiamo tra oggetti e eventi esistono per noi perché abbiamo nella nostra lingua nomi specifici atti a indicarle, ma l’appartenenza a una serie o all’altra non è universale: dipende dalla formulazione che ne danno le diverse lingue. Le lingue sono anche i luoghi della codificazione dei ruoli sessuali nelle diverse culture e società, ruoli vissuti come naturali e quindi ritenuti immutabili proprio perché appresi dalla e nella lingua materna: qualità, caratteristiche psicofisiche, disposizioni d’animo, atteggiamenti, modelli di comportamento, aspettative e sentimenti pertinenti alle immagini del femminile e del maschile secondo i canoni dell’educazione di genere, cui dovrebbero conformarsi le donne e gli uomini reali. 24 La linguistica, così come tutte le discipline in cui il pensiero raggiunge la massima astrattezza e generalità possibile, fonda le proprie teorie su un soggetto universale che dovrebbe valere quale paradigma dell’intero genere umano. La fragilità che si cela dietro questa parvenza di soggetto forte si svela però non appena è una donna a prendere la parola. L’irrompere della differenza sessuale nel linguaggio infrange l’illusione di un locutore puramente formale, mettendo in luce il nesso inscindibile fra physis e ratio, scoprendo nuove dimensioni di significazione, nuovi collegamenti fra la linguistica e altri campi del sapere, oltre alla sociologia e alla psicologia, quali la filosofia, la psicanalisi e le neuroscienze. 25 Il linguaggio è “genderizzato”, e ogni lingua ha un modo di esprimere la propria “genderizzazione”. In inglese la maggior parte dei sostantivi è neutra, ma pronomi e aggettivi possessivi rimarcano l’importanza di definire il genere del soggetto o dell’oggetto di cui si parla. Nelle lingue latine (italiano, spagnolo, francese, portoghese e romeno) le parole sono invece quasi sempre declinate al maschile o al femminile, costringendo gli attori di una comunicazione ad intendere la forma maschile come se fosse inclusiva di entrambi i generi e quindi neutra. L’entrata delle donne in ambiti tradizionalmente considerati maschili provoca imbarazzi linguistici in una società che ha dato per scontata l’immutabilità nella divisione dei ruoli. 26 Il privilegio maschile sembra consistere proprio nel non aver bisogno di pensare in termini di genere, al contrario di quanto succede alle donne: questo è quello che sosteneva Georg Simmel nel 1911 e che si può dire riconfermato nello studio di Pierre Bourdieu, Il dominio maschile, datato 1998. Gli uomini non si pongono il problema del genere, anzi spesso cercano di contrastare la stessa tematizzazione, tentando di opacizzare la messa in questione del linguaggio. 27 Ho sempre visto nel dominio maschile, nel modo in cui viene imposto e subìto, l‘esempio per eccellenza di questa sottomissione paradossale, effetto di quella che chiamo la violenza simbolica, violenza dolce, insensibile, invisibile per le stesse vittime, che si esercita essenzialmente attraverso le vie puramente simboliche della comunicazione e della conoscenza o, più precisamente, della misconoscenza, del riconoscimento e della riconoscenza o, al limite, del sentimento. Pierre Bourdieu, Il dominio maschile 28 29 «Il paradosso implicito nella dichiarazione degli inalienabili diritti umani consisteva nel prendere in considerazione un uomo “astratto” in realtà inesistente … dato che noi conosciamo gli esseri umani solo in forma di uomini e di donne, e quindi il concetto di uomo, per essere politicamente valido, deve sempre comprendere la pluralità degli esseri 30 umani» In altre parole, il sé viene socialmente costruito attraverso il linguaggio e ogni individuo è chiamato a tessere la trama della propria storia personale sul telaio delle più ampie costruzioni narrative imposte dalla società in cui vive. Dunque, se è vero che la nostra stessa identità e le relazioni sono costruite per mezzo del linguaggio che parliamo, possiamo pensare che la strada che conduce al cambiamento e ad un ampliamento di prospettiva sia quella di forgiare relazioni nuove mettendo in discussione le forme dominanti di discorso e aprendo spazi linguistici che permettano l'emergere di altre visioni del mondo? 31 Il nostro intento, nella segnalazione di tali problemi, è quello di far riflettere su automatismi della lingua, e quindi di pensiero, che non sono così innocenti quanto si è indotte a credere. Anche se non è possibile modificare con semplici atti volontaristici le strutture profonde di senso inscritte nel sistema linguistico, l’adozione di meccanismi e dispositivi che segnalino alcune disimmetrie grammaticali e semantiche tra il maschile e il femminile presenti nel linguaggio, è l’inizio di un percorso di riflessione e pratica, individuale e collettiva, volto a permettere il libero formarsi ed esprimersi della soggettività femminile. I cambiamenti della società hanno influenzato profondamente la lingua, si pensi solo alla diffusione dell'istruzione, dei giornali, di radio e tv. La lingua cambia continuamente, ma rimane sempre uno spicchio di possibilità, per ciascuno, di usare la lingua come vuole: può scegliere la varietà che desidera, le parole che vuole, addirittura inventarne, nella pubblicità, senza rispettarne appieno le regole ... la lingua italiana permette di creare tutte le parole femminili che vogliamo: la resistenza al loro uso non dipende certo da fattori linguistici! 32 33 Il senso comune La fitta e complessa trama delle conoscenze condivise e largamente interiorizzate a livello sociale costituisce il senso comune. Il senso comune può essere considerato come l’insieme delle certezze tacite e indubitabili che ciascun componente di un gruppo condivide con i suoi simili. I contenuti e le assunzioni sulle quali si basa sono ritenute auto-evidenti; le domande che lo mettono in discussione sono “prive di senso”; le persone che se ne discostano sono “dissennate” . Il linguaggio parlato è un veicolo importante del senso comune. 34 Gli aforismi (brevi frasi che condensano princìpi “morali” o di senso comune) “L’uomo è per natura superiore, la donna inferiore; il primo comanda, l'altra ubbidisce, nell’uno v’è il coraggio della deliberazione, nell’altra quello della subordinazione” (Aristotele) “C’è un principio buono che ha creato l’ordine, la luce e l’uomo, e un principio cattivo che ha creato il caos, le tenebre e la donna” (Pitagora) “La donna è un male necessario” (Aulo Gellio) “Nelle chiese le donne tacciano” (Paolo di Tarso) “ La donna è la porta dell’inferno“ (Tertulliano) “Oggetto necessario, la donna, per preservare la specie” (Tommaso d’Aquino) “Una donna deve a suo marito la deferenza che un suddito deve al suo principe” (Shakespeare) “L’uomo deve essere addestrato alla guerra, la donna al riposo del guerriero” (Nietzsche) “Le donne sono nate per badare alla casa, mettere al mondo figli e portare le corna” (Mussolini) “Le donne hanno sempre bisogno di un tutore: perciò in nessun caso dovrebbero ottenere la tutela dei figli” (Schopenhauer) “ La donna non è niente più che alcune parole scritte da un ragazzino in un cesso pubblico “ (Bukowski) 35 Pilastri di misoginia L’uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo. E infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo; né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo. Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza. san Paolo di Tarso, Lettere ai Corinzi La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia. san Paolo di Tarso, Lettere a Timoteo 36 La donna è un tempio costruito su una cloaca (…) Tu, donna, sei la porta del Diavolo, tu hai circuito quello stesso che il diavolo non osava attaccare di fronte. È a causa tua che il figlio di Dio ha dovuto morire; tu dovrai fuggire per sempre in gramaglie e coperta di cenci. Tertulliano, scrittore latino cristiano, padre della Chiesa e santo Le donne non dovrebbero essere illuminate od educate in nessun modo. Dovrebbero, in realtà, essere segregate, poiché sono loro la causa di orrende ed involontarie erezioni di uomini santi. Sant’Agostino Adamo è stato condotto al peccato da Eva, non Eva da Adamo. È giusto, quindi, che la donna accolga come padrone chi ha indotto a peccare. Ambrogio, padre della chiesa e santo 37 I precedenti illustri C’è un principio buono che ha creato l’ordine, la luce e l’uomo, e un principio cattivo che ha creato il caos, le tenebre e la donna. Pitagora L'uomo è per natura superiore, la donna inferiore; il primo comanda, l'altra ubbidisce, nell'uno v'è il coraggio della deliberazione, nell'altra quello della subordinazione. Aristotele Chi si affida ad una femmina si affida ai ladri. Esiodo Alla donna il silenzio reca grazia. Sofocle 38 39 Antica preghiera del mattino dei maschi ebrei Che tu sia benedetto, o Dio nostro Signore, re dell’Universo, per non avermi fatto nascere gentile. Che tu sia benedetto, o Dio nostro Signore, re dell’Universo, per non avermi fatto nascere schiavo. Che tu sia benedetto, o Dio nostro Signore, re dell’Universo, per non avermi fatto nascere donna. 40 Le donne sono al mondo per piacere e obbedire agli uomini Jean-Jacques Rousseau La straordinaria influenza di Rousseau sul XVIII e XIX secolo ha avuto la conseguenza di fondare l’inferiorità della donna non più sulla volontà di Dio, così come accadeva nel Medioevo, ma sulla costituzione stessa della natura, che ha sancito le differenze tra genere maschile e femminile. 41 42 Così «autorevolmente» parlavano cent’anni fa La donna è un uomo arretrato nel suo sviluppo. E’ tanto infantile mentalmente quanto lo è fisicamente: le manca la barba, è microcefala, stupida e pigra. Sa disporre i fiori, s’intende di cucina, ma i grandi cuochi e i grandi maestri dell’arte sono uomini. (Teorie «scientifiche» di Lombroso e Ferrero) Il cinese è preistorico, la donna extra storica; l’uno è escluso dalla storia a causa della tradizione, l’altra del sesso (Lezioni di Storia di Giovanni Bovio) La donna, pena grossi guai, non deve essere distolta dalla sua naturale missione, ossia quella di allevare figli (Rivista di Filosofia Scientifica) La donna è inferiore all’uomo perché il suo cervello pesa cento grammi in meno di quello dell’uomo (Prof. Mingazzini - Giornale d’Italia del 7/11/1911) 43 Così alcuni parlano oggi 44 Si intitola Le donne da Platone a Derrida (Plon editore, Parigi 2001) un’antologia curata da tre studiose (Françoise Collin, Evelyne Pisier e Eleni Varikas - una filosofa, una giurista e una storica ) che analizza la secolare misoginia dei maestri del pensiero. 45 I proverbi • • • • • • • • • • • • • • • • Abbi donna di te minore, se vuoi essere signore. Chi dice donna dice danno. Donne e oche tienine poche. Donne, asini e noci voglion le mani atroci. La donna ha più capricci che ricci. Donna che sa il latino è rara cosa, ma guardati dal prenderla in sposa. Chi donne pratica, giudizio perde. Le donne hanno lunghi i capelli e corto il cervello. Chi vuol vivere e star sano, dalle donne stia lontano. Mentre le belle si guardano, le brutte si sposano. Le donne sono sante in chiesa, angeli in strada, diavole in casa, civette alla finestra e gazze alla porta. Le donne sono una certa mercanzia da non le tener troppo in casa. Tempo, vento, signor, donna, fortuna, voltano e tornan come fa la luna. Se le donne fosser d’oro, non varrebbero un quattrino. Cu' asini caccia e fimmini cridi, faccia di paradisu nun ni vidi. Buono o cattivo che sia, al cavallo si dà di sprone. Buona o cattiva che sia, alla moglie si dà con il bastone. 46 47 Un etimo Matrimonio è parola di origine recente. Nella Politica Aristotele osservava che l’unione dell'uomo e della donna non ha un nome. Più in generale, noi oggi sappiamo che nelle lingue indoeuropee (che si sono diffuse dall'Asia centrale all'Atlantico per circa quattro millenni) mancava una parola per dire 'matrimonio'. In queste lingue venivano usati termini completamente diversi a seconda del sesso: verbali per l’uomo, nominali per la donna. Per l'uomo si adoperavano dei verbi che significavano 'condurre una donna a casa propria'. Per la donna invece non si usavano verbi, ma forme nominali, per indicare che essa 'non si sposa, ma è sposata', che non compie un atto, ma cambia condizione. 48 Parlante o parlata? 49 50 51 Che strano: le donne hanno poca autostima “Signora maestra, come si forma il femminile?” “Partendo dal maschile: alla ‘o’ finale si sostituisce semplicemente una 'a'” “Signora maestra, e il maschile come si forma?” “Il maschile non si forma, esiste” Le bambine e le donne nella propria vita dovranno spesso fare i conti non solo con gli eventuali vincoli sociali opposti alla propria piena realizzazione e autodeterminazione, ma anche e soprattutto con le proprie schiavitù interiori, indotte dalla fragilità dei sentimenti di autostima e di stima per le donne in generale, interiorizzata attraverso le rappresentazioni depositate nella lingua. Questa svalorizzazione costituisce il primo gradino verso la strutturazione psichica della dipendenza dagli uomini. 52 Il maschile è inclusivo? 53 Disegno di una ragazza di 15 anni 54 Perfino nel linguaggio della parità “La donna dev’essere uguale all’uomo” Perché non si dice “L’uomo dev’essere uguale alla donna” o “L’uomo e la donna devono essere uguali” ????????? 55 56 57 58 59 60 Stereotipi linguistici • I termini “neutri” sono pochi • Le “etichette” rischiano di far scattare immagini complessive non corrispondenti alla realtà 61 È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio (Albert Einstein) … tuttavia, vogliamo provarci Stereotipi palesi: Donna al volante, pericolo costante Chi dice donna dice danno Donne e motori, gioie e dolori Il silenzio è il miglior ornamento delle donne La donna è mobile qual piuma al vento Stereotipi nascosti: I diritti dell’uomo La paternità di un’opera d’arte Il signore e la signora Rossi La governante; il governante 62 1951 63 1994 - 2011 Un linguaggio a forte connotazione sessuale viene utilizzato anche dalla politica della “seconda Repubblica”, senza alcun imbarazzo. Ricompaiono termini e battute che si pensavano appartenere ad epoche premoderne, come quelle immortalate dalle commedie cinematografiche degli anni ’50, o quelle usate dai maschi riuniti al bar dello Sport. Questi comportamenti pubblici sono stati censurati dai governi e dalla stampa internazionale. 64 Modi di dire e frasi idiomatiche discriminanti, anche in situazioni confidenziali e scherzose Restare zitella Essere una “vecchia” zitella Essere uno scapolo (d’oro!) 65 Sulle bustine dello zucchero 66 67 68 69 Traduzione? Il libro di Caitlin Moran, How to be a woman, è stato tradotto in italiano “Ci vogliono le palle ad essere una donna”. L’editore spera così di vendere di più, e naturalmente difende la propria scelta con la scusa dell’ironia. Per il commercio il linguaggio sessista è pur sempre un valido alleato. 70 Se l'uomo non è "vergine" è considerato più "uomo"; se non lo è la donna, è perché è “facile”. Se un uomo ha molte donne è "tosto", se una donna ha molti uomini è una "puttana". Se una donna veste in modo stravagante è poco seria, se lo fa l’uomo è un originale. Se un uomo arriva al successo è stato bravissimo, se ci arriva una donna è perché è andata a letto con qualcuno. Se un uomo dice parolacce è cosa normale, se lo fa una donna è volgare. La prostituta è una donna senza morale, il gigolò è un uomo che ha esperienza. L’adulterio: per l’uomo un’avventura, per la donna una vergogna. Il tempo libero: gli hobby maschili sono seri e impegnativi, quelli femminili sono stupidi. E infine Le donne italiane hanno vinto tre volte il campionato europeo di calcio, ma nessuno lo sa. 71 Sciupafemmine, termine derivato dal dialetto napoletano. Traduzione inglese: lady killer (vi pare verosimile?) 72 Provocante Si dice in genere di una donna, dei suoi abiti, dei suoi atteggiamenti. Se cerchi ‘provocare un uomo’ il vocabolario cita come sinonimo ‘sedurre’, o ‘conquistare’. Ma se cerchi solo ‘provocare’ trovi ‘spingere a comportamenti aggressivi’. Come la mettiamo? Sinonimi trovati: allettante, erotico, scollacciato, seducente, sexy, stuzzicante, succinto, trasgressivo, audace. Altri termini correlati: affascinante, ammaliante, irresistibile, maliardo, indecente, indecoroso, osceno, eccitante, attraente, sensuale, inverecondo, scollato, anticonformista, disinibito, ribelle. Contrari trovati: castigato, pudico. Altri termini contrari correlati: modesto, serio, sobrio, casto, decente, decoroso, verecondo. 73 Dignità? E’ interessante notare, come fa Daria Martelli, lo slittamento semantico dell’espressione ‘dignità femminile’, che connotava originariamente un pudore tradotto in reticenza, per cui la maggior parte delle vittime non denunciava reati come le violenze maritali, gli stupri e gli incesti. Solo dagli anni ’70 in poi la dignità è divenuta per la donna il diritto di essere protagonista nel mondo e di essere rispettata in quanto persona. 74 75 La rete è moderna? 76 Anche nel web Se digiti su Google “giornalisti”: appaiono i siti dell’Ordine e della Federazione “giornaliste”: cercansi giornaliste sexy per pornotv; le giornaliste più sexy della tv 77 Se oggi rivolgere commenti come i riferimenti al colore della pelle in termini volgari crea finalmente scalpore rispetto a decenni fa, lo stesso non si può dire per gli epiteti sessisti. “Che bella gnocca” non fa scandalo, “negro” sì. La stessa cosa per le differenze di classe. Non si dice più “serva” per la collaboratrice domestica, ma pare normale dire “è passato un bel culo”. Se alla lingua viene riconosciuto un ruolo fondamentale nella costruzione sociale della realtà, questo vale anche per l’identità di genere: è perciò necessario che non privilegi più, come fa da secoli, il maschile, né continui a tramandare pregiudizi negativi nei confronti delle donne, ma diventi rispettosa di entrambi i generi. Il problema non è la difesa di una morale, ma il significato sociale di un’immagine dei rapporti uomo-donna in cui il secondo dei termini si costruisca a partire dall’immaginario del primo. 78 Perché la figata è buona e bella mentre la cazzata è stupida e cattiva? Forse perché si ritiene buono e giusto che la donna sia sintetizzata nella propria parte sessuale (non ha altra funzione sociale se non di amante o di moglie); per l’uomo invece è degradante, e quindi limitativo, confinarsi in quella importante ma non unica qualità maschile. E lo sfigato? Ciò che disturba nello stigma implicito nell’attributo è duplice. Da un lato l’implicita, primitiva gerarchizzazione dei maschi in base all’accesso alle donne: lo ‘sfigato’ sta in basso, escluso dal godimento, mentre chi conta e comanda è baciato dalla fortuna e in grado di godere. Dall’altro lato, una riduzione della donna a oggetto di possesso, collezione, vanteria maschile: lo ‘sfigato’ è il contrario di un macho o di uno sciupafemmine, non potrà mai disporre né di un palmarès di conquiste, avventure, storie da esibire, né tanto meno di un harem. 79 Anche gli insulti costruiscono l’immaginario Le invettive indirizzate ai maschi si basano prevalentemente sulla stupidità, sull’inefficienza, sulla disonestà, sul crimine, sulla cattiveria, sulla vecchiaia, sullo sport. O sulle donne della sua famiglia. Quelle che riguardano la bruttezza sono pochissime. Quelle che riguardano invece le donne si riferiscono praticamente tutte all’aspetto fisico e/o al sesso. È un elenco che, nella sua ossessiva insistenza, fa impressione. 80 Un cortigiano: un uomo che vive a corte Una cortigiana: una donnaccia Un professionista: un uomo che conosce bene la sua professione Una professionista: una donnaccia Un uomo pubblico: un uomo famoso Una donna pubblica: una donnaccia Un uomo di strada: un uomo duro Una donna di strada: una donnaccia Un uomo facile: un uomo col quale è facile vivere Una donna facile: una donnaccia Un intrattenitore: un uomo socievole Un’intrattenitrice: una donnaccia Un uomo molto disponibile: un uomo gentile Una donna molto disponibile: una donnaccia 81 Perché “figlio di buona donna” e non “figlio di buon uomo”? Perché “figlio di puttana” e non “figlio di evasore fiscale”? Non servono scuse come “l’ho detto per scherzo” o “volevo dire che”: c’è sicuramente un altro modo di dire le cose. Dietro ogni insulto si può leggere un pezzo di storia della società che lo produce. 82 Titoli di giornale su donne importanti 83 Dietro all’offesa, la paura L’insulto rivolto a un uomo chiama spesso in causa le “sue” donne, la sorella o la madre (direttamente, in figlio di puttana, o indirettamente, ‘a bucchina ‘e mammeta - ‘a bucchina ‘e soreta), o la fidanzata/moglie (indirettamente, nell’apostrofarlo come becco o cornuto). Dal Medioevo in poi chi subisce un tradimento è oggetto di scherno e di irrisione mediante l’abbassamento a un livello animalesco-grottesco, che serve a esorcizzare diverse paure, e soprattutto l’angoscia di essere traditi per inadeguata o scarsa virilità. Non è usuale “cornuta”, non esiste “becca”: l’esser tradita forse è troppo usuale per esser degno di nota, e poi solo i maschi possono temere che il figlio non sia loro. 84 «Fatti una ragazza» “Inesperto perché ha scopato poco”: tipico modello della mentalità patriarcale, paternalista e “maschia” che attribuisce all’abilità e alla pratica nel consumo del sesso (sesso etero, sia ben chiaro) un particolare valore sociale, etico, iniziatico persino. “Fatti una ragazza”, pronunciata da un uomo verso un altro uomo con l’atteggiamento paternalista di chi ne sa di più, di chi non considera l’interlocutore alla sua altezza, al suo grado di maturità. Quindi chi la pronuncia usa il classico luogo comune sessista secondo il quale, per “crescere”, per “maturare”, serva fare sesso; se non eiaculi un po’ dentro qualcuna, non sei “uomo”. Niente male eh? “Fatti” una ragazza. Già “tròvati” sarebbe stato meno violento. La ragazza quindi uno se la deve fare come “ci si fa” la macchina, la moto, un viaggio. La ragazza la si acquista, la si prende, è lì a disposizione, ce ne sono tante. Scegli marca e modello, considera se puoi permetterti gli optional e fattela. “Una” ragazza, non “la” ragazza. Non è richiesto alcun grado di particolarità, va bene una qualunque. Lo scopo è svezzare il ragazzetto, quindi chi sia lei è indifferente, va bene una qualunque alla bisogna. 85 Fa male anche il silenzio Un amico dice: “Senti questa barzelletta, è divertente”. Sorridi e ti aspetti di fare una bella risata, invece ti trovi ad ascoltare una barzelletta umiliante per le donne. Le descrive come incompetenti, deboli, isteriche, oppure come semplici strumenti sessuali. Molte barzellette parlano di cose terribili come lo stupro in un modo “scherzoso”. Il sorriso ti si è gelato sulle labbra e ti senti a disagio; sai che tutto questo non è giusto. Vorresti dire qualcosa ma ti sembra che agli altri presenti la barzelletta sia piaciuta. Sorridono e tu non vuoi fare il guastafeste. Ma forse, forse, forse, alcuni di loro stanno pensando le stesse cose che pensi tu; forse quel sorriso che hanno stampato in faccia è imbarazzato quanto il tuo. 86 Titoli di cortesia 87 Hanno un attimo di esitazione. Poi, con un sorriso gentile, ti chiedono quasi galanti: “signora o signorina?”. È come se pensassero che chiamarti signora quando sei signorina sia un po’ indelicato. E chiamarti signorina quando sei signora sia invece un po’ troppo lusinghiero. Si confondono, si impappinano, si perdono nel dettaglio: gli uomini. Silvia Ballestra 88 Il lessico 89 Le forme sessiste derivano da: • Asimmetrie grammaticali, come l’uso del maschile generico es. i cittadini: si usa il maschile per denotare sia maschi che femmine • Asimmetrie semantiche, che riflettono gli stereotipi sociali es. un governante/una governante 90 In italiano non esiste il neutro Si sostiene, salomonicamente, che il maschile si può usare 'in senso neutro' o che 'tanto ci si riferisce al lavoro, non alla persona, quindi non importa specificare se si tratta di maschile o femminile'. Ma il 'maschile neutro' non esiste, e per ragioni squisitamente linguistiche: in italiano il genere grammaticale corrisponde, per gli 'esseri animati', a quello biologico. Il genere grammaticale maschile si lega a un referente biologicamente maschile, quello femminile a un referente femminile. Semplificando molto, il genere grammaticale maschile evoca nella nostra mente un uomo, quello femminile una donna. In italiano il genere grammaticale dei nomi è comunemente congruo con il genere biologico del referente. 91 Paradossi quotidiani RaiTre ha un nuovo direttore (Bianca Berlinguer) Il marito dell’assessore sarà presidente Il sindaco di Cosenza ha partorito una bambina Il ministro indossava un tailleur rosa Il segretario di Stato (Hillary Clinton) ha accolto la notizia con animo virile • Il primo ministro indiano (Indira Gandhi) è stato assassinato • • • • • 92 I femminili che mancano ÆNella nostra lingua mancano i femminili relativi alle professioni e alle cariche che le donne hanno via via assunto nel corso di questo secolo. I femminili sono invece ben presenti e radicati per ruoli e mestieri tradizionalmente svolti dalle donne quali: casalinga, massaia, governante, lavandaia, infermiera, merlettaia, segretaria, nutrice, levatrice, etc. Per molti di questi, manca significativamente il maschile, oppure esso assume un significato totalmente diverso. ÆChe fare per colmare queste lacune? Le linguiste suggeriscono di puntare direttamente alla creazione del femminile che manca, anche se questo inizialmente “suona male”. Più è rara la presenza femminile in questi ruoli più è difficile accettarne il femminile. Guarda caso, i femminili che risultano più strani e più forzati sono proprio quelli relativi ai ruoli di potere più elevati e alle professioni. Nessuno si stupisce più di mestieri di livello medio-basso declinate al femminile come cameriera, impiegata, cassiera, commessa, parrucchiere, ragioniera. 9 Molti incarichi professionali sono stati tradizionalmente affidati a uomini, per cui il problema della desinenza al femminile si è creato tardi. Ruoli professionali, cariche istituzionali e politiche sono quindi espresse col genere maschile anche se ricoperte da donne. 94 Angela Merkel vuole essere nominata al femminile, perché lo ritiene un genere di tutto rispetto, anzi di gran rispetto. E non teme di perdere di autorevolezza venendo apostrofata Kanzlerin, cioè Cancelliera. Merkel è dunque al contempo Cancelliera e una delle persone più potenti del mondo. Si può fare. 95 • Non sempre vi è stato un cambiamento nell’etichetta linguistica che potesse includere le donne. • All’inverso per altre professioni, tipicamente femminili, l’ingresso degli uomini ha comportato una ridefinizione dell’etichetta linguistica designante la categoria. • Per esempio: hostess --> tipicamente femminile, dopo l’ingresso degli uomini -->assistenti di volo. 96 Le differenze riscontrabili negli usi linguistici riflettono spesso le più importanti distinzioni esistenti all'interno della comunità. Non si mette in dubbio che l’uso del maschile con doppia valenza faccia parte integrante della lingua italiana, così come è entrata nell’uso. Ciò che meraviglia è quanto le conseguenze sulla mente di chi scrive e di chi legge, di chi parla e di chi ascolta, siano state completamente ignorate: che non ci si sia accorti di come tale abitudine linguistica riesca a cancellare completamente la presenza delle donne in un testo, che si tratti di storia, di cronaca, di attualità politica od altro, rendendo, per converso, ancor più massiccia la già preponderante presenza maschile. 97 Che brutto termine, suona male Un termine nuovo è spesso giudicato brutto solo in quanto nuovo, cioè urta contro la purezza, la continuità e la tradizione … Bruno Migliorini, linguista In molti casi è proprio la mancanza del termine nuovo a causare scorrettezza e dissonanze 98 Resistenze: ministro o ministra? Le esitazioni puntualmente provocate da qualsiasi tentativo di 'cambiare la lingua' per definire i nuovi ruoli delle donne a livello di comunicazione sia istituzionale sia individuale e quotidiano, per quanto si dichiari l'assenza di intenzioni discriminatorie, rivelano in sostanza un'ancora diffusa diffidenza ad accettare il riconoscimento di uno status sociale di piena dignità socio-professionale per le donne e, in termini più generali, una profonda resistenza a mutare i modelli di genere tradizionali. In ambito protestante è stata coniato il termine pastora per indicare il ministero pastorale esercitato da una donna. In pochi anni il termine è entrato nell'uso comune e non suona più "stonato". La lingua è viva e si adatta alla realtà: le resistenze sono simboliche e non grammaticali. 99 il ministro Elsa Fornero, il magistrato Ilda Bocassini, l’avvocato Giulia Bongiorno, il rettore Stefania Giannini Qual è la ragione di questo atteggiamento linguistico? Le risposte più frequenti adducono l’incertezza di fronte all’uso di forme femminili nuove rispetto a quelle tradizionali maschili (è il caso di ingegnera), la presunta bruttezza delle nuove forme (ministra proprio non piace!), o la convinzione che la forma maschile possa essere usata tranquillamente anche in riferimento alle donne. Ma non è vero, perché maestra, infermiera, modella, cuoca, nuotatrice, ecc. non suscitano alcuna obiezione: nessuno definirebbe mai Federica Pellegrini nuotatore. Le resistenze all’uso del genere grammaticale femminile per molti titoli professionali o ruoli istituzionali ricoperti da donne sembrano poggiare su ragioni di tipo linguistico, ma in realtà sono, celatamente, di tipo culturale. 100 101 Il lessico dell’italiano prevede sia un repertorio ormai radicato di forme femminili, sia una serie di neoformazioni. La maggior parte dei nuovi termini femminili per professioni o ruoli istituzionali si è “modellata” su quanto ha proposto Alma Sabatini : - i termini -o, - aio/-ario mutano in-a, - aia/-aria es. architetta, avvocata, chirurga, commissaria, deputata, impiegata, ministra, prefetta, notaia, primaria, sindaca - i termini in -iere mutano in -iera es. consigliera, infermiera, pioniera, portiera - i termini in -sore mutano in -sora es. assessora, difensora, evasora, revisora - i termini in –tore mutano in -trice es. ambasciatrice, amministratrice, ispettrice, redattrice, senatrice 102 Nei casi seguenti la forma del termine non cambia e si ha soltanto l’anteposizione dell’articolo femminile: - termini in -e /-a es. la custode, giudice, interprete, parlamentare, preside, poeta, vigile -forme italianizzate di participi presenti latini es. agente, dirigente, inserviente, presidente, rappresentante -composti -es. capofamiglia, caposervizi 103 Il suffisso -essa • Nasce per indicare “la moglie di chi esercita la funzione e non già chi è idonea a esercitarla direttamente” (Leone) • Si è stabilizzato un tempo soprattutto nei titoli nobiliari baronessa; contessa; principessa; duchessa • È entrato nell’uso comune con parole come professoressa; dottoressa; studentessa Dottoressa però in tutto il corso della sua storia fino ai primi del ‘900 è stato usato in modo prevalentemente negativo e beffardo, per indicare donne saccenti e presuntuose. Il Rigutini - Fanfani (1880) annota: «femm. di Professore; ma si userebbe più spesso per ischerzo: “Vuol far la professora, ma non sa nulla”» • Conserva una sfumatura ironica e discriminante ministressa; medichessa, deputatessa • Tende a perdere vitalità e produttività 104 In segreteria Pensate alla parola segretaria: declinata da subito al femminile, dagli anni ’60 in poi è stata spesso svilita e vilipesa nel ruolo. Come sappiamo, esiste anche il segretario, ma non in quell’accezione. E infatti ecco che il vocabolo si nobilita e diventa Franco Siddi, segretario della Fnsi. E deve essere davvero nobile se anche Susanna Camusso ci tiene a farsi chiamare segretario della Cgil, e guai a chiamarla segretaria. Ma perché? Perché se declinata al maschile la parola immediatamente assume un connotato nobile, se al femminile no? Fortuna che ogni tanto qualcuna si sveglia e allora ecco Angela Merkel che si fa chiamare cancelliera. 105 L’uso in evoluzione 106 Ondeggiamenti - Ricerche da internet • Carabiniera (28.600), donna carabiniere (372), carabiniere donna (288), carabiniere in gonnella (31), carabiniere in rosa (1) • Poliziotta (162.000), donna poliziotto (6.830), poliziotto donna (500), poliziotto in gonnella (142), poliziotto al femminile (1) • Avvocato Giulia Bongiorno (4.640), avvocata Giulia Bongiorno (133), avvocatessa Giulia Bongiorno (93) • Il ministro Carfagna (352.000), la ministra Carfagna (17.600), 107 la ministressa Carfagna (83) La lentezza culturale e la velocità tecnologica Fino al 2009, se si cercava in Google la voce “imprenditrici di successo”, il motore di ricerca non ne voleva sapere e tentava di riportarti sulla retta via suggerendoti che “forse cercavi imprenditori di successo”. 108 109 LINGUAGGIO SESSUATO: esempi (T. De Mauro, 2005) Dall’analisi di queste definizioni sembrerebbe che il ministro-uomo abbia uno status superiore rispetto alla ministra-donna MI·NÌ·STRO - s.m. FO 1a. chi, come subalterno al servizio di un potente, di un'autorità politica e sim., ricopre cariche ufficiali; chi esercita un alto ufficio agendo in nome e per conto di un'autorità superiore: ministro del re; 1b. fig., chi svolge un'opera attiva per la diffusione di qcs., chi compie una missione: essere, farsi ministro di pace; 1c. LE chi si fa carico di compiere un'azione, di portare a compimento un progetto per ordine o per conto altrui: il Nibbio, uno de' più destri e arditi ministri delle sue enormità (Manzoni); 2. FO ciascuno dei membri del governo cui è affidato il compito di dirigere uno dei rami della pubblica amministrazione e di partecipare all'esercizio del potere esecutivo (abbr. Min.): ministro degli interni, ministro degli esteri; 3. CO chi cura l'amministrazione di un patrimonio, di un'azienda, ecc. | i ministri della giustizia, i magistrati; 4. TS dir.intern. diplomatico di grado inferiore a quello di ambasciatore; 5. TS eccl. il superiore di alcuni ordini religiosi; 6. TS lit. ministrante MI·NÌ·STRA - s.f. 1. BU spreg. o scherz., ministressa; 2a. LE sacerdotessa di un culto pagano, destinata al servizio del tempio di una divinità: l'armonia della bellezza e il vivo | spirar de' vezzi nelle tre ministre (Foscolo); 2b. LE entità astratta spec. personificata che si immagina reggere il governo degli avvenimenti umani o intervenire nelle vicende del mondo: la ministra | de l'alto Sire infallibil giustizia (Dante) 110 Il dizionario Nel 1994 il dizionario Zingarelli, con un ribaltamento storico, ha inserito la declinazione al femminile di 800 parole maschili, nonostante il fastidio di diversi accademici della Crusca e il leggero ribrezzo di non poche studiose e studiosi. Sono nate così l'avvocata e l'ingegnera, la ministra e l'assessora, la notaia e la chirurga, la giudice e la carpentiera. E a chi sostiene che certi femminili suonano male, vale la pena rispondere che non si tratta solo di fonetica, perché se suonano bene parole come parrucchiera, coniglietta o monaca, non si capisce perché non dovrebbero suonare bene cariche come direttrice, assessora, sindaca o questora. 111 I docenti sono uomini, gli amministrativi donne! 112 Storica, ma direttore 113 Cambia la realtà = cambia il linguaggio Le istituzioni promuovono la femminilizzazione della lingua 114 115 116 Onu, Dichiarazione universale dei diritti umani (1948) • l’art. 1 affermava che tutti gli uomini nascono liberi e uguali in dignità e diritti grazie alle pressioni delle donne delle lobbies e delle delegazioni sovietiche e indiane la dizione fu cambiata in tutti gli esseri umani 117 Orientamenti europei Parlamento Europeo: Vademecum per evitare un uso sessista delle lingue (2009) Commissione Europea per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere (2008): Risoluzione “ Sull’impatto del Marketing e della pubblicità sulla parità tra donne e uomini” Commissione Europea (2006)” Una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini” Europa (Commissione e Parlamento europeo, altri Stati) • • • • Raccomandazione R(90)4, 1990, del Comitato dei Ministri sull’eliminazione del sessismo nel linguaggio Donne e linguaggio, di Patricia Niedzwecki, 1993, pubblicato dalla Ce Raccomandazione REC(2003)3 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini ai processi decisionali politici e pubblici (cita buone pratiche: Francia, Svizzera, Austria, Germania) La neutralità di genere nel linguaggio usato dal Parlamento europeo, Linee guida del Parlamento europeo, maggio 2008 (http://ec.europa.eu/dgs/translation/rei/documenti/rete/neutralitagenere.pdf) • Spagna, 2007: Legge costituzionale 3/2007 per la parità effettiva tra gli uomini e le donne, cita tra i criteri generali di attuazione dei poteri pubblici l’adozione di un linguaggio non sessista in ambito amministrativo e la promozione dello stesso nella totalità dei rapporti sociali, culturali ed artistici 119 Secondo la Decisione del Parlamento europeo 397.475 IT, deve essere usato un linguaggio senza sessi, per una lingua che rifletta in modo appropriato la sua adesione al principio dell’uguaglianza di genere. Ad esempio, i traduttori e i redattori degli atti legislativi devono saper riconoscere ed evitare il significato discriminatorio che dipende dall’uso di alcuni vocaboli ed espressioni di uso comune nelle diverse lingue. 120 Scrive il Parlamento Europeo … 121 In Spagna e in Lichtenstein la lotta contro il sessismo passa anche attraverso i segnali stradali 122 In Italia, a livello centrale Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana (Alma Sabatini, Commissione nazionale per la parità e le PO tra uomo e donna, 1987) http://www.innovazionepa.it/dipartimento/documentazione/documen tazione_pari_opportunita.htm • • • • La società cambia, è necessario cambiare l’atteggiamento Le scelte linguistiche coerentemente devono veicolare questo cambiamento È necessario avere la consapevolezza che la lingua è stata androcentrica Proposte 123 Bisogna risalire a un momento importante del dibattito sulla “lingua sessuata”, che ha impegnato, dagli anni ‘70 in poi, studiosi e intellettuali, sotto la spinta delle elaborazioni teoriche delle donne. Il momento coincide con la formulazione delle Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana (1987) della studiosa Alma Sabatini. Dietro il meritorio lavoro svolto da Sabatini premeva una realtà in mutamento, un mondo di valori in subbuglio, nel quale si cominciava a percepire con chiarezza, per esempio, che i suffissi in -essa e in trice avevano sempre indicato le poche attività svolte dalle donne con il benevolo e spesso ipocrita benestare degli uomini: dottoressa, professoressa, badessa, studentessa, poetessa; levatrice, ricamatrice, scrittrice. 124 Le proposte contenute nel volumetto di Sabatini trovarono eco nel Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche pubblicato presso il Dipartimento per la Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri (1993) e successivamente nel Manuale di Stile. Strumenti per semplificare il linguaggio delle amministrazioni pubbliche. Proposta e materiali di studio, a cura di Alfredo Fioritto (1997). C. Robustelli, Pari trattamento linguistico di uomo e donna, coerenza terminologica e linguaggio giuridico, in La buona scrittura delle leggi, a cura di Roberto Zaccaria, 2012 125 A livello locale Statuti dei Comuni di Pisa, Reggio Emilia, Roma, Venezia e altri (dal 2000): “in tutti gli atti del comune si deve usare un linguaggio non discriminante, in particolare sono espresse al femminile le denominazioni di incarichi e funzioni ricoperte da donne” Esempio recente (novembre 2010) del Comune di Imola, che riscrive il proprio Regolamento esplicitando la differenza di genere 126 Regione Lombardia 127 Mentre il lessico è più sensibile ai cambiamenti nella percezione della realtà, le strutture morfosintattiche si possono modificare solo in un arco temporale più lungo e con maggiore difficoltà 128 Esempi Tutti i giorni donne e uomini dicono almeno una frase del tipo "devo andare dal medico", "hai bisogno di un avvocato", "gli studenti hanno protestato", "i viaggiatori in partenza per Roma" , "siamo cittadini europei … Si osservi ora questo caso: “Hermann Hesse è uno dei più grandi scrittori.” “Doris Lessing è una delle più grandi scrittrici.” Hermann Hesse viene messo in risalto fra scrittrici e scrittori, Doris Lessing solo fra le scrittrici. Quindi si dovrebbe dire “Doris Lessing è tra i più grandi scrittori e scrittrici.” 129 Invisibilità L’uomo primitivo? Donne non ce n’erano? Il maschile neutro occulta la presenza delle donne, così come ne occulta l’assenza Quando si parla, ad esempio, della democrazia ateniese sottolineando che «gli Ateniesi» avevano diritto al voto, viene di fatto nascosta la realtà che questo era negato al 50% circa della popolazione, le donne. Vedi «suffragio universale» ai tempi giolittiani, quando le donne erano totalmente escluse dal voto. 130 Chi guida la grammatica? • E’ il maschile che guida le regole della concordanza (l’aggettivo diventa maschile se in un gruppo c’è anche solo un sostantivo maschile). • La regola è stata fissata in Francia a metà del ‘600 da Dominique Bouhours, prete gesuita e grammatico, nato nel 1628 e morto nel 1702, che l’ha giustificata affermando beatamente ignaro del politically correct di là da venire - che quando due generi si incontrano, bisogna che il più nobile prevalga 131 Se l’insegnante si rivolge alla propria classe mista dicendo “Ragazzi, ora faremo...”, tutta la classe si sente chiamata in causa, ma se dice “Ragazze, ora faremo...” solo la componente femminile si sente interpellata. 132 Facciamo un semplice esperimento mentale: supponiamo che nella cultura X la gente usi pronomi diversi in funzione non del sesso, ma del colore della pelle. Per puro caso il pronome generico è quello usato per riferirsi ai bianchi e, per puro caso, il gruppo sociale privilegiato è quello dei bianchi. Come reagiremmo alle proteste della gente di colore per l’uso dei pronomi "bianchi" per riferirsi a un individuo generico? 133 Traduzione? Un esempio indicativo del rovesciamento simbolico che spesso si accompagna al cambio di genere nel passaggio dal latino all’italiano. Nella lingua latina, i nomi di albero sono femminili e i frutti, loro prodotto, sono di genere neutro. In quella italiana, invece, gli alberi sono per lo più maschili e i loro frutti sono femminili. Dunque il melo crea, genera, produce … la mela. E’ una forma simbolica di appropriazione della maternità, fenomeno noto a chi frequenta i miti. 134 Il maschile neutro • evitare l’uso del maschile come genere non marcato (diritti dell’uomo > umani, della persona) • anteporre il femminile nelle coppie oppositive (uomini e donne > donne e uomini, alternare) • evitare parole tipo fratellanza > solidarietà • accordare aggettivi e participi al femminile se la maggioranza dei nomi, o l’ultimo nome, sono femminili: Maria, Francesco e Giovanna sono arrivate • evitare di citare le donne come categoria a parte (questi popoli si spostavano con donne e bambini in cerca… come se le donne non fossero popolo) 135 Nomi, cognomi, titoli • evitare segnalazioni asimmetriche di donne e uomini (es. la Gelmini e Tremonti > Gelmini e Tremonti) • usare signora (simmetrico di signore) e non signorina • usare il titolo professionale e non signora, specie se lo si fa per i nomi maschili (la signora Rossi e il prof. Bianchi > la prof. Rossi e il prof. Bianchi) • parlando di una coppia usare anche il cognome della donna (il signore e la signora Curie > la coppia Curie-Slodowska) Il Ministro del Welfare chiede di non essere chiamata “la” Fornero: l’articolo davanti al cognome le sembra espressione di maschilismo 136 137 Anche negli studi sul linguaggio ci sono modelli differenti Modello del dominio (Lakoff) e modello della differenza (Tannen) appartengono storicamente a due fasi del movimento femminista: il primo corrisponde al momento della testimonianza dell'oppressione delle donne in ogni aspetto della loro vita, il secondo al momento della rivalutazione della tradizione culturale delle donne. I due modelli possono però essere visti come complementari: se anche è vero che donne e uomini sono socializzati in sotto-culture diverse, così come sostiene il modello della differenza, le relazioni sociali patriarcali influiscono tuttavia sui due gruppi in modo diverso, privilegiando gli uomini, così come affermato dal modello del dominio. Si mette allora in guardia dall'assumere una sola prospettiva a detrimento delle altre: un'attenzione esclusiva alla differenza conduce a sottovalutare il ruolo del dominio e del privilegio maschili; ma focalizzarsi esclusivamente sul dominio porta a disconoscere le differenze di esperienza e di credenze. E così concentrarsi solo sulle strutture sociali porta a ignorare il fatto che le identità di genere sono fluide e instabili, mantenute solo da certe pratiche; ma sottolineare troppo il cambiamento e la creatività potrebbe far sottovalutare il peso di un sistema percepito come statico e di forza normativa. 138 Bibliografia Ø AA.VV. (De Mauro, Tullio): Come parlano gli italiani. Firenze (La Nuova Italia), 1994 ØAA. VV. (Sobrero, Alberto A.) Introduzione all’italiano contemporaneo, Le strutture, Roma- Bari (Laterza), 1993 Ø Berruto, Giuseppe: La sociolinguistica dell’italiano contemporaneo. 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Sessismo e potere discriminatorio delle parole, Roma (Carocci), 2010 ØSerravalle, Ethel (a cura di), Saperi e libertà, Progetto Polite (Associazione Italiana Editori), Milano, 139 2000 140 141 Il sessismo nella lingua italiana (pdf scaricabile della Commissione Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio): risale al 1993 ma è ancora attuale. Linee guida per l'uso del genere nel linguaggio amministrativo (pdf scaricabile della Commissione Pari Opportunità del Comune di Firenze in collaborazione con l'Accademia della Crusca), 2012. 142 143 Il Glossario Lessico della differenza, a cura di Aida Ribero (Centro studi e documentazione pensiero femminile della Regione Piemonte) contiene 51 voci in ordine alfabetico che definiscono alcuni concetti-chiave inerenti alle tematiche di genere. Come si legge nell’introduzione, il glossario intende sintetizzare una serie di ‘voci’ relative al pensiero della differenza, in modo semplice e chiaro, ma affidabile scientificamente, sia nell’esposizione che nei contenuti. Inoltre, ha lo scopo di rendere fruibile la terminologia di genere alle giovani e ai giovani che affrontano tesi di laurea su questi temi, nonché alle nuove generazioni che intendono operare nell’ambito dei progetti sulle pari opportunità e di una società che si prefigge una democrazia sempre più equa e solidale. E’ possibile scaricare la versione integrale del testo. 144