Lettera di
Natale 2008
10/12/2008 Numero 20
Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha
Carissimi,
vi consegniamo il nostro 2008, denso
come sempre di eventi, fatti, frutti,
difficoltà,
gioie,
dolori,
speranze.
Condividiamo la nostra storia con la
certezza che appartiene anche a tutti
voi, in quanto parte dell'unica storia
della Salvezza che ci accomuna.
Energia solare a Maranà-tha
Un impianto fotovoltaico per
generare
energia
elettrica...
Perché no? Il futuro è nel sole! E
allora abbiamo stimato quanto
consumiamo in un anno e dove
potrebbe
essere
posizionato
l'impianto e abbiamo creato
simulazioni per valutare se è
possibile ammortizzarlo e in
quanti
anni.
Poi
abbiamo
cominciato
a
chiedere
dei
preventivi, scegliendo alla fine il
consorzio di cooperative “Solare
Sociale", che ci è venuto
incontro
permettendoci
di
abbassare il costo totale, perché
una
parte
dei
lavori
di
installazione la stiamo facendo
noi. Installeremo 2 impianti da
20 kWp (per la precisione 19,8
kWp ognuno), per un numero
totale di 180 pannelli da 220 Wp
e utilizzando per l'installazione
il tetto del salone che ha
orientamento sud-est. Il costo
totale è di 204.000 € che
riusciremo
ad
ammortizzare,
grazie
agli
incentivi
statali
(0,412 € per ogni kWh prodotto)
e al risparmio che avremo, in
circa 10 anni. I soldi per tutto
questo non li abbiamo ma
pensiamo che sia un progetto
buono per cui vale la pena
chiedere aiuto agli amici. Si
tratta di scommettere su una
produzione di energia pulita,
che eviterà l'immissione in
atmosfera di circa 22 tonnellate
di CO2 all'anno.
Cerchiamo
quindi
persone
singole,
associazioni,
enti,
istituzioni che siano disposte a
credere in questo progetto
sociale sottoscrivendo donazioni
a favore di questa iniziativa. Per
chi fosse interessato possiamo
dare ulteriori informazioni per
meglio esplicitare i dettagli
tecnici ed economici.
Anno 2008 - Pagina 1
Tutti presenti!
Come previsto dalla nostra Carta
dell'alleanza, dopo circa sette anni di
vita comunitaria le tre coppie più
giovani (Marchetti, Crisafulli e Molinari)
sono
state
chiamate
ad
un
discernimento
per
una
scelta
di
permanenza stabile. Lo strumento degli
Esercizi Spirituali ci ha accompagnato
in
maniera
privilegiata
nel
discernimento,
insieme
ad
alcuni
incontri con “colui che ci accompagna
nel cammino” (p. Paolo). Ogni coppia, in
tempi diversi, ha presentato i frutti del
proprio discernimento e, in seguito, la
comunità ha presentato a ciascuna un
rimando rispetto agli anni trascorsi
insieme fino a quel momento. Il 6
settembre, durante il nostro consueto
fine settimana annuale con p. Paolo, il
percorso si è concluso con l'adesione di
tutte e tre le famiglie e la relativa
accoglienza da parte della comunità! In
questi mesi abbiamo sperimentato in
abbondanza il dono dello Spirito e
lodiamo il Signore per averci posto l'uno
accanto
all'altro
nel
condividere
l'avventura della vita.
Le accoglienze
Due sono le accoglienze più a lungo
termine e impegnative cominciate nel
2008: una famiglia irakena di Falluja,
arrivata in Italia tramite la croce rossa
internazionale per far curare il loro
figlio più grande (7 anni), rimasto
gravemente ferito in un bombardamento
(sono con noi dallo scorso dicembre);
Stefano, 38 anni di Milano, con difficoltà
familiari e alcune fragilità personali
(arrivato lo scorso febbraio con un
progetto di un anno).
Tra le altre accoglienze di durata
circoscritta ricordiamo una mamma
marocchina e Sabrina. La prima ha
abitato con noi insieme alla sua bimba
per una ventina di giorni in attesa
dell'avvio di un progetto più stabile in
un altro comune; Sabrina, poco più di
quaranta anni, con problemi di salute e
di fragilità personali, è stata a Maranàtha circa quindici giorni, in maggio, con
lo scopo di sperimentarsi in una realtà
comunitaria.
Sono invece terminate le accoglienze in
famiglia di Giada e di Lucia, che hanno
raggiunto la maggiore età. Mariarosa è
ancora con noi e ha chiesto di rimanere
un altro anno per poter ulteriormente
approfondire la relazione con le sorelle
dell'associazione Arca di Bologna dove
desidera andare a vivere in futuro.
Giovani che sperimentano vita alla
pari
La scorsa estate è stata con noi Cloè,
studentessa di psicologia belga arrivata
per perfezionare il suo italiano in vista
di un tirocinio che farà all'Università di
Padova. E' stata un aiuto prezioso per i
compiti e per i mille lavori estivi nel
giardino e nell'orto.
Dalla fine di ottobre nell'appartamento
di Claudio vive Nazareno, ingegnere neo
laureato di Milano, che sta trascorrendo
un tempo di vita alla pari in comunità.
Chi viene a conoscerci
Continuiamo con piacere a ricevere
richieste di gruppi e famiglie desiderosi
di conoscerci e a volte di trascorrere
alcuni giorni in comunità per fare
esperienza
del
nostro
stile
di
condivisione della vita.
Gli ultimi giorni di aprile abbiamo
ospitato
una giovane famiglia di
Pordenone conosciuta durante una
nostra
testimonianza
nella
loro
parrocchia. Il 10 maggio, giorno di
Pentecoste, è stata poi una giornata
particolarmente intensa in cui abbiamo
accorpato tre diverse realtà: un gruppo
parrocchiale di famiglie di Ravenna, un
gruppo di scout adulti di Ancona e un
gruppo di giovani guidati da padre
Paolo. Dopo un primo breve incontro di
presentazione
tutti
insieme,
nel
pomeriggio ciascun gruppo ha fatto
incontri più approfonditi con qualcuno
di noi.
Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha
Le esperienze di annuncio
Diverse sono anche le richieste di “missione”, ovvero in
cui ci viene chiesto di andare a portare una
testimonianza, spesso in altre città o in altre regioni. In
marzo abbiamo tenuto due incontri in una parrocchia di
Pordenone, da cui sono nate ulteriori occasioni di
incontro; nello stesso mese abbiamo portato una
testimonianza alla giornata diocesana delle famiglie
tenutasi a Pontecchio Marconi con il tema “4 virtù per la
famiglia: ascolto, pazienza, accoglienza, compagnia”. In
aprile abbiamo partecipato ad un incontro con giovani e
formatori presso la Parrocchia di S. Egidio a Bologna; in
maggio siamo stati chiamati a tenere una relazione al
convegno della Cei sugli stili di vita della famiglia
cristiana che si è tenuto a Nocera Umbra. In settembre
abbiamo tenuto due incontri in una parrocchia di
Pontetaro (Parma) e a metà novembre le famiglie della
parrocchia sono venute a conoscere la comunità
trascorrendo con noi un'intera domenica.
Un altro aspetto dell'annuncio che abbiamo intrapreso
quest'anno riguarda la catechesi prebattesimale alle
coppie della nostra parrocchia. Ve ne parla più
approfonditamente Fabrizio all'interno della lettera.
La lectio annuale in compagnia del libro di Ruth
Il 18-19 ottobre p.Stefano Titta, da un anno nuovo
superiore dei gesuiti della comunità di Villa S.Giuseppe,
ci ha fatto conoscere Ruth la moabita, straniera in terra
di Israele. Questo appuntamento annuale rappresenta
un momento particolarmente significativo nella nostra
formazione spirituale. Come di consueto la lectio era
aperta a tutti. Hanno partecipato circa trenta persone.
Comunità sorelle
Si approfondiscono l'amicizia e le relazioni con le
comunità sorelle: la Tenda di Abraham e Il Mulino. In
agosto gli amici de Il Mulino hanno ospitato Michele,
l'inquieto
adolescente
della
famiglia
Crisafulli,
“restituendocelo” più rilassato e tranquillo! Abbiamo
così toccato con mano, ancora una volta, la
moltiplicazione delle risorse che si avvera spezzando i
propri due pani.
Percorso formativo del Tavolo provinciale per
l'affido familiare
Fra gennaio e marzo 2008 abbiamo ospitato parte degli
incontri di un corso di formazione organizzato dal Tavolo
Territoriale per l'Affido familiare, tavolo a cui da anni
Maranà-tha partecipa portando la sua esperienza e
collaborazione. Erano coinvolte circa trenta persone tra
operatori dei servizi sociali e membri di comunità e
associazioni familiari per l'affido.
Obiettivo del corso erano: confrontarsi rispetto ai
pregiudizi che emergono nel rapporto tra famiglie che
fanno affido e operatori; approfondire una conoscenza
reciproca autentica nel riconoscimento di vincoli
istituzionali e bisogni e visioni personali di tutti gli attori
in gioco; esplicitare e confrontare le aspettative e i valori
sottesi al lavoro comune.
L'esperienza è stata particolarmente positiva e ha
contribuito a creare un clima più disteso con gli
operatori del nostro territorio, con i quali già ci
relazioniamo per alcune accoglienze di minori in corso.
Nel 2009 proseguiremo l'esperienza.
La ristrutturazione della cucina comune
Da un po' di tempo a questa parte abbiamo maturato la
necessità di adeguare sempre di più gli spazi comuni agli
standard igienico sanitari. La cucina del saloncino aveva
bisogno di attrezzature efficienti e facilmente fruibili,
Anno 2008 - Pagina 2
Festa del 1° maggio
Anche quest'anno vi
aspettiamo per la
nostra tradizionale
festa del 1° maggio!
Come sempre abbiamo
bisogno di aiuto il
giorno stesso e nei
giorni precedenti per i preparativi. Vi aspettiamo
numerosi. Grazie!
anche per andare incontro alla richiesta di utilizzo che
ne fanno amici e conoscenti, che scelgono la comunità
come luogo e spazio dove vivere insieme momenti
significativi per la propria famiglia (compleanni,
battesimi, cresime, anniversari, ecc).
E quindi via i vecchi mobili, i vecchi elettrodomestici, le
piastrelle del rivestimento; sono stati fatti diversi lavori
di muratura per rendere l'ingresso più agile e
funzionale, è stato coperto il vecchio pavimento e rifatto
il rivestimento, quindi un paio di mani di bianco et voilà!
Ambiente nuovo, mobili nuovi (tutto in acciaio), spazi
modificati.
Ma sempre il solito stile: il nostro coinvolgimento attivo
per abbattere i costi, la cura della relazione con artigiani
e tecnici, che ringraziamo per la generosità che anche in
questa occasione hanno concretamente dimostrato, la
scelta degli arredi necessari come frutto della
condivisione e del lavoro della “commissione cucina”
(Lorena, Simona e Luca) appositamente istituita.
L'ambiente
cucina
a
Maranà-tha,
infatti,
è
particolarmente importante non solo perché è un piccolo
laboratorio di prelibatezze, ma anche perché è fonte di
socializzazione con i volontari e gli ospiti, di condivisione
delle esperienze, di confronto tra pensieri e culture
diverse. Insomma, come ci insegna anche la storia della
Salvezza, a tavola ci si incontra e si fa esperienza di
fraternità e alleanza.
Ringraziamenti
Tra tutti i ringraziamenti che facciamo a tutti coloro che
anche quest'anno ci hanno sostenuto, hanno collaborato,
hanno concretamente reso possibile le nostre attività,
quest'anno scegliamo di ringraziare esplicitamente Lia e
Salvatore, che offrono gratuitamente il proprio tempo e
le proprie competenze con grande generosità e
professionalità.
La cucina comune ristrutturata
Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha
Il “traguardo” dei diciotto anni per Giada e Lucia
Due lunghe accoglienze, anni importanti, segnati da
fatiche, conflitti, a volte senso di impotenza, ma anche
tanto affetto costruito nel tempo, qualcosa di più che
semplici “emozioni”. È l'affetto che nasce dall'aver
condiviso molto e imparato molto di sé e dell'altro.
Margherita
"Così venisti al mondo. Da tanti
luoghi vieni, dall'acqua e dalla
terra, dal fuoco e dalla neve, da
così lontani cammini verso noi due,
dall'amore terribile che ci ha
incatenati, che vogliamo sapere
come sei, che ci dici, perchè tu sai
di più del mondo che ti demmo." Pablo Neruda
Giada è entrata nella nostra famiglia a settembre del 2003, a 14
anni. Ignazio aveva 6 mesi ed io stavo nuovamente sperimentando
quelle emozioni “materne” suscitate dal parto e da un piccolino
da accudire. Giada avrebbe voluto, e per molto tempo ha
continuato a desiderarlo, essere quel piccolino, che allattavo e
tenevo in braccio. Lei è arrivata da noi chiedendo insistentemente
ai Servizi una famiglia, non prevedendo la tempesta di emozioni
che una famiglia poteva suscitarle. E anche noi, pur conoscendo
la sua storia drammatica, siamo stati gradualmente spiazzati dai
suoi bisogni insaziabili. Questo è stato uno dei punti più delicati:
l'incontro dei suoi bisogni con i nostri. Non bastava essere
mamma e papà per riconoscere quello che stava veramente
chiedendo, secondo un linguaggio che andava decodificato. Anzi,
a volte, quello che sembrava esprimere era il contrario di quello
che cercava: essere abbracciata e contenuta. In questo percorso
di traduzione, ci è stata di grande aiuto la psicoterapeuta che
incontrava sia Giada che noi e che, a volte, svolgeva un ruolo di
“mediatrice culturale”. Perchè capitava di sentirsi in un mondo
estraneo, distante dal nostro modo di collegare a certi segni quei
particolari significati. In questi anni Giada, con la sua alterità, ci
ha fatto il servizio di “forzarci” in una conversione di vedute, di
prendere in considerazione interpretazioni impensabili per noi.
Per poter stare dentro a una relazione con lei. Per permettere al
fluire della comunicazione di avere il sopravvento, al di là delle
tante nostre “buone idee”.
Abbiamo dovuto fare i conti con aspetti della sua storia da cui
avremmo voluto fuggire. Questo è stato l'elemento che ci ha
messo in crisi e, nello stesso tempo, permesso di passare dalle
nostre aspettative, fatte di tanti buoni propositi e idee su cosa
“doveva fare lei per stare meglio”, a una progettazione realistica.
Con il contributo dei fratelli di comunità e del nostro supervisore,
abbiamo gradualmente smontato molte nostre aspettative
rispetto a tanti ambiti: scolastico, igiene personale, gestione del
tempo, ordine nella sua camera... Abbiamo costruito con lei
percorsi fattibili nella linea dell'autonomia, dove lei potesse
sperimentarsi capace, vincente.
Gianni e Lorena
Benedite e non
maledite... Benedite
sempre!
In luglio Lucia ha compiuto i tanto attesi 18 anni. Ha scelto di
prendersi la sua indipendenza ed è andata a vivere a Bologna con
suo fratello.
Eccoci a questo punto a fare i conti con i nostri sentimenti di
fronte a questa esperienza. Non è facile per noi parlare di queste
cose, ci viene istintivo chiudere le emozioni dolorose in un
cassetto che però puntualmente esplode e ci costringe a mettervi
ordine.
Crediamo che Lucia abbia davvero bisogno di sperimentarsi nella
sua indipendenza, anche perché la vita è stata con lei un po’ dura
fin dall’inizio. E comunque attraverso queste fatiche ci siamo
incontrati, conosciuti e abbiamo vissuto insieme per quasi 8 anni.
Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha
Insieme a Mario, nell'accoglienza di Giada, ho ulteriormente
sperimentato come la differenza di genere sia una ricchezza ma
anche una bella fatica. Inoltre ho sentito che tutto diventava
ancora più complesso dal fatto che gli oltraggi maggiori
arrivavano dalla figura femminile e, quindi, qualcosa da far
pagare a quel genere rimane! Ed è risaputo che l'emozionalità
“mamma” è molto diversa da quella “papà”. È stato un percorso
anche questo, accogliere le ragioni e il sentire dell'altro non come
un dito puntato contro di me ma come punto di vista in più. E il
bisogno di fare alleanza c'era, eccome! Perché quotidianamente
c'era un'occasione di confrontarsi con quello spettro che è il
limite, mio e dell'altro. A lungo il ritornello nella mia mente era:
c'è sempre qualcosa che non va, è mancante o di troppo, quella
frase, quel gesto, il tono... Mi sono molto ribellata a questo, poi
ho intravisto la possibilità che “la storia giusta” che ricercavo era
proprio quella che stavamo scrivendo con lei: le cose che non
andavano come desideravo, tutto quello che ingombrava la nostra
relazione ma che faceva sì che l'aveva anche creata. Era
quell'oggi in cui mi veniva offerta la possibilità di costruire un
nuovo modo di essere per lei figlia e per noi genitori.
L'ingresso di Giada nella nostra famiglia ha significato anche il
nascere di nuove relazioni: dinamiche più complesse che si sono
incrociate in cui lei aveva ruolo da sorella maggiore o minore a
prescindere dall'età anagrafica. A un certo punto ci siamo resi
conto che il suo bisogno sarebbe stato quello di una famiglia più
piccola, con meno interazioni e stimoli affettivi. Di fatto noi siamo
così, tanti, e, ancora una volta, quello che poteva essere vissuto
come un affaticamento è stato per noi una risorsa. Se noi siamo
tanti anche Giada è “tanta”, nel senso che i suoi bisogni, le sue
richieste, la sua voracità in senso lato ha necessità di tanto
spazio. I nostri figli si sono messi in gioco con le loro specificità
ed età diverse. Le parole di Filippo, con un piede a Padova e uno
in casa e alcune competenze che sta maturando. L'accudimento di
Silvia, tra la sua determinatezza matematica e lo stare stretta nei
panni della “brava figlia e sorella”. Gli utili consigli sul trucco e
sul look di Ester. La tenerezza della Franci. Le coccole con
Ignazio. Il 5 gennaio di quest'anno Giada ha compiuto i fatidici 18
anni, tanto attesi quanto temuti. Quando la nostra storia è partita
ci era stato chiesto di accompagnarla fino a questa soglia. Giada
altalenava un desiderio di autonomia con la paura di non farcela
di fronte a un nuovo cambiamento. La preparazione di questo
passaggio è stata di un anno e mezzo, con lei, la sua
psicoterapeuta, i Servizi di provenienza che sono stati un prezioso
e affettuoso punto di riferimento per lei e per noi. Ora Giada
alloggia a 10 Km da noi presso una cooperativa sociale, dove ci
sono diversi animali che a lei piacciono moltissimo. Ci sentiamo
telefonicamente ogni la settimana e capita che lei venga da noi o
noi andiamo da lei. Cosa rimane? Difficile da comunicare...mi
viene un'immagine: l'altro giorno, mentre ero al lavoro in
ospedale, in una sala d'attesa gremita come è quella della sala
prelievi al mattino, sento urlare il mio nome e lei che mi zompa
tra le braccia. Ecco, forse è questo che mi rimane: un riconoscersi
tra tanti, consapevoli che sappiamo molto l'una dell'altra e,
nonostante e grazie a questo, ci possiamo abbracciare.
L’abbiamo vista crescere e, talvolta suo malgrado, è stata per noi
una figlia, e noi per lei genitori (ma qual è il confine fra figli
biologici e figli affidati quando si condivide cosi tanto tempo
insieme?). Fino al giorno della sua partenza abbiamo fatto fatica a
prendere atto di questo fatto, pensavamo che forse ci avrebbe
ripensato; quando l’abbiamo vista andare via non abbiamo potuto
trattenere le lacrime. E’ difficile raccontare il vuoto che ha
lasciato. Per un mese intero dalla sua partenza non siamo riusciti
ad entrare nella sua stanza. Finalmente riusciamo a dirlo e a
prendere consapevolezza del fatto che ci manca davvero tanto. I
nostri anni insieme sono stati segnati anche dal conflitto, ma c’è
sempre stato un canale aperto per chiarirsi e fare pace. Da brava
adolescente Lucia ci ha messi alla prova, ci ha criticati e, a volte,
abbiamo fatto molta fatica, ma questo ci ha aiutati a rimanere
vigili su noi stessi, a metterci in discussione. Ci ha aiutati
soprattutto a capire che le regole a volte sono un intralcio alla
relazione e che occorre andarvi oltre.
Io, Lorena, mi trovo ora un po' confusa e un po' amareggiata per
il timore di non aver fatto abbastanza per lei; dietro alla sicurezza
che mostra Lucia è in realtà molto bisognosa di comprensione e
di affetto, che mi sembra non sia stato colmato. Forse a volte
basterebbe lasciarsi andare alle proprie emozioni piuttosto che
Pagina 3
- Anno 2008
arroccarsi dietro a dei principi, forse se così avessimo fatto ci
saremmo lasciati andare molto di più con lei. Per me, Gianni,
abbiamo fatto un buon lavoro di supporto alle sue varie necessità
e i sentimenti di Lorena non li sento in modo cosi intenso.
Da quanto è partita, talvolta Lucia non ha risposto alle nostre
telefonate; abbiamo interpretato questo come un bisogno di non
essere “invasa” e, forse per rispettare questa esigenza,
ultimamente siamo un po’ titubanti a prendere in mano il telefono
e chiamare. Rimane in noi comunque una grande voglia di vederla
e di parlarle, quante domande verrebbero da fare! “Come stai?
Come va il lavoro? Ti senti sola? Fai ancora collezione di fate? Hai
qualcuno con cui parlare e a cui chiedere consiglio?” Tutto ciò,
però, quando la vediamo si scioglie bene in un grande abbraccio.
Ti vogliamo bene Lucy!
Il delicato fronte dell'accoglienza degli adulti
Mario
Mostra il tuo essere e sii ciò che
mostri. Rumi Turco
Abbiamo accompagnato molte persone in
situazioni di difficoltà variegate, sempre
cercando con loro una relazione il più
possibile autentica e aperta al confronto.
Le accoglienze a medio o lungo termine, come quelle in
cui siamo impegnati in questo momento, fanno
emergere con più evidenza difficoltà e fatiche nel
comprendersi e richiedono quindi strumenti, pazienza,
ascolto, fiducia.
Uno dei servizi che svolgo in comunità è quello di coordinatore
per le accoglienze in comunità e referente-tutor-accompagnatore
nell'accoglienza di adulti che siano singoli, nuclei monoparentali
e/o nuclei familiari (vedi Carta dei Servizi della comunità
pubblicata sul nostro sito). Attualmente sono referente per la
famiglia irachena composta da Naser, Samea, Ali e Omar ed
anche per l'accoglienza di Stefano De Santis. Intorno alla metà di
dicembre del 2007 Amelia Frascaroli, già coordinatrice della
Caritas diocesana, ci ha chiesto la disponibilità ad accogliere
Naser e la sua famiglia, precedentemente ospiti della Caritas di
Salerno dove abita il medico della C.R.I. che ha prestato i primi
soccorsi ad Ali (vittima, insieme a gran parte della famiglia, di
una incursione americana a causa della quale ha subito
l'amputazione di braccio e gamba sinistri). Solitamente non
accogliamo nuclei familiari. C'era tuttavia la disponibilità dello
spazio fisico e il feeling e l'affetto per Amelia e il suo
personalissimo stile hanno sciolto i timori e le resistenze per gli
imprevisti che certamente si sarebbero presentati.
Personalmente vivo l'aspetto educativo di questa accoglienza in
modo oserei dire riparatorio: assumendomi la responsabilità
sociale degli effetti di guerre lontane, volute da altri. Per questo,
ancora prima che arrivassero i Naser, abbiamo coinvolto il
territorio, ne abbiamo parlato col sindaco, gli assessori dei servizi
sociali e della scuola e con il parroco. Abbiamo ricevuto una
grande solidarietà e disponibilità concreta ad offrire servizi
(inserimento scolastico, scuola materna, vaccinazioni, medico di
base) con tempestività, generosità , disinteresse e senza troppe
formalità.
Arrivati il 23 dicembre, non sapevano una parola di italiano e noi
non ne conoscevamo una di iracheno o arabo. È cominciato così il
tempo dell'accoglienza, dove l'aspetto ideale e la valenza sociale
si sono confrontate con la realtà della diversità. La diversità
culturale: a chi spetta l'ultima parola, diverso “peso”e
considerazione tra uomo e donna, cosa e come si mangia, come
vengono preparati i cibi, le storie e i vissuti diversi producono
“forme mentis diverse” che fanno interpretare l'oggettività della
realtà dei fatti in modo diverso. È un bell'esercizio di ascolto (di
una lingua e una cultura che non conosco), di pazienza, di
accoglienza di tutto quello che questa relazione mi
suscita
(pregiudizi, interpretazioni, azioni e reazioni istintive, moti
pietistici), di porsi con autenticità e trasparenza dando fiducia
all'uomo riconoscendo in esso un mistero di vita che lo trascende
a prescindere dalla cultura, territorio e fede di appartenenza.
Ancora una volta imparo dai piccoli che sono maestri di
integrazione: Omar è coetaneo di Samuele e Ignazio, frequentano
la stessa scuola materna e la stessa sezione. Ora giocano insieme
e Omar parla speditamente l'italiano, hanno trascorso un certo
tempo tenendosi a distanza, si sono osservati, hanno fatto finta
che l'altro non esistesse, hanno lottato anche fisicamente... ora si
riconoscono e stanno imparando a conoscersi giocando insieme,
andando in bici, facendo merenda, rispettandosi per quello che
sono. Naser e Samea contribuiscono all'accoglienza e al vitto
facendo un servizio in comunità, stanno cercando un lavoro per
potere continuare nel loro percorso di autonomia.
Stefano De Santis ci è stato presentato da un amico di Milano
conosciuto in occasione di un convegno del Jesuit Social Network
ed è arrivato ai primi di febbraio di quest'anno. Ho appena
portato in supervisione in comunità, con lo psicologo che
collabora con noi, il percorso di Stefano e il mio
accompagnamento. In questo incontro mi si è chiarito che se oggi
venisse proposta l'accoglienza di De Santis mi lascerei seriamente
interrogare da alcuni “indizi” e “segnali” accennati tra le righe
della richiesta di aiuto.
Dopo poco il suo arrivo Stefano ha cominciato a manifestare un
disagio psicologico, dovuto a disturbi della personalità non ancora
certificati,
e
un
disagio
sociale
causati
dal
trauma
dell'allontanamento da Milano e dalla recente perdita della madre
che lo ha esposto ad una relazione con i fratelli caratterizzata da
tensioni e percosse.
L'accompagnamento nel suo percorso con noi ha significato per
me: favorire la relazione di attaccamento e fiducia lavorando
manualmente insieme, contenerlo e tranquillizzarlo nelle sue
oscillazioni “up down” ; attivare ed accompagnarlo in un percorso
psichiatrico finalizzato a dargli contenimento e protezione
farmacologica nonché certificare la natura e il livello del suo gap;
ricostruire la sua storia fatta di “non appartenenza” (ha girato
diverse strutture e realtà dove non si è mai fermato più di 3/4
mesi) accompagnandolo a Milano per recuperare alcuni pezzi; il
condividere e confrontarmi con la comunità in tempi reali rispetto
a quello che succede e le strategie comuni da attuare.
Ora il suo disagio è davvero grande e ci stiamo interrogando se
la risposta che possiamo dare risponde al suo bisogno reale. In
questo travaglio stiamo imparando a volergli bene, c'è un affetto
che permette di entrare in contatto con la sua sofferenza, affetto
che permette di accogliere le manifestazioni del suo disagio in
modo empatico e con misericordia (a seconda del linguaggio che
si vuole usare), senza puntare il dito o scandalizzarsi
eccessivamente.
Vi presento la mia ultima fatica: L'Omino Macchìno
Claudio
Fatevi macchiare dall'omino macchìno
Dall'inesauribile penna di Claudio ha preso
forma un libro che si preannuncia davvero
“gustoso”. Il tema è un' invito alla
conversione alla lentezza nelle modalità
comunicative, in controtendenza con il
sentire comune per cui veloce è bello sempre e
comunque (la connessione veloce, l'automobile veloce,
la cucina veloce...). Lo stile è sempre il suo, agile e
divertente. Ma non siate troppo celeri nel leggerlo, mi
raccomando!
Anno 2008 - Pagina 4
Ero con Anna Pancaldi e Roberto Parmeggiani, un mio collega del
Centro
Documentazione
Handicap,
per
una
cena
di
ringraziamento ad Anna, il cui anno di servizio civile presso il
centro stesso stava volgendo a conclusione. Seduta di fronte a noi
c’era una persona con il busto e le braccia totalmente ingessati.
Un po’ gli spazi ristretti del tavolo, un po’ l’accortezza che doveva
avere per non urtare gli altri clienti e le pietanze, fatto sta che
quell’uomo si muoveva in modo davvero curioso… Sapete poi
come vanno queste cose: con il riso e l’ironia si sa da dove si
comincia, ma non dove si finisce…grazie a Dio!
Ad un certo punto mi è venuto in mente che potevamo gareggiare
a trovare il nome più divertente e adatto a quell’uomo e ai suoi
movimenti e da lì viene l’ “Omino Macchìno”, ad indicare uno che
compie i movimenti come fosse un automa, un robot…o una
macchina…Il giorno dopo, l’Omino Macchino della sera prima era
Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha
diventato l’Omino Macchino del mattino: non più una macchina,
ma una macchia. Che macchia la gente e lascia quindi il segno
del suo passaggio.
Ma di che segno si trattava? E che cambiamenti doveva portare?
Insomma, cosa avevo in testa e che sorti pensavo per quel
personaggio?
Se c’è stato un evento determinante nella storia dell’uomo questo
è stato la scrittura: e l’Omino doveva impersonificare lo “spirito
della scrittura” e, in generale, di una comunicazione diversa da
quella cui siamo abituati oggi.
Questa era l’idea di partenza: analizzare, attraverso lo spettro
della comunicazione, alcuni aspetti del mondo odierno che ho
sempre considerato pericolosi se troppo esasperati. In
particolare la velocità che caratterizza ogni rapporto
comunicativo e che rischia di banalizzare la comunicazione in
semplice trasmissione di informazioni.
L’interesse per questo tema veniva anche da un dato personale,
che mi rende “esperto” dell’argomento: con la tavoletta che
utilizzo per comunicare ho scoperto degli aspetti inattesi dei
processi di comunicazione proprio mentre li stavo vivendo.
Erano anni che riflettevo su questo tema, nella convinzione che
la tavoletta fosse molto di più che un ausilio per comunicare:
infatti, è soprattutto un ausilio alla relazione. La tavoletta, che
sembra frapporre una distanza maggiore tra me e l’altro, in
realtà avvicina, perché tiene sempre in tensione e in contatto i
nostri sguardi. E potete immaginare quante cose passino e si
trasmettano attraverso gli occhi.
Per quanto riguarda la “logica della lentezza”, va da sé che
questa modalità di comunicazione prevede un ritmo di
esecuzione ridotto. A confronto con l’inclinazione generale a
desiderare di rendere le comunicazioni e la trasmissione di
parole ed informazioni sempre più veloce, la tavoletta aiuta a
resistere e a considerare le cose secondo un punto di vista
totalmente diverso. Aiuta a soffermarsi sulle cose, per non
perdere il piacere di dar peso a quanto si dice e di associare una
parola ad un concetto, non considerandola un’operazione del
tutto scontata e banale. Aiuta ad ascoltare e a non fermarsi al
solo sentire.
Con gli occhiali di Gesù: il tempo degli Esercizi Spirituali
Simona
“Voi siete una lettera di Cristo
composta da noi, scritta non con
inchiostro ma con lo Spirito del Dio
vivente, non su tavole di pietra ma
sulle tavole di carne dei vostri
cuori” 2 Cor 3,3
Gli Esercizi Spirituali sono un tempo in
cui si sperimenta il piacere della lentezza comunicativa
di cui ci parlava Claudio. Rappresentano l'occasione per
mettersi in relazione con il Signore senza fretta, con
“tutto il tempo”. Per ascoltare, gustare, stare, mettersi
gli occhiali di Gesù e con quelli guardare se stessi, gli
altri, il mondo. E con quegli occhiali vedere le buone
notizie meno appannate di come ci appaiono nella
nostra quotidiana miopia.
La spinta a fare gli esercizi spirituali nasce dal desiderio di
mettere ordine nella propria vita, di approfondire la conoscenza
del Signore, di fare scelte secondo lo spirito del Vangelo. La
proposta contenuta nel libretto di S. Ignazio di Loyola, l'inventore
degli esercizi, risponde a questi e ad altri impulsi interiori, che
esprimono in qualche modo i desideri profondi suscitati in noi
dallo Spirito. Essi sono quindi una proposta di metodo per
“ordinare, cercare, trovare...”; l'obiettivo non è quindi
trasmettere nozioni, ma piuttosto, partendo dalla Parola, letta e
ascoltata, si passa a ciò che lo Spirito scrive nel nostro cuore,
perché è nella nostra storia personale che possiamo riconoscere
il manifestarsi del Signore.
Io e Stefano, dopo due anni piuttosto faticosi, ci sentivamo un po'
nella confusione. Pur vivendo in una realtà come questa -che ha
momenti e strumenti che aiutano il cammino- in una vita di
famiglia con bimbi piccoli, il lavoro e mille altre cose, scegliere di
prendersi del tempo a due, concedersi uno spazio, è spesso
vitale, ma altrettanto fondamentale è dotarsi degli strumenti
giusti per viver bene questo tempo prezioso, soprattutto in vista
di una scelta importante come quella a cui siamo stati chiamati
quest'anno riguardo alla permanenza stabile a Maranà-tha.
Abbiamo dunque fatto gli esercizi spirituali in coppia. Alcune
fatiche vissute avevano fatto emergere parti di noi di cui abbiamo
avuto paura, ed aspetti della realtà che avremmo voluto non
vedere... Ma si può passare dentro a tutto questo? È la strada
giusta? Anche questa è la storia della mia/nostra Salvezza?
Nel rileggere la genealogia di Gesù e contemplare le figure di
donne che ne fanno parte abbiamo colto l'invito del Signore ad
avere maggiore fiducia nella sua azione nella nostra storia, e la
Buona Notizia che il Padre non aspetta che ci rendiamo
presentabili per venirci incontro, ma si fa presente proprio nelle
nostre fatiche. L'incontro con la Parola durante gli esercizi ci ha
aiutato a tornare alle motivazioni iniziali, a prendere in
considerazione altri aspetti importanti, ... ma soprattutto ci ha
invitati a cambiare “filtro”, cambiare sguardo. È stato così che il
luogo delle nostre paure è stato il luogo dell'incontro ed abbiamo
sentito nostre le parole di Giacobbe: “Certo il Signore è in questo
luogo e io non lo sapevo!”.
Il frutto principale di questi esercizi è stato percepire
nuovamente che vicino al Signore la vita, i sentimenti, gli
avvenimenti si ordinano e prendono il loro giusto posto. Ci siamo
ri-centrati davanti al Signore, l'uno davanti all'altra e rispetto
alla nostra scelta di continuare a vivere in comunità.
Gli esercizi sono uno spazio in cui fermarsi, guardare cosa si
muove dentro, mettendo in gioco tutte le dimensioni (corpo,
mente, spirito), ma in relazione con un Altro, che parla al nostro
cuore in tono delicato e rispettoso, per ascoltare è necessario
fare silenzio. Ed è sempre una buona notizia riscoprire che non
c'è nessuno lassù nei cieli pronto a puntare il dito, a giudicare, a
dare ordini su ciò che si può o non si può fare, ma c'è qualcuno
accanto che sostiene, accoglie, consola, perdona, anche se, nel
frastuono di tutti i giorni, non sempre ne siamo consapevoli.
Il dono del tempo: istruzioni per l'uso...
Stefano
“Dio ha fatto ogni cosa bella al suo
tempo: egli ha perfino messo nei loro
cuori il pensiero dell'eternità, sebbene
l'uomo non possa comprendere dal
principio alla fine l'opera che Dio ha
fatta.” Qoelet 3,11
Una buona notizia: il tempo si può moltiplicare! Come?
Condividendolo. Stefano ci spiega come questo avviene
a Maranà-tha
Per scoprire il valore di una vita chiedilo ad un anziano.
Per scoprire il valore di un anno, chiedilo a uno studente che e'
Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha
stato bocciato all'esame finale.
Per scoprire il valore di un mese, chiedilo a una madre che ha
messo al mondo un bambino troppo presto.
Per scoprire il valore di una settimana, chiedilo all'editore di una
rivista settimanale.
Per scoprire il valore di un'ora, chiedila agli innamorati che stanno
aspettando di vedersi.
Per scoprire il valore di un minuto, chiedilo a qualcuno che ha
appena perso il treno, il bus o l'aereo.
Per scoprire il valore di un secondo, chiedilo a qualcuno che è
sopravvissuto a un incidente.
Per scoprire il valore di un millisecondo, chiedilo ad un atleta che
alle Olimpiadi ha vinto la medaglia
d'argento.
Il tempo non aspetta nessuno.
Raccogli ogni momento che ti rimane, perché ha un grande valore.
Pagina 5
- Anno 2008
È una poesia banale, non ricordo nemmeno dove l’ho letta ma mi
ha fatto pensare che spesso diamo valore al tempo solo quando
non è più possibile gestirlo o goderlo.
Tra le motivazioni che ci hanno spinto a scegliere la comunità c’è
anche la possibilità di vivere il tempo, non subirlo facendosi
mangiare dalla routine quotidiana. Nella vita comunitaria
sperimento strumenti utili ad una gestione più consapevole e
condivisa del tempo. Il primo passo è l’agenda, una volta alla
settimana, è l’ambito in cui ognuno condivide con gli altri i propri
impegni, dov’è possibile chiedere e dare questo prezioso bene di
cui disponiamo, insegna a esserne meno egoisti e a verificare che
in un certo modo è possibile moltiplicarlo insieme.
È anche in questo equilibrio fra dono e accoglienza del tempo che
cresce l’alleanza e la condivisione. In questa vita vissuta a stretto
contatto è possibile sperimentare quanto tempo ci si regala l’un
l’altro, cercando di ottimizzare le risorse e mettendo a beneficio
di tutti le proprie capacità e competenze.
Altro momento importante è il pranzo comunitario, dal lunedì al
venerdì, in cui ognuno si accorge che la vicinanza e il dialogo
fanno maturare le relazioni e arricchiscono di senso un tempo che
diversamente ognuno vivrebbe forse frettolosamente.
Il tempo risulta spesso il peggior nemico della preghiera, sapere
che c’è qualcuno che ti aspetta per condividere quel piccolo
spazio prima di cena, può aiutare, essere di stimolo, sottolineando
nuovamente quanto sia importante fare alleanza.
Anche per le persone che accogliamo la gestione del tempo e
degli spazi diventa una necessità primaria a cui c’è bisogno di
rieducarsi, e contemporaneamente il nostro tempo è il primo dono
che siamo invitati a mettere in campo, ecco che la presenza di
tutti, ciascuno con le proprie diversità e sensibilità, costituisce
una banca preziosa a cui attingere.
Io faccio il programmatore, lavoro in casa e ho dovuto educarmi a
difendere e rispettare i tempi dedicati alla mia attività, è stato un
processo faticoso, probabilmente ancora in itinere. In comunità le
attività e le relazioni sono davvero tante, per quanto riguarda il
tempo ritengo che sia necessario darsi il permesso di vivere degli
squilibri, per potersi sperimentare e trovare delle soluzioni
correttive perché per ad ogni ambito sia possibile dedicare lo
spazio e le energie che desideriamo.
È comunque un processo più ampio che coinvolge tutte le
dimensioni (personale, familiare, comunitaria), dove anche i
compagni di cammino possono correggerti fraternamente, e che
impone la ricerca di un equilibrio, di un’armonia dove non c’è un
tempo uguale per ogni cosa ma ogni cosa ha il suo tempo.
Ti ringrazio Signore per non essere solo in questa esperienza in
cui è facile cadere nella tentazione di pensare che il tempo non
basta mai, aiutami invece a crescere nel valorizzarne ogni istante.
Diventare grandi in tempo di bamboccioni
Filippo
Tra poco tocca a me
Il più grande dei figli della famiglia
Beghelli: Filippo, 24 anni. Una laurea
triennale in psicologia in tasca e una
tesi da terminare per completare la
laurea specialistica. Il futuro fuori casa
per lui in questo momento è qualcosa
di più che una semplice fantasia. Gli abbiamo chiesto
allora di fare una sorta di bilancio/racconto della sua
formazione vissuta in famiglia e in comunità.
Alcuni dicono che sia possibile rispondere alle domande su di sé
soltanto raccontandosi, non c’è una definizione da dare, ma
un’esperienza da narrare. Crescere in comunità ha aiutato la mia
maturazione? Potrei raccontare tantissimi episodi della mia
infanzia: come quando era caduta talmente tanta neve che mio
padre era venuto a prendermi alla fermata dello scuolabus con gli
sci; oppure le litigate per tenere il telecomando della televisione;
Elvis e la sua moto; il nascondino al buio d’estate dopo cena e la
versione con il solletico / “scadorino” dei Pancaldi; i pranzi
comunitari pieni di gente; la pizza del venerdì della Lorena;
l’odore dell’erba appena tagliata; gli alberi che cambiano davanti
alla mia finestra; la casa che diventa sempre più grande.
Non ho vissuto sempre a Marana-thà, crescendo mi sono
spostato: prima a Padova, per l’università, e poi a Santiago de
Compostela
per l’Erasmus. Il bisogno di autonomia e di
sperimentarmi è sempre tanto. Adesso sono rientrato, sto
scrivendo la tesi e ho bisogno di ordine e semplicità nella vita
quotidiana. Tuttavia fremo, sono ansioso di dire “tocca a me”.
L’idea è quella di trovarmi un lavoro e di uscire da casa.
Diventare grandi, essere grandi e pensare da adulti, penso che
sia una bella conquista e non un problema.
Se penso al contesto in cui sono cresciuto mi viene da dire grazie.
Ringrazio per molte cose: la fiducia, il senso di libertà … ma
soprattutto per l’autenticità. Essere figli non vuol dire
condividere completamente tutto ciò che fanno i propri genitori,
confrontarsi e scontrarsi su queste diversità non è sempre
semplice. Mi vengono in mente molti litigi, il senso di
frustrazione nel non sentirsi capito, l’alzare la voce per dire “io
ho ragione”. Tuttavia, ho sempre avuto davanti persone
autentiche. Esse vivono nella quotidianità i propri valori, non
sono
Spiderman e neanche
San Francesco, sono persone.
Mettendo da parte la retorica, il crescere con queste persone è
stata una esperienza positiva. Adesso non voglio dire che Maranàtha sia il miglior modello educativo e vada presa da esempio
come le scuole di Malaguzzi! Tuttavia, nella semplicità delle
relazioni interpersonali nella quale si può crescere e continuare a
crescere, auguro a chiunque di trovarsi davanti delle persone
autentiche.
Un'attesa molto speciale
Elena
Il più bello dei mari è quello che non
navigammo.
Il più bello dei nostri figli non è
ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni non li
abbiamo ancora vissuti.
E quello che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.
Nazim Hikmet
Il tempo dell'attesa di un bambino è scandito da un
ritmo assolutamente particolare e unico. È il tempo
della speranza, della promessa che si è fatta carne. È il
tempo che prelude ad una nuova organizzazione, nuovi
spazi e modalità di stare in famiglia. Forse è anche un
tempo per rileggere sotto una nuova luce le proprie
fatiche.
Anno 2008 - Pagina 6
I figli sempre in primo piano: il mio impegno in comunità è
scandito dai ritmi della quotidianità dei bimbi e oggi questo mi dà
gusto. Mi ci sono voluti anni per trovare un equilibrio tra la mia
spinta ad occuparmi di alcuni aspetti della vita insieme, delle sue
necessità, e invece i tempi imposti dalla mia responsabilità
principale di mamma... che spesso ho vissuto come una
limitazione più che una fortuna. E poi che tempi e che sfide con
due maschiacci vivaci e indomabili come i nostri! Così in 9 anni di
vita comunitaria sono nata e cresciuta come mamma insieme alla
scommessa di confrontarci e sostenerci invece che fronteggiarci
come coppia di genitori nelle nostre profonde diversità, diversità
che figli e comunità hanno fatto ancora più emergere. E cosa
succede quando ne diventi finalmente consapevole e inizi a
provarci gusto e lodare? L'impegno non è minore, neppure la
fatica a volte, ma la vita ti attira, ti ammalia, rigenera fiducia e
speranza e così ti apri con consapevolezza a nuovi orizzonti... Si
ricomincia daccapo!
L'attesa del Natale, del Dio Bambino, ha per me quest'anno il
gusto concreto dell'attesa della nascita di una nuova creatura che
proprio nelle vacanze di Natale dovrebbe fare il suo ingresso alla
luce. Il mistero della fragilità della vita che porta potenza
d'amore nelle nostre esistenze.
Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha
Adesso vivo il momento magico dell'armonia, della pienezza della
fertilità: un pancione rotondo, i movimenti segreti del linguaggio
fra la mamma e il suo bimbo, le carezze e il gusto dell'attesa... Poi
tutto da imparare, un nuovo codice da costruire insieme per
affrontare la vita nuova con le sue crescite, scoperte, e
separazioni.
L'avventura della famiglia che si allarga questa volta coinvolge
molti più attori: i preparativi non riguardano più solo mamma e
papà, ma ci sono anche Eleonora, veterana di molti “fratellini”
affidatari, Pietro curioso ed eccitato col fare saccente del
maggiore che “sa cosa cambierà”, e il sospetto di Samuele, un po'
insicuro, che invece si chiede “cosa cambierà?”... Senza parlare di
tutta la tribù dei piccoli maranathesi che fa domande e non vede
l'ora di annoverare un nuovo cadetto nella squadra! Tutti questi
ingredienti arricchiscono l'attesa e sono la premessa per un
caloroso benvenuto al piccolo nascituro, segno della Buona
Notizia di un Dio che si fa discretamente presente fra noi.
L'avventura della catechesi prebattesimale alle famiglie
Fabrizio
La metà della notte è il principio del
giorno...
“Così fan tutti”. Le famiglie battezzano i
propri bimbi, quasi sempre. Difficile per
molti spiegare perché. L'impegno in
questa forma di catechesi ci permette di
piantare qualche piccolo seme, con tanta
umiltà e desiderio di comprendere lo
sguardo sulla vita delle giovani (e meno giovani) coppie
che ci stanno davanti.
Da circa un anno io, Elena e Francesca abbiamo dato la
disponibilità per andare ad incontrare, a nome della parrocchia, i
genitori dei bimbi che verranno battezzati. Andare nelle case
delle famiglie per parlare del battesimo è un'esperienza che
permette di conoscere e capire un po' più da vicino la vita delle
persone. A volte si trovano situazioni in cui è evidente che ciò che
muove la coppia a volere il battesimo per il bambino è la
tradizione, il “fan tutti così”, il bisogno di un'identità o un debole
e generico richiamo ai valori cristiani. Forse soprattutto in questi
casi è importante avere un atteggiamento di ascolto e mai di
giudizio.
Inizia l'incontro e -utilizzando alcuni brani della Parola di Dioracconto qualcosa sul significato dell'acqua, la guarigione, il dono
dello Spirito, l'immersione e la rinascita a nuova vita. Poi cerco di
spiegare il senso dei vari momenti del rito del battesimo. È facile,
verso la fine, fare due chiacchiere sull'educazione dei figli e su
come è importante avere fantasia per sapere raccontare loro il
volto di un Dio che non ti giudica ma che ti ama e ti prende così
come sei, con i tuoi limiti e i tuoi peccati.
Quando si avvicina la conclusione, puntualmente dico: “...Bene,
se volete vi lascio i riferimenti dei brani della bibbia che abbiamo
appena visto insieme, così prima del battesimo del vostro bimbo
potete rileggerli, pensarci un po' su e, se volete, pregare...”. A
questo punto spesso vedo sui volti della coppia un velo di
imbarazzo: “Bibbia?... ah sì, dovremmo averne una vecchia su di
sopra...” “Sei Sicuro?” “Ma sì, ti ricordi? Quella della nonna.”.
Oppure: “Bibbia? Mi sa che non ce l'abbiamo, ma ce la
procureremo... Non è che si può
trovare una versione
semplificata?...“. Il bigino della bibbia!
L'incontro può essere allora una possibilità per fare scoprire alle
persone che la Bibbia non è il vecchio libro ammuffito della
nonna, ma un libro che contiene una parola sempre nuova e
soprattutto viva, capace di raccontare una storia di salvezza che
ha qualcosa da dire ad ognuno, oggi.
Un trimestre “fuori sede”
Francesca
Don't loose the hope and make the
world better whenever you can. Yes,
we can!
Tre mesi in Gran Bretagna come
visiting fellow, che significa ricercatore
“in visita”. Un'esperienza che coinvolge
tutta la famiglia, temporaneamente
senza mamma e/o moglie. L'assenza si
trasforma però in intraprendenza e la
mamma/moglie, costretta dalla distanza ad allentare le
maglie del controllo, può rilassarsi e guardare con
rinnovata fiducia il proprio sposo.
Un periodo prolungato di ricerca all'estero -senza impegni di
didattica,
tesi
e
ricevimento
studentirappresenta
il
sogno/progetto di tanti studiosi. Averlo realizzato ora, proprio ora
che la famiglia ha raggiunto quota cinque componenti e Martino
solo da poco ha tagliato il traguardo dell'anno, sembra forse un
po' bizzarro. Eppure, se adesso e fino alla fine di dicembre sono
nell'Università di Nottingham, UK, non è nonostante il carico
familiare, ma in un certo senso è proprio grazie ad esso. Grazie in
particolare al benessere e alla rinnovata fiducia in me, in Luca e
nella vita in generale che è scaturita prepotentemente dalla
nascita del piccolo Martino, che in realtà è tutto tranne che
piccolo! E così, ciò che fino a pochi anni fa mi pareva troppo
complicato e non tollerabile per la mia necessità di avere sotto
controllo affetti e gestione della casa, l'anno scorso invece mi è
sembrato fattibile e sostenibile sia da me, sia da Luca. Da metà
settembre sono nel cuore dell'Inghilterra, in un bellissimo
campus universitario con tanti stimoli scientifici e sociali, con
tanta curiosità di sapere e capire questo paese e il suo modo di
relazionarsi agli immigrati, che poi è il mio ambito di ricerca.
A casa non solo sono tutti vivi, ma godono anche di un buon
umore generale (a parte gli alti e bassi adolescenziali, che però
non fanno testo), svolgono una vita abbastanza ordinata e
impegnata, si nutrono regolarmente e vivono in un ambiente
domestico curato e pulito. Insomma, ho constatato che non sono
indispensabile per il corretto funzionamento della famiglia e,
anzi, la delega forzata ha fatto emergere potenzialità fino ad ora
inespresse (o poco espresse) di Luca in un ampio ventaglio di
mansioni di cura e organizzative. Tutto ciò mi permette di stare
qui senza pensare continuamente e ossessivamente a quello che
succede a casa, nella fiducia serena e per certi versi nuova (nata
da questa situazione) che lui c'è e he cares. E scoprire anche che
la gratuità del suo sostegno alle mie “velleità” intellettuali mi fa
sentire fortunata e amata.
Dunque, sono a Nottingham, lavoro tanto, ma godo anche di
tempi e spazi miei di riflessione, tranquillità, lettura, sport (tempi
e spazi ovviamente risicati nella vita ordinaria bolognese) e porto
nel cuore e nelle preghiere l'amore per mio marito, accresciuto e
maturato, il grande affetto per i figli e per tutti i fratelli e le
sorelle di comunità. A presto, comunque!
In comunità da qualche anno c'è un container per la raccolta dei tappi di plastica. Questa raccolta è nata da
un'iniziativa della Caritas diocesana di Livorno, in collaborazione con la ditta Galletti Ecoservice, impegnata
nella raccolta e trasporto di rifiuti speciali, nel riciclaggio e stoccaggio di materiali plastici.
Dal 2003 l'iniziativa ha come obiettivo il sostegno ai progetti di approvvigionamento idrico che il Centro
Mondialità Sviluppo Reciproco porta avanti nella Regione di Dodoma in Tanzania. Il grande successo
dell'iniziativa sta nel fatto che tutti possono partecipare: ogni giorno abbiamo a che fare con la plastica e
soprattutto con i tappi di bottiglie, flaconi, barattoli e raccoglierli non è certo un compito difficile o gravoso.
Cosa occorre? La memoria: ricordarsi ogni volta che gettiamo un contenitore di togliere il tappo (se è in plastica
PE) e conservarlo. Un gesto così semplice rappresenta qualcosa di importantissimo per molti villaggi della
Tanzania completamente sprovvisti di acqua potabile.
Per maggiori informazioni http://www.maranacom.it/raccolta.php oppure www.cmsr.org/RaccoltaTappi.htm
Anno 2008 - Pagina 7
Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha
“Non tutto il male viene per nuocere...”
meglio il tempo con i
ragazzi
e
potere
ugualmente
In un coro tutte le voci sono
prendermi del tempo
importanti: l'armonia non trova
per me; la scoperta
compimento se qualcuno non fa la
della
bellezza
di
sua parte. Ma quando la musica
prendersi cura della
casa (anche se in
sgorga dalla comunione delle
questo il lavoro di
diversità il concerto perfetto
Anna
è
super
diventa carne.
prezioso)
e
di
Da un evento oggettivamente negativo come la perdita sperimentare
il
del lavoro possono scaturire percorsi di consapevolezza valore di questi lavori
e presa di coscienza di proprie potenzialità che nella domestici
(grazie
Francesca,
moglie
routine quotidiana rimanevamo latenti e forse bloccate.
mia, tutto quello che
fai
e
che
non
Dai primi di aprile fino ad ottobre sono vedevo!); curare in modo continuativo un
stato
ufficialmente
“in
cerca
di lavoro in comunità che mi piace e che mi
occupazione”,
questo
stato
sociale aiuta a sentimi parte attiva di Maranà-tha;
legittimamente tanto temuto. Una piccola l'occasione di “mettere il naso” in quel
azienda, un titolare non proprio illuminato, mondo del volontariato che conoscevo solo
una crisi economica sullo sfondo, ed ecco di riflesso. Tutte queste cose ha fatto il
che ti trovi all'improvviso in un ufficio a Signore per me, attraverso una svolta che
sentirti dire “sai, non ce la facciamo, non è forse io avrei aspettato molto tempo a
una questione personale, ci sono dei imprimere alla mia vita.
problemi...” e una bella letterina di Quello che faccio oggi cosa dice di me?
Qual è il mio ruolo ora? Cosa desidero? Il
risoluzione del rapporto di lavoro.
Avrei potuto impugnare
le motivazioni, primo passo era stato quello di verificare la
ostacolare una decisione difficilmente fattibilità di tramutare la mia passione per
giustificabile (la famosa “giusta causa”) la musica in un lavoro, un desiderio grande
entrare nel vortice sempre più faticoso che si è scontrato con due fattori
principali: il primo è la difficoltà a
della battaglia legale.
nella
normativa
e
nella
Ma perché poi? Questa era la domanda. districarsi
Continuare un lavoro che in fondo non mi burocrazia (tasse comprese!) che regolano
piaceva granché, macinare chilometri per il mondo della musica professionista e
un
ambiente
poco
stimolante, dello spettacolo in genere; il secondo è
lavorativamente e umanamente parlando, rappresentato dall'avere riconosciuto e
in un'azienda che oggi, dopo pochi mesi, accettato il fatto che alcune delle scelte
necessarie per fare questa vita avrei
risulta fallita.
E quindi eccomi qui, con molto tempo a dovuto farle molto tempo fa. Anche questa
disposizione e, da un paio di mesi, con un scelta fa parte della mia storia e il non aver
contratto a progetto per il Centro di Servizi perseguito questa strada “da giovane e
del Volontariato di Bologna (Volabo), che single” è uno dei fattori che rendono la mia
prevede il coordinamento di un progetto vita bella e “saporita” come è oggi.
Quindi, lasciata la musica nello stato di
sociale di rete del nostro territorio.
Quello che mi ha stupito, come sempre, è “passione intensa”, a cui comunque dedico
l'intervento del Signore in questa storia. Il energie e tempo, mi trovo oggi a
fatto che Francesca partisse per tre mesi ringraziare di aver potuto sperimentare
proprio nel periodo in cui comunque stavo ancora che il Signore non ci lascia soli, che
ricevendo un' indennità di disoccupazione e ho ricevuto oggi il centuplo anche in
potevo stare a casa con i ragazzi in un “tranquillità”, che la scelta di restare
momento delicato come la ripresa delle stabilmente a Maranà-tha e di seguire
scuole e l'inserimento di Martino al nido, questo Messia che “non ha dove posare il
senza preoccuparmi di dover chiedere capo” è buona e permette di poter cercare,
aspettative, incassare mugugni e proteste nel mondo, nella società , nelle relazioni, il
più o meno velate; la possibilità di curare Dio-che-regna.
Luca
Le state vedendo anche voi dalle finestre delle vostre case le luci del
Natale? O dai finestrini delle auto? O dagli uffici in cui trascorrete
tanta parte della giornata? Vedete come sono colorate e come
luccicano appena viene sera? Certo, forse sono solo simboli del
Natale commerciale e opulento, ma non liquidiamole subito così,
proviamo a trovare in quelle luci e in quei colori una buona notizia.
Una lucina da sola è invisibile, ma tante lucine, l'una accanto
all'altra, formano uno spettacolo che ci incanta e che spezza
l'oscurità, la colora, la fa nuova.
Lasciamo che la luce di Gesù colori la nostra vita e mettiamo la
nostra luce vicino alla sua e accanto a quella dei nostri fratelli.
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Pagina 8
- Anno 2008
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Lettera di Natale 2008 - Comunità Maranà-tha