Lettera di Natale 2008 10/12/2008 Numero 20 Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha Carissimi, vi consegniamo il nostro 2008, denso come sempre di eventi, fatti, frutti, difficoltà, gioie, dolori, speranze. Condividiamo la nostra storia con la certezza che appartiene anche a tutti voi, in quanto parte dell'unica storia della Salvezza che ci accomuna. Energia solare a Maranà-tha Un impianto fotovoltaico per generare energia elettrica... Perché no? Il futuro è nel sole! E allora abbiamo stimato quanto consumiamo in un anno e dove potrebbe essere posizionato l'impianto e abbiamo creato simulazioni per valutare se è possibile ammortizzarlo e in quanti anni. Poi abbiamo cominciato a chiedere dei preventivi, scegliendo alla fine il consorzio di cooperative “Solare Sociale", che ci è venuto incontro permettendoci di abbassare il costo totale, perché una parte dei lavori di installazione la stiamo facendo noi. Installeremo 2 impianti da 20 kWp (per la precisione 19,8 kWp ognuno), per un numero totale di 180 pannelli da 220 Wp e utilizzando per l'installazione il tetto del salone che ha orientamento sud-est. Il costo totale è di 204.000 € che riusciremo ad ammortizzare, grazie agli incentivi statali (0,412 € per ogni kWh prodotto) e al risparmio che avremo, in circa 10 anni. I soldi per tutto questo non li abbiamo ma pensiamo che sia un progetto buono per cui vale la pena chiedere aiuto agli amici. Si tratta di scommettere su una produzione di energia pulita, che eviterà l'immissione in atmosfera di circa 22 tonnellate di CO2 all'anno. Cerchiamo quindi persone singole, associazioni, enti, istituzioni che siano disposte a credere in questo progetto sociale sottoscrivendo donazioni a favore di questa iniziativa. Per chi fosse interessato possiamo dare ulteriori informazioni per meglio esplicitare i dettagli tecnici ed economici. Anno 2008 - Pagina 1 Tutti presenti! Come previsto dalla nostra Carta dell'alleanza, dopo circa sette anni di vita comunitaria le tre coppie più giovani (Marchetti, Crisafulli e Molinari) sono state chiamate ad un discernimento per una scelta di permanenza stabile. Lo strumento degli Esercizi Spirituali ci ha accompagnato in maniera privilegiata nel discernimento, insieme ad alcuni incontri con “colui che ci accompagna nel cammino” (p. Paolo). Ogni coppia, in tempi diversi, ha presentato i frutti del proprio discernimento e, in seguito, la comunità ha presentato a ciascuna un rimando rispetto agli anni trascorsi insieme fino a quel momento. Il 6 settembre, durante il nostro consueto fine settimana annuale con p. Paolo, il percorso si è concluso con l'adesione di tutte e tre le famiglie e la relativa accoglienza da parte della comunità! In questi mesi abbiamo sperimentato in abbondanza il dono dello Spirito e lodiamo il Signore per averci posto l'uno accanto all'altro nel condividere l'avventura della vita. Le accoglienze Due sono le accoglienze più a lungo termine e impegnative cominciate nel 2008: una famiglia irakena di Falluja, arrivata in Italia tramite la croce rossa internazionale per far curare il loro figlio più grande (7 anni), rimasto gravemente ferito in un bombardamento (sono con noi dallo scorso dicembre); Stefano, 38 anni di Milano, con difficoltà familiari e alcune fragilità personali (arrivato lo scorso febbraio con un progetto di un anno). Tra le altre accoglienze di durata circoscritta ricordiamo una mamma marocchina e Sabrina. La prima ha abitato con noi insieme alla sua bimba per una ventina di giorni in attesa dell'avvio di un progetto più stabile in un altro comune; Sabrina, poco più di quaranta anni, con problemi di salute e di fragilità personali, è stata a Maranàtha circa quindici giorni, in maggio, con lo scopo di sperimentarsi in una realtà comunitaria. Sono invece terminate le accoglienze in famiglia di Giada e di Lucia, che hanno raggiunto la maggiore età. Mariarosa è ancora con noi e ha chiesto di rimanere un altro anno per poter ulteriormente approfondire la relazione con le sorelle dell'associazione Arca di Bologna dove desidera andare a vivere in futuro. Giovani che sperimentano vita alla pari La scorsa estate è stata con noi Cloè, studentessa di psicologia belga arrivata per perfezionare il suo italiano in vista di un tirocinio che farà all'Università di Padova. E' stata un aiuto prezioso per i compiti e per i mille lavori estivi nel giardino e nell'orto. Dalla fine di ottobre nell'appartamento di Claudio vive Nazareno, ingegnere neo laureato di Milano, che sta trascorrendo un tempo di vita alla pari in comunità. Chi viene a conoscerci Continuiamo con piacere a ricevere richieste di gruppi e famiglie desiderosi di conoscerci e a volte di trascorrere alcuni giorni in comunità per fare esperienza del nostro stile di condivisione della vita. Gli ultimi giorni di aprile abbiamo ospitato una giovane famiglia di Pordenone conosciuta durante una nostra testimonianza nella loro parrocchia. Il 10 maggio, giorno di Pentecoste, è stata poi una giornata particolarmente intensa in cui abbiamo accorpato tre diverse realtà: un gruppo parrocchiale di famiglie di Ravenna, un gruppo di scout adulti di Ancona e un gruppo di giovani guidati da padre Paolo. Dopo un primo breve incontro di presentazione tutti insieme, nel pomeriggio ciascun gruppo ha fatto incontri più approfonditi con qualcuno di noi. Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha Le esperienze di annuncio Diverse sono anche le richieste di “missione”, ovvero in cui ci viene chiesto di andare a portare una testimonianza, spesso in altre città o in altre regioni. In marzo abbiamo tenuto due incontri in una parrocchia di Pordenone, da cui sono nate ulteriori occasioni di incontro; nello stesso mese abbiamo portato una testimonianza alla giornata diocesana delle famiglie tenutasi a Pontecchio Marconi con il tema “4 virtù per la famiglia: ascolto, pazienza, accoglienza, compagnia”. In aprile abbiamo partecipato ad un incontro con giovani e formatori presso la Parrocchia di S. Egidio a Bologna; in maggio siamo stati chiamati a tenere una relazione al convegno della Cei sugli stili di vita della famiglia cristiana che si è tenuto a Nocera Umbra. In settembre abbiamo tenuto due incontri in una parrocchia di Pontetaro (Parma) e a metà novembre le famiglie della parrocchia sono venute a conoscere la comunità trascorrendo con noi un'intera domenica. Un altro aspetto dell'annuncio che abbiamo intrapreso quest'anno riguarda la catechesi prebattesimale alle coppie della nostra parrocchia. Ve ne parla più approfonditamente Fabrizio all'interno della lettera. La lectio annuale in compagnia del libro di Ruth Il 18-19 ottobre p.Stefano Titta, da un anno nuovo superiore dei gesuiti della comunità di Villa S.Giuseppe, ci ha fatto conoscere Ruth la moabita, straniera in terra di Israele. Questo appuntamento annuale rappresenta un momento particolarmente significativo nella nostra formazione spirituale. Come di consueto la lectio era aperta a tutti. Hanno partecipato circa trenta persone. Comunità sorelle Si approfondiscono l'amicizia e le relazioni con le comunità sorelle: la Tenda di Abraham e Il Mulino. In agosto gli amici de Il Mulino hanno ospitato Michele, l'inquieto adolescente della famiglia Crisafulli, “restituendocelo” più rilassato e tranquillo! Abbiamo così toccato con mano, ancora una volta, la moltiplicazione delle risorse che si avvera spezzando i propri due pani. Percorso formativo del Tavolo provinciale per l'affido familiare Fra gennaio e marzo 2008 abbiamo ospitato parte degli incontri di un corso di formazione organizzato dal Tavolo Territoriale per l'Affido familiare, tavolo a cui da anni Maranà-tha partecipa portando la sua esperienza e collaborazione. Erano coinvolte circa trenta persone tra operatori dei servizi sociali e membri di comunità e associazioni familiari per l'affido. Obiettivo del corso erano: confrontarsi rispetto ai pregiudizi che emergono nel rapporto tra famiglie che fanno affido e operatori; approfondire una conoscenza reciproca autentica nel riconoscimento di vincoli istituzionali e bisogni e visioni personali di tutti gli attori in gioco; esplicitare e confrontare le aspettative e i valori sottesi al lavoro comune. L'esperienza è stata particolarmente positiva e ha contribuito a creare un clima più disteso con gli operatori del nostro territorio, con i quali già ci relazioniamo per alcune accoglienze di minori in corso. Nel 2009 proseguiremo l'esperienza. La ristrutturazione della cucina comune Da un po' di tempo a questa parte abbiamo maturato la necessità di adeguare sempre di più gli spazi comuni agli standard igienico sanitari. La cucina del saloncino aveva bisogno di attrezzature efficienti e facilmente fruibili, Anno 2008 - Pagina 2 Festa del 1° maggio Anche quest'anno vi aspettiamo per la nostra tradizionale festa del 1° maggio! Come sempre abbiamo bisogno di aiuto il giorno stesso e nei giorni precedenti per i preparativi. Vi aspettiamo numerosi. Grazie! anche per andare incontro alla richiesta di utilizzo che ne fanno amici e conoscenti, che scelgono la comunità come luogo e spazio dove vivere insieme momenti significativi per la propria famiglia (compleanni, battesimi, cresime, anniversari, ecc). E quindi via i vecchi mobili, i vecchi elettrodomestici, le piastrelle del rivestimento; sono stati fatti diversi lavori di muratura per rendere l'ingresso più agile e funzionale, è stato coperto il vecchio pavimento e rifatto il rivestimento, quindi un paio di mani di bianco et voilà! Ambiente nuovo, mobili nuovi (tutto in acciaio), spazi modificati. Ma sempre il solito stile: il nostro coinvolgimento attivo per abbattere i costi, la cura della relazione con artigiani e tecnici, che ringraziamo per la generosità che anche in questa occasione hanno concretamente dimostrato, la scelta degli arredi necessari come frutto della condivisione e del lavoro della “commissione cucina” (Lorena, Simona e Luca) appositamente istituita. L'ambiente cucina a Maranà-tha, infatti, è particolarmente importante non solo perché è un piccolo laboratorio di prelibatezze, ma anche perché è fonte di socializzazione con i volontari e gli ospiti, di condivisione delle esperienze, di confronto tra pensieri e culture diverse. Insomma, come ci insegna anche la storia della Salvezza, a tavola ci si incontra e si fa esperienza di fraternità e alleanza. Ringraziamenti Tra tutti i ringraziamenti che facciamo a tutti coloro che anche quest'anno ci hanno sostenuto, hanno collaborato, hanno concretamente reso possibile le nostre attività, quest'anno scegliamo di ringraziare esplicitamente Lia e Salvatore, che offrono gratuitamente il proprio tempo e le proprie competenze con grande generosità e professionalità. La cucina comune ristrutturata Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha Il “traguardo” dei diciotto anni per Giada e Lucia Due lunghe accoglienze, anni importanti, segnati da fatiche, conflitti, a volte senso di impotenza, ma anche tanto affetto costruito nel tempo, qualcosa di più che semplici “emozioni”. È l'affetto che nasce dall'aver condiviso molto e imparato molto di sé e dell'altro. Margherita "Così venisti al mondo. Da tanti luoghi vieni, dall'acqua e dalla terra, dal fuoco e dalla neve, da così lontani cammini verso noi due, dall'amore terribile che ci ha incatenati, che vogliamo sapere come sei, che ci dici, perchè tu sai di più del mondo che ti demmo." Pablo Neruda Giada è entrata nella nostra famiglia a settembre del 2003, a 14 anni. Ignazio aveva 6 mesi ed io stavo nuovamente sperimentando quelle emozioni “materne” suscitate dal parto e da un piccolino da accudire. Giada avrebbe voluto, e per molto tempo ha continuato a desiderarlo, essere quel piccolino, che allattavo e tenevo in braccio. Lei è arrivata da noi chiedendo insistentemente ai Servizi una famiglia, non prevedendo la tempesta di emozioni che una famiglia poteva suscitarle. E anche noi, pur conoscendo la sua storia drammatica, siamo stati gradualmente spiazzati dai suoi bisogni insaziabili. Questo è stato uno dei punti più delicati: l'incontro dei suoi bisogni con i nostri. Non bastava essere mamma e papà per riconoscere quello che stava veramente chiedendo, secondo un linguaggio che andava decodificato. Anzi, a volte, quello che sembrava esprimere era il contrario di quello che cercava: essere abbracciata e contenuta. In questo percorso di traduzione, ci è stata di grande aiuto la psicoterapeuta che incontrava sia Giada che noi e che, a volte, svolgeva un ruolo di “mediatrice culturale”. Perchè capitava di sentirsi in un mondo estraneo, distante dal nostro modo di collegare a certi segni quei particolari significati. In questi anni Giada, con la sua alterità, ci ha fatto il servizio di “forzarci” in una conversione di vedute, di prendere in considerazione interpretazioni impensabili per noi. Per poter stare dentro a una relazione con lei. Per permettere al fluire della comunicazione di avere il sopravvento, al di là delle tante nostre “buone idee”. Abbiamo dovuto fare i conti con aspetti della sua storia da cui avremmo voluto fuggire. Questo è stato l'elemento che ci ha messo in crisi e, nello stesso tempo, permesso di passare dalle nostre aspettative, fatte di tanti buoni propositi e idee su cosa “doveva fare lei per stare meglio”, a una progettazione realistica. Con il contributo dei fratelli di comunità e del nostro supervisore, abbiamo gradualmente smontato molte nostre aspettative rispetto a tanti ambiti: scolastico, igiene personale, gestione del tempo, ordine nella sua camera... Abbiamo costruito con lei percorsi fattibili nella linea dell'autonomia, dove lei potesse sperimentarsi capace, vincente. Gianni e Lorena Benedite e non maledite... Benedite sempre! In luglio Lucia ha compiuto i tanto attesi 18 anni. Ha scelto di prendersi la sua indipendenza ed è andata a vivere a Bologna con suo fratello. Eccoci a questo punto a fare i conti con i nostri sentimenti di fronte a questa esperienza. Non è facile per noi parlare di queste cose, ci viene istintivo chiudere le emozioni dolorose in un cassetto che però puntualmente esplode e ci costringe a mettervi ordine. Crediamo che Lucia abbia davvero bisogno di sperimentarsi nella sua indipendenza, anche perché la vita è stata con lei un po’ dura fin dall’inizio. E comunque attraverso queste fatiche ci siamo incontrati, conosciuti e abbiamo vissuto insieme per quasi 8 anni. Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha Insieme a Mario, nell'accoglienza di Giada, ho ulteriormente sperimentato come la differenza di genere sia una ricchezza ma anche una bella fatica. Inoltre ho sentito che tutto diventava ancora più complesso dal fatto che gli oltraggi maggiori arrivavano dalla figura femminile e, quindi, qualcosa da far pagare a quel genere rimane! Ed è risaputo che l'emozionalità “mamma” è molto diversa da quella “papà”. È stato un percorso anche questo, accogliere le ragioni e il sentire dell'altro non come un dito puntato contro di me ma come punto di vista in più. E il bisogno di fare alleanza c'era, eccome! Perché quotidianamente c'era un'occasione di confrontarsi con quello spettro che è il limite, mio e dell'altro. A lungo il ritornello nella mia mente era: c'è sempre qualcosa che non va, è mancante o di troppo, quella frase, quel gesto, il tono... Mi sono molto ribellata a questo, poi ho intravisto la possibilità che “la storia giusta” che ricercavo era proprio quella che stavamo scrivendo con lei: le cose che non andavano come desideravo, tutto quello che ingombrava la nostra relazione ma che faceva sì che l'aveva anche creata. Era quell'oggi in cui mi veniva offerta la possibilità di costruire un nuovo modo di essere per lei figlia e per noi genitori. L'ingresso di Giada nella nostra famiglia ha significato anche il nascere di nuove relazioni: dinamiche più complesse che si sono incrociate in cui lei aveva ruolo da sorella maggiore o minore a prescindere dall'età anagrafica. A un certo punto ci siamo resi conto che il suo bisogno sarebbe stato quello di una famiglia più piccola, con meno interazioni e stimoli affettivi. Di fatto noi siamo così, tanti, e, ancora una volta, quello che poteva essere vissuto come un affaticamento è stato per noi una risorsa. Se noi siamo tanti anche Giada è “tanta”, nel senso che i suoi bisogni, le sue richieste, la sua voracità in senso lato ha necessità di tanto spazio. I nostri figli si sono messi in gioco con le loro specificità ed età diverse. Le parole di Filippo, con un piede a Padova e uno in casa e alcune competenze che sta maturando. L'accudimento di Silvia, tra la sua determinatezza matematica e lo stare stretta nei panni della “brava figlia e sorella”. Gli utili consigli sul trucco e sul look di Ester. La tenerezza della Franci. Le coccole con Ignazio. Il 5 gennaio di quest'anno Giada ha compiuto i fatidici 18 anni, tanto attesi quanto temuti. Quando la nostra storia è partita ci era stato chiesto di accompagnarla fino a questa soglia. Giada altalenava un desiderio di autonomia con la paura di non farcela di fronte a un nuovo cambiamento. La preparazione di questo passaggio è stata di un anno e mezzo, con lei, la sua psicoterapeuta, i Servizi di provenienza che sono stati un prezioso e affettuoso punto di riferimento per lei e per noi. Ora Giada alloggia a 10 Km da noi presso una cooperativa sociale, dove ci sono diversi animali che a lei piacciono moltissimo. Ci sentiamo telefonicamente ogni la settimana e capita che lei venga da noi o noi andiamo da lei. Cosa rimane? Difficile da comunicare...mi viene un'immagine: l'altro giorno, mentre ero al lavoro in ospedale, in una sala d'attesa gremita come è quella della sala prelievi al mattino, sento urlare il mio nome e lei che mi zompa tra le braccia. Ecco, forse è questo che mi rimane: un riconoscersi tra tanti, consapevoli che sappiamo molto l'una dell'altra e, nonostante e grazie a questo, ci possiamo abbracciare. L’abbiamo vista crescere e, talvolta suo malgrado, è stata per noi una figlia, e noi per lei genitori (ma qual è il confine fra figli biologici e figli affidati quando si condivide cosi tanto tempo insieme?). Fino al giorno della sua partenza abbiamo fatto fatica a prendere atto di questo fatto, pensavamo che forse ci avrebbe ripensato; quando l’abbiamo vista andare via non abbiamo potuto trattenere le lacrime. E’ difficile raccontare il vuoto che ha lasciato. Per un mese intero dalla sua partenza non siamo riusciti ad entrare nella sua stanza. Finalmente riusciamo a dirlo e a prendere consapevolezza del fatto che ci manca davvero tanto. I nostri anni insieme sono stati segnati anche dal conflitto, ma c’è sempre stato un canale aperto per chiarirsi e fare pace. Da brava adolescente Lucia ci ha messi alla prova, ci ha criticati e, a volte, abbiamo fatto molta fatica, ma questo ci ha aiutati a rimanere vigili su noi stessi, a metterci in discussione. Ci ha aiutati soprattutto a capire che le regole a volte sono un intralcio alla relazione e che occorre andarvi oltre. Io, Lorena, mi trovo ora un po' confusa e un po' amareggiata per il timore di non aver fatto abbastanza per lei; dietro alla sicurezza che mostra Lucia è in realtà molto bisognosa di comprensione e di affetto, che mi sembra non sia stato colmato. Forse a volte basterebbe lasciarsi andare alle proprie emozioni piuttosto che Pagina 3 - Anno 2008 arroccarsi dietro a dei principi, forse se così avessimo fatto ci saremmo lasciati andare molto di più con lei. Per me, Gianni, abbiamo fatto un buon lavoro di supporto alle sue varie necessità e i sentimenti di Lorena non li sento in modo cosi intenso. Da quanto è partita, talvolta Lucia non ha risposto alle nostre telefonate; abbiamo interpretato questo come un bisogno di non essere “invasa” e, forse per rispettare questa esigenza, ultimamente siamo un po’ titubanti a prendere in mano il telefono e chiamare. Rimane in noi comunque una grande voglia di vederla e di parlarle, quante domande verrebbero da fare! “Come stai? Come va il lavoro? Ti senti sola? Fai ancora collezione di fate? Hai qualcuno con cui parlare e a cui chiedere consiglio?” Tutto ciò, però, quando la vediamo si scioglie bene in un grande abbraccio. Ti vogliamo bene Lucy! Il delicato fronte dell'accoglienza degli adulti Mario Mostra il tuo essere e sii ciò che mostri. Rumi Turco Abbiamo accompagnato molte persone in situazioni di difficoltà variegate, sempre cercando con loro una relazione il più possibile autentica e aperta al confronto. Le accoglienze a medio o lungo termine, come quelle in cui siamo impegnati in questo momento, fanno emergere con più evidenza difficoltà e fatiche nel comprendersi e richiedono quindi strumenti, pazienza, ascolto, fiducia. Uno dei servizi che svolgo in comunità è quello di coordinatore per le accoglienze in comunità e referente-tutor-accompagnatore nell'accoglienza di adulti che siano singoli, nuclei monoparentali e/o nuclei familiari (vedi Carta dei Servizi della comunità pubblicata sul nostro sito). Attualmente sono referente per la famiglia irachena composta da Naser, Samea, Ali e Omar ed anche per l'accoglienza di Stefano De Santis. Intorno alla metà di dicembre del 2007 Amelia Frascaroli, già coordinatrice della Caritas diocesana, ci ha chiesto la disponibilità ad accogliere Naser e la sua famiglia, precedentemente ospiti della Caritas di Salerno dove abita il medico della C.R.I. che ha prestato i primi soccorsi ad Ali (vittima, insieme a gran parte della famiglia, di una incursione americana a causa della quale ha subito l'amputazione di braccio e gamba sinistri). Solitamente non accogliamo nuclei familiari. C'era tuttavia la disponibilità dello spazio fisico e il feeling e l'affetto per Amelia e il suo personalissimo stile hanno sciolto i timori e le resistenze per gli imprevisti che certamente si sarebbero presentati. Personalmente vivo l'aspetto educativo di questa accoglienza in modo oserei dire riparatorio: assumendomi la responsabilità sociale degli effetti di guerre lontane, volute da altri. Per questo, ancora prima che arrivassero i Naser, abbiamo coinvolto il territorio, ne abbiamo parlato col sindaco, gli assessori dei servizi sociali e della scuola e con il parroco. Abbiamo ricevuto una grande solidarietà e disponibilità concreta ad offrire servizi (inserimento scolastico, scuola materna, vaccinazioni, medico di base) con tempestività, generosità , disinteresse e senza troppe formalità. Arrivati il 23 dicembre, non sapevano una parola di italiano e noi non ne conoscevamo una di iracheno o arabo. È cominciato così il tempo dell'accoglienza, dove l'aspetto ideale e la valenza sociale si sono confrontate con la realtà della diversità. La diversità culturale: a chi spetta l'ultima parola, diverso “peso”e considerazione tra uomo e donna, cosa e come si mangia, come vengono preparati i cibi, le storie e i vissuti diversi producono “forme mentis diverse” che fanno interpretare l'oggettività della realtà dei fatti in modo diverso. È un bell'esercizio di ascolto (di una lingua e una cultura che non conosco), di pazienza, di accoglienza di tutto quello che questa relazione mi suscita (pregiudizi, interpretazioni, azioni e reazioni istintive, moti pietistici), di porsi con autenticità e trasparenza dando fiducia all'uomo riconoscendo in esso un mistero di vita che lo trascende a prescindere dalla cultura, territorio e fede di appartenenza. Ancora una volta imparo dai piccoli che sono maestri di integrazione: Omar è coetaneo di Samuele e Ignazio, frequentano la stessa scuola materna e la stessa sezione. Ora giocano insieme e Omar parla speditamente l'italiano, hanno trascorso un certo tempo tenendosi a distanza, si sono osservati, hanno fatto finta che l'altro non esistesse, hanno lottato anche fisicamente... ora si riconoscono e stanno imparando a conoscersi giocando insieme, andando in bici, facendo merenda, rispettandosi per quello che sono. Naser e Samea contribuiscono all'accoglienza e al vitto facendo un servizio in comunità, stanno cercando un lavoro per potere continuare nel loro percorso di autonomia. Stefano De Santis ci è stato presentato da un amico di Milano conosciuto in occasione di un convegno del Jesuit Social Network ed è arrivato ai primi di febbraio di quest'anno. Ho appena portato in supervisione in comunità, con lo psicologo che collabora con noi, il percorso di Stefano e il mio accompagnamento. In questo incontro mi si è chiarito che se oggi venisse proposta l'accoglienza di De Santis mi lascerei seriamente interrogare da alcuni “indizi” e “segnali” accennati tra le righe della richiesta di aiuto. Dopo poco il suo arrivo Stefano ha cominciato a manifestare un disagio psicologico, dovuto a disturbi della personalità non ancora certificati, e un disagio sociale causati dal trauma dell'allontanamento da Milano e dalla recente perdita della madre che lo ha esposto ad una relazione con i fratelli caratterizzata da tensioni e percosse. L'accompagnamento nel suo percorso con noi ha significato per me: favorire la relazione di attaccamento e fiducia lavorando manualmente insieme, contenerlo e tranquillizzarlo nelle sue oscillazioni “up down” ; attivare ed accompagnarlo in un percorso psichiatrico finalizzato a dargli contenimento e protezione farmacologica nonché certificare la natura e il livello del suo gap; ricostruire la sua storia fatta di “non appartenenza” (ha girato diverse strutture e realtà dove non si è mai fermato più di 3/4 mesi) accompagnandolo a Milano per recuperare alcuni pezzi; il condividere e confrontarmi con la comunità in tempi reali rispetto a quello che succede e le strategie comuni da attuare. Ora il suo disagio è davvero grande e ci stiamo interrogando se la risposta che possiamo dare risponde al suo bisogno reale. In questo travaglio stiamo imparando a volergli bene, c'è un affetto che permette di entrare in contatto con la sua sofferenza, affetto che permette di accogliere le manifestazioni del suo disagio in modo empatico e con misericordia (a seconda del linguaggio che si vuole usare), senza puntare il dito o scandalizzarsi eccessivamente. Vi presento la mia ultima fatica: L'Omino Macchìno Claudio Fatevi macchiare dall'omino macchìno Dall'inesauribile penna di Claudio ha preso forma un libro che si preannuncia davvero “gustoso”. Il tema è un' invito alla conversione alla lentezza nelle modalità comunicative, in controtendenza con il sentire comune per cui veloce è bello sempre e comunque (la connessione veloce, l'automobile veloce, la cucina veloce...). Lo stile è sempre il suo, agile e divertente. Ma non siate troppo celeri nel leggerlo, mi raccomando! Anno 2008 - Pagina 4 Ero con Anna Pancaldi e Roberto Parmeggiani, un mio collega del Centro Documentazione Handicap, per una cena di ringraziamento ad Anna, il cui anno di servizio civile presso il centro stesso stava volgendo a conclusione. Seduta di fronte a noi c’era una persona con il busto e le braccia totalmente ingessati. Un po’ gli spazi ristretti del tavolo, un po’ l’accortezza che doveva avere per non urtare gli altri clienti e le pietanze, fatto sta che quell’uomo si muoveva in modo davvero curioso… Sapete poi come vanno queste cose: con il riso e l’ironia si sa da dove si comincia, ma non dove si finisce…grazie a Dio! Ad un certo punto mi è venuto in mente che potevamo gareggiare a trovare il nome più divertente e adatto a quell’uomo e ai suoi movimenti e da lì viene l’ “Omino Macchìno”, ad indicare uno che compie i movimenti come fosse un automa, un robot…o una macchina…Il giorno dopo, l’Omino Macchino della sera prima era Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha diventato l’Omino Macchino del mattino: non più una macchina, ma una macchia. Che macchia la gente e lascia quindi il segno del suo passaggio. Ma di che segno si trattava? E che cambiamenti doveva portare? Insomma, cosa avevo in testa e che sorti pensavo per quel personaggio? Se c’è stato un evento determinante nella storia dell’uomo questo è stato la scrittura: e l’Omino doveva impersonificare lo “spirito della scrittura” e, in generale, di una comunicazione diversa da quella cui siamo abituati oggi. Questa era l’idea di partenza: analizzare, attraverso lo spettro della comunicazione, alcuni aspetti del mondo odierno che ho sempre considerato pericolosi se troppo esasperati. In particolare la velocità che caratterizza ogni rapporto comunicativo e che rischia di banalizzare la comunicazione in semplice trasmissione di informazioni. L’interesse per questo tema veniva anche da un dato personale, che mi rende “esperto” dell’argomento: con la tavoletta che utilizzo per comunicare ho scoperto degli aspetti inattesi dei processi di comunicazione proprio mentre li stavo vivendo. Erano anni che riflettevo su questo tema, nella convinzione che la tavoletta fosse molto di più che un ausilio per comunicare: infatti, è soprattutto un ausilio alla relazione. La tavoletta, che sembra frapporre una distanza maggiore tra me e l’altro, in realtà avvicina, perché tiene sempre in tensione e in contatto i nostri sguardi. E potete immaginare quante cose passino e si trasmettano attraverso gli occhi. Per quanto riguarda la “logica della lentezza”, va da sé che questa modalità di comunicazione prevede un ritmo di esecuzione ridotto. A confronto con l’inclinazione generale a desiderare di rendere le comunicazioni e la trasmissione di parole ed informazioni sempre più veloce, la tavoletta aiuta a resistere e a considerare le cose secondo un punto di vista totalmente diverso. Aiuta a soffermarsi sulle cose, per non perdere il piacere di dar peso a quanto si dice e di associare una parola ad un concetto, non considerandola un’operazione del tutto scontata e banale. Aiuta ad ascoltare e a non fermarsi al solo sentire. Con gli occhiali di Gesù: il tempo degli Esercizi Spirituali Simona “Voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra ma sulle tavole di carne dei vostri cuori” 2 Cor 3,3 Gli Esercizi Spirituali sono un tempo in cui si sperimenta il piacere della lentezza comunicativa di cui ci parlava Claudio. Rappresentano l'occasione per mettersi in relazione con il Signore senza fretta, con “tutto il tempo”. Per ascoltare, gustare, stare, mettersi gli occhiali di Gesù e con quelli guardare se stessi, gli altri, il mondo. E con quegli occhiali vedere le buone notizie meno appannate di come ci appaiono nella nostra quotidiana miopia. La spinta a fare gli esercizi spirituali nasce dal desiderio di mettere ordine nella propria vita, di approfondire la conoscenza del Signore, di fare scelte secondo lo spirito del Vangelo. La proposta contenuta nel libretto di S. Ignazio di Loyola, l'inventore degli esercizi, risponde a questi e ad altri impulsi interiori, che esprimono in qualche modo i desideri profondi suscitati in noi dallo Spirito. Essi sono quindi una proposta di metodo per “ordinare, cercare, trovare...”; l'obiettivo non è quindi trasmettere nozioni, ma piuttosto, partendo dalla Parola, letta e ascoltata, si passa a ciò che lo Spirito scrive nel nostro cuore, perché è nella nostra storia personale che possiamo riconoscere il manifestarsi del Signore. Io e Stefano, dopo due anni piuttosto faticosi, ci sentivamo un po' nella confusione. Pur vivendo in una realtà come questa -che ha momenti e strumenti che aiutano il cammino- in una vita di famiglia con bimbi piccoli, il lavoro e mille altre cose, scegliere di prendersi del tempo a due, concedersi uno spazio, è spesso vitale, ma altrettanto fondamentale è dotarsi degli strumenti giusti per viver bene questo tempo prezioso, soprattutto in vista di una scelta importante come quella a cui siamo stati chiamati quest'anno riguardo alla permanenza stabile a Maranà-tha. Abbiamo dunque fatto gli esercizi spirituali in coppia. Alcune fatiche vissute avevano fatto emergere parti di noi di cui abbiamo avuto paura, ed aspetti della realtà che avremmo voluto non vedere... Ma si può passare dentro a tutto questo? È la strada giusta? Anche questa è la storia della mia/nostra Salvezza? Nel rileggere la genealogia di Gesù e contemplare le figure di donne che ne fanno parte abbiamo colto l'invito del Signore ad avere maggiore fiducia nella sua azione nella nostra storia, e la Buona Notizia che il Padre non aspetta che ci rendiamo presentabili per venirci incontro, ma si fa presente proprio nelle nostre fatiche. L'incontro con la Parola durante gli esercizi ci ha aiutato a tornare alle motivazioni iniziali, a prendere in considerazione altri aspetti importanti, ... ma soprattutto ci ha invitati a cambiare “filtro”, cambiare sguardo. È stato così che il luogo delle nostre paure è stato il luogo dell'incontro ed abbiamo sentito nostre le parole di Giacobbe: “Certo il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo!”. Il frutto principale di questi esercizi è stato percepire nuovamente che vicino al Signore la vita, i sentimenti, gli avvenimenti si ordinano e prendono il loro giusto posto. Ci siamo ri-centrati davanti al Signore, l'uno davanti all'altra e rispetto alla nostra scelta di continuare a vivere in comunità. Gli esercizi sono uno spazio in cui fermarsi, guardare cosa si muove dentro, mettendo in gioco tutte le dimensioni (corpo, mente, spirito), ma in relazione con un Altro, che parla al nostro cuore in tono delicato e rispettoso, per ascoltare è necessario fare silenzio. Ed è sempre una buona notizia riscoprire che non c'è nessuno lassù nei cieli pronto a puntare il dito, a giudicare, a dare ordini su ciò che si può o non si può fare, ma c'è qualcuno accanto che sostiene, accoglie, consola, perdona, anche se, nel frastuono di tutti i giorni, non sempre ne siamo consapevoli. Il dono del tempo: istruzioni per l'uso... Stefano “Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell'eternità, sebbene l'uomo non possa comprendere dal principio alla fine l'opera che Dio ha fatta.” Qoelet 3,11 Una buona notizia: il tempo si può moltiplicare! Come? Condividendolo. Stefano ci spiega come questo avviene a Maranà-tha Per scoprire il valore di una vita chiedilo ad un anziano. Per scoprire il valore di un anno, chiedilo a uno studente che e' Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha stato bocciato all'esame finale. Per scoprire il valore di un mese, chiedilo a una madre che ha messo al mondo un bambino troppo presto. Per scoprire il valore di una settimana, chiedilo all'editore di una rivista settimanale. Per scoprire il valore di un'ora, chiedila agli innamorati che stanno aspettando di vedersi. Per scoprire il valore di un minuto, chiedilo a qualcuno che ha appena perso il treno, il bus o l'aereo. Per scoprire il valore di un secondo, chiedilo a qualcuno che è sopravvissuto a un incidente. Per scoprire il valore di un millisecondo, chiedilo ad un atleta che alle Olimpiadi ha vinto la medaglia d'argento. Il tempo non aspetta nessuno. Raccogli ogni momento che ti rimane, perché ha un grande valore. Pagina 5 - Anno 2008 È una poesia banale, non ricordo nemmeno dove l’ho letta ma mi ha fatto pensare che spesso diamo valore al tempo solo quando non è più possibile gestirlo o goderlo. Tra le motivazioni che ci hanno spinto a scegliere la comunità c’è anche la possibilità di vivere il tempo, non subirlo facendosi mangiare dalla routine quotidiana. Nella vita comunitaria sperimento strumenti utili ad una gestione più consapevole e condivisa del tempo. Il primo passo è l’agenda, una volta alla settimana, è l’ambito in cui ognuno condivide con gli altri i propri impegni, dov’è possibile chiedere e dare questo prezioso bene di cui disponiamo, insegna a esserne meno egoisti e a verificare che in un certo modo è possibile moltiplicarlo insieme. È anche in questo equilibrio fra dono e accoglienza del tempo che cresce l’alleanza e la condivisione. In questa vita vissuta a stretto contatto è possibile sperimentare quanto tempo ci si regala l’un l’altro, cercando di ottimizzare le risorse e mettendo a beneficio di tutti le proprie capacità e competenze. Altro momento importante è il pranzo comunitario, dal lunedì al venerdì, in cui ognuno si accorge che la vicinanza e il dialogo fanno maturare le relazioni e arricchiscono di senso un tempo che diversamente ognuno vivrebbe forse frettolosamente. Il tempo risulta spesso il peggior nemico della preghiera, sapere che c’è qualcuno che ti aspetta per condividere quel piccolo spazio prima di cena, può aiutare, essere di stimolo, sottolineando nuovamente quanto sia importante fare alleanza. Anche per le persone che accogliamo la gestione del tempo e degli spazi diventa una necessità primaria a cui c’è bisogno di rieducarsi, e contemporaneamente il nostro tempo è il primo dono che siamo invitati a mettere in campo, ecco che la presenza di tutti, ciascuno con le proprie diversità e sensibilità, costituisce una banca preziosa a cui attingere. Io faccio il programmatore, lavoro in casa e ho dovuto educarmi a difendere e rispettare i tempi dedicati alla mia attività, è stato un processo faticoso, probabilmente ancora in itinere. In comunità le attività e le relazioni sono davvero tante, per quanto riguarda il tempo ritengo che sia necessario darsi il permesso di vivere degli squilibri, per potersi sperimentare e trovare delle soluzioni correttive perché per ad ogni ambito sia possibile dedicare lo spazio e le energie che desideriamo. È comunque un processo più ampio che coinvolge tutte le dimensioni (personale, familiare, comunitaria), dove anche i compagni di cammino possono correggerti fraternamente, e che impone la ricerca di un equilibrio, di un’armonia dove non c’è un tempo uguale per ogni cosa ma ogni cosa ha il suo tempo. Ti ringrazio Signore per non essere solo in questa esperienza in cui è facile cadere nella tentazione di pensare che il tempo non basta mai, aiutami invece a crescere nel valorizzarne ogni istante. Diventare grandi in tempo di bamboccioni Filippo Tra poco tocca a me Il più grande dei figli della famiglia Beghelli: Filippo, 24 anni. Una laurea triennale in psicologia in tasca e una tesi da terminare per completare la laurea specialistica. Il futuro fuori casa per lui in questo momento è qualcosa di più che una semplice fantasia. Gli abbiamo chiesto allora di fare una sorta di bilancio/racconto della sua formazione vissuta in famiglia e in comunità. Alcuni dicono che sia possibile rispondere alle domande su di sé soltanto raccontandosi, non c’è una definizione da dare, ma un’esperienza da narrare. Crescere in comunità ha aiutato la mia maturazione? Potrei raccontare tantissimi episodi della mia infanzia: come quando era caduta talmente tanta neve che mio padre era venuto a prendermi alla fermata dello scuolabus con gli sci; oppure le litigate per tenere il telecomando della televisione; Elvis e la sua moto; il nascondino al buio d’estate dopo cena e la versione con il solletico / “scadorino” dei Pancaldi; i pranzi comunitari pieni di gente; la pizza del venerdì della Lorena; l’odore dell’erba appena tagliata; gli alberi che cambiano davanti alla mia finestra; la casa che diventa sempre più grande. Non ho vissuto sempre a Marana-thà, crescendo mi sono spostato: prima a Padova, per l’università, e poi a Santiago de Compostela per l’Erasmus. Il bisogno di autonomia e di sperimentarmi è sempre tanto. Adesso sono rientrato, sto scrivendo la tesi e ho bisogno di ordine e semplicità nella vita quotidiana. Tuttavia fremo, sono ansioso di dire “tocca a me”. L’idea è quella di trovarmi un lavoro e di uscire da casa. Diventare grandi, essere grandi e pensare da adulti, penso che sia una bella conquista e non un problema. Se penso al contesto in cui sono cresciuto mi viene da dire grazie. Ringrazio per molte cose: la fiducia, il senso di libertà … ma soprattutto per l’autenticità. Essere figli non vuol dire condividere completamente tutto ciò che fanno i propri genitori, confrontarsi e scontrarsi su queste diversità non è sempre semplice. Mi vengono in mente molti litigi, il senso di frustrazione nel non sentirsi capito, l’alzare la voce per dire “io ho ragione”. Tuttavia, ho sempre avuto davanti persone autentiche. Esse vivono nella quotidianità i propri valori, non sono Spiderman e neanche San Francesco, sono persone. Mettendo da parte la retorica, il crescere con queste persone è stata una esperienza positiva. Adesso non voglio dire che Maranàtha sia il miglior modello educativo e vada presa da esempio come le scuole di Malaguzzi! Tuttavia, nella semplicità delle relazioni interpersonali nella quale si può crescere e continuare a crescere, auguro a chiunque di trovarsi davanti delle persone autentiche. Un'attesa molto speciale Elena Il più bello dei mari è quello che non navigammo. Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto. I più belli dei nostri giorni non li abbiamo ancora vissuti. E quello che vorrei dirti di più bello non te l'ho ancora detto. Nazim Hikmet Il tempo dell'attesa di un bambino è scandito da un ritmo assolutamente particolare e unico. È il tempo della speranza, della promessa che si è fatta carne. È il tempo che prelude ad una nuova organizzazione, nuovi spazi e modalità di stare in famiglia. Forse è anche un tempo per rileggere sotto una nuova luce le proprie fatiche. Anno 2008 - Pagina 6 I figli sempre in primo piano: il mio impegno in comunità è scandito dai ritmi della quotidianità dei bimbi e oggi questo mi dà gusto. Mi ci sono voluti anni per trovare un equilibrio tra la mia spinta ad occuparmi di alcuni aspetti della vita insieme, delle sue necessità, e invece i tempi imposti dalla mia responsabilità principale di mamma... che spesso ho vissuto come una limitazione più che una fortuna. E poi che tempi e che sfide con due maschiacci vivaci e indomabili come i nostri! Così in 9 anni di vita comunitaria sono nata e cresciuta come mamma insieme alla scommessa di confrontarci e sostenerci invece che fronteggiarci come coppia di genitori nelle nostre profonde diversità, diversità che figli e comunità hanno fatto ancora più emergere. E cosa succede quando ne diventi finalmente consapevole e inizi a provarci gusto e lodare? L'impegno non è minore, neppure la fatica a volte, ma la vita ti attira, ti ammalia, rigenera fiducia e speranza e così ti apri con consapevolezza a nuovi orizzonti... Si ricomincia daccapo! L'attesa del Natale, del Dio Bambino, ha per me quest'anno il gusto concreto dell'attesa della nascita di una nuova creatura che proprio nelle vacanze di Natale dovrebbe fare il suo ingresso alla luce. Il mistero della fragilità della vita che porta potenza d'amore nelle nostre esistenze. Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha Adesso vivo il momento magico dell'armonia, della pienezza della fertilità: un pancione rotondo, i movimenti segreti del linguaggio fra la mamma e il suo bimbo, le carezze e il gusto dell'attesa... Poi tutto da imparare, un nuovo codice da costruire insieme per affrontare la vita nuova con le sue crescite, scoperte, e separazioni. L'avventura della famiglia che si allarga questa volta coinvolge molti più attori: i preparativi non riguardano più solo mamma e papà, ma ci sono anche Eleonora, veterana di molti “fratellini” affidatari, Pietro curioso ed eccitato col fare saccente del maggiore che “sa cosa cambierà”, e il sospetto di Samuele, un po' insicuro, che invece si chiede “cosa cambierà?”... Senza parlare di tutta la tribù dei piccoli maranathesi che fa domande e non vede l'ora di annoverare un nuovo cadetto nella squadra! Tutti questi ingredienti arricchiscono l'attesa e sono la premessa per un caloroso benvenuto al piccolo nascituro, segno della Buona Notizia di un Dio che si fa discretamente presente fra noi. L'avventura della catechesi prebattesimale alle famiglie Fabrizio La metà della notte è il principio del giorno... “Così fan tutti”. Le famiglie battezzano i propri bimbi, quasi sempre. Difficile per molti spiegare perché. L'impegno in questa forma di catechesi ci permette di piantare qualche piccolo seme, con tanta umiltà e desiderio di comprendere lo sguardo sulla vita delle giovani (e meno giovani) coppie che ci stanno davanti. Da circa un anno io, Elena e Francesca abbiamo dato la disponibilità per andare ad incontrare, a nome della parrocchia, i genitori dei bimbi che verranno battezzati. Andare nelle case delle famiglie per parlare del battesimo è un'esperienza che permette di conoscere e capire un po' più da vicino la vita delle persone. A volte si trovano situazioni in cui è evidente che ciò che muove la coppia a volere il battesimo per il bambino è la tradizione, il “fan tutti così”, il bisogno di un'identità o un debole e generico richiamo ai valori cristiani. Forse soprattutto in questi casi è importante avere un atteggiamento di ascolto e mai di giudizio. Inizia l'incontro e -utilizzando alcuni brani della Parola di Dioracconto qualcosa sul significato dell'acqua, la guarigione, il dono dello Spirito, l'immersione e la rinascita a nuova vita. Poi cerco di spiegare il senso dei vari momenti del rito del battesimo. È facile, verso la fine, fare due chiacchiere sull'educazione dei figli e su come è importante avere fantasia per sapere raccontare loro il volto di un Dio che non ti giudica ma che ti ama e ti prende così come sei, con i tuoi limiti e i tuoi peccati. Quando si avvicina la conclusione, puntualmente dico: “...Bene, se volete vi lascio i riferimenti dei brani della bibbia che abbiamo appena visto insieme, così prima del battesimo del vostro bimbo potete rileggerli, pensarci un po' su e, se volete, pregare...”. A questo punto spesso vedo sui volti della coppia un velo di imbarazzo: “Bibbia?... ah sì, dovremmo averne una vecchia su di sopra...” “Sei Sicuro?” “Ma sì, ti ricordi? Quella della nonna.”. Oppure: “Bibbia? Mi sa che non ce l'abbiamo, ma ce la procureremo... Non è che si può trovare una versione semplificata?...“. Il bigino della bibbia! L'incontro può essere allora una possibilità per fare scoprire alle persone che la Bibbia non è il vecchio libro ammuffito della nonna, ma un libro che contiene una parola sempre nuova e soprattutto viva, capace di raccontare una storia di salvezza che ha qualcosa da dire ad ognuno, oggi. Un trimestre “fuori sede” Francesca Don't loose the hope and make the world better whenever you can. Yes, we can! Tre mesi in Gran Bretagna come visiting fellow, che significa ricercatore “in visita”. Un'esperienza che coinvolge tutta la famiglia, temporaneamente senza mamma e/o moglie. L'assenza si trasforma però in intraprendenza e la mamma/moglie, costretta dalla distanza ad allentare le maglie del controllo, può rilassarsi e guardare con rinnovata fiducia il proprio sposo. Un periodo prolungato di ricerca all'estero -senza impegni di didattica, tesi e ricevimento studentirappresenta il sogno/progetto di tanti studiosi. Averlo realizzato ora, proprio ora che la famiglia ha raggiunto quota cinque componenti e Martino solo da poco ha tagliato il traguardo dell'anno, sembra forse un po' bizzarro. Eppure, se adesso e fino alla fine di dicembre sono nell'Università di Nottingham, UK, non è nonostante il carico familiare, ma in un certo senso è proprio grazie ad esso. Grazie in particolare al benessere e alla rinnovata fiducia in me, in Luca e nella vita in generale che è scaturita prepotentemente dalla nascita del piccolo Martino, che in realtà è tutto tranne che piccolo! E così, ciò che fino a pochi anni fa mi pareva troppo complicato e non tollerabile per la mia necessità di avere sotto controllo affetti e gestione della casa, l'anno scorso invece mi è sembrato fattibile e sostenibile sia da me, sia da Luca. Da metà settembre sono nel cuore dell'Inghilterra, in un bellissimo campus universitario con tanti stimoli scientifici e sociali, con tanta curiosità di sapere e capire questo paese e il suo modo di relazionarsi agli immigrati, che poi è il mio ambito di ricerca. A casa non solo sono tutti vivi, ma godono anche di un buon umore generale (a parte gli alti e bassi adolescenziali, che però non fanno testo), svolgono una vita abbastanza ordinata e impegnata, si nutrono regolarmente e vivono in un ambiente domestico curato e pulito. Insomma, ho constatato che non sono indispensabile per il corretto funzionamento della famiglia e, anzi, la delega forzata ha fatto emergere potenzialità fino ad ora inespresse (o poco espresse) di Luca in un ampio ventaglio di mansioni di cura e organizzative. Tutto ciò mi permette di stare qui senza pensare continuamente e ossessivamente a quello che succede a casa, nella fiducia serena e per certi versi nuova (nata da questa situazione) che lui c'è e he cares. E scoprire anche che la gratuità del suo sostegno alle mie “velleità” intellettuali mi fa sentire fortunata e amata. Dunque, sono a Nottingham, lavoro tanto, ma godo anche di tempi e spazi miei di riflessione, tranquillità, lettura, sport (tempi e spazi ovviamente risicati nella vita ordinaria bolognese) e porto nel cuore e nelle preghiere l'amore per mio marito, accresciuto e maturato, il grande affetto per i figli e per tutti i fratelli e le sorelle di comunità. A presto, comunque! In comunità da qualche anno c'è un container per la raccolta dei tappi di plastica. Questa raccolta è nata da un'iniziativa della Caritas diocesana di Livorno, in collaborazione con la ditta Galletti Ecoservice, impegnata nella raccolta e trasporto di rifiuti speciali, nel riciclaggio e stoccaggio di materiali plastici. Dal 2003 l'iniziativa ha come obiettivo il sostegno ai progetti di approvvigionamento idrico che il Centro Mondialità Sviluppo Reciproco porta avanti nella Regione di Dodoma in Tanzania. Il grande successo dell'iniziativa sta nel fatto che tutti possono partecipare: ogni giorno abbiamo a che fare con la plastica e soprattutto con i tappi di bottiglie, flaconi, barattoli e raccoglierli non è certo un compito difficile o gravoso. Cosa occorre? La memoria: ricordarsi ogni volta che gettiamo un contenitore di togliere il tappo (se è in plastica PE) e conservarlo. Un gesto così semplice rappresenta qualcosa di importantissimo per molti villaggi della Tanzania completamente sprovvisti di acqua potabile. Per maggiori informazioni http://www.maranacom.it/raccolta.php oppure www.cmsr.org/RaccoltaTappi.htm Anno 2008 - Pagina 7 Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha “Non tutto il male viene per nuocere...” meglio il tempo con i ragazzi e potere ugualmente In un coro tutte le voci sono prendermi del tempo importanti: l'armonia non trova per me; la scoperta compimento se qualcuno non fa la della bellezza di sua parte. Ma quando la musica prendersi cura della casa (anche se in sgorga dalla comunione delle questo il lavoro di diversità il concerto perfetto Anna è super diventa carne. prezioso) e di Da un evento oggettivamente negativo come la perdita sperimentare il del lavoro possono scaturire percorsi di consapevolezza valore di questi lavori e presa di coscienza di proprie potenzialità che nella domestici (grazie Francesca, moglie routine quotidiana rimanevamo latenti e forse bloccate. mia, tutto quello che fai e che non Dai primi di aprile fino ad ottobre sono vedevo!); curare in modo continuativo un stato ufficialmente “in cerca di lavoro in comunità che mi piace e che mi occupazione”, questo stato sociale aiuta a sentimi parte attiva di Maranà-tha; legittimamente tanto temuto. Una piccola l'occasione di “mettere il naso” in quel azienda, un titolare non proprio illuminato, mondo del volontariato che conoscevo solo una crisi economica sullo sfondo, ed ecco di riflesso. Tutte queste cose ha fatto il che ti trovi all'improvviso in un ufficio a Signore per me, attraverso una svolta che sentirti dire “sai, non ce la facciamo, non è forse io avrei aspettato molto tempo a una questione personale, ci sono dei imprimere alla mia vita. problemi...” e una bella letterina di Quello che faccio oggi cosa dice di me? Qual è il mio ruolo ora? Cosa desidero? Il risoluzione del rapporto di lavoro. Avrei potuto impugnare le motivazioni, primo passo era stato quello di verificare la ostacolare una decisione difficilmente fattibilità di tramutare la mia passione per giustificabile (la famosa “giusta causa”) la musica in un lavoro, un desiderio grande entrare nel vortice sempre più faticoso che si è scontrato con due fattori principali: il primo è la difficoltà a della battaglia legale. nella normativa e nella Ma perché poi? Questa era la domanda. districarsi Continuare un lavoro che in fondo non mi burocrazia (tasse comprese!) che regolano piaceva granché, macinare chilometri per il mondo della musica professionista e un ambiente poco stimolante, dello spettacolo in genere; il secondo è lavorativamente e umanamente parlando, rappresentato dall'avere riconosciuto e in un'azienda che oggi, dopo pochi mesi, accettato il fatto che alcune delle scelte necessarie per fare questa vita avrei risulta fallita. E quindi eccomi qui, con molto tempo a dovuto farle molto tempo fa. Anche questa disposizione e, da un paio di mesi, con un scelta fa parte della mia storia e il non aver contratto a progetto per il Centro di Servizi perseguito questa strada “da giovane e del Volontariato di Bologna (Volabo), che single” è uno dei fattori che rendono la mia prevede il coordinamento di un progetto vita bella e “saporita” come è oggi. Quindi, lasciata la musica nello stato di sociale di rete del nostro territorio. Quello che mi ha stupito, come sempre, è “passione intensa”, a cui comunque dedico l'intervento del Signore in questa storia. Il energie e tempo, mi trovo oggi a fatto che Francesca partisse per tre mesi ringraziare di aver potuto sperimentare proprio nel periodo in cui comunque stavo ancora che il Signore non ci lascia soli, che ricevendo un' indennità di disoccupazione e ho ricevuto oggi il centuplo anche in potevo stare a casa con i ragazzi in un “tranquillità”, che la scelta di restare momento delicato come la ripresa delle stabilmente a Maranà-tha e di seguire scuole e l'inserimento di Martino al nido, questo Messia che “non ha dove posare il senza preoccuparmi di dover chiedere capo” è buona e permette di poter cercare, aspettative, incassare mugugni e proteste nel mondo, nella società , nelle relazioni, il più o meno velate; la possibilità di curare Dio-che-regna. Luca Le state vedendo anche voi dalle finestre delle vostre case le luci del Natale? O dai finestrini delle auto? O dagli uffici in cui trascorrete tanta parte della giornata? Vedete come sono colorate e come luccicano appena viene sera? Certo, forse sono solo simboli del Natale commerciale e opulento, ma non liquidiamole subito così, proviamo a trovare in quelle luci e in quei colori una buona notizia. Una lucina da sola è invisibile, ma tante lucine, l'una accanto all'altra, formano uno spettacolo che ci incanta e che spezza l'oscurità, la colora, la fa nuova. Lasciamo che la luce di Gesù colori la nostra vita e mettiamo la nostra luce vicino alla sua e accanto a quella dei nostri fratelli. Associazione Comunità Maranàtha O.N.L.U.S. Via Cinquanta, 7 - 40016 - SAN GIORGIO di PIANO (BO) Tel. 051.893498/893256/6633252 Fax 051.893256 e-mail: [email protected] sito: www.maranacom.it membro della Federazione Jesuit Social Network Italia (www.jsn.it) È possibile sostenere la comunità in diversi modi: Attraverso contributi versati tramite banca o sul conto corrente postale, intestati all’«Associazione Comunità Maranà-tha O.N.L.U.S.» (detraibili ai fini fiscali): C.c.p. n° 28857407 C.c.b. presso Aemilbanca, filiale di San Marino di Bentivoglio (Bo). IBAN: IT 96 R 07072 36622 002000075244 Attraverso la firma per la devoluzione del 5 per mille dalle tasse dovute con la dichiarazione dei redditi 2008 qualora la finanziaria approverà e confermerà tal norma anche per l'anno prossimo, segnando il codice fiscale dell'Associazione: 91177280376 NOTA Ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. 196/03 sulla tutela della Privacy, Vi informiamo che la nostra associazione è in possesso dei dati comuni (nome e indirizzo) che Vi riguardano perché ci sono stati forniti direttamente da Voi (per contatto diretto orale o scritto o per posta o tramite il nostro sito), Pertanto si ritiene sottointeso il vostro consenso. Tali dati vengono utilizzati esclusivamente per l'invio di materiale informativo sulla nostra attività e non saranno comunicati a terzi né diffusi. Qualsiasi variazione (aggiornamento, rettifica, cancellazione) dei Vostri dati sarà effettuata su Vostra richiesta. Buon Natale! Newsletter annuale della Comunità Maranà-tha Pagina 8 - Anno 2008