Comunità Pastorale SS. Redentore e S. Gregorio Magno - Milano
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La fede di Gesù
Seconda serata: “I tre anni di Gesù in Galilea”
La geografia del lago, l’adesione della folla e il nocciolo del Vangelo del Regno
Relatore - Don Dario Cornati
Salone Gregorianum - 24 ottobre 2012
“Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il Vangelo di Dio e diceva: “Il
tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino convertitevi e credete al vangelo” [Marco 1,14]
E’ importante sottolineare la divina sproporzione esistente all’interno della vita di Gesù, ovvero lo
sbilanciamento dei 30 anni di Nazareth – 3 anni in Galilea – 3 giorni per accendere il fuoco della Carità con
la passione, morte e resurrezione. Dopo il periodo di “vita da figlio”, Gesù lascia alle spalle Nazareth (piccolo
ma non insignificante paese della Galilea) per andare in territori attorno al lago di Genezaret o di Tiberiade,
nella Bibbia chiamato anche mare di Galilea o mare di Kinneret che significa “arpa” ( = dalla forma del lago);
simbolo dell’armonia e della felicità e quindi assimilato a Dio.
Ci sono due tappe fondamentali nella predicazione di Gesù in questi 3 anni.
1) Gesù cala i propri pensieri dentro a uno sfondo di attualità, che ha un orizzonte equivalente a
quello in cui viviamo noi oggi, cioè il deserto dell’animo: la perdita del gusto di Dio, che si può tradurre in
“sete di speranza”. La Galilea è un territorio arido legato al nostro tempo. Durante la predicazione di Gesù
emergono molte domande e si incontrano molti volti che chiedono speranza: il ministero pubblico di Gesù in
quei tre anni fa emergere continuamente la forza di queste domande e fa sorgere questa continua vitalità,
come “il profetico germoglio sul tronco secco di Iesse” (libretto dell’Emmanuele – Isaia).
2) Il nocciolo del Vangelo ovvero le quattro cose in cui Gesù crede fermamente, e a cui non è mai
disposto a rinunciare nel suo presentarsi al mondo. La Fede di Gesù è concentrata sul Padre, su un rapporto
di “affezione” voluto e non subito, una relazione sulla quale Gesù non è disponibile a scendere a patti. E’ la
consegna di sé ad un legame di una relazione affettiva e insieme consapevole. L’affezione non è solo un
sentimento, ma un attaccamento a qualcuno che dà senso alla mia vita, ovvero consegnare la propria vita a
un legame che dà Senso e Speranza. Dalla Fede di Gesù nasce la nostra Fede, nasce un’esperienza
spirituale che è l’esperienza di un uomo/donna che si legano a Dio per sempre. La “consegna” di Gesù a Dio
passa da un momento di totale folgorazione iniziale, che nei primi 30 anni della vita di Gesù si stabilizza
sempre di più.
La nostra riflessione si può dividere in due movimenti.
Il primo movimento
Apriamo con l’intuizione avuta negli anni ottanta dal filosofo laico francese Gilles Deleuze che rivolse questa
riflessione ai suoi studenti alla Sorbona: “La cosa più impressionante che sta per arrivare è che noi non
crediamo più in questo mondo. Non abbiamo più fiducia nel mondo che abitiamo”. Questa riflessione non è
estranea alla Fede cristiana, perché indica lo smarrimento del senso della vita. Se si perde la fiducia in
questo mondo si rischia di giocarsi anche il rapporto di fiducia con Dio. E’ necessario non perdere la fiducia
nel mondo, spazio in cui Dio lascia ampie tracce di sé. Spazio di forme buone, di relazioni e passioni. Per
avere Fede prima di tutto bisogna avere un rapporto con questo mondo. Fiducia nel mondo significa anche
non sottrarre spessore alla realtà, non considerarla solo come un insieme di dati, ma un vero terreno di
sensibilità, luogo di relazioni sempre possibili: l’immagine del terreno – in cui cade il seme della Parola – è
immagine che usa Gesù stesso in molte sue parabole. Nei suoi 30 anni a Nazareth Gesù ha fatto una
profonda esperienza terrena e ci insegna che non possiamo essere nel mondo come turisti con la valigia.
L’atteggiamento di Gesù vuole ricostruire il legame di fiducia con il mondo, perché in esso l’uomo è amato
da Dio! Le parabole sono un irrompere della Grazia di Dio in un mondo che è appiattito, sono crepe che lui
scava in un mondo stanco, triste e livellato: una fenditura come quello che avviene nella terra che accoglie il
seme di Dio! I miracoli servono a restituire le proprie origini all’uomo: proprio perché emerge la domanda
della fede Gesù interviene, e ridona all’uomo la dignità e la bellezza che si era perduta. E così dobbiamo
intendere anche le Beatitudini del Regno: “Beati coloro che sanno ancora commuoversi, beati coloro che
sanno piangere”.
Il secondo movimento
Dentro a questo mondo Gesù riaccende una sensibilità verso il Padre. La sua predicazione si sviluppa lungo
alcuni luoghi particolarmente importanti: Cafarnao, Kòrazin e Betsaida. Emergono dei momenti chiave: (1) A
Cafarnao è collocato il resoconto di 24 ore, una giornata-tipo di Gesù - Vangelo di Marco, capitoli 1 e 2 quale forma esemplare del suo ministero. (2) Successivamente la “crisi del pane” (Che cosa siete venuti a
cercare?) quando Gesù si ribella al consumismo religioso della gente che “pretende” il pane. Il lievito nuovo
– che Gesù dona ai discepoli che lo accolgono - è la forma della sua relazione con il Padre. (3) Infine la
difficile esperienza nei territori attorno a Cesarea di Filippo (Chi dice la gente che io sia?) dove avviene la
grande professione di Fede - Vangelo di Marco, capitolo 8. Là i discepoli scoprono il suo diverso modo di
portare speranza nel mondo, il suo diverso “messianismo”.
La Fede di Gesù non è una religione esoterica, ma è una nuova relazione con Dio-Padre, aperta a tutti.
Gesù non fa accademia né eccelsa teologia, ma parla a partire da cose concrete che ci circondano. La sua
intuizione è che la Fede e la perfezione cristiana sono alla portata di tutti, è fatta di piccole cose. Dove vi
chiedono di fare un miglio, fatene due. Non è richiesto di entrare in uno stato mistico. È Fede simboleggiata
dal velo del Tempio squarciato, per far uscire lo Spirito dal Tempio e squarciare l’idea di separazione tra
sacro e profano. Gli anni di Nazareth non rappresentano “una preparazione” alla Pasqua, quindi non minore
significato, ma sono la vita del figlio di Dio: proprio dentro la sua vita e il suo ministero impariamo a
vivere la logica del Regno. In quei 30 anni Gesù non è semplicemente stato tra gli uomini e le donne, ma si
è immerso nella vita. Tutto è iniziato a Nazareth, in quei 30 anni nascosti, e tutto è continuato nel suo
ministero nella Galilea, giorno dopo giorno, fino alla sua Pasqua.
Il nocciolo del Vangelo ovvero le quattro cose in cui Gesù crede fermamente:
a) il superamento secco di una religione della minaccia e della paura;
b) l’uscita dall’idea tragica dell’irreparabile e dal sentimento della fine;
c) la vita ricondotta alla dignità e alla libertà dell’interlocutore;
d) la consegna del discepolo alla comunità di provenienza.
a) La forma religiosa più diffusa inquieta l’immaginario e le fantasie di moltissimi. Il Vangelo vuole
sottrarre al sospetto che il Divino chieda di avere i sacrifici, ma evidenziare l’unico valore che è
spirituale, ovvero il dono di sé. La prima preoccupazione di Gesù è di mettere al sicuro i suoi. Gesù
ha attirato il male su di sé perché noi ci potessimo salvare. Gesù se la prende quando i discepoli
sono travolti dall’entusiasmo e dal fanatismo. Bisogna superare il concetto di peccato e punizione.
La Gloria di Dio è restituire una persona alla Gloria del Padre. Maria è l’emblema della liberazione
dalla minaccia. Per onorare questa Fede bisogna stare sempre allerta, essere liberi ed obbedienti.
Intrattenere una storia d’amore con Dio. Riferimento al Cap16 di Ezechiele: “ Passai vicino a te e ti
vidi…giurai alleanza con te, dice il Signore Dio, e divenisti mia. Ti lavai, ti ripulii del sangue e ti unsi
con olio… tu però infatuata della tua bellezza… hai concesso i tuoi favori a ogni passante…”.
b) Gesù desidera superare l’idea che esistano dei mali imperdonabili. Ai tempi di Gesù gli indemoniati e
gli storpi appartenevano alla categoria di coloro che erano riconosciuti perennemente colpevoli. Per
Gesù invece per una mancanza o per un peccato non c’è la fine, l’unica fine è il principio: l’amore
creativo di Dio che ci ama come figli (Padre misericordioso di Luca 15).
c) La fede di Gesù è sapersi figlio. Gesù chiede sempre a coloro che incontra: “cosa vuoi che io
faccia?”. Gesù vuole essere certo che l’altra persona sia consapevole di ciò che vuole. Il terrore
religioso è la suggestione, Gesù aborrisce la seduzione, l’uomo deve essere libero di scegliere.
d) Gesù vuole sempre restituire le persone alla propria comunità di appartenenza. “Torna a casa tua
perché hai un racconto da fare agli altri”. La prima eresia storica, la gnosi è il disgusto per le cose
comuni, il credere che le cose buone siano sempre eccezionali. E’ necessario invece credere nella
propria comunità. L’essenza del Cristianesimo sta nel riscoprire la bontà della comunità umana. Il
vero segreto della vita è rendere stabile la relazione e la nostra fiducia nei confronti di Dio. Questo
permette di frequentare questo mondo con forza creativa ed essere felici per la felicità dell’altro.
Si può riassumere tutta la forza delle Fede in un’immagine. Il prossimo 31 ottobre saranno trascorsi 500
anni dalla sera in cui Papa Giulio II della Rovere fece ingresso nella Cappella Sistina la cui volta era
stata affrescata da Michelangelo. Era stato commissionato un cielo stellato popolato da un moltiplicarsi
di figure geometriche: cerchi e triangoli, oltre ai 12 Apostoli. Ma Michelangelo aggiunse l’uomo, l’umanità
con la sua forza, la sua potenza, la sua sensibilità. La nostra Fede non può essere solo l’esperienza di
contenuti buoni, intellettualmente pensati, ma essa ci apre alla potenza di Dio che innerva la nostra
realtà e le dà movimento e pienezza.
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Esercizio: provate a rileggere alcuni incontri di Gesù (la donna siro-fenice, i dieci lebbrosi, il cieco nato …
ect.) con la prospettiva qui dichiarata nella relazione, cioè dove Gesù riapre l’uomo alla speranza cristiana.
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