Strutture agrarie cinesi tra ieri e oggi La nascita prima dell’URSS e poi della Repubblica Popolare Cinese hanno significato in questi due stati una totale riorganizzazione del settore primario, in un’ottica marxista. In entrambi i casi le proprietà fondiarie furono espropriate, nazionalizzate e collettivizzate; la proprietà privata fu ufficialmente abolita. In URSS come nella Cina maoista l’agricoltura, cosi’ come gli altri settori, fu sottoposta ad una rigida pianificazione di incremento, i cui obiettivi erano da raggiungere ad ogni costo: i piani quinquennali L’agricoltura dell’URSS prima del 1991 Kolkhoz In URSS esistevano grandi aziende agricole, dette kolkhoz, gestite sotto forma di cooperativa. Al centro dei campi esisteva un piccolo insediamento con i servizi essenziali (scuola, ecc.). I terreni intorno erano collettivi, ma ogni contadini possedeva un piccolo orto privato. I Sovkhoz erano invece enormi aziende (decine di migliaia di ettari) gestite direttamente dallo stato, all’interno dei quali i contadini erano alle dirette dipendenze di agronomi governativi. Limitatamente all’URSS, si trattava di una forma estrema di collettivizzazione delle terre. Cina maoista Ma una forma di collettivizzazione agricola ancora maggiore si ritrova nelle comuni cinesi, impiantate ai tempi di Mao negli anni ‘50 nell’ambito del “Grande Balzo in avanti”. Tutti i mezzi di produzione e di vita (persino i bagni e le cucine!) erano in comune; la dimensione privata praticamente ridotta a zero. Palco per spettacoli e comizi politici in una comune cinese oggi abbandonata: anche gli svaghi, come gli altri aspetti della vita, erano organizzati! Quello che differenziava le comuni cinesi dai kolkhoz e sovkhoz sovietici era la dimensione comunque e sempre politica della struttura agraria: l’ideologia era la regola, periodicamente c’erano riunioni politiche, ecc. Ogni aspetto della vita era in comune: non a caso le comuni furono utilizzate per la rieducazione degli intellettuali durante la Rivoluzione culturale o come periodo formativo per gli insegnanti Ai tempi di Mao, la Comune cinese è sublimata come il luogo dove raggiungere il vero comunismo, lontano dalle città e attraverso l’agricoltura Le comuni cinesi erano un organismo complesso, che offriva i servizi essenziali (istruzione , sanità, ecc.), strutturato a vari livelli gerarchici, come nell’esercito (ritorna la metafora militare): •Singole famiglie (molto numerose: politiche nataliste di Mao!) • squadra di produzione (30-40 famiglie), dotata di attrezzi manuali • brigata di produzione, dotata di macchine •La somma di tutti questi livelli dava la comune, composta anche da 10 villaggi, pensata come un organismo autonomo, pressochè indipendente dal mondo esterno e semi-autarchico (non si utilizzavano i concimi chimici, ma le deiezioni umane!!) Il raggiungimento in agricoltura degli obiettivi dei piani quinquennali era semplicemente affidato alla pura somma dei risultati delle varie comuni Nel corso degli anni ’80, sotto la guida di Deng Xiao Ping, le comuni cinesi sono state tutte abolite e la Cina si è rivolta a forma di collettivizzazione delle terre meno estreme, dove la nuda proprietà fondiaria restava però sempre allo stato. Soprattutto i contadini tornano a vivere da soli!! Oggi delle comuni degli anni ’50-’70 resta poco o nulla: in gran parte sono state demolite per cancellarne la memoria; i cinesi ne conservano un ricordo tremendo. (Ancora una volta Deng meglio di Mao nel nuovo sentire popolare) Oggi si è aperto un dibattito in Cina circa la reintroduzione della proprietà privata terriera. Ad oggi però senza successo. “Repubblica”, 16 marzo 2007 – Via libera del Parlamento cinese alla proprietà privata. L'Assemblea nazionale del Popolo, dopo sette anni, ha approvato con 2.799 voti a favore, 52 contrari e 37 astenuti una legge che riconosce il diritto alla proprietà privata, salvo che per la terra che resta sotto il controllo dello Stato. Ed era proprio questo uno dei punti controversi. E sulla possibilità di possedere la terra che si coltiva si erano concentrate molte proteste contadine. Inutilmente, però. E così mentre i risparmiatori sono già liberi di comprare azioni in Borsa, gli imprenditori possono acquistare e vendere aziende, i terreni agricoli restano ancora sotto il controllo delle autorità locali. Con conseguente cacciata di una famiglia contadina, che da anni coltiva la stessa terra, se i dirigenti locali del partito decidono di cederla per un insediamento industriale o edilizio Cosa si coltivava nelle comuni? La coltura principale era ovviamente il riso. La risicoltura è una coltura particolare. Per crescere, la pianticella del riso necessita di essere sommersa dalle acque per 4-5 mesi l’anno. Vi è dunque grande dispendio di acque. La risicoltura ha bisogno di terreni argillosi, impermeabili ed adatti a “trattenere” le acque duranti i periodi di sommersione. E’ una coltura che necessita di molto lavoro manuale e di grandi lavori di manutenzione delle strutture di captazione idrica, adatta dunque ad una gestione collettiva. Operazioni tipiche della risicoltura: • trapianto: non si semina il riso direttamente nella risaia, ma in appositi appezzamenti, da cui poi le pianticelle, una volta cresciute, vengono trapiantate nelle camere • Monda: estirpazione manuale delle piante infestanti che soffocherebbero le pianticelle di riso. Lavoro tipic. femminile. chiavica camera Schema di funzionamento dei canali che permettono, per gravità, la sommersione delle camere delle risaie Le risaie completamente allagate. Basso vercellese Una risaia semi-allagata: si è iniziato a far defluire l’acqua dalla camera di risaia. Basso vercellese Risaie quasi svuotate dall’acqua. Il riso è ben visibile. Basso vercellese Le risaie possono essere tanto in pianura, quanto in collina e montagna, dove però il pendio deve essere terrazzato. Longji (Guangxi – PRC) Circa la vita reale nelle comuni del periodo di Mao possediamo un documento eccezionale, il documentario Chung Kuo Cina di Michelangelo Antonioni (1972). Invitato a girare un documentario dal governo cinese viste le sue simpatie politiche comuniste (grande onore: nessun occidentale entrava in quegli anni in Cina!), Antonioni gira un documentario vero, lontano dalla retorica ufficiale, mostrando la povertà, le contraddizioni, ecc. Dopo l’uscita, il “Quotidiano del Popolo” di Pechino scomunica Antonioni per “ostilità verso il popolo cinese”. A scuola tutti i bambini cinesi tra il 1972 e il 1973 devono ripetere all’infinito come un ritornello “Antonioni bu-hao”. Antonioni si difese dicendo di aver girato né piu’ né meno quello che vedeva, accompagnato dai funzionari di partito. In occidente, per molti fu uno shock e una disillusione politica; per altri (che non ci volevano credere) Antonioni mistificò la realtà. Ad oggi, per quanto è noto, quello di Antonioni è l’unico documento filmato indipendente, fatto da occidentali, nel pieno periodo maoista. Da solo, permette di capire e soprattutto di vedere cos’era veramente la comune cinese, piu’ di tante parole.