Raccordo Università e Scuola e Formazione
Marisa Michelini (1)
Università degli Studi di Udine, Italy
Premessa
È questo un piccolo contributo ad una importante sfida: il raccordo tra la scuola e l’università,
anche alla luce dell’impegno profuso per questa causa.
Voglio interpretare questo raccordo come un progetto a più mani, in un contesto di rete
istituzionale, che ha molte dimensioni, così come sono molteplici le modalità di collaborazione tra
la scuola e l’università e la formazione degli insegnanti.
Le azioni e le modalità di gestione di attività sono occasione di collaborazione ed innovazione, che
si collocano in altrettante cornici. Le più importanti sono: il tirocinio della formazione iniziale degli
insegnanti, la formazione degli insegnanti in servizio, i progetti di sperimentazione didattica, i
progetti collaborativi di ricerca didattica, la diffusione culturale e il suo ruolo didattico nella scuola,
l’orientamento e gli esiti formativi, gli accessi e i requisiti di iscrizione all’università e la continuità
formativa tra scuola ed università.
La collaborazione fa condividere le competenze e genera nuove esperienze, innovazione e nuove
realtà. Per attuare ciò ha bisogno di motivazioni e creatività, di esperienze e buone pratiche
realizzate all’insegna dell’entusiasmo e dell’impegno dei singoli, che decidono di impegnarsi in
esse, ma non basta. Le buone pratiche restano però esperienze isolate, riproducibili soltanto come
tali, incapaci di incidere a livello di sistema per migliorare la cultura generale, la nostra
rappresentazione ed il nostro approccio sugli snodi della collaborazione istituzionale, sulle modalità
per integrare le competenze nei processi di orientamento, nella continuità didattica, nella
formazione degli insegnanti e nella diffusione culturale. Dalla fase spontanea e prototipale di
esperienze pilota esse devono diventare strutture e procedure, perché siano di riferimento per i
novizi, di consolidamento per gli innovatori, di crescita per chi vi opera, di arricchimento e servizio
per chi ne usufruisce. Senza strumenti istituzionali infatti anche le migliori esperienze danno un
contributo limitato ai problemi, disperdono le migliori risorse ed incrementano la disomogeneità.
La collaborazione con la scuola con strumenti istituzionali a Udine
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Marisa Michelini ha diverse responsabilità all’Università di Udine: è direttore della Scuola di Specializzazione per
l’Insegnamento Secondario, direttore del Dipartimento di Fisica e delegata del rettore per l’Area dell’Innovazione
Didattica nell’Ateneo.
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Dal 1994 all’Università di Udine il raccordo con la scuola è un impegno forte impostato in termini
di collaborazione paritetica e non solo di raccordo istituzionale. È un impegno che si realizza con
iniziative, strutture, tavoli di progettazione comuni su temi diversi a cui partecipano in modo
coordinato tutte le Facoltà.
Il coordinamento interistituzionale costituisce il riferimento di tutto questo lavoro, mediante
convenzioni quadro e strutture di riferimento. Il primo Centro Orientamento e Tutorato (CORT) con
personale dedicato ed il primo regolamento di tutorato italiano è nato all’Università di Udine nel
1994 in questo contesto. Nello stesso anno è stato fondato il Centro Laboratorio per la Didattica
della Fisica (CLDF) e il Centro Interdipartimentale di Ricerca Didattica (CIRD), strutture in cui
operano in modo paritetico insegnanti di ogni ordine e grado e ricercatori universitari, che
collaborano per ricerche didattiche.
All’avvio della riforma universitaria, nel 1999 (2), l’Università di Udine ha proposto alle scuole una
convenzione quadro, che sancisse nei temi di cui in Tabella 1 la collaborazione con le scuole e
ponesse le basi per facilitare accordi attuativi specifici di ogni struttura didattica e di ricerca
dell’Ateneo con le scuole stesse.
Tabella 1 - I temi della collaborazione con la scuola nelle convenzione quadro dell’Università di Udine
a) attività di tirocinio presso l’Istituto di studenti iscritti ad un determinato corso di studi universitario;
b) attività di orientamento per gli studenti dell’Istituto;
c) sviluppo di progetti di sperimentazione didattica;
d) organizzazione congiunta di alcune attività di diffusione culturale sul territorio;
e) organizzazione di attività di perfezionamento e/o specializzazione per gli insegnanti in servizio;
f) formazione ed sostegno agli insegnanti impegnati nei progetti di orientamento e ricerca didattica;
g) monitoraggio dei dati relativi alla qualità del servizio prestato e definizione degli standard disciplinari.
Le 60 scuole che hanno stipulato la convenzione per lavorare sui temi b, c, d sono diventate quasi
150 all’avvio della formazione iniziale degli insegnanti per collaborare sul tema a. Con l’attivazione
di progetti di ricerca didattica da condurre in collaborazione con la scuola è aumentata anche la
molteplicità e la differenziazione delle collaborazioni, che ciascuna istituzione ha realizzato con
l’altra, attivando iniziative anche sui temi e, f, g.
La ricerca di qualità nell’impegno per il raccordo con la scuola è testimoniato anche dall’aver
fondato, assieme all’Università di Genova, la rivista nazionale con referee Università e Scuola
(U&S), edita proprio dalla Conferenza Nazionale dei Centri Universitari di Ricerca Educativa e
2
L’Università di Udine è stata l’unica università italiana ad avviare la riforma universitaria con l’applicazione del
Regolamento n.509/1999, assieme ai Politecnici di Milano e Torino.
2
Didattica (Concured). Alla formazione iniziale degli insegnanti U&S ha dato il proprio principale
contributo, diventando il riferimento unico ed affidabile per i Corsi di Laurea in Scienze della
Formazione Primaria e soprattutto per le Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario
(SSIS), che hanno avuto nella Concured la propria sede di progettazione per le proposte istitutive.
Le conferenze dei presidi delle Facoltà di Scienze della Formazione e dei direttori delle SSIS
(Codissis) svolgono ora il ruolo di coordinamento istituzionale, mentre U&S contribuisce con lavori
di ricerca e testimonianze di esperienze di qualità nello stesso ambito e in quelli dell’Orientamento,
dell’innovazione didattica prodotta dalle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione,
dell’educazione informale, dei sistemi di gestione e governo della scuola, delle tematiche
trasversali.
Un altro tema importante per la collaborazione con la scuola è rappresentato dai progetti di
sperimentazione e ricerca didattica. Gran parte di essi vengono svolti nel Centro - Laboratorio per
la Didattica della Fisica (CLDF), che è ancora oggi l’unico centro universitario in Italia in cui
insegnanti e docenti universitari, a pari titolo, e in modo del tutto collaborativo, accedono alle stesse
risorse strumentali, umane e finanziarie. In tale contesto è nata anche la mostra di educazione
informale Giochi Esperimenti Idee (GEI), 240 esperimenti da fare e non solo da guardare, con
materiali poveri per giocare o fare esplorazioni sperimentali, con sensori on-line con il computer
come estensione dei sensi per passare dall’esplorazione alla misura. GEI è nata tra le iniziative di
diffusione culturale per e con la scuola e si è arricchita di un prodotto multimediale GEIWeb, che la
rappresenta e completa per attività a distanza in rete telematica.
Nella nostra accezione la diffusione culturale viene progettata e realizzata in comune con la scuola
ed ha valenza di formazione in servizio degli insegnanti. Nelle pagine web del CIRD
dell’Università di Udine (3) sono illustrati i contesti di attuazione, oltre che le caratteristiche delle
diverse attività. Emerge con chiarezza, che, assieme agli Enti locali come la Regione Friuli Venezia
Giulia, la Provincia di Udine, il Comune di Udine, condividono la responsabilità organizzativa una
decina di scuole e vi contribuiscono attivamente più di cinquanta di altre scuole, con insegnanti e
studenti protagonisti nella presentazione di esperienze di eccellenza realizzate. Alla diffusione
culturale per la scuola contribuisce la scuola stessa, mettendo a risorsa condivisa la propria capacità
innovativa.
Alla formazione in servizio degli insegnanti poniamo principale attenzione per l’individuazione di
modelli nella prospettiva di ricerca, anche perché la ricerca diventi parte integrante del processo
formativo. Si studia il problema della formazione in servizio degli insegnanti non solo per
organizzare un’offerta didattica di corsi di Perfezionamento e Master, ma anche per rispondere ai
3
www.uniud.it/CIRD/
3
bisogni formativi degli insegnanti in servizio in una scuola, che si rinnova e richiede competenze
trasversali e una nuova professionalità docente multidisciplinare e flessibile.
La ricerca didattica e la professionalità docente
La tradizione di formare la propria professionalità sul campo in base all’intuito e per imitazione a
partire dalle esperienze didattiche vissute nel proprio percorso formativo o dalle proposte implicite
nei libri di testo ha avuto una svolta nel 2000 con l’avvio della formazione iniziale universitaria
degli insegnanti. Gli effetti di questo nuovo processo non sono ancora presenti nella scuola. Gli
insegnanti in servizio hanno colto tutte le occasioni di aggiornamento per acquisire le conoscenze di
cui si sentivano carenti: nel campo psico-pedagogico e sociale, soprattutto gli insegnanti secondari,
nel campo disciplinare, soprattutto gli insegnanti di scuola primaria, nella didattica tutti.
Le offerte formative sono state però sempre frammentarie, disorganiche, dispersive e discontinue. I
piani ministeriali di formazione in servizio degli insegnanti hanno infatti sempre previsto molteplici
attori per offerte di aggiornamento a libera progettazione.
La ricerca come dimensione formativa e di sviluppo della professionalità docente è stata
considerata per la prima volta dal Ministero dell’Istruzione nel progetto pilota Borse di Ricerca
per Insegnanti (BRI), voluto da Mario Dutto, direttore generale dell’ufficio per la formazione
degli insegnanti nel 1999. Il progetto pilota BRI è nato per attribuire agli insegnanti un ruolo
attivo nello sviluppo professionale, mediante attività di ricerca fondata sul lavoro in classe. Esso
non è stato definito rigidamente a priori per recepire il contributo dei responsabili scientifici
delle 3 realtà istituzionali diverse in 4 sedi impegnate (Provveditorato di Pescara, IRRSAE di
Bologna e Torino, Università a Udine) per 40 borse totali. Stili di gestione e di ricerca, modalità
di sostegno e consulenza si sono posti a confronto sul campo, con 3 forti vincoli, che connotano
BRI in modo preciso: a) le borse sono per l'insegnante; b) ogni insegnante è affiancato da un
esperto nella ricerca, che percepisce un contributo per la consulenza a parte; b) gli esperti sono
scelti dal responsabile locale e sono responsabili della qualità della ricerca; c) il tema di ogni
ricerca nasce e riguarda problematiche dell'insegnante nel suo lavoro in classe.
Con una specifica convenzione il Ministero ha affidato all’ Università di Udine l’incarico di
assegnare 15 borse di ricerca. Quest’ultima ha individuato un responsabile scientifico (4), una
struttura di riferimento (5) ed ha nominato un Comitato Tecnico Scientifico (CTS) per la gestione
del progetto, composto da 20 esperti di riferimento per la supervisione scientifica delle ricerche. Le
borse sono state assegnate ad insegnanti abilitati in servizio a tempo pieno nelle scuole delle
province di Udine, Pordenone, Gorizia e Treviso,
4
mediante un concorso pubblico, che ha
La scrivente Marisa Michelini
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selezionato i 15 vincitori tra 78, che hanno presentato 80 progetti. Il coordinamento di ricerca svolto
ha creato una comunità di ricerca, nonostante le diverse tematiche coinvolte nei problemi
individuati. Esso è stato effettuato con le tre seguenti modalità principali: 1) un programma di
incontri mensili, gestiti dal responsabile di progetto; 2) un forum telematico riservato alla comunità
di ricercatori ed esperti; 3) un sostegno personalizzato all’insegnante-ricercatore da parte
dell'esperto di riferimento. Le ricerche sono state svolte dall'assegnatario della borsa presso l’istituto
scolastico di appartenenza, sotto la guida e il monitoraggio del responsabile scientifico e degli
esperti di riferimento. L'intera comunità di esperti e ricercatori si è incontrata periodicamente per
discutere le problematiche, che emergevano da tutte le ricerche. L'attività di formazione non si è
ridotta pertanto alla situazione in cui l'insegnante lavora da solo in classe.
Un rapporto intermedio di ricerca è stato prodotto a metà percorso dagli insegnanti ricercatori, che
hanno poi redatto un rapporto finale di ricerca al termine dell’anno scolastico di fruizione della
borsa.
L’esperienza BRI è stata documentata in alcuni lavori (6), che illustrano i più importanti
contributi, che derivano da essa sono: a) l’individuazione di significative problematiche di
ricerca legate alla prassi dell’insegnante nella classe; b) le modalità di conduzione di ricerche
basate sulla riflessione nella pratica professionale; c) le modalità di gestione della collaborazione
esperto – ricercatore, quando il ricercatore è un insegnante e la ricerca è contestualizzata nella
prassi scolastica; d) la formazione degli insegnanti ad una mentalità e metodologia di ricerca,
lontana dalla prassi lavorativa quotidiana; e) modalità di conduzione di una comunità di ricerca,
che ha alcune problematiche metodologiche comuni e tematiche in studio diverse.
Le ricerche didattiche svolte in collaborazione tra la scuola e l’università hanno, nella nostra
esperienza, altre due importanti modalità.
La prima di esse è più comune e diffusa (7). Consiste nella collaborazione che la scuola e singoli
insegnanti danno per la messa a punto di metodologie e materiali, e per la sperimentazione nelle
classi, nell’ambito di ricerche educative e didattiche proposte da unità universitarie e finanziate
regionalmente, a livello nazionale o europeo (8).
5
Il CIRD dell’Università di Udine, nelle cui pagine web (www.uniud.it/cird/) è documentato il progetto.
Si vedano in bibliografia i lavori a cura di Burba et al., Michelini et al.
7
Si dovrebbe dire ha alcuni esempi attuati, perché la diffusione è limitata alle unità di ricerca in didattica, soprattutto
nella matematica e nella fisica.
8
In didattica della fisica, come del resto in didattica della matematica, esse sono numerose. Le più importanti di cui la
scrivente ha avuto responsabilità scientifica presso la sede di Udine sono: 1) CNR_1993_Strumenti Metodi e Percorsi
nella Didattica della Fisica. Sedi coinvolte: BO, MI, NA, PA, PV, TO, UD; 2) MURST-40%_1993-1994_La didattica
della fisica per una nuova secondaria. Sedi coinvolte: BO, GE, MI, MO, NA, PD, PA, PV, RM, TO, UD; 3)
CNR_1994_Didattica della Fisica: esperimenti e modelli. Sedi coinvolte: PD, TS, UD; 4) CNR_1995_Didattica della
fisica. Sedi coinvolte: BO, ME, MI, MO, NA, PD, PA, PV, RM, TS, UD; 5) MURST-40%_1995_Didattica della Fisica
per una nuova scuola secondaria. Nuove tecnologie, percorsi e prerequisiti, fisica moderna, formazione degli insegnanti.
6
5
La seconda pone sul piano di parità scuola ed università a livello propositivo nella ricerca didattica.
Le ricerche BRI hanno infatti attribuito all’insegnante il ruolo propositivo di porre il problema di
ricerca; quelle universitarie sono impostate dai gruppi di ricerca universitari. Nel 2003 l’Università
di Udine ha proposto con un bando Progetti di Ricerca di rilevante Interesse per il raccordo
Università – Scuola (PRIUS), in cui il ruolo propositivo di scuola ed università è paritetico e
congiunto, così come è congiunta la responsabilità di gestione. Il bando, emesso con DR n. 1093,
del 18/11/02 per il biennio 2003-2004, prevede il cofinanziamento da parte della scuola per almeno
il 20% della somma necessaria a ciascun progetto proposto, essendo l’80% a carico di fondi
universitari. I temi dei progetti possono riguardare uno o più dei seguenti ambiti, che caratterizzano
la convenzione quadro.
A. tirocinio di studenti universitari presso le scuole, con particolare riguardo a modelli innovativi
inerenti: 1) studenti del corso di Laurea in Scienze della Formazione primaria della Facoltà di
Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Udine; 2) specializzandi delle Scuole di
Specializzazione per l’Insegnamento Secondario (SSIS) dell’Università degli Studi di Udine.
B. orientamento universitario, con particolare riguardo a: 1) servizi e progetto di orientamento
d’Istituto; 2) aspetti, metodi e orientamento formativo; 3) raccordo e continuità tra la scuola e
l’università.
C. sperimentazione didattica, con particolare riguardo a: 1) contributo alla didattica di aspetti
organizzativi della scuola; 2) innovazione didattica disciplinare; 3) valutazione di progetti di
sperimentazione didattica; 4) autovalutazione d’Istituto.
D. diffusione culturale congiunta università – scuola, con particolare riguardo a: 1) realizzazione
di un archivio multimediale e cartaceo per il materiale didattico di diffusione culturale prodotto
dalla scuola e dall’università; 2) mostre e manifestazioni a tema; 3) attività e modalità innovative di
diffusione culturale.
E. ricerca didattica, con particolare riguardo a: 1) metodologia dei processi di insegnamento e
apprendimento; 2) contributo della ricerca alla formazione iniziale e in servizio degli insegnanti; 3)
riflessione di ricerca sulla pratica della didattica per la soluzione di problemi pedagogici, psicologici
e didattici; 4) la ricerca nella formazione in servizio degli insegnanti; 5) predisposizione di materiali
e metodi innovativi per la didattica; 6) metodologie innovative di valutazione.
Sedi coinvolte: BO, GE, MI, MO, NA, PD, PA, RM, TO, UD; 6) MURST-40%_1996_Formazione in servizio per
insegnanti della scuola secondaria integrata alla sperimentazione in classe e alla progettazione curricolare e appoggiata
a tecnologie informatiche in classe e in rete. Sedi coinvolte: MI, MO, NA, PA, PV, TO, UD; 7) CNR_1996-19971998__Tecnologie dell'informazione nella didattica della fisica e nella formazione dei docenti. Sedi coinvolte: MI, MO,
NA, PA, PV, TO, UD; 8) MURST-Legge 113/91_1998_ Progetto GEIWEB: Realizzazione software e materiale
informatico. Affidato ad Udine; 9) MPI_1999_Convenzione MPI-Università di Udine per progetto LabTec: Laboratorio
scientifico con le nuove tecnologie; 10) CNR_1999_Tecnologie dell'informazione nella didattica della fisica e nella
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F. formazione in servizio degli insegnanti, con particolare riguardo a: 1) metodologie innovative
di valutazione; 2) ricerca ed innovazione nella formazione in servizio degli insegnanti; 3) progetti
didattici nella formazione insegnanti; 4) incidenza dei modelli formativi nella formazione in
servizio dell’insegnante; 5) ITC e formazione in servizio degli insegnanti.
G. standard di accesso e monitoraggio della carriera degli studenti, con particolare riguardo a:
1) materiali di autovalutazione per gli studenti nei vari corsi di studio; 2) analisi di competenze per i
corsi di laurea; 3) percorso formativo dello studente e carriera universitaria: strumenti, metodi,
sperimentazioni, analisi.
Ciascun progetto è presentato da almeno una “unità operativa scolastica” e da una “unità operativa
universitaria”, che raggruppano, ciascuna, un numero adeguato di partecipanti, comunque non
inferiore a due. “L'unità operativa scolastica” è costituita da personale di ruolo nella scuola; “l'unità
operativa universitaria” è costituita da personale di ruolo nell’Università degli Studi di Udine.
Le unità operative si costituiscono liberamente e ne danno comunicazione ai legali rappresentanti di
tutte le strutture di appartenenza dei partecipanti.
Il coordinamento di ogni unità operativa scolastica (UOS) è affidato ad un docente di ruolo nelle
scuole direttamente impegnate nel progetto e quello di ogni unità operativa universitaria (UOU) è
affidato ad un professore o ricercatore universitario confermato, ciascuno di essi svolge la funzione
di “responsabile di unità operativa”.
Le “unità operative scolastiche” individuano la propria struttura di appartenenza nella scuola del
responsabile di unità operativa scolastica, mentre le “unità operative universitarie” individuano la
struttura di appartenenza presso un Dipartimento oppure presso il CIRD.
Le strutture partecipanti sono quelle in cui presta servizio ciascun partecipante. Ciascun progetto è
coordinato da un “responsabile del progetto” , il quale viene individuato dagli stessi partecipanti al
progetto tra i professori universitari o docenti della scuola impegnati nel progetto per almeno il 40%
del proprio tempo.
Ciascun dipendente di ruolo della scuola e dell’Università, può comparire come partecipante a non
più di tre progetti e a non più di tre unità operative.
I progetti sono firmati dal responsabile di progetto, dai responsabili delle unità operative impegnate
e dal legale rappresentante della struttura amministrativa del progetto.
Sono elementi indispensabili della domanda:
a) i nomi del responsabile del progetto, dei responsabili delle unità operative proponenti, dei
partecipanti e delle strutture di appartenenza;
b) la base di partenza del progetto e i riferimenti bibliografici;
formazione dei docenti. Sedi coinvolte: MI, MO, NA, PA, PV, TO, UD; 11) MURST_PRIN_1999-2000_Spiegare e
7
c) il contributo del progetto alla problematica / tematica per cui è presentato;
d) l’articolazione del progetto in fasi di sviluppo ed i tempi di realizzazione previsti per ciascuna
fase;
e) la struttura amministrativa del progetto, a cui assegnare la quota di cofinanziamento (struttura di
appartenenza del Responsabile del progetto o CIRD);
f) compiti e ruoli di ciascuna unità operativa partecipante al progetto;
g) piano finanziario del progetto, con la specifica dei costi (totali e articolati per ciascuna fase) e
delle risorse finanziarie disponibili e/o da acquisite (monetarie, umane e strumentali, che
ciascuna unità partecipante all'iniziativa prevede di attivare);
h) grado di avanzamento dell’attività raggiungibile con le risorse finanziarie, umane e strumentali
già disponibili;
i) impegno a cofinanziare il progetto come previsto al successivo art. 5;
j) elementi e i criteri con cui si ritiene possano essere verificati i risultati raggiunti;
k) eventuale richiesta di gestione contabile del finanziamento da parte del CIRD;
l) impegno a presentare il rendiconto scientifico e finanziario annuale ed al termine del progetto.
Il responsabile scientifico del progetto, deve certificare che il progetto ha carattere di originalità e
deve dichiarare l'eventuale presenza di altri finanziamenti pubblici o privati.
L’esecuzione dei progetti è di durata biennale.
I responsabili dei progetti ammessi al finanziamento sono tenuti a fornire annualmente il rendiconto
scientifico e amministrativo dei progetti cofinanziati secondo le condizioni previste. Il termine per
la presentazione dei rendiconti è di 60 giorni dalla chiusura della prima e della seconda annualità.
Tutti i progetti sono sottoposti a valutazione “ex post”. Sono criteri di selezione per i progetti i
seguenti elementi:
•
Rilevanza raccordo scuola-univesità
•
Riferimentii terorici e metodogici aggiornati e pertinenti
•
Presenza di elementi innovativi rispetto alle pratiche correnti
•
Ricaduta all'interno delle istituzioni coinvolte
•
Trasferibilità dell'esperienza
•
Contributo di ricerca
•
Grado di sviluppo e definizione del progetto
•
Sostenibilità del progetto in termini di fattibilità e di realizzazione concreta
•
Individuazione indicatori quali/quantitativi
Capire in Fisica (SeCiF). Sedi coinvolte: MI, NA, PA, PV, TO, UD.
8
•
Numero delle unità solastiche impegnate.
La tabella 2 riporta una sintetica presentazione dei progetti approvati (metà di quelli pervenuti).
Sono indicati nelle diverse colonne: parole chiavi caratterizzanti il progetto, la sede amministrativa,
il responsabile (in tondo se della scuola, in corsivo se universitario), il numero delle persone
coinvolte, le unità operative e l’ammontare di cofinanziamento assegnato.
Tabella 2 – Progetti PRIUS finanziati
Responsabili in servizio: * all’università, ^ nella scuola
Tema del Progetto
Sede amm.
Responsabile
Formare alle scoperte (ed sci)
Problematizzazione e
argomentazione
Sensori per esplorare…
Comunicare tra scuola e
università
Bilancio competenze
Modelli, deduzioni e paradigma
indiziario
Laboratorio di storia
Formazione alla
programmazione
Sperimentazione e controllo
Strumenti e metodi di studio
Sperimentaz.didattica
innovativa
Totali
ICI Pagnacco
ICI Fagagna
Fanuti ^
Filipponi ^
N. persone
coinvolte
43
19
Unità
Operative
3
2
Assegnato
(Euro)
5745
1437
ICI Pavia
SMSDiv.Julia
Michelini *
Cattarinussi *
25
5
5
2
7633
3026
IM Percoto
LS Copernico
Ciani ^
Trafiletti ^
6
53
2
7
498
15498
IPSSCART Stringher
LS Marinelli
Salimbeni *
Griggio *
22
13
2
2
1912
1238
ISIS Malignani
DD S.Daniele
LS Grigoletti
Burba ^
Di Patria ^
Magliaro ^
9
10
11
2
2
2
4937
2310
5761
216
31
49995
La progettazione e la valutazione di questa iniziativa è uno dei risultati della Commissione di
Raccordo Università - Scuola (CRUS), voluta nell’Ateneo friulano come una delle principali azioni
per la collaborazione con la scuola. In fase di selezione, per ogni ambito progettuale, un
coordinatore CRUS ha curato sia i criteri che la procedura di valutazione dei progetti e ha
predisposto una graduatoria da sottoporre alla Commissione di Raccordo Università - Scuola
(CRUS), che ha effettuato la selezione delle proposte per il finanziamento, avvalendosi anche
dell’opera di revisori anonimi.
La CRUS e il Master per insegnanti
Al fine di condividere, precisare e realizzare le azioni previste dalla Convenzione Quadro, nel
gennaio 2002, l’Università di Udine ha istituito con Decreto Rettorale la Commissione di Raccordo
Università Scuola (CRUS). Nella sua prima attuazione ne hanno fatto parte una ventina di membri
fra dirigenti scolastici e docenti universitari. Al suo rinnovo erano 65 i membri effettivi.
Due sono i compiti principali della CRUS:
9
1) Raccogliere e documentare esperienze significative di attuazione di tale raccordo ai fini di
esemplificare tipologie di azioni e modalità percorribili per la collaborazione.
2) Individuare le modalità di attuazione della collaborazione università-scuola ai sensi della
convenzione “Quadro” predisposta dall’Università di Udine.
L’efficacia di questa commissione deriva dal fatto che il raccordo scuola-università si realizza se c’è
coerenza tra bisogni e disponibilità. Individuare prioritariamente le disponibilità può significare
presentare un’offerta a domande non poste; viceversa raccogliere prioritariamente qualsiasi tipo di
esigenza del mondo della scuola può significare creare aspettative, che poi non danno luogo a
riscontro. In un rapporto collaborativo domanda e offerta devono essere elementi di progettazione:
le due parti sono erogatrici e fruitrici in un rapporto di mutuo scambio. Si devono dunque trovare
modalità per il raccordo e la
collaborazione in termini inter-istituzionali e di partnership.
All’interno della CRUS sono state dibattute varie criticità nel raccordo scuola-università. Due
meritano di essere qui segnalate: il tirocinio e l’orientamento.
È stato istituito un Forum a cui tutti i membri della CRUS hanno accesso per portare contributi
concreti a questa Commissione.
La CRUS ha inoltre promosso un questionario per un’indagine sull’idea di Università nel mondo
della scuola. Il questionario è stato sottoposto sia agli insegnanti che agli studenti.
Le attività della CRUS hanno portato ad avviare due importanti iniziative, prime nel loro genere a
livello nazionale:
1) il bando per progetti collaborativi scuola – università (PRIUS), sopra descritto;
2) un Master Universitario per insegnanti sull’Innovazione Didattica, l’Orientamento e la
Documentazione.
La Direzione Scolastica Regionale del Friuli Venezia Giulia ha riconosciuto la straordinaria
collaborazione dell’Università di Udine con la scuola, ha condiviso le attività in atto ed ha stipulato
una Convenzione con l’Università di Udine per la collaborazione su diversi punti (9).
La CRUS è oggi una struttura istituzionale in cui stiamo giocando la nostra sfida per lo sviluppo
triennale. Essa vede incontrarsi e collaborare nell’autonomia e nella specificità propria di ogni
9
La convenzione, a firma di Furio Honsell, Rettore dell’Università degli Studi di Udine, e Bruno Forte, allora (2002)
Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Friuli Venezia Giulia, prevede i seguenti temi di
collaborazione: a) ricerca-azione intorno a tematiche di rilievo per la crescita dell’autonomia delle scuole e per
l’innovazione didattica; b) ricerche relative allo sviluppo della professionalità docente e dirigente nella scuola;c)
tematiche concernenti l’autovalutazione e la valutazione del sistema scolastico regionale; d) formazione iniziale degli
insegnanti con particolare riguardo all'attività di tirocinio; e)orientamento; f) formazione e sostegno agli insegnanti
impegnati in progetti di orientamento e ricerca didattica; g) progetti di innovazione didattica; h) organizzazione di una
o più attività formative per gli insegnanti in servizio, previste dall’art. 6 della Legge 341/90; i) formazione degli
insegnanti relativo alle lingue regionali e comunitarie; j) organizzazione congiunta di alcune attività di diffusione
culturale sul territorio; k) formazione del personale dell’amministrazione scolastica; l) commissioni di coordinamento
per il raccordo e la collaborazione scuola-università.
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struttura, i rappresentanti della scuola a tutti i livelli, con i rappresentanti istituzionali delle realtà
che si occupano di formazione, tra cui ovviamente l’Università, ma non solo, per progettare ciò che
si ritiene significativo per la crescita e lo sviluppo del sistema formativo.
Il Master sull’Innovazione Didattica e l’Orientamento è nato in questo contesto per dare ruolo e
titolo ai fini della carriera, a quella che era un’esigenza degli insegnanti: la formazione sulle
competenze trasversali. La principale richiesta formativa riguarda quelle competenze che realizzano
innovazione didattica mediante le TIC, producono azioni formative di orientamento e consentono la
riflessione sulle azioni e la diffusione di buone pratiche, mediante la documentazione. Il Master è
stato pensato come un’iniziativa didattica integrata con la scuola, che consentisse agli insegnanti di
poter partecipare gratuitamente per la propria formazione in quanto membri di questa realtà di
collaborazione, ma anche richiedesse loro di impegnarsi, contemporaneamente, in una tesi di master
che fosse di utilità per la scuola, per la scuola di ciascun partecipante. Si è deciso di accettare come
tesi di master solo le proposte che prevedessero un lavoro in contesto (tirocinio) utile alle scuole
dei partecipanti e di sostenerle nella misura in cui si configurano come un contributo significativo
per la scuola in ciascuno opera. Strutturato in 4 aree (Generale, Caratterizzante, Progettuale e
Situata) con 480 ore di lezione e 120 ore di applicazione per 60 cfu, comprende tre Corsi di
Perfezionamento in “Tecnologie della Comunicazione e dell’Informazione per l’Innovazione
Didattica” (10 cfu), “Orientamento Formativo” (15 cfu), “Documentazione nella scuola” (12 cfu).
La sua struttura è descritta alla pagina http://web.uniud.it/cird/Master/master.htm. L’analisi delle
sue caratteristiche costituisce già un prodotto, in termini di modello per la formazione in servizio
degli insegnanti. La valutazione del processo formativo, affidata al Nucleo di Valutazione di Ateneo
e completata da un’analisi qualitativa effettuata con una tesi di laurea (10) offre indicazioni utili per
la prosecuzione eventuale dell’iniziativa. Non di minor rilevanza sono i prodotti degli insegnanti
partecipanti in termini di tesi e project work.
Le tesi scelte dai partecipanti sono tutte di tipo sperimentale, essendo un requisito obbligatorio
un’attività di tirocinio nell’ambito della scuola per la tesi; la maggior parte (75%) prevede un lavoro
in classe con gli studenti; una minoranza riguarda attività a livello di governo dei servizi scolastici
e l’orientamento come servizio per tutta la scuola (25%). Quasi in ugual numero esse riguardano i
temi dell’innovazione didattica e le tecnologie dell’informazione e ella comunicazione (ID&T - 15)
e dell’orientamento (OR - 16). Non vi sono tesi nell’area della documentazione, perché è
considerata un’area complessa, che richiede competenze tecniche specifiche e nessuno si sente di
progettare contributi originali, ma essa è inserita in ogni tesi come attività da espletare ed a cui
porre attenzione rispetto al tirocinio.
11
Le tesi sulla prima area (ID&T) hanno natura metodologica per l’innovazione e strategica per la
didattica disciplinare. Quelle di natura metodologica (3) sono connotate dal ruolo del linguaggio e
della discussione scientifica in insegnamenti letterari: il linguaggio scientifico nell’insegnamento
dell’italiano al liceo, l’argomentazione per l’apprendimento dell’italiano e il contributo delle TIC
per l’apprendimento scientifico, prendendo come contesto il suono.
Le tesi che fanno della tecnologia strumento per il miglioramento della didattica disciplinare sono 4
in campo scientifico e 3 per l’apprendimento delle lingue. Quelle di tipo strategico si riferiscono a
tre principali aspetti: 1) il recupero degli studenti eventualmente con l’utilizzo delle TIC, 2) il
laboratorio didattico anche in area filosofica e 3) le strategie curriculari, come quelle proposte dai
programmi BROCCA, o specifiche nell’impiego delle tecnologie in campo scientifico, come per i
sensori on-line per le misure nel laboratorio e l’attività di computer modeling.
Due tesi propongono di lavorare con gli insegnanti in prima formazione e in particolare sul
contributo delle TIC nella gestione del tirocinio.
Gli aspetti formativi per l’orientamento focalizzano l’attenzione di 11 tesi. Una sola è sugli aspetti
psicologici dell’orientamento e una sull’orientamento professionale. Due si concentrano
sull’orientamento in entrata ed altrettante su quello in uscita, mentre le altre affrontano i problemi di
orientamento gestibili nell’ambito del processo formativo. Il Problem Solving per l’Orientamento
formativo (PSO) è la metodica di principale interesse (4), insieme con i temi di autovalutazione (3),
ed al portfolio di competenze a fini orientativi (2), a conferma della nota tendenza a sviluppare e
trasformare proposte recepite in fase formativa, piuttosto che percorrere nuove ipotesi progettuali.
Ciascun partecipante al Master ha prodotto due Project Work (PW) oltre alla tesi. Il primo è in
genere di natura sperimentale (16), anche se la natura sperimentale era richiesta soltanto per la tesi,
e solo in pochi (5) casi è di tipo teorico. Nel secondo PW prevale l’impostazione teorica (10)
rispetto a quella sperimentale (8). Anche nei PW l’orientamento (14) e l’innovazione basata sulle
tecnologie (12) hanno raccolto il principale interesse, mentre la documentazione resta un interesse
minore (4).
La continuità didattica
Per la collaborazione con la scuola serve avere in comune iniziative ed azioni, convenzioni e
strumenti istituzionali, tavoli di progettazione, strutture, risorse e progetti. Non basta la buona
volontà, non basta lo spontaneismo, bisogna costruire strumenti normativi, istituzionali, di
cooperazione e bisogna realizzare strutture, che realizzino il contesto, che la rendano possibile e
permettano di attuarla.
10
La tesi di Laurea in Relazioni Pubbliche è stata redatta da Michela Bardus e seguita dalla prof. Renata Codilja,
12
Tra le diverse cornici di collaborazione quella della continuità didattica è una delle più proprie
rispetto alla mission delle due realtà. La legge 53/2003, più nota come Riforma Moratti, prevede al
5° anno della scuola secondaria un ampio spazio per approfondimenti a carattere di orientamento
formativo. Nello specifico il quinto anno, che prioritariamente completa il percorso disciplinare,
prevede altresì l’approfondimento delle conoscenze e delle abilità caratterizzanti il profilo
educativo, culturale e professionale del corso di studi; i licei si concludono con un esame di Stato il
cui superamento rappresenta titolo necessario per l’accesso all’università e all’alta formazione
artistica, musicale e coreutica; l’ammissione al quinto anno dà accesso all’istruzione e formazione
tecnica superiore.
Nell’ambito del quinto anno, l’orientamento viene ad assumere un ruolo significativo e sembra
poter superare quel ruolo deformato dalla necessità di promuovere ciascun corso di studi con il
carattere troppo superficiale e frammentario che ha assunto finora.
Associata a questa cornice ve ne è un’altra con radici molto precedenti, nel contesto della riforma
universitaria, in merito ai requisiti di ammissione ai corsi di studio universitario (art.6 DM509/99).
La riforma universitaria è nata con il già ricordato decreto N. 509 del 3 novembre ‘99, attuando in
Italia, prima in Europa, il processo e gli impegni degli accordi internazionali di Bologna e di
Sorbona. Il recente decreto N. 270 del 22 ottobre 2004, che modifica il decreto N. 509, lascia
inalterato l’art.6 sui requisiti di ammissione ai corsi di studio. I requisiti di ammissione ai corsi di
studio si affiancano e danno ruolo, utilità e significato a questo discorso della continuità nella
formazione e all’ orientamento. Il quadro di riferimento è il seguente. Nel passaggio dalla scuola
secondaria all’università abbiamo da un lato il diploma di scuola secondaria superiore (o altro titolo
di studio conseguito all’estero che è riconosciuto idoneo), che dà accesso al corso di laurea
universitario nel caso di un’adeguata formazione iniziale. I regolamenti didattici dei corsi di studio
universitari definiscono le conoscenze richieste per l'accesso e ne determinano, ove necessario, le
modalità di verifica, anche a conclusione di attività formative propedeutiche, svolte eventualmente
in collaborazione con istituti di istruzione secondaria superiore. Se la verifica non è positiva
vengono indicati specifici obblighi formativi aggiuntivi da soddisfare nel primo anno di corso.
Questo contiene la necessità di fare un’analisi delle competenze in uscita dalla scuola secondaria,
delle modalità in cui queste competenze si saldano e sono propedeutiche ai singoli diversi percorsi
universitari, costituendo requisiti per l’iscrizione all’università. Contiene anche una precisa
funzione che l’orientamento deve svolgere per tutelare i diritti dei giovani: rendere esplicito e
trasparente il contratto didattico e le responsabilità a livello secondario e universitario. L’università
esperta in psicologia delle relazioni formative in ambito professionale.
13
non ha fatto il suo dovere in questo senso: non ha indicato, con precisione, i requisiti di ammissione
e non ha studiato con la scuola gli esiti formativi.
Molti corsi di studio hanno superficialmente assolto al compito di indicare i requisiti, spesso si sono
trincerati dietro la dichiarazione “non c’è bisogno di niente: l’insegnamento universitario fornisce
tutti gli elementi necessari per seguire il corso”, come se fosse indifferente rivolgersi ad un gruppo
omogeneo o a comunità di cultura diversa, come se fosse indifferente lo stesso linguaggio e si possa
ignorare, che quando usiamo un linguaggio, questo evoca già significati, che nei soggetti sono
associati alle precedenti accezioni. Non è così.
Quando noi cominciamo a parlare di un argomento e utilizziamo dei termini, la semantica di questi
termini dà già un significato nelle rappresentazioni di chi ci sta di fronte e questo significa che
dobbiamo verificare in quale contesto andiamo a dare un contributo con il nostro intervento. Inoltre,
va superata la visione dell’attività didattica, che la concepisce unicamente costituita di lezioni, che
versano il nettare del sapere con un fiume di parole, che entrano nei recipienti vuoti rappresentati
dai discenti. L’azione didattica va pensata in termini di apprendimento, come accrescimento della
cultura posseduta e da realizzarsi con una molteplicità di attività, che incidono su un contesto noto
per produrne modificazioni accertabili. Anche questo è chiaramente contenuto nel DM N.509/99,
ma pochi lo hanno visto e molto della tradizione didattica accademica è stata adattata ai nuovi piani
di studio.
Per favorire l’attuazione del citato art.6 la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI)
ha elaborato un documento sull’aspetto qualitativo dell’accesso dei corsi di laurea (11), che è poco
conosciuto e la cui applicazione invece è stata molto raccomandata a tutti i livelli. I termini più
importanti sono i seguenti.
Gli assunti di fondo sono due: 1) i principi di base da salvaguardare, che sono: a) la responsabilità
del singolo e b) la libertà di scelta e 2) l’obiettivo di coerenza ed efficacia della formazione
universitaria mediante il contratto formativo individuale, che deve saldare ed integrare la
formazione pregressa dei singoli con quella universitaria, senza inutili duplicazioni e attività
formative avulse dal contesto in cui si collocano. I requisiti di accesso ai corsi di laurea triennale si
propongono come strumento di continuità formativa e di controllo rispetto al rischio di dispersione,
che il sistema formativo stesso rischia di avere. L’esigenza del raccordo scuola – università, sul
piano culturale e programmatico per la formazione e l’orientamento, assume un ruolo di
fondamentale rilevanza. Le condizioni necessarie sono:
11
CRUI, L’aspetto qualitativo dell’accesso ai corsi di laurea, documento a cura di Marisa Michelini, Gianni
Michelon, Maurizio Rispoli, con la collaborazione di Paola Binetti, Donato Chiatante, Giunio Luzzatto, Anna Pasquazi,
Vincenzo Perciavalle, 3 aprile 2000.
14
1. l’individuazione di requisiti di area e di classe, eventualmente con una griglia a due livelli;
2. la collaborazione scuola – università nella realizzazione di un sistema formativo, che offra a
tutti le condizioni di acquisizione dei requisiti necessari ai diversi profili;
3. l’autovalutazione come riferimento cardine per la verifica dei requisiti.
Le modalità di ammissione devono essere funzionali a uno sviluppo coerente del processo
formativo degli studenti in cui si effettuano scelte, si conosce il valore delle scelte, si pagano /
colmano le carenze in un sistema in cui la trasparenza sostiene la libertà dei singoli e le garanzie di
tutti sono tutelate dal contratto didattico.
A tal fine ciascuna scuola deve rendere esplicito il suo progetto formativo identificando le
competenze in uscita con il Piano dell’Offerta Formativa (POF) e certificando conoscenze,
competenze e capacità con l'esame di stato (Legge 5425/97 art.6). Ciascuna università deve
parallelamente identificare e rendere pubbliche conoscenze e abilità richieste per l'ammissione a
ciascuna classe. Questo importante dialogo e scambio di elementi, che determinano le possibilità di
successo del processo formativo non è ancora organizzato tra le università e le scuole.
A quattro anni dall’avvio della riforma, in tutte le università si analizzano i dati dei crediti acquisiti
in ciascun anno di corso dagli studenti e si rileva una durata quadriennale dei corsi di laurea
progettati come triennali. L’acquisizione di crediti universitari da parte degli studenti non è
soddisfacente rispetto a quella, che era la programmazione ed è difficile individuare su cosa agire,
perché i piani di studi non hanno definito bene i risultati a cui puntano, le modalità con cui si
possono ottenere e le condizioni di partenza per ottenerli. Non è possibile perseguire degli obiettivi
senza determinare la condizione iniziale.
La continuità didattica si attua in un sistema formativo che offra a tutti le condizioni di acquisizione
dei requisiti necessari ai diversi profili e quindi in un sistema che è studiato, controllato, seguito e
sostenuto. L’auto – valutazione è possibile soltanto in un sistema esplicito e definito. La coerenza
del processo formativo è a responsabilità congiunta del singolo e dell’istituzione, che eroga la
formazione. Se il singolo sceglie un percorso secondario imperniato su un’area disciplinare e poi
decide di dedicarsi ad un’altra area, si occuperà di colmare le carenze determinatesi per non aver
scelto un percorso formativo secondario coerente con quello universitario.
La riforma universitaria pone, in termini di orientamento formativo ed accesso, il raccordo tra la
scuola e l’università.
L’orientamento formativo
La natura trasversale e multifunzionale dell’orientamento ne produce molteplici accezioni.
15
Le rappresentazioni, che la scuola ha dell’università e dell’orientamento determinano vari campi di
interazione e relazione.
Che cosa significa allora orientare in termini formativi?
È difficile trovare una risposta completa e definitiva, ma non vi è dubbio che nell’ambito
dell’orientamento di natura formativa e disciplinare si deve far vivere esperienze utili, da un lato
alla conoscenza di sé e dall’altro al processo di scelta, in un quadro di continuità formativa e di
percorsi individuali, in cui l’esperienza e, in particolare, il personale coinvolgimento operativo dei
singoli, ha una valenza particolare nel contesto formativo.
Assume rilevanza
un orientamento basato sull’esperienza, sulla capacità di avere personale
coscienza di un contesto per riconoscerne le valenze, le motivazioni, gli interessi potenziali.
C’è chi sostiene che insegnando si orienta: questo è vero solo in senso lato. Se non si pone
attenzione all’azione orientativa e non si svolgono attività ad essa mirate, non si può essere certi che
essa sia percepita e quindi efficace: non si può darle ruolo.
Una ricerca basata su metodologie di problem solving ha permesso di mettere a punto una metodica
per l’orientamento formativo, in ambito disciplinare, sperimentata in vari contesti, che può essere
definita come una strategia di insegnamento / apprendimento basata sull’uso di problemi operativi,
sulla sfida ad affrontare problemi in un contesto disciplinare, in cui il discente è chiamato ad
assumersi delle responsabilità in merito alla soluzione. Le forme in cui è stata realizzata e
sperimentata sono molteplici, tra queste abbiamo cominciato ad includere la formazione degli
insegnanti della scuola di specializzazione.
Le motivazioni alla scelta del problem solving come stategia didattica sono elencate da Watts:
1. permette di prendere possesso di un incarico
2.
spinge a prendere decisioni
3.
sviluppa abilità sociali
4. è una forma di apprendimento attivo ed esplorativo ("per scoperta")
5. insegna metodi assieme a contenuti
6. permette attività cross-curricular
7. presenta pertinenza con i contesti della vita reale
8. PS e pensiero creativo sono tra le più alte e complesse forme dell'attività umana
9. accresce la comunicazione
Esso infatti trasferisce a colui che apprende alcune delle responsabilità e proprietà
dell'apprendimento ed assicura l'attivazione di processi di apprendimento quando richiede scelte.
Non sono rilevanti i mezzi adottati quanto i metodi.
I caratteri, le peculiarità e le valenze sono:
16
1. imparare facendo qualcosa e non leggendo come farla
2. acquisire informazioni di base durante il processo di soluzione
3. dare spazio ai diversi approcci da seguire per arrivare alla soluzione
4. acquisire non solo nuove conoscenze e tecniche, ma anche I'abilità di applicarle a nuovi
contesti nel modo adeguato
5. costruire procedure generali, capaci di adattarsi a situazioni contingenti differenziate
6. spiegare e utilizzare I'esperienza di vita quotidiana inquadrandola in contesti più ampi,
conquistando abilità investigative
7. affrontare ogni situazione nuova in modo problematico e critico, riconoscendo analogie con
situazioni già incontrate
8. imparare a creare modelli mentali da porre a confronto con I'evidenza sperimentale
Offe quindi alcuni importanti vantaggi per l’apprendimento: 1) permette di acquistare padronanza
di un compito (assegnato/assunto), 2) spinge a: prendere decisioni, acquisire abilità sociali,
assumere la responsabilità delle proprie azioni, 3) realizza un ponte con il quotidiano, 4) accresce
abilità tra cui quella di comunicare, 5) coinvolge attivamente i ragazzi e facilita la loro interazione
coi docenti, 6) genera tra i ragazzi un alto livello di maturità e soddisfazione [49, 50).
La proposta di PSO, specifica per l’orientamento si articola nel seguente protocollo, che impegna
per circa 10 ore: una mattinata e due richiami di due ore.
IL PROBLEMA
Formulazione di un problema aperto in forma di gioco o sfida che la specifica area
problematica resti da precisare da parte dello studente
Richiesta di un breve rapporto scritto su individuazione dell’area problematica, precisazione
1° fase individuale –
degli enti che costituiscono il problema, proposta di soluzione e relativa procedura (ipotesi di
1 ora
una o più procedure di soluzione, studio di fattibilità, modalità di verifica e validazione dei
risultati, argomenti a favore o contro le diverse scelte alternative)
2° fase – di gruppo – 2 Discussione dei progetti individuali, condivisione di un obiettivo e di strategie, organizzazione
e divisione del lavoro per realizzare concretamente il progetto. Inoltre stesura di un diario di
ore
lavoro che riepiloghi l’iter del lavoro di gruppo
3° fase – di gruppo – 1 Stesura scritta di un rapporto di sintesi ed interpretazione dei risultati dal punto di vista tecnico
ora
Compilazione di un questionario psicologico a risposte multiple
Stesura
di un’analisi critica sulle soluzioni al problema, sulle procedure disciplinari e parere
4° fase – individuale –
personale
in merito
per casa
5° fase – assembleare Discussione sugli aspetti trattati nelle relazioni stese dai singoli studenti a casa, analisi critica
(per tutti i gruppi sullo delle soluzioni, delle procedure, del vissuto personale sul ruolo di orientamento
stesso problema) – 2 o dell’esperienza e valutazione della propria prestazione
3 ore – dopo circa 10 N.B. L’insegnante deve indicare i nodi su cui condurre la discussione, per quanto attiene alle
soluzioni proposte e agli aspetti orientativi da far emergere
giorni dal I incontro
Compilazione di un 2° questionario psicologico a risposte multiple
6° fase – individuale – Rapporto libero sull’intera esperienza
per casa
Le diverse dimensioni dell’orientamento
17
Per l’insegnante l’orientamento ha almeno 4 dimensioni diverse, che incidono sulla professionalità
del docente: quella informativa, quella educativa, quella formativa e quella gestionale.
La dimensione formativa è qui già stata brevemente discussa.
Quella informativa coinvolge aspetti sociali e della comunicazione. I modelli con cui si propone un
orientamento informativo vanno ripensati, da troppi esso è ridotto ad incontri estemporanei in cui si
fanno venire a scuola rappresentanti dell’università a raccontare i corsi di studio. Scarsa è la
riflessione su come si devono preparare questi momenti e come farli
ricadere nell’attività
scolastica. Ci sono modelli e strumenti differenziati per l’orientamento informativo discussi in un
bellissimo incontro, che è stato fatto ad Udine sempre dalla conferenza dei rettori, con il contributo
di tutte le realtà che si occupano di orientamento. Nel libro che ne è seguito (12) viene illustrato e
discusso questo tipo di impegno, che oggi non è soltanto una moda come qualcuno dice, ma è un
diritto alla cittadinanza. Nella complessità, nella voracità promozionale della nostra società e della
nostra realtà, l’opportunità di comprendere i possibili percorsi di crescita personale, anche
intellettuale, culturale e professionale, sono determinati dalla capacità di identificare le opportunità
e riconoscere quali sono gli interessi e le motivazioni, che si possono avere rispetto alle sfide ed alle
prospettive, che si affacciano.
Gli aspetti psicologici, il contesto sociale della scuola, la didattica delle discipline sono altre
dimensioni importanti e distinte di orientamento. Esse vanno studiate in modo che l’orientamento si
espleti, oltre che in forma diffusa, in precisi momenti, ben riconoscibili ed identificati in questo
senso.
La progettazione e la gestione di servizi nell’ambito di rapporti istituzionali è una dimensione
dell’orientamento pervasiva, in cui si innescano idee e rappresentazioni di contesti che riguardano
l’università, il mondo del lavoro e i servizi presenti nel territorio.
È opportuna una riflessione sul ruolo giocato dall’immagine che si ha di una realtà nel rapportarci
ad essa. A Udine è stato fatto uno studio sulla scuola e l’idea di università nel terzo millennio
mediante un’indagine discussa in un convegno, sul filo di una riflessione che parte da uno studio
che è stato fatto a Pavia a cura di un sociologo, Andrea Messeri, e di un filosofo, Salvatore Veca.
Cinque sono le idee di Università che stanno nella rappresentazione delle persone, soprattutto dei
docenti universitari:
1. Università come esperienza di vita. Si va all’università, perché sede di cultura e
conoscenza: vivere questo mondo ha un valore in se, indipendentemente dal lavoro e
12
M Michelini, M Strassoldo edts., Modelli e Strumenti per l'Orientamento Universitario, in una struttura
territoriale di orientamento, CRUI - Università di Udine, Forum 1999
18
dall’attività successiva; andando all’università ci si forma come persona colta ed
intellettuale e questo basta per dare gli strumenti per il futuro.
2. Università come formazione superiore o super liceo. L’Università, secondo
un’accezione più recente, perde il suo carattere mission, causa un’immagine se
vogliamo dequalificata, che tutto l’intero sistema pre universitario le da, richiedendole
di svolgere un compito di formazione professionale superiore, legato al territorio; le si
chiede di essere presente in tutte le città con compiti formativi generali e non è più
caratterizzata da specifiche competenze.
3. Università degli studi (e non degli studenti), in quanto la rappresentazione che ne viene
data è di un luogo in cui la ricerca e la crescita della conoscenza sono prevalenti, la
didattica è un inconveniente, praticamente l’opposto di quella precedente.
4. Università come azienda di formazione funzionale al territorio, ora l’Università deve
dare un contributo al territorio, alle aziende, alle industrie locali e il territorio dovrebbe
sostenerla e finanziarla, quindi l’Università deve essere legata al territorio come
espressione di quella che è l’esigenza del territorio stesso.
5. Università come mercato del lavoro interno, l’Università è concepita da alcuni altri
come la sede in cui gli studiosi approfondiscono e diventano esperti, specialisti di un
settore a cui formano gli specialisti, che prenderanno il loro posto.
Cinque visioni molto diverse tra loro che convivono nei docenti universitari, come ha mostrato
un’indagine di Andrea Messeri (13).
In base all’idea di una realtà nei singoli e nei gruppi si costituiscono delle rappresentazioni, degli
schemi mentali, che sono rilevanti per relazionarsi con essa, per riconoscere e comprendere le
azioni, per progettare i modi di rapportarsi ad essa. Quindi a seconda di come noi vediamo
l’Università ci rapportiamo e le chiediamo cose diverse. L’immagine di un contesto definisce le
aspettative di chi si rapporta con esso a tutti i livelli ed orienta le scelte. Questo è un aspetto
dell’orientamento, che non è comune considerare ed analizzare e che invece è rilevante soprattutto
ai fini di chi si rapporta con una realtà e deve decidere quali saranno le proprie scelte. Allora
abbiamo almeno tre universi sull’Università: quello dei docenti universitari, quello presente nelle
scuole che è fondato su esperienze lontane degli insegnanti, anticipazioni immaginative degli
studenti che sono diverse dall’Università di oggi. Oggi infatti l’Università sta percorrendo il
processo di Bologna e della Sorbona, le lauree triennali sono molto diverse (14) dalle lauree che
13
Brettoni, A. e Messeri, A. (2001). L’idea di università. Magellano, 7, 1-4.
14
Le lauree triennali secondo il processo di Bologna sono ancora troppo poco diverse da quelle del vecchio
ordinamento, a causa dell’inerzia nel rinnovare del corpo accademico, a cui peraltro va dato il merito di aver saputo
19
abbiamo avuto noi e pur tuttavia ci permettiamo di dare suggerimenti, di rappresentare che cosa da
un corso di laurea sulla base della nostra esperienza. Questa buona volontà denuncia una
superficialità che è ulteriormente sbagliata e scorretta: va ricostruito un contesto in cui offrire ai
giovani strumenti e mezzi anche di questa riflessione.
Altre rappresentazioni sbagliate vengono diffuse nella società dai mezzi di comunicazione di massa,
che producono idee mitiche ed imprecise, immagini vaghe e personalizzate delle figure
professionali e delle professioni (15).
Significato e ruolo dell’università sono spesso date come presupposto implicito alle scelte degli
studenti e alle proposte e alle decisioni riguardanti le innovazioni organizzative didattiche.
Dobbiamo quindi favorire questo processo in cui la diversità diventa una risorsa, attraverso le
interpretazioni personali di un contesto. Un’idea generale evolve in relazione alle interpretazioni
che ne danno i singoli e ai modi in cui essi vi si rapportano. Serve una riflessione con tutti i soggetti
coinvolti, i docenti e gli studenti universitari, i docenti e gli studenti della Scuola, i rappresentanti
degli enti locali, delle associazioni di categoria, di coloro che hanno bisogno del lavoro di personale
qualificato per realizzare nuovi modelli di università condivisi e diffusi, che magari integrano i
modelli sopra descritti. È questa una condizione importante per una riflessione che abbia come
scopo quello di individuare elementi che qualificano le decisioni, promuovere consapevolezze nelle
scelte didattiche organizzative, contribuire all’orientamento universitario.
È una visione di orientamento molto diversa da quella a cui siamo abituati, ma è una visione di
orientamento su cui dobbiamo riflettere, perché rappresenta proprio gli elementi alla base della
continuità.
Sulla scia di questa riflessione abbiamo fatto un’indagine sull’idea di Università degli insegnanti e
degli studenti. Con l’aiuto di molte scuole abbiamo compilato un questionario che è stato
somministrato a 275 insegnanti e ad oltre 2000 studenti con lo scopo di esplicitare le
rappresentazioni per una discussione ampia, che aiuti a migliorare l’orientamento e a trasformare il
rapporto tra la scuola e l’università in collaborazione costante e continua, anche al fine di realizzare
in prospettiva un’idea condivisa, fatta di tante idee che possano fare evolvere le visioni di
università.
Le principali visioni di università che abbiamo trovato nella nostra indagine sono limitate, non
rappresentano i ruoli e le funzioni, che svolge oggi l’università: è un contesto che non è visto nella
costruire nuove opportunità formative in un quinquennio: dai Diplomi Universitari alle Lauree triennali, dai corsi
accademici agli IFTS.
15
I telefilm su “medici in prima linea”, ingegneri dei grandi progetti, finanzieri dei traffici illeciti, etc creano immagini
e miti, che non aiutano a costruire la corretta e moderna idea delle professioni.
20
sua completezza. Ciò richiede che quando noi andiamo a formare gli insegnanti teniamo conto di
dare loro anche una competenza in materia.
Nei risultati della nostra indagine la funzione che insegnanti e studenti attribuiscono all’università è
quella di formazione completa e professionalizzante e nessuno accenno viene fatto (se non in
percentuali molto basse) alla ricerca come compito e funzione dell’università per lo sviluppo.
Quindi prevalentemente è la visione di università come formazione superiore: bisogna riqualificare
il ruolo della ricerca, la dimensione e la rilevanza che essa ha per la formazione. Per quanto
riguarda la finalità dell’università gli studenti ne enfatizzano il ruolo di formazione culturale e
professionale e i docenti ne affiancano il ruolo di sviluppo della conoscenza. L’autonomia
dell’università è riconosciuta soltanto al 50%, in quanto viene dato allo Stato un ruolo prevalente
nel sovrintendere la didattica, mentre ne viene riconosciuta l’autonomia dal punto di vista della
ricerca. Questo non corrisponde al vero, perché l’università è abbastanza autonoma dal punto di
vista della didattica ed è più vincolata ai progetti finanziati dal punto di vista della ricerca. Le azioni
per migliorare le immagini di università, che prevalentemente vengano citate, sono quelle di
continuità nel passaggio e quello di lavorare insieme per l’orientamento e la transizione.
Emergono da questo lavoro proposte di orientamento per i ragazzi che sono in un certo qual modo
inesplorate, ma altrettanto importanti, come quello dell’analisi dei settori scientifico - disciplinari
per identificare cos’è un corso di studi. Siamo abituati a chiamare un docente universitario per farci
raccontare cos’è un corso di studi e lui ci porta la sua rappresentazione o le sue idee di università,
mentre ciò che dovremmo fare è proprio prendere in mano il settore scientifico - disciplinare, che
rappresenta la disciplina, che ne dà i caratteri propri, le radici epistemiche, i nuclei fondanti, per
identificare qual è il contributo di quella disciplina alla conoscenza, alla formazione in quella che è
una classe, in cui i settori scientifico disciplinari sono ben individuati. Si dovrebbe quindi esplorare
i curricula, conoscere le ricerche, vedere le eccellenze di ogni Ateneo per identificare che cosa
significa, analizzare il grado di innovazione, dare esperienza ai ragazzi di un contesto, avendo
opportunità di collocarsi in esso, sapendosi ritagliare un percorso personale attraverso la conoscenza
esplicita e non mediata, non definita da altri, di quello che può essere un percorso formativo.
L’esperienza di un contesto e l’orientamento formativo, nonché la già citata attività di problem
solving per l’orientamento disciplinare rappresentano inoltre dei riferimenti importanti per dare
un’esperienza significativa ai soggetti.
L’orientamento a scuola ha molte dimensioni, dunque, la sua natura multi funzionale e trasversale
non può essere surrogata in azioni estemporanee, serve una programmazione che offra un quadro
organico. Sono compiti e doveri dell’università e della formazione degli insegnanti, dare a questo
21
compito un raccordo nella gestione comune tra scuola e università, perché la collaborazione espliciti
la propria specificità di azione orientante.
La diffusione culturale e l’educazione informale
È già stato citato il contesto della diffusione culturale per la collaborazione con la scuola.
Associate alle attività di orientamento ad Udine abbiamo realizzato un’iniziativa, che chiamiamo
libretto azzurro (16) e che consiste nel coniugare la specificità delle varie esperienze di facoltà in
quelle che sono lavori comuni con la scuola, per tesine di maturità, per attività congiunte scuola università, con gli insegnanti e gli studenti protagonisti.
Vi sono in questo quadro di offerte differenziate per la didattica proposte diverse a diverso livello,
come ambienti di attività didattiche, ad esempio la già menzionata mostra: Giochi Esperimenti Idee
(17), un contesto di educazione informale in cui, assieme alla diffusione culturale, facciamo una
proposta di formazione degli insegnanti all’educazione informale. Si articolano proposte di
costruzione del proprio sapere attraverso la personale esplorazione, non necessariamente strutturata,
all’interno di contesti diversi, anche la scuola.
Altri esempi sono i laboratori di esplorazioni cognitiva (Cognitive Laboratory for Operative
Exploration – CLOE), basati su percorsi di interviste semi strutturate a partire da scenari di vita
comune per esplorare nodi concettuali e costruire il passaggio dal senso comune all’educazione
scientifica, attraverso la personale esperienza di un lavoro in contesto. I contesti di esplorazione di
idee interpretative, in piccolo gruppo, sono un altro tipo di laboratorio che viene proposto come
legame tra la vita comune, l’esperienza quotidiana e sapere codificato, come occasione di
collaborazione tra la scuola e l’università, che diventa un costruire insieme l’innovazione didattica
nella scuola. In questa prospettiva abbiamo anche costruito esperienze ludiche di caccia al tesoro, in
cui la caccia al tesoro non assumeva le connotazioni della sfida, ma di esplorazione cognitiva in
contesti scientifici, che venivano proposti sia da studenti/insegnanti (18), sia da insegnanti in
servizio, che collaboravano a questo livello.
Nei contesti del CIRD e del CORT (19) sono stati sviluppati materiali e proposte per la didattica,
come risorse comuni derivanti dalle ricerche nella didattica, che vengono a produrre un’altra
cornice in comune tra scuola e università per lavorare insieme.
16
La denominazione deriva dal libretto (azzurro) che è stato realizzato come strumento di diffusione delle proposte di
diffusione culturale.
17
La mostra GEI è a Palermo durante questo convegno internazionale.
18
Gli studenti/insegnanti sono gli insegnanti in formazione presso l’università per l’insegnamento nella scuola primaria
e nella scuola secondaria.
19
Il Centro Interdipartimentale di Ricerca Didattica (CIRD) si occupa principalmente di ricerca a livello di scuola di
base. Il Centro Orientamento e Tutorato (CORT) oltre alle azioni di orientamento, cura la collaborazione per le
iniziative di continuità didattica e di orientamento formativo.
22
La formazione degli insegnanti
In un contesto di rapida evoluzione della nostra società, influenzata dalle nuove tecnologie vengono
cambiate molte figure professionali, la figura dell’insegnate è tra quelle che esprime il più grande
bisogno di innovazione. La scuola si sta adeguando a questi cambiamenti sociali dotandosi di
maggiore autonomia per ridurre il divario tra istruzione e formazione di tipo formale e mondo
esterno.
Gli insegnanti in servizio, che non hanno avuto nessuna formazione iniziale, hanno una
professionalità costruita sul campo, dall’esperienza con l’intuito, come unico riferimento per le
scelte educative didattiche. La consapevolezza di questa situazione ha spesso prodotto atteggiamenti
attivi da parte degli insegnanti in servizio, di sperimentazione, di partecipazione, di aggiornamento,
che sottolineano contemporaneamente l’esigenza di formazione sul piano pedagogico didattico e la
necessità di riflettere sulla pratica scolastica. L’offerta di formazione in servizio finora è stata
caratterizzata da un ampio e dispersivo spettro di corsi di aggiornamento disorientanti per la loro
disomogeneità: contenuti, metodi, durata e anche offerenti che sono stati i più vari. Vi è la necessità
di continuità tra schemi concettuali personali e della conoscenza affrontata, di relazione della
conoscenza con il contesto di impiego, di condivisione della stessa. Inoltre, i singoli insegnanti
hanno una personale visione dell’attività che determina stili di lavoro, scelte di contenuto, che
individuano la necessità di proposte di formazione iniziale in servizio e quindi di una formazione
continua per coniugare bisogni attesi in uno stretto intreccio tra capacità di gestione di contesti di
apprendimento e problematica di didattica generale e disciplinare con articolate modalità di
interazione tra formatori e formati. Il raccordo ritorna come un’esigenza anche per la formazione in
servizio, dunque assumendo che siano dell’insegnante i compiti di impostazione, scelta, gestione ed
integrazione dell’attività scolastica con il percorso formativo globale è necessario riconoscere che
per affrontarli serve una competenza specifica, che comporta una riflessione su vari piani. Ampia è
la letteratura di ricerca e, in particolare, è sottolineato il ruolo di mediatore cognitivo, richiesto
all’insegnante. Esso comporta lo sviluppo di competenze professionali che superino (20), il modello
riproduttivo e consolidino, nella pratica dell’interazione didattica in classe, la professionalità
docente. Per un’innovazione didattica significativa e un’evoluzione dinamica della Scuola, appare
necessaria una specifica formazione degli insegnanti non accademica, che integri modelli diversi di
tipo, metaculturale, esperenziale e situato. Il modello metaculturale offre la possibilità di esplorare
proposte di percorsi ed attività, suggerimenti per le attività in classe, che lascino all’insegnante il
ruolo di analisi, rielaborazione e traduzione nella pratica. Il modello Esperenziale permette
20
La collega belga lo ha detto molto bene in questo stesso convegno.
23
all’’insegnante di vivere la stessa esperienza che proporrà ai ragazzi, rendendosi conto delle
caratteristiche delle proposte specifiche che vengono fatte. Ultimo, ma non meno importante, il
modello situato, offre l’occasione di fare ricerca mentre si attua l’innovazione , attraverso una
continua riflessione sulla pratica della didattica, sulle proposte e sui processi delle azioni messe in
atto,.
La formazione in servizio mediante esperienze di ricerca e di ricerca-azione rappresenta la nuova
sfida per la riqualificazione degli insegnanti in servizio. Essa deve essere imperniata sulle
competenze trasversali. La sopra descrittà esperienza BRI è stata tradotta attraverso gli IRRE in
varie regioni italiane: gli insegnati titolari della proposta di ricerca, individuando un problema
significativo per la propria professionalità, un bisogno di approfondimento della propria
competenza non astratto, ma legato alla pratica quotidiana, individuano le piste più significative per
la loro riqualificazione.
Nel Seminario internazionale su “Quality Development of Teacher Education and Training”,
promosso dal Groupe International de Recherche sur l’Eisegnement de la Physique (GIREP) con
l’European Physical Society (EPS)- Division of Education, l’International Commission on Physics
Education of IUPAP (ICPE), l’ European Physics Education Network (EUPEN), l’American
Association of Physics Teachers (AAPT) e l’Università di Udine in collaborazione con:
l’International Centre For Mechanical Sciences (CISM), le Sezioni Austriaca, Italiana e Slovena del
GIREP, la Japanese Physical Society, la Conferenza Nazionale dei Centri Universitari per la
Ricerca Educativa e Didattica (Concured), la Società Italiana di Fisica (SIF) e l’Associazione per
l’Insegnamento della Fisica (AIF), ha visto lavorare su questo tema esperti di 41 Paesi del mondo
ed ha prodotto risultati che rappresentano le raccomandazioni sulla formazione degli insegnanti
della più ampia comunità scientifica, che si sia mai occupata del problema. Essi sono stati presentati
al Consiglio dei Ministri Europei svoltosi a Berlino tre settimane dopo (21). Tra le principali
raccomandazioni nella formazione degli insegnanti emergono le seguenti: la dimensione di ricerca,
proposte operative contestualizzate, attenzione alla dimensione progettuale e riflessione sulla
pratica della didattica.
La collaborazione con la scuola e la progettazione congiunta di azioni in una prospettiva di ricerca,
sperimentata nella CRUS e nei progetti PRIUS indicano la strada per questo lavoro. I progetti
PRIUS in particolare rappresentano un modello di collaborazione percorribile. In Tabella 2 sono
riportati i temi. Essi affrontano problematiche diverse: dal contributo di sensori per misure
21
All’indirizzo www.uniud.it/GirepSeminar2003/ è documentato il lavoro svolto e sono pubblicati
tutti i contributi. Un libro di contributi selezionati al Seminario è già disponibile: Michelini M, ed.
2004, Quality Development in the Teacher Education and Training, Girep book of selected papers, Forum,
Udine, 2004 [ISBN: 88-8420-225-6]
24
nell’educazione scientifica, al problema del rapporto con i genitori, a quello della programmazione
didattica, oppure dell’introduzione della fisica moderna della Scuola o ancora la problematizzazione
come competenza profonda, oppure l’auto – valutazione e i requisiti di iscrizione all’Università,
strumenti e metodi per la continuità didattica. Le tematiche sono quelle che caratterizzano i
problemi di raccordo Scuola Università, come anche la sperimentazione didattica come snodo tra la
formazione iniziale e in servizio.
Tabella 2 – Progetti PRIUS – Temi affrontati
•
Sensori come estensione dei sensi
•
.Comunicare nella scuola
•
. Formazione alla programmazione didattica (disciplinare e interdisciplinare) di
letteratura italiana nel triennio liceale.
•
Formare alle scoperte. Formare gli insegnanti a scoprire i processi di apprendimento
dei bambini in Elettromagnetismo e Termodinamica
•
.La problematizzazione come competenza profonda: come sviluppare l’attitudine
all’indagine scientifica e la competenza argomentativa dei risultati.
•
Modelli, deduzioni e paradigma indiziario: riflessioni intorno all’informatica fra
scienza e letteratura.
•
Laboratorio di ricerca per la didattica della storia.
•
Sperimentazione e comparazione di strumenti di autovalutazione dei pre-requisiti per
l’accesso all’Università.
•
Strumenti e metodi di continuità nella scuola dell’obbligo
•
Sperimentazione didattica come snodo tra formazione iniziale e in servizio
La formazione iniziale degli insegnanti
La formazione iniziale è stata avviata in ritardo (22), soprattutto a causa di convinzioni tanto antiche
quanto radicate e diffuse, soprattutto tra autorevoli accademici incompetenti di formazione degli
insegnanti, che vedevano l’Università come fonte di conoscenza non finalizzata, l’insegnamento
come arte, dote, da arricchire con l’esperienza didattica a partire da alte conoscenze strettamente
disciplinari, piuttosto che una professionalità da conseguire con una specifica formazione. Il
progetto di formazione degli insegnanti ha anticipato nell’impostazione la riforma universitaria: un
altro buon progetto italiano che ha avuto difficoltà di applicazione proprio a causa delle convinzioni
22
Soltanto negli anni 1999-2000 si sono avviati i primi corsi di formazione universitaria degli insegnanti in attuazione
della legge n.341/1990.
25
dei contesti e delle rappresentazioni, che giacevano alla base della sua applicazione. Un vantaggio,
però, in questo ritardo, sta nel fatto che è uno dei migliori progetti europei (23). In esso la
formazione professionale è innestata nella formazione disciplinare e non è specificamente
disciplinare; si focalizza sulla professionalità docente e sulle competenze trasversali, didattiche,
storiche ed epistemologiche delle discipline con esclusione degli insegnamenti disciplinari, che
dovrebbero trovare altra sede o comunque una sede specifica definita, in modo da identificare qual è
il contesto, che caratterizza la formazione della professionalità docente. Si attribuisce grande
importanza al tirocinio e si prevede l’obbligo di attività di laboratorio didattico in cui si traducono
quelli che sono gli elementi di formazione professionale del docente in elementi operativi. Si
prevede ugual peso per le quattro aree della formazione docente: quella di carattere socio – psico –
pedagogico, quella di didattica disciplinare, quella di laboratorio e quelle trasversali opzionali. Si
sottolinea l’importanza data al raccordo tra questi contributi professionalizzanti, ma anche culturali
e formativi per costruire la professionalità docente. Inoltre la presenza di figure specifiche di
raccordo tra la scuola e l’università nei supervisori del tirocinio, come insegnanti qualificati a
distacco parziale, dà ruolo operativo all’affermazione di principio di una formazione docente
realizzata in stretto raccordo con la scuola.
Nella formazione degli insegnanti di scuola primaria la nuova impostazione sposta la visione
puramente centrata sugli aspetti educativi di natura pedagogica, psicologica e sociologica del
vecchio Magistero in formazione agli aspetti di natura trasversale e didattica disciplinare, perché il
nuovo maestro sia colto, sappia istruire e preparare una formazione ai saperi disciplinari e non solo
educare al vivere sociale. Formare i maestri per l’educazione scientifica, per esempio, non lo si
riteneva prima necessario ed è una sfida in cui si gioca la possibilità di trasferire alle nuove
generazioni una cultura in cui la scienza è parte integrante non marginale; è una sfida che si gioca la
possibilità di dare agli studenti gli elementi fondanti del sapere scientifico in una forma che
permetta loro di saperli gestire non come conoscenza da trasmettere, ma nel gioco, nelle favole,
negli interrogativi curiosi dei bambini, nei momenti di analisi organizzati. La scienza diventa oggi
parte di una cultura propria di questi nuovi insegnanti capaci di rielaborarla per formare i bambini.
Le difficoltà da superare e le problematiche da risolvere nella formazione iniziale universitaria degli
insegnati sono molteplici e complesse, tra le principali vi sono le seguenti: l’idea accademica di
formazione legata ai vecchi schemi, la poca disponibilità dei docenti universitari a prepararsi per
questo nuovo compito, la carenza di strutture trasversali necessarie come un centro di ateneo di
gestione della formazione insegnanti, la collaborazione, non solo il raccordo con la scuola, il debole
legame con la ricerca educativa e didattica e lo scarso coinvolgimento della scuola nel progetto
23
Lo ha illustrato in questo stesso convegno il prof. Giunio Luzzatto e lo si può argomentare alla luce del Green Paper
26
formativo. Alcune altre difficoltà sono peculiari del progetto, così come ha trovato attuazione nel
contesto universitario, in particolare molti degli insegnamenti di carattere psicologico, pedagogico e
di professionalità docente sono stati impostati solo in termini generali ed accademici, invece che
applicati all’obiettivo di formazione della professionalità docente. Gli insegnamenti di didattica
disciplinare sono stati talvolta tradotti in insegnamenti di carattere solo disciplinare e le attività di
laboratorio sono state in molti casi racconti di percorsi didattici da parte di insegnanti esperti. Gli
apprendenti hanno spesso avuto un ruolo poco attivo nella rielaborazione di percorsi, di strumenti e
metodi per l’educazione anche disciplinare, rispetto a quello che il progetto avrebbe voluto. Il
tirocinio è stato talvolta delegato quasi totalmente ai supervisori. L’auspicato raccordo tra aree ed
indirizzi è stato modesto per la tendenza a gestire gli indirizzi per delega di settore.
I risultati sono tuttavia significativi. La qualità degli specializzanti ed il miglioramento delle
strutture organizzative, evidenziano la capacità del progetto di educare i suoi stessi operatori ad un
processo formativo di alto livello da integrare con la ricerca.
Dobbiamo solo cercare di applicarlo bene, realizzando un valido raccordo con la scuola.
Utilizziamo in particolare l’art. 5 della legge di riforma della scuola (L.53/04), che prevede una
struttura di ateneo per la formazione iniziale ed in servizio degli insegnanti. L’attenzione ad una
formazione professionale degli insegnanti deve essere l’obiettivo alla base di ogni elemento del
progetto, con particolae attenzione alle competenze trasversali, alla dimensione progettuale ed alla
riflessione sulla pratica della didattica.
Molto c’è da fare in questo senso. L’università di Udine ad esempio è ancora l’unica in Italia ad
aver introdotto moduli sul tema dell’orientamento nell’area trasversale della formazione iniziale
degli insegnanti secondari (24).
Considerazioni conclusive
Il raccordo tra la scuola e l’università ha molte dimensioni: la diffusione culturale e il suo ruolo
didattico, l’orientamento per gli studenti, gli esiti formativi e la continuità didattica, i progetti di
sperimentazione didattica, i progetti collaborativi di ricerca, il tirocinio per la formazione iniziale
degli insegnanti, la formazione degli insegnanti in servizio e la ricerca azione degli insegnanti. Essi
sono capaci di costruire immagini e valori. L’esperienza di collaborazione con la scuola che
l’Università di Udine ha effettuato in tali dimensioni lo testimonia.
Costruiamo un’idea condivisa di università e della collaborazione con essa, fatta di tanti valori.
Accanto ad idee, progetti ed azioni pilota, servono strutture, strumenti e tavoli istituzionali. Serve in
del TNT European Commission del maggio 2000, tradotto su Università e Scuola.
24
Il progetto formativo sotteso è stato oggetto di specifica pubblicazione sulla rivista Magellano, IV, 18, 2003, p.35-47
27
particolare porre attenzione all’orientamento in modo formativo: è una necessità dettata dal
principio di responsabilità, dal diritto allo studio, dal bisogno di continuità formativa e dalla
garanzia di successo, che vogliamo dare agli studenti che hanno fiducia in noi.
La collaborazione tra la scuola e l’università comporta, accanto al piano istituzionale, il
coinvolgimento dei soggetti ed in particolare dell’insegnante di classe, oltre al referente per
l’orientamento della scuola. Lo stesso coinvolgimento specifico è richiesto a livello universitario.
Il contributo dell’università alla formazione degli insegnanti è irrinunciabile e rappresenta uno dei
principali ponti per il raccordo auspicato. Esso va pensato come una mission da mantenere di alto
profilo, piuttosto che un servizio accademico da erogare. Per fare questo serve affrontare quattro
questioni di livello istituzionale: 1) l’idea di università e delle funzioni ad essa attribuite, 2)
l’attenzione alla dimensione professionalizzante nella formazione iniziale degli insegnanti, 3) il
raccordo tra la scuola e l’università in termini di collaborazione, 4) la formazione in servizio degli
insegnanti e la carriera dei docenti, innescata su una formazione di alto livello, come quella dei
progetti pilota qui illustrati.
Azioni azioni specifiche e attività di ricerca ne sono l’humus. La ricerca è il filo rosso che lega la
scuola all’università e che può dare significato a questa collaborazione che si deve tradurre in
capacità di crescita ed innovazione.
28
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