Anno 6 - numero 14
Marzo 2016
Il Bisbiglio
è anche on-line
www.parrocchiebra.it
Editoriale
Etica della Parola
SPECIALE
VISITA
PASTORALE
Alle pagine 8 e 9
Per fare un giornale si usa la parola scritta, ma prima viene elaborata dalla mente, meditata, rivista, per poter “parlare” con un
interlocutore altro che lo scrivente non vede, ma sa che c’è.
Anche un giornalista tv sa che la
sua parola attraverso la lucina
rossa di una telecamera arriva a
centinai, fino a milioni di persone. E sappiamo che in un modo o
nell’altro, consapevoli o no, quella parola, utile e talvolta vuota e
urlata, viene in qualche modo
gettata come un seme in ciascuno….e che frutto darà?
Può alimentare odio, può creare
un senso di compassione, di desiderio di metterci la faccia per una
causa giusta, o semplicemente
farci fare zapping, gettare un
giornale nella raccolta carta e,
forse peggio, in taluni casi lasciarci indifferenti a problematiche serie. Mai come in questo
tempo, grazie ai nuovi media, siamo letteralmente bombardati di
parole, parole, parole…
Segue a pagina 2
ALL’INTERNO:
Piove sul cupolone
di Gian Mario Ricciardi
pag.2
Il ramo del mandorlo
Nuova rubrica
L’anello mancante
pag.3
L’intervista
pag.4
Architettura e liturgia
Sant’Andrea vecchio
pag.7
Speciale Visita
Pastorale del Vescovo
Cesare Nosiglia
Attualità
Letto e visto per voi
Programma
Settimana Santa
pag.6
pag.8,9
pag.11,12
pag.15
pag.16
Cristo è risorto! Alleluia! Buona Pasqua
Attualità
Piove sul Cupolone
Nei giorni della Madonna di
Lourdes il papa ha incontrato il
patriarca russo. Un abbraccio che
cambierà anche i nostri sguardi e
i nostri gesti verso coloro che da
dieci anni popolano le nostre vite,
gli ortodossi venuti da Romania,
Polonia, Macedonia, Ungheria,
ex-Jugoslavia, Serbia, Croazia,
Bulgaria e Albania. Pioveva quel
venerdì 12 febbraio che ormai è
storia e io ero a Roma, solo, in
piazza San Pietro.
Ho visto acqua e vento sul cupolone quasi a voler cancellare un
secolo d’incomprensioni. Le luci
spalmate sulla facciata di san Pietro sembravano voler allontanare
falsità e cattiverie. Il papa e il patriarca s’abbracciavano mentre
sulla piazza, - erano le otto di sera
di un venerdì freddo e, a tratti mi-
naccioso – due suore s’affrettavano verso la porta di sant’Anna.
Pioveva su Roma mentre passavano sulle tv di tutto il mondo le
immagini dell’ecumenismo del
sangue, perché i due leader religiosi si sono affiancati per fermare il massacro in Africa e Medioriente dei cristiani.
Due mondi paralleli , finalmente,
s’incrociavano, illuminavano la
notte e rendevano più chiaro il
giorno. Incontro storico che entrerà nella storia personale di un
miliardo di persone, quelle che
con la grande crisi si sono trovate
accanto a gente diversa ma con le
stesse preghiere, lo stesso credo
manifestato certo con atteggiamenti ravvivati da una tradizione
ortodossa, ma immersi nel medesimo “mistero della fede”. Li ab-
Dalla prima pagina
Etica della Parola
Dovremmo diventare allora forse
più consapevoli, io per primo …
ahimè, che responsabilità della
parola significa che la parola che
io pronuncio, scrivo, non è più
mia, diventa dell’altro; ogni atto
di parola è un atto etico in cui siamo chiamati a rispettare l’altro,
cioè il destinatario della parola;
siamo chiamati a rispettare noi
stessi che pronunciamo parole;
colui che parla se mente, e mente
coscientemente per manipolare
per ottenere un consenso, per ottenere certi fini, svilisce anche se
stesso.
Si offende la propria dignità di
uomo, ma poi è etico anche nei
confronti della parola. La parola
va quindi rispettata, anche se
scritta in un piccolo giornalino
come il nostro; vi è quindi una dimensione etica di ogni atto di parola. Importante discernere se le
parole che ognuno di noi pronuncia fanno del bene alle persone a
cui sono rivolte, o se invece sono
parole che affermano il proprio
io e le proprie idee, se sono pronunciate per paura di un vuoto o
di un imbarazzo, diceva un monaco di cui non ricordo il nome.
Un detto dei padri del deserto così recita: Un giorno un fratello
interrogò abba Poimen dicendo: “È meglio parlare o tacere?”. Gli disse l’anziano: “Chi
parla a motivo di Dio fa bene, e
2 • Il Bisbiglio - numero 14- 2016
di Gian Mario Ricciardi
chi tace a motivo di Dio fa
ugualmente bene”.
Il detto di abba Poimen esorta a
parlare e a tacere “a motivo di
Dio“, dunque a non fare né dell’una né dell’altra azione un idolo, qualcosa che abbia valore in
se stesso, ma piuttosto un mezzo
di comunione con Dio e con gli
uomini.
Pensiamo come redazione che da
queste pagine devono giungere ai
lettori parole che sgorgano dalla
Parola e ad essa indirizzano. Inizia da questo numero una nuova
rubrica, intitolata il Ramo del
mandorlo, che in questo anno
avrà il sottotitolo: parole utili
per l’anno della Misericordia.
La Parola del Signore si è fatta
sentire mediante i profeti, tra i
quali Geremia: «Mi fu rivolta
questa parola del Signore: “Che
cosa vedi, Geremia?”. Risposi:
“Vedo un ramo di mandorlo”.
Il Signore soggiunse: “Hai visto
bene, poiché io vigilo sulla mia
parola per realizzarla”.
Nel cristianesimo la mandorla
rappresenta Cristo, la cui natura
divina rimane nascosta, velata
dalla natura umana, e ancor prima, nel corpo della Vergine: Lui
è la Parola realizzata, salvifica!
Buona lettura e Buona Pasqua!
Giorgio Fissore
biamo guardati per tanto tempo
con troppa diffidenza e qualche
sospetto prima di scoprirci con le
mani giunte, accanto a loro, nelle
chiese che abbiamo loro prestato,
nelle case che abbiamo loro aperto, a pregare lo stesso Dio.
Come Francesco e Kirill anche
noi saremo più fratelli. Loro a
l’Avana, paese di quel comunismo che è vissuto (con tante colpe) accanto agli ortodossi per anni e ha imposto invece con il martiro il silenzio alla chiesa cattolica, la chiesa del silenzio.
Ecco i paradossi della storia di
cui è difficile cogliere profondità
e grandezza.
Quella sera a Roma si scioglievano le nuvole e si aprivano i primi
squarci alle stelle mentre Francesco e Kirill ritrovavano la comunione nel sottolineare l’occasione perduta dall’Europa nel non
voler sottolineare “le sue radici
cristiane”. E oggi a guardare l’incredibile freddezza di certe nazioni (Austria,Ungheria, ecc)
verso l’esodo biblico di chi cerca
pane, lavoro, vita, molte cose si
capiscono meglio. Il capo di un
miliardo di fedeli si stringeva accanto al patriarca di 150 milioni
di fedeli, 157 diocesi, quasi trentamila parrocchie. La chiesa senza Papa perché acefala (cioè l’insieme di tante chiese nazionali
presenti nel Santo Sinodo) firmava un appello per l’Europa, per la
famiglia naturale, perché si fermi
il massacro di cristiani nei continenti e si costruisca la pace. Il suo
e quello di Francesco sono stati
un gesto forte nell’isola che ha rischiato di far scattare la scintilla
di una guerra mondiale spenta
anche grazie a Giovanni XXIII
(erano gli anni sessanta ed era la
crisi della baia dei porci), tanto
più che è avvenuto mentre sulla
terra si combatte la terza guerra
mondiale a pezzi (come dice
Francesco), mentre Putin cui non
è mai mancata la sintonia con i
Pope duella con Obama, mentre i
criminali fanatici del cosiddetto
Califfato e di Boko Haran incendiano chiese ed uccidono cristiani, mentre in Medioriente dove
regna l’altro grande patriarca,
quello di Costantinopoli, troppi
burattinai cercano di ridisegnare
la geografia degli Stati.
Quanta storia, in quell’incontro,
s’intrecciano su quel documento
firmato da Francesco e Kirill.
È la storia che si è espressa là, ma
in realtà è passata nei nostri cuori. Vedrete, cancellerà troppo lunghe freddezze e sorrisi negati ai
fratelli di fede. Ci farà sentire più
uguali nella diversità dei gesti e
delle tradizioni: quelle parole a
l’Avana sia pure lentamente muteranno anche il nostro sguardo,
dissiperanno paure (molte volte
giustificate da cose non belle che
sono successe e che accadono ancora purtroppo) e ci faranno più
attenti a ciò che unisce che a ciò
che divide. I loro pope e i nostri
sacerdoti. Quell’incontro cambierà le nostre vite e insieme metteremo in piedi il secondo tempo
del film: quello non degli ortodossi e dei cattolici, ma semplicemente dei cristiani, per la stessa strada.
Gian Mario Ricciardi
Rubrica
Il Ramo del Mandorlo - Parole utili per l’anno della Misericordia
La gratitudine
Leggo su Avvenire del 27 febbraio un articolo dello storico, specializzato in storia medievale,
Franco Cardini.
L’articolo riguarda alcune recenti
pubblicazioni su Matilde di Canossa, la cosiddetta “contessa di
ferro”, che regnò su gran parte
dell’Italia a cavallo tra l’XI e il
XII secolo.
Tra le altre interessanti notizie
concernenti questo importante e
potente personaggio del nostro
passato, resto colpito dal motto
riportato sul suo stemma ducale:
“Mathilda, Dei gratia si quid est”,
che Cardini traduce: “Matilde
che, se è qualcosa, lo deve alla
grazia di Dio”.
Non entro nel merito delle intenzioni che possono aver ispirato la
duchessa nella scelta di queste
parole, vorrei però sottolineare la
mentalità che queste rivelano.
Una mentalità che mi pare oggi
praticamente scomparsa o perlomeno, messa fortemente in ombra, dall’idea, dominante nel secolo appena trascorso e ancora
molto presente nell’attuale, che,
se l’uomo riesce in qualche cosa
nella vita, lo deve solo a se stesso,
alle sue capacità, ai suoi meriti, ai
suoi successi, sempre e soltanto
suoi.
Il mito nord americano del self
made man, dell’uomo che si costruisce da solo, ci ha influenzati
più di quanto ne siamo consapevoli, con il risultato di mettere
gravemente da parte, l’indispensabile apporto di cui necessita la
vita di ogni persona.
Nessuno nasce da solo, nessuno
può darsi (e forse neanche togliersi!) la vita da solo, tutti veniamo al mondo segnati da una
radicale dipendenza, gli uni dagli
altri. Per i credenti tale costitutiva dipendenza, rimanda a una
unica fonte, a una unica sorgente,
che si trova nel cuore del Padre.
In quella radice comune i credenti riconoscono l’origine dei loro
legami, la dipendenza che li unisce e fa di essi una sola famiglia,
un solo fascio di legami, in cui le
differenze non sono altro che il
frutto della fantasia creatrice del
Padre, come un bellissimo prato
di montagna, dove la bellezza è
data dalla differenza dei fiori,
ognuno diverso dall’altro e ciascuno dipendente dall’altro.
Se un fiore potesse parlare, pro-
babilmente la sua prima parola
sarebbe: grazie!
Infatti usiamo normalmente il
linguaggio dei fiori per esprimerci reciprocamente gratitudine,
apprezzamento, riconoscenza.
La mentalità che rivela lo stemma di Matilde, è segnata dalla dipendenza che diventa gratitudine: se sono qualcosa, lo sono per
grazia. Grazia e gratitudine sono
parole che si sposano bene insieme, quasi come se la prima fosse
la causa della seconda.
Quasi come se la grazia riconosciuta, il dono di Dio di cui ciascuno è personalmente dotato,
avesse come ricaduta naturale, la
virtù della gratitudine, la capacità
di ringraziare, come segno del riconoscimento dell’importanza
dell’altro nella mia vita.
Esercitare la gratitudine, mi pare
di capire, è un primo, umile passo, per lasciarci abitare dalla grazia della Misericordia. Magari
non solo in questo anno santo ad
essa dedicato.
don Giorgio
L’anello perduto
L’esperienza fossanese a servizio di persone separate/divorziate
sole, oppure unite in matrimonio civile o conviventi
L’esperienza del progetto
“L’anello perduto” nasce a Fossano nella primavera del 2009, su
mandato del Vescovo mons. Giuseppe Cavallotto, e del Consiglio
Pastorale Diocesano: l’obiettivo
era quello di mettere in campo la
visibilità di una presenza cristiana ospitale e benevola nei confronti di chi, dopo un’esperienza
matrimoniale fallita, ora vive la
separazione, il divorzio o una
nuova unione di coppia. Col passare del tempo il progetto si è avvalso della collaborazione degli
Uff. Famiglia delle Diocesi di
Cuneo, Mondovì e Saluzzo.
Nel suo svolgersi, questo percorso ha mantenuto la caratteristica
di non essere disegnato a monte o
a prescindere dall’incontro effettivo con chi ha vissuto questo tipo di distacco, piuttosto è stato
sviluppato con linguaggi differenti, e a partire dalle proposte
emerse nei numerosi contatti realizzati: il risultato è stato quello
di un’esperienza creativa, che
probabilmente non ha preso in
considerazione tutte le sfaccettature del problema, ma che ha saputo affrontarne alcune tra le più
urgenti.
Nell’autunno scorso si sono realizzate alcune serate di laboratorio con una ventina di persone separate o divorziate, che non hanno avviato una nuova relazione
di coppia, gestite da una professionista dell’Istituto di Psicologia Individuale “A. Adler” di Torino: nel percorso, con l’ausilio
di tecniche attive e momenti di
confronto, si sono condivise
emozioni, fatiche e prospettive,
nell’ottica di ritrovare radici e
percorsi di significato, per riprendere in mano la propria storia.
Ora il gruppo procede nelle attività con proposte di formazione
sulla gestione dei figli, con alcune Celebrazioni della Parola, ma
anche momenti di condivisione e
festa: l’ultimo in ordine di tempo
è stato il giorno di san Valentino a
Bernezzo.
Una attenzione differente è stata
posta alle 9 coppie unite in matrimonio civile o conviventi con le
quali è attivo un percorso mensile
da diversi anni; durante l’incontro
in gruppo, le coppie sono abituate
a raccontarsi e grazie agli stimoli
offerti, invitate a rileggere la propria storia alla luce del Vangelo; a
dicembre è stato loro dedicato un
pomeriggio di spiritualità presso
il Santuario di Cussanio.
Ora tutte le diverse componenti
del progetto diocesano, accompagnate dal Vescovo mons. Piero
Delbosco, attendono di essere ricevute in Udienza da Papa Francesco. Al Papa infatti è stata inviata una lettera in cui si racconta
questa esperienza e si chiede
un’udienza. Lo scorso 30 gennaio
ha telefonato al coordinatore diocesano il diacono Paolo Tassinari, invitandolo a proseguire nella
iniziativa.
Al progetto chiunque può partecipare, quindi anche la comunità
cristiana di Bra.
Per avere informazioni sulle iniziative (che in autunno inaugura
le proposte consentendo a nuove
persone di iniziare il percorso), è
sufficiente scrivere a:
[email protected]
numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio •
3
Nel sociale
a cura di Gianni Fogliato
Intervista a Luigina Bima
Presidente dell’Associazione di volontariato “La Cordata”
Spesso si parla di coesione sociale, di camminare insieme, di
solidarietà di vicinato: a tuo parere sono fattibili e che impatto
avrebbero sulla nostra società?
“Coesione sociale”, “solidarietà e
buon vicinato” : sono termini forse un po’ inflazionati, ma corrispondono a delle realtà da costruire, assolutamente non scontate nelle nostre comunità. La
tendenza è per lo più a pensare
agli affari propri, vivere nella
propria gabbia da dove ognuno
può parlare con tutto il mondo,
anche senza conoscere chi abita
nel suo stesso pianerottolo. Il paradosso è che il nostro parlare non
è comunicare, forse senza rendersene conto: la possibilità di contatti che le nuove tecnologie offrono, in un certo senso possono
provocare un senso di esaltazione, quasi di onnipotenza che può
arrivare ad impedire di gustare la
gioia del comunicare guardandosi negli occhi, sentendo la voce
dell’ interlocutore. Per “costruire” coesione sociale, solidarietà e
buon vicinato, bisogna partire
dalla volontà e dalla capacità di
“accorgersi” di chi è vicino a noi
e di aprire un dialogo sulle cose
concrete, che riguardano la quotidianità.
Con Enti Pubblici e Volontariato stai lavorando ad un progetto di “accompagnamento sociale”: dal tuo particolare osservatorio ci puoi anticipare qualche
riflessione?
Ritengo sia bello ed efficace lavorare per progetti, perché attorno ad un particolare tema si
cerca di attivare risorse, sensibilità, aperture di orizzonti…Il progetto implica metodo, quindi un
lavoro pensato, organizzato razionalmente, per tappe, definendo obiettivi, risorse, azioni, verifiche. Non solo gli operatori professionali devono lavorare in
questo modo, ma anche il mondo
del volontariato deve imparare ed
inserirsi in questa ottica di lavoro.
Il volontariato come risposta unicamente emotiva ad un problema,
non può produrre effetti duraturi
nel tempo e può bruciare risorse
umane e materiali importanti. Nel
nostro caso “l’accompagnamento
sociale” (tutor civico) sarà fattibile ed efficace nella misura in
cui si riuscirà a realizzare un
progetto comune. Quello relativo alla singola famiglia verrà costruito insieme: famiglia e volon-
4 • Il Bisbiglio - numero 14 - 2016
tario. Essi possono essere diversi
per età, cultura, tradizione, squadra di calcio, religione, ecc. ma
questo non importa: essenziale
che si riesca attraverso il dialogo
a costruire un progetto condiviso.
Se ciascuno persegue i suoi
obiettivi senza metterli in comune, discussi, condivisi, non si arriva a nulla e si perde una importante occasione di crescita sia per
la famiglia e sia per il volontario.
Le parole chiave sono: responsabilità, dignità e autonomia
come finalità.
Credo che sarà un modo per andare un po’ controcorrente, perché il “tutor civico” rappresenta
un’evoluzione ed una nuova maturità per il volontariato moderno. Si supera il concetto di rapporto tra il ” ricco generoso” ed il
“ povero bisognoso” per arrivare
ad una rappresentazione nuova:
un cittadino che si pone accanto
ad un altro cittadino con pari dignità e lo accompagna per un
pezzo di strada fino a quando la
persona riesce “a camminare con
le sue gambe”.
“Coinvolgere anche persone
nuove”: che cosa viene richiesto a chi volesse dare la propria
disponibilità?
Ho pensato a quali caratteristiche
dovrebbe avere il tutor civico: a)
entrare nell’ottica che non ci si
improvvisa, che non è solo questione di buona volontà, accettare di formarsi, riflettendo anche
su se stesso, sui propri valori, sul
modo di intendere il denaro, sul
concetto e la distinzione tra necessario e superfluo; b) essere
“buoni cittadini”, che pagano le
tasse, non fanno dichiarazioni
mendaci c) avere dentro il con-
cetto di cittadinanza attiva, la
consapevolezza di operare all’interno di un progetto e che il proprio operato ha una ricaduta positiva su tutta la comunità; d) avere
attitudine educativa, buone capacità relazionali, profondo senso
di rispetto verso tutti, atteggiamento non giudicante, osservanza rigorosa della privacy; e) disponibilità, con l’aiuto dei servizi, a lavorare per tappe e in modo
razionale, partendo dall’analisi
della situazione e dei nodi problematici, definendo gli obiettivi,
pianificando le azioni e prevedendo le verifiche: il tutto entro
un tempo prestabilito, che potrà
essere, se necessario, prolungato,
ma non lasciato al caso; f) essere
capaci di vedere la persona “dentro” la sua famiglia, rivolgersi
non solo all’individuo, ma alla
famiglia che con la sua pluralità
di relazioni può arricchire il processo di maturazione e coinvolgere tutti i membri, in modo che
anche i giovani e i bambini “apprendano” qualcosa.
Si dice “la famiglia è lasciata
sola di fronte alle difficoltà”:
quale significato, conseguenze
e come intervenire?
E’ vero, nella maggior parte dei
casi, la famiglia si sente sola nella sua situazione di difficoltà: se
c’è un bimbo piccolo e non si
hanno parenti, se c’è un disabile
o un anziano da assistere, se c’è
un periodo di difficoltà relazionale all’interno della coppia:
spesso non si sa a chi chiedere
aiuto, anzi non ci si sente “in diritto” di chiedere un aiuto. Se hai
i genitori anziani non autosufficienti, sono i tuoi genitori, quindi
la cosa riguarda solo te e se tu ad
un certo punto non ce la fai più e
arrivi fino a togliere o a toglierti
la vita, sembra che per tutti sia
una sorpresa, perché non ti vedevano mai in giro, perché non parlavi con nessuno, non chiedevi
niente a nessuno… E’ la famiglia
l’istituzione portante della società, il più efficace degli ammortizzatori sociali, perché è abitata dagli affetti, dai legami forti. Ma
non può essere lasciata da sola: i
servizi, le parrocchie, i vicini di
casa, gli amici devono far sentire
la loro presenza, il loro riconoscimento e l’aiuto concreto nella
quotidianità. Si deve “fare sistema”, essere capaci di cogliere i
segnali di sofferenza, le richieste
di aiuto anche non espresse chiaramente, ma solo sussurrate, essere capaci di superare il malinteso “pudore” di chi non vuole entrare negli affari degli altri, se
non per pura curiosità: è un nuovo modo di vivere che guarda al
mondo passando dall’apertura
verso i vicini di casa…
Come coniugare il rispetto della persona e la sua crescita con
il porla con chiarezza di fronte
alle proprie responsabilità?
La crescita di una persona o di
una famiglia passa attraverso la
maturazione del senso di responsabilità nei confronti della propria situazione: riuscire a capire
che nella difficoltà che si vive
qualcosa dipende da lui e che,
non è solo un “bieco destino”.
Ritrovare la voglia, la determinazione – aiutati dal volontario – di
riprendere in mano da protagonista la propria vita. Se la persona
si sente responsabile della propria difficoltà, quando sarà riuscita a superarla, si sentirà artefice in prima persona di questo “riscatto”: questo significa dignità.
Convegno
Quale futuro per
la “Laudato sì”?
Avere, potere, essere. Sono queste le tre parole chiave attorno alle quali si è svolto il partecipato e
ricco confronto che l’Unità Pastorale e la Scuola di Pace hanno
organizzato sabato 30 gennaio.
Cuore del confronto, “Laudato
sì”, enciclica sulla cura della casa
comune che Papa Francesco ha
voluto regalare a tutti, credenti e
non. Un’apertura che si è percepita e respirata bene in una giornata interamente dedicata allo
studio e al confronto.
Nella mattinata, circa 300 studenti delle scuole superiori braidesi hanno partecipato a un forte
‘botta e risposta’ nel quale hanno
mostrato l’evidente necessità e
bisogno di creare spazi per il dialogo e per l’approfondimento
delle dinamiche della società moderna. Gli studenti hanno posto
interrogativi a Carlo Petrini, Don
Roberto Repole e Daniele Ciravegna che dal punto di vista antropologico, teologico ed economico hanno cercato di rileggere
l’enciclica evidenziando gli
aspetti rivoluzionari nella loro
semplicità.
Nel pomeriggio, l’incontro ha invece visto il coinvolgimento della cittadinanza e di gruppi e associazioni parrocchiali e di volontariato. Ognuno ha portato il suo
contributo, frutto della lettura
dell’enciclica e della riflessione
collettiva, elaborato quindi partendo da punti di vista molto diversi tra loro. Alle sollecitazioni
hanno poi fatto seguito gli interventi di Don Repole e di Petrini,
ai quali si è aggiunto l’intervento
telefonico dell’economista Stefano Zamagni, purtroppo assente
all’incontro per problemi di salute. Tutti d’accordo sulla necessità
irrimandabile di recuperare gli
aspetti e i valori più veri del vivere insieme per poter davvero proteggere il bene comune. La reciprocità, il dono, il dialogo, la riduzione dello spreco, la prevalenza della relazione e dell’etica
sul profitto. Questa può essere
l’unica strada per riuscire davvero a superare l’attuale modello
economico che, come ricorda
proprio Papa Francesco senza
mezzi termini, uccide.
E dopo il convegno? La vera sfida nasce ora. Viviamo un’epoca
storica in cui a farla da padrone
sono i sensazionalismi, gli slogan
e le notizie a effetto. L’enciclica
di Francesco è stata un fenomeno
mediatico che ha dato un grandissimo spazio al tema della cura
e della tutela della Terra. Specialmente in un 2015 fortemente caratterizzato da un Expo dedicato
proprio a “Nutrire il pianeta”.
L’attenzione oggi è ancora viva?
Il rischio, grandissimo, è di riporre in soffitta un testo che dovrebbe davvero dare lo slancio necessario a riscrivere le regole della
nostra società. I segnali che gli
applausi e l’entusiasmo stiano
cominciando a scemare già ci sono. La profondità della parole papali hanno indubbiamente toccato le coscienze ma si presentano
anche come parole che per la politica e le politiche di oggi sono
molto scomode. Se la politica, a
tutti i livelli, non farà nulla per
dare concretezza ai suggerimenti
della Laudato sì, ci ritroveremo
tra non molto tempo a veder avverate le profezie nefaste di ribellione del nostro pianeta verso
l’uomo. Non possiamo sapere se
siamo ancora in tempo, ma solo
provandoci potremo davvero risolvere questo dubbio.
E se la politica deve fare la sua
parte, la società civile deve necessariamente procedere nella
stessa direzione. Dobbiamo farlo
singolarmente, come famiglie,
come gruppi, come scuole, come
associazioni. Dobbiamo farlo,
perchè lo dobbiamo a quanti verranno dopo di noi, se abbiamo la
capacità di comprendere ancora
cosa significhi assumersi delle
responsabilità. E se vogliamo migliorare il mondo, l’ambiente e la
nostra vita, non possiamo più negare che oggi più che mai, dobbiamo riscoprire il senso del sacrificio, non intesa come rinuncia
monastica, ma come volontà di
partecipare a un processo di redistribuzione nel quale usare ciò di
cui abbiamo effettivamente bisogno e condividere ciò che abbiamo in eccesso. Il messaggio di
Francesco ha bisogno di moderni
profeti capaci di vivere il messaggio e di continuare a diffonderlo e
mantenerlo vivo.
Noi, in quanto cristinai, siamo
chiamati in prima persona a rispondere a questa chiamata, senza se e senza ma e a farci portavoce di un cambiamento necessario
per salvare e salvarci.
Christian Damasco
numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio •
5
Architettura e Liturgia
a cura di Francesca e Dario Zorgniotti
Il portale delle chiese
Quando si parla di porte e portali
“architettonici” il pensiero corre
veloce alla bellezza di quelli che
ornano cattedrali, duomi e chiese.
Essi però non sono solo ingressi
funzionali che decorano ed abbelliscono i nostri templi cristiani.
La porta o il portale della chiesa è
un elemento architettonico che
nella tradizione teologica-liturgica assume un significato profondo: è il luogo di passaggio da una
realtà ad un’altra.
“Sta tra l’esterno e l’interno; tra
ciò che appartiene al mondo e ciò
che è consacrato a Dio” scrive
Romano Guardini
E Gesù stesso si è proposto come
la Porta.
Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo”
(Gv 10,7-9)
Allora la porta che apre l’edificio
chiesa evoca la stessa porta che
apre la Chiesa degli uomini, ossia
Cristo.
Essa ci indica che come si entra
nella chiesa solo attraverso la
porta allora si entra nella Chiesa e
Foto 1
Foto 2
nel Cielo solo grazie a Cristo e
per mezzo di Lui.
L’accesso alla chiesa avviene dal
portale che accoglie il fedele per
accompagnarlo nel percorso della comprensione simbolica del
luogo, dal mondo alla dimora di
Dio.
È un ingresso che non si apre solo
nello spazio ma si apre nel tempo, è la soglia che conduce al Mistero. E’ da lì che si parte per
orientarsi. E’ da lì che ci si dirige
verso l’Altare, verso la Verità,
verso la Gerusalemme celeste.
Il tempio rappresenta il corpo di
Cristo e la porta ne annuncia la
sintesi.
La porta è quindi un elemento
di intensa suggestione, carico di
pregnanza simbolica.
In molti casi le porte sono vere e
proprie “Bibbie parlanti” e sovente anche la geometria ne evoca il significato teologico.
Il portale della facciata rinascimentale in marmo bianco della
cattedrale di Torino (foto 1), dedicata a San Giovanni Battista ne
rappresenta un esempio.
L’apparato marmoreo che racchiude l’ingresso principale è
formato da una figura a base quadrangolare sormontata da un arco
a tutto sesto: il cerchio sopra, ad
indicare il celeste, il divino, e sotto il quadrato, dunque ad evocare
il cosmo, la materia, la condizione terrena.
6 • Il Bisbiglio - numero 13 - 2015
Su questo bel portale, Porta Santa
della diocesi di Torino, avviene
quindi un passaggio geometrico
dal cerchio al quadrato e dal quadrato al cerchio, a suggerirci una
comunicazione tra cielo e terra,
un passaggio dal divino all’umano e dall’umano al divino.
Analoga composizione geometrica accoglie il portale di ingresso della parrocchiale più antica di
Bra, la chiesa di san Giovanni
Battista, costruita nel XVI secolo
(foto 2).
La porta quindi indica il passaggio dal mondo umano a quello divino, dell’umanità messa alla
presenza di Dio.
L’apertura ed il passaggio della
porta caratterizzano il cammino
giubilare. Camminare per entrare
nel mistero di Dio. Attraversare
la Porta Santa per andare incontro a Dio.
“C’è un solo accesso che spalanca l’ingresso nella vita di comunione con Dio: questo accesso è
Gesù, unica e assoluta via di salvezza”. Attraversare la Porta Santa per il credente significa dire
questo, scriveva Papa Giovanni
Paolo II.
Didascalie
Foto 1: Duomo di Torino
Foto 2: Chiesa di S. Giovanni
Battista, Bra
a cura di Emanuele Forzinetti
Storia delle nostre comunità
Sant’Andrea vecchio
Le origini della prima cappella di
Sant’Andrea sono legate alla nascita del borgo sorto sotto il castrum del Monte Guglielmo.
Dalla bolla di conferma di Innocenzo II (1134), il pontefice che
consacrò la chiesa di Santa Croce
di Mortara, sappiamo che papa
Callisto II (1119-1124) aveva
concesso una decina di anni prima ai canonici di Santa Croce la
cappella di Sant’Andrea, ricevuta
in dono da Robaldo de Brayda
che l’aveva fatta edificare nei decenni precedenti.
I secoli XI e XII costituirono il
periodo aureo delle comunità canonicali, che godevano di una
certa autonomia dalle altre istituzioni religiose. Numerose comunità ecclesiastiche furono comprese sotto la denominazione di
Ordine dei Canonici Regolari di
Sant’Agostino, con l’adozione
della sua Regola. I canonici regolari di Mortara erano sorti verso il
1080. All’inizio del XII secolo la
canonica di Santa Croce è considerata vicina alle idee di riforma
promosse dall’ambiente papale.
Gli stessi canonici erano presenti
anche in altre diocesi del Piemonte, ad esempio in quella di
Alba a San Pietro presso Nevias
(Neive).
Anche a Bra i canonici ottennero
per la propria chiesa il privilegio
di amministrare i sacramenti.
Sant’Andrea era così autonoma
rispetto alla pieve situata prima a
Pollenzo, poi a San Giovanni
Lontano. Sant’Andrea era quindi
un priorato “con funzioni parrocchiali”, come riconosciuto ai canonici dal Concilio di Poitiers
(1100). Svolgeva uffici religiosi
per i contadini dipendenti, ma anche per gli abitanti del borgo che
si stava strutturando. Raccolse
presto un gran numero di fedeli,
molto più numerosi di quelli le-
gati alla pieve di San
Giovanni e al priorato di Sant’Antonino,
fondato dai benedettini di Bobbio. I Canonici officiavano
anche Santa Maria
de castro, attestata
nel 1187, sorta sulle
pendici del monte
Guglielmo nella zona del castrum, a servizio dei signori e dei
loro soldati, segno
che il profondo legame tra la famiglia De
Brayda e i canonici si
protraeva nel tempo.
Essi nominarono il
priore di Sant’Andrea sino alla
fine del ‘400, quando il diritto sarà conteso dall’arcivescovo di
Torino. Nel 1497, alla morte di
Giorgio de Marchesiis, al canonico Bernardo l’arcivescovo di Torino contrappose il magister Stefano de Zaramellis, ma Bernardo
uscì vincitore dalla lite. La crisi
era però in atto da tempo, legata
anche alla trasformazione della
canonica di Mortara in commenda. Inoltre, nel 1448 i mortariensi
si fusero con l’analogo ordine lateranense di Roma.
Quando i canonici lasciarono
Bra, all’inizio del XVI secolo, il
Comune chiamò a sostituirli i padri Domenicani, concedendo loro la chiesa Sant’Agostino, con
l’obbligo di costruire un convento. Dal 1544 si mise in atto la suddivisione delle chiese parrocchiali, ma non dei territori; da
quel momento si può parlare di
vera e propria parrocchia di
Sant’Andrea, officiata dal clero
diocesano. Alcuni priori del Cinquecento e del Seicento avevano
cognomi noti, appartenenti alle
famiglie dell’élite braidese, quali
il teologo Ludovico Moffa, don
Pietro Fissore di Montaldo, i teologi Giovanni Antonio Cravero e
Giovanbattista Bonino, don Silvio Guerra del Grione, il teologo
Francesco Mathis.
Nel 1570-71 il Comune deliberò
la costruzione di una nuova chiesa di Sant’Agostino, officiata dal
priore di Sant’Andrea, dietro il
palazzo della Comunità, lungo la
barbacana, in uno spazio in cui
doveva ancora avere inizio l’urbanizzazione. Essa fungeva da
succursale della parrocchiale, in
cui si svolgevano le principali celebrazioni, favorita dalla posizione centrale.
Nel 1572 il priore Pasteri vi trasferì il fonte battesimale e il sacramento. Infatti, la vecchia chiesa di Sant’Andrea era descritta in
pessime condizioni.
Il vescovo Peruzzi nel corso della
visita pastorale del 1584 parlava
esplicitamente di alcuni altari
“indecentia et opprobriosa”.
Toccherà ai priori dell’epoca
provvedere per garantirne la fruibilità.
L’andamento demografico aveva
da tempo favorito la crescita della
comunità di Sant’Andrea.
A fine Cinquecento aveva 2.200
parrocchiani, contro i 700 di San
Giovanni e i 300 di Sant’Antonino. Con lo sviluppo urbanistico
della città la parrocchiale, sempre
più ai margini del nuovo contesto
urbano, era orami di dimensioni
troppo ridotte per accogliere tutti
i fedeli.
L’identificazione di una nuova
sede parrocchiale impiegherà però decenni di pratiche burocratiche con il potere politico. Solo
nel 1817 il teologo Emanuele
Amerano, il sacerdote che avviò
al sacerdozio il giovane Giuseppe
Benedetto Cottolengo, riuscirà a
far trasferire definitivamente la
sede parrocchiale nella centrale
chiesa del Corpus Domini luogo
di culto della Comunità, che da
tempo fungeva da succursale, prima di essere ridotta a usi profani
a fine Settecento.
Sant’Andrea vecchio, ormai pericolante, venne abbattuta poco dopo il 1830. Rimangono il campanile e la sacrestia, ricostruiti nel
primo Settecento, come evidenzia il raffronto tra la pianta del
Theatrum Sabaudiae del 1666 e
il catasto Massone del 1760.
numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio •
7
Speciale Visita pastorale
Mentre il giornale è in stampa
il Vescovo Cesare completa
la sua visita pastorale nella Parrocchia
di Sant’Antonino. Nel prossimo numero del
Bisbiglio altri approfondimenti e foto.
Visita Pastorale d
Con la Croce Rossa durante la serata Associazioni
Incontro con Associazioni e Movimenti ecclesiali
Incontro con Gruppi caritativi
Al Comune di Bra, Consiglio Comunale
Incontro con gli anziani e ammalati
All’ospedale S. Spirito di Bra
Visita alla Abet Laminati
Incontro con la Società Ortolani
Visita ad una famiglia ospitata nelle parrocchie
Visita alla Rolfo
Visita all’Arpa Laminati
Alla scuola “E. Mosca” con rappresentanti
delle Comunità ortodossa e mussulmana
Incontro con i Catechisti
Con i ragazzi del Catechismo a Bandito
Incontro con i giovani
8 • Il Bisbiglio - numero 14 - 2016
del Vescovo Cesare
Speciale Visita pastorale
Alla Scuola Elementare “Gioetti” Madonna Fiori
Alla Scuola Materna di Sanfrè
Alla Scuola Elementare“Levi-Montalcini”
Alla Scuola Elementare San Michele
Visita ai Battuti Bianchi
Incontro al Liceo “Gandino-Giolitti”
L’esperienza della visita agli studenti dell’Istituto Guala/IPSIA
Alla Scuola Elementare di Bandito
Alla Scuola Elementare “E. Mosca”
Visita ai Battuti Neri
Nella sua ampia Visita pastorale il nostro Vescovo Cesare Nosiglia ha incontrato gli studenti
dell’Istituto Guala/Ipsia con una rappresentanza dell’istituto Mucci. Il riscontro è stato tale che
l’Istituto ha dovuto richiedere al Comune la disponibilità del polifunzionale Giovanni Arpino per
gli oltre 150 alunni. La visita dell’Arcivescovo, annunciata alla Segreteria dell’Istituto già da metà gennaio, ha permesso alle classi coinvolte dagli insegnanti di Religione di formulare domande
da porgere al Vescovo. Gli argomenti scelti per le domande spaziavano da dissertazioni profonde
ed attuali, come la morale in generale, la morale Cattolica e la sua applicazione per i credenti, il
perché della scelta di intraprendere una vita religiosa claustrale, l’Enciclica di Papa Francesco
Laudate Si’ e l’odierna e delicata questione delle unioni civili per gli eterosessuali e per gli omosessuali e tutto ciò che ne consegue. Cosi come gli sono state proposte domande di carattere più
“privato”: le prime classi presenti non hanno resistito ad alcune loro curiosità a riguardo dell’adolescenza di Monsignor Nosiglia. Monsignor Nosiglia ha risposto in modo compiuto ed
esauriente a tutti i quesiti proposti dai ragazzi, e ciò ha suscitato più di un applauso spontaneo da
parte loro, tra i quali vi erano, doveroso segnalarlo, anche dei non avvalenti IRC, ossia alunni che
per vari motivi (per esempio di fede non Cattolica o per altre motivazioni) hanno scelto di non seguire il corso di Religione Cattolica. Alcuni di questi alunni in questione lo hanno segnalato all’Arcivescovo prima di porgergli i loro quesiti, e la cosa è stata molto gradita da quest’ultimo, in
quanto il suo forte spirito di ecumenismo è ben scaturito già dalle sue prime battute rivolte ai ragazzi (chi segue Monsignor Nosiglia è ben al corrente della cosa!).
Dopo le domande su tematiche importanti, le classi prime presenti, la 1°C e la 1°D del Guala,
hanno voluto chiedere a Monsignor Nosiglia come reagirono i suoi genitori ed i suoi amici quando annunciò la sua scelta di entrare in seminario! La risposta dell’Arcivescovo è stata più che
esauriente: figlio unico dunque genitori non tanto contenti… amici, in particolare i compagni
della squadra di calcio dove giocava, che non volevano prendere sul serio tale scelta… ma alla fine sia i primi che i secondi hanno capito la sincerità e la serietà di tale sua definitiva scelta di vita!
Il finale di tale incontro è terminato con una domanda spontanea e non preparata da parte di
alcuni studenti: “Ma lei che squadra tifa?”, la risposta di Monsignor Nosiglia è stata spontanea e
diretta “La Sampdoria!!!”…. è stato l’unico momento in cui c’è stato un po’ di disaccordo da parte dei ragazzi! Ma appena l’Arcivescovo ha spiegato le sue origini genovesi è stato perdonato da
un sonoro applauso!
Eric Masala, Insegnante di Religione
Incontro con le Scuole Medie
Incontro con gli alunni del “Guala” e “Mucci”
numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio •
9
Testimonianze
a cura di Edvige Granata
Storia di una vocazione
missionaria
La testimonianza di Padre Francesco Grimaldi,
missionario braidese in Madagascar
In un interessante articolo pubblicato sulla rivista “Cooperazione
vincenziana” P. Grimaldi, salito
alla Casa del Padre il 20 dicembre
scorso, con uno stile fluido e una
narrazione puntuale e particolareggiata, racconta la storia della
sua vocazione missionaria.
Dopo aver ricordato le sue origini
braidesi, parla della sua adolescenza contrassegnata dall’ amore per lo studio e dalla passione
per il gioco del calcio.
Il piccolo seminario della Missione di Scarnafigi fu il luogo in
cui fece esperienza di vita fraterna e maturò la sua vocazione sacerdotale.
Il 1961 fu l’anno della sua ordinazione.
Dopo una breve esperienza come
insegnante di lettere nel Piccolo
Seminario di Casale, nel 1964 arrivò il giorno della sua partenza
in nave per il Madagascar.
Padre Grimaldi ripercorre poi le
tappe più importanti della sua
esperienza missionaria: dal suo
arrivo a Ihosy, dove si dedicò con
impegno ad un periodo di preparazione specifica per lo svolgimento della sua missione, fino alla successiva nomina a Parroco
della cattedrale di Ihosy. Ricorda
le difficoltà riscontrate nell’imparare la lingua locale, nell’adattarsi alla vita e alla mentalità dei
malgasci con la loro tipica tendenza a rimandare all’ indomani
ciò che potevano fare oggi, al disordine e alla scarsa pulizia delle
loro casupole. Ma nonostante le
difficoltà e le modeste risorse a
disposizione, il ricordo della sua
esperienza pastorale è sereno e
positivo.
Dice testualmente: “Fu un tempo
bello. Siccome non c’erano chiese, celebravo all’aperto sopra un
fusto vuoto di petrolio che mi fa-
10 • Il Bisbiglio - numero 14 - 2016
ceva da altare: facevo visita alle
famiglie dei villaggi cosa, che faceva molto contenti i miei malgasciotti perchè per loro era un
grande onore……Alla sera tornavo alla base, stanchissimo”…..
Divenuto Parroco della cattedrale di Ihosy, P. Grimaldi impostò
la sua pastorale con un’attenzione particolare ai giovani che riuscì ad attirare fondando una bella
squadra di calcio e di basket .
Avvicinava pure le famiglie andando a visitarle direttamente
nelle loro case. Ma a Padre Grimaldi furono proposte nuove
esperienze missionarie: nel 1977,
il Vescovo lo inviò a Ivohibè città di 4000 abitanti, quindi 4 anni
dopo a Betroka , una città del sud
di circa 6000 abitanti: continuò a
lavorare con il suo solito metodo: sport per i giovani e incontri con le famiglie.
Ricorda con gioia le tante liturgie
tutte molto partecipate, le vittorie
sportive delle sue squadre e le
opere realizzate con l’aiuto del
comitato parrocchiale: nuove aule per la scuola cattolica, ingrandimento e ammodernamento del
lebbrosario con l’aiuto di Padre
Sorrentino. Ma le sorprese non
Ihosy
(Madagascar),
Padre Grimaldi
con i suoi
chierichetti e con
gli allenatori
di calcio.
erano ancora finite: per il suo spirito di iniziativa e la sua capacità
organizzativa, nel 1985 fu inviato come Parroco nella nuova cattedrale di Ihosy e, nel 2000 divenne Parroco di una nuova chiesa dedicata a S. Vincenzo, sempre nella stessa città che si ingrandiva sempre più.
Insieme alla gioia di tante imprese ben riuscite, P. Grimaldi con
molta schiettezza, esprime anche
il suo rincrescimento per le scarse celebrazioni di matrimoni dovute alla paura dell’indissolubilità del sacramento e al dovere so-
ciale della “fomba” che richiede
di fare una gran festa con molti
invitati…ma… i soldi mancano.
A 80 anni si è ritirato, lasciando il
posto a un bravo Parroco malgascio molto zelante.
Padre Grimaldi esprime il suo
ringraziamento al Signore, Buon
Pastore, che gli ha concesso tanti
anni di ministero.
La storia di questo missionario è
di stimolo per tutti per portare
avanti con fede e costanza il
nostro compito nella chiesa del
Signore.
Padre Grimaldi con alcuni suoi confratelli missionari nel 2012.
Attualità
La Bancarella
Un giorno una mamma mi disse:
maestra Giovanna ho degli abiti,
in ottimo stato, usati dai miei
bambini, posso portarli all'asilo?
Naturalmente ho acconsentito.
Da qui è nata l'idea della “bancarella” di abiti usati per bambino,
a titolo gratuito, alla quale possono accedere tutte le famiglie dell'asilo che ne hanno bisogno, senza chiedere a nessuno, come in
una grande famiglia.
C'è ampia scelta: magliette, pantaloncini, giubbotti, gonne, vestitini, felpe e cappellini.
Certi giorni c'è tanta roba, altri
meno, a conferma che l'idea è
piaciuta e le persone si servono
da sole.
Un grazie a tutte le famiglie che
hanno condiviso l'idea e che generosamente e costantemente
continuano a fornire la “bancarella”. In tal modo si da la possibilità alle famiglie di poterne
usufruire, evitando sprechi, nell'ottica di fraternità e condivisione. Ci è sembrato anche un bel segnale educativo da trasmettere ai
bambini in crescita.
Maestra Giovanna
Periodico - Anno V
Marzo 2016 - Numero 14
numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio •
11
Attualità
Una storia lunga 40 anni!
Rinnovamento nello Spirito Santo - Santissima Trinità, Bra
Eccoci arrivati al 2016! Il gruppo
Santissima Trinità di Bra, che fa
parte del Rinnovamento nello
Spirito Santo, movimento ecclesiale, compirà ben quarant’anni e
con profonda gioia desideriamo
condividere con tutti voi le meraviglie che ha operato il Signore in
questi anni.
Voglio iniziare questa breve riflessione ricordando le parole del
beato Paolo VI che, nel 1975, durante la Messa del lunedì di Pentecoste, ringraziò il card. Leon
Joseph Suenens, dicendo: «Possa
il Rinnovamento carismatico
sparire come tale e trasformarsi
in una grazia pentecostale per tutta la Chiesa… se il Rinnovamento, questa corrente di grazia non
finisce nell’oceano di Dio, nell’amore di Dio, lavora per sé stesso e questo non è di Gesù Cristo».
Negli anni che seguirono, questa
“corrente spirituale”, si è allargata a macchia d’olio ed è giunta
così in Piemonte e quindi anche a
Bra. Qui, uno sparuto gruppo di
fratelli e sorelle, di cui oggi faccio parte, si trovavano insieme
per lodare e ringraziare Dio e per
onorare, amare ed invocare una
potente effusione di Spirito Santo, desiderando sempre più vivere
sotto la Signoria di Gesù Signore.
Attualmente ci incontriamo presso i locali del Santuario Madonna
Fiori tutti i mercoledì alle ore 21.
In questa meravigliosa avventura
non siamo mai stati soli: grazie,
infatti, al sostegno dei nostri Papi
e Vescovi abbiamo proseguito il
nostro cammino spirituale e siamo stati incoraggiati a far amare
la preghiera di lode e a far cono-
scere lo Spirito Santo al mondo.
Papa Benedetto XVI ci esorta:
“Non stancatevi di rivolgervi
verso il Cielo: il mondo ha bisogno della preghiera. Servono uomini e donne che sentano l’attrazione del Cielo nella loro vita,
che facciano della lode al Signore
uno stile di vita nuovo. E siate
cristiani gioiosi!”
Papa Francesco invece si è rivolto a noi, dicendo: “Aspetto da voi
che condividiate con tutti, nella
Chiesa, la grazia del Battesimo
nello Spirito Santo” (Roma, Stadio Olimpico, 1-2 giugno 2014)
Per poter riscoprire la grazia battesimale e venire a contatto con
le realtà fondamentali della fede
viene proposto il Seminario di
Vita Nuova, luogo privilegiato di
un vero e proprio incontro personale con Gesù risorto!
E’ pertanto un richiamo alla conversione, al rinnovamento interiore.
Quest’anno, in particolare, essendo l’Anno Giubilare, il nostro
compito di evangelizzazione è
ancora più significativo. Crediamo che lo Spirito Santo ci invii
nel mondo come discepoli del
Maestro e Signore Gesù presso i
«poveri, prigionieri, ciechi e oppressi» che sono in mezzo a noi e
ai quali «lo Spirito del Signore»
vuole rivelarsi. La corrente di
grazia che scaturisce dal “cuore
misericordioso di Dio”, “lavacro
di rigenerazione”, deve rinnovare ogni persona nello Spirito Santo (cf Tt 3, 5).
Gli incontri del Seminario di
Vita Nuova, si svolgeranno presso il Santuario Madonna dei Fiori
nelle seguenti serate alle ore 21:
• 7 Aprile 2016
Tema: Dio è Amore;
• 14 Aprile 2016
Tema: Il peccato;
• 19 Aprile 2016
Tema: la Salvezza;
• 28 Aprile 2016
Tema: Gesù Signore.
Sarà dedicata una serata di preghiera penitenziale con possibilità di confessione il 5 Maggio
2016.
Verrà proposto, inoltre, una giornata di ritiro spirituale, domenica 8 maggio 2016, dedicata in
particolare alla Preghiera di Effusione dello Spirito Santo.
Tali incontri sono aperti a tutti.
Non ci sono vincoli di partecipazione e non c'è alcuna spesa da
sostenere.
Vogliamo esclusivamente dare a
tutti la possibilità di fare quest'esperienza, che a noi ha cambiato la vita: “Convertirsi in uomini e donne nuovi, questo è il
Battesimo nello Spirito” (Papa
Francesco – Roma, Piazza San
Pietro, 3 – 4 luglio 2015).
Gruppo Santissima Trinità
di Bra
12 • Il Bisbiglio - numero 14 - 2016
a cura di Mattia Savigliano
Musica e cultura
Parrocchie
e Santuario
La musica
sveglia i sensi
La Madonna apparsa a Guadalupe (Messico), ad un giovane indio, lo rincuorava così: “Che c’è
figlio mio? Che cosa rattrista il
tuo cuore? Non ci sono forse qui
io, che ho l’onore di essere tua
madre?” . I santuari sono proprio
il luogo in cui questa tenerezza
della Madonna si fa più vicina e
sensibile, favorita anche da un
clima di preghiera e di devozione
più fervorosa e prolungata.
La Parrocchia (vicino alle case,
alle famiglie) segue passo passo
il cammino del cristiano dal giorno del Battesimo alla crescita da
adulti, ma la Chiesa è una casa
dalle mille porte ed i santuari non
legati né al territorio né ad un ambiente particolare possono essere
veramente una porta di accesso
alla Chiesa, di incontro con Cristo in modo diverso e continuativo ma insieme, non alternativo,
alla Parrocchia. Sono venuto al
Santuario Madonna dei fiori in
Bra da poche settimane per dare
un aiuto nel periodo di malattia
del rettore don Sergio.
Anch’io, come ogni prete, ho obbedito al Vescovo che dal Santuario della Consolata in Torino mi
ha chiesto di venire, momentaneamente, a collaborare in questo
Santuario.
Il santuario della Consolata a Torino è il cuore della devozione
mariana della città, da secoli luogo di preghiera per ognuno e per
tutti, luogo di incontro con Dio e
con i fratelli, luogo di riconciliazione con Dio e con i fratelli nel
Sacramento della Confessione.
Venendo a Bra ho visto che, anche
da secoli, il Santuario Madonna
dei fiori è altrettanto un punto di
riferimento non solo per la città
ma anche per i paesi vicini.
È un luogo di preghiera più lunga
e distesa, luogo di affidamento
alla Madonna perché, come dice
la preghiera, “faccia crescere nel
nostro cuore, a volte sterile,qualche bel fiore di bene”. Diceva il
Papa recentemente: “Andare in
un Santuario è affidarsi con semplicità all’intercessione della Vergine Maria, è portare con sé la
propria storia, la propria fede, le
luci e le ombre della propria vita;
è portare un desiderio speciale ed
una preghiera particolare”.
Ho visto, con piacere, che un
buon numero di persone generose
assicurano tanti servizi indispensabili per il buon funzionamento
Quante volte ci troviamo insieme
per celebrare l’Eucaristia e
immancabilmente, quelli che
animano la liturgia non smettono
più di cantare, suonare,
aggiungere strofe ai canti,
cantare il ritornello al gloria, al
salmo, il mistero della fede, … e
noi siamo lì che ci chiediamo il
perché di tutto questo “riempire
i buchi” della celebrazione con
il canto.
Riempire i buchi? Ma… il suonare e il cantare nella liturgia,
non è come quando siamo costretti ad ascoltare la “musica
passiva” in un centro commerciale o all’aeroporto. “La liturgia non è uno show, uno
spettacolo che abbisogni di
registi geniali e di attori di talento[…]” scriveva Benedetto XVI.
dell’insieme (pulizie, segreteria,
ufficio, liturgia…).
È grazie a loro che il santuario è
accogliente e, all’interno e all’esterno, curato e pulito.
La devozione alla Madonna si
esprime anche nel lavoro che viene svolto da questi volontari e da
quanti decidono di impegnarsi in
prima persona, ed a volte con sacrificio, perché tutti quelli che
entrano in chiesa possano sentirsi
accolti e trovarsi a loro agio.
Il Santuario è anche un luogo di
celebrazione del Perdono di Dio.
La confessione o Sacramento del
Perdono o della Riconciliazione:
sono tanti nomi per indicare la
bella realtà della Misericordia di
Dio che non si stanca mai di perdonarci.
Tante sono le ferite che, nella nostra vita, devono rimarginarsi.
Si dice “Farsi male è un momento, guarire ci vuole tempo”.
Questo vale anche per la vita spirituale: quanto tempo ci vuole per
ricucire, tessere nuovi rapporti
col prossimo, perdonare e lasciarci perdonare, curare le piaghe profonde di un peccato grave
e quanto è necessario l’intervento
divino che ci riporti a noi stessi, a
Dio e agli altri.
Buon Giubileo della Misericordia a tutti sotto la protezione della
Madonna dei fiori!
Don Renzo Gariglio
Esercizio: Andiamo in chiesa
e sfogliamo il libretto rosso
“Nella Casa del Padre”.
Questo libretto non è messo nei
banchi per arredamento ma è stato voluto per farci sentire Chiesa.
Aprendolo possiamo vedere, vicino ai numeri di pagina, delle
scritte che ci dicono dove si possono utilizzare i canti. Scopriremo l’esistenza di musiche per
ogni tempo e parte della liturgia.
Consiglio: al termine della lettura
NON portiamo il libretto a casa
ma riponiamolo nel banco dove
ci sarà utile in altri momenti, come nel cantare la Messa.
Ricordo ancora quando i miei docenti all’Istituto Diocesano di
Musica e Liturgia insistevano nel
dirci che una Messa è “solenne”
non quando viene un Vescovo o
un Cardinale ma, quando tutta
l’assemblea partecipa attivamente alla liturgia.
Nei prossimi numeri proveremo
ad andare alla scoperta del canto
nella liturgia ma ora, vi voglio riportare alcuni dei consigli scritti
dal mio maestro don Carlo Franco, per un articolo uscito sulla
“Voce del Popolo” nell’aprile del
2011 dove si parlava del canto
nel Tempo di Pasqua.
Cantare meglio; magari mettendoci un pizzico in più di entusiasmo e di voglia di cantare; magari
pronunciando meglio le parole,
quasi per masticarle e gustarle
meglio…
Cantare sorridendo; sia perché
i motivi per farlo ce li da’ la Pasqua, sia perché ci apre di più alla
speranza, sia perché sorridendo i
muscoli facciali si rilassano e si
canta molto meglio…
Cantare più veloce; soprattutto
le acclamazioni (Alleluia, Santo,…); le nenie e le lagne non aiutano ad esprimere gioia ed esultanza; evitiamo quel difetto, troppo diffuso nelle nostre chiese, di
“trascinare” i canti rendendoli insopportabili…
Cantare canti conosciuti; per
poter agevolmente cantare tutti;
perché il cantare sia anche un
esercizio di reciproca accoglienza; per rispettare le diverse sensibilità presenti nella Comunità…
Cantare pensando; facendo attenzione alle parole che si stanno
pronunciando, al loro significato
spirituale…
Cantare pregando; senza dimenticare – dulcis in fundo – che
tutte queste attenzioni non sono
indirizzate verso il vuoto, ma sono il nostro colloquio con Dio, sono il nostro parlare a Lui con amore e riconoscenza. Un parlare che
nel canto fatto bene diventa veramente un “pregare due volte”.
Buon in-canto della Pasqua!
numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio •
13
Vita parrocchiale
Anagrafe
Sant’Antonino
Anagrafe
S. Andrea
Anagrafe
San Giovanni
BATTESIMI
BATTESIMI
BATTESIMI
SANTONE Damiano
GIACHINO Nicolò
VONA Nicholas Ray
VINCIGUERRA Noemi
PLEPI Rikardo
BERTOLI Anita
GILETTA Achille
LENARDUZZI Luca
STUPIA Edoardo Lorenzo
GABUTTO Matteo
DEFUNTI
BOSIO Simone
PANEBIANCO Luigi
PALOCI Luis
FOGLIATO Matteo
DEFUNTI
MESSA Giovanni Battista
SENATORE Luigi
PANERO Sergio
Padre GRIMALDI Francesco
BURDESE Emilia
RACCA Antonio
ABRATE Rosa
VIALE Cesarina
MARENGO Germana
NIGRO Ettore
CERONE Maria
COSTAMAGNA Catterina
POVIGNA Lidia
BARBERO Stefano
ROVERE Francesco
FISSORE Caterina
PANERO Secondo
DALLORTO Maria
TIBALDI Domenico
SCARDAMAGLIA Giovanni
MULASSANO Anna
CHIARLO Dario
ALASIA Rosa
FERRERO Agostino
BOTTA Antonio
CRISTIANO Antonietta
PATRITO Maddalena
ORICCO Mario
SAMMARTANO Maria
GANDINO Pietro
GATTINO Paola
MAGNONE Pietro
FISSORE Lidia
BUSSO Tomaso
MARTUCCI Francesco
14 • Il Bisbiglio - numero 14 - 2016
PEROTTI Laura
PROGLIO Luigi
FERRERO Marisa
BRUNO Claudia
ALLOCCO Tomaso
MOBILIA Secondina
ALBERIONE Giovanni
CAVALLOTTO Giuseppe
LISA Maria
TOFANO Luisa
NERVO Ginevra
NEGRI Vittoria
ROSA Lucia
TERNAVASIO Francesco Giuseppe
PUTETTO Bianca
MOLINO Ettore
GIAMPÀ Sofia Martina
OTTAVIANO Matilde
GURRISI Sofia
GRILLO Lorenzo
TROPINI Martino
MURAZZANO Giulia
CIRAUDO Krizia
VIGNOLO Giovanni
OLOCCO Nicole
BONGIOVANNI Edoardo
TESTA Elisa
ARENA Alessio
PRENDI Angelo Maria
ALESSIO Bianca
VIGLIOGLIA Davide
DEFUNTI
FIORENTINO Maria
DALMASSO Catterina
GHIGNONE Gianluigi
OMETTO mario
BEALESSIO Teresa
BOASSO Sofia
TARICCO Antonio
PETITI Maria
BULZOMI Salvatore
ALBRI Vittoria
GACCETTA Pasuale
LOMBARDI Martino
FRANCO Mario
CONTERNO Onorina
COPPOLA Etnina
ARIONE Lorenzo
DO Maddalena
MACCAGNO Michelina
BARBERO Luciano
SCARZELLO Primo
SETTE Sergio
SIMONE Giuliano
VAIANO Raffaele
BRIZIO Armida
FORNERIS Maria Luisa
TESTA Caterina
CANAVERO Bernardo
MOLLO Antonio
SOANA Vera
MILANESIO Francesca
GANDINO Antonino
DROGO Elisa
BADELLINO Domenica
MARENGO Margherita
PIUMATTI Giacomo
RAINERO Giorgio
BERGESE Margherita
SACCATO Maddalena
VAYRA Maria
CRAVERO Paolo
FICICCHIA Angelo
ABRATE Lorenzo
MANNELLA Alfonso
BERARDO Olga Pierina
PARASOLE Filippo
FONTI Emilio
BERTOLI Aurelio
BERTELLO Michele
BAMBINO Maria concetta
DOGLIANI Gianfranco
MALTA Giuseppe
MATRIMONI
Anagrafe
Assunzione
Vergine Maria
Bandito
BATTESIMI
CAGLIERO Nicholas
CAGLIERO Thomas Pietro
CRAVERO Nicolò
LA MANTIA Giorgio
SCARZELLO Nicole Chiara
VINCI Francesco
TESTA Federico
VIBERTI Giorgio
DEFUNTI
CAPELLO Giuseppe
CASTAGNO Mario
COZZITORTO Rosina
FISSORE Giulio
FISSORE Maddalena
LIPUCCI Rosa
LONGO Mario
MARRA Fabio
MILANESIO Giuseppe
MILANESIO Maria
SANSOLDO Lorenzo
MONTÀ Emanuele e MINA Alessia
PICCO Nadir e CALONICO Ilaria
MILANO Massimiliano e LEO Alessia
MONTÀ Alex e CRAVANZOLA Elettra
MULASSANO Davide e PAPATI Emanuela
DOGLIANI Luca e OLOCCO Elisa
ALLUVIONE Daniele e GHIA Nadia
RIVIERA Pierpaolo e CORAGLIA Federica
SOLLIMA Gianluca e COSTA Stefania
Letto per voi
a cura di Christian Damasco
Visto per voi
Darwinomics
La corrispondenza
La Grande recessione ha gettato
in crisi l’Occidente e messo in ginocchio sia il dollaro, sia l’euro.
Allo stesso tempo la Cina avanza
sulla base di un modello che coniuga partito unico maoista e industrialismo capitalista.
A causa degli effetti della «febbre
gialla», centinaia di aziende spostano oltre Muraglia le loro fabbriche e centinaia di migliaia di
europei e americani restano senza lavoro. E ciò avviene mentre
la domanda globale crolla, trascinando con sé lo smantellamento
dei sistemi di spesa sociale.
Per uscire dalla crisi l’Occidente
deve inventarsi un nuovo modello di sviluppo economico. Con
frizzante ironia e una straordinaria capacità di descrivere drammaticamente il momento storico,
Umberto Sulpasso fa dialogare
Mr Darwin con Kafka, B-liar, il
presidente Obama, Galileo Galilei, Isaac Asimov, Niccolò Machiavelli e il Principe.
Un viaggio oltre lo spazio e il
tempo che lo porta a formulare
una proposta per affrontare la crisi: la Darwinomics, l’unica strada praticabile nel prossimo futuro per combinare sviluppo e sopravvivenza.
In alternativa, potrebbe presto
scatenarsi un apocalittico conflitto geopolitico globale per la gestione delle risorse dalle conseguenze devastanti.
In Darwinomics si riafferma la
Le stelle, nel nostro immaginario,
corrispondono ad una realtà immobile e fissa, da sempre pronte
ad accompagnare il genere umano nel proprio percorso sulla terra. Ma anche le stelle, inesorabilmente, vanno incontro ad una loro fine. Può qualcosa di immortale incontrare un ostacolo invalicabile? E capita anche all’amore?
L’ultima fatica cinematografica
di Giuseppe Tornatore, La Corrispondenza, sembra cercare proprio delle risposte a queste domande, nel raccontare la storia
d’amore tra il matura professore
d’astrofisica Ed Phoerum (Jeremy Irons) e la sua giovane studentessa Amy Ryan (Olga Kurylenko) che riesce a pagarsi da sola
gli studi lavorando come controfigura nelle scene d’azione sui
set. Sprezzante del pericolo, la
ragazza sembra però nascondere
in tal modo qualche oscuro ricordo del suo passato, mentre la distanza geografica nel rapporto
con Ed cresce sempre di più e i
due sono costretti a comunicare
via Skype e attraverso messaggi
di posta e lettere, che Ed invia di
frequente ad Amy sorprendendola. Ma quando all’improvviso la
donna non riesce più a contattare
il professore, l’unica traccia che
le rimane sono proprio quelle lettere, per capire dov’è finito l’uomo e come fa ad esserle sempre
così vicino nonostante tutto.
necessità impellente di un’evoluzione dell’Homo sapiens in Homo cognoscens, un vero e proprio passaggio biologico che implica una diversa capacità di produrre a partire da una nuova economia della conoscenza.
Sebbene pubblicato nel 2011,
Darwinomics rappresenta ancora
un testo molto attuale.
La conoscenza deve necessariamente tornare a occupare un posto di rilievo nella società del
giorno d'oggi. Quando si parla di
conoscenza, si intende sia una
conoscenza pratica e manuale
che una conoscenza approfondita
e di base.
La soluzione a problemi e questioni di complessità sempre crescente può essere individuata solamente all'interno di una comunicazione sempre più stretta e vicina tra settori diversi di studio.
Le teorie economiche stanno dimostrando di non poter dare le risposte necessarie ai tempi moderni e ostinarsi rischia di rendere irreversibile la crisi.
Siamo ancora in tempo per invertire la tendenza?
Solo provando a cambiare, potremo trovare una risposta a questo
interrogativo e la Darwinomics si
propone come utile guida per studiare e riconoscere nel passato
quei segni che si ripresentano oggi e si ripresenteranno in futuro.
La pellicola è un’ampia riflessione sui misteri del cosmo, della fisica, dell’amore, della vita, della
morte ma soprattutto della comunicazione: già il titolo – La Corrispondenza – evoca uno scambio
fitto di messaggi non tanto virtuali, quanto cartacei. La tecnologia aiuta ad abbattere le distanze,
ma è nella lettera sconosciuta relegata all’interno di una busta che
si nascondono segreti, piccoli oggetti, misteri che rendono affascinanti i massimi sistemi elencati
precedentemente. Nel film, il reale assume delle sfumatura misteriose ed inquietanti, uno strano
senso di attesa sembra aleggiare
sulle teste dei protagonisti – qui,
nel caso specifico, grazie pure alla fascinazione esercitata dalle
teorie astrofisiche sulle altre dodici versioni di ognuno di noi che
esisterebbero in altrettanto, sconosciute, parti dell’universo –
permettendo così ad una prima
parte della narrazione di avere un
tono sostenuto, un crescendo di
tensione man mano che il mistero
della scomparsa del professor
Phoerum si infittisce.
Purtroppo però, l’enigma si risolve presto lasciando il posto ad
una riflessione più ampia sulle relazioni e sull’Amore, su cosa resta quando finisce un amore (ostinato) e se siamo, sempre, davvero
disposti a chiudere con quest’ultimo.
numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio •
15
Settimana Santa e
Triduo
di Pasqua
20-27 marzo 2016
Lunedì
Ore 21,00 S.Antonino M.
LITURGIA PENITENZIALE CITTADINA
Mercoledì Santo VIA CRUCIS
Ore 21,00 partenza dalla Chiesa di S.Andrea A., con stazioni:
Battuti Bianchi, Frati Cappuccini, S.Antonino M.,
Battuti Neri, S.Giovanni B.
In caso di maltempo la Via Crucis sarà celebrata in S.Andrea.
,
Giovedì Santo IN CŒNA DOMINI
Ore
Ore
Ore
Ore
15,30
18,00
18,30
21,00
Ospedale.
Salesiani, Clarisse, S.Maria degli Angeli (frati).
S.Giovanni B., Santuario Madonna Fiori.
S.Andrea A., S.Antonino M., Bandito, Bescurone.
Venerdì Santo
CELEBRAZIONE DELLA
PASSIONE DEL SIGNORE E
ADORAZIONE DELLA CROCE
Ore
Ore
Ore
Ore
Ore
15,30
16,00
18,00
18,30
21,00
Ospedale.
Clarisse.
Salesiani, S.Maria degli Angeli (frati).
S.Giovanni B, Santuario Madonna Fiori.
S.Andrea A., S.Antonino M., Bandito.
Sabato Santo
VEGLIA DI PASQUA
NELLA NOTTE SANTA
Ore 21,00 S.Andrea A., S.Antonino M., S.Giovanni B., Bandito,
Santuario Madonna Fiori, Salesiani.
Ore 21,30 Clarisse.
Domenica
PASQUA DI RESURREZIONE
Orario delle SS. Messe festivo solito
16 • Il Bisbiglio - numero 14 - 2015
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