Anno 6 - numero 14 Marzo 2016 Il Bisbiglio è anche on-line www.parrocchiebra.it Editoriale Etica della Parola SPECIALE VISITA PASTORALE Alle pagine 8 e 9 Per fare un giornale si usa la parola scritta, ma prima viene elaborata dalla mente, meditata, rivista, per poter “parlare” con un interlocutore altro che lo scrivente non vede, ma sa che c’è. Anche un giornalista tv sa che la sua parola attraverso la lucina rossa di una telecamera arriva a centinai, fino a milioni di persone. E sappiamo che in un modo o nell’altro, consapevoli o no, quella parola, utile e talvolta vuota e urlata, viene in qualche modo gettata come un seme in ciascuno….e che frutto darà? Può alimentare odio, può creare un senso di compassione, di desiderio di metterci la faccia per una causa giusta, o semplicemente farci fare zapping, gettare un giornale nella raccolta carta e, forse peggio, in taluni casi lasciarci indifferenti a problematiche serie. Mai come in questo tempo, grazie ai nuovi media, siamo letteralmente bombardati di parole, parole, parole… Segue a pagina 2 ALL’INTERNO: Piove sul cupolone di Gian Mario Ricciardi pag.2 Il ramo del mandorlo Nuova rubrica L’anello mancante pag.3 L’intervista pag.4 Architettura e liturgia Sant’Andrea vecchio pag.7 Speciale Visita Pastorale del Vescovo Cesare Nosiglia Attualità Letto e visto per voi Programma Settimana Santa pag.6 pag.8,9 pag.11,12 pag.15 pag.16 Cristo è risorto! Alleluia! Buona Pasqua Attualità Piove sul Cupolone Nei giorni della Madonna di Lourdes il papa ha incontrato il patriarca russo. Un abbraccio che cambierà anche i nostri sguardi e i nostri gesti verso coloro che da dieci anni popolano le nostre vite, gli ortodossi venuti da Romania, Polonia, Macedonia, Ungheria, ex-Jugoslavia, Serbia, Croazia, Bulgaria e Albania. Pioveva quel venerdì 12 febbraio che ormai è storia e io ero a Roma, solo, in piazza San Pietro. Ho visto acqua e vento sul cupolone quasi a voler cancellare un secolo d’incomprensioni. Le luci spalmate sulla facciata di san Pietro sembravano voler allontanare falsità e cattiverie. Il papa e il patriarca s’abbracciavano mentre sulla piazza, - erano le otto di sera di un venerdì freddo e, a tratti mi- naccioso – due suore s’affrettavano verso la porta di sant’Anna. Pioveva su Roma mentre passavano sulle tv di tutto il mondo le immagini dell’ecumenismo del sangue, perché i due leader religiosi si sono affiancati per fermare il massacro in Africa e Medioriente dei cristiani. Due mondi paralleli , finalmente, s’incrociavano, illuminavano la notte e rendevano più chiaro il giorno. Incontro storico che entrerà nella storia personale di un miliardo di persone, quelle che con la grande crisi si sono trovate accanto a gente diversa ma con le stesse preghiere, lo stesso credo manifestato certo con atteggiamenti ravvivati da una tradizione ortodossa, ma immersi nel medesimo “mistero della fede”. Li ab- Dalla prima pagina Etica della Parola Dovremmo diventare allora forse più consapevoli, io per primo … ahimè, che responsabilità della parola significa che la parola che io pronuncio, scrivo, non è più mia, diventa dell’altro; ogni atto di parola è un atto etico in cui siamo chiamati a rispettare l’altro, cioè il destinatario della parola; siamo chiamati a rispettare noi stessi che pronunciamo parole; colui che parla se mente, e mente coscientemente per manipolare per ottenere un consenso, per ottenere certi fini, svilisce anche se stesso. Si offende la propria dignità di uomo, ma poi è etico anche nei confronti della parola. La parola va quindi rispettata, anche se scritta in un piccolo giornalino come il nostro; vi è quindi una dimensione etica di ogni atto di parola. Importante discernere se le parole che ognuno di noi pronuncia fanno del bene alle persone a cui sono rivolte, o se invece sono parole che affermano il proprio io e le proprie idee, se sono pronunciate per paura di un vuoto o di un imbarazzo, diceva un monaco di cui non ricordo il nome. Un detto dei padri del deserto così recita: Un giorno un fratello interrogò abba Poimen dicendo: “È meglio parlare o tacere?”. Gli disse l’anziano: “Chi parla a motivo di Dio fa bene, e 2 • Il Bisbiglio - numero 14- 2016 di Gian Mario Ricciardi chi tace a motivo di Dio fa ugualmente bene”. Il detto di abba Poimen esorta a parlare e a tacere “a motivo di Dio“, dunque a non fare né dell’una né dell’altra azione un idolo, qualcosa che abbia valore in se stesso, ma piuttosto un mezzo di comunione con Dio e con gli uomini. Pensiamo come redazione che da queste pagine devono giungere ai lettori parole che sgorgano dalla Parola e ad essa indirizzano. Inizia da questo numero una nuova rubrica, intitolata il Ramo del mandorlo, che in questo anno avrà il sottotitolo: parole utili per l’anno della Misericordia. La Parola del Signore si è fatta sentire mediante i profeti, tra i quali Geremia: «Mi fu rivolta questa parola del Signore: “Che cosa vedi, Geremia?”. Risposi: “Vedo un ramo di mandorlo”. Il Signore soggiunse: “Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla”. Nel cristianesimo la mandorla rappresenta Cristo, la cui natura divina rimane nascosta, velata dalla natura umana, e ancor prima, nel corpo della Vergine: Lui è la Parola realizzata, salvifica! Buona lettura e Buona Pasqua! Giorgio Fissore biamo guardati per tanto tempo con troppa diffidenza e qualche sospetto prima di scoprirci con le mani giunte, accanto a loro, nelle chiese che abbiamo loro prestato, nelle case che abbiamo loro aperto, a pregare lo stesso Dio. Come Francesco e Kirill anche noi saremo più fratelli. Loro a l’Avana, paese di quel comunismo che è vissuto (con tante colpe) accanto agli ortodossi per anni e ha imposto invece con il martiro il silenzio alla chiesa cattolica, la chiesa del silenzio. Ecco i paradossi della storia di cui è difficile cogliere profondità e grandezza. Quella sera a Roma si scioglievano le nuvole e si aprivano i primi squarci alle stelle mentre Francesco e Kirill ritrovavano la comunione nel sottolineare l’occasione perduta dall’Europa nel non voler sottolineare “le sue radici cristiane”. E oggi a guardare l’incredibile freddezza di certe nazioni (Austria,Ungheria, ecc) verso l’esodo biblico di chi cerca pane, lavoro, vita, molte cose si capiscono meglio. Il capo di un miliardo di fedeli si stringeva accanto al patriarca di 150 milioni di fedeli, 157 diocesi, quasi trentamila parrocchie. La chiesa senza Papa perché acefala (cioè l’insieme di tante chiese nazionali presenti nel Santo Sinodo) firmava un appello per l’Europa, per la famiglia naturale, perché si fermi il massacro di cristiani nei continenti e si costruisca la pace. Il suo e quello di Francesco sono stati un gesto forte nell’isola che ha rischiato di far scattare la scintilla di una guerra mondiale spenta anche grazie a Giovanni XXIII (erano gli anni sessanta ed era la crisi della baia dei porci), tanto più che è avvenuto mentre sulla terra si combatte la terza guerra mondiale a pezzi (come dice Francesco), mentre Putin cui non è mai mancata la sintonia con i Pope duella con Obama, mentre i criminali fanatici del cosiddetto Califfato e di Boko Haran incendiano chiese ed uccidono cristiani, mentre in Medioriente dove regna l’altro grande patriarca, quello di Costantinopoli, troppi burattinai cercano di ridisegnare la geografia degli Stati. Quanta storia, in quell’incontro, s’intrecciano su quel documento firmato da Francesco e Kirill. È la storia che si è espressa là, ma in realtà è passata nei nostri cuori. Vedrete, cancellerà troppo lunghe freddezze e sorrisi negati ai fratelli di fede. Ci farà sentire più uguali nella diversità dei gesti e delle tradizioni: quelle parole a l’Avana sia pure lentamente muteranno anche il nostro sguardo, dissiperanno paure (molte volte giustificate da cose non belle che sono successe e che accadono ancora purtroppo) e ci faranno più attenti a ciò che unisce che a ciò che divide. I loro pope e i nostri sacerdoti. Quell’incontro cambierà le nostre vite e insieme metteremo in piedi il secondo tempo del film: quello non degli ortodossi e dei cattolici, ma semplicemente dei cristiani, per la stessa strada. Gian Mario Ricciardi Rubrica Il Ramo del Mandorlo - Parole utili per l’anno della Misericordia La gratitudine Leggo su Avvenire del 27 febbraio un articolo dello storico, specializzato in storia medievale, Franco Cardini. L’articolo riguarda alcune recenti pubblicazioni su Matilde di Canossa, la cosiddetta “contessa di ferro”, che regnò su gran parte dell’Italia a cavallo tra l’XI e il XII secolo. Tra le altre interessanti notizie concernenti questo importante e potente personaggio del nostro passato, resto colpito dal motto riportato sul suo stemma ducale: “Mathilda, Dei gratia si quid est”, che Cardini traduce: “Matilde che, se è qualcosa, lo deve alla grazia di Dio”. Non entro nel merito delle intenzioni che possono aver ispirato la duchessa nella scelta di queste parole, vorrei però sottolineare la mentalità che queste rivelano. Una mentalità che mi pare oggi praticamente scomparsa o perlomeno, messa fortemente in ombra, dall’idea, dominante nel secolo appena trascorso e ancora molto presente nell’attuale, che, se l’uomo riesce in qualche cosa nella vita, lo deve solo a se stesso, alle sue capacità, ai suoi meriti, ai suoi successi, sempre e soltanto suoi. Il mito nord americano del self made man, dell’uomo che si costruisce da solo, ci ha influenzati più di quanto ne siamo consapevoli, con il risultato di mettere gravemente da parte, l’indispensabile apporto di cui necessita la vita di ogni persona. Nessuno nasce da solo, nessuno può darsi (e forse neanche togliersi!) la vita da solo, tutti veniamo al mondo segnati da una radicale dipendenza, gli uni dagli altri. Per i credenti tale costitutiva dipendenza, rimanda a una unica fonte, a una unica sorgente, che si trova nel cuore del Padre. In quella radice comune i credenti riconoscono l’origine dei loro legami, la dipendenza che li unisce e fa di essi una sola famiglia, un solo fascio di legami, in cui le differenze non sono altro che il frutto della fantasia creatrice del Padre, come un bellissimo prato di montagna, dove la bellezza è data dalla differenza dei fiori, ognuno diverso dall’altro e ciascuno dipendente dall’altro. Se un fiore potesse parlare, pro- babilmente la sua prima parola sarebbe: grazie! Infatti usiamo normalmente il linguaggio dei fiori per esprimerci reciprocamente gratitudine, apprezzamento, riconoscenza. La mentalità che rivela lo stemma di Matilde, è segnata dalla dipendenza che diventa gratitudine: se sono qualcosa, lo sono per grazia. Grazia e gratitudine sono parole che si sposano bene insieme, quasi come se la prima fosse la causa della seconda. Quasi come se la grazia riconosciuta, il dono di Dio di cui ciascuno è personalmente dotato, avesse come ricaduta naturale, la virtù della gratitudine, la capacità di ringraziare, come segno del riconoscimento dell’importanza dell’altro nella mia vita. Esercitare la gratitudine, mi pare di capire, è un primo, umile passo, per lasciarci abitare dalla grazia della Misericordia. Magari non solo in questo anno santo ad essa dedicato. don Giorgio L’anello perduto L’esperienza fossanese a servizio di persone separate/divorziate sole, oppure unite in matrimonio civile o conviventi L’esperienza del progetto “L’anello perduto” nasce a Fossano nella primavera del 2009, su mandato del Vescovo mons. Giuseppe Cavallotto, e del Consiglio Pastorale Diocesano: l’obiettivo era quello di mettere in campo la visibilità di una presenza cristiana ospitale e benevola nei confronti di chi, dopo un’esperienza matrimoniale fallita, ora vive la separazione, il divorzio o una nuova unione di coppia. Col passare del tempo il progetto si è avvalso della collaborazione degli Uff. Famiglia delle Diocesi di Cuneo, Mondovì e Saluzzo. Nel suo svolgersi, questo percorso ha mantenuto la caratteristica di non essere disegnato a monte o a prescindere dall’incontro effettivo con chi ha vissuto questo tipo di distacco, piuttosto è stato sviluppato con linguaggi differenti, e a partire dalle proposte emerse nei numerosi contatti realizzati: il risultato è stato quello di un’esperienza creativa, che probabilmente non ha preso in considerazione tutte le sfaccettature del problema, ma che ha saputo affrontarne alcune tra le più urgenti. Nell’autunno scorso si sono realizzate alcune serate di laboratorio con una ventina di persone separate o divorziate, che non hanno avviato una nuova relazione di coppia, gestite da una professionista dell’Istituto di Psicologia Individuale “A. Adler” di Torino: nel percorso, con l’ausilio di tecniche attive e momenti di confronto, si sono condivise emozioni, fatiche e prospettive, nell’ottica di ritrovare radici e percorsi di significato, per riprendere in mano la propria storia. Ora il gruppo procede nelle attività con proposte di formazione sulla gestione dei figli, con alcune Celebrazioni della Parola, ma anche momenti di condivisione e festa: l’ultimo in ordine di tempo è stato il giorno di san Valentino a Bernezzo. Una attenzione differente è stata posta alle 9 coppie unite in matrimonio civile o conviventi con le quali è attivo un percorso mensile da diversi anni; durante l’incontro in gruppo, le coppie sono abituate a raccontarsi e grazie agli stimoli offerti, invitate a rileggere la propria storia alla luce del Vangelo; a dicembre è stato loro dedicato un pomeriggio di spiritualità presso il Santuario di Cussanio. Ora tutte le diverse componenti del progetto diocesano, accompagnate dal Vescovo mons. Piero Delbosco, attendono di essere ricevute in Udienza da Papa Francesco. Al Papa infatti è stata inviata una lettera in cui si racconta questa esperienza e si chiede un’udienza. Lo scorso 30 gennaio ha telefonato al coordinatore diocesano il diacono Paolo Tassinari, invitandolo a proseguire nella iniziativa. Al progetto chiunque può partecipare, quindi anche la comunità cristiana di Bra. Per avere informazioni sulle iniziative (che in autunno inaugura le proposte consentendo a nuove persone di iniziare il percorso), è sufficiente scrivere a: [email protected] numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio • 3 Nel sociale a cura di Gianni Fogliato Intervista a Luigina Bima Presidente dell’Associazione di volontariato “La Cordata” Spesso si parla di coesione sociale, di camminare insieme, di solidarietà di vicinato: a tuo parere sono fattibili e che impatto avrebbero sulla nostra società? “Coesione sociale”, “solidarietà e buon vicinato” : sono termini forse un po’ inflazionati, ma corrispondono a delle realtà da costruire, assolutamente non scontate nelle nostre comunità. La tendenza è per lo più a pensare agli affari propri, vivere nella propria gabbia da dove ognuno può parlare con tutto il mondo, anche senza conoscere chi abita nel suo stesso pianerottolo. Il paradosso è che il nostro parlare non è comunicare, forse senza rendersene conto: la possibilità di contatti che le nuove tecnologie offrono, in un certo senso possono provocare un senso di esaltazione, quasi di onnipotenza che può arrivare ad impedire di gustare la gioia del comunicare guardandosi negli occhi, sentendo la voce dell’ interlocutore. Per “costruire” coesione sociale, solidarietà e buon vicinato, bisogna partire dalla volontà e dalla capacità di “accorgersi” di chi è vicino a noi e di aprire un dialogo sulle cose concrete, che riguardano la quotidianità. Con Enti Pubblici e Volontariato stai lavorando ad un progetto di “accompagnamento sociale”: dal tuo particolare osservatorio ci puoi anticipare qualche riflessione? Ritengo sia bello ed efficace lavorare per progetti, perché attorno ad un particolare tema si cerca di attivare risorse, sensibilità, aperture di orizzonti…Il progetto implica metodo, quindi un lavoro pensato, organizzato razionalmente, per tappe, definendo obiettivi, risorse, azioni, verifiche. Non solo gli operatori professionali devono lavorare in questo modo, ma anche il mondo del volontariato deve imparare ed inserirsi in questa ottica di lavoro. Il volontariato come risposta unicamente emotiva ad un problema, non può produrre effetti duraturi nel tempo e può bruciare risorse umane e materiali importanti. Nel nostro caso “l’accompagnamento sociale” (tutor civico) sarà fattibile ed efficace nella misura in cui si riuscirà a realizzare un progetto comune. Quello relativo alla singola famiglia verrà costruito insieme: famiglia e volon- 4 • Il Bisbiglio - numero 14 - 2016 tario. Essi possono essere diversi per età, cultura, tradizione, squadra di calcio, religione, ecc. ma questo non importa: essenziale che si riesca attraverso il dialogo a costruire un progetto condiviso. Se ciascuno persegue i suoi obiettivi senza metterli in comune, discussi, condivisi, non si arriva a nulla e si perde una importante occasione di crescita sia per la famiglia e sia per il volontario. Le parole chiave sono: responsabilità, dignità e autonomia come finalità. Credo che sarà un modo per andare un po’ controcorrente, perché il “tutor civico” rappresenta un’evoluzione ed una nuova maturità per il volontariato moderno. Si supera il concetto di rapporto tra il ” ricco generoso” ed il “ povero bisognoso” per arrivare ad una rappresentazione nuova: un cittadino che si pone accanto ad un altro cittadino con pari dignità e lo accompagna per un pezzo di strada fino a quando la persona riesce “a camminare con le sue gambe”. “Coinvolgere anche persone nuove”: che cosa viene richiesto a chi volesse dare la propria disponibilità? Ho pensato a quali caratteristiche dovrebbe avere il tutor civico: a) entrare nell’ottica che non ci si improvvisa, che non è solo questione di buona volontà, accettare di formarsi, riflettendo anche su se stesso, sui propri valori, sul modo di intendere il denaro, sul concetto e la distinzione tra necessario e superfluo; b) essere “buoni cittadini”, che pagano le tasse, non fanno dichiarazioni mendaci c) avere dentro il con- cetto di cittadinanza attiva, la consapevolezza di operare all’interno di un progetto e che il proprio operato ha una ricaduta positiva su tutta la comunità; d) avere attitudine educativa, buone capacità relazionali, profondo senso di rispetto verso tutti, atteggiamento non giudicante, osservanza rigorosa della privacy; e) disponibilità, con l’aiuto dei servizi, a lavorare per tappe e in modo razionale, partendo dall’analisi della situazione e dei nodi problematici, definendo gli obiettivi, pianificando le azioni e prevedendo le verifiche: il tutto entro un tempo prestabilito, che potrà essere, se necessario, prolungato, ma non lasciato al caso; f) essere capaci di vedere la persona “dentro” la sua famiglia, rivolgersi non solo all’individuo, ma alla famiglia che con la sua pluralità di relazioni può arricchire il processo di maturazione e coinvolgere tutti i membri, in modo che anche i giovani e i bambini “apprendano” qualcosa. Si dice “la famiglia è lasciata sola di fronte alle difficoltà”: quale significato, conseguenze e come intervenire? E’ vero, nella maggior parte dei casi, la famiglia si sente sola nella sua situazione di difficoltà: se c’è un bimbo piccolo e non si hanno parenti, se c’è un disabile o un anziano da assistere, se c’è un periodo di difficoltà relazionale all’interno della coppia: spesso non si sa a chi chiedere aiuto, anzi non ci si sente “in diritto” di chiedere un aiuto. Se hai i genitori anziani non autosufficienti, sono i tuoi genitori, quindi la cosa riguarda solo te e se tu ad un certo punto non ce la fai più e arrivi fino a togliere o a toglierti la vita, sembra che per tutti sia una sorpresa, perché non ti vedevano mai in giro, perché non parlavi con nessuno, non chiedevi niente a nessuno… E’ la famiglia l’istituzione portante della società, il più efficace degli ammortizzatori sociali, perché è abitata dagli affetti, dai legami forti. Ma non può essere lasciata da sola: i servizi, le parrocchie, i vicini di casa, gli amici devono far sentire la loro presenza, il loro riconoscimento e l’aiuto concreto nella quotidianità. Si deve “fare sistema”, essere capaci di cogliere i segnali di sofferenza, le richieste di aiuto anche non espresse chiaramente, ma solo sussurrate, essere capaci di superare il malinteso “pudore” di chi non vuole entrare negli affari degli altri, se non per pura curiosità: è un nuovo modo di vivere che guarda al mondo passando dall’apertura verso i vicini di casa… Come coniugare il rispetto della persona e la sua crescita con il porla con chiarezza di fronte alle proprie responsabilità? La crescita di una persona o di una famiglia passa attraverso la maturazione del senso di responsabilità nei confronti della propria situazione: riuscire a capire che nella difficoltà che si vive qualcosa dipende da lui e che, non è solo un “bieco destino”. Ritrovare la voglia, la determinazione – aiutati dal volontario – di riprendere in mano da protagonista la propria vita. Se la persona si sente responsabile della propria difficoltà, quando sarà riuscita a superarla, si sentirà artefice in prima persona di questo “riscatto”: questo significa dignità. Convegno Quale futuro per la “Laudato sì”? Avere, potere, essere. Sono queste le tre parole chiave attorno alle quali si è svolto il partecipato e ricco confronto che l’Unità Pastorale e la Scuola di Pace hanno organizzato sabato 30 gennaio. Cuore del confronto, “Laudato sì”, enciclica sulla cura della casa comune che Papa Francesco ha voluto regalare a tutti, credenti e non. Un’apertura che si è percepita e respirata bene in una giornata interamente dedicata allo studio e al confronto. Nella mattinata, circa 300 studenti delle scuole superiori braidesi hanno partecipato a un forte ‘botta e risposta’ nel quale hanno mostrato l’evidente necessità e bisogno di creare spazi per il dialogo e per l’approfondimento delle dinamiche della società moderna. Gli studenti hanno posto interrogativi a Carlo Petrini, Don Roberto Repole e Daniele Ciravegna che dal punto di vista antropologico, teologico ed economico hanno cercato di rileggere l’enciclica evidenziando gli aspetti rivoluzionari nella loro semplicità. Nel pomeriggio, l’incontro ha invece visto il coinvolgimento della cittadinanza e di gruppi e associazioni parrocchiali e di volontariato. Ognuno ha portato il suo contributo, frutto della lettura dell’enciclica e della riflessione collettiva, elaborato quindi partendo da punti di vista molto diversi tra loro. Alle sollecitazioni hanno poi fatto seguito gli interventi di Don Repole e di Petrini, ai quali si è aggiunto l’intervento telefonico dell’economista Stefano Zamagni, purtroppo assente all’incontro per problemi di salute. Tutti d’accordo sulla necessità irrimandabile di recuperare gli aspetti e i valori più veri del vivere insieme per poter davvero proteggere il bene comune. La reciprocità, il dono, il dialogo, la riduzione dello spreco, la prevalenza della relazione e dell’etica sul profitto. Questa può essere l’unica strada per riuscire davvero a superare l’attuale modello economico che, come ricorda proprio Papa Francesco senza mezzi termini, uccide. E dopo il convegno? La vera sfida nasce ora. Viviamo un’epoca storica in cui a farla da padrone sono i sensazionalismi, gli slogan e le notizie a effetto. L’enciclica di Francesco è stata un fenomeno mediatico che ha dato un grandissimo spazio al tema della cura e della tutela della Terra. Specialmente in un 2015 fortemente caratterizzato da un Expo dedicato proprio a “Nutrire il pianeta”. L’attenzione oggi è ancora viva? Il rischio, grandissimo, è di riporre in soffitta un testo che dovrebbe davvero dare lo slancio necessario a riscrivere le regole della nostra società. I segnali che gli applausi e l’entusiasmo stiano cominciando a scemare già ci sono. La profondità della parole papali hanno indubbiamente toccato le coscienze ma si presentano anche come parole che per la politica e le politiche di oggi sono molto scomode. Se la politica, a tutti i livelli, non farà nulla per dare concretezza ai suggerimenti della Laudato sì, ci ritroveremo tra non molto tempo a veder avverate le profezie nefaste di ribellione del nostro pianeta verso l’uomo. Non possiamo sapere se siamo ancora in tempo, ma solo provandoci potremo davvero risolvere questo dubbio. E se la politica deve fare la sua parte, la società civile deve necessariamente procedere nella stessa direzione. Dobbiamo farlo singolarmente, come famiglie, come gruppi, come scuole, come associazioni. Dobbiamo farlo, perchè lo dobbiamo a quanti verranno dopo di noi, se abbiamo la capacità di comprendere ancora cosa significhi assumersi delle responsabilità. E se vogliamo migliorare il mondo, l’ambiente e la nostra vita, non possiamo più negare che oggi più che mai, dobbiamo riscoprire il senso del sacrificio, non intesa come rinuncia monastica, ma come volontà di partecipare a un processo di redistribuzione nel quale usare ciò di cui abbiamo effettivamente bisogno e condividere ciò che abbiamo in eccesso. Il messaggio di Francesco ha bisogno di moderni profeti capaci di vivere il messaggio e di continuare a diffonderlo e mantenerlo vivo. Noi, in quanto cristinai, siamo chiamati in prima persona a rispondere a questa chiamata, senza se e senza ma e a farci portavoce di un cambiamento necessario per salvare e salvarci. Christian Damasco numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio • 5 Architettura e Liturgia a cura di Francesca e Dario Zorgniotti Il portale delle chiese Quando si parla di porte e portali “architettonici” il pensiero corre veloce alla bellezza di quelli che ornano cattedrali, duomi e chiese. Essi però non sono solo ingressi funzionali che decorano ed abbelliscono i nostri templi cristiani. La porta o il portale della chiesa è un elemento architettonico che nella tradizione teologica-liturgica assume un significato profondo: è il luogo di passaggio da una realtà ad un’altra. “Sta tra l’esterno e l’interno; tra ciò che appartiene al mondo e ciò che è consacrato a Dio” scrive Romano Guardini E Gesù stesso si è proposto come la Porta. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo” (Gv 10,7-9) Allora la porta che apre l’edificio chiesa evoca la stessa porta che apre la Chiesa degli uomini, ossia Cristo. Essa ci indica che come si entra nella chiesa solo attraverso la porta allora si entra nella Chiesa e Foto 1 Foto 2 nel Cielo solo grazie a Cristo e per mezzo di Lui. L’accesso alla chiesa avviene dal portale che accoglie il fedele per accompagnarlo nel percorso della comprensione simbolica del luogo, dal mondo alla dimora di Dio. È un ingresso che non si apre solo nello spazio ma si apre nel tempo, è la soglia che conduce al Mistero. E’ da lì che si parte per orientarsi. E’ da lì che ci si dirige verso l’Altare, verso la Verità, verso la Gerusalemme celeste. Il tempio rappresenta il corpo di Cristo e la porta ne annuncia la sintesi. La porta è quindi un elemento di intensa suggestione, carico di pregnanza simbolica. In molti casi le porte sono vere e proprie “Bibbie parlanti” e sovente anche la geometria ne evoca il significato teologico. Il portale della facciata rinascimentale in marmo bianco della cattedrale di Torino (foto 1), dedicata a San Giovanni Battista ne rappresenta un esempio. L’apparato marmoreo che racchiude l’ingresso principale è formato da una figura a base quadrangolare sormontata da un arco a tutto sesto: il cerchio sopra, ad indicare il celeste, il divino, e sotto il quadrato, dunque ad evocare il cosmo, la materia, la condizione terrena. 6 • Il Bisbiglio - numero 13 - 2015 Su questo bel portale, Porta Santa della diocesi di Torino, avviene quindi un passaggio geometrico dal cerchio al quadrato e dal quadrato al cerchio, a suggerirci una comunicazione tra cielo e terra, un passaggio dal divino all’umano e dall’umano al divino. Analoga composizione geometrica accoglie il portale di ingresso della parrocchiale più antica di Bra, la chiesa di san Giovanni Battista, costruita nel XVI secolo (foto 2). La porta quindi indica il passaggio dal mondo umano a quello divino, dell’umanità messa alla presenza di Dio. L’apertura ed il passaggio della porta caratterizzano il cammino giubilare. Camminare per entrare nel mistero di Dio. Attraversare la Porta Santa per andare incontro a Dio. “C’è un solo accesso che spalanca l’ingresso nella vita di comunione con Dio: questo accesso è Gesù, unica e assoluta via di salvezza”. Attraversare la Porta Santa per il credente significa dire questo, scriveva Papa Giovanni Paolo II. Didascalie Foto 1: Duomo di Torino Foto 2: Chiesa di S. Giovanni Battista, Bra a cura di Emanuele Forzinetti Storia delle nostre comunità Sant’Andrea vecchio Le origini della prima cappella di Sant’Andrea sono legate alla nascita del borgo sorto sotto il castrum del Monte Guglielmo. Dalla bolla di conferma di Innocenzo II (1134), il pontefice che consacrò la chiesa di Santa Croce di Mortara, sappiamo che papa Callisto II (1119-1124) aveva concesso una decina di anni prima ai canonici di Santa Croce la cappella di Sant’Andrea, ricevuta in dono da Robaldo de Brayda che l’aveva fatta edificare nei decenni precedenti. I secoli XI e XII costituirono il periodo aureo delle comunità canonicali, che godevano di una certa autonomia dalle altre istituzioni religiose. Numerose comunità ecclesiastiche furono comprese sotto la denominazione di Ordine dei Canonici Regolari di Sant’Agostino, con l’adozione della sua Regola. I canonici regolari di Mortara erano sorti verso il 1080. All’inizio del XII secolo la canonica di Santa Croce è considerata vicina alle idee di riforma promosse dall’ambiente papale. Gli stessi canonici erano presenti anche in altre diocesi del Piemonte, ad esempio in quella di Alba a San Pietro presso Nevias (Neive). Anche a Bra i canonici ottennero per la propria chiesa il privilegio di amministrare i sacramenti. Sant’Andrea era così autonoma rispetto alla pieve situata prima a Pollenzo, poi a San Giovanni Lontano. Sant’Andrea era quindi un priorato “con funzioni parrocchiali”, come riconosciuto ai canonici dal Concilio di Poitiers (1100). Svolgeva uffici religiosi per i contadini dipendenti, ma anche per gli abitanti del borgo che si stava strutturando. Raccolse presto un gran numero di fedeli, molto più numerosi di quelli le- gati alla pieve di San Giovanni e al priorato di Sant’Antonino, fondato dai benedettini di Bobbio. I Canonici officiavano anche Santa Maria de castro, attestata nel 1187, sorta sulle pendici del monte Guglielmo nella zona del castrum, a servizio dei signori e dei loro soldati, segno che il profondo legame tra la famiglia De Brayda e i canonici si protraeva nel tempo. Essi nominarono il priore di Sant’Andrea sino alla fine del ‘400, quando il diritto sarà conteso dall’arcivescovo di Torino. Nel 1497, alla morte di Giorgio de Marchesiis, al canonico Bernardo l’arcivescovo di Torino contrappose il magister Stefano de Zaramellis, ma Bernardo uscì vincitore dalla lite. La crisi era però in atto da tempo, legata anche alla trasformazione della canonica di Mortara in commenda. Inoltre, nel 1448 i mortariensi si fusero con l’analogo ordine lateranense di Roma. Quando i canonici lasciarono Bra, all’inizio del XVI secolo, il Comune chiamò a sostituirli i padri Domenicani, concedendo loro la chiesa Sant’Agostino, con l’obbligo di costruire un convento. Dal 1544 si mise in atto la suddivisione delle chiese parrocchiali, ma non dei territori; da quel momento si può parlare di vera e propria parrocchia di Sant’Andrea, officiata dal clero diocesano. Alcuni priori del Cinquecento e del Seicento avevano cognomi noti, appartenenti alle famiglie dell’élite braidese, quali il teologo Ludovico Moffa, don Pietro Fissore di Montaldo, i teologi Giovanni Antonio Cravero e Giovanbattista Bonino, don Silvio Guerra del Grione, il teologo Francesco Mathis. Nel 1570-71 il Comune deliberò la costruzione di una nuova chiesa di Sant’Agostino, officiata dal priore di Sant’Andrea, dietro il palazzo della Comunità, lungo la barbacana, in uno spazio in cui doveva ancora avere inizio l’urbanizzazione. Essa fungeva da succursale della parrocchiale, in cui si svolgevano le principali celebrazioni, favorita dalla posizione centrale. Nel 1572 il priore Pasteri vi trasferì il fonte battesimale e il sacramento. Infatti, la vecchia chiesa di Sant’Andrea era descritta in pessime condizioni. Il vescovo Peruzzi nel corso della visita pastorale del 1584 parlava esplicitamente di alcuni altari “indecentia et opprobriosa”. Toccherà ai priori dell’epoca provvedere per garantirne la fruibilità. L’andamento demografico aveva da tempo favorito la crescita della comunità di Sant’Andrea. A fine Cinquecento aveva 2.200 parrocchiani, contro i 700 di San Giovanni e i 300 di Sant’Antonino. Con lo sviluppo urbanistico della città la parrocchiale, sempre più ai margini del nuovo contesto urbano, era orami di dimensioni troppo ridotte per accogliere tutti i fedeli. L’identificazione di una nuova sede parrocchiale impiegherà però decenni di pratiche burocratiche con il potere politico. Solo nel 1817 il teologo Emanuele Amerano, il sacerdote che avviò al sacerdozio il giovane Giuseppe Benedetto Cottolengo, riuscirà a far trasferire definitivamente la sede parrocchiale nella centrale chiesa del Corpus Domini luogo di culto della Comunità, che da tempo fungeva da succursale, prima di essere ridotta a usi profani a fine Settecento. Sant’Andrea vecchio, ormai pericolante, venne abbattuta poco dopo il 1830. Rimangono il campanile e la sacrestia, ricostruiti nel primo Settecento, come evidenzia il raffronto tra la pianta del Theatrum Sabaudiae del 1666 e il catasto Massone del 1760. numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio • 7 Speciale Visita pastorale Mentre il giornale è in stampa il Vescovo Cesare completa la sua visita pastorale nella Parrocchia di Sant’Antonino. Nel prossimo numero del Bisbiglio altri approfondimenti e foto. Visita Pastorale d Con la Croce Rossa durante la serata Associazioni Incontro con Associazioni e Movimenti ecclesiali Incontro con Gruppi caritativi Al Comune di Bra, Consiglio Comunale Incontro con gli anziani e ammalati All’ospedale S. Spirito di Bra Visita alla Abet Laminati Incontro con la Società Ortolani Visita ad una famiglia ospitata nelle parrocchie Visita alla Rolfo Visita all’Arpa Laminati Alla scuola “E. Mosca” con rappresentanti delle Comunità ortodossa e mussulmana Incontro con i Catechisti Con i ragazzi del Catechismo a Bandito Incontro con i giovani 8 • Il Bisbiglio - numero 14 - 2016 del Vescovo Cesare Speciale Visita pastorale Alla Scuola Elementare “Gioetti” Madonna Fiori Alla Scuola Materna di Sanfrè Alla Scuola Elementare“Levi-Montalcini” Alla Scuola Elementare San Michele Visita ai Battuti Bianchi Incontro al Liceo “Gandino-Giolitti” L’esperienza della visita agli studenti dell’Istituto Guala/IPSIA Alla Scuola Elementare di Bandito Alla Scuola Elementare “E. Mosca” Visita ai Battuti Neri Nella sua ampia Visita pastorale il nostro Vescovo Cesare Nosiglia ha incontrato gli studenti dell’Istituto Guala/Ipsia con una rappresentanza dell’istituto Mucci. Il riscontro è stato tale che l’Istituto ha dovuto richiedere al Comune la disponibilità del polifunzionale Giovanni Arpino per gli oltre 150 alunni. La visita dell’Arcivescovo, annunciata alla Segreteria dell’Istituto già da metà gennaio, ha permesso alle classi coinvolte dagli insegnanti di Religione di formulare domande da porgere al Vescovo. Gli argomenti scelti per le domande spaziavano da dissertazioni profonde ed attuali, come la morale in generale, la morale Cattolica e la sua applicazione per i credenti, il perché della scelta di intraprendere una vita religiosa claustrale, l’Enciclica di Papa Francesco Laudate Si’ e l’odierna e delicata questione delle unioni civili per gli eterosessuali e per gli omosessuali e tutto ciò che ne consegue. Cosi come gli sono state proposte domande di carattere più “privato”: le prime classi presenti non hanno resistito ad alcune loro curiosità a riguardo dell’adolescenza di Monsignor Nosiglia. Monsignor Nosiglia ha risposto in modo compiuto ed esauriente a tutti i quesiti proposti dai ragazzi, e ciò ha suscitato più di un applauso spontaneo da parte loro, tra i quali vi erano, doveroso segnalarlo, anche dei non avvalenti IRC, ossia alunni che per vari motivi (per esempio di fede non Cattolica o per altre motivazioni) hanno scelto di non seguire il corso di Religione Cattolica. Alcuni di questi alunni in questione lo hanno segnalato all’Arcivescovo prima di porgergli i loro quesiti, e la cosa è stata molto gradita da quest’ultimo, in quanto il suo forte spirito di ecumenismo è ben scaturito già dalle sue prime battute rivolte ai ragazzi (chi segue Monsignor Nosiglia è ben al corrente della cosa!). Dopo le domande su tematiche importanti, le classi prime presenti, la 1°C e la 1°D del Guala, hanno voluto chiedere a Monsignor Nosiglia come reagirono i suoi genitori ed i suoi amici quando annunciò la sua scelta di entrare in seminario! La risposta dell’Arcivescovo è stata più che esauriente: figlio unico dunque genitori non tanto contenti… amici, in particolare i compagni della squadra di calcio dove giocava, che non volevano prendere sul serio tale scelta… ma alla fine sia i primi che i secondi hanno capito la sincerità e la serietà di tale sua definitiva scelta di vita! Il finale di tale incontro è terminato con una domanda spontanea e non preparata da parte di alcuni studenti: “Ma lei che squadra tifa?”, la risposta di Monsignor Nosiglia è stata spontanea e diretta “La Sampdoria!!!”…. è stato l’unico momento in cui c’è stato un po’ di disaccordo da parte dei ragazzi! Ma appena l’Arcivescovo ha spiegato le sue origini genovesi è stato perdonato da un sonoro applauso! Eric Masala, Insegnante di Religione Incontro con le Scuole Medie Incontro con gli alunni del “Guala” e “Mucci” numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio • 9 Testimonianze a cura di Edvige Granata Storia di una vocazione missionaria La testimonianza di Padre Francesco Grimaldi, missionario braidese in Madagascar In un interessante articolo pubblicato sulla rivista “Cooperazione vincenziana” P. Grimaldi, salito alla Casa del Padre il 20 dicembre scorso, con uno stile fluido e una narrazione puntuale e particolareggiata, racconta la storia della sua vocazione missionaria. Dopo aver ricordato le sue origini braidesi, parla della sua adolescenza contrassegnata dall’ amore per lo studio e dalla passione per il gioco del calcio. Il piccolo seminario della Missione di Scarnafigi fu il luogo in cui fece esperienza di vita fraterna e maturò la sua vocazione sacerdotale. Il 1961 fu l’anno della sua ordinazione. Dopo una breve esperienza come insegnante di lettere nel Piccolo Seminario di Casale, nel 1964 arrivò il giorno della sua partenza in nave per il Madagascar. Padre Grimaldi ripercorre poi le tappe più importanti della sua esperienza missionaria: dal suo arrivo a Ihosy, dove si dedicò con impegno ad un periodo di preparazione specifica per lo svolgimento della sua missione, fino alla successiva nomina a Parroco della cattedrale di Ihosy. Ricorda le difficoltà riscontrate nell’imparare la lingua locale, nell’adattarsi alla vita e alla mentalità dei malgasci con la loro tipica tendenza a rimandare all’ indomani ciò che potevano fare oggi, al disordine e alla scarsa pulizia delle loro casupole. Ma nonostante le difficoltà e le modeste risorse a disposizione, il ricordo della sua esperienza pastorale è sereno e positivo. Dice testualmente: “Fu un tempo bello. Siccome non c’erano chiese, celebravo all’aperto sopra un fusto vuoto di petrolio che mi fa- 10 • Il Bisbiglio - numero 14 - 2016 ceva da altare: facevo visita alle famiglie dei villaggi cosa, che faceva molto contenti i miei malgasciotti perchè per loro era un grande onore……Alla sera tornavo alla base, stanchissimo”….. Divenuto Parroco della cattedrale di Ihosy, P. Grimaldi impostò la sua pastorale con un’attenzione particolare ai giovani che riuscì ad attirare fondando una bella squadra di calcio e di basket . Avvicinava pure le famiglie andando a visitarle direttamente nelle loro case. Ma a Padre Grimaldi furono proposte nuove esperienze missionarie: nel 1977, il Vescovo lo inviò a Ivohibè città di 4000 abitanti, quindi 4 anni dopo a Betroka , una città del sud di circa 6000 abitanti: continuò a lavorare con il suo solito metodo: sport per i giovani e incontri con le famiglie. Ricorda con gioia le tante liturgie tutte molto partecipate, le vittorie sportive delle sue squadre e le opere realizzate con l’aiuto del comitato parrocchiale: nuove aule per la scuola cattolica, ingrandimento e ammodernamento del lebbrosario con l’aiuto di Padre Sorrentino. Ma le sorprese non Ihosy (Madagascar), Padre Grimaldi con i suoi chierichetti e con gli allenatori di calcio. erano ancora finite: per il suo spirito di iniziativa e la sua capacità organizzativa, nel 1985 fu inviato come Parroco nella nuova cattedrale di Ihosy e, nel 2000 divenne Parroco di una nuova chiesa dedicata a S. Vincenzo, sempre nella stessa città che si ingrandiva sempre più. Insieme alla gioia di tante imprese ben riuscite, P. Grimaldi con molta schiettezza, esprime anche il suo rincrescimento per le scarse celebrazioni di matrimoni dovute alla paura dell’indissolubilità del sacramento e al dovere so- ciale della “fomba” che richiede di fare una gran festa con molti invitati…ma… i soldi mancano. A 80 anni si è ritirato, lasciando il posto a un bravo Parroco malgascio molto zelante. Padre Grimaldi esprime il suo ringraziamento al Signore, Buon Pastore, che gli ha concesso tanti anni di ministero. La storia di questo missionario è di stimolo per tutti per portare avanti con fede e costanza il nostro compito nella chiesa del Signore. Padre Grimaldi con alcuni suoi confratelli missionari nel 2012. Attualità La Bancarella Un giorno una mamma mi disse: maestra Giovanna ho degli abiti, in ottimo stato, usati dai miei bambini, posso portarli all'asilo? Naturalmente ho acconsentito. Da qui è nata l'idea della “bancarella” di abiti usati per bambino, a titolo gratuito, alla quale possono accedere tutte le famiglie dell'asilo che ne hanno bisogno, senza chiedere a nessuno, come in una grande famiglia. C'è ampia scelta: magliette, pantaloncini, giubbotti, gonne, vestitini, felpe e cappellini. Certi giorni c'è tanta roba, altri meno, a conferma che l'idea è piaciuta e le persone si servono da sole. Un grazie a tutte le famiglie che hanno condiviso l'idea e che generosamente e costantemente continuano a fornire la “bancarella”. In tal modo si da la possibilità alle famiglie di poterne usufruire, evitando sprechi, nell'ottica di fraternità e condivisione. Ci è sembrato anche un bel segnale educativo da trasmettere ai bambini in crescita. Maestra Giovanna Periodico - Anno V Marzo 2016 - Numero 14 numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio • 11 Attualità Una storia lunga 40 anni! Rinnovamento nello Spirito Santo - Santissima Trinità, Bra Eccoci arrivati al 2016! Il gruppo Santissima Trinità di Bra, che fa parte del Rinnovamento nello Spirito Santo, movimento ecclesiale, compirà ben quarant’anni e con profonda gioia desideriamo condividere con tutti voi le meraviglie che ha operato il Signore in questi anni. Voglio iniziare questa breve riflessione ricordando le parole del beato Paolo VI che, nel 1975, durante la Messa del lunedì di Pentecoste, ringraziò il card. Leon Joseph Suenens, dicendo: «Possa il Rinnovamento carismatico sparire come tale e trasformarsi in una grazia pentecostale per tutta la Chiesa… se il Rinnovamento, questa corrente di grazia non finisce nell’oceano di Dio, nell’amore di Dio, lavora per sé stesso e questo non è di Gesù Cristo». Negli anni che seguirono, questa “corrente spirituale”, si è allargata a macchia d’olio ed è giunta così in Piemonte e quindi anche a Bra. Qui, uno sparuto gruppo di fratelli e sorelle, di cui oggi faccio parte, si trovavano insieme per lodare e ringraziare Dio e per onorare, amare ed invocare una potente effusione di Spirito Santo, desiderando sempre più vivere sotto la Signoria di Gesù Signore. Attualmente ci incontriamo presso i locali del Santuario Madonna Fiori tutti i mercoledì alle ore 21. In questa meravigliosa avventura non siamo mai stati soli: grazie, infatti, al sostegno dei nostri Papi e Vescovi abbiamo proseguito il nostro cammino spirituale e siamo stati incoraggiati a far amare la preghiera di lode e a far cono- scere lo Spirito Santo al mondo. Papa Benedetto XVI ci esorta: “Non stancatevi di rivolgervi verso il Cielo: il mondo ha bisogno della preghiera. Servono uomini e donne che sentano l’attrazione del Cielo nella loro vita, che facciano della lode al Signore uno stile di vita nuovo. E siate cristiani gioiosi!” Papa Francesco invece si è rivolto a noi, dicendo: “Aspetto da voi che condividiate con tutti, nella Chiesa, la grazia del Battesimo nello Spirito Santo” (Roma, Stadio Olimpico, 1-2 giugno 2014) Per poter riscoprire la grazia battesimale e venire a contatto con le realtà fondamentali della fede viene proposto il Seminario di Vita Nuova, luogo privilegiato di un vero e proprio incontro personale con Gesù risorto! E’ pertanto un richiamo alla conversione, al rinnovamento interiore. Quest’anno, in particolare, essendo l’Anno Giubilare, il nostro compito di evangelizzazione è ancora più significativo. Crediamo che lo Spirito Santo ci invii nel mondo come discepoli del Maestro e Signore Gesù presso i «poveri, prigionieri, ciechi e oppressi» che sono in mezzo a noi e ai quali «lo Spirito del Signore» vuole rivelarsi. La corrente di grazia che scaturisce dal “cuore misericordioso di Dio”, “lavacro di rigenerazione”, deve rinnovare ogni persona nello Spirito Santo (cf Tt 3, 5). Gli incontri del Seminario di Vita Nuova, si svolgeranno presso il Santuario Madonna dei Fiori nelle seguenti serate alle ore 21: • 7 Aprile 2016 Tema: Dio è Amore; • 14 Aprile 2016 Tema: Il peccato; • 19 Aprile 2016 Tema: la Salvezza; • 28 Aprile 2016 Tema: Gesù Signore. Sarà dedicata una serata di preghiera penitenziale con possibilità di confessione il 5 Maggio 2016. Verrà proposto, inoltre, una giornata di ritiro spirituale, domenica 8 maggio 2016, dedicata in particolare alla Preghiera di Effusione dello Spirito Santo. Tali incontri sono aperti a tutti. Non ci sono vincoli di partecipazione e non c'è alcuna spesa da sostenere. Vogliamo esclusivamente dare a tutti la possibilità di fare quest'esperienza, che a noi ha cambiato la vita: “Convertirsi in uomini e donne nuovi, questo è il Battesimo nello Spirito” (Papa Francesco – Roma, Piazza San Pietro, 3 – 4 luglio 2015). Gruppo Santissima Trinità di Bra 12 • Il Bisbiglio - numero 14 - 2016 a cura di Mattia Savigliano Musica e cultura Parrocchie e Santuario La musica sveglia i sensi La Madonna apparsa a Guadalupe (Messico), ad un giovane indio, lo rincuorava così: “Che c’è figlio mio? Che cosa rattrista il tuo cuore? Non ci sono forse qui io, che ho l’onore di essere tua madre?” . I santuari sono proprio il luogo in cui questa tenerezza della Madonna si fa più vicina e sensibile, favorita anche da un clima di preghiera e di devozione più fervorosa e prolungata. La Parrocchia (vicino alle case, alle famiglie) segue passo passo il cammino del cristiano dal giorno del Battesimo alla crescita da adulti, ma la Chiesa è una casa dalle mille porte ed i santuari non legati né al territorio né ad un ambiente particolare possono essere veramente una porta di accesso alla Chiesa, di incontro con Cristo in modo diverso e continuativo ma insieme, non alternativo, alla Parrocchia. Sono venuto al Santuario Madonna dei fiori in Bra da poche settimane per dare un aiuto nel periodo di malattia del rettore don Sergio. Anch’io, come ogni prete, ho obbedito al Vescovo che dal Santuario della Consolata in Torino mi ha chiesto di venire, momentaneamente, a collaborare in questo Santuario. Il santuario della Consolata a Torino è il cuore della devozione mariana della città, da secoli luogo di preghiera per ognuno e per tutti, luogo di incontro con Dio e con i fratelli, luogo di riconciliazione con Dio e con i fratelli nel Sacramento della Confessione. Venendo a Bra ho visto che, anche da secoli, il Santuario Madonna dei fiori è altrettanto un punto di riferimento non solo per la città ma anche per i paesi vicini. È un luogo di preghiera più lunga e distesa, luogo di affidamento alla Madonna perché, come dice la preghiera, “faccia crescere nel nostro cuore, a volte sterile,qualche bel fiore di bene”. Diceva il Papa recentemente: “Andare in un Santuario è affidarsi con semplicità all’intercessione della Vergine Maria, è portare con sé la propria storia, la propria fede, le luci e le ombre della propria vita; è portare un desiderio speciale ed una preghiera particolare”. Ho visto, con piacere, che un buon numero di persone generose assicurano tanti servizi indispensabili per il buon funzionamento Quante volte ci troviamo insieme per celebrare l’Eucaristia e immancabilmente, quelli che animano la liturgia non smettono più di cantare, suonare, aggiungere strofe ai canti, cantare il ritornello al gloria, al salmo, il mistero della fede, … e noi siamo lì che ci chiediamo il perché di tutto questo “riempire i buchi” della celebrazione con il canto. Riempire i buchi? Ma… il suonare e il cantare nella liturgia, non è come quando siamo costretti ad ascoltare la “musica passiva” in un centro commerciale o all’aeroporto. “La liturgia non è uno show, uno spettacolo che abbisogni di registi geniali e di attori di talento[…]” scriveva Benedetto XVI. dell’insieme (pulizie, segreteria, ufficio, liturgia…). È grazie a loro che il santuario è accogliente e, all’interno e all’esterno, curato e pulito. La devozione alla Madonna si esprime anche nel lavoro che viene svolto da questi volontari e da quanti decidono di impegnarsi in prima persona, ed a volte con sacrificio, perché tutti quelli che entrano in chiesa possano sentirsi accolti e trovarsi a loro agio. Il Santuario è anche un luogo di celebrazione del Perdono di Dio. La confessione o Sacramento del Perdono o della Riconciliazione: sono tanti nomi per indicare la bella realtà della Misericordia di Dio che non si stanca mai di perdonarci. Tante sono le ferite che, nella nostra vita, devono rimarginarsi. Si dice “Farsi male è un momento, guarire ci vuole tempo”. Questo vale anche per la vita spirituale: quanto tempo ci vuole per ricucire, tessere nuovi rapporti col prossimo, perdonare e lasciarci perdonare, curare le piaghe profonde di un peccato grave e quanto è necessario l’intervento divino che ci riporti a noi stessi, a Dio e agli altri. Buon Giubileo della Misericordia a tutti sotto la protezione della Madonna dei fiori! Don Renzo Gariglio Esercizio: Andiamo in chiesa e sfogliamo il libretto rosso “Nella Casa del Padre”. Questo libretto non è messo nei banchi per arredamento ma è stato voluto per farci sentire Chiesa. Aprendolo possiamo vedere, vicino ai numeri di pagina, delle scritte che ci dicono dove si possono utilizzare i canti. Scopriremo l’esistenza di musiche per ogni tempo e parte della liturgia. Consiglio: al termine della lettura NON portiamo il libretto a casa ma riponiamolo nel banco dove ci sarà utile in altri momenti, come nel cantare la Messa. Ricordo ancora quando i miei docenti all’Istituto Diocesano di Musica e Liturgia insistevano nel dirci che una Messa è “solenne” non quando viene un Vescovo o un Cardinale ma, quando tutta l’assemblea partecipa attivamente alla liturgia. Nei prossimi numeri proveremo ad andare alla scoperta del canto nella liturgia ma ora, vi voglio riportare alcuni dei consigli scritti dal mio maestro don Carlo Franco, per un articolo uscito sulla “Voce del Popolo” nell’aprile del 2011 dove si parlava del canto nel Tempo di Pasqua. Cantare meglio; magari mettendoci un pizzico in più di entusiasmo e di voglia di cantare; magari pronunciando meglio le parole, quasi per masticarle e gustarle meglio… Cantare sorridendo; sia perché i motivi per farlo ce li da’ la Pasqua, sia perché ci apre di più alla speranza, sia perché sorridendo i muscoli facciali si rilassano e si canta molto meglio… Cantare più veloce; soprattutto le acclamazioni (Alleluia, Santo,…); le nenie e le lagne non aiutano ad esprimere gioia ed esultanza; evitiamo quel difetto, troppo diffuso nelle nostre chiese, di “trascinare” i canti rendendoli insopportabili… Cantare canti conosciuti; per poter agevolmente cantare tutti; perché il cantare sia anche un esercizio di reciproca accoglienza; per rispettare le diverse sensibilità presenti nella Comunità… Cantare pensando; facendo attenzione alle parole che si stanno pronunciando, al loro significato spirituale… Cantare pregando; senza dimenticare – dulcis in fundo – che tutte queste attenzioni non sono indirizzate verso il vuoto, ma sono il nostro colloquio con Dio, sono il nostro parlare a Lui con amore e riconoscenza. Un parlare che nel canto fatto bene diventa veramente un “pregare due volte”. Buon in-canto della Pasqua! numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio • 13 Vita parrocchiale Anagrafe Sant’Antonino Anagrafe S. Andrea Anagrafe San Giovanni BATTESIMI BATTESIMI BATTESIMI SANTONE Damiano GIACHINO Nicolò VONA Nicholas Ray VINCIGUERRA Noemi PLEPI Rikardo BERTOLI Anita GILETTA Achille LENARDUZZI Luca STUPIA Edoardo Lorenzo GABUTTO Matteo DEFUNTI BOSIO Simone PANEBIANCO Luigi PALOCI Luis FOGLIATO Matteo DEFUNTI MESSA Giovanni Battista SENATORE Luigi PANERO Sergio Padre GRIMALDI Francesco BURDESE Emilia RACCA Antonio ABRATE Rosa VIALE Cesarina MARENGO Germana NIGRO Ettore CERONE Maria COSTAMAGNA Catterina POVIGNA Lidia BARBERO Stefano ROVERE Francesco FISSORE Caterina PANERO Secondo DALLORTO Maria TIBALDI Domenico SCARDAMAGLIA Giovanni MULASSANO Anna CHIARLO Dario ALASIA Rosa FERRERO Agostino BOTTA Antonio CRISTIANO Antonietta PATRITO Maddalena ORICCO Mario SAMMARTANO Maria GANDINO Pietro GATTINO Paola MAGNONE Pietro FISSORE Lidia BUSSO Tomaso MARTUCCI Francesco 14 • Il Bisbiglio - numero 14 - 2016 PEROTTI Laura PROGLIO Luigi FERRERO Marisa BRUNO Claudia ALLOCCO Tomaso MOBILIA Secondina ALBERIONE Giovanni CAVALLOTTO Giuseppe LISA Maria TOFANO Luisa NERVO Ginevra NEGRI Vittoria ROSA Lucia TERNAVASIO Francesco Giuseppe PUTETTO Bianca MOLINO Ettore GIAMPÀ Sofia Martina OTTAVIANO Matilde GURRISI Sofia GRILLO Lorenzo TROPINI Martino MURAZZANO Giulia CIRAUDO Krizia VIGNOLO Giovanni OLOCCO Nicole BONGIOVANNI Edoardo TESTA Elisa ARENA Alessio PRENDI Angelo Maria ALESSIO Bianca VIGLIOGLIA Davide DEFUNTI FIORENTINO Maria DALMASSO Catterina GHIGNONE Gianluigi OMETTO mario BEALESSIO Teresa BOASSO Sofia TARICCO Antonio PETITI Maria BULZOMI Salvatore ALBRI Vittoria GACCETTA Pasuale LOMBARDI Martino FRANCO Mario CONTERNO Onorina COPPOLA Etnina ARIONE Lorenzo DO Maddalena MACCAGNO Michelina BARBERO Luciano SCARZELLO Primo SETTE Sergio SIMONE Giuliano VAIANO Raffaele BRIZIO Armida FORNERIS Maria Luisa TESTA Caterina CANAVERO Bernardo MOLLO Antonio SOANA Vera MILANESIO Francesca GANDINO Antonino DROGO Elisa BADELLINO Domenica MARENGO Margherita PIUMATTI Giacomo RAINERO Giorgio BERGESE Margherita SACCATO Maddalena VAYRA Maria CRAVERO Paolo FICICCHIA Angelo ABRATE Lorenzo MANNELLA Alfonso BERARDO Olga Pierina PARASOLE Filippo FONTI Emilio BERTOLI Aurelio BERTELLO Michele BAMBINO Maria concetta DOGLIANI Gianfranco MALTA Giuseppe MATRIMONI Anagrafe Assunzione Vergine Maria Bandito BATTESIMI CAGLIERO Nicholas CAGLIERO Thomas Pietro CRAVERO Nicolò LA MANTIA Giorgio SCARZELLO Nicole Chiara VINCI Francesco TESTA Federico VIBERTI Giorgio DEFUNTI CAPELLO Giuseppe CASTAGNO Mario COZZITORTO Rosina FISSORE Giulio FISSORE Maddalena LIPUCCI Rosa LONGO Mario MARRA Fabio MILANESIO Giuseppe MILANESIO Maria SANSOLDO Lorenzo MONTÀ Emanuele e MINA Alessia PICCO Nadir e CALONICO Ilaria MILANO Massimiliano e LEO Alessia MONTÀ Alex e CRAVANZOLA Elettra MULASSANO Davide e PAPATI Emanuela DOGLIANI Luca e OLOCCO Elisa ALLUVIONE Daniele e GHIA Nadia RIVIERA Pierpaolo e CORAGLIA Federica SOLLIMA Gianluca e COSTA Stefania Letto per voi a cura di Christian Damasco Visto per voi Darwinomics La corrispondenza La Grande recessione ha gettato in crisi l’Occidente e messo in ginocchio sia il dollaro, sia l’euro. Allo stesso tempo la Cina avanza sulla base di un modello che coniuga partito unico maoista e industrialismo capitalista. A causa degli effetti della «febbre gialla», centinaia di aziende spostano oltre Muraglia le loro fabbriche e centinaia di migliaia di europei e americani restano senza lavoro. E ciò avviene mentre la domanda globale crolla, trascinando con sé lo smantellamento dei sistemi di spesa sociale. Per uscire dalla crisi l’Occidente deve inventarsi un nuovo modello di sviluppo economico. Con frizzante ironia e una straordinaria capacità di descrivere drammaticamente il momento storico, Umberto Sulpasso fa dialogare Mr Darwin con Kafka, B-liar, il presidente Obama, Galileo Galilei, Isaac Asimov, Niccolò Machiavelli e il Principe. Un viaggio oltre lo spazio e il tempo che lo porta a formulare una proposta per affrontare la crisi: la Darwinomics, l’unica strada praticabile nel prossimo futuro per combinare sviluppo e sopravvivenza. In alternativa, potrebbe presto scatenarsi un apocalittico conflitto geopolitico globale per la gestione delle risorse dalle conseguenze devastanti. In Darwinomics si riafferma la Le stelle, nel nostro immaginario, corrispondono ad una realtà immobile e fissa, da sempre pronte ad accompagnare il genere umano nel proprio percorso sulla terra. Ma anche le stelle, inesorabilmente, vanno incontro ad una loro fine. Può qualcosa di immortale incontrare un ostacolo invalicabile? E capita anche all’amore? L’ultima fatica cinematografica di Giuseppe Tornatore, La Corrispondenza, sembra cercare proprio delle risposte a queste domande, nel raccontare la storia d’amore tra il matura professore d’astrofisica Ed Phoerum (Jeremy Irons) e la sua giovane studentessa Amy Ryan (Olga Kurylenko) che riesce a pagarsi da sola gli studi lavorando come controfigura nelle scene d’azione sui set. Sprezzante del pericolo, la ragazza sembra però nascondere in tal modo qualche oscuro ricordo del suo passato, mentre la distanza geografica nel rapporto con Ed cresce sempre di più e i due sono costretti a comunicare via Skype e attraverso messaggi di posta e lettere, che Ed invia di frequente ad Amy sorprendendola. Ma quando all’improvviso la donna non riesce più a contattare il professore, l’unica traccia che le rimane sono proprio quelle lettere, per capire dov’è finito l’uomo e come fa ad esserle sempre così vicino nonostante tutto. necessità impellente di un’evoluzione dell’Homo sapiens in Homo cognoscens, un vero e proprio passaggio biologico che implica una diversa capacità di produrre a partire da una nuova economia della conoscenza. Sebbene pubblicato nel 2011, Darwinomics rappresenta ancora un testo molto attuale. La conoscenza deve necessariamente tornare a occupare un posto di rilievo nella società del giorno d'oggi. Quando si parla di conoscenza, si intende sia una conoscenza pratica e manuale che una conoscenza approfondita e di base. La soluzione a problemi e questioni di complessità sempre crescente può essere individuata solamente all'interno di una comunicazione sempre più stretta e vicina tra settori diversi di studio. Le teorie economiche stanno dimostrando di non poter dare le risposte necessarie ai tempi moderni e ostinarsi rischia di rendere irreversibile la crisi. Siamo ancora in tempo per invertire la tendenza? Solo provando a cambiare, potremo trovare una risposta a questo interrogativo e la Darwinomics si propone come utile guida per studiare e riconoscere nel passato quei segni che si ripresentano oggi e si ripresenteranno in futuro. La pellicola è un’ampia riflessione sui misteri del cosmo, della fisica, dell’amore, della vita, della morte ma soprattutto della comunicazione: già il titolo – La Corrispondenza – evoca uno scambio fitto di messaggi non tanto virtuali, quanto cartacei. La tecnologia aiuta ad abbattere le distanze, ma è nella lettera sconosciuta relegata all’interno di una busta che si nascondono segreti, piccoli oggetti, misteri che rendono affascinanti i massimi sistemi elencati precedentemente. Nel film, il reale assume delle sfumatura misteriose ed inquietanti, uno strano senso di attesa sembra aleggiare sulle teste dei protagonisti – qui, nel caso specifico, grazie pure alla fascinazione esercitata dalle teorie astrofisiche sulle altre dodici versioni di ognuno di noi che esisterebbero in altrettanto, sconosciute, parti dell’universo – permettendo così ad una prima parte della narrazione di avere un tono sostenuto, un crescendo di tensione man mano che il mistero della scomparsa del professor Phoerum si infittisce. Purtroppo però, l’enigma si risolve presto lasciando il posto ad una riflessione più ampia sulle relazioni e sull’Amore, su cosa resta quando finisce un amore (ostinato) e se siamo, sempre, davvero disposti a chiudere con quest’ultimo. numero 14 - 2016 - Il Bisbiglio • 15 Settimana Santa e Triduo di Pasqua 20-27 marzo 2016 Lunedì Ore 21,00 S.Antonino M. LITURGIA PENITENZIALE CITTADINA Mercoledì Santo VIA CRUCIS Ore 21,00 partenza dalla Chiesa di S.Andrea A., con stazioni: Battuti Bianchi, Frati Cappuccini, S.Antonino M., Battuti Neri, S.Giovanni B. In caso di maltempo la Via Crucis sarà celebrata in S.Andrea. , Giovedì Santo IN CŒNA DOMINI Ore Ore Ore Ore 15,30 18,00 18,30 21,00 Ospedale. Salesiani, Clarisse, S.Maria degli Angeli (frati). S.Giovanni B., Santuario Madonna Fiori. S.Andrea A., S.Antonino M., Bandito, Bescurone. Venerdì Santo CELEBRAZIONE DELLA PASSIONE DEL SIGNORE E ADORAZIONE DELLA CROCE Ore Ore Ore Ore Ore 15,30 16,00 18,00 18,30 21,00 Ospedale. Clarisse. Salesiani, S.Maria degli Angeli (frati). S.Giovanni B, Santuario Madonna Fiori. S.Andrea A., S.Antonino M., Bandito. Sabato Santo VEGLIA DI PASQUA NELLA NOTTE SANTA Ore 21,00 S.Andrea A., S.Antonino M., S.Giovanni B., Bandito, Santuario Madonna Fiori, Salesiani. Ore 21,30 Clarisse. Domenica PASQUA DI RESURREZIONE Orario delle SS. Messe festivo solito 16 • Il Bisbiglio - numero 14 - 2015