notizie
n 2. 2008 anno XXVI
BREVI
dal Policlinico di Milano
Periodico di informazione del Centro Trasfusionale e di Immunoematologia
qualche
suggerimento
per un buon
lavoro
dedicato
ai lettori
In caso di mancato recapito restituire al mittente che pagherà la relativa tassa
spedizione in a.p. art: 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Milano
ricerca e
industria
farmaceutica
brevi
mamma e
bambino
in vacanza
con i
bimbi
donatori
in diretta
pronta una
squadra di
emergenza
brevi
estate
l’estate
in città
fronteggiare
la solitudine
tempo
libero
puglia,
viaggio
nella regione
che guarda
ad oriente
adisco: un quadro
per la ricerca
sommario
Qualche
suggerimento
per un buon
lavoro
In pochi mesi il quadro politico del nostro Paese
è drasticamente cambiato. Al governo Prodi si è
sostituito il quarto governo Berlusconi.
Il Ministero della Salute è accorpato a quello del Welfare affidando a un sottosegretario la delega per questa materia; non
sappiamo se in futuro il governo in carica deciderà lo ‘spacchettamento’ ossia la creazione del dicastero che è stato abolito da
un decreto legge, data l’importanza crescente che la salute riveste nella nostra società. Non vi è dubbio infatti che quello della
salute e della sanità pubblica sia un problema assai sentito dai
cittadini, sempre più consapevoli e attenti alla salvaguardia del
proprio benessere. Quello che ci aspettiamo è quindi una maggior attenzione a tutto il sistema sanitario che richiede competenza, conoscenza dei problemi e capacità di trovare le soluzioni
più idonee ai nuovi bisogni di una società che è cambiata, dove
è cresciuto il numero degli anziani, dei pazienti cronici e dove
sono aumentati i rischi per la salute legati alla globalizzazione.
Siamo consapevoli del fatto che il nostro servizio sanitario è un
bene prezioso per la nazione e tutti noi ne apprezziamo gli
aspetti di tipo solidaristico e universalistico. Ma siamo anche
consapevoli della necessità di migliorarne efficienza e qualità
nel contesto di un disegno più moderno che si faccia carico delle
nuove necessità, sfrutti le opportunità che scaturiscono dagli
enormi avanzamenti tecnologici tenendo conto nello stesso
tempo della limitatezza delle risorse disponibili.
Per chi ha la responsabilità di reggere le sorti della salute pubblica
del Paese nei prossimi anni, un buon avvio potrebbe essere quello di:
1. attuare opportuni interventi organizzativi atti a sostenere la
motivazione e l’aggiornamento continuo del personale sanitario;
2. migliorare l’efficienza del servizio sanitario partendo dalla misurazione del numero di prestazioni erogate dalle singole regioni;
3. migliorare qualità e sicurezza dei servizi resi ai cittadini con
una valutazione periodica dei risultati ottenuti;
4. ammettere a lavorare per il servizio sanitario regionale solo
gli ospedali che sono in grado di dimostrare efficienza, appropriatezza e qualità;
5. ridisegnare e potenziare la medicina territoriale;
6. riprendere a investire nella promozione della salute e della
prevenzione
7. rivedere culturalmente e organizzativamente il trattamento
delle malattie croniche e dei loro risvolti sociali.
Resta sullo sfondo il problema delle diseguaglianze fra le diverse aree del Paese che penalizzano molti cittadini italiani e che
sono tuttora causa delle penose migrazioni sanitarie.
i servizi
dedicato ai lettori
4 Ricerca e industria farmaceutica
donatori in diretta
6 La cultura della donazione in
una società multietnica
8 Donatori: pronta una squadra
di emergenza
fondazione informa
10 La bioetica in Fondazione
11 I brevetti in ambito biomedico
brevi mamma e bambino... in estate
19 In vacanza con i bimbi
brevi estate
21 L’estate in città.
Fronteggiare la solitudine
alimentazione e benessere
23 Dieta mediterranea: culla
dei popoli, ricetta di salute
tempo libero
25 Puglia, viaggio nella regione
che guarda ad oriente
le rubriche
inserto staminali
14 Staminali in ortopedia:
il focus sulla ricerca
15 Epidemiologia. Diario dal Mare del Nord
17 All’allegra kermesse di Floralia:
ADISCO e la cioccolata Venchi
18 Un quadro per la ricerca
parliamo di noi
29 Quando donare il sangue
non basta...
caro ‘Brevi’ ti scrivo
30 Le vostre lettere
In copertina
Puglia, tipica costruzione contadina, il Trullo
(foto di L. Tafuni)
dedicato ai lettori
Ricerca e industria farmaceutica
Continua la fortunata serie di Notizie Brevi approfondimenti, rivolta ai nostri lettori. In questo numero, in allegato, una riflessione sui farmaci. Abbiamo chiesto
all’autore del libretto, il professor Girolamo Sirchia, di presentarci l’argomento
È utile sottolineare che per una
Nazione quello farmaceutico è un
importante settore produttivo perché genera ricchezza in tutto il
Paese. Allo stesso tempo il farmaco è indispensabile per garantire la
salute pubblica: pensiamo ad
esempio all’importanza della produzione dei vaccini. Insomma quel-
lo che voglio sottolineare è quanto
la conciliazione fra interessi sanitari
e produttivi faccia sì che il farmaco
sia strategico per la politica di un
governo.
Sappiamo quanto siano ingenti
i costi della ricerca in questo
settore, ma ciò giustifica il prezzo a volte così alto dei farmaci?
Un farmaco viene definito tale se
i suoi effetti benefici sono dimostrati e se i suoi effetti avversi sono
limitati al massimo. Prima che una
4
NOTIZIE BREVI
“
Un farmaco viene definito tale se i suoi
effetti benefici sono dimostrati e se
quelli avversi sono limitati al massimo
molecola diventi farmaco deve
essere dimostrata con evidenze
scientifiche la sua azione terapeutica. Questo percorso è molto
lungo e inizia quando, sulla base
di certe evidenze, un’industria
comincia ad orientarsi su certe
molecole. Bene, a questo punto,
quella molecola deve essere sintetizzata e testata in laboratorio per
escluderne la tossicità.
Successivamente, se attestata la
sua innocuità da un punto di vista
tossicologico, viene sperimentata
sull’uomo, dove si verifica nuovamente la non tossicità e, sulla
base di un disegno statistico specifico, attraverso studi controllati,
l’efficacia del farmaco.
Questi studi possono coinvolgere in genere
diverse centinaia di
pazienti e durare alcuni anni.
A questo punto il farmaco può essere
messo in commercio?
Non ancora. Una volta
ottenuti dei risultati
apprezzabili si passa
all’analisi dei dati e le
evidenze vengono portate all’attenzione degli
Enti regolatori italiani
ed europei. L’organo
italiano deputato a
questi controlli è
l’AIFA, l’Agenzia
il nostro libretto...
Professore cosa l’ha spinta a
scrivere su questo argomento?
L’occasione si è presentata quando sono stato invitato ad un convegno internazionale a Bruxelles,
a presentare il pensiero ‘politico’
di ex Ministro della Salute sul
tema dell’industria farmaceutica e
dei rapporti che l’industria farmaceutica ha con il bene collettivo e
con le regole degli Stati. È stato
molto interessante poter confrontarsi sul tema del farmaco anche
perché, per tutti coloro che occupano posizioni di governo in sanità, il
farmaco rappresenta un importantissimo settore, in special modo in
Italia, dove il Sistema Sanitario
Nazionale acquista il farmaco e lo
fornisce gratuitamente al cittadino.
“
Italiana del Farmaco. L’AIFA verifica infatti se ricorrono le condizioni perché un farmaco possa
essere immesso in commercio.
Se l’AIFA dà parere positivo può
iniziare la commercializzazione.
Una volta messo in commercio
un farmaco, ha fine la fase di
ricerca?
No, perché contemporaneamente
all’immissione in commercio inizia una fase molto importante che
è quella della verifica sul campo
degli eventi avversi. Infatti, ciò
che viene verificato nella fase iniziale di sperimentazione potrebbe
non evidenziare tutta la potenzia
notizie BREVI
approfondimenti
Industria farmaceutica: luci e ombre
“
le pericolosità del farmaco, che
può essere definitivamente esclusa solo dopo l’assunzione da parte
di migliaia di pazienti. I farmaci,
dopo l’immissione in commercio,
hanno bisogno di quella che viene
chiamata farmacovigilanza, detta
fase 4 della sperimentazione, cioè
l’uso nella pratica clinica. Tutto
questo processo impiega anni per
essere realizzato e ciò ovviamente
comporta spese e costi molto alti.
Perché una molecola vada a buon
fine si spendono fino a 1.000 milioni di dollari e ciò spiega perché
alla fine questi costi siano ribaltati
sul prodotto finale e quindi sull’utente.
Il costo dei farmaci generici è
più contenuto; perché? Siamo
sicuri della stessa qualità
rispetto agli altri farmaci?
Quando si produce un farmaco,
perché l’industria farmaceutica
possa recuperare le spese sostenute per la ricerca e per la promozione, è previsto che registri il
brevetto del proprio farmaco. Il
brevetto dura 20 anni e copre per
i primi dieci anni tutte le spese di
ricerca sperimentale; i restanti
dieci anni sono utili per il profitto.
Alla scadenza del brevetto il farmaco diviene generico o equivalente; questo vuol dire che può
essere prodotto e immesso sul
mercato anche da altre industrie.
Naturalmente anche il farmaco
generico deve essere registrato,
ma è sottoposto a minori esami
perchè già testato; ecco spiegato
perchè ha un costo minore. Il
generico, anche se sicuro, può
presentare delle problematicità
che riguardano la tipologia e le
procedure di preparazione degli
eccipienti, le dimensioni delle
pastiglie e il loro confettamento.
C’è chi pensa, magari enfatizzando le problematicità, che il generico possa essere inferiore qualitativamente al prodotto originale.
Alcune aziende abbattono il prezzo alla scadenza del brevetto
I farmaci, dopo l’immissione in commercio,
hanno bisogno di quella che viene chiamata farmacovigilanza, detta fase 4 della
sperimentazione, cioè l’uso nella clinica
mantenendo il marchio. In questo
caso si parla di prodotto ‘genericabile’, cioè di farmaco prodotto
dalla azienda originaria anche
dopo la scadenza del brevetto e
venduto ad un prezzo inferiore.
I costi della ricerca sui farmaci
ci fanno pensare ai Paesi poveri
e alla loro difficoltà nell’acquisto dei farmaci. Come si può
affrontare questo problema?
L’industria farmaceutica ha come
mission il profitto. È comprensibile,
quindi, che l’industria si orienti su
quei farmaci che hanno più mercato ossia che possono essere venduti nei Paesi occidentali prevalentemente per patologie comuni
(vascolari, tumori, ecc.). Tuttavia
queste stesse patologie non sono le
stesse che colpiscono i Paesi poveri, dove la popolazione, a causa
delle difficili condizioni di vita e
della mancanza di sistemi sanitari
adeguati, non arriva ad una età
avanzata, ma viene colpita prima
da patologie inesistenti nei Paesi
occidentali. Ad esempio, in gran
parte dell’Africa e del Sud Est
asiatico, la malaria miete molte vittime, e l’Aids e la Tbc costituiscono vere e proprie calamità.
L’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) ci dice che, a causa
delle cattive condizioni sanitarie e
sociali, ogni giorno purtroppo
muoiono 4.500 bambini sotto i 5
anni. Questo dramma è dovuto
anche a patologie che nei Paesi
industrializzati sono considerate
banali e facilmente curabili con i
nostri farmaci. Aggiungiamo inoltre che, in questi Paesi, al problema
dell’acquisto dei farmaci, si aggiungono quelli della impossibilità di
una capillare distribuzione e di
una difficoltà nell’educazione
alla corretta assunzione (le popolazioni parlano lingue locali e
hanno culture proprie, molto
“
diverse dalle nostre, vivono in
luoghi spesso martoriati da guerre, o lontano da centri abitati, in
ambienti insalubri dove la rete
stradale è carente). Un esempio di
questa situazione è data dalla
malaria, drammatica malattia che
miete tantissime vittime, soprattutto fra i bambini e che non riesce ad essere debellata, pur essendoci farmaci specifici e altri rimedi a disposizione.
L’emergenza sanitaria nei Paesi
poveri è quindi solo un problema ambientale?
Assolutamente no, infatti alcune
patologie sono controllabili solo
con i farmaci e questi Paesi i farmaci non li possono comprare.
Esiste di base una scarsa solidarietà del mondo ricco verso quello povero. Ogni anno insorgono
in questi Paesi 1.000 epidemie e
500 nuovi ceppi virali. Le malattie, oggi, si diffondono molto più
velocemente che in passato e
oltrepassano facilmente i confini
di origine (vedi ad esempio la
Sars). Per questo motivo, dobbiamo potenziare i servizi sanitari
dei Paesi in difficoltà, costruire in
essi migliori condizioni di vita e
aiutare le popolazioni sul posto.
Dobbiamo quindi investire denaro per costruire una sanità pubblica che funzioni ovunque. Tutti
questi costi e questi investimenti
non possono essere caricati sull’industria farmaceutica. La solidarietà è un compito della politica e non dell’impresa. L’impresa
deve generare profitti, lo Stato
deve prendere una parte di questi
profitti e assicurare la solidarietà
per il bene collettivo. E se ciò non
avviene è la politica che viene
meno ai suoi doveri.
intervista di Eloisa Consales
È possibile scaricare il libretto anche sul
nostro sito www.donatorisangue.org
NOTIZIE BREVI
5
donatori in diretta
Le immagini
delle due proposte degli
studenti di
Accademia di
Comunicazion
e, in lizza per
diventare la
campagna
ufficiale per la
promozione
della donazione di sangue
fra le comunità etniche.
di Vincenzo Magagna
comunicarlo a un pubblico particolare come
quello degli stranieri.
Negli ultimi due
numeri di Brevi abbiamo già parlato del
Progetto Comunità
La cultura della
donazione in
una società multietnica
Fare una pubblicità per la donazione di sangue non è facile.
Bisogna convincere le persone
non a comprare qualcosa per
avere questo o quel vantaggio,
ma a rinunciare a una parte del
proprio corpo in cambio di…
niente! Certo, chi dona il sangue
sa bene che la ricompensa più
grande è proprio la gratuità del
dono e la consapevolezza di aiutare a salvare la vita di tante persone, però questi concetti non
sono così facili da comunicare!
Se già è difficile lanciare il messaggio della donazione, proviamo
a immaginare la complessità di
6
NOTIZIE BREVI
Etniche, l’iniziativa regionale che
stiamo portando avanti insieme
ad AVIS per promuovere la donazione fra gli stranieri residenti in
Lombardia.
Naturalmente il messaggio di
base è sempre lo stesso: chi dona
il sangue fa bene agli altri e tiene
sempre sotto controllo la sua
salute. Ma parlando agli stranieri
si possono aggiungere due cose.
La prima è semplicemente che la
solidarietà non conosce confini
di popolo o di lingua, e l’invito
alla donazione di sangue è aperto a tutti. La seconda è che i
donatori stranieri possono avere
gruppi sanguigni che nella popolazione italiana sono rari ma che
sono importanti per curare
pazienti della loro stessa etnia.
Un progetto così importante non
poteva non avere una bella campagna di comunicazione, ma
abbiamo capito subito che
costruirla non era semplice. Per
questo è straordinario quello che
hanno fatto per la nostra
Associazione gli studenti di
Accademia di Comunicazione, un
importante e storico istituto di formazione di Milano. Questi ragazzi,
all’ultimo anno di un percorso formativo che li porterà a diventare i
futuri professionisti della comunicazione, avevano già elaborato per
noi alcune bellissime campagne
sulla donazione di sangue: ne
abbiamo parlato nello scorso
numero, e alcuni di voi avranno
votato la campagna sul nostro sito
www.donatorisangue.org.
Ma come nasce una campagna
pubblicitaria? Lo abbiamo scoperto anche noi incontrando i ragazzi
di Accademia di Comunicazione,
che all’interno dei loro corsi lavorano su progetti reali con lo stesso
metodo di una normale agenzia
di pubblicità. Tutto comincia con
un incontro in cui il committente
(cioè noi!) presenta ai pubblicitari
il messaggio che vuole comunicare e spiega come comunicarlo: il
tutto finisce poi in un documento
che si chiama brief e che serve
come base per la creazione della
campagna. I ragazzi lavorano in
team, e in ogni gruppo troviamo
professionalità diverse: mentre i
copywriter elaborano le parole e i
testi della campagna, gli art director si occupano delle immagini.
Dopo alcune settimane di lavoro,
sotto la supervisione della loro
docente, in questo caso Eloisa
Consales, i ragazzi sono pronti a
presentare al committente le loro
proposte. Ogni gruppo presenta
due o tre campagne diverse, ciascuna articolata su più mezzi di
comunicazione: non c’è solo il
classico manifesto, ma anche il
cartellone 6x3, il dépliant, la cartolina promozionale, perfino le
installazioni d’ambiente per gli
eventi. Si tratta quindi di un
lavoro enorme, e ogni gruppo
merita i complimenti solo per
questo.
dalla parola ‘sangue’ scritta in
tante lingue diverse. Il titolo
della campagna è ‘Il sangue
parla tutte le lingue’. In un’altra
campagna vediamo alcuni tubetti
di tempera di tanti colori diversi:
ma da tutti i tubetti esce il colore
rosso! Perché? Perché qualunque
sia il colore della pelle, il sangue
ha lo stesso colore e può essere
donato per salvare una vita.
Anche questa volta le campagne
che ci hanno presentato sono
bellissime, e scegliere è davvero
molto difficile. Ne ricordiamo
Complimenti ai ragazzi di
Accademia di Comunicazione,
presto una delle loro campagne
ci aiuterà nel compito difficile
ma entusiasmante di allargare
l’invito alla donazione di sangue
a tutte le comunità straniere presenti nella nostra Regione.
due in particolare. Una presenta
una grande goccia rossa su sfondo bianco: se guardi bene però ti
accorgi che la goccia è composta
Tutti in giardino per
festeggiare la donazione
Una bella immagine della festa dell’anno scorso.
A giugno cade la giornata mondiale dedicata ai donatori di sangue.
La nostra Associazione ha sempre celebrato l’evento organizzando
un allegro Garden Party al Padiglione Marangoni. L’invito è esteso a
tutti, donatori ed amici! Ricordiamo che chi si è iscritto alla StraMilano
presso il nostro punto di raccolta, deve presentarsi munito del tagliando
(allegato all’interno della scheda d’iscrizione) che gli permetterà di partecipare all’estrazione
della bicicletta. Vi aspettiamo al Marangoni sabato 14 giugno 2008 alle ore 17.00 per
l’aperitivo in musica... a cui si aggiungeranno piacevoli sorprese.
Non mancate! (s.r.)
Info 02 5503 4490 [email protected] www.donatorisangue.org
In giallo alla StraMilano
Domenica 6 aprile 2008 si è tenuta a Milano la 37° edizione della
StraMilano. Anche la nostra Associazione ha preso parte all’appuntamento contribuendo, tra donatori ed amici, con ben 230 iscrizioni all’evento.
Con la nuova t-shirt dell’Associazione, gli iscritti hanno partecipato ai diversi
percorsi, dalla classica 12 km dei 50.000, alla Stramilanina dei piccoli di 6
km, alla StraMilano Agonistica Internazionale (mezza maratona di 22 km).
Donatori e amici hanno fatto ondeggiare un folto numero di palloncini gialli
ravvivando una giornata primaverile non molto calda. La novità di quest’anno
è stata la possibilità per gli iscritti dell’Associazione di accedere ad un concorso a premio. In palio ad uno dei partecipanti della StraMilano una bellissima bicicletta da passeggio donata da Rossignoli.
L’estrazione del premio avverrà sabato 14 giugno 2008, in occasione
della Giornata Mondiale del Donatore di
Sangue, presso il nostro Centro durante la
nostra festa in giardino. (s.r.)
ecco il premio!
donatori in diretta
Donatori: pronta
Santoro, tecnico di laboratorio del
una squadra Cosimo
Centro trasfusionale, si adopera con passione
anche per la nostra Associazione. In questo
si sta occupando di un progetto molto
di emergenza periodo
speciale. Gli abbiamo chiesto di parlarcene
Signor Santoro, lei
oltre alla sua attività ospedaliera,
presso il laboratorio
Emocomponenti del
nostro Centro, si sta dedicando ad un progetto particolare
per il reclutamento dei donatori. Ce ne vuole parlare?
Il progetto ‘donatori per l’emergenza’, ha mosso i suoi primi
passi nel mese di febbraio.
L’idea è quella di poter disporre, nelle situazioni di necessità
estrema, di un gruppo di persone disponibili a donare il
sangue entro tre giorni dalla
chiamata.
Come è articolato il
progetto?
Il primo passo è stato monitorare l’andamento dei donatori
presentatisi al Centro di recente. Una volta accertata l’idoneità alla donazione, questi donatori sono stati contattati telefonicamente e ringraziati personalmente per la generosità del
loro gesto. È giusto valorizzare
i donatori, perché sappiamo
quanto il sangue sia importante
per la vita dell’Associazione e
di molti pazienti (spesso i nostri
8
NOTIZIE BREVI
donatori donano il sangue per
generosità, senza far caso al
valore del gesto che compiono).
Il contatto telefonico offre inoltre la possibilità di stabilire un
contatto diretto e continuativo
e l’occasione per poter parlare
di questo nuovo progetto e sondare la disponibilità a far parte
del gruppo di ‘donatori per
l’emergenza’.
Quale è lo scopo di questa
unità di emergenza?
Lo scopo è quello di soddisfare
le richieste urgenti, e per lo più
improvvise, di trasfusione di
sangue ed emocomponenti per
determinate situazioni, come
ad esempio emorragie post
parto e nascita di neonati prematuri. Non tutti sanno che i
neonatologi ci chiedono, in
questi casi, sangue fresco (prelevato al massimo da 2 giorni)
per una maggior efficacia della
trasfusione. Ci sono altri casi,
ovviamente, in cui il sangue
serve urgentemente, e non è
possibile fare una pianificazione nella distribuzione. Poter
disporre di questo gruppo scelto è molto utile per intervenire
in caso di carenza di sangue e
di piastrine o per una improvvisa maggior richiesta dai
reparti.
Come è stato accolto questo
progetto fra i donatori che ha
contattato?
Siamo ancora agli inizi, ma
posso dire con grande soddisfazione che l’esordio è stato
molto positivo. Infatti hanno
aderito con entusiasmo circa il
90% dei donatori contattati,
mostrando un forte senso di
responsabilità e di partecipazione al gruppo. Inoltre credo
che sia stato molto utile, oltre
che doveroso, telefonare ai
donatori dopo la loro donazione e ringraziarli. È stata anche
un’occasione per trasmettere
informazioni sull’utilizzo del
sangue donato: a parer mio
sapere dove è finito il proprio
sangue influisce sulla motivazione di continuare a donare.
C’è ovviamente chi preferisce la
donazione ordinaria, in modo
da poter programmare la venuta al Centro in anticipo, anche
in relazione agli impegni di
lavoro e ai possibili disagi che
una assenza improvvisa può
causare nell’organizzazione
giornaliera. Sappiamo quanto
sia necessaria anche la donazione periodica: riuscire a disporre
di queste due diverse fonti, per
noi è di vitale importanza.
Che tipi di vantaggi porterà
questa nuova squadra dell’emergenza?
Sicuramente la creazione del
gruppo donatori di emergenza
porterà enormi vantaggi ai
pazienti e di conseguenza alla
nostra Associazione. Inoltre
sarà più facile gestire un gruppo ristretto di donatori anziché
appellarsi a tutti i donatori in
situazioni di emergenza soprattutto quando si tratta di gruppi
sanguigni particolari. Potremo
quindi soddisfare l’aumento di
richieste di sangue ed emocomponenti e le richieste urgenti
con più fluidità.
Quali sono i prossimi passi?
Il progetto andrà sicuramente
avanti tenacemente, e già ora
cominciamo a percepirne l’utilità. Sicuramente non appena
possibile avremo dei dati a
disposizione che ci permette-
ranno di fare una stima e una
verifica precisa. Ritengo necessario rafforzare ancora di più
l’appartenenza al gruppo e
valorizzare i donatori ‘scelti’.
Sarà importante farlo attraverso
un contatto più diretto con
l’Associazione e attraverso il
trasferimento delle informazioni. A tal fine vorremmo organizzare a giugno, in occasione
della ‘Giornata Mondiale della
Donazione di Sangue’, un
incontro suI percorso del sangue dopo la donazione e una
visita guidata la nostro Centro.
intervista di Eloisa Consales
Volontari all’opera.
Sono tanti e preziosi
Fin dal 1974
l’Associazione Amici
del Policlinico
Donatori di Sangue
si impegna a garantire all’Ospedale
Maggiore un servizio
trasfusionale efficiente sotto il profilo della quantità
e qualità del sangue distribuito.
Attualmente ci
sono circa
20.000 donatori
periodici, che con
il loro semplice e
grande gesto,
Squadre di volontari al lavoro.
sostengono tutti i
pazienti che hanno bisogno di trasfusioni sia al Policlinico
che in altri ospedali milanesi.
Per svolgere al meglio questa ‘missione’, la nostra
Associazione si avvale anche della collaborazione di
una figura molto preziosa: il volontario.
Sono circa novanta i volontari, tutti motivati, orgogliosi e
consapevoli di contribuire alla buona riuscita delle quotidiane attività, senza pretendere nulla in cambio, se non
un semplice grazie e la soddisfazione di aver fatto del
bene agli altri, e quindi a se stessi. Persone con tante
qualità, che con simpatia e dedizione sono impegnate in
assai diversi compiti, necessari e importanti tu sia per
l’assistenza ai donatori di sangue che per la vita della
Associazione stessa.
C’è chi si dedica a contattare i donatori, chiamandoli
sistematicamente allo scadere del tempo di intervallo tra
una donazione e l’altra, facendosi anche carico del delicato compito di capire i motivi che spingono alcuni a non
rispettare i tempi ordinari della donazione; poi ci sono
quelli che si dedicano all’accoglienza del donatore nell’intento di farlo sentire a proprio agio, facendo trascorrere
il tempo di attesa della visita medica nel miglior modo
possibile; altri invece hanno l’onorato compito di ‘coccolare’ il donatore durante il salasso, controllando che tutto
vada bene; poi, infine, c’è chi si occupa di lavori di segreteria, affiancandosi al personale amministrativo del
Centro nel lavoro quotidiano. Ciascuno di loro ci dedica,
in modo costante, una piccola parte della propria giornata, riuscendo brillantemente a conciliare impegni personali e opera pro social. Di solito i volontari trascorrono con
noi una mezza giornata alla settimana, ma c’è anche chi
si presta per l’intera giornata e qualcuno tutti i giorni.
Allora un grazie sentito alla loro sensibilità, audacia,
correttezza e onestà.
Maria De Rosa
Diventa volontario
Se sei interessato a fare parte del nostro gruppo,
chiamaci! C’è tanto da fare, per te e per gli altri.
Saremo grati e felici di accoglierti!
Settore convocazione donatori
T. 02.5503.4306/07
dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle 16.30
www.donatorisangue.org
NOTIZIE BREVI
9
fondazione informa
di Sara Casati e Ivo Tarantino
La bioetica in Fondazione
Nasce il Centro per la bioetica. Tante le attività, unico l’obiettivo: rimettere il
malato al centro dell’interesse
10
È di poche settimane fa la notizia,
sulla prima pagina del Corriere
della Sera, del parere negato al
preteso uso di tessuti fetali di origine abortiva per lo sviluppo
della ricerca scientifica sulle cellule staminali. Sui quotidiani, in Tv,
tazioni cliniche presentate dalle
varie Unità Operative: il comitato
convoca il ricercatore proponente
lo studio, può richiedere di integrare o modificare il protocollo
per poi approvare o respingere la
ricerca in esame.
in rete sono sempre più frequenti
gli scoop (veri o presunti) su questioni che hanno a che fare con
l’etica e la salute: dall’aborto alla
pillola del giorno dopo, dalla
donazione di organi alla partecipazione dei pazienti ai processi di
cura. Segni evidenti di un cre-
Tutta la pratica clinica, la medicina, può vedersi come una palestra di etica dove quotidianamente si affrontano problematiche
complesse, scelte in cui gli operatori, i pazienti, i cittadini e le
istituzioni sono insieme e diversamente in gioco. Nel corso di
scente interesse da parte dei
media e della cittadinanza per
temi finora considerati per esperti
ma che, incidendo sulla vita di
ognuno di noi ed essendo correlati a scelte e idee profonde, necessitano di ambiti di discussione e
dibattiti trasversali.
Per affrontare le questioni etiche
relative all’approvazione dei protocolli di ricerca esiste da anni nel
nostro ospedale il Comitato Etico,
un organismo indipendente e
multidisciplinare, composto da
membri interni ed esterni, per
garantire l’autonomia della sua
attività, che opera nel campo
della ricerca biomedica. Questo
comitato ha innanzitutto la
responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del
benessere dei soggetti coinvolti
nelle sperimentazioni e di valutare gli aspetti etici, normativi,
scientifici e metodologici degli
studi clinici proposti. Nelle sedute del Comitato Etico vengono
analizzate e discusse, al fine di
elaborare un parere, le sperimen-
questi ultimi anni la nostra
Direzione Scientifica ha cercato di
promuovere ed interpretare questa nuova cultura partecipativa
per la salute attraverso concreti
eventi, aperti al pubblico dibattito, e progetti tuttora in corso.
In questa ottica il progetto sperimentale ‘il consenso in corsia’ si
è rivelato certamente come banco
di prova. Esso infatti è da intendersi come emblematico di una
buona pratica di cura centrata sul
paziente e sulla scommessa di
una relazione informata, che
costruisca percorsi di cura su
NOTIZIE BREVI
misura e nel rispetto della specificità di ognuno. Con un approccio
partecipativo, in stretta condivisione tra pazienti, familiari,
volontari, associazioni, Unità
Operative e struttura, si sta
costruendo una politica ospedaliera di buona pratica del consenso
informato, inteso come un indicatore di qualità della cura e dell’assistenza. Dall’inizio del 2008 questo grande impegno condiviso è
diventato obiettivo istituzionale
strategico ed è stato un fattore
determinate per raccogliere e istituzionalizzare le attività ‘informali’ promosse nell’area della bioetica clinica e della governance della
salute: così nasce il Centro per la
bioetica e governance della salute
‘Ca’ Granda’.
Il Centro, che assume la responsabilità di mettere a sistema queste
iniziative finora ‘sciolte’ e di promuoverne di nuove, lavorerà in
stretta sinergia con professionisti
della salute, esperti, pazienti,
associazioni e si confronterà con
le problematicità etiche delle pratiche di cura e di ricerca in cui la
Fondazione eccelle.
Alcuni temi di competenza
del Centro per la bioetica
> La elaborazione di indicatori di qualità della pratica clinica incentrati
sulla relazione di cura.
> Il biobanking.
> La rivisitazione dei protocolli e delle procedure attraverso il coinvolgimento di operatori e pazienti-destinatari.
> La mediazione interculturale.
> L’interazione con i pazienti esperti.
> La formazione etica sul campo.
In un momento di grande trasformazione della cura della
salute, la ricerca del Centro ‘Ca’
Granda’ è paradigmatica: apre
l’Ospedale all’individuazione e
alla realizzazione di buone pratiche partecipative in vista della
costruzione di ‘reti di salute’, di
una crescita culturale collettiva,
di un’innovazione dei modelli
comunicativi e organizzativi. La
Fondazione intende inoltre,
attraverso le attività del Centro
‘Ca’ Granda’, consolidare il suo
Laura Spinardi
biologa
Biologa con particolare riferimento
alla biologia della
cellula. Ricercatore
presso la Direzione
Scientifica
Fondazione IRCCS
Ospedale
Maggiore
Policlinico,
Mangiagalli e
Regina Elena, di
cui è anche
Responsabile ufficio Trasferimento
Tecnologico.
ruolo civico: l’incontro e il
dibattito tra cittadini, professionisti ed esperti, il confronto con
la città, altre università ed istituti di ricerca.
Il Centro si fa forte della pluralità degli interlocutori, della trasversalità dei gruppi di lavoro e
della partecipazione dei laboratori. La passione e la competenza di tutti coloro che hanno contribuito alla formazione e allo
sviluppo del gruppo
Governance e Salute, unitamen-
te all’appoggio e alla fiducia
della Direzione Scientifica sono
stati cruciali per lo sviluppo di
percorsi etici e di politica della
salute, da cui si sono generati
programmi di ricerca istituzionale, come ‘CordGov’, che sperimenta un modello per la donazione del sangue placentare, o
lo stesso ‘consenso in corsia’.
Questa rete di iniziative e di
sinergie rappresenta la preziosa
eredità e il punto di avvio delle
attività del Centro.
I brevetti in ambito
biomedico
Pochi sanno che in Fondazione esiste un ‘ufficio Brevetti’ che si occupa di promuovere e
tutelare le invenzioni dei nostri ricercatori.
Abbiamo chiesto di parlarcene alla responsabile, la dottoressa Laura Spinardi
Cosa è un brevetto in ambito
biomedico?
Prima di spiegare
cosa è un brevetto, occorre fare
una distinzione
importante tra
scoperta e invenzione perché,
soprattutto nel
settore delle biotecnologie, la
distinzione non è così netta. La
scoperta porta alla luce, descrive o interpreta un fenomeno,
una realtà fisica cha già esistevano in natura, ma che erano
sconosciuti. Rientrano in que-
sta definizione scoperte geografiche, archeologiche, teorie
scientifiche, metodi matematici, principi e metodi per attività intellettuali e commerciali.
Le scoperte in quanto tali sono
escluse da brevettabilità.
L’invenzione invece parte da
un’idea originale per arrivare a
produrre qualcosa che prima
non esisteva.
L’invenzione è dunque la
soluzione nuova e originale di un problema tecnico e se risponde ai
requisiti di brevettabilità
(novità, altezza inventiva
e industrialità) può essere tutelata.
Di conseguenza il brevetto è la prova che attesta
la capacità inventiva di
un individuo o di un
gruppo ed è lo strumento
fondamentale per proteggere un’idea innovativa e il
suo sfruttamento commerciale.
Il brevetto è un documento
legale che concede diritti
esclusivi per impedire che altri
producano, utilizzino, mettano
in commercio o vendano l’invenzione creata. La sua durata
è limitata nel tempo (massimo
vent’anni) e nello spazio (solo
in alcuni Paesi).
In ambito biomedico e biotecnologico, il brevetto può essere
usato come strumento di unione tra la conoscenza scientifica
e l’innovazione tecnologica per
il bene comune di tutta la
società.
NOTIZIE BREVI
11
In breve l’attività dell’ufficio
Come si inquadra l’attività
dell’ufficio nell’ambito dell’attività di ricerca della
Fondazione e che vantaggi dà
al personale che opera nella
Fondazione?
Il brevetto rappresenta un’opportunità per la tutela dei risultati della ricerca biomedica e la
loro valorizzazione economica.
La Fondazione intende salvaguardare l’investimento realizzato nell’attività di ricerca e scoperta scientifica. Il processo di
innovazione si misura oggi con
difficoltà: non esclusivamente
quantità dei prodotti tutelati ma
valutazione dell’interesse suscitato e prospettive di utilizzo.
Promuovere il ricorso alla brevettazione e al trasferimento tecnologico può costituire da un
lato un incentivo per motivare e
finalizzare il lavoro dei ricercatori in campo biomedico, e dall’altro lato può offrire un’opportunità per nuove risorse economiche
oltre che terapeutiche.
Conoscere le opportunità che la
Fondazione mette a disposizione per la tutela delle invenzioni
e per il trasferimento tecnologico significa: per il ricercatore
valorizzare le proprie conoscenze e competenze; per la
Fondazione attrarre nuove risorse per la ricerca e per la cura;
per le imprese, avere accesso ad
applicazioni e soluzioni.
L’andamento in crescita del
numero di brevetti depositati,
registrato con la creazione dell’ufficio Trasferimento
Tecnologico, è di buon auspicio
per far sì che il brevetto sia
destinato ad affiancare la tradizionale produttività bibliografica dei ricercatori e dei medici.
Come opera il vostro ufficio?
Nel 2007 presso la Direzione
Scientifica della Fondazione è
stato creato l’ufficio
12
NOTIZIE BREVI
L’ufficio Trasferimento Tecnologico
Macroaree domande brevetti
offre un servizio di consulenza che
23%
si articola su più piani:
> è a disposizione del ricercatore
39%
per qualsiasi informazione in
materia brevettuale;
> raccoglie le proposte inventive
Biotecnologie
dei ricercatori per sondare le
Clinica
potenzialità delle invenzioni
Farmaceutica
38%
effettuate;
> segue le varie fasi dell’iter brevettuale che vanno dal contatto con il consulente per la scrittura del
brevetto, al disbrigo delle procedure autorizzative della Fondazione
per la procedura brevettuale, al supporto durante le varie fasi di
esame della domanda, fino alla concessione del brevetto;
> supporta la valorizzazione economica dei risultati e crea un legame
con le aziende per eventuali contratti di licenza o cessione.
Trasferimento Tecnologico per
la valorizzazione delle competenze, delle idee e dei risultati
della ricerca realizzati in
Fondazione.
L’ufficio è a disposizione dei
ricercatori che vogliono accedere alle operazioni di deposito di un brevetto a spese e titolarità della Fondazione.
È necessario prendere contatto
con l’ufficio per usufruire
delle competenze e dei servizi
offerti.
Infine, per informare i ricercatori/medici sul sistema brevettuale, l’ufficio Trasferimento
Tecnologico organizza corsi di
formazione. Anche quest’anno
verrà organizzato il corso
‘Valorizzazione e tutela dei
risultati della ricerca’.
Che brevetti avete depositato e che applicazioni si prevedono?
Sono state depositate tredici
domande di brevetto, tutte
attive. La maggior parte delle
invenzioni del portafoglio
della Fondazione trovano
applicazione nella ricerca,
cura, prevenzione e diagnosi
di patologie umane. La restante parte delle invenzioni sono
collocate nell’area biotecnologica e prevedono l’uso di
dispositivi tecnologici e/o di
sistemi molecolari o cellulari.
Molte domande di brevetti
coinvolgono solo ricercatori
della Fondazione, ma alcune
sono state realizzate in collaborazione con altri enti, per
esempio l’Università degli
Studi di Milano. Ad oggi, un
brevetto della Fondazione è
gia stato trasferito ad una
azienda farmaceutica e altri tre
brevetti sono oggetto di trattative per il trasferimento ad
aziende private.
È importante promuovere il
ricorso alla brevettazione per
trasformare il patrimonio di
conoscenze scientifiche della
Fondazione in innovazione,
tutelando i diritti connessi allo
sfruttamento commerciale dei
risultati brevettabili. Il successo di questa strategia può
offrire agli enti pubblici di
ricerca biomedica l’opportunità di diventare strutture autonome capaci di finanziare i
propri progetti di ricerca attraverso lo sviluppo e la tutela
delle invenzioni ottenute con il
lavoro dei ricercatori e dei
medici.
i
inser to
staminali
Nuovi orizzonti delle cellule staminali. L’epidemiologia: a servizio della ricerca. Questo ed altro nelle pagine dell’inserto
Paolo
Rebulla
Staminali in ortopedia:
il focus sulla ricerca
Direttore Unità
Operativa di
Medicina
Trasfusionale,
Terapia
Cellulare e
Criobiologia
della
Fondazione
IRCCS
Ospedale
Maggiore
Policlinico,
Mangiagalli e
Regina Elena.
Dottor Rebulla, lei
ha partecipato
recentemente ad
un convegno
indetto dalla
Società di
Ortopedia. Pare
che anche in questo campo si stiano allargando gli
orizzonti di applicazione delle cellule staminali.
Che prospettive ci sono?
In questa occasione ci si è primariamente confrontati sulla responsabilità del medico, che utilizza
particolari prodotti della terapia
cellulare nelle procedure innovative in ortopedia. La nostra Cell
Factory non ha avuto, fino a tempi
recenti, rapporti con gruppi scientifici di questa area, per questo
motivo questo incontro, che si è
svolto a Firenze, è stata una
buona occasione per presentare
ai partecipanti ciò che possiamo
offrire in questo settore della
medicina. In questa ottica abbiamo illustrato alla comunità degli
ortopedici i concetti di base relativi
alle staminali, iniziando dalla
In ortopedia due possono essere la
opzioni legate alle cellule staminali:
> l’utilizzo di cellule staminali
mesenchimali ottenute dal grasso
(opzione di tipo autologo, che facilita molto il trapianto perché non
richiedere meccanismi da adottare
per evitare il rigetto);
> l’utilizzo di un’altra sorgente di cellule staminali, rappresentata dal sangue placentare (in questo caso l'utilizzo delle staminali è di tipo allogenico, riguarda cioè cellule prelevate da
una persona e donate ad un'altra persona, procedura in cui deve essere
considerato il meccanismo della
compatibilità).
descrizione dei diversi tipi di staminali: quelle embrionali e quelle
adulte. Per quanto riguarda le cellule staminali emopoietiche (quelle
che producono tutte le cellule
mature del sangue: globuli rossi,
globuli bianchi e piastrine) adulte,
che sono quelle che la Cell
Factory studia, esse si dividono in
due filoni: quelle placentari e quelle del midollo osseo.
Recentemente, nel nostro laboratorio di Ricerca e Sviluppo diretto
da Lorenza Lazzari, sono state
messe a punto tecniche di purificazione delle staminali mesenchimali ottenute dal grasso autologo.
Questo procedimento richiede di
prelevare 50 g di grasso e successivamente attraverso una tecnica
di purificazione, basata sulla centrifugazione e coltura cellulare,
ottenere cellule staminali mesenchimali. Queste cellule sono diverse dalle staminali emopoietiche.
Le mesenchimali, infatti, per la
loro natura, hanno una stretta
relazione con tendini, dischi intervertebrali, cartilagini, ossa: dalle
mesenchimali derivano tutti gli
organi di sostegno, e per questo
motivo sono cellule che potrebbero divenire molto importanti per
future applicazioni in campo ortopedico.
Come si ottengono le staminali
mesenchimali?
La sorgente tradizionale delle staminali mesenchimali è il midollo
osseo, cioè quel tipo particolare di
sangue che si trova all’interno
delle ossa piatte, contenente differenti tipi di staminali. Si possono
prelevare le staminali mesenchimali aspirando 40/50 cc di sangue
midollare. Queste cellule possono
essere quindi separate, purificate
e inserite in supporti solidi (polimeri) che tendono a ricalcare la
struttura dell’osso. Quindi si possono inserire in un sito di lesione
dell’osso. Nella esperienza condotta dai ricercatori della Cell
Factory, abbiamo valorizzato e
preso in esame un tipo di materiale biologico di cui è facile disporre:
il sangue placentare, che la nostra
banca (Milano Cord Blood Bank)
raccoglie dal 1993. Conserviamo
infatti 7.000 donazioni e abbiamo
distribuito dal 1995 ad oggi 350
donazioni a scopo di trapianto
emopoietico in tutto il mondo. Può
capitare che ci siano donazioni di
volume molto piccolo, non idonee
per il trapianto, quindi abbiamo iniziato questo processo di purificazione su queste donazioni per
verificare se è possibile ottenere
cellule staminali mesenchimali. Il
gruppo di ricerca della Cell
Factory, ha dimostrato che queste
cellule manifestano la capacità di
trasformarsi in cellule del tessuto
osseo e cartilagineo ed è stata
fatta anche una valutazione di tipo
quantitativo: dopo 4 settimane in
coltura di cellule derivate da 60 cc
di sangue placentare è possibile
ottenere10 milioni di staminali
mesenchimali. Come abbiamo
accennato, un’altra importante
sorgente è il grasso autologo.
Prelevando 50 g di grasso è possibile ottenere 150 milioni di cellule staminali mesenchimali in 4 settimane. Date queste promettenti
prospettive, nel contesto del convegno di Firenze, abbiamo proposto agli ortopedici di considerare
l’utilizzo di queste nuove tecno-
Le varie fasi della tecnica di purificazione del
grasso per ottenere le
staminali mesenchimali.
logie per lo sviluppo di nuovi
protocolli terapeutici.
In che modo agiscono queste
cellule mesenchimali?
La loro capacità ripartiva è legata essenzialmente a due meccanismi: la migrazione di queste
cellule verso il sito di lesione e
la loro localizzazione nel tessuto danneggiato. La migrazione e
la localizzazione (homing) sono
legate ad alcune molecole
espresse sulla superficie delle
cellule, che trovano corrispondenti 'recettori' nella sede della
lesione. Ci sono due molecole
importanti implicate in questo processo (CXCR4 e SDF1), che consentono alla cellula di dialogare
con il tessuto e capire dove andare a localizzarsi. Una volta che la
cellula è giunta nel tessuto danneggiato, può andare incontro ad
un processo di differenziazione
per ricostruire il segmento malato
di questo tessuto. L’altro meccanismo di azione delle mesenchimali
è basato sull’effetto Paracrino,
ossia, una volta localizzatasi nel
sito di lesione, la mesenchimale
non solo ripara ma richiama in
quella sede cellule da altri siti dell’organismo, che possono contribuire a riparare il tessuto.
A quali prospettive
di applicazione di
queste cellule la
ricerca sta rivolgendo lo sguardo?
Esaminando la letteratura scientifica possiamo trovare vari campi
di applicazione a cui i
ricercatori pensano.
Ma è importante ribadire che,
anche se si eseguono molti studi,
ad oggi non sono state ancora
messe a punto procedure disponibili per applicazioni terapeutiche di
routine. Tuttavia possiamo immaginare futuri campi applicativi, fra cui
la riparazione del disco intervertebrale, (quindi il trattamento dell’ernia del disco) e la produzione in
laboratorio di cartilagini. A questo
proposito sono già disponibili lavori
che indicano come la produzione
di cellule staminali mesenchimali
sia possibile da soggetti di diverse
classi di età (non solo il giovane,
ma anche il soggetto anziano).
Altri lavori scientifici affrontano le
patologie del tendine.
Quale è il ruolo della Cell
Factory?
La Cell Factory del nostro ospedale è la prima struttura italiana che
ha conseguito, in luglio dello scor-
so anno, la certificazione GMP
(good manufacturing practice)
presso un ospedale pubblico.
Questa certificazione riguarda la
modalità di operare secondo le
regole di buona fabbricazione.
Queste regole derivano dal mondo
farmaceutico e garantiscono che la
preparazione di prodotti farmaceutici cellulari avvenga in condizioni
di elevata qualità. L’Unione
Europea ha deciso infatti che, oltre
alle ditte farmaceutiche, tutti quei
processi che implicano la produzione di materiali per terapie cellulari devono seguire queste regole.
Per questa ragione la nostra Cell
Factory si propone come erogatore di servizi di manipolazione cellulare GMP per la comunità scientifica interessata alla terapia cellulare
e, nel caso del recente convegno
di Firenze, per alcuni nuovi protocolli terapeutici in ortopedia.
intervista di Eloisa Consales
NOTIZIE BREVI
15
Epidemiologia
Diario dal Mare del Nord
di Lucia Perego
La proposta di frequentare un
corso internazionale di epidemiologia clinica in un’isola sperduta
dell’Olanda è stata un’occasione
molto interessante. Non nascondo di avere avuto all’inizio qualche dubbio: “Sarò in grado di
seguire un corso di epidemiologia, materia così vasta e così
ricca di sfaccettature?”
una malattia, quali sono i diversi
tipi di studi epidemiologici, come
analizzare i dati raccolti e come
non farsi portare fuori strada da
dati che sembrano inerenti allo studio ma che, in realtà, se bene analizzati, non lo sono (i cosiddetti ‘fattori di confondimento’). Ma ciò che
per me è stato veramente interessante è il rendermi conto di quante
Il 24 novembre 2007 sono finalmente partita per l’Olanda con una
variabili possano intervenire nel
manifestarsi di una determinata
patologia e come approcciarsi
all’analisi dei dati.
gran voglia di sfruttare al massimo
questa esperienza.
Il corso, tenuto da docenti del
Dipartimento di Epidemiologia
dell’Università di Leiden è iniziato
il 25 novembre, subito dopo lo
sbarco sulla piccola isola di
Schiermonnikoog (arcipelago delle
Frisone olandesi).
L’attività didattica è stata programmata in modo da favorire l’apprendimento anche delle nozioni più difficili: durante il giorno lezioni frontali
sui temi principali dell’epidemiologia e alla sera, dopo cena, esercitazioni di gruppo su tracce che
riprendevano i temi trattati durante
la giornata. In questo modo, giorno
dopo giorno, mi sono addentrata in
una materia così affascinante e trasversale a tutte le attività. Ho imparato come misurare la frequenza di
16
NOTIZIE BREVI
L’esempio per chiarire questo concetto ci è stato fornito mostrando,
passo dopo passo, ciò che è stato
fatto per dimostrare la correlazione
tra la durata dei viaggi in aereo e la
comparsa di trombosi venose profonde. Infatti, alcuni anni fa, i risultati della letteratura medica erano
contrastanti. In un primo studio epidemiologico i ricercatori avevano
analizzato la comparsa di trombosi
nei viaggiatori in arrivo in un grande aeroporto. La metodologia poteva anche sembrare buona, dal
momento che comprendeva un’ampia popolazione sottoposta al fattore di rischio che si voleva valutare:
il viaggio in aereo. Tuttavia, analizzato a fondo, lo studio mostrava
una importante lacuna: non erano
stati calcolati i soggetti che manifestano la trombosi venosa pur non
avendo viaggiato. Non era corretto
quindi concludere che esiste una
correlazione diretta tra viaggio in
aereo e trombosi venosa.
Uno studio epidemiologico corretto che risponda alla domanda che
ci si è posti deve per prima cosa
individuare i ‘casi’ (persone con
trombosi venosa profonda) e i ‘controlli’ (soggetti senza trombosi
venosa profonda) all’interno della
popolazione e, verificare se sono
stati sottoposti all’esposizione (se
hanno viaggiato in aereo di recente). Solo a questo punto è possibile
trarre le conclusioni e definire se i
soggetti che hanno compiuto un
lungo viaggio aereo sono più predisposti a manifestare la trombosi
venosa rispetto a coloro che non
hanno viaggiato. È implicito dire
che questa analisi è solo il punto
di partenza per altri studi sull’argomento, come ad esempio valutare
se i ‘casi’ hanno in comune altre
caratteristiche oltre all’avere viaggiato (numero di viaggi effettuati,
durata del viaggio, caratteristiche
genetiche, età, sesso, utilizzo di pillola anticoncezionale, ecc). Ogni
studio può essere ‘stratificato’
sulla base di diversi fattori di
rischio, che possono in misura
diversa essere concause della
patologia finale. Ebbene, tenendo
conto delle stratificazioni, i dati di
un altro studio hanno dimostrato
che i lunghi voli sono direttamente
correlati con la comparsa di trombosi venose, anche se il rischio è
molto basso. Sulla base di questi
dati gli autori dello studio hanno
concluso che non è necessario
eseguire particolare profilassi della
trombosi, se non nei voli molto lunghi e in soggetti che presentano fattori di rischio trombotico (obesità,
malattie cardiovascolari, diabete,
fumo, ipertensione, ecc), ricordando
peraltro l’importanza di eseguire i
semplici esercizi raccomandati dalle
compagnie aeree, che consentono
di evitare la stasi venosa.
Nonostante l’esperienza molto
positiva, mi sono chiesta che tipo di
ricaduta potesse avere questo
corso sul lavoro che faccio (lavoro
presso la Banca del Sangue
Placentare e mi occupo di criopreservazione delle cellule staminali
del sangue del cordone ombelicale), dal momento che tutte queste
nozioni non sono strettamente correlate con quello di cui mi occupo
giornalmente. In realtà questa è
un’esperienza che tutti coloro che
lavorano nel campo biomedico
dovrebbero avere l’opportunità di
fare, perché fornisce le basi per
intraprendere correttamente uno
studio scientifico e insegna come
porsi nei confronti dei dati raccolti e
come raccoglierli. Inoltre, fornisce
gli strumenti adatti per valutare
qualsiasi tipo di resoconto scientifico, sia esso il rendiconto di un
ADISCOteca
caso clinico o uno studio su molti
soggetti. È importante sottolineare
inoltre come, in un grande dipartimento trasfusionale quale è il
nostro, la numerosità e la varietà di
persone che ogni giorno donano il
sangue, opportunamente arruolate
in studi epidemiologici osservazionali (previo consenso informato),
possano rappresentare un valido
strumento per la valutazione di
parametri utili per la prevenzione o
la terapia di svariate patologie. In
conclusione sento di ringraziare
coloro che mi hanno permesso di
partecipare a questo corso che ha
rappresentato un’esperienza assai
significativa per la mia professione.
di Francesco Zanuso
All’allegra kermesse di Floralia:
ADISCO e la cioccolata Venchi
Le previsioni del tempo erano pessime a Milano, per il
weekend delle elezioni. Ma la fortuna ha assistito
Floralia e il consueto mercatino benefico di primavera, in piazza San Marco, si è svolto tra sole e nuvole
con un’affluenza di pubblico davvero fuori dal comune e la partecipazione di qualche personaggio famoso
del mondo della cultura, della politica e dello spettacolo: il sovrintendente alla Scala Stéphan Lissner e
signora, il musicista Mario Lavezzi, la scrittrice
Isabella Bossi Fedrigotti, la giornalista Lina Sotis col
marito architetto Marco Romano e l’onorevole Daniela
Santanché.
Allegri e pieni di colore i banchetti dalle infinite varietà
di piante, il lungo banco delle ceramiche, l’angolo
della biancheria ricamata a mano, con lini e cotoni
provenienti dall’India.
Al centro della piazza, il botanico Pietro Bruni
dispensava consigli a chi cercava la cura adatta alle
proprie piante, mentre nel banco vicino la giovane
artista Jalée Brera ritraeva chi desiderava avere un
proprio disegno a carboncino, o un ritratto con una
sanguigna.
Tra le novità di questa undicesima edizione c’era poi il
banco per la riparazione delle biciclette, attrezzato di
tutto punto, che vendeva anche accessori per i ciclisti
e delle ottime ed economiche bici. Anche i due banchi
riservati alla ‘brocante’ offrivano la possibilità di interessanti affari, proponendo vari oggetti e complementi
d’arredo che spaziavano dalle stampe acquarellate ai
vasi di Murano, dai servizi Ginori da the della nonna,
alle antiche scatole di
lacca, dai portariviste
alle specchiere da
tavolo.
Come molti sanno, la
particolarità di questa
manifestazione, è che
ogni banco devolve il
ricavato
all’Associazione onlus
che rappresenta.
Prodotti di alto livello
qualitativo, quindi, per
acquisti a fin di bene.
A rappresentare ADISCO
Lombardia onlus c’era un banco
di squisita cioccolata ‘sponsorizzata’ dalla Venchi, antica fabbrica piemontese che dal 1878
produce una grande varietà di
cioccolato; dalle celebri
Nougatine ripiene di croccante,
all’ottima cioccolata fondente con varie percentuali
di cacao, dalle tavolette alla cannella a quelle alla
vaniglia e al peperoncino. Una vera gioia per i golosi e i gourmet. Quest’anno l’Associazione ADISCO
ancora una volta nei confronti della nostra
Associazione.
Lombardia ha destinato il ricavato delle vendite
all’acquisto di un nuovo kit per il laboratorio del
centro di ricerca sulle cellule staminali del
Vi aspettiamo numerosi alla prossima edizione,
sempre sul Sagrato della Chiesa di San Marco, il 27
e 28 settembre 2008. Non mancate!
Policlinico di Milano. Un ‘grazie’ di cuore alla
Venchi per la sensibilità e la generosità dimostrata
Un quadro per la ricerca
di Francesco Zanuso
La Sezione Regionale Lombarda di ADISCO fin dal 1997
sostiene la Milano Cord Blood Bank, attraverso il finanziamento di borse di studio per ricercatori e l’acquisto di parte
della strumentazione necessaria. Tuttavia perchè ciò possa
avvenire è necessario per ADISCO promuovere un’attività di
fund raising intelligente e stimolante. Ed è così che per il
terzo anno consecutivo ADISCO Lombardia onlus ha organizzato un’asta di arte moderna e contemporanea. Anche
nel 2008 la casa d’aste inglese Sotheby’s è stata la generosa protagonista, come nelle passate edizioni, di questo
magnifico evento. Per la prima volta in una Charity nel
nostro Paese, le più importanti gallerie d’arte contemporanea milanesi associate in Start Milano hanno offerto gratuitamente opere dei loro artisti più rappresentativi. Un nume-
Due delle opere
presentate il
giorno dell’asta.
roso e qualificato pubblico di collezionisti ha partecipato
all’asta la sera del 14 aprile, a Palazzo Broggi, in via Broggi
19, contribuendo così al grande successo dell’iniziativa
benefica: è stata raccolta infatti una cifra consistente, circa
60.000 euro, che sarà utilizzata da ADISCO per confermare
a tre ricercatori della Milano Cord Blood Bank una borsa di
studio anche per il prossimo anno 2008-2009.
Ringrazio dunque tutti coloro che si sono veramente impegnati per realizzare questa importante manifestazione benefica e culturale insieme, poichè penso che arte e ricerca
medica possano davvero migliorare la qualità della nostra
vita. Arrivederci al prossimo anno!
ADISCO ringrazia
1000Eventi; Arte Studio Invernizzi; Galleria Salvatore e Caroline Ala; AR/ Contemporary Gallery;
Artopia; Galleria Ca’ di Fra’; Antonio Colombo Arte Contemporanea; Corsoveneziaotto; Galleria
Raffaella Cortese; Galleria Riccardo Crespi; Paolo Curti/ Annamaria Gambuzzi & Co; Galleria Monica
De Cardenas; Galleria Massimo De Carlo; Alessandro De March; Galleria Emi Fontana; Fotografia
Italiana Arte Contemporanea; Galica, Galleria Francesca Kaufmann; Galleria Klerkx; Le Case d’Arte;
Lorenzelli Arte; Federico Luger Gallery; Galleria Nina Lumer; Galleria Giò Marconi; Galleria Milano;
Galleria Francesca Minini; N.O. Gallery; Nowhere Gallery; Galleria Pack; Project B Contemporary Art;
Galleria Rubin; Lia Rumma; Galleria Suzy Shammah; Studio d’Arte Cannaviello; Studio Guenzani;
Ermanno Tedeschi Gallery; Massimo Carasi The Flat; Studio Giangaleazzo Visconti; Zero…; Zonca &
Zonca Arte Contemporanea.
Gli indirizzi delle gallerie sono disponibili sul nostro sito www.donatorisangue.org
18
NOTIZIE BREVI
Susanna Esposito
brevi mamma e bambino... in estate
In vacanza con i bimbi
pediatra
Specialista in
Pediatria e in
malattie infettive.
Professore
Associato di
Pediatria generale
e specialistica MED/38 presso la
Facoltà di Medicina
e Chirurgia
dell'Università di
Milano. Vice-direttore dell'Unità
Operativa
Complessa
Pediatria 1 della
Fondazione IRCCS
‘Ospedale
Maggiore
Policlinico,
Mangiagalli e
Regina Elena’.
Arriva l’estate e dobbiamo programmare le vacanze della nostra famiglia, con i nostri bambini. Abbiamo intervistato la professoressa
Susanna Esposito, pediatra nella nostra Fondazione, per qualche
consiglio su come passare vacanze serene con i nostri piccoli
Esistono luoghi e
situazioni più
adatti per andare
in vacanze con
bambini piccoli?
Qualsiasi tipo di
vacanza fa sicuramente bene a tutta
la famiglia. Per il
bambino si tratta di
una piacevole
avventura alla scoperta del mondo,
per i genitori è
un’occasione per
stare insieme e
intanto godersi i propri figli.
Non vi è un luogo migliore dell’altro per trascorrere le vacanze
con un bambino, anche se piccolo. L’importante è che il bambino
sia circondato da un ambiente
sereno e che entrambi i genitori
partecipino alle sue attività.
te il bambino al sole fino ai 6
mesi di vita;
> non esporre il bambino di età
inferiore ai 7 anni al sole tra le
11.00 e le 15.00;
> non lasciare tutto il giorno il
bambino in costume da bagno ma
proteggere collo e schiena con
un vestiario leggero e largo, di
colore preferenzialmente chiaro
(per non attirare i raggi del sole);
> fare indossare al bambino un
cappellino che gli faccia ombra
sul viso;
> usare sempre un filtro solare
sulle zone esposte del corpo,
anche nelle giornate nuvolose
o con cielo coperto, con fattore
di protezione uguale o superiore a 15 e che agisca sui
raggi UVA e UVB, riapplicandolo spesso durante la giornata
(ogni 2-3 ore);
> proteggere gli occhi con
occhiali da sole con filtro per
Quali i rischi dell’estate e che
precauzioni adottare?
Uno dei principali rischi dell’estate è l’ eccessiva esposizione ai raggi solari, che può
causare eritema solare o in
alcuni casi vere e proprie
ustioni . È importante quindi
seguire sempre opportuni
accorgimenti:
> non esporre mai direttamen-
“
raggi UV.
Che tipo di alimentazione
consiglia?
D’estate è importante che il bambino abbia sempre a disposizione
una scorta d’acqua, non gelata e
non gasata, per bere e per rinfrescarsi ogni volta che ne senta la
necessità. Inoltre, è utile privilegiare una dieta con vegetali in
D’estate è importante che il bambino
abbia sempre a disposizione una
scorta d’acqua, non gelata e non
gasata, per bere e per rinfrescarsi
ogni volta che ne senta la necessità
“
gran quantità, abolendo i grassi
animali, i cibi molto cotti o fritti e
i dolci molto elaborati. Sì, quindi,
a frutta e verdura, alla pasta e al
riso con pochi condimenti, ai
gelati (soprattutto se di frutta) e
allo yogurt, al pesce cotto a
vapore, all’olio crudo. L’acqua
resta la bevanda migliore, ma
anche i succhi poco zuccherati
possono andare bene.
Un altro ‘pericolo’ dell’estate è
rappresentato dalle punture di
insetto. Nel caso di punture di
zanzara, che di per sé non rappresentano un pericolo ma che
possono causare la comparsa di
pomfi orticarioidi diffusi, sarà
necessario a scopo preventivo
applicare ripetutamente sulle
superfici cutanee esposte repellenti (soprattutto se il bambino
esce nel tardo pomeriggio o in
serata). Nel caso di pomfi già
presenti, sarà necessario utilizzare antistaminici topici (da applicare sulla pelle) o sistemici (da
assumere per bocca). Le punture
di vespe e di api che, se pur solitamente non pericolose, sono in
genere molto dolorose. Le vespe
non lasciano mai il pungiglione
ed è questo il motivo per cui una
sola vespa può causare punture
multiple. Le api, invece, hanno
un pungiglione rostrato che si
spezza e rimane infisso nella
cute, con la conseguente morte
dell’ape. È opportuno cercare di
rimuovere il più velocemente
possibile il pungiglione, evitando
unghie o pinzette perché possono schiacciare il sacco velenifero
NOTIZIE BREVI
19
che è posto alla base del pungiglione. Nel caso di punture di
vespe o di api, è necessario pulire bene la zona della puntura
con acqua e sapone, applicare
ghiaccio per 15-30 minuti e poi
una pomata cortisonica o antistaminica. Il dolore e la reazione
locale possono durare anche
alcuni giorni e talvolta sono
associati a orticaria o prurito. Se
il bambino presenta i segni di
una reazione allergica più grave
(marcata difficoltà respiratoria,
gonfiore, pomfi orticarioidi diffusi, fino allo shock anafilattico),
soprattutto se le punture sono
multiple, è necessario portalo
subito al più vicino pronto soccorso.
Passando più tempo all’aperto,
un altro dei ‘pericoli’ dell’estate è
costituito dai morsi e dai graffi
di cani e gatti. Al fine di evitare
questi problemi, è necessario
educare i bambini ad adottare
comportamenti che limitino il
rischio di aggressioni o di reazioni pericolose da parte degli animali e che gli permettano di riconoscere i segnali che l’animale
trasmette per comunicare uno
stato di paura o diffidenza. Nel
caso di morsi o graffi da parte di
cani o gatti, è fondamentale pulire subito le ferite con acqua e
sapone e disinfettarle. Se la ferita
20
NOTIZIE BREVI
è profonda o lacerata, è opportuno consultare il pediatra o recarsi
al pronto soccorso per iniziare
un’eventuale terapia antibiotica.
Un altro problema frequente, che
può verificarsi in estate dopo
gite nei boschi a piedi o in bicicletta, è il riscontro di zecche
sulla pelle o delle lesioni causate
dalle punture di questi artropodi
capaci di provocare malattie
caratterizzate da febbre ricorrente, eritema migrante, dolori arti-
colari e, in casi più rari, manifestazioni neurologiche (le forme
più comuni nel nostro Paese
sono la malattia di Lyme e le rickettsiosi). In questi casi, è fondamentale rimuovere in toto la
zecca qualora questa fosse presente, cospargendola di olio o
alcool o etere: in questo modo
(dal momento che la zecca respira attraverso la cuticola che la
riveste) allenta la presa (per
asfissia) nell’arco di qualche
minuto ed è molto più facile
staccarla con una pinzetta (o
eventualmente con le mani)
senza che il suo piccolo rostro
rimanga infisso nella cute, monitorando nelle 2-3 settimane successive la comparsa di sintomi
compatibili con le malattie trasmesse da artropodi. Se non si
riesce a rimuovere la zecca, se la
testa è rimasta in profondità nella
pelle o se nei 7-21 giorni successivi alla puntura comparissero
febbre o eruzione sulla pelle
(anche quando non fosse trovata
la zecca sulla cute ma solo il suo
morso), è opportuno recarsi dal
pediatra o in pronto soccorso
per l’esecuzione di esami e la
prescrizione di una terapia antibiotica specifica.
Quante volte il bambino può
fare il bagno in mare o in
piscina?
Il bagno in mare o in piscina
può essere fatto quanto il bambino vuole, preferibilmente a
distanza di due ore dai pasti
principali. Se il bambino ha
meno di 6 mesi, è più indicato
fargli fare il bagno in una piccola piscina di plastica, riempita di
acqua dolce fatta scaldare al
sole. Quanto alla durata del
bagno, non c’è una regola: si
deve soltanto controllare che le
labbra del bambino non cambino colore e osservare le mani
che non devono sembrare ‘raggrinzite’. Per chi frequenta pisci-
ne aperte al pubblico la raccomandazione è di proteggere i
piedi del bambino con sandali
in gomma per evitare il pericolo
di micosi. Per i più piccoli,
anche se esperti, non scordiamoci i braccioli!
È possibile viaggiare con i
bambini in Paesi esotici?
Sicuramente una vacanza in
Paesi esotici è un’esperienza
indimenticabile per un bambino.
Se pur non ci sono limiti di età,
un viaggio di questo tipo risulta
più indicato per bambini di età
superiore ai 4 anni che hanno la
possibilità di elaborare adeguatamente questo tipo di esperienza. Prima della partenza, però, è
importante recarsi presso un
centro di medicina dei viaggi
rivolto in modo specifico al
bambino (come quello aperto da
ormai 3 anni presso la Clinica
De Marchi) in modo da informarsi adeguatamente sulle
norme igieniche e comportamentali da rispettare, sulle vaccinazioni da eseguire, sulla
necessità di un’eventuale profilassi antimalarica, sulle malattie
infettive presenti nella sede del
viaggio, su come gestire i pro-
blemi più comuni che il bambino può presentare e su quando è
necessario allarmarsi durante il
viaggio o al ritorno da questo.
Quali farmaci è necessario
mettere in valigia?
Anche per viaggi in mete vicine
e considerate ‘tradizionali’, è
importante portarsi dietro oggetti di uso comune (come un termometro, dei cerotti, delle garze
sterili, salviettine disinfettanti,
una soluzione disinfettante,
repellenti cutanei, una pomata
antidolorifica per eventuali contusioni), un collirio antibiotico da
utilizzare in caso di congiuntivite, farmaci antistaminici topici e
sistemici da impiegare nel caso
di reazioni abnormi alle punture
d’insetto, paracetamolo o ibuprofene da usare in caso di febbre,
soluzioni reidratanti e probiotici
utili in caso di gastroenterite e
antibiotici di base (un beta-lattamico e un macrolide) da utilizzare su indicazione del pediatra
qualora comparissero infezioni
verosimilmente batteriche.
Chi rimane in città cosa deve
fare?
Anche rimanendo in città, è
importante uscire all’aperto,
scegliendo percorsi lontani dal
traffico e non affollati, evitando
le ore più calde della giornata e
portandosi dietro un biberon o
una bottiglietta d’acqua e un
cappello a tesa larga. Una buona
opzione è quella di trascorrere
qualche ora nei parchi, ma nelle
prime ore della giornata per evitare il caldo e le zanzare nelle
ore serali.
intervista di Eloisa Consales
Alberto M. Comazzi
brevi estate
L’estate in città.
Fronteggiare la solitudine
psichiatra
Alberto Maria
Comazzi psichiatra
e psicoanalista,
membro della
Società
Psicoanalitica
Italiana (SPI) e
dell’International
Psychoanalytical
Association (IPA).
Dal 1980 è consulente psichiatra
dell’Istituto
Nazionale per la
Cura dei Tumori.
Dal 1994 al 2006 è
stato responsabile
del Servizio di
Psicologia Medica
del Nord Italia
Transplant (NITp).
È autore di oltre
240 pubblicazioni.
In estate chi rimane in città, spesso deve affrontare difficoltà legate ad
una città poco accogliente. In particolare i periodi festivi, per chi soffre di disagi psichici, sono ancora più duri. Abbiamo chiesto al professor Comazzi, psichiatra e psicanalista, di aiutarci a capirne i motivi
Quali problemi
deve affrontare in
estate chi è
costretto a rimanere in città.
Pensiamo agli
anziani, ai malati,
alle persone meno
abbienti, con problemi psichici.
Perchè è un
momento così
duro?
L’estate non è per
tutti fonte di gioia,
c’è chi non può par-
tire in vacanza ed è costretto a
rimanere in città sempre meno
accoglienti e deserte. Chi rimane in città deve affrontare spesso una serie di problemi che
sono fonte di angoscia, ma che
possono essere previsti e in
parte prevenuti.
Principalmente ci sono due
ordini di problemi: il primo è
l’impatto con la solitudine.
Si rimane soli e ci si sente
abbandonati. Si è spesso costretti a cambiare i propri ritmi, le
proprie abitudini e le consuetudini consolidate e rassicuranti.
Rimasta sola
Si tenta, per affrontare questa
solitudine, di mantenere i propri
rituali quotidiani, ma ciò avviene
in uno scenario sociale mutato e
quindi ostile a ciò che prima era
normale e rassicurante.
Un altro problema importante
riguarda il piano strettamente
sanitario. Assistiamo nel periodo
estivo alla ‘fuga’ degli specialisti,
e possiamo immaginare quanto
ciò sia problematico per quelle
persone che hanno, ad esempio,
patologie croniche che richiedono
una sorveglianza e un rapporto
stretto e continuo con gli specialisti. Non abbiamo sempre la sicurezza che i sostituti siano persone
capaci di prendere in mano la
situazione complessa di questi
pazienti con senso di responsabilità e continuità, anche perché
non conoscono la storia dei
pazienti, la loro anamnesi e la storia psicologica. Anche sul versante delle psicoterapie si vive una
situazione di disagio: esse vengono, per lo più, interrotte in
estate. E questo è un danno, per-
ché le psicoterapie, più di altre
terapie, sono soggette a ritualità,
abitudini e scansioni del tempo.
Per cui l’interruzione forzata è
spesso rischiosa per il soggetto.
Ha parlato di ritmi, cosa
intende per cambiamento dei
ritmi?
La vita dell’uomo è scandita da
rituali, abitudini e dai ritmi circadiani che da un punto di
vista biologico sono molto
importanti. Un esempio di sfasamento del ritmo circadiano è
il disagio che si prova al cambiamento dell’ora legale. Poi ci
sono i ritmi psicologici altrettanto importanti, legati alle
nostre abitudini difficilissime
da modificare. Per questo, se
vogliamo usare una metafora, è
importante che, chi rimane da
solo in città, prepari ugualmen22
NOTIZIE BREVI
te una ‘valigia
delle vacanze’, in
questo caso ‘una
valigia mentale’.
Bisogna cioè organizzare spazi
diversi, ritmi
diversi da intendersi come piccole
ancore di salvezza.
perchè,
angere, non so
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Ho voglia di pi
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Fuori o dentro
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e sui rami sp
per cadere,
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la.
so
ta
sono rimas
ttini
Nella sua esperienza come si
possono affrontare
i problemi di natura psicologica?
Come dicevo fronteggiare questi problemi vuol dire prima di
tutto attivare un sistema personale di prevenzione: se sappia-
mo che incontreremo problemi
sul versante psichico e somatico si possono adottare precauzioni per prevenire o contenere
possibili disagi. È importante
sapere quali sono i propri
punti deboli legati alla costituzione, alla struttura psichica e
agli stili di vita. Ogni soggetto
è diverso dall’altro. In questo
modo possiamo mettere nella
famosa valigia estiva non solo i
farmaci, ma anche l’esperienza
e la conoscenza di se stessi che
è uno strumento molto utile.
Sul piano terapeutico, prima
dell’inizio del periodo estivo, ci
si dovrebbe rivolgere al proprio
medico di medicina generale
che dovrebbe conoscere bene il
proprio paziente e organizzare
insieme un piano di azione. Nel
caso dell’interruzione delle psicoterapie, a volte si utilizza
strumentalmente l’interruzione
estiva per mettere il paziente di
fronte ad una propria autonomia, e gli si da dei piccoli ‘compiti’ per compensare l’assenza.
La cosa migliore però è che,
nelle situazioni più critiche, nel
mese di agosto gli psicoterapeuti siano rintracciabili anche solo
Alessandra Pi
telefonicamente in caso di emergenza.
Cosa possiamo chiedere alla
rete sociale e alla città per
rendere questi periodi meno
traumatici?
La città può fare molto, come
anche il piccolo centro, dove il
problema della solitudine è
molto meno sentito, perché ci
si conosce tutti. Nelle grandi
città, come Milano, è molto
diverso perché i ritmi di vita e
la struttura urbana non facilitano i rapporti molto stretti e la
vicinanza fra le persone. La
città quindi deve offrire, ancor
di più in questo periodo, spazi
di aggregazione prima di tutto
agibili e confortevoli. Deve
facilitare gli spostamenti con
mezzi pubblici efficienti, garantire alle persone, secondo la
propria cultura, di trovare
quello di cui hanno bisogno. La
città insomma non deve andare
in vacanza con i più fortunati,
ma deve accogliere chi resta,
creando anche in questo caso
occasioni di vacanza diversa
non solo per anziani ma anche
per quei giovani che non
hanno amici con cui passare le
vacanze.
intervista di Eloisa Consales
alimentazione e benessere
di Francesca Albani e Emanuela Orsi
Dieta mediterranea: culla
dei popoli, ricetta di salute
Con il termine ‘dieta’ si definiscono le abitudini alimentari e l’organizzazione di più razioni alimentari nel tempo. Seguire una
dieta quindi significa trarre i massimi vantaggi in salute ed efficienza fisica dal cibo. Una dieta in
sostanza è uno stile di vita. La
cultura alimentare di un popolo è
legata all’ambiente geografico e
climatico, alle tradizioni e alle
condizioni sociali ed economiche.
Con l’espressione ‘dieta mediterranea’ si tende ad indicare anche
uno stile di vita basato sul movimento e l’attività fisica.
di preferenza bianca); consigliato
invece il consumo di pesce, in
particolare quello azzurro e un
apporto regolare ma moderato di
prodotti lattiero-caseari. Una
dieta mediterranea sana ed equilibrata fornisce a sufficienza tutti
i nutrienti e gli aminoacidi necessari; infatti uova, carne, latte e
formaggi contengono sufficientemente gli ‘aminoacidi essenziali’
non sintetizzabili dall’organismo
che deve perciò introdurli con
l’alimentazione. Legumi, freschi
Cosa è la dieta mediterranea
La dieta mediterranea non è uno
specifico programma dietetico,
ma un insieme di abitudini alimentari proprie delle popolazioni
della regione mediterranea.
I benefici di questo tipo di alimentazione derivano dal consumo equilibrato di una grande
varietà di cibi, principalmente di
origine vegetale. Grande spazio
dieta mediterranea è quella di
essere basata su prodotti locali,
stagionali e freschi.
L’assunzione di questi alimenti è
normalmente suddivisa in tre
pasti principali (colazione, pranzo e cena) e due spuntini di supporto a metà mattina e metà
pomeriggio. Si può facilmente
intuire come sia un grossolano
trovano verdura e frutta di stagione, amidi e fibre, contenuti
nella pasta, nel pane e nei cereali
(soprattutto integrali) e nell’olio
extra vergine di oliva. In questo
regime alimentare sono da limitare i consumi di grassi animali,
quindi di carne (che deve essere
e secchi, invece rappresentano
una importante fonte di proteine
vegetali. Altra caratteristica della
errore identificare la dieta mediterranea con un elevato consumo di pasta e pane, magari ‘bianco’. Nella dieta mediterranea,
infatti, non vi è ‘abbondanza di
pane e pasta’. Innanzitutto il
pane è integrale e la pasta non è
solo di grano duro ma anche di
vari cereali.
La scoperta della
dieta mediterranea
La scoperta della dieta mediterranea è
da attribuire allo scienziato americano
Ancel Benjamin Keys che, nell’ambito di
uno studio epidemiologico, indagò il
rapporto fra alimentazione e patologie.
Nel suo studio prese in esame, le abitudini
alimentari del Giappone, degli Stati Uniti,
della Jugoslavia, della Germania, della
Finlandia e dell’Italia. I risultati evidenziarono che quanto più l’alimentazione di 12.000
soggetti analizzati si discostava da un alimentazione di tipo mediterraneo, maggiore
era l’incidenza di patologie definite del
‘benessere’ (arteriosclerosi, ipertensione,
diabete, ecc). Keys visse per molti anni in
Italia e in particolare nel Cilento, dove constatò la bassa incidenza di queste malattie.
Questi risultati portarono gli scienziati
americani ad avviare, intorno agli anni
70, un ampio programma di medicina
preventiva anche alimentare, basato
proprio sugli studi condotti da Keys.
Le basi scientifiche
Sono molti gli studi epidemiologici che hanno dimostrato una correlazione tra dieta mediterranea e
diminuzione del rischio di alcune
malattie; primo fra tutti quello storico di Keys. Altre fonti scientifiche, per citarne alcune, sono il
‘Seven Country Study’ che negli
anni Settanta confrontò le abitudini alimentari di Italia, Grecia,
Jugoslavia, con quelle di Stati
Uniti, Giappone, Finlandia e
Olanda, o quello più recente di
Trichopoulou, pubblicato sul
New England Journal of
Medicine nel 2003.
Il motivo dei benefici di questa alimentazione è da ricercarsi nelle
componenti essenziali della dieta
mediterranea (un’elevata quantità
di vitamine, un considerevole
introito di grassi polinsaturi
omega-3 presenti nel pesce,
antiaggreganti piastrinici e vasodilatatori, un elevato contenuto di
monoinsaturi e di antiossidanti
contenuto nell’olio di oliva).
Dagli studi disponibili si evince
che non sono i singoli componenti, o gruppi di alimenti, a fornire
una protezione contro le patologie,
bensì la combinazione di essi e la
varietà della dieta. Infatti è proprio
la combinazione di questi alimenti
che contribuisce ad evitare l’accumulo nell’organismo di sostanze
nocive provenienti da diete a
basso consumo di fibre e ad alto
regime calorico. Nel loro complesso i componenti della dieta
mediterranea hanno un ruolo
positivo sulla fisiologia dell’organismo, soprattutto se la componente alimentare si associa una
vita attiva, aiutano a mantenere
funzioni metaboliche equilibrate.
Ciò è particolarmente utile nella
prevenzione dell’obesità e del
sovrappeso. Infine un aspetto
particolarmente importante è rappresentato dalla elevata capacità
che molti componenti della dieta
mediterranea hanno di contrastare, attraverso l’elevato contenuto
in vitamine e composti antiossidanti, l’azione dannosa dei radicali liberi che possono danneggiare le membrane cellulari e il
DNA, alterando le funzioni cellu-
lari e le informazioni genetiche.
Questi processi sono fattori di
rischio di patologie degenerative,
di tumori e in generale dei processi di invecchiamento.
ripartisca in modo ottimale l’apporto calorico e nutrizionale quotidiano per prevenire l’insorgenza
di patologie tipiche dei Paesi occidentali e del benessere.
L’origine culturale della
dieta mediterranea
La storia di queste buone abitudini
risiede negli stili di vita delle
popolazioni povere dei paesi del
Mediterraneo: essenzialmente contadini e pescatori, che si alimentavano in modo semplice. Essi attingevano a ciò che offriva la terra, ai
piccoli allevamenti di animali da
cortile e alla pesca. La loro vita
richiedeva movimento continuo
spesso a piedi e con mezzi non
motorizzati, oltre che manualità
nella conduzione delle loro attività. In questo modo bruciavano
facilmente l’apporto energetico e
soprattutto glucidico. Oggi le condizioni di vita e soprattutto gli
stili di vita sono mutati notevolmente. Se da un lato abbiamo
assistito a progressivi cambiamenti legati alle condizioni sociali e
alimentari, che senz’altro hanno
prodotto effetti positivi, (ad esempio la scomparsa di patologie da
carenza di nutrienti e un miglioramento globale dello stato nutrizionale) d’altro canto la nostra alimentazione ha subito progressivi
e consistenti mutamenti anche
nella composizione degli alimenti.
Oggi si concorda nel raccomandare una dieta alimentare che, sul
modello di quella mediterranea,
Come si mangia oggi
Purtroppo oggi questo stile alimentare e comportamentale è in
crisi. L’Istituto Superiore di Sanità
(ISS) ci dice che due adolescenti
su tre mangiano davanti alla televisione e il 70% dei bambini giudica alla moda consumare alimenti
calorici promossi dalla pubblicità.
Stando a uno studio, pubblicato
sul British Medical Journal, questi
bambini mettono a rischio la loro
salute. Il Ministero della Salute e il
Ministero per le Politiche Agricole
Alimentari e Forestali hanno sottoscritto un Protocollo di intesa
per promuovere nuove politiche a
sostegno di una corretta ed equilibrata alimentazione. La strategia
adottata dovrà puntare a migliorare il rapporto che gli Italiani
hanno con il cibo. Sarà promosso
il consumo di frutta, verdura ed
altri alimenti salutari. In questo
scenario grande spazio verrà
ovviamente attribuito alla promozione della dieta mediterranea,
candidata recentemente a
Patrimonio Culturale Immateriale
dell’Unesco. Il valore di questa
dieta quindi, non riguarda solo il
versante scientifico, ma anche
quello culturale e storico, patrimonio di tutti i popoli che si
affacciano sul Mediterraneo.
brevissime
Olio d’oliva. È usato nella cucina mediterranea quasi esclusivamente al posto del burro, della margarina e degli altri grassi. Da consumarsi preferibilmente crudo, è una ricca fonte di grassi monoinsaturi (in particolare acido oleico), che proteggono contro le patologie
cardiache. L’olio d’oliva è anche una fonte di antiossidanti tra cui la vitamina E. Molti studi hanno dimostrato che i monoinsaturi contribuiscono in modo importante al mantenimento di bassi livelli di colesterolo plasmatico e rappresentano inoltre un substrato resistente all’ossidazione. L’acido oleico ha di per sé importanti proprietà, fra cui un’azione salutare sull’apparato cardiocircolatorio. Ci sono poi evidenze
sperimentali che indicano un effetto protettivo dell’acido oleico, contro alcuni tipi di tumore.
Frutta e verdura. Consumare tanta frutta e verdura fresca protegge dalle patologie cardiache e dai tumori: un ruolo in questa
azione preventiva lo hanno gli antiossidanti contenuti in questi alimenti. Ad esempio i pomodori sono una fonte importante di
antiossidanti. Inoltre la cottura di questo tipo di ortaggio è altamente benefica perché incrementa la disponibilità di licopene, uno
dei principali antiossidanti.
Pesce grasso. Il pesce grasso (in particolare la sardina) è una fonte di grassi polinsaturi omega 3 e sembra che i derivati complessi a
catena lunga di questi grassi giovino particolarmente alla salute del cuore per le loro proprietà antinfiammatorie e vasodilatorie, che
favoriscono una corretta circolazione del sangue.
tempo libero
di Luca Tafuni
Puglia, viaggio nella regione
che guarda ad oriente
Abbiamo selezionato per voi alcuni degli itinerari
possibili per un viaggio in questa bellissima terra.
La Puglia è la regione italiana più esposta ad est,
quella con la costa più lunga. Tante le scoperte
da fare, gustandone la magnifica cucina
Arrivando in auto dalla lontana
Milano il cartello ‘Puglia’ sembra
farsi scherno del tuo primo pensiero: ‘sono arrivato!’.
La strada è ancora lunga però se,
per esempio, devi arrivare a
Santa Maria di Leuca, il tacco
dello Stivale, l’incrocio dei due
mari dalle suggestioni uniche. Ti
aspettano infatti ancora tre ore e
mezzo di viaggio. Ma ne vale la
pena perché lo scenario che ti
accompagna è davvero affascinante. Appena raggiungi questa meravigliosa terra di colore
rosso, i secolari ulivi sembrano
abbracciare l’autostrada per darti
il benvenuto.
È da questi alberi che nasce l’apprezzato olio d’oliva pugliese, da
gustare con le famose friselle e i
pomodorini di pendola su una
Il Trullo
Il trullo è una tipica e storica costruzione contadina di una specifica zona della
Puglia ricca di pietre (le chianche) che hanno dato la possibilità alle popolazioni
dell’epoca di realizzare queste particolari costruzioni. Alberobello, in Valle d’Itria,
è considerata la ‘Capitale dei Trulli’.
I grandi muri perimetrali sono costruiti a secco con una particolare tecnica di
sovrapposizione delle pietre e sono dotati di un’intercapedine dove viene collocato del terriccio per mantenere gli ambienti interni freschi d’estate e caldi d’inverno. Il tetto, a forma conica, è ottenuto da una serie di lastre orizzontali disposte a gradini rientranti verso l’alto. Il Trullo, abitabile solo al piano terreno, può
ospitare una cisterna per conservare l’acqua piovana. All’interno, alcune travi di
legno sospese tra le mura del soffitto servivano per appendere le vivande e le
provviste tenendole sollevate da terra. Lo spazio
era condiviso da persone e animali. Si pensa
che anticamente i Trulli venissero utilizzati per
evadere il pagamento delle tasse sulle case. Ci
sono varie teorie in proposito. Una di queste
afferma che nell’approssimarsi della venuta del
padrone che chiedeva il pagamento del dazio
per la residenza nel terreno, ai contadini
bastasse tirare via una sola pietra per far crollare tutta la costruzione, facendo apparire il
tutto come un semplice cumulo di pietre. L’arte
della costruzione del trullo si tramandava di
generazione in generazione e di famiglia in
famiglia. Per preservare questa antica cultura,
oggi la Puglia ha istituito una scuola vera e
propria per imparare l’antica tecnica della
costruzione di queste storiche dimore.
Gallipoli, la spiaggia della città vecchia e il castello.
fetta del famoso pane di
Altamura, tra i primi prodotti in
Europa a fregiarsi del marchio
DOP (di origine protetta).
Numerosi reperti recuperati
negli scavi archeologici testimoniano che la presenza dell’uomo,
nel territorio di Altamura, risalga
addirittura a 400.000 anni fa. Ma
prima di arrivare alla ‘Città del
Pane’, bisogna lasciarsi alle spalle il promontorio del Gargano
che ospita l’ononimo Parco
Nazionale e le caratteristiche cittadine sul mare: Peschici,
Pugnochiuso e Vieste, per citarne
alcune. A questo punto si può
proseguire e attraversare il
Tavoliere, un territorio interamente pianeggiante che si estende per circa 3.000 km², la più
vasta pianura d’Italia dopo la
pianura padana. Proseguendo il
viaggio verso sud (nell’entroterra) il Tavoliere sembra passare il
testimone alle Murge, un altopiano carsico di forma rettangolare:
il nome deriva dalla parola latina
‘murex’, che significa muro a
secco. Il paesaggio sembra uscito
da un film americano dove le
strade, dritte ed infinite, attraversano uno sterminato deserto rocNOTIZIE BREVI
25
cioso. Se si fa tappa in questa
zona, visita obbligata è Castel del
Monte, capolavoro unico dell’architettura medievale, che fu fatto
costruire da Federico II di Svevia
intorno al 1240. Per le sue caratteristiche di unicità l’Unesco l’ha
inserito, nel 1996, nel patrimonio
mondiale dell’umanità.
Universalmente noto per la sua
inconfondibile forma ottagonale,
per le suggestioni simboliche e
per essere - a detta di molti - il
più misterioso tra gli edifici commissionati da Federico II di
Svevia.
Ma ecco, puntando a sud-est, la
Valle d’Itria. Lo scenario muta
completamente: la strada si insinua tra dolci colline circondate
di olivi e vigneti. I cartelli stra-
dali invitano a visitare località
ormai famosissime: Alberobello,
Locorotondo, Martina Franca,
Cisternino, Ostuni e Ceglie
Messapica.
Alberobello con i suoi trulli,
dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco, è davvero una cartolina con gli immancabili giapponesi pronti a fotografare ogni
minimo particolare di questa singolare architettura.
La Città Bianca, Ostuni è un labirinto di vicoli, stradine e cortili
arrampicati su una collina che,
nelle giornate più belle, abbaglia
per il riflesso del sole sull’intonaco bianchissimo delle case e
dei muri.
Un sapiente lavoro di recupero e
valorizzazione storica della città
ha fatto di questo paese un fiore
all’occhiello del turismo pugliese.
Cisternino, invece, importante
centro di origine messapica, si
affaccia per un versante sulla
Valle d’Itria e per l’altro sulla
costa. I Messapi furono un antico
popolo che abitò il Salento ancor
prima dei greci e dei romani. Di
estate le sue corti si animano ed è
possibile gustare grigliate di
carne nei suoi vicoli o nelle piazzette sotto il cielo stellato.
Martina Franca, con il suo Festival
della Valle d’Itria giunto ormai
alla trentesima edizione, avvicina
i giovani al mondo del teatro
Angoli di Puglia, sopra: stradina di chianca e mare incontaminato. Sotto da sinistra: Castel del Monte, vista panoramica di Ostuni.
Nella pagina accanto: antica residenza nobiliare e veduta di Santa Maria di Leuca.
musicale. Il progetto trova un’entusiasta partecipazione dei molti
turisti che partecipano sempre
più numerosi a questa kermesse
estiva. Rimaniamo ancora un po’
sul versante occidentale e nei
pressi di Brindisi troviamo una
delle oasi naturalistiche protette
di maggior interesse d’Italia: Torre
Guaceto, che prende il nome proprio dalla torre di guardia che si
erge sul punto più esposto della
baia. Torre Guaceto è stata nei
secoli un costante punto di riferimento per chi, arrivando in nave
dai porti del Sud del
Mediterraneo, cercava acqua
dolce ed un approdo sicuro e ben
protetto dai venti. Di notevole
interesse sono i reperti archeologici di arte micenea, messapica e
numerose testimonianze dell’età
del Bronzo, rinvenute nella radura antistante la torre.
Il continuo monitoraggio del
WWF ha preservato l’aspetto più
interessante di questa oasi, infatti
colpisce la coesistenza, in un’area
ridottissima, di tre ecosistemi
diversi che interagiscono tra di
loro: la macchia mediterranea, la
zona umida e il mare. Nella macchia mediterranea, estesa soprattutto nella zona settentrionale
della riserva, troviamo il leccio, il
pino d’Aleppo, il ginepro, il lentisco, il cisto nelle sue diverse
varietà, il mirto e il timo; sugli
scogli invece cresce l’aglio delle
isole. Quando soffia il vento di
tramontana nell’aria si può
apprezzare l’intensità della
miscela di questi profumi. Tra gli
animali presenti nella macchia, se
si è fortunati, si possono incontrare il tasso, di cui si notano
facilmente le tane scavate nelle
dune, la donnola e la volpe. Nella
zona umida, frequentata da un
gran numero di uccelli migratori,
nidificano l’airone cinerino, la
garzetta, la gallinella di mare e il
falco di palude. Il mare, popolato
da una ricca fauna, è visitato da
delfini e dalla tartaruga Caretta.
Talvolta al largo si avvistano
gruppi di balenottere.
A metà strada tra Taranto e
Brindisi incontriamo Oria, antico
borgo medioevale arrampicato su
un colle sovrastato da un antico
castello fatto costruire intorno al
1230 da Federico II di Svevia. È
ispirandosi a lui che ogni anno,
nel secondo fine settimana di
agosto, viene organizzato il suggestivo Palio di Oria: oltre quattrocento figuranti in costume
d’epoca sfilano lungo le principali vie della cittadina, fastosamente addobbate con i vessilli colorati dei quattro rioni.
Attraversiamo la terra della città
che ha dato il nome ad un
apprezzato vino: Manduria.
Con i suoi vigneti del famoso
Primitivo, questa cittadina vale
una visita (anche) per il Museo
della Civiltà del Vino Primitivo,
ubicato all’interno del Consorzio
Produttori Vini, in cui, oltre ad
assaggiare le varie tipologie di
prodotto, è possibile conoscere la
tradizione contadina attraverso
gli oggetti di vita quotidiana e gli
attrezzi di lavoro.
Da Manduria il viaggio prosegue
a sud costeggiando il mare (splendido) e le dune sabbiose che spesso sembrano volerlo nascondere,
quasi proteggere. Fino a raggiungere una tappa obbligata per chi si
spinge fino a qui: Gallipoli, la citta
bella. Gallipoli giace su un isolotto
collegato alla terraferma da un
antico ponte in muratura. La città
vecchia, così è chiamata la parte
che occupa l’isolotto, è circonda
Punta della Suina.
Aperitivo mozzafiato
Punta della Suina è una splendida
spiaggia a due chilometri a sud di
Gallipoli: un angolo di natura suggestiva in cui una rigogliosa pineta
abbraccia un mare spettacolare con
una costa in parte sabbiosa ed in
parte rocciosa. L’affollatissimo chiringuito, il bar attrezzato che guarda il
mare, è l’ambiente ideale per i giovani
e per tutti coloro che amano la buona
musica, (soprattutto house, ambient e
chill-out) scelta direttamente dal deejay. Immancabile è il drink del tramonto guardando in lontananza la
costa gallipolina. La località è raggiungibile percorrendo il lungomare di
Gallipoli direzione sud, subito dopo la
zona dei grandi alberghi.
ta da possenti mura di cinta che
in passato la difendevano dagli
attacchi nemici: flotte di navi
turche in primo luogo. Quelle
stesse mura oggi ospitano molti
locali alla moda che permettono
di godere di un panorama mozzafiato, soprattutto al tramonto,
con l’immancabile aperitivo.
La Puglia è una regione che
guarda ad est, ad oriente. Una
terra che nei secoli è stata crocevia di diversi popoli e che per
prima ha visto i barconi dei
disperati che fuggivano
dall’Albania alla caduta del
Muro, nel 1989.
Riprendendo il viaggio alla scoperta di questa ‘terra di passaggio’, l’ultima tappa non poteva
che essere Otranto, la città italiana più esposta a oriente. Tante
le popolazioni che si sono succedute in quest’area: dai messapi
prima, ai greci dopo, fino ai
romani.
L’importanza del suo porto le
fece assumere il ruolo di vero e
proprio ponte fra oriente e occi-
dente.
Nel 1480 fu espugnata dai
Turchi che fecero strage della
popolazione durante la Battaglia
di Otranto. Sgozzarono ottocento e più cittadini sul Colle di
Minerva per non aver voluto
rinnegare la fede cristiana. Sono
i Beati Martiri di Otranto da cui
la splendida Cattedrale, costruita fra il 1080 e il 1088. I resti di
questi coraggiosi si trovano
ancora oggi nella navata destra
della Cattedrale, in sette grandi
armadi a muro.
Otranto, per questo evento glorioso, è chiamata anche la
‘città-martire’. La leggenda
vuole che camminando vicino
alle mura che costeggiano il
centro storico di Otranto e
guardano al mare si possano
sentire echi di voci passate che
non vogliono abbandonare quel
luogo tanto magico, intriso di
storia, quel luogo che per molti
è oggi un ponte tra il passato e
il presente.
Il Barocco
nel Salento
Lecce è il Capoluogo del Salento,
estrema regione meridionale della
Puglia. Chiamata ‘La Firenze del
Barocco’, questa bellissima città è
ornata di meravigliosi ‘merletti’ di pietra: portali, guglie, colonne e balconi
del centro storico colpiscono anche per
gli effetti cromatici e assai suggestivi
dovuti principalmente all’uso di un particolare materiale da costruzione ‘la
pietra leccese’, una pietra dorata, dura,
ma allo stesso tempo particolarmente
malleabile ai decori. Certamente uno
dei simboli della città di Lecce è la
Chiesa di Santa Croce (anno 1549),
che si trova nelle vicinanze di piazza
S.Oronzo, centro e cuore vitale della
città, dove campeggia la famosissima
colonna di Sant’Oronzo.
Vuoi collaborare
con la nostra redazione?
Scrivi a [email protected] e invia,
per questa rubrica, un reportage della tua
estate insieme alle immagini più suggestive.
I racconti più interessanti saranno pubblicati
sui prossimi numeri di Notizie Brevi e su
www.donatorisangue.org
Le ricette della Puglia
Orecchiette broccoletti e triglie
Ingredienti per 2 persone: 200 g di semola di grano duro, mezzo bicchiere di acqua, 2 filetti di triglia, 50 g di broccoletti, 1 spicchio d’aglio, mezzo bicchiere di vino bianco, olio e sale.
Preparazione: Impastate la semola con l’acqua. Formate dei rotolini e tagliateli in piccoli pezzetti di
pasta. Arrotondate i pezzetti ottenuti, formando delle piccole palline. Schiacciate con il pollice per
ottenere le orecchiette. Rosolate, con olio e aglio i filetti di triglia, aggiungete i broccoletti sbollentati,
bagnate con il vino bianco, salate e cuocete per cinque minuti. Cuocete le orecchiette (cinque minuti
circa), scolatele e mantecatele in padella con il sugo e un cucchiaio di olio crudo.
Zuppa di cozza alla tarantina
Ingredienti per 4 persone: 1 kg di cozze, aglio, peperoncino, 350 g di pomodori, 4 cucchiai di
olio extravergine d’oliva, sale, prezzemolo, crostini di pane integrale.
Preparazione: Versate in una larga padella l’olio e in esso fate dorare uno spicchio di aglio
schiacciato e un pezzo di peperoncino. Appena l’aglio comincerà a colorirsi, toglietelo insieme al
peperoncino e aggiungete i pomodori privati della pelle e dei semi. Condite con poco sale e
lasciate cuocere a fuoco vivace per una decina di minuti; aggiungete le cozze (che avrete lavato
e fatto aprire al fuoco), insieme al loro sugo accuratamente filtrato. Ultimate la zuppa con una
spolverata di prezzemolo e distribuitela nelle scodelle guarnite con crostini di pane.
Sardine ‘arracanate’
Ingredienti per 4 persone: 800 kg di alici fresche, 100 g di pane raffermo, prezzemolo, aglio, olio extravergine d’oliva, sale e pepe.
Preparazione: Spinate e lavate le alici. Disponetele in una tortiera con poco olio, cospargetele con un trito di aglio e prezzemolo e
ricopritele con il pane raffermo sbriciolato. Aggiungete un filo d’olio e formate con gli stessi ingredienti un altro strato. Mettete poi la
tortiera in forno e fate cuocere a 180º C fino a quando la superficie della preparazione non sarà ben dorata. Servite le alici calde.
28
NOTIZIE BREVI
parliamo di noi
Quando donare il sangue
non basta...
Continua l’appuntamento con i nostri donatori ‘illustri’. È la volta del signor
Angiolino Candreva. Donatore affezionato, si è distinto negli anni per averci portato tanti donatori e per aver contribuito attivamente alla diffusione della cultura
della donazione. Ve lo presentiamo con orgoglio e gratitudine
Signor Candreva cosa fa nella vita?
Sono Ispettore Capo di polizia penitenziaria presso
il carcere di San Vittore a Milano.
Come cittadino occupa un ruolo importante per
la città di Milano, come uomo ha scelto di essere donatore, occupando allo stesso modo un
ruolo importante per la salute della collettività.
Ma perché ha scelto proprio il nostro Centro?
La storia che mi ha portato a diventare donatore
presso questo Centro è curiosa. Volevo donare il
sangue già da qualche tempo. Una mattina ero
solo e libero da impegni, sia familiari che lavorativi,
determinato a compiere questo passo. Avevo saputo che in piazza Duomo c’era la possibilità di donare, mi sono recato nei pressi del Duomo, ma una
volta lì, ho costato con dispiacere che la postazione
di prelievo di sangue era chiusa. Avevo deciso che
quel giorno, il 9 luglio del 2005, sarebbe stato il mio
primo giorno da donatore e sapendo che vicino al
centro di Milano si trovava il Policlinico, e che era
attivo un centro di donazione del sangue, ho deciso
di non darmi per vinto e mi ci sono recato. Non vi
conoscevo personalmente e la mia prima esperienza presso di voi è stata aiutata dal caso oltre che
dalla mia forte motivazione a divenire donatore.
Devo ammettere di essermi sentito subito a mio
agio e ben accolto, così sono diventato un donatore abituale presso il Centro trasfusionale del
Policlinico.
Ma lei, oltre a donare personalmente, si impegna quotidianamente per promuovere la cultura
della donazione. La sua attività lavorativa quanto ha inciso in questa scelta?
In realtà non credo che il fatto di lavorare presso il
carcere abbia influito coscientemente su questa
scelta, pensandoci meglio credo che siano stati
eventi personali che mi hanno sensibilizzato all’argomento della donazione.
Lei ci ha portato tanti donatori, tanti colleghi,
ma quali argomenti usa per promuovere la
donazione? Quale è il suo segreto?
Utilizzo uno slogan in cui credo molto, che ho fatto
mio quel giorno di luglio del 2005, quando per la
prima volta mi sono avvicinato alla donazione di
sangue: ‘è bello dare ma è bello anche ricevere’.
Mi spiego meglio, io mi sono sentito accolto da
questo Centro, oltre che per tutti controlli medici
periodici sulla salute che offrite ai donatori, soprattutto per i programmi di prevenzione a cui i donatori possono accedere. Noi agenti di polizia penitenziaria non abbiamo accesso a questi servizi all’interno del nostro reparto ospedaliero. Quindi posso
dire che questa opportunità ha senz’altro condizionato inizialmente la scelta del vostro Centro. In
seguito, la qualità riscontrata è stata una conferma
che la scelta operata era quella giusta. Devo
ammettere che a volte temo che il mio grado di
ispettore possa influenzare i miei colleghi più giovani, che possano quindi sentirsi in dovere di venire a donare il sangue, solo perché l’ho detto io,
allora cerco sempre di accertarmi che la loro scelta
sia dettata da una convinzione personale.
Che messaggio vorrebbe dare ai giovani, per
avvicinarli al mondo della donazione?
Il mio consiglio è quello di avvicinarsi al mondo
degli ospedali, di conoscere la realtà di chi ha bisogno, di conoscere il processo trasparente di donazione e assegnazione del sangue e poi riflettere: la
società è costruita da persone che possono contribuire a renderla anche migliore di com’è oggi. E i
giovani sono il nostro futuro.
Bene, allora cosa aggiungere d’altro di più bello e
importante! Chiudiamo questa intervista ringraziando il signor Candreva, sperando che molti giovani e
meno giovani accolgano il suo appello.
intervista di Stefania Rosati
NOTIZIE BREVI
29
caro ‘Brevi’ ti scrivo
In ricordo di Franco Stucchi
Un vostro donatore il giorno 30 marzo 2008 ci ha lasciati e non potrà più aiutare i malati dell’ospedale. Lui
era la Vita con la V maiuscola, allegro, gioioso, semplice, buono, fiducioso, curioso di mille novità e con
l’entusiasmo di voler imparare e conoscere tutto. Questo l’ha portato ad avere mille hobby, a goderli e a
insegnarli agli amici... tantissimi, e fra questi molti li ha portati al vostro Centro trasfusionale. Aveva una
personalità splendida e ovunque andasse non si poteva non notarlo e non amarlo, non si alterava mai e
trovava sempre il lato positivo in tutte le cose anche se la vita con lui non era stata tanto tenera. Pronto
ad aiutare chi fosse in difficoltà, altruista, sincero, solare, non era un uomo qualsiasi, forse realmente era
un angelo... era Franco Stucchi e non si potrà mai dimenticare!
sua moglie
Pubblichiamo con cordoglio la lettera della signora Stucchi. A lei e alla famiglia Stucchi va il nostro affetto e la nostra
gratitudine ma soprattutto la riconoscenza di tutti quei pazienti che hanno ricevuto il sangue donato da suo marito.
Confetti bianchi al Centro
Un ‘AMICO’ del Centro
Dopo anni di onorato servizio Giusy Amico è andata in
pensione e il 20 marzo tutti i suoi ‘ragazzi’ del Centro
le hanno fatto festa per ringraziarla della dedizione al
lavoro.
Le parole del dottor Rebulla hanno dato il via alla festa.
I colleghi l’hanno voluta festeggiare con affetto e con
doni: un porta oggetti in argento e un mazzo di fiori.
Infine una maglietta personalizzata della sua squadra
del cuore che ha commosso Giusy e tutti quelli che in
questi anni hanno avuto la ‘fortuna’ di lavorare con lei.
Rimarrai sempre un ‘AMICO’ per tutti noi. (r.b.)
Chi in questo periodo è venuto al
Centro avrà notato l’agitazione del
nostro portiere Walter.
L’agitazione non era dovuta al lavoro,
ma al fatto che si è sposata sua figlia
Fabiana, che svolge il suo lavoro di
segreteria presso il Dipartimento
Trapianti della nostra Fondazione.
Fabiana e Francesco si sono sposati il
26 aprile e sono volati in viaggio di
nozze in Messico.
Tutti i suoi colleghi e le persone con
cui collabora festeggiano con loro il
lieto evento con l’augurio di una felice
vita matrimoniale. (r.b.)
Direttore responsabile Girolamo Sirchia
Direttore scientifico Anna Parravicini
Responsabile editoriale Eloisa Consales
Progetto grafico e impaginazione Daniela Graia, Maria Laurora
Comitato di redazione Elena Benazzi, Giovanna Cremonesi, Maurizio
Marconi, Giorgio Marmiroli, Paolo Rebulla, Luca Tafuni, Antonietta Villa
Hanno collaborato Roberto Balarini, Luisa Calcagno, Alberto
Comazzi, Maria De Rosa, Susanna Esposito, Vincenzo Magagna,
Lucia Perego, Stefania Rosati, Cosimo Santoro, Laura Spinardi,
Ivo Tarantino, Francesco Zanuso
Una colonna
del Centro
Silvana Alberti infermiera colonna
dell’accettazione ha festeggiato in
questi giorni il suo... ennesimo compleanno.
Quanti ne ha fatti?? tanti tanti e se
non possiamo dirli per la legge della privacy possiamo
dire che ne ha 30 per gamba!
Il nucleo storico del Centro ha festeggiato in una serata piena di amicizia e allegria Silvana regalandole un
mazzo di fiori, un quadretto commemorativo e una tecnologica macchina fotografica digitale.
Per sostituire la sua macchina fotografica antica...
auguri di cuore Silvana! (r.b.)
30
NOTIZIE BREVI
Fotografie Lucia Perego, Luca Tafuni
Pubblicazione trimestrale gratuita dell’Associazione Amici del
Policlinico e della Mangiagalli Donatori di Sangue, di ADISCO Sez.
Lombarda e del Centro Trasfusionale e di Immunoematologia della
Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e
Regina Elena di Milano
Copie distribuite: 30.000 Aut. Trib. Milano n. 335 del 4-9-1982
Stampa e fotolito Bine Editore s.r.l. - Milano
Copyright del Centro Trasfusionale della Fondazione IRCCS
Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di
Milano Editore
Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione anche parziale effettuata con qualsiasi mezzo sia elettronico sia meccanico (compresa
fotocopiatura e ogni altro sistema di riproduzione) se non dietro
autorizzazione scritta dell’Editore
Centro Trasfusionale della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore
Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano Editore - via
Francesco Sforza, 35 - 20122 Milano
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Sabato 14 gi
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Casi clinici in scena
edizione 2008
> martedì 17 giugno
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edizione 2008
a cura di
Fondazione IRCCS
Ospedale Maggiore Policlinico
Mangiagalli e Regina Elena
Università degli Studi
di Milano - Facoltà
di Medicina e Chirurgia
martedì 17 giugno 2008, ore 18.00
L’ospedale
che vorremmo
Partecipano
Ferruccio Bonino*, Direttore Scientifico
Giovanni Oggioni, Direttore del Settore Pianificazione Urbanistica Generale,
Comune di Milano
Michelangelo Tagliaferri, Sociologo, Presidente Accademia di
Comunicazione - Milano
Basilio Tiso*, Responsabile Direzione Medica di Presidio Mangiagalli e
Regina Elena
Per informazioni
Fondazione IRCCS
Ospedale Maggiore Policlinico,
Mangiagalli e Regina Elena
Ufficio Comunicazione
Tel 02 5503 4514 / 4001
[email protected]
Carlo Tognoli*, Presidente
Emilio Trabucchi, Presidente Azienda di Servizi alla Persona
Pio Albergo Trivulzio - Milano
*Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena
Con la partecipazione di straordinaria di Mita Medici
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