notizie n 2. 2008 anno XXVI BREVI dal Policlinico di Milano Periodico di informazione del Centro Trasfusionale e di Immunoematologia qualche suggerimento per un buon lavoro dedicato ai lettori In caso di mancato recapito restituire al mittente che pagherà la relativa tassa spedizione in a.p. art: 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Milano ricerca e industria farmaceutica brevi mamma e bambino in vacanza con i bimbi donatori in diretta pronta una squadra di emergenza brevi estate l’estate in città fronteggiare la solitudine tempo libero puglia, viaggio nella regione che guarda ad oriente adisco: un quadro per la ricerca sommario Qualche suggerimento per un buon lavoro In pochi mesi il quadro politico del nostro Paese è drasticamente cambiato. Al governo Prodi si è sostituito il quarto governo Berlusconi. Il Ministero della Salute è accorpato a quello del Welfare affidando a un sottosegretario la delega per questa materia; non sappiamo se in futuro il governo in carica deciderà lo ‘spacchettamento’ ossia la creazione del dicastero che è stato abolito da un decreto legge, data l’importanza crescente che la salute riveste nella nostra società. Non vi è dubbio infatti che quello della salute e della sanità pubblica sia un problema assai sentito dai cittadini, sempre più consapevoli e attenti alla salvaguardia del proprio benessere. Quello che ci aspettiamo è quindi una maggior attenzione a tutto il sistema sanitario che richiede competenza, conoscenza dei problemi e capacità di trovare le soluzioni più idonee ai nuovi bisogni di una società che è cambiata, dove è cresciuto il numero degli anziani, dei pazienti cronici e dove sono aumentati i rischi per la salute legati alla globalizzazione. Siamo consapevoli del fatto che il nostro servizio sanitario è un bene prezioso per la nazione e tutti noi ne apprezziamo gli aspetti di tipo solidaristico e universalistico. Ma siamo anche consapevoli della necessità di migliorarne efficienza e qualità nel contesto di un disegno più moderno che si faccia carico delle nuove necessità, sfrutti le opportunità che scaturiscono dagli enormi avanzamenti tecnologici tenendo conto nello stesso tempo della limitatezza delle risorse disponibili. Per chi ha la responsabilità di reggere le sorti della salute pubblica del Paese nei prossimi anni, un buon avvio potrebbe essere quello di: 1. attuare opportuni interventi organizzativi atti a sostenere la motivazione e l’aggiornamento continuo del personale sanitario; 2. migliorare l’efficienza del servizio sanitario partendo dalla misurazione del numero di prestazioni erogate dalle singole regioni; 3. migliorare qualità e sicurezza dei servizi resi ai cittadini con una valutazione periodica dei risultati ottenuti; 4. ammettere a lavorare per il servizio sanitario regionale solo gli ospedali che sono in grado di dimostrare efficienza, appropriatezza e qualità; 5. ridisegnare e potenziare la medicina territoriale; 6. riprendere a investire nella promozione della salute e della prevenzione 7. rivedere culturalmente e organizzativamente il trattamento delle malattie croniche e dei loro risvolti sociali. Resta sullo sfondo il problema delle diseguaglianze fra le diverse aree del Paese che penalizzano molti cittadini italiani e che sono tuttora causa delle penose migrazioni sanitarie. i servizi dedicato ai lettori 4 Ricerca e industria farmaceutica donatori in diretta 6 La cultura della donazione in una società multietnica 8 Donatori: pronta una squadra di emergenza fondazione informa 10 La bioetica in Fondazione 11 I brevetti in ambito biomedico brevi mamma e bambino... in estate 19 In vacanza con i bimbi brevi estate 21 L’estate in città. Fronteggiare la solitudine alimentazione e benessere 23 Dieta mediterranea: culla dei popoli, ricetta di salute tempo libero 25 Puglia, viaggio nella regione che guarda ad oriente le rubriche inserto staminali 14 Staminali in ortopedia: il focus sulla ricerca 15 Epidemiologia. Diario dal Mare del Nord 17 All’allegra kermesse di Floralia: ADISCO e la cioccolata Venchi 18 Un quadro per la ricerca parliamo di noi 29 Quando donare il sangue non basta... caro ‘Brevi’ ti scrivo 30 Le vostre lettere In copertina Puglia, tipica costruzione contadina, il Trullo (foto di L. Tafuni) dedicato ai lettori Ricerca e industria farmaceutica Continua la fortunata serie di Notizie Brevi approfondimenti, rivolta ai nostri lettori. In questo numero, in allegato, una riflessione sui farmaci. Abbiamo chiesto all’autore del libretto, il professor Girolamo Sirchia, di presentarci l’argomento È utile sottolineare che per una Nazione quello farmaceutico è un importante settore produttivo perché genera ricchezza in tutto il Paese. Allo stesso tempo il farmaco è indispensabile per garantire la salute pubblica: pensiamo ad esempio all’importanza della produzione dei vaccini. Insomma quel- lo che voglio sottolineare è quanto la conciliazione fra interessi sanitari e produttivi faccia sì che il farmaco sia strategico per la politica di un governo. Sappiamo quanto siano ingenti i costi della ricerca in questo settore, ma ciò giustifica il prezzo a volte così alto dei farmaci? Un farmaco viene definito tale se i suoi effetti benefici sono dimostrati e se i suoi effetti avversi sono limitati al massimo. Prima che una 4 NOTIZIE BREVI “ Un farmaco viene definito tale se i suoi effetti benefici sono dimostrati e se quelli avversi sono limitati al massimo molecola diventi farmaco deve essere dimostrata con evidenze scientifiche la sua azione terapeutica. Questo percorso è molto lungo e inizia quando, sulla base di certe evidenze, un’industria comincia ad orientarsi su certe molecole. Bene, a questo punto, quella molecola deve essere sintetizzata e testata in laboratorio per escluderne la tossicità. Successivamente, se attestata la sua innocuità da un punto di vista tossicologico, viene sperimentata sull’uomo, dove si verifica nuovamente la non tossicità e, sulla base di un disegno statistico specifico, attraverso studi controllati, l’efficacia del farmaco. Questi studi possono coinvolgere in genere diverse centinaia di pazienti e durare alcuni anni. A questo punto il farmaco può essere messo in commercio? Non ancora. Una volta ottenuti dei risultati apprezzabili si passa all’analisi dei dati e le evidenze vengono portate all’attenzione degli Enti regolatori italiani ed europei. L’organo italiano deputato a questi controlli è l’AIFA, l’Agenzia il nostro libretto... Professore cosa l’ha spinta a scrivere su questo argomento? L’occasione si è presentata quando sono stato invitato ad un convegno internazionale a Bruxelles, a presentare il pensiero ‘politico’ di ex Ministro della Salute sul tema dell’industria farmaceutica e dei rapporti che l’industria farmaceutica ha con il bene collettivo e con le regole degli Stati. È stato molto interessante poter confrontarsi sul tema del farmaco anche perché, per tutti coloro che occupano posizioni di governo in sanità, il farmaco rappresenta un importantissimo settore, in special modo in Italia, dove il Sistema Sanitario Nazionale acquista il farmaco e lo fornisce gratuitamente al cittadino. “ Italiana del Farmaco. L’AIFA verifica infatti se ricorrono le condizioni perché un farmaco possa essere immesso in commercio. Se l’AIFA dà parere positivo può iniziare la commercializzazione. Una volta messo in commercio un farmaco, ha fine la fase di ricerca? No, perché contemporaneamente all’immissione in commercio inizia una fase molto importante che è quella della verifica sul campo degli eventi avversi. Infatti, ciò che viene verificato nella fase iniziale di sperimentazione potrebbe non evidenziare tutta la potenzia notizie BREVI approfondimenti Industria farmaceutica: luci e ombre “ le pericolosità del farmaco, che può essere definitivamente esclusa solo dopo l’assunzione da parte di migliaia di pazienti. I farmaci, dopo l’immissione in commercio, hanno bisogno di quella che viene chiamata farmacovigilanza, detta fase 4 della sperimentazione, cioè l’uso nella pratica clinica. Tutto questo processo impiega anni per essere realizzato e ciò ovviamente comporta spese e costi molto alti. Perché una molecola vada a buon fine si spendono fino a 1.000 milioni di dollari e ciò spiega perché alla fine questi costi siano ribaltati sul prodotto finale e quindi sull’utente. Il costo dei farmaci generici è più contenuto; perché? Siamo sicuri della stessa qualità rispetto agli altri farmaci? Quando si produce un farmaco, perché l’industria farmaceutica possa recuperare le spese sostenute per la ricerca e per la promozione, è previsto che registri il brevetto del proprio farmaco. Il brevetto dura 20 anni e copre per i primi dieci anni tutte le spese di ricerca sperimentale; i restanti dieci anni sono utili per il profitto. Alla scadenza del brevetto il farmaco diviene generico o equivalente; questo vuol dire che può essere prodotto e immesso sul mercato anche da altre industrie. Naturalmente anche il farmaco generico deve essere registrato, ma è sottoposto a minori esami perchè già testato; ecco spiegato perchè ha un costo minore. Il generico, anche se sicuro, può presentare delle problematicità che riguardano la tipologia e le procedure di preparazione degli eccipienti, le dimensioni delle pastiglie e il loro confettamento. C’è chi pensa, magari enfatizzando le problematicità, che il generico possa essere inferiore qualitativamente al prodotto originale. Alcune aziende abbattono il prezzo alla scadenza del brevetto I farmaci, dopo l’immissione in commercio, hanno bisogno di quella che viene chiamata farmacovigilanza, detta fase 4 della sperimentazione, cioè l’uso nella clinica mantenendo il marchio. In questo caso si parla di prodotto ‘genericabile’, cioè di farmaco prodotto dalla azienda originaria anche dopo la scadenza del brevetto e venduto ad un prezzo inferiore. I costi della ricerca sui farmaci ci fanno pensare ai Paesi poveri e alla loro difficoltà nell’acquisto dei farmaci. Come si può affrontare questo problema? L’industria farmaceutica ha come mission il profitto. È comprensibile, quindi, che l’industria si orienti su quei farmaci che hanno più mercato ossia che possono essere venduti nei Paesi occidentali prevalentemente per patologie comuni (vascolari, tumori, ecc.). Tuttavia queste stesse patologie non sono le stesse che colpiscono i Paesi poveri, dove la popolazione, a causa delle difficili condizioni di vita e della mancanza di sistemi sanitari adeguati, non arriva ad una età avanzata, ma viene colpita prima da patologie inesistenti nei Paesi occidentali. Ad esempio, in gran parte dell’Africa e del Sud Est asiatico, la malaria miete molte vittime, e l’Aids e la Tbc costituiscono vere e proprie calamità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci dice che, a causa delle cattive condizioni sanitarie e sociali, ogni giorno purtroppo muoiono 4.500 bambini sotto i 5 anni. Questo dramma è dovuto anche a patologie che nei Paesi industrializzati sono considerate banali e facilmente curabili con i nostri farmaci. Aggiungiamo inoltre che, in questi Paesi, al problema dell’acquisto dei farmaci, si aggiungono quelli della impossibilità di una capillare distribuzione e di una difficoltà nell’educazione alla corretta assunzione (le popolazioni parlano lingue locali e hanno culture proprie, molto “ diverse dalle nostre, vivono in luoghi spesso martoriati da guerre, o lontano da centri abitati, in ambienti insalubri dove la rete stradale è carente). Un esempio di questa situazione è data dalla malaria, drammatica malattia che miete tantissime vittime, soprattutto fra i bambini e che non riesce ad essere debellata, pur essendoci farmaci specifici e altri rimedi a disposizione. L’emergenza sanitaria nei Paesi poveri è quindi solo un problema ambientale? Assolutamente no, infatti alcune patologie sono controllabili solo con i farmaci e questi Paesi i farmaci non li possono comprare. Esiste di base una scarsa solidarietà del mondo ricco verso quello povero. Ogni anno insorgono in questi Paesi 1.000 epidemie e 500 nuovi ceppi virali. Le malattie, oggi, si diffondono molto più velocemente che in passato e oltrepassano facilmente i confini di origine (vedi ad esempio la Sars). Per questo motivo, dobbiamo potenziare i servizi sanitari dei Paesi in difficoltà, costruire in essi migliori condizioni di vita e aiutare le popolazioni sul posto. Dobbiamo quindi investire denaro per costruire una sanità pubblica che funzioni ovunque. Tutti questi costi e questi investimenti non possono essere caricati sull’industria farmaceutica. La solidarietà è un compito della politica e non dell’impresa. L’impresa deve generare profitti, lo Stato deve prendere una parte di questi profitti e assicurare la solidarietà per il bene collettivo. E se ciò non avviene è la politica che viene meno ai suoi doveri. intervista di Eloisa Consales È possibile scaricare il libretto anche sul nostro sito www.donatorisangue.org NOTIZIE BREVI 5 donatori in diretta Le immagini delle due proposte degli studenti di Accademia di Comunicazion e, in lizza per diventare la campagna ufficiale per la promozione della donazione di sangue fra le comunità etniche. di Vincenzo Magagna comunicarlo a un pubblico particolare come quello degli stranieri. Negli ultimi due numeri di Brevi abbiamo già parlato del Progetto Comunità La cultura della donazione in una società multietnica Fare una pubblicità per la donazione di sangue non è facile. Bisogna convincere le persone non a comprare qualcosa per avere questo o quel vantaggio, ma a rinunciare a una parte del proprio corpo in cambio di… niente! Certo, chi dona il sangue sa bene che la ricompensa più grande è proprio la gratuità del dono e la consapevolezza di aiutare a salvare la vita di tante persone, però questi concetti non sono così facili da comunicare! Se già è difficile lanciare il messaggio della donazione, proviamo a immaginare la complessità di 6 NOTIZIE BREVI Etniche, l’iniziativa regionale che stiamo portando avanti insieme ad AVIS per promuovere la donazione fra gli stranieri residenti in Lombardia. Naturalmente il messaggio di base è sempre lo stesso: chi dona il sangue fa bene agli altri e tiene sempre sotto controllo la sua salute. Ma parlando agli stranieri si possono aggiungere due cose. La prima è semplicemente che la solidarietà non conosce confini di popolo o di lingua, e l’invito alla donazione di sangue è aperto a tutti. La seconda è che i donatori stranieri possono avere gruppi sanguigni che nella popolazione italiana sono rari ma che sono importanti per curare pazienti della loro stessa etnia. Un progetto così importante non poteva non avere una bella campagna di comunicazione, ma abbiamo capito subito che costruirla non era semplice. Per questo è straordinario quello che hanno fatto per la nostra Associazione gli studenti di Accademia di Comunicazione, un importante e storico istituto di formazione di Milano. Questi ragazzi, all’ultimo anno di un percorso formativo che li porterà a diventare i futuri professionisti della comunicazione, avevano già elaborato per noi alcune bellissime campagne sulla donazione di sangue: ne abbiamo parlato nello scorso numero, e alcuni di voi avranno votato la campagna sul nostro sito www.donatorisangue.org. Ma come nasce una campagna pubblicitaria? Lo abbiamo scoperto anche noi incontrando i ragazzi di Accademia di Comunicazione, che all’interno dei loro corsi lavorano su progetti reali con lo stesso metodo di una normale agenzia di pubblicità. Tutto comincia con un incontro in cui il committente (cioè noi!) presenta ai pubblicitari il messaggio che vuole comunicare e spiega come comunicarlo: il tutto finisce poi in un documento che si chiama brief e che serve come base per la creazione della campagna. I ragazzi lavorano in team, e in ogni gruppo troviamo professionalità diverse: mentre i copywriter elaborano le parole e i testi della campagna, gli art director si occupano delle immagini. Dopo alcune settimane di lavoro, sotto la supervisione della loro docente, in questo caso Eloisa Consales, i ragazzi sono pronti a presentare al committente le loro proposte. Ogni gruppo presenta due o tre campagne diverse, ciascuna articolata su più mezzi di comunicazione: non c’è solo il classico manifesto, ma anche il cartellone 6x3, il dépliant, la cartolina promozionale, perfino le installazioni d’ambiente per gli eventi. Si tratta quindi di un lavoro enorme, e ogni gruppo merita i complimenti solo per questo. dalla parola ‘sangue’ scritta in tante lingue diverse. Il titolo della campagna è ‘Il sangue parla tutte le lingue’. In un’altra campagna vediamo alcuni tubetti di tempera di tanti colori diversi: ma da tutti i tubetti esce il colore rosso! Perché? Perché qualunque sia il colore della pelle, il sangue ha lo stesso colore e può essere donato per salvare una vita. Anche questa volta le campagne che ci hanno presentato sono bellissime, e scegliere è davvero molto difficile. Ne ricordiamo Complimenti ai ragazzi di Accademia di Comunicazione, presto una delle loro campagne ci aiuterà nel compito difficile ma entusiasmante di allargare l’invito alla donazione di sangue a tutte le comunità straniere presenti nella nostra Regione. due in particolare. Una presenta una grande goccia rossa su sfondo bianco: se guardi bene però ti accorgi che la goccia è composta Tutti in giardino per festeggiare la donazione Una bella immagine della festa dell’anno scorso. A giugno cade la giornata mondiale dedicata ai donatori di sangue. La nostra Associazione ha sempre celebrato l’evento organizzando un allegro Garden Party al Padiglione Marangoni. L’invito è esteso a tutti, donatori ed amici! Ricordiamo che chi si è iscritto alla StraMilano presso il nostro punto di raccolta, deve presentarsi munito del tagliando (allegato all’interno della scheda d’iscrizione) che gli permetterà di partecipare all’estrazione della bicicletta. Vi aspettiamo al Marangoni sabato 14 giugno 2008 alle ore 17.00 per l’aperitivo in musica... a cui si aggiungeranno piacevoli sorprese. Non mancate! (s.r.) Info 02 5503 4490 [email protected] www.donatorisangue.org In giallo alla StraMilano Domenica 6 aprile 2008 si è tenuta a Milano la 37° edizione della StraMilano. Anche la nostra Associazione ha preso parte all’appuntamento contribuendo, tra donatori ed amici, con ben 230 iscrizioni all’evento. Con la nuova t-shirt dell’Associazione, gli iscritti hanno partecipato ai diversi percorsi, dalla classica 12 km dei 50.000, alla Stramilanina dei piccoli di 6 km, alla StraMilano Agonistica Internazionale (mezza maratona di 22 km). Donatori e amici hanno fatto ondeggiare un folto numero di palloncini gialli ravvivando una giornata primaverile non molto calda. La novità di quest’anno è stata la possibilità per gli iscritti dell’Associazione di accedere ad un concorso a premio. In palio ad uno dei partecipanti della StraMilano una bellissima bicicletta da passeggio donata da Rossignoli. L’estrazione del premio avverrà sabato 14 giugno 2008, in occasione della Giornata Mondiale del Donatore di Sangue, presso il nostro Centro durante la nostra festa in giardino. (s.r.) ecco il premio! donatori in diretta Donatori: pronta Santoro, tecnico di laboratorio del una squadra Cosimo Centro trasfusionale, si adopera con passione anche per la nostra Associazione. In questo si sta occupando di un progetto molto di emergenza periodo speciale. Gli abbiamo chiesto di parlarcene Signor Santoro, lei oltre alla sua attività ospedaliera, presso il laboratorio Emocomponenti del nostro Centro, si sta dedicando ad un progetto particolare per il reclutamento dei donatori. Ce ne vuole parlare? Il progetto ‘donatori per l’emergenza’, ha mosso i suoi primi passi nel mese di febbraio. L’idea è quella di poter disporre, nelle situazioni di necessità estrema, di un gruppo di persone disponibili a donare il sangue entro tre giorni dalla chiamata. Come è articolato il progetto? Il primo passo è stato monitorare l’andamento dei donatori presentatisi al Centro di recente. Una volta accertata l’idoneità alla donazione, questi donatori sono stati contattati telefonicamente e ringraziati personalmente per la generosità del loro gesto. È giusto valorizzare i donatori, perché sappiamo quanto il sangue sia importante per la vita dell’Associazione e di molti pazienti (spesso i nostri 8 NOTIZIE BREVI donatori donano il sangue per generosità, senza far caso al valore del gesto che compiono). Il contatto telefonico offre inoltre la possibilità di stabilire un contatto diretto e continuativo e l’occasione per poter parlare di questo nuovo progetto e sondare la disponibilità a far parte del gruppo di ‘donatori per l’emergenza’. Quale è lo scopo di questa unità di emergenza? Lo scopo è quello di soddisfare le richieste urgenti, e per lo più improvvise, di trasfusione di sangue ed emocomponenti per determinate situazioni, come ad esempio emorragie post parto e nascita di neonati prematuri. Non tutti sanno che i neonatologi ci chiedono, in questi casi, sangue fresco (prelevato al massimo da 2 giorni) per una maggior efficacia della trasfusione. Ci sono altri casi, ovviamente, in cui il sangue serve urgentemente, e non è possibile fare una pianificazione nella distribuzione. Poter disporre di questo gruppo scelto è molto utile per intervenire in caso di carenza di sangue e di piastrine o per una improvvisa maggior richiesta dai reparti. Come è stato accolto questo progetto fra i donatori che ha contattato? Siamo ancora agli inizi, ma posso dire con grande soddisfazione che l’esordio è stato molto positivo. Infatti hanno aderito con entusiasmo circa il 90% dei donatori contattati, mostrando un forte senso di responsabilità e di partecipazione al gruppo. Inoltre credo che sia stato molto utile, oltre che doveroso, telefonare ai donatori dopo la loro donazione e ringraziarli. È stata anche un’occasione per trasmettere informazioni sull’utilizzo del sangue donato: a parer mio sapere dove è finito il proprio sangue influisce sulla motivazione di continuare a donare. C’è ovviamente chi preferisce la donazione ordinaria, in modo da poter programmare la venuta al Centro in anticipo, anche in relazione agli impegni di lavoro e ai possibili disagi che una assenza improvvisa può causare nell’organizzazione giornaliera. Sappiamo quanto sia necessaria anche la donazione periodica: riuscire a disporre di queste due diverse fonti, per noi è di vitale importanza. Che tipi di vantaggi porterà questa nuova squadra dell’emergenza? Sicuramente la creazione del gruppo donatori di emergenza porterà enormi vantaggi ai pazienti e di conseguenza alla nostra Associazione. Inoltre sarà più facile gestire un gruppo ristretto di donatori anziché appellarsi a tutti i donatori in situazioni di emergenza soprattutto quando si tratta di gruppi sanguigni particolari. Potremo quindi soddisfare l’aumento di richieste di sangue ed emocomponenti e le richieste urgenti con più fluidità. Quali sono i prossimi passi? Il progetto andrà sicuramente avanti tenacemente, e già ora cominciamo a percepirne l’utilità. Sicuramente non appena possibile avremo dei dati a disposizione che ci permette- ranno di fare una stima e una verifica precisa. Ritengo necessario rafforzare ancora di più l’appartenenza al gruppo e valorizzare i donatori ‘scelti’. Sarà importante farlo attraverso un contatto più diretto con l’Associazione e attraverso il trasferimento delle informazioni. A tal fine vorremmo organizzare a giugno, in occasione della ‘Giornata Mondiale della Donazione di Sangue’, un incontro suI percorso del sangue dopo la donazione e una visita guidata la nostro Centro. intervista di Eloisa Consales Volontari all’opera. Sono tanti e preziosi Fin dal 1974 l’Associazione Amici del Policlinico Donatori di Sangue si impegna a garantire all’Ospedale Maggiore un servizio trasfusionale efficiente sotto il profilo della quantità e qualità del sangue distribuito. Attualmente ci sono circa 20.000 donatori periodici, che con il loro semplice e grande gesto, Squadre di volontari al lavoro. sostengono tutti i pazienti che hanno bisogno di trasfusioni sia al Policlinico che in altri ospedali milanesi. Per svolgere al meglio questa ‘missione’, la nostra Associazione si avvale anche della collaborazione di una figura molto preziosa: il volontario. Sono circa novanta i volontari, tutti motivati, orgogliosi e consapevoli di contribuire alla buona riuscita delle quotidiane attività, senza pretendere nulla in cambio, se non un semplice grazie e la soddisfazione di aver fatto del bene agli altri, e quindi a se stessi. Persone con tante qualità, che con simpatia e dedizione sono impegnate in assai diversi compiti, necessari e importanti tu sia per l’assistenza ai donatori di sangue che per la vita della Associazione stessa. C’è chi si dedica a contattare i donatori, chiamandoli sistematicamente allo scadere del tempo di intervallo tra una donazione e l’altra, facendosi anche carico del delicato compito di capire i motivi che spingono alcuni a non rispettare i tempi ordinari della donazione; poi ci sono quelli che si dedicano all’accoglienza del donatore nell’intento di farlo sentire a proprio agio, facendo trascorrere il tempo di attesa della visita medica nel miglior modo possibile; altri invece hanno l’onorato compito di ‘coccolare’ il donatore durante il salasso, controllando che tutto vada bene; poi, infine, c’è chi si occupa di lavori di segreteria, affiancandosi al personale amministrativo del Centro nel lavoro quotidiano. Ciascuno di loro ci dedica, in modo costante, una piccola parte della propria giornata, riuscendo brillantemente a conciliare impegni personali e opera pro social. Di solito i volontari trascorrono con noi una mezza giornata alla settimana, ma c’è anche chi si presta per l’intera giornata e qualcuno tutti i giorni. Allora un grazie sentito alla loro sensibilità, audacia, correttezza e onestà. Maria De Rosa Diventa volontario Se sei interessato a fare parte del nostro gruppo, chiamaci! C’è tanto da fare, per te e per gli altri. Saremo grati e felici di accoglierti! Settore convocazione donatori T. 02.5503.4306/07 dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle 16.30 www.donatorisangue.org NOTIZIE BREVI 9 fondazione informa di Sara Casati e Ivo Tarantino La bioetica in Fondazione Nasce il Centro per la bioetica. Tante le attività, unico l’obiettivo: rimettere il malato al centro dell’interesse 10 È di poche settimane fa la notizia, sulla prima pagina del Corriere della Sera, del parere negato al preteso uso di tessuti fetali di origine abortiva per lo sviluppo della ricerca scientifica sulle cellule staminali. Sui quotidiani, in Tv, tazioni cliniche presentate dalle varie Unità Operative: il comitato convoca il ricercatore proponente lo studio, può richiedere di integrare o modificare il protocollo per poi approvare o respingere la ricerca in esame. in rete sono sempre più frequenti gli scoop (veri o presunti) su questioni che hanno a che fare con l’etica e la salute: dall’aborto alla pillola del giorno dopo, dalla donazione di organi alla partecipazione dei pazienti ai processi di cura. Segni evidenti di un cre- Tutta la pratica clinica, la medicina, può vedersi come una palestra di etica dove quotidianamente si affrontano problematiche complesse, scelte in cui gli operatori, i pazienti, i cittadini e le istituzioni sono insieme e diversamente in gioco. Nel corso di scente interesse da parte dei media e della cittadinanza per temi finora considerati per esperti ma che, incidendo sulla vita di ognuno di noi ed essendo correlati a scelte e idee profonde, necessitano di ambiti di discussione e dibattiti trasversali. Per affrontare le questioni etiche relative all’approvazione dei protocolli di ricerca esiste da anni nel nostro ospedale il Comitato Etico, un organismo indipendente e multidisciplinare, composto da membri interni ed esterni, per garantire l’autonomia della sua attività, che opera nel campo della ricerca biomedica. Questo comitato ha innanzitutto la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti coinvolti nelle sperimentazioni e di valutare gli aspetti etici, normativi, scientifici e metodologici degli studi clinici proposti. Nelle sedute del Comitato Etico vengono analizzate e discusse, al fine di elaborare un parere, le sperimen- questi ultimi anni la nostra Direzione Scientifica ha cercato di promuovere ed interpretare questa nuova cultura partecipativa per la salute attraverso concreti eventi, aperti al pubblico dibattito, e progetti tuttora in corso. In questa ottica il progetto sperimentale ‘il consenso in corsia’ si è rivelato certamente come banco di prova. Esso infatti è da intendersi come emblematico di una buona pratica di cura centrata sul paziente e sulla scommessa di una relazione informata, che costruisca percorsi di cura su NOTIZIE BREVI misura e nel rispetto della specificità di ognuno. Con un approccio partecipativo, in stretta condivisione tra pazienti, familiari, volontari, associazioni, Unità Operative e struttura, si sta costruendo una politica ospedaliera di buona pratica del consenso informato, inteso come un indicatore di qualità della cura e dell’assistenza. Dall’inizio del 2008 questo grande impegno condiviso è diventato obiettivo istituzionale strategico ed è stato un fattore determinate per raccogliere e istituzionalizzare le attività ‘informali’ promosse nell’area della bioetica clinica e della governance della salute: così nasce il Centro per la bioetica e governance della salute ‘Ca’ Granda’. Il Centro, che assume la responsabilità di mettere a sistema queste iniziative finora ‘sciolte’ e di promuoverne di nuove, lavorerà in stretta sinergia con professionisti della salute, esperti, pazienti, associazioni e si confronterà con le problematicità etiche delle pratiche di cura e di ricerca in cui la Fondazione eccelle. Alcuni temi di competenza del Centro per la bioetica > La elaborazione di indicatori di qualità della pratica clinica incentrati sulla relazione di cura. > Il biobanking. > La rivisitazione dei protocolli e delle procedure attraverso il coinvolgimento di operatori e pazienti-destinatari. > La mediazione interculturale. > L’interazione con i pazienti esperti. > La formazione etica sul campo. In un momento di grande trasformazione della cura della salute, la ricerca del Centro ‘Ca’ Granda’ è paradigmatica: apre l’Ospedale all’individuazione e alla realizzazione di buone pratiche partecipative in vista della costruzione di ‘reti di salute’, di una crescita culturale collettiva, di un’innovazione dei modelli comunicativi e organizzativi. La Fondazione intende inoltre, attraverso le attività del Centro ‘Ca’ Granda’, consolidare il suo Laura Spinardi biologa Biologa con particolare riferimento alla biologia della cellula. Ricercatore presso la Direzione Scientifica Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, di cui è anche Responsabile ufficio Trasferimento Tecnologico. ruolo civico: l’incontro e il dibattito tra cittadini, professionisti ed esperti, il confronto con la città, altre università ed istituti di ricerca. Il Centro si fa forte della pluralità degli interlocutori, della trasversalità dei gruppi di lavoro e della partecipazione dei laboratori. La passione e la competenza di tutti coloro che hanno contribuito alla formazione e allo sviluppo del gruppo Governance e Salute, unitamen- te all’appoggio e alla fiducia della Direzione Scientifica sono stati cruciali per lo sviluppo di percorsi etici e di politica della salute, da cui si sono generati programmi di ricerca istituzionale, come ‘CordGov’, che sperimenta un modello per la donazione del sangue placentare, o lo stesso ‘consenso in corsia’. Questa rete di iniziative e di sinergie rappresenta la preziosa eredità e il punto di avvio delle attività del Centro. I brevetti in ambito biomedico Pochi sanno che in Fondazione esiste un ‘ufficio Brevetti’ che si occupa di promuovere e tutelare le invenzioni dei nostri ricercatori. Abbiamo chiesto di parlarcene alla responsabile, la dottoressa Laura Spinardi Cosa è un brevetto in ambito biomedico? Prima di spiegare cosa è un brevetto, occorre fare una distinzione importante tra scoperta e invenzione perché, soprattutto nel settore delle biotecnologie, la distinzione non è così netta. La scoperta porta alla luce, descrive o interpreta un fenomeno, una realtà fisica cha già esistevano in natura, ma che erano sconosciuti. Rientrano in que- sta definizione scoperte geografiche, archeologiche, teorie scientifiche, metodi matematici, principi e metodi per attività intellettuali e commerciali. Le scoperte in quanto tali sono escluse da brevettabilità. L’invenzione invece parte da un’idea originale per arrivare a produrre qualcosa che prima non esisteva. L’invenzione è dunque la soluzione nuova e originale di un problema tecnico e se risponde ai requisiti di brevettabilità (novità, altezza inventiva e industrialità) può essere tutelata. Di conseguenza il brevetto è la prova che attesta la capacità inventiva di un individuo o di un gruppo ed è lo strumento fondamentale per proteggere un’idea innovativa e il suo sfruttamento commerciale. Il brevetto è un documento legale che concede diritti esclusivi per impedire che altri producano, utilizzino, mettano in commercio o vendano l’invenzione creata. La sua durata è limitata nel tempo (massimo vent’anni) e nello spazio (solo in alcuni Paesi). In ambito biomedico e biotecnologico, il brevetto può essere usato come strumento di unione tra la conoscenza scientifica e l’innovazione tecnologica per il bene comune di tutta la società. NOTIZIE BREVI 11 In breve l’attività dell’ufficio Come si inquadra l’attività dell’ufficio nell’ambito dell’attività di ricerca della Fondazione e che vantaggi dà al personale che opera nella Fondazione? Il brevetto rappresenta un’opportunità per la tutela dei risultati della ricerca biomedica e la loro valorizzazione economica. La Fondazione intende salvaguardare l’investimento realizzato nell’attività di ricerca e scoperta scientifica. Il processo di innovazione si misura oggi con difficoltà: non esclusivamente quantità dei prodotti tutelati ma valutazione dell’interesse suscitato e prospettive di utilizzo. Promuovere il ricorso alla brevettazione e al trasferimento tecnologico può costituire da un lato un incentivo per motivare e finalizzare il lavoro dei ricercatori in campo biomedico, e dall’altro lato può offrire un’opportunità per nuove risorse economiche oltre che terapeutiche. Conoscere le opportunità che la Fondazione mette a disposizione per la tutela delle invenzioni e per il trasferimento tecnologico significa: per il ricercatore valorizzare le proprie conoscenze e competenze; per la Fondazione attrarre nuove risorse per la ricerca e per la cura; per le imprese, avere accesso ad applicazioni e soluzioni. L’andamento in crescita del numero di brevetti depositati, registrato con la creazione dell’ufficio Trasferimento Tecnologico, è di buon auspicio per far sì che il brevetto sia destinato ad affiancare la tradizionale produttività bibliografica dei ricercatori e dei medici. Come opera il vostro ufficio? Nel 2007 presso la Direzione Scientifica della Fondazione è stato creato l’ufficio 12 NOTIZIE BREVI L’ufficio Trasferimento Tecnologico Macroaree domande brevetti offre un servizio di consulenza che 23% si articola su più piani: > è a disposizione del ricercatore 39% per qualsiasi informazione in materia brevettuale; > raccoglie le proposte inventive Biotecnologie dei ricercatori per sondare le Clinica potenzialità delle invenzioni Farmaceutica 38% effettuate; > segue le varie fasi dell’iter brevettuale che vanno dal contatto con il consulente per la scrittura del brevetto, al disbrigo delle procedure autorizzative della Fondazione per la procedura brevettuale, al supporto durante le varie fasi di esame della domanda, fino alla concessione del brevetto; > supporta la valorizzazione economica dei risultati e crea un legame con le aziende per eventuali contratti di licenza o cessione. Trasferimento Tecnologico per la valorizzazione delle competenze, delle idee e dei risultati della ricerca realizzati in Fondazione. L’ufficio è a disposizione dei ricercatori che vogliono accedere alle operazioni di deposito di un brevetto a spese e titolarità della Fondazione. È necessario prendere contatto con l’ufficio per usufruire delle competenze e dei servizi offerti. Infine, per informare i ricercatori/medici sul sistema brevettuale, l’ufficio Trasferimento Tecnologico organizza corsi di formazione. Anche quest’anno verrà organizzato il corso ‘Valorizzazione e tutela dei risultati della ricerca’. Che brevetti avete depositato e che applicazioni si prevedono? Sono state depositate tredici domande di brevetto, tutte attive. La maggior parte delle invenzioni del portafoglio della Fondazione trovano applicazione nella ricerca, cura, prevenzione e diagnosi di patologie umane. La restante parte delle invenzioni sono collocate nell’area biotecnologica e prevedono l’uso di dispositivi tecnologici e/o di sistemi molecolari o cellulari. Molte domande di brevetti coinvolgono solo ricercatori della Fondazione, ma alcune sono state realizzate in collaborazione con altri enti, per esempio l’Università degli Studi di Milano. Ad oggi, un brevetto della Fondazione è gia stato trasferito ad una azienda farmaceutica e altri tre brevetti sono oggetto di trattative per il trasferimento ad aziende private. È importante promuovere il ricorso alla brevettazione per trasformare il patrimonio di conoscenze scientifiche della Fondazione in innovazione, tutelando i diritti connessi allo sfruttamento commerciale dei risultati brevettabili. Il successo di questa strategia può offrire agli enti pubblici di ricerca biomedica l’opportunità di diventare strutture autonome capaci di finanziare i propri progetti di ricerca attraverso lo sviluppo e la tutela delle invenzioni ottenute con il lavoro dei ricercatori e dei medici. i inser to staminali Nuovi orizzonti delle cellule staminali. L’epidemiologia: a servizio della ricerca. Questo ed altro nelle pagine dell’inserto Paolo Rebulla Staminali in ortopedia: il focus sulla ricerca Direttore Unità Operativa di Medicina Trasfusionale, Terapia Cellulare e Criobiologia della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena. Dottor Rebulla, lei ha partecipato recentemente ad un convegno indetto dalla Società di Ortopedia. Pare che anche in questo campo si stiano allargando gli orizzonti di applicazione delle cellule staminali. Che prospettive ci sono? In questa occasione ci si è primariamente confrontati sulla responsabilità del medico, che utilizza particolari prodotti della terapia cellulare nelle procedure innovative in ortopedia. La nostra Cell Factory non ha avuto, fino a tempi recenti, rapporti con gruppi scientifici di questa area, per questo motivo questo incontro, che si è svolto a Firenze, è stata una buona occasione per presentare ai partecipanti ciò che possiamo offrire in questo settore della medicina. In questa ottica abbiamo illustrato alla comunità degli ortopedici i concetti di base relativi alle staminali, iniziando dalla In ortopedia due possono essere la opzioni legate alle cellule staminali: > l’utilizzo di cellule staminali mesenchimali ottenute dal grasso (opzione di tipo autologo, che facilita molto il trapianto perché non richiedere meccanismi da adottare per evitare il rigetto); > l’utilizzo di un’altra sorgente di cellule staminali, rappresentata dal sangue placentare (in questo caso l'utilizzo delle staminali è di tipo allogenico, riguarda cioè cellule prelevate da una persona e donate ad un'altra persona, procedura in cui deve essere considerato il meccanismo della compatibilità). descrizione dei diversi tipi di staminali: quelle embrionali e quelle adulte. Per quanto riguarda le cellule staminali emopoietiche (quelle che producono tutte le cellule mature del sangue: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) adulte, che sono quelle che la Cell Factory studia, esse si dividono in due filoni: quelle placentari e quelle del midollo osseo. Recentemente, nel nostro laboratorio di Ricerca e Sviluppo diretto da Lorenza Lazzari, sono state messe a punto tecniche di purificazione delle staminali mesenchimali ottenute dal grasso autologo. Questo procedimento richiede di prelevare 50 g di grasso e successivamente attraverso una tecnica di purificazione, basata sulla centrifugazione e coltura cellulare, ottenere cellule staminali mesenchimali. Queste cellule sono diverse dalle staminali emopoietiche. Le mesenchimali, infatti, per la loro natura, hanno una stretta relazione con tendini, dischi intervertebrali, cartilagini, ossa: dalle mesenchimali derivano tutti gli organi di sostegno, e per questo motivo sono cellule che potrebbero divenire molto importanti per future applicazioni in campo ortopedico. Come si ottengono le staminali mesenchimali? La sorgente tradizionale delle staminali mesenchimali è il midollo osseo, cioè quel tipo particolare di sangue che si trova all’interno delle ossa piatte, contenente differenti tipi di staminali. Si possono prelevare le staminali mesenchimali aspirando 40/50 cc di sangue midollare. Queste cellule possono essere quindi separate, purificate e inserite in supporti solidi (polimeri) che tendono a ricalcare la struttura dell’osso. Quindi si possono inserire in un sito di lesione dell’osso. Nella esperienza condotta dai ricercatori della Cell Factory, abbiamo valorizzato e preso in esame un tipo di materiale biologico di cui è facile disporre: il sangue placentare, che la nostra banca (Milano Cord Blood Bank) raccoglie dal 1993. Conserviamo infatti 7.000 donazioni e abbiamo distribuito dal 1995 ad oggi 350 donazioni a scopo di trapianto emopoietico in tutto il mondo. Può capitare che ci siano donazioni di volume molto piccolo, non idonee per il trapianto, quindi abbiamo iniziato questo processo di purificazione su queste donazioni per verificare se è possibile ottenere cellule staminali mesenchimali. Il gruppo di ricerca della Cell Factory, ha dimostrato che queste cellule manifestano la capacità di trasformarsi in cellule del tessuto osseo e cartilagineo ed è stata fatta anche una valutazione di tipo quantitativo: dopo 4 settimane in coltura di cellule derivate da 60 cc di sangue placentare è possibile ottenere10 milioni di staminali mesenchimali. Come abbiamo accennato, un’altra importante sorgente è il grasso autologo. Prelevando 50 g di grasso è possibile ottenere 150 milioni di cellule staminali mesenchimali in 4 settimane. Date queste promettenti prospettive, nel contesto del convegno di Firenze, abbiamo proposto agli ortopedici di considerare l’utilizzo di queste nuove tecno- Le varie fasi della tecnica di purificazione del grasso per ottenere le staminali mesenchimali. logie per lo sviluppo di nuovi protocolli terapeutici. In che modo agiscono queste cellule mesenchimali? La loro capacità ripartiva è legata essenzialmente a due meccanismi: la migrazione di queste cellule verso il sito di lesione e la loro localizzazione nel tessuto danneggiato. La migrazione e la localizzazione (homing) sono legate ad alcune molecole espresse sulla superficie delle cellule, che trovano corrispondenti 'recettori' nella sede della lesione. Ci sono due molecole importanti implicate in questo processo (CXCR4 e SDF1), che consentono alla cellula di dialogare con il tessuto e capire dove andare a localizzarsi. Una volta che la cellula è giunta nel tessuto danneggiato, può andare incontro ad un processo di differenziazione per ricostruire il segmento malato di questo tessuto. L’altro meccanismo di azione delle mesenchimali è basato sull’effetto Paracrino, ossia, una volta localizzatasi nel sito di lesione, la mesenchimale non solo ripara ma richiama in quella sede cellule da altri siti dell’organismo, che possono contribuire a riparare il tessuto. A quali prospettive di applicazione di queste cellule la ricerca sta rivolgendo lo sguardo? Esaminando la letteratura scientifica possiamo trovare vari campi di applicazione a cui i ricercatori pensano. Ma è importante ribadire che, anche se si eseguono molti studi, ad oggi non sono state ancora messe a punto procedure disponibili per applicazioni terapeutiche di routine. Tuttavia possiamo immaginare futuri campi applicativi, fra cui la riparazione del disco intervertebrale, (quindi il trattamento dell’ernia del disco) e la produzione in laboratorio di cartilagini. A questo proposito sono già disponibili lavori che indicano come la produzione di cellule staminali mesenchimali sia possibile da soggetti di diverse classi di età (non solo il giovane, ma anche il soggetto anziano). Altri lavori scientifici affrontano le patologie del tendine. Quale è il ruolo della Cell Factory? La Cell Factory del nostro ospedale è la prima struttura italiana che ha conseguito, in luglio dello scor- so anno, la certificazione GMP (good manufacturing practice) presso un ospedale pubblico. Questa certificazione riguarda la modalità di operare secondo le regole di buona fabbricazione. Queste regole derivano dal mondo farmaceutico e garantiscono che la preparazione di prodotti farmaceutici cellulari avvenga in condizioni di elevata qualità. L’Unione Europea ha deciso infatti che, oltre alle ditte farmaceutiche, tutti quei processi che implicano la produzione di materiali per terapie cellulari devono seguire queste regole. Per questa ragione la nostra Cell Factory si propone come erogatore di servizi di manipolazione cellulare GMP per la comunità scientifica interessata alla terapia cellulare e, nel caso del recente convegno di Firenze, per alcuni nuovi protocolli terapeutici in ortopedia. intervista di Eloisa Consales NOTIZIE BREVI 15 Epidemiologia Diario dal Mare del Nord di Lucia Perego La proposta di frequentare un corso internazionale di epidemiologia clinica in un’isola sperduta dell’Olanda è stata un’occasione molto interessante. Non nascondo di avere avuto all’inizio qualche dubbio: “Sarò in grado di seguire un corso di epidemiologia, materia così vasta e così ricca di sfaccettature?” una malattia, quali sono i diversi tipi di studi epidemiologici, come analizzare i dati raccolti e come non farsi portare fuori strada da dati che sembrano inerenti allo studio ma che, in realtà, se bene analizzati, non lo sono (i cosiddetti ‘fattori di confondimento’). Ma ciò che per me è stato veramente interessante è il rendermi conto di quante Il 24 novembre 2007 sono finalmente partita per l’Olanda con una variabili possano intervenire nel manifestarsi di una determinata patologia e come approcciarsi all’analisi dei dati. gran voglia di sfruttare al massimo questa esperienza. Il corso, tenuto da docenti del Dipartimento di Epidemiologia dell’Università di Leiden è iniziato il 25 novembre, subito dopo lo sbarco sulla piccola isola di Schiermonnikoog (arcipelago delle Frisone olandesi). L’attività didattica è stata programmata in modo da favorire l’apprendimento anche delle nozioni più difficili: durante il giorno lezioni frontali sui temi principali dell’epidemiologia e alla sera, dopo cena, esercitazioni di gruppo su tracce che riprendevano i temi trattati durante la giornata. In questo modo, giorno dopo giorno, mi sono addentrata in una materia così affascinante e trasversale a tutte le attività. Ho imparato come misurare la frequenza di 16 NOTIZIE BREVI L’esempio per chiarire questo concetto ci è stato fornito mostrando, passo dopo passo, ciò che è stato fatto per dimostrare la correlazione tra la durata dei viaggi in aereo e la comparsa di trombosi venose profonde. Infatti, alcuni anni fa, i risultati della letteratura medica erano contrastanti. In un primo studio epidemiologico i ricercatori avevano analizzato la comparsa di trombosi nei viaggiatori in arrivo in un grande aeroporto. La metodologia poteva anche sembrare buona, dal momento che comprendeva un’ampia popolazione sottoposta al fattore di rischio che si voleva valutare: il viaggio in aereo. Tuttavia, analizzato a fondo, lo studio mostrava una importante lacuna: non erano stati calcolati i soggetti che manifestano la trombosi venosa pur non avendo viaggiato. Non era corretto quindi concludere che esiste una correlazione diretta tra viaggio in aereo e trombosi venosa. Uno studio epidemiologico corretto che risponda alla domanda che ci si è posti deve per prima cosa individuare i ‘casi’ (persone con trombosi venosa profonda) e i ‘controlli’ (soggetti senza trombosi venosa profonda) all’interno della popolazione e, verificare se sono stati sottoposti all’esposizione (se hanno viaggiato in aereo di recente). Solo a questo punto è possibile trarre le conclusioni e definire se i soggetti che hanno compiuto un lungo viaggio aereo sono più predisposti a manifestare la trombosi venosa rispetto a coloro che non hanno viaggiato. È implicito dire che questa analisi è solo il punto di partenza per altri studi sull’argomento, come ad esempio valutare se i ‘casi’ hanno in comune altre caratteristiche oltre all’avere viaggiato (numero di viaggi effettuati, durata del viaggio, caratteristiche genetiche, età, sesso, utilizzo di pillola anticoncezionale, ecc). Ogni studio può essere ‘stratificato’ sulla base di diversi fattori di rischio, che possono in misura diversa essere concause della patologia finale. Ebbene, tenendo conto delle stratificazioni, i dati di un altro studio hanno dimostrato che i lunghi voli sono direttamente correlati con la comparsa di trombosi venose, anche se il rischio è molto basso. Sulla base di questi dati gli autori dello studio hanno concluso che non è necessario eseguire particolare profilassi della trombosi, se non nei voli molto lunghi e in soggetti che presentano fattori di rischio trombotico (obesità, malattie cardiovascolari, diabete, fumo, ipertensione, ecc), ricordando peraltro l’importanza di eseguire i semplici esercizi raccomandati dalle compagnie aeree, che consentono di evitare la stasi venosa. Nonostante l’esperienza molto positiva, mi sono chiesta che tipo di ricaduta potesse avere questo corso sul lavoro che faccio (lavoro presso la Banca del Sangue Placentare e mi occupo di criopreservazione delle cellule staminali del sangue del cordone ombelicale), dal momento che tutte queste nozioni non sono strettamente correlate con quello di cui mi occupo giornalmente. In realtà questa è un’esperienza che tutti coloro che lavorano nel campo biomedico dovrebbero avere l’opportunità di fare, perché fornisce le basi per intraprendere correttamente uno studio scientifico e insegna come porsi nei confronti dei dati raccolti e come raccoglierli. Inoltre, fornisce gli strumenti adatti per valutare qualsiasi tipo di resoconto scientifico, sia esso il rendiconto di un ADISCOteca caso clinico o uno studio su molti soggetti. È importante sottolineare inoltre come, in un grande dipartimento trasfusionale quale è il nostro, la numerosità e la varietà di persone che ogni giorno donano il sangue, opportunamente arruolate in studi epidemiologici osservazionali (previo consenso informato), possano rappresentare un valido strumento per la valutazione di parametri utili per la prevenzione o la terapia di svariate patologie. In conclusione sento di ringraziare coloro che mi hanno permesso di partecipare a questo corso che ha rappresentato un’esperienza assai significativa per la mia professione. di Francesco Zanuso All’allegra kermesse di Floralia: ADISCO e la cioccolata Venchi Le previsioni del tempo erano pessime a Milano, per il weekend delle elezioni. Ma la fortuna ha assistito Floralia e il consueto mercatino benefico di primavera, in piazza San Marco, si è svolto tra sole e nuvole con un’affluenza di pubblico davvero fuori dal comune e la partecipazione di qualche personaggio famoso del mondo della cultura, della politica e dello spettacolo: il sovrintendente alla Scala Stéphan Lissner e signora, il musicista Mario Lavezzi, la scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti, la giornalista Lina Sotis col marito architetto Marco Romano e l’onorevole Daniela Santanché. Allegri e pieni di colore i banchetti dalle infinite varietà di piante, il lungo banco delle ceramiche, l’angolo della biancheria ricamata a mano, con lini e cotoni provenienti dall’India. Al centro della piazza, il botanico Pietro Bruni dispensava consigli a chi cercava la cura adatta alle proprie piante, mentre nel banco vicino la giovane artista Jalée Brera ritraeva chi desiderava avere un proprio disegno a carboncino, o un ritratto con una sanguigna. Tra le novità di questa undicesima edizione c’era poi il banco per la riparazione delle biciclette, attrezzato di tutto punto, che vendeva anche accessori per i ciclisti e delle ottime ed economiche bici. Anche i due banchi riservati alla ‘brocante’ offrivano la possibilità di interessanti affari, proponendo vari oggetti e complementi d’arredo che spaziavano dalle stampe acquarellate ai vasi di Murano, dai servizi Ginori da the della nonna, alle antiche scatole di lacca, dai portariviste alle specchiere da tavolo. Come molti sanno, la particolarità di questa manifestazione, è che ogni banco devolve il ricavato all’Associazione onlus che rappresenta. Prodotti di alto livello qualitativo, quindi, per acquisti a fin di bene. A rappresentare ADISCO Lombardia onlus c’era un banco di squisita cioccolata ‘sponsorizzata’ dalla Venchi, antica fabbrica piemontese che dal 1878 produce una grande varietà di cioccolato; dalle celebri Nougatine ripiene di croccante, all’ottima cioccolata fondente con varie percentuali di cacao, dalle tavolette alla cannella a quelle alla vaniglia e al peperoncino. Una vera gioia per i golosi e i gourmet. Quest’anno l’Associazione ADISCO ancora una volta nei confronti della nostra Associazione. Lombardia ha destinato il ricavato delle vendite all’acquisto di un nuovo kit per il laboratorio del centro di ricerca sulle cellule staminali del Vi aspettiamo numerosi alla prossima edizione, sempre sul Sagrato della Chiesa di San Marco, il 27 e 28 settembre 2008. Non mancate! Policlinico di Milano. Un ‘grazie’ di cuore alla Venchi per la sensibilità e la generosità dimostrata Un quadro per la ricerca di Francesco Zanuso La Sezione Regionale Lombarda di ADISCO fin dal 1997 sostiene la Milano Cord Blood Bank, attraverso il finanziamento di borse di studio per ricercatori e l’acquisto di parte della strumentazione necessaria. Tuttavia perchè ciò possa avvenire è necessario per ADISCO promuovere un’attività di fund raising intelligente e stimolante. Ed è così che per il terzo anno consecutivo ADISCO Lombardia onlus ha organizzato un’asta di arte moderna e contemporanea. Anche nel 2008 la casa d’aste inglese Sotheby’s è stata la generosa protagonista, come nelle passate edizioni, di questo magnifico evento. Per la prima volta in una Charity nel nostro Paese, le più importanti gallerie d’arte contemporanea milanesi associate in Start Milano hanno offerto gratuitamente opere dei loro artisti più rappresentativi. Un nume- Due delle opere presentate il giorno dell’asta. roso e qualificato pubblico di collezionisti ha partecipato all’asta la sera del 14 aprile, a Palazzo Broggi, in via Broggi 19, contribuendo così al grande successo dell’iniziativa benefica: è stata raccolta infatti una cifra consistente, circa 60.000 euro, che sarà utilizzata da ADISCO per confermare a tre ricercatori della Milano Cord Blood Bank una borsa di studio anche per il prossimo anno 2008-2009. Ringrazio dunque tutti coloro che si sono veramente impegnati per realizzare questa importante manifestazione benefica e culturale insieme, poichè penso che arte e ricerca medica possano davvero migliorare la qualità della nostra vita. Arrivederci al prossimo anno! ADISCO ringrazia 1000Eventi; Arte Studio Invernizzi; Galleria Salvatore e Caroline Ala; AR/ Contemporary Gallery; Artopia; Galleria Ca’ di Fra’; Antonio Colombo Arte Contemporanea; Corsoveneziaotto; Galleria Raffaella Cortese; Galleria Riccardo Crespi; Paolo Curti/ Annamaria Gambuzzi & Co; Galleria Monica De Cardenas; Galleria Massimo De Carlo; Alessandro De March; Galleria Emi Fontana; Fotografia Italiana Arte Contemporanea; Galica, Galleria Francesca Kaufmann; Galleria Klerkx; Le Case d’Arte; Lorenzelli Arte; Federico Luger Gallery; Galleria Nina Lumer; Galleria Giò Marconi; Galleria Milano; Galleria Francesca Minini; N.O. Gallery; Nowhere Gallery; Galleria Pack; Project B Contemporary Art; Galleria Rubin; Lia Rumma; Galleria Suzy Shammah; Studio d’Arte Cannaviello; Studio Guenzani; Ermanno Tedeschi Gallery; Massimo Carasi The Flat; Studio Giangaleazzo Visconti; Zero…; Zonca & Zonca Arte Contemporanea. Gli indirizzi delle gallerie sono disponibili sul nostro sito www.donatorisangue.org 18 NOTIZIE BREVI Susanna Esposito brevi mamma e bambino... in estate In vacanza con i bimbi pediatra Specialista in Pediatria e in malattie infettive. Professore Associato di Pediatria generale e specialistica MED/38 presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Milano. Vice-direttore dell'Unità Operativa Complessa Pediatria 1 della Fondazione IRCCS ‘Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena’. Arriva l’estate e dobbiamo programmare le vacanze della nostra famiglia, con i nostri bambini. Abbiamo intervistato la professoressa Susanna Esposito, pediatra nella nostra Fondazione, per qualche consiglio su come passare vacanze serene con i nostri piccoli Esistono luoghi e situazioni più adatti per andare in vacanze con bambini piccoli? Qualsiasi tipo di vacanza fa sicuramente bene a tutta la famiglia. Per il bambino si tratta di una piacevole avventura alla scoperta del mondo, per i genitori è un’occasione per stare insieme e intanto godersi i propri figli. Non vi è un luogo migliore dell’altro per trascorrere le vacanze con un bambino, anche se piccolo. L’importante è che il bambino sia circondato da un ambiente sereno e che entrambi i genitori partecipino alle sue attività. te il bambino al sole fino ai 6 mesi di vita; > non esporre il bambino di età inferiore ai 7 anni al sole tra le 11.00 e le 15.00; > non lasciare tutto il giorno il bambino in costume da bagno ma proteggere collo e schiena con un vestiario leggero e largo, di colore preferenzialmente chiaro (per non attirare i raggi del sole); > fare indossare al bambino un cappellino che gli faccia ombra sul viso; > usare sempre un filtro solare sulle zone esposte del corpo, anche nelle giornate nuvolose o con cielo coperto, con fattore di protezione uguale o superiore a 15 e che agisca sui raggi UVA e UVB, riapplicandolo spesso durante la giornata (ogni 2-3 ore); > proteggere gli occhi con occhiali da sole con filtro per Quali i rischi dell’estate e che precauzioni adottare? Uno dei principali rischi dell’estate è l’ eccessiva esposizione ai raggi solari, che può causare eritema solare o in alcuni casi vere e proprie ustioni . È importante quindi seguire sempre opportuni accorgimenti: > non esporre mai direttamen- “ raggi UV. Che tipo di alimentazione consiglia? D’estate è importante che il bambino abbia sempre a disposizione una scorta d’acqua, non gelata e non gasata, per bere e per rinfrescarsi ogni volta che ne senta la necessità. Inoltre, è utile privilegiare una dieta con vegetali in D’estate è importante che il bambino abbia sempre a disposizione una scorta d’acqua, non gelata e non gasata, per bere e per rinfrescarsi ogni volta che ne senta la necessità “ gran quantità, abolendo i grassi animali, i cibi molto cotti o fritti e i dolci molto elaborati. Sì, quindi, a frutta e verdura, alla pasta e al riso con pochi condimenti, ai gelati (soprattutto se di frutta) e allo yogurt, al pesce cotto a vapore, all’olio crudo. L’acqua resta la bevanda migliore, ma anche i succhi poco zuccherati possono andare bene. Un altro ‘pericolo’ dell’estate è rappresentato dalle punture di insetto. Nel caso di punture di zanzara, che di per sé non rappresentano un pericolo ma che possono causare la comparsa di pomfi orticarioidi diffusi, sarà necessario a scopo preventivo applicare ripetutamente sulle superfici cutanee esposte repellenti (soprattutto se il bambino esce nel tardo pomeriggio o in serata). Nel caso di pomfi già presenti, sarà necessario utilizzare antistaminici topici (da applicare sulla pelle) o sistemici (da assumere per bocca). Le punture di vespe e di api che, se pur solitamente non pericolose, sono in genere molto dolorose. Le vespe non lasciano mai il pungiglione ed è questo il motivo per cui una sola vespa può causare punture multiple. Le api, invece, hanno un pungiglione rostrato che si spezza e rimane infisso nella cute, con la conseguente morte dell’ape. È opportuno cercare di rimuovere il più velocemente possibile il pungiglione, evitando unghie o pinzette perché possono schiacciare il sacco velenifero NOTIZIE BREVI 19 che è posto alla base del pungiglione. Nel caso di punture di vespe o di api, è necessario pulire bene la zona della puntura con acqua e sapone, applicare ghiaccio per 15-30 minuti e poi una pomata cortisonica o antistaminica. Il dolore e la reazione locale possono durare anche alcuni giorni e talvolta sono associati a orticaria o prurito. Se il bambino presenta i segni di una reazione allergica più grave (marcata difficoltà respiratoria, gonfiore, pomfi orticarioidi diffusi, fino allo shock anafilattico), soprattutto se le punture sono multiple, è necessario portalo subito al più vicino pronto soccorso. Passando più tempo all’aperto, un altro dei ‘pericoli’ dell’estate è costituito dai morsi e dai graffi di cani e gatti. Al fine di evitare questi problemi, è necessario educare i bambini ad adottare comportamenti che limitino il rischio di aggressioni o di reazioni pericolose da parte degli animali e che gli permettano di riconoscere i segnali che l’animale trasmette per comunicare uno stato di paura o diffidenza. Nel caso di morsi o graffi da parte di cani o gatti, è fondamentale pulire subito le ferite con acqua e sapone e disinfettarle. Se la ferita 20 NOTIZIE BREVI è profonda o lacerata, è opportuno consultare il pediatra o recarsi al pronto soccorso per iniziare un’eventuale terapia antibiotica. Un altro problema frequente, che può verificarsi in estate dopo gite nei boschi a piedi o in bicicletta, è il riscontro di zecche sulla pelle o delle lesioni causate dalle punture di questi artropodi capaci di provocare malattie caratterizzate da febbre ricorrente, eritema migrante, dolori arti- colari e, in casi più rari, manifestazioni neurologiche (le forme più comuni nel nostro Paese sono la malattia di Lyme e le rickettsiosi). In questi casi, è fondamentale rimuovere in toto la zecca qualora questa fosse presente, cospargendola di olio o alcool o etere: in questo modo (dal momento che la zecca respira attraverso la cuticola che la riveste) allenta la presa (per asfissia) nell’arco di qualche minuto ed è molto più facile staccarla con una pinzetta (o eventualmente con le mani) senza che il suo piccolo rostro rimanga infisso nella cute, monitorando nelle 2-3 settimane successive la comparsa di sintomi compatibili con le malattie trasmesse da artropodi. Se non si riesce a rimuovere la zecca, se la testa è rimasta in profondità nella pelle o se nei 7-21 giorni successivi alla puntura comparissero febbre o eruzione sulla pelle (anche quando non fosse trovata la zecca sulla cute ma solo il suo morso), è opportuno recarsi dal pediatra o in pronto soccorso per l’esecuzione di esami e la prescrizione di una terapia antibiotica specifica. Quante volte il bambino può fare il bagno in mare o in piscina? Il bagno in mare o in piscina può essere fatto quanto il bambino vuole, preferibilmente a distanza di due ore dai pasti principali. Se il bambino ha meno di 6 mesi, è più indicato fargli fare il bagno in una piccola piscina di plastica, riempita di acqua dolce fatta scaldare al sole. Quanto alla durata del bagno, non c’è una regola: si deve soltanto controllare che le labbra del bambino non cambino colore e osservare le mani che non devono sembrare ‘raggrinzite’. Per chi frequenta pisci- ne aperte al pubblico la raccomandazione è di proteggere i piedi del bambino con sandali in gomma per evitare il pericolo di micosi. Per i più piccoli, anche se esperti, non scordiamoci i braccioli! È possibile viaggiare con i bambini in Paesi esotici? Sicuramente una vacanza in Paesi esotici è un’esperienza indimenticabile per un bambino. Se pur non ci sono limiti di età, un viaggio di questo tipo risulta più indicato per bambini di età superiore ai 4 anni che hanno la possibilità di elaborare adeguatamente questo tipo di esperienza. Prima della partenza, però, è importante recarsi presso un centro di medicina dei viaggi rivolto in modo specifico al bambino (come quello aperto da ormai 3 anni presso la Clinica De Marchi) in modo da informarsi adeguatamente sulle norme igieniche e comportamentali da rispettare, sulle vaccinazioni da eseguire, sulla necessità di un’eventuale profilassi antimalarica, sulle malattie infettive presenti nella sede del viaggio, su come gestire i pro- blemi più comuni che il bambino può presentare e su quando è necessario allarmarsi durante il viaggio o al ritorno da questo. Quali farmaci è necessario mettere in valigia? Anche per viaggi in mete vicine e considerate ‘tradizionali’, è importante portarsi dietro oggetti di uso comune (come un termometro, dei cerotti, delle garze sterili, salviettine disinfettanti, una soluzione disinfettante, repellenti cutanei, una pomata antidolorifica per eventuali contusioni), un collirio antibiotico da utilizzare in caso di congiuntivite, farmaci antistaminici topici e sistemici da impiegare nel caso di reazioni abnormi alle punture d’insetto, paracetamolo o ibuprofene da usare in caso di febbre, soluzioni reidratanti e probiotici utili in caso di gastroenterite e antibiotici di base (un beta-lattamico e un macrolide) da utilizzare su indicazione del pediatra qualora comparissero infezioni verosimilmente batteriche. Chi rimane in città cosa deve fare? Anche rimanendo in città, è importante uscire all’aperto, scegliendo percorsi lontani dal traffico e non affollati, evitando le ore più calde della giornata e portandosi dietro un biberon o una bottiglietta d’acqua e un cappello a tesa larga. Una buona opzione è quella di trascorrere qualche ora nei parchi, ma nelle prime ore della giornata per evitare il caldo e le zanzare nelle ore serali. intervista di Eloisa Consales Alberto M. Comazzi brevi estate L’estate in città. Fronteggiare la solitudine psichiatra Alberto Maria Comazzi psichiatra e psicoanalista, membro della Società Psicoanalitica Italiana (SPI) e dell’International Psychoanalytical Association (IPA). Dal 1980 è consulente psichiatra dell’Istituto Nazionale per la Cura dei Tumori. Dal 1994 al 2006 è stato responsabile del Servizio di Psicologia Medica del Nord Italia Transplant (NITp). È autore di oltre 240 pubblicazioni. In estate chi rimane in città, spesso deve affrontare difficoltà legate ad una città poco accogliente. In particolare i periodi festivi, per chi soffre di disagi psichici, sono ancora più duri. Abbiamo chiesto al professor Comazzi, psichiatra e psicanalista, di aiutarci a capirne i motivi Quali problemi deve affrontare in estate chi è costretto a rimanere in città. Pensiamo agli anziani, ai malati, alle persone meno abbienti, con problemi psichici. Perchè è un momento così duro? L’estate non è per tutti fonte di gioia, c’è chi non può par- tire in vacanza ed è costretto a rimanere in città sempre meno accoglienti e deserte. Chi rimane in città deve affrontare spesso una serie di problemi che sono fonte di angoscia, ma che possono essere previsti e in parte prevenuti. Principalmente ci sono due ordini di problemi: il primo è l’impatto con la solitudine. Si rimane soli e ci si sente abbandonati. Si è spesso costretti a cambiare i propri ritmi, le proprie abitudini e le consuetudini consolidate e rassicuranti. Rimasta sola Si tenta, per affrontare questa solitudine, di mantenere i propri rituali quotidiani, ma ciò avviene in uno scenario sociale mutato e quindi ostile a ciò che prima era normale e rassicurante. Un altro problema importante riguarda il piano strettamente sanitario. Assistiamo nel periodo estivo alla ‘fuga’ degli specialisti, e possiamo immaginare quanto ciò sia problematico per quelle persone che hanno, ad esempio, patologie croniche che richiedono una sorveglianza e un rapporto stretto e continuo con gli specialisti. Non abbiamo sempre la sicurezza che i sostituti siano persone capaci di prendere in mano la situazione complessa di questi pazienti con senso di responsabilità e continuità, anche perché non conoscono la storia dei pazienti, la loro anamnesi e la storia psicologica. Anche sul versante delle psicoterapie si vive una situazione di disagio: esse vengono, per lo più, interrotte in estate. E questo è un danno, per- ché le psicoterapie, più di altre terapie, sono soggette a ritualità, abitudini e scansioni del tempo. Per cui l’interruzione forzata è spesso rischiosa per il soggetto. Ha parlato di ritmi, cosa intende per cambiamento dei ritmi? La vita dell’uomo è scandita da rituali, abitudini e dai ritmi circadiani che da un punto di vista biologico sono molto importanti. Un esempio di sfasamento del ritmo circadiano è il disagio che si prova al cambiamento dell’ora legale. Poi ci sono i ritmi psicologici altrettanto importanti, legati alle nostre abitudini difficilissime da modificare. Per questo, se vogliamo usare una metafora, è importante che, chi rimane da solo in città, prepari ugualmen22 NOTIZIE BREVI te una ‘valigia delle vacanze’, in questo caso ‘una valigia mentale’. Bisogna cioè organizzare spazi diversi, ritmi diversi da intendersi come piccole ancore di salvezza. perchè, angere, non so a Ho voglia di pi rb ll’e su pensiero non spunta un . re lo co a senz e lo spazio è dolore, No, non è un tto tu di e al è un m s’è, co so n no e ch a di me. mi sento senz sa, è la stessa co Fuori o dentro non vedo, vita, l’azzurro della non vedo più parola, a un re di sa nto neanche il ve ogli e sui rami sp per cadere, a st e ch foglia la. so ta sono rimas ttini Nella sua esperienza come si possono affrontare i problemi di natura psicologica? Come dicevo fronteggiare questi problemi vuol dire prima di tutto attivare un sistema personale di prevenzione: se sappia- mo che incontreremo problemi sul versante psichico e somatico si possono adottare precauzioni per prevenire o contenere possibili disagi. È importante sapere quali sono i propri punti deboli legati alla costituzione, alla struttura psichica e agli stili di vita. Ogni soggetto è diverso dall’altro. In questo modo possiamo mettere nella famosa valigia estiva non solo i farmaci, ma anche l’esperienza e la conoscenza di se stessi che è uno strumento molto utile. Sul piano terapeutico, prima dell’inizio del periodo estivo, ci si dovrebbe rivolgere al proprio medico di medicina generale che dovrebbe conoscere bene il proprio paziente e organizzare insieme un piano di azione. Nel caso dell’interruzione delle psicoterapie, a volte si utilizza strumentalmente l’interruzione estiva per mettere il paziente di fronte ad una propria autonomia, e gli si da dei piccoli ‘compiti’ per compensare l’assenza. La cosa migliore però è che, nelle situazioni più critiche, nel mese di agosto gli psicoterapeuti siano rintracciabili anche solo Alessandra Pi telefonicamente in caso di emergenza. Cosa possiamo chiedere alla rete sociale e alla città per rendere questi periodi meno traumatici? La città può fare molto, come anche il piccolo centro, dove il problema della solitudine è molto meno sentito, perché ci si conosce tutti. Nelle grandi città, come Milano, è molto diverso perché i ritmi di vita e la struttura urbana non facilitano i rapporti molto stretti e la vicinanza fra le persone. La città quindi deve offrire, ancor di più in questo periodo, spazi di aggregazione prima di tutto agibili e confortevoli. Deve facilitare gli spostamenti con mezzi pubblici efficienti, garantire alle persone, secondo la propria cultura, di trovare quello di cui hanno bisogno. La città insomma non deve andare in vacanza con i più fortunati, ma deve accogliere chi resta, creando anche in questo caso occasioni di vacanza diversa non solo per anziani ma anche per quei giovani che non hanno amici con cui passare le vacanze. intervista di Eloisa Consales alimentazione e benessere di Francesca Albani e Emanuela Orsi Dieta mediterranea: culla dei popoli, ricetta di salute Con il termine ‘dieta’ si definiscono le abitudini alimentari e l’organizzazione di più razioni alimentari nel tempo. Seguire una dieta quindi significa trarre i massimi vantaggi in salute ed efficienza fisica dal cibo. Una dieta in sostanza è uno stile di vita. La cultura alimentare di un popolo è legata all’ambiente geografico e climatico, alle tradizioni e alle condizioni sociali ed economiche. Con l’espressione ‘dieta mediterranea’ si tende ad indicare anche uno stile di vita basato sul movimento e l’attività fisica. di preferenza bianca); consigliato invece il consumo di pesce, in particolare quello azzurro e un apporto regolare ma moderato di prodotti lattiero-caseari. Una dieta mediterranea sana ed equilibrata fornisce a sufficienza tutti i nutrienti e gli aminoacidi necessari; infatti uova, carne, latte e formaggi contengono sufficientemente gli ‘aminoacidi essenziali’ non sintetizzabili dall’organismo che deve perciò introdurli con l’alimentazione. Legumi, freschi Cosa è la dieta mediterranea La dieta mediterranea non è uno specifico programma dietetico, ma un insieme di abitudini alimentari proprie delle popolazioni della regione mediterranea. I benefici di questo tipo di alimentazione derivano dal consumo equilibrato di una grande varietà di cibi, principalmente di origine vegetale. Grande spazio dieta mediterranea è quella di essere basata su prodotti locali, stagionali e freschi. L’assunzione di questi alimenti è normalmente suddivisa in tre pasti principali (colazione, pranzo e cena) e due spuntini di supporto a metà mattina e metà pomeriggio. Si può facilmente intuire come sia un grossolano trovano verdura e frutta di stagione, amidi e fibre, contenuti nella pasta, nel pane e nei cereali (soprattutto integrali) e nell’olio extra vergine di oliva. In questo regime alimentare sono da limitare i consumi di grassi animali, quindi di carne (che deve essere e secchi, invece rappresentano una importante fonte di proteine vegetali. Altra caratteristica della errore identificare la dieta mediterranea con un elevato consumo di pasta e pane, magari ‘bianco’. Nella dieta mediterranea, infatti, non vi è ‘abbondanza di pane e pasta’. Innanzitutto il pane è integrale e la pasta non è solo di grano duro ma anche di vari cereali. La scoperta della dieta mediterranea La scoperta della dieta mediterranea è da attribuire allo scienziato americano Ancel Benjamin Keys che, nell’ambito di uno studio epidemiologico, indagò il rapporto fra alimentazione e patologie. Nel suo studio prese in esame, le abitudini alimentari del Giappone, degli Stati Uniti, della Jugoslavia, della Germania, della Finlandia e dell’Italia. I risultati evidenziarono che quanto più l’alimentazione di 12.000 soggetti analizzati si discostava da un alimentazione di tipo mediterraneo, maggiore era l’incidenza di patologie definite del ‘benessere’ (arteriosclerosi, ipertensione, diabete, ecc). Keys visse per molti anni in Italia e in particolare nel Cilento, dove constatò la bassa incidenza di queste malattie. Questi risultati portarono gli scienziati americani ad avviare, intorno agli anni 70, un ampio programma di medicina preventiva anche alimentare, basato proprio sugli studi condotti da Keys. Le basi scientifiche Sono molti gli studi epidemiologici che hanno dimostrato una correlazione tra dieta mediterranea e diminuzione del rischio di alcune malattie; primo fra tutti quello storico di Keys. Altre fonti scientifiche, per citarne alcune, sono il ‘Seven Country Study’ che negli anni Settanta confrontò le abitudini alimentari di Italia, Grecia, Jugoslavia, con quelle di Stati Uniti, Giappone, Finlandia e Olanda, o quello più recente di Trichopoulou, pubblicato sul New England Journal of Medicine nel 2003. Il motivo dei benefici di questa alimentazione è da ricercarsi nelle componenti essenziali della dieta mediterranea (un’elevata quantità di vitamine, un considerevole introito di grassi polinsaturi omega-3 presenti nel pesce, antiaggreganti piastrinici e vasodilatatori, un elevato contenuto di monoinsaturi e di antiossidanti contenuto nell’olio di oliva). Dagli studi disponibili si evince che non sono i singoli componenti, o gruppi di alimenti, a fornire una protezione contro le patologie, bensì la combinazione di essi e la varietà della dieta. Infatti è proprio la combinazione di questi alimenti che contribuisce ad evitare l’accumulo nell’organismo di sostanze nocive provenienti da diete a basso consumo di fibre e ad alto regime calorico. Nel loro complesso i componenti della dieta mediterranea hanno un ruolo positivo sulla fisiologia dell’organismo, soprattutto se la componente alimentare si associa una vita attiva, aiutano a mantenere funzioni metaboliche equilibrate. Ciò è particolarmente utile nella prevenzione dell’obesità e del sovrappeso. Infine un aspetto particolarmente importante è rappresentato dalla elevata capacità che molti componenti della dieta mediterranea hanno di contrastare, attraverso l’elevato contenuto in vitamine e composti antiossidanti, l’azione dannosa dei radicali liberi che possono danneggiare le membrane cellulari e il DNA, alterando le funzioni cellu- lari e le informazioni genetiche. Questi processi sono fattori di rischio di patologie degenerative, di tumori e in generale dei processi di invecchiamento. ripartisca in modo ottimale l’apporto calorico e nutrizionale quotidiano per prevenire l’insorgenza di patologie tipiche dei Paesi occidentali e del benessere. L’origine culturale della dieta mediterranea La storia di queste buone abitudini risiede negli stili di vita delle popolazioni povere dei paesi del Mediterraneo: essenzialmente contadini e pescatori, che si alimentavano in modo semplice. Essi attingevano a ciò che offriva la terra, ai piccoli allevamenti di animali da cortile e alla pesca. La loro vita richiedeva movimento continuo spesso a piedi e con mezzi non motorizzati, oltre che manualità nella conduzione delle loro attività. In questo modo bruciavano facilmente l’apporto energetico e soprattutto glucidico. Oggi le condizioni di vita e soprattutto gli stili di vita sono mutati notevolmente. Se da un lato abbiamo assistito a progressivi cambiamenti legati alle condizioni sociali e alimentari, che senz’altro hanno prodotto effetti positivi, (ad esempio la scomparsa di patologie da carenza di nutrienti e un miglioramento globale dello stato nutrizionale) d’altro canto la nostra alimentazione ha subito progressivi e consistenti mutamenti anche nella composizione degli alimenti. Oggi si concorda nel raccomandare una dieta alimentare che, sul modello di quella mediterranea, Come si mangia oggi Purtroppo oggi questo stile alimentare e comportamentale è in crisi. L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ci dice che due adolescenti su tre mangiano davanti alla televisione e il 70% dei bambini giudica alla moda consumare alimenti calorici promossi dalla pubblicità. Stando a uno studio, pubblicato sul British Medical Journal, questi bambini mettono a rischio la loro salute. Il Ministero della Salute e il Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali hanno sottoscritto un Protocollo di intesa per promuovere nuove politiche a sostegno di una corretta ed equilibrata alimentazione. La strategia adottata dovrà puntare a migliorare il rapporto che gli Italiani hanno con il cibo. Sarà promosso il consumo di frutta, verdura ed altri alimenti salutari. In questo scenario grande spazio verrà ovviamente attribuito alla promozione della dieta mediterranea, candidata recentemente a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Unesco. Il valore di questa dieta quindi, non riguarda solo il versante scientifico, ma anche quello culturale e storico, patrimonio di tutti i popoli che si affacciano sul Mediterraneo. brevissime Olio d’oliva. È usato nella cucina mediterranea quasi esclusivamente al posto del burro, della margarina e degli altri grassi. Da consumarsi preferibilmente crudo, è una ricca fonte di grassi monoinsaturi (in particolare acido oleico), che proteggono contro le patologie cardiache. L’olio d’oliva è anche una fonte di antiossidanti tra cui la vitamina E. Molti studi hanno dimostrato che i monoinsaturi contribuiscono in modo importante al mantenimento di bassi livelli di colesterolo plasmatico e rappresentano inoltre un substrato resistente all’ossidazione. L’acido oleico ha di per sé importanti proprietà, fra cui un’azione salutare sull’apparato cardiocircolatorio. Ci sono poi evidenze sperimentali che indicano un effetto protettivo dell’acido oleico, contro alcuni tipi di tumore. Frutta e verdura. Consumare tanta frutta e verdura fresca protegge dalle patologie cardiache e dai tumori: un ruolo in questa azione preventiva lo hanno gli antiossidanti contenuti in questi alimenti. Ad esempio i pomodori sono una fonte importante di antiossidanti. Inoltre la cottura di questo tipo di ortaggio è altamente benefica perché incrementa la disponibilità di licopene, uno dei principali antiossidanti. Pesce grasso. Il pesce grasso (in particolare la sardina) è una fonte di grassi polinsaturi omega 3 e sembra che i derivati complessi a catena lunga di questi grassi giovino particolarmente alla salute del cuore per le loro proprietà antinfiammatorie e vasodilatorie, che favoriscono una corretta circolazione del sangue. tempo libero di Luca Tafuni Puglia, viaggio nella regione che guarda ad oriente Abbiamo selezionato per voi alcuni degli itinerari possibili per un viaggio in questa bellissima terra. La Puglia è la regione italiana più esposta ad est, quella con la costa più lunga. Tante le scoperte da fare, gustandone la magnifica cucina Arrivando in auto dalla lontana Milano il cartello ‘Puglia’ sembra farsi scherno del tuo primo pensiero: ‘sono arrivato!’. La strada è ancora lunga però se, per esempio, devi arrivare a Santa Maria di Leuca, il tacco dello Stivale, l’incrocio dei due mari dalle suggestioni uniche. Ti aspettano infatti ancora tre ore e mezzo di viaggio. Ma ne vale la pena perché lo scenario che ti accompagna è davvero affascinante. Appena raggiungi questa meravigliosa terra di colore rosso, i secolari ulivi sembrano abbracciare l’autostrada per darti il benvenuto. È da questi alberi che nasce l’apprezzato olio d’oliva pugliese, da gustare con le famose friselle e i pomodorini di pendola su una Il Trullo Il trullo è una tipica e storica costruzione contadina di una specifica zona della Puglia ricca di pietre (le chianche) che hanno dato la possibilità alle popolazioni dell’epoca di realizzare queste particolari costruzioni. Alberobello, in Valle d’Itria, è considerata la ‘Capitale dei Trulli’. I grandi muri perimetrali sono costruiti a secco con una particolare tecnica di sovrapposizione delle pietre e sono dotati di un’intercapedine dove viene collocato del terriccio per mantenere gli ambienti interni freschi d’estate e caldi d’inverno. Il tetto, a forma conica, è ottenuto da una serie di lastre orizzontali disposte a gradini rientranti verso l’alto. Il Trullo, abitabile solo al piano terreno, può ospitare una cisterna per conservare l’acqua piovana. All’interno, alcune travi di legno sospese tra le mura del soffitto servivano per appendere le vivande e le provviste tenendole sollevate da terra. Lo spazio era condiviso da persone e animali. Si pensa che anticamente i Trulli venissero utilizzati per evadere il pagamento delle tasse sulle case. Ci sono varie teorie in proposito. Una di queste afferma che nell’approssimarsi della venuta del padrone che chiedeva il pagamento del dazio per la residenza nel terreno, ai contadini bastasse tirare via una sola pietra per far crollare tutta la costruzione, facendo apparire il tutto come un semplice cumulo di pietre. L’arte della costruzione del trullo si tramandava di generazione in generazione e di famiglia in famiglia. Per preservare questa antica cultura, oggi la Puglia ha istituito una scuola vera e propria per imparare l’antica tecnica della costruzione di queste storiche dimore. Gallipoli, la spiaggia della città vecchia e il castello. fetta del famoso pane di Altamura, tra i primi prodotti in Europa a fregiarsi del marchio DOP (di origine protetta). Numerosi reperti recuperati negli scavi archeologici testimoniano che la presenza dell’uomo, nel territorio di Altamura, risalga addirittura a 400.000 anni fa. Ma prima di arrivare alla ‘Città del Pane’, bisogna lasciarsi alle spalle il promontorio del Gargano che ospita l’ononimo Parco Nazionale e le caratteristiche cittadine sul mare: Peschici, Pugnochiuso e Vieste, per citarne alcune. A questo punto si può proseguire e attraversare il Tavoliere, un territorio interamente pianeggiante che si estende per circa 3.000 km², la più vasta pianura d’Italia dopo la pianura padana. Proseguendo il viaggio verso sud (nell’entroterra) il Tavoliere sembra passare il testimone alle Murge, un altopiano carsico di forma rettangolare: il nome deriva dalla parola latina ‘murex’, che significa muro a secco. Il paesaggio sembra uscito da un film americano dove le strade, dritte ed infinite, attraversano uno sterminato deserto rocNOTIZIE BREVI 25 cioso. Se si fa tappa in questa zona, visita obbligata è Castel del Monte, capolavoro unico dell’architettura medievale, che fu fatto costruire da Federico II di Svevia intorno al 1240. Per le sue caratteristiche di unicità l’Unesco l’ha inserito, nel 1996, nel patrimonio mondiale dell’umanità. Universalmente noto per la sua inconfondibile forma ottagonale, per le suggestioni simboliche e per essere - a detta di molti - il più misterioso tra gli edifici commissionati da Federico II di Svevia. Ma ecco, puntando a sud-est, la Valle d’Itria. Lo scenario muta completamente: la strada si insinua tra dolci colline circondate di olivi e vigneti. I cartelli stra- dali invitano a visitare località ormai famosissime: Alberobello, Locorotondo, Martina Franca, Cisternino, Ostuni e Ceglie Messapica. Alberobello con i suoi trulli, dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco, è davvero una cartolina con gli immancabili giapponesi pronti a fotografare ogni minimo particolare di questa singolare architettura. La Città Bianca, Ostuni è un labirinto di vicoli, stradine e cortili arrampicati su una collina che, nelle giornate più belle, abbaglia per il riflesso del sole sull’intonaco bianchissimo delle case e dei muri. Un sapiente lavoro di recupero e valorizzazione storica della città ha fatto di questo paese un fiore all’occhiello del turismo pugliese. Cisternino, invece, importante centro di origine messapica, si affaccia per un versante sulla Valle d’Itria e per l’altro sulla costa. I Messapi furono un antico popolo che abitò il Salento ancor prima dei greci e dei romani. Di estate le sue corti si animano ed è possibile gustare grigliate di carne nei suoi vicoli o nelle piazzette sotto il cielo stellato. Martina Franca, con il suo Festival della Valle d’Itria giunto ormai alla trentesima edizione, avvicina i giovani al mondo del teatro Angoli di Puglia, sopra: stradina di chianca e mare incontaminato. Sotto da sinistra: Castel del Monte, vista panoramica di Ostuni. Nella pagina accanto: antica residenza nobiliare e veduta di Santa Maria di Leuca. musicale. Il progetto trova un’entusiasta partecipazione dei molti turisti che partecipano sempre più numerosi a questa kermesse estiva. Rimaniamo ancora un po’ sul versante occidentale e nei pressi di Brindisi troviamo una delle oasi naturalistiche protette di maggior interesse d’Italia: Torre Guaceto, che prende il nome proprio dalla torre di guardia che si erge sul punto più esposto della baia. Torre Guaceto è stata nei secoli un costante punto di riferimento per chi, arrivando in nave dai porti del Sud del Mediterraneo, cercava acqua dolce ed un approdo sicuro e ben protetto dai venti. Di notevole interesse sono i reperti archeologici di arte micenea, messapica e numerose testimonianze dell’età del Bronzo, rinvenute nella radura antistante la torre. Il continuo monitoraggio del WWF ha preservato l’aspetto più interessante di questa oasi, infatti colpisce la coesistenza, in un’area ridottissima, di tre ecosistemi diversi che interagiscono tra di loro: la macchia mediterranea, la zona umida e il mare. Nella macchia mediterranea, estesa soprattutto nella zona settentrionale della riserva, troviamo il leccio, il pino d’Aleppo, il ginepro, il lentisco, il cisto nelle sue diverse varietà, il mirto e il timo; sugli scogli invece cresce l’aglio delle isole. Quando soffia il vento di tramontana nell’aria si può apprezzare l’intensità della miscela di questi profumi. Tra gli animali presenti nella macchia, se si è fortunati, si possono incontrare il tasso, di cui si notano facilmente le tane scavate nelle dune, la donnola e la volpe. Nella zona umida, frequentata da un gran numero di uccelli migratori, nidificano l’airone cinerino, la garzetta, la gallinella di mare e il falco di palude. Il mare, popolato da una ricca fauna, è visitato da delfini e dalla tartaruga Caretta. Talvolta al largo si avvistano gruppi di balenottere. A metà strada tra Taranto e Brindisi incontriamo Oria, antico borgo medioevale arrampicato su un colle sovrastato da un antico castello fatto costruire intorno al 1230 da Federico II di Svevia. È ispirandosi a lui che ogni anno, nel secondo fine settimana di agosto, viene organizzato il suggestivo Palio di Oria: oltre quattrocento figuranti in costume d’epoca sfilano lungo le principali vie della cittadina, fastosamente addobbate con i vessilli colorati dei quattro rioni. Attraversiamo la terra della città che ha dato il nome ad un apprezzato vino: Manduria. Con i suoi vigneti del famoso Primitivo, questa cittadina vale una visita (anche) per il Museo della Civiltà del Vino Primitivo, ubicato all’interno del Consorzio Produttori Vini, in cui, oltre ad assaggiare le varie tipologie di prodotto, è possibile conoscere la tradizione contadina attraverso gli oggetti di vita quotidiana e gli attrezzi di lavoro. Da Manduria il viaggio prosegue a sud costeggiando il mare (splendido) e le dune sabbiose che spesso sembrano volerlo nascondere, quasi proteggere. Fino a raggiungere una tappa obbligata per chi si spinge fino a qui: Gallipoli, la citta bella. Gallipoli giace su un isolotto collegato alla terraferma da un antico ponte in muratura. La città vecchia, così è chiamata la parte che occupa l’isolotto, è circonda Punta della Suina. Aperitivo mozzafiato Punta della Suina è una splendida spiaggia a due chilometri a sud di Gallipoli: un angolo di natura suggestiva in cui una rigogliosa pineta abbraccia un mare spettacolare con una costa in parte sabbiosa ed in parte rocciosa. L’affollatissimo chiringuito, il bar attrezzato che guarda il mare, è l’ambiente ideale per i giovani e per tutti coloro che amano la buona musica, (soprattutto house, ambient e chill-out) scelta direttamente dal deejay. Immancabile è il drink del tramonto guardando in lontananza la costa gallipolina. La località è raggiungibile percorrendo il lungomare di Gallipoli direzione sud, subito dopo la zona dei grandi alberghi. ta da possenti mura di cinta che in passato la difendevano dagli attacchi nemici: flotte di navi turche in primo luogo. Quelle stesse mura oggi ospitano molti locali alla moda che permettono di godere di un panorama mozzafiato, soprattutto al tramonto, con l’immancabile aperitivo. La Puglia è una regione che guarda ad est, ad oriente. Una terra che nei secoli è stata crocevia di diversi popoli e che per prima ha visto i barconi dei disperati che fuggivano dall’Albania alla caduta del Muro, nel 1989. Riprendendo il viaggio alla scoperta di questa ‘terra di passaggio’, l’ultima tappa non poteva che essere Otranto, la città italiana più esposta a oriente. Tante le popolazioni che si sono succedute in quest’area: dai messapi prima, ai greci dopo, fino ai romani. L’importanza del suo porto le fece assumere il ruolo di vero e proprio ponte fra oriente e occi- dente. Nel 1480 fu espugnata dai Turchi che fecero strage della popolazione durante la Battaglia di Otranto. Sgozzarono ottocento e più cittadini sul Colle di Minerva per non aver voluto rinnegare la fede cristiana. Sono i Beati Martiri di Otranto da cui la splendida Cattedrale, costruita fra il 1080 e il 1088. I resti di questi coraggiosi si trovano ancora oggi nella navata destra della Cattedrale, in sette grandi armadi a muro. Otranto, per questo evento glorioso, è chiamata anche la ‘città-martire’. La leggenda vuole che camminando vicino alle mura che costeggiano il centro storico di Otranto e guardano al mare si possano sentire echi di voci passate che non vogliono abbandonare quel luogo tanto magico, intriso di storia, quel luogo che per molti è oggi un ponte tra il passato e il presente. Il Barocco nel Salento Lecce è il Capoluogo del Salento, estrema regione meridionale della Puglia. Chiamata ‘La Firenze del Barocco’, questa bellissima città è ornata di meravigliosi ‘merletti’ di pietra: portali, guglie, colonne e balconi del centro storico colpiscono anche per gli effetti cromatici e assai suggestivi dovuti principalmente all’uso di un particolare materiale da costruzione ‘la pietra leccese’, una pietra dorata, dura, ma allo stesso tempo particolarmente malleabile ai decori. Certamente uno dei simboli della città di Lecce è la Chiesa di Santa Croce (anno 1549), che si trova nelle vicinanze di piazza S.Oronzo, centro e cuore vitale della città, dove campeggia la famosissima colonna di Sant’Oronzo. Vuoi collaborare con la nostra redazione? Scrivi a [email protected] e invia, per questa rubrica, un reportage della tua estate insieme alle immagini più suggestive. I racconti più interessanti saranno pubblicati sui prossimi numeri di Notizie Brevi e su www.donatorisangue.org Le ricette della Puglia Orecchiette broccoletti e triglie Ingredienti per 2 persone: 200 g di semola di grano duro, mezzo bicchiere di acqua, 2 filetti di triglia, 50 g di broccoletti, 1 spicchio d’aglio, mezzo bicchiere di vino bianco, olio e sale. Preparazione: Impastate la semola con l’acqua. Formate dei rotolini e tagliateli in piccoli pezzetti di pasta. Arrotondate i pezzetti ottenuti, formando delle piccole palline. Schiacciate con il pollice per ottenere le orecchiette. Rosolate, con olio e aglio i filetti di triglia, aggiungete i broccoletti sbollentati, bagnate con il vino bianco, salate e cuocete per cinque minuti. Cuocete le orecchiette (cinque minuti circa), scolatele e mantecatele in padella con il sugo e un cucchiaio di olio crudo. Zuppa di cozza alla tarantina Ingredienti per 4 persone: 1 kg di cozze, aglio, peperoncino, 350 g di pomodori, 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva, sale, prezzemolo, crostini di pane integrale. Preparazione: Versate in una larga padella l’olio e in esso fate dorare uno spicchio di aglio schiacciato e un pezzo di peperoncino. Appena l’aglio comincerà a colorirsi, toglietelo insieme al peperoncino e aggiungete i pomodori privati della pelle e dei semi. Condite con poco sale e lasciate cuocere a fuoco vivace per una decina di minuti; aggiungete le cozze (che avrete lavato e fatto aprire al fuoco), insieme al loro sugo accuratamente filtrato. Ultimate la zuppa con una spolverata di prezzemolo e distribuitela nelle scodelle guarnite con crostini di pane. Sardine ‘arracanate’ Ingredienti per 4 persone: 800 kg di alici fresche, 100 g di pane raffermo, prezzemolo, aglio, olio extravergine d’oliva, sale e pepe. Preparazione: Spinate e lavate le alici. Disponetele in una tortiera con poco olio, cospargetele con un trito di aglio e prezzemolo e ricopritele con il pane raffermo sbriciolato. Aggiungete un filo d’olio e formate con gli stessi ingredienti un altro strato. Mettete poi la tortiera in forno e fate cuocere a 180º C fino a quando la superficie della preparazione non sarà ben dorata. Servite le alici calde. 28 NOTIZIE BREVI parliamo di noi Quando donare il sangue non basta... Continua l’appuntamento con i nostri donatori ‘illustri’. È la volta del signor Angiolino Candreva. Donatore affezionato, si è distinto negli anni per averci portato tanti donatori e per aver contribuito attivamente alla diffusione della cultura della donazione. Ve lo presentiamo con orgoglio e gratitudine Signor Candreva cosa fa nella vita? Sono Ispettore Capo di polizia penitenziaria presso il carcere di San Vittore a Milano. Come cittadino occupa un ruolo importante per la città di Milano, come uomo ha scelto di essere donatore, occupando allo stesso modo un ruolo importante per la salute della collettività. Ma perché ha scelto proprio il nostro Centro? La storia che mi ha portato a diventare donatore presso questo Centro è curiosa. Volevo donare il sangue già da qualche tempo. Una mattina ero solo e libero da impegni, sia familiari che lavorativi, determinato a compiere questo passo. Avevo saputo che in piazza Duomo c’era la possibilità di donare, mi sono recato nei pressi del Duomo, ma una volta lì, ho costato con dispiacere che la postazione di prelievo di sangue era chiusa. Avevo deciso che quel giorno, il 9 luglio del 2005, sarebbe stato il mio primo giorno da donatore e sapendo che vicino al centro di Milano si trovava il Policlinico, e che era attivo un centro di donazione del sangue, ho deciso di non darmi per vinto e mi ci sono recato. Non vi conoscevo personalmente e la mia prima esperienza presso di voi è stata aiutata dal caso oltre che dalla mia forte motivazione a divenire donatore. Devo ammettere di essermi sentito subito a mio agio e ben accolto, così sono diventato un donatore abituale presso il Centro trasfusionale del Policlinico. Ma lei, oltre a donare personalmente, si impegna quotidianamente per promuovere la cultura della donazione. La sua attività lavorativa quanto ha inciso in questa scelta? In realtà non credo che il fatto di lavorare presso il carcere abbia influito coscientemente su questa scelta, pensandoci meglio credo che siano stati eventi personali che mi hanno sensibilizzato all’argomento della donazione. Lei ci ha portato tanti donatori, tanti colleghi, ma quali argomenti usa per promuovere la donazione? Quale è il suo segreto? Utilizzo uno slogan in cui credo molto, che ho fatto mio quel giorno di luglio del 2005, quando per la prima volta mi sono avvicinato alla donazione di sangue: ‘è bello dare ma è bello anche ricevere’. Mi spiego meglio, io mi sono sentito accolto da questo Centro, oltre che per tutti controlli medici periodici sulla salute che offrite ai donatori, soprattutto per i programmi di prevenzione a cui i donatori possono accedere. Noi agenti di polizia penitenziaria non abbiamo accesso a questi servizi all’interno del nostro reparto ospedaliero. Quindi posso dire che questa opportunità ha senz’altro condizionato inizialmente la scelta del vostro Centro. In seguito, la qualità riscontrata è stata una conferma che la scelta operata era quella giusta. Devo ammettere che a volte temo che il mio grado di ispettore possa influenzare i miei colleghi più giovani, che possano quindi sentirsi in dovere di venire a donare il sangue, solo perché l’ho detto io, allora cerco sempre di accertarmi che la loro scelta sia dettata da una convinzione personale. Che messaggio vorrebbe dare ai giovani, per avvicinarli al mondo della donazione? Il mio consiglio è quello di avvicinarsi al mondo degli ospedali, di conoscere la realtà di chi ha bisogno, di conoscere il processo trasparente di donazione e assegnazione del sangue e poi riflettere: la società è costruita da persone che possono contribuire a renderla anche migliore di com’è oggi. E i giovani sono il nostro futuro. Bene, allora cosa aggiungere d’altro di più bello e importante! Chiudiamo questa intervista ringraziando il signor Candreva, sperando che molti giovani e meno giovani accolgano il suo appello. intervista di Stefania Rosati NOTIZIE BREVI 29 caro ‘Brevi’ ti scrivo In ricordo di Franco Stucchi Un vostro donatore il giorno 30 marzo 2008 ci ha lasciati e non potrà più aiutare i malati dell’ospedale. Lui era la Vita con la V maiuscola, allegro, gioioso, semplice, buono, fiducioso, curioso di mille novità e con l’entusiasmo di voler imparare e conoscere tutto. Questo l’ha portato ad avere mille hobby, a goderli e a insegnarli agli amici... tantissimi, e fra questi molti li ha portati al vostro Centro trasfusionale. Aveva una personalità splendida e ovunque andasse non si poteva non notarlo e non amarlo, non si alterava mai e trovava sempre il lato positivo in tutte le cose anche se la vita con lui non era stata tanto tenera. Pronto ad aiutare chi fosse in difficoltà, altruista, sincero, solare, non era un uomo qualsiasi, forse realmente era un angelo... era Franco Stucchi e non si potrà mai dimenticare! sua moglie Pubblichiamo con cordoglio la lettera della signora Stucchi. A lei e alla famiglia Stucchi va il nostro affetto e la nostra gratitudine ma soprattutto la riconoscenza di tutti quei pazienti che hanno ricevuto il sangue donato da suo marito. Confetti bianchi al Centro Un ‘AMICO’ del Centro Dopo anni di onorato servizio Giusy Amico è andata in pensione e il 20 marzo tutti i suoi ‘ragazzi’ del Centro le hanno fatto festa per ringraziarla della dedizione al lavoro. Le parole del dottor Rebulla hanno dato il via alla festa. I colleghi l’hanno voluta festeggiare con affetto e con doni: un porta oggetti in argento e un mazzo di fiori. Infine una maglietta personalizzata della sua squadra del cuore che ha commosso Giusy e tutti quelli che in questi anni hanno avuto la ‘fortuna’ di lavorare con lei. Rimarrai sempre un ‘AMICO’ per tutti noi. (r.b.) Chi in questo periodo è venuto al Centro avrà notato l’agitazione del nostro portiere Walter. L’agitazione non era dovuta al lavoro, ma al fatto che si è sposata sua figlia Fabiana, che svolge il suo lavoro di segreteria presso il Dipartimento Trapianti della nostra Fondazione. Fabiana e Francesco si sono sposati il 26 aprile e sono volati in viaggio di nozze in Messico. Tutti i suoi colleghi e le persone con cui collabora festeggiano con loro il lieto evento con l’augurio di una felice vita matrimoniale. (r.b.) Direttore responsabile Girolamo Sirchia Direttore scientifico Anna Parravicini Responsabile editoriale Eloisa Consales Progetto grafico e impaginazione Daniela Graia, Maria Laurora Comitato di redazione Elena Benazzi, Giovanna Cremonesi, Maurizio Marconi, Giorgio Marmiroli, Paolo Rebulla, Luca Tafuni, Antonietta Villa Hanno collaborato Roberto Balarini, Luisa Calcagno, Alberto Comazzi, Maria De Rosa, Susanna Esposito, Vincenzo Magagna, Lucia Perego, Stefania Rosati, Cosimo Santoro, Laura Spinardi, Ivo Tarantino, Francesco Zanuso Una colonna del Centro Silvana Alberti infermiera colonna dell’accettazione ha festeggiato in questi giorni il suo... ennesimo compleanno. Quanti ne ha fatti?? tanti tanti e se non possiamo dirli per la legge della privacy possiamo dire che ne ha 30 per gamba! Il nucleo storico del Centro ha festeggiato in una serata piena di amicizia e allegria Silvana regalandole un mazzo di fiori, un quadretto commemorativo e una tecnologica macchina fotografica digitale. Per sostituire la sua macchina fotografica antica... auguri di cuore Silvana! (r.b.) 30 NOTIZIE BREVI Fotografie Lucia Perego, Luca Tafuni Pubblicazione trimestrale gratuita dell’Associazione Amici del Policlinico e della Mangiagalli Donatori di Sangue, di ADISCO Sez. Lombarda e del Centro Trasfusionale e di Immunoematologia della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano Copie distribuite: 30.000 Aut. Trib. Milano n. 335 del 4-9-1982 Stampa e fotolito Bine Editore s.r.l. - Milano Copyright del Centro Trasfusionale della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano Editore Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione anche parziale effettuata con qualsiasi mezzo sia elettronico sia meccanico (compresa fotocopiatura e ogni altro sistema di riproduzione) se non dietro autorizzazione scritta dell’Editore Centro Trasfusionale della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano Editore - via Francesco Sforza, 35 - 20122 Milano Appuntamenti Donatori ugno Sabato 14 gi Donor Day Word Blood diale on M a Giornat di Sangue i or at on D i de 0 alle 19.30 dalle ore 17.3 ni ione Marango Giardino padigl le na io Centro trasfus 04 T. 02 5503 62 angue.org is or at on www.d Ricerca e Cura Casi clinici in scena edizione 2008 > martedì 17 giugno L’Ospedale che vorre mm o Aula Magna Università degli Studi di Milano via Festa del Perdono ,7 dalle ore 18.00 alle 20 .00 Ingresso libero www.policlinico.mi.it Donatori Domenica 28 settemb re Porte apert e al Centro tra sfusionale per donare il sangue (previo app untamento) dalle ore 8.3 0 alle 12.30 T. 02 5503 43 www.dona 06/ 4102 torisangue .org ADISCO ttembre Sabato 27 se settembre 28 a ic en Dom Floralia a S. Marco Sagrato Chies Milano 89 T. 02 5503 43 ricerca ricerca e cura Sede Università degli Studi di Milano Aula Magna via Festa del Perdono, 7 ingresso libero casi clinici in scena edizione 2008 a cura di Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena Università degli Studi di Milano - Facoltà di Medicina e Chirurgia martedì 17 giugno 2008, ore 18.00 L’ospedale che vorremmo Partecipano Ferruccio Bonino*, Direttore Scientifico Giovanni Oggioni, Direttore del Settore Pianificazione Urbanistica Generale, Comune di Milano Michelangelo Tagliaferri, Sociologo, Presidente Accademia di Comunicazione - Milano Basilio Tiso*, Responsabile Direzione Medica di Presidio Mangiagalli e Regina Elena Per informazioni Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena Ufficio Comunicazione Tel 02 5503 4514 / 4001 [email protected] Carlo Tognoli*, Presidente Emilio Trabucchi, Presidente Azienda di Servizi alla Persona Pio Albergo Trivulzio - Milano *Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena Con la partecipazione di straordinaria di Mita Medici