MENSILE N.4 APRILE 2014 € 3,50
fondazione ente™
dello spettacolo
Speciale
LA GRANDE
GUERRA
SENTIERI
SELVAGGI
Il maestro Ermanno Olmi
ricorda il centenario
con “torneranno i prati”
Dalla storia vera di
Robyn Davidson,
l’incredibile avventura
di Mia Wasikowska
in Tracks
ANTEPRIMA
Il nuovo e
coloratissimo
Rio 2 ci porta in
Amazzonia. Con
una sfumatura
thriller
NOAH
Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003
(conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano
Russell Crowe
è il Noah di
Darren
Aronofsky
Hollywood riscopre
il kolossal biblico.
E riparte con l’Arca
PER VISUALIZZARE I CONTENUTI EXTRA SCARICA L'APP DI AR-CODE
E INQUADRA LA COPERTINA O LA LOCANDINA DEL FLIM
L A G R A N D E C O N V E N T I O N D E L L’ I N D U S T R I A
RICCIONE 014
Q U A R T A
UNA PRODUZIONE DI
E D I Z I O N E
ISCRIVITI ENTRO IL 23 APRILE E
C I N E M AT O G R A F I C A
Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche
Audiovisive e Multimediali
Le presentazioni dei listini delle società di distribuzione
Le proposte tecnologiche dell’area espositiva del Trade Show
Le anteprime e le anticipazioni dei prossimi film in uscita
I workshop e i convegni formativi
Le premiazioni e gli eventi speciali
Gli incontri con i protagonisti del cinema italiano e tanto altro!
Palacongressi di Riccione
30 GIUGNO - 3 LUGLIO
www.cinegiornate.it
“Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto…”
per gentile concessione del Centro Sperimentale di Cinematografia
SEGRETERIA
ESPOSITIVA
L’ACCREDITO È SCONTATO DEL 50%
© 2014 RAI CINEMA. TUTTI I DIRITTI RISERVATI.
R
EGAL
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Ù
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IN
IL CINEMA E’ SENZA CANONE
SOLO CON CHILI
© 2014 WARNER BROS. ENTERTAINMENT INC. ALL RIGHTS RESERVED.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Punti di vista
Nuova serie - Anno 83 n. 4 aprile 2014
In copertina Russell Crowe in Noah
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La colomba, dopo il diluvio
DIRETTORE RESPONSABILE
Ivan Maffeis
1oQ iQJUoVViamo lH ²la di quanti, arroccati su posizioni ideologiche,
invocano la censura e la condanna senza appello. Non ci appassiona
nemmeno la ricerca di un’ispirazione biblico-religiosa dietro gli effetti
VSHFLDOLO¬HVLEL]LRQHGLIRU]DHJOLHOHPHQWLFDWDVWUR²VWLFLVXFXLVROFD
l’arca di Noah. Nonostante l’improbabile tentativo di trasformare Papa
)UDQFHVFRQHOODFRORPEDGDOODWHQHUDIRJOLDG¬XOLYRQHOEHFFRLO²OP
di Darren Aronofsky con Russell Crowe rimane un kolossal epico sul
GLOXYLRXQLYHUVDOH3LXWWRVWRXQ²ORFRQJLXQJHLO0RQWH$UDUDWDOOD
Foresta Amazzonica, dove due colorati pappagalli sono i protagonisti
del sequel d’animazione Rio 2; passa, quindi, per i grattacieli di New
York (The Amazing Spider-Man 2) e scende
QHOOHSURIRQGLWjGHOO¬2FHDQR3DFL²FRGodzilla).
Disegna una natura violentata dai veleni della
chimica e dalle radiazioni del nucleare, oltre che
GDPRQWDJQHGLUL²XWLXQDQDWXUDGHSUHGDWD
dall’assenza del senso del limite e, perciò, della
giustizia; una natura impegnata ad abbattersi
VXOO¬XRPRDO²QHGLDQQHJDUQHLOGHJUDGRHOD
corruzione morale.
CAPOREDATTORE
Marina Sanna
REDAZIONE
Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio
Sammarco
CONTATTI
[email protected]
ART DIRECTOR
Alessandro Palmieri
HANNO COLLABORATO
Angela Bosetto, Orio Caldiron, Gianluigi
Ceccarelli, Andrea Chimento, Silvio Danese,
Alessandro De Simone, Bruno Fornara, Antonio
)XFLWR0LULDP0DXWL0DVVLPR0RQWHOHRQH
)UDQFR0RQWLQL0DWWLD3DVTXLQL/XFD3HOOHJULQL
$QJHOD3UXGHQ]L0DQXHOD3LQHWWL0DUFR6SDJQROL
REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA
N. 380 del 25 luglio 1986
Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007
STAMPA
7LSRJUD²D6753UHVV6UO9LD&DUSL
3RPH]LD50
Finita di stampare nel mese di marzo 2014
MARKETING E ADVERTISING
(XUHND6UO9LD/6RGHULQL0LODQR
Tel. 02-83427030 Fax: 02-83427032 Cell. 335-5428.710
e-mail: [email protected]
DISTRIBUTORE ESCLUSIVO
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ABBONAMENTI
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C/C 80950827 - Intestato a Fondazione Ente dello Spettacolo
PER ABBONARSI
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Tel. 06.96.519.200
PROPRIETA’ ED EDITORE
PRESIDENTE
Ivan Maffeis
DIRETTORE
Il regista di
Noah, Darren
Aronofsky.
Una scena di
Father and Son
di Hirokazu
Koreeda
,l ²lo, però, s’ingarbuglia rapidamente.
,QVHULWLDGDUWHLQ²OPGLODUJRFRQVXPR
questi grandi temi raccolgono infatti un
consenso plebiscitario, ma che ci si guarda dal
FRPSURPHWWHUHFRQSURSRVWHGLUL³HVVLRQH
critica. L’approfondimento è sostituito da spot
ingenui, che evitano il confronto tra gli stili di vita
e le loro contraddizioni; slogan scontati, che non
chiedono conversione ecologica né sollecitano
terapie complessive. Eventuali soluzioni
sono delegate all’intervento straordinario e disastroso del divino o
lasciate all’iniziativa meritoria del singolo, inevitabilmente settoriale e
frammentaria. Probabilmente sarebbe troppo attendersi dall’industria
hollywoodiana una lettura meno infantile, che susciti motivazioni capaci
GLUHQGHUHGHVLGHUDELOHHLQ²QHSRVVLELOHXQDFLYLOWjHFRORJLFDPHQWH
sostenibile. La frontiera è culturale e vive di una nuova sapienza sociale.
Antonio Urrata
8)),&,267$03$
uf²[email protected]
&2081,&$=,21((69,/8332
Franco Conta - [email protected]
&225',1$0(1726(*5(7(5,$
Marisa Meoni - [email protected]
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
9LD$XUHOLD5RPD
Tel. 06.96.519.200 - Fax 06.96.519.220
[email protected]
Per qualcuno può comportare la rinuncia, l’uscita dal rumore e la
sobrietà del viaggio, attraverso deserti tanto reali quanto, e soprattutto,
interiori (Tracks). Più comunemente – ma il percorso è altrettanto
arduo – basterebbe lasciarsi provocare da opere come Father and Son,
²QRDULDSSURSULDUFLQRLDGXOWLGHOODFDSDFLWjGLJXDUGDUHLOPRQGRFRQ
gli occhi di un bambino.
$OORUD§JUD]LH0DHVWUR§©torneranno i prati”.
Associato all’USPI
Unione Stampa - Periodica Italiana
Iniziativa realizzata con il contributo della
'LUH]LRQH*HQHUDOH&LQHPD0LQLVWHURSHUL
Beni e le Attività Culturali
La testata fruisce dei contributi statali diretti
di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
5
SOMMARIO
APRILE 2014
18 Morandini in pillole
34
10 Glamorous
14 Colpo d’occhio
16 Sul set di Olmi
Il regista ci riporta alla
Prima Guerra Mondiale, ma
“torneranno i prati”
18 COVER STORY
E’ l’ora di Noè
Arriva il controverso kolossal di
Aronofsky con Russell Crowe. E
se fosse “solo” un film?
24 Spider-Man ecologista
NEL DESERTO CON MIA
Il secondo episodio della saga
di Marc Webb abbraccia la
causa di “Earth Hour – L’ora
della Terra”
28 Tutti i colori di Rio 2
18
24
Al Future Film Festival e sugli
schermi è Missione Amazzonia
34 Il sentiero giusto
Mia Wasikowska è “la donna
dei cammelli” in Tracks di John
Curran
RUSSELL
CROWE E’
Noah
42 Nymph()maniac
16
46 Alain Resnais
L’ossessione di Lars von Trier
non fa prigionieri
Muore l’uomo, non il cineasta.
Che in Hiroshima mon amour
fuse Neorealismo e Nouvelle
Vague
OLMI “torneranno i prati”
28
The Amazing
Spider-Man 2
46
50 Ritratti
Buon compleanno Shirley
MacLaine: icona di sensualità e
umorismo
53 I ²lm del mese
Recensioni, anteprime, colpi di
fulmine
72 Dvd & Blu-ray
I sogni segreti di Walter Mitty, Il
Trono di Spade 3
78 Borsa del cinema
BLU, DIPINTO DI BLU
Hiroshima mon amour
80 Libri
82 Colonne sonore
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
7
0RUDQGLQLLQSLOOROH
di Morando Morandini
Fine pen[n]a mai
Disraeli, altri tempi
La matematica
non è
un’opinione
quasi
dappertutto,
almeno
nel mondo
europeo
8
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Le bugie - Secondo
un detto attribuito
a Disraeli, ci sono
tre tipi di bugie: le
bugie, le maledette
bugie e le statistiche. Sapete chi era
Benjamin
Disraeli,
conte di BeaconV²HOG " 8Q
politico britannico,
tory (1837), fondatore del movimento
©*LRYDQH ,QJKLOWHUra” di cui espose in
alcuni libri (184445) il programma
GL ©FRQVHUYDWRULVPR
rinnovato”,
aperto
a moderate riforme sociali. Primo ministro nel 1868, poi capo
del Partito conservatore e antagonista del liberale Gladstone,
ancora primo ministro dal 1874 al 1880, emanò misure a favore
delle classi lavoratrici e allargò i domini coloniali dell’impero.
Altri tempi.
Perdono'RYUHLOHJJHUHLOOLEURGL0DVVLPR5HFDOFDWL©1RQq
più come prima - Elogio del perdono nella vita amorosa”. Lo
leggerò la prossima estate, in vacanza.
Italia - La matematica non è un’opinione quasi dappertutto,
almeno nel mondo europeo. Tranne che in Italia.
Talento? - Secondo De Gaulle, il talento è un titolo di responsabilità. Non basta averlo, occorre guadagnarselo.
Pro Fiorentina 9LVWD DO VROLWR EDU OD SDUWLWD GL &RSSD 8HID
Juventus contro Fiorentina (in casa sul mio televisore non ho
6N\½²QLWDFRQXQSDUHJJLRXQRDXQR/D)LRUHQWLQDPHULtava di vincere, non soltanto di pareggiare. Non ho mai visto
una Juve di Conte così svogliata (dopo un goal al terzo minuWRIDOORVDDSSURVVLPDWLYD
Battaglie vinte - Tre battaglie vinte da Amnesty International: 1)
,OPDU]RLO0DU\ODQGqGLYHQWDWRLOƒ6WDWRGHJOL86$FKH
ha abolito la pena di morte; 2) Il 2 aprile 2013 l’assemblea delle
Nazioni Unite ha approvato un trattato che vieterà agli Stati di trasferire armi convenzionali
a chi potrebbe compiere
atti contro l’umanità o di
guerra; 3) Nasrin Sotoudeh, avvocata iraniana,
è stata rimessa in libertà
dopo tre anni di carcere
per le sue posizioni antigovernative.
aprile 2014
VISIONI FORZATE E INDULTI
CRITICI
Dimenticare La grande bellezza.
STOP Dimenticare Paolo Sorrentino.
STOP Dimenticare Toni Servillo.
STOP Dimenticare Fabio Fazio. STOP
Ricordare le recensioni italiane e
straniere de La grande bellezza. STOP
Trovare le differenze nelle recensioni
dello stesso recensore: prima e dopo
i premi a La grande bellezza. STOP
Dimenticare le recensioni italiane e
straniere de La grande bellezza. STOP
Dimenticare l’Oscar, il Golden Globe,
gli EFA e gli altri trofei de La grande
bellezza. STOP Dimenticare la retorica
de La grande bellezza. STOP Non
chiedere al passante: “Scusi, vado
bene per La grande bellezza?”. STOP
Non twittare #La grande bellezza.
STOP Non tradurre La grande bellezza
in The Great Beauty. STOP Ricordare
che “la vita non q un ²lm”, ma lo
stava diventando. STOP Dimenticare
Jep Gambardella. STOP Non allevare
fenicotteri. STOP Non incontrare
giraffe. STOP Non santi²care la
Santa. STOP Ricordare un’amica
profetica a Venezia 2013: “A me non
serve la grande bellezza, mi basta la
bellezza”. STOP Dimenticare l’amica,
non la bellezza. STOP Ricordare
l’amica, e non La grande bellezza.
STOP Dimenticare gli uomini in più,
le conseguenze dell’amore, i posti
che devono essere quelli, gli amici
di famiglia e i divi. STOP Ricordarne
uno, ma non dirlo a nessuno. STOP
Rispondere a chi “Hai visto La grande
bellezza?” - “No, perché era qui?”.
STOP Ricordare che non tutto il bello
vien per nuocere, ma il grande quasi
sempre. STOP Non pensare in grande
e al bello insieme. STOP Pensare in
grande. STOP Pensarsi bello. STOP
Scurdammoce La grande bellezza.
STOP Scurdammoce ‘o passato. STOP
Pensare al futuro. STOP Ripensare
Il futuro. STOP Nooooooooooooooo!
Federico Pontiggia
Ultimissime
U
ltimissime dal pianeta cinema: news e tendenze
glamorous
a cura di Gianluca Arnone
Lo stile di Eva
Il sovraffollato mondo della moda da oggi
ha una griffe in più: Eva Mendes. L’attrice
di origine cubana è solo l’ultima dello star
system a reinventarsi stilista. La Mendes
ha realizzato i capi d’abbigliamento per
il brand New York & Company, ma la
collezione rispecchia pienamente chi l’ha
creata, con la sensualità, lo stile (glam
e casual insieme) e la freschezza che la
contraddistinguono. Unico tributo al must
di stagione: la stampa animalier. Al passo
coi tempi anche i prezzi: da un minimo di 20
dollari ad un massimo di 250 a capo.
10
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
-ared, ³y doZn
Non è che Jared Leto si è montato la testa? L’attore Premio
Oscar ha postato su Instagram questa foto qui, in cui palesa
una sua somiglianza con l’iconogra²a di Gesù. Con tanto di
precisazione: “Solo un paragone esteriore”. Ah, ecco.
Brittany postuma
A quattro anni dalla tragica scomparsa, il 4 aprile arriverà in
alcuni cinema americani Something Wicked, l’ultimo ²lm di
Brittany Murphy. A detta del produttore la performance più
intensa della sua carriera. Quando in Italia?
Christian di nuovo papà
Fiocco nuovo in casa Batman. Christian Bale e la moglie Sandra sono in
attesa del secondo ²glio. Sposati da ben 14 anni, la coppia aveva avuto
una bimba appena 9 mesi fa. Come si dice? L’appetito vien mangiando.
Probabilmente, tra tutte, la parte del papà è quella che gli viene meglio.
Da vampiro a vaccaro
Prima succhiava sangue, ora munge latte. Il
percorso di Robert Pattinson non è poi tanto
diverso da quello di un parassita. Eccolo con le
mucche a Toronto, sul set di Life. L’ex Twilight
interpreta il fotografo-amico di James Dean.
Lasciato a piedi
Guai per Chris Pine. La polizia
neozelandese prima lo arresta per
guida in stato di ebbrezza, poi gli
ritira la patente. Al capitano Kirk
di Star Trek non resta che il timone
dell’Enterprise e una ²guraccia
stellare.
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
11
glamorousNews
Che succede in città? Eventi speciali, digitali,
on stage e live: tutto quello che non puoi e non devi perdere
Il cartellone
Guerre nippo-spaziali
Coriolanus
Dall’autore di Capitan
Harlock, ecco Space
Battleship Yamato
La tragedia di
Shakespeare al National
Theatre di Londra,
con Tom Hiddleston
protagonista. Il 10 aprile
al cinema in lingua
originale sottotitolato in
italiano.
Tratto dal manga di Leiji
0DWVXPRWRDUULYDQHOOHQRVWUH
sale (il 15 e il 16 aprile) la
versione live-action di Space
Battleship Yamato, diretta
GDOORVWHVVR0DWVXPRWRJLj
autore di Capitan Harlock.
Ambientato nel 2199, i terrestri
si trovano a scontrarsi con
una misteriosa razza aliena. La
razza umana è stata costretta a
ritirarsi nel sottosuolo a causa
della radioattività presente in
VXSHU²FLH1HOORVSD]LRLQWDQWR
VLFRQIURQWDQROD³RWWDWHUUHVWUH
e quella del pianeta Gamilas. Il
destino del nostro pianeta è in
mano all’ammiraglio Okita.
Così fan tutte
L’opera in due atti di
Mozart nella versione
di James Levine. In
diretta satellitare
dal Metropolitan di
New York martedì 29
Aprile (19.30). Evento
Microcinema.
Il racconto d’inverno
Christopher Wheeldon
si cimenta con il
suo primo balletto
basato su un’opera di
Shakespeare: in diretta
dal Royal Opera House
il 28 aprile. The Space
Extra.
Due decenni Pulp
Il capolavoro senza tempo di Quentin Tarantino torna in sala
La bohème
Il ritorno di Franco
=ef²relli (8 aprile)
con la grande storia
d’amore pucciniana.
Anita Hartig, Susanna
Phillips e Vittorio
Grigolo protagonisti.
Microcinema.
Otello
In diretta dal Teatro
San Carlo di Napoli
(22 aprile), l’Otello
di Verdi, con regia
di Brockhaus. Marco
Berti tenore, Lianna
Haroutounian soprano.
Microcinema.
12
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
Pulp Fiction 20 anni dopo. Torna
nelle sale un cult generazionale,
l’apripista di un genere, la Palma
d’Oro 1994, il candidato a 7 premi
Oscar, il capolavoro di Tarantino
che rilanciò la carriera di John
Travolta e consacrò una giovane
Uma Thurman. Pulp Fiction è stato
FODVVL²FDWRGDOO¬$PHULFDQ)LOP
,QVWLWXWHFRPHLOƒPLJOLRUJDQJVWHU
movie della storia e tra i primi 100
²OPDPHULFDQLGLVHPSUH
colpo d’occhio
FESTIVAL DEL MESE
a cura di Massimo Monteleone
Da Trento a Bari, passando per Udine
e Firenze, Bologna e Roma
FILM FESTIVAL
1 FUTURE
;9,HGL]LRQHSHUOD
rassegna dedicata alle
nuove tecnologie del cinema
d’animazione. Anteprime ed
eventi speciali, retrospettive
e omaggi a vecchi e nuovi
maestri.
Località Bologna, Italia
Periodo 1-6 aprile
Tel. (051) 2960672
Web IXWXUH²OPIHVWLYDORUJ
Mail I²QIR#IXWXUH²OPIHVWLYDO
org
Resp. Giulietta Fara, Oscar
Cosulich
–
2 RENDEZ-VOUS
APPUNTAMENTO CON IL
NUOVO CINEMA FRANCESE
,9HGL]LRQHGHOIHVWLYDOFKHKD
in programma circa 40 titoli.
3UHYLVWLDQFKH0DVWHUFODVV
incontri e dibattiti. Film di
apertura è Quai d’Orsay di
Tavernier. Il festival prosegue
a Napoli, Bologna, Palermo,
7RULQR0LODQR
Località Roma, Italia
Periodo 2-6 aprile
Tel. (06) 68601203
Web rendezvouscinema
francese.it
Mail muriel.peretti@
diplomatie.gouv.fr
Resp.9DQHVVD7RQQLQL$OL[
Davonneau
3 BIF&ST
9HGL]LRQHGHO%DUL
VENT’ANNI
Il 5 aprile ‘94 Kurt Cobain si toglieva la vita. Il
cinema insegue ancora la sua leggenda
E
ra il 5 aprile 1994 e Kurt
Cobain si sparava in bocca
un colpo di fucile. Aveva
27 anni, come Jimi Hendrix e
-LP0RUULVRQTXDQGRODVFLDURQR
questo mondo per abbracciare
il paradiso triste delle rockstar.
©0HJOLREUXFLDUHLQIUHWWDFKH
svanire a poco a poco”, scrisse
citando Neil Young nell’ultimo
biglietto per l’umanità. E poi
divenne fotina e maglietta, altare e
]RPELHGLPHUFDWR/DSDUROD²QH
però l’aveva scritta prima. 1993,
uscita dell’album In Utero, l’ultimo
registrato in studio dai Nirvana. Il
FUXGHOHHSLWDI²RGLFKLDYHYDGDWR
voce – urlo – a una generazione
di apatici e atipici perdenti in
FDPLFLDGL³DQHOOD*HQWHVHQ]D
14
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
importanza. In Utero è la retronascita. Il rinculo della marea.
/¬RQGDFKHVLULQWDQD/D²QHGHO
sogno, del gioco, delle illusioni.
©1RQRQSRVVRLPEURJOLDUYL
nessuno di voi”, scrisse il suicida
un tragico giorno di 20 anni fa.
Senza neppure chiedere il loro
parere. Erano di nuovo senza
importanza. E senza più culto.
Nemmeno il cinema ha saputo
UHVWLWXLUJOLHQHXQR1RQ9DQ6DQWH
i Last Days di un idiota qualunque.
Neppure Hollywood. Problema
di diritti. La vedova che litiga con
la band di inediti e soldi, inediti
e soldi. E questioni di cuore. La
cine-apologia equivarrebbe alla
medaglia al petto di un disertore.
La tenessero loro. Nevermind. G.A.
DU REEL
6 VISIONS
XX edizione per la
vetrina della produzione
documentaristica di tutto il
mondo, comprese le opere
di studenti e autodidatti. Ha
carattere competitivo.
Località Nyon, Svizzera
Periodo 25 aprile – 3 maggio
Tel. (0041-22) 3654455
Web visionsdureel.ch
Mail [email protected]
Resp. Luciano Barisone
EAST FILM
7 FAR
;9,HGL]LRQHGHOIHVWLYDO
a cura del Centro Espressioni
&LQHPDWRJUD²FKHVXO
cinema dell’Estremo Oriente.
Anteprime internazionali,
omaggi, retrospettive, incontri
con attori e registi, eventi
collaterali.
Località Udine, Italia
Periodo 25 aprile – 3 maggio
Tel. (0432) 299545
Web IDUHDVW²OPFRP
Mail IDUHDVW²OP#FHFXGLQHRUJ
Resp. Sabrina Baracetti
FILM FESTIVAL
8 TRENTO
LXII edizione della più
antica manifestazione a
concorso sull’ambientemontagna, compresi
alpinismo, sport, editoria del
settore e tutela dell’ambiente.
3UHVHQWDGRFH²FWLRQ,O
SDHVHRVSLWHqLO0HVVLFR
International Film Festival.
In concorso lungometraggi,
²OPVWUDQLHULGRFHFRUWL
Retrospettiva dedicata a Gian
0DULD9RORQWp
Località Bari, Italia
Periodo 5-12 aprile
Tel. (06) 37716303
Web bifest.it
Mail segreteria.direzione@
bifest.it
Resp. Felice Laudadio
MIDDLE EAST NOW
4 FILM
9HGL]LRQHGHOIHVWLYDO
GHGLFDWRDO0HGLR2ULHQWH
contemporaneo. In
SURJUDPPD²OPSOXULSUHPLDWL
all’estero, anche di giovani
talenti emergenti, in un
viaggio nei paesi dell’area:
dall’Iran agli Emirati Arabi,
dall’Afghanistan al Kurdistan.
Località Firenze, Italia
Periodo 9-14 aprile
Tel. 338 9868969
Web middleastnow.it
Mail [email protected]
Resp. Lisa Chiari, Roberto
Ruta
RUSSIA
5 N.I.C.E.
;9,,HGL]LRQHSHUOD
manifestazione organizzata
GDO©1HZ,WDOLDQ&LQHPD
Events” di Firenze. In
SURJUDPPD²OPVHOH]LRQDWL
fra le migliori opere italiane
di autori emergenti, gli eventi
speciali riguardano registi
napoletani. Si apre con La
grande bellezza di Sorrentino.
Località 0RVFD6DQ
Pietroburgo, Russia
Periodo 9-18 aprile
Tel. (055) 290393
(riferimento a Firenze)
Web nicefestival.org
Mail [email protected]
Resp.9LYLDQD'HO%LDQFR
Località Trento-Bolzano, Italia
Periodo 24 aprile – 7 maggio
Tel. (0461) 986120
Web trentofestival.it
Mail [email protected]
Resp. Luana Bisesti
DEL CINEMA
9 FESTIVAL
EUROPEO
;9HGL]LRQHGHOOD
manifestazione che prevede
²OPHXURSHLLQOLQJXD
originale e in anteprima
nazionale, presentati
dagli autori. Altre sezioni
sono dedicate ai corti
e ai documentari, alla
FLQHPDWRJUD²DGLXQ3DHVH
GHOO¬DUHD(XUR0HGLWHUUDQHD
ad Omaggi a personalità
internazionali ed italiane
(Bellocchio). Ospita il Premio
0DULR9HUGRQH9HGL]LRQH
Località Lecce, Italia
Periodo 28 aprile – 3 maggio
Tel. (0832) 520355
Web festivaldelcinemaeuropeo.it
Mail info@
festivaldelcinemaeuropeo.it
Resp.$OEHUWR/D0RQLFD
Cristina Soldano
PER VISUALIZZARE I CONTENUTI EXTRA
DEL FILM SCARICA L’APP DI AR-CODE
E INQUADRA L’IMMAGINE
sul set
Nel centenario della Grande Guerra “torneranno i prati”. Il Maestro di
Asiago in trincea per raccontare “un atto morale: la disobbedienza”
OLMI VA ALLA
di Federico Pontiggia
A
d Asiago c’era la neve. C’è ancora, 100 anni
dopo, ma “torneranno i prati”. Ermanno
Olmi ne è certo, e passa lo sguardo sulle
ferite delle trincee, leva con i suoi 83 anni la sutura
dell’oblio: “Perché la guerra, perché la più grande
stupidità criminale che l’umanità possa
commettere?”. Freud, Einstein e Olmi, che non ha
mantenuto la promessa: “Non farò più film”. Dopo
Il villaggio di cartone, non s’è fermato: la Prima
Guerra Mondiale, poveri contro poveri. 100 anni fa
erano nelle trincee, guerra di posizione e sangue in
movimento: “Chi meglio di un povero sa che cos’è
la povertà? Italiani e austroungarici si conoscevano,
erano la stessa cosa: poveri, strappati al latifondo,
sulla guerra nemmeno un pensiero. Dovevano farla,
la facevano, e basta”. Niente di nuovo sul fronte,
niente di nuovo in fronte: giovani mandati al
macello, e i loro comandanti che oggi sono
monumenti, pietra e marmo sui piedistalli:
“Bisognerebbe scriverci sotto criminale di guerra”.
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
E allora cinema, allora un altro film, che “quando
vedo quella cosa lì, la macchina da presa, non so
allontanarmi, non ce la faccio”: riprese per otto
settimane sull’Altopiano dei Sette Comuni, set
dalle 4 di pomeriggio alle 4 di notte, temperature a
-10° e cinque metri di neve, due trincee ricostruite
a Val Formica e Val Giardini, gli attori, tra cui
Claudio Santamaria e Alessandro Sperduti, a fare
gli sherpa per portare le attrezzature. E una sola
notte, meglio, un’ora e mezza in una notte piazzata
al “preludio della grande disfatta”: 1917, Caporetto.
I soldati di Olmi devono trovare il posizionamento
migliore per spiare la trincea avversa, gli ordini non
si discutono, il massacro nemmeno, eppure, non
per tutti è signorsìsignore: un ufficiale, l’altro no,
sono in due a disobbedire, facendo “prevalere la
propria coscienza sulle esigenze militari dei
comandi”. Credere, disobbedire e non combattere,
in mezzo “un atto morale che diventa eroicità,
quando lo si paga con la morte”. Olmi non nomina
PACE
i battaglioni, e apre a un “film onirico”, sospeso
nella nebbiolina che arriva fino a oggi: “La
sonnolenza paralizza sul precipizio della tragedia,
la democrazia è calpestata da chi non vota, gli
agnostici, e ora una guerra avrebbe conseguenze
ancora più devastanti ”. E allora che la Storia sia
“maestra di verità”, senza eludere, senza
mistificare: non la storiografia ufficiale, non solo
la letteratura dei Rigoni Stern, i Lussu e i Gadda,
Ermanno ha ripreso negli occhi il padre, che
sull’Altopiano ha combattuto, e il pastore Toni il
Matto, che già aveva raccontato nel
documentario I recuperanti. Ad Asiago c’era la
neve, ma “dopo una disfatta, tutti tornano a casa
loro e dopo un po’ tornerà l’erba sui prati”. Olmi
si illumina, si avvicina e ti prende per mano,
perché se “la guerra è dentro di noi”, la pace sta
nella carezza di un Maestro. Sì, “torneranno i
prati”, e spunterà il suo cinema: guerra alla
guerra, e pace in terra.
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rivista del cinematografo
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chi vince, chi no
COVER STORY
Martin Scorsese e
Leonardo Di Caprio
ancora una volta senza
Oscar. Sotto Jennifer
Lawrence
TIRO CON
L’ARCA
Ebrei, cristiani, musulmani e atei:
impressionante levata di scudi ideologica
contro il Noah di Aronofsky. E se fosse
solo un film?
di Gianluca Arnone
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rivista del cinematografo
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T
UTTA LA QUERELLE intorno
al Noah di Aronofsky potrebbe
ridursi in fondo alla seguente
domanda: è un’opera religiosa
oppure no?
Quesito non marginale, vista l’ondata
d’isteria che si è abbattuta sul film
prima ancora che arrivasse nelle sale:
gli ebrei hanno storto il naso, la destra
cristiana si è indignata, diversi paesi
del Medio Oriente e del nord Africa
hanno deciso di bandirlo (la legge
islamica proibisce di raffigurare i
profeti) e anche tra gli atei razionalisti
non si segnalano salti di gioia. Solo
qualche settimana fa, sulle colonne del
New Yorker, il fisico e astronomo
Lawrence M. Krauss – il cui massimo
sforzo scientifico è compreso nel
seguente enunciato: “Voi non potreste
essere qui se le stelle non fossero
esplose. Dunque dimentica Gesù” –
picconava la recente profusione biblica
del cinema americano affermando che
“La religione, così come la violenza, a
Hollywood dà profitto. Il problema
però è che marginalizza chi invece
considera la religione un mito”.
Insomma, escludendo i
trascendentalisti e i non abramitici,
sono tutti contro Noah.
Se la levata di scudi è
l’incontrovertibile prova di
arroccamenti ideologici, livori
congeniti e pregiudizi teologali (ci si
chiede: può un’opera di
intrattenimento partecipare della
natura divina?), va detto che anche la
strategia promozionale del film non ha
aiutato. Andiamo con ordine.
Il progetto viene annunciato per la
prima volta a ottobre 2011. Si tratta di
una megaproduzione targata
Paramount, con un budget faraonico
(130 milioni di dollari) e un regista
affermato al timone. Una nota dello
studio lo descrive come “un kolossal
epico sul diluvio universale”. Di biblico
al momento neppure la dichiarazione
d’intenti. In questo frangente val la
pena evidenziare la posizione di
Aronofsky che, superando persino lo
scetticismo degli archeologi
antidogmatici (quelli che il diluvio è un
evento realmente accaduto ma
circoscritto nello spazio), definisce il
racconto della Genesi una favola.
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rivista del cinematografo
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COVER STORY
Ray Winstone in
una scena di Noah.
In basso Jennifer
Connelly e Russell
Crowe, a destra
Anthony Hopkins
Chi cerca Dio al cinema
dovrebbe guardare oltre
Hollywood, nel recinto
dei registi europei
Durante il liceo, il regista americano
aveva scritto un poema su Noè, a cui il
film è ispirato non meno che alle
Sacre Scritture: parlando di favola, si
riferiva a quello? Non ci è dato sapere,
di sicuro però lo studio si muove in
tutt’altra direzione, organizzando
screening test per un pubblico Bibleoriented . L’esito non è incoraggiante
e inizia la tribolata vicenda
promozionale di Noah, dove notizie,
illazioni e malizia spesso si
confondono. Ad esempio, la voce
secondo cui Aronofsky avrebbe
rimontato la terza parte del film non è
mai stata confermata. Il che non
esclude che qualcuno ci abbia
effettivamente pensato.
La Paramount d’altro canto converte
quello che può: Noah si fa in 3D (con
prezzo del biglietto maggiorato). La
Paramout battibecca con Variety, la
“bibbia” del cinema (la sorte non
difetta mai d’ironia), rea di aver
pubblicato un sondaggio secondo cui il
98% degli intervistati di un gruppo di
fedeli non nutre alcun interesse verso il
kolossal veterotestamentario,
ritenendosi “non soddisfatto da un film
a tema biblico che sostituisce il
messaggio centrale delle Scritture con
quello creato da Hollywood”. Lo studio
cita dalla sua un contro-sondaggio in
cui si rileva invece un alto indice di
gradimento. Per non farsi mancare
nulla ci si mette anche Russell Crowe nel film è il patriarca – che tampina il
Papa su Twitter pregandolo di visionare
il film. Nel qual caso l’attore australiano
sarebbe disposto a portarglielo di
persona a San Pietro. Ma il Santo Padre,
ricorda il portavoce vaticano, non può
REVIVAL BIBLICO
Dopo Noè, Mosè: già annunciato Exodus di Ridley Scott
Il soggetto di Noah è ampiamente conosciuto ma,
sorprendentemente, poco sfruttato al cinema. La
storia annovera un solo precedente: nel 1928 è la
Warner a portare sul grande schermo il diluvio
universale. Diretto da Michael Curtiz, L’arca di Noè
s’ispira ai Dieci comandamenti di DeMille (1927) “per il
modo in cui combina una parte moderna, ambientata
durante la prima guerra mondiale, e la parte
propriamente biblica” (Davide Zordan, La Bibbia a
Hollywood). Il film conquista il pubblico dell’epoca
per il fascino imperituro della storia, l’audacia
narrativa e la magnificenza spettacolare (memorabile
la scena in cui gli animali ascendono la montagna): il
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rivista del cinematografo
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kolossal biblico conosce la sua consacrazione
definitiva. Del Noé di celluloide però non vi sarà più
traccia. Fino ad oggi. Basterebbe questa lunga
assenza a giustificare la curiosità attorno al progetto
di Aronofsky, ma c’è dell’altro. Più o meno nello stesso
periodo viene annunciato un nuovo adattamento
biblico, Exodus di Ridley Scott, che rievoca la fuga
dall’Egitto degli ebrei, la separazione delle acque del
Mar Rosso, le Tavole della Legge date da Dio a Mosè
sul Monte Sinai. Arca di Noè e Dieci Comandamenti:
fin troppo facile accostarli al dittico di fine anni ’20, in
quella che ha tutta l’aria di una rinascita del kolossal
biblico.
G.A.
essere il testimonial di nessuno. La
parola torna ad Aronofsky che, volendo
gettare acqua sul fuoco, ci ricorda che
l’Arca è fondamentalmente
l’imbarcazione più celebre della storia
dopo il Titanic. Sarebbe facile
ironizzare sui mille iceberg che una
schizofrenica campagna di lancio
potrebbe aver piazzato sulla rotta di
navigazione del film. Invece su una
cosa siamo d’accordo: troppo rumore
per nulla. Possibile che un prodotto
hollywoodiano finisca per diventare il
pretesto di una guerra ideologica?
Vogliamo rassicurare credenti, non
credenti e iconoclasti: i film come Noah
sono a prova di proselitismo, in un
senso o nell’altro. Non servono a
ingrossare le file dei fedeli (per
l’inadeguatezza di ogni trattamento
rispetto alla ricchezza simbolica del
testo sacro), e non piacciono neppure
agli atei (cui viene l’orticaria solo a
sentire nominare la Bibbia). Sono
semmai degni eredi del kolossal biblico
d’antan: “Da DeMille a Curtiz a Huston,
la storia sacra sembra fornire soltanto
occasioni per eventi melodrammatici,
esibizioni forzute ed effetti speciali, più
o meno mirabolanti” (Alessandro
Cappabianca, Il cinema e il sacro). Se
volessimo cercare opere veramente
ispirate dovremmo guardare oltre il
recinto hollywoodiano, nel rigore e nel
dubbio della grande cinematografia
europea, dei Dreyer, dei Bresson, dei
Bergman. Come il Dio dei cristiani
preferisce limitare la propria onnipotenza
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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COVER STORY
BARI IN COSTUME
Emma Watson e
Douglas Booth,
insieme sull'Arca di
Noah
IIl Bif&st 2014 si inaugura con Noah e prosegue con
The Invisible Woman e The Grand Budapest Hotel
Bari ancora una volta capitale del
cinema italiano. E non solo. Ricco
infatti il programma del Bif&st
2014 messo a punto da Felice
Laudadio comprendente la
consueta girandola di film,
incontri, master class, omaggi,
anteprime. Si comincia con
l’apertura affidata a Noah di
Darren Aronofsky, a cui la Rivista
dedica la copertina e queste
pagine, per proseguire con le
altre anteprime di scena al
Petruzzelli: Gigolò per caso di
John Turturro, The Grand Hotel
Budapest di Wes Anderson, The
Other Woman di Nick Cassavetes,
The Invisible Woman di Ralph
Fiennes, Il centenario che saltò
dalla finestra di Felix Herngren,
War Story di Mark Jackson e
L’Amour est un crime parfait di
Arnaud e Jean-Marie Larrieu.
Per il resto, palinsesto vincente
non si cambia. Ecco allora dieci
opere in concorso nella sezione
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rivista del cinematografo
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Panorama internazionale,
giudicate da una giuria popolare
capitanata da Francesco Bruni si segnalano Pas son genre di
Lucas Belvaux, Of Horses and
Men di Benedikt Erlingsson,
Onirica: Field of Dogs di Lech
Majewski e Giraffada di Rani
Massalha. Per chi invece, oltre a
poter recuperare il meglio della
produzione italiana dell’ultima
stagione, volesse sentir parlare di
cinema le lezioni di Sorrentino,
Cristina Comencini, Camilleri,
Bacalov, Gregoretti, Radford.
Altro ancora? Sì, i focus su
Golino, Bobulova, Germano e Leo
nonché gli incontri con gli autori
dei film in cartellone tra i quali
Virzì, Amelio, Papaleo, Veronesi.
E per chiudere in mostra anche
una pietra particolarmente
preziosa, il restauro di Chinatown
di Roman Polanski curato dalla
cineteca di Bologna.
ANGELA PRUDENZI
(per la salvaguardia della libertà) e
manifestarsi da uomo (dentro la storia
dell’incarnazione), così il Dio del cinema
si cela nella quotidianità di vissuti
marginali, nella prosaica enigmaticità
della vita piuttosto che
nell’ostentazione di una teofania
gloriosa. Il kolossal sembrerebbe per
sua natura il genere meno indicato per
istituire un circolo spirituale tra vedere e
mostrare. Il Noah di Aronofsky, non
meno di quello di Curtiz (L’arca di Noè,
1929, ad oggi suo unico predecessore),
è il trionfo della potenza hollywoodiana,
il manifesto del suo primato
tecnologico, del gigantismo produttivo,
del proprio appeal cinestesico. Con i
prodigi digitali del recente cinema
americano, l’attesa è tutta concentrata
sull’esperienza di visione, la sublime
distruttività del diluvio, l’arcana voluttà
della catastrofe. Anche il cast è
importante: Russell Crowe ha muscoli e
sandali come nel Gladiatore, mentre la
Watson è l’orfanella di Harry Potter. Per
il gioco di specchi dell’immaginario, uno
pensa subito al peplum e al fantasy che,
con il cinema catastrofico, costituiscono
i veri modelli di riferimento
dell’operazione. Non ci sarebbe nulla di
male, nessuno si sognerebbe di
chiedere qualcosa di diverso al grande
cinema popolare. Purché non si chieda
a noi di crederlo diverso. Sta scritto
infatti: non si possono servire due
padroni, Dio e mammona.
Il diluvio universale
La location perfetta
“Penso che sia una delle più grandi
storie mai raccontate. Non c’è cultura
al mondo che non abbia sentito
parlare di Noè e molte di loro hanno
una propria narrazione del diluvio. La
ragione per cui nessuno prima d’ora
ha mai provato a portarla sul grande
schermo è che tutto qui è un
miracolo, e sarebbe stato molto
difficile realizzare un progetto simile
prima del 1990.”
“Sono andato in Islanda una volta e
me ne sono innamorato. C’è qualcosa
di primordiale in quella terra. E’ una
terra vergine, che nasce e rinasce
continuamente, con la lava che non
smette di riversarsi. Ho pensato che
forse il mondo a quel tempo era così”.
La scelta degli attori
“La cosa che devi sapere di Russell
Crowe è che molto intelligente, che
devi dargli sempre delle risposte e
che soffre terribilmente gli stupidi.
Jennifer Connelly invece possiede
una grazia senza tempo. E’
assolutamente credibile come moglie
di Noè e come donna dell’epoca. Per
quanto riguarda Logan Lerman,
Douglas Booth ed Emma Watson,
devo dire che non li conoscevo bene,
che non erano neppure nella mia lista
e che mi hanno sorpreso moltissimo.
Per la parte di Matusalemme,
all’inizio volevo ingaggiare una donna
anziana, ma quando mi è venuto in
mente Anthony Hopkins ho avuto la
visione di un vecchio guerriero con la
spada e mi sono ricordato che
Matusalemme ne aveva in effetti una.
Infine, ci sono molti attori che
morirebbero dalla voglia di rifilare un
calcio a Russell. Ma se avessi potuto
sceglierne uno avrei puntato su Ray
Winstone. E così ho fatto”.
Tutti sull’Arca
Costruire una vera arca era essenziale.
Recitare in piedi su dei tronchi, a 20-30
metri da terra aiuta gli attori molto più
che stare davanti al green screen. Certo,
devi decidere come tutto dovrà essere
prima ancora di girare. Scegliere colori,
materiali, grandezza. In definitiva è una
scelta: lo sforzo di costruire qualcosa
contro la conversione digitale di ogni
inquadratura.
Fedeli alla storia
Il film è assolutamente rispettoso del
testo biblico. Ovviamente c’è qualche
interpretazione, perché la vicenda
occupa appena quattro capitoli della
Genesi e Noè non parla mai. Ma siamo
riusciti a realizzare qualcosa che è
allo stesso tempo fantastico e fedele
alla storia. Penso davvero sia il film
perfetto per mettere insieme credenti
e non, stimolando il dialogo”.
G.A.
Darren Aronofsky
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COSE CHE SO
SU NOAH
ottobre 2013
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madre natura
Spider-Man supereroe ecologista.
Ma non è solo, anche l’imminente
Godzilla ha un messaggio:
salviamo il pianeta!
di Angela Bosetto
TERRA
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anteprima
M
OLTI SUPEREROI hanno sostenuto campagne umanitarie, ma nessuno di loro si
era ancora schierato in favore dell’ambiente… sino al nuovo Spider-Man.
Andy Ridley (membro del WWF e ideatore di Earth
Hour) e Jeff Blake (leader della distribuzione Sony
Pictures) hanno stretto un accordo per rendere The
Amazing Spider-Man 2 – Il Potere di Electro (nelle
nostre sale dal 23 aprile) il tramite per veicolare un
importante messaggio: tutti possono esercitare il
proprio potere e diventare supereroi per salvare la
Terra. Sullo schermo l’Uomo Ragno affronta ben tre
avversari (Electro, Rhino e Green Goblin, il cui filo
rosso di collegamento è l’abuso di tecnologia) per
proteggere New York, nella realtà, invece, il suo nemico è un altro, assai più reale e temibile: l’indifferenza circa le sorti del Pianeta.
La spinta ecologista del film è stata tale da bissare, a
livello mediatico, la solita pubblicità fatta di video,
backstage e interviste. Già a partire dalla pre-produzione, la Columbia Pictures (co-finanziatrice insieme
alla Marvel) ha pianificato il film affinché fosse il più
ecocompatibile nella storia dello studio. Poi SpiderMan è stato proclamato ambasciatore ufficiale di
Earth Hour, l’ora a “luci spente” (svoltasi il 29 marzo)
per ridurre l’impatto ambientale. Nel frattempo il regista Marc Webb e i protagonisti della pellicola, Andrew
Garfield (Peter Parker/Spider-Man), Emma Stone
(Gwen Stacy) e Jamie Foxx (Max Dillon/Electro), hanno dato il proprio supporto alla raccolta fondi Earth
Hour Blue e sostenuto individualmente altre iniziative.
Anche il compositore Hans Zimmer, il musicista Pharrell Williams e persino il papà dell’Uomo Ragno Stan
Lee hanno condiviso l’impegno dei colleghi per Earth
Hour attraverso i social media.
Una tale mobilitazione è perfettamente in linea con la filosofia di un personaggio il cui motto è “Da un grande
potere derivano grandi responsabilità”, ma c’è una coincidenza che fa riflettere: dall’inizio del 2014 è tutto un
Jamie Foxx è il
nemico Electro, a
destra invece
Andrew Garfield
con e senza
costume
L’Uomo Ragno è stato proclamato
ambasciatore ufficiale di Earth Hour,
l’ora globale a “luci spente”
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susseguirsi di film (più o meno seri, considerando il divario fra Snowpiercer e Pompei, o peggio ancora Spiders
3D) in cui la Natura si ridesta per punire l’uomo. Adesso
è il turno di Noah (in uscita il 10 aprile) e del reboot di
Godzilla (15 maggio). Se però il primo si inserisce nel filone, tipicamente biblico, in cui il disastro rappresenta l’ira divina che si abbatte contro un’umanità corrotta e
peccatrice, nel secondo il “protagonista” è il simbolo
stesso di ciò che succede quando gli equilibri che regolano l’ecosistema vengono sconvolti attraverso l’uso degenerato di scienza e armi atomiche. Non a caso, nelle
pellicole in cui la Natura violentata genera mostri e devastazioni, c’è sempre qualcuno che pronuncia la frase
che dissero i piloti dell’Enola Gay dopo aver visto gli effetti della bomba sganciata su Hiroshima: “Mio Dio, cosa
abbiamo fatto?” I film apocalittici sono la cartina tornasole della paura primigenia che angoscia la nostra società (ossia bissare il punto di non ritorno), ma finché resta confinata oltre lo schermo ed esagerata per fini
spettacolari, la catastrofe, nella sua irrealtà computerizzata, sembra gestibile e lontana.
Al contrario, la febbre dei “supereroi con superproblemi” ha travalicato i confini cinematografici, televisivi e
cartacei perché mai come nei momenti di crisi il pubblico ha tanto bisogno di esempi da seguire. Forse per
questo un personaggio di fantasia quale l’Uomo Ragno può riuscire laddove mille rapporti (reali) di sensibilizzazione ambientale hanno fallito.
RUSSELL
JENNIFER
RAY
EMMA
LOGAN
CROWE
CONNELLY
WINSTONE
WATSON
LERMAN
UN FILM DI DARREN ARONOFSKY
DIRETTO
DA
DA GIOVEDÌ 10 APRILE AL CINEMA
ANCHE IN
1RDKLOÀOPLW
COLONNA SONORA SU
ETICHETTA NONESUCH RECORDS
E
ANTHONY
HOPKINS
brivido animale
ALTRO CHE
“Divertimento e sfumature thriller
per Rio 2”, promette Carlos
Saldanha. Che ci porta con Blu e
Gioiel in Amazzonia, per una
nuova coloratissima avventura
di Mattia Pasquini
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“MI PIACEREBBE DIRE che ho fatto tutto
io, ma è stato davvero un grande lavoro
di collaborazione”, ammette Carlos Saldanha. Il regista brasiliano ci racconta Rio
2, un film nato da duro lavoro e tanto
caffè. Nel sequel del fortunato e coloratissimo Rio del 2011, tornano Blu e Gioiel,
i due pappagalli protagonisti. Stavolta
genitori, impegnati nel crescere i figli e
nell’affrontare una famiglia che non pensavano tanto ampia. Soprattutto alle prese con la difesa del proprio mondo, dal
pericolo umano e dalla vendetta di un’altra vecchia conoscenza: Nigel, il vecchio
PAPPAGALLI
e malvagio cacatua dalla lunga cresta.
Avevi provato a scappare dal sequel,
eppure eccoci qui!
La regola richiede che tu faccia un sequel se il primo film ha avuto successo,
ma non volevo pensarci, avevo bisogno
di una vacanza. Poi, tutto è venuto naturalmente. Ero proprio in Amazzonia,
dove non ero mai stato prima, quando
mi son venuti a cercare per parlare del
nuovo script e del setting.
Un destino, insomma. Almeno hai potuto studiare l’Amazzonia da vicino.
E’ una regione talmente vasta che ho
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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brivido animale
dovuto combinare elementi reali e
di fantasia e creare una mia propria
Amazzonia. Nella quale chi l’ha visitata potrà riconoscere dei dettagli, bilanciati però con alcuni elementi della
mia cultura - alla quale ho cercato di
rimanere fedele - e universali. Volevo
un posto che fosse un mistero per gli
stessi brasiliani.
Cosa avete inventato per distrarli dai
Mondiali di Calcio?
Dopo i pericoli di estinzione e il traffico illegale di animali del primo, si parla di ambiente; l’Amazzonia come sappiamo è uno dei tanti ecosistemi in
pericoli, come le barriere coralline, e la
storia parla di proteggere il proprio
habitat e conservare la propria specie.
Non abbiamo aggiunto gli Indios perché la storia sarebbe diventata troppo
co m p l i c a t a . E
aveva m o s o l o
due ore...
Cosa succede al
povero Blu?
Pensava di avere
tutto sotto controllo, ma deve
adattarsi e combattere per la
propria famiglia,
più che mai. L’Amazzonia selvaggia non era la sua
idea di casa, e le
reazioni del padre
di Jewel non lo
aiutano. Si allontana, per poi tornare a reclamare i suoi
cari. Questo il succo, al quale poi va aggiunta la ricerca di vendetta di Nigel.
Animali in cattedra, insomma...
Nelle animazioni, gli animali hanno
sempre un grande appeal, puoi stilizzarli e renderli divertenti più dei personaggi umani. E poi a Nigel volevo
dedicare più spazio sin dal primo film.
Era stato sempre uno dei miei preferiti
e io amo i cattivi; le storie funzionano
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se hanno cattivi forti e divertenti insieme.
Gli hai dato un numero musicale importante, pieno di citazioni.
Sì, la sua interpretazione di I Will Surive, nella quale si cita anche Flashdance. Cerchiamo sempre qualcosa di
classico che la gente possa riconoscere, anche forzando un po’ la situazione. Ma il momento che preferisco è
quando Jewel presenta la propria fa-
miglia, il ‘Reunion Moment’: un bel numero musicale dall’energia unica.
Insomma, un altro bel regalo per tutti i bambini!
Per ora siamo stati noi gli unici bambini coinvolti. Qui tutti sono un po’
bambini nel cuore. E il film segue questa filosofia: è un film per famiglie,
non solo per bambini. Se avessi dei
bambini, d’altronde, al cinema vorrei
divertirmi anch’io con loro.
Negli studios di Scrat
Ecco dove nascono i cartoon della Fox: gli animatori de L’Era Glaciale ci aprono le porte
Ci vogliono 40 minuti di auto da Manhattan per
arrivare sulle colline del Connecticut. Ai Blue Sky
Studios, la casa di Robot, Epic e L’Era Glaciale
(come dimostra la statua di Scrat che ci accoglie
all’ingresso), ma soprattutto di Rio. L’avventura di
Blu e Jewel, i pappagalli blu del Brasile, infatti,
continua in Rio 2, del quale abbiamo scoperto i
segreti e il lungo processo dietro la realizzazione
di una animazione tanto ricca e colorata. Si parte
dalla sala di proiezione, dove Art Director,
animatori, disegnatori si alternano a presentarci
le singole scene della nuova avventura,
accompagnandole con i bozzetti ed
evidenziandone gli elementi, musicali e grafici.
Un ‘work in progress’ che approfondiamo con
alcuni dei creativi di questa “comunità”, fondata
su cameratismo, creatività, duro lavoro e “una
fornitura infinita di caffè”. Ognuno (senior,
animatori, junior e temporanei) lavora solo come ci spiega il giovane animatore spagnolo
che ci accompagna - sotto “una rete di
supervisori” che, ricevuto un “kick off” del regista
inizia a dedicarsi all’animazione. Dal ‘Modeling’
che crea i personaggi tridimensionali, al
dipartimento di ‘Rigging’ che fornisce i controlli
per muoverli. Il resto lo fa la “libertà creativa” dei
singoli animatori. Sono loro a dar vita agli
storyboard del colossale scandinavo responsabile
della sezione, Piet Kroon, che ci apre il vaso di
Pandora dei disegni scartati, che non verranno
mai utilizzati per eventuali successivi sequel (“A
volte si fa prima a ridisegnare tutto”, dice), e ci
confessa i suoi sogni di dirigere di nuovo un film
tutto suo (dopo l’Osmosis Jones del 2001). Non
prima di mettersi al lavoro sul prossimo progetto:
#peanutsmovie2015.
M.P.
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brivido animale
Al Future Festival di Bologna l’animazione di Saldanha si
accompagna all’ultimo capolavoro di Miyazaki
P
iù che Future Film Festival
stavolta dovremmo chiamarlo
“Festival des Films du Futur”.
Infatti sono ben quattro le
pellicole d’animazione francesi in concorso a Bologna dall’1 al 6 aprile 2014
per aggiudicarsi il Platinum Grand Prize: My Mommy is in America di Marc
Boréal e Thibaut Chatel, tratta dalla
graphic novel Mia Mamma (è in America, ha conosciuto Buffalo Bill) di Jean
Regnaud ed Émile Bravo (entrambi
ospiti al festival), Aunt Hilda di Jacques-Rémy Girerd, Aya de Yopougon
di Marguerite Abouet e Clement Oubrerie (autori anche dell’omonimo fumetto) e Jasmine di Alain Ughetto. Per
gli Stati Uniti gareggerà Cheatin’ di Bill
Plympton, per il Brasile Rio 2096 di
Luiz Bolognesi (che insieme a Marco
Bechis ha scritto BirdWatchers – La
terra degli uomini rossi, 2008), mentre
toccherà ad Asphalt Watches di Shayne Ehman e Seth Scriver, già passato al
Toronto Film Festival, difendere la bandiera del Canada.
La kermesse, il cui tema portante quest’anno è Futuropolis – Le città del futuro (ambito a cui sarà dedicata un’apposita retrospettiva animata), offrirà
inoltre molto sia nella sezione première
(Rio 2 – Missione Amazzonia di Carlos
Saldanha – ospite anche lui – e Goool!
di Juan José Campanella, il regista de Il
segreto dei suoi occhi), sia nel reparto
fuori concorso, dove, giusto per citare
due titoli, si potranno vedere It’s Such a
Beautiful Day di Don Hertzfeldt e Short
Peace, film in quattro episodi di Katsuhiro Otomo (proprio lui, il creatore di
Akira), Shuhei Morita, Hiroaki Ando e
Hajime Katoki. L’attenzione privilegiata
di cui godono i lungometraggi non deve però far passare in secondo piano il
Future Film Short, la competizione parallela dedicata ai corti, terreno fertile
per ogni possibile sperimentazione artistica.
La ciliegina sulla torta della sedicesima
edizione del Future Film Festival? Ovviamente l’anteprima nazionale di Si alza il vento, l’ultimo assolo del sensei
Hayao Miyazaki, candidato all’Oscar e
presto in Italia grazie a Lucky Red.
La torre di Babele
di Angela Prudenzi
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Foto di Fabio Lovino
Zowart creative agency
Si ringrazia Alessandro Gassman per il suo impegno a favore di Amnesty International
“CON IL 5X1000 SOSTENGO LE CAMPAGNE
DI AMNESTY INTERNATIONAL PER IL RISPETTO
DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO.
È IMPORTANTE, FAI COME ME!”
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sentieri selvaggi
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
Dall’itinerario femminista di Robyn
Davidson al viaggio fantasmatico e
solitario di Mia Wasikowska:
le traiettorie sono cambiate
Ghost
Tracks
di Gianluca Arnone
aprile 2014
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P
UBBLICATO NEL 1977,
nel periodo di piena maturità del road-movie
come dispositivo narrativo e come archetipo
della controcultura,
Tracks di Robyn Davidson è stato un caso letterario in patria. L’autrice, allora poco più che
ventenne, narra un’esperienza ai limiti della sopravvivenza, l’attraversamento dell’outback australiano con la sola compagnia di un cane e quattro cammelli: sette mesi per percorrere 2.700 km di cammino, da Alice
Springs all’Oceano Indiano. Per spiegare le sue
fortune bisognerebbe riassaporare il clima di allora, segnato dalle correnti calde della contestazione e dell’utopia, dell’anticonformismo e della
fuga mistagogica. Ritrovare la bussola di ogni rivoluzionario con la barba lunga e lo zaino in
spalla, seguirne la rotta iniziatica, il viaggio in
moto (e a piedi), itinerario di libertà e protesta,
evaporazione e ritrovamento. Incerto l’orizzonte
nel mirino, vale anche allora l’antico adagio ungarettiano: la meta è partire. Tracks coglieva lo
spirito dei tempi, con la postilla di un’eroina
femminista.
Oggi avrebbe lo stesso successo? Probabilmente no. Il fascino del viaggio? Sbiadito, mistero
dissolto nell’all inclusive del turismo di massa.
Dettagliato nello spazio e previsto nel tempo,
ha perduto pure l’implicita possibilità di perdersi. A smarrirsi per strada sono stati semmai furori libertari e ideali performativi. L’adattamento diretto da John Curran non è però rigurgito
nostalgico. E’ un’operazione che, pur ambientata negli anni del libro e fedele ai suoi fatti, possiede chiara la consapevolezza di uno smottamento epocale, senza l’ossessione della reliquia. Il filmaker americano, da anni trasferitosi
in Australia, incamera il resoconto della Davidson (e il reportage che il National Geographic
Magazine, sponsor dell’impresa, allora le dedicò) nell’esperienza moderna e ne fotografa il
negativo, il desiderio del Vuoto in tempi di
Google Earth e di saturazione di spazi. Eludere
la presenza, la capillarità dei mezzi di comunicazione, il continuo rimpallo sull’altro, l’oggetto,
l’avatar. Curran lo dice apertamente: “Tracks
esprime un’urgenza che molti giovani di oggi
sentono, disconnettersi da un mondo di social
network e telefonini, un mondo fin troppo collegato”.
Il film, interpretato da una brava Mia Wasikowska,
si inoltra nell’arido deserto oceanico con la volontà di perdersi, abbandonare vecchie piste, seguendo le tracce nascoste che portano Altrove.
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Tracks: qui e in
basso alcune scene
del film con Mia
Wasikowska. A
destra il regista
John Curran
Intervista
a John Curran
“Il road-movie? Possibile
solo in Australia.
L’America ha perso la sua
anima”
Quando ha letto il libro per la prima volta
e quando ha capito di poterne trarre un
film?
Conoscevo questo libro da molto tempo.
Alla metà degli anni ‘80 mi sono trasferito
in Australia ed è stato allora che mi sono
imbattuto in Tracks. L’idea di realizzare
qualcosa per il grande schermo è venuta
però al mio produttore, che nel 2000 ha
acquisito i diritti del libro.
A differenza di Mia Wasikowska, che
dall’Australia si è trasferita in America
per lavorare, lei ha fatto un percorso
esattamente inverso. Che cosa l’ha
portata fin lì?
Anche se l’industria cinematografica
australiana è relativamente piccola, la
gente lì è molto accogliente. Basti pensare
che a New York ho quasi esclusivamente
amici australiani.
Era da tempo che volevo girare un film in
Australia.
Sullo schermo
un impulso tutto
contemporaneo: il
desiderio del Vuoto
ai tempi di
Google Earth
Pur essendo ambientato in Australia, il
film si riallaccia a una tradizione
prettamente americana, quella del roadmovie.
Solo se lo si vuole incorniciare in un
genere, perché questa storia appartiene
interamente all’Australia. Il vero
protagonista è il
paesaggio e quello
che vediamo in
Tracks, l’outback,
non lo trovi da
nessun’altra parte
se non in Australia.
In America ambienti
così sono sempre più
rari. E’ un paese
congestionato,
omogeneizzato, è
diventato
dappertutto
identico, da nord
a sud. L’America
ha perso un po’
la sua anima.
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sentieri selvaggi
Il viaggio è uno dei temi più battuti
dal cinema degli anni Settanta,
soprattutto per la sua osmosi con i
movimenti contestatari dell’epoca.
Oggi invece?
Credo che la fuga, l’essere disconnessi
da tutto, rappresenti la vera novità
dell’esperienza moderna. Questa
fantasia di lasciare tutto ha qualcosa di
romantico ed è un tema assai
affascinante per il cinema. E’ vero, non
c’è più il clima ideologico di allora, ma
oggi, se è possibile, questo desiderio di
partire e lasciare tutto è ancora più
forte. Come ha detto Mia, i mezzi di
comunicazione ci hanno rubato
l’imprevisto perché ci costringono a
programmare costantemente il domani.
Mentre nel mio film il deserto ha questo
d’interessante: è uno spazio astratto,
sfugge alle nostre normali consuete. E’
uno spazio imprevedibile. Inoltre,
consente all’osservatore di guardare
senza limiti. E libera lo spettatore
dall’abitudine del vedere.
Dici deserto e pensi al silenzio.
Invece il suo è un film dove la musica
è onnipresente.
All’inizio avevo previsto più silenzio ma
poi mi sono accorto che il film non
andava nella direzione che volevo. Il
problema del deserto è che in certe
giornate di sole esso appare come un
unicum senza contorni, piatto. Perciò
la musica è così importante. Regala al
deserto un riverbero emotivo. Non
credo sia una colonna sonora invasiva.
Ho utilizzato quella che chiamo una
“musica trasparente”, ovvero musica
che ti consente di percepire nitidi i
suoni ambientali.
Pur con tutte le sue fedeltà e le risonanze interiori, il viaggio non ripercorre mai veramente l’itinerario originale della Davidson né quello classico
del road-movie. Abbiamo qui un’eroina che non vuole mettersi in cammino
per dimostrare qualcosa, inseguire
miraggi di libertà, assecondare desideri di auto-affermazione. Lei ha bisogno di andare: non per ritrovare se
stessa, ma per perdersi. Il film poi, alla
maniera di Gravity, esprime un impulso del cinema contemporaneo ad abbandonare il proprio perimetro d’azione per purificarsi, scrollandosi di
dosso il mondo e il suo carico di immagini. Con la monotonia e gli sconfinati paesaggi inabitati, traccia un’autentica esperienza fantomatica, dove
la realtà non viene sostituita dal fantasma - come accade nei social media
e, qui, nei flashback onirici della protagonista - ma si dissolve in giallo,
con i contorni che svaniscono, perdono definizione.
Cromaticamente il giallo è il valore dominante dell’operazione, il colore del
deserto. E’ anche, scriveva Goethe,
quello più prossimo alla luce, luce che
per lo scrittore tedesco è “pura trasparenza”. C’è un’ossessione evanescente in Tracks, una contro-utopia
del Vuoto da non confondere con la
distopia del Nulla (horror vacui). Una
reazione all’incubo della sovrappopolazione e al restringimento dello spazio (secondo le ultime previsioni nel
2040 ci saranno 9 miliardi di esseri
umani sulla terra).
Spazio - la perdita di e la conquista
dello - è il vero tarlo del film e uno dei
temi cinematografici di sicuro avvenire.
Dove indirizzare lo sguardo quando
dappertutto è pieno di immagini? Come sperimentarne uno nuovo? L’arca
perduta è l’Aperto, il possibile oltre il
confine. Quello di Curran è un western
senza cavalli (ci sono i cammelli però)
né indiani cattivi (al loro posto dei pacifici aborigeni). Mia Wasikowska una
bionda John Wayne in gonnella. Percorre i suoi sentieri selvaggi fino all’ultimo respiro. Dove il mondo finisce e la
frontiera è aperta. Avanti cinema.
Trova delle affinità tra la sua Robyn
Davidson e il Christopher McCandless
di Into the Wild?
E’ un paragone interessante, giusto.
Entrambi i personaggi scelgono
consapevolmente di andarsene, staccare
da tutto. Le motivazioni però sono
diverse. Il desiderio di disconnettersi di
Robyn non è totale come quello di Chris.
Lei vuole allontanarsi dalla persone, ma
non fino al punto di non lasciarle più
entrare. Lo vediamo nel rapporto con il
fotografo. Inoltre, sa fin dall’inizio che il
suo viaggio finirà, che poi dovrà tornare.
E’ una tappa di un viaggio più grande. Il
suo arrivo l’inizio di qualcos’altro.
Mia Wasikowska e Adam Driver in una scena del film
GIANLUCA ARNONE
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sentieri selvaggi
C
‘‘
uore rosso”, “Molto lontano”, “Dietro l’oltre”, “Mai-Mai”: questi alcuni dei modi con
cui gli australiani chiamano l’Outback, la
sterminata area semidesertica che attraversa il loro continente. Un luogo ipnotico
senza netti confini geografici, affascinante
e minaccioso, celebrato dai registi nazionali e teatro
di grosse produzioni angloamericane (Sul sentiero del
sole di Leslie Norman, 1957 o I nomadi di Fred Zinnemann, 1960) sin dalla metà del secolo scorso. Un
buon esempio di come sul grande schermo l’Outback
possa essere sia sogno sia incubo è offerto da due
pellicole, presentate all’ultima Mostra di Venezia, che
vedremo quest’anno: Wolf Creek 2 di Greg McLean
(sequel del survival horror da lui diretto nel 2005,
uscito in patria a fine febbraio) e Tracks di John Curran (nelle nostre sale il 24 aprile), dedicato al viaggio
interiore e reale di Robyn Davidson (interpretata da
Mia Wasikowska), la ragazza che nel 1977 attraversò
da sola i deserti del paese. In entrambi i casi, non ci
stupisce che il paesaggio non stia a guardare, ma divenga parte integrante della storia. Lo abbiamo appreso negli anni da film quali Priscilla, la regina del
deserto (1994), Oscar e Lucinda (1997), Holy Smoke –
Fuoco sacro (1999), La dea del ’67 (2000), La gene-
razione rubata (2002), The Tracker (2002), Lucky Miles (2007) e persino dal CGI di Australia (2009).
Eppure all’inizio della sua “carriera” l’Outback era solo
il fondale perfetto con cui fare concorrenza agli USA.
Complice il bandito ottocentesco Ned Kelly, personaggio leggendario che nel 1906 battezzò il neonato
cinema australiano (con Ned Kelly and His Gang e
The Story of the Kelly Gang) e che, molto prima di
avere il volto di Mick Jagger o di Heath Ledger, fu al
centro di tre film diretti da Harry Southwell (The Kelly
Gang, 1920, When the Kellys Were Out, 1923, e When
the Kellys Rode, 1934), negli anni Trenta nacque il
“Meat Pie Western”, ispirato al modello statunitense,
ma ambientato nell’Outback. Meno prolifico, ma assai
più longevo del nostro “Spaghetti Western”, il “Meat
Pie” sopravvive ancora oggi con buone pellicole, tipo
La proposta di John Hillcoat (2005) o Red Hill di Patrick Hughes (2010).
Tuttavia, a tramutare definitivamente l’Outback da
suggestivo panorama in co-protagonista furono quattro titoli degli anni Settanta: il thriller Wake in Fright di
Ted Kotcheff (1971), L’inizio del cammino di Nicolas
Roeg (1971, che riaprì il filone “aborigeno” iniziato da
Charles Chauvel con Jedda, 1955), Picnic ad Hanging
Rock di Peter Weir (1975, che attraverso una natura
Adam Driver è il
fotografo del National
Geographic Magazine
in Tracks di John
Curran
Luogo ipnotico,
affascinante e minaccioso:
lo sterminato deserto
australiano alla conquista
dell’immaginario
Outback mania
di Angela Bosetto
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quasi aliena sonda la frattura fra civiltà borghese e mistero ancestrale) e Interceptor (1979). Piazzando un
giovanissimo e infuriato Mel Gibson alla guida della V8
Interceptor, George Miller non creò solo il personaggio
cult di “Mad” Max Rockatansky (tornato in Interceptor
– Il guerriero della strada, 1981 e in Mad Max – Oltre la
sfera del tuono, 1985), ma dimostrò come le lande australiane potessero sposarsi con altri generi (dalla fantascienza all’horror, dall’action al biker movie), tramutandole nello scenario post-apocalittico per eccellenza. E proprio in ambito apocalittico si inserisce l’imminente thriller The Rover, girato gomito a gomito con i
set di Tracks e Wolf Creek 2.
Il regista David Michôd prende però le distanze da
Mad Max: “Massimo rispetto per Interceptor, ma, per
favore, basta paragoni. Volevo sperimentare un’atmosfera opposta rispetto agli spazi chiusi di Animal Kingdom e l’Outback offre innumerevoli possibilità creative.” Comunque stavolta Miller non può fargli concorrenza ambientale perché le piogge torrenziali hanno
coperto di fiori selvatici il set di Mad Max: Fury Road
(quarto capitolo della saga, con Tom Hardy nel ruolo
che fu di Gibson: uscirà nel 2015), costringendo la
troupe a migrare nella più desolata Namibia. Un cuore
rosso, lontano, enigmatico… e imprevedibile.
All'inizio della
sua "carriera"
era solo il
fondale
perfetto con
cui fare
concorrenza
agli USA
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true lies
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Dal monolite-donna al relitto del destino,
passando per il dialogo che non c’è:
una riflessione sull’ultimo, controverso film del
regista danese, Nymph()maniac
Ossessione
LARS V()N TRIER
di Federico Pontiggia
S
toria di Joe, dall’infanzia ai 50 anni. Storia di Joe, autodiagnosticata ninfomane:
“I’m a nymphomaniac”. Non sex-addicted, perché la vera dipendenza è un’altra, e non c’entra niente con il sesso, né
con lei: è la dipendenza di Lars von Trier
dal cinema, filtrata attraverso il monolite-donna.
Oggetto misterioso, per von Trier inscalfibile, non
permeabile, dunque, maltrattabile. La sua privatapubblica odissea nello spazio-donna continua.
Niente scherzi
Dopo Melancholia, dopo il pianeta-pillola blu che
cancellava la Terra e, forse, la sua depressione, von
Trier ritorna con Nymphomaniac, e non scherza
più, non ricatta il pubblico, non ci “gioca”: film
monstre per durata e (in)confessa monoliticità, al
di là dell’evocativo, subdolo () nel titolo –
Nymph()maniac – penetrarvi non è facile.
Il sesso
Sesso senza sensualità, senza eccitazione, sesso
coazione, estorsione, punizione, sesso e basta, che
entra ed esce da Joe, la sua attrice-feticcio Charlotte Gainsbourg (giovane è la new entry Stacy
Martin), trovata malmenata e incosciente in un vicolo dallo studioso Seligman (Stellan Skarsgard).
La porta a casa, la mette a letto, e Joe (si) racconta, in otto capitoli, 5 per il Volume 1 e 3 per il Volume 2. La scansione della perdita della sua verginità, ovvero, chioserà Seligman, la successione di
Fibonacci.
Perché questo Seligman fa: normalizza, alza, distacca e “digressiona” il racconto di Joe, il suo sesso-fare, trovandovi analogie nella pesca con la
mosca e nella polifonicità di J.S. Bach (Ich Ruf Zu
Dir, Herr Jesu Christ, organo: piede, mano sinistra,
mano destra; organi: amante, amante e l’amante
principe Shia LaBeouf), emendando la visione blasfema della Madonna nell’orgasmo della piccola
Joe, perché non era la Vergine ma Messalina, la
ninfomane per antonomasia, e la puttana di Babilonia, ovvero, riducendo a normalità il “caso Joe”.
La religione
La religione è della partita, e come non potrebbe?
Sì all’antisionismo, non all’antisemitismo, sostiene
Seligman, ovvero, rammenda von Trier dopo il Nazi-choc di Cannes 2012, ma soprattutto la religione cristiana, con la “generalizzazione” che Seligman, contemplando un’icona, fa tra Chiesa Ortodossa e Chiesa Romana Cattolica, ovvero tra felicità e sofferenza, tra gioia e piacere e colpa e dolore. E così il primo capitolo del Volume 2 è “The
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true lies
Eastern and the Western Church (The
Silent Duck)”.
La parabola di Joe
Ma la religione non tiene, come pure la
terapia e il gruppo di auto-aiuto, perché
è Joe a non tenere, in un crescendo:
promiscuità adolescenziale, ragazzi da
farsi a gara con l’amica sul treno, puntando tutto sulla tentazione; onnivoracità, che alla fine anche l’amato Jerome
(LaBeouf) è uno come altri; l’approccio
agli “uomini pericolosi”, due ne(g)ri, con
digressione di Seligman sul politically
correct; l’affidarsi a un sadico asettico
(Jamie Bell), le scudisciate e l’abbando-
director’s cut più sessualmente esplicito
- vuole togliere il sesso al porno e riguadagnarlo al cinema tout court: dopo
Shame, La vita di Adele e Lo sconosciuto del lago, solo per fare qualche titolo,
in barba a Bazin il sesso è cinema, e “cinema per tutti”. Bene o male, è presto a
dirsi: la sottrazione al pornografico è altro modo di racconto o concessione al
pornografico o mero trasferimento del
pornografico su altro “supporto” e ad
altro pubblico?
Verso la trascendenza
Vedremo, ma von Trier è già andato
oltre: Nymph()maniac è ricerca del
Charlotte Gainsbourg e
Stellan Skarsgard in una scena
del film. Pagina precedente,
Lars von Trier
per il sesso è l’amore”, ma l’amore, per
Joe, “è lussuria con gelosia”.
L’intorno della dipendenza
Ebbene, Nymph()maniac sta in mezzo:
lussuria pletorica, amore irraggiungibile,
due parentesi, queste (). L’intorno del
sesso, l’intorno di un cinema, quello di
Lars von Trier, che ha smesso di “prenderci in giro” per prendersi sul serio, con
un rischio, lo stesso di Joe: non trovare
nessuno disposto a mettersi in ascolto, a
capire e dare fiducia. Gli spari sopra sono
per noi? Forse, ma parlare di
Nymph()maniac è imprescindibile: non
per lo “scandalo”, ma per l’inevasa richiesta di dialogo di Joe. Riecheggia un’altra
dipendenza, quella de Il cattivo tenente
di Abel Ferrara, e tornano in mente le
parole di Zoë: “I vampiri sono fortunati.
Si nutrono degli esseri che trovano. Noi
invece divoriamo noi stessi. Dobbiamo
mangiare le nostre gambe per trovare
la forza di camminare. Dobbiamo arrivare per potere andare via. Dobbiamo
succhiarci fino in fondo. Dobbiamo divorarci da soli finché non ci resta
nient’altro che la fame”. Come placarla,
meglio, come colmarla questa fame?
Il relitto del destino
no del figlio; la svolta da passiva ad attiva, ovvero mistress; l’educazione dell’erede; “The Gun”, l’ultimo capitolo, con
“colpo” di scena.
L’ossessione di Lars
E, per ogni scena, la ricerca meccanica,
smorta dell’osceno: sordo, ineluttabile,
servo-padrone insieme, Le onde del destino e Antichrist (entrambi citati), la liberazione sessuale che sfonda prima
nella bulimia, poi nell’anoressia. Ma se
Joe è nympho, maniac è von Trier, ossesso più dell’ossessione della sua Joe,
fesso con raziocinio: “matematic crap”,
Fibonacci e il Faust, Bach, Beethoven e
i Rammstein, la crocifissione del Cristo
e il Rugelach ebraico senza forchetta.
Dunque, dove vuole portarci von Trier?
Innanzitutto - dei due Volumi esiste il
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trascendente in parole, opere e fornicazioni, ricerca dell’assolutezza nell’esibito relativismo, ricerca di un linguaggio, per il cinema e per l’uomo,
che non sia solo coatta selezione e
combinazione, come Joe fa delle sue
“conquiste”.
Nymph()maniac è predominio del fare
(sesso) in assenza del dirsi; anelito del
dialogo in presenza di troppi monologhi; volontà di ricevere dopo troppo
(s)darsi, perché “l’ingrediente segreto
Joe non è un vampiro, Joe è una donna
and it’s a man’s man’s man’s world (tre
uomini, polifonia…), Joe è l’emorroissa e
perde sangue: ma qui non c’è il mantello di Gesù da toccare, non c’è Gesù. Eppure, ed è il punto, l’heideggeriana Gelassenheit, l’abbandono degli intellettualismi, dei tecnicismi di Seligman e
l’abbandono al mistero, a Dio non è forse il verbo irricevibile, meglio, irricevuto
di Joe? Tra tante petite mort, che contengono davvero queste ()? Dopo Le
onde del destino, il relitto del destino e,
forse, un’eterodossa, eretica, (financo
inconscia figura Christi)? Diamo fiducia
a Joe, e vogliamo dare fede a Lars von
Trier? Potremmo, se il “colpo” di scena
non ci rigettasse nel rape revenge movie. E nella Domanda: chi vuole ascoltare Joe?
La vera “addiction” è un'altra e non
c'entra niente con il sesso: è la
dipendenza di Lars von Trier dal cinema
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Accomodatevi
e g o d e te v i
lo spettacolo
Made in Italy
THE COMFORT SHOW
w w w. c i n e a r r e d o i t a l i a . c o m
lezioni di leggerezza
Se n’è andato l’uomo, non il
cineasta: da Hiroshima mon amour
in poi, il suo è lo sguardo di un
autore sempre contemporaneo
Evviva
Resnais
di Silvio Danese
UN FILM COME QUESTO NON L’AVETE
mai visto. Di quanti cineasti possiamo
dire così? Figlio di un farmacista, Alain
Resnais ha raccontato l’emozione della
composizione quando la farmacia si
svuotava e restavano solo due cose: i
barattoli e il silenzio. Parcheggiando con
disco orario la quotazione massima dell’inclito regista secondo i critici, “autore
che sviscera la necessità dell’arte di forzare l’indicibile”, si fa prima ad arrivare a
casa Resnais, un luogo antico della pubertà-adolescenza dove la sperimentazione è un bisogno naturale praticato
con abilità, coraggio e ironia. Quando gira una versione di Fantòmas, a quindici anni, cerca di contraffare l’età dei suoi attori bambini avvicinando la cinepresa alle facce, oltre
ogni ragionevole misura: “Scoprendo
che era una scelta sbagliata ho aiutato
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le mie facoltà critiche, non solo nel cinema”.
Come succede per i poeti nei box delle
antologie scolastiche, sui giornali Resnais viene sezionato e scandito per
periodi: il tema della memoria, nella
prima parte, da Hiroshima mon amour
(1959), a L’anno scorso a Marienbad
(1961), a Muriel. Il tempo del ritorno
(1963), La guerra è finita (1966, per
una sorta di contrario della memoria
nella lotta per il futuro), e Je t’aime, je
t’aime (1968); il periodo dell’analisi
(scettica) del comportamento umano,
da Staviski (1974) a Providence (1977),
Mon oncle d’Amerique (1980) e La vita
è un romanzo (1983), ma dove mettiamo
l’orfismo materialista di L’amour à mort
(1984) è da vedere; e poi via con il terzo
periodo, il teatro filmico che, in congegni a struttura temporale, combina temi
Il capolavoro
del 1959 sarà
di nuovo in
sala grazie
all'iniziativa della
Cineteca di
Bologna
Alain Resnais
(3 giugno 1922 1 marzo 2014)
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lezioni di leggerezza
Due scene di
Hiroshima mon
amour. In alto
Alain Resnais
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e personaggi delle presunte prime
due fasi, da Mélo (1987) all’ultimo Amare, bere, cantare (2014), passando per
Smoking; No Smoking (1993), Parole parole parole (1997), Cuori (2006), dove
Resnais privilegia testi dell’impagabile
Ayckbourn.
Se in questo buio cimitero di titoli accendiamo un fiammifero (pensando
con tristezza: ma ci sono ancora giovani generazioni che cercano i film di Resnais? Poiché altrimenti saranno più
povere), se accendiamo una fiamma, le
opere di Alain Resnais tornano vive intorno a quel fiammifero che le ha generate e le comanda: la morte. Allegria, ma è così. Non è però la mortalità
umanista, classica, ma l’esistenziale fine degli altri in noi, come ci ricordava
già 30 anni fa Marcel Oms di Positiv:
“Nella poetica di Resnais si tratta della
morte come impossibile fine del mondo, in quanto ‘ognuno è anche gli altri’,
interiorizzati e di cui siamo memoria,
ed è l’altro che è mortale in me”. Gli altri in me, dunque la Storia, il mondo
che continua e riceve il tempo. E’ in
questo ragionare del tempo che si è
sviluppata la disarticolazione del racconto nel cinema di Resnais, e così anche la messa in scena teatrale del tempo di molte opere recenti.
Ma la prima. Hiroshima resta l’entrata
spettacolare di un pensiero di cinema
tra il neorealismo e le nouvelle vagues. Quanto sono teneri e ombrosi
questi amanti senza domani in corso
d’immaginazione proprio di quel domani, lo stesso domani che, nella coscienza collettiva, contiene la ricostruzione delle società. “Un’anima piena di
immaginazione è tenera e ombrosa”
scrisse Stendhal in Dell’amore. La speranza d’amore è mai stata così incisa,
così stroncata e rianimata, e così messa in risonanza con la speranza della
Storia? Tu sei Nevers, io sono Hiroshima.
Ancora oggi Hiroshima mon amour lascia un segno di originale tensione
metafisica, di forte impressione di unicità mélo, nel contrasto tra fotografia
e parola, tra il dato e l’immaginato, un
vero romanzo filmico, di disorientante
“indeterminatezza letteraria”. Antonioni che incontra Visconti. Ma è Re
snais.
Perversa ed irresistibile.
LA REPUBBLICA
SELEZIONE UFFICIALE
Un duello d’intelligenza
malizioso e brillante.
IN CONCORSO
FESTIVAL DI CANNES
VARIETY
La Venere di Polanski seduce.
CORRIERE DELLA SERA
EMMANUELLE
MATHIEU
SEIGNER
AMALRIC
VENERE IN PELLICCIA
UN FILM DI
ROMAN POLANSKI
IN VENDITA IN DVD
E BLU-RAY DISC
DAL 17 APRILE
www.01distribution.it
PER VISUALIZZARE I CONTENUTI EXTRA
DEL FILM SCARICA L'APP DI AR-CODE
E INQUADRA L'IMMAGINE
RITRATTI
di Orio Caldiron
Shirley la dolce
Dal debutto con Hitchcock
alla consacrazione con Billy Wilder
e Jack Lemmon: gli 80 anni della MacLaine
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N
Shirley
MacLaine: sopra
in Downton
Abbey, a destra
è Irma la dolce
Non sono molte le attrici che fanno centro
al primo colpo come Shirley MacLaine,
nome d’arte di Shirley Beaty, nata a
Richmond, Virginia, il 24 aprile 1934. Mentre
a Broadway sostituisce la protagonista del
musical The Pajama Game, debutta nel
cinema con Alfred Hitchcock nel ruolo della
stralunata Jennifer Rogers di La congiura
degli innocenti (1955). Nello stesso anno
ruba la scena a Jerry Lewis in Artisti e
modelle, dove è irresistibile quando gli fa la
corte cantando “Enamorada”. Si fa notare
nel personaggio della prostituta di
Qualcuno verrà (1958), il turgido mélo dove
muore tra la folla del luna-park per salvare
Frank Sinatra. Ma anche in quello della
provinciale in cerca di marito a Manhattan
di Tutte le ragazze lo sanno (1959), in bilico
tra estrosa vivacità e ingenua freschezza.
Negli anni sessanta è Billy Wilder che le
offre la grande occasione con il ruolo di
Fran Kubelik di L’appartamento (1960), la
ragazza dell’ascensore in una grande
azienda newyorkese innamorata del capo
del personale Fred MacMurray. Il gioco di
sguardi, timidezze, frustrazioni tra lei e il
contabile Jack Lemmon, che si guadagna la
promozione prestando il suo appartamento
ai dirigenti in vena di scappatelle, fa
finalmente scoccare tra di loro la scintilla
nella notte dell’ultimo dell’anno. Quando lui
le confessa il suo amore, lei gli risponde:
“Taci e dai le carte”. È accanto a Jack
Lemmon anche nel secondo incontro con
Wilder per Irma la dolce (1963). Nello
scenario sgargiante delle Halles ricostruite
in studio poco prima della demolizione, il
personaggio di Irma, la poule dai capelli
rossi e le calze verdi innamorata prima di
Nestor e poi di Lord X senza sapere che
sono la stessa persona, contamina la
commedia con il dramma, la farsa con il
musical per dar vita alla favola dell’amore e
della gelosia, sintonizzata sulle
intermittenze del cuore. La versatilità
dell’interprete – confermata dall’insegnante
travolta dalla calunnia di Quelle due (1961) –
s’impone nell’irriducibile taxi-girl di Sweet
Charity - Una ragazza che voleva essere
amata (1969), il musical ispirato alle
felliniane Notti di Cabiria, dove si scatena al
ritmo di “Where am I Going”.
Si allontana per qualche tempo dal set
dedicandosi alla campagna presidenziale
per i democratici e al reportage televisivo.
Si sprecano i fazzoletti nel suo ritorno sullo
schermo con la madre eccentrica e
invadente di Voglia di tenerezza (1983)
premiata con l’Oscar, che tra lacrime e
sorrisi inaugura una folta galleria di signore
bizzose e irascibili. Dalla madre di Meryl
Streep in Cartoline dall’inferno (1990) alla
nonna di Jennifer Aniston di Vizi di famiglia
(2005) che potrebbe essere stata il modello
della Mrs. Robinson di Il laureato. Sorella
maggiore di Warren Beatty, è stata sposata
con il produttore Steve Parker, da cui ha
avuto la figlia Sachi. Nella sua casa di Santa
Fe, si è inventata un secondo mestiere,
scrivendo l’autobiografia e un gran numero
di libri d’ispirazione new age, venduti in
tutto il mondo in milioni di copie.
Si è inventata un secondo
mestiere, scrivendo
l'autobiografia e libri
d'ispirazione new age
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
51
Vanessa
INCONTRADA
Gabriele
PIGNOTTA
Chiara
FRANCINI
Fabio
AVARO
INNAMORARSI
non è mai stato
così divertente
XQoOPGL
Gabriele
PIGNOTTA
Ti SPOSO ma
non
TROPPO
DAL 17 APRILE AL CINEMA
T
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I TOP 5
54
al Cinema
OTTIMO BUONO SUFFICIENTE MEDIOCRE SCARSO
Father and Son
57
67
One Chance
63
Lovelace
69
Transcendence
The Special Need
58
63
Non dico altro
Piccola patria
60
I fratelli Karamazov
62
Grand Budapest Hotel
54 Father and Son
57 The Special Need
57 Il venditore di medicine
58 Piccola patria
59 I corpi estranei
59 Ti ricordi di me?
60 I fratelli Karamazov
62 Grand Budapest Hotel
63 Lovelace
63 Non dico altro
64 Il centenario che saltò
dalla finestra e scomparve
65 La sedia della felicità
65 Onirica
66 La luna su Torino
67 One Chance
67 Song ‘e Napule
69Preview
Un matrimonio da favola
Transcendence
Ghost Movie 2
Il mondo fino in fondo
Mister Morgan
The English Teacher
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
53
i film del mese
Sono questi
piccoli, non gli
adulti, a rivelare il
mondo
54
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
FATHER AND SON
Si è padri per i legami di sangue o per amore? Koreeda non
ha dubbi, noi nemmeno: siamo figli del suo film
In sala
Regia Koreeda Hirokazu
Con Fukuyama Masaharu,
Ninomija Keita
Genere Drammatico (120’)
Q
uanto sono
impietosi quegli
occhi e quali
scomode verità
balbettano! Fa male a
guardarli. L’inferno è lo
sguardo implorante di un
innocente. Occhi di Keita
(Ninomija Keita: straziante!),
sei anni, pupille umide e
cuore spezzato. Il suo
smarrimento, la nostra
condanna. Questo bambino
non crede ai suoi occhi. La
sua vita è stata ribaltata. E’
bastato un attimo, un
puntiglio burocratico, e il
misfatto originario, quello
scambio di neonati e di
destini, viene ora rivelato.
Ma invece che disincrostare
la verità, vi stende sopra
altra fuliggine. Così stanno
le cose: i figli erroneamente
permutati torneranno alle
loro rispettive famiglie. Il
sangue è sangue. E
pazienza se in mezzo ci
stanno vissuti, abitudini e
affetti consolidati.
I bambini? Se ne faranno
una ragione. Le indicazioni
sono chiare: “Ti somiglia, ti
somiglierà sempre di più: è
una questione di
discendenza”, dice il nonno
di Keita al figlio, quando
l’affare – dar via il piccolo
che ha tirato su per anni per
riavere indietro il suo erede
legittimo – inizia a puzzare.
Davvero un padre è tale per
i legami di sangue? La
nonna è perentoria: “Conta
chi ti educa” . Vale il tempo
che si dedica ai propri figli,
non la legge genetica.
Essere padre (come
suggerisce il titolo
giapponese: Soshite Chichi
ni Naru) non è un ottuso
certificato biologico.
Nel magnifico film di
Koreeda, Premio della
Giuria a Cannes 2013, le
donne sono infinitamente
più lucide dei loro mariti ma
anche troppo sottomesse. E
anche questo è un dettaglio
non trascurabile.
La società, lo Stato, la
tradizione, gli uomini, sono
quello che sono, imperfetti
e spesso miserrimi, non c’è
molto da fare. Ma davanti a
quegli occhi lì crolla tutto. Il
regista giapponese azzarda
un rischioso ribaltamento
prospettico: sono questi
piccoli a rivelare il mondo,
riportandolo alla sua
purezza originaria. Le
complicazioni sono roba da
adulti. Rassegniamoci, pure
a costo di sembrare naif:
quegli occhi che ci
guardano, ci interpellano, ci
costringono a guardarli,
sono più lucidi di uno
specchio, più penetranti di
mille disamine. Sono il
prisma e il perimetro del
vivere. Fidiamoci di loro e
affidiamoci a questa
commedia così semplice,
così ricca. Father and son:
padri accanto ai figli, gli uni
dalla parte – e alla stessa
altezza – degli altri. Di
nuovo vicini, nel ricordo di
quel “guardare insieme” che
una banalissima foto – nel
finale - lascerà riaffiorare.
Come Ozu, Koreeda nega il
campo-controcampo e
sceglie di affidarsi a totali e
primi piani, immaginemondo “integra”, libera da
reticoli psico-socio-culturali.
Non ci sono turbe o
affettazioni, solo umana,
profondissima empatia. E
riflessi smaglianti di
quell’oro che non luccica,
non ha prezzo né baratto.
L’Amore.
GIANLUCA ARNONE
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
55
BEPPE CASCHETTO E RAI CINEMA PRESENTANO
FABIO
CONCEPT BY
FOTO: LORIS ZAMBELLI (PHOTOMOVIE)
LUCIA
AN
NA
REGIA
R
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MASSIMO
MA
ASSIMO
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IL VENDITORE DI MEDICINE Comparaggio, e la pillola non va giù: denuncia
COMPARAGGIO, corruzione e altre
amenità: ma medici e medicine non
dovrebbero curare, possibilmente,
salvare? No, la realtà è un’altra e,
forse, non è solo il lato oscuro, ma
l’intero sistema farmaceutico: Il
venditore di medicine di Antonio
Morabito mette il dito nella piaga, con
la storia di Bruno (Claudia
Santamaria), informatore medico in
crisi. La sua azienda, la Zafer (a voi
decrittare la crasi…), sta licenziando, e
per non perdere il posto di lavoro
deve corrompere medici, ingannare
colleghi, e non solo. La moglie
insegnante (Evita Ciri) vuole un figlio
e non sospetta nulla, gli amici
nemmeno, ma la sua capoarea
(Isabella Ferrari) lo pressa e Bruno
deve giocarsi il tutto per tutto,
provando a corrompere un primario di
oncologia (Marco Travaglio)… Già
fuori concorso al Festival di Roma,
prodotto da Amedeo Pagani ed Elena
Pedrazzoli, distribuito da Luce
Cinecittà, Il venditore di medicine ci
prende per mano e ci porta all’inferno:
deontologia a scomparsa, Ippocrate a
rivoltarsi nella tomba, avidità e
corruzione a spadroneggiare e il
bugiardino a far nomen omen.
Denuncia e impegno civile in primo
piano, mancano un po’ di dati e
cattiveria, e la forma è un po’ lasca: ci
accontentiamo?
FEDERICO PONTIGGIA
Anteprima
Regia Antonio Morabito
Con Claudio Santamaria, Isabella Ferrari
Genere Drammatico (105’)
THE SPECIAL
NEED
Cherchez la femme tra
amicizia e autismo: bravo
Carlo Zoratti
In sala
Regia Carlo Zoratti
Con Enea Gabino, Alex Nazzi
Genere Commedia (84’)
ENEA ha ventinove anni, è autistico e
conduce la vita migliore che la sua
condizione gli permette, grazie anche
a due amici meravigliosi, Carlo e Alex,
che un giorno si accorgono che
qualcosa manca davvero a questo
ragazzo: una donna. Inizia così una
ricerca dal Friuli all’Austria fino in
Germania, un viaggio lungo le strade
dell’Europa che porterà i due
“normali” molto più lontano di dove
potessero immaginare.
The Special Need è uno di quei piccoli
miracoli di cui il cinema italiano
dovrebbe approfittare. Tra
documentario e fiction, meno
celebrato di Sacro G.R.A. e Tir, ma di
entrambi di gran lunga superiore,
l’opera prima di Carlo Zoratti è una
storia che prende al cuore e al
contempo cinematograficamente
notevolissima per scrittura e
costruzione visiva. Soprattutto, è un
compendio di ciò che conta davvero
nella vita, un messaggio che arriva
con straordinaria potenza fino al
bellissimo piano sequenza finale. Il
bisogno speciale di Enea, e la sua
lucidità nel normalizzarlo nei confronti
del mondo, è l’esempio che basta
poco per essere felici. All you need is
love, cantavano i Beatles, e in fondo è
proprio così, in tutte le sue forme e
sfumature. Peccato che troppo spesso
ce ne dimentichiamo.
ALESSANDRO DE SIMONE
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
57
i film del mese
PICCOLA PATRIA
I conflitti di un “simbolico” Nord-Est nel convincente esordio di Rossetto
In uscita
Regia Alessandro Rossetto
Con Maria Roveran, Roberta Da Soller
Genere Drammatico (111’)
IL NORD-EST agricolo e operaio, il
Veneto indipendentista e xenofobo,
dell’integrazione e della
disintegrazione, del lavoro e della crisi,
piccola patria che potrebbe essere
ovunque, in Italia, in Europa, nel
mondo. E’ qui che durante una calda
estate, due ragazze - Luisa e Renata diventano protagoniste di una storia di
ricatti, e amori traditi. Entrambe
vorrebbero andar via, in mezzo a loro
c’è Bilal, fidanzato albanese della
prima, inconsapevole “strumento” di
una vendetta che non farà prigionieri.
Dopo anni di attività documentaristica,
Alessandro Rossetto dirige il suo
primo film di finzione: inevitabilmente
figlio della pregressa esperienza, che
insieme agli studi di antropologia,
58
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
contribuisce in maniera determinante
a caratterizzare un grande esordio,
essenziale e rigoroso, seppur basato
su una sceneggiatura scarna (meno di
70 pagine, firmate dal regista con
Caterina Serra e Maurizio Braucci) e
affrontato - come ricordato dallo
stesso Rossetto - con un “approccio
fisico, con la volontà di creare un
vortice estivo che legasse
improvvisazione e osservazione,
ricerca e creazione dei personaggi”.
Dove il reale e la finzione si mescolano,
dove l’apertura al mondo e l’iperattività
di Luisa (l’attrice e cantante Maria
Roveran, anche autrice e interprete di
due brani della colonna sonora del
film) si scontrano con la rassegnazione
e l’inerzia degli adulti (non a caso il
padre della ragazza sembra immobile
anche quando cammina), creando un
conflitto che non è più, non solo, quello
tra autoctoni e stranieri, ma tra più
mondi. Conflitto che potrebbe
esplodere in ogni istante, ovunque, in
qualsiasi piccola patria del pianeta. E
che nel racconto di Rossetto, al quale
va riconosciuta anche una superba
direzione degli attori, è scandito anche
da una notevole colonna sonora, a cura
di Paolo Segat, Alessandro Cellai e la
già citata Roveran, impreziosita da due
opere tradizionali (“L’Aqua ze morta” e
“Joska la rossa”) recuperate e
rinnovate dal compositore e maestro
vicentino Bepi De Marzi, usando il
dialetto veneto per i testi.
VALERIO SAMMARCO
Essenziale e rigoroso, con una
superba direzione degli attori
I CORPI ESTRANEI Dignità e pudore, ma il “naturalismo” non basta
ANTONIO (Timi) arriva a Milano con
Pietro, il suo bambino. Malato di
cancro, il bimbo dovrà sottoporsi ad un
delicato intervento. Nell’ospedale c’è
anche Jaber (l’esordiente Jaouher
Brahim), 15enne tunisino emigrato
tempo fa in città, lì per assistere un
sguardo naturalista (insieme all’utilizzo
delle “lingue” nel film, da una parte
l’umbro marcato, dall’altra l’arabo),
poco propenso allo “spettacolo”,
declinato piuttosto a pedinare gli attimi
di un particolare momento della vita
dei due protagonisti. Dignità e pudore:
queste le parole chiave da cui muove il
film per portare in scena un dramma a
forte rischio “ricatto emotivo”:
inattaccabile quando si tratta di
empatizzare con la sofferenza di un
padre stretto dalla morsa di un dolore
così indicibile, rivedibile per quello che
attiene lo sviluppo del racconto, I corpi
estranei ci ricorda che “di fronte al
dolore siamo tutti uguali”. E lo fa
dignitosamente, ma esagera con
l’insistenza dei tempi morti e con scelte
narrative insieme prevedibili e poco
verosimili. Peccato.
caro amico ricoverato. La malattia è
l’occasione per un incontro tra due
anime sole, due corpi estranei alle
prese con il dolore. Il secondo
lungometraggio di Mirko Locatelli deve
molto all’insegnamento dei fratelli
Dardenne, fa sua l’estetica di uno
VALERIO SAMMARCO
panorama cinematografico italiano,
dopo Smetto quando voglio e La mossa
del pinguino.
Gradevole, divertente, ben sorretto dai
suoi protagonisti, e da un Paolo
Calabresi eccezionale spalla di Leo, Ti
ricordi di me? è uno di quei prodotti di
cui il cinema italiano ha tanto bisogno,
di genere, quindi universale, e per
questo esportabile. Forte di alcune
battute e situazioni molto divertenti,
ambientato giustamente in un non
luogo, quasi fosse una favola, il film è un
format replicabile e vendibile. Esiste
quindi una sprovincializzazione della
nostra industria cinematografica,
sebbene l’aver realizzato l’opera sia solo
l’inizio di un lungo percorso.
L’importante è ricordarsi di lei.
In sala
Regia Mirko Locatelli
Con Filippo Timi, Jaouher Brahim
Genere Drammatico (98’)
TI RICORDI
DI ME? Garbato e divertente,
tratto da uno spettacolo
di successo
In sala
Regia Rolando Ravello
Con Ambra Angiolini, Edoardo Leo
Genere Commedia (106’)
LEI E’ NARCOLETTICA, lui cleptomane,
si incrociano dalla loro terapeuta e si
innamorano. Ma non vissero felici e
contenti. Si potrebbe sintetizzare così Ti
ricordi di me?, opera seconda di
Rolando Ravello tratta da una piéce
teatrale di grande successo scritta da
Massimiliano Bruno. Portata in scena da
Edoardo Leo e Ambra Angiolini,
protagonisti anche della versione
cinematografica, questa commedia
romantica che strizza l’occhio a quel
gioiello di 50 volte il prima bacio, è
un’ulteriore piccola sorpresa nel
ALESSANDRO DE SIMONE
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
59
i film del mese
I FRATELLI KARAMAZOV
Dal capolavoro di Dostoevskij un’ottima trasposizione tra cinema e teatro
In sala
Regia Petr Zelenka
Con Ivan Trojan, Igor Chmela
Genere Drammatico (102’)
UNA FEDELE ADESIONE al nucleo
narrativo del libro – il parricidio, la
messa in accusa del figlio maggiore, la
posizione morale dei fratelli - che
diventa altro grazie a un gesto audace
e moderno di assimilazione personale.
I Karamazov di Zelenka vivono di vita
propria. Là dove il genio di Dostoevskij
affidava alla struttura polifonica del
romanzo l’insostenibile orrore di un
mondo senza Dio (I fratelli Karamazov
è del 1880: due anni più tardi, ne La
gaia scienza, Nietzsche avrebbe
teorizzato la “morte di Dio”), qui, nel
film, a imporsi sulle passioni e gli abissi
dei personaggi è una riflessione sul
ruolo dell’intellettuale e sul potere
ambiguo dell’Arte. Non è un caso se
60
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
da questo adattamento – ispirato
all’allestimento teatrale anni ’70 di
Evald Schorm, con tutte le diversioni
drammaturgiche degli anni a seguire manca proprio il capitolo de Il grande
inquisitore, ovvero il suo momento più
alto e rappresentativo. L’omissione ha
il valore di un vero e proprio u-turn
semiotico, del teatro e del cinema
rispetto all’originale letterario.
L’enorme acciaieria alla periferia di
Cracovia, dove una compagnia
praghese prova la piéce I Karamazov,
funziona da palcoscenico allargato per
la pantomima dell’arte, degli uomini e
della vita. Si tratta di un’affascinante
matrioska testuale in cui il principio
della myse en abime viene triplicato: il
romanzo di Dostoevskij nella pièce di
Evald Schorm, la piéce nel film, il film
nella vita degli attori, gli stessi che da
12 anni portano in turnè il testo
teatrale. Senza contare il diaframma
all’interno della stessa finzione: nella
fonderia-teatro si aggira un operaio
che sta vivendo un dramma familiare e
viene profondamente turbato dalla
recita, considerate le tragiche
risonanze tra il mondo karamazoviano
e il suo. E poi la scelta della fabbrica,
di questa fabbrica: la più grande mai
fatta costruire da Stalin, per
rimpiazzare intellettuali e teatri con
operai e industrie. La sostituzione è
simbolica, il monito reale: l’arte è
potente. Saprà essere anche
responsabile?
GIANLUCA ARNONE
Una riflessione sul potere
ambiguo dell'intellettuale
GRAND BUDAPEST HOTEL
Ennesima conferma dell’incredibile talento di Wes Anderson. Cast eccelso
In uscita
Regia Wes Anderson
Con Ralph Fiennes, Tony Revolori
Genere Commedia (100’)
L’ OMAGGIO di Wes Anderson al
grande cinema europeo: The Grand
Budapest Hotel, scelto come titolo di
apertura della Berlinale 2014, convince,
diverte e conferma il talento del regista
texano. Dopo aver inaugurato il Festival
di Cannes 2012 con l’ottimo Moonrise
Kingdom, Wes Anderson si conferma
così la scelta migliore per dare il via a
una manifestazione internazionale tanto
prestigiosa. Protagonista della sua
ultima fatica è Monsieur Gustave, il
leggendario concierge di un importante
albergo mitteleuropeo, che conosce
tutti i segreti dei suoi eccentrici clienti.
Ha un rapporto privilegiato con
Madame D., un’anziana ed elegante
signora che gli lascerà in eredità un
62
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
prezioso dipinto del Rinascimento,
futura causa di tanti guai. Raccontato
attraverso un lungo flashback che ci
porta all’inizio degli anni ’30 del ‘900,
The Grand Budapest Hotel è l’ennesimo
film degno di nota di un autore che basa
il suo stile su un grande rigore formale,
fatto di inquadrature simmetriche e di
scelte musicali originali (straordinario,
come sempre, Alexandre Desplat). Echi
di Jean Renoir (il passaggio da un’epoca
all’altra), Ernst Lubitsch (il tocco ironico)
e Max Ophüls (il senso della
composizione) in un film che, oltre ad
avere uno splendido ritmo, è anche un
toccante omaggio nostalgico a un tipo
di cinema che non si fa più: lo
dimostrano le scenografie color pastello,
i fondali dipinti e persino alcune scelte
registiche squisitamente vintage.
Arrivato alla sua ottava pellicola,
Anderson continua così a proporre con
coerenza le tematiche che hanno
contraddistinto la sua intera carriera:
personaggi ironici e sgangherati fanno
parte di un grande carosello dove
immagini e suoni danzano
armoniosamente. Il regista texano, nato
a Houston nel 1969, crea con The Grand
Budapest Hotel l’ennesimo tassello di un
cinema privo di regole e impossibile da
classificare, libero dal punto di vista
narrativo e perfettamente architettato in
ogni sua parte. Ad arricchire il tutto, un
cast in grande forma, a partire da Ralph
Fiennes nei panni del raffinato Monsieur
Gustave.
ANDREA CHIMENTO
Libero e perfettamente
architettato in ogni sua parte
NON DICO ALTRO Rom-com delicata, intenso l’ultimo Gandolfini
L’ULTIMO FILM di James Gandolfini:
un’etichetta che sta accompagnando
Enough Said fin dalla presentazione al
Toronto Film Festival, anche se, a
essere precisi, l’attore americano,
scomparso lo scorso giugno, tornerà
sul grande schermo il prossimo
sembra procedere per il meglio fino a
quando lei, massaggiatrice di
professione, scopre che tra le sue
clienti c’è anche l’ex moglie di Albert.
Romantic comedy gradevole e
divertente, il film ha qualche calo con
l’approssimarsi della conclusione.
Nonostante possa apparire un
prodotto scontato e sempliciotto, ha
diverse frecce al suo arco: in
particolare la caratterizzazione dei due
protagonisti e il riuscito colpo di scena
che funge da vera e propria svolta alla
narrazione. A funzionare è lo script,
della stessa Holofcener, che rivela doti
migliori come sceneggiatrice che come
regista. Julia Louis-Dreyfus (Eva),
piuttosto forzata, perde il confronto
con l’intenso James Gandolfini, in una
delle performance migliori della sua,
troppo breve, carriera.
autunno con The Drop di Michaël
R.Roskam. Diretto da Nicole
Holofcener, il film ha per protagonisti
Albert ed Eva, 50enni entrambi
divorziati e con una figlia a testa in età
da college, che si conoscono e provano
a innamorarsi l’uno dell’altra. Tutto
ANDREA CHIMENTO
sdoganamento del porno. Suo
malgrado, però, perché quello che il
film riporta a galla (già raccontato dalla
stessa Linda Marchiano – questo il suo
nome dopo il secondo matrimonio – nel
libro Ordalia) è la storia di reiterate
violenze e soprusi subiti dal primo
marito/protettore Chuck Traynor
(Sarsgaard, al solito spaventoso nei
panni di personaggi squallidi e
borderline): fu lui a proporla ai
produttori e al regista Gerard Damiano,
fu lui a costringerla a prostituirsi con chi
capitava. Un film doloroso, al netto di
qualche inserto umoristico, sorretto da
un ottimo cast (Sharon Stone è la
mamma di Linda, James Franco è Hugh
“Playboy” Hefner) e da una discreta
ricostruzione ambientale.
Anteprima
Regia Nicole Holofcener
Con James Gandolfini, Julia Louis-Dreyfus
Genere Commedia (93’)
LOVELACE
Da icona della trasgressione
a paladina contro il
mercato dell’hard: ecco la
“vera” Linda
Anteprima
Regia Rob Epstein, Jeffrey Friedman
Con Amanda Seyfried, Peter Sarsgaard
Genere Drammatico (93’)
CHI ERA LINDA LOVELACE? O meglio,
perché Linda Susan Boreman, 21enne di
provincia, diventò la “più famosa attrice
porno della storia”? E perché, solo
qualche anno più tardi il fenomeno Gola
profonda, la donna rinnegò tutto,
trasformandosi da icona della
trasgressione a paladina delle
femministe, schierandosi contro il
mercato dell’hard? Prova a spiegarlo il
biopic di Rob Epstein e Jeffrey
Friedman, che affida ad Amanda
Seyfried il compito di incarnare un
personaggio chiave per lo
VALERIO SAMMARCO
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
63
i film del mese
IL CENTENARIO CHE SALTÒ
DALLA FINESTRA E SCOMPARVE
Zelig, slapstick e humour scandinavo: una metafora fessa del secolo breve
Anteprima
Regia Felix Herngren
Con Robert Gustaffson, Iwar Wiklander
Genere Commedia (105’)
CI SONO VEGLIARDI con le spalle al
muro e altri che i muri se li lasciano alle
spalle. Come il centenario che saltò
dalla finestra e scomparve, titolo e
protagonista della scatenata commedia
senile (no, non è un controsenso) di
Felix Herngren, anche sceneggiatore.
Tratta dal bestseller mondiale firmato
da Jonas Jonasson, cinepanettone
dell’ultimo Natale scandinavo - ha
incassato quattro milioni di euro in
cinque giorni: la più grande apertura di
sempre nella storia del cinema svedese
- è la storia di un vecchietto, Allan, che
al compimento dei cento anni scappa
dall’ospizio e vive avventure picaresche
con un’improbabile armata
Brancaleone, formata da un
64
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
capostazione in pensione, una
promessa mancata dell’Università, una
campagnola e il suo grosso elefante.
Tutto ruota attorno a una valigia piena
di soldi che la strampalata compagnia
ha sottratto a una gang di skinhead, cui
seguono fughe, equivoci e casini vari.
Rocambolesca appendice di una vita,
quella di Allan, che era già stata
straordinaria, punteggiata da eventi
storici (dalla bomba atomica alla guerra
fredda) e incontri importanti (da
Franco a Stalin, da Oppenheimer a
Reagan). Allan Karlsson è una specie di
Zelig scandinavo, un puro e
inconsapevole Forrest Gump con
l’inettitudine distruttiva di un Buster
Keaton (non a caso la sua specialità è
la dinamite). Modelli che l’irresistibile
performance di Robert Gustaffson
assimila e ripropone in modalità
implosiva e catatonica. E’ grazie a lui se
questa operazione, che frulla con
disinvoltura slapstick e black comedy,
non è solo derivativa. Il modo in cui
trasforma in pura forza corrosiva il
registro monotono e la mimica
catalettica, alza l’asticella qualitativa del
film proiettandolo oltre la dimensione
farsesca. Allan diventa così maschera
fessa e maligna del secolo breve, l’icona
plastica di un manuale di sopravvivenza
per idioti. L’uomo con le chiavi in mano
della Storia e nemmeno la più pallida
idea di come usarle.
Fondamentalmente l’ottuso demiurgo
che quel tempo si merita.
GIANLUCA ARNONE
Un Forrest Gump distruttivo
come Buster Keaton
LA SEDIA DELLA FELICITÀ Lo sguardo (postumo) di Mazzacurati sulla sua terra
C’È TUTTO Carlo Mazzacurati ne La
sedia della felicità, il film che il regista
aveva presentato in anteprima al
festival di Torino e che arriva ormai
postumo nei cinema. Il teatro
dell’azione è ancora il Nord-Est, che il
regista scomparso lo scorso febbraio
possibilità di “svoltare” la vita:
recuperare un tesoro nascosto in una
sedia. E così con il tono di commedia
garbata, più caccia al tesoro
dolceamara che thriller, la ricerca
coinvolgerà il prete Giuseppe
Battiston e li porterà fin sulle
montagne. C’è tutto Mazzacurati nel
film perché c’è il suo modo di vedere il
mondo, un’umanità in bilico, antieroi
che rendono straordinario l’ordinario,
in cui la gentilezza vince
sull’aggressività. Utopia delle relazioni,
raccontando però i dettagli del
quotidiano, di un territorio che registra
le difficoltà del Paese. Una chiave di
lettura della realtà che aveva coinvolto
negli anni Roberto Citran, Antonio
Albanese, Fabrizio Bentivoglio, Silvio
Orlando, tutti presenti in apparizioni
cameo in questo film.
abitava e che ha raccontato senza
giudizi e pregiudizi in molti film. Qui
porta il romano Valerio Mastandrea e
la siciliana Isabella Ragonese, lui Dino
tatuatore, lei Bruna estetista, stessi
problemi ad arrivare alla fine del mese,
ai quali capiterà un’insperata
MIRIAM MAUTI
perdita, dell’amata Basia e del
migliore amico Kamil. Che lo
contattano nello spazio senza tempo
spalancatosi davanti a lui nel sonno
profondo. Le visioni di Adam sono
ispirate alla Divina Commedia e alla
lettura di testi di Heidegger con i quali
la preoccupata zia Xenia lo intrattiene.
Adam solo con lei si sente sicuro: né
la preghiera, né la natura riescono a
offrirgli un sostegno o una speranza. I
tempi del film sono quelli dilatati dove
i volti delle persone si inseriscono in
ideali cornici capaci di trattenere tutto
il colore della vita e la nebbia dei
dubbi. Una lunga sequenza nella
foresta evocatrice di esistenze lontane
prepara il finale in cui le acque di un
nuovo diluvio o, forse, una più
materiale puruficazione, invadono
l’abside di un maestoso edificio sacro.
Anteprima
Regia Carlo Mazzacurati
Con Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese
Genere Commedia (90’)
ONIRICA
Dopo I colori della
passione, le visioni
perturbanti della Divina
Commedia
In uscita
Regia Lech Majewski
Con Michal Tatarek, Elžbieta Okupska
Genere Drammatico (102’)
COME VIDEO ARTISTA di successo,
Lech Majewski non teme la profonda,
originale vena creativa che puntella e
modella il suo cinema, in cui la
pittura, anche se in modi diversi, fa
sempre capolino. Accadeva in forme
sontuose ne I colori della Passione
ispirato a un famoso dipinto di
Bruegel il Vecchio. Diversamente, in
Onirica è la materia dei sogni e
l’angoscia degli incubi che si innesta
su parti minime della realtà, quella in
cui Adam (Michał Tatarek) subisce il
profondo disagio di una duplice
LUCA PELLEGRINI
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
65
i film del mese
LA LUNA SU TORINO
Buona l’idea di partenza, meno lo sviluppo: calante e didascalico
In sala
Regia Davide Ferrario
Con Walter Leonardi, Manuela Parodi
Genere Commedia (90’)
FORSE NON TUTTI sanno che… Torino
si trova sul 45° parallelo, esattamente a
metà strada tra il Polo Nord e
l’Equatore. Attorno a questa curiosità si
sviluppa La luna su Torino, nuovo
lungometraggio di Davide Ferrario,
presentato fuori concorso all’ultimo
Festival di Roma, che vede
protagonisti tre personaggi molto
diversi l’uno dall’altro. Ugo, un
quarantenne che non ha mai lavorato e
ha sempre vissuto di rendita, si trova
costretto a subaffittare la villa in cui
vive per poter far fronte alla crisi
economica. I suoi due giovani
coinquilini saranno Maria, impiegata e
aspirante attrice, e Dario, uno studente
che si mantiene lavorando in un
66
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
curioso bioparco. Insoddisfatti delle
proprie esistenze, i tre sogneranno di
toccare altri mondi e altre realtà, così
lontani eppure così vicini, data la loro
posizione strategica sul 45° parallelo.
Guardando La luna su Torino è
impossibile non veder riecheggiare
Dopo mezzanotte (2004), in assoluto
uno dei film più riusciti di Davide
Ferrario.
I parallelismi sono tanti: dal capoluogo
piemontese come vero protagonista
della pellicola ai riferimenti alla storia
della settima arte (Maria è una grande
amante del cinema muto). Tutta la
spontanea passione che animava Dopo
mezzanotte si ritrova però annacquata
ne La luna su Torino, che rimane
vittima di una carenza d’idee originali,
soprattutto nella seconda parte della
pellicola, tanto da risultare un po’
forzato. La sceneggiatura, infatti, si
appoggia troppo alla (pur interessante)
metafora di fondo, che viene
sottolineata ed esplicitata
eccessivamente. Ferrario fatica così a
scegliere il giusto registro per la sua
opera, puntando su un uso ridondante
della voce fuori campo e delle citazioni
letterario-filosofiche (Giacomo
Leopardi in primis).
Se inizialmente ci si può appassionare
al gioco proposto dal film, col passare
dei minuti scende gradualmente
l’interesse per una pellicola che, giusto
per rimanere in tema lunare, non si può
che definire calante.
ANDREA CHIMENTO
Ridondante la voce fuori campo,
troppe le citazioni filosofiche
SONG ’E NAPULE Poliziottesco e Manetti all’ombra del Vesuvio
SONG’E NAPULE: parte 2.0,
partenopeo, il poliziottesco è servito!
Protagonista è Paco (Alessandro Roja,
convincente), diplomato in pianoforte
al conservatorio, a modino e
disoccupato: grazie alla
raccomandazione di mamma, trova
gruppo del neomelodico Lollo Love
(Giampaolo Morelli, bravo) chiamato a
esibirsi al matrimonio della figlia di un
boss: tra gli invitati, parrebbe, anche
O’ Fantasma … Dopo l’horror (Paura)
e la fantascienza (L’arrivo di Wang), i
fratelli Marco e Antonio Manetti
frullano musicarello e poliziesco, pop
e popolare, commedia e parodia
all’ombra del Vesuvio: Song ’e Napule
è roba loro, roba di genere, con un
piede al cinema e l’altro in tv, affidata
alla bontà degli attori e alla divertita
clemenza del pubblico. Niente per cui
spellarsi le mani, ma i nostrani Bros. si
ostinano cocciuti e ilari a compensare
il vuoto: dov’è finito il cinema di
genere che tanto lustro ci diede?
Citofonare casa Manetti, ore pasti.
posto in Polizia, ma finisce ad
ammuffire in un deposito giudiziario.
Nel frattempo, il commissario
Cammarota (Paolo Sassanelli, al solito
bravo) è sulle tracce del camorrista O’
Fantasma: udite, udite, Paco potrebbe
tornare utile. Come? Infiltrandosi nel
FEDERICO PONTIGGIA
che vive in Galles. Ma la vita, si sa, è
piena di sorprese. Andato a finire nelle
capaci mani dei fratelli Weinstein, One
Chance è una commedia romantica e di
rivincita che fa il paio con il Billy Elliot di
Stephen Daldry, ma con toni più leggeri
e meno ricattatori. Le avventure di Paul
sono divertenti ed emozionanti, persino
l’intermezzo italiano con la nostra
Valeria Bilello, anche se David Frankel ha
fatto di meglio con Il diavolo veste
Prada e lo sfortunato Un anno da leoni.
Ottimo il cast, sopra a tutti Colm
Meaney e Julie Walters, e solita
domanda: perché il nostro cinema non è
in grado di avere un prodotto medio
facilmente esportabile?
In uscita
Regia Manetti Bros.
Con Alessandro Roja, Giampaolo Morelli
Genere Poliziesco (114’)
ONE CHANCE
Un Billy Elliot canterino
per David Frankel,
in trasferta gallese
In sala
Regia David Frankel
Con James Corden, Colm Meaney
Genere Commedia (103’)
IL CINEMA INGLESE creò negli anni ‘90
una serie di interessanti film che fecero
conoscere al mondo alcuni ottimi attori
e registi. In quest’ultima categoria uno
dei più interessanti e meno fortunati è
stato Mark Herman, autore del quasi
sconosciuto (da noi) Little Voice, opera
a cui molto deve questa storia vera che
inizia nelle strade di un paesino del
Galles e finisce trionfalmente davanti ai
milioni di spettatori di “Britain’s Got
Talent”. Paul Potts (James Corden) ha
un unico sogno nella vita: cantare.
Purtroppo non è così facile per un
ragazzo grassoccio, vessato dai bulli e
ALESSANDRO DE SIMONE
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
67
i film del mese preview
a cura di Manuela Pinetti
UN MATRIMONIO
DA FAVOLA
TRANSCENDENCE
GHOST MOVIE 2
RITROVARSI dopo vent’anni tra ex
compagni di liceo, e scoprire che quasi
per tutti ambizioni e sogni sono
ancora ben chiusi nel cassetto.
Occasione della rimpatriata è il
matrimonio (lussuosissimo) dell’unico
tra loro che ce l’ha fatta, e che porterà
inevitabilmente il resto del gruppo ad
amari bilanci personali e confronti
impietosi. Ma il colpo di scena è dietro
l’angolo, e le sorprese positive non
mancheranno.
PER LO SCIENZIATO Will Caster
(Depp) l’evoluzione umana non può
più prescindere da quella tecnologica,
e ha creato un supercomputer che
combina l’intelligenza collettiva con le
emozioni. Quando la sua coscienza
diventerà tutt’uno con la prodigiosa
macchina, le potenzialità saranno
sorprendenti: ma chi comanda tra i
due? Prima prova da regista per
Pfister, storico direttore della
fotografia di Christopher Nolan.
NUOVA FIDANZATA, nuova casa,
vecchi problemi. Il povero Malcolm
continua ad essere perseguitato da
bizzarri eventi paranormali, e anche la
sua ex torna dall’aldilà per fargli visita:
l’esorcismo si rivelerà necessario
quanto tragicomico. La parodia è
servita, da Paranormal Activity 4 a
Insidious, da The Possession a Sinister.
Sequel a tempo di record di Ghost
Movie, nei cinema poco più di un anno
fa.
Regia Carlo Vanzina
Con Ricky Memphis, Adriano Giannini
Regia Wally Pfister
Con Johnny Depp, Rebecca Hall
Regia Michael Tiddes
Con Marlon Wayans, Dave Sheridan
MISTER MORGAN
THE ENGLISH
TEACHER
IL MONDO FINO IN
FONDO
LA DOLCEZZA assassina dei
sentimenti irrompe nella solitaria vita
di mister Morgan, cinico vedovo
inglese che vive a Parigi, e ha lo
sguardo giovane di un’insegnante di
ballo con un animo simile al suo. Non
nascerà una storia d’amore, ma i due
percorreranno insieme un percorso
dolceamaro di redenzione e riscoperta
della vita, dei sentimenti e della
famiglia. Dal romanzo La Douceur
Assassine di Françoise Dorner.
LA QUARANTENNE Linda è
un’insegnante che vive per la
professione e ha una vita personale
grigia e solitaria. Per aiutare un suo ex
studente, brillante ma depresso dai
fallimenti lavorativi e sul punto di
mollare tutto, si mette in gioco come
mai ha fatto prima. Esordio
cinematografico per Craig Zisk, regista
(e produttore) di innumerevoli serie tv
(Scrubs, Nip/Tuck, Alias, Streghe,
United States of Tara).
DA UN PICCOLO PAESE del nord Italia
alla Spagna, poi al Cile e fino alla
Patagonia, il viaggio di due fratelli
diversissimi per età e aspirazioni, tra
piccole grandi vicissitudini personali
(la famiglia, l’omosessualità) e
tematiche di respiro globale
(l’ecologia, la politica). Opera prima di
Alessandro Lunardelli, presentato
Fuori Concorso per la sezione Alice
nella Città all’ultimo Festival del
Cinema di Roma.
Regia Sandra Nettelbeck
Con Michael Caine, Clémence Poésy
Regia Craig Zisk
Con Julianne Moore, Greg Kinnear
Regia Alessandro Lunardelli
Con Filippo Scicchitano, Luca Marinelli
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
69
Dvd /// Blu-ray /// SerieTv /// Borsa del cinema /// Libri /// Colonne sonore
TELECOMANDO
A cura di Valerio Sammarco
Dvd & Blu-ray
Libri
Philomena, Walter Mitty,
Lo Hobbit 2
Borsa del cinema
La grande bellezza: vince in tv
e su Twitter
Luce su Cassavetes,
indagine su Martone
Colonne sonore
The Grand Budapest
Hotel: Alexandre
Desplat
Il Trono di Spade
La terza stagione completa
TELECOMANDO
/// Dvd e Blu-ray ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
In Blu-ray e Dvd il viaggio pop di
Ben Stiller. Oltre un’ora di extra
N
el 1947 ci pensò Norman Z. McLeod, con Sogni proibiti, a portare sullo schermo il personaggio creato da James Thurber nel 1939.
Oggi, molti anni dopo, l’iconico Walter Mitty assume
le sembianze di Ben Stiller, che dirige il suo quinto
lungometraggio e si immagina archivista del celebre
magazine LIFE, alle prese con un viaggio avventuroso
per scovare un misterioso negativo perduto con cui
editare la copertina dell’ultimo numero della rivista,
prima della chiusura. La magia del cinema, la potenza
72
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
gennaio-febbraio 2014
dell’immagine e l’importanza di conservarne memoria. In dvd e Blu-ray dal 10 aprile, con oltre un’ora di
extra, dal dietro le quinte del film alle scene tagliate,
estese e quelle alternative, più una featurette che permette di immergersi nelle riprese in Islanda e nella
storia di Walter Mitty, una gallery di foto esclusive, il
video musicale “Stay Alive” di José Gonzaléz e molto
altro ancora.
DISTR. 20TH CENTURY FOX HOME ENTERTAINMENT
------------------------------------------------------
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Laclasse
deiclassici
a cura di Bruno Fornara
Il coltello
nell’acqua
Il Polanski di oggi ha le
radici nei film dei suoi inizi.
Il suo corto di studente di
cinema, Due uomini e un
armadio, è un apologo
perfetto. Perfetto: intenso,
splendido. Perfetto in
senso etimologico:
compiuto nella sua
perfezione. E il lungo di
esordio, Il coltello
nell’acqua (1962), è
racconto morale a tre
personaggi, più la barca.
Un giornalista e la moglie
viaggiano in macchina
verso il lago, incontrano
un giovane autostoppista
fermo in mezzo alla
strada, lo portano in
barca, comincia un duello
che è scontro psicologico,
battaglia verbale,
combattimento fisico tra i
due uomini mentre la
donna, giovane e stanca
del marito, parteggia
silenziosamente per il
giovanotto. Modelli di
comportamento borghesi
(cioè comunisti, suggerisce
Polanski) vs vivacità e
libertà giovanile. Sulla
barca va in scena il teatro
dell’esistenza. Polanski l’ha
fatto 50 anni fa e lo rifà
oggi, in Carnage e in
Venere in pelliccia. Con la
stessa abilità e freschezza
di allora. Con la stessa alta
qualità e raffinatezza
estetica.
Regia Roman Polanski
Con L. Niemczyk, J. Umecka
Genere Thriller (Polonia, 1962)
Distr. Cecchi Gori Home Video
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
73
TELECOMANDO
/// Dvd & Blu-ray ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Venere in pelliccia
Roman Polanski
non delude mai.
Dopo Carnage, il
regista torna ad affrontare un testo
teatrale, alla cui
origine c’è il libro omonimo datato 1870, un romanzo erotico
dell’autore austriaco Leopold von
Sacher-Masoch. Il film è l’adattamento per lo schermo di uno
spettacolo di David Ives: unica
ambientazione, un teatro parigino, solo due interpreti, Mathieu
Amalric e Emmanuelle Seigner. Il
primo è un regista in cerca di
un’attrice adeguata, la seconda
un’aspirante attrice disposta a tutto pur di ottenere la parte. Un
duetto irresistibile, guidato da un
maestro (Polanski) che non molla di un millimetro i suoi attori.
Senza farcene accorgere.
DISTR. 01 DISTRIBUTION
Lo Hobbit
La desolazione di Smaug
Le avventure di
Bilbo
(Martin
Freeman), Gandalf
(Ian McKellen) e
la Compagnia dei
Nani continuano
nel viaggio attraverso la Terra di
Mezzo, fino al terrificante incontro con il drago Smaug, nel secondo episodio della saga diretta da Peter Jackson.
In Dvd, Blu-ray e Blu-ray 3D,
per una visione che non si limita ai 150’ del film: oltre un’ora e
mezza di esclusivi contenuti
speciali, tra cui “Peter Jackson ti
invita sul set: In compagnia di
Lo Hobbit e Tutto in un giorno
di lavoro”, “Evento dal vivo”, in
cui si può vedere il set, la sala
di montaggio del film, il video
musical I See Fire e infine 4 video della produzione.
DISTR. WARNER HOME VIDEO
74
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
Philomena
A
rriva dal 15 aprile, in dvd e Bluray, il film di Stephen Frears tratto dalla vera storia di Philomena
Lee. Scritto da Steve Coogan, che lo interpreta al fianco di una straordinaria Judi Dench, il film ha il grande merito di
raccontare una vicenda fortemente
drammatica senza rinunciare però al
sano umorismo, dato principalmente
dall’incontro tra questa donna âgé e
naif, decisa ad intraprendere un lungo
viaggio per ritrovare il figlio che, 50 anni prima, le venne strappato dalle braccia, e il giornalista disincantato che la
accompagnerà per scrivere poi un libro
sulla vicenda.
Negli extra, oltre al trailer, il making of,
le interviste e la conferenza stampa della
vera Philomena Lee, a Roma per la presentazione italiana del film.
DISTR. LUCKY RED
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Il Trono di Spade
La terza stagione e il boxset, anche in
Blu-ray
Un boss in salotto
Anni felici
È stato, di fatto, il
“film italiano delle
feste”. Pur uscendo a Capodanno,
infatti, la commedia di Luca Miniero (già regista dei fortunati Benvenuti al Sud e Benvenuti al
Nord) ha incassato più degli altri tre cinepanettoni diretti da
Neri Parenti, Leonardo Pieraccioni e Fausto Brizzi, superando i 12 milioni di euro al botteghino. Ora, dal 16 aprile, Un
boss in salotto arriva in Dvd e
Blu-ray, arricchito da molti extra tra cui il backstage, le scene
tagliate e le papere sul set. Inserti divertenti per ridere anche
dopo il film, interpretato da
Paola Cortellesi, Rocco Papaleo
e Luca Argentero.
Disponibile in Dvd
e in Blu-ray il film
di Daniele Luchetti,
ambientato a Roma
nella metà degli
anni ’70 e tra le
opere più autobiografiche del regista capitolino. Guido (Kim
Rossi Stuart) è un artista che vorrebbe essere d’avanguardia, ma
si sente intrappolato in una famiglia troppo borghese e invadente. Serena (Micaela Ramazzotti),
sua moglie, non ama l’arte, ma
ama molto l’artista. I loro figli,
Dario e Paolo, 10 e 5 anni, sono
i testimoni involontari della loro
irresistibile attrazione erotica, dei
loro disastri, dei tradimenti, delle
loro eterne trattative amorose.
Negli extra il Backstage e le scene tagliate del film.
DISTR. WARNER HOME VIDEO
Il 6 aprile, negli States,
prende il via l’attesa
quarta stagione di uno
tra i serial più amati degli
ultimi anni, Il Trono di
Spade, che Warner tre
giorni più tardi porterà
(nuovamente) in
homevideo. Stavolta
tocca alla terza stagione
completa, disponibile sia
in Dvd che in Blu-ray: 5
dischi, che oltre ai 10
episodi, includono ore di esclusivi contenuti speciali
e funzioni interattive. Solamente per l’edizione Bluray, poi, il “Dietro le quinte di Le piogge di
Castamere: uno sguardo approfondito sulla
realizzazione dell’episodio chiave della Terza
Stagione”, “Storie e Folklore: scopri la mitologia del
Continente Occidentale dai diversi punti di vista degli
stessi personaggi” e altro ancora. Per chi dovesse
partire da zero, invece, segnaliamo anche il boxset da
collezione in 15 dischi, contenente tutte le tre
stagioni della serie più tutti i contenuti speciali fino
ad ora editati.
DISTR. WARNER HOME VIDEO
DISTR. 01 DISTRIBUTION
VIDEOGAME NUOVE FRONTIERE
PROJECT MORPHEUS
La realtà virtuale secondo Sony: esperienza di gioco totale
Durante la Game Developers Conference di
San Francisco, Sony ha annunciato “Project
Morpheus”, un visore di Realtà Virtuale che si
collegherà a PlayStation 4 per garantire
un’esperienza di gioco immersiva e a 360°, in
grado di affiancarsi alla classica esperienza
che si ottiene giocando sulla TV
mediante un pad. Finalmente
anche l’ergonomia e il comfort
dovrebbero essere adeguati dopo
anni di sperimentazioni in un
campo che in realtà vede le sue
radici nei videogiochi fin dagli anni
90. Si indossa il visore, si mettono
le cuffie e il risultato è quello di
poter camminare in mondi
immaginifici, guardarsi attorno ed
interagire anche assieme al pad.
Anche il prezzo dovrebbe essere
concorrenziale, non resta che attendere il
2015 per capire se finalmente la Realtà
Virtuale può entrare in tutte le case.
Per saperne di più visitate www.multiplayer.it
Piovono polpette 2
La rivincita degli avanzi
Arriva l’8 aprile, in
Dvd, Blu-ray e
Blu-ray 3D il sequel del fortunato
film d’animazione
incentrato sull’inventore Flint. Al quale finalmente viene riconosciuto il merito di una genialità non ordinaria e viene assunto dalla The Live Corp Company, una società
che raccoglie i migliori inventori del mondo. Ma ben presto il
ragazzo scopre che la sua invenzione che tanti guai aveva
creato è ancora operativa, e il
destino dell’umanità è nelle sue
mani.
Nei contenuti speciali 4 esclusivi mini-film e, per ogni edizione, un simpatico libretto di ricette pensato per i più piccini.
ANTONIO FUCITO
DISTR. UNIVERSAL PICTURES H.E.
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
75
/// Serie Tv ///---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
TELECOMANDO
Back in the Game
[CANALE 111 DI SKY]
In prima visione assoluta per l’Italia, ogni giovedì alle 22.15
O
gni giovedì alle 22:15 dal 3 aprile, FOX (canale 111 di Sky) propone in prima visione assoluta
in Italia Back in the Game, la serie che
vede protagonista James Caan (Il Padrino, Misery non deve morire) nel ruolo di
un padre scorbutico con un difficile rapporto con la figlia.
Terry (Maggie Lawson, Pleasantville) è
stata una campionessa di softball fino a
filminorbita
76
quando è rimasta incinta, ha perso la
borsa di studio e si è sposata con un uomo che la tradiva. Ma ora la sua vita
sembra destinata a cambiare ancora una
volta: decide di divorziare e trasferirsi
con il figlio Danny (Griffin Gluck) dal padre Terry Senior (James Caan), soprannominato “Il Cannone”, un ex atleta supponente e alcolizzato con cui non ha un
buon rapporto. Nonostante Terry faccia
di tutto per tenere Danny lontano dallo
sport e dallo stile di vita che lei ha sperimentato da giovane, il ragazzo decide di
voler giocare nella Little League per far
colpo su una sua coetanea. Quando
Danny viene escluso dalla squadra e deriso dai compagni, Terry decide di formare con il padre una squadra composta
dai bambini scartati alle selezioni e finanziata da una ricca vicina di casa.
a cura di Federico Pontiggia
I Simpson
The Carrie Diaries
Da Vinci Demons 2
Italia 1
Italia 1
Fox
Dal 31 marzo, la 24/a
stagione inedita dei
Simpson: Massimo Lopez
voce di Homer, Justin
Bieber cartoonizzato.
Che facevano Carrie &
Co. prima di Sex & the
City? La risposta dal 29
marzo, ogni sabato alle
10.30. Prequel canaglia.
Ogni lunedì alle 21.00 dal
7 aprile, il “supereroe”
Leonardo Da Vinci:
sceneggiatore David
“Batman” Goyer. Enjoy?
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
LA STORIA DI UN UOMO
LA STORIA DI UN PAESE
FOREST
WHITAKER
OPRAH
WINFREY
JOHN
CUSACK
JANE
FONDA
CUBA
GOODING, JR.
ALAN
RICKMAN
LENNY
KRAVITZ
VANESSA
REDGRAVE
ROBIN
WILLIAMS
ISPIRATO A UNA STORIA VERA
THE
BUTLER
UN MAGGIORDOMO ALLA CASA BIANCA
IL FILM CHE HA TOTALIZZATO
OLTRE 5 MILIONI AL BOX OFFICE
DISPONIBILE IN
E
E SULLE PIATTAFORME DIGITALI
PER VISUALIZZARE I CONTENUTI EXTRA DEL FILM SCARICA
L’APP DI AR-CODE E INQUADRA L’IMMAGINE
TELECOMANDO
/// Borsa del cinema ///-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
PROVA TVPER
SORRENTINO
Ottimi gli ascolti su Canale
5, ma fruizione “corrotta”.
E l’effetto Oscar in sala è
stato nullo
di Franco Montini
S
ono stati quasi 9 milioni i telespettatori de La grande bellezza, trasmesso da Canale 5 il 4 marzo scorso,
all’indomani della storica conquista
dell’Oscar. Per ciò che riguarda i film,
negli ultimi dieci anni solo Io non ho
paura, programmato sempre da Canale 5
il 21 marzo 2005, ma televisivamente parliamo di un’altra epoca, aveva fatto registrare un ascolto superiore. Il successo
televisivo del film di Sorrentino è stato
innegabile: “E’ la prova - ha commentato
78
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
il presidente dell’Anica Riccardo Tozzi che il film giusto programmato al momento giusto può dare risultati straordinari”.
Anche da un punto di vista aziendale l’operazione ha riscosso un esito indubbiamente positivo: secondo le stime de “Il
sole 24 ore”, Mediaset avrebbe incassato
un paio di milioni di euro dalla vendita
degli spot abbinati alla trasmissione de La
grande bellezza.
Tuttavia, il grande successo di ascolti
rischia di nascondere aspetti meno
confortanti: sulla rete si è infatti registrato
un coro di proteste per l’eccessivo numero di interruzioni. “Il film - ha commentato Mimmo Di Noia, presidente della
Federazione Italiana Cinema d’Essai - non
ha retto alla prova televisiva. La pellicola
infarcita di inserzioni pubblicitarie, notiziari, previsioni meteo e oltremodo dilatata, sino a durare oltre tre ore, ha perso
infatti, la sua grande bellezza”.
Ma soprattutto, come gli esercenti temevano, la programmazione del film di
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Surfing
Sorrentino su una rete free ha concretamente annullato l’effetto rilancio in sala
che la conquista di un premio prestigioso
come l’Oscar garantisce regolarmente. I
numeri lo dimostrano: nel weekend 27
febbraio - 2 marzo, con 41 copie in programmazione, La grande bellezza è stato
visto da 7.987 spettatori per un incasso di
49.513 euro. Nel weekend successivo,
ovvero dopo l’Oscar e la programmazione
su Canale 5, mentre le copie in programmazione salivano a 88, presenze e incassi
diminuivano: 7.529 spettatori per 48.669
euro. Di contro, tanto per comprendere il
peso dell’Oscar, le performance di Dallas
Buyers Club, passato da 28 a 50 copie in
programmazione grazie alla vittoria di
Matthew McConaughey come miglior
attore protagonista, sono migliorate del
157% e quelle di Gravity, che, premiato
per la regia di Alfonso Cuarón, passava da
12 a 17 copie, addirittura del 655%.
Del resto già in passato si era dimostrato
che l’effetto Oscar funziona anche per
film usciti da tempo sul mercato: nel 1992
Il silenzio degli innocenti e Mediterraneo,
premiati rispettivamente come miglior film
e miglior film straniero, dopo la conquista
della mitica statuetta, nonostante entrambi
i titoli fossero già disponibili per il consumo home video, ebbero un improvviso
rilancio in sala, che consentì ai due film di
aumentare di circa 30% i propri incassi.
Insomma se per un verso è vero, come
sostiene Tozzi, che la teoria secondo cui i
film in tv non funzionano è errata, dall’altro una scansione di tempi nel consumo
di cinema aiuta a realizzare il miglior
sfruttamento del prodotto. Del resto se ad
Hollywood, che dal punto di vista economico continua ad essere il massimo, le
windows esistono, una validità devono
averla.
Marco Spagnoli
#LaGrandeBellezza
Nel bene o nel male, un evento senza precedenti
per il cinema italiano
ove milioni di spettatori,
circa 65000 tweet inviati
facendo diventare il titolo
del film l’hashtag di tendenza
principale in Italia, decine di
migliaia di post su Facebook e su
Google + nell’arco di poche ore a
commentare il film fanno della
trasmissione televisiva de La
Grande Bellezza un caso più
unico che raro. I suoi numeri in
termini di spettatori sono
elevatissimi, ma la cosa più
interessante è che – per la prima
volta – un film è entrato
nell’immaginario collettivo di
un’intera nazione seduta davanti
alla visione di un lungometraggio,
peraltro, vincitore dell’Oscar
come miglior film straniero. Mai
prima di adesso nel nostro paese,
ma non solo, infatti, il potere e
l’immediatezza dei Social Media
avevano interagito con questi
volumi di traffico per
commentare un film in diretta,
lodandolo oppure parlandone
male, eppure consentendo al
Cinema di fare qualcosa mai
verificatosi prima, “incontrare”
ogni possibile spettatore,
consentendogli la possibilità di
una replica al punto da
sviluppare un dibattito
multimediale che ha interessato
N
l’Italia anche nei giorni successivi
la trasmissione. Ed è questo
elemento a rendere
particolarmente interessante
l’accaduto: per la prima volta un
film ha toccato l’immaginario di
un paese in diretta, con
commenti che hanno permesso a
Paolo Sorrentino di affermare la
possibilità di quello che solo i
grandi cineasti riescono davvero
a fare: sollevare domande. E
poco importa se gli haters,
ovvero coloro che su Internet si
scatenano per insultare
indossando la maschera di un
nome falso, hanno ‘vomitato’
insulti senza senso al film (tra cui
anche la Conspiracy Theory
secondo cui l’Oscar sarebbe
avvenuto grazie all’intervento
occulto di Silvio Berlusconi…):
#LaGrandeBellezza ha fatto
quello che solo un film di
grandissimo valore ha potuto
fare, ovvero parlare alla società e
al tempo di cui è figlio e vedersi
riflesso nei commenti di milioni
di persone. Un evento senza
precedenti e dal valore storico e
culturale immenso che anche per
questo motivo assegnano al film
di Sorrentino il ruolo di
spartiacque, di un ‘prima’ e un
‘dopo’ del cinema italiano.
Performance di
Dallas Buyers Club
e Gravity migliorate
invece del 157%
e del 655%
aprile 2014
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
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TELECOMANDO
/// Libri ///------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Il regista favoloso
(a cura di)
Roberto De
Gaetano, Bruno
Roberti
Mario Martone.
La scena e lo
schermo
14 interventi critici per un autoritratto. Quello di Mario Martone
che, mentre sembra rifiutare
ogni autobiografismo, riflette
sulla propria vicenda, fondendo
l’individuo alla collettività e nutrendosi del sentimento della storia. Una personale mappa autoriale che risponde al desiderio
di ridisegnare un’immagine perduta, di rileggere il presente alla
luce del passato. Un modo di
raccontare che assegna alle immagini il compito di ricomporre
“la fibra del tempo perduto che
il film rifigura”. Un cinema del
sogno infranto, che fa di Martone uno degli autori più interessanti e completi del panorama
italiano contemporaneo. In attesa dell’imminente nuovo film, Il
giovane favoloso, su Giacomo
Leopardi.
Rileggere Martone
Il “sentimento della storia”, in attesa del
nuovo film su Giacomo Leopardi, interpretato
da Elio Germano
CHIARA SUPPLIZI
Dittatori da
schermo
Stefano Giani
Dittatori al
cinema. I
totalitarismi
europei sul
grande schermo
Il cinema e i dittatori totalitari
sono entrambi figli del ventesimo secolo e forse per questo,
escludendo i saggi storici, il cinema è sempre stato il mezzo
più potente per raccontare il lato oscuro del Novecento. Giani
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rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
aprile 2014
sceglie di concentrarsi sul panorama europeo, dividendolo in
macroaree (Hitler e la Germania, Stalin e l’Unione Sovietica,
il Fascismo italiano, le dittature
del Mediterraneo - la Grecia dei
colonnelli, la Spagna franchista
e il Portogallo di Salazar - e i regimi oltre la cortina di ferro),
ciascuna delle quali termina con
l’analisi di film tematici, a volte
popolari (Schindler’s List, La vita è bella), altre autoriali (Katyn,
L’ultimo metrò), altre ancora per
nulla scontati (Il labirinto del
fauno).
(Gremese, Pagg. 156, € 19,50)
ANGELA BOSETTO
Scoprendo
Koreeda
Claudia Bertolé
Splendidi riflessi
di ciò che ci
manca. Il
cinema di
Koreeda
Hirokazu
La memoria, la morte, la famiglia,
l’amore. Il quadrato magico di
Koreeda. In continuità con i motivi del cinema nipponico ma anche in aperta rottura. Dopo 10
film di finzione, una manciata di
documentari e una miniserie tv,
il regista è diventato un punto di
riferimento importante della Nuova Nouvelle Vague giapponese,
insieme a Kiyoshi Kurosawa e
Naomi Kawase. L’etichetta, va
detto, gli va stretta. Come argomenta bene Claudia Bertolé nel
saggio a lui dedicato l’opera di
Koreeda esprime una forte individualità, dove tradizione (Ozu)
e modernità si guardano, si sfidano, si abbracciano. Con il primo
titolo a trovare distribuzione da
noi (Father and Son), una guida
preziosa per conoscere un autore
di cui sentiremo ancora parlare.
(Il Foglio, pagg. 170, € 14,00)
GIANLUCA ARNONE
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Elio Germano ne
Il giovane favoloso
di Mario Martone,
in fase di
postproduzione
sto dizionarietto tematico, dove
la B è dedicata proprio a ue Jasmine (definito da Marchi “probabilmente il film più angosciante di Woody Allen con il finale
più cupo della sua intera produzione cinematografica”) può fornire una buono spunto di partenza per avvicinarsi al mondo di
Woody, a partire dalle sue pellicole preferite (ne salva solo sei:
Zelig, La rosa purpurea del Cairo,
Mariti e mogli, Pallottole su
Broadway, Match Point, Vicky
Cristina Barcelona) e dalle frasi
più celebri.
(Barbera, Pagg. 110, € 13,50)
Gattopardo
Cassavetes
senza filtri
Aneddoti e profezie errate: “Credo
che sarò ricordato come attore. Non
come regista”
di Angela Bosetto
ANGELA BOSETTO
Il vero Leone
Italo Moscati
Sergio Leone.
Quando il cinema
era grande
Il Woodyzionario
Simone Marchi
Woody Allen
dalla A alla Z
Complice l’Oscar appena
vinto da Cate
Blanchett per
Blue Jasmine, si rende necessario
un bel ripasso alleniano, dalla A
di “amore” alla Z di “007” (con
alcune lettere jolly come la P di
“politica”, “premi” e “psicoanalisi”). Per chi invece non conoscesse il regista newyorkese que-
John
Cassavetes
dietro la
macchina da
presa
In occasione del
trentesimo anniversario di C’era
una volta in America, Lindau riedita il diario emozionale di Italo
Moscati attorno al mondo di Leone. Un viaggio dalla cornice veneziana che comincia sulla spiaggia del Lido, dove Deborah e
Noodles passano il loro unico
istante di felicità, e termina alla
Biennale con la triste consapevolezza da parte dell’autore che oggi, per i giganti come Leone, non
ci sarebbe più posto. In mezzo
un caleidoscopio che mescola
sogni di gloria e arte di arrangiarsi, western e pistoleri, giovani cinefili e grandi ambizioni, stelle
fascinose e divi hollywoodiani,
lanciati o richiamati alla gloria.
Parafrasando Norma Desmond in
Viale del tramonto, Leone è sempre grande: è il cinema che è diventato piccolo.
(Lindau, Pagg. 288, € 22,00)
ANGELA BOSETTO
John Cassavetes.
Un’autobiografia
postuma
“Questa è l’autobiografia che John
Cassavetes non visse abbastanza per
scrivere” esordisce Ray Carney.
L’indomito cineasta, scomparso
venticinque anni fa, era famoso per la
sua parlantina, ma al tempo stesso
ammetteva: “Ammiro molto le persone
che riescono a raccontare la propria vita
in un’autobiografia, perché le
connessioni sono davvero complicate. Io
non riuscirei mai a districarle”. Il libro
costituisce solo un quinto del materiale
originale raccolto da Carney perché
John chiacchierava, a lungo e senza
filtri, di tutto: le proprie idee di cinema
(“Incredibile che un regista possa
permettere a qualcun altro di scrivergli
al sceneggiatura”) e come imporle (“Io
sono un gangster! Se voglio qualcosa
me la prendo!”), l’amata Gena Rowlands
(“Quella è la ragazza che sposerò!”,
disse la prima volta che la vide) e gli
attori feticcio. Rifiutava il ruolo di
maestro (“Ci sono tanti modi diversi di
fare film, tanti diversi approcci, a
seconda di quello che sei. Voglio dire,
che nessuno cerchi di imitare me!”) e
forse si sminuiva (“Credo che sarò
ricordato come attore. Non come
regista”), ma era pure quello che se ne
infischiava della falsa modestia,
dichiarando: “Sì, amo i miei film. E sono
film onesti. Che siano belli o brutti è
un’altra faccenda. Ma perlomeno
raccontano quello che so. […] Non ho
mai fatto un film che non piacesse a me.
Forse non piacciono a nessun altro, ma a
me sì!” Anche a noi.
TELECOMANDO
/// Colonne sonore ///--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
PICCOLA PATRIA
CAMERE CON UDITO
IL SODALIZIO tra Alexandre Desplat e Wes Anderson
va avanti dai tempi di Fantastic Mr.Fox; in
quell’occasione, per la prima volta, Anderson scelse di
ricorrere a un vero e proprio score, anziché alle playlist
di canzoni pop diventate quasi un marchio di fabbrica.
Col tempo Desplat si è ritagliato uno spazio sempre
maggiore, e oggi (come pure nel precedente Moonrise
Kingdom), con l’eccezione di pochi brani, il commento
musicale di The Grand Budapest Hotel può dirsi
interamente suo. Score fluviale nelle dimensioni,
quanto variegato nello stile: se in Moonrise Kingdom
Desplat era chiamato a una sapiente rielaborazione
dell’opera bernsteiniana, qui deve solo seguire il libero
flusso della sua creatività. Il risultato è consono
all’amosfera fiabesca tipica dei film di Anderson (A
Prayer for Madame D.): partendo dal folk russo di
Vitaly Gnutov, Desplat ha l’abilità di frammentare un
tema in mille rivoli, rendendo il tutto ora epico, ora
incalzante (Daylight Express to Lutz), ora magico e
sospeso (Third Class Carriage). Irresistibile il lirismo
sfrontato e sopra le righe dei mandolini in The Linden
Tree, come pure le percussioni di Escape Concerto che
ammiccano sornione all’ascoltatore. Il finale
(Traditional Arrangement: Moonshine) è l’ultimo giro a
bordo di una giostra trascinante quanto leggera nella
sua autoironia.
GIANLUIGI CECCARELLI
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aprile 2014
L’Aqua ze morta e Joska la rossa, due
opere recuperate e rinnovate dal
compositore e maestro vicentino Bepi
De Marzi per contrappuntare il
bell’esordio di Alessandro Rossetto.
Dove proprio la lingua, il sonoro e le
musiche caratterizzano le
contraddizioni di un Nord-Est che
assume i connotati di una piccola
patria. Ben riconoscibile, ma al tempo
stesso sorella di qualsiasi altro
luogo/non luogo nel mondo. Colonna
sonora curata da Paolo Segat,
Alessandro Cellai insieme all’attrice
Maria Roveran (foto), anche interprete
di due brani.
V.S.
NYMPH()MANIAC
Non solo i Rammstein, non
solo Bach, anche Charlotte
Gainsbourg canta in
Nymphomaniac: una bella
cover di Hey Joe (il nome
del suo personaggio), resa
immortale da Jimi Hendrix.
A produrre il pezzo Beck,
che con l’attrice francese ha
già lavorato agli album IRM
F.P.
e Stage Whisper.
L’EROICA AMERICANA
It’s Been a Long, Long Time di Harry
James and His Orchestra e Trouble
Man di Marvin Gaye: tutto il resto è
Henry Jackman, che ha fatto confesso
tesoro dell’esperienza nell’industria
musicale per creare una soundtrack
“coerente, con iniezioni sinfoniche,
tematiche ed eroiche”. Già, non un
mero commento sonoro alle
supereroiche gesta, bensì un
controcanto poderoso, a tratti rockaccorato, che echeggia il miglior Hans
Zimmer al servizio di Christopher
Nolan. Insomma, uno score da leccarsi
F.P.
le orecchie: applausi.
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