Il narratario, nella moderna
critica letteraria indica il
lettore, non quello reale, che
ha letto o che leggerà, ma
l’implicito, quello cui si
rivolge l’autore.
Come scriveva Manzoni nel
primo capitolo del suo
capolavoro: “Pensino i miei
venticinque lettori che
impressione dovesse fare
sull’animo del poveretto,
quello che s’è raccontato”.
anno undicesimo
numero diciannove
Angeli
al posto di fantasmi
Durante un lungo
soggiorno a Parigi,
Rilke potè a lungo
osservare un quadro del
grande pittore spagnolo
El Greco e maturò il
bisogno di un altro
viaggio: alla volta della
terra, della luce e dei
colori che avevano
segnato El Greco.
Lui, Rilke, segnato dal
dono della parola,
voleva quasi in
pellegrinaggio ritrovare
i segni di chi, El Greco,
era stato segnato dal
dono del colore.
Così nel novembre del
1912 Rilke è a Toledo e
nel suo taccuino
annota:
«È possibile che il mio
prossimo passo sia
imparare questo: la
realtà degli angeli dopo
la realtà dei fantasmi.
[...] El Greco, spinto
dalla conformazione di
Toledo prese ad
introdurre un interno di
cieli, a scoprire lassù
celesti immagini
speculari di questo
mondo, da esso diverse,
e a loro modo coerenti
come i riflessi degli
oggetti nell’acqua.
L’angelo, nella sua
opera, non è più
antropomorfo come
l’animale nella favola,
né è più il segno
ornamentale segreto
dello stato teocratico
bizantino. La sua
essenza è più fluida, è il
fiume che attraversa i
due regni; anzi, nel più
vasto orizzonte dello
spirito, l’angelo è ciò
che l’acqua è sulla terra
e nell’atmosfera:
torrente, rugiada,
abbeveratoio, fontana
dell’esistenza, caduta e
ascesa».
Da qui i suoi
Engellieder
[Canti di Angeli],
ora in una nuova
traduzione con testo a
fronte a cura di Diego
Cappelli Millosevich e
Alessandro Paronuzzi,
che raccoglie tutte le
poesie sugli angeli di
Rainer Maria Rilke per
i tipi di Ancora
Editrice, Milano, 2005.
« Se canti un dio,
questo dio ti ricambia
[col suo silenzio.
Ognuno di noi s’incammina
verso un dio silenzioso.
L’impercettibile scambio
che ci dà un fremito,
è l’eredità di un angelo
che non ci appartiene ».
[Da Le quartine Vallesane]
Oggi, senza fremiti,
impronte cave di
umanità irriconoscibili
s’aggirano di notte
come fantasmi.
Quanti, ora e in loro
vece, non sognerebbero
di vedere angeli?
Ma bisognerebbe esser
figli di Rilke,
più che di Francia.
il
narratario
Bottiglie per la «Città Morta». 2005. Tecnica Molotov. Parigi. Sede clandestina.
Foto Afp dopo ritrovamento e sequestro di polizia. - (Particolare)
laboratorio di testi: racconti analisi rapsodie epopee
giornale in foglio con editoria elettronica da tavolo direttore responsabile Fabio Trazza
www.ilnarratario.info - Premio Nazionale “Verba Volant” 1999 con patrocinio Ministero Pubblica Istruzione - [email protected]
redazione organizzazione fotocomposizione e stampa in proprio
Periodico Quindicinale - Aut. Tribunale Milano 34/95 28.1.1995 - tel/fax 02/6123586 -via Arbe 29 - 20125 Milano
Siamo tutti Malte
«Malte» è il personaggio
Uno studioso dei Quaderdi un libro. Una maschera
ni di Malte, F. Jesi, fa ridietro la quale si cela il suo
salire l’intuizione della
autore, Rainer Maria Ri«forma cava» di Rilke a
lke (Praga, 1875 – Valuna novella di T. Gautier,
mont, Vallese, 1926). Il liArria Marcella, nella quabro, I quaderni di Malte
le si racconta come, distrutLaurids Brigge, scritto tra il 1904 e il 1910, pubblicato nel 1910, pre- ta la città dall’eruzione d’un vulcano e seppellita ogni cosa, una fanciulla
senta emblematicamente intrecciati i temi degli orrori di una metropoli e lasciò nella cenere l’impronta cava del suo seno ornato di gioielli.3)
della perdita del principio di identità.
E quale sconforto, pensando a Parigi, non dovrebbe scavare di più le
Malte, durante un lungo soggiorno a Parigi, scrive tra tanta povertà, nostre forme? Quante impronte cave su Parigi e non di seni ornati, ma di
come in una raccolta di frammenti, l’esperienza di sé e degli altri, la lamiere contorte dall’eruzione della povertà, della disintegrazione e di
misura dell’incontro tra l’io e la realtà, la percezione della difficoltà ad tante identità perdute. Sembrava godere Parigi, incontaminata per non
esistere, il ruolo dell’arte come estremo fattore di resistenza alla disinte- essere accorsa alla guerra contro qualche dittatore che nel mondo lacera
grazione personale e sociale. Celebre l’esordio dei Quaderni di Malte: orizzonti e s’è trovata con la guerra in casa, accerchiata da un fuoco da
combattere col coprifuoco. Il presidente di Francia lo ha esteso a tre
«E così, qui dunque viene la gente per vivere; crederei piuttosto che si mesi. Guerra lunga. Inforcati gli occhiali, uscito sul balcone del televisomuoia, qui. Sono uscito. Ho visto: ospedali. Ho visto un uomo che re ed entrato in ogni casa, avrebbe detto che la colpa del fuoco è dei
barcollava e cadeva. [...] Ho visto una donna gravida. Si spostava fatico- genitori dei figli che l’appiccano, salvo poi aggiungere che tutti quei
samente [...]. Bene. La sgraveranno. [...]»
giovani dannati sono figli di Francia. Pensare che c’era chi credeva ba— Capita, dopo 100 anni, nella solitudine del caldo d’agosto di stasse togliere un velo per dirsi francesi. Evidentemente non è neppure
bastato offrire i più bei seni, neanche ornati
vedere una donna, barcollante da chissà
con i più raffinati gioielli, per non essere sequale continente, a Sesto San Giovanni
polti dalla cenere. E le impronte cave di umachiederti dell’ospedale. E, se l’accomnità irriconoscibili s’aggirano di notte come
pagni, capirai bene: la sgraveranno —.
fantasmi. Quanti, ora e in loro vece, non so«E poi? un bambino in una carrozzina ferma:
gnerebbero di vedere angeli? Ma bisognerebera gonfio, un po’ verde [...]»
be esser figli di Rilke, più che di Francia.4)
«E non posso fare a meno di dormire con la
La realtà di una sola persona insegna a vedere
finestra aperta. Tram elettrici attraversano a
più di tutte le ideologie contenute in un intero
precipizio la mia camera, scampanellando.
stato. Integrare una persona con la realtà non
Automobili passano su di me. Una porta si
è mai un fatto ideologico, ma un incontro nelchiude di colpo. Da qualche parte un vetro
l’esperienza. Ottenere e garantire un ordine
cade tintinnando, sento il riso sonante dei
in una piccola come in una grande comunità
grossi frammenti, quello piccolo e sommesso
non è mai un fatto giuridico, ma un riconoscidelle schegge. Poi d’improvviso un rumore
Afp mento personale del valore e della dignità di
sordo, soffocato, dall’altra parte, dentro la
persona che in quella comunità ti circoncasa. [...]»
«Natura Morta», direbbero a prima vista i ogni
da o ti appare. L’integrazione, cioè, è qualco« Questi sono i rumori. Ma c’è qui, qualcosa miei venticinque lettori, dinanzi a sa di più complesso del dettato d’una legge e
di più pauroso: il silenzio. Io credo che nei quest’immagine lanciata dall’Agenzia Afp. della sua imposizione, anche se oggi è di moda
grandi incendi arrivi talvolta un istante così,
pensare che il miglior stile prefettizio sia la
di estrema tensione, i getti d’acqua ricadono, Invece, più opportunamente, potremmo miglior garanzia per allontanare gli orrori da
i pompieri non s’arrampicano più, nessuno titolare questa “composizione di bottiglie”: una città. Ma persino al fondamento della
si muove. Senza suono un cornicione nero «Città Morta». Nate per incendiare le Milano moderna, quella dei Borromeo, si pencomincia a muoversi, lassù, e un’altra parete
sava che più che le leggi e prima delle armi,
dietro la quale il fuoco si leva furioso si incli- periferie parigine, sono state ritrovate e per integrare i musulmani nella città cristiana
na, senza suono. Tutti ristanno e con la testa sequestrate dalla polizia francese in uno dei valesse addirittura raccontare un sogno.5)
insaccata fra le spalle, i volti tutti raccolti tanti rifugi degli ultimi dannati della città. Quando si autorizzano i funzionari dello stanegli occhi, aspettano il colpo terribile. Così
to a emanare il coprifuoco, è guerra. Quando
è qui il silenzio.»
li si propone perché vengano eletti alla guida
«Io imparo a vedere. Non so perché tutto penetra in me più profondo e di un’assemblea elettiva, si fa finta di non farla.
non rimane là dove, prima, sempre aveva fine e svaniva. Ho un luogo E poi, i funzionari dello stato! Diciamo pure i semplici prefetti.
interno che non conoscevo. Ora tutto va a finire là. Non so che cosa vi Ma perché non vengono mai dati poteri e mezzi straordinari a chi governa gli studi e le arti? Sono funzionari dello stato meno utili a una società?
accada.»
Giova di più una scuola o una caserma all’integrazione sociale?
— Capita, dopo 100 anni, quando in tante città d’Europa s’incen- Forse mancano figure politiche che capiscano questo dilemma. Certadia il cerchio più periferico, come mura di fuoco, a cominciare da mente abbondano in politica figuri che incitano alla distruzione, anche
Parigi, e tutto si può osservare su piccoli schermi e leggere su fisica, delle scuole. Per loro la sacralità del sapere non è inscritta nel
giornali in attesa gratis alle stazioni metropolitane, che, non so codice originario di ogni persona e ogni scuola non è vista come un
perché, tutto rimanga là, in superficie. Rimane là dove, subito dopo, tempio, ma come palestra per semplificare la vita di chi si libera dei figli
tutto finisce e svanisce. Più ci mostrano, più ci commentano, più ci e come panchina da imbrattare impunemente, quando non da incendiare.
presagiscono, e più ci costruiscono addosso un luogo esterno che L’abbondanza di figuri e la mancanza di figure hanno portato al fuoco.
conosciamo bene e che assomiglia tanto a una passerella di moda. E allora? Si stia lontani dai proclami ideologici, filtrati dai comunicati e
Ora tutto va a finire là e nessuno sa cosa vi (e ci) accada.
dalle analisi sui grandi mezzi di comunicazione.6) E impariamo a vedere
coi nostri occhi, anche a rischio di avvicinarci al fuoco o all’orrore. Chi è
Dovremo attrezzarci a fare come Malte: imparare a vedere —.
andato a vedere spesso si è ritratto, ma ha imparato a vedere, anche se
«Ma la donna, la donna: s’era accasciata su di sé contro le proprie mani. non sa più rispondere con le vacuità della moda o delle ideologie. Anzi,
All’angolo di rue Notre–Dame–des–Champs. Appena la vidi così, ral- interrogato, sceglierebbe il silenzio e vi direbbe che non sempre si può
lentai il passo. Quando la povera gente riflette, non bisogna disturbarla. raccontare ciò che il ricordo conserva nel silenzio di una ferita.
Ciò che cerca, forse le viene in mente davvero.
Il silenzio qui, nell’incendio, è così, a saper ben vedere: i volti tutti raccolti
La strada era troppo vuota, la sua vacuità si annoiava e mi tirava via il negli occhi, aspettando il colpo terribile. Come è un incendio la droga.7)
passo di sotto i piedi e se lo portava in giro sonante, qui e là, zoccolante. Oltre a saper ben vedere, bisogna anche saper ben parlare, cominciando
La donna si spaventò e si trasse su da sé, troppo in fretta, troppo di dall’esperienza di guardare nel profondo, per vedere angeli dove dicono
forza, così che il volto le rimase fra le due mani. Potevo vederlo giacere siano fantasmi, e dall’esperienza di parlare al profondo, più profondo
in esse, la sua forma cava. Mi costò uno sforzo indescrivibile mantenere della legge, cominciando dai sogni.
gli occhi su quelle mani e non guardare ciò che s’era strappato da esse.
Provavo orrore a vedere dal di dentro un volto, ma ancora di più temevo 1)— R. M. Rilke, I quaderni di Malte Laurids Brigge, trad. it. di F. Jesi,
di levare gli occhi su una testa piagata a nudo, senza volto.1)»
Milano, Garzanti, 19803, pp.1–4, per tutti i passi sin qui citati.
e dobbiamo imparare a vedere
«CITTÀ MORTA»
—Capita così che Parigi ci mostri oggi dal di dentro il suo volto. E
quante altre Donne d’Europa, alla gran moda, son tentate di far lo
stesso! La realtà, dietro la forma con cui ci appare, non è mai vuota,
è solo cava. Lo stesso Malte, ci dice Rilke, è una «forma cava»,
«hohle Form», «dove avvallamenti e profondità sono il dolore e,
insieme, il disperato acume che proviene dallo sconforto.2)»
2)— R. M. Rilke, Del Poeta, a cura di N. Saito, Torino, Einaudi, 1948, p.29.
3)— F. Jesi, Esoterismo e linguaggio mitologico. Studi su R. M. Rilke, Messina–Firenze, D’Anna, 1976, p.79.
4)— R. M. Rilke, Engellieder, Milano, Ancora, 2005.
5)— “Un inedito del Card. Borromeo”, presentato in questo numero.
6)— Una “rassegna” significativa in questo stesso numero a pagina 2.
7)— “Emozioni clandestine”, esperienze vissute ai margini della città.
Saper guardare nel profondo
Rubare e scippare. Roba da droga. Droga vissuta e
amata da Marco Faggionato. 42 anni. Ha bivac- come i “City Angels”e il “santo accattone”
cato nelle condizioni più disperate ed è finito alla
Marco Faggionato
Stazione Centrale di Milano, coperto di stracci a
ripararsi dal freddo. Mario Furlan, fondatore dei
Emozioni clandestine
City Angels, lo incontra sbucare da mucchi di luridi cenci e vestiti usati stretti a coprire i tanti
Marietti
come lui. Marco gli chiede se gli Angels sono
riusciti quella sera a dar da mangiare a tutti i suoi
Ho rubato un pezzetto di cielo,
compagni. Furlan sa che la fame permette di penho ghermito il respiro del mare,
sare agli altri solo tanto tempo dopo. Invece Fagho scippato il profumo della terra,
gionato lo interrogava presto, troppo presto, con
che è come un fiore,
una domanda che stupiva: occuparsi degli altri,
e li ho poi chiusi in un pezzetto di terra mia
avventura dimenticata. Ma Furlan non era lì a
dar da mangiare ai barboni, come gl’inservienti con quello sguardo penetrante delle emozioni
che aprirò, nelle giornate tristi
che inforcano il cibo da buttare alle bestie nelle
perché sei tu terra bellissima
gabbie da circo. Era lì per servire e aveva saputo
come la tua isola del sole.
guardare. E dopo: la scoperta dei suoi versi.
Che porta tante emozioni clandestine.
Marietti li pubblica con la dicitura: «L’Editore
metterà a disposizione di un ente di beneficenza
l’utile derivante dalla vendita del presente volume». In Prefazione, dirà F. Buzzi: «Ma il poeta
senza fissa dimora conosce bene anche la disperazione di chi si lascia andare e cerca evasione
sulla strada senza ritorno dela droga che uccide
[...]. Da queste insensate vie di fuga il poeta
richiama con ferma convinzione tutti i disperati
di questo mondo, invitandoli alla resistenza e
reclamando per sé e per loro la dignità umana e
il diritto all’esistenza.
L’unica forma di «alienazione» ammessa è la
sua, quella poetica, che permette all’uomo di
vivere sempre teso tra i ricordi belli del tempo
perduto e il desiderio di una felicità futura: questa risulta irraggiungibile dalla condizione di
sogno nella quale egli pensa di avere trovato
rifugio, a meno che non si trasformi in quella
del santo accattone».
martedì
15 novembre 2005
Il sogno
dell’integrazione
a proposito di un
Inedito del Card. Borromeo:
« Luce mattutina.
Dialogo sulla vera fede
tra un cristiano
e un musulmano »
a cura di Marina
Bonomelli e Franco Buzzi
Milano. Ancora. 2005.
pp.110
Un libretto piano,
singolare, concepito dal
Borromeo nei primi
decenni del seicento,
immaginato come
strumento di diffusione
vera delle verità più
semplici (e più
paradossali) di una
religione all’indomani
degli sconvolgimenti
causati dai libretti di
Lutero e di Calvino.
Il Cardinale ne sognava
anche una traduzione in
arabo e in persiano, per
rendere possibile una
conoscenza più
ravvicinata e veritiera
tra le religioni cristiana
e musulmana.
Sotto forma di favola si
racconta di un persiano
che in prima persona
narra un sogno:
«Era quasi l’alba e la
terra attendeva che da
un momento all’altro la
luce tornasse a
rischiararla, mentre io,
come d’abitudine, ero
intento a pregare con
gli occhi rivolti al
manto celeste fiorito di
stelle.
Poi, distogliendomi da
questa visione e
approfondendo la mia
meditazione, mi lasciai
trasportare in questo
viaggio spirituale
abbandonando ogni
pensiero terreno. Così
mi sembrò che il mio
spirito si acquietasse in
un luogo piacevole e
felice.
Dopo qualche istante,
mi parve di veder venire
verso di me da sinistra
un venerando vecchio
avvolto in una ricca
tunica bianca. Si
avvicinò, guardandomi
nel profondo degli
occhi, ed entrambi
rimanemmo per un poco
in silenzio».
Era Shaphur, re di tutti
i persiani, convertito al
cristianesimo dai tempi
più antichi, dal tempo
dell’imperatore
Costantino.
In questo incontro si
snoda analiticamente il
confronto tra le due
religioni.
L’attualità di questo
libretto semplice non è
solo il confronto
teorico, ma l’esigenza di
capire il progetto del
costituirsi di una chiesa,
funzionale al soccorrere
il cammino dell’uomo
tra il bene e il male. E,
su questo, il confronto si
rivela ancora oggi
decisivo, se si vuole
allontanare dalla città
l’orrore che gli uomini,
camminando, lasciano
su strade e marciapiedi.
il
narratario
Ideologie bruciate nelle banlieue.
Parigi brucia e la Francia non sa perché,
la Francia brucia e il mondo si chiede «quando toccherà a me?». [...]. La colpa è della
disoccupazione, 10% nel Paese fino al 50%
tra i giovani maghrebini. È il fallimento
del multiculturalismo tollerante, no è la
rotta dell’integrazione forzosa nella République, tutti uguali, via il velo islamico dalle scuole. Sono gangs criminali, come nel
ghetto di Los Angeles 1992. È il black out
anarchico, New Orleans sulla Senna.
[da Gianni Riotta,
Corriere della Sera, 7.11.2005, p. 1]
Rivolta di una generazione.
La conversazione con Le Goff spazia
da jacqueries a sanguinosissime repressioni, da insurrezioni a teste mozzate.
«Più che ai moti studenteschi del Sessantotto, la violenza dei ragazzi di banlieue
mi fa pensare alla rivolta dei Ciompi che
vide opporsi nella Firenze del Trecento i
lavoratori tessili alla borghesia cittadina.
Mi vengono in mente anche le sommosse
dei chartists, durante i primi movimenti
operai nell’Inghilterra appena industrializzata».
Ma che cosa ha scatenato il caos?
«Vede, non è esatto sostenere che la
polizia francese sia interamente razzista,
però è innegabile che tra le sue forze ci sia
un certo numero di uomini razzisti e violenti. Qualche giorno fa due giovani
banlieusards sono morti durante gli scontri: ebbene, il ruolo della polizia in quell’incidente è rimasto oscuro. Poi ci sono
state le dichiarazioni del ministro degli
Interni, Nicolas Sarkozy, che ha trattato
questi giovani come “racaille” (feccia, ndr).
Quest’ultimo fatto ha modificato lo stato
d’animo dei rivoltosi, i quali adesso si sentono abbandonati e insieme disprezzati».
Quali soluzioni suggerisce per riportare
la calma?
«Bisognerebbe anzitutto trovare un lavoro ai disoccupati per integrarli in quella
società che vorrebbero distruggere».
[da un’intervista di P. Del Re allo storico Le Goff: “Le colpe del governo sono
enormi”. La Repubblica, 7.11.2005, p. 4]
Problema di identità
[...]Esiste molto più urgente, e non solo
a Parigi, un problema d’identità. I banlieusardes non sanno chi sono e certo non
vogliono sentirselo dire dalla Polizia.
[da Fulvio Cammarano. La rivolta
nelle banlieues parigine. Un problema
di identità da risolvere.
Corriere adriatico, 7.11.2005, p. 1]
pagina 2
Sintesi di rassegna sui fatti di Francia filtrati da comunicati e analisi sui grandi mezzi di comunicazione
Come placare questo odio
Non basta concedere la cittadinanza se
poi i diritti che ne derivano non possono
essere esercitati a causa di disuguaglianze
economiche e sociali che li vanificano di
fatto. Contrariamente ai loro padri o «fratelli maggiori», agli incendiaires di Aulnay o Clichy non è più sufficiente l’essere
francesi; essi chiedono di accedere a quello sportello della modernità che per loro
appare quasi sempre chiuso.
[...] Quell’odio che ci aveva mostrato
già dieci anni fa nel suo film Kassowitz
titolato, non a caso, La haine. Un vero e
proprio pugno nello stomaco profetico per
gli spettatori.
Ripensare l’integrazione diventa, dunque, un passo necessario.
[da Renzo Guolo. Come placare questo
odio. La Repubblica, 7.11.2005, p. 1]
Coprifuoco, violenza e appelli
«Coprifuoco eccezionale» a Raincy, sobborgo di Parigi a 16 km dal centro della
capitale. «Ci sono rischi non trascurabili
per le scuole». [...]
Spari contro i poliziotti.
L’undicesima notte di violenza non ha
più coinvolto soltanto a Parigi, ma si è
estesa in tutta la Francia e si è alzato il
livello dello scontro. Le bande di giovani
hanno infatti cominciato a sparare: a Grigny, a sud di Parigi, usando fucili da caccia
hanno colpito decine di poliziotti.
[...] Un invito a fermare gli scontri in
atto nelle banlieue arriva, inatteso, da
Muhittin Altun, il giovane maghrebino che
il 27 ottobre si era rifugiato con due amici
nella cabina elettrica di un cantiere a Clichy-sous-Bois per sfuggire alla polizia.
[Corriere della Sera on line. 7.11.2005,]
A Parigi sognando Baghdad
Eccoli i comunardi notturni delle
banlieue, gli adolescenti incanagliti delle
molotov: è la generazione perduta e insultata da Sarkozy, la immalvagita controsocietà under 20 di una Francia dove la sinistra fa finta di non vedere e la destra brandisce un’ideologia della impotenza mascherata da attività.
[da Domenico Quirico.
La Stampa 7.11.2005, p. 3]
Stranieri e povertà
Italia come la Francia? Non credo che
le parole preoccupate di Prodi sul degrado
di molte nostre periferie intendessero proporre questa identificazione. La rivolta
[...] nasce dal doppio sradicamento che è
il rischio della terza generazione di immigrati in ogni paese: privi di legami e identificazione, salvo che eventualmente ideologica, con i paesi di provenienza di genitori e nonni, ma ancora alle soglie della
piena cittadinanza, da cui in pratica li allontana ogni giorno la chiusura falsamente omogenea dei quartieri dove sono concentrati non (non più) perché immigrati,
ma perché poveri, disoccupati, per il fallimento del percorso di mobilità sociale che
aveva spinto la prima generazione a emigrare e a sopportare ogni sacrificio.
[da Chiara Saraceno. Stranieri e
povertà. La Stampa 8.11.2005, p. 1]
Parigi brucia
del nostro fuoco nullista
Cacciarli non si può. È una tipica utopia
regressiva. Non ha senso. Non lo consente l’economia, prima ancora che il senso
di giustizia e il realismo demografico. [...]
Finora siamo soltanto riusciti a globalizzare anche tra gli islamici l’immagine del
giovane ribelle altermondialista, un cretino violento con il passamontagna che
prende a calci quel “fascista” di Bush e
sfila con quel cocainomane di Maradona e
quell’energumeno di Chavez alla conquista di un pallone che fugge tra le case, con
in mano l’estintore del povero Carlo Giuliani. Forzare gli uomini a essere liberi, il
vecchio progetto di Rousseau, non è possibile se non in un disegno totalitario destinato a fallire; ma offrire questa possibilità, difendendo il proprio sistema di libertà e il proprio credo, e impegnando chiunque alla sfida di praticarlo, è la sola via.
[da Il Foglio. 8.11.2005, p.3]
Modello gang Usa anni ‘80
Olivier Roy, uno dei massimi esperti di
terrorismo e islam, autore di saggi illuminanti come «L’islam mondialisé», nelle
interviste all’Herald Tribune, a Newsweek,
e al Giornale, esclude che la rivolta abbia
una matrice religiosa.
[da intervista di MF.
Il Giornale. 8.11.2005, p.2]
Sarkozy ha fallito
E ora grida al complotto. [da Cohn-Bendit.
Il Messaggero. 8.11.2005, p.3]
Intervista all’imam di Parigi
L’imam di Parigi, Dalil Boubakeur in
un’intervista si dichiara indignato: «Non è
una rivolta islamica. È criminale mescolare l’islam alle violenze delle banlieue, noi
semmai siamo vittime della intolleranza».
E a sorpresa L’«Unione delle organizzazioni islamiche», vicina ai fondamentalisti, ha emanato una «fatwa» «per calmare la collera dei giovani»: «è vietato - recita - cercando la soddisfazione e la grazia
divina partecipare a qualsiasi azione che
distrugge ciecamente beni privati o pubblici o mette in pericolo la vita altrui».
[da Domenico Quirico.
La Stampa. 8.11.2005, p. 3]
Silenzio degli intellettuali
Tira un’aria strana sulla cultura francese [...]. Sono passati dieci anni dalla morte
di Jean-Paul Sartre [...] e dal suicidio del
filosofo Gilles Deleuze [...] Se ne sono
andati Pierre Bourdieu [...] e Jacques Derrida [...] e Paul Ricoeur [...] ...
La fine dell’engagement [supporto aperto e schierato della cultura con la politica, N.d.r.] coincide, dunque, con la morte
della cultura francese? Potrebbe sembrare
un’esasperazione, ma nelle esagerazioni,
a volte, sono contenute proprio le verità
più indicibili.
[da Massimo Panarari.
Il Riformista. 8.11.2005, p.2]
Cambiare
Se l’Europa vuole vivere in pace con le
proprie minoranze musulmane. deve riconoscere che non è soltanto l’Europa che
deve cambiare. Devono farlo anche le
minoranze musulmane. Se queste minoranze sapranno adattarsi e assimilarsi, gli
europei un giorno potranno ricordare le
attuali rivolte come gli americani ricordano quelle degli anni Sessanta: un tragico
capitolo di una storia a lieto fine. In caso
contrario, l’Europa dovrà trovare nuove
soluzioni e adottare nuove politiche per
affrontare la minaccia che cova al suo interno.
[da David Frum.
Il Foglio. 9.11.2005, p.2]
L’errore parigino
Una Francia, che vede il pericolo nel
resto dell’occidente, non solo non si è accorta —nonostante gli avvertimenti di
André Glucksmann— della minaccia globale del nichilismo e di aver quel nemico
proprio in casa, ma ha finito con lo spianargli la strada contaminandolo con l’antiglobalismo, con l’antiamericanismo e
con il predominio delle culture relativiste.
E’ stata una resa preventiva.
[da R.Foa. Il Giornale. 9.11.2005, p.1]
Brucia scuola, brucia!
Vanno verso i luoghi dove si svolge abi-
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Edizione fuori commercio - Vietata la vendita - Proprietà letteraria e artistica ®
Distribuzione a cura del «Laboratorio Altiero Spinelli»
la scuola, sono già divisi in classi, sono
conosciuti dal corpo docente. Aprendo
subito la scuola alle forze del territorio, al
volontariato, agli specialisti, agli sportivi, agli artisti e sburocratizzandola, potremmo anticipare avventure, canalizzare emozioni, orientare amicizie, scaricare
con intelligenza i traumi che alcuni ragazzi si portano dietro dall’infanzia. Da tempo vado dicendo che nelle scuole di periferia dovremmo mandare docenti preparati ad hoc e fortemente motivati. Invece
succede quasi sempre il contrario. […] Se i
nostri governanti fossero lungimiranti e
più meditativi alcune contromosse le studierebbero in breve tempo.”
Agli incubi o alle astuzie dialettiche, preferisco il sogno dell’ Avvenire, il sogno di
una scuola che non venga più data alle
fiamme, ma difesa e amata dagli stessi che
oggi la disertano, la odiano e, come in Francia, la bruciano. La catastrofe che per alcuni è solo un disastro e una conferma dei
propri incubi, o un’arma impropria per
dare forza a tesi precostituite, per altri è
sinonimo di rovesciamento, capovolgimento che, mettendo fine a qualcosa, permette di immaginare nuove prospettive,
nuovi scenari e spinge ad “attrezzarsi per
dominare il caso, per portarsi all’altezza
martedì 15 novembre 2005
laboratorio di testi: racconti analisi rapsodie epopee
dell’improbabile…rinunciare ad ogni pretesa di totalità e saperci, invece, ben condurre in viaggio. Rendere la terra «gradevole dimora» nel nostro transitare. (S.
Natoli)”
[da Piero Welby (Il Calibano).
Notizie Radicali 11.11.2005
Malattia planetaria
Le radici del problema, io credo, non
sono da ricercare tanto - o soltanto - negli
errori commessi dai Paesi sviluppati nella
gestione delle politiche migratorie, per
meglio dire delle ondate di immigrati che
li stanno investendo, quanto piuttosto
nella vertiginosa crescita della disuguaglianza globale che si è verificata, e incessantemente è cresciuta, negli ultimi venticinque anni. L’ultima generazione è cresciuta
in questa disuguaglianza crescente e i leader dei Paesi ricchi si sono illusi che milioni e miliardi si sarebbero adattati a questa
situazione. Ora cominciamo a vedere che
la crescita smodata della ricchezza di pochi non è più accettata da masse crescenti
di poveri, ovvero di coloro che finiscono
di sentirsi poveri (anche se con i metri del
passato non lo sarebbero) di fronte all’ostentazione della ricchezza dei ricchi,
che viene percepita come un’offesa. Non
è un caso che vengano dati alle fiamme i
simboli della civiltà dei consumi e che,
nello stesso tempo, la lotta politica e sindacale, che in altri tempi erano la norma,
siano state scavalcate dall’esercizio di una
violenza che non ha apparentemente
obiettivi se non quello della distruzione.
[da Mikhail Gorbaciov.
La Stampa. 11.11.2005, p.1]
Un’Educazione
Educazione per Ricostruire
La situazione di «guerriglia urbana» con
la quale la Francia si trova a confrontarsi è
altrettanto disastrosa della manifesta assenza di giudizio da parte dei diversi responsabili. Per spiegare la complessità della situazione, non si fa che evocare i problemi socio-economici che la «banlieue»
vive da decenni; come se, al fondo, la dignità dell’uomo si potesse misurare in funzione del luogo dove abita e ridurre a una
dimensione puramente economica.
Le manifestazioni di estrema violenza
alle quali il potere, con ragione, vuole mettere fine, sono rivelatrici di un malessere
che non è solo materiale. C’è un grido che
fa sorgere una domanda: qual è il senso di
tutto ciò?
Le risposte fornite dalla società moderna al desiderio di giustizia, di verità, di li-
il
tualmente la loro vita (molto realisticamente indicati): ma dietro a una curva, in
fondo a una strada, nel buio di un cortile,
nel vano di un portone ecc., cioè là dove
scompaiono nella loro vita, per non ripresentarsi più, come ingoiati nel nulla,
vengono uccisi nei modi più diversi: e tutti prodigiosi: simboli delle ragioni vere per
cui si muore nel mondo moderno (si tratti
di morte fisica o di altra morte) [P. P.
Pasolini].
Viviamo protetti dai bozzoli dei nostri
incubi, o dei nostri sogni, e interpretiamo
ciò che accade nel mondo dai rumori e dalle
ombre che la trama del bozzolo lascia filtrare. Reso il dovuto omaggio alla Caverna
Platonica, vediamo come gli incubi e i sogni influiscono sulle nostre percezioni.
Parigi brucia: La Padania va dritta al
sodo e, se Parigi brucia, le fiamme illuminano l’assalto degli “extracomunitari” alla
Bastiglia-Europa, e ad andare in fumo non
sono le Citroën e le Renault, ma “il sogno
dell’integrazione multirazziale e multiculturale”.
Il Foglio, misogallo dichiarato, nei sinistri bagliori che illuminano le notti d’oltralpe vede “i danni di un secolarismo ideologico” e “l’immagine del giovane ribelle altermondialista, un cretino violento
con il passamontagna che prende a calci
quel “fascista” di Bush e sfila con quel cocainomane di Maradona e quell’energumeno di Chavez alla conquista di un pallone
che fugge tra le case, con in mano l’estintore del povero Carlo Giuliani”. Mancano
solo i lanciatori di sassi dai cavalcavia, i
disadattati che bruciano le auto posteggiate nei cardi e i decumani della Città Eterna, le forze dell’ordine in ritirata dai Quartieri di Napoli, la guerriglia domenicale intorno agli stadi. Possibile che il fiammifero del secolarismo, acceso da meno di duecento anni, abbia fatto più danni dei roghi-devoti che hanno illuminato, nei millenni, il mondo?
Scrive Salvatore Natoli, che se nel linguaggio cristiano passare al secolo voleva
dire concedersi alla perdizione, alla dissipazione (compromettersi col peccato),
nella modernità significa divenire signori
del tempo, assumendosi in prima persona
il compito, se non di eliminare il dolore,
di ridurlo e di differire illimitatamente la
morte dal momento che non è possibile
vincerla. Non va, vero? lo so lo so, si torna a palla alla bioetica, all’Io-desiderante
e a tutta la minestra riscaldata dello scontro referendario che ha visto il Foglio in
processione.
L’Avvenire, tra le fiamme e il fumo, vede
il fallimento della scuola e propone il rimedio: “Tutti gli adolescenti frequentano
narratario
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direttore responsabile Fabio Trazza
bertà che è insito nel cuore dell’ uomo, di
ogni uomo (devastatori e vittime) non ne
misurano la profondità e non possono non
riportarci alla mente la frase profetica di
Teilhard de Chardin: «Il più grande pericolo che possa temere l’umanità oggi non è
una catastrofe esterna, una catastrofe cosmica, non è né la fame né la peste; al
contrario è questa malattia spirituale —la
più terribile perché la più direttamente
umana fra tutte le calamità— che è la perdita del gusto di vivere». (Il fenomeno umano, parte III)
Senza negare l’importanza dei problemi
sociali come la disoccupazione, soprattutto fra i più giovani, crediamo che le cause
siano ben più profonde di quelle indicate
dagli analisti.
La perdita del «gusto di vivere», o la
mancanza di un senso della vita affligge
ogni uomo che vive nella nostra società, in
periferia come in città o in campagna. Di
fronte alle ingiustizie e ai fallimenti di ogni
sorta, siamo messi di fronte a una umanità
che non sa più agire ma solo reagire, che si
abbandona alla reattività e che non crede
più né al dialogo né alla comunicazione,
perché queste due dimensioni implicano una
esperienza umana vera, fatta di memoria e
d’intelligenza.
Le conseguenze sono tragicamente davanti agli occhi di tutti: una mancanza di
comunicazione, nel senso che non sembra
più possibile il dialogo fra le persone; un
disimpegno sociale dovuto alla nostra incapacità di essere coscienti di ciò che è all’origine del nostro comune essere uomini,
e quindi una solitudine e un’incapacità di
comprendere i valori e il senso del vivere
insieme e del bene comune.
Qualche anno fa, don Giussani ci ricordava che «il vero dramma dell’umanità
attuale è il fatto di non avere un’educazione pari alla grandezza e alla profondità
della lotta fra gli uomini».
Educazione, non repressione, significa
per noi riconoscere che nella realtà c’è
qualcosa o qualcuno che dà a ogni uomo, in
ogni momento, la possibilità di ritrovare
questo «gusto di vivere». Questo qualcosa
noi l’abbiamo incontrato in Gesù Cristo, la
Verità che si è fatta carne e che ogni uomo
cerca, e che noi continuiamo a vivere attraverso una compagnia di uomini: la Chiesa.
La nostra responsabilità di cristiani e di
cittadini, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, è di testimoniare e di sostenere
la vera speranza degli uomini di vivere insieme e di ricostruire ciò che è distrutto.
Comunione e Liberazione Francia
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15 novembre 2005 nr19