IL MONDO
CAPOVOLTO
Cosa c’è dietro le violenze del movimento Boko Haram
Tra fondamentalismo e globalizzazione
L’estremismo della Mezzaluna rischia di diffondersi a macchia d’olio
di Giulio ALBANESE
L
e aberranti violenze, perpetrate recentemente in
Nigeria dal movimento
“Boko Haram”, sortiscono un
effetto devastante nell’animo
religioso, quello di ogni sincero e retto credente. Atti a dir
poco disumani, ingiustificabili, perpetrati contro chiese cristiane e presidii di polizia. Ecco che allora l’interminabile
sequenza di morti ammazzati
rappresenta l’espressione di
un’infamia; quasi che l’umanità dovesse puntualmente
rinnegare la propria vocazione. Lo sgomento è grande
nelle libere coscienze perché
vi sono menti perverse che
troppo spesso – poco importa
se in Africa, Europa o Medio
Oriente – adulterano strumentalmente la religione,
sempre e comunque con l’inganno, per affermare interessi di parte. Sì, questa è l’unica
esegesi possibile per decifrare
le miserie di un Paese, la Nigeria, con infinite potenzialità in cui qualcuno strumentalizza la religione per fini
eversivi. È l’esatto contrario, a
pensarci bene, dello straordinario messaggio di pace e riconciliazione lanciato, il 27
ottobre scorso, da Benedetto
XVI durante l’incontro interreligioso di Assisi. Ma cerchiamo di capire meglio chi siano
realmente questi estremisti
nigeriani che seminano morte
e distruzione con così tanta
disinvoltura. L’espressione
“Boko Haram” nella cultura
hausa (Nord della Nigeria),
esprime la negatività (così almeno viene percepita da questi fanatici) del sistema educativo degli ex colonizzatori britannici. In effetti, letteralmente, “Boko” vuol dire “falso” mentre “Haram” in arabo
significa “peccato”. Da rilevare che il nome ufficiale di
questa formazione è “Jamà
atu Ahlis Sunna Lidda’ awati
wal-Jihad”, che in lingua araba vuol dire “Gente dedita alla propagazione degli inse-
gnamenti del Profeta e al
Jihad”. Il progetto politico di
questi terroristi è comune ad
altre formazioni estremiste
presenti nel mondo islamico.
In Nigeria essi vorrebbero imporre sharia (la legge islamica) a tutta la Repubblica Federale che finora ha goduto
di una costituzione garante
della laicità delle istituzioni
politiche. Stando ad indiscrezioni della società civile, i veri
mandanti sarebbero personaggi dell’alta finanza locale,
ma anche esponenti del salafismo saudita, lo stesso movimento ideologico che ha foraggiato alacremente Al Qaeda in giro per il mondo. Da
questo punto di vista la prima
considerazione che sovviene
riguarda il rischio di una deriva della cosiddetta “primavera araba”, che ha interessato
nel 2011 la fascia nordafricana. Sarebbe davvero preoccupante – intendiamoci, qualora dovessero imporsi gli integralisti islamici in Paesi come
l’Egitto, la Libia o la Tunisia se questo “segno dei tempi”
dovesse sfumare, consentendo agi fautori del Jihadismo
di contaminare la fascia SubSahariana. Se così fosse, verrebbe sciupata un’opportunità per il cambiamento, con-
segnando Paesi come la Nigeria, finora tolleranti sul piano
religioso e sociale, all’integralismo islamico. L’Occidente,
pertanto, deve trovare il coraggio di affrontare seriamente la questione, attraverso una lettura critica della
globalizzazione che, soprattutto in Africa, nonostante gli
investimenti stranieri, ha
acuito paradossalmente la miseria delle popolazioni autoctone. La posta in gioco è alta
se si considera che l’estremismo della Mezzaluna rischia
di diffondersi a macchia d’olio, dalla Somalia alla Nigeria.
Un deterrente è rappresentato, sul piano delle relazioni
internazionali, da nuove forme di “governance” che tengano conto della persona
umana e non solo dei ricavi
derivanti dallo sfruttamento
del bacino petrolifero. Proventi che quasi mai hanno generato uno sviluppo sostenibile dei ceti meno abbienti in
Nigeria e in altri Paesi del Sud
del mondo. Ecco che allora,
ad esempio, fare cooperazione allo sviluppo da quelle
parti dovrebbe significare, all’atto pratico, investire innanzitutto e soprattutto risorse
umane ed economiche nell’istruzione, soprattutto a livel-
lo universitario. Andrebbe infatti ricordato che i giovani
africani con meno di 25 anni
rappresentano, a livello continentale, il 60% della popolazione totale. Inoltre, sarebbe
auspicabile che la lotta alla
corruzione entrasse a pieno
titolo nell’agenda del governo nigeriano, considerando
che a tutt’oggi l’1% della popolazione detiene il 75% della ricchezza nazionale. Fin
quando i proventi dell’oro
nero finiranno nelle tasche di
un manipolo di nababbi, con
la complicità delle imprese
straniere – poco importa se
americane, europee o cinesi –
le masse impoverite rappresenteranno il vivaio di ogni
genere di estremismo. Ha
proprio ragione Sergio Zavoli
a domandarsi, in un colloquio
con il teologo Piero Coda: “Ci
era stato detto che ormai viviamo in un villaggio globale,
capace di comprenderci tutti,
ma cosa è cambiato nei luoghi dell’iniquità e del dolore?”.
Anno XII, n. 10 - DICEMBRE 2011
mensile della comunità Ecclesiale
N. di registrazione 276 del 7.2.2000
presso il Tribunale di Frosinone.
DIRETTORE:
Raffaele Tarice
IN REDAZIONE:
Claudia Fantini
Per inviare articoli:
Claudia Fantini Via Sanità, 22 03011
Alatri - Tel. 348.3002082
e-mail: [email protected]
RESPONSABILE DISTRIBUZIONE
Bruno Calicchia
AMMINISTRATORE
Giovanni Straccamore
HANNO COLLABORATO:
Giulio Albanese, Luigi Crescenzi,
Carlo Costantini, Pino D’Amico,
Valerio De Luca, Massimo Fruscella,
Francesco Lambiasi, Paola Morgia,
Raniero Marucci, Domenico Pompili
EDITORE
Diocesi di Anagni-Alatri
FOTOCOMPOSIZIONE E STAMPA
Tipografia Editrice Frusinate srl
Frosinone
ANNO XII N.
10
DICEMBRE 2011
Spedizione in a.p. art. 2 comma 20c legge 662/96 filiale Frosinone - Spedito il 26 Novembre 2011 - www.diocesianagnialatri.it
a l l ’ii n t e r n o . . .
“Custodire il
tesoro con vigile
amore”
FOTO
NOTIZIA
22 ottobre 2011
Ordinazione Presbiterale
di don Pierluigi Nardi
Pag. 3
La città e il valore
ideologico
Pag. 5
Speciale
Mons. Belloli
Pagg. 6-7
P
erché sul numero di Dicembre bisogna sempre
parlare del Natale? E
quando hai scritto già 3-4
editoriali sull’argomento davvero cominciano a scarseggiare le idee. Certo i buoni
sentimenti fanno sempre effetto, e diciamocelo, anche se
tutti ce lo aspettiamo, poi ci
fa piacere leggere qualcosa
di edificante sul Presepe.
D’altra parte tutti conosciamo l’origine del Natale, il suo
sviluppo e come è diventato
in questi “tempi moderni” sinonimo di consumismo. Infatti tutti i sacerdoti, nell’omelia della messa di mezzanotte non possono esimersi
da un bel pistolotto rivolto a
catechizzare forzatamente
tutti quelli che sembrano
passare per caso in chiesa
proprio a quell’ora. Si è infatti consapevoli che, se tutto va
bene, rivedremo quelle stesse
facce in un’altra celebrazione
notturna, quella di Pasqua. E
PRIMO PIANO
La speranza per un futuro migliore
LA NOTTE NON È IL GIORNO
qualcuno mancherà. Rimane
il fatto che, forse per qualche
atavico ricordo primitivo, celebrare di notte, uscire di casa nel bel mezzo del cenone
della vigilia (a casa mia rigorosamente a base di pesce,
anche a dicembre), coprendo
bene con sciarpe, guanti e
cappello di lana anche i bambini già assonnati, per andare
in chiesa, è qualcosa a cui ancora pochi rinunciano. La
notte non è il giorno, questa
è la grande ovvietà, ma anche la grande verità. È un
tempo straordinario, che ci
vede svegli quando normalmente siamo già a letto da
un pezzo. È un tempo specia-
le, che ci chiede di vegliare
per aspettare l’evento. È un
tempo festivo, che ci vuole
concordi e vicini alle persone
che amiamo. Perché il Natale
è la festa della luce, che nel
periodo più buio dell’anno, ci
ricorda che l’inverno prima o
poi passerà, e così passeranno
anche le paure, le inquietitudini e i problemi. La fiammella che si accende nelle tenebre è la nostra speranza per
un futuro migliore. E per noi
cristiani questa luce è Gesù,
luce delle genti, che nasce
contro ogni legge della natura da una giovane vergine,
che lo ha accolto nel cuore
prima che nel grembo. Che
viene accolto da un semplice
falegname come un dono
che forse non capirà mai appieno, ma che gli riempirà la
vita di quella gioia che solo
un vero figlio può fare. Gesù
è il bambino inerme che per
quella notte diventa il centro
dell’universo, e in cui sentimentalmente rivediamo tutti
i nostri “piccoli”. È segno di
quell’Amore che fa di Dio un
Padre che non ce la fa più ad
aspettare che i figli disgraziati tornino a casa per conto loro, e va a cercarli per le strade del mondo, lì dove la stanchezza, il dolore e la paura
del futuro li ha portati.
Raffaele Tarice
2
100 NOTIZIE
L ’AA G E N D A
Guarcino, Festa di San Luca
A
bbiamo festeggiato San Luca il 18 ottobre scorso. Le reliquie del santo evangelista sono custodite nell’abbazia di
San Giustino delle Monache benedettine di Padova. Ma anche a Guarcino c’era un monastero di Benedettine dedicato
a San Luca abbandonato nella seconda metà del XVI secolo.
Ora l’antico edificio con annessa chiesa è stato acquistato e
restaurato del Servo di dio don Umberto Terenzi, originario
di Guarcino. L’antico monastero è gestito oggi dalle Oblate
del Divino Amore appartenenti allo stesso istituto religioso
di don Umberto.
La prima Madre Superiora fu suor Luisa che, dopo dieci anni
di permanenza in Guarcino, è passata a Roma a dirigere la
Casa di accoglienza Bonus Pastor in via Aurelia, non distante
dalle mura vaticane. Le è succeduta come Superiora nella
Casa di preghiera di Guarcino suor Mariangela, anche lei come suor Luisa originaria di Bergamo. Oggi la Casa accoglie
gruppi di preghiera e convegni di vario genere.
San Luca era collaboratore di San Paolo. Era un medico originario di Antiochia. Scrisse il terzo Vangelo e gli Atti degli
Apostoli. A lui si deve la narrazione dell’infanzia del Signore
che lui apprese dalla viva voce della Madonna. La sua narrazione evangelica si indirizza precipuamente ai poveri e alla
misericordia di Dio. Tra le sue parabole quella della pecorella smarrita, della donna che perde la sua dracma e quella
del figliol prodigo. La tradizione vuole che il santo abbia ritratto varie volte la Vergine su tela, legno e roccia.
Pino D’Amico
La Redazione
augura a tutti
un Buon Natale
e
Felice Anno Nuovo
Dicembre
100 NOTIZIE
2011
DICEMBRE
Giovedì 8 dicembre
Anagni, Cattedrale, ore 11.30
PONTIFICALE
DELL’IMMACOLATA
Presieduto dal Vescovo
Sabato 24 dicembre
Anagni, Cattedrale, ore 23.30
S. MESSA DI MEZZANOTTE
Presiede il Vescovo
Sabato 10 dicembre
Anagni, Cattedrale, ore 18.00
PROFESSIONE RELIGIOSA
DI SR CLAUDIA NUZIELLO
Presieduta dal vescovo
Domenica 25 dicembre
Anagni, Cattedrale, ore 11.30
PONTIFICALE
DEL VESCOVO
Giovedì 15 DICEMBRE
Guarcino, presso Suore di Casa
S. Luca, ore 9.00
TERZO GIOVEDI’ DEL CLERO
Lectio divina di Natale
Sabato 31 dicembre
Anagni, Cattedrale, ore 18.00
TE DEUM DI
RINGRAZIAMENTO
Presieduto dal Vescovo
ALATRI – Anche quest’anno nel Chiostro di San Francesco in
piazza Regina Margherita verranno esposti i Presepi artistici.
Potremo ammirarli dall’8 dicembre al 6 gennaio 2012.
Anagni – Presepe vivente di San Pancrazio
C
ome ormai da decennale tradizione, anche quest’anno, dal 5
al 8 gennaio 2012, verrà approntato ad Anagni, il Presepe Vivente di San Pancrazio. Un allestimento che, pur affrontando
l’immutabile tema biblico-teologico della natività, trae lo spunto
da una storia segnata da momenti, episodi, dialoghi e quadri
sempre diversi. Una storia che si dipana “in itinere”, lungo i vicoli e le piazzette che, all’occasione, si riempiono di cittadini-attori
di tutte le età. Una storia, interpretata dai cittadini del Rione di
San Pancrazio, il cui contributo si manifesta anche nella preparazione del percorso, nella realizzazione della scenografia mettendo a disposizione le proprie cantine e rispolverando vecchi abiti
e oggetti della vita quotidiana che appartengono ormai alle soffitte, nella partecipazione personale alla manifestazione, sino alla collaborazione nella formazione dialettale del testo. La rappresentazione è a beneficio di gruppi di persone, che distanziati
da intervalli di venti minuti, verranno guidati attraverso i vicoli,
nel tempo di 45 minuti, per “vivere” una storia, che si concluderà con l’evento finale della “natività”. Per prenotazioni
331/9493918 dalle ore 11.00 alle ore 20.00 specificando l’orario
ed il numero dei partecipanti. Per info: www.presepesanpancrazio.it o contattare il n. 333-6979225.
Paola Morgia
Anno XII
Numero 10
L’
LA CATTEDRA
ordinazione presbiterale di don Pierluigi
Nardi sono sicuro segni uno dei momenti più
alti della vita di fede della
comunità cristiana di Trevi
nel Lazio da quando - a
partire dall’ottobre 2002 - è
ritornata a far parte della
Diocesi di Anagni-Alatri.
La fede cristiana non è né
verticale né orizzontale;
non si esaurisce nell’impegno sociale né può essere
ridotta al puro rapporto
con Dio. È un unico grande
atteggiamento di amore
che abbraccia l’umano e il
divino (Vangelo). Non era
necessario Gesù Cristo né
era essenziale la sua predicazione per farci sapere che
il primo comandamento è
l’amore di Dio. E che l’uomo religioso deve amare il
suo prossimo. Cosa abbastanza chiara e non nuova
in Israele. Il mistero si Gesù
è, come sappiamo, nel suo
essere vero Dio e vero uomo. Il mistero della parola
uscita dalle sue labbra è
nell’aver fatto una sola cosa
dell’amore di Dio e dell’amore dell’uomo.
La domanda capziosa del
dottore della legge nascondeva un problema veramente serio: qual è la cosa
più importante da fare nella vita? Cos’è che conta di
più? In effetti un intrico di
prescrizioni e di indicazioni
rendeva difficile scorgere la
sostanza di una vita fedele
all’Alleanza. Gesù riduce
tutto a due “comandamenti”, anzi ad “uno”, perché
afferma che “il secondo è
simile a quello” (cioè al primo). L’amore dell’essere
umano è l’altra faccia dell’amore di Dio. Il Cristo ha
un modo strano di fare le
operazioni di matematica.
Quando vuole moltiplicare,
divide. Quando vuole ottenere qualcosa in più, sottrae. In questo caso addiziona centinaia di precetti e
la somma dà “uno”. E aggiunge: “Da questi due comandamenti dipendono
tutta la Legge e i Profeti”.
Cioè, non si tratta solo del
DEL VESCOVO
Ordinazione presbiterale di
PIERLUIGI NARDI
“Custodire il tesoro
con vigile amore”
“primo” comandamento, ma dello sfondo su cui bisogna vedere tutto il resto; del cuore, da cui si diparte ogni indicazione… L’amore dell’essere umano è l’espressione concreta dell’amore di Dio. E l’ascolto docile e obbediente della Parola è
la garanzia della sincerità e dell’autenticità dell’amore del
prossimo.
Nella storia del cristianesimo, a volte, abbiamo avuto uomini
religiosissimi, ma molto distratti nei riguardi dei loro simili; e
di contro, uomini appassionati per i propri fratelli, ma che
sono andati loro incontro con una grande ignoranza della
realtà umana. Il Gesù, di cui ci parla Matteo, squarcia la selva
delle prescrizioni e dei precetti facendoci intravedere un unico volto: quello dell’essere umano, che si identifica con il volto di Dio.
Caro Don Pierluigi, che augurio straordinario ti regala la Parola di Dio odierna.
Ti auguriamo con tutto il cuore di saper riconoscere il volto
di Gesù Cristo nel volto delle persone che incroceranno i tuoi
passi. Di ricercare i tratti del Cristo soprattutto nel volto degli
“ultimi”. Di mettere a disposizione di Dio il tuo volto, un volto ricco di umanità e di tenerezza assoluta. Auguriamo alla
tua vita di parlare alla gente di Dio, non di un idolo, del dio,
cioè, delle candele accese solo in certi momenti, del dio tappa-buchi e di quello del “pronto soccorso”. Ti ricordo solo
che il momento più radicale della “destructio idolorum” è
stato l’ora della morte di Gesù di Nazareth. In quel momento è stato distrutto l’idolo della teocrazia d’Israele, l’idolo
dell’impero romano e l’idolo del dio che deve “scendere” a
salvare il giusto. Dio, invece, è Colui che ha amato il mondo
fino alla follia: ha dato suo Figlio per tutti noi!
Carissimo, parla alla gente del vero Dio, del Dio di Gesù Cristo. Aggiungo ancora un augurio che reputo molto importante. Mi rifaccio a quanto scriveva il beato Giovanni Paolo II
nell’Esortazione Apostolica “Pastores dabo vobis”, del 1992,
sulla formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali. Ecco
le sue parole: “Solo la formazione permanente aiuta il prete
a custodire con vigile amore il <<mistero>> che porta in sé il
bene della Chiesa e dell’umanità” (n. 72). Anche noi ti diciamo: “Custodisci con vigile amore il mistero che porterai in
te”. Il tesoro che Dio ti affida stasera è Gesù Cristo. Noi pastori abbiamo il compito di comunicare Gesù Cristo alla gente nella forma della Parola; nella forma dei Sacramenti e, soprattutto, dell’Eucaristia; nella forma del Servizio. Dobbiamo
custodire gelosamente il tesoro che ci portiamo dentro. S.
Paolo al suo discepolo Timoteo raccomandava: “Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito, mediante
una parola profetica, con l’imposizione delle mani da parte
dei presbiteri” (1 Mt 4,14). E “ti ricordo di ravvivare il dono
di Dio, che è in te mediante l’imposizione della mie mani.
Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di for-
3
za, di carità e di prudenza”
(2 Tim 1,6-7). Quando una
donna scopre dentro di sé il
mistero della vita, incrocia
commossa e stupita le mani
sul proprio grembo in un
gesto che dice custodia, attesa, raccoglimento, gioia e
pienezza. Ecco l’atteggiamento giusto che dobbiamo riservare al tesoro che
portiamo “in vasi di creta”.
La formazione permanente
ti darà agio di crescere
umanamente, spiritualmente, intellettualmente, pastoralmente nella famiglia
del presbiterio all’interno
della comunità che servirai.
La formazione permanente
deve stare sempre a cuore
di tutti coloro che sentono
forte la responsabilità dell’annuncio del Vangelo.
Sarà tale formazione la
strada della tua conversione continua, del tuo “ravvivare” ogni giorno il dono
ricevuto. A una condizione
indispensabile però: la tua
“docibilità”. Non solo la docilità, che consiste nella
umiltà e nella disponibilità
all’obbedienza. La “docibilità” è, invece, la capacità
attiva di imparare dalla vita
e per tutta la vita, di lasciarsi ammaestrare da cose, avvenimenti, persone, facendosi arricchire da qualsiasi
scintilla di verità e di bellezza attorno a sé. “Docibile”
è una persona che si appropria del tempo e non lo subisce; che sa entrare con sapienza nel ritmo della vita
sintonizzandolo con il ritmo di Dio. Ti auguriamo
tutti di “custodire il tesoro”
con tale atteggiamento.
Me lo auguro per te e per
tutti noi e per la nostra responsabilità di servizio verso il popolo di Dio come
rappresentanti di Cristo Servo, Maestro, Sacerdote e
Pastore dell’umanità. Così
potrà brillare la nostra fede
nel Dio di Gesù Cristo. La
fede nel Dio vero è anche
tutela dell’uomo vero, dell’uomo nella totalità nascosta delle sue speranze.
Anagni, 23 ottobre 2011
+ Lorenzo Loppa
VITA DI
4
COMUNITA
,
Dicembre
2011
Quanto ci costa dire GRAZIE
... e chi
ringrazia i
missionari?
Scriviamo ai nostri amici nel mondo
L’
ultima settimana dell’ottobre missionario è stata dedicata al tema del Ringraziamento. Non è facile ringraziare. Ce ne accorgiamo nei rapporti di ogni giorno.
Tutto quello che ci circonda, specialmente le relazioni con le
persone e l’ambiente, ci sembra dovuto. Al contrario, per
ogni cristiano la gratitudine dovrebbe essere la naturale risposta all’Amore gratuito che Dio ci offre. Vi invitiamo a riflettere, a pensare alle vostre esperienze quotidiane, e a trovare motivi per cui dire GRAZIE.
In questa sede più semplicemente intendiamo ringraziare i
Missionari originari della nostra Diocesi. Di seguito ne pubblichiamo l’elenco e gli indirizzi.
I NOSTRI MISSIONARI NEL MONDO
Antonucci P. Sergio di Vico
nel Lazio, Missionario della
Consolata Parodia Wasa P.O
Wasa-Iringa TANZANIA
Arduini Suor Loreta di Fumone, Suore Ospedaliere della
Misericordia Hospital J. Ravoahangy B.P. 4150/101 Tanarive MADAGASCAR
Bellucci P.Arnaldo di Acuto,
Fratelli di San Gabriele Paròquia Da Penha 37900 PassosMinas Gerais BRASILE
Boccitto Suor Laurentina di
Porciano, Missionaria della
Consolata Santuario de las
Mercedes Paujl- Caqueta COLOMBIA
Campagna Padre Enzo di
Carpineto Romano, Padri Somaschi Campino S. BRASIL
Cardinali F.Giuseppe di Porciano, Missionario della Consolata Missionaros Consolata Colungà C.P. 163-69300 BoavistaR.-R. BRASILE
D’Ercole P. Ignazio di Guarcino, Cappuccino Mission Catholique 409 Befandriana NordMADAGASCAR
Fantacci P.Angelo di Collepardo, Missionario della Consolata Chatholic Churc LikoniMtongwe P.O. Box 96129
Monbasa KENYA
Faiocco Stefania di Anagni,
Comunità Missionaria di Villaregia Comunidade Missionária
De Villaregia Rodovia José
Simões Louro Jr., 3.100 - ITARARÉ 06900- 000 06900-000
EMBU GUAÇU SP - BRASIL
Fiorini P. Giulio di Fiuggi,
Cappuccino Nissau Catolica
Tiarrafal JLHA S.Nicolau REPUBLICA DE CAPOVERDE
Guidi P. Mario di Carpineto
Romano, Frati Minori Conventuali Jgrea- Menino Jesus de
Praga – CEP 65000 Sao Luis-M
BRAZIL
Lanzi F. Liduino di Porciano,
Missionario della Consolata
Consolata Fathers Procure Bagamoyo Road P.O. Box 4885 –
Dares Salaam – TANZANIA
Pazienza P. Antonio di Guarcino, Cappucino B.P. 667/101
Antananarivo- MADAGASCAR
Pitocco F. Quirino di Trivigliano, Missionario della Consolata Chatholic Churc Nyebule
P.O. Box 170 –Iringa- TANZANIA
Raso Suor I.M.Bertina di Torre Cajetani, Centro Culturale
Missionario – AV L-2- NORTE –
QUADRA 601-B 70830 BRASILIA – DF BRASILE
Romiti P. Giuseppe di Anagni, PIME 10- 3 Hon – Cho 4Chome Hoya- Shi- Tokyo TO
202 JAPAN
Santucci Don Giuseppe di
Anagni, Sacerdote Diocesano
Catechista con il cammino
Neocatecumenale Via Zar Boris- 125 Chiesa Cattolica S. Giuseppe 1000 Sofia - BULGARIA
Tomei P. Ernesto di Vico nel
Lazio, Missionario della Consolata Casa Generalizia Viale delle Mura Aurelie 11- 13 –00165
Roma- ITALIA
Verdecchia P. Giuseppe di
Guarcino, Salesiano –S.D.B Collegio Eugenia Ravasco –Los
Chorros S.1492- Caracas VENEZUELA
Verdecchia P. Luigi di Guarcino, Salesiano –S.D.B. Collegio
Salesiano Pio XII – Colle Simon
Rodriquez 35- Puerto Lacruz
VENEZUELA EDO ANZOATEGUI
Zucchini Suor Cinzia di Fumone, Religiose Missionarie
Francescane di Maria (T-MM)
Via Protomartire Francescani –
19 060 88 S. Maria D. Angeli
(PG) ITALIA
Acuto – raccolta di fondi originale per la Paraparesi spastica
I BAMBINI INSEGNANO
I
bambini spesso ci danno dei grandi insegnamenti. Noi cerchiamo spesso di proteggerli dalla verità, di tenerli lontani finché
possiamo dalla tristezza e loro ci stupiscono
anche con i loro giochi. È accaduto ad Acuto,
per esempio. Quest’estate Teresa Tongo,
mentre era nel suo negozio in centro, ha visto entrare due bambini con la faccetta seria
seria. Erano Davide Ticconi ed Emanuele Iaboni. Un po’ intimiditi ma con piglio deciso
le hanno chiesto il permesso di mettere una
bancarella davanti al suo negozio e di poter
riporre il loro oggetti, la sera, da lei. Facevano questo gioco-lavoro per ricavare dei soldini da inviare in beneficienza. E così hanno
aperto il loro banco: vendevano bomboniere
vecchie, soprammobili di cui si erano liberati
le mamme, calamite di ci avevano fatto loro
a meno con fatica e gingilli del genere. Prima dell’inizio della scuola hanno chiuso
“bottega” e facendo i conti erano arrivati a
raccogliere 70 euro. Su consiglio di una delle
mamme hanno deciso di devolvere “l’incasso” all’Associazione “Vivere la paraparesi
spastica ereditaria”.
Oggi è arrivata la lettera di ringraziamento:
“Ciao, sono Valentina. Vi ringrazio moltissimo per quello che avete fatto: è stato un gesto bellissimo! Per noi è un onore ricevere
un’offerta da bambini volenterosi come voi.
Come immaginerete c’è molto da fare ma se
ognuno nel suo piccolo fa uno sforzo allora
troveremo la forza insieme di alleviare il dolore di molti e di studiare il modo per trovare
una cura adatta. Grazie”.
Grazie anche a nome della redazione.
Anno XII
Numero 10
VITA DI
COMUNITA
,
5
6 Novembre - Al via gli incontri sulla cittadinanza:
La città
e il suo valore
teologico
Tra credenti obbedienti e ribelli per amore
di Raniero MARUCCI
È
stato il prof. Luca Diotallevi, vice presidente
del comitato organizzatore delle settimane sociali, ad aprire il percorso di
formazione sulla cittadinanza, alla presenza di numerose persone, presso il
centro pastorale diocesano
di Fiuggi. Il percorso si
propone di formare persone capaci di avere atteggiamenti improntati
alla responsabilità, alla
generosità nei diversi ambienti di vita, con particolare riferimento all’impegno
sociale e politico. Il cammino nasce dalla collaborazione tra Caritas diocesana,
Ufficio per la Pastorale sociale, Azione Cattolica diocesana e Consulta delle Aggregazioni Laicali. Nella
progettazione del percorso
e nella stesura del programma è stato molto importante l’aiuto del Movimento dei Focolari che, attraverso il MPPU (Movimento Politico Per l’Unità),
promuove diverse scuole di
politica sia in Italia che all’estero. Si è deciso di comune accordo di partire
per questo anno dal tema
della cittadinanza.
Il prof. Diotallevi dopo aver
ripreso il concetto di bene
comune secondo la definizione classica della dottrina
sociale della Chiesa che lo
descrive come “l’insieme di
quelle condizioni della vita
sociale che permettono sia
alle collettività sia ai singoli
membri, di raggiungere la
propria perfezione più pie-
namente e più rapidamente” ha offerto numerosi
spunti, alcuni anche provocatori su come tali condizioni possano realizzarsi
nella città e quale debba
essere il contributo dei cristiani. La attribuzione di
valore teologico alla
città, come insieme di
condizioni favorevoli allo sviluppo umano in generale ma persino allo sviluppo dell’ “indole comunitaria dell’umana vocazione
nel piano di Dio” non è
smentita dalla assenza nelle
Scritture di un modello di
città terrena. Si può affermare che la città degli uomini, non può vantare una
stabilità, agli occhi del credente in cammino verso
quella Gerusalemme celeste
che sarà donata e non costruita da mani d’uomo.
Ogni città, per quanto fortificata, per il cristiano resta
un accampamento provvisorio.
La Chiesa ed i credenti condividono la stessa città degli uomini e delle donne,
come contesto favorevole a
dialoghi, relazioni, associazioni ed interessi comuni e
non di meno alla regolazioni di conflitti e competizioni tra interessi. La tradizione cristiana ci testimonia
tanto di credenti obbedienti alle autorità civili senza
Carlotta Ciarrapica
Carlotta
sarà contenta
di condividere la gioia
di questo dono
anche
domenica 11 dicembre
a Civita, durante
la Messa parrocchiale
delle ore 11,00.
Seguirà un momento
di festa e convivialità.
riserve neppure a causa della loro non appartenenza,
quanto di “ribelli per amore” come coloro che durante la lotta al nazifascismo
giunsero a scegliere senza
alcuna gioia ma con coraggio l’impegno militare per
liberare dalla tirannia le
proprie città. Del resto, dopo aver analizzato il rapporto di Gesù e dei primi
cristiani con le istituzioni civili, un biblista e teologo
tedesco ne sintetizzò la regola in «né anarchici, né
zeloti».
Ci sono due processi in corso, ha spiegato lo studioso
di fenomeni sociali, che toccano l’idea di cittadinanza.
Innanzitutto ne sono entrati a far parte, oltre ai diritti
civili e politici, anche i cosiddetti “diritti sociali” (lavoro, istruzione, salute, abitazione, informazione,
ecc.). Contemporaneamente, è venuto meno il potere
dello Stato di dare effettività a questa nuova e ben
più estesa idea di cittadinanza, soprattutto in questo periodo di grave crisi
economica.
Il percorso procederà nei
prossimi giorni con altri
due incontri con relatori e
due incontri di laboratorio
(lettura del territorio-esperienze di partecipazione);
l’obiettivo è di elaborare
una sorta di agenda in cui
si mettano a fuoco alcune
problematiche del nostro
territorio e si cerchino delle
proposte operative insieme
alle istituzioni locali.
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Il ricordo di chi lo conosceva bene
Un padre,
anzi un figlio
di Mons. Domenico POMPILI
I
l vescovo Luigi è stato obiettivamente il “padre” della
neonata chiesa di Anagni-Alatri, che era stata partorita
nel dolore, suo malgrado, da mons. Florenzani, improvvisamente scomparso (22 febbraio 1987), a qualche mese
da quel decreto di unificazione (30 settembre 1986). Arrivato in diocesi (6 marzo 1988), dopo la delicata e contestata decisione, il primo obiettivo di mons. Belloli fu quello di guidare la transizione, lenendo per un verso le ferite
di quelli di Alatri, privati della loro secolare consuetudine
e, per altro verso, non recedendo rispetto al senso della
scelta della S. Sede. Unità nella diversità fu la sua ricetta
che riconosceva le peculiarità di ciascuna realtà e spingeva verso una convergenza, attese le trasformazioni sociali
e culturali che incalzavano, richiedendo risposte decise e
non confuse.
Un aspetto, tra gli altri, colpisce nello stile di mons. Belloli, lungo gli 11 anni del suo intenso episcopato in terra
ciociara, e cioè il suo rapporto con la modernità, vissuto
senza complessi e senza ingenuità. Persuaso che i tempi
richiedessero un atteggiamento non lamentoso, ma capace di sereno discernimento, il vescovo ambrosiano d’origine fu sempre attento a leggere i segni dei tempi, in particolare a mostrare che lo sviluppo richiede una nuova e
più profonda forma di saggezza, di cui il Vangelo è la
strada da percorrere insieme. La domanda da cui tutto
partiva nel suo agire pastorale era sempre la stessa: come
suscitare oggi l’ascolto della Parola e come comunicare la
fede? A partire da questa prospettiva si spiega la sua attenzione alla Parola, di cui personalmente curò per diversi
anni una Scuola per i più giovani, volta a imparare l’arte
della preghiera. La sua competenza biblica, resa comprensibile da un parlare schietto e capace di toccare le corde
dell’umano, ne facevano un predicatore avvincente e seguito, ben al di là della stessa compagine ecclesiale.
Un’altra attenzione del ministero pastorale di mons. Belloli è stato il cercare l’incontro interpersonale prolungato
e attento. In particolare la visita pastorale che egli visse
nell’arco di ben 6 anni, consentì al Vescovo di introdursi
dentro tutte le comunità, con tempi di dialogo veramente
attesi ed apprezzati. Non mancava nessuno in questa ricerca dei volti: dai bambini agli anziani, dai lavoratori ai
politici, dalle donne alle persone più semplici.
La cifra che inquadra perfettamente la personalità di
mons. Belloli è l’essere stato un educatore. Non solo per
le responsabilità precedenti all’episcopato, in quanto rettore prima di un collegio universitario (il “Borromeo” di
Pavia) e poi di un Seminario (il “Lombardo” di Roma), ma
per la sua capacità di promuovere occasioni di crescita e
per la capacità di valorizzare in ciascuno quello che aveva
di positivo, lasciando in ombra le difficoltà e i ritardi. La
sua fiducia verso l’umanità, toccata dalla Grazia, lo rendevano sempre coraggiosamente positivo e capace di inventare sempre nuove strade. Il semplice ritorno al passato
non gli apparteneva, mentre l’attrazione per quanto il futuro andava svelando, era il suo segreto desiderio. Si spiega così la capacita di intercettare i cambiamenti e di saperli orientare. In un tempo in cui si parlava poco e male
della scuola, egli decise l’istituzione di una Scuola cattolica, convinto si trattasse di segno di libertà democratica e
di responsabilità ecclesiale. In una stagione segnata da
una forte crisi della politica (gia allora!), si pensi a Tangentopoli e alla fine della prima Repubblica, egli mise
mano ad un nuova stagione di impegno per i cattolici, attraverso una Scuola di formazione all’impegno sociale e
politico.
LODO IL SIGNORE CHE MI HA
REGALATO QUESTO INCONTRO
di Luigi Crescenzi
S
Il rapporto con il presbiterio fu esclusivo, ma non escludente. Era persuaso che senza i preti un Vescovo può far
poco e per questo ne aveva un profondo rispetto e una
attenta considerazione, interessandosi alla vita e alla quotidianità pastorale. Ma era pure convinto che i preti non
bastano e che la loro vocazione consiste proprio nel suscitare collaboratori laicali. Questo lo condusse a dedicare
grandi energie alla formazione pastorale degli uni e degli
altri, convinto che ciascuno nella propria irripetibile vocazione, potesse essere determinante per la corsa del Vangelo.
La scelta, coltivata nel pudore del suo cuore, di essere sepolto nella Chiesa-madre, ce ne ha svelato proprio alla fine la caratteristica più tenera, che si lega strettamente a
della sua paternità. Scegliendo di stare per sempre ad
Anagni è come se avesse voluto affermare che si è sentito
non solo padre, ma pure figlio della nostra Chiesa. In tal
modo, silenziosamente, ci ha fatto l’ultimo dono, il più
necessario alla nostra generazione, tentata di sentirsi gettata in questo mondo senza un perchè. Il suo desiderio di
riposare a “casa”, nella cappella dove veglia la tenera immagine della Vergine Maria - una splendida tela donata
da Leone XIII alla sua gente - è come dire che alla fine
l’uomo resta un figlio che attende di essere continuamente generato alla vita.
ono le ore 17 di sabato 5 novembre 2011, quando
squilla il telefono della Cattedrale di Anagni, una ragazza va a rispondere e le si annunzia la morte di
S.E. Mons. Luigi Belloli, vescovo di Anagni-Alatri dal
1988 al 1999.
Appena appresa la notizia mi dispiacque moltissimo e
contemporaneamente mi tornarono in mente le parole
che l’episcopato mi diceva e la prima volta che lo incontrai.
Ebbi la grazia di conoscere Mons. Belloli nell’ottobre
2006, in occasione dell’inaugurazione dei restauri effettuati nella Cattedrale di Anagni. Ancora ricordo con quale
frenesia il popolo anagnino attendeva di “rincontrare” il
suo amato Vescovo! Io fino a quel momento non lo avevo
mai conosciuto personalmente, ma sentendo parlare gli
anagnini potei “costruire” la sua persona; tra le varie affermazioni che i cittadini di Anagni mi ripetevano una mi
colpì profondamente: “Era un vescovo gentile, diverso dagli altri; attento, uomo diplomatico ma zelante nel lavoro
della gestione della diocesi, uomo pio, devoto e sempre in
mezzo al popolo di Anagni-Alatri!”.
Alle ore 18, di quell’ottobre 2006, al canto di ingresso, appena intravidero la figura di Mons. Belloli, tutti i fedeli
cominciarono ad applaudire all’amato vescovo! Io ricordo
ancora la commozione generale, il clima di affetto che si
era creato in quella circostanza e le lacrime del vescovo
durante il saluto da parte di S.E. Mons. Lorenzo Loppa.
Dopo l’agape cristiana i prelati, i seminaristi e il vescovo
emerito cenarono assieme e tra una chiacchiera e l’altra
siamo passati a un rapporto epistolare, ed è divenuto così
mio “amico di penna”. Conservo tutte le sue lettere; in
quelle si enuncia tutto il suo carisma e la sua dedizione
“alla vigna del Signore”. Molti sono stati i consigli da parte sua affinché potessi crescere e conformarmi robustamente e saldamente nella fede. L’ultima lettera inviatomi
risale al maggio scorso, poi si è ammalato e non ha potuto più rispondermi.
Lodo il Signore per questo ma anche perché mi ha dato la
possibilità di frequentare il seminario vescovile di Anagni e sia di formarmi spiritualmente, culturalmente e
umanamente nella Scuola Cattolica Paritaria “Leoniano”, scuola fondata proprio dall’estinto vescovo.
Il 5 novembre 2011 per me è una data importante poiché
in questo giorno, per la prima volta, c’è stato l’incontro
degli ex-alunni della scuola cattolica; è un caso che in
questo stesso giorno Mons. Belloli sia passato a miglior vita? Io penso di no: lui ha affidato ad ogni ex-alunno la
“sorte” della scuola stessa, come se fosse un dono!
Queste poche righe per raccontare la figura del “vescovo
gentile”, piccolo grande uomo di fede, di amore e di compassione, sempre pronto a risolvere ogni problema sia spirituale sia reale. Concludo con due frasi che mi scrisse nelle tante lettere: “La fede ti aiuta a sopportare i dolori come grazie del Signore; essi hanno dato un senso maggiore alla tua vita e all’apostolato che domani eserciterai come sacerdote” ed infine “la luce di Cristo Signore è la certezza di camminare non nel buio di una vita che alla fine
si spegne, ma nel fulgore di una vita che perennemente
risorge!”.
Grazie Eccellenza!
8
VITA DI
COMUNITA
,
Dicembre
2011
Umiltà e fede
Cronaca di
una giornata
speciale
Spunti di riflessione e impressioni
di Carlo COSTANTINI
A
rriviamo nella Cattedrale di Anagni
per tempo, ma non
c’è più nemmeno un posto libero; nemmeno Giacomina trova più una sedia in sacrestia. Fortunatamente un signore con barba – che confondo con un
altro – si alza e si dice lieto di cedermi il suo posto:
il rispetto per le persone
un po’ avanti negli anni
non è morto… almeno in
chiesa!
Mi viene incontro e mi abbraccia Pio Del Signore,
con i capelli bianchissimi:
è stato a lungo sindaco di
Trevi nel Lazio, il paese di
don Pierluigi ed è venuto
a rendere omaggio al suo
giovane concittadino… in
prima fila c’è anche l’attuale sindaco con la fascia
tricolore.
“Sono 40 anni che a Trevi
non “facciamo” un prete!” mi dice il mio amico
Barbona che immortala
l’evento “storico” con la
sua macchina fotografica.
“Umiltà e fede” sono state il tema di fondo dell’
“intervista” ad alta voce
concessa da Pierluigi in risposta alle tante domande
rivoltegli dai giovani di
San Paolo di Alatri, dove
ha percorso gli ultimi passi
verso il presbiterato…
”umiltà” è anche il richiamo del “santino” che annuncia la sua ordinazione.
Al Vangelo “amerai…
amerai” si ripete quasi a
ribadire che dall’Amore
“dipendono tutta la Legge e i Profeti”.
All’invito rivoltogli dal
Diacono: “si presenti Pierluigi Nardi della parrocchia S. Maria Assunta in
Trevi nel Lazio“ l’aspirante
al presbiterato risponde
prontamente, commosso,
l’ ”eccomi” che già ha sognato, chissà quante volte, di poter esprimere, ma
che ora sta diventando
realtà: è l’”eccomi” che
riecheggia quello di Maria alla richiesta dell’Angelo.
Dopo le Litanie dei Santi,
avviene la “imposizione
delle mani” da parte del
Vescovo Lorenzo e di tutti
i sacerdoti presenti - tantissimi - dal più giovane al
venerando don Alessandro di Filettino.
Un lungo, interminabile,
caloroso applauso saluta
l’avvenuta ordinazione di
Pierluigi; al neopresbitero
chiedo, abbracciandolo,
una preghiera.
Fuori della Cattedrale è
già notte… una delle bande musicali di Trevi nel Lazio saluta festosamente il
nuovo sacerdote della
Chiesa.
Lunedì sera, 24 ottobre,
dopo la prima Messa celebrata nella sua parrocchia
di Santa Maria Assunta in
Trevi nel Lazio, incontro
don Pierluigi a S. Maria
Maggiore di Alatri, l’antica chiesa delle sue prime
esperienze di diacono: sta
cercando di far stare più
dritto un quadro sull’altare di una delle cappelline
laterali; con lui c’è don
Antonio, che lo ha accompagnato negli ultimi passi
verso l’ordinazione e una
sacrista; seduto nella na-
vata centrale c’è don Luigi, per tanti anni solerte
parroco della collegiata.
Don Pierluigi mi assicura
che celebrerà stasera - la
prima volta in Alatri - assistito da don Leonard: insieme rappresenteranno il
simbolo della universalità
della Chiesa.
All’omelia “telegrafica” il
novello sacerdote parla
delle meraviglie operate
da Gesù: dal miracolo della donna guarita nel giorno di sabato al miracolo
del suo sacerdozio.
Queste parole mi ha spinto a scriverle mia moglie:
non lo fa quasi mai; ma ha
fatto un’ eccezione per il
novello sacerdote, al quale, al termine della Messa,
ha baciato devotamente
le mani, quelle mani attraverso le quali passerà, d’ora in poi, ogni giorno Gesù.
Auguro a don Pierluigi di
accoglierLo sempre con la
fede e l’entusiasmo di
questi primi giorni di sacerdozio.
Anno XII
Numero 10
VITA DI
COMUNITA
,
9
Rimini, 27 ottobre - Dall’Omelia del nostro Vescovo Emerito
al funerale di Marco Simoncelli
Addio
A - Dio
Grazie per tutte le volte che mi hai fatto divertire
di Francesco LAMBIASI*
V
i confesso che, per il groviglio dei sentimenti che mi
si arruffano in cuore, ho
fatto fatica a trovare le parole
più giuste per questo momento.
Fatemi citare allora quelle del
nostro piccolo, grande don Oreste Benzi. Il giorno che morì, il
2 novembre di quattro anni fa,
di fronte alla sua salma appena
composta, trovammo scritte sul
suo libretto Pane quotidiano,
questo pensiero profetico: «Nel
momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che
sarà vicino dirà: morto. In realtà
una bugia. Sono morto per chi
mi vede, per chi sta là, ma in
realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a
questa vita, li apro all’infinito di
Dio». So di condividere con voi,
spero con tutti, questa incrollabile certezza: quando un nostro amico non vive più, vive
di più.
Ora, carissime sorelle, fratelli e
amici, fate sottoscrivere anche a
me le parole di papà Paolo: «Dicono che Dio trapianti in cielo i
fiori più belli, per non farli appassire. Credo che sia così». Passatemi un pennarello per far firmare anche a me lo striscione
dei tantissimi amici: “Marco, ora
insegna agli angeli a impennare”.
Fatemi rileggere ad alta voce le
parole ritrovate ieri sul libro del
nostro Punto Giovane di Riccione, dove all’età di 18 anni, Marco aveva partecipato a una settimana di convivenza con i suoi
compagni di liceo. Durante quei
giorni aveva scritto: «Sono stato
il ‘folletto’ (così si chiama il ragazzo che prega per un altro
durante la convivenza) più scandaloso che la storia ricordi. Non
ti prometto che pregherò per te
in futuro, perché sicuramente
me ne dimenticherei. Però lo
farò questa sera, prima di andare a letto e cercherò di fare in
modo che la mia preghiera valga anche per tutte le volte che
non la dirò». Negli stessi giorni
una compagna di classe gli aveva scritto: «Quando ho scoperto
che saresti stato tu il mio ‘protetto’ sono stata contenta. Tu, a
differenza di molti altri, sei uno
che non pretende dagli altri».
Personalmente ho incontrato
Marco una volta sola, qualche
mese fa, alla cresima della sorella Martina, …
Ma adesso, fratelli miei, permettetemi che mi senta anch’io percuotere il cuore da quella domanda inesorabile: perché Marco si è schiantato domenica scorsa alle 9,55 sull’asfalto dell’autodromo di Sepang? Io non posso
cavarmela ora con risposte preconfezionate, … Ci ripetiamo,
instancabili: «È la volontà di
Dio», e non ci rendiamo conto
che, sbandierando parole senza
cuore, rischiamo di far bestemmiare il suo santo nome. Il mio
animo si ribella all’idea volgare
di un Dio che si autodenomina
“amante della vita”, che mi si rivela come il Dio che “ha creato
l’uomo per l’immortalità” (Sap
2,23) e poi si apposta dietro la
curva per sorprendermi con un
colpo gobbo o una vile rappresaglia. Permettetemi di ridire
sottovoce a me e a voi qual è
questa benedetta volontà di
Dio, con le parole pronunciate
un giorno da suo Figlio sotto i
cieli alti e puri della Palestina,
mentre a Rimini si stava ultimando il ponte di Tiberio: “Questa la
volontà di colui che mi ha mandato. Che io non perda nulla di
quanto mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno” (Gv 6,39).
Datemi un po’ del vostro coraggio e aiutatemi ad abbinare, a
quello di Marco, il nome dolcissimo del Maestro mio e di ogni
cristiano. Voi lo conoscete: il suo
nome non è di quelli che condannano a morte; lui si chiama
Gesù, che significa “Dio-Salva”. Dove stava allora Gesù
in quell’istante fatale in cui il
corpo di Marco ha cessato di
vivere? Stava là, pronto per
impedire che Marco cadesse
nel baratro del niente e per
dargli un passaggio alla volta del cielo. Sì, Gesù il nome
del Figlio di Dio che ha preferito
me, te, ognuno di noi viventi,
tra la sterminata folla degli esseri ibernati nell’abisso del nulla.
Gesù il nome del Figlio di Dio,
mandato dal Padre come inviato
speciale sulla terra, non a fare
prediche sul dolore e sulla morte, ma a condividere la nostra
fragilità, fino a morirne. È il nome del Figlio di Dio che si lasciato inchiodare su una croce per
stringerci tutti nel suo immenso,
tenerissimo abbraccio, e ci ha offerto il segno più grande dell’amore: dare la vita per i fratelli.
Gesù non è venuto a spiegarci il
dolore né a salvarci dal dolore,
ma ci ha salvati nel dolore e lo
ha fatto con il suo sangue innocente. Gesù il nome del Figlio di
Dio che ci ha amati con l’amore
più incredibile e ha definitivamente sconfitto la morte con la
sua risurrezione. Perciò sempre
là, all’imbocco del tunnel della
morte, pronto per afferrarci e
portarci a godere la gioia senza
più se e senza più ma.
Gesù, che registra sul suo diario
perfino un bicchiere d’acqua fresca dato con amore, domenica
scorsa stava là a dire a Marco:
“Grazie, per tutte le volte che
mi hai abbracciato nei fratellini
disabili della Piccola Famiglia di
Montetauro. Grazie, Marco, per
tutte le volte che mi hai fatto divertire tanto, quando hai partecipato alla gara delle karatelle
nella festa patronale della tua
parrocchia. Grazie, perché tutte
le volte che hai fatto queste cose ai miei fratelli più piccoli, le
hai fatte a me”.
Ora, permettimi, caro Marco, di
rivolgermi direttamente a te. La
sera prima della gara hai detto
che desideravi vincere il gran
premio per salire sul gradino più
alto del podio, perché lì ti avrebbero visto meglio tutti. A noi
ora addolora non riuscire a vederti, ma ci dà pace e tanta
gioia la speranza di saperci inquadrati da te, dal podio più
alto che ci sia. Lasciaci allora
dire un’ultima semplicissima parola: Addio, Marco. È una parola scomposta dal dolore, ricomposta dalla speranza: aDio!
* Vescovo della Diocesi di Rimini
Dicembre
10
2011
Cult
Attualità
A M B I E N T E
È
IL DIZIONARIO
DEI RIFIUTI DI
FRANCESCO
SCARICABILE
SUL CELLULARE
S
i scrive sulla tastiera del
cellulare l’oggetto che si
deve buttare, si seleziona
“getta”, e l’applicazione risponde indicando il cassonetto giusto: carta, plastica,
vetro alluminio, umido, o indifferenziato. La prima App per
non sbagliare a differenziare
i rifiuti è stata resa disponibile on line un paio di mesi
fa, «dopo un lavoro molto lungo e certosino», spiega oggi
Francesco Cucari, un ragazzo lucano di 18 anni, all’ultimo anno
di liceo scientifico, ideatore e
creatore del Dizionadio dei rifiuti, che sta alla base dell’applicazione. Un’idea sviluppata
quasi per gioco, da uno studente appassionato di informatica e
tecnologia, che certo non si
aspettava tutto questo successo
(non è forse nato così anche Facebook?). L’App è stata già scaricata nel Market Android da
oltre 1.600 utenti in meno di
60 giorni e gran parte dei commenti sono entusiasti. «L’idea
del dizionario è nata da un’esperienza personale. Un anno fa
nel mio paese è stata introdotta
la raccolta porta a porta e i cittadini avevano spesso dubbi su
dove buttare certi rifiuti, a volte
sbagliavano e si trovavano in
difficoltà. Così, ho pensato di facilitare il compito». Il Dizionario
contiene oltre 700 voci di oggetti. «Se si sbaglia a digitare il
nome o si scrive un termine generico – spiega Francesco – esiste la funzione “forse cercavi”,
che suggerisce parole simili o
più specifiche». Scrivendo carta,
per esempio, l’App ci chiede se
intendiamo “carta unta”, “carta
crespa”, e così via. Nonostante
tutto il lavoro necessario per svilupparlo il Dizionario dei rifiuti è scaricabile in modalità rigorosamente gratuita
sugli smartphone.
CONTRO
L’OSTRUZIONE
DELLE VIE
AREE NEI
BAMBINI E
LATTANTI
Poesia di Natale
di Madre Teresa
di Calcutta
E’ NATALE
fortissimo l’impegno del Comitato Provinciale di Frosinone della
Croce Rossa Italiana sul tema delle manovre di disostruzione in
età pediatrica, quelle tecniche che devono essere messe in atto nel
momento in cui un bambino rischia il soffocamento a causa dell’ostruzione delle vie aeree. Ogni anno in Italia muoiono circa
cinquanta bambini per soffocamento, in media uno a settimana.
Molto spesso l’intervento di adulti non preparati ad affrontare casi
simili provoca conseguenze ancora più serie. Il progetto della Croce
Rossa di Frosinone sulle manovre di disostruzione pediatriche ha
avuto inizio lo scorso gennaio, con la formazione di cento istruttori
volontari CRI provenienti dall’intero territorio provinciale. Questo
percorso è proseguito con la stesura di un calendario di corsi previsti nelle sedi di Croce Rossa della provincia. I corsi sono aperti a tutti, hanno una durata di quattro ore e sono composti da una parte
teorica e da una pratica. Alla fine del corso sarà rilasciato un attestato di Esecutore MDVAEP (Manovre di Disostruzione delle Vie Aeree in Età Pediatrica), che nell’ambito lavorativo e di studio può valere ai fini dei crediti formativi. Chiunque fosse interessato può telefonare al numero del Comitato provinciale 0775.854646. Ma
i corsi non avranno luogo solo nelle sedi della Croce Rossa. Chi
vorrà organizzare una lezione interattiva sulle manovre di disostruzione pediatriche potrà farlo mettendosi in contatto con l’associazione di volontariato. Anche le parrocchie potranno ospitare gli
istruttori che trasmetteranno le giuste tecniche di intervento in
questo tipo di situazioni. Anche ad Alatri prossimamente verrà organizzata una lezione interattiva. La Croce Rossa di Frosinone ha
inoltre avuto il merito di dar vita ad un evento che nella scorsa primavera ha attirato l’interesse di circa quattrocento cittadini provenienti da tutta la provincia. L’occasione è stata una seguitissima lezione tenuta dal dottor Marco Squicciarini, referente nazionale
ed internazionale per la rianimazione cardiopolmonare pediatrica e
per le manovre di disostruzione, che ha illustrato le manovre di intervento quando si verificano episodi del genere. Il Comitato Provinciale della Croce Rossa Italiana è impegnato anche nell’organizzazione e nella realizzazione di corsi base per aspiranti volontari.
E’ Natale ogni volta che sorridi a un fratello e gli tendi la mano.
E’ Natale ogni volta che rimani in silenzio per ascoltare l’altro.
E’ Natale ogni volta che non accetti quei principi che relegano
gli oppressi ai margini della società.
E’ Natale ogni volta che speri con quelli che disperano nella
povertà fisica e spirituale.
E’ Natale ogni volta che riconosci con umiltà i tuoi limiti e la tua
debolezza.
E’ Natale ogni volta che permetti al Signore di rinascere per
donarlo agli altri.
C ultura A rte M usica L etteratura S cienza S port C inema T eatro
11
Anno XII
Numero 10
tur@
Attualità
R A G A Z Z I
G
abriele Russo Russo, del liceo Leoniano della Diocesi di Anagni-Alatri, è divenuto Alfiere del Lavoro: è, infatti, uno dei
25 studenti più bravi d’Italia premiati dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a metà ottobre. Si è diplomato nell’anno scolastico appena terminato con 100 e lode, e la media dei
quattro anni precedenti è di 9,8/10. Gabriele viene da Avellino
ma ha frequentato la scuola elementare ad Alatri e la scuola media e il liceo classico ad Anagni, nella scuola cattolica della nostra
Diocesi. È quindi un nostro concittadino a tutti gli effetti e possiamo tutti sentirci orgogliosi per i suoi risultati. Gabriele, in particolare, è stato mio alunno per tutto il percorso della scuola secondaria, per otto anni. E devo affermare che è stato un piacere
grandissimo percorrere con lui un tratto di strada così importante. Con la sua partecipazione attiva, la sua fiducia, la sua generosità e la sua intelligenza ironica ha contribuito a rendere bella la
vita scolastica. Gabriele ne ha vissuto in pieno tutti gli aspetti:
dalla routine quotidiana – fatta di partecipazione in classe e di
studio a casa – ai viaggi di istruzione; dalla cura del sito della
scuola e del giornale scolastico, al teatro e alle vacanze-studio in
Gran Bretagna, dalla partecipazione ai concorsi di matematica e
di informatica ai certamina di latino e greco… Non si è mai tirato
indietro di fronte alle nuove sfide che gli si paravano dinanzi e,
dove ha potuto, non le ha affrontate da solo ma insieme ai suoi
compagni di classe, ai suoi fratelli.
GABRIELE
ALFIERE
DEL LAVORO
FOOD FORCE
L’intervento umanitario
a portata di ragazzi
di Claudia FANTINI
D
C
oincidenze. Il caso. Sabato 5 novembre saliva alla casa del Padre
mons. Luigi Belloli. Ad Anagni, la sua cara Anagni il primo incontro per dare vita all’Associazione degli ex alunni della Scuola
Cattolica Diocesana, la sua cara scuola. Erano le 18 in punto. Tutto
era pronto per iniziare. Arrivavano timorosi, ma al tempo stesso
curiosi i primi ragazzi. Le attese erano grandi, la voglia di incontrarsi rincorreva i ricordi e la nostalgia in un fantasioso gioco i cui
protagonisti erano giovani della nostra Diocesi e delle Diocesi vicine che hanno vissuto nella nostra Scuola, e ora vogliono testimoniarlo ad altri giovani, un percorso unico, protagonisti assoluti non
solo della loro formazione culturale, ma soprattutto di quella spirituale e umana. Un cammino, per richiamare le parole di Mons. Belloli, fondatore della scuola, per “avere risposte; per scoprire il progetto di Dio su ciascuno di noi e per riscoprire il valore autentico
della vita e della cultura”.
A spezzare l’entusiasmo è giunta la notizia della morte del nostro
Vescovo emerito. Una coincidenza? Il caso? Ad illuminare questi
nostri dubbi sono giunte le parole del nostro Vescovo Mons. Lorenzo Loppa, che ci ha invitato a lasciarci
guidare dalla Provvidenza:“È come
se Mons. Belloli consegnasse a voi il
testimone, con il compito di proseguire il suo progetto”.
Non riusciremo forse a fare tanto,
tuttavia iniziamo continuando ad
amare la nostra scuola, convinti che
laddove noi non potremo arrivare,
l’amore costruirà il nostro futuro.
IL VIDEOGIOCO DEL
PROGRAMMA
A L I M E N TA R E M O N D I A L E
COINCIDENZE:
QUANDO
L’AMORE SI
INCONTRA NELLO
STESSO PUNTO
di Massimo FRUSCELLA
alla sua prima uscita, in
versione inglese, nel
2005, Food Force, il videogioco educativo del Programma Alimentare Mondiale per bambini e ragazzi,
che simula un intervento
umanitario e le sfide logistiche insite nella consegna di
assistenza alimentare, è stato scaricato 6 milioni di volte
e gode di un network di giocatori, in tutto il mondo, stimato in 10 milioni di persone!
Ambientato nell’isola immaginaria di Sheylan, stremata
da siccità e guerra, Food Force è composto di sei missioni
virtuali che mostrano gli
ostacoli reali che gli operatori umanitari devono affrontare quando sono alle prese
con un’emergenza alimentare, che sia lo tsunami o tante
altre crisi umanitarie che si
verificano nel mondo.
In uno scenario che vede decine di migliaia gli sfollati
che hanno urgente bisogno
di cibo, il giocatore dovrà pilotare elicotteri in missioni di
ricognizione, paracadutare
sacchi di biscotti altamente
energetici nei campi di sfollati, negoziare con milizie ribelli sul percorso di un convoglio di cibo e utilizzare
l’assistenza alimentare per
aiutare a ricostruire i villaggi
e le comunità. Il gioco può
essere scaricato gratuitamente. L’obiettivo principale del videogioco è di far conoscere alle generazioni più
giovani il problema della fame nel mondo e il lavoro del
WFP nel combatterla.
C ultura A rte M usica L etteratura S cienza S port C inema T eatro
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Tra fondamentalismo e globalizzazione - Diocesi di Anagni