Periodico della Scuola Superiore - Collegio Villoresi San Giuseppe n°2 - 19 Marzo 2015 Il filo d’Arianna Dedicato ai papà, ma anche alle mamme: DEDICATO AI GENITORI C redo sia solo per ragioni commerciali che si celebrano distintamente due feste per i genitori: per il papà il 19 di marzo e per la mamma la seconda domenica di maggio: in effetti non esistono differenze nei regali dolciari per entrambi, e al più può essere una questione di fiori o di dopobarba, a fare la differenza. Sarebbe molto meglio allora celebrare un’unica festa per i genitori, con lo scopo di mettere in evidenza che, all’interno della famiglia normalmente intesa, è solo attraverso la presenza dei due genitori che si costruisce un efficace processo di crescita e di educazione dei figli. Viene anche da chiedersi se è proprio il caso di festeggiare i genitori visto che, oggi come non mai, gravoso ed impegnativo è il loro compito, e non manca nel modo di pensare corrente una ricorrente frase, a metà tra il lamento e lo sfogo, per cui crescere i figli, specie quando cominciano ad avere una certa età, è un impegno che toglie il sonno (e non solo in senso metaforico!). tative dai loro genitori, e non si tratta necessariamente di cose materiali; semmai queste servono a riempire il vuoto creato da qualche genitore che, troppo impegnato su altri fronti, cerca di rimediare non solo non facendo mancare nulla ai propri figli (e va bene), ma anche riempiendoli dell’esagerato e del superfluo (e non è un bel messaggio educativo). I ragazzi invece hanno bisogno di “cose del cuore”. Provo a indicarne alcune. La scuola si affianca alla famiglia nel ruolo educativo, e capita spesso di sentire gli insegnanti che si lamentano di come i genitori si pongono nei confronti dei propri figli e, di riflesso, nei confronti della scuola: gli insegnanti vorrebbero maggiore comprensione e collaborazione da parte delle famiglie, salvo poi verificare che, se sono genitori a loro volta, è effettivamente difficile svolgere il ruolo educativo oggi e, rispetto all’educazione dei propri figli, non è sempre tutto così meccanico e scontato: sono molteplici i casi di ragazzi che non diresti figli dei rispettivi genitori, se si considera la positività di questi ultimi in confronto alla problematicità dei primi. Infine la protezione amorevole; non è facile non cadere nella tentazione di difendere a spada tratta i figli, senza riconoscerne gli sbagli e le responsabilità; eppure i nostri ragazzi hanno grande bisogno, oltre di essere tutelati dalle insidie del nostro mondo, di imparare a distinguere il torto dalla ragione. Innanzitutto la presenza dei genitori; non è facile trovare un po’ di tempo per stare e dialogare coi propri figli, nella quotidianità, in casa, a tavola, nei momenti di svago: eppure i nostri ragazzi hanno un grande bisogno di essere ascoltati e di ascoltare. Poi la guida autorevole dei genitori; non è facile stabilire poche regole, semplici e chiare, fatte di convinti “sì” e di decisi “no”: eppure i nostri ragazzi hanno grande bisogno di una mano ferma che li guidi, ora spingendoli ora frenandoli. Insomma è facile nel ruolo di genitori oggi avere non poche ragioni per scoraggiarsi perché si tratta di un compito sicuramente affascinante, ma anche assai impegnativo, dove non è così scontato raggiungere gli obiettivi desiderati, per cui il più delle volte altri vedranno i frutti del nostro lavoro educativo. Tra pochi giorni celebreremo la festa di San Giuseppe, padre di Gesù e patrono anche del Collegio: questo santo spesso rimane in ombra e non si conoscono parole o frasi pronunciate da lui nel Vangelo, tanto è vero che viene definito anche il santo del silenzio; eppure, da alcune vicende narrate, indirettamente sappiamo che fu sempre presente accanto a Gesù a Nazaret, lo accompagnò nella sua crescita, lo protesse dalle insidie ad esempio del re Erode… Insomma, anche in mancanza di parole, bastano i gesti di San Giuseppe a fare sì che ancora oggi egli possa rappresentare un esempio, un modello educativo per i padri (ma anche le madri) del nostro tempo. Una cosa però è certa: i ragazzi hanno diverse aspet- Angelo Castoldi 2 Il filo d’Arianna Missiroli O cchi basiti, bocche spalancate, silenzio contemplativo. L’incontro con lo scrittore Marco Missiroli che si è tenuto il 9 febbraio presso la nostra scuola ha riscosso grande interesse da parte di tutte le classi partecipanti: 3B, 2A, 2B e 2 ITE. Con un maglione blu, la barba incolta e i capelli tendenti all’arruffato, Missiroli potrebbe essere il ragazzo della porta accanto ma con un pizzico di carisma in più: catturare l’attenzione di tutti i presenti, dai più ai meno interessati alla lettura e all’argomento, sembra per lui un gioco da ragazzi. Mentre parla, il tempo vola. Giovane e disinvolto, ci descrive la sua storia di adolescente timido e introverso, il suo amore tardivo per la lettura, la sua amicizia col nonno Aurelio, le impennate in motorino e le mattine d’estate a lavorare nell’edicola dello zio. Ci disegna, attraverso pennellate di parole, le fasi di una lenta e veloce seduzione, quella tra lui e la scrittura. andava molto di moda, vidi spuntare un libro. Presi coraggio e le dissi: “bello quel libro! Ho appena finito di leggerlo. Ti va se ne parliamo questa sera, davanti a un calice di vino?”>. La storia di Marco può essere considerata il riflesso della storia di ognuno di noi. Un ragazzo come tanti che non sa bene ciò che vuole, il quale mosso dal sentimento più forte del mondo, l’amore, riesce poi a trovare la sua strada. E con forza di volontà, impegno, determinazione, desiderio di arrivare in cima si butta a capofitto in qualcosa che nemmeno lui avrebbe immaginato sarebbe diventato la sua vita. <Ciò che conta non è la destinazione, non sono le fermate. Quello che è importante è avere il biglietto>. Online trovate il video della sua intervista. Francesca Crippa III B Dapprima segreta, incerta, temuta. Poi, la meraviglia per uno stile realistico, semplice, immediato (fin troppo, a volte) che ci accompagna per mano nelle realtà che si celano tra le pagine d’inchiostro. Quella di Missiroli è una letteratura talmente potente che sin dagli albori della sua prima pubblicazione “Senza Coda” riesce a scalare le classifiche e a vincere il premio Campiello. Ma, retrocediamo di 20 anni. Marco Missiroli durante gli anni del liceo con in mano le carte della sua vita ancora tutte da scoprire: non eccelleva a scuola, leggeva i libri assegnatigli dall’insegnante tutti d’un sol fiato la sera prima della scadenza, contro voglia. Ci chiediamo quindi secondo quale catena di eventi abbia trovato la sua strada: <Grande importanza> testimonia <la ha avuta l’amore>. E qui inizia il racconto di come fu grazie a un libro “Ti prendo e ti porto via”, di Niccolò Ammaniti, che riuscì per la prima volta a parlare con quella che sarebbe poi diventata la sua fidanzata per i successivi otto anni della sua vita: <dalla sua borsa, un modello che allora 3 Il filo d’Arianna ARTE e CULTURA Il pater familias: vir e homo “Il giuramento degli Orazi” è un dipinto di fine ‘700 realizzato da Jacques-Louis David in cui i fratelli Orazi si preparano allo scontro contro i Curiazi. Quello che più affascina dell’opera è il momento della vicenda scelto: il pittore non sceglie di esaltare il valore eroico dei soggetti ritraendoli durante il conflitto o subito dopo la vittoria, ma sceglie di imprimere sulla tela ciò che accade prima della partenza, il momento in cui si passa da homo a vir. Gli Orazi indossati gli scudi sono pronti alla battaglia e giurano al padre, che tende loro le spade: vincere o morire. Tuttavia fra questi due mondi apparentemente paralleli La scena è divisa in tre parti: all’estrema sinistra sono vi è un punto in comune che li concilia: il padre. ritratti i tre fratelli in armi che, con la fermezza conferita Caio viene ritratto con linee spezzate ad evidenziare la dalla linea retta utilizzata da David, rappresentano il tripudio del coraggio e dell’onore, all’estremo opposto sono invece raffigurate con linee curve le mogli, la madre e la sorella degli Orazi distrutte dal dolore e dalla paura per l’eventuale perdita dei loro affetti più importanti. Il pittore dipinge quindi le due facce della guerra: molti artisti hanno riflettuto nel corso della storia sulle atrocità consumate sul campo di battaglia, ma sono più unici che rari quelli che emozionano l’osservatore con l’altra faccia della medaglia, spesso nascosta e dimenticata, di chi rimane a casa e guarda l’amore di una vita dualità della figura paterna, in lui infatti sono sintetizzati il coraggio del vir che consegna al sangue del suo sangue il destino di morte e la paura dell’ homo che sembra indugiare e vorrebbe salvaguardare i propri affetti più cari. A metà strada tra quel senso di onnipotenza tipico dei giovani e quella più matura consapevolezza del valore della vita. David ci offre uno sguardo senza tempo sulla figura del padre, individuandolo come sintesi perfetta tra testa e cuore. camminare verso morte certa. Sembrano due realtà inconciliabili: linee rette e curve, uomini e donne, coraggio e paura. 4 Il filo d’Arianna Elena Setaro III Classico POESIA Il libro della memoria Ricordi sfocati: pigiamoni colorati, occhiali da vista e profumo di sapone. Abiti eleganti dai colori tenui e ai piedi le scarpine di vernice con perline e pietre luccicanti. Profumo di vaniglia, il budino, giornate passate in giardino. Poi persiane chiuse. Dentro di me, fuori di me. Lacrime bollenti, il tuo ricordo. Osservo per strada un padre con il proprio figlio, mentre si tengono per mano. Sono disposta ad aspettare Beatrice Parozzi, V ginnasio 5 Il filo d’Arianna LETTERATURA Charles Dickens: a modern critic on society W hat connection could there possibly be between Charles Dickens’s “Hard Times” and Jessie J’s song “Price Tag”? On the 11th of February Ariella Uliano held a presentation on Dickens’s times and works together with all the second year high school students. Charles Dickens was an English writer and social critic. He was born in 1812 and is considered as the greatest novelist of the Victorian period, critics also defined him as the painter of English life because he was able to represent reality. Dickens was forced to leave school and work in a factory when his father was thrown into debtors' prison and that is where he got inspiration for his later works: Oliver Twist, Hard Times and David Copperfield. Dickens's novels were works in which he criticized the society he lived in. He was a fierce critic of poverty, social stratification and child abuse in V i c t o rian society. The interesting thing about Dickens is that he was the first author to emphasize the terrible condition of children in his stories. Child labor is one of the most important themes in Dickens’s novels. This, however, is an issue that has affected humanity since Roman times. 6 Il filo d’Arianna Infact, even during the Great Empire orphans were illegally exploited in weaving “factories”, pickpocketing and robbery. From the Romans to present day, passing through the Victorian Era, child labor has persisted in our daily world in countries like Asia, Africa. These counties have the highest percentage of children aged 5 –17 employed as child labor. This theme connects and find strength in the context of criticism that Dickens makes about his society: so maybe our society is not so different from the Victorian period. Poverty and child abuse being some sort of secret to middle classes who act indifferent or pretend not to know. Ariella connected this theme with Jessie J’s popular song “Price Tag” because it talks about how appearance isn’t everything and states that people nowadays care more about their money than truth or even people’s feelings. She concluded the presentation with a poem by Christina Rossetti called “In the bleak midwinter” where she writes how she would like to help these children, but she has nothing to offer them: “What can I give Him, poor as I am? If I were a shepherd, I would bring a lamb; If I were a Wise Man, I would do my part; Yet what I can I give Him: give my heart.” Arianna Cappella 5 ginnasio LETTERATURA Amor patris omnia vincit: et nos amamus hunc amorem N ell’ambientazione violenta e drammatica delle azioni guerresche volte a fondare una nuova città, che prenderà il nome di Roma, Virgilio si propone di raccontare nell’Eneide una pluralità di eventi e di battaglie organizzata attorno all’azione di un solo personaggio principale, Enea. gnerà, sosterrà in spalla e darà la forza per far proseguire l’ esistenza, sino a quando anche le ultime forze vitali lo permetteranno. Prezioso insegnamento di Virgilio, personificato anche in Enea, è quello di non arrendersi, di non desistere mai, di non interrompere la fiamma sinché questa non si consumerà da sola. Fondamentale è l’apertura del poema mediante il verbo cano (“canto”, “celebro”) del primo verso, che enfatizza la soggettività del poeta e sottolinea con forza l’improvviso spezzarsi del silenzio che precede il canto. Ed è proprio con questa forza che Virgilio intende comunicare al lettore l’intreccio psicologico ed esistenziale fra Enea e Anchise, la loro relazione, il loro difficile e travagliato cammino. Un legame, questo, che ha alla base il rispetto e l’amore del figlio uniti alla saggezza e all’altruismo del padre, l’anziano e saggio Anchise, il quale, vista Troia in fiamme, mira con grande umiltà ad ottenere la sola salvezza del figlio, cui concede l’allontanamento pure senza di lui, ormai senza forze e incapace di sostenere un ritmo di fuga elevato e incalzante. Per il vecchio la vita appare quasi consumata, come una debole fiamma in via di estinzione che, colpita a breve da un getto d’acqua, si spegnerà pochissimi istanti prima di dissolversi spontaneamente. Anchise vuole concedere la salvezza a colui che ancora se la può permettere, a colui che realmente ne ha bisogno e la desidera. La personalità di Anchise è al contempo quella di un uomo che sa rispettare il volere degli dèi: sarà infatti Venere a invogliare e convincere il vecchio ad intraprendere il cammino assieme ad Enea, che lo accompa- Il culmine dell’avventura e del percorso affettivo dei due personaggi è rappresentato dall’incontro che avviene nell’Ade, visitato da Enea grazie all’aiuto e alla guida della Sibilla Cumana dopo la morte di Anchise, in Sicilia. Enea visita il luogo dei defunti, dove si trova l’anima immortale di un padre che, all’estremo delle sue forze, non è riuscito a sopravvivere nel carcere del corpo e ad assistere ai grandi eventi che il figlio determinerà. La forza del legame affettivo supera di gran lunga le apparenti difficoltà che la morte fisica genererebbe: infatti lo sconfinato amore del padre nei confronti del figlio, da quest’ultimo contraccambiato, è un nobile sentimento destinato a durare in eterno, e non vi è nulla che lo può fermare. Commovente è l’episodio in cui Enea, sui prati dell’Elisio, per tre volte stringe invano tra le braccia l’ombra del padre ritrovato, labile come la brezza, come il volar via di un sogno. Il pallore della meraviglia sorprende anche Anchise, che con dolcezza cerca di darsi pace, incalzato dal piangente sorriso di Enea. E questa immagine aerea, l’ombra, parla e sorride, e si modella sui desideri e le passioni che l’affliggono. Ter conatus ibi collo dare brachia circum, er frustra comprensa manus effugit imago Eneide, VI (700-701) Questa è la vita secondo Virgilio: una selva piena di ombre, percorsi incerti e cammini intricati, abitata da difficoltà e pericoli molteplici, occulti. Una vita che trova una vera e propria realizzazione solo al termine, forse all’infinito, in un tempo futuro e immortale, eterno, sconfinato così come lo sono i due spiriti descritti, che si muovono agganciati senza meta in un viaggio la cui velocità aumenta al crescere della risposta affettiva reciproca. Luca Maiorano IV A scientifico 7 Il filo d’Arianna LETTERATURA I promessi sposi mai come prima Il professor Motta conduce un interessante e frizzante incontro sull’opera manzoniana L unedì 19 gennaio ore 10:00: gli studenti stanno entrando in aula Maggioni dove si terrà da lì a pochi minuti la relazione sui Promessi Sposi tenuta dal professor Motta. Gli alunni prendono posto e come “d’ordinanza” inizia il generale mormorio su che cosa sia ciò cui stanno per assistere e come sarà. Ciò che tutti si aspettano è una lunga relazione esaustiva e competente sull’autore Manzoni e la genesi della sua opera. Potremmo descriverlo proprio così: esaustivo e competente l’incontro letterario col professor Motta, docente di lettere del Collegio Villoresi nonché scrittore di testi di divulgazione sulle più note opere letterarie del patrimonio italiano, ma sarebbe alquanto riduttivo, in quanto ciò che gli studenti hanno potuto provare è l’accattivante e multimediale metodo di esposizione del relatore che grazie a video, immagini e supporti materiali è riuscito a catturare l’attenzione del suo giovane pubblico. L’incontro letterario era strutturato secondo due “piste di indagine” che indagavano rispettivamente “il Codice Manzoni” e le influenze dei “Promessi Sposi” sulla cultura moderna. Il professor Motta nella prima parte dell’incontro analizza “il Codice Manzoni” indagando su un aspetto peculiare dei “Promessi Sposi”: le sue illustrazioni. “I libri di testo attuali non riportano più le 200 illustrazioni che ornavano la “quarantana”, ma esse in realtà ci forniscono preziose informazioni sulla genesi del romanzo” racconta il professore 8 Il filo d’Arianna mentre proietta alcune delle illustrazioni originali e sfida il suo pubblico a trovare l’errore in esse. Il pubblico prontamente risponde che le varie illustrazioni del personaggio di Don Abbondio sono tra loro drasticamente diverse: barba e baffi appaiono e scompaiono da un’illustrazione all’altra e la forma fisica cambia spesso e drasticamente. “Manzoni” spiega il professor Motta “dopo il grande successo della “ventisettana” e spronato dalla sua seconda moglie Teresa Borri Stampa, ripubblicò il romanzo con molte correzioni, ma soprattutto con le 200 vignette, per contrastare il proliferare di copie abusive. Per far questo scrive a vari artisti tra cui Hayez e Boulanger, ma alla fine sceglie Gonin in quanto era più artisticamente controllabile di Hayez”. Ma questo non è il solo segreto che viene svelato: il metodo di stampa del romanzo viene adeguatamente approfondito e varie curiosità sulla vita di Manzoni trapelano nel corso dell’esposizione. Se il primo percorso indagava le origini del romanzo, il secondo esplora gli apporti dei Promessi Sposi alla nostra cultura quotidiana. Cosa accomuna le tecniche cinematografiche della panoramica con carrellata e dello split screen, con la serie televisiva “24”, “Il nome della rosa”, l’Esselunga e il programma comico “Zelig“? È presto detto: “I Promessi Sposi”. La panoramica con carrellata, tecnica cinematografica usata dai più grandi registi, è infatti figlia della tecnica letteraria inventata da Manzoni con l’incipit del capitolo 1 della sua maggior opera: “Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi...” L’autore riesce a calarci nel territorio del lecchese attraverso una descrizione del paesaggio che ci porta dal macro al micro, scendendo e restringendo sempre di più il campo di svolgimento delle azioni; grazie all’incipit ormai celeberrimo in Italia, i Promessi sposi sono riusciti ad approdare al codice genetico della lontana Hollywood. D’altra parte non solo per questa particolare tecnica letteraria “I promessi sposi” possono essere ricollegati al grande mondo del cinema, ma anche per l’espediente letterario che Manzoni usa nell’ottavo capitolo, ormai conosciuto come “La notte degl'imbrogli e dei sotterfugi”. In questo capitolo Manzoni riesce magistralmente a descrivere la moltitudine di azioni che avvengono in quel breve arco di tempo e per farlo usa una tecnica letteraria che è assimilabile all’attuale tecnica di regia dello split screen, in cui lo schermo viene diviso in sezioni per rendere più azioni contemporaneamente. La particolarità di questa relazione sono i video che il professor Motta ci propone per accompagnare la sua spiegazione, spezzoni e riferimenti ai più famosi film e serie televisive degli ultimi tempi (tra cui i sopracitati “24” e “Il nome della Rosa”). Ma non solo film e serie tv sono presentati come esempi dell’influenza dei “Promessi sposi”: anche aspetti più triviali della nostra cultura come la pubblicità sono conferme importanti dell’importanza di esso nel nostro quotidiano e come esempio vengono proiettate le immagini delle geniali pubblicità dell’Esselunga o delle più vecchie pubblicità della Liebig che attestano come la grande distribuzione dia ormai per scontato che chiunque in Italia conosca “I promessi sposi” e i suoi principali personaggi. die. Il professor Motta concede un momento di generale ilarità e svago mostrando due delle più famose parodie del testo, cioè “I Promessi sposi” del Trio Lopez-MarchesiniSolenghi e il recente video del gruppo “Oblivion” dal titolo “I promessi sposi in 10 minuti” che riesce a raccontare in modo divertente ed originale la trama del romanzo nello spazio di un intervallo scolastico. Così si conclude l’incontro letterario, con una risata generale che lascia il pubblico piacevolmente divertito, ma soprattutto l’incontro è riuscito a mostrare un nuovo volto dei “Promessi Sposi” a cui il professor Motta è riuscito dare una nuova veste, meno prettamente accademica e più multimediale, moderna ma soprattutto giovane e frizzante. Tutto questo però mantenendo intatta la componente contenutistica e con un’esposizione adeguata alla complessità del tema. “Un ottimo incontro” dichiarano gli studenti “che ha reso più facilmente accessibile un’opera molte volte allontanata per la sua pesantezza e complessità”; e ancora: “è stato molto interessante vedere come alcuni film di oggi abbiano preso spunto dalle tecniche usate dal Manzoni nel diciannovesimo secolo”. Ore 11:40: gli studenti escono dall’aula Maggioni divertiti e interessati, ma soprattutto arricchiti di un nuovo inaspettato punto di vista riguardo a “I Promessi Sposi”. Matteo Di Venti, II A liceo scientifico tradizionale Il secondo percorso si conclude con un aspetto molto particolare delle opere derivate dai “Promessi Sposi”: le sue paro9 Il filo d’Arianna LETTERATURA Recensione del libro: Se ti a I l libro Se ti abbraccio non aver paura di Fulvio Ervas, narra la storia vera di un legame unico che si crea tra un padre, Franco, e un figlio, Andrea al quale, all’età di soli tre anni, viene diagnosticata la malattia dell’autismo. Il padre sceglie di mostrare al figlio una vita felice, fatta non di sofferenza bensì di positività e, per allontanarlo dalla malattia, decide di condurlo alla volta dell’America e di intraprendere così un viaggio impegnativo che i medici sconsigliano. Per circa tre mesi, i protagonisti del libro percorrono l’America del nord in moto fino a giungere nell’America Latina, abbandonandosi qui alla vita del luogo cogliendone la bellezza e affrontando insieme le difficoltà. Di Andrea, dal punto di vista fisico, sappiamo ben poco. Egli viene descritto come un diciassettenne alto, robusto e con i capelli folti. E’ un ragazzo sensibile, allegro e soprattutto affettuoso. Durante il viaggio con il padre, tende ad abbracciare tutti quelli che incontra per strada, per creare con ciascuno di loro un legame unico. Il suo modo di conoscere gli altri è quello di toccare la pancia e in un confronto acceso tra Franco e Andrea capiamo il motivo di questo suo atteggiamento: egli sente la pancia delle persone per conoscere chi gli sta vicino. Si presenta loro toccandole e si sente tranquillo; questo è il suo modo di scoprire gli altri e di cercare così di instaurare una relazione. Alcune persone da lui incontrate trovano ciò particolarmente fastidioso anche perché talvolta il ragazzo esagera e si dimostra troppo affettuoso. Altre invece, più sensibili, accettano questa sua esternazione e ricambiano. Franco, nel ruolo di padre di Andrea e narratore del racconto, fa fatica ad accettare la condizione autistica del 10 Il filo d’Arianna figlio che molte volte non riesce a gestire. Si preoccupa per lui e pensa al suo futuro. Alla fine del viaggio notiamo una maturazione di entrambi i personaggi. Andrea diventa più sensibile ai problemi del padre al quale si sente sempre più legato e prova nuove sensazioni quali: l’amore, la felicità, la libertà e la spensieratezza. Franco, invece, impara a conoscere meglio la natura del figlio, a mettersi nei suoi panni, a cogliere i suoi umori, gli stati d’animo, soprattutto cerca di affrontare insieme a lui le paure per capirlo fino in fondo. A tale scopo, molte volte, quando discutono tramite il computer, Franco cerca di spronare maggiormente Andrea a comunicare e a esprimere le sue opinioni riguardo al viaggio e alle sue difficoltà per aiutarlo nel modo migliore possibile. Egli però si dimostra particolarmente riservato, fatica a confidarsi con lui e molte volte si chiude in se stesso a riflettere, rifiutando qualsiasi tipo di discussione. Spesso il computer diventa quindi il veicolo delle loro emozioni, lo strumento che avvicina due mondi così distanti e diversi. Il viaggio intrapreso dai due protagonisti attraverso la sconfinata terra americana diventa quindi una sorta di metafora dell’esistenza, il viaggio di ogni uomo per imparare ad affrontare la vita nella sua totalità. Un viaggio che insegna a essere un genitore e un figlio migliore nel senso più profondo del termine. Il rapporto genitoriale, man mano che il viaggio di esplorazione e conoscenza prosegue, diventa sempre più stretto, più intimo, più toccante perché più vero. Ecco che in questo forse risiede il vero significato abbraccio non aver paura del libro. Franco è, prima di ogni cosa, un genitore che deve affrontare una sfida difficile di cui ha paura: crescere e comunicare con un figlio autistico. Tutti i figli pongono degli “scalini” ai propri genitori, ma in particolare quelli autistici fanno fare a un genitore tanti “scalini” insieme che permettono loro di arrivare più in “alto” prima di altri e di maturare caratterialmente. La lettura di questo libro permette di comprendere meglio la malattia dell’autismo che affligge, anche se in modo raro, alcuni ragazzi. Quest’ultima, determina nella persona dei cambiamenti nel modo di comunicare con gli altri, come possiamo notare dalle numerose discussioni del padre con il figlio. L’autore, Fulvio Ervas, in un passo significativo del libro, per spiegare meglio la difficile situazione di Andrea, tende a paragonare l’autismo ad un deserto. Utilizza quindi questo luogo arido, solitario, come metafora per descrivere l’essenzialità, la monotonia, la solitudine dei ragazzi autistici e il loro modo di vedere e interpretare la realtà. Rilevante è inoltre la scelta da parte del padre di compiere questo viaggio in moto. Perché la moto e non l’automobile? Perché la moto costituisce, più di ogni altro mezzo, un sinonimo di libertà anche in senso metaforico, cioè di libertà dell’animo. Il padre invita il figlio a liberarsi di tutte le costrizioni sociali che gli impediscono di agire con trasparenza e di essere se stesso. sca, oltre che un punto di riferimento da seguire e stimare, anche un aiuto concreto per affrontare gli ostacoli della vita. Fulvio Ervas, con una prosa semplice e raffinata, contribuisce a rendere ancora più speciale una straordinaria storia vera, regalandoci un romanzo intenso ed emozionante, mai banale, che invita a riflettere sulla necessità di provare a comprendere e fare un passo verso la diversità, non fermandosi ad aspettare “cure” miracolose o, peggio ancora, adottando un atteggiamento di completa indifferenza o facile rassegnazione. Insegna a guardare avanti con il sorriso per trarre da ogni momento della vita il massimo insegnamento… “Funziona che la vita sta tutta sotto una grande curva a campana, con al centro disturbi comuni e ai lati stravaganze di ogni sorta. La vita è diluita nel mezzo e troppo densa ai lati”. “Non capisco”. “La vita è imperfetta, ma ha una sua forza”. Matteo Grolli IA scienze applicate Se ti abbraccio non aver paura è una storia che ha la forza dell’amore, senza confini, quello di un padre verso il figlio, da lui ampiamente ricambiato. È un libro che induce a riflettere molto sulle difficoltà e sui problemi che un padre potrebbe incontrare nel gestire un figlio, in particolare se affetto da autismo. Ci fa capire quanto la figura del padre abbia un ruolo determinante nella vita di qualsiasi individuo e costitui- 11 Il filo d’Arianna CULTURA Nuovi Papiri di Saffo: incontro co P otrebbe essere Saffo a parlare, ad gico, se non una delle più autorevoli voci alunni in ascolto e coi sensi indirizzati alla conoscenza. Tuttavia, la persona nell’ambito di quella poco conosciuta scienza? Estremamente complesso è infatti il lavoro di un che parla agli studenti catturati non è filologo classico, che studia i testi letterari e do- la straordinaria poetessa arcaica, nata nell’isola cumentari muovendosi tra ricerche, interpreta- di Lesbo da famiglia aristocratica e vissuta tra il zioni e intuizioni, spinto per lo più proprio dall’a- VII ed il VI secolo a.C., ma la professoressa An- more per la parola e dal desiderio di far rivivere, tonietta Porro, Ordinario di Grammatica greca nella autenticità della loro ispirazione, le voci presso l’Università Cattolica di Milano. Chi altro potrebbe conoscere meglio una poetessa tanto che, talvolta faticosamente, ci parlano dal passato. Necessariamente multiforme è quindi l’impe- profonda quanto oscura dal punto di vista filolo- gno di uno studioso del genere e sempre neces- 12 Il filo d’Arianna on la docente Antonietta Porro sariamente alte devono essere le sue capacità: ge di mummia, e quello di Ossirinco, in Egitto, con ardore appassionato, testimone di una vita trascorsa e forse addirittura votata a innovare e per immergersi tra molteplici indizi e ipotesi sulla provenienza di ciascun verso, col piacere di sen- arricchire il futuro riscostruendo e facendo luce tirsi esperti filologi. Insomma, un incontro non sul passato, la Professoressa conduce gli uditori, comune, una momentanea fuga dalla modernità, non solo alunni del Collegio, ma anche genitori e una conferma del fascino conturbante, irriducibi- docenti interessati, tra i pochi papiri superstiti e i le e infrangibile della poesia, che, come un pro- loro apparentemente astrusi frammenti, per gui- fumo persistente, sicuramente rimarrà per molto darli a comprendere, nei meandri di un ragionamento serrato e coinvolgente, quali fossero le tempo tra le mura del Collegio Villoresi. poesie di Saffo nella loro lingua originale. I versi Leonardo Strano, V ginnasio di straordinaria delicatezza e vigore, che rispecchiano una poetessa tecnicamente unica e dalla forte personalità, volano e precipitano su ognuno dei partecipanti, azionando i sensi e l’intelletto, grazie al veicolo di quella lingua, il greco, amabile, come scrive Marguerite Yourcenar in Memorie di Adriano, “per la sua flessibilità di corpo allenato, per la ricchezza del vocabolario nel quale a ogni parola si afferma il contatto diretto e vario della realtà”. A ciò si somma il valore aggiunto del carisma professionale della docente, grazie alla quale valori del mondo antico, criptiche frasi e frammenti papiracei si ricompongono in un’unità chiarificante e appassionante. Ci si aggira allora abilmente tra il papiro di Obbink - importantissima proprietà di un privato cittadino e quasi completamente intero - che rimanda ad elementi biografici della poetessa, l’inedito papiro di Colonia, proveniente da un cartonna13 Il filo d’Arianna TEATRO CINEMA Voi cosa fareste? Father and Son: qu sul rapporto p S i usava scrivere il nome del neonato sulla pianta del piede. Era questa la dolorosa soluzione ad un problema altrettanto gravoso, ovvero quello frequente degli scambi tra neonati, che avveniva spesso nei quasi improvvisati e provinciali ospedali del Giappone degli anni Sessanta. Con l’arrivo della modernità, tuttavia, questo sistema fu abbandonato, confidando nelle mature e sviluppate capacità degli ospedali e delle nuove infermiere. Proprio nel contesto di una modernità sempre più fredda e tecnologica, così presente nel Giappone odierno, si svolge infatti la storia di “そして父に 14 Il filo d’Arianna なる Soshite Chichi ni Naru” (letteralmente “Tale padre, tale figlio”, ed erroneamente semplificato in “Father and Son”, titolo che circola per la produzione italiana), che vede protagoniste Ryota Nonomiya. Ryota è un uomo ossessionato dal successo professionale tanto ambito e quasi raggiunto, che trascura senza accorgersene la moglie e il figlio. Fino a quando non viene avvertito che suo figlio bilogico è stato scambiato con un altro per errore. Sarebbe stato meglio continuare con quel tatuaggio nominale? Probabilmente no, ma forse avrebbe evitato alle rispettive famiglie di prendere una decisione cruciale, e scegliere tra il loro vero figlio e quello che hanno cresciuto per sei anni. Il film, uscito dalla mente del regista Hirozaku Koreda ( non nuovo alle pellicole dalla storia travagliate), è stato premiato a Cannes con il Premio della giuria ed è un piccolo gioiello. In molti hanno provato a trasportare sullo schermo il topos del rapporto padre-figlio ( meglio se tormentato), basti pensare a Nel nome del padre, Era mio padre, Big Fish, ma nessuno è mai riuscito a non affogarlo nei contesti rispettivamente carcerari, malavitosi e avventurosi. Invece pare proprio questa la singolarità della pellicola: niente altro che la completa immersione nella tragicità familiare appartenente alla trama, supportata da ottime interpretazioni, una regia semplice e diretta, e un unico e devastante quesito. Cosa succederebbe a una famiglia, e soprattutto a un padre, se dovesse scegliere tra il legame di sangue e il legame affettivo? Ed è questo che interessa al regista, proporre la domanda allo spettatore in maniera diretta e senza acrobazie, più che mostrarci la decisione finale. Una scelta più che azzeccata, capace di portare alla luce tutto il candore, la purezza, la rabbia e la frustrazione connessa uando il cinema d’autore si interroga padre e figlio. ad una decisione del genere, veicolata insinuando abilmente a supporto del tema principale sottotrame interessanti. Come quella dell’infanzia del rigido padre, ossessionato dalle regole impostegli da un genitore altrettanto tradizionalista, del rapporto tra marito e moglie, quasi sottomessa e fantoccio del marito, delle tensioni sociali tra le due famiglie ( una altolocata e l’altra piccolo borghese) a causa della disparità sociale e dello snobbismo della prima, dell’importanza del parere degli anziani, divisi tra obbligatorietà della consequenzialità genetica e l’importanza delle relazioni affettive. Il regista, anche curatore della sceneggiatura, è infatti bravo, oltre che a intrecciare queste diverse finestre famigliari, ad avvicinare i tormenti e le contrapposte gioie delle famiglie a quelli paralleli dello spettatore, che difficilmente biasimerà i protagonisti, ed è esperto nell’emozionare con semplici gesti immagini o scene ( particolarmente toccanti quella del fiore e delle fotografie). E Koreda si dimostra capace anche in un alro aspetto: è quel rapporto tra padre e figlio citato nel titolo che rimane centrale durante il film, come una costante connessa alla decisione da prendere, che eleva i ruoli (e luoghi) comuni esplicitando la purezza dell’infanzia e la re- sponsabilità del ruolo genitoriale, e che inevitabilmente rende unica la vicenda. Applausi obbligatori allora per un film assolutamente da non perdere che commuove, coinvolge, emoziona ma, più di tutto, punge con delicatezza non comune. Leonardo Strano, V ginnasio 15 Il filo d’Arianna MUSICA DI Ligabue, “P M io padre che mi spinge a mangiare e guai se non finisco mio padre che vuol farmi guidare mi frena con il fischio il bambino più grande mi mena davanti a tutti gli altri lui che passa per caso mi salva e mi condanna per sempre mio padre di spalle sul piatto si mangia la vita e poi sulla pista da ballo fa un valzer dentro il suo nuovo vestito con un movimento perfetto Per sempre solo per sempre cosa sarà mai portarvi dentro solo tutto il tempo per sempre solo per sempre c'è un istante che rimane lì piantato eternamente per sempre solo per sempre Mia madre che prepara la cena cantando Sanremo carezza la testa a mio padre gli dice vedrai che ce la faremo Per sempre solo per sempre cosa sarà mai portarvi dentro solo tutto il tempo per sempre solo per sempre c'è un istante che rimane lì piantato eternamente per sempre solo per sempre Per sempre solo per sempre cosa sarà mai portarvi dentro solo tutto il tempo per sempre solo per sempre c'è un istante che rimane lì piantato eternamente E lei che non si lascia afferrare si piega indietro e ride e lei che dice quanto mi ama e io che mi fido e lei che mi toccava per prima la sua mano bambina vuole che le giuri qualcosa le si gonfia una vena e lei che era troppo più forte sicura di tutto e prima di andarsene mi dà il profilo 16 Il filo d’Arianna SPAZIO Per Sempre” << Mio padre che mi spinge a mangiare, e guai se non finisco … Mio padre che vuol farmi guidare, mi frena con il fischio … Il bambino più grande mi mena davanti a tutti gli altri, lui che passa per caso mi salva e mi condanna per sempre … >> Immagine quotidiana nella vita di un bambino come tanti quella di un padre che spinge a mangiare e a finire tutto, fino all’ultima briciola, perché “devi diventare grande! Non si lascia cibo nel piatto!”. E’ il padre di quello stesso bambino che si vede “salvato” dal suo papà-eroe in un innocente litigio con coetanei, con la conseguente dose di imbarazzo misto a orgoglio. Poi il bambino cresce, arriva il momento della patente, ed ecco il traumatico scontro con cambio e frizione in cui il papà è il maestro fondamentale, tra sgridate e insegnamenti che ci si porta dietro per tutta la propria vita da automobilisti. Esperienze comuni, più o meno, di cui spesso non si realizza il valore. Esperienze scontate per alcuni, preziosissime e tanto desiderate da tanti altri. Un padre così, un eroe, un punto di riferimento, un esempio. Quando ci dice di non lasciare niente nel piatto, ci sta insegnando ad apprezzare quello che abbiamo. Quando ci difende, ci regala il senso di protezione che solo un genitore può donare. Quando ci insegna a guidare, ci indirizza metaforicamente sulla strada dell’indipendenza nel viaggio della nostra vita. Un padre cosi è un dono prezioso, una fortuna e un tesoro che, con tutto quello che ci ha dato, che ci ha detto , che ha sacrificato per noi, ci portiamo nel cuore per sempre. E’ un padre che ci guarda severo quando sbagliamo, è un padre che è fiero di noi, è un padre con occhi pieni di dolcezza e anche di stima. Per sempre dentro di noi rimangono dipinti quegli attimi, in un soffice scrigno di caldo affetto. E quindi … << Per sempre … Solo per sempre … Cosa sarà mai portarti dentro solo tutto il tempo? Per sempre… Solo per sempre ... C’è un istante che rimane li piantato eternamente …>> Greta Valsecchi III classico 17 Il filo d’Arianna INTERVISTE Prof. Dassi VS Prof. Buzzi Nel momento in cui ci è stato comunicato dalla nostra professoressa di Italiano e Latino che ci sarebbe stata l’occasione di intervistare le docenti di matematica io, il mio compagno Alessandro Brambilla e il nostro amico di 5^ite Federico Paris non abbiamo esitato ad accettare l’incarico curiosi di porre domande di ogni genere per conoscere meglio le nostre professoresse. Il nostro intento è stato quello di porre più domande possibili di ogni genere. Intervistati. Qui sopra la professoressa Mariella Dassi, sotto a destra la professoressa Angela Buzzi con accanto i nostri inviati speciali Giulio Busalini (5C), Alessandro Brambilla (5C) e Federico Paris (5 ITE). PROF. BUZZI PROF. DASSI Qual è il suo nome completo? Buzzi Angela. Qual è il suo nome completo? Mariella Dassi. Perché ha scelto di studiare matematica? Perché è nel mio DNA. Perché ha scelto di studiare matematica? Perché mi è sempre piaciuto fare le cose che non piacciono agli altri. Qual è la materia in cui andava peggio a scuola? Mah.. quella in cui avevo il voto più basso (6,5) era inglese. Voto più basso mai preso a scuola? Ho preso un 3 al 4 nella versione di latino. Voto più alto mai preso a scuola? Beh 10.. Ha mai preso una nota? No. Ha qualche hobby? Si, mi piace l’uncinetto, il ricamo e fare il pizzo con il tombolo. Qual è il piatto che sa cucinare meglio? La trippa. Perché ha scelto di insegnare al Collegio Villoresi San Giuseppe? Dunque, a dir la verità io non ho mai portato la domanda al Collegio Villoresi, è stata una professoressa del liceo Zucchi, dove io ho fatto delle supplenze, che mi ha indicato il collegio. Sono venuta a fare il colloquio in collegio e mi hanno preso. 18 Il filo d’Arianna Qual è la materia in cui andava peggio quando andava al liceo? Nessuna. Il voto più basso che ha mai preso? Ho preso un 4 in matematica, l’insegnante mi ha “minacciato” di darmi l’esame; dopo di che sono andata a casa, ho pianto, sono andata da mio cugino il quale mi ha spiegato bene le equazioni letterali di primo grado fratte, che non avevo capito in quanto ero stata assente durante la spiegazione. Il giorno seguente mi ha interrogato e ho preso 8, ed è lo stesso voto che ho ricevuto alla fine dell’anno. Il voto più alto che ha mai preso? Non ho mai preso un 10 perché il voto massimo che davano era 8. Ha mai preso una nota? No. Ha qualche hobby? Disegnare e suonare il pianoforte. PROF. BUZZI Quale immaginava sarebbe stato il suo lavoro quando aveva 18 anni? Insegnante. Quale pensa sia stata la sua più grande bravata da giovane? Non ne ho fatte. Ha mai balzato la scuola? No, mai. Inoltre, per ben 2 anni consecutivi, il mio libretto delle assenze era immacolato. Ha mai usato bigliettini o copiato durante una verifica? No non ho mai usato bigliettini, solo che all’epoca, magari nel dizionario di latino o di greco, c’era scritto a matita qualche verbo irregolare. Pro o contro la legalizzazione delle droghe leggere? Contro. Pro o contro i matrimoni gay? Non lo so dire, sono molto indecisa. Ha mai partecipato a manifestazioni studentesche? No. Qual è il suo sogno nel cassetto? Che vengano promossi all’esame di maturità tutti i miei 65 alunni del liceo scientifico. Tre aggettivi che la descrivono? Disponibile, coerente e appassionata del proprio lavoro. Tre aggettivi che descrivono la sua collega Dassi? Lavoratrice, Seria e allegra. Ha gradito questa intervista? Si. PROF. DASSI Qual è il piatto che sa cucinare meglio? Pizza di patate o di melanzane. Il voto più alto che ha mai preso? Non ho mai preso un 10 perché il voto massimo che davano era 8. Ha mai preso una nota? No. Ha qualche hobby? Disegnare e suonare il pianoforte. Qual è il piatto che sa cucinare meglio? Pizza di patate o di melanzane. Perché ha scelto di insegnare al Collegio Villoresi San Giuseppe? Te lo devo proprio dire? Masochismo puro (ride ndr.), è una battuta naturalmente, però ho scelto io di insegnare in collegio, infatti anni fa sarei potuta andare in una scuola statale. Quale immaginava sarebbe stato il suo lavoro quando aveva 18 anni? Lavorare in un’azienda, infatti ho provato a lavorare in un’azienda, ma proprio non mi piaceva. Ho scelto poi l'insegnamento per il contatto avuto con i ragazzi durante alcune esperienze di catechismo fatte in parrocchia. Quale pensa sia stata la sua più grande bravata da giovane? Allora, non ho fatto tante bravate, però una volta ho tentato di balzare scuola andando al parco in bicicletta con un mio compagno durante la quarta liceo. Ha mai usato bigliettini o copiato? No, però facevo copiare. Pro o contro la legalizzazione delle droghe leggere? Contro. Pro o contro i matrimoni gay? Pro l’unione civile gay, non parlerei di matrimonio che secondo me ha un altro significato. Ha mai partecipato a manifestazioni studentesche? No, i miei mi avevano mandato al Collegio Villoresi San Giuseppe proprio per evitare di partecipare a manifestazioni. (ride ndr.) Qual è il suo sogno nel cassetto? Relazionarmi con fiori e piante (ride ndr.), scherzo, in questo momento cambiare vita in questo senso. Tre aggettivi che la descrivono? Solare, positiva e coerente. Tre aggettivi che descrivono la sua collega Buzzi? Dedita alla Maria (madre della prof. Buzzi ndr.), disponibile e un po’ retrò. Ha gradito l’intervista? Si, mi sono divertita. Durante l’intervista abbiamo fatto leggere alle due professoresse tre poesie: “Il canto 26esimo dell’inferno” di Dante Alighieri, “Il sabato del villaggio” di Giacomo Leopardi e” Ho sceso dandogli il braccio milioni di scale” di Eugenio Montale senza fornire loro i titoli, in modo tale da verificare se dal testo riuscissero a riconoscere il titolo. Entrambe le professoresse hanno individuato un solo titolo su tre. Abbiamo anche sottoposto alle professoresse un indovinello matematico: “Vi è un terreno della forma disegnata qui sotto. Quattro querce (punti marroni) sono piantate in questo podere. Si divida questo podere in 4 porzioni della stessa superficie in modo tale che, ogni appezzamento contenga una quercia.” La prof. Dassi è riuscita a risolvere l’indovinello in 45 secondi mentre la prof Buzzi in 55. 19 Il filo d’Arianna Sentiti ringraziamenti a tutti gli studenti membri della redazione de “Il Filo di Arianna” : Alessandro Brambilla Arianna Cappella Beatrice Parozzi Elena Setaro Greta Valsecchi Federico Paris Francesca Crispi Giulio Busalini Greta Valsecchi Leonardo Strano Luca Maiorano Matteo Di Venti Matteo Grolli ai professori che hanno supervisionato il loro lavoro: Prof. Angelo Castoldi, Prof. Pamela Sala, Prof. Sara Boccioni, Prof. Luigia Maggioni, Prof. Simona Ricci, Prof. Antonio Oleari Prof. Anita Magrini, Prof. Rossana Arosio, Prof. Ben Vernara infine si ringraziano in modo particolare il caporedattore: Greta Valsecchi la responsabile dell’impaginazione: Annalisa Dell’Orto Il filo di Arianna finisce qui, visita anche il giornale online ilfilodiarianna/collegiovilloresi.it e collabora con noi. Online troverete anche le interviste agli sportiti. 20 Il filo d’Arianna