Salvatore Zuppardo (foto Cerniglia) Centro di Cultura e Spiritualità Cristiana “Salvatore Zuppardo” SILENTIUM SIVE DEUS Antologia poetica A cura di Vincenzo Salsetta Emanuele Zuppardo BETANIA EDITRICE Proprietà letteraria riservata Antologia del 4° Concorso Nazionale di poesia “La Gorgone d’Oro” promosso dal Centro di Cultura e Spiritualità Cristiana “Salvatore Zuppardo” Via Cammarata, 4 – 93012 Gela CL Giuria: Vincenzo Salsetta (Presidente), Prof. Don Rino La Delfa, Prof. Aldo Scibona, Prof.ssa Angela Aliotta, Don Angelo Rabita, Sandro Cappa, Angelo Vullo ed Emanuele Zuppardo (segretario) Copertina: Nunzio Pino Illustrazioni: Antonio Occhipinti, Giuseppe Forte, Giuseppe Caldarella, Italo Zoda, Salvatore Solito, Andreina Bertelli Silentium sive Deus : antologia poetica / a cura di Vincenzo Salsetta, Emanuele Zuppardo. - Gela : Betania, 2004. I. Salsetta, Vincenzo. II. Zuppardo, Emanuele. 858.914 CDD-20 Cip - Biblioteca centrale della Regione siciliana 4 Universalità della preghiera di Vincenzo Salsetta Sin da quando iniziammo questo premio di poesia religiosa, ci si accorse che pervenivano molte poesie a forma di preghiera. Componimenti molto semplici, privi di quella tecnica costruttiva che connota il lavoro di poesia, con temi, a volte, di un’ingenuità scoraggiante. Guardando più in profondità, si comprendeva che tali componimenti venivano dal bisogno che i poeti avevano, di riempire un vuoto esistenziale piuttosto che dalla necessità di trovare senso. Invitammo gli scrittori a modulare meglio questa tensione ed il risultato, dopo vari anni, è stato che le preghiere si sono fatte poesia. Io credo che questo nasca da un atteggiamento psicologico che il poeta Keats chiamava: morire in vita, per la vita. Una via di mezzo tra il vivere da mistico e quello da autistico. Un’esperienza di poesia simile sembra, a prima vista, volere essere sostitutiva dell’esperienza religiosa: è una richiesta di comunicazione altra col divino, differente da quella canonica (sentita come ritualistica), più autentica. Viviamo un tempo dove da più parti arrivano dichiarazioni di “morte della poesia” e di “fine della religione” si che il poeta fa della poesia uno strumento mondano della religione ma sia chiaro; sono tentativi inconsapevoli: i poeti scrivono senza proporsi nessun programma o schema precostituito, tali poesie nascono da un’esigenza vera di comunicazione. La preghiera è uno strumento di comunicazione diretta che il fedele ha con Dio. È uno strumento potente che mette in polo d’unità, creatura e Creatore. Credo che la preghiera sia dichiarazione di prontezza e di sintesi di un’esperienza religiosa. Dispone l’anima ad un percorso di senso e ne sacralizza l’azione che ne consegue. La poesia viene dalla vita: la testimonia. 5 Credo che il riappropriamento del sacro che questi poeti fanno, attraverso la testimonianza dei loro versi, dia senso a ciò che è profano: lo salva da quella perdita generale di senso in cui la società laica vive. La preghiera che viene da Dio, per i cristiani è il Padre nostro ma vi sono altre preghiere. Dio non parla agli uomini comuni, Dio, l’inconoscibile, ha parlato ad Adamo, ad Abramo, a Mosè, ha dato corpo alla Sua voce in Gesù, ha comunicato attraverso Zoroastro, il Budda, Maometto, fino a Baha’ulla. Il risultato che però oggi si coglie, e che va maturando tra la gente, è che l’umanità ha molte religioni ma sicuramente ha un solo Dio. La preghiera è un fatto universale. È un tempo sacro, da tutti riconosciuto. Per ritornare alla poesia, va ricordato che in Italia è in uso, presso i poeti , l’abito poetico di tipo metropolitano (anche se si vive a Villarosa o a Voghera); scientistico e nichilista. Il poeta si compiace di essere disperso all’interno della società. Egli è circondato da un panorama sociale azzerato nei suoi valori, e confuso dal tramonto (oramai notte fonda) di tutte le ideologie. In questo clima da trapasso epocale, la poesia religiosa è considerata quasi un sotto genere letterario, frutto quasi di patologia. Fatte le dovute eccezioni (e mi riferisco ai santi come san Francesco o san Giovanni della Croce, santa Teresa d’Avila e altri) il mistico viene considerato, da certo psicologismo, soggetto di transfert o di sublimazioni dell’impulso sessuale. Mi sento di affermare che non è così e mi va di citare lo stralcio di una lettera di don Luigi Sturzo al fratello, residente a Londra, a proposito di poesia religiosa e profana. I due argomentavano, partendo dalle ipotesi di Benedetto Croce espresse e pubblicate sulla rivista Critica nell’articolo “La poesia e la letteratura” uscito nel 1935 : …io ritengo che la poesia religiosa non si distingua che relativamente dalla profana, perché la religione non diventa poesia se l’oggetto non è risolto in liricità, cioè in soggettività… Gli stati mistici, cessando riescono inesprimibili . 6 Dunque di per se la Poesia non è sacra o profana. È Poesia e basta. Il poeta religioso da senso al mondo, tanto quanto ne da quello profano. È nella loro vita il distinguo. Tuttavia il mondo è realtà, la cui essenza non può trasparire dalla mera descrizione esteriore. Solo se il poeta trascende la realtà e le sue apparenze, può arrivare ad un senso. Mi sembra di dire delle cose ovvie, tuttavia sento che è necessario richiamarle alla mente perché i poeti non frequentano la filosofia. La loro parola arriva dall’anima e quasi raramente dalla mente e le parole dell’anima, sovente dicono di più di quello che significano: dicono cose che neanche il poeta sa di dire. È come quando si prega: ciò che si sente va al di là della preghiera stessa, al di là delle parole: si accede nel territorio della verità. 7 AGOSTINO BAGORDO – MONOPOLI MT 1° PREMIO POESIA RELIGIOSA Antonio Occhipinti, Maternità, tecnica mista Silentium sive Deus Quando mite l’aurora chiude le fragili parpeble e criniere di cavalli nei campi di avena spulano le lunghe ariste, sigillami le labbra e il mio passo sprona col vento. Quando il sole al suo zenit consuma il renischio, brucia i nidi dei falchi e spezza i picchi della giogaia, sulle mie labbra spegni il verbo inutile. Quando ripartono le barche a vespro con la stella di Venere e la luna sale nella campana del Persèo lucente, dammi le sillabe sospese sui frangenti all’imbocco del porto o nelle valve di conchiglia chiuse. Quando dal tempo assolto e all’Infinito oblato, quando la morte ormai, disorientata sorte, entro vivo splendore esploderà, quasi remota supernova, silente in te sorprendimi, nel tuo eterno eloquio. 11 Meteore Muta la sera si appressa agli orti urbani; il cielo spento copre gli alberi stremati dalla calura di agosto. Con la luna calante, accanto a un gelsomino, non aspetto sciame di meteore morire nei crepacci sopra i monti di Cibele. Non sono un naufrago, sfuggito ai fari di Nàuplio sulla riva deserta, un viandante nella selva di Delfi; navigatore degli oceani, cosmonauta oltre le stelle e i mondi in agonia, nella notte immerso tra le falle uraniche a divinare il giorno eterno, le porte aperte ad avvistare della città celeste, città degli angeli, quasi cristallo e quarzo. 12 FRANCO CASADEI - CESENA 2° PREMIO POESIA RELIGIOSA Antonio Occhipinti, acquerello Il figliol prodigo Adolescente d’insana baldanza fuori tempo mi sono insediato in villaggi di fortuna il diario è un calendario di rovine, accecato da ori non vagliati adoratore d’idoli del nulla, ho vagato per sentieri avari, l’anima segnata dall’ignominia della nostalgia ho bisogno d’uno sguardo d’accoglienza senza parole pronunciate, di ascoltare i passi lievi che s’accostano, farmi investire della tua memoria la mia forza sarà una misericordia disposta alla sconfitta. 15 Mi percuote il pensiero di notte Gli occhi spalancati o socchiusi mi percuote il pensiero di notte, a finestre serrate o aperte il buio, buio rimane e m’angoscia che la vita chiuda i battenti del respiro niente è più soffocante della terra nera d’un esilio evanescente, l’inferno è più appetibile del nulla, meglio una morte senza sconti che essere sospesi nel cielo di nessuno senza il rosso sangue del dolore o il pacato bianco del mattino il nulla non è contemplato nelle fibre della mente, non voglio scomparire senza l’attesa d’una luce che m’abbagli fra cent’anni e sempre proteggerò gli occhi con la mano, umidi di consolazione. 16 3° PREMIO POESIA RELIGIOSA Ex aequo Sr. BARBARA FERRARI – CARBONIA CA MARIO GIORGIO TALIO - CALTANISSETTA Antonio Occhipinti, Via Cappuccini a Gela, disegno E mi sovviene E mi sovviene l’Infinito in frammenti di tempo carichi d’umana eternità. Il cuore è vaso di terra che accoglie il Mistero nascosto in ogni attimo e che continua a irrompere nella storia: inesorabile. Chiudo in grembo la gioia: sono volti, presenze, semplice eloquenza di gesti che penetrano il fondo dell’anima lasciandomi orme di luce, bagnate di sorrisi. Sincerità del cuore. E non conosco lacrime… Mio Dio, la preziosità del giorno mi scuote e mi ridona energie nuove: combatto in questa esistenza dal sapore di fango e di spirito, dai contorni incerti – umana visione – che attendono Speranza. Trovo Te a riscrivermi il sogno, a ridonarmi il tempo che Ti vuole generare ed esplode, gravido, della Tua essenza. Suor Barbara Ferrari - Carbonia CA 19 Oh, potessi! Il cuore è coccio scalfito da frustate di vento che scompigliano e stracciano le ore accartocciate di questo tempo che mi pesa dentro come montagna impenetrabile. E’ duro il silenzio calato sul mio corpo lontano dalla Tua Bellezza, avviluppato in fili faticosamente tessuti. Oh, potessi liberarmi da me e librarmi – gabbiano – verso la mai effimera Stella, che giorno e notte - mai stanca – effonde luce e calore, ricomponendo l’unità dei frammenti! Suor Barbara Ferrari - Carbonia CA 20 In sere d’inverno Cerco amcora sogni in sere d’inverno; scrosci d’acqua accompagnano il mio vagare, vagabondo tra vitigni secchi ansiosi di primavera. Cerco amore, quello che non ho mai imparato a dare, zuppo d’acqua infango quest’anima solitaria, in pantani segreti di bramosie. Ma, ne sono certo, cercherò ancora, solitario, lumache all’ombra della luna, mentre aliti di maestrale ghiacciano le mie lacrime come bruma mattutina, e nel cieco brancolare cerco ancora Te, mio Dio… Mario Giorgio Talio – Caltanissetta 21 Alla sera della vita Ma quanto buio può esserci, celato tra pensieri reconditi, ammaliato da canti lontani, in animi gonfi d’egoismo…? Avrò anche io la mia stella, lucciola nel cielo estivo, ammonirà quest’anima vagabonda e, radiosa, alla sera della vita, ad indicare il varco celeste in cui m’immergo e non posso immaginare… Mario Giorgio Talio - Caltanissetta 22 4° PREMIO POESIA RELIGIOSA Ex aequo LIVIA FURNO ROSSO - SANTHIA’ VC CARLA CARLONI MOCAVERO - TRIESTE Antonio Occhipinti, Eschilo, disegno I lunghi tempi Tu non segui, Signore, i nostri tempi Tu Signore del Tempo, Signore dell’Eternità! Ciò che per noi è impellente Tu valuti con lungo sguardo che travalica la nostra breve prospettiva. Noi corriamo al Tuo altare, Signore, e rivolgiamo suppliche e domande. Tu le accetti, ma come saggio padre Tu puoi pensare che ancora non è giunta l’ora. La nostra attesa ha limiti, Signore, Tu lo sai. Non indugiare troppo al nostro bisogno del Tuo assenso. O forse perderemo la Fiducia, o forse perderemo la Speranza! Ma soprattutto, Signore, aiutaci ad imparare la lunghezza dei Tuoi tempi! Livia Furno Rosso - Santhià VC 25 I tempri brevi E i tempi brevi, Signore, chi se li ricorda, per ringraziarti? Quando, appena nebuloso per il cavo cervello, vaga il pensiero di ciò che urge e preme, incoscio desiderio, informe predestino, embrione, larva, or ecco Tu per noi sbocci all’improvviso, essenziale, meravigliosa realtà consenziente. Dalla nostra mente di vacuità attonita e smarrita sovente il Grazie s’accompagna al Ritardo. Livia Furno Rosso - Santhià VC 26 Preghiera I marosi infuriati raggiungono la strada, i cani affamati squarciano le reti; così gli errori irrompono salgono alla gola, urlano nelle orecchie folgorano i miei occhi e mordono, rimordono… Sono stivali di soldati, pianto di bambini, mari immoti di silenzio, una voce stridula che interroga e risponde. Sale verso le navate incontro alla luce che entra il suono dell’organo e la mia voce che prega. Ascoltala, ti prego. Carla Carloni Mocavero - Trieste 27 POESIE SEGNALATE Giuseppe Forte, Figure, china Richiami Quei filari di campanili dita puntate al cielo. E’ lì, è lì che dovete salire, non state sui sagrati, entrate! Arcate e colonne e poi là al centro della cupola Qualcuno vi chiama, attende. E in alto, quelle scritte che appaiono incomprensibili non sono terribili condanne. Un vecchio cadente all’ombra d’una panca si batte il petto. Non qui dovete piangere. Non ora! I peccati si scontano fuori. Altri scontano i vostri peccati. Qui c’è solo posto per capire per amare. E le campane che battono a martello non sono colpi che incutono paure ma richiami. Come quando suonava la campanella della scuola e s’entrava per diradare le cupe ombre dell’ignoranza. Giuseppe Bagnasco - Casteldaccia PA 31 Dagli abissi dei nostri destini incrociati, dall’alto dei fiori celesti, da Hiroshima e Nagasaki, dalla polvere di Gaza e dalle macerie di New York, dal padre Abramo, dalle sponde immacolate dell’anima di Maria, dai chiodi urlanti conficcati in Gesù, dalla corda che impiccò Bonhoeffer, dai cuori pulsanti delle moschee e delle sinagoghe, dalla mia voce, dall’acqua che scorre tra le tue mani, dal fango del Vajont, dal vangelo di San Francesco e Don Milani, dall’ospedale dei cuori puri di Madre Teresa, dai fumi umani di Auschwitz, dal suolo gelido dei gulag, dalla Tua impotenza, dalle Tue lacrime, da tutti i perché, dalla neve che cade lieve sulle rose di marzo, dai campi dipinti da un contadino di Gais, da un’isola di isole, dalle note geniali di Mozart, dal piombo che uccide chiunque uomo, dalle linee perfette di una villa palladiana, dalle parole di Tagore e Gibran, dallo spirito dei colori di Botticelli, dai nostri corpi che si abbracciano, dalle sacre colonne dell’abbazia di S. Antimo, 32 dal dolore della solitudine, dal dolore della malattia, dalla gioia scintillante, dall’amore, da ogni bestemmia a Te rivolta: io prego. Romeo Battaglion - Vicenza 33 Tuttavia un vento virile allontanò le nubi e la luna cominciò a nuotare nell’arco del cielo spandendo ovunque una pace soffusa. Il signore degli angeli aprì le mani e seminò stelle e pianeti. Il deserto delle solitudini urlanti fiorì allora nel silenzio che precede il sorriso di Dio. Fu in quel momento che le ferite di Gesù scomparvero. Nasceva la verità e lo capì il male che si abbracciò ringhiando alla morte. Fu allora che io, Giovanni, sentendo voci di donna, e il mio cuore si riempiva ancora della sua parola, corsi dal maestro e vidi e non potei che continuare a credere. Romeo Battaglion - Vicenza 34 Preghiera Signore… Inventami la vita…! Colorala dei tuoi colori di pace… Mettici il rosa all’aurora, il giallo oro A mezzogiorno, l’azzurro ad ogni dì, ed il blu di notte, con tanti piccole luci che noi chiamiamo stelle…! Signore… Dipingila pure di verde la mia vita, del verde dei prati e dei pensieri, che sanno di speranza, del bianco delle nevi e del rosso al tramonto… e fa che campeggi sempre la luna in cielo a farci sognare carezze e baci e donaci pure la bellezza di un sorriso… Ma, Signore, donaci ancora e sempre, una mano da accarezzare, ed uno sguardo da contemplare, perché possiamo sempre ricordare che siamo uomini…! Uomini… che cercano e portano in sé, l’infinito…! Maria Stella Brancatisano - Samo RC 35 A Salvatore Zuppardo…! Oggi… Ho incontrato un angelo, egli mi viene incontro, solenzioso e profuma di rose… Non conosco questo angelo, se non nello Spirito di Dio… Un cruccio… Non averlo conosciuto di persona…! Si rivela lo Spirito di Dio, con i suoi angeli Buoni…! Divieni… oggi, anche per me, uno dei miei Angeli Custodi! Il tuo spirito di bontà si riversi sulla terra, a volte… così arida e tanto crudele…! Maria Stella Brancatisno - Samo RC 36 E vennero i Magi E vennero i Magi di lontano inseguendo la stella A lungo camminarono su cammelli di seta attraverso deserti senza storia Andarono e andarono con le mani piene di luna Ma l’Angelo più lucente di tutte le stelle aveva cambiato cielo E vanno ancora i Magi in un mondo feroce coi volti di pietra e le mani dure con le corone stinte e gli scrigni senza più doni Vanno ancora i Magi a cercare un piccino che nessuno vede Vanno… coi piedi screpolati in un deserto senza storia E non ci sono farfalle d’acqua chiara né la stella lucente Non uccidiamo i Magi millenari! Ci sono ancora 37 tutti i nostri figli piccini con le mani protese verso un cielo azzurro di stelle Alfonsina Campisano Cancemi - Caltagirone CT 38 Ombre di vita Son venuti da lontano, diaspora sofferta, è venuta la miseria, la baracca, la fame. Il lavoro schiacciante, il lavoro umiliante, la crisi, la guerra, la lotta per la vita, l’odio. Alloggiati come bestie, disprezzati come cani. Sono accorsi dai limiti del mondo, dai limiti del tempo, da ogni parte, da sempre, emarginati, ghettizzati. Lentamente gli uni dopo gli altri, come bruti hanno battuto, ucciso, rubato, menato, spacciato. Noi, cristiani, noi severi osservanti della morale, noi, li abbiamo resi orfani d’amore. Signore vengono da lontano… non li avrebbe raggiunto la tua misericordia? Oppure i tuoi figli non hanno riconosciuto che sono fratelli? 39 Nella tua luce spietata, un giorno, leggeremo sui quei volti la ruga che abbiamo scavato, il sorriso che abbiamo spento, la speranza che abbiamo ucciso, l’amore negato. Allora, attoniti e immobili, terrorizzati e silenziosi. Tu ci dirai: “Ero Io”. Grazia Cannata - Santa Caterina Villarmosa CL 40 Nel nome del Padre Nel nome del Padre non riusciamo più a seguire la traccia dei sermoni se finiamo col perderci tra il vuoto delle ombre. La parola è una chiave che non apre le porte del bene se il gesto resta avvolto da ragnatele indifferenti. Abbiamo riscoperto innocenze dentro specchi d’infanzie già trascorse, quando accendevamo ceri nelle chiese del paese e la fede ci infondeva quel coraggio che allontanava il giogo dei peccati. Ora ai tavoli di una solitudine che è nuova c’inebriamo con bicchieri che contengono tristezze ma ritroveremo la speranza per immergerci dentro pagine di vita se nel nome del Padre ci tenderemo le braccia come fratelli che si amano. Ciro Carfora - Barra NA 41 Ballata del Venerdì Santo Ti perdo ancora tra le strade dei giorni, Signore. E resto indifferente, a volte ostile verso le cose della vita. Eppure professo di esserti fratello, di ritrovarTi dentro parabole d’amore, nei sermoni di un amico – sacerdote. Quanto bene si spreca per un niente, Signore che tra violenze ed insulti ascendi ancora al Golgota anelando acqua da samaritane e carezze da veroniche per il mondo di domani. Fa che in me tutto sia diverso e rendimi come uomo, che è degno della gente del suo tempo… I biancospini già sono carichi di sole, Signore. Non rendere incerto il mio passo, non farmi vacillare. Fa che io semini grano nei campi dove la gramigna ammutolisce il canto degli uccelli. Ciro Carfora - Barra NA 42 Ci sei tu oltre il focolare oltre la siepe Tu che mi aspetti oltre ogni illusione silenzioso senza battere ciglio. Amico tradito amante disatteso proprio tu mi verrai incontro tenuemente vestito regalmente povero mi offrirai un avanzo di pesce. Al tuo sguardo sprofonderò nell’abbisso incandescente brucerò nel fuoco. Infurierà tremendo l’uragano e su di me si abbatterà il tuono Il grido di mille angeli squarcerà le nubi quando mille belve mi sbraneranno Poi ad un tuo cenno si placherà la tempesta ed io, sicuro naufrago, gioirò danzando Insieme inizieremo a scandagliare l’eterno… Esmeralda Cernigliaro - Trapani 43 Vecchio lenzuolo Sei il ricettacolo del tempo che non ha saputo erodere. Un lembo di trama e ordito, ingiallito, oscurato. E non tanto da offuscare nei contorni dei rivoli. Segni di percossa che combaciano inequivocabili ai vangeli. Sei l’immagine prima e sola, negativa che ha interrogato i fotografi. Concentrato di pollini, di arbusti, semi dell’area palestinese. Sei l’enigma della magniloquenza. L’allungato tuo composto volto esprime il passio di un Giusto. Perché è chiaro che l’imago è di un Giusto! E sfileranno ancora per secoli. Contentati forse di una copia. Si raduneranno i professoroni in esclusivi simposi. Per ora sei anche: due monete augustee deposte sugli occhi, datate anno mille. Sei il grande gioco del destino che noi possiamo cambiare in meglio. Segno dell’Esserci! Vecchio lenzuolo di lino! Adriana Comollo – Chieri TO 44 Al sorger del sole… Dammi la dolce voce del poeta che sa tradurre in cantico d’amore ogni impulso che l’anima segreta cela nel fondo, se pietoso è il cuore… Canterò la tua gloria, mio Signore, e dirò della gioia che mi scalda ogni mattina quando sorge il sole. Come uccello che il fido nido lascia e dalla cima del più alto ramo dona cristalli di preziose note, canterò l’indicibile stupore che, al filar della luce sulle cose, sciolte del buio tutte le paure, in un tripudio general d’amore, esalta e unisce le tue creature. Silvana Crotti – Albinea RE 45 Nuttata senza suli Firmatilu ‘stu suli anniricatu ca prestu prestu voli tracuddari. Stutatila ‘sta vampa di piccatu ca l’animi pirduti fa addumari. O notti scura, ca ‘n finisci mai, la lampa astuti di li sintimenti e porti nni ‘sta terra peni e vaj l’amuri distrudennu ‘ntra li genti! La carni arriri ccu la so ‘ncuscenza e l’arma chianci li so amari peni: a Vui, nuddu cchiù, quasi ci pensa e nuddu cchiù vi cerca e voli bbeni. O granni Diu, o patri miu Signuri, quidatili ‘sti pecuri stracquati: Vui siti Mastru e iu vostru pasturi, purtamuli a l’uvili ‘nculunnati… E quannu semu nni lu nostru Tempiu, dati la luci di la Ridinzioni, accussì sulu finirà lu scempiu e l’omu scurdirà li mali azioni. La Vostra casa è dda: scura, vacanti pirchì nunn’è tiatru di balloria. Vui siti sulu ccu li Vostri Santi e nuddu cchiù Vi dedica ‘na loria. C’è ‘n-vicchiareddu ca stenni li mani di fami muzzicati e di turmenti: “Fati la carità… ‘npezzu di pani…” ma va lu munnu mutu e indifferenti!… Cristu, vui sulu siti ca sfamati ccu pani duci, fruttu di Sapienza; 46 un pezzu d’iddu, appoi, multiplicati, comu mangiari datilu a ccu è senza. Rinascirà d’amuri la spiranza pirchì la sazzirà lu Corpu Vostru. A cunsulari Vui, ‘ntr’amurusanza, si sentirà l’anticu Patirnostru. Lu Vostru artàru sarà tuttu ciuri; ddi la bestemmia nascirà prijera e l’omu a l’omu abbrazzirà ccu arduri ‘ntra girutunnu di sinceru amuri!… Riccardo Di Pasquale - Catania Fermatelo quel sole annerito / che lestamente vuole tramontare. / Oh notte scura, che non finisci mai, / spegni la lampada dei sentimenti / e porgi su questa terra pane e guai, / e distruggi l’amore tra le genti! / La carne sorride, sorride con la sua incoscienza / e l’anima piange le sue amare pene: / a Voi, nessuno più quasi ci pensa / e nessuno Vi cerca e vuole bene. / O grande Dio, o Padre mio Signore, / guidatele queste pecore disperse: / Voi siete Maestro ed io vostro pastore, / portiamole all’ovile incolonnate… / E quando saremo nel Vostro Tempio, / dateci la luce della Redenzione, / solo così finirà lo scempio / e l’uomo scorderà le malazioni. / La Vostra casa è là: scura, vuota / perché non è teatro di baldoria. / Voi siete solo con i vostri Santi / e nessuno pià Vi dedica una preghiera. / C’è un vecchietto che stende le mani / di fame morse e di tormenti: / “Fate la carità… un pezzo di pane…” / Ma va il mondo con indifferenza!… / Cristo, Voi solo siete colui che sfama / con pane dolce, frutto di Sapienza; / un pezzo di esso, poi, moltiplicate, / datelo a chi ne è senza. / Rinascerà d’amore la speranza / perché li sazierà il Corpo Vostro. / A consolarvi in caldo amore, / si sentirà l’antico Paternostro. / Il Vostro altare sarà rifiorito / dalla bestemmia nascerà preghiera, / in un girotondo di sincero amore!… 47 Viaggio in Turchia Un giorno di agosto duemilatre, Rumi, in viaggio da Urgup a Pamukkale, ho cercato refrigerio all’ombra della tua tomba: dominavi, invitavi al silenzio telecamere e flash che, a mo’ di avvoltoi, andavano a caccia di corpi assorti in preghiera. Andando via, pensavo: Signore, Padre nostro, Dio di tutti, ogni generazione racconta all’altra le tue opere. In luoghi ti cerchiamo. In luoghi ti chiudiamo. In chiese, moschee, sinagoghe, aguzziamo i nostri sensi in cerca dell’eco del soffio d’inizio. Signore, Padre nostro, Dio di tutti, prendici per mano, riporta i nostri cuori indietro, indietro, fino al Bereshit. Signore, Padre nostro, Dio per tutti, il popolo che ha accolto tuo Figlio apre ogni giorno gli occhi in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Shemà, shemà, dice a sé stesso, allargando filatteri con tutto il cuore, tutte le forze e tutta l’anima, il popolo che per primo adottasti e ancora ti scruta nei profeti. 48 Allah’ u akbar, altri non ce ne sono, un servo a te fedele ricorda cinque volte al giorno ai figli di Ismaele, aggrappato a dardi di pietra. Signore, Padre nostro, Dio in tutti, unifica nel mare del tuo amore i fiumi di preghiere che a te salgono da questo sgabello non ancora degno di accogliere i tuoi piedi. Una sola cosa noi, pavidi e tiepidi uomini di oggi, in origine a tua immagine e somiglianza, possiamo garantirti: sulla preghiera non tramonterà mai il sole, per tutti i secoli dei secoli. Amen. Silvano Forte - Napoli 49 Ridatemi i miei morti! Ridatemi i miei morti! Carni straziate in notti insonni, pallide albe e tramonti insanguinati. La mia madre, dolorosa madre, dolcissima effigie, mesto – soave incanto, occhi di santa, profumo di cielo. Il padre mio, rigogliosa quercia, siccome “frate foco robusto e forte”. E Gino, il mio fratello, il mio padrino, dal possente ingegno, luce di genio, aquila eccelsa. E Lina, la tenera sorella, l’unica mia sorella, siccome “sora cqua preziosa e casta”. Ridatemi i miei morti! Carni delle mie carni, straziate carni, venite a me in un mortale amplesso. 50 Vivo son morto: che io possa dunque o con Voi morire o con Voi rivivere! Ridatemi i miei morti! Riccardo Fragapane - Caltagirone CT 51 Tu Ovunque Tu sempre, Tu ovunque: e non posso rifiutare quest’ovunque, e non amarlo, perché è vita, e la vita mia, mia coscienza, ed è Tutto; e il Tutto sei Tu. Sono solo Tuo volatore minuto, inseguo il Tuo sguardo che avvolge e insegna, insegnami: il Tuo silenzio, mio nostro Amore, di cielo, di terra. Pietro Fratta - Pesaro 52 Signore Ho cercato tra rughe di cemento un’immagine solcata dalla nebbia, per troppo tempo ho ascoltato il silenzio tra respiri e sconfitte incenerite dal sangue. Signore! Ti chiedo umilmente solidarietà! Fa’ che la notte scivoli sui gradini del cielo e col soffio del tuo amore raduni gli angeli e con un lampo sconfigga crudele ferocia… riportando in terra l’armonia del tuo tempio. Fa’ che tutto l’anno diventi un Natale eterno e gli uomini, possano veramente essere tali, come fratelli dello stesso amore e dello stesso sangue. La terra, oggi, piange in un fiume di olocausti… finanche l’aria è stanca e le piante soffocano più di noi uomini, quando è in pieno viaggio il Giubileo della bontà, della vittoria sul male, della misericordia umana e cristiana. Signore! Se in ogni uomo vi è chiesa interiore, fa’ che essa diventi giaciglio permanente per i poveri e per quanti soffrono ed hanno bisogno del tuo soffio per respirare il Grande Dono… l’Atto Divino della nascita e della morte. Fa’ o Signore, che tutti noi, uomini terreni, possiamo essere tanti infiniti Gesù bambini! Gianni Ianuale - Marigliano NA 53 Antica profezia Il tuo cuore è una mandorla amara masticata dai venti, dice il Signore. Contro di te hanno latrato cani notturni. Così è crollata la casa delle rose, l’alfabeto dei giorni si è arrugginito e il sentiero dei sogni è nella nebbia. Uccelli senz’ali hanno occupato il melograno, le sorgenti, le stelle di direzione. L’anima è chiusa in un recinto di vischiosa rete che nessuna freccia può trapassare. Milvia Lauro - Sorrento NA 54 ‘U piccatu ‘U piccatu, ma ‘cchi ‘ccu s’è? E’ nu pisu ca Ti scaccia a cuscienza si cerca ‘Ddiu ma nun si trova presenza. E’ nu cuteddu trasutu jintra la carni si pecca sempri e lu duluri è custanti. E’ na firita aperta ca jetta sangu Ti leva a forza, Ti fa sintiri stancu. Ti ‘rrobba a gioia, Ti duna tristizza comu ‘n macignu pisa, è a culpivulizza. Comu negghia Ti cummogghia a menti vuoi pinzari, ma nun T’arricuordi nenti. Qualcunu Ti voli dari aiutu, ma invano nunn’hai u curaggiu di spinciri na manu. ‘U cori è straziatu ‘u visu sfiguratu ne’ cunfronti do Signuri Ti senti ‘n – trarituri. Nunn’hai vogghia di parrari e mancu di prijari e penzi, ma allura ‘cchi fari? Quannu tuttu pari pirdutu ‘u Signuri Ti duna aiutu comu d’incantu ‘m – pruvvisamenti na luci T’adduma a menti. Ti ricanusci piccaturi e dumanni aiutu o ‘Criaturi. Iddu nun si fa aspittari tantu Ti duna a forza nun Ti fa sintiri stancu Ti rijala a gioia, Ti leva a tristizza 55 Ti jisa u pisu da culpivulizza Ti fa arricurdari c’ò piccatu po essiri pirdunatu sulamenti, ca va cunfissatu. Vincenzo Macauda – Vittoria RG Il Peccato, ma che cos’è? / E’ un peso che ti schiaccia la coscienza / si cerca Dio, ma non si trova presenza. / E’ un coltello, entrato dentro la carne / si pecca sempre e il dolore è costante. / E’ una ferita aperta, che getta sangue / ti toglie la forza, ti fa sentire stanco. / Ti ruba la gioia, ti dona tristezza. / Come un macigno pesa, è la colpevolezza. / Come nebbia ti avvolge la mente / vuoi pensare, ma non ti ricordi niente. / Qualcuno ti vuole dare aiuto, però è invano / non hai il coraggio di alzare una mano. / Il cuore è straziato / il viso è sfigurato / nei confronti del Signore / ti senti traditore. / Non hai voglia di parlare / e nemmeno di pregare / e pensi, ma allora che fare? / Quando tutto sembra perduto / il Signore ti da aiuto / come d’incanto improvvisamente / una luce ti illumina la mente. / Ti riconosci peccatore / e domandi aiuto al creatore. / Lui non si fa attendere tanto / ti dona la forza, non ti fa sentire stanco. / Ti regala la gioia, ti toglie la tristezza / ti solleva il peso della colpevolezza. / Ti fa ricordare che il peccato può essere perdonato / solamente, va confessato 56 Se tu mi dai parole giuste Aiutami a pregare, Signore, se arido è il cuore non sa dire “Sia fatta la Tua non la mia volontà”. Aiutami a pregare se il labbro martella parole di pietra, parole mute, quando la mente insidiosa pone domande senza risposta, quando il nulla chiama, il vuoto attrae. Dammi parole giuste Signore, insegnami l’abbandono. Germana Maggio - Cagliari 57 Suor Luisa Lassù, nel laboratorio vicino al cielo con la finestra affacciata sull’azzurro, all’ultimo piano dell’Asilo “Regina Margherita” profumo di rosario misto ad incenso aleggiava nell’aria insieme all’aspro odore dell’acqua ragia: colori ad olio davano vita a paffuti cherubini, a rosei angioletti. Lei dipingeva tovaglie d’altare, stole sacerdotali, spandendo sapientemente polveri d’oro e parole. La sua sapienza di Dio ferma e serena riversava sul mio animo bambino l’Amore e il misticismo. Intrecciava ghirlande sulle piccole immagini di pergamena salmodiando preghiere e formule catechistiche, quelle che, più tardi, insegnerà ai miei figli bambini. Il suo viso nobile d’avorio antico incorniciato da bianchi lini, il tintinnare dei grani d’una Corona spesso visitata, diceva la Regola d’una vita di preghiera. Tanto tempo è passato… ma in un angolo della memoria c’è anche lei, Suor Luisa, che con passo lieve, tenendomi per mano, mi ha accompagnato trepida all’altare per incontrarmi, per la prima volta, con il Cibo dell’anima, il Corpo di Cristo. Maria Giovanna Mossa Trincas - Iglesias CA 58 Santa Teresa di Lisieux O Teresa bambina del Dio d’Amore infinito, fiore tra i fiori più belli, piccola sposa del Fanciullo Divino, che passare volesti il tuo Cielo irrorando d’Amore la terra, lascia cadere una pioggia di rose su me peccatore e porta il mio babbo e la mamma eternamente vicini a Gesù. O Fiore d’Angelico splendore, di forte Amore e d’abbandono generoso in Lui, dall’alto del Cielo infinito volgi uno sguardo a me, che in Te confido ed alla Madre Regina, che a Te sorrise sul mattin della vita, di che m’ottenga con materna aita la Grazia Infinita dal Tuo Gesù… e mi benedica. Francesco Musante - Chiavari GE 59 Abbraccio d’infinito Cade la prima pioggia, cade sopra il mio cuore, lo rende più puro. Ogni goccia è un sospiro; respiro un po’ di Cielo. Il pensiero si cimenta in mille ricordi. Un’atmosfera, complice, le emozioni intensifica di diafane immagini. E tu, Signore, sovrasti il monte delle mie sensazioni con irruente ansia di gioia e intenso abbraccio d’infinito. Rosa Perna - Gela CL 60 Una speranza Un’altra sera è calata: una nota si diffonde tra gli ulivi immoti. Esulta il cuore in quell’attimo divino che terra e cielo congiunge in dolce armonia. Dove sei Dio? Sei in questa nota che fugge, in questa corolla che si schiude, in questo cuore che palpita. E io ti vedo, ti sento… mi congiungi all’eterno. Ecco, ancora vibra la corda del violino! Una lacrima si ferma sul ciglio; si dissolve il dolore, la paura dell’attimo che fugge. Come gorgoglio d’una fonte, scorre limpida e fresca una speranza. Rosa Perna - Gela CL 61 La domenia ‘I mi soi scundùt li vergognis dal mont in ta che ora di zi a polsa la domenia, dulà che nessun s’impensa di zi a remenà. Ma cuant ch’i fai par zi li’, cul vistit nouf, plen di busiis di glesia, a mi ven di cori, di cori dut pa’ ‘na banda di lunc in su sensa voltami indovor… E invessi ‘i coli in zenoglon parsè che il sac al è pi plen di domenia passada. E ‘i resti doma jo, in ta che ora, a remenà. Cunvint di ve impiàt la candela sbaliada. La me busia a è granda, ma la to, Signor, a fa lustri. Luisa Pestrin - Cesarolo VE 62 Mi sono nascosto / le vergogne del mondo / in quell’ora / che si riposa la domenica, / dove nessuno / pensa di andare a frugare. / Ma quando / mi avvicino, / col vestito nuovo, / pieno di bugie di chiesa, / mi viene voglia di correre, / correre in un solo verso, / avanti e indietro / senza voltarmi indietro… / E invece cado / in ginocchio / perché il sacco / è più pieno / di domenica scorsa. / E rimango solo io, / in quell’ora, / a frugare. / Convinto di avere acceso / la candela sbagliata. / La mia bugia è grande, / ma la tua, Signore, si illumina. 63 Pietas Denti di lupo, occhi di bambino bocca di profeta, Dio degli eserciti donaci la pace; Dio di spada e di fuoco roveto ardente che indica il cammino, per il corpo dei figli per quell’unico tuo nostro fratello abbi pietà del mondo oscurato dall’odio e dal dolore. La miseria che urla nelle strade e agli angoli del cielo rendila povertà lieta e serena come gigli regali e passari trillanti nella neve. La tua voce che sussurra al vento “Sia pace agli uomini di buona volontà” divenga fuoco di purezza e bene cespuglio sempreverde dellla vita. Maria Rosa Pino - La Spezia 64 La sconfitta di Gesù Proprio mò, mò viene il Natale ovunque altamente quotato con ognun all’altro uguale pur se reprobo mimetizzato. Viene, come scadenza rituale attivando l’esame curato di ciò che si è fatto in totale con opera pia o peccato. La data cristiana è speciale con un già Grande piccolo nato che fu poi ucciso dallo strale di un frettoloso Magistrato. Anche allora fu naturale un procedimento pilotato che tutto fu men che legale salvando solo la ragion di Stato. Oggi, vi è ancora un Tribunale con più Leggi in codificato ma vince quella, sempre speciale, comoda, nel soggettivo rato. Alfredo Quinto - Roma 65 Sera di maggio Caldo profumo di bosco in fiore mentre il cielo splende nelle prime luci della notte. La natura intorno respira brama d’infinito. Il divenire pare fermarsi: ogni creatura è in ascolto: vibra nella trepidazione di una presenza. Alzo lo sguardo in questa profondità: cielo e terra si confondono accolti in un immenso abbraccio. Claudia Regnani - Carmagnola TO 66 Notte Amo il silenzio della notte la quiete delle cose che vivono nell’attesa. Il buio che si stende sul mondo come un velo trasparente nel quale il riposo è respiro che veglia e dono di ristoro pacato. Qui, dove tutto vive la calma immerso nel blu profondo la mente si arresta e il cuore è in ascolto: è un silenzio che parla: il silenzio delle origini il silenzio dell’anima del mondo nel quale tutto è ripreso e donato alla pace. Pace. Pace sulla terra. Pace all’uomo. Claudia Regnani - Carmagnola TO 67 A mia madre Madre mia, ti ho conosciuto forse da bambina in un rosario recitato con mia nonna in un cortile o in chiesa in un silenzio che preludeva il sonno. Non ricordo quando ho cominciato ad invocarti con il pensiero prima che con le parole. Non rucordo il nostro primo incontro. Di Lourdes conservo l’eco di un’emozione profonda calda e serena. A Fatima ho incontrato la mia vocazione e una tua immagine mi ha accompagnata nei primi passi incerti verso un futuro felice. Sei stata la mia amica quando non avevo nessuno con cui parlare sei stata la mia confidente quando un peso mi ffliggeva il cuore. Sei stata mia madre quando ti chiedevo conforto e tenerezza. Hai accompagnato tutta la mia vita hai scandito i momenti più importanti. 68 Vorrei dirti grazie per tutto questo. Grazie, madre per avere reso la mia vita unica. Grazie perchè so che mi sei sempre accanto. Roberta Rendini - Castelchiodato RM 69 Flos Passionis Flos Passionis il suo nome: favola d’amore nel mio giardino con chiodi martelli e corona di spine. Chi passa d’inverno o d’estate lo sfiora, lo tocca; c’è chi al suo cielo ruba profumo chi delle bacche pensa se son frutti squisiti. C’è chi riascoltando la storia rivede quell’Uomo e dal fiore ritrae la mano; ha timore di sciupare i colori e di Lui ricorda i lamenti, il perdono, la scossa data alla terra dall’ultimo suo sospiro. Perciò col pensiero si segna, s’intristisce; per pochi passi ne diventa compagno, gli domanda quanto pesa la Croce, se ancora gli conviene trascinarla per le strade degli uomini Gianni Rescigno - Santa Maria di Castellammare SA 70 Fozzas Che fozza, istrappada dae su ‘entu e dai turbine boltulada, giùtto sa vida mea chèna pasu. Puru s’anima mea no ha’ pasu e tènet disizu de chircàre a Deus. L’happo chircàdu in su visu de muzère mia, in sos carignos de fizos e nepotes mios; e happo agatadu. L’happo chircàdu ammirende sa bellesa de unu tramùntu, iscultende du ‘entu in sa forèsta, sa tinnida de s’abba supra a sas fozzas; et Isse bi fidi. L’happo agatàdu in s’umana sufferènzia, in s’oiada de unu pizzinnu chi es’ morzende e in s’attìtidu de una mama chi no hat pius làgrimas pro pianghere; e l’happo abbrazzadu. Ruggero Serra - Sassari 71 Come foglia / strappata dal vento / e rivoltata da un turbine, / conduco la mia vita / senza tranquillità. Pure la mia anima / non ha pace / e ha desiderio / di cercare Dio. L’ho cercato / nel viso di mia moglie, / nelle carezze dei miei figli e dei miei nipoti, / e l’ho trovato. L’ho cercato / ammirando la bellezza di un tramonto, / ascoltando il vento nella foresta, / il suono della pioggia sulle foglie, / e Lui c’era. L’ho trovato / nella sofferenza umana, / nello sguardo di un ragazzo che sta morendo / e nel lamento di una mamma / che non ha più lacrime per piangere; / e l’ho abbracciato. 72 2^ PARTE POESIA A TEMA LIBERO Pino Caldarella, Figura, disegno GIANCARLO INTERLANDI – ACITREZZA CT 1° PREMIO POESIA A TEMA LIBERO Pino Caldarella, Pupi, acquerello I giorni della trebbia Sferragliava a lungo prima di arrivare la corazzata della trebbia sopra l’aia Poi quel rumore ci svegliava all’alba e noi la vedemmo come un monumento eretto sulla paglia Erano i giorni della trebbia quelli d’un giugno dell’infanzia rimasto nel mio sangue Giorni ricolmi di splendore di quella gialla luce dell’estate e di canzoni che fiorivano nell’aia Ho nostalgia del grano che luccicava sul palmo delle mani e di quel cuore che pulsava come una fisarmonica struggente Dei giorni della trebbia m’è rimasto un ritmo nel sangue un acre odore di petrolio un fumo denso di speranze dentro l’anima Ma di giorni come quelli non ne sono più venuti forse perché la corazzata della trebbia non naviga più sopra i miei mari e le cicale sono tristi adesso anche se c’è l’estate O perché forse 77 è scesa tanta nebbia e non c’è più mia madre che mi chiama Ma forse i veri giorni della trebbia sono adesso ora che diventa cenere l’infanzia polvere che copre le speranze nudità di sassi negli sguardi Ora che il mio sangue scorre inquieto mentre un’antica trebbia rinnova la sua voce come un tarlo. 78 Al limite del giallo Siamo in quel dubbio fatto carne che irride il nostro sangue in quel silenzio del digiuno che precede un’altra fame in quel tutto che ci manca e che non nasce Ah non sai che perdi dell’azzurro che risplende oltre la vita dell’imperturbabile innocenza dentro il baratro Tutto sarà perpetuo tranne il nostro sangue che si fermerà per sempre nel nulla d’una fiamma al limite del giallo Siamo la negazione dell’eterno il teorema del dolore sulla terra di quell’angoscia illimitata che olezza di speranze Siamo un’insopportabile penombra che ristagna fra rive della vita millenarie di quel lungo fiume della storia che rinnega le sue lacrime. 79 GIOVANNI CASO - MERCATO SAN SEVERINO SA 2° PREMIO POESIA A TEMA LIBERO Italo Zoda, incisione Uguale passo ci sostenne In lune verticali si restava, io e te, in quel silenzio, ai saraceni tramonti della terra. Ed era il cielo nostra promessa per i giorni a vivere. L’inverno ci spingeva oltre i suoi fuochi, dove non so, in un delirio dolce. Uguale passo ci sostenne, il suono della stessa conchiglia, il riccio aperto da cui succhiammo quello stesso umore. Le pietre hanno silenzi e sfinimenti a queste case, ai pozzi, al sasso antico della soglia annerita. Resta il segno del passo dolorante sulle alture, il filo della vita che si sbroglia. Giovanni Caso - Mercato San Severino SA 83 Un’innocenza antica C’imbianca l’ora. Il vento strina l’ombra di questa piazza invasa dall’autunno, mentre s’addensa in noi le nebbia lenta delle parole sussurrate al cuore. La luce non dolora oltre il crepuscolo. Altre memorie. Il piccolo caffè dove vendemmo l’anima alle brezze d’un incantato video, il trasalire di stelle sui notturni bianchi d’aria. Volti di madri ai fontanili lenti. E qui incidemmo versi sopra il tufo, tu lo ricordi, un’innocenza antica che passa ancora sui malfermi bàsoli con le sue gambe incerte, odor di menta a rinfrescare l’improvvisa arsura. Giovanni Caso - Mercato San Severino SA 84 3° PREMIO POESIA A TEMA LIBERO ex aequo ELENA CIMINO - GELA CL MASSIMO CASSARA’ - GELA CL Salvatore Solito, disegno In punta di cuore Incede l’eco dei conflitti alle soglie del silenzio Il buio ferito frana sugli occhi la fine del giorno Le mani di Dio percorrono l’aria emanano carezze Forse stanotte perderanno voce le armi Morranno dentro pugni di rose liquefatte da sangue e preghiera E i bambini stracciati sulle vie d’iride nera forse sentiranno un tepore d’argento sulla pelle antiche fiabe salvate in un ventre di luna una pace per tornare bambini Forse stanotte tutti i popoli saranno liberi d’ascoltare palpiti di stelle. Elena Cimino - Gela CL 87 Chiuderò gli occhi Stasera nel silenzio della casa chiuderò gli occhi e danzerò nell’aria Dissiperò il grigiore fra le primule del balcone con tutto il fiato della mia terra lontana E sentirò il mare che mi carezzò fanciulla il vento che portò profumi alle mie mille attese intensi come il canto nel petto della notte imperlato di stelle Scioglierò la luna dai fili tranviari Il cielo vellutato ammanterà come un tempo la mia nuda preghiera. Elena Cimino - Gela CL 88 Torni la quiete Lasciami tornare alla quiete di ieri al tempo del cuor delicato dei polpastrelli incerti sulle tue gote, del canto sul ciglio, aperto ad archi e colonne robuste: quella rupe precipitava nell’acqua come un’opera allegramente vissuta. Ridammi… oh, ma tu non puoi, l’aria estesa di pace, quel giorno in nostro possesso: sarebbe andato sempre diritto, ma escoriando la terra già secca: il seme, alla luce, era deforme. Buio, fu buio da sempre? Ora, giorno felice ritorna, anche se non fosti mai che un bisogno dell’anima onesta, del corpo armonioso e leale, adesso informa la luce che chiara e vuota si volge con ipotesi di bagliori. Massimo Cassarà - Gela CL 89 Ritorno essenziale Questo, che sembra un gioco senile, è un ritorno essenziale Dinnanzi all’asprissimo soffio, salino ponente non torna mio padre Sul versante sinistro: l’emisfero, qualcuno rigonfia l’aria pungente, il mattutino di festa quand’ero bambino, stretto nell’ispida maglia nel giorno abnorme, scendeva, mi avvolgeva un buio ingestibile. Ma l’esito di un impervio riflusso cosparge d’odore, d’orto, di limoni, di fichi e tuttavia rimane sepolto l’attimo, che geme, che non ritrovo: sincronia d’ogni cosa ch’è stata, un lampo d’assenza vissuta. Massimo Cassarà - Gela CL 90 4° PREMIO POESIA A TEMA LIBERO ex aequo GIUSEPPE GIACALONE - TRAPANI MARA LIBRIZZI - CALTANISSETTA ROSA PERNA - GELA CL LUISA PESTRIN - CESAROLO VE Andreina Bertelli, Donna, disegno La danza delle memorie Si ricompongono le volatili immagini di un tempo, riesumate dalla polvere pesante degli anni, come sadici scherzi della memoria. Le osservo prendere forma e poi sfumare, uscire da un cantuccio e poi tornarvi, in un convulso turbinio che si inforza e da cui intatte riaffiorano le ancore corrose e mai levate di una vita, ricordi sbiaditi, come vecchie cartoline in bianco e nero. Tornano a bruciare le ferite mai rimarginate, fra il pianto dirotto del vento, che insistente batte sulle finestre dell’anima, e i profumi intensi di alberi ormai recisi. Nulla che tenga ne’ un battente che regga alla tempesta delle memorie che danzano febbrili. Mi travolgono e io cedo, come cristallo sotto il peso di un masso, finchè bruceranno ogni illusoria difesa, ogni cosa nuova, ogni cosa… Giuseppe Giacalone - Trapani 93 Tuareg del deserto Inizio lunare magico suggestioni colorate giallo-ocra arancio amaranto vampate africane l’incontro con Te io bajadera tra il vento e la luna Tu il corriere del deserto spersi in topazi di sole Alla fiera del levante andai vidi terre di sangue montagne azzurre e cieli argentati tane sotterranee e cunicoli di morte mi asserragliarono tanfo di prigioni con aria estatica sfiorai Fu tempesta di sole archi di fuoco di acque prigioniere e il fiero Tuo viso di Tuareg nell’oasi approdò e ora le mie cicatrici nel vuoto della polvere come tappeti ai Tuoi piedi Ma perché mi hai scordata prigioniero di una corazza! Mi hai fatto giardino di pietra, nello scrigno del mio santuario il Tuo corpo di bronzo carne delle mie ossa 94 scolpito nella roccia del tempo E’ il tempo del non tempo sortilegio cosmico il Tuo respiro penetra le nuvole come incenso io lo bevo adagio religioso ascensionale ho l’anima spaccata questa Tua corazza abbisogna di un punto debole: io sfigurata smarrita disarmata. Mara Librizzi - Caltanissetta 95 Il silenzio Il silenzio, ti parla; il silenzio, piange ti ama ti culla ti carezza con mano leggera. Il silenzio ti legge nel cuore ti porta ricordi, sospiri, speranze, fantasmi di gente lontana. Il silenzio ti esalta ti strugge, ti parla di vita che fugge, di desideri spenti, amori non vissuti. Il silenzio è un’ombra che sfugge. È come leone ruggente dell’anima in pena. Il silenzio lo ami, lo odi, lo cerchi, lo sfuggi, lo coroni di stelle, lo riempi di favole belle, di musica, luci, 96 di ombre danzanti. Il silenzio, t’avvolge e ti adagi. Ti parla con voci assordanti, vicine, distanti che vengono e vanno. Il silenzio è un mare fluente e tu come barca ti lasci portare, ti lasci portare… Rosa Perna – Gela CL 97 …de guerra ….di guerra E se le croci si inspessiscono dietro le nuvole? Corpi che rendono il verso a croci scontate. … Ma dietro le nuvole? Le nuvole arrivano. Di nuovo. Celano. Di nuovo. Rumore che smette e smette. E rumore. Di nuvole. Rumore col corpo che aspetta. E di mente che aspetta le nuvole. E il niente? …. Il niente accade. Quando tutto scontato resiste a disegni indifferenti. Il niente accade. “Ho portato perdono Ma per essere perdono ho bisogno di cuore” Niente su niente che aspetta. Il lampo a crudo arriva… Rimane. Arriva. Rimane su nuvole nere di senso: il senso di poi che non smette. “Ho portato il cuore Ma per essere cuore Ho bisogno di voce” Mentre che aspetta davanti alle nuvole. … E se il silenzio non fosse… sassi 98 che piovono agli occhi aperti? Accade. E zitto che accade. “Ho portato la voce Ma per essere voce ho bisogno di tempo” E zitte le nuvole, che accade il tempo. E zitto agli occhi, che accade il sogno. E zitto e zitto … è qui. Rumore del tempo. Accade, le nuvole. “Ho portato il tempo. E’ il tempo” Luisa Pestrin - Cesarolo VE 99 POESIE SEGNALATE Andreina Bertelli, Maternità, acquerello Rintocchi di memoria Rintocchi di memoria salgono dal silenzio, tramonti di lune si allungano sui muri e mute ombre tornano nella sera. Un profumo antico attraversa la stanza, eco di vento le tue parole, immagini di un sogno le stagioni passate che l’alba porta via. Leggevo nei tuoi occhi i miei anni di bambina e le tue mani salde stringevano le mie. Sconosciuti al dolore andavano i giorni su giostre di sole e felice raccontavi filastrocche all’ombra del ciliegio. Conoscevi il segreto della quercia e la forza delle radici che sfaldano la pietra, l’attesa della spiga a cieli aridi di pioggia. Ora fugge il tempo nella clessidra vuota granelli di sabbia si disfano nell’anima e un sussurro di cielo porta a Dio una preghiera. Mina Antonelli – Gravina BA 103 E’ amore Il sentimento che valica i confini, e, dirompente, penetra in fondo al cuore. Il batter d’ali di una farfalla, che si posa, a suggere il nettare, prelibato di una rosa. Il cinquettio d’uccelli che, alla natura, intona, un cantico di fede ed armonia. Lento, il danzare di rondini leggiadre, che porgere sanno, in cuor felicità. Il roscido mantello di una pianta, che le sue fronde, rigogliose, volge, verso quel cielo, che di mirar non cessa. Un orizzonte, dai vermigli toni, che, il cuore infiamma e l’emozione dona, di un garnde artista, che sulla tela coglie, della natura l’intima beltà. Lo scintillio del mare, che le sue acque adorna, al rispecchiarsi di vanitose stelle. Dolce magia, che il desio sprigiona, e ti conduce verso l’eternità. Ma è gelo; è fuoco; grandine; inondazione. Vortice di passioni; tornado di tormento. E’ una febbre che brucia, e lenta consuma, le viscere, la carne e i sentimenti. 104 E’ il dolore che l’anima m’inonda di una malvagia e immonda infelicità. La condizione di chi, caduta in coma, d’essere viva coscienza più non ha. L’amore è cielo e terra, fusi nell’universo; è sentimento unico ed eccelso; il sol che può condurti in paradiso, o sprofondarti, con sé, nell’aldilà. Angela Aprile - Palermo 105 Notte di desideri Torna la notte col pegno di desideri di gioia felice accesi nel vortice del giorno. Incapace è la mente a esaudire ogni voto e nel sogno, vigile quiete del pensiero, ogni brama diventa pane d’illusione. Sfioro l’opale cerchio di luna; paiono gemme le polveri d’universo; libera cammino d’ogni peso. Torna la notte a dare colma misura alla vita. Si placa la voglia tra ragione e desideri. E’ pace, felicità forse. Di notte vivo su uno scoglio molle e necessario. Poi a diurne miserie chiama l’audace tempo e frantuma ogni attesa. Fausta Atanasio Pezzino - Siracusa 106 Comunque… attesa Se non fosse per quella Cara Pietra in Via Armellini di ogni giorno i passi ed il pensiero Ti aspetterei, vicino alla finestra vagheggiando Figlio il Tuo ritorno Or piove sulle calle immacolate ora impetuoso il vento di rosee corolle seduttore induce l’oleandro a precoce sera mentr’io tenace all’arrogante polvere la sedia tua contendo Il viaggio è lungo Lunghe e sinuose crebbero le verdi trecce che il rampicante scioglie incorniciandoti il sorriso al cui cospetto non sfugge la sentenza Rassegnata ?!! Attenderò ogni notte 107 il camminare lieto del ritorno la chiave nella toppa muta l’impiantito dei sogni scricchiolare. Paola Barbieri – Dosso FE 108 Fantasia L’onda vellutata della notte trascina l’impudenza del giorno e lo riveste d’antiche trasparenze: lini di culle e lievi veli d’antiche danze. Cadono, gocciolìo d’argento, le ore nel grembo della notte lievita, in lenti cerchi, la tenerezza del buio. Si genuflette il Cavaliere della Luce alla tenera Signora delle Stelle. Lontano, gitane vegliano fuochi e Colombina asciuga l’ultima lacrima di Pierrot. Ai focolari spenti si riaccende la favola di Cenerentola al tuo uscio chiuso, inutilmente, bussano le streghe. Nel canneto la luna disegna cancelli e il vento suona arpi birmane un gufo, strizza l’occhio alla luna. Il fiume, domani, mi racconterà nuove storie. Carmela Basile – Cesa CE 109 Mi sentu ramu siccu Mi sentu ramu siccu appilatu d’amuri. Affirrata all’urtimu ciatu di li me jorna vardu li foggi di disideriu cascati a unu a unu a li mo pedi: eranu passioni, arti, paci, fidi ca scurrevanu nta li vini e vistevanu di virdi lu me zuccu. Ora sunu ‘n-terra e aspettunu quarcunu ca li ricogghi pi farini fumeri a la so vita. E, intantu iù, nuda e ‘mpatidduta ammogghiu l’ultimi raggi di suli nta nuvuli di munzignarii e abbiviru, cu lacrimi ammucciati, li radichi rinsiccuti di lu cori, ‘na vota virdi e ginirusu. Ora… sugnu chiddu ca non pari e ammustru chiddu ca non sugnu.! Maria Bella - Siracusa Mi sembro un ramo secco /assetato d’amore. / Aggrappata all’ultimo fiato dei miei giorni / guardo le foglie di desiderio / cadute ad uno ad uno ai miei piedi: / erano passioni, arte, pace, fede / che mi scorrevano nelle vene / e vestivano di verde il mio arido tronco. / Ora sono in terra e aspettano / qualcuno che ti raccolga / per farne concime per la sua vita. E intanto, io, nuda e rinsecchita / avvolgo gli ultimi raggi di sole / in nuvole di menzogne / e innaffio, con lacrime nascoste, / le radici avvizzite del mio cuore, / un tempo verde e generoso. / Ora… sono quello che non appare / e mostro quello che non sono.! 110 Mei generis Incontro gente fiera per auto appena comprate. Altri, orgogliosi, cani portano in giro. Io, io sono mancino. Visito mostre di pittura, guardo cose inarrivabili e ne esco privo di ricordi. Nel secolo passato, l’unico da me attraversato, la musica ha esaurito le combinazioni, la pittura si è avvolta su sé stessa, di scrittori non ce ne sono più (quelli di oggi riempiono vetrine). Poeti? Pochi, come nei secoli scorsi. Alcuni mi incontrano senza giacca e cravatta e non mi riconoscono: mi cercano in armadi (e il mio volto?). E se fosse possibile distillare una vita? Richiamare tutte le parole, tutti gli avvenimenti sparsi nel crogiolo del tempo assegnatomi: che delusione, ecco me stesso! Il tutto su un bilancino di pochi grammi. Che dico. Milligrammi. Il compito di nascere, vivere e morire disperso così, in effluvi. Unico testimone di me stesso. Per favore, non ammazzate il tempo! Silvano Forte – Napoli 111 Radici Quante mai radici affondate in preistoria inconscia urgono vitali linfe a fecondare transitoria esistenza! Avi dimenticati, sconosciuti, latenti in penombre di dagherrotipi, improvvisi emergono come da specchi appannati dal tempo. Retaggio di vecchi il rifugio nel passato, se pur mai rifiuto di promesse future, di esili, nuove avventure. Il sognante ricordo di ciò che furono, di ciò che fummo sempre tracima dal cuore. E se al sciogliere delle vele non fu dolore recidere ormeggi, ora, che l’approdo è vicino, i dispersi legami ricerco e la speranza che il ceppo avrà ricongiunte radici è desiderio e parte di vita. Livia Furno Rosso – Santhià VC 112 Ritrovare risposte Mi perdo nei percorsi dei mattini e i miei specchi di sguardi hanno cortili di azzurro. Offro il volto alla corona dei giardini dove guarisce, sulla panchina, l’aridità del silenzio. Si vuota parole del destino tra callosità di mani naufragate nei ricordi del lavoro in fonderia. Stiamo inseguendo omaggi di colate nel regno delle croste fumanti, oppressi predoni di sogni. Ritrovare risposte, tra noi, prigionieri di bianchi capelli, è come fare a piedi una strada, accarezzata da passi operai. Anche se mi è rigido camminare nei ciotoli dei sentieri ho una tamburo da suonare al brivido della vita per sfogliare il seme di ieri, in trance con il carnevale di altri approdi. Armando Giorgi – Genova 113 Tienimi per mano Tienimi per mano, quando la notte verrà spezzata dal latrato dei cani, che ringhieranno, per spartirsi il bottino. Tienimi per mano, quando ci calcheranno nei carri merci, fingi che sia la nostra casa, con il camino acceso e la legna che si consuma, lentamente. Tienimi per mano, quando arriveremo nei lager e vedrai la gente correre senza una meta, fingi che sia la tua città, con le serrande dei negozi che si abbassano e la gente che si affretta, per tornare a casa. Tienimi per mano, quando ci toglieranno i nostri vestiti, loro non potranno cancellare i ricordi. Fingi di essere con me, su un’isola, lontana lontana. Tienimi per mano, 114 quando ci spingeranno nelle camere a gas, fingi che sia il nostro giardino, che con il suo profumo inebriante, ci stordisce. A allora… Tienimi la mano, e stringila… piano… piano. Maria Gisella Giumento – San Cataldo CL 115 Memoria dell’acqua Per i paesi di montagna che a poco a poco si svuotano Questo di minuziose strade e casette di pietra convergenti alla cima dell’erta a mo’ di quieto gregge, dimenticato paese, che sa silenzi lunghi e arso vento, ora che spenti sono giochi fanciulli e voci trafelate, e solo vecchi si fanno radi sugli usci in ombra a scrutare la valle come se bisognasse inventarla ogni volta – disadorna nel nero degli incendi passati, nel bianco rude dei calanchi, stasera ancora tace sotto il rosso mantello del vespro, qui dove alla magra fontana, prima che cada il buio, una donna già grigia talora mormora un’antica cantilena in accordo con l’acqua… Renato Greco – Modugno BA 116 Angoscioso stremato riposare Angoscioso stremato riposare oltre ogni scelta eletta in selezione oltre le case di carne bruciante oltre gli aguzzi sassi che ogni gesto sgusciano levigandone i prodigi e le sensuali spine degli inizi e soffocare il sangue delle vene sui palchi tumefatti dalle sabbie e muto parlottare con i morti che non ebbero luci nelle tombe e andare pigro con il filo rotto nella magia rovente del suo sempre andare oltre ogni cuore consumato oltre ogni fanciullo indifferente oltre ogni sonno steso come un’ombra sulle onde terribili degli occhi oltrepassare scale e porte chiuse di incessanti bastioni di silenzio oltre ogni mosca in ceppi nella torre del suo ronzio beffardo oltre ogni strada oltre ogni altra stanza trasognata e affogarsi con la bocca chiusa nelle buche dei morenti senza il giglio di una pietosa angoscia con lo stelo che tende sottilmente il suo profumo. Oh, che da morti non si muoia ancora. Domenico Luiso – Bitonto BA 117 Hymne Dopo il gaudio la gloria ed il dolore ecco la luce (non scoperta prima) e gli angeli con la ramazza in mano e creme e cere per le macchie d’unto. Si creperà il cunicolo dei sensi e tutti i quadri appesi alle pareti si polverizzeranno sui mattoni e l’aria densa si diraderà. Benedirò le mie finestre antiche le grate a croce con la fioca luce gli spigoli dei vetri e i chiodi neri che mi aprivano il sangue dei pensieri. Non li ho chiamati gli angeli spazzini venuti a sgomberare la mia stanza. Me la faranno vuota con la luce mi spariranno i corni e gli alambicchi i libri la chitarra ed il cappello. Che fare in tanta luce? Sarò inerte come una pietra o un raglio di somaro. Aspetterò la mezzanotte quando anche la luce cascherà dal sonno e mi farò candela accesa che si libra sorretta da un fantasma inesistente. 118 Andrò frugando tra gli avanzi e i resti delle mie gioie e delle lunghe pene e li nasconderò dentro la bocca. Per dare un senso all’imminente alba. Domenico Luiso – Bitonto BA 119 Tu che ci inventi colori e profumi e suoni e voli per amore schiodaci da questo crudo silenzio da carcere A noi reclusi dalle mani stracciate dalla noia insegnaci l’uso di filo e ago per rinacciare le sfortunate primavere A te poco costa un trapianto dei perduti sogni e il fiato dei passi scaldati dalla nebbia Pasquale Martiniello – Mirabella Eclano AV 120 Il sogno dentro la vita Una nebbia fitta la soprese di prima mattina, ma, s’avviò, per la sua strada, con il sole nel cuore: un’alba tenue, una tenera, rosea aurora, riflessa nelle calme acque d’un lago, l’avevano colta nelle ultime fasi del sonno: alberi frondosi stormivano e splendidi uccelli cantavano. Si portò nel cuore, lungo le angosce del giorno, la gioia di quel primo risveglio. Luoghi visti in sogno o contemplati, a occhi aperti, in momenti di fuga? Le tensioni, le cupezze, la solitudine, che scandirono la sua giornata, non le scalfirono l’anima. Restavan, nel cuore, quell’alba rosata, quel rigoglio di fronde, quel canto d’uccelli. A sera, al ritorno, una barca s’accostò leggera e leggera vi scese la donna, sorridendo al nocchiero. Scivolarono su acque tranquille, cerulee, poi di cobalto, s’accostarono alla luna, credettero di toccare le stelle. Era alta la notte, quando la dona si svegliò, nell’angusta sua stanza, nel buio più fondo. Come e quando era giunta? Sogno o realtà il percorso verso la luna? Quante volte aveva, a occhi aperti, sognato di raggiungere il satellite, compagno del nostro orbitare nel cosmo? Dalla finestra, alte, nel cielo, le stelle. Maria Teresa Massavelli – Torino 121 Ignotino Non so perché, nell’ora sublime delle coccole, dei baci e delle carezze, hai sperimentato la ferocia e la vergogna di tua madre scomparsa furtivamente nel buio. Stamane gli spazzini hanno udito i tuoi strilli acuti venire dal cassonetto dove nudo, roseo rifiuto, ti dibattevi tra i contenitori delle cose immonde. E i giornali già ti segnalavano con il lugubre nome di Ignotino. Creatura di Dio, Dignità santa vilipesa, Fiore originale nella prateria dell’universo, Piccolo fratello di tutti gli uomini, certamente altri bambini saranno stanotte abbandonati nelle innumerevoli pattumiere del mondo. Ma tu sopravvivi, carne innocente, venuta ad annunziare come l’Arcangelo Gabriele, la vittoria della Speranza sulla Morte. Don Ottaviano Menato – Mandria PD 122 Mimose Ragnatele d’ombra imprigionano i sogni dei bambini nella città distrutta, mentre fantasmi di stelle vagano nella notte. Com’è lontano il tempo della mimose, abbracciate ai muri delle case e dei cortili, dove bambini giocavano spiando risvegli! Ora hanno macerie di nuvole negli occhi e fredde coperte di silenzio, in cui si avvolgono per non veder morire le comete. Ogni tanto sbucano fuori come margherite fra i sassi: non sanno più correre. E sono nel vento i bambini della città, e i loro nomi graffiati per gioco sui muri delle case aspettano il ritorno delle mimose. Angelo Moro Episcopo – Selargius CA 123 Un giorno anche noi Un giorno anche noi avremo l’upupa sul letto e udremo l’urlo sgorgare dalle nostre anime non morte; ghiacciate negli occhi le pupille fisse nell’oggi eterno. Un giorno anche noi oh madre, udremo il cordoglio dei presenti ghignato alle orecchie sorde di chi non ode il dolore di poi. Anche noi, madre mia vestiremo i panni dell’assenzio. Quel giorno ti vedremo: morte. Loredana Pistritto – Gela CL 124 Il clown batte sul tamburo Sono il vento in preghiera e il pescatore in ginocchio tira le reti. Il mare si gonfia, brontola, riversa legni senza epitaffio messi in croce e l’onda grida forte la sua rabbia sulla rena. Oh carcerieri rapaci chi aprirà quando il pianto sordo su pupille vuote non sgorgherà e il volto incredulo il passo malfermo trascinerò il mio scoramento? Latrato di cani il lupo affila le fauci e sgozza l’agnello si travisa fra i carri, i carri dei bimbi a carnevale, il clown batte sul tamburo, la folla ammicca, sorride e il sangue del lupo ancor caldo rigurgita dalla bocca, macchia di rosso il selciato. E la gente ancor più ride. Si velano i vetri; la sera inghiotte effimeri piaceri ed io faccio la fuitina con la notte a Montelungo, a colpi di pietra vociando rincorro l’ombra mia saracena, 125 l’appisolo estasiata sulla rena. Si culla l’onda, si culla di giorno e nella notte fonda dona speranze nella mente mia e i suoi fiotti mi rotolan là, sulle dune delle greche mura che guardano la pellicola deformata di strabiliante eterno. Silvano Placenti – Gela CL 126 Sicilia Ti desti al grido di remote voci nascenti dalle acque profonde, e anime di figli lontani t’offrono l’alba tolta ai loro cuori, mia isola perduta, mia certezza. Odorano le siepi, a marzo in fiore, e cantano da sempre, con i mandorli, la tua precoce primavera, il fascino del tuo paesaggio, delle tue memorie, le gioie del tuo popolo e i tormenti. Scendono stanchi ai prati, dai declivi, pecore e cani, mandrie senza tempo, e pastori di vita solitaria assorti nei loro sogni di stazzi, col marranzano come grido e nenia. Sono un pastore anch’io, mia terra, e vago tra i pascoli del nord per dare voce ai miei silenzi d’isolano, al mio essere folla e solitudine contemporaneamente, alla mia storia. Rondini in volo, noi del sud, uccelli che hanno come orizzonte l’infinito e come patria il cielo; intraprendenti corsari alla ricerca di tesori pensati altrove, mentre si hanno dentro; emigranti di razza, cantastorie con gli occhi freddi e il sole nel profondo. Gaetano Quinci – Impruneta FI 127 Ultime notizie Mi sveglio, mi alzo, giro per la casa; guardo le piante se sono fiorite mentre ascolto l’oroscopo alla radio; leggo la posta che ieri non ebbi la forza di sbrigare. Mi lusinga la copertina di un vecchio libretto degli anni trenta che racconta la storia del boogie wogie. Poi mi fermo stanco davanti alla finestra. E piango. Immagino di vivere talvolta. Paolo Sangiovanni – Roma 128 Resto ombra Dietro una porta chiusa l’attesa non svapora la sua notte a promessa d’alba qualunque né si scioglie il nodo in gola aggrumo di parole a ricordarmi d’essere una nota quasi muta prona sul pentagramma un singhiozzo inutile di vita a custodire il sogno di un acuto che non posso. Resto ombra nell’angolo del giorno che vive la sua festa pane azzimo ed erba amara tizzone semi acceso a un sibilo di sega che intacca appena il muro del silenzio. Di Icaro il mio volo di poco fantasia legata a uno spago corto per un aquilone che plana rapido il pensiero arenando in un gioco che fa male. Il viaggio stenta orme che l’onda dell’ora appena sfiora ritraendo il suo passo ad altro porto. Mi restano dita tenaci a rampicare parole oltre questa siepe d’ortiche per sbocciare il rosso d’un papavero 129 che strisciando il coraggio firma col colore del sangue il suo esserci comunque. Antonietta Tafuri – Roma 130 Parole al tramonto Sfogliando un’agenda finita coperta di nomi, di date, ho visto tornare alla vita un po’ delle cose passate: a un tratto, non so dirti come ho scorto, fra altri il tuo nome. Un vecchio indirizzo segnato insieme col nome più noto, un numero dimenticato un sogno fugace e remoto. E dopo, per pagine amare di nuovo il tuo nome scompare: per poi ritornare improvviso stagliato, in un giorno di maggio, un giorno che tutto ha deciso togliendomi un ultimo raggio; togliendo da un palpito vero un raggio di sole sincero. Passato quell’ultimo giorno nei fogli che vengono dopo quel nome non fa più ritorno; son pagine senza uno scopo: son piene di nomi, di note… Ma sembrano pagine vuote. Wladimiro Tomaino – Varese 131 Tra gli ulivi Non c’è pace tra gli ulivi secolari, il vento tra le chiome ulula canzoni sconosciute, scuote ed agita le fronde. Ed io chiedo al vento, all’aria, alla pioggia, al sole. Ma è muta l’eco della valle. Campane non odo a festa. Il lamento… voce del dolore ha il tono stanco, smorzato. Gioca tra gli ulivi la luce dell’aurora. Bagliori infiniti guizzano tra il verde, iridescenze di un sogno. Stringo tra le mani l’aria immobile di silenzi irreali. Vorrei catturare certezze che svaniscono, effimere come bolle di sapone, imprimere sulla roccia parole mai dette. Gioca sull’orizzonte la luce del tramonto, di porpora s’inebria 132 quieta e stanca l’anima avvolta dal respiro della terra. Palpita nell’aria, antica e sempre nuova, la speranza “ultima dea” che di verde s’ammanta. Beatrice Torrente – Salina Grande TP 133 Un limite di cielo Ha un limite di cielo questo vano ricercarmi altrove, questo pretendere dall’alba un segno di certezza, pregando a mani giunte sull’orlo di giorni decaduti. Ho tentato fughe silenziose verso nuove arcadie, al di là dei solchi inviluppati di teorie e di arrembaggi di fortuna : libero essere da utopie sognate, da ogni attraente tentazione di materia (l’infinito accolga questo mio mesto naufragio levantino e lo risolva in un abbondante mare di speranza!)… Dunque non mi fermerò, non devo nulla al tempo né un millimetro di spazio a questa economia appariscente, non mi dividerò in stille di denaro su questo mercato universale: chi crede che il mondo sia tutto quello che si tocca ha un infinito senso d’asintotico aspettare: la noia e la paura, la morte!, rendono sovrano il cuore avventuroso!… Ma più non mi ritrovo: sono qui sull’abbisso in bilico, e mi ricapitolo ormai nel cerchio solito della terra più intima, dentro una fiamma che consuma ogni certezza. Da vederci quantunque una vita illimitata, accontentabile, un possibile Dio mio, nel limite di un profondo cuore desolato! Giuseppe Vetromile – Madonna dell’Arco NA 134 Grideremo avemarie Affideremo una parola buona al vento di stasera, mia cara. La fine del giorno voglia concederci l’estremo sprazzo di luce sui gerani, per navigare eterei un altro tempo ancora in silenzi colmi di preghiere, stando qui al davanzale casalingo, dinanzi all’ultimo guizzo del sole deponente. Diremo una parola santa, mia cara, che non svanisca nel coro di lingue farfuglianti stasera sulla terra. Vedi, già dècima l’attesa d’un ritorno d’Iddio in questo trambusto di guerre, nel paradosso d’un orizzonte fitto di speranze; già declina il cuore e l’avventura, si restringono le colonnedercole e si rinserrano gli spazi (ognuno vi rimane padrone e prigioniero). Ma noi grideremo avemarie alle ombre dei morti che più non sanno dove andare, stanotte, raccolti qua e là in grappoli di odio ai crocicchi d’ogni razza. Urleremo il nostro basta dal profondo, che non venga altro delirio ad arrossare questo tramonto, o uragano guerrigliero a sostenere le nostre ali di violenza. Da questa nostra casa cattedrale di speranza affideremo una parola buona al vento, che salga su fino alle stelle: l’amore tra noi, l’Amore! che ci fece privi d’ogni inutile fardello. Giuseppe Vetromile – Madonna dell’Arco NA 135 Sul mio giardino … piove Oggi, come mai prima, nel silenzio della strada, una melodia di suoni il mio senso irretisce. Sarà la noia, il tedio, la tristezza di esser soli; il sonoro della pioggia mi stupisce. Sul retro di casa, il piccolo giardino assetato, come bocca riarsa, ingoia senza lasciar traccia copiosa pioggia che a tratti dirada. Luccicanti, tra brevi spiragli di luce tintinnano gocce, sui labbri di terracotta, sui ciottoli sotto il nespolo, sul metallo della vanga, composite armonie. Gli occhi annebbiati nello scroscio finale riscoprono, tra luci ed ombre, chiaze rosso vivo di splendide azalee, come coppe traboccanti di fresco nettare. 136 Dopo la pioggia, il volo di un merlo dal becco giallo si ferma ai piedi della palma che alta si erge, fluttuando maestosa le foglie. Il merlo non resta, di nuovo s’invola, al mio apparir dietro la finestra. Adelina Voltolina – Mirano VE 137 Salvatore, un frutto maturo per il cielo di Luciano Nembrini1 Il 30 novembre di quest’anno (2003) ricorre il 5° anniversario della morte di un giovane che, nella sua breve esistenza, ha avuto il privilegio di fare una esperienza profonda e intima della presenza di Maria nella sua vita, favorito in questo anche dall’incontro con gli scritti del santo di Montfort. Si tratta di Salvatore Zuppardo, nato a Gela Occhipinti, ritratto di Salvatore Zuppardo, part., tecnica mista (CL) il 30 maggio 1974 e salito in cielo il 30 novembre del 1998, all’età di 24 anni, proprio nel momento più intenso e straordinario della sua vita. Aveva meno di 18 anni quando conobbe la Comunità delle Beatitudini. Da questa esperienza è nato in lui il desiderio di andare in Francia alla volta di Lisieux, dove ha avuto modo di innamorarsi di santa Teresa di Gesù Bambino e di approfondire la conoscenza di san Luigi Maria Grignion de Montfort. L’incontro con Efraïm, fondatore della Comunità delle Beatitudini, è stata la spinta decisiva che lo ha portato a entrare nella casa co1 Missionario monfortano. Dalla rivista “Madre e Regina”, Anno LVII, n. 11 Novembre 2003, Rivista edita dall’Associazione Centro Mariano Monfortano, Via Prenestina 1391 – 00010 Colle Prenestino (Roma). 138 munitaria di Pettineo (Messina) e in seguito a dare inizio, con alcuni altri fratelli, a una comunità delle Beatitudini nella sua città natale, Gela. Salvatore era molto innamorato di Gesù e di Maria, che chiamava “la mia dolce e tenera Madre” e ha scelto di dedicare la sua vita a colei che ha generato l’autore della vita. Venuto a conoscenza della dottrina monfortana della Consacrazione a Cristo per le mani di Maria, decise di introdurre nella preghiera dei Vespri di Resurrezione, che ogni sabato si celebrano in comunità, l’atto di Consacrazione a Gesù, Sapienza eterna e incarnata, per le mani di Maria. In quegli anni aveva anche scritto un atto di Consacrazione a Gesù con il quale ha voluto esprimere la sua totale appartenenza a Cristo Salvatore: “O Gesù redentore, io mi consacro a Te! Con questo atto io voglio rendere sempre attuale la mia consacrazione battesimale, per essere realmente un solo essere con Te: Tu in me e io in Te! Io tutto Tuo e Tu mio Tutto: mia vita, mia roccia, mia fortezza, mio scudo, mio baluardo, mia sicurezza, mia pace. Sei Tu che vuoi vivere, amare e operare ogni cosa in me, come la vite che produce molto frutto nel tralcio. Che io mi lasci fare e mi lasci condurre da Te, con la massima prontezza e docilità. Amen”. Da queste parole traspare la straordinaria docilità di Salvatore all’opera della grazia in lui. Sotto la guida sicura di Maria, ha imparato a riconoscere la centralità di Cristo nel suo cammino di discepolo, iniziato con il dono del Battesimo. Il dono di tutto se stesso a Gesù, è partito proprio da qui, dalla consacrazione battesimale, fulcro della vera devozione insegnata dal Montfort. Una consegna che non basta fare una volta, ma che ha bisogno di essere rinnovata ogni giorno e attuata con scelte concrete. Una consegna che ha fatto di Salvatore un tralcio innestato nella vera vite e lo ha 139 reso capace di portare frutti di vita eterna. I frutti della breve, ma intensa vita di Salvatore, sono ancora oggi visibili nelle persone che lo hanno incontrato, nei gruppi di preghiera da lui avviati, nelle iniziative sorte a suo nome nella parrocchia che lo ha visto nascere, crescere e salire in cielo. Un grazie a coloro che ci hanno fatto pervenire la testimonianza di questo giovane e che mantengono viva la sua memoria nella comunità cristiana. E’ bello anche per noi tutti, sapere che quanto è stato seminato dalla grazia per mezzo dei santi lungo i secoli, porta ancora frutto. Dall’albero della Croce, su cui è maturato Cristo, la primizia, la Chiesa continua a cogliere ogni giorno nuovi frutti. 140 Indice Prefazione di Vincenzo Salsetta........................................................................» 5 Agostino Bagordo – 1° Premio Poesia Religiosa ........................» Silentium sive Deus ........................................................................» Meteore ..........................................................................................» 9 11 12 Franco Casadei – 2° Premio Poesia Religiosa ............................» Il figliol prodico ..............................................................................» Mi percuote il pensiero di notte .....................................................» 13 15 16 3° Premio Poesia Religiosa ..........................................................» E mi sovviene di Sr. Brabara Ferrari ............................................» Oh, potessi! di Sr. Barbara Ferrari...............................................» In sere d’inverno di Mario Giorgio Talio .....................................» Alla sera della vita di Mario Giorgio Talio ..................................» 17 19 20 21 22 4° Premio Poesia Religiosa ..........................................................» I lunghi tempi di Livia Furno Rosso.............................................» I tempi brevi di Livia Furno Rosso...............................................» Preghiera di Carla Carloni Mocavero...........................................» 23 25 26 27 Poesie segnalate ............................................................................» Richiami di Giuseppe Bagnasco...................................................» Dagli abissi dei nostri destini di Romeo Battaglion .....................» Tuttavia un vento virile di Romeo Battaglion..............................» Preghiera di Maria Stella Brancatisano ........................................» A Salvatore Zuppardo…! di Maria Stella Brancatisano ..............» E vennero i Magi di Alfonsina Campisano Cancemi ..................» Ombre di vita di Grazia Cannata..................................................» Nel nome del Padre di Ciro Carfora.............................................» 29 31 32 34 35 36 37 39 41 141 Ballata del Venerdì Santo di Ciro Carfora ....................................» Ci sei tu di Esmeralda Cernigliaro................................................» Vecchio lenzuolo di Adriana Comollo ..........................................» Al sorger del sole… di Silvana Crotti ...........................................» Nuttata senza suli di Riccardo Di Pasquale .................................» Viaggio in Turcha di Silvano Forte ...............................................» Ridatemi i miei morti! di Riccardo Fragapane............................» Tu ovunque di Pietro Fratta ..........................................................» Signore di Gianni Ianuale..............................................................» Antica profezia di Milvia Lauro ....................................................» ‘U piccatu di Vincenzo Macauda ..................................................» Se tu mi dai parole giuste di Germana Maggio............................» Suor Luisa di Maria Giovanna Mossa Trincas.............................» Santa Teresa di Lisieux di Francesco Musante ............................» Abbraccio d’infinito di Rosa Perna ..............................................» Una speranza di Rosa Perna..........................................................» La domenia di Luisa Pestrin .........................................................» Pietas di Maria Rosa Pino .............................................................» La sconfitta di Gesù di Alfredo Quinto........................................» Sera di maggio di Claudia Regnani ...............................................» Notte di Claudia Regnani..............................................................» A mia madre di Roberta Rendini..................................................» Flos passionis di Gianni Rescigno.................................................» Fozzas di Ruggero Serra ................................................................» 42 43 44 45 46 48 50 52 53 54 55 57 58 59 60 61 62 64 65 66 67 68 70 71 Seconda parte - Poesia a tema libero ..........................................» 73 Giancarlo Interlandi – 1° Premio Poesia a tema libero ............» I giorni della trebbia ......................................................................» Al limite del giallo..........................................................................» 75 77 79 Giovanni Caso – 2° Premio Poesia a Tema libero .....................» Uguale passo ci sostenne ................................................................» Un’innocenza antica .......................................................................» 81 83 84 142 3° Premio Poesia a Tema Libero .................................................» In punta di cuore di Elena Cimino................................................» Chiuderò gli occhi di Elena Cimino ..............................................» Torni la quiete di Massimo Cassarà..............................................» Ritorno essenziale di Massimo Cassarà ........................................» 85 87 88 89 90 4° Premio Poesia a Tema Libero .................................................» La danza delle memorie di Giuseppe Giacalome ........................» Tuareg nel deserto di Mara Librizzi..............................................» Il silenzio di Rosa Perna ................................................................» …de guerra …di guerra di Luisa Pestrin ...................................» 91 93 94 96 98 Poesie Segnalate ............................................................................» Rintocchi di memoria di Mina Antonelli......................................» E’ amore di Angela Aprile.............................................................» Notte di desideri di Fausta Atanasio Pezzino ..............................» Comunque… attesa di Paola Barbieri ..........................................» Fantasia di Carmela Basile ............................................................» Mi sentu ramu siccu di Maria Bella...............................................» Mei generis di Sivano Forte...........................................................» Radici di Livia Furno Rosso..........................................................» Ritrovare risposte di Armando Giorgi..........................................» Tienimi per mano di Maria Gisella Giumento ............................» Memoria dell’acqua di Renato Greco ...........................................» Angoscioso stremato riposare di Domenico Luiso .......................» Hymne di Domenico Luiso ..........................................................» Tu che ci inventi i colori di Pasquale Martiniello.........................» Il sogno dentro la vita di Maria Teresa Massavelli.......................» Ignotino di Don Ottaviano Menato .............................................» Mimose di Angelo Moro Episcopo ..............................................» Un giorno anche noi di Loredana Pistritto ..................................» Il clown batte sul tamburo di Silvano Placenti.............................» Sicilia di Gaetano Quinci ..............................................................» Ultime notizie di Paolo Sangiovanni ............................................» Resto ombra di Antonietta Tafuri .................................................» 101 103 104 106 107 109 110 111 112 113 114 116 117 118 120 121 122 123 124 125 127 128 129 143 Parole al tramonto di Wladimiro Tomaino..................................» Tra gli ulivi di Beatrice Torrente...................................................» Un limite del cielo di Giuseppe Vetromile ..................................» Grideremo avemarie di Giuseppe Vetromile ..............................» Sul mio giardino…piove di Adelina Voltolina ............................» Salvatore, un frutto maturo per il cielo di Luciano Nembrini.....» 131 132 134 135 136 138 Indice .............................................................................................» 141 Finito di stampare nel mese di Febbraio 2004 presso la Tipografia Lussografica di Caltanissetta 144