GENNAIO 2016 NOTIZIARIO DELLA SEZIONE SILCEA DI UNISIN SILCEA - Via Cristoforo Colombo. 181 Roma - www.silcea.org - Tel.: 06 51 26 765 -06 51 60 58 28 Fax. 06 51 40 464 e-mail: [email protected] UNITÀ SINDACALE SEZIONE SILCEA Via Cristoforo Colombo, 181 (00147) ROMA Tel. 065126765 - Fax 065140464 [email protected] www.silcea.org NORME PER L’ISCRIZIONE AL SILCEA DEI PENSIONATI E DEGLI “ESODATI” PER L’ANNO 2016 In ottemperanza a quanto stabilito dall’ultimo capoverso dell’art. 1 dello Statuto SILCEA, approvato dal XI Congresso Nazionale, (La Segreteria Nazionale stabilisce le modalità di iscrizione dei pensionati che non aderiscano al Sindacato tramite l’INPS, ovvero degli “esodati” che non abbiano aderito al Sindacato al momento dell’accesso al Fondo di Solidarietà.), la Segreteria Nazionale del SILCEA emana le seguenti disposizioni in materia di iscrizione per l’anno 2016 dei pensionati e degli “esodati” che non abbiano aderito all’iscrizione al Sindacato, tramite INPS, al momento dell’uscita dal servizio: QUOTA ISCRIZIONE La quota annua di iscrizione per pensionati ed “esodati” è fissata, per l’anno 2016, in €60,00 (euro sessanta), pari ad un importo di € 5,00 (euro cinque) al mese da versarsi in unica soluzione. NUOVE ISCRIZIONI PENSIONATI Il pensionato che intende iscriversi al SILCEA dovrà versare la quota di iscrizione per l’anno 2016, calcolata in ragione di 1/12 della quota annuale per ogni mese restante fino al 31 dicembre, con le seguenti modalità: Il pensionato potrà iscriversi versando la quota direttamente presso la sede della Segreteria Nazionale o tramite bonifico bancario (IBAN: IT25C 01030 03300 000004406488) a favore del SILCEA Segreteria Nazionale - Banca Monte Paschi di Siena SpA Agenzia Roma 138, indicando nella causale “iscrizione SILCEA anno 2016” entro e non oltre l’ultimo giorno del mese da cui decorre l’iscrizione. Il pensionato può versare anche tramite le strutture provinciali di appartenenza. Sarà cura di quest’ultima provvedere, con la massima sollecitudine, al versamento a favore della Segreteria Nazionale come sopra indicato. PRIMA ISCRIZIONE ESODATI CHE NON ABBIANO ADERITO AL SILCEA AL MOMENTO DELL’ACCESSO AL FONDO DÌ SOLIDARIETA’ Per gli “esodati che non abbiano aderito al SILCEA all’atto dell’accesso al Fondo di solidarietà, valgono le medesime norme stabilite al punto 2 per l’iscrizione dei pensionati. CONFERMA ISCRIZIONE PENSIONATI ED ESODATI PER L’ANNO 2016 I pensionati e gli “esodati” che non abbiano aderito al SILCEA all’atto dell’accesso al Fondo di solidarietà, già iscritti al SILCEA per l’anno 2015, che intendano confermare la propria adesione per l’anno 2016 potranno farlo versando la quota annuale (€ 60,00) direttamente presso la sede della Segreteria Nazionale o tramite bonifico bancario (IBAN: IT25C 01030 03300 000004406488) a favore del SILCEA Segreteria Nazionale - Banca Monte Paschi di Siena SpA Agenzia Roma 138, entro e non oltre il 31 gennaio 2016 indicando nella causale “rinnovo iscrizione SILCEA anno 2016”. L’interessato può versare la quota suddetta anche tramite la struttura provinciale di appartenenza. Sarà cura di quest’ultima provvedere, con la massima sollecitudine, al versamento a favore della Segreteria Nazionale come sopra indicato. VALIDITA’ DELL’ISCRIZIONE L’iscrizione ha validità per l’intero anno solare e scade il 31 dicembre 2016. II pensionato o l’iscritto al Fondo di solidarietà che non rinnovasse nei termini stabiliti perde la qualifica di iscritto. DISPOSIZIONI FINALI A tutte le tipologie di iscrizione di cui sopra si applica il disposto del secondo comma dell’art. 5 dello Statuto. Roma, dicembre 2015 UNITA’ SINDACALE FALCRI SILCEA SEZIONE SILCEA Il Segretario Generale, A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA Pagina1 SETTORE DEL CREDITO. FESTIVITA’ ED EX FESTIVITA’ ANNO 2016 Ai sensi della normativa contrattuale di Settore, ai lavoratori spetta annualmente un numero di permessi giornalieri retribuiti a titolo di ex festività, corrispondente a quello delle giornate indicate come festive dalla Legge n. 260 del 1949 e che non sono più considerate tali per successive disposizioni legislative. Questi permessi sono riconosciuti qualora dette ex festività ricorrano in giorni in cui è prevista la prestazione lavorativa ordinaria ed ove il dipendente stesso abbia diritto, per quei giorni, all’intero trattamento economico. La cadenza settimanale delle ex festività per l’anno 2016 è la seguente: 19 marzo: San Giuseppe (sabato); 5 maggio: Ascensione (giovedì); 26 maggio: Corpus Domini (giovedì); 29 giugno: SS. Apostoli Pietro e Paolo (mercoledì) festivo per il Comune di Roma; 4 novembre: Unità Nazionale (venerdì). Il totale delle ex festività cadenti dal lunedì al venerdì è pertanto pari a 3 giornate per il Comune di Roma e 4 giornate per tutti gli altri Comuni. In tema di ex festività, è opportuno rammentare che il CCNL ha, tra l’altro, istituito il "Fondo Nazionale per il Sostegno dell’Occupazione nel Settore del Credito (F.O.C.)", alimentato con il contributo dei dipendenti delle imprese destinatarie dei contratti nazionali di Settore, con contratto a tempo indeterminato, compresi gli apprendisti. I contributi in parola sono dovuti, in via sperimentale, per gli anni 2012 - 2016, salva proroga stabilita per accordo fra le Parti nazionali. Per quanto riguarda i Quadri Direttivi il contributo del singolo dipendente deve realizzarsi attraverso la rinuncia ad una giornata di ex festività (artt. 31 e 56 del CCNLl 19 gennaio 2012). Il medesimo contributo di una giornata di ex festività è stato poi esteso anche ai Dirigenti (art. 16 del ccnl 29 febbraio 2012). Per quanto concerne le festività civili, si ricorda che nel 2016 la festività del 1 MAGGIO (festa dei lavoratori) coincide con la domenica e, pertanto, l’Azienda corrisponderà il compenso aggiuntivo o, d’intesa con il Lavoratore stesso, una giornata di permesso. Le condizioni per poter usufruire di dette giornate sono: Le giornate da recuperare sono fruibili dal 16 gennaio al 14 dicembre; Possono essere godute in tutto o in parte in aggiunta ai periodi di ferie ovvero – anche se disgiuntamente dalle ferie medesime – in tre o più giornate consecutive; in questi casi vanno segnalate al momento della predisposizione dei turni di ferie; Possono fruirsi anche in mezze giornate (in tal caso la richiesta va effettuata con congruo preavviso). Se non godute vengono liquidate sulla base della retribuzione corrispondente alla busta paga di dicembre. In alcuni Gruppi bancari e/o Aziende di Credito, Accordi relativi ad attuazione di Piani Industriali, non consentono la liquidazione delle festività soppresse non godute entro l’anno di competenza. un recupero economico) GIORNATA DI PERMESSO RETRIBUITO Ricordiamo ai colleghi delle Aree Professionali che il CCNL prevede, in aggiunta alla riduzione dell’orario di lavoro di 23 ore annue(*), 1 giorno da utilizzarsi, inderogabilmente, da parte di ciascun lavoratore/lavoratrice, previo preavviso alla competente Direzione, nell’arco dell’anno medesimo sotto forma di permesso retribuito anche frazionabile, nel limite minimo di un’ora. (*) Per gli anni 2012/2016, in via sperimentale, le 23 ore di riduzione dell’orario di lavoro sono ridotte di 7 ore e 30’ per finanziare il Fondo per l’occupazione istituito dal CCNL 19/1/2012. Per i colleghi part-time: le giornate di permesso retribuito sono 3. Pena decadenza i permessi di cui sopra sono da utilizzarsi inderogabilmente entro il 31 dicembre (altrimenti vanno perduti poiché non è consentito alcun recupero economico A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA Pagina2 CASSAZIONE: IL TFR È IRRINUNCIABILE di Sestilio Staffieri Un lavoratore di una ditta privata, in seguito ad un accordo transattivo col datore di lavoro, aveva firmato una rinuncia ai diritti spettantegli dalla cessazione del rapporto di lavoro. Successivamente, valutata non conveniente l'operazione, impugna tale accordo per farne dichiarare la nullità. La Corte territoriale ha ritenuto valida tale rinuncia. Non la pensa così la Suprema Corte, che, con la recente sentenza n. 23087/2015, in tal modo ritiene vulnerato il principio consolidato nella giurisprudenza secondo cui il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, quindi la rinuncia effettuata dal lavoratore è radicalmente nulla ai sensi degli artt. 1418, secondo comma, e 1325 cod. civ., per mancanza dell'oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente l'accantonamento delle somme già effettuato. La considerazione che non era ancora maturato il diritto alla liquidazione del TFR, essendo il lavoratore ancora in servizio al momento dell'atto di disposizione, è determinante ai fini della soluzione della questione, giacché per lo scrutinio di legittimità e validità della rinuncia, non basta l'accantonamento delle somme già effettuato, in quanto il diritto non è ancora entrato nel patrimonio del soggetto e quindi l'eventuale rinuncia prima della cessazione del rapporto di lavoro è nulla per mancanza dell'oggetto, come sopra specificato. Fonte: Cassazione: il TFR è irrinunciabile (www.StudioCataldi.it) CASSAZIONE: IL GIUDICE PUÒ "PREFERIRE" LA PERIZIA DI PARTE ALLA CTU MA DEVE ADEGUATAMENTE MOTIVARE di Lucia Izzo Nella liquidazione dei danni da incidente stradale il giudice può assumere alla base della propria decisione la perizia di parte (nella specie dell'assicurazione) piuttosto che la CTU, ma in tal caso è tenuto a motivare adeguatamente sul punto altrimenti il suo operato potrà incorrere in una censura in sede di legittimità. Lo ha precisato la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 24630/2015 accogliendo uno dei motivi di ricorso proposti da due donne teso alla liquidazione della somma dovuta a titolo risarcimento danni dalle stesse subito a seguito di un incidente stradale. Le ricorrenti denunciano che la Corte d'Appello, in riduzione della somma originariamente riconosciuta alle stesse, ha "acriticamente" assunto a base della propria decisione, una perizia svolta dal consulente tecnico della convenuta assicurazione, non motivando la preferenza rispetto alle diverse valutazioni del CTU. Concordano gli Ermellini circa il sussistente potere discrezionale del giudice di merito nel disattendere le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio, senza dover disporre altra perizia, ma precisano che è necessario che detta decisione risulti "sufficientemente motivata" altrimenti potrà essere censurata in sede di legittimità. Nel caso di specie, il Tribunale in sede d'appello ha ritenuto che il particolareggiato prospetto redatto dal CTP fosse più aderente agli effettivi valori di mercato correnti all'epoca del sinistro, tenuto conto del modello e del valore del veicolo. Tuttavia, la relativa motivazione, limitandosi a dichiarare congrua la stima del CTP senza indicare le ragioni della inattendibilità della diversa stima compiuta dal CTU è da considerarsi viziata per carenza motivazionale. Necessario un rinvio a diverso giudice al fine di indicare le ragioni per cui la CTU non è stata condivisa. Fonte: Cassazione: il giudice può "preferire" la perizia di parte alla CTU ma deve adeguatamente motivare (www.StudioCataldi.it) LAVORATORI "MALATI" IN MASSA? PER LA CASSAZIONE È TRUFFA. ANCHE SE CI SONO I CERTIFICATI MEDICI di Marina Crisafi Se non segnerà la fine delle assenze selvagge dal lavoro a colpi di certificati medici, sicuramente assesterà un duro colpo alle malattie di massa, la pronuncia di ieri della seconda sezione penale della Cassazione (sentenza n. 48328/2015). Per la seconda sezione penale, infatti, la "malattia di massa" anche se giustificata da appositi certificati medici, può integrare il reato di truffa. Così, il Palazzaccio ha cassato con rinvio la sentenza di non luogo a procedere del gip di Forlì nei confronti di 30 autisti di un'azienda di trasporti, accusati di truffa e interruzione di pubblico servizio per essersi assentati cumulativamente in due giorni consecutivi dal lavoro, giustificando la propria assenza mediante la presentazione di certificati medici. Per il Gip pur potendo apparire verosimile che nelle giornate contestate i dipendenti si fossero illegittimamente astenuti dal lavoro, non era possibile effettuare accertamenti specifici sulla falsità dei certificati presentati a titolo giustificativo e dunque non era possibile provare la sussistenza dei reati contestati. Ma la Cassazione è di diverso avviso. Intanto, il giudice avrebbe errato a decidere di non rinviare a giudizio gli imputati attraverso la formulazione di considerazioni di merito che possono trovare posto soltanto nel corso del dibattimento. In secondo luogo, non ha formulato una motivazione sufficiente in ordine all'impossibilità di verificare le malattie certificate dai lavoratori. L'esibizione dei certificati medici, infatti, per la Cassazione, non deve limitare le indagini, in quanto gli stessi non escludono la commissione di reati. Per cui, se esiste anche il solo fondato sospetto che i certificati siano stati presentati per "nascondere" la vera ragione dell'assenza collettiva (ossia le contestazioni contro il datore di lavoro) è necessario effettuare tutti gli accertamenti necessari per valutare l'attendibilità delle fonti di prova. Un approccio, dunque, molto rigoroso che potrà essere esteso per prevenire le varie "forme di protesta" che si presentano, ciclicamente soprattutto nei periodi di festa. Fonte: Lavoratori "malati" in massa? Per la Cassazione è truffa. Anche se ci sono i certificati medici (www.StudioCataldi.it) COMMETTE REATO CHI PARCHEGGIA BLOCCANDO ALTRE AUTO. PAROLA DI CASSAZIONE! di Marina Crisafi Anche parcheggiare male può costituire reato: se si blocca il passaggio alle altre autovetture, infatti, è integrato il delitto di violenza privata. Lo ha ricordato la quinta sezione penale della Cassazione, nella sentenza n. 48346/2015, depositata il 7 dicembre scorso, rigettando il ricorso proposto da una donna avverso la decisione della Corte d'Appello di Genova che la condannava alla pena (sospesa) di 15 giorni di reclusione e al risarcimento del danno in favore della parte civile per il reato di cui all'art. 610 c.p. Per la Corte, ha ragione la persona offesa a lamentare il mancato riconoscimento del delitto di violenza privata in ordine alla condotta contestata all'imputata che si era resa protagonista di un parcheggio "selvaggio" della propria autovettura davanti all'accesso del luogo dove era contenuta l'auto della parte offesa, impedendo di fatto ogni passaggio. A nulla valgono le doglianze della difesa in tal senso. L'elemento della violenza nella fattispecie criminosa di violenza privata hanno affermato infatti dal Palazzaccio "si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza "impropria", che si attua attraverso l'uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione". Ed invero è stato più volte affermato, dalla stessa Cassazione, che "integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l'accesso alla parte lesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione" (cfr. Cass. n. 8425/2013). Per cui, la condotta della donna che ha bloccato ogni "via d'uscita" al veicolo della parte offesa, integra senza dubbio il reato ex art. 610 c.p. Fonte: Commette reato chi parcheggia bloccando altre auto. Parola di Cassazione! (www.StudioCataldi.it) A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA Pagina3 RASSEGNA STAMMPA DI NOTIZIE SILCEA SONO SEDICI LE BANCHE ITALIANE COMMISSARIATE, MA SOLO 4 SARANNO ''SALVATE'' PRIMA CHE SCATTI IL BAIL IN (POI, CATASTROFE) mercoledì 2 dicembre 2015 Mentre il governo Renzi si auto loda per il salvataggio delle quattro grandi banche italiane malate senza l’intervento pubblico (evidentemente il ministro Padoan ignora di essere l’azionista di maggioranza assoluta di cassa depositi e prestiti che si è fatta garante delle somme concesse per il salvataggio da Unicredit, Intesa e Ubi in primis), i piccoli risparmiatori coinvolti nel crack iniziano a fare i conti con la dura realtà, ovvero quella di aver perso tutti o quasi i loro risparmi. Non stiamo parlando degli azionisti, che avendo investito in capitale di rischio, sanno che possono guadagnare come perdere tutto, ma di un esercito di piccoli risparmiatori, molti dei quali pensionati, che hanno investito i risparmi di una vita nelle obbligazioni delle banche di cui erano correntisti, spesso invogliati da direttori di filiale o cassieri in più o meno buona fede. Perché parliamo di buona fede? Semplice, perché il più delle volte le obbligazioni sono state vendute a questi piccoli risparmiatori come “investimenti sicuri”, “prodotti con garanzia di capitale al 100%” e altre amenità varie, quando la realtà era ben diversa. E’ bene ricordare che le obbligazioni subordinate, una delle tante tipologie che l’ingegneria finanziaria si è inventata, sono una via di mezzo tra azioni ed obbligazioni (non ce ne vogliano gli esperti, è una semplificazione che serve a far capire cosa sta accadendo), per cui sono state aggredite dal “salvataggio” subito dopo le azioni e prima delle obbligazioni tradizionali e dei conti correnti oltre i cento mila euro. Citiamo un passo di una lettera scritta da una studentessa a IlSole24ore, che testimonia quanto detto: “Tra i sottoscrittori delle obbligazioni di Banca Etruria c’è mia nonna e tantissimi altri pensionati che gestiti da impiegati di banche male informati o forse troppo sotto pressione gli hanno fatto investire parte o tutto dei loro risparmi in obbligazioni, che oggi scoprono essere subordinate. Le obbligazioni in questione (Lower Tier 2) ci erano state proposte da dipendenti, vice-direttori, direttori di Banca Etruria, descritte come obbligazioni “sicure, senza alcun rischio e garantite alla loro scadenza al 100%”. Garantite da dipendenti “amici” e da una banca sulla quale da 30 anni la mia famiglia ripone la propria fiducia affidandogli i risparmi di una vita. Mia nonna, ottantottenne, vedova ha perso 50.000 euro. No, non abbiamo ancora avuto il coraggio di dirglielo. Mia madre - continua la lettera disoccupata e con me a carico, ha perso gli unici 5.000 euro di risparmi che era riuscita ad accumulare.” Possiamo forse definire queste due signore delle avide speculatrici? Certo che no, eppure sono state massacrate dal PBI, ex PDI, ovvero Partito Bancario Italiano gestito da Renzi, Boschi (ops, il papà è coinvolto nel crack di una di queste banche) e compagnia cantando. Molti di voi potrebbero pensare: “vabbeh, che me ne importa, io mica ho investito i soldi in quelle quattro banche, cavoli loro”. Cari voi, io al posto vostro starei molto attento a sentirmi tranquillo. Prima di tutto perché le banche commissariate sono ben di più, in seconda battuta perché quelle barcollanti sono un’infinità e in terza, perché anche voi potreste in realtà avere obbligazioni di queste banche in pancia. A fine articolo riproporremo l’elenco delle banche commissariate, ed al momento ci concentriamo sul terzo punto. Come fate ad avere anche voi obbligazioni subordinate di banche decotte? Semplice, perché queste obbligazioni subordinate, in particolare quelle quotate in borsa, sono finite anche nei portafogli dei fondi comuni d’investimento, ed in particolare di quelli bilanciati od obbligazionari. Ora facciamo un esempio per farvi comprendere come potreste prendere anche voi un bel salasso. Ipotizziamo che il signor rossi, cioè voi, abbia investito 1.000 euro in un fondo obbligazionario e che questo fondo abbia investito il 10% del proprio patrimonio in obbligazioni subordinate della banca X, ormai decotta. Adesso, visto che quelle obbligazioni valgono zero, i vostri 1.000 euro diventeranno immediatamente 900 (1000 – 100 ovvero la quota parte delle obbligazioni subordinate diventate carta straccia). Vi sentite ancora così tranquilli? Ovviamente non è detto che queste obbligazioni subordinate siano presenti in tutti i fondi, ma sarebbe il caso che chiedeste al vostro direttore di banca o promotore finanziario, la scheda dettagliata dei vostri investimenti. Ed ora, ecco a voi l’elenco delle banche commissariate da Banca d'Italia BANCA POPOLARE DELL’ETRURIA BANCA DELLE MARCHE ISTITUTO PER IL CREDITO SPORTIVO CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA CASSA DI RISPARMIO DI LORETO CASSA DI RISPARMIO DI CHIETI BANCA POPOLARE DELL’ETNA BANCA POPOLARE DELLE PROVINCE CALABRE BCC BANCA ROMAGNA COOPERATIVA BCC IRPINA BCC BANCA PADOVANA CASSA RURALE DI FOLGARIA CREDITO TREVIGIANO BANCA DI CASCINA BANCA BRUTIA BCC DI TERRA D’OTRANTO Avete fatto caso se qualche mattonella del vostro pavimento balla? Forse, prima di farla riparare potreste pensare di impiegarla come nascondiglio dei vostri risparmi, anche perché dal prossimo primo gennaio, con l’entrata in vigore del “metodo Cipro”, i vostri risparmi saranno ancora meno sicuri, visto che certi “salvataggi” non saranno più consentiti a seguito della normativa europea prontamente recepita dal governo renzista. Tanto per essere chiari fino in fondo: dal 1° gennaio 2016, per tutte le banche italiane che si trovassero nella condizione di dover essere "ristrutturate" pena il fallimento, varranno le regole del bail in - che nel caso di queste 4 banche di cui ho scritto non è stato applicato - il quale bail in A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA Pagina4 prevede che a ripianare il dissesto siano chiamati non solo gli azionisti, non solo gli obbligazionisti che hanno acquistato le obbligazioni subordinate, ma anche gli obbligazionsiti che hanno comprato le normali obbligazioni. Finito di confiscare tutto ciò, il metodo bail in entrato in vigore confischerà tutti i conti correnti eccedenti i 100.000 euro, divorando tutta l'eccedenza. Fatto questo, se voi siete correntisti della banca o delle banche in questione e avete sul conto meno di 100.000 euro, dubitiamo che possiate sertirvi tranquilli e protetti. Per un semplice motivo: il Fondo di garanzia che dovrebbe garantire il depositi inferiori ai 100.000 euro è afflitto da un piccolo problema: non ha in cassa il denaro necessario, e il bail in impedisce allo Stato di intervenire per mettercelo. Avete letto bene? Speriamo. Luca Campolongo http://www.laleggepertutti.it/86958_chi-usa-i-permessi-104-non-per-assistere-il-disabile-e-licenziato#sthash.4waNb5In.dpuf CHI USA I PERMESSI 104 NON PER ASSISTERE IL DISABILE È LICENZIATO Chi non va a lavorare abusando del diritto concessogli dalla legge scarica il costo del proprio ozio sulla collettività: l’azienda può procedere al licenziamento immediato. Ancora una volta linea dura della Cassazione contro gli abusi, da parte dei dipendenti, dei permessi concessi dalla legge 104: chi dice di assistere il parente disabile e poi, invece, viene beccato a fare la spesa, la gita fuoriporta o a passeggiare con gli amici, può essere licenziato in tronco. E questo perché un comportamento del genere – benché purtroppo generalizzato ed entrato nel peggiore dei malcostumi italiani – lede la fiducia del datore di lavoro e, quindi, giustifica il recesso dal rapporto di lavoro. In passato la Suprema Corte aveva addirittura ritenuto legittimo il comportamento dell’azienda che mette un investigatore privato alle calcagna del dipendente per scoprire se davvero questi stia a casa oppure se ne vada in giro per altre faccende (leggi “Abuso dei permessi legge 104: sì investigatore”). Oggi gli stessi giudici tornano sul tema con una nuova sentenza [1] che, di certo, non piacerà a chi usa i permessi per scopi personali. È indubbio – dice la Corte – che la condotta di chi sfrutta anche una sola ora dei “permessi della 104” non per assistere il parente ha, in sé, un disvalore sociale da condannare. In questo modo, infatti, si scarica il costo del proprio ozio sulla collettività. Anche volendo ritenere che le residue ore del permesso vengono utilizzate per assistere il parente, resta il fatto che una parte del permesso è stata utilizzata per scopi diversi rispetto a quelli per cui è stato riconosciuto. Licenziamento disciplinare In questi casi, è legittimo il licenziamento disciplinare del lavoratore che non adempie alle finalità assistenziali previste dalla legge. Chiedere un giorno di permesso retribuito per dedicarsi a “qualcosa che nulla ha a che vedere con l’assistenza” costituisce un “odioso abuso del diritto”. Una locuzione molto forte, quella usata dalla Cassazione, che ben fa intendere l’orientamento severo ormai assunto dalla giurisprudenza sul tema. Non ci sono scappatoie insomma. Il costo della svogliataggine del singolo ricade sulla collettività Chi abusa dei permessi della 104 fa ricadere i costi della propria pigrizia sulla collettività. I permessi, infatti, sono retribuiti in via anticipata dal datore di lavoro, il quale poi viene rimborsato dall’Inps del relativo onere anche ai fini contributivi. Inoltre, tale comportamento costringe il datore di lavoro ad organizzare diversamente, ad ogni permesso, il lavoro in azienda e i propri compagni di lavoro che lo devono sostituire, ad una maggiore penosità della prestazione lavorativa. Il comportamento non lascia presagire nulla di buono La Cassazione termina giustificando il licenziamento del dipendente per via del fatto che il suo illecito è “particolarmente odioso e grave”, rompe il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, in quanto si tratta di una condotta che pone in dubbio la futura correttezza dell’adempimento: essa, infatti, è sintomatica di un certo atteggiamento del lavoratore agli obblighi assunti, della sua propensione all’assenteismo e dell’assenza di senso del dovere. http://curiosity2015.altervista.org/questa-schifezza-la-mangiamo-tutti-specialmente-i-bambini-e-fa-malissimo-allorganismo/ Questa schifezza la mangiamo tutti, specialmente i bambini, e fa malissimo all’organismo !! L’olio di palma è un grasso vegetale a basso costo e ad elevato impatto ambientale ampiamente utilizzato da parte dell’industria alimentare per via della sua consistenza solida o semisolida, ritenuta utile nella lavorazione dei prodotti che lo contengono. L’olio di palma è onnipresente nei prodotti confezionati e spesso celato dietro la dicitura in etichetta di “oli vegetali”. Quali sono i rischi per la salute legati alla sua assunzione? Indicare la sua presenza all’interno dell’elenco degli ingredienti riportati sulle confezioni dei prodotti alimentari industriali non è obbligatorio, ma sempre più spesso il suo nome risulta inserito in etichetta per quanto riguarda i cibi più comunemente acquistati nei supermercati. Si tratta in particolare di prodotti da forno come biscotti, pane confezionato, crackers, grissini e fette biscottati (convenzionali, ma spesso purtroppo anche “biologici”), ma anche di creme dolci spalmabili, patatine fritte e snack salati, condimenti come le margarine. Esso presenta un contenuto di grassi saturi tanto elevato da avere spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanitàad affermare come esso possa costituire un fattore di incremento del rischio di andare incontro a malattie cardiovascolari, sulla base di ricerche definite come convincenti e confermate da studi successivi. Sotto accusa nel caso dell’olio di palma è un acido grasso saturo denominato acido palmiticoe caratterizzato dalla presenza di 16 atomi di carbonio. Tale tipologia di grasso è in grado di agire aumentando i livelli delcolesterolo ed innalzando i rischi di coronopatia, secondo quanto rilevato da studi scientifici relativi all’olio di palma. Le affermazioni dell’OMS hanno suscitato l’opposizione del Malaysian Palm Oil Promotion Council, volto a difendere gli interessi economici del proprio Paese, relativamente al ricco settore produttivo legato all’olio di palma. L’olio di palma rappresenta un grasso vegetale ed un olio alimentare considerato di scarsa qualità. Il suo elevato contenuto di grassi saturi può raggiungere il 50% nell’olio di palma derivato dai frutti e ben l’80% nell’olio di palma derivato dai semi. Oltre che come ingrediente alimentare vero e proprio, è di frequente utilizzato dall’industria del settore per la frittura dei cibi. La sua presenza potrebbe essere rilevata per tale motivi anche in prodotti da forno pre-fritti. Il contenuto di grassi saturi dell’olio di palma non è controbilanciato da una sufficiente presenza di grassi polinsaturi benefici, tali da poterlo considerare come un alimento equilibrato. Non ci sono motivi validi per cui l’industria alimentare debba proseguite ad utilizzare olio di palma, al di là del fattore economico. E’ comprensibile che utilizzare olio extravergine d’oliva o altri oli maggiormente pregiati comporterebbe costi maggiori. La salute dei consumatori potrebbe trarne vantaggio e sempre più aziende, anche in Italia, dovrebbero impegnarsi ad evitare tale ingrediente, sostituendolo con oli migliori, nel rispetto dei consumatori. Scegliere di evitare prodotti contenenti olio di palma significa orientare in maniera più oculata le proprie abitudini d’acquisto, evitando i prodotti che contengano tale ingrediente e dando la propria preferenza ad aziende che non lo impieghino od optando per la preparazione casalinga degli stessi. Evitare l’olio di palma non rappresenta unicamente una questione di salvaguardia della salute, ma anche dirispetto dell’ambiente e del pianeta. La produzione di olio di palma è infatti causa di deforestazione e di distruzione degli habitat naturali A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA Pagina5 degli animali che popolano le foreste di luoghi come Indonesia, Malesia, Uganda e Costa d’Avorio e della sottrazione alle popolazioni native di territori da esse abitati da sempre. CRISI, LA FINLANDIA È MALATA COME LA GRECIA ANCHE SE HA FATTO TUTTE LE RIFORME Helsinki attraversa una profonda crisi pur essendo prima in tutte le classifiche internazionali. Per i fan della moneta unica la colpa è dei salari e del welfare. I numeri e il paragone con la Svezia dicono altro: dal 2008 il Pil è crollato del 6% mentre Stoccolma ha fatto segnare un aumento dell'8% Vabbè, non è colpa dell’euro. La recessione della Finlandia, s’intende, giunta al suo quarto anno. Ce lo assicura il Wall Street Journal, ripreso dal Sole 24 Ore in quello che è divenuto il racconto ufficiale in Italia dell’ennesima débâcle dell’Eurozona. Se non è l’euro, forse è sfortuna. Resta da capire perché il pezzo del WSJ sia stato ripreso e quello del New York Times di luglio no: “La Finlandia è l’esempio perfetto del perché l’euro non funziona”. O quello del Telegraph di novembre: “L’ultimo atto d’accusa contro l’unione monetaria”. O i due interventi (maggio e giugno) del NobelPaul Krugman nel suo blog: “Il progetto della moneta unica era viziato fin dall’inizio e creerà nuove crisi, anche se in qualche modo l’Europa riuscisse a superare questa”. I biondi finlandesi e l’esempio spagnolo - Il Pil della Finlandia è del 6% circa inferiore al 2008, la disoccupazioneveleggia ormai attorno al 10% (era al 6) e un quarto del sistema industriale è passato a miglior vita. Cos’ha causato la recessione allora? Spiegazione cronachistica: la crisi della Nokia, principale esportatore del Paese, finito nelle mani di Microsoft; il crollo della domanda di carta (settore fondamentale dell’export finlandese); lesanzioni alla vicina Russia. Insomma, non è colpa dell’euro, dice il Wall Street Journal, tanto più che Irlanda e Spagna stanno nella moneta unica e crescono che è un piacere: certo, la prima grazie alle multinazionali che gonfiano il Pil non lasciando neanche un euro nel Paese, la seconda drogando i dati col deficit pubblico e avviandosi a una nuova crisi di bilancia dei pagamenti (un tempo si parlava anche del Portogallo, ora, sfortunatamente, non più: il trittico è comunque unito dal boom di povertà, emigrazione, distruzione dei diritti sociali). Dettagli inutili per un racconto ideologico. Il problema? Salari troppo alti e spesa pubblica, nonostante un debito dello Stato al 62% del Pil. Il paragone con la Svezia: quale differenza tra le due? - Più che con Spagna e Irlanda, in realtà, sarebbe preferibile comparare la Finlandia con un Paese simile, la Svezia: fino al 2008 le economie delle due nazioni crescono più o meno in modo simile, poi crollano dopo la crisi finanziaria negli Usa e da lì si salutano. Oggi a Stoccolma il Pil è dell’8% superiore a quello del 2008: fa una differenza di 20 punti percentuali coi cugini. La Svezia, però, non ha l’euro: tra il 2008 e il 2009 ha lasciato svalutare lacorona di circa il 20% restaurando per questa via la sua competitività. Se serve l’auctoritas Usa per dirlo: “Ci sono solo due modi per farlo – ha scritto il New York Times – O si svaluta la moneta in modo che i salari valgano meno o si tagliano proprio i salari”. Ma mica è colpa dell’euro se la Nokia, se la carta, se la Russia… Diciamo di no, eppure la stessa storia finlandese dice che il Paese ebbe la capacità di reagire in modo relativamente rapido a una crisi ancora più grave, quella di inizio anni Novanta seguita alcrollo dell’Urss: come ha documentato sul suo blog nel 2014 l’economista Alberto Bagnai, all’epoca Helsinki si sganciò dallo Sme, svalutò di oltre il 25% e fece una politica fiscale aggressiva (da un surplus del 5% a un deficit del 6%) che oggi le è negata dalPatto di Stabilità Ue. La competitività fu ristabilita e il Pil crebbe a un ritmo del 4,5% l’anno fino al 2000. Nella migliore delle ipotesi, insomma, l’euro impedisce agli Stati che lo adottano di riprendersi da uno choc esterno, nella peggiore li inguaia distruggendo i conti con l’estero (il debito privato in Finlandia ha sfondato il 200% del Pil). Moneta o non moneta? Il paradosso della sinistra - Nel 2016 il Parlamento finlandese comincerà un pubblico dibattito sul ruolo dell’euro nella recessione, ma nel frattempo il governo – nonostante il consiglio contrario del Fmi – si prepara a tagli di spesa e interventi sui contratti di lavoro. La cosa curiosa è che assai difficilmente si può dire che “la Finlandia non ha fatto le riforme”:Ambrose Evans-Pritchard ha fatto notare sul Telegraph che “la Finlandia è la prima dell’Ue nell’indice di competitività globale delWorld Economic Forum. È prima in tutto il mondo per le scuole primarie, l’istruzione superiore e la formazione, l’innovazione, i diritti di proprietà, la tutela della proprietà intellettuale, il quadro normativo e l’affidabilità legale, le politiche anti-monopolio, i collegamenti delle università in ricerca e sviluppo, la disponibilità di tecnologie…”. Niente corruzione, niente mafia, i più alti investimenti in ricerca. E allora? Allora – dice il ministro delle Finanze Stubb – il problema sono i salari cresciuti troppo rispetto a quelli del “nemico” esportatore tedesco (in realtà, come fa notare Krugman, il problema semmai è il Clup, il costo per unità di prodotto, esploso “grazie al collasso del manifatturiero” e non ai ricchi stipendi. E qui c’è il paradosso della sinistra: come può accettare un sistema in cui l’unica politica concessa ai governi è la svalutazione del lavoro? Da il Fatto Quotidiano di mercoledì 2 dicembre 2015 http://www.liberoquotidiano.it/news/scienze---tech/11849987/Arriva-l-app-gratuita-per-rallentare.html ARRIVA L'APP GRATUITA PER RALLENTARE ALL'AUTOVELOX e mobili in tempo reale, ma anche su tratti di strada soggetti a controlli di velocità media. L' app segnala gli autovelox presenti sulla strada che si sta percorrendo, minimizzando i falsi allarmi. «Il lancio della nuova app ha l' obiettivo di coinvolgere un numero sempre maggiore di utenti nella Community TomTom», afferma Luca Tammaccaro, vicepresidente Dach & Italy di TomTom. «La nostra comunità conta al momento 4,6 milioni di utenti, quotidianamente all' opera per segnalare e verificare la posizione degli autovelox in tempo reale e, a partire da oggi, tutti gli utenti Android potranno esserne parte, aiutandoci a rendere ciascun viaggio un' esperienza rilassante e divertente». Su Google Play arriva la nuova app gratuita Autovelox di TomTom, che avvisa non solo sulla posizione di autovelox fissi A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA Pagina6 Ragni letali: la vedova nera arriva a Cagliari La vedova nera “sarda” è pericolosa soprattutto per i bambini e gli anziani, oltre che per le persone già indebolite da malattie. Nei soggetti allergici può provocare choc anafilattico, come però insetti come le vespe. Il suo veleno colpisce il sistema nervoso passando per il sistema linfatico e contiene una potente tossina, la Latrotorssina. Si pensava fosse estinta, ma nell’ultimo mese ci sono stati tre avvistamenti documentati nella provincia di Cagliari e nel Sulci. L’ultimo avvistamento risale a venerdì 4 dicembre nelle campagne di San Gavino Monreale, a 50 km da Cagliari, nell’azienda agricola dei fratelli Luca e Marco Sanna, in località Figu Niedda, in un deposito di legname, accanto ad un vecchio fabbricato. Il morso della femmina non provoca dolore istantaneo, ma i suoi effetti possono manifestarsi già nei primi 15 minuti con sudorazione, nausea, conati di vomito, febbre, cefalea, forti crampi addominali e nei casi più gravi perdita di sensi e talvolta morte. Eventuali complicanze cardiache possono verificarsi anche tre ore dopo il morso. I casi mortali sono tuttavia veramente molto rari. In Italia sono stati segnalati quattro possibili episodi di morte in seguito ai morsi, di cui due in provincia di Genova. CAGLIARI – Avvistata in Sardegna la vedova nera. Tre esemplari del velenoso ragno sono stati visti nel sud della regione, vicino a Cagliari, e nel Sulcis. La vedova nera “sarda”, nome scientifico Malmignatta Latrodectus Tredecimguttatus, è un ragno noto nell’isola con il nome di “Argia”. In Italia insieme alla Loxosceles Rufescens è una delle poche specie di ragni il cui morso è pericoloso per la salute degli esseri umani. Il Latrodectus Tredicimguttatus, anche nella variante genetica sarda, è il parente stretto della più pericolosa vedova nera americana Latrodectus Mactans, il cui morso può addirittura essere fatale. http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/a-cagliari-vedova-nera-ragno-dal-morso-letale- 2336644/#sthash.72QFVA1w.dpuf L'effetto contagio travolge Mps In un mese azioni crollate: -23% Il decreto del governo ha creato un clima di sfiducia nell'intero sistema del credito. Il Monte dei Paschi ha dovuto sborsare 160 milioni di euro: è tra i più in difficoltà Camilla Conti - Gio, 10/12/2015 commenta Uno virgola due euro. Ecco quanto vale oggi in Borsa il titolo del Monte dei Paschi che continua a viaggiare attorno ai minimi storici e ieri ha perso un altro 1,1 per cento. Poteva andare peggio, visto che in mattinata le azioni sono state anche sospese per eccesso di ribasso. Ma il bilancio resta preoccupante: nell'ultimo anno Mps ha ceduto il 48%, il 23% solo nell'ultimo mese. Perché? A far salire la febbre sulle banche storicamente «attenzionate» dal mercato (oltre al Monte, anche Carige che però ieri ha risalito la china con un +1,8%) sono state le recenti mosse del governo Renzi che ha azzerato i risparmi degli azionisti e obbligazionisti subordinati di Banca Marche, Etruria, CariChieti, CariFerrara ma ha salvato le quattro banche con i soldi delle big del credito. Compreso il gruppo senese che deve mettere sul piatto circa 160 milioni. Il nuovo clima di sfiducia nel sistema bancario dopo la stangata dei risparmiatori delle piccole «malate» del sistema potrebbe contagiare anche i clienti del Monte. Siena è ancora in convalescenza e alla ricerca di un cavaliere - anche straniero - disposto a portarla all'altare, come chiesto dalla Bce. «Si tratta di procedure che richiedono tempo», aveva ammesso lo stesso neo presidente Massimo Tononi lo scorso 23 settembre, appena insediato: Mps «ha ancora lavoro da fare», a cominciare dai 45 miliardi di crediti deteriorati e 26,3 miliardi di sofferenze lorde che una bad bank potrebbe contribuire ad alleggerire se non il progetto non fosse in alto mare. Senza dimenticare che da gennaio scatteranno le nuove norme europee sui salvataggi interni e a pagare, in caso di crac, saranno anche i correntisti con un patrimonio superiore ai centomila euro e gli obbligazionisti ordinari: il Montepaschi si è salvato già una volta grazie al contributo dei A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA Pagina7 Tremonti e dei Monti bond, aiuti di Stato che sono stati rimborsati, ma soprattutto dopo che i soci sono stati chiamati, per ben quattro volte dal 2008, a far fronte agli aumenti di capitale per un importo complessivo di circa 15 miliardi di euro. Se il promesso sposo non arrivasse in tempo e se in futuro la salute di Rocca Salimbeni tornasse ad aggravarsi improvvisamente fino a dover richiedere l'ennesima iniezione di liquidità, chi ci metterebbe i soldi? Nell'ipotesi peggiore scatterebbe un bail-in dalle conseguenze imprevedibili considerando la mole del Monte che, ricordiamolo, da novembre dell'anno scorso è sotto lo sguardo assai più severo della Vigilanza unica europea come tutte le altre banche Ue. Ad alimentare la pressione sono, inoltre, le voci che arrivano dal Brasile su un possibile disimpegno del fondo Btg Pactual, alleato in un patto di sindacato con la Fondazione Mps: dopo le dimissioni dell'ad e maggiore azionista della banca d'affari sudamericana, Andrè Esteves, in seguito al suo coinvolgimento in un'inchiesta su tangenti, il gruppo brasiliano potrebbe reperire le risorse di cui necessita dalla cessione di alcune partecipazioni, tra cui quella in Monte. Intanto l'amministratore delegato, Fabrizio Viola, in un'intervista rilasciata nei giorni scorsi al Corriere della Sera, ostenta serenità. Restano, però, i numeri: al 31 marzo del 2012 la raccolta complessiva era di 278 miliardi di euro, rispetto ai 230 miliardi di euro del resoconto intermedio di gestione del 30 settembre 2015. Ovvero 47,2 miliardi di euro in meno sotto la gestione Viola. Idem per i crediti verso la clientela che nello stesso periodo sono passati da 147 miliardi di euro a 112,5 miliardi di euro, con una riduzione di 34,5 miliardi di euro. C'è comunque chi vede nel calo del titolo un'opportunità: se qualcuno dall'estero ha messo gli occhi sul Monte, a questi prezzi di Borsa portarselo via sarebbe davvero un ottimo affare. aereo, 8 verità dal pilota: non bere caffè e… Non bevete caffè, l'acqua non è delle migliori. Il posto migliore per viaggiare? Vicino alle ali, si sentono meno le turbolenze. Ecco alcune verità ROMA – Non bevete caffè, sedetevi vicino alle ali e non badate al segnale di allacciare le cinture. Un pilota di una grande compagnia aerea, che ha preferito rimanere anonimo, ha svelato 8 verità sui viaggi aerei che gli altri piloti non avevano mai raccontato. Il pilota spiega ad esempio perché non si può bere caffè in aereo, ma anche che i piloti non mangiano lo stesso cibo dei passeggeri e che, specialmente in tempi di terrorismo e attacchi, spesso i piloti hanno una pistola in cabina. Il sito NanoPress Viaggi scrive che il pilota ha deciso di svelare alcune verità legate ai viaggi aerei: “Non bevete il caffè Il primo invito è quello di non bere il caffè a bordo dell’aereo: l’acqua utilizzata per prepararlo è colma di sostanze chimiche necessarie per uccidere i batteri, le vere responsabili del suo terribile gusto. I posti migliori vicino alle ali I posti migliori in cui sedersi per avere una maggior stabilità e sentire meno turbolenze e vuoti d’aria, sono quelli vicino alle ali. Attenzione invece a sedersi in fondo: vi sembrerà di stare sulle montagne russe! Un’altra informazione che potrà esservi utile riguarda la qualità dell’aria all’interno dell’abitacolo: l’aria più fresca si trova nella parte anteriore dell’aereo, mentre l’aria calda si posiziona in quella posteriore. I piloti non mangiano lo stesso cibo dei passeggeri Il cibo che viene offerto ai passeggeri non è lo stesso che viene servito ai piloti: per questioni di sicurezza, infatti, per loro viene preparato sempre un menù differente, così da evitare che possano subire ogni sorta di avvelenamento o intossicazione. Non badate al segnale ‘Allacciate le cinture’ Non preoccupatevi troppo dell’allarme ‘Allacciate le cinture’, in realtà non è così importante. Pare infatti che molti piloti si dimentichino addirittura di spegnerlo, lasciandolo attivo per l’intera durata del volo. I piloti hanno una pistola Non è un’indicazione valida per tutte le compagnie del mondo, tuttavia in base alla confessioni del nostro anonimo, sugli aerei americani è concesso ai piloti avere con sé una pistola, in cabina di pilotaggio. I segnali di un volo dirottato Come riconoscere se il proprio volo è stato dirottato? Semplice, pare che in questi casi, i flap delle ali , che servono a rallentare l’aereo dopo l’atterraggio, rimangano in realtà sempre sollevati. E’ il metodo utilizzato per segnalare all’aeroporto la presenza di un’anomalia”. See more at: http://www.blitzquotidiano.it/viaggi-e-turismo/viaggio-aereo-8-verita-dal-pilota-bere2336629/#sthash.pXDGte5a.dpuf A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA Pagina8 http://www.studiocataldi.it/articoli/20324-come-evitare-il-canone-rai-in-bolletta.asp L'autocertificazione per non pagare il canone Rai in bolletta Fac-simile da presentare nel caso in cui si ritiene che il pagamento non è dovuto di Valeria Zeppilli – La rivoluzione del pagamento del canone Raiporta con sé una serie di dubbi e interrogativi per i cittadini. La previsione di cui alla legge di stabilità, secondo la quale sembra proprio che debba dirsi addio al vecchio bollettino, rende più difficile l'evasione e, per tutti coloro che hanno sempre illegittimamente evitato questa tassa, non sarà agevole trovare vie di fuga (leggi anche: "Canone Rai, ultima puntata: 10 rate in bolletta ma mentire sarà sempre reato"). Inserire la voce relativa al canone Rai all'interno della bolletta della luce rende davvero complicato "dimenticare" tale pagamento. Tuttavia, non sempre bolletta della luce vuol dire canone. C'è, infatti, una serie di ipotesi in cui quest'ultimo non è dovuto. Ciò avviene, innanzitutto, nel caso in cui non si possiede la televisione o nel caso in cui l'apparecchio televisivo sia ceduto, venduto o rottamato e in caso di suggellamento. Inoltre, occorre precisare che il canone di abbonamento è, in ogni caso,dovuto una sola volta con riferimento agli apparecchi che sono detenuti o utilizzati non solo dallo stesso soggetto ma anche dai soggetti che appartengono alla stessa famiglia anagrafica. Esso, peraltro, è dovuto solo con riferimento all'abitazione di residenza, con la conseguenza che nel caso in cui un medesimo soggetto sia intestatario di più di un'abitazione, il canone sarà dovuto una sola volta. Cosa fare allora per evitare di pagare indebitamente il canone? Dato che l'addebito sembrerebbe essere automatico, è necessario preparare un'autocertificazione, nella quale si dichiarano le ragioni per le quali il canone non è dovuto. Con la consapevolezza che a dichiarare il falso si rischia di incorrere in sanzioni penali. L'autocertificazione è fatta ai sensi dell'articolo 46 del d.p.r. numero 445 del 28 dicembre 2000 e va spedita tramite raccomandata a/r all'Agenzia delle Entrate di Torino o consegnata a mano all'ufficio territoriale più vicino. Fac-simile autocertificazione Spett.le Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale I di Torino Oggetto: Canone RAI - Dichiarazione sostitutiva di atto notorio (ex art. 46 del d.p.r. n. 445/2000) Il sottoscritto ______________ nato a ______________ il __________ e residente in ________ alla via ______________n.__ (C.f.: ________________________), consapevole che chiunque rilascia dichiarazioni mendaci è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia, come da articolo 46 del d.p.r. n. 445 del 28 dicembre 2000 in relazione all'utenza di energia elettrica di cui al contratto n.__________ stipulato in data ___________ con la società ____________ (e all'abbonamento Rai n. ______________) dichiara - di non essere in possesso di alcun apparecchio televisivo o adattabile alla ricezione delle radioaudizioni - che l'immobile cui si riferisce l'utenza è adibito a seconda casa di abitazione / residenza estiva - che l'immobile cui si riferisce l'utenza è stato dato in locazione a ________ con contratto del _____ (che si allega) - che l'unico apparecchio televisivo posseduto nell'immobile cui si riferisce l'utenza è stato ceduto / rottamato / suggellato - che l'intestatario dell'abbonamento Rai è deceduto in data ________ (allegare certificato di morte). Dichiara, altresì, che nessun altro apparecchio televisivo o adattabile alla ricezione delle radioaudizioni è posseduto da appartenenti al proprio nucleo familiare. (Dichiara inoltre di non essere più in possesso del libretto di abbonamento e chiede a norma degli articoli 2 e 8 della legge 241/1990 quale procedimento intenda seguire l'U.R.a.R. TV ai fini del completamento di quanto disposto dall'articolo 10 del r.d.l. n. 246 del 21/02/1938). Distinti saluti. Luogo, data Firma Si allega: copia firmata del documento di identità n. _________________________________ _____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ _ _____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ _ _____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ _ _____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ _ _____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ___ Fonte: L'autocertificazione per non pagare il canone Rai in bolletta (www.StudioCataldi.it) A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA Pagina9 http://www.ladyblitz.it/salute/influenza-paracetamolo-potrebbe-essere-inutile-1607320/ Influenza, paracetamolo potrebbe essere inutile Pubblicato il 15 dicembre 2015 di redazione Ladyblitz Secondo lo studio clinico neozelandese condotto su 80 pazienti con influenza non ci sono significativi miglioramenti in chi prende il paracetamolo rispetto a chi non lo prende. E questo riguarda tutti i sintomi: il raffreddore, la febbre e i dolori alle ossa. La dottoressa Irene Braithwaite, del Medical Research Institute, ha spiegato al Daily Mail: “Inizialmente avevamo teorizzato che il paracetamolo OMA – Il paracetamolo contro l’influenza? Inutile. Contro la febbre? Men che meno. Contro i dolori osteoarticolari? Nemmeno in quel caso. E’ una bocciatura su tutta la linea quella del Medical Research Institute della Nuova Zelanda nei confronti di uno dei farmaci più utilizzati per combattere i malanni di stagione. potesse essere dannoso, dal momento che il virus dell’influenza non può replicarsi al suo meglio quando in caso di febbre e se si abbassa la temperatura il virus, al contrario prolifica. Ma non era così, per fortuna. E’ però emerso dallo studio che i malati che assumevano farmaci a base di paracetamolo non ottenevano alcun beneficio”. A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA Pagina10