GENNAIO 2016
NOTIZIARIO DELLA SEZIONE SILCEA DI UNISIN
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UNITÀ SINDACALE
SEZIONE SILCEA
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NORME PER L’ISCRIZIONE AL SILCEA DEI PENSIONATI E DEGLI “ESODATI” PER L’ANNO 2016
In ottemperanza a quanto stabilito dall’ultimo capoverso dell’art. 1 dello Statuto SILCEA, approvato dal XI Congresso Nazionale, (La Segreteria
Nazionale stabilisce le modalità di iscrizione dei pensionati che non aderiscano al Sindacato tramite l’INPS, ovvero degli “esodati” che non abbiano
aderito al Sindacato al momento dell’accesso al Fondo di Solidarietà.), la Segreteria Nazionale del SILCEA emana le seguenti disposizioni in materia
di iscrizione per l’anno 2016 dei pensionati e degli “esodati” che non abbiano aderito all’iscrizione al Sindacato, tramite INPS, al momento dell’uscita
dal servizio:
QUOTA ISCRIZIONE
La quota annua di iscrizione per pensionati ed “esodati” è fissata, per l’anno 2016, in €60,00 (euro sessanta), pari ad un importo di € 5,00 (euro
cinque) al mese da versarsi in unica soluzione.
NUOVE ISCRIZIONI PENSIONATI
Il pensionato che intende iscriversi al SILCEA dovrà versare la quota di iscrizione per l’anno 2016, calcolata in ragione di 1/12 della quota annuale
per ogni mese restante fino al 31 dicembre, con le seguenti modalità:
Il pensionato potrà iscriversi versando la quota direttamente presso la sede della Segreteria Nazionale o tramite bonifico bancario (IBAN: IT25C
01030 03300 000004406488) a favore del SILCEA Segreteria Nazionale - Banca Monte Paschi di Siena SpA Agenzia Roma 138, indicando nella
causale “iscrizione SILCEA anno 2016” entro e non oltre l’ultimo giorno del mese da cui decorre l’iscrizione.
Il pensionato può versare anche tramite le strutture provinciali di appartenenza.
Sarà cura di quest’ultima provvedere, con la massima sollecitudine, al versamento a favore della Segreteria Nazionale come sopra indicato.
PRIMA ISCRIZIONE ESODATI CHE NON ABBIANO ADERITO AL SILCEA AL MOMENTO DELL’ACCESSO AL FONDO DÌ SOLIDARIETA’
Per gli “esodati che non abbiano aderito al SILCEA all’atto dell’accesso al Fondo di solidarietà, valgono le medesime norme stabilite al punto 2 per
l’iscrizione dei pensionati.
CONFERMA ISCRIZIONE PENSIONATI ED ESODATI PER L’ANNO 2016
I pensionati e gli “esodati” che non abbiano aderito al SILCEA all’atto dell’accesso al Fondo di solidarietà, già iscritti al SILCEA per l’anno 2015, che
intendano confermare la propria adesione per l’anno 2016 potranno farlo versando la quota annuale (€ 60,00) direttamente presso la sede della
Segreteria Nazionale o tramite bonifico bancario (IBAN: IT25C 01030 03300 000004406488) a favore del SILCEA Segreteria Nazionale - Banca
Monte Paschi di Siena SpA Agenzia Roma 138, entro e non oltre il 31 gennaio 2016 indicando nella causale “rinnovo iscrizione SILCEA anno
2016”. L’interessato può versare la quota suddetta anche tramite la struttura provinciale di appartenenza. Sarà cura di quest’ultima provvedere, con
la massima sollecitudine, al versamento a favore della Segreteria Nazionale come sopra indicato.
VALIDITA’ DELL’ISCRIZIONE
L’iscrizione ha validità per l’intero anno solare e scade il 31 dicembre 2016.
II pensionato o l’iscritto al Fondo di solidarietà che non rinnovasse nei termini stabiliti perde la qualifica di iscritto.
DISPOSIZIONI FINALI
A tutte le tipologie di iscrizione di cui sopra si applica il disposto del secondo comma dell’art. 5 dello Statuto.
Roma, dicembre 2015
UNITA’ SINDACALE FALCRI SILCEA
SEZIONE SILCEA
Il Segretario Generale,
A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA
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SETTORE DEL CREDITO. FESTIVITA’ ED EX FESTIVITA’ ANNO 2016
Ai sensi della normativa contrattuale di Settore, ai lavoratori spetta annualmente un numero di permessi giornalieri
retribuiti a titolo di ex festività, corrispondente a quello delle giornate indicate come festive dalla Legge n. 260 del
1949 e che non sono più considerate tali per successive disposizioni legislative.
Questi permessi sono riconosciuti qualora dette ex festività ricorrano in giorni in cui è prevista la prestazione
lavorativa ordinaria ed ove il dipendente stesso abbia diritto, per quei giorni, all’intero trattamento economico.
La cadenza settimanale delle ex festività per l’anno 2016 è la seguente:
19 marzo: San Giuseppe (sabato);
5 maggio: Ascensione (giovedì);
26 maggio: Corpus Domini (giovedì);
29 giugno: SS. Apostoli Pietro e Paolo (mercoledì) festivo per il Comune di Roma;
4 novembre: Unità Nazionale (venerdì).
Il totale delle ex festività cadenti dal lunedì al venerdì è pertanto pari a 3 giornate per il Comune di Roma e 4 giornate
per tutti gli altri Comuni.
In tema di ex festività, è opportuno rammentare che il CCNL ha, tra l’altro, istituito il "Fondo Nazionale per il Sostegno
dell’Occupazione nel Settore del Credito (F.O.C.)", alimentato con il contributo dei dipendenti delle imprese
destinatarie dei contratti nazionali di Settore, con contratto a tempo indeterminato, compresi gli apprendisti. I
contributi in parola sono dovuti, in via sperimentale, per gli anni 2012 - 2016, salva proroga stabilita per accordo fra le
Parti nazionali.
Per quanto riguarda i Quadri Direttivi il contributo del singolo dipendente deve realizzarsi attraverso la rinuncia ad
una giornata di ex festività (artt. 31 e 56 del CCNLl 19 gennaio 2012).
Il medesimo contributo di una giornata di ex festività è stato poi esteso anche ai Dirigenti (art. 16 del ccnl 29 febbraio
2012).
Per quanto concerne le festività civili, si ricorda che nel 2016 la festività del 1 MAGGIO (festa dei lavoratori)
coincide con la domenica e, pertanto, l’Azienda corrisponderà il compenso aggiuntivo o, d’intesa con il Lavoratore
stesso, una giornata di permesso.
Le condizioni per poter usufruire di dette giornate sono:
 Le giornate da recuperare sono fruibili dal 16 gennaio al 14 dicembre;
 Possono essere godute in tutto o in parte in aggiunta ai periodi di ferie ovvero – anche se disgiuntamente
dalle ferie medesime – in tre o più giornate consecutive; in questi casi vanno segnalate al momento della
predisposizione dei turni di ferie;
 Possono fruirsi anche in mezze giornate (in tal caso la richiesta va effettuata con congruo preavviso).
 Se non godute vengono liquidate sulla base della retribuzione corrispondente alla busta paga di dicembre.
In alcuni Gruppi bancari e/o Aziende di Credito, Accordi relativi ad attuazione di Piani Industriali, non consentono
la liquidazione delle festività soppresse non godute entro l’anno di competenza. un recupero economico)
GIORNATA DI PERMESSO RETRIBUITO
Ricordiamo ai colleghi delle Aree Professionali che il CCNL prevede, in aggiunta alla riduzione dell’orario di lavoro di
23 ore annue(*), 1 giorno da utilizzarsi, inderogabilmente, da parte di ciascun lavoratore/lavoratrice, previo preavviso
alla competente Direzione, nell’arco dell’anno medesimo sotto forma di permesso retribuito anche frazionabile, nel
limite minimo di un’ora.
(*) Per gli anni 2012/2016, in via sperimentale, le 23 ore di riduzione dell’orario di lavoro sono ridotte di 7 ore e 30’ per
finanziare il Fondo per l’occupazione istituito dal CCNL 19/1/2012.
Per i colleghi part-time:
le giornate di permesso retribuito sono 3. Pena decadenza i permessi di cui sopra sono da utilizzarsi inderogabilmente
entro il 31 dicembre (altrimenti vanno perduti poiché non è consentito alcun recupero economico
A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA
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CASSAZIONE: IL TFR È IRRINUNCIABILE
di Sestilio Staffieri
Un lavoratore di una ditta privata, in seguito ad un accordo transattivo col datore di lavoro, aveva firmato una rinuncia ai diritti spettantegli dalla cessazione del rapporto di
lavoro.
Successivamente, valutata non conveniente l'operazione, impugna tale accordo per farne dichiarare la nullità. La Corte territoriale ha ritenuto valida tale rinuncia. Non la
pensa così la Suprema Corte, che, con la recente sentenza n. 23087/2015, in tal modo ritiene vulnerato il principio consolidato nella giurisprudenza secondo cui il diritto
alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, quindi la rinuncia effettuata dal lavoratore è radicalmente nulla ai sensi
degli artt. 1418, secondo comma, e 1325 cod. civ., per mancanza dell'oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente
l'accantonamento delle somme già effettuato.
La considerazione che non era ancora maturato il diritto alla liquidazione del TFR, essendo il lavoratore ancora in servizio al momento dell'atto di disposizione, è
determinante ai fini della soluzione della questione, giacché per lo scrutinio di legittimità e validità della rinuncia, non basta l'accantonamento delle somme già effettuato,
in quanto il diritto non è ancora entrato nel patrimonio del soggetto e quindi l'eventuale rinuncia prima della cessazione del rapporto di lavoro è nulla per mancanza
dell'oggetto, come sopra specificato.
Fonte: Cassazione: il TFR è irrinunciabile (www.StudioCataldi.it)
CASSAZIONE: IL GIUDICE PUÒ "PREFERIRE" LA PERIZIA DI PARTE ALLA CTU MA DEVE ADEGUATAMENTE MOTIVARE
di Lucia Izzo
Nella liquidazione dei danni da incidente stradale il giudice può assumere alla base della propria decisione la perizia di parte (nella specie dell'assicurazione) piuttosto che
la CTU, ma in tal caso è tenuto a motivare adeguatamente sul punto altrimenti il suo operato potrà incorrere in una censura in sede di legittimità.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 24630/2015 accogliendo uno dei motivi di ricorso proposti da due donne teso alla
liquidazione della somma dovuta a titolo risarcimento danni dalle stesse subito a seguito di un incidente stradale.
Le ricorrenti denunciano che la Corte d'Appello, in riduzione della somma originariamente riconosciuta alle stesse, ha "acriticamente" assunto a base della propria
decisione, una perizia svolta dal consulente tecnico della convenuta assicurazione, non motivando la preferenza rispetto alle diverse valutazioni del CTU.
Concordano gli Ermellini circa il sussistente potere discrezionale del giudice di merito nel disattendere le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio, senza dover
disporre altra perizia, ma precisano che è necessario che detta decisione risulti "sufficientemente motivata" altrimenti potrà essere censurata in sede di legittimità.
Nel caso di specie, il Tribunale in sede d'appello ha ritenuto che il particolareggiato prospetto redatto dal CTP fosse più aderente agli effettivi valori di mercato correnti
all'epoca del sinistro, tenuto conto del modello e del valore del veicolo.
Tuttavia, la relativa motivazione, limitandosi a dichiarare congrua la stima del CTP senza indicare le ragioni della inattendibilità della diversa stima compiuta dal CTU è da
considerarsi viziata per carenza motivazionale.
Necessario un rinvio a diverso giudice al fine di indicare le ragioni per cui la CTU non è stata condivisa.
Fonte: Cassazione: il giudice può "preferire" la perizia di parte alla CTU ma deve adeguatamente motivare (www.StudioCataldi.it)
LAVORATORI "MALATI" IN MASSA? PER LA CASSAZIONE È TRUFFA. ANCHE SE CI SONO I CERTIFICATI MEDICI
di Marina Crisafi
Se non segnerà la fine delle assenze selvagge dal lavoro a colpi di certificati medici, sicuramente assesterà un duro colpo alle malattie di massa, la pronuncia di ieri della
seconda sezione penale della Cassazione (sentenza n. 48328/2015).
Per la seconda sezione penale, infatti, la "malattia di massa" anche se giustificata da appositi certificati medici, può integrare il reato di truffa.
Così, il Palazzaccio ha cassato con rinvio la sentenza di non luogo a procedere del gip di Forlì nei confronti di 30 autisti di un'azienda di trasporti, accusati di truffa e
interruzione di pubblico servizio per essersi assentati cumulativamente in due giorni consecutivi dal lavoro, giustificando la propria assenza mediante la presentazione di
certificati medici.
Per il Gip pur potendo apparire verosimile che nelle giornate contestate i dipendenti si fossero illegittimamente astenuti dal lavoro, non era possibile effettuare
accertamenti specifici sulla falsità dei certificati presentati a titolo giustificativo e dunque non era possibile provare la sussistenza dei reati contestati.
Ma la Cassazione è di diverso avviso. Intanto, il giudice avrebbe errato a decidere di non rinviare a giudizio gli imputati attraverso la formulazione di considerazioni di
merito che possono trovare posto soltanto nel corso del dibattimento. In secondo luogo, non ha formulato una motivazione sufficiente in ordine all'impossibilità di verificare
le malattie certificate dai lavoratori.
L'esibizione dei certificati medici, infatti, per la Cassazione, non deve limitare le indagini, in quanto gli stessi non escludono la commissione di reati. Per cui, se esiste
anche il solo fondato sospetto che i certificati siano stati presentati per "nascondere" la vera ragione dell'assenza collettiva (ossia le contestazioni contro il datore di
lavoro) è necessario effettuare tutti gli accertamenti necessari per valutare l'attendibilità delle fonti di prova.
Un approccio, dunque, molto rigoroso che potrà essere esteso per prevenire le varie "forme di protesta" che si presentano, ciclicamente soprattutto nei periodi di festa.
Fonte: Lavoratori "malati" in massa? Per la Cassazione è truffa. Anche se ci sono i certificati medici (www.StudioCataldi.it)
COMMETTE REATO CHI PARCHEGGIA BLOCCANDO ALTRE AUTO. PAROLA DI CASSAZIONE!
di Marina Crisafi
Anche parcheggiare male può costituire reato: se si blocca il passaggio alle altre autovetture, infatti, è integrato il delitto di violenza privata. Lo ha ricordato la quinta
sezione penale della Cassazione, nella sentenza n. 48346/2015, depositata il 7 dicembre scorso, rigettando il ricorso proposto da una donna avverso la decisione della
Corte d'Appello di Genova che la condannava alla pena (sospesa) di 15 giorni di reclusione e al risarcimento del danno in favore della parte civile per il reato di cui all'art.
610 c.p.
Per la Corte, ha ragione la persona offesa a lamentare il mancato riconoscimento del delitto di violenza privata in ordine alla condotta contestata all'imputata che si era
resa protagonista di un parcheggio "selvaggio" della propria autovettura davanti all'accesso del luogo dove era contenuta l'auto della parte offesa, impedendo di fatto ogni
passaggio.
A nulla valgono le doglianze della difesa in tal senso.
L'elemento della violenza nella fattispecie criminosa di violenza privata hanno affermato infatti dal Palazzaccio "si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare
coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza "impropria", che si attua attraverso l'uso di mezzi anomali
diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione". Ed invero è stato più volte affermato, dalla stessa Cassazione, che "integra il
delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l'accesso alla
parte lesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente
l'offeso della libertà di determinazione e di azione" (cfr. Cass. n. 8425/2013).
Per cui, la condotta della donna che ha bloccato ogni "via d'uscita" al veicolo della parte offesa, integra senza dubbio il reato ex art. 610 c.p.
Fonte: Commette reato chi parcheggia bloccando altre auto. Parola di Cassazione! (www.StudioCataldi.it)
A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA
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RASSEGNA STAMMPA DI
NOTIZIE SILCEA
SONO SEDICI LE BANCHE ITALIANE COMMISSARIATE,
MA SOLO 4 SARANNO ''SALVATE'' PRIMA CHE SCATTI IL BAIL IN (POI, CATASTROFE)
mercoledì 2 dicembre 2015
Mentre il governo Renzi si auto loda per il salvataggio delle quattro grandi banche italiane malate senza l’intervento pubblico (evidentemente il
ministro Padoan ignora di essere l’azionista di maggioranza assoluta di cassa depositi e prestiti che si è fatta garante delle somme concesse per il
salvataggio da Unicredit, Intesa e Ubi in primis), i piccoli risparmiatori coinvolti nel crack iniziano a fare i conti con la dura realtà, ovvero quella di aver
perso tutti o quasi i loro risparmi.
Non stiamo parlando degli azionisti, che avendo investito in capitale di rischio, sanno che possono guadagnare come perdere tutto, ma di un esercito
di piccoli risparmiatori, molti dei quali pensionati, che hanno investito i risparmi di una vita nelle obbligazioni delle banche di cui erano correntisti,
spesso invogliati da direttori di filiale o cassieri in più o meno buona fede.
Perché parliamo di buona fede? Semplice, perché il più delle volte le obbligazioni sono state vendute a questi piccoli risparmiatori come “investimenti
sicuri”, “prodotti con garanzia di capitale al 100%” e altre amenità varie, quando la realtà era ben diversa.
E’ bene ricordare che le obbligazioni subordinate, una delle tante tipologie che l’ingegneria finanziaria si è inventata, sono una via di mezzo tra azioni
ed obbligazioni (non ce ne vogliano gli esperti, è una semplificazione che serve a far capire cosa sta accadendo), per cui sono state aggredite dal
“salvataggio” subito dopo le azioni e prima delle obbligazioni tradizionali e dei conti correnti oltre i cento mila euro.
Citiamo un passo di una lettera scritta da una studentessa a IlSole24ore, che testimonia quanto detto: “Tra i sottoscrittori delle obbligazioni di Banca
Etruria c’è mia nonna e tantissimi altri pensionati che gestiti da impiegati di banche male informati o forse troppo sotto pressione gli hanno fatto
investire parte o tutto dei loro risparmi in obbligazioni, che oggi scoprono essere subordinate. Le obbligazioni in questione (Lower Tier 2) ci erano
state proposte da dipendenti, vice-direttori, direttori di Banca Etruria, descritte come obbligazioni “sicure, senza alcun rischio e garantite alla loro
scadenza al 100%”. Garantite da dipendenti “amici” e da una banca sulla quale da 30 anni la mia famiglia ripone la propria fiducia affidandogli i
risparmi di una vita.
Mia nonna, ottantottenne, vedova ha perso 50.000 euro. No, non abbiamo ancora avuto il coraggio di dirglielo. Mia madre - continua la lettera disoccupata e con me a carico, ha perso gli unici 5.000 euro di risparmi che era riuscita ad accumulare.”
Possiamo forse definire queste due signore delle avide speculatrici? Certo che no, eppure sono state massacrate dal PBI, ex PDI, ovvero Partito
Bancario Italiano gestito da Renzi, Boschi (ops, il papà è coinvolto nel crack di una di queste banche) e compagnia cantando.
Molti di voi potrebbero pensare: “vabbeh, che me ne importa, io mica ho investito i soldi in quelle quattro banche, cavoli loro”. Cari voi, io al posto
vostro starei molto attento a sentirmi tranquillo.
Prima di tutto perché le banche commissariate sono ben di più, in seconda battuta perché quelle barcollanti sono un’infinità e in terza, perché anche
voi potreste in realtà avere obbligazioni di queste banche in pancia.
A fine articolo riproporremo l’elenco delle banche commissariate, ed al momento ci concentriamo sul terzo punto. Come fate ad avere anche voi
obbligazioni subordinate di banche decotte? Semplice, perché queste obbligazioni subordinate, in particolare quelle quotate in borsa, sono finite
anche nei portafogli dei fondi comuni d’investimento, ed in particolare di quelli bilanciati od obbligazionari.
Ora facciamo un esempio per farvi comprendere come potreste prendere anche voi un bel salasso. Ipotizziamo che il signor rossi, cioè voi, abbia
investito 1.000 euro in un fondo obbligazionario e che questo fondo abbia investito il 10% del proprio patrimonio in obbligazioni subordinate della
banca X, ormai decotta.
Adesso, visto che quelle obbligazioni valgono zero, i vostri 1.000 euro diventeranno immediatamente 900 (1000 – 100 ovvero la quota parte delle
obbligazioni subordinate diventate carta straccia). Vi sentite ancora così tranquilli? Ovviamente non è detto che queste obbligazioni subordinate
siano presenti in tutti i fondi, ma sarebbe il caso che chiedeste al vostro direttore di banca o promotore finanziario, la scheda dettagliata dei vostri
investimenti.
Ed ora, ecco a voi l’elenco delle banche commissariate da Banca d'Italia
BANCA POPOLARE DELL’ETRURIA
BANCA DELLE MARCHE
ISTITUTO PER IL CREDITO SPORTIVO
CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA
CASSA DI RISPARMIO DI LORETO
CASSA DI RISPARMIO DI CHIETI
BANCA POPOLARE DELL’ETNA
BANCA POPOLARE DELLE PROVINCE CALABRE
BCC BANCA ROMAGNA COOPERATIVA
BCC IRPINA
BCC BANCA PADOVANA
CASSA RURALE DI FOLGARIA
CREDITO TREVIGIANO
BANCA DI CASCINA
BANCA BRUTIA
BCC DI TERRA D’OTRANTO
Avete fatto caso se qualche mattonella del vostro pavimento balla? Forse, prima di farla riparare potreste pensare di impiegarla come nascondiglio
dei vostri risparmi, anche perché dal prossimo primo gennaio, con l’entrata in vigore del “metodo Cipro”, i vostri risparmi saranno ancora meno sicuri,
visto che certi “salvataggi” non saranno più consentiti a seguito della normativa europea prontamente recepita dal governo renzista.
Tanto per essere chiari fino in fondo: dal 1° gennaio 2016, per tutte le banche italiane che si trovassero nella condizione di dover essere
"ristrutturate" pena il fallimento, varranno le regole del bail in - che nel caso di queste 4 banche di cui ho scritto non è stato applicato - il quale bail in
A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA
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prevede che a ripianare il dissesto siano chiamati non solo gli azionisti, non solo gli obbligazionisti che hanno acquistato le obbligazioni subordinate,
ma anche gli obbligazionsiti che hanno comprato le normali obbligazioni.
Finito di confiscare tutto ciò, il metodo bail in entrato in vigore confischerà tutti i conti correnti eccedenti i 100.000 euro, divorando tutta l'eccedenza.
Fatto questo, se voi siete correntisti della banca o delle banche in questione e avete sul conto meno di 100.000 euro, dubitiamo che possiate sertirvi
tranquilli e protetti. Per un semplice motivo: il Fondo di garanzia che dovrebbe garantire il depositi inferiori ai 100.000 euro è afflitto da un piccolo
problema: non ha in cassa il denaro necessario, e il bail in impedisce allo Stato di intervenire per mettercelo.
Avete letto bene? Speriamo.
Luca Campolongo
http://www.laleggepertutti.it/86958_chi-usa-i-permessi-104-non-per-assistere-il-disabile-e-licenziato#sthash.4waNb5In.dpuf
CHI USA I PERMESSI 104 NON PER ASSISTERE IL
DISABILE È LICENZIATO
Chi non va a lavorare abusando del diritto concessogli dalla legge scarica il costo del proprio ozio sulla collettività: l’azienda può procedere al licenziamento
immediato.
Ancora una volta linea dura della Cassazione contro gli abusi, da parte dei dipendenti, dei permessi concessi dalla legge 104: chi dice di assistere il parente disabile e
poi, invece, viene beccato a fare la spesa, la gita fuoriporta o a passeggiare con gli amici, può essere licenziato in tronco. E questo perché un comportamento del genere
– benché purtroppo generalizzato ed entrato nel peggiore dei malcostumi italiani – lede la fiducia del datore di lavoro e, quindi, giustifica il recesso dal rapporto di lavoro.
In passato la Suprema Corte aveva addirittura ritenuto legittimo il comportamento dell’azienda che mette un investigatore privato alle calcagna del dipendente per
scoprire se davvero questi stia a casa oppure se ne vada in giro per altre faccende (leggi “Abuso dei permessi legge 104: sì investigatore”). Oggi gli stessi giudici tornano
sul tema con una nuova sentenza [1] che, di certo, non piacerà a chi usa i permessi per scopi personali.
È indubbio – dice la Corte – che la condotta di chi sfrutta anche una sola ora dei “permessi della 104” non per assistere il parente ha, in sé, un disvalore sociale da
condannare. In questo modo, infatti, si scarica il costo del proprio ozio sulla collettività. Anche volendo ritenere che le residue ore del permesso vengono utilizzate per
assistere il parente, resta il fatto che una parte del permesso è stata utilizzata per scopi diversi rispetto a quelli per cui è stato riconosciuto.
Licenziamento disciplinare
In questi casi, è legittimo il licenziamento disciplinare del lavoratore che non adempie alle finalità assistenziali previste dalla legge. Chiedere un giorno di permesso
retribuito per dedicarsi a “qualcosa che nulla ha a che vedere con l’assistenza” costituisce un “odioso abuso del diritto”. Una locuzione molto forte, quella usata dalla
Cassazione, che ben fa intendere l’orientamento severo ormai assunto dalla giurisprudenza sul tema. Non ci sono scappatoie insomma.
Il costo della svogliataggine del singolo ricade sulla collettività
Chi abusa dei permessi della 104 fa ricadere i costi della propria pigrizia sulla collettività. I permessi, infatti, sono retribuiti in via anticipata dal datore di lavoro, il quale poi
viene rimborsato dall’Inps del relativo onere anche ai fini contributivi. Inoltre, tale comportamento costringe il datore di lavoro ad organizzare diversamente, ad ogni
permesso, il lavoro in azienda e i propri compagni di lavoro che lo devono sostituire, ad una maggiore penosità della prestazione lavorativa.
Il comportamento non lascia presagire nulla di buono
La Cassazione termina giustificando il licenziamento del dipendente per via del fatto che il suo illecito è “particolarmente odioso e grave”, rompe il rapporto di fiducia con il
datore di lavoro, in quanto si tratta di una condotta che pone in dubbio la futura correttezza dell’adempimento: essa, infatti, è sintomatica di un certo
atteggiamento del lavoratore agli obblighi assunti, della sua propensione all’assenteismo e dell’assenza di senso del dovere.
http://curiosity2015.altervista.org/questa-schifezza-la-mangiamo-tutti-specialmente-i-bambini-e-fa-malissimo-allorganismo/
Questa schifezza la mangiamo tutti, specialmente i
bambini, e fa malissimo all’organismo !!
L’olio di palma è un grasso vegetale a basso costo e ad elevato impatto
ambientale ampiamente utilizzato da parte dell’industria alimentare per via della
sua consistenza solida o semisolida, ritenuta utile nella lavorazione dei prodotti che
lo contengono. L’olio di palma è onnipresente nei prodotti confezionati e spesso
celato dietro la dicitura in etichetta di “oli vegetali”. Quali sono i rischi per la
salute legati alla sua assunzione?
Indicare la sua presenza all’interno dell’elenco degli ingredienti riportati sulle
confezioni dei prodotti alimentari industriali non è obbligatorio, ma sempre più
spesso il suo nome risulta inserito in etichetta per quanto riguarda i cibi più
comunemente acquistati nei supermercati. Si tratta in particolare di prodotti da
forno come biscotti, pane confezionato, crackers, grissini e fette biscottati
(convenzionali, ma spesso purtroppo anche “biologici”), ma anche di creme dolci
spalmabili, patatine fritte e snack salati, condimenti come le margarine.
Esso presenta un contenuto di grassi saturi tanto elevato da avere spinto
l’Organizzazione Mondiale della Sanitàad affermare come esso possa costituire
un fattore di incremento del rischio di andare incontro a malattie
cardiovascolari, sulla base di ricerche definite come convincenti e confermate da
studi successivi.
Sotto accusa nel caso dell’olio di palma è un acido grasso saturo
denominato acido palmiticoe caratterizzato dalla presenza di 16 atomi di
carbonio. Tale tipologia di grasso è in grado di agire aumentando i livelli
delcolesterolo ed innalzando i rischi di coronopatia, secondo quanto rilevato da
studi scientifici relativi all’olio di palma. Le affermazioni dell’OMS hanno suscitato
l’opposizione del Malaysian Palm Oil Promotion Council, volto a difendere gli
interessi economici del proprio Paese, relativamente al ricco settore produttivo
legato all’olio di palma.
L’olio di palma rappresenta un grasso vegetale ed un olio alimentare considerato
di scarsa qualità. Il suo elevato contenuto di grassi saturi può raggiungere il
50% nell’olio di palma derivato dai frutti e ben l’80% nell’olio di palma derivato dai
semi. Oltre che come ingrediente alimentare vero e proprio, è di frequente
utilizzato dall’industria del settore per la frittura dei cibi. La sua presenza potrebbe
essere rilevata per tale motivi anche in prodotti da forno pre-fritti. Il contenuto di
grassi saturi dell’olio di palma non è controbilanciato da una sufficiente presenza di
grassi polinsaturi benefici, tali da poterlo considerare come un alimento equilibrato.
Non ci sono motivi validi per cui l’industria alimentare debba proseguite ad
utilizzare olio di palma, al di là del fattore economico. E’ comprensibile che
utilizzare olio extravergine d’oliva o altri oli maggiormente pregiati comporterebbe
costi maggiori. La salute dei consumatori potrebbe trarne vantaggio e sempre più
aziende, anche in Italia, dovrebbero impegnarsi ad evitare tale ingrediente,
sostituendolo con oli migliori, nel rispetto dei consumatori.
Scegliere di evitare prodotti contenenti olio di palma significa orientare in maniera
più oculata le proprie abitudini d’acquisto, evitando i prodotti che contengano tale
ingrediente e dando la propria preferenza ad aziende che non lo impieghino od
optando per la preparazione casalinga degli stessi.
Evitare l’olio di palma non rappresenta unicamente una questione di salvaguardia
della salute, ma anche dirispetto dell’ambiente e del pianeta. La produzione di
olio di palma è infatti causa di deforestazione e di distruzione degli habitat naturali
A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA
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degli animali che popolano le foreste di luoghi come Indonesia, Malesia, Uganda e
Costa d’Avorio e della sottrazione alle popolazioni native di territori da esse abitati
da sempre.
CRISI, LA FINLANDIA È MALATA COME LA GRECIA ANCHE SE HA
FATTO TUTTE LE RIFORME
Helsinki attraversa una profonda crisi pur essendo prima in tutte le classifiche
internazionali. Per i fan della moneta unica la colpa è dei salari e del welfare. I
numeri e il paragone con la Svezia dicono altro: dal 2008 il Pil è crollato del 6%
mentre Stoccolma ha fatto segnare un aumento dell'8%
Vabbè, non è colpa dell’euro. La recessione della Finlandia, s’intende, giunta al
suo quarto anno. Ce lo assicura il Wall Street Journal, ripreso dal Sole 24 Ore in
quello che è divenuto il racconto ufficiale in Italia dell’ennesima débâcle
dell’Eurozona. Se non è l’euro, forse è sfortuna. Resta da capire perché il pezzo
del WSJ sia stato ripreso e quello del New York Times di luglio no: “La Finlandia è
l’esempio perfetto del perché l’euro non funziona”. O quello del Telegraph di
novembre: “L’ultimo atto d’accusa contro l’unione monetaria”. O i due interventi
(maggio e giugno) del NobelPaul Krugman nel suo blog: “Il progetto della moneta
unica era viziato fin dall’inizio e creerà nuove crisi, anche se in qualche modo
l’Europa riuscisse a superare questa”.
I biondi finlandesi e l’esempio spagnolo - Il Pil della Finlandia è
del 6% circa inferiore al 2008, la disoccupazioneveleggia ormai attorno
al 10% (era al 6) e un quarto del sistema industriale è passato a miglior vita.
Cos’ha causato la recessione allora? Spiegazione cronachistica: la crisi
della Nokia, principale esportatore del Paese, finito nelle mani di Microsoft; il
crollo
della
domanda
di
carta
(settore
fondamentale
dell’export
finlandese); lesanzioni alla vicina Russia. Insomma, non è colpa dell’euro, dice
il Wall Street Journal, tanto più che Irlanda e Spagna stanno nella moneta unica e
crescono che è un piacere: certo, la prima grazie alle multinazionali che gonfiano
il Pil non lasciando neanche un euro nel Paese, la seconda drogando i dati
col deficit pubblico e avviandosi a una nuova crisi di bilancia dei pagamenti (un
tempo si parlava anche del Portogallo, ora, sfortunatamente, non più: il trittico è
comunque unito dal boom di povertà, emigrazione, distruzione dei diritti sociali).
Dettagli inutili per un racconto ideologico. Il problema? Salari troppo alti e spesa
pubblica, nonostante un debito dello Stato al 62% del Pil.
Il paragone con la Svezia: quale differenza tra le due? - Più che con Spagna e
Irlanda, in realtà, sarebbe preferibile comparare la Finlandia con un Paese simile,
la Svezia: fino al 2008 le economie delle due nazioni crescono più o meno in modo
simile, poi crollano dopo la crisi finanziaria negli Usa e da lì si salutano. Oggi
a Stoccolma il Pil è dell’8% superiore a quello del 2008: fa una differenza di 20
punti percentuali coi cugini. La Svezia, però, non ha l’euro: tra il 2008 e il 2009 ha
lasciato svalutare lacorona di circa il 20% restaurando per questa via la sua
competitività. Se serve l’auctoritas Usa per dirlo: “Ci sono solo due modi per farlo –
ha scritto il New York Times – O si svaluta la moneta in modo che i salari valgano
meno o si tagliano proprio i salari”. Ma mica è colpa dell’euro se la Nokia, se la
carta, se la Russia… Diciamo di no, eppure la stessa storia finlandese dice che il
Paese ebbe la capacità di reagire in modo relativamente rapido a una crisi ancora
più grave, quella di inizio anni Novanta seguita alcrollo dell’Urss: come ha
documentato sul suo blog nel 2014 l’economista Alberto Bagnai, all’epoca
Helsinki si sganciò dallo Sme, svalutò di oltre il 25% e fece una politica
fiscale aggressiva (da un surplus del 5% a un deficit del 6%) che oggi le è negata
dalPatto di Stabilità Ue. La competitività fu ristabilita e il Pil crebbe a un ritmo del
4,5% l’anno fino al 2000. Nella migliore delle ipotesi, insomma, l’euro impedisce
agli Stati che lo adottano di riprendersi da uno choc esterno, nella peggiore li
inguaia distruggendo i conti con l’estero (il debito privato in Finlandia ha sfondato il
200% del Pil).
Moneta o non moneta? Il paradosso della sinistra - Nel 2016
il Parlamento finlandese comincerà un pubblico dibattito sul ruolo dell’euro nella
recessione, ma nel frattempo il governo – nonostante il consiglio contrario del Fmi
– si prepara a tagli di spesa e interventi sui contratti di lavoro. La cosa curiosa è
che assai difficilmente si può dire che “la Finlandia non ha fatto le
riforme”:Ambrose Evans-Pritchard ha fatto notare sul Telegraph che “la Finlandia
è la prima dell’Ue nell’indice di competitività globale delWorld Economic Forum.
È prima in tutto il mondo per le scuole primarie, l’istruzione superiore e
la formazione, l’innovazione, i diritti di proprietà, la tutela della proprietà
intellettuale, il quadro normativo e l’affidabilità legale, le politiche anti-monopolio, i
collegamenti delle università in ricerca e sviluppo, la disponibilità di tecnologie…”.
Niente corruzione, niente mafia, i più alti investimenti in ricerca. E allora? Allora –
dice il ministro delle Finanze Stubb – il problema sono i salari cresciuti troppo
rispetto a quelli del “nemico” esportatore tedesco (in realtà, come fa notare
Krugman, il problema semmai è il Clup, il costo per unità di prodotto, esploso
“grazie al collasso del manifatturiero” e non ai ricchi stipendi. E qui c’è il paradosso
della sinistra: come può accettare un sistema in cui l’unica politica concessa ai
governi è la svalutazione del lavoro?
Da il Fatto Quotidiano di mercoledì 2 dicembre 2015
http://www.liberoquotidiano.it/news/scienze---tech/11849987/Arriva-l-app-gratuita-per-rallentare.html
ARRIVA L'APP GRATUITA PER RALLENTARE
ALL'AUTOVELOX
e mobili in tempo reale, ma anche su tratti di strada soggetti a
controlli di velocità media. L' app segnala gli autovelox presenti
sulla strada che si sta percorrendo, minimizzando i falsi allarmi.
«Il lancio della nuova app ha l' obiettivo di coinvolgere un
numero sempre maggiore di utenti nella Community TomTom»,
afferma Luca Tammaccaro, vicepresidente Dach & Italy di
TomTom. «La nostra comunità conta al momento 4,6 milioni di
utenti, quotidianamente all' opera per segnalare e verificare la
posizione degli autovelox in tempo reale e, a partire da oggi, tutti
gli utenti Android potranno esserne parte, aiutandoci a rendere
ciascun viaggio un' esperienza rilassante e divertente».
Su Google Play arriva la nuova app gratuita Autovelox di
TomTom, che avvisa non solo sulla posizione di autovelox fissi
A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA
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Ragni letali: la vedova nera arriva a Cagliari
La vedova nera “sarda” è pericolosa soprattutto per i bambini e gli
anziani, oltre che per le persone già indebolite da malattie. Nei soggetti
allergici può provocare choc anafilattico, come però insetti come le
vespe. Il suo veleno colpisce il sistema nervoso passando per il sistema
linfatico e contiene una potente tossina, la Latrotorssina.
Si pensava fosse estinta, ma nell’ultimo mese ci sono stati tre
avvistamenti documentati nella provincia di Cagliari e nel Sulci. L’ultimo
avvistamento risale a venerdì 4 dicembre nelle campagne di San
Gavino Monreale, a 50 km da Cagliari, nell’azienda agricola dei fratelli
Luca e Marco Sanna, in località Figu Niedda, in un deposito di legname,
accanto ad un vecchio fabbricato.
Il morso della femmina non provoca dolore istantaneo, ma i suoi effetti
possono manifestarsi già nei primi 15 minuti con sudorazione, nausea,
conati di vomito, febbre, cefalea, forti crampi addominali e nei casi
più gravi perdita di sensi e talvolta morte. Eventuali complicanze
cardiache possono verificarsi anche tre ore dopo il morso. I casi mortali
sono tuttavia veramente molto rari. In Italia sono stati segnalati quattro
possibili episodi di morte in seguito ai morsi, di cui due in provincia di
Genova.
CAGLIARI – Avvistata in Sardegna la vedova nera. Tre esemplari del
velenoso ragno sono stati visti nel sud della regione, vicino a Cagliari, e
nel Sulcis. La vedova nera “sarda”, nome scientifico Malmignatta
Latrodectus Tredecimguttatus, è un ragno noto nell’isola con il nome di
“Argia”. In Italia insieme alla Loxosceles Rufescens è una delle poche
specie di ragni il cui morso è pericoloso per la salute degli esseri umani.
Il Latrodectus Tredicimguttatus, anche nella variante genetica sarda, è il
parente stretto della più pericolosa vedova nera americana Latrodectus
Mactans, il cui morso può addirittura essere fatale.
http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/a-cagliari-vedova-nera-ragno-dal-morso-letale-
2336644/#sthash.72QFVA1w.dpuf
L'effetto contagio travolge Mps In un mese azioni
crollate: -23%
Il decreto del governo ha creato un clima di sfiducia nell'intero sistema del credito. Il Monte dei Paschi ha dovuto sborsare 160
milioni di euro: è tra i più in difficoltà
Camilla Conti - Gio, 10/12/2015
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Uno virgola due euro. Ecco quanto vale oggi in Borsa il titolo del Monte dei Paschi che continua a viaggiare attorno ai minimi storici e ieri ha perso
un altro 1,1 per cento.
Poteva andare peggio, visto che in mattinata le azioni sono state anche sospese per eccesso di ribasso. Ma il bilancio resta preoccupante:
nell'ultimo anno Mps ha ceduto il 48%, il 23% solo nell'ultimo mese. Perché? A far salire la febbre sulle banche storicamente «attenzionate» dal
mercato (oltre al Monte, anche Carige che però ieri ha risalito la china con un +1,8%) sono state le recenti mosse del governo Renzi che ha azzerato
i risparmi degli azionisti e obbligazionisti subordinati di Banca Marche, Etruria, CariChieti, CariFerrara ma ha salvato le quattro banche con i soldi
delle big del credito. Compreso il gruppo senese che deve mettere sul piatto circa 160 milioni. Il nuovo clima di sfiducia nel sistema bancario dopo la
stangata dei risparmiatori delle piccole «malate» del sistema potrebbe contagiare anche i clienti del Monte. Siena è ancora in convalescenza e alla
ricerca di un cavaliere - anche straniero - disposto a portarla all'altare, come chiesto dalla Bce. «Si tratta di procedure che richiedono tempo», aveva
ammesso lo stesso neo presidente Massimo Tononi lo scorso 23 settembre, appena insediato: Mps «ha ancora lavoro da fare», a cominciare dai 45
miliardi di crediti deteriorati e 26,3 miliardi di sofferenze lorde che una bad bank potrebbe contribuire ad alleggerire se non il progetto non fosse in
alto mare. Senza dimenticare che da gennaio scatteranno le nuove norme europee sui salvataggi interni e a pagare, in caso di crac, saranno anche i
correntisti con un patrimonio superiore ai centomila euro e gli obbligazionisti ordinari: il Montepaschi si è salvato già una volta grazie al contributo dei
A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA
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Tremonti e dei Monti bond, aiuti di Stato che sono stati rimborsati, ma soprattutto dopo che i soci sono stati chiamati, per ben quattro volte dal 2008,
a far fronte agli aumenti di capitale per un importo complessivo di circa 15 miliardi di euro. Se il promesso sposo non arrivasse in tempo e se in
futuro la salute di Rocca Salimbeni tornasse ad aggravarsi improvvisamente fino a dover richiedere l'ennesima iniezione di liquidità, chi ci
metterebbe i soldi? Nell'ipotesi peggiore scatterebbe un bail-in dalle conseguenze imprevedibili considerando la mole del Monte che, ricordiamolo,
da novembre dell'anno scorso è sotto lo sguardo assai più severo della Vigilanza unica europea come tutte le altre banche Ue. Ad alimentare la
pressione sono, inoltre, le voci che arrivano dal Brasile su un possibile disimpegno del fondo Btg Pactual, alleato in un patto di sindacato con la
Fondazione Mps: dopo le dimissioni dell'ad e maggiore azionista della banca d'affari sudamericana, Andrè Esteves, in seguito al suo coinvolgimento
in un'inchiesta su tangenti, il gruppo brasiliano potrebbe reperire le risorse di cui necessita dalla cessione di alcune partecipazioni, tra cui quella in
Monte. Intanto l'amministratore delegato, Fabrizio Viola, in un'intervista rilasciata nei giorni scorsi al Corriere della Sera, ostenta serenità. Restano,
però, i numeri: al 31 marzo del 2012 la raccolta complessiva era di 278 miliardi di euro, rispetto ai 230 miliardi di euro del resoconto intermedio di
gestione del 30 settembre 2015. Ovvero 47,2 miliardi di euro in meno sotto la gestione Viola. Idem per i crediti verso la clientela che nello stesso
periodo sono passati da 147 miliardi di euro a 112,5 miliardi di euro, con una riduzione di 34,5 miliardi di euro. C'è comunque chi vede nel calo del
titolo un'opportunità: se qualcuno dall'estero ha messo gli occhi sul Monte, a questi prezzi di Borsa portarselo via sarebbe davvero un ottimo affare.
aereo, 8 verità dal pilota: non bere caffè e…
Non bevete caffè, l'acqua non è delle migliori. Il posto migliore per viaggiare? Vicino alle ali,
si sentono meno le turbolenze. Ecco alcune verità
ROMA – Non bevete caffè, sedetevi vicino alle ali e non badate al segnale di allacciare le cinture. Un pilota di una grande compagnia aerea, che
ha preferito rimanere anonimo, ha svelato 8 verità sui viaggi aerei che gli altri piloti non avevano mai raccontato. Il pilota spiega ad esempio
perché non si può bere caffè in aereo, ma anche che i piloti non mangiano lo stesso cibo dei passeggeri e che, specialmente in tempi di terrorismo e
attacchi, spesso i piloti hanno una pistola in cabina.
Il sito NanoPress Viaggi scrive che il pilota ha deciso di svelare alcune verità legate ai viaggi aerei:
“Non bevete il caffè
Il primo invito è quello di non bere il caffè a bordo dell’aereo: l’acqua utilizzata per prepararlo è colma di sostanze chimiche necessarie per uccidere i
batteri, le vere responsabili del suo terribile gusto.
I posti migliori vicino alle ali
I posti migliori in cui sedersi per avere una maggior stabilità e sentire meno turbolenze e vuoti d’aria, sono quelli vicino alle ali. Attenzione invece a
sedersi in fondo: vi sembrerà di stare sulle montagne russe! Un’altra informazione che potrà esservi utile riguarda la qualità dell’aria all’interno
dell’abitacolo: l’aria più fresca si trova nella parte anteriore dell’aereo, mentre l’aria calda si posiziona in quella posteriore.
I piloti non mangiano lo stesso cibo dei passeggeri
Il cibo che viene offerto ai passeggeri non è lo stesso che viene servito ai piloti: per questioni di sicurezza, infatti, per loro viene preparato sempre un
menù differente, così da evitare che possano subire ogni sorta di avvelenamento o intossicazione.
Non badate al segnale ‘Allacciate le cinture’
Non preoccupatevi troppo dell’allarme ‘Allacciate le cinture’, in realtà non è così importante. Pare infatti che molti piloti si dimentichino addirittura di
spegnerlo, lasciandolo attivo per l’intera durata del volo.
I piloti hanno una pistola
Non è un’indicazione valida per tutte le compagnie del mondo, tuttavia in base alla confessioni del nostro anonimo, sugli aerei americani è concesso
ai piloti avere con sé una pistola, in cabina di pilotaggio.
I segnali di un volo dirottato
Come riconoscere se il proprio volo è stato dirottato? Semplice, pare che in questi casi, i flap delle ali , che servono a rallentare l’aereo dopo
l’atterraggio, rimangano in realtà sempre sollevati. E’ il metodo utilizzato per segnalare all’aeroporto la presenza di un’anomalia”.
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http://www.blitzquotidiano.it/viaggi-e-turismo/viaggio-aereo-8-verita-dal-pilota-bere2336629/#sthash.pXDGte5a.dpuf
A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA
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http://www.studiocataldi.it/articoli/20324-come-evitare-il-canone-rai-in-bolletta.asp
L'autocertificazione per non pagare il canone Rai in
bolletta
Fac-simile da presentare nel caso in cui si ritiene che il pagamento non è dovuto
di Valeria Zeppilli –
La rivoluzione del pagamento del canone Raiporta con sé una serie
di dubbi e interrogativi per i cittadini.
La previsione di cui alla legge di stabilità, secondo la quale sembra
proprio che debba dirsi addio al vecchio bollettino, rende più difficile
l'evasione e, per tutti coloro che hanno sempre illegittimamente evitato
questa tassa, non sarà agevole trovare vie di fuga (leggi anche:
"Canone Rai, ultima puntata: 10 rate in bolletta ma mentire sarà sempre
reato"). Inserire la voce relativa al canone Rai all'interno della bolletta
della luce rende davvero complicato "dimenticare" tale pagamento.
Tuttavia, non sempre bolletta della luce vuol dire canone.
C'è, infatti, una serie di ipotesi in cui quest'ultimo non è dovuto.
Ciò avviene, innanzitutto, nel caso in cui non si possiede la
televisione o nel caso in cui l'apparecchio televisivo sia ceduto,
venduto o rottamato e in caso di suggellamento.
Inoltre, occorre precisare che il canone di abbonamento è, in ogni
caso,dovuto una sola volta con riferimento agli apparecchi che sono
detenuti o utilizzati non solo dallo stesso soggetto ma anche
dai soggetti che appartengono alla stessa famiglia anagrafica.
Esso, peraltro, è dovuto solo con riferimento all'abitazione di
residenza, con la conseguenza che nel caso in cui un medesimo
soggetto sia intestatario di più di un'abitazione, il canone sarà dovuto
una sola volta.
Cosa fare allora per evitare di pagare indebitamente il canone?
Dato che l'addebito sembrerebbe essere automatico, è
necessario
preparare
un'autocertificazione,
nella
quale
si dichiarano le ragioni per le quali il canone non è dovuto. Con la
consapevolezza che a dichiarare il falso si rischia di incorrere in
sanzioni penali.
L'autocertificazione è fatta ai sensi dell'articolo 46 del d.p.r.
numero
445
del
28
dicembre
2000
e va
spedita
tramite raccomandata a/r all'Agenzia delle Entrate di Torino o
consegnata a mano all'ufficio territoriale più vicino.
Fac-simile autocertificazione
Spett.le
Agenzia delle Entrate
Direzione Provinciale I di Torino
Oggetto: Canone RAI - Dichiarazione sostitutiva di atto notorio (ex art. 46 del d.p.r. n.
445/2000)
Il sottoscritto ______________ nato a ______________ il __________ e residente in ________ alla via
______________n.__ (C.f.: ________________________), consapevole che chiunque rilascia dichiarazioni
mendaci è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia, come da articolo 46 del d.p.r. n. 445
del 28 dicembre 2000
in relazione all'utenza di energia elettrica di cui al contratto n.__________ stipulato in data ___________ con la
società ____________ (e all'abbonamento Rai n. ______________)
dichiara
- di non essere in possesso di alcun apparecchio televisivo o adattabile alla ricezione delle radioaudizioni
- che l'immobile cui si riferisce l'utenza è adibito a seconda casa di abitazione / residenza estiva
- che l'immobile cui si riferisce l'utenza è stato dato in locazione a ________ con contratto del _____ (che si allega)
- che l'unico apparecchio televisivo posseduto nell'immobile cui si riferisce l'utenza è stato ceduto / rottamato /
suggellato
- che l'intestatario dell'abbonamento Rai è deceduto in data ________ (allegare certificato di morte).
Dichiara, altresì, che nessun altro apparecchio televisivo o adattabile alla ricezione delle radioaudizioni è posseduto
da appartenenti al proprio nucleo familiare.
(Dichiara inoltre di non essere più in possesso del libretto di abbonamento e chiede a norma degli articoli 2 e 8
della legge 241/1990 quale procedimento intenda seguire l'U.R.a.R. TV ai fini del completamento di quanto disposto
dall'articolo 10 del r.d.l. n. 246 del 21/02/1938).
Distinti saluti.
Luogo, data Firma
Si allega:
copia firmata del documento di identità n. _________________________________
_____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ _ _____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ _ _____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ _ _____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ _ _____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ____ ___ ___ ___
Fonte: L'autocertificazione per non pagare il canone Rai in bolletta (www.StudioCataldi.it)
A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA
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http://www.ladyblitz.it/salute/influenza-paracetamolo-potrebbe-essere-inutile-1607320/
Influenza, paracetamolo potrebbe essere inutile
Pubblicato il 15 dicembre 2015
di redazione Ladyblitz
Secondo lo studio clinico neozelandese condotto su 80
pazienti
con influenza non
ci
sono
significativi
miglioramenti in chi prende il paracetamolo rispetto a chi
non lo prende. E questo riguarda tutti i sintomi: il
raffreddore, la febbre e i dolori alle ossa.
La dottoressa Irene Braithwaite, del Medical Research
Institute, ha spiegato al Daily Mail:
“Inizialmente avevamo teorizzato che il paracetamolo
OMA – Il paracetamolo contro l’influenza? Inutile. Contro
la febbre? Men che meno. Contro i dolori osteoarticolari? Nemmeno in quel caso. E’ una bocciatura su
tutta la linea quella del Medical Research Institute della
Nuova Zelanda nei confronti di uno dei farmaci più
utilizzati per combattere i malanni di stagione.
potesse essere dannoso, dal momento che il virus
dell’influenza non può replicarsi al suo meglio quando in
caso di febbre e se si abbassa la temperatura il virus, al
contrario prolifica. Ma non era così, per fortuna. E’ però
emerso dallo studio che i malati che assumevano farmaci
a base di paracetamolo non ottenevano alcun beneficio”.
A CURA DEGLI UFFICI DI SEGRETERIA SILCEA
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