- ANNO XLIII N. 10 OTTOBRE 1995 MENSILE DELL'AICCRE ASSOCIAZIONE UNITARIA DI COMUNI PROVINCE REGIONI dal quqrtiere alla regione per una Comunità europea federale A che serve Purtroppo gli amministratori locali e regionali sono anch'essi parte di quella che si usa chiamare «la gente». O r a , in Italia, la gente, priva della proposta d i programmi strategici etico-politici, che facciano veramente fronte alle ansie del secolo, è ripiegata su se stessa e sembra fatta su misura per quel detto che durante il fascismo si attribuiva a Starace: «Qui non si fa politica, si lavora». In realtà il fascismo ha teorizzato il corporativismo, ma la società italiana post-bellica lo ha di fatto largamente attuato. In ogni mod o taluni amministratori locali e regionali rivolgono all'AICCRE l'incredibile domanda: «Che ci da' l'AICCRE?». Politicamente si potrebbe rispondere, con qualche cattiveria, «niente!». In realtà, viceversa, dà anche intelligente, ragionata informazione sull'applicazione agli enti regionali e locali delle disposizioni comunitarie. sul modo d i utilizzare compiutamente i fondi finanziari della Comunità (oggi Unione), sul rapporto pratico che si è stabilito - al di soma delle frontiere - non solo coi ,gemellaggi ma con tutti i collegamenti, anche tecnici, tra i Comuni e le altre comunità autononle non esclusivamente dell'unione eurovea, ma anche dei Paesi che n e sono fuori e varticolarmente dei Paesi dell'Est europeo e del Mediterraneo: anzi, per il Mediterraneo, il CCFE, e quindi I'AICCFE, hanno svolto, con successo, due conferenze euro-arabe delle città, la cui consapevolezza creata e gli effetti pratici, organizzativi si possono constatare. n e t t o questo, cioè sottolineato che 1'AICCRE offre anche un «servizio europeo», attento e consapevole (ed ha un ufficio ad hoc, che lavora alacremente), dobbiamo poi sottolineare ai nostri colleghi che, sempre nell'ambito della difesa e dell'incremento delle autonomie territoriali, il CCRE e per esso 1'AICCRE hanno ottenuto a livello sovranazionale quelle istituzioni, quei provvedimenti comunitari, quelle agevolazioni, A n . Joseph Rotblat Fisico, premio Nobel '95 per la pace, animatore della organizzazione «Pugwash» antinuclearista. L'impegno dell'AICCRE in materia risale agli anni cinquanta: v. «Sull'orlo dell'abisso» a % pag. 3. .- i A che permettono poi ai colleghi stessi di chiederci un attento servizio per sfruttarli adeguatamente. È un'attività politica specifica, quasi sindacale ma in realtà creativa, che non dovrebbe sfuggire ai nostri enti associati per il solo fatto che non si rivolge ad essi direttamente, ma offre ad essi e in nome di essi che ci danno forza e autorevolezza - le premesse per l'attività, che successivamente, appunto, interessa e mobilita i nostri associati, anche singolarmente presi: questa è un'attività del CCRE a monte, immediatamente riferibile alle autonomie, di cui non si interessano o si interessano solo parzialmente le associazioni nazionali degli enti locali e regionali, che non sono attrezzate per questo obiettivo. I1 CCRE, per esempio, ha lavorato venti anni per ottenere il Comitato delle Regioni e delle Collettività locali, previsto infine dal Trattato di Maastricht: nei venti anni le associazioni o nazionali o settoriali (che cioè non si interessano globalmente di tutto il sistema delle autonomie territoriali, dal Comune alla Regione) non ci hanno aiutato in questa difficile costruzione, mentre 1'ARE (Assemblea delle Regioni d'Europa) ha insistito su proposte demagogiche e irrealizzabili, con la richiesta di un Senato europeo delle Regioni, che in questo momento diventava un bastone fra le ruote alla richiesta di un'assemblea popolare sovranazionale, dotata di poteri reali, che toccasse, attraverso il suffragio universale e diretto, simultaneamente, tutti i cittadini europei (il Parlamento europeo in altre parole), col quale viceversa una parte di corporativisti, italiani e no, del Comitato delle Regioni, non approfondisce rapporti fraterni, mentre in pratica lotta contro di esso nella ricerca di prerogative che facciano del Comitato delle Regioni una terza Camera europea, accanto al Senato degli Stati - ex Consiglio dei Ministri - e al Parlamento europeo. Un'autentica aberrazione, dunque! In ogni modo le varie associazioni nazionali di enti locali e regionali, appena si sono trovate davanti, bello e pronto, il Trattato di Maastricht, col Comitato delle Regioni e delle Collettività locali, si sono affrettate ad occuparne tutte le sedie, senza preoccuparsi del CCRE e dell'esperienza dei suoi dirigenti, rendendo il Comitato stesso invece di uno strumento per aumentare la partecipazione popolare al processo di integrazione europea, un ulteriore ostacolo o paravento alla partecipazione della «gente». Nel Comitato poi non sempre si è stati sensibili finora ad occuparsi dell'intero sistema delle autonomie, ma è scoppiata una rissa tra i regionali e gli am- ' som ma rio ministratori locali; non solo: i rappresentanti provenienti da un certo livello delle autonomie -Regioni o Enti locali, non importa si preoccupano spesso più dei problemi del proprio singolo ente o del potere della propria parte «politica» che di quelli della propria categoria o livello, per cui la loro rappresentatività è addirittura discutibile senza contare i casi in cui i membri del Comitato sono scelti dal governo centrale. Viceversa il CCRE aveva ed ha fiducia nel Comitato delle Regioni e delle Collettività locali, che dovrebbe e dovrà contribuire a quella rivoluzione copernicana, a cui si riferisce spesso l'amico eurodeputato Manzella, e cioè la costruzione europea attraverso la partecipazione effettiva del popolo, della «gente» (la cittadinanza europea), in sostituzione all'esclusivo dialogo intergovernativo e alla diplomazia fra gli Stati. Ma questo non è tutto. Lo scopo principale dei promotori del CCRE era e rimane una forte spinta dalla base alla costruzione politica di un'Europa sovranazionale e federale. Si voleva cioè dare al movimento federalista europeo una grossa partecipazione, che una semplice d i t e non era riuscita a creare e tutt'ora stenta a farlo. In altri termini il CCRE ha come sua massima aspirazione di dare un contributo democratico ed efficace alla creazione degli Stati Uniti d'Europa e, si badi, non a Stati Uniti d'Europa che trasferiscano il potere dagli Stati nazionali e nazionalisti ad una specie di nazionalismo europeo (la fortezza europea), ma diano un contributo essenziale alla creazione di una Federazione sovranazionale continentale, che a sua volta prepari e tenti di realizzare la trasformazione federale delle inefficienti Nazioni Unite. Più volte abbiamo ricordato, anche attraverso il riferimento al fallimento del Piano Baruch e alle critiche del democratico americano Clark, il nostro sforzo, insieme a tutto quello dei pensatori e dei militanti federalisti, di far sì che attraverso 1'ONU non si ripetano il nullismo o addirittura le prevaricazioni della vecchia Società delle Nazioni, nata alla fine del primo conflitto mondiale e subito criticata in classiche pagine di Luigi Einaudi. In questo senso il CCRE è schierato contro l'eurocentrismo e più volte ci siamo sforzati (almeno a partire dagli Stati ,generali di Roma del 1964) di far sì che il CCRE sia all'origine di un «fronte democratico europeo», il quale lavori simultaneamente per il federalismo di base della costituenda Unione europea e per il federalismo ~lanetario.Non spaventi scioccamente il termine «planetario»: esso significa che il CCRE lotta per la pace, per farci uscire da quella terribile «impasse» per cui siamo scivolati dall'equilibrio del terrore al terrore senza equilibrio, e si batte altresì, con possibilità reali, per un ordine economico-sociale internazionale assai più giusto. La morale di quanto qui affermiamo è che soltanto se una Federazione europea, democratica, forte e capace di agire agirà a monte per lo sviluppo di Paesi della fame e della disoccupazione endemica noi potremo decentemente ottenere che l'immigrazione massiccia, dal Terzo mondo alle nostre città, si sviluppi con alcune regole e con un freno, che permetta di costruire realisticamente, giorno per giorno, una società multi-etnica. Questa società non si può costruire in un giorno e non deve mettere i poveri, i disperati immigrati dal Terzo mondo contro i disoccupati, i giovani, i derelitti della nostra società opulenta: la quale vive con due terzi, fortunati, dei suoi abitanti delle rapine che i Paesi superindustrializzati compiono sulle ricchezze della Terra, facend o poi ricascare il peccato di questa ingiustizia sulla terza parte, povera, che - come ci hanno spiegato molti sociologi esiste paurosamente accanto all'alto sviluppo industriale, sia in America che in Europa. Ecco cosa dà soprattutto ai nostri soci il CCRE: il ritorno all'ideale, ma anche alla lungimiranza pratica. Di fronte a questo obiettivo epocale acquista la sua indubbia importanza, che per altro è relativa, il cosiddetto «servizio europeo». Pertanto noi rispondiamo spesso, con pazienza ma anche con severità, a coloro che ci domandano: «a che cosa serve l'AICCRE?». I1 cosmopolitismo e l'abito spirituale e operativo che esso conferisce deve cominciare all'ombra del proprio campanile. Bisogna pur dire che questa lezione fortunatamente l'hanno di regola capita anche nostri Comuni piccoli anzi piccolissimi e periferici, ma non per questo meno coraggiosi e intelligenti degli Enti locali e regionali più robusti e consapevoli delle «cose del mondo». In altri termini CCRE e federalismo debbono riaccostare la gente alla politica, cioè allo sforzo per una società governata dal cervello e dal cuore, e non dalla carriera personale, dall'elettoratismo, o dai miraggi egoistici e miopi della propria corporazione. W 3 - Sull'orlo dell'abisso 5 6 - 7 8 9 12 12 15 16 - Pechino: nord e sud a confronto, di M. T. Coppo Gavazzi Emancipazione, uguaglianza, partecipazione Verso comuni obiettivi, di M. P. Colombo Svevo Per una nuova società paritaria, di Fausta Giani Cecchini Unione europea e ambiente: a che punto siamo? di Silvana Paruolo La revisione del Trattato di Maastricht, di Jordi Pujol Il debutto politico, di mtcg Democrazia locale, cittadinanza e tolleranza, di Giuseppe 7'essari La città Atellana, di Rosario Pinto INSERTO: Educazione alla sovranazionalità OTTOBRE 1995 T - Spedlzione in abbonamento postale Gruppo il1 Anno VI1 N. 6 20 giugno 1959 Direzione e Redaz.: Piazza di Trevi, 86 ROMA - - - 1959: Heri dicebamus . W O R G A N O MENSILE D E L L ' A S S O C I A Z I O N E I T A L I A N A PER IL C O N S I G L I O D E I C O M U N I D'EUROPA SULL'ORLO DELL'ABISSO d i UMBERTO SERAFINI L'a\orno, la saIu\e, la pace e l'urgenza cornuni\aria Nella recente discussione generale sul bilancio del Ministero della Sanità, al Senato, il sen. Focaccia, presidente del Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari (CNRN), ha detto cose di estrema gravità, che questa volta sul terreno della salute e della vita dei nostri figli - se la retorica ci spinge a dichiararci del tutto indifferenti per la nostra sorte personale - dovrebbero aprire gli occhi a chiunque insista a non vedere il « mondo nuovo )> (come lo chiamò Aldous Huxley) divenuto realtà. E realtà più spaventosa del previsto. Le radiazioni del mondo nuovo « Premesso che il corpo umano )> ha detto il senatore democratico cristiano n: riceve ed ha sempre ricevuto - due tipi di radiazioni, dobbiamo ricordare che da circa 15 anni a questa parte si presenta un terzo tipo di radiazioni, che scaturisce dall'uso di fonti artificiali di radiazioni che si sostanziano nei raggi gamma e nelle particelle ionizzanti. Secondo alcuni tale nuova forma di radiazioni è per ora quasi innocua, mentre secondo altri è già assai prossima al pericolo. La verità è che essa è certamente satura di spaventosi pericoli futuri, ove non si riesca a disciplinare ed a circoscrivere l'uso della nuova energia derivante dalle esplosioni nucleari D. I1 sen. Focaccia ha sottolineato che è urgente recepire le norme sanitarie dell'Euratom, ed il CNRN è pronto a collaborare per questo scopo con il Ministero della Sanità. Nei centri per la misurazione della radioattività, istallati dal CNRN, è stato rilevato un aumento costante della radioattività dell'aria e della pioggia. Non sono giustificate ragioni di allarme, ma il rapido incremento del fenomeno autorizza le più ampie riserve per il futuro, specie se le esplosioni nucleari continueranno con il ritmo attuale e se saranno istituiti poligoni atomici nelle zone prossime all'Italia, come, ad esempio, nel Sahara. c< L'avvento deila energia nucleare » ha concluso il sen. Focaccia «schiude, come tutte le nuove scoperte scientifiche, un panorama costellato di luci e di ombre. Esprimo l'augurio che si possa compiere un'attività concorde per diradare le ombre ed intensificare le luci: parte anche dal Senato una accorata invocazione perché l'energia nucleare sia utilizzata per rendere meno faticosa l'esistenza e non per accelerare la distruzione della vita ». Sull' orlo dell' abisso In parole povere, a prescindere dall'uso bellico (guerra calda) delle armi atomiche, la sola corsa all'incremento di queste armi e gli esperimenti relativi - quali comporta la guerra fredda - e lo stesso massiccio uso pacifico dell'energia nucleare, senza gli opportuni accorgimenti, costituiscono una terribile minaccia, a scadenza che non perdona. Siamo, insomma, sull'orlo dell'abisso. Basta continuare così, nel disordine internazionale di oggi, perché gran numero dei nostri figli siano coslpiti dal cancro e dalla morte atomica, e tutti debbano vivere (ma la si potrà chiamar vita?) nell'allarme e nell'angoscia continui, con i corollari criminogeni che si possono immaginare. Ormai i principali problemi economici, sociali, politici della nostra giovinezza hanno mutato - tutti - la loro importanza relativa, di fronte all'enorme dominio « tecnico » che gli uomini hanno rapidamente conquistato in alcuni campi della natura ed alle sue conseguenze. Oggi, nella prospettiva dei morbi più spaventosi, della follia, e perfino della possibile scomparsa del genere umano, il problema - morale e di semplice buon senso - che si impone è quello dell'organizzazione della pace, e con esso si impongono, collegati, il problema del controllo popolare (e, prima che istituzionale, almeno dell'opinione popolare, purtroppo così sprovveduta) dei mostri partoriti dalla << tecnica )> e il problema di un equilibrio mondiale, che lasci almeno - nella sua sufficiente stabilità - il tempo all'umanità di riflettere ed eventualmente di perire - se ciò deciderà con un minimo di c6nsapevolezza (e ci saremmo quasi limitati a dire: di informazione). Guerra e pace, oggi Oggi l'urgenza di organizzare la pace è per tutti (sottolineiamo per tutti) più importante di qualsiasi vittoria ideologica e di regime. Se veramente si ha una fede, i vaCOMUNI D'EUROPA lori, in cui si crede, dovranno in extremis essere difesi con la resistenza passiva di Gandhi e col martirio individuale, e non con lo strumento di una guerra, che metterebbe in giuoco la stessa esistenza del genere umano. I comunisti sovietici hanno cominciato col riformare l'assunto~ teorico sulla inevitabilità della guerra: occorre andare molto più in là e sostenere che chi, con qualunque giustificazione ideologica, inizierà un conflitto mondiale nell'èra atomica dovrà trovarsi immediatamente di fronte alla reazione della disobbedienza civile, mentre dovrà essere fatto ogni sforzo, con una solidarietà senza distinzioni di ideologie e di frontiere, per catturarlo come pazzo criminale. Da queste premesse dovrebbe discendere un linguaggio inconsueto nel dialogo fra i blocchi. Ciascuno dovrebbe impegnarsi a impartire entro le proprie frontiere una educazione capillare, per la quale si direbbe press'a poco (inevitabilmente) così: « Noi ncn inizieremo mai una guerra atomica D (e chi farà mai ammissioni preventive di questo genere?) « m a se qualcuno, detentore del potere, ciò facesse, invitiamo tutti i cittadini, a tutti i livelli, a riflettere che la immediata disobbedienza civile sarebbe un dovere superiore a tutte le fedeltà ideologiche e a tutti i lealismi nazionali ». La costruzione di un equilibrio stabile Ma a ciò non si perverrà in un fiat. E d'altra parte ci vorrà tempo, lavoro infaticabile e il coraggio dei santi prima di arrivare al tipo di coesistenza recentemente profetizzata da Jean Monnet (« Credo1 che gli attuali concetti opposti tra noi e gli Stati sovietici tenderanno a convergere su un nuovo punto di vista. I Paesi industrialmente progrediti dovranno affrontare nuovi problemi comuni, quali che siano i loro punti di partenza, e scopriranno forse simpatie reciproche che adesso non sospettano neppure. Credo che, in definitiva, gli uomini saranno nell'impossibilità tecnica e psicologica di penetrare nello spazio portandosi dietro liti anacronistiche, che li attaccano alla terra >> - dalla intervista a « U.S. News and World Report a). Pertanto il problema che oggi si pone è quello della cessazione della guerra fredda e degli esperimenti atomici di tipo bellico, puntando sulla creazione di un equilibrio mondiale, che prometta un ampio tempo di respiro: di questo problema la questione della « sicurezza europea D (con le diverse preoccupazioni sempre comprensibili, sovente giustificabili, che l'uno o l'altro blocco vi annettono) è un aspetto molto rilevante. Cina e Stati Uniti d'Europa Ora, ci domandiamo: perché l'URSS, che non fa mostra di temere la crescita ai suoi confini di una potenza quale la Cina - affine sì di regime ma di irrefrenabile incremento demografico e non immune, sullo stretto terreno statuale, di una qualche sospettabilità espansionistica -, dovrebbe temere la costituzione dei democratici Stati Uniti d'Europa? Gli Stati Uniti d'Europa (di abbastanza modesta dimensione, del resto, in confronto a certi colossi che si affacciano sulla scena attiva della politica, anche se si tratterà della a grande >> Europa) con- tribuirebbero, per il bene di tutti - russi compresi -, a un più sicuro equilibrio mondiale; e d'altra parte un grande sviluppo economico -del territorio europeo, conseguenza certa dell'unità politica, porrebbe le premesse per un ordinato e sicuro progresso dei Paesi sottosviluppati extraeuropei - che già sono maggiormente complementari dell'Europa, sia pure divisa, che non dell'URSS o degli Stati Uniti d'America (le importazioni dei quali provengono in gran parte dalla sola America Latina) -: e questo rappresenterebbe di per sé un fattore di stabilità. I russi per primi - insistiamo su questo punta - dovrebbero auspicare, in luogo delle « pericolose, coalizioni europee, la reale unità politica del continente: questa nascerebbe a spese dei guerrafondai, dei colonialisti, dei razzisti. Agitando lo spettro dei trusts europei (che possono benissimo affermarsi senza l'unità politica) si usa un vero e proprio schematismo ideologico: chi è, infatti, che non vuole alla fin fine l'autentica affermazione del federalismo europeo? non sono proprio le irresponsabili forze parassitarie e che conducono una economia cosiddetta di rapina? e che c'è sotto il u tiepido europeismo W di Erhard? e l'antieuropeismo britannico, larvatamente neutralista (dai conservatori a Bevan), non discende - tutto - da quel conservatorismo nazionale che portò all'attacco (accanto ai fascisti e alla destra reazionaria tedesca) del paneuropeo Briand - con tutti i suoi limiti, ma anche con le lucide intuizioni che oggi bisogna SUAREZ, Briand, riconoscergli (cfr. GEORGES Paris, Plon: volume sesto e ultimo) -? e nei momenti, in cui è in crisi la pur modesta sopranazionalità della CECA, chi è che soffia sul fuoco? e chi è che non ha voluto sopranazionalità reale nella CEE? e chi ha fatto praticamente fallire 1'Euratom nei suoi obiettivi più coraggiosi (cfr. la prefazicne di ROBERTO DUCCIa Euratom e sviluppo nucleare d e i i ' h ~ o ~ mMilano, ~: Comunità)? tro le frontiere dell'altra blocco). Ma qui non vogliamo impelagarci nel complesso discorso delle zone disatomizzate, ad armamento rarefatto, ecc. - che formano la delizia degli esperti militari o improvvisati tali, ma ove occorrefebk anche tenere ben presente, sempre, i fattori psicologici -: vogliamo piuttosto affermare che, a qualunque soluzione si arrivi e comunque se ne vogliano scadenzare o vincolare le tappe, solo la creazione degli Stati Uniti d'Europa può dare un contributo nuovo ed essenziale all'ordine internazionale ed al mantenimento della pace. I1 resto - in sede europea sono pannicelli caldi. Il momento dell' utopia Utopie? viene, anche per i realisti più incalliti, il momento dell'utopia, e ciò quando nessuna alternativa all'utopia lascia prevedere un risultato soddisfacente. Qui, come si diceva, siamo sull'orlo dell'abisso. Ci si replicherà che difficilmente i sovietici entreranno nell'ordine di idee suesposto: ma è stato fatto un tentativo serio in questo senso? Noi non dobbiamo fingere di meravigliarci che i russi, così in Europa come in America, affermino di vedere a individui e gruppi di cui non si fidano W : ogni giorno ne parliamo noi stessi democratici, che abbiamo mète chiaramente dissimili da quelle dei comunisti e una sensibilità diversissima. D'altronde anche i russi, all'occasione, fanno le loro brave distinzioni. Avete letto sui quotidiani di questi ultimi giorni quanto Mikoyan ha riferito dei suoi colloqui con Dulles negli Stati Uniti d'America, durante il suo viaggio dell'anno scorso. Mikoyan avrebbe chiesto a Dulles: a Pensate che la Russia farà la guerra con voi? W ; e Dulles avrebbe risposto: a No, non lo penso W . Poi Dulles avrebbe chiesto a sua volta: a E voi, pensate proprio che faremo la guerra con voi? D; a cui il leader sovietico: t Noi no. Del resto il Governo americano non inizierà la guerra, ma vi sono individui e gruppi dei quali non ci fidiamo i ~ . Separiamo la politica dalla propaganda I1 complesso dell' assedio - che spesso, come un boowrang, fa le sue Ai russi dovrebbe far paura il vuoto d'aria vittime fra gli stessi massimi dirigenti polidell'Europa o l'aria u coloniale » che spira tici -. Dimostriamo serenamente agli uni e sul continente diviso in Stati u sovrani * agli altri che l'unità politica, federale, del(sovrani come i capponi di Renzo). I1 regime l'Europa darà maggior potere di controllo sovietico, d'altro canto, deve perdere il alle forze del lavoro - oggi condotte in viu complesso dell'assedio >>, comprensibile nelcoli ciechi da obiettivi sezionali e nazionalla fase iniziale della rivoluzione o al tempo corporativi -, agli imprenditori coraggiosi di Hitler (che in parte la sua stessa incauta e non di rapina e, soprattutto, ai cittadini politica - o quella dei comunisti tedeschi - consumatori. (Questa del pacifismo dei concontribuì a mandare al potere), e deve guar- sumatori è una idea liberale, che i n teoria dare senza pregiudizi alla nuova situazione potrebbe anche riuscire astrusa ai sovietici, mondiale. ma che molti di essi - in questi tempi postNon chiediamo ai russi di mutare senz'al- staliniani - probabilmente afferrano benistro regime politico, ma è evidente che neansimo.) Ma, prima di ogni altra cosa, rendiache essi possono - perdurando la pace - moci conto della tragica ora che volge e, in chiederlo perentoriamente a noi. In attesa un grande moto esemplare, rendiamo testidell'arbitrato della storia serbiamo dunque monianza all'amore per il prossimo ed alla la pace in un equilibrio, che abbia gli attri- solidarietà umana (così spesso evocati dalla buti di una notevole stabilità: in questo senso nostra bocca) attraverso concrete realizzal'assetto della Germania, e con esso la quezioni comunitarie europee. stione della sicurezza europea, non dovrebNon aspettiamo il consenso dei potenti delbero trattarli i Grandi, facendo dell'Europa la terra e seguiamo tutti, subito, le pacifiche un oggetto di politica. Solo l'Europa unita e bandiere del federalismo europeo, per la garante di se stessa potrà dare un contributo salvezza dei nostri figli e per ridare alla vita efficace alla sicurezza: e, se volete, questa quel minimo di speranza e di gioia, senza il Europa unita potrà nascere vincolata alla quale si diventa così spesso folli e crudeli. smilitarizzazione di una parte del suo territorio (con un congruo pan per focaccia enUmberto Serafini IV Conferenza dell'ONU sulle donne Pechino: nord e sud a confronto di Maria Teresa Coppo Gavazzi * Una premessa è indispensabile quando ci si accinge al difficile compito di incominciare a fare un'analisi dei documenti della Conferenza di Pechino. La premessa riguarda la non esaustività del discorso, anzi la voluta focalizzazione unicamente di alcune evidenze socio-culturali scaturite dal grande confronto tra la cultura del mondo occidentale o «sviluppato» e queila dei Paesi in via di sviluppo, in particolare Africa e Sud Asiatico. È importante, comunque, sottolineare come il lavoro preparatorio alla quarta conferenza mondiale delle e sulle donne sia stato ampio, molto articolato e quasi completo nell'esame di tutte le sfaccettature delle problematiche riguardanti la donna ed il ruolo della stessa nella società. La piattaforma programmatica e la risoluzione finale presentano grande ricchezza di contenuti che spaziano dalle emarginazioni concrete, quali quelle economiche - con particolare attenzione alla povertà che sembra colpire sempre un maggior numero di donne non solo in età avanzata -; alle emarginazioni socio-culturali, palesi ed occulte, di norma più legate ad una organizzazione politica istituzionale e strutturale generalmente maschilista, che a mancanza di presa di coscienza da parte dell'universo femminile; a quelle dovute ad una scarsa informazione che -potrebbe sembrare strano - sembra essere uno dei mali propri della società dell'informazione, male che risiede anche nel dare per scontato che l'accesso alla telematica sia alla portata di tutti, senza rendersi conto del grave gap culturale e strumentale che, in questo settore, colpisce le donne in modo particolare. Altro dato importante della piattaforma riguarda le proposte concrete di interventi operativi in tutti i settori presi in considerazione, proposte operative chi si rivolgono e che interpellano non solo gli Stati membri, e per essi la pubblica amministrazione, ma anche il settore privato, come quello economico, dell'informazione $2dei servizi in genere. Un'apertura quella di Pechino che ricorda molto da vicino il quarto programma della Commissione Europea per le pari opportunità, programma che esce dalle secche dell'ambito politico-amministrativo : «Femmes au pouvoir» (Donne nella presa di decisione), e del lavoro, per impegnarsi a favorire la presenza delle donne in tutti i campi professionali, sociali e culturali, unica via per incrementare la visibilità e la presenza femminile anche nei luoghi di potere. Sorge, però, immediato un punto interrogativo riguardante la concreta volontà politica da parte di tutti gli attori di attuare gli interventi sottoscritti a Pechino e la forza di pressione delle donne perchè questa volontà politica nasca - là dove non fosse presente - e si concretizzi. I1 punto più critico riguarda proprio la forza di pressione delle «cittadine». Se si deve " Condirettrice di «Comuni d'Europa» e coordinatrice della Segreteria della Delegazione italiana al Comitato delle Regioni e degli Enti locali. OTTOBRE 1995 trarre la conclusione da quanto è accaduto nel nostro Paese a proposito della sentenza della Corte Costituzionale, che ha cancellato le «quote» dalle leggi elettorali, le speranze di una vera mobilitazione femminile sono esigue. Non solo poco è stato detto e fatto al momento della sentenza per cercare altre vie - più corrette - per riproporre il problema, (forse era estate e le donne, come tutti, erano al mare), ma anche ora che Pechino ripropone con forza il problema, affermando che «ci deve essere la possibilità di inserire nei sistemi elettorali dei provvedimenti che incoraggino i partiti politici a fare in modo che le donne siano presenti in eguale misura e agli stessi livelli degli uomini sia nei posti elettivi che in quelli non elettivi», tutto a casa nostra sembra tacere come se il problema non ci riguardasse. Tralasciamo per ora questi risvolti che attengono già al dopo conferenza, per ritornare all'obiettivo iniziale riguardante il dibattito che l'ha caratterizzata. È sufficientemente chiaro che lo stesso ha risentito della struttura iniziale sia della bozza di piattaforma programmatica che di quella del documento finale. Se un appunto si poteva fare ad ambedue era di essere troppo fortemente influenzate da alcuni «disvalori» (chiediamo scusa del vocabolo infelice, ma riteniamo che sia interprete efficace del pensiero che desideriamo esprimere) che hanno caratterizzato la cultura dell'occidente durante il difficile cammino verso l'emancipazione femminile, quali ad esempio - solo per citare il più macroscopico - la sottovalutazione della famiglia, intesa come ambito limitativo della e per la libertà deila donna, a cui si potrebbe aggiungere - sempre riferendosi alla bozza di piattaforma predisposta per Pechino e alla risoluzione del P E in merito - l'oblio di una possibile dimensione religiosa della vita. Omettiamo dall'elenco ogni riferimento all'aborto per esplicito desiderio di non cadere in una irrisolta polemica che immediatamente lacererebbe il mondo femminile, creando schieramenti contrapposti che rischierebbero di far cadere in second'ordine il più ampio discorso che cerchiamo di proporre. Ci sembra, però, opportuno rilevare come non potesse essere del tutto condivisibile la malcelata ammissione dell'aborto come strumento per la pianificazione delle nascite, malcelata ammissione che dopo le giornate di Pechino è fortunatamente rientrata. Lasciamo da parte - come promesso - questo spinoso argomento per ritornare alla concreta verifica del colpo d'ala conferito aila piattaforma dal confronto svoltosi a Pechino ail'interno delle delegazioni ufficiali e tra le O N G rappresentate. L'ampiezza degli argomenti affrontati ed anche le svariate angolature di osservazione non prevedevano e permettevano grandi stravolgimenti - tutto sembrava fosse stato detto -ma sono i particolari emendamenti arrecati dalla forza di quei «Paesi in via di sviluppo» - che il documento del P E tanto spesso ricordava forse con un atteggiamento un po' troppo pa- ternalistico - a fare la qualità di cui si diceva. Per non dare l'impressione di parlare astrattamente e per partito preso citeremo alcuni casi specifici. Cominciamo proprio dalla famiglia. Al punto 30 del documento riguardante gli obiettivi programmatici la piattaforma dà una definizione di famiglia non esaustiva, esclusivamente mirata ad evidenziare - com'era d'obbligo il rapporto donna-uomo-famiglia-figli. Nel proseguo del documento più volte, quando si trattava di esplicitare le responsabilità familiari per esempio nei confronti dell'educazione dei figli, si faceva sempre riferimento a farniglia/famiglie, come se un ragazzo-figlio potesse avere più famiglie con pari responsabilità nei suoi confronti. Ci sentiamo di affermare, con poco rischio d'errore, che questa confusione familiare fosse da addebitare ad un problema aperto nel contesto occidentale. Sta di fatto che daile giornate di Pechino le «più» famiglie per ogni figlio sono scomparse e si è ritornati a considerare famiglia unicamente quella composta dai genitori. Mi pare una correzione da non sottovalutare. Altrettanto importante l'emendamento circa la violenza nei confronti delle donne, emendamento che esplicita con forza come siano violenze anche le sterilizzazioni e gli aborti coatti, la contraccezione imposta, la selezione prenatale in funzione del sesso del nascituro e l'infanticidio delle neonate. Owiamente siamo certe che i nostri lettori penseranno che si tratta di cose più che owie, ed è vero, ma nella piattaforma non trovavano quel giusto risalto che simili problematiche richiedono - forse proprio perchè il mondo occidentale dava per scontato la loro condanna -. I1 mondo è ben oltre i nostri confini e nessuno avrà dimenticato le immagini televisive che ci hanno presentato numerose manifestazioni di donne asiatiche che rivendicavano la forte salvaguardia di questi primordiali diritti di dignità e libertà umana. Quasi sullo stesso piano, anche se di minore forza emotiva -ma forse più ampio come problema - è quello delle donne migranti. L'emendamento arrecato alla piattaforma modifica in positivo un problema originalmente affrontato in negativo. I1 testo attuale obbliga gli Stati a fare in modo che «tutte le donne migranti comprese le lavoratrici - possano godere pienamente dei loro diritti fondamentali» in qualità di cittadine a pieno titolo. Ci sembra la vera ottica con cui affrontare la scommessa - inevitabile - di una società multiculturale e multietnica come quella futura a cui il grande unico mercato mondiale ci condurrà. Attualmente, soprattutto nei nostri Paesi, si considera l'emigrazione (o meglio l'immigrazione) ancora nei termini deila «valigia di cartone» quando gli emigranti erano gli italiani, o peggio nei termini dei «lavavetri» magrebini all'angolo della strada un fenomeno al massimo da sopportare, o meglio da cui difendersi - ma la mobilità non coincide con questi esempi. Quanto le donne hanno proposto a Pechino (segue a pag l I ) la risoluzione di Pechino Emancipazione, uguaglianza, partecipazione 1. Noi, governi partecipanti alla quarta Conferenza mondiale sulla donna; 2. Riuniti a Pechino nel settembre 1995, anno del cinquantesimo anniversario della fondazione delllOrganizzazione delle Nazioni Unite; 3. Decisi a far progredire gli obiettivi di uguaglianza, di sviluppo e di pace per tutte le donne del mondo nell'interesse dell'intera umanità; 4. Preso nota della voce di tutte le donne del mondo e tenuto conto della diversità delle donne e del loro ruolo e condizioni di vita, rendendo omaggio alle donne che hanno aperto la strada e ispirati dalla speranza nei giovani del mondo intero; 5 . Constatando che la condizione della donna è migliorata in campi importanti nel corso dell'ultimo decennio, ma che i progressi sono stati disuguali, che l'ineguaglianza tra uomini e donne persiste e che rimangono degli ostacoli importanti, che portano a conseguenze gravi per il benessere di tutta l'umanità; 6. Ugualmente constatando che questa situazione si è aggravata per l'accrescersi della povertà che affligge la vita della maggior parte della popolazione mondiale, in particolare delle donne e dei bambini, e la cui origine è tanto nazionale che internazionale; 7. Dedicandoci senza riserve all'eliininazione di queste costrizioni e ostacoli, al fine di promuovere ancora il progresso e l'emancipazione femminile nel mondo intero, e convenendo che ciò esige fin da ora l'adozione di misure d'urgenza in uno spirito di determinazione, di speranza, di cooperazione e di solidarietà che ci porterà nel prossimo secolo. Noi riconfermiamo la nostra adesione: 8. All'uguaglianza dei diritti e alla dignità personale degli uomini e delle donne e agli altri obiettivi e principi sottoscritti nella Carta delle Nazioni Unite, Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e negli altri strumenti internazionali relativi ai diritti dell'uomo, in particolare la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione riguardo alle donne e la Convenzione relativa ai diritti del bambino, così come la Dichiarazione sull'abolizione della violenza sulle donne e la Dichiarazione sul diritto allo sviluppo; 9. Alla piena applicazione dei diritti fondamentali delle donne e delle bambine, perché sono parti inalienabili, integranti e indivisibili da tutti i diritti della persona umana e dalle libertà fondamentali; 10. Noi riconfermiamo che ci impegnamo a basarci sul consenso e sui progressi realizzati durante le conferenze e i sumrnit precedenti delle Nazioni Unite, dedicati alle donne (Nairobi, 19851, ai bambini (Neur York, 1990), all'ambiente e allo sviluppo (Rio de Janeiro, 1992), ai diritti dell'uomo (Vienna, 19931, alla popolazione e allo sviluppo (I1 Cairo, 1994) e allo sviluppo sociale (Copenagen, 19951, per assicurare l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace; 11. Ad assicurare l'applicazione intera ed effettiva delle strategie e prospettive d'azione di Nairobi per la promozione della donna; 12. Ad assicurare l'emancipazione e la promozione delle donne, e anche il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di convinzione, contribuendo così a rispondere ai bisogni morali, etici, spirituali e intellettuali degli uomini e delle donne, individualmente o nella collettività, e, da questo, garantirgli la possibilità di realizzare pienamente il loro potenziale in seno alla società regolando la loro vita a seconda delle loro aspirazioni. Noi siamo convinti che: 13. L'emancipazione della donna e la sua piena partecipazione sul piano deli'uguaglianza in tutti gli ambiti della vita sociale, e anche la sua partecipazione ai processi decisionali e l'accesso al potere, sono fondamentali per il raggiungimento di uguaglianza, sviluppo e pace; 14. I diritti della donna sono diritti fondamentali della persona; 15. L'uguaglianza dei diritti, delle scelte e dell'accesso alle risorse, la spartizione uguale tra donne e uomini delle responsabilità riguardo alla famiglia e un partenariato armonioso sono essenziali per il loro benessere e per quello della loro famiglia, così come per l'affermazione della democrazia; 16. L'eliminazione della povertà, fondata sulla crescita economica, sullo sviluppo sociale, una protezione dell'ambiente ed una giustizia sociale che siano durevoli, esigono la partecipazione delle donne allo sviluppo economico e sociale. e anche l'uguaglianza nelle scelte e la piena partecipazione, su un piano d'uguaglianza, di donne e uomini, in quanto agenti e beneficiari di uno sviluppo durevole al servizio dell'individuo; 17. I1 riconoscimento e la riaffermazione del diritto di tutte le donne al controllo di tutti gli aspetti della loro salute, in particolare la loro fecondità, sono essenziali per la loro emancipazione; 18. L'instaurazione della pace, a livello locale, nazionale, regionale e mondiale, è possibile ed è inseparabile dalla promozione della donna, le donne rappresentano una forza fondamentale di iniziativa, di regolamento dei conflitti e di promozione di una pace durevole a tutti i livelli; 19. È essenziale elaborare, mettere in opera e sorvegliare, a tutti i livelli, in piena associazione con le donne, le politiche e i programmi, sottolineando la parità tra i sessi, ivi comprese politiche e programmi di sviluppo efficaci, efficenti e sinergici, che siano in grado di favorire l'emancipazione e la prolnozione della donna; 20. La partecipazione e il contributo di tutti i protagonisti della società civile, in particolare i gruppi e le associazioni di donne e le altre organizzazioni non governative e organizzazioni comunitarie, nel pieno rispetto della loro autonomia, in cooperazione con i governi, rivestono una grande importanza per l'applicazione e la successiva efficacia del Programma d'azione; 21. La messa in opera di un Programma d'azione esige un impegno dei governi e della comunità, internazionale, impegnandosi concre- tamente ad agire, a livello nazionale e internazionale, anche durante la Conferenza, i governi e la comunità internazionale riconoscendo la necessità di prendere delle misure immediate a favore dell'emancipazione e della promozione della donna. Noi siamo decisi a: 22. Raddoppiare gli sforzi e moltiplicare le azioni che mirano ad ottenere da qui alla fine del secolo gli obiettivi delle strategie d'azione di Nairobi per la promozione della donna; 23. Accertarci che le donne e le bambine usufruiscano pienamente di tutti i diritti della persona umana e delle libertà fondamentali, e prendere delle misure efficaci contro le violazioni di questi diritti e libertà; 24. Adottare tutte le misure necessarie per eliminare tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne e delle bambine, così come gli ostacoli all'uguaglianza dei sessi e alla promozione e all'emancipazione delle donne; 25. Incoraggiare gli uomini a partecipare pienamente ad ogni azione che favorisca l'uguaglianza; 26. Promuovere l'indipendenza economica delle donne con le assunzioni, ed eliminare il fardello, sempre più pesante, che la povertà non cessa di far pesare sulle donne, affrontando le cause strutturali della povertà con i cambiamenti delle strutture economiche, assicurando a tutte le donne, soprattutto a quelle delle zone rurali, l'uguaglianza d'accesso, in quanto agenti capitali di sviluppo, alle risorse produttive, alle possibilità di promozione ed ai servizi pubblici; 27. Promuovere uno sviluppo duraturo al servizio dell'individuo, soprattutto una crescita economica sostenuta, sviluppando l'educazione di base, l'educazione permanente, l'alfabetizzazione e la formazione e le cure di salute primaria nei confronti delle donne e delle bambine; 28. Prendere delle misure concrete a favore della pace, per la promozione della donna e, considerando il ruolo di primo piano delle donne nel movimento a favore della pace, adoperarsi attivamente alla realizzazione di un disarmo generale e completo, sotto un rigoroso ed efficace controllo internazionale, ed appoggiare i negoziati in vista della conclusione a breve termine di un trattato universale, ed effettivamente verificabile sul piano ~nultilaterale,di interdizione completa degli esperimenti nucleari, che favorirà il disarmo nucleare e la prevenzione della proliferazione delle armi nucleari sotto tutti i suoi aspetti; 29. Prevenire ed eliminare tutte le forme di violenza nei confronti delle donne e delle bambine; 30. Assicurare l'uguaglianza di accesso e di trattamento delle donne e degli uomini per quanto riguarda l'educazione e la cura della salute, e migliorare l'igiene sessuale e la salute genetica delle donne e la loro educazione; 31. Promuovere e proteggere tutti i diritti fondamentali per le donne e per le bambine; 32. Raddoppiare gli sforzi per far sì che tut- te le donne e le bambine, la cui emancipazione e promozione si scontrano con svariati ostacoli che si riferiscono a fattori quali la razza, l'età, la lingua, l'origine etnica, la cultura, la religione, le infermità, l'appartenenza ad una popolazione autoctona, possano gioire dell'eguaglianza di tutti i diritti della persona umana e delle libertà fondamentali; 3 3 . Far rispettare il diritto internazionale, soprattutto il diritto umanitario al fine di proteggere le donne e particolarmente le bambine; 34. Creare le condizioni che permettano alle bambine e alle donne di tutte le età di realizzare tutto il loro potenziale, vedere che esse partecipino pienamente e con uguaglianza all'edificazione di un mondo migliore per tutti e affidargli un ruolo accresciuto nel processo di sviluppo; 35. Siamo risoluti ad assicurare l'accesso delle donne, in condizioni di uguaglianza, alle risorse economiche, soprattutto alla terra, al credito, alla scienza, alla tecnica, alla formazione professionale, all'informazione, alla comunicazione ed ai mercati in quanto mezzi per favorire la promozione e l'emancipazione delle donne e delle bambine, anche rinforzando le loro capacità a prendere parte ai vantaggi dovuti all'accesso paritario a queste risorse, soprattutto grazie alla cooperazione internazionale; 36. Assicurare il successo del Programma d'azione, che avrà bisogno di un risoluta volontà da parte dei governi, delle organizzazioni internazionali e delle istituzioni a tutti i livelli. Siamo profondamente convinti che lo sviluppo economico, lo sviluppo sociale e la protezione dell'ambiente, sono degli elementi interdipendenti e complementari di uno sviluppo durevole, che costituisce il quadro dei nostri sforzi tendenti ad arrivare ad una migliore qualità di vita per tutti. Uno sviluppo sociale paritario che permetta ai poveri, in particolar modo alle donne che vivono nella povertà, di utilizzare le risorse dell'ambiente, è una condizione necessaria per uno sviluppo durevole. Riconosciamo allo stesso modo che una crescita economica sostenuta e con ampie basi, nel contesto di uno sviluppo durevole, è necessaria per applicare lo sviluppo e la giustizia sociali. La riuscita del programma d'azione avrà ugualmente bisogno della mobilitazione di risorse sufficienti, su scala nazionale ed internazionale, così come di risorse nuove e addizionali a favore dei paesi in via di sviluppo, nei confronti di tutti i meccanismi di finanziamento disponibili, soprattutto di risorse multilaterali, bilaterali e private, per la promozione della donna; di risorse finanziarie destinate a rinforzare la capacità delle istituzioni nazionali, infraregionali, regionali ed internazionali; un impegno a favore dell'uguaglianza dei diritti, dell'uguaglianza delle responsabilità e dell'uguaglianza del ruolo delle donne e degli uomini in tutti gli organismi nazionali, regionali ed internazionali ed organi di decisione; la creazione o il rafforzamento, a tutti i livelli, di meccanismi di responsabilizzazione nei riguardi di tutte le donne nel mondo intero; 37. Assicurare ugualmente il successo del Programma d'azione in quei paesi in cui l'economia è in transizione, il che richiederà il proseguimento della cooperazione e dell'assistenza internazionali; 38. Adottiamo il Programma d'azione enunciato qui di seguito e ci impegnamo a tradurlo (segue a puy I l ) OTTOBRE 1995 un'opinione Verso comuni obiettivi di Maria Paola Colombo Svevo * «Chi ha vinto a Pechino?» si è chiesta una giornalista all'indomani della pubblicazione del sofferto docunzento finale della Quarta Conferenza Mondiale sulle donne, organizzata dall'ONU. «Chi ha vinto?» se lo saranno chiesto in molti, visto il clima che si era creato intorno a questo evento, prima e durante la Conferenza, presentata quasi come un terreno di sfida tra opposte concezioni, tra femmiizismo radicale e tesi conservatrci, tra integralismi laici e religiosi, o supposti tali. Niente poteva essere più sbagliato e controproducente di una simile impostazione, eppure, al d i là e a dispetto di tutte le preoccupazioni organizzative, delle tensioni inevitabili, delle scelte non felici -prima fra tutte quella della sede della Conferenza - ritengo di poter dire che abbiano vinto le donne, la loro capacità di ascoltarsi, che è stata più forte degli schenzatismi entro i quali ci rinchiudoizo spesso le ideologie. Forse é ancora troppo presto per esprimere una valutazioize conzplessiva sui risultati d i questa Conferenza, che andranno misurati anche per l'impatto che potranno avere sulla vita quotidiana delle donne; nza alcuni segnali positivi ci sono stati, ed è giusto parlarn e. L'eleilzento d i maggiore soddisfazione è stato proprio la verifica della possibilità d i una mediazione, la prova fornita dalla delegazione delle donne dell'unione Europea, che ha saputo cogliere e mediare le differenze che erano state espresse dalle singole rappresentanti ed ha dinzostrato di poter essere un punto d i riferimeizto quarzdo ha saputo parlare con voce univoca. È strano, ma proprio da questa Conferenza é venuta una prova della grande possibilità di mediazione che l'Unione Europea può avere nei rapporti tra il Nord e il Sud del mondo, tra Est ed Ovest. Ricordiamoci che questa era la priilza Conferenza alla quale non partecipava ll«iilzpero» dell'unione Sovietica: nzolte osservatrici hanno notato il vuoto di valori, la confusione anche esistenziale di molti movimenti di donne che la ferrea ideologia comunista copriva con i pritzcipi dell'uguaglianza. La mediazione, però, deve essere comprensiotze di tutte le diverse posizioni verso obiettivi cotzdivisi. In questo senso, alcune sbavature ci sono state durante la Conferenza sui problenzi di carattere etico, ma la piattaforma e la dichiaraziorzefinale sono riuscite ad individuare obiettivi comuni: I'affermazione di un diritto delle donne e delle bambine come diritto umano fondamentale; l'impegno prioritario nella lotta contro la violenza sulle dotzne, nelle sue diverse fori7ze; lo stesso " Vice presidente commissione Giustizia e Interni del Parlaniento Europeo. principio del riconoscimento del diritto alla successione è, per alcuni paesi, riuoluzionario. Ora si tratta di verificare la serietà dei singoli Governi a tener fede a quanto sottoscritto, e anche da questo punto di vista, l'Unione Europea potrà giocare ancora una volta un ruolo decisivo; perché potrà imporre il rispetto di questi principi come condizione per la conclusione di accordi con i paesi in via di sviluppo, aiutando così cotzcretamente la promozione delle donne. Il Parlanzeizto Europeo ha confermato questa linea nel corso del dibattito successivo ai lavori della Conferenza, e si è inzpegnato a modificare i suoi programmi e la sua linea di bilancio per attuare la piattaforma decisa a Pechino. Ma, seguendo un rituale che spesso si ripete, anche un po' stancamente, ad un certo punto è apparso il solito attacco al Vaticano che, insieme agli integralisti islanzici, sarebbe stato - secondo alcuni - battuto nei suoi tentativi reazionari. È, ormai, utz elemento ricorrente in tutti i dibattitz sulla questione femminile, ma sta diventando uno stereotipo così fastidioso, da diventare esso stesso fonte di integralismo. Perciò m i è sembrato necessario richiamare il Parlamento Europeo, non solo al rispetto delle diversità di posizioni politiche, ma anche alla necessità di farsi carico della complessa realtà del rapporto tra fede e politica, dell'importatzza della mediazione tra valori religiosi ed esigetzze della politica. Identzficare la questione feilzminile con la sola questione sessuale, e respingere la posizione del Vaticano perché la si ritiene integralista, significa rzfiutarsi di comprendere le ragioni altrui, dimenticare la stessa nzultiformità del problema che deve dare risposte anche alla richiesta di sviluppo economico e di giustizia sociale per le donne; signzfica allontanare le possibilità d i dialogo con molte donne e associazioni che, senza rinutzciare alla propria fede, stanno lavorando come altre e più di altre per la promozione della donna. E questa volta il Parlanzento Europeo ha respinto questa interpretazione unilaterale e superficiale, bocciando l'emendamento che cercava di riproporla. Ha vinto la consapevolezza che esistono ben altre sfide, alcune delle quali erano elencate nel titolo stesso della Conferenza: «Uguaglianza, Sviluppo e Pace». Altre ci sono state ricordate dalle rappresentanti dei Paesi più poveri del pianeta, che hanno fatto presente che ci sotzo milioni di donne nel mondo che ancora lottano per vedersi riconosciuti i diritti più essetzziali di un essere umano. Per queste donne abbiamo il dovere di continuare a lottare unite, mettendo da parte egoismi e intransigenze, e rirzuizciando a piccole vittorie personali per raggiungere invece traguardi più importanti, traguardi di civiltà e di sviluppo per tutti. m quali azioni per i governi territoriali? Per una nuova società paritaria di Fausta Giani Cecchini * Prima di iniziare a svolgere il tema proposto è opportuno fare alcune precisazioni. In primo luogo circoscriverò il mio discorso all'Europa; in secondo luogo, essendo diversi i poteri dei governi territoriali europei, procederò per considerazioni generali. L'intervento dei singoli governi sarà tanto più incisivo quanto più alto sarà il grado di autonomia raggiunto, all'interno del principio di sussidiarietà. Tuttavia, se il loro potere legislativo è diverso, è uguale la loro possibilità di applicare le leggi esistenti e di sollecitare e sostenere la politica delle pari opportunità. Si potrebbe pensare che i settori specifici che riguardano le donne siano non molti e circoscritti. In realtà, la questione femminile attraversa tutti i problemi. I governi, a partire d a quelli territoriali, cominciano a rendersene conto, ma ancora in misura non sufficiente. Consideriamo, ad esempio, il problema della struttura e dell'organizzazione delle città. Si tratta di questioni che interessano tutti i cittadini. Ma le donne, spesso incaricate di sbrigare mille incombenze, destreggiandosi fra lavoro extra domestico e lavoro familiare, avvertono maggiormente la necessità di avere una città vivibile, con più centri commerciali e di servizio. Anche il problema dei trasporti riguarda tutti i cittadini, ma influisce in modo più incisivo sulle donne: la scarsezza, l'affollamento, la lentezza dei mezzi, l'irrazionale organizzazione della rete sono di grave intralcio alla loro giornata fitta, assai più di quella degli uomini, di impegni diversi che richiedono frequenti spostamenti. Un altro settore cui le donne sono particolarmente interessate è quello degli orari dei negozi e degli uffici, quasi sempre fissati secondo le esigenze degli esercenti e degli impiegati piuttosto che sulle necessità degli acquirenti e degli utenti; tantomeno delle donn e cui la famiglia delega acquisti e pratiche. Così la casalinga è costretta a perdite di temp o e di energia; la donna che unisce il lavoro fuori casa a quello domestico si trova costretta spesso ad assentarsi dal posto di lavoro con permessi e talora di soppiatto; fatto questo, che le viene rimproverato sempre, risolto nelle sue cause mai. Dobbiamo chiederci se è giusto per la donna e proficuo per la comunità farla lavorare in condizioni di stress, senza la calma e la concentrazione che invece per l'uomo son o riconosciute come diritto e salvaguardate. Anche la questione ecologica interessa tutti i cittadini, ma in particolare le donne. "Presidente della Con~n~issione donne del CCRE. menlbro della Giunta dell'AICCRE. Relazione tenuta al Convegno «Donne e processi decisionali nei poteri locali ver. 13-14/10/'95. so l'anno 2 0 0 1 ~Atene. costrette a spingere le carrozzine dei loro figli su marciapiedi affollati e invasi, proprio all'altezza del bambino, dalle zaffate dei tubi di scappamento, messe in grado di non trovare nei pressi dell'abitazione una zona verde e sana dove condurre i figli, timorose - a ragione - di vedere compromessa dalla situazione ambientale la propria maternità. Non si p u ò concludere il discorso sulle città senza sottolineare il problema della sicurezza che preoccupa tutti, ma impressionan o di più le violenze, gli stupri, le aggressioni quotidiane che le donne subiscono. I governi territoriali devono intensificare la loro azione, che non può limitarsi all'impiego delle forze di polizia ma richiede un'ampia politica sul piano culturale e ambientale. Questi i principali gravi problemi che riguardano l'intera popolazione delle città grandi e medie. Le esigenze delle donne non sono un intralcio, un problema nel problema, ma al contrario costituiscono una spinta e, in definiliva, un sostegno per i governi territoriali chiamati a risolverli. Nei piccoli comuni l'incidenza di questi fattori è minore, anche se la presenza di autostrade e la tendenza alla cementificazione possono produrre, anche in questi territori, situazioni analoghe. Però le donne dei piccoli centri pagano i vantaggi di una vita meno convulsa, più sicura e più sana con l'isolamento che rende più difficile per loro la soluzione di problemi che riguardano la generalità delle donne: salute, istruzione, formazione professionale, informazione, presenza dei servizi sociali. Anche nel settore del servizio sanitario le donne hanno esigenze specifiche oltre quelle comuni a tutti i cittadini. I1 progresso delle tecniche mediche, preventive e curative, ha portato loro indubbi vantaggi, ma non ovunque esse sono messe in condizione di fruirne per sé e per i figli. La causa sta nell'irrazionale e deficitaria dislocazione di ospedali, ambulatori, consultori, nella insufficienza delle attrezzature. Operare con decisione in questo settore è un dovere primario dei governi territoriali. È inaccettabile che nei nostri paesi ci siano ancora maternità indesiderate, causa di tragedie psicologiche e talora persino penali, aborti clandestini, morti per cancro al seno o all'utero che la prevenzione avrebbe evitato, livelli, anche se non altissimi sempre ingiustificabili, di mortalità perinatale e infantile. I1 tema dei servizi sociali è stato uno dei primi proposti con forza dalle donne. Qualche risultato si è raggiunto, ma si è ancora lontani dall'aver risolto in modo soddisfacente per quantità e qualità il problema della scuola per l'infanzia. Ancora meno si è fatto, sempre in quantità e qualità, per ciò che concerne le strutture di assistenza agli anziani e ai disabili. Realizzare i servizi sociali significherebbe sollevare le donne dalla situazione gravosa e ~aralizzantein cui le pone ancora la società che, facendo leva sulla loro sensibilità, risparmia ingenti somme grazie al loro lavoro non retribuito. L'azione dei governi territoriali non può limitarsi a quella fin qui tracciata. Essi devono intervenire anche nel campo dell'istruzione, della formazione professionale, dell'informazione. Realizzare un programma serio in questi settori significa porre le basi essenziali dell'uguaglianza fra tutti i cittadini, ponendo ciascuno di loro in condizione di sviluppare tutte le proprie potenzialità. Ma, al solito occorre una particolare attenzione alle specifiche esigenze della popolazione femminile. Ad esempio, bambine e adolescenti frequentano con maggiore difficortà rispetto ai loro coetanei, scuole lontane dal domicilio. Questa lontananza rafforza le remore di una tradizione ancora superstite e conduce o all'abbandono prematuro della scuola o ad una scelta obbligata del corso di studio. Le carenze nella formazione professionale danneggiano più le donne che gli uomini, perché aggiungono un altro ostacolo sulla via del lavoro a quelli che la tradizione e la cura familiare già pongono. I tassi della disoccupazione femminile sono eloquenti. Comunque, l'importanza dell'istruzione e della formazione professionale per rendere effettive le pari opportunità fra donne e uomini è ormai largamente riconosciuta, mentre viene ancora sottostimata, a torto, quella dell'informazione. Radio, televisione, stampa sono oggi mezzi molto diffusi, efficaci nel diffondere le informazioni. La loro capacità persuasiva è altissima, come hanno ben compreso i pubblicitari del commercio e della politica. Questa potenzialità otterrebbe risultati eccellenti se usata per combattere i pregiudizi, per diffondere la conoscenza, per rinsaldare e arricchire la democrazia. La responsabilità di chi gestisce I'informazione è grande, specialmente nei momenti di trasformazione della società perché aiuta sia coloro che sono attori di questo fenomeno sia coloro che, non coinvolti direttamente, hanno il diritto e il dovere di seguire la sua evoluzione per comprenderne e valutarne il significato e il valore. Oggi le donne sono impegnate a recuperare la loro storia, a elaborare il presente nella prospettiva di un futuro che le vedrà pienamente partecipi della vita sociale, economica, politica. In questo processo impegnativo hanno bisogno di informazioni che permettan o una conoscenza precisa delle tappe via via raggiunte, un continuo aggiornamento, un costante scambio di esperienze. Ma tutti i cittadini devono essere informa(segue a pag I I ) OTTOBRE 1995 una scuola attiva alla scoperta autonoma della realtà contemporanea Una esperienza didattica di educazione alla sovranazionalità: unire l'Europa per unire il mondo di Laura Ortolani Serafini all'educazione civica inserita, senza radici, in una scuola conservatrice sostituire un insegnamento interdisciplinare, che investa tutte le materie, e confronti la guerra delle nazioni con la logica unitaria dei macroproblemi planetari Nel teatrino di una scuola romana la primavera del 1995 è stata festeggiata con canti, balli e recite, effettuati - anche secondo modelli esotici - da due scolaresche di Terza Elementare, i cui allievi, originari dei quattro maggiori continenti della Terra, apparivano tutti mirabilmente integrati e ciascuno valorizzato. Nell'intervallo fra il primo e il secondo tempo dello spettacolo, i piccoli studenti hanno intervistato alcuni spettatori. Per prima toccò a me, nonna di uno di loro, e mi sentii chiedere: «Cosa ne pensa della primavera?» «Mi piacerebbe raccontarvi come mi comportavo con i miei alunni - cominciai a dire quando insegnavo matematica e scienze in una Scuola Media di Roma. L'entrata di una nuova stagione era l'occasione giusta per avviare un discorso molto importante, che ora potrei accennarvi se avessi a disposizione un po' di tempo». Poiché il Maestro Antonio, l'organizzatore principale dello spettacolo, mi fece capire con un gesto che avrei potuto dilungarmi a piacere, ripresi a parlare pressappoco così, indirizzandomi anche agli insegnanti presenti:' «Ogni cambio di stagione ci ricorda che la natura ha dei ritmi fissi: all'inverno subentra la primavera, a questa l'estate, poi viene l'autunno. Infine - dopo un anno preciso - ricomincia l'inverno. E così via semDre. Parliamo dunque dei ritmi della natura; più precisamente diciamo qualche cosa sui cicli della natura, sapendo che la parola "ciclo" indica una successione di fenomeni che si ripetono nel tempo con regolarità. Come esiste il ciclo delle quattro stagioni, c o m ~ l e t oin un anno. così esiste il ciclo dell'acqua; lo avete studiato ultimamente, ma forse non sapete che si completa in due milioni d'anni. Esistono anche il ciclo dell'ossigeno, completo in duemila anni, e il ciclo dell'anidride carbonica. completo in trecento anni. Anzi ogni sostanza del pianeta ha un proprio ciclo fisso con auesta caratteristica fondamentale: ciascuna sostanza coinvolge tutte le altre sostanze in ingranaggi concatenati che interessano ogni parte componente del globo: flora, fauna, oceani, atmosfera, suolo e strati interni della Terra. Perciò possiamo supporre che il pianeta sia un unico grande organismo, una macchina perfetta che si mantiene in un meraviglioso stato di equilibrio stazionario grazie al flusso ciclico di tutti i suoi materiali. Da ricordare che questo riciclaggio naturale avviene a dimensione planetaria (non a dimensione nazionale e neppure continentale). Con l'abbattimento delle foreste e con l'uso del carbone, del petrolio e di altre sostanze, l'uomo ha apportato alla macchina terrestre cambiamenti tali da alterare gli equilibri naturali e attenOTTOBRE 1995 tare seriamente alla sopravvivenza della vita sul pianeta. E il problema si può risolvere solo su scala mondiale. Ecco perché a Berlino si tiene in questi stessi giorni una Conferenza mondiale: l'Onu vuole sensibilizzare le Nazioni al rispetto scrupoloso degli equilibri naturali, nei riguardi delle emissioni di anidride carbonica. Sì, i popoli - per il bene proprio e delle generazioni future - dovrebbero pensare alla protezione dell'Ambiente in cui vivono, invece di dedicarsi a litigi fra di loro e a guerre abiette e assurde. Ispirandosi alla perfetta organizzazione della macchina terrestre, le etnie diverse devono invece essere solidali e collaborare in un clima di stima vicendevole: tutto ciò permetterà alla comunità umana di raggiungere sviluppo e progresso tecnico, in armonia con le leggi della natura. La Comunità Europea cerca di dare il buon esempio, trasformandosi gradualmente in una Federazione di dimensione continentale, in consonanza con l'art. 11 della Costituzione Italiana. Infatti "federalismo" significa "patto democratico fondato sulla solidarietà fra nazioni e sul rispetto reciproco di tutte le libertà locali e individuali". Visto che il globo terrestre è un unico organismo, e considerato c h e i grossi problemi dell'umanità (inquinamenti, fame, sottosviluppo) sono risolvibili solo a livello planetario, perché mai tutte le nazioni del Pianeta non dovrebbero unirsi in una Federazione Mondiale? Una Istituzione Sovranazionale dovrebbe gestire razionalmente la moneta, i commerci internazionali e il patrimonio comune dell'umanità (atmosfera, oceani, foreste tropicali, riserve alimentari ed energetiche); dovrebbe avere anche il potere di comporre pacificamente le vertenze fra i popoli. L'Onu non è tale: lo si vede nella ex-Jugoslavia». I bambini, seduti sul piancito del palcoscenico, ascoltavano attentissimi; alcuni, perplessi sulla prospettiva di una «federazione mondiale», avevano talvolta commentato con critiche ironiche l'ipotesi di un «governo sovranazionale» che assicurasse la pace e lo sviluppo planetario. Allora decisi di terminare in questo modo: <<Voiin questa scuola avete già realizzato una federazione sovranazionale di bambini: lo avete dimostrato con lo spettacolo odierno. Gli adulti, per non sfigurare davanti a voi, metteranno ogni impegno per superare le difficoltà esistenti e riusciranno a realizzare quel "Progetto di ordinamento mondiale del duernila" che i miei alunni del 1980 immaginarono e descrissero con precisione». La maestra Anna Rita manifestò gratitudine per il «messaggio che era stato portato alla scuola» ed espresse l'intenzione di continuare il discorso nelle classi: le inviai perciò un mio libro af- finché si trovasse nelle migliori condizioni al momento di discutere con i suoi allievi, a fondo e pianamente. i contenuti dell'inte~ista. Si tratta di «Educazione alla souranazionalità» ( l ) , che ho curato, insieme a otto docenti e otto ex-allievi della Scuola Media Statale «Teresa Confalonieri» di Roma, allo scopo di descrivere tutte le fasi di un'esperienza didattica, durata quasi un ventenni0 nell'intera Scuola. I1 libro contiene, tra l'altro, una Programmazione educativa e didattica specifica, una bibliografia aggiornata, e quelle considerazioni logiche che, a mio parere, maggiormente possono stimolare una educazione autentica a una convivenza civile degli uomini sul pianeta. I1 laboratorio interdisciplinare Laureata in matematica e fisica e docente di matematica. scienze e educazione sanitaria. ho promosso e coordinato le attività, sul campo e sui libri. di un «Laboratorio interdisci~linaredi ricerche sulla realtà contemporanea», comprendenti la ~ r o d u z i o n edi una auarantina di volumetti monografici, completi di indice e bibliografia, composti a mano dagli studenti, autori di tutti i materiali contenuti: relazioni, proposte, grafici. glossari, illustrazioni, poesie, dialoghi, commediole, canzoni, audiovisivi, giochi didattici. Come nacoue la soerimentazione? Dopo aver analizzato con i miei allievi una serie di oroblemi sanitari e sociali insieme alla auestione dei ragazzi handicappati inseriti nella scuola («i diversi»), introdussi, all'inizio del triennio 1977/80, una strategia innovativa nel mio piano di lavoro, senza prevedere che avrei creato le premesse di una cultura di Dace attraverso l'educazione alla sovranazionalità. Avevo deciso. d'accordo con le due insegnanti di Lettere del mio Corso, di guidare gli allievi contemporaneamente alla scoperta delle leggi naturali dell'ecologia e alla comprensione delle leggi umane dell'economia. Tramite alcune visite di studio fuori della Scuola, la raccolta di testimonianze, le interviste a esperti esterni, e soprattutto la consultazione di quotidiani, riviste e libri, s'incominciarono a scandagliare nell'anno scolastico '77-'78 i tre settori dell'economia. Scoperto il deficit agro-alimentare italiano, furono apprezzati i contenuti della legge cosiddetta Quadrifoglio, che proprio in quel periodo veniva emanata. Appresa la contemporanea fondazione della Confcoltivatori, gli studenti - coinvolti direttamente nei lavori di vendemmia del viterbese - presero interesse alla storia dei movimenti di coo~erazionee inter~ellaronol'Istituto Nazionale per l'Educazione Cooperativa. Sui problemi dell'alimentazione, si rivolsero alla F.A.O. Così il quadro si allargò decisamente. u Le relazioni sintetiche dei ragazzi, ordinate razionalmente con grafici, illustrazioni e poesie originali., formarono un fascicolo intitolato «Nuovi argomenti di scienze», e le famiglie lo riprodussero per tutti gli studenti con fotocopiatrice, a scopo di riutilizzazione didattica. Nell'anno scolastico successivo, la lettura del libro Piccolo è bello di Schumacher dette un'impronta determinante ai nostri studi. In una edizione ampliata del libretto autogestito, si parlò per la prima volta della storia della moneta, del sistema monetario internazionale da Bretton Woods (2) in poi, e del sistema monetario europeo - lo S.M.E. - che assai parzialmente era andato in vigore proprio in quei mesi. Comparve il concetto <<Non2. econornico ciò che non è ecologico». Si esaminarono le statistiche relative alle spese per gli armamenti nel mondo insieme alla lista dei massimi es~ortatoridi armi e all'elenco dei paesi deila fame. Si analizzò il problema energetico, scoprendo l'esistenza di un « nuovo modello globale di sviluppo». Infatti, in occasione del ventennale della scomparsa di Adriano Olivetti (3), tutti i giornali pubblicavano articoli su questo pioniere della pianifcazione del territorio, basata suila contemporaneità dello sviluppo economico e dell'assetto del territorio, in modo che il primo sia sempre subordinato alle esigenze del secondo (l'ambiente in cui vive l'uomo). Ristudiando l'edizione ampliata del libretto autogestito, ora pubblicato con il titolo «una scuola con periscopio», i ragazzi s'impadronirono di alcune nozioni basilari: 1) i danni arrecati agli equilibri ecologici rimbalzano da un continente ail'altro: 2) le risorse naturali sono disiribuite qua e là casualmente sul pianeta; 3) i Paesi superindustrializzati del Nord della Terra (1/4 della popolazione mondiale) consumano i 3/4 delle risorse " globali: 4) popoli poveri spendono in armamenti una parte assai larga del loro misero patrimonio, per offendere popolazioni vicine, altrettanto povere, con una vergognosa speculazione da parte dei Paesi (Italia compresa) industrialmente avanzati e produttori di materiale bellico; 5 ) i Paesi del Nord monopolizzano non solo la produzione industriale, ma anche tutti i commerci internazionali, per di più col sistema imperiale dello «scambio ineguale»; 6) nel 1971 il sistema monetario nato a Bretton Woods, in balia deile decisioni unilaterali di una sola Nazione, si dissolve: il dollaro, punto di riferimento di tutto il sistema, è dichiarato inconvertibile. Gravissime le conseguenze sull'economia dei Paesi in via di sviluppo (che diventano sempre più poveri, mentre quelli ricchi diventano sempre più ricchi). Due i concetti intuiti dai ragazzi: la Terra è un unico ecosistema: i micro e i macro~roblemisono interdipendenti ed è necessario esaminarli nella loro globalità e interrelazione e inventare soluzioni complessive e diversificate. Nel terzo anno di questa strategia innovativa, a u s ~ i c euna scolaresca di terza media assai curiosa dei misteri del cielo, si convenne, nei consigli di classe del mio Corso, di completare gli studi di astronomia con indagini sul personaggio di Albert Einstein, di cui ricorreva il centenario della nascita. Allora fu edito «Omaggio a Einstein», che contiene notizie sulla sua fanciullezza, le sue battaglie politiche da adulto - mondialiste e pacifiste -, le sue teorie rivoluzionarie nel campo deila fisica. Insieme, nozioni e disegni di astronomia, poesie, tre commediole e alcuni ritratti dello scienziato. Dalla fisica e dall'astronomia un salto - quasi una scoperta - nel cosmopolitismo e nel federalismo: frattanto appare evidente l'irrazionalità di frontiere invalicabili fra gli Stati. C, Durante la riutilizzazione didattica dei due libretti editi, quello di economia-ecologia e l'altro di astronomia, sorse un interrogativo: i ragazzi, come vorrebbero il loro futuro? I1 tema, svolto a casa da 74 ailievi di prima, seconda e terza media, portò alla ribalta uno specchio amplissimo di proposte che ricopriva tutti gli aspetti della vita sociale, a livello locale, continentale, planetario. Tre fra i ragazzi di terza media dimostrarono di aver assimilato tanto gli ideali pacifisti e mondialisti di Einstein quanto la lezione di economia di Schumacher. Proposero infatti l'istituzione di una precisa organizzazione sovranazionale che lasciasse altresì iena autonomia aile comunità locali; la immaginarono dotata di poteri effettivi sia per risolvere pacificamente le vertenze fra i singoli Stati, sia per gestire e proteggere il patrimonio comune dell'umanità (l'atmosfera, gli oceani, le foreste tropicali, le risorse energetiche e alimentari). Scelsero il nome per questa organizzazione sovranazionale, «Stati Uniti del Mondo», e la sigla, U.S.W. - United States of World. Nacque così, nella primavera del 1980, un dettagliato «Progetto di Ordinamento mondiale per EDUCAZIONE A 1,LA SOV RANAZIONALITA' 1'Homo Sapiens del Duemila», abbinato a una Tavola esplicativa e a un «Appello a tutti gli amici del mondo». Valore emblematico di una federazione europea Dai pririii anni Ottanta, i miei alunni lavorano anche con tutti gli altri studenti della Media «Confalonieri». Si vogliono individuare i valori realmente capaci di migliorare la qualità deila vita, mentre si tenta di perseguire una educazione ambientale finalizzata alla formazione di un cittadino cosciente dei suoi diritti-doveri in ordine alla organizzazione razionale del mondo. La Comunità Europea è sempre citata come un caso embkmatico. Infatti: a) un'Europa federata può avere il valore di esempio, considerata la sua storia di guerre fratricide; b) un'Europa federata, come prima potenza commerciale e seconda potenza industriale del mondo, può concorrere a risolvere il problema Nord-Sud meglio di altre potenze, secondo un auspicato «nuovo modello di sviluppo planetario», rivolto più a soddisfare i bisogni spirituali dell'uomo che a rico~rirlodi beni materiali superflui; C) un'Eurooa federata ouò ridare al vecchio continente il suo ruolo di soggetto della storia. Può aiutare la formazione di una cultura planetaria che, senza perdere la parte di valori e di aspirazioni delle dottrine che fino a ieri si contrapponevano (la liberal-democratica e la comunista. o del socialismo reale), sia in grado di creare una nuova ideologia che superi le esperienze del passato e guidi una gestione federale dei macroproblemi mondiali, nell'interesse e nel rispetto di ogni individuo e di ogni civiltà, nel pieno sostegno della riserva di capitale ecologico. Perciò all'Euro~ai ragazzi dedicano diversi li" bri autogestiti; alcuni titoli e sommari sono indicati di seguito. «Europa domani» La Comunità Europea e la questione del suo amplianiento da nove a dodici Paesi. I Greci: gli inventori della democrazia. La Grecia oggi. Le nazioni della penisola iberica nella storia europea e mondiale. I1 dopo-Franco. Sintomi di ripresa in Portogallo. I grafici matematici per capire la realtà socio-economica dei tre Paesi. Proposte didattiche per la conoscenza deil'uomo europeo. «Unità dell'Ez~ropanel Medio Evo» Le radici comuni della realtà europea negli aspetti spirituali, culturali ed economici, attuati nella vita quotidiana dell'uomo del Medio Evo. Bibliografia. Proposta didattica per la promozione di una coscienza europea. «Energia per l'Europa» La politica energetica della Comunità Europea: gli interventi promozionali. Si scopre un importante giacimento: il risparmio. La crisi energetica nel quadro dei macroproblemi. Le prospettive deila ricerca scientifica e tecnologica. I1 dilemma nucleare. Da un giusto rapporto Uomo-Energia-Territorio un nuovo modo di vivere, di produrre, di consumare. Bibliografia. Proposte per una educazione energetica e ambientale, aila ricerca di un nuovo modello globale di sviluppo «Se vuoi la pace, prepara l'Europa» I1 divario Nord-Sud, fonte d'instabilità e conflitti. Un'Europa, unita economicamente e politicamente, può favorire lo sviluppo dei Paesi emergenti e il loro inserimento paritario in una Comunità mondiale equilibrata e pacifica. Bibliografia e glossario. Proposte per un'educazione alla solidarietà mondiale «Scuola e lavoro nell'Europa dì domanzi> Gli interventi di undici allievi all'VIII Incontro Internazionale Macroproblemi. Quale formazione scolastica per il futuro lavoro. Educare al cambiamento. I1 diritto deil'uomo a un lavoro gratificante. L'occupazione in una Europa disunita. L'occupazione in un'Europa unita politicamente ed economicamente. Inteiligenti invenzioni per una democrazia mondiale dell'interdipendenza. La sensibilizzazione dell'opinione pubblica. «Er monno novo», una poesia con tre chitarre. «Problemi connessi con l'approvvigionamento idrico in Europa e nel mondo» La risorsa «acqua» alla base di ogni attività umana. Interrelazione del ciclo idrico con la litosfera, l'atmosfera e la vita dei monocellulari e pluriceilulari. Le falde acquifere. I bacini sotterranei OTTOBRE 1995 artificiali. L'approvvigionamento idrico nel quadro dei macroproblemi umani in Europa e nel mondo. Bibliografia. Proposta didattica per l'educazione all'acqua. Anche gli altri libri costruiti dai ragazzi (sui Paesi sottosviluppati e l'educazione alla solidarietà, sui diritti e doveri dell'uomo e l'educazione ambientale, sulla salute umana e l'educazione sportiva, sull'urbanistica e l'educazione stradale, sulle prospettive di lavoro e il valore dell'artigianato, ecc.) si chiudono con la riconferma che una stretta cooperazione mondiale è l'unica via possibile per la soluzione dei grossi problemi umani. È doveroso creare un nuovo modello di democrazia mondiale delle interdipendenze 11 1984 vede il Collegio dei docenti della " «Confalonieri» approvare unanime una programmazione triennale. che formalizza e oerfeziona la strategia di Educazione alla Sovranazionalità, già soerimentata in buona oarte. Si chiamano in causa fisica, chimica, botanica, metereologia, zoologia ed ecologia per chiarire le leggi di natura che regolano i processi biologici fondamentali e i riciclaggi spontanei della materia. Collegate le nuove nozioni agli studi già compiuti sui bisogni veri dell'uomo (risorse naturali, ambiente, sviluppo), e fatte ulteriori ricerche di storia, geografia, economia e tecnologia, emergono evidenti le interdipendenze ecologiche e socioeconomiche tra i Paesi e i Popoli del pianeta. Esaminati poi i documenti internazionali che sanzionano il riconoscimento dei diritti della Dersona umana, si constata che, viceversa, quasi ovunaue nella realtà mondiale. sono conculcati i diritti umani e soffocate le libertà fondamentali. Nel trentacinquesimo volumetto autogestito, il «Manuale di educazione alla pace come organizzazione attiva», edito in 254 pagine dopo nove anni di gestazione nel 1987 con il titolo «La libertà non è solo mia», i nuovi allievi giungono a aueste affermazioni: «Scoperto che le componenti organiche ed inorganiche del globo terrestre ne fanno un unico grande organismo, verificato che le interdipendenze socio-economiche tra i popoli del pianeta uniscono " eli uomini in una sola comunità. constatato quanto siano oppresse le minoranze etniche o religiose. e come siano violati i diritti di alcune comunità al territorio, con conseguenti sanguinose lacerazioni, abbiamo percepito che l'autentica fonte di guerra è l'anarchia internazionale. Infatti, essendo i macro e i microproblemi non risolvibili se non globalmente e mancando le adeguate istituzioni a tutti i livelli, gli Stati e le etnie si comportano fra loro come facevano i clan primitivi nei tempi prestatuali. Quindi è doveroso creare un nuovo modello di democrazia mondiale delle interdipendenze che, con istituzioni idonee, garantisca ad ogni uomo del pianeta l'esercizio delle libertà fondamentali e gli renda possibile di organizzarsi una vita di qualità, in armonia con gli altri uomini e con la natura». Viene rilanciato il «Progetto di ordinamento mondiale» del 1980. secondo cui la Pace si earantisce con la sovranazionalità, rappresentata da una Legge stabile, democratica, uguale per tutti gli uomini, basata su quattro principi: - il principio d'intangibilità dei diritti di ogni individuo alla propria singolarità; - il principio della rinuncia di ogni nazione a una parte di sovranità (per esempio il Brasile non può disporre arbitrariamente delle foreste amazzoniche., auasi l'ultimo oolmone dell'atmosfera terrestre; ora si sta scoprendo anche il ruolo della Siberia); - il principio della solidarietà (per esempio, gli Stati europei hanno interesse a unirsi in una . federazione per tutti quei compiti - monetari, sociali e politici - che singolarmente non sono in condizione di realizzare); - il principio della sussidiarietà (mai assegnare ad un livello superiore quelle funzioni che si svolgono meglio a livelli inferiori e particolarmente a livelli che richiamino la partecipazione diretta dei cittadini). Gli obbiettivi deila s~erimentazione Una cultura di pace nasce dalla confluenza di conoscenze acauisite e di valori riconosciuti. Si comincia a capire a fondo il significato di una impostazione interdisciplinare nella scuola; oltre gli alunni. cominciano a rendersene conto anche " gli insegnanti. I1 che è fondamentale. Perciò la s~erimentazionedidattica della «Confalonieri» - come accennato in precedenza - ha avuto questo unico obiettivo cognitivo: scoprire gli aspetti storici, ecologici, sociali, politici, istituzionalz della realtà, fino a creare la consapevolezza della con~plessitàdell'esistente e dell'inadeguatezza delle istituzioni che si offrono oggi al di sopra e all'intcrno degli Stati Cioè: a) scoorire come litosfera. idrosfera. atmosfera ed esseri viventi siano articolazioni di uno stesso grande organismo, l'ecosistema planetario; b) scoprire come i tempi di :iciclaggio spontaneo della materia non sopportino: i consumi di energia e materie prime, provocati dai criteri di consumismo sfrenato e armamenti crescenti nel mondo. le coltivazioni intensive e i necessari diboscamenti, l'accumulo di rifiuti di ogni genere, derivanti dal consumismo sfrenato e dalle coltivazioni intensive; C) scoprire come da tutto questo conseguano minacce effettive alla sopravvivenza umana, quali gli inquinamenti del suolo, dell'acqua, dell'atmosfera. l'effetto serra. la diminuzione dell'ozono atmosferico, la desertificazione dei terreni agricoli. (A quale istituzione affidare la gestione dell'atmosfera e del patrimomio idrico e forestale, che sono proprietà comune del genere umano, ben sapendo che le Nazioni Unite non hanno possibilità adeguate d'intervento?) d) scoprire come le risorse naturali siano distribuite casualmente nel pianeta. (Come ripartirle equamente, dopo che - a parte la guerra fra poveri - il vigente sistema commerciale internazionale, basato sostanzialmente sullo «scambio ineguale», ha provocato un tale indebitamento dei Paesi del terzo mondo da indurvi lo sfruttamento intensivo delle risorse locali e quindi un progressivo impoverimento delle popolazioni con conseguenti esodi in massa o conflitti che arrivano fino all'annientamento totale?) e) scoprire le disuguaglianze di sviluppo fra regione e regione di una stessa nazione o all'interno di un continente e fra il Nord e il Sud del pianeta. (Come assicurare uguale sviluppo a tutti gli uomini del pianeta, quando assistiamo all'inefficacia degli attuali piani di aiuti al terzo mondo, inefficaci oltre tutto perché non coordinati?) f) prendere coscienza che, vista la crescente invivibilità dell'ambiente umano. causata essenzialmente dai motivi indicati sopra, l'attuale modello di sviluppo non è più proponibile e deve essere sostituito da un nuovo modello di sviluppo dell'intera comunità umana, che garantisca il soddisfacimento dei bisogni fondamentali dell'uomo (alimentazione, salute, habitat, istruzione e dialogo con i suoi simili) insieme a una vita di qualità per i valori spirituali promossi e per il progresso scientifico conseguito. Progresso che mai dovrà essere asservito agli interessi di gruppi di potere ma soltanto agli interessi generali e individuali, e sempre orientando i sistemi produttivi verso una completa integrità ecologica. (Come organizzare tutto ciò, nel rispetto di ogni persona umana e di ogni civiltà, nel quadro di un sostegno della preziosa n~olteplicitàbiologica del pianeta?) g) scoprire come i microproblemi locali siano legati ai macroproblemi continentali e planetari. (Se un microproblema non può essere risolto al livello di partecipazione diretta del cittadino, cioé nel quartiere o villaggio stesso, come rivolgersi al livello superiore senza esserne prevaricati?) h) scoprire come i macroproblemi a loro volta non siano risolvibili se non affrontati nella loro globalità e interrelazione; i) scoprire quanto i popoli del pianeta siano tutti fra loro interdipendenti non solo ne! canmp o ecologico ma anche nei campi culturale, socioeconomico e politico. (Come consolidare in strutture stabili, democratiche e sovranazionali questo complesso sistema di interdipendenze?) l) scoprire come quasi ovunque nel mondo siano violati i diritti basilari della persona umana e conculcate le libertà fondamentali e come tutto ciò dia origine a crudeli lacerazioni m) scoprire quanto le istituzioni degli Stati nazionali a sovranità illimitata siano inadeguate a soddisfare le esigenze dell'umanità in tutti i suoi livelli di aggregazione. (I fatti sanguinosi che si verificano all'interno di quasi tutti i continenti danno un'immagine dell'impotenza di Stati, anche democratici come Israele, di fronte a situazioni di convivenza difficile fra più etnie. Esistono istituzioni sovranazionali, riconosciute da tutti gli Stati, che abbiano poteri reali per la risoluzione di questi problemi ?). Giudicando a posteriori, l'operazione educativa della «Confalonieri» appare mirata, fra l'altro, a queste mete formative: 1) riconoscere un valore primario alla persona umana, soggetto e fine di ogni istituzione, senza distinzione di razza, sesso, religione; 2) scoprire la supremazia dei valori spirituali su quelli materiali, nel senso che - soddisfatti 'i bisogni fondamentali del vivere - facciano premio i valori della vita interpersonale e della creatività sul consumismo sfrenato; 3) educare se stesso ad accogliere la differenza e la specificità dell'altro, cosciente che ogni progresso umano è frutto di più collaboratori e che la collaborazione è possibile nel rispetto, anzi nella curiosità per gli altri; 4) favorire la consapevolezza dell'equilibrio dinamico dei diritti e dei doveri: ogni diritto goduto da un individuo sottintende un dovere compiuto da un altro. E perciò: sviluppare lo spirito di autonomia individuale nei campi politico, culturale, sociale e dell'informazione e promuovere il senso di responsabilità, stimolando la fiducia in sé e la sicurezza di sé. Conclusioni Dalla esposizione sintetica di una esperienza che si è sviluppata spontaneamente per forza interna, si possono ricavare alcune conclusioni operative e alcune proposte per rendere concreta l'educazione, nella scuola, alla partecipazione individuale e collettiva per la costruzione della pace e per la scoperta del federalismo integrale. Intanto si è realizzata una scuola veramente attiva, che procede con continue riflessioni dal docente agli alunni e viceversa, e con gli studenti tutti indistintamente impegnati e stimolati. Ciò si è verificato specie nella redazione dei libretti autogestiti, che valorizzava anche le loro attitudini artistiche e artigianali. Si è passati da esperienze di singole classi al - coinvolgimento di tutta una scuola. realizzando sempre una collaborazione attiva fra scuola e famiglia, e fra scuola e mondo esterno, per le inter&te agli esperti esterni, le inchieste di quartiere, le iniziative concrete di recupero ambientale portate a termine nel Lazio, le molte progettazioni per la città di Roma, allo scopo di diminuirne il degrado e migliorarne la vivibilità, anche in fatto di circolazione viaria. Nel discorso sulla Dace si è coilegata la reazione morale con l'esigenza conoscitiva. Si è capito - e non imposto dogmaticamente - che la chiave di volta è il federalismo. Come dice l'etimo «foedus» = patto vincolante, il federalismo consiste in una serie di patti basati su istituzioni ben comprensibili nei loro fini umani; pertanto la persona umana non viene avvilita dalla legge, ma arricchita continuamente. Soprattutto - mi si permetta questa audace considerazione - lo studio interdisciplinare matura riflessioni che conducono a un nuovo modo di essere consapevolmente civili e di fare politica, al di là di ogni settorialismo e cor~orativismo. Vorrei fare ancora una considerazione attuale. Partendo dai concetti di Dace e di federalismo così chiariti, si capisce l'urgenza e il valore esemplare dell'unità europea e si esclude un neo-nazionalismo europeo (un rinnovato eurocentrismo). Si prova un giusto orrore per l'etnicismo razzista? che è il tradimento patente di quel principio di sussidiarietà, che i miei ex-alunni ormai adulti mi dimostrano chiaramente di aver c a ~ i t oin modo giusto, perché legato al riconoscimento di una interdipendenza globale. Ora una provocazione: perché nelle scuole secondarie non si legge e non si commenta - anche in riunioni pluridisciplinari - il Piano Delors per l'occupazione e lo sviluppo? Già ebbi occasione di parlarne ai docenti riuniti a Baveno dal 22 al 28 agosto 1995, in occasione del XXXV Convegno estivo de1l'A.E.D.E -Association Européenne des Enseignants - sul tema «edr4cazione alla soprannazionalità e unione politica Europea». Infatti la mia relazione, presentata ai convegnisti il giorno 26 con il titolo «Percorsi didattici e pedagogici di una educazione alla sovranazionalità», ha fornito molto materiale all'articolo presente. Tutto ciò per riconoscere un altro concetto fondamentale: chi fa politica deve essere capace di riflettere su proposte di governo per ciascuno e per tutti, e non per difendere privilegi e interessi particolari. Si può constatare così che politica e democrazia s'identificano, sviluppandosi per il bene comune con la metodologia federalista. Un'ultima riflessione nasce dal convegno tenutosi a Siena nel maggio 1995 sull'educazione alla tolleranza: Umberto Eco e Furio Colombo decisero in quella sede - con Jacques Le Goff, Jack Lang e altri - che si dovesse scrivere un «Libro della tolleranza», dedicato a tutti gli insegnanti della Terra. Ma come educare alla tolleranza? I miei' quarantadue anni d'insegnamento nella scuola secondaria e un maggiore avvicinamento alla scuola elementare attraverso l'attuale professione di nonna-pensionata potrebbero far nascere l'idea di una presunzione nell'aver approfondito AICCRE SEZIONE umano è frutto di più collaboratori e che la collaborazione è d ossi bile soltanto in un clima di solidarietà e di stima reciproca. Termino col proporre di sostituire con aro la diversa il termine paternalistico di «tolleranza» che, a mio giudizio, alle soglie del Duemila mal si accorda con il concetto di solidarietà nato dalla convinzione che l'amore fra le persone umane si basa sulla forza morale e la fiducia in se stessi. mentre l'odio spesso scaturisce da un complesso irrisolto d'inferiorità. con alcuni bravi colleghi e colleghe il metodo migliore per educare gli scolari alla tolleranza. Viceversa penso che prima di fissare un metodo, siano necessarie, per una educazione in questa direzione, due premesse. La prima è quella di dover suscitare anzitutto nei ragazzi l'orrore dell'intolleranza, vista in concreto. La seconda è quella di far sì che l'educazione alla tolleranza non sia sentita come il verbo degli anziani, ma sia costruita dai ragazzi, quasi scoprendo il premio della loro autonomia. Circa la scoperta quasi spontanea, autonoma, da parte dei giovani, di quel che significa l'uso generoso e intelligente della propria libertà, mi viene in mente un trucco pedagogico di cui parlava Luigi Russo (4) nella Scuola Normale di Pisa. I1 prof. Russo - me lo ha riferito un normalista, suo ex-allievo - mai consigliava ai propri figli i libri da leggere, non solo per ragioni estetiche ma anche per ragioni morali. Abbandonava un libro su qualche mobile di casa. con l'aria che fosse inutile o forse proibito, per lasciarlo catturare da uno dei suoi figli che poi gli diceva: «Babbo, ma devi vedere come s o n o belle queste pagine dell'autore XY che ho trovato in giro!» In questo modo Russo era riuscito a far leggere ai suoi figli uno dei suoi scrittori preferiti, Guy de Maupassant. Alla «Confalonieri», il denaro proveniente dai concorsi vinti daeli allievi della Scuola veniva trasformato in molteplici copie di Se questo è un uomo di Primo Levi,. a disposizione di tutti gli studenti: i ragazzi avevano la sensazione di esserseli pagati col frutto del proprio lavoro. Non era dunque una imposizione, ma una liberalità che gli alunni si concedevano. Le mie sono, credo, due premesse necessarie, perché ogni forma predicatoria è la morte di qualsiasi corso che, in una scuola attiva, voglia chiamarsi giustamente autogestito. A conclusione di questo mio articolo, mi si lasci rievocare un insegnamento di Carlo Rosselli ( 5 ) : i giovani non seguono con impegno un'idea astratta - in questo caso la «tolleranza» - se essa non è legata a un obiettivo concreto, storico, attuale. Lottando negli anni Trenta contro il fascisma e per la democrazia, Rosselli disse: «In questo momento in cui si prepara una guerra, non basta predicare ai nostri giovani la democrazia. Bisogna porre un obiettivo immediato per realizzarla. Chiediamo gli Stati Uniti d'Europa». Già questa concezione era presente allo storico inglese Sedey (6), che a metà del secolo XIX, durante una assemblea di pacifisti, si esprimeva così: «La pace dovete esigerla proponendo una battaglia per una concreta struttura della società, cioè per il federalismo, che porta alla pace e la garantisce». Per parte mia, h o sempre tenuto presente il grande precetto del federalismo: essere diversi e pretendere l'intero rispetto di questa diversità, ma essere nello stesso tempo disponibili a sottomettersi a una legge comune. Autonomi, anche orgogliosi, nel bene, della propria patria - piccola, la città e la regione, o grande, la nazione ma fermissimi, già all'ombra del proprio campanile, nella difesa prioritaria, logica e morale, del cosmopolitismo, di cui il federalismo è lo strumento, consapevoli del fatto che ogni progresso ITALIANA (1) Laura Ortolani Serafini (a cura di), Educaztone alla souranaztonalitù, I1 edizione 1995 con bibliografia aggiornata e ristampa a colori dei documenti fotografici, Editrice Dimensione Europea, Via G. Baglivi 3, 00161 Roma, Telefax 06/4423.0292. La I edizione 1993 fu recensita da Gianfranco Martini nel n.9/1993 di «Comuni d'Europa». (2) A Bretton Woods (New Hampshire, USA) si tenne nel luglio 1944 la conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni Unite, che stabilì l'ordine monetario internazionale postbellico, avente il dollaro come moneta di riferimento. (3) Adriano Olivetti (1901-1960) è stato uno degli industriali più geniali del mondo contemporaneo, avendo intuito immediatamente - già al momento della pubblicazione dei libri fondamentali di Wiener (fine anni Quaranta) -la rivoluzione sociale che sarebbe scaturita dall'elettronica e dall'informatica. Pioniere dell'urbanistica democratica, è ilno dei maestri europei del federalismo proudhoniano: infatti è del 1945 il suo volume «L'ordine polttico delle comunztÙ>>. (4) Luigi Russo (1892-1961), ordinario di Letteratura Italiana nell'università di Pisa, fu guida di importanti seminari nella Scuola Normale di Pisa degli Anni Trenta. (5) Carlo Rosselli (1899-19371, di famiglia mazziniana, collaborò col suo maestro Gaetano Salvemini al periodico «Non Mollare», intransigente foglio di opposizione aìia nascente dittatura fascista. Provenendo da un socialismo riformista e anomalo, fu un durissimo avversario del regime fascista: dopo carcere, evasione e infine in esilio, fondò il Movimento Giustizia e Libertà (da cui più tardi nascerà il Partito d'Azione) e fu fra i primi, se non il primo, a denunciare il carattere internazionale del fascismo. Salito Hitler al potere (19331, Carlo scrisse un lucido articolo ammonitore, «La guerra che torna*, trovando una forte opposizione nella stessa sinistra progressista nella quale militava: Nenni lo criticò duramente e fra i pochi che lo sostennero vi fu Saragat. Coerentemente con la sua visione del pericolo internazionale del fascismo, e ora del nazismo, partecipò alia guerra di Spagna in difesa della Repubblica e contro l'intervento nazifascista, e propose un obiettivo preciso alle democrazie occidentali (che sarebbe potuto essere un punto di riferimento entusiasmante per la gioventù antifascista dell'Italia e della Germania), quello di creare gli Stati Uniti d'Europa e frattanto di lanciare una Costituente Europea Antifascista. Fu ucciso (con il fratello Nello, uno storico antifascista che risiedeva in Italia e lo aveva raggiunto in Francia) dagli uomini di una squadraccia francese filofascista, su mandato dei servizi segreti italiani. (6) Secondo John Robert Seeley (1834-18951, uno dei massimi storici inglesi del suo tempo, la Storia si deve occupare non degli individui ma degli Stati: il quadro del procedere della Storia è dato dai sistemi politici, cioè da come gli uomini si esprimono attraverso una società variamente organizzata. La storia non dovrebbe semplicemente appagare la curiosità del lettore, ma modificare la sua visione del presente e le sue previsioni sull'awenire. Seeley, mai prigioniero di una visione eurocentrica, guarda a una Europa collocata nel mondo. Come storico, non può comunque prescindere, nei riguardi del mondo intero, da un sistema di valori, e il valore supremo è la pace; ma non può velleitariamente immaginarsi che l'uomo, divenuto angelico, e gli Stati, divenuti divinamente saggi, non si trovino di fronte a controversie - di interesse o anche ideologiche - e quindi «rinuncino» alla guerra. Si deve realisticamente seguire un sistema, assai più razionale della guerra, per comporre le controversie che continueranno a presentarsi. E questo è il sistema federale, che è <<possibile»in Europa e su scala mondiale, come lo sarebbe stato nell'Impero Britannico, e che funziona se è realmente tale, se non decade in semplice confederalismo, cioè senza effettiva limitazione delle singole sovranità. «La federazione che noi vogliamo non è semplicemente un accordo fra governi, ma una vera unione di popoli: sono convinto che essa non sarà mai raggiungibile con mezzi puramente diplomatici, ma solo grazie a un generale movimento popolare». u - DEL CONSIGLIO DEI COMUNI E DELLE REGIONI D'EUROPA ASSOCIAZIONE EUROPEA DEI COMUNI, DELLE PROVINCE, DELLE REGIONI E DELLE ALTRE COMUNITÀ 00187 ROMA COMUNI D'EUROPA W PIAZZA D1 TREVI, 86 W TELEFONO (06) 69940.461 (6 LINEE) - FAX (06) LOCALI 6793275 OTTOBRE 1995 verso la revisione del V programma comunitario Unione empea e ambiente: a che punto siamo? di Silvana Paruolo * La Conferenza dell'organizzazione delle Nazioni Unite su «Ambiente e sviluppo» (UNCED) tenuta a Rio del Janeiro nel giugno 1992 con la partecipazione di 183 paesi si è sforzata di integrare le questioni economiche e quelle ambientali in una visione intersettoriale e internazionale, definendo strategie e azioni per lo sviluppo sostenibile: da qui l'adozione del Piano di azione Agenda 2 1, e di due convenzioni. Ma cosa significa «sviluppo sostenibile»? Quali sono, al di là dell'Agenda 21, i principali piani di azione finora elaborati? A che punto sono? La letteratura sullo sviluppo sostenibile è molto ampia. Comunque, a partire dal 1987, il concetto da esso ricoperto è uno «sviluppo che fa fronte alla necessità del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie esigenze». I n altri termini, è uno sviluppo capace di salvaguardare le risorse, e di sollecitare attività produttive compatibili con gli usi futuri. Tra il 1988 e il 1993, alcuni paesi Ocse (Australia, Canada, Danimarca, Francia, Irlanda, Olanda, Norvegia e Regno Unito) nonché la Commissione delle Comunità europee hanno predisposto propri piani per l'ambiente. Nel marzo 1994, il parlamento italiano ha ratificato le due convenzioni firmate a Rio, concernenti cambiamenti climatici e protezione della biodiversità. Il programma della protezione ambientale 1994.1996 è operativo, con un ammontare di 3.200 miliardi, con azioni per lo più regionali concernenti mare, inquinamento acustico e atmosferico in aree urbane, ricerca, formazione ecc. Sono state adottate leggi basate sulla nozione di sviluppo sostenibile: - le legge sulle aree montane (L 97/31 gennaio 1994). - la legge del riutilizzo dei rifiuti generati dalla produzione e cicli di consumo nei processi di produzione o combustione (materie prime secondarie). - la regolamentazione delle risorse idriche (L 36/5 gennaio 1994) volta sia a superare l'eccessiva divisione delle responsabilità manageriali e la mancanza di continuità nelle reti, che a ristrutturare il sistema delle tariffe. - la legge che ha istituito l'Agenzia nazionale della protezione dell'ambiente ANPA L 617/21.1.1994. A che punto siamo? 11 5" programma comunitario Nel 1993, la Cee ha adottato un V piano di azione della Comunità europea predisposto parallelamente ai lavori preparatori per la conferenza UNCED. I1 piano innova profondamente l'approccio istituzionale all'ambiente spostando l'asse degli interventi dal tipo «comando e controllo» a quelli volti ad integrare le politiche ambientali con le regole di mercato, attraverso il calcolo delle esternalità ambientali sia nella formulazione dei prezzi sia nei processi economici, sollecitando «l'ampliamento dello strumentario» alla ricerca e all'innovazione, all'uso di strumenti fiscali e di sostegno finanziario, alla cooperazione volontaria tra la pubblica amministrazione e le imprese, alla diffusione delle informazioni. Soggetto attivo del V piano è l'intera società civile. Cinque i settori «chiave» d'intervento prescelti per l'attuazione del piano: sono l'industria manifatturiera, il settore energetico, il settore dei trasporti, l'agricoltura, il settore del turismo. I1 28 dicembre 1993 il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha approvato il Piano nazionale per lo sviluppo sostenibile in attuazione dell'Agenda 21 che, sulla base dei settori già individuati dal V Piano Cee, seleziona alcune azioni e obiettivi prioritari. A che punto è la sua attuazione? Una risposta ci viene data da uno stato dell'arte dei lavori pubblicato il 10 aprile 1995. " Dipartimento internazionale della CGIL - Esperta del Comitato economico e sociale deli'unione europea. OlTOBRE 1995 Un primo sforzo di verifica da parte della Commissione europea risale al 1994. Ed ecco, in sintesi, alcune sue principali conclusioni. I. Integrazione delle considerazioni ambientali nelle politiche degli altri settori Sostanzialmente, lo sviluppo sostenibile continua ad essere visto come affare di coloro che si occupano di ambiente. Occorrono istituzioni uniche e consolidate preposte alla tutela dell'ambiente. A livello comunitario dei progressi sono constatabili nella presa in conto dell'ambiente nei fondi strutturali, nei programmi comunitari specifici di R&S (94-98), nelle politiche commerciali, nelle politiche concernenti l'industria manifatturiera. 11. Ampliamento della gamma degli strumenti a disposizione, ivi incluso quelli economici Progressi ridotti sia a livello nazionale che comunitario. III. La partecipazione (coinvolgendo 1'Unione europea, i cittadini, gli ambienti economici e le amministrazioni nazionali) e la condivisione delle responsabilità; c'è stata l'adozione di strategie e piani di sviluppo sostenibile nazionali, ma non in tutti i paesi membri. IV. Modifca degli atteggiamenti e dei modelli di consumo e di produzione. Solo in pochi casi lo sviluppo sostenibile è stato riconosciuto come un approccio capace di creare occupazione e non intrinsecamente negativo per la competitività. Le idee del capitolo 10 del Libro bianco di Delors andrebbero prese in considerazione soprattutto in materia di trasferimento della pressione fiscale dai costi sociali e dal lavoro alle risorse naturali. Gli sviluppi in materia di programmi, controllo e gestione ambientale, la creazione di un marchio di qualità ecologica e l'inserimento di informazioni ambientali nelle relazioni delle imprese stanno contribuendo a modificare i comportamenti. Occorre prestare attenzione alle metodologie di produzione e assicurare una trasmissione di esperienze in questo campo dalle grandi alle piccole imprese. V. Applicazione ed effettività della normativa. Occorrono ancora progressi. VI. La dimensione internazionale. L'Unced ha dato nuovo impulso al dialogo e alla cooperazione internazionale sullo sviluppo e l'ambiente. E essenziale mantenere lo slancio creato dalla conferenza di Rio. Più in particolare, soffermandoci sui 5 grandi settori prioritari d'intervento, si constata quanto segue. 1. Industria manifatturiera. La Commission e sta investendo cospicue risorse per studiare le interconnessioni tra l'industria e lo sviluppo sostenibile. I governi inglese, danese, tedesco ed olandese hanno sviluppato iniziative per assistere le piccole e medie imprese (pmi) con servizi di consulenza ed incentivi finanziari allo scopo di migliorarne l'efficienza ambientale e d instaurare tecnologie pulite. Nel Regno Unito l'industria ha costituito un comitato per promuovere l'adattamento delle tecnologie pulite sviluppate per le imprese di grandi dimensioni alle esigenze delle pmi. Circa la partecipazione e la condivisione della responsabilità non mancano esperienze. Nel Regno - Unito è stato istituito un Cornitato sull'economia e l'ambiente che riunisce 25 imprese leader dell'economia. Durante l'ultimo decennio si è fatto ricorso ad accordi volontari come strumenti politici nei Paesi Bassi, in Belgio, Portogallo e Germania, alcuni siglati a livello locale, altri con le associazioni degli industriali, con le associazioni delle imprese individuali e con gruppi di interesse (ad es. O N G ) . Gli accordi sono divenuti più popolari in tali paesi grazie ad una diversa visione del ruolo del governo della politica ambientale alla tendenza alla deregolamentazione. 11 campo di applicazione di questi accordi volontari è molto vasto e va dagli imballaggi, all'utilizzo di prodotti chimici, alla diffusione delle informazioni ambientali. In Belgio, Germania, Paesi Bassi e Danimarca sono stati introdotti sistemi di consegna ., con vuoto a rendere nel settore delle bevande per stimolare il riutilizzo/ riciclaggio del vetro e di altri materiali. In Germania, in media, il 72% di tutte le bevande vendute in bottiglia rientra in questo sistema. A livello comunitario si sta tentando una migliore cooperazione amministrativa per un maggior rispetto delle norme - COMUNI D'EUROPA ainbientali e di sicurezza negli Stati membri. Circa il rapporto competitività e protezione dell'ambiente, la Commissione osserva che la Germania e il Giappone hanno ottenuto vantaggi concorrenziali dall'aver adottato tempestivamente una severa normativa; e ribadisce il proprio impegno a livello internazionale per una maggiore efficacia della politica ambientale. 2 . Energia. Save è un programma comunitario finalizzato a stabilizzare le emissioni di C 0 2 , e a un miglioramento dell'efficienza energetica pari al 20%. Thermie e Joule mirano invece alla dimostrazione e diffusione di tecnologie pulite. Altro obiettivo di carattere generale per la Comunità resta lo sviluppo di una gestione energetica basata su una pianificazione. La ratifica della convenzione sul cambiamento climatico ha innescato vari processi di integrazione tra ambiente, energie, industria e politica economica. In materia, in alcuni Paesi (Francia, Germania, Portogallo, Spagna e Regno Unito) sono stati istituiti meccanismi di coordinamento interministeriale. R&ST: la Commissione cita a titolo di esempio il progetto Prolink che riunisce ingegneri di tutta Europa per utilizzare l'esperienza occidentale nel controllo a distanza, ricorrendo ai sistemi telematici per controllare un impianto energetico nucleare in Bulgaria. Scopo del progetto e rafforzare i rapporti esistenti tra produttori di energia elettrica per dimostrare come la tecnologia informatica possa favorire una maggiore sicurezza dell'energia nucleare, e come un simile sistema di informazione diffusa possa risultare importante per la gestione, la sicurezza e l'ottimizzazione della produzione di energia e delle reti di distribuzione. Taluni stati membri utilizzano sussidi, sotto varia forma, e audit ambientali come parte dei rispettivi strumenti economici. Lo sforzo europeo verso una maggiore efficienza energetica, e il ricorso a energie rinnovabili continua. 3. Trasporti. Anche se i primi passi sono stati mossi molto resta da fare in termini di internazionalizzazione dei costi sociali dei trasporti, riorientando la politica delle infrastrutture verso modalità di trasporto più rispettose dell'ambiente. Alcuni paesi hanno stabilito obiettivi concreti per limitare o ridurre l'impatto dei trasporti sull'ambiente. Altri vedono nell'espansione della propria infrastruttura di trasporti e della mobilità una condizione determinante ed un legame necessario tra i rispettivi mercati e quelli del resto della Comunità. Ma tutti sono chiamati alla necessità di riesaminare le politiche dei trasporti per un sistema dei trasporti sostenibile. 4. Agricoltura. I futuri adattamenti della PAC dovranno portare ad un'integrazione delle considerazioni ambientali in agricoltura più rapida. Ciò che occorre con urgenza è che il Feaog destini una maggior quota di fondi a misure che rispettino i requisiti ambientali. 5. Turismo. Le iniziative comunitarie sottolinea la Commissione - non possono avere che un carattere limitato poiché la gestione sostenibile del turismo comporta una gestione integrata a livello nazionale o locale e il coinvolgimento di tutti gli attori per un'azione comune in uno spirito di partecipazione e condivisione delle responsabilità. La revisione del 1995 Intanto, per il 5" programma di azione della Comunità europea per la protezione dell'ambiente è prevista una revisione entro la fine del 1995. La Commissione europea ha già avviato zrn'ampia concertazione: ne uscirà un rapporto pr~yistoper novembre. Tanto dei pareri sono già stati espressi. Quali i punti maggiormente enfatizzati dal Ces (Comitato economico e sociale) della Comunità e dall'Unice (confindustria europea)? Nel suo capitolo «Riflessioni su un nuovo modello di sviluppo», il Libro bianco di Delors (Crescita competitività e occupazione) dal quanieie alla repima per une Comunii~euroma b a b favore dei prodotti dotati di un ecolabel; norme per le analisi costi-benefici. I1 5" programma esige un'inversione di tendenza nelle attività economiche e sociali con incidenza sull'ambiente. Strumenti volontari quali un «ecolabel» e al'audit ambientale» - precisa il Ces - potrebbero andar in tal senso; ma altri strumenti (ad esempio imposte e tasse) andrebbero applicati previo esame caso per caso. I1 principio di sussidiarietà andrebbe precisato. Contrariamente a quanto sostenuto dal gruppo Molitor, la necessità di una regolamentazione di alcuni campi della politica ambientale permane. Permane valido anche il principio della prevenzione. Favorevole alla partecipazione dei lavoratori alle decisioni concernenti l'ambiente, il Ces immagina la possibilità di istituire un delegato per l'ambiente in azienda, come la partecipazione di gruppi economici e sociali alla legislazione e regolamentazione a tutti i livelli. Da parte sua I'Unice (confindustria europea) pone un'enfasi particolare su accordi negoziati tra industria e governo; un maggior clima di dialogo tra business e autorità regolamentari; una semplificazione della regolamentazione, spesso intesa quale mera deregolamentazione. ~~XWO@O --m ~ m , Y U I I - - - , Europa, autonomie, sviluppo, poliliche ambienta& ". * N* .*mnI- ._ . d _ < d. *l?" .,-,__i. .la,YcI ,-.C,. ddiChainugb*"i< &m ud.Dli...*lui.*I.<.n. br,.*#rai d iobrn,* v- & d . " , * . ,k " ~ duVi Bo~lbdirhi<ilmii.r.d.iiii ..-.lim -h.l,ld d* wol....b.",d. Q"",.,,",.d. uirir "i"ra <I ,.di*hi*.) m~ui.rinobpl"i.d.-i* *<l/*<,//d~.___a*m.Ii +, ",,* "" - ., "" ," ,*. ..,mU.,h".-.-" .ioi."i.M<,ail d+YmI iirUim *dip m b d n n d.!i _*t ~ j Y / n . ,d"d. hl~O.l*nI.lYl..iIlpllyllld.U. pmcx,m= d4ub,c"m, * l,i ...-. -,/_i I/"L*ncM.j__/~* -rii,idini ,... Quale contributo da parte dei sindacati? rir w . ~I.",b." ..i,. .",-s,. La Cisl internazionale conta affiliati in 135 paesi, per 127 milioni di membri ripartiti in più di un milione di imprese. Fin dal 1994, a favore dello sviluppo sostenibile, questa organizzazione enfatizza la nozione di eco-audit sul posto di lavoro, convinta che azioni congiunte padronato-sindacati potrebbero avere una forte influenza sulla messa in opera dell'Agenda 21. Quattro, per la Cisl, i settori chiave su cui concentrarsi: conservazione dell'energia, gestione delle risorse, lotta contro l'inquinamento, gestione dei rifiuti. Partiti intanto i suoi lavori preparatori di un Forum sullo sviluppo sostenibile previsto per l'aprile 1996. Tra l'altro, ci si soffermerà sui diversi strumenti di cui i sindacati dispongono sul posto di lavoro per la messa in opera dell'Agenda 21 e del 5" programma comunitario a favore dell'ambiente: convenzioni collettive, strutture in materia di salute e di sicurezza, diverse forme di «cooperazione verde», ecc. Individuati fin d'ora alcuni studi di casi: O,,., <*.O--P. Od d, ~ ~ , ~ d / < , * / " " . d ~ ~ ~ ~ 6 ~ , " . ~ YIY,*&~~.""<.IN..I" M.,," iirurrirll.l*i<l<.ir"c.~uii,n .." ~ - ~ - ~ & i d , ~ " < ~ " ~ ~ ~ , " ~ ~ , . ~ . d,j~/*.~m<"/."~..d"~/l.~bl~"~", <,."DI,"/ ,L,, _IL m.pl.O ,.*di.nnui duin.hol0 <"di drl. i> rrprnniidi b m b k .mrrr.r .i b"iinitiy.ia.o.o diU. ,.W,. d.U.i" M. p/IU.la d<" "t<.. illUII1 h-", i,,~ii,d" .w,"l.., ~*-*.~~~a*h.hl~ ~-,~.~,"a"c.v"m",,,,.".mbkd .." "D,"~_.,~"* /~ lll. l d , P.,%. " /bd.j*d.ll",~,""lm..-. ~ ~ , ~ , " , " . - m ~ , w ~ " ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ " , c - d"i"i.a dilrnrnm b.bli" d i 1 dr#ii dii.". o d i l "" ..II". vlYI-k. *Y'.ml,.,cc,"-p /w*.,"ll,rdvm.i.*ii.rrni,uri "".. h ,h"-,., "d .-.* """-*,~,m"..,lo","l.l~, "o" "<,"" , I stabilisce un chiaro collegamento tra esigenze economiche. Queste riflessioni, ritiene il Ces, vanno riprese nel corso della revisione del 5" programma. Tra gli altri punti enfatizzati dal Ces, si ritrovano: e i limiti di una definizione astratta degli attori della politica ambientale; e l'assenza e di consenso sociale sugli obiettivi del programma, e di un sistema d'indicatori per uno sviluppo sostenibile dell'ambiente; e l'aspetto lacunoso delle informazioni nazionali sull'applicazione del programma; e l'opportunità di un miglioramento e del parteneriato degli attori e dell'integrazione del 5" programma nelle politiche europee e nazionali; e l'opportunità di un chiarimento del rapporto tra strumenti esistenti e nuovi che convenga sul fatto che la politica ambientale deve restare fondata sulle regole emanate da poteri pubblici, pur facendo ricorso a strumenti diversi (legislativi ed economici). Per l'internazionalizzazione dei costi dei danni causati all'ambiente, il parere del Ces cita la messa in opera del principio del chi inquina paga; le tasse ecologiche; una migliore responsabilità civile obbligatoria; una modifica del sistema di contabilità delle imprese; una modifica delle disposizioni concernenti gli appalti pubblici a a. i sindacati tedeschi: finora esistono un 50 accordi scritti sindacati-imprese per migliorare le condizioni ambientali delle attività industriali in Germania. Ad esempio, nel 1993,l'Ig Meta1 ha adottato nel Baden-Wurtenberg una campagna sugli idrocarburi cloridati. Poiché l'esposizione a sostanze chimiche aveva provocato delle malattie fra gli operai, 360 delle 620 industrie cessarono di utilizzare questo materiale, con una riduzione della produzione di circa del 50%. I cambiamenti furono possibili grazie ad accordi volontari tra sindacati e aziende. b. Industria alberghiera della Finlandia. C. Accordi nel settore pubblico d. Partneriato e formazione. Un esempio: il Laborers International Union of North America ha lavorato con dei datori di lavoro per mettere in piedi un fondo comune di educa- zione su scala industriale, che ha già contribuito alla formazione di più di 45000 lavoratori in Canada e negli Usa, nel campo della gestione dei rifiuti. e. il programma australiano «Lavori ecologici nell'industrian. È evidente che i problemi non mancano. Ad esempio, la normazione tecnica è essenzialmente gestita dalle aziende. Dal momento che le norme di salute e sicurezza, come le norme ambientali, li riguardano, come posson o partecipare lavoratori e sindacati alla loro elaborazione? E ancora, basta un diritto d'informazione sui pericoli dei prodotti, da inserire in negoziati collettivi? In che misura ricorrere a norme ISO piuttosto che europee? In che misura privilegiare norme obbligatorie piuttosto che volontarie? Quale ruolo per 1'OIT (Organizzazione internazionale per il lavoro) e 1'OMS (Organizzazione mondiale della Salute)? In materia di salute e sicurezza, si contano circa 70 convenzioni OIT, numerose raccomandazioni e più di 20 codici di pratica. E ancora, da una parte, c'è da fronteggiare l'emergenza di imprese che minacciano di chiudere; dall'altra, c'è la consapevolezza dell'opportunità di una strategia di pianificazione di ristrutturazioni e riconversioni, e di politiche industriali, di ricerca e sviluppo, e fiscali all'altezza delle sfide cui ci si trova confrontati. Una cosa è comunque certa, in Italia come altrove, i sindacati possono e devono contribuire a superare lo scarto oggi esistente tra enunciazioni di principi e programmi e la realtà delle cose. Possono e devono contribuire a capire quanto è stato già fatto, e quanto resta ancora da fare. L'Europa centrale e orientale I paesi dell'Europa centrale e orientale sono confrontati in particolare con i problemi ambientali collegati ai regimi di privatizzazione. Quattro le principali questioni finora emerse: l'inquinamento ambientale sul posto di attività; l'inquinamento ambientale a distanza (scariche di rifiuti pericolosi ecc.); problemi sanitari dei lavoratori collegati a attività anteriori; danni alla salute e ai beni di terzi vicini. Gli investitori esteri hanno preso l'abitudine di audit ambientali di partenza, con ripercussioni negative sui prezzi di cessione. Gli investitori nazionali continuano a preoccuparsi ben poco dell'ambiente. Che si tratti della Berd (Banca europea di ricostruzione e di sviluppo), di Phare dell'unione europea, di Tacis dell'unione europea e altri programmi, tutti prevedono degli interventi a favore dell'ambiente. La strategia finora delineata punta per lo più su: audit ambientali congiunti sul posto di lavoro; programmi di formazione a favore dei lavoratori; programmi di formazione dei formatori. Ma, la formazione, per non beneficiare solo chi la fa, andrebbe inserita in programmi integrati. In altri termini, formare dei lavoratori, che poi si trovano privi della strumentazione necessaria, ad esempio per eseguire misure di inquinamento o tollerabilità, può essere inutile. Alle istanze competenti (Phare, Berd ecc.) andrebbe chiesto di coordinare i propri interventi per assicurare programmi d'intervento integrati. Nord e sud a confronto Per una nuova società paritaria (segue da pag. 5 ) (segue da pag. 8) e non solo riferito alle donne anche se in realtà sono loro che in caso di abbandono del Paese d'origine sopportano il più grande peso - è un salto di qualità nei confronti delle strade da percorrere per raggiungere il diritto alla piena cittadinanza per tutti - fatti salvi i doveri che ogni cittadino deve assolvere. Altre due sottolineature ci sembrano importanti ai fini di quanto ci siamo proposti: la prima riguarda la dimensione religiosa della vita e la seconda la salute. Sul significato della dimensione religiosa, il testo prevedeva tra gli obiettivi fondamentali unicamente il rispetto dei diversi valori religiosi per poi affermare nel capitolo riguardante l'educazione che «l'appannamento dei differenti valori morali e spirituali, all'interno di un ambiente educativo sano» avrebbe potuto essere uno strumento molto efficace per eliminare ogni discriminazione. Sinceramente non comprendiamo l'affermazione che ci sembra paradossale, per non dire abnorme. Per fortuna le modifiche apportate aggiungono, tra gli obiettivi fondamentali, l'assunzione dei differenti valori religiosi come parametro nell'applicazione dell'intero programma di azioni e soprattutto, per quanto riguarda l'educazione, invece di invocare l'appannamento delle differenze valoriali, si auspica il pieno rispetto delle libertà religiose e di credo di ogni persona, quale contributo ad un miglior ambiente educativo. Da ultimo, il diritto alla salute, senza nulla togliere agli interventi per garantire alla donna una giusta salute sessuale e la prevenzione contro ogni malattia ad essa inerente, compresa l'HIV, dal dibattito è scaturita l'esigenza di prendere in considerazione anche molte altre forme epidemiche che ancora oggi risultano essere un flagello più grande dello stesso AIDS, ossia si è teso a garantire la salute della donna in maniera molto più ampia dell'aspetto sessuale. Quelli che abbiamo elencato - e non sono tutti - possono sembrare lati marginali a confronto dello spettro delle problematiche che il documento finale di Pechino prende in considerazione, ma a chi scrive sono sembrati importanti e per sottolineare come la cultura dei paesi sviluppati abbia attualmente tanto da guadagnare da un confronto con quella dei Paesi terzi e per evidenziare la vivacità delle donne di questi ultimi nel grande processo verso una democrazia compiuta. W ti di quanto le donne chiedono, elaborano, ottengono. Magistrati, docenti, giornalisti troppo spesso ignorano o trascurano quanto di nuovo si produce, in campo legislativo, sociale e culturale dalle e per le donne. Si tratta di pigrizia mentale o di sottovalutazione o di determinata volontà di nascondere. È uno degli aspetti più evidenti della resistenza passiva che si o p p o n e alla realtà in cammino. E una resistenza inutile perché è irreversibile il processo che porterà alla reale parità le donne, ormai uguali agli uomini a livello culturale, ormai libere di decidere sulla propria maternità. E una resistenza miope e dannosa perché l'ingresso paritario in ogni tipo di attività delle intelligenze, delle professionalità, delle specificità femminili porterà notevoli vantaggi a tutta la comunità. ' Sottovalutare o osteggiare l'informazione in questo campo è stupido e colpevole. I governi territoriali possono svolgere un'azione efficacissima sia realizzando iniziative proprie, sia sostenendo quelle di associazioni femminili presenti sul territorio. Da questa fugace e, per forza di cose, superficiale e incompleta rassegna di quanto i governi territoriali possono fare per le donne, risulta chiaro che lo spettro della loro azione è amplissimo perché, in definitiva, comprend e tutti i settori, dall'urbanistica alla cultura, considerati secondo la prospettiva femminile. I governi territoriali potrebbero essere intimiditi dall'ampiezza e dalla novità del compito, se non comprendessero che proprio questo è il segno inequivocabile della valenza dell'azione, se non si convincessero che le richieste delle donne sono una spinta energica al rinnovamento di tutta la società. Infatti i governi territoriali, sollevando le donne da mille difficoltà ne faranno più felice la vita; aiutandole a liberarsi dai mille fattori che ne mortificano la dignità e ne tarpan o l'affermazione, renderanno effettivi i loro diritti; diffondendo la cultura della parità contribuiranno ad eliminare le pregiudiziali avversioni all'affermazione libera e autonoma delle donne. L'insieme di queste azioni affretterà la nascita della nuova società paritaria che sarà più ricca di valori, più serena e più equilibrata per tutti. Questa azione sarà tanto più sollecita ed efficace se nei governi territoriali, così come in quelli nazionali e sovranazionali, le donne saranno presenti in numero sempre maggiore fino a raggiungere la parità. Se esse gestiranno il potere non assimilandosi alla condotta maschile, ma basandosi sulla specificità della cultura femminile, sapranno risolvere i problemi delle comunità tenendo presenti le esigenze delle donne che esse conoscono per diretta esperienza. In tal modo daranno un contributo decisivo alla realizzazione della parità e alla creazione della società nuova, guidata da governi pienamente democratici perché finalmente tutto il demos e non solo una parte di esso parteciperà alla presa di decisione. H - Emancipazione, uguaglianza.. . (segue di2 pag. 7) in fatti, con i mezzi a nostra disposizione in quanto governi, facendo attenzione che l'uguaglianza tra i sessi informi tutte le nostre politiche e tutti i nostri programmi. Domandiamo immediatamente, agli organismi delle Nazioni Unite, alle istituzioni finanziarie nazionali ed internazionali, alle altre istituzioni regionali ed internazionali competenti ed a tutti gli individui, donne e uomini, ed anche alle organizzazioni non governative, nello stretto rispetto della loro autonomia, e a tutti i settori della società civile, in cooperazione con i governi, di associarsi risolutamente e senza restrizioni all'applicazione di questo Programma d'azione. W il parere del Comitato delle Regioni e degli Enti locali La revisione del Trattato di Maastricht di Jordi Pujol * Il debutto politico Uno dei primi momenti <<politici»propriamente detti del Comitato delle Regioni è coinciso con il dibattito relativo al contributo che lo stesso doveva elaborare in vista della Conferenza intergovernativa per la revisione del Trattato di Maastricht. A d Un anno e poco più di vita di questo nuovo organo dell'unione, sorto in seguito al Trattato, la «revisione» è risultata l'opportunità per una verifca del Comitato nei confvonti delle Istituzioni europee d i cui è figlio e partnev, e per una verz$ca dei rapporti e delle «tensioni» proprie d i u n organo a composizione disomogenea in cui sono rappresentati tutti i livelli degli Enti locali e territoriali dell'unione, caratterizzati inoltre da forti differenze anche istituzionali, come quelle che esistono tra un c<Land»tedesco e una regione dell'olanda, il cui «l'residente» è un funzionario di Sua Maestà dalla stessa nominato, ossia un alto burocrate. Il primo documento scaturito da questo dibattito - che è stato consegnato il giugno scorso al Gruppo di rzjlessione insediato dal Consiglio europeo - va sotto il nome di parere Pgjol, dal suo relatore, che è membro del Comitato e Presidente di una delle più <<potenti»Regioni europee: la Catalogna. È un parere che - tra luci ed ombre - mostra senza dubbio una caratteristica peculiare: la pertinenza delle proposte che sono tutte attinenti alla natura del C.d.R. - la voce degli enti locali e territoriali - e alle sue funzioni - la difesa degli stessi soprattutto in nome del principio di sussidiarietà -. A proposito della sussidiarietà -senza la pretesa di aggiungere qualcosa di nuovo a quanto è già stato detto ampiamente su queste pagine - corre l'obbligo di ricordare che anche il dibattito del Comitato ha riconfermato -se ancora ce ne fosse bisogno - l'ambiguità del termine. Il testo Pg jol rivendica che il principio sia rispettato da1l'U.E. nei confvonti e degli stat i membri ed anche degli altri livelli amministrativi e richiede, o sembra richiedere all'U.E., di farsi garante che il rispetto si verifchi anche tra ogni singolo Stato e i relativi poteri locali. A fronte di tali pressanti richieste si deve registrare come la sussidiarietà non abbia ancora trovato la giusta interpretazione all'interno dello stesso Comitato. Ossia il dibattito attorno al Parere Pgjol ha permesso di verificare come le regioni - in nome non certo del principio di sussidiarietà, ma di supremazia - pretendessero di spaccare in due il Comitato stesCOMUNI D'EUROPA so: le regioni da una parte e gli Enti locali dall'altra, quasi a rifutare collaborazione e confronto con questi ultimi; e come abbiano opposto forte resistenza alla richiesta di modifica del nome in «Comitato delle Regioni e degli Enti locali». Si tratta d i modzyiche dell'art. 3 b del Trattato, che sembrano trovare poca fortuna tra i «revisori», come ha potuto affermare lo stesso Pgjol alla Commissione istituzionale del C.d.R. in occasione della prima verifica dei contenuti scaturiti dal gruppo di lavoro. Nel corso di questa stessa verifica sono stati passati in rassegna tutti i punti qualificanti del parere, sia quelli che potrebbero essere accettati che quelli che sembra verranno rifiutati Sinteticamente li elenchiamo perchè riguardano richieste che a nostro avviso devono essere sostenute durante tutto il lavoro della Conferenza, per cercare di ottenere il massimo se si vuole che il Comitato venga rafforzato in vista di un'Europa sempre più vicina ai cittadini: - la vistesura dell'art. 36 del Trattato nel senso che si può leggere nel parere pubblicato di seguito, che permetterebbe di far chiarezza sul ruolo e sulle competenze del C.d.R.; proposta che trova molte resistenze da parte del Gruppo di riflessione e del Parlamento europeo, soprattutto circa l'allargamento delle materie di consultazione; - il riconoscimento della qualz$ca d i «istituzione» al Comitato; - la definizione di un possibile rapporto di collaborazione anche da parte del l?E., attualmente inesistente; - l'affermazione dell'autonomia amministrativa e strutturale -abolendo la struttura comune con il Comitato Economico e Sociale che provoca non poche dz;/ficoltàal lavoro - per il C.d.R. con grande vantaggio per l'efficacia del suo funzionamento. Per questi tre ultimi punti sembra che l'orientamento generale sia più favorevole che non per il primo. In sintesi per ora il lavoro circa le modifiche del Trattato in genere e della parte che riguarda il Comitato in particolare, è ancora abbastanza indefinito; sarà quindi necessario che venga fatta una certa pressione politico-culturale perchè questo organismo prezioso per l'Europa dei cittadini esca ben definito e rafforzato. m.t.c.g. I1 Trattato di Maastrich segna una nuova tappa nel processo di integrazione europea. Oltre a definire nuovi campi d'azione per l'Unione europea e rafforzare alcuni di quelli esistenti, profila una riforma del sistema istituzionale intesa a potenziarne l'efficacia e la legittimità democratica. In tale contesto, e per la prima volta in un documento costituzionale europeo, vengono introdotti meccanismi che consentono alle regioni, ma anche agli enti locali, di partecipare alla definizione delle politiche dell'Unione. Inoltre, sancendo il principio fondamentale della sussidiarietà, circoscrive l'intervento dell'unione a quei settori in cui l'efficacia impone un livello sovranazionale, delineando così un'unione «in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini>> (2" comma dell'articolo A). L'articolo N prevede la convocazione, nel 1996, di una conferenza intergovernativa per esaminare la revisione di talune disposizioni del Trattato. Si riflette così la consapevolezza del fatto che il carattere innovatore di talune disposizioni ed i profondi mutamenti cui è soggetta l'unione, a causa soprattutto del suo continuo ampliarsi con l'adesione di nuovi Stati membri, ne rendono opportuna una riforma a scadenza abbastanza rawicinata. I1 Consiglio europeo di Corfù del giugno 1994, ha concordato di istituire un gruppo di riflessione incaricato di predisporre i lavori della Conferenza intergovernativa. La Commissione, il Parlamento e, in genere, tutte le istituzioni e gli organi che compongono la struttura istituzionale comunitaria sono stati invitati ad elaborare relazioni ed a trasmettere le proprie osservazioni al gruppo di riflessione. In tale processo, il Comitato, organo rappresentativo degli enti territoriali regionali e locali europei, ritiene di dover apportare un contributo alla revisione del Trattato nei settori di sua competenza che saranno analizzati qui di seguito. Ambito delle proposte del Comitato La composizione del Comitato e la sua vocazione ne circoscrivono l'attività all'ambito regionale e locale. La sua esperienza, e soprattutto quella degli enti regionali e locali che rappresenta, viene messa a profitto nelle politiche dell'unione che incidono sulle competenze e gli interessi fondamentali delle amministrazioni locali, nonché, owiamente, nei canali istituzionali previsti dallo stesso Trattato di Maastricht per assicurare la partecipazione degli enti locali alla procedura decisionale europea. I1 Comitato, un organo giovane nella ':Presidente della Regione della Catalogna e relatore sull'argomento per il Comitato. struttura istituzionale dell'unione europea, non può vantare una vasta esperienza come il Parlamento, la Commissione ed il Consiglio. Non è peraltro previsto il necessario coinvolgimento del CdR nel processo di revisione. La portata della riforma è controversa. Alcune istituzioni tenderebbero ad avvalersi della conferenza intergovernativa per procedere ad una revisione approfondita del Trattato che consolidi un'unione pronta ad accogliere più di venti Stati membri. Gli Stati, dal canto loro, sembrano volersi concentrare sugli aspetti esplicitamente previsti dal Trattato stesso o, tutt'al più, su alcune modifiche complementari volte - sulla base dell'esperienza degli ultimi anni - a migliorare il funzionamento delle istituzioni europee. I1 Comitato, pilastro fondamentale della legittimità democratica dell'unione, deve appoggiare le modifiche tese a migliorare il funzionamento del sistema e quelle che ne consentono lladeguamento ad una Unione più vasta. La sua composizione e la sua vocazione politica gli permettono di pronunciarsi sulla riforma del Trattato nel suo insieme, con una costante partecipazione alle consultazioni del gruppo di riflessione e, successivamente, della Conferenza intergovernativa. I1 presente documento e la risoluzione che segue, elaborati in base al diritto d'iniziativa sancito dall'articolo 198 C, quarto comma, costituiscono il contributo specifico del Comitato al processo di riforma, contributo che conviene circoscrivere agli aspetti che riguardano direttamente questo Comitato. I1 Trattato fornisce inoltre un'ottima base per rivendicare una più ampia partecipazione regionale e locale nell'unione. L'articolo N precisa che la revisione sarà conforme agli obiettivi degli articoli A e B. A mente del secondo comma dell'articolo A, uno di questi obiettivi è la creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli delllEuropa in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini. Risulta pertanto evidente che il potenziamento ed il miglioramento dei meccanismi di partecipazione regionale e locale e la formulazione del principio della sussidiarietà si inscrivono nella filosofia che deve informare la riforma. Per tali motivi, il Comitato circoscrive il progetto di revisione ai seguenti aspetti del Trattato: - il principio della sussidiarietà; - il ricorso dinanzi alla Corte di giustizia contro gli atti delle istituzioni; - il Comitato delle regioni. Si propone inoltre di rafforzare gli elementi della partecipazione regionale e locale alle politiche dell'unione e di dare impulso al concetto di cittadinanza europea ed alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni. Il principio della sussidiarietà I1 principio della sussidiarietà prevede che i pubblici poteri non intervengano laddove i cittadini possano agire in modo adeguato ed efficace. Esso procede inoltre ad una differenziazione tra i poteri pubblici, nella misura in cui i livelli superiori sono tenuti ad intervenire solo quando quelli inferiori non riescono ad agire in modo soddisfacente. In linea generale, la sussidiarietà, specie nel contesto dell'edificazione europea, rafforza: - la legittimità democratica, in quanto evita la creazione di un potere centrale europeo senza limiti ed avulso dai problemi dei cittadini, dato che uno degli elementi alla base di tale legittimità è l'awicinamento dell'Unione al cittadino; - la trasparenza, in quanto favorisce una chiara ripartizione delle funzioni tra i diversi livelli di poteri pubblici, permettendo così al cittadino di identificare i compiti che incombono a ciascuno di essi; - l'efficacia, in quanto l'esercizio delle competenze viene attribuito al livello di governo più adeguato. I1 Comitato, nel ribadire la posizione dei suoi membri, dell'Assemblea delle Regioni d'Europa e del Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa, approva l'introduzione del principio della sussidiarietà nel Trattato di Maastricht. Esso deplora nondimeno che la formulazione dell'articolo 3 B del Trattato CE riduca tale principio ad un semplice criterio per la ripartizione delle competenze tra l'Unione e gli Stati membri. A parere del Comitato, il principio della sussidiarietà va analizzato sotto il profilo della sua enunciazione nel Trattato e della sua applicazione: controllo a priori della nuova normativa; esame di quella in vigore; analisi, alla luce della sussidiarietà, dell'opportunità di includere nuove politiche o iniziative e controllo a posteriori da parte della Corte di giustizia. Occorre in particolare che il Comitato delle regioni partecipi maggiormente al controllo dell'applicazione del principio della sussidiarietà e collabori strettamente con la Commissione in tale ambito. Nondimeno, poiché il presente parere e la risoluzione ad esso allegata si limitano alla revisione del Trattato, si contemplano unicamente gli aspetti che impongono modifiche di carattere costituzionale. Tenendo particolare conto della risoluzione approvata dalla plenaria del 15 novembre 1994 e del progetto di parere complementare della Commissione «Sviluppo regionale, sviluppo economico, finanze locali e regionali» in merito all'«Applicazione del principio della sussidiarietà nell'unione europea», il Comitato, ed in specie la Commissione «Affari istituzionali», prenderà le iniziative necessarie per progredire negli aspetti dell'applicazione di tale principio non contemplati dalla risoluzione perché non inclusi nel Trattato. A livello costituzionale, il Comitato deve proporre una nuova formulazione dell'articolo 3 B che non configuri il principio della sussidiarietà unicamente come un criterio per la ripartizione delle competenze tra 1'Unione e gli Stati membri, bensì come criterio di attribuzione di tali competenze e responsabilità tra tutti i livelli di governo rappresentati all'interno dell'unione europea. I1 CdR reclama inoltre adeguati meccanismi di ricorso dinanzi alla Corte di giustizia nei casi di violazione del principio della sussidiarietà che riguardino le competenze degli enti locali e regionali. L'introduzione di elenchi di competenze dell'unione e degli Stati membri faciliterà l'applicazione del principio della sussidia- rietà. I1 Comitato sollecita pertanto le istituzioni dell'unione, in occasione della revisione del Trattato, ad awiare negoziati per delimitare in modo chiaro le competenze dell'Unione e degli Stati. Invita inoltre gli Stati ad applicare sul loro territorio il principio della sussidiarietà nei confronti di regioni ed enti locali. I meccanismi di ricorso dinanzi alla Corte di giustizia In caso di ricorso per annullamento, il sistema processuale comunitario prevede la legittimazione attiva generale per la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri, mentre per il Parlamento e la Banca centrale europea detta legittimazione si limita alla salvaguardia delle loro prerogative. Le altre persone fisiche e giuridiche devono dimostrare l'esistenza di un effetto diretto e individuale, che in pratica o si concretizza in un atto nei confronti di un destinatario ben preciso, ad esempio una sanzione, oppure è difficilissimo da provare. Tale sistema si applica, con talune modifiche, anche al ricorso per omissione, che si introduce quando le istituzioni dell'unione si astengono da qualsiasi intervento, violando in tal modo i Trattati. Tale sistema svigorisce considerevolmente la posizione del Comitato delle regioni e dei suoi membri. In considerazione della natura del principio della sussidiarietà e della sua mancanza di effetti diretti, è pressoché impossibile presentare un ricorso contro un atto o un'astensione da parte delle istituzioni dell'unione in caso di violazione del principio stesso, se il ricorrente è tenuto a dimostrare ripercussioni dirette e personali. A questo riguardo, il Comitato e suoi membri rimangono così praticamente indifesi, situazione, questa, contraria allo spirito del diritto comunitario. I1 Comitato delle regioni giudica pertanto necessario proporre che, nel caso del ricorso per annullamento previsto all'articolo 173 del Trattato CE o di violazione del principio della sussidiarietà, gli venga riconosciuto un diritto di legittimazione attiva privilegiata alla stregua del Parlamento e della Banca centrale europea. Ciò gli consentirebbe di impugnare le norme che, in violazione del principio della sussidiarietà o per altri vizi, pregiudicano le funzioni e le competenze del Comitato e dei suoi membri. D'altra parte, l'attività legislativa dell'Unione si ripercuote in particolar modo sulle regioni dotate di competenze legislative. Per tutelarne i poteri, il Comitato propone che a tali regioni sia riconosciuta una legittimazione processuale attiva privilegiata. Anche nel caso di ricorso per omissione, di cui all'articolo 175 del Trattato CE, il Comitato rivendica il riconoscimento della legittirnazione attiva privilegiata prevista per le istituzioni. Di fatto, conferendo al Comitato lo status d'istituzione, come propone più oltre il presente documento, la questione si risolverebbe senza dover modificare il citato articolo 175. , Il Comitato delle regioni I1 Trattato di Maastricht prevede per la prima volta la partecipazione, a livello consultivo, delle regioni e degli enti locali al pro- cesso decisionale dell'unione europea. A questa disposizione risponde l'istituzione del Comitato delle regioni che, grazie alla sua composizione ed alle sue funzioni, contribuisce ad avvicinare 1'1Jnione ai suoi cittadini e di conseguenza a rafforzarne la legittimità democratica, obiettivi, questi, cui il Trattato attribuisce fondamentale importanza. Elaborando pareri per il Consiglio e la Commissione, i membri del Comitato contribuiscono al perfezionamento della normativa comunitaria, fornendo il punto di vista degli enti incaricati, a vari livelli, di applicare le norme emanate dalla stessa Unione. Si accresce in tal modo l'efficacia delle politiche europee. Grazie al flusso continuo e dettagliato di informazioni che comporta, tale partecipazione permette, nel contempo, agli enti locali e regionali di influenzare la politica europea dei rispettivi Stati membri. Ciò nonostante, la posizione del CdR nel tessuto istituzionale e la sua partecipazione al processo decisionale non permettono di evidenziare adeguatamente il contributo che, grazie alla sua composizione, questo Comitato apporta al rafforzamento della legittimità democratica ed al rawicinamento dell'unione ai cittadini. I1 Comitato ritiene che la sua posizione e i suoi poteri vadano rafforzati relativamente agli aspetti seguenti: - Posizione istitztzionale L'articolo 4 del Trattato CE prevede che il Consiglio e la Commissione siano assistiti da un Comitato delle regioni che svolge funzioni consultive. La natura e la legittimazione politica di regioni ed enti locali, il loro contributo decisivo e generale al processo d'integrazione europea ed il ruolo loro attribuito dal principio della sussidiarietà che li considera due livelli di suddivisione del potere politico nell'unione, impongono il riconoscimento dello status di istituzione al Comitato che li riunisce e rappresenta in seno all'Unione. I1 Comitato deve inoltre poter elaborare il proprio regolamento interno senza che sia necessaria l'approvazione del Consiglio. - Coinposizione A norma dell'articolo 198 del Trattato CE il Comitato si compone di rappresentanti degli enti regionali e locali. La legittimità democratica garantita dal Comitato rende opportuna una più chiara precisazione del mandato e della legittimazione politica dei membri, nonché del fatto che questi ultimi vengano designati su proposta delle collettività che rappresentano. - Struttura I1 Comitato della regioni potrà dotarsi di una struttura ed organizzazione dei propri lavori conformemente alla sua natura ed ai suoi obiettivi. - Autonomia organizzativa e di bilancio I1 Comitato deve disporre di un'amministrazione propria ed indipendente e di un bilancio distinto. È quindi necessario abrogare il protocollo allegato al Trattato e relativo ad una struttura organizzativa comune con il Comitato economico e sociale e prendere le COMUNI D'EUROPA opportune decisioni a livello di bilancio. Al Comitato vanno garantiti i mezzi sufficienti per svolgere una funzione destinata a svilupparsi ulteriormente in futuro. chi o verdi, circoscrivendo ovviamente la propria collaborazione a quei casi specifici di competenza delle regioni o degli enti locali. - - Competenze I1 Trattato di Maastricht attribuisce al Comitato una funzione consultiva nei confronti del Consiglio e della Commissione; la consultazione del Comitato è obbligatoria solo nei cinque casi specificatamente previsti dal Trattato. I1 Comitato può inoltre estendere le proprie funzioni avvalendosi del diritto di elaborare pareri di iniziativa, diritto riconosciutogli dallo stesso Trattato. I1 Comitato ritiene che tale funzione consultiva vada potenziata. A tale scopo reputa opportuno che, innanzi tutto, la consultazione del Comitato venga estesa anche al Parlamento europeo e che il suo carattere obbligatorio riguardi anche quelle politiche comunitarie che in tutti gli Stati Membri, o in un numero significativo di essi, siano gestite da regioni o enti locali. A titolo esemplificativo, stupisce il fatto che la consultazione del Comitato non sia prevista in settori quali l'agricoltura, i trasporti, la politica sociale, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, la cooperazione allo sviluppo, la formazione professionale, la tutela ambientale, l'industria, l'energia o la protezione dei consumatori. Infine, fermo restando il carattere non vincolante dei pareri del Comitato, occorre aumentarne l'incidenza nel processo decisionale, imponendo alle istituzioni di motivare dinanzi al Comitato un'eventuale decisione di non tener conto delle raccomandazioni formulate nei pareri. I1 Comitato intende inoltre partecipare più strettamente all'esercizio del diritto d'iniziativa che spetta alla Commissione, collaborando con essa nelle diverse fasi dell'attuazione dell'iniziativa, che si tratti di norme concrete, programmi legislativi o libri bian- Le politiche dell'unione I1 Trattato di Maastricht estende il campo di azione dell'unione a nuovi settori che, negli Stati membri, sono spesso di competenza delle regioni o, in taluni casi, degli enti locali. Tale fenomeno riguarda anche alcune politiche tradizionali della Comunità. I1 Comitato ritiene che in questi casi, non solo la sua consultazione debba essere obbligatoria, ma che vada anche riconosciuto il contributo che le regioni, ed eventualmente gli enti locali possono apportare alla realizzazione di dette politiche prevedendone quindi la cooperazione. Inoltre, allo scopo di approfondire la coesione economica e sociale, il Comitato ritiene che il Trattato debba prevedere esplicitamente la promozione della cooperazione transfrontaliera tra regioni ed enti locali. I1 Comitato attribuisce inoltre importanza al fatto che si riconosca e si precisi la necessità di un migliore coordinamento delle politiche comunitarie che hanno maggiori ripercussioni sugli spazi urbani, nel pieno rispetto del principio dell'autonomia locale sancito dalla Carta dell'autonomia locale del Consiglio d'Europa. D'altro canto, il Comitato, elemento fondamentale della legittimità democratica dell'Unione e del rawicinamento dei cittadini all'Europa, ritiene, forte dell'esperienza acquisita dai propri membri, che occorra profittare della revisione del Trattato per affermare a livello comunitario la cooperazione nell'ambito della giustizia e degli affari interni (il terzo pilastro), in particolare per quanto riguarda il diritto di asilo e l'emigrazione, e sviluppare il concetto di cittadinanza europea, includendo nel testo del Trattato un catalogo di diritti fondamentali. ¤ Il saggio si articola in tre parti. Nella prima vengono esaminate quali siano le pvospettive dell'Europa tra nazionalismo, confederalismo e federalismo. Nella seconda parte viene preso in coizsiderazione il pvogetto di zina Moneta pev l'Europa ed i tentativi per realzizarla. Nella tevza parte si sposta I'attenzione sztl <<teatro»dell'ildriatico, il mare di casa nostra oggi interessato dalla crisi balcanica e da pericolosi nazionalirmi. L'appe,ndice riguarda infine il problema dell'Est europeo, soprattutto dal punto di vista economico. Accademia curopeistica del Friuli Venezia Giulia, Casella postale 45, Via I. Arass, 22 - 74170 Goriiia OTTOBRE 1995 cosa fa il Consiglio d'Europa? Democrazia locale, cittadinanza e tolleranza di Giuseppe Tessari * I1 Consiglio d'Europa, fedele al suo ruolo di garante dei principi della democrazia e del rispetto dei diritti umani, non poteva restare inattivo di fronte alla preoccupante crescita dei movimenti nazionalisti e xenofobi in Europa e al problema di risposte spesso inadeguate da parte dei governi e dell'opinione pubblica nei confronti di questi fenomeni. I1 Consiglio d'Europa ha infatti deciso di adottare - a Vienna, nell'ottobre 1993 -, nel contesto di un Summit che ha visti riuniti per la prima volta i Capi di Stato e di governo di tutti i paesi membri, un Piano d'Azione contro il razzismo, la xenofobia, l'antisemitismo e l'intolleranza, articolato in tre fondamentali settori d'attività. In primo luogo, il Consiglio d'Europa organizza, in collaborazione con le più rappresentative associazioni giovanili europee, una Campagna della gioventù, destinata a mobilitare tutti i settori della società contro il razzismo e l'intolleranza. Inoltre, è stata creata una Commissione «ad hoc», la Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza, formata da esperti provenienti da tutti i paesi membri, il cui compito è di studiare le legislazioni nazionali in materia di lotta al razzismo e alla discriminazione al fine di raccomandare agli Stati, se necessario, di adottare delle misure politiche, legislative, amministrative più efficaci contro questi fenomeni. I1 piano d'azione, infine, prevede lo svolgimento di differenti programmi intergovernativi, quali, in particolare, quello sull'insegnamento della storia e quello sul ruolo dei mezzi di comunicazione di massa. Le autorità locali e regionali, attori privilegiati del principio di sussidiarietà ed in stretto contatto con la popolazione e suoi bisogni reali, hanno un ruolo essenziale da svolgere nella lotta contro il razzismo e l'intolleranza. Non a caso, nel contesto della medesima Dichiarazione di Vienna, i Capi di Stato e di governo hanno previsto la nascita del nuovo Congresso dei poteri locali e regionali dell'Europa (CPLRE), destinato a prendere il posto della precedente Conferenza permanente e strutturato su due camere paritarie, la Camera dei Poteri Locali e la Camera delle Regioni. La principale ambizione del Congresso è di salvaguardare e rafforzare il principio dell'autonomia locale e di vegliare alla sua concreta applicazione: in particolare, il Congresso si impegna attivamente per il rinnovamento della vita politica e il rispetto dei principi che regolano la convivenza civile. In questa prospettiva, la Campagna e il piano d'azione non hanno fatto che dare al Congresso delle ragioni supplementari per intervenire nei campi nei quali la Conferenza permanente aveva già dato un importante contri- * Amministratore principale presso il Segretariato del CPLRE. OTTOBRE 1995 buto (si pensi, ad esempio, alle attività sviluppate in tema d'integrazione multiculturale, di cittadinanza e grande povertà, di diritto all'alloggio, di difesa dei diritti delle minoranze, ecc.). Una serie di avvenimenti tragici hanno convinto i Capi di Stato del Consiglio d'Europa ad affidare ai giovani europei il compito di battersi per i valori che sono all'origine dell'organizzazione di Strasburgo: il rispetto dei diritti dell'uomo, la libertà, la preminenza del diritto, la democrazia. Per la prima volta dopo la fine della seconda guerra mondiale, l'Europa scopre l'esistenza di un male sotterraneo che rischia di minarla dall'interno. Eppure, l'anno 1989 sembrava aprire un'era nuova d'amicizia, di solidarietà e di pace per tutta l'Europa. Improvvisamente, un'esplosione di violenza inaudita nell'ex Yugoslavia ha illuminato di una luce sinistra lo stato reale del nostro continente. Da allora, è diventato sempre più chiaro che l'Europa è malata e che occorre, perciò, guarirla. Certo, l'agenda politica e diplomatica del dopo Maastricht è molto fitta. Certo, l'allargamento del Consiglio d'Europa verso l'Est prosegue. Ma non si tratta di questo o solo di questo. Qualcosa di più importante delle scadenze è in gioco: non si tratta tanto della prosecuzione di un processo meccanico, generatore di riunioni, rapporti e regolamenti, quanto, soprattutto, delle condizioni fondamentali della futura convivenza comune di centinaia di milioni di europei. O l'Europa rimane un apparato, un meccanismo senz'anima ed allora l'avvenire sarà quello del declino, oppure essa diventa un progetto di liberazione dai processi biologici e sociali che incatenano l'uomo, fosse anche il più ricco della terra, alla sfera della necessità e lo rendono schiavo. L'Europa sarà libera oppure sarà la caricatura di se stessa. Ma dove localizzare la fiducia, la fides nell'Europa in quanto progetto di civiltà? I1 Congresso dei poteri locali e regionali dell'Europa, recentemente elevato ad «organo» del Consiglio d'Europa accanto al Comitato dei Ministri e all'Assemblea parlamentare, intende dare un contributo specifico al rinnovo dell'idea europea e al rilancio della fede democratica che essa implica, mettendo l'accento sulle istituzioni che sono costitutive del vivere civile: i comuni, le province, le regioni. Esse raggruppano i cittadini, che si organizzano politicamente e come società civile contro la minaccia della doppia segregazione: quella territoriale e quella sociale. Nel progetto di rilancio dell'idea europea promosso dal Congresso, la centralità spetta, paradossalmente, ai cittadini e alle loro istituzioni di base. Questo approccio è illustrato dal principio di sussidiarietà, formula «à la page», che la Carta dell'Autonomia Locale ha contribuito a comporre. Occorre però che tale principio esprima tutta la sua potenzialità grazie ad un'interpretazione immaginativa e innovatrice e ad un'applicazione coraggiosa. Per cominciare, il Congresso ha creato un gruppo di lavoro sulla Campagna e il piano d'azione, la cui prima iniziativa è stata l'organizzazione di un'audizione su «Democrazia locale, Cittadinanza e Tolleranza: un progetto di città democratica esemplare». Nel corso di questa manifestazione, che si è tenuta a Strasburgo, il 20 febbraio 1995, alcune città e associazioni europee hanno presentato progetti ed esempi concreti di politiche miranti ad incoraggiare la partecipazione di tutte le minoranze alla vita pubblica. Tale questione è stata anche dibattuta nel corso di una seduta pubblica, organizzata il 10 aprile 1995 nel Municipio di Budapest, alla presenza del Sindaco, Sig. Demszky, e seguita da radio e televisione locali, Quest'incontro si è svolto nel quadro dell'ultima riunione congiunta del gruppo di lavoro sulla Campagna ed il piano d'azione e della Rete di città su «Cittadinanza e grande povertà». In un rapporto adottato il 3 1 maggio 1995, il quale riassume alcuni anni di lavoro, il Congresso sottolinea alcuni aspetti, che gli sembrano portatori di un progetto europeo di civiltà. I1 rispetto del prossimo e l'amicizia come fattori costitutivi della specificità europea: dobbiamo combattere la tendenza che vorrebbe continuamente provare l'inutilità o la superfluità umana e accedere ad una nuova fierezza dell'essere italiani, belgi, tedeschi, olandesi, polacchi e così via, fondata sull'umano. Riconoscere poi la pluralità come il punto di partenza di una nuova forma di cittadinanza e di civismo europei. Un'Europa veramente democratica non potrà mai trasformarsi in una fortezza rinchiusa egoisticamente su se stessa. Inoltre, se l'Europa è uno spazio di giustizia, di libertà e di pace, il cammino che la congiunge al resto del m'ondo è quello della «solidarietà aperta». L'architettura della futura grande Europa non ha, allora, niente a che vedere con la geometria e meno ancora con un'abitazione privata, ma potrebbe essere invece quella degli archi di un ponte. L'Europa è un luogo di passaggio, un incrocio obbligato tra l'Est e l'Ovest, il Nord e il Sud. L'intensità della cooperazione all'interno dell'Europa tende a diminuire a mano a mano che ci si allontana, ma il suo impatto non finisce mai di crescere. L'apertura internazionale delle città, delle regioni e degli Stati è perciò un corollario di questa maniera di vedere. Un'altra tappa importante del contributo del CPLRE alla Campagna e al piano d'azione è l'adozione, da parte del Congresso riunito in seduta plenaria (il 3 1 maggio 19951, di testi significativi sul problema dell'intolleranza in tutte le sue forme. Essi sono: - un rapporto generale, una raccomandazione e una risoluzione c i ~«Democrazia locale: un progetto di cittadinanza»: una politica efficace contro l'intolleranza deve non solo proteggere le vittime del razzismo e punire i colpevoli, ma anche, e soprattutto, combattere l'esclusione politica, sociale ed economica che colpisce un numero crescente di persone in tutta l'Europa, anche nell'occidente «ricco» e «civilizzato». - un rapporto e una risoluzione sulla «Carta delle città-rifugio»: il CPLRE sostiene ed incoraggia il progetto di una Rete europea ed extra-europea di città-rifugio, città, cioè, disposte a fornire assistenza e solidarietà agli scrittori minacciati o perseguitati. Tale iniziativa è realizzata in cooperazione con il Parla- mento internazionale degli scrittori, creato per difendere gli intellettuali perseguitati nel mondo a causa delle loro idee e presieduto da Salman Rushdie. - un rapporto, una raccomandazione e una risoluzione su «I1 contributo degli Zingari alla costruzione di un'Europa tollerante»: il Congresso incoraggia diverse iniziative in favore degli Zingari, al fine di promuovere il rispetto della loro cultura, la loro integrazione nel paese ospite, il miglioramento delle loro ¤ condizioni di vita. La città Atellana di Rosario Pinto Già sulle pagine di questo periodico (&omuni d'Europa», febbraio 1995) siamo intervenuti per illustrare un progetto politico, quello della «Città Vesuviana», che prevede la creazione di un'associazione di Comuni stretti da un patto di tipo autofederativo. Una ragione profonda animava quel progetto: che l'attività dei sindaci eletti direttamente dal popolo assumesse via via di più i tratti e lo spessore di un'azione decisamente politica piuttosto che fossilizzarsi nei vecchi schemi del puro impegno amministrativo. Per tempo utile abbiamo suggerito queste stesse cose a molti altri sindaci, soprattutto nel Mezzogiorno, e la nostra azione, forse, non è caduta nel vuoto se una coscienza nuova pare presiedere l'attività di quanti, come Bassolino, ad esempio, danno l'impressione di voler imprimere alla propria azione un taglio decisamente politico. (Cfr. l'assemblea dei sindaci a Caste1 Nuovo a Napoli e le posizioni del cosiddetto partito dei sindaci»). Fatta questa premessa, di ordine generale, giova entrare nel vivo dell'argomento che qui ci occupa: la possibilità di creazione di una «Città Atellana~. Già, una città atellana! Ma perché. Dai banchi liceali s'impara a conoscere l'ancoraggio delle nostre tradizioni di teatro comico nelle antiche Fabulae Atellatzae, ove nascono i «tipi» della commedia plautina che poi travasano nella Commedia dell'arte e giungono fino al Teatro delle maschere e, più vicini a noi, fino alle più nobili tradizioni di un teatro popolare, umorale e vivo che va da Viviani a De Filippo. Atella, dopo l'eclisse medievale (ma anche su questo c'è da discutere) produce una sua fioritura artistica nel '600, poi diventa uno dei «casali» e la sua storia sembra finire lì, fino a diventare, nei nostri anni, un lembo estremo della cintura di cittadine che circondano la metropoli napoletana. In zona c'è ancora una coscienza viva dell'«atellanità», promossa ed animata da una storiografia municipalistica già d'ascendenza ottocentesco-positivista e da un'azione culturale resa viva da un associazionismo intelligente ed operoso. Ciò che più conta, ai fini che ci interessano, è l'osservazione che in questa dimensione di atellanità si riconoscono e si specchiano le popolazioni di almeno quattro Comuni: Orta di Atella, Frattaminore, Succivo e S. Arpino. Di questi, solo Frattaminore appartiene alla provincia di Napoli, mentre gli altri tre appartengono alla provincia di Caserta. Questa semplice osservazione d'una divisione amministrativa impropria ed incongrua già fa emergere un primo dato di contraddizione. Ma c'è di più: le problematiche sociali, economiche, ambientali di questo microcomprensorio (oggi degradato, ma denso di opportunità e di risorse proprie) sono assolutamente simili per tutti i Comuni e l'impiego di forze divise e parcellizzate rende di fatto inutile o inconcludente l'azione anche meglio ispirata di ciascuna delle quattro amministrazioni. La stessa disposizione sul territorio dei quattro Comuni è significativa: essi occupano ciascuno un vertice d'un ideale quadrilatero al cui centro trovasi l'area archeologica mensile dell'AICCRE Direttore responsabile: Umberto Sertlfini Condirettore: hlana Tereja Coppo Gavazzi Redazione: Mario Marsala Direzione e redazione: Piazza di Trevi 8 6 - 00187 Roma Indir. telegrafico: Comuneuropa - Roma tel. 69940461-2 -3-4-5, fax 6793275 Questo numero è stato finito di stampare nel mese di novembre 1995 ISSN 0010-4973 Abbonamento annuo per la Comunità europea, inclusa l'Italia L. 30.000 Estero L. 40.000; per Enti L. 150.000 Sostenitore L. 500.000 Benemerito L. 1.000.000 (ma tutta da valorizzare e dissotterrare) dell'antico insediamento di Atella. Per la verità, al centro di questa area si erge anche un palazzo, eretto durante gli anni del «ventenn i ~ » che , era la sede del Municipio di Atella di Napoli, la cittadina, voluta dal fascismo, che comprendeva in unità amministrativa, allora, i Comuni dell'area che sono poi stati divisi tra loro subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Certamente, il richiamo all'unità atellana di questi quattro Comuni, oggi, non vuole essere affatto un'operazione di nostalgia e ciò è dimostrato dal fatto che il progetto che se ne immagina non è di accorpamento o di fusione, ma di autofederazione, con la costruzione di un inedito politico di un organismo più avanzato e più forte di un semplice Consorzio, ove convergano limitati e specifici poteri ceduti liberamente da ciascuno dei Comuni ed in cui si attui un controllo popolare attraverso l'elezione d'una assemblea liberamente eletta dai cittadini. Da questo punto di vista, gli stessi Statuti Comunali possono offrire una sponda utile. Una consapevolezza profonda s'è incardinata almeno in certi strati della società atellana e al di là delle «divisioni» comunali. In nome di questa coscienza di «atellanità» il progetto di creazione d'un organismo autofederativo va prendendo sempre più consistenza. Già un Convegno del 1989 a Succivo (tra i relatori vi furono, allora, i deputati Giovanni Ferrara, Ferdinando Imposimato, Giuseppe Venditto, i sindaci delle cittadine, alcuni consiglieri regionali, urbanisti e personalità della cultura locale) prevedeva la creazione d'un Consorzio dei Comuni Atellani. Ma, nel tempo, qualcosa di più avanzato sembra maturare, soprattutto grazie al protagonismo d'un associazionismo intelligente e vivace e grazie all'azione d'una testata locale, «Clanio», che si fa promotrice attiva dell'idea atellana e propone sul territorio il messaggio politico-culturale lanciato dai federalisti. Un recente Convegno, a luglio di quest' anno, ad Aversa, ha riproposto il tema ed un incontro svoltosi il 23 ottobre nella sala conciliare del Comune di S. Arpino (presenti, tra gli altri, i Sindaci e i deputati Diana, Catto, Tanzarella e il Sen. Corvino) ha sviluppato un nutrito dibattito sull'opportunità e sulla necessità di innovazione istituzionale. Questo non significa ancora la nascita della «Città Atellana» tout-court, ma un primo passo significativo. Una copia L. 3.000 (arretrata L. 5.000) I versamenti devono essere effettuati: 1) sul c/c bancario n. 300.008 intestato: AICCRE c/o Istituto bancario San Paolo di Torino sede di Roma. Via della Stamperia, 64 - 00187 Ronia, specificando la causale del versairiento; 2) sul c.c.p. n. 38276002 intestato a "Comunl d'EuropaJ',piazza di Trevi, 86-00187 Roma: 3) a mezzo assegno circolare - non trasferibile - intestato a: AICCRE, specificando la causale del versamento. Aut. Trib. di Roma n. 4696 dell'll-6.1955 Arti Grafiche Rugantino s.r.l., Roma. Via Spoleto, l Fotocomposizione: Graphic Art 6 s.r.l., Roma, Via Ludovico Muratori 11/13 Associato all'USPI - Unione Stampa periodica italiana