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ANNO XLIII N. 10
OTTOBRE 1995
MENSILE DELL'AICCRE
ASSOCIAZIONE UNITARIA DI COMUNI PROVINCE REGIONI
dal quqrtiere alla regione per una Comunità europea federale
A che serve
Purtroppo gli amministratori locali e regionali sono anch'essi parte di quella che si
usa chiamare «la gente». O r a , in Italia, la
gente, priva della proposta d i programmi
strategici etico-politici, che facciano veramente fronte alle ansie del secolo, è ripiegata
su se stessa e sembra fatta su misura per quel
detto che durante il fascismo si attribuiva a
Starace: «Qui non si fa politica, si lavora».
In realtà il fascismo ha teorizzato il corporativismo, ma la società italiana post-bellica
lo ha di fatto largamente attuato. In ogni mod o taluni amministratori locali e regionali rivolgono all'AICCRE l'incredibile domanda:
«Che ci da' l'AICCRE?». Politicamente si
potrebbe rispondere, con qualche cattiveria,
«niente!». In realtà, viceversa, dà anche intelligente, ragionata informazione sull'applicazione agli enti regionali e locali delle disposizioni comunitarie. sul modo d i utilizzare
compiutamente i fondi finanziari della Comunità (oggi Unione), sul rapporto pratico
che si è stabilito - al di soma delle frontiere
- non solo coi ,gemellaggi ma con tutti i collegamenti, anche tecnici, tra i Comuni e le altre comunità autononle non esclusivamente
dell'unione eurovea, ma anche dei Paesi che
n e sono fuori e varticolarmente dei Paesi dell'Est europeo e del Mediterraneo: anzi, per il
Mediterraneo, il CCFE, e quindi I'AICCFE,
hanno svolto, con successo, due conferenze
euro-arabe delle città, la cui consapevolezza
creata e gli effetti pratici, organizzativi si possono constatare. n e t t o questo, cioè sottolineato che 1'AICCRE offre anche un «servizio
europeo», attento e consapevole (ed ha un
ufficio ad hoc, che lavora alacremente), dobbiamo poi sottolineare ai nostri colleghi che,
sempre nell'ambito della difesa e dell'incremento delle autonomie territoriali, il CCRE e
per esso 1'AICCRE hanno ottenuto a livello
sovranazionale quelle istituzioni, quei provvedimenti comunitari, quelle agevolazioni,
A
n
.
Joseph Rotblat
Fisico, premio Nobel '95 per la pace, animatore della organizzazione «Pugwash» antinuclearista. L'impegno dell'AICCRE in materia risale agli anni cinquanta: v. «Sull'orlo dell'abisso» a
% pag. 3.
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i
A
che permettono poi ai colleghi stessi di chiederci un attento servizio per sfruttarli adeguatamente. È un'attività politica specifica,
quasi sindacale ma in realtà creativa, che non
dovrebbe sfuggire ai nostri enti associati per
il solo fatto che non si rivolge ad essi direttamente, ma offre ad essi e in nome di essi che ci danno forza e autorevolezza - le premesse per l'attività, che successivamente, appunto, interessa e mobilita i nostri associati,
anche singolarmente presi: questa è un'attività del CCRE a monte, immediatamente riferibile alle autonomie, di cui non si interessano o si interessano solo parzialmente le associazioni nazionali degli enti locali e regionali, che non sono attrezzate per questo
obiettivo. I1 CCRE, per esempio, ha lavorato
venti anni per ottenere il Comitato delle Regioni e delle Collettività locali, previsto infine
dal Trattato di Maastricht: nei venti anni le
associazioni o nazionali o settoriali (che cioè
non si interessano globalmente di tutto il sistema delle autonomie territoriali, dal Comune alla Regione) non ci hanno aiutato in questa difficile costruzione, mentre 1'ARE (Assemblea delle Regioni d'Europa) ha insistito
su proposte demagogiche e irrealizzabili, con
la richiesta di un Senato europeo delle Regioni, che in questo momento diventava un bastone fra le ruote alla richiesta di un'assemblea popolare sovranazionale, dotata di poteri reali, che toccasse, attraverso il suffragio
universale e diretto, simultaneamente, tutti i
cittadini europei (il Parlamento europeo in
altre parole), col quale viceversa una parte di
corporativisti, italiani e no, del Comitato delle Regioni, non approfondisce rapporti fraterni, mentre in pratica lotta contro di esso
nella ricerca di prerogative che facciano del
Comitato delle Regioni una terza Camera europea, accanto al Senato degli Stati - ex
Consiglio dei Ministri - e al Parlamento europeo.
Un'autentica aberrazione, dunque! In
ogni modo le varie associazioni nazionali di
enti locali e regionali, appena si sono trovate
davanti, bello e pronto, il Trattato di Maastricht, col Comitato delle Regioni e delle
Collettività locali, si sono affrettate ad occuparne tutte le sedie, senza preoccuparsi del
CCRE e dell'esperienza dei suoi dirigenti,
rendendo il Comitato stesso invece di uno
strumento per aumentare la partecipazione
popolare al processo di integrazione europea,
un ulteriore ostacolo o paravento alla partecipazione della «gente». Nel Comitato poi
non sempre si è stati sensibili finora ad occuparsi dell'intero sistema delle autonomie, ma
è scoppiata una rissa tra i regionali e gli am-
'
som
ma
rio
ministratori locali; non solo: i rappresentanti
provenienti da un certo livello delle autonomie -Regioni o Enti locali, non importa si preoccupano spesso più dei problemi del
proprio singolo ente o del potere della propria parte «politica» che di quelli della propria categoria o livello, per cui la loro rappresentatività è addirittura discutibile senza
contare i casi in cui i membri del Comitato
sono scelti dal governo centrale. Viceversa il
CCRE aveva ed ha fiducia nel Comitato delle Regioni e delle Collettività locali, che dovrebbe e dovrà contribuire a quella rivoluzione copernicana, a cui si riferisce spesso l'amico eurodeputato Manzella, e cioè la costruzione europea attraverso la partecipazione effettiva del popolo, della «gente» (la cittadinanza europea), in sostituzione all'esclusivo
dialogo intergovernativo e alla diplomazia fra
gli Stati.
Ma questo non è tutto. Lo scopo principale dei promotori del CCRE era e rimane una
forte spinta dalla base alla costruzione politica di un'Europa sovranazionale e federale. Si
voleva cioè dare al movimento federalista europeo una grossa partecipazione, che una
semplice d i t e non era riuscita a creare e
tutt'ora stenta a farlo. In altri termini il
CCRE ha come sua massima aspirazione di
dare un contributo democratico ed efficace
alla creazione degli Stati Uniti d'Europa e, si
badi, non a Stati Uniti d'Europa che trasferiscano il potere dagli Stati nazionali e nazionalisti ad una specie di nazionalismo europeo
(la fortezza europea), ma diano un contributo essenziale alla creazione di una Federazione sovranazionale continentale, che a sua volta prepari e tenti di realizzare la trasformazione federale delle inefficienti Nazioni Unite.
Più volte abbiamo ricordato, anche attraverso il riferimento al fallimento del Piano
Baruch e alle critiche del democratico americano Clark, il nostro sforzo, insieme a tutto
quello dei pensatori e dei militanti federalisti,
di far sì che attraverso 1'ONU non si ripetano
il nullismo o addirittura le prevaricazioni della vecchia Società delle Nazioni, nata alla fine
del primo conflitto mondiale e subito criticata in classiche pagine di Luigi Einaudi.
In questo senso il CCRE è schierato contro
l'eurocentrismo e più volte ci siamo sforzati
(almeno a partire dagli Stati ,generali di Roma
del 1964) di far sì che il CCRE sia all'origine
di un «fronte democratico europeo», il quale
lavori simultaneamente per il federalismo di
base della costituenda Unione europea e per
il federalismo ~lanetario.Non spaventi scioccamente il termine «planetario»: esso significa che il CCRE lotta per la pace, per farci
uscire da quella terribile «impasse» per cui
siamo scivolati dall'equilibrio del terrore al
terrore senza equilibrio, e si batte altresì, con
possibilità reali, per un ordine economico-sociale internazionale assai più giusto. La morale di quanto qui affermiamo è che soltanto
se una Federazione europea, democratica,
forte e capace di agire agirà a monte per lo
sviluppo di Paesi della fame e della disoccupazione endemica noi potremo decentemente ottenere che l'immigrazione massiccia, dal
Terzo mondo alle nostre città, si sviluppi con
alcune regole e con un freno, che permetta di
costruire realisticamente, giorno per giorno,
una società multi-etnica. Questa società non
si può costruire in un giorno e non deve mettere i poveri, i disperati immigrati dal Terzo
mondo contro i disoccupati, i giovani, i derelitti della nostra società opulenta: la quale vive con due terzi, fortunati, dei suoi abitanti
delle rapine che i Paesi superindustrializzati
compiono sulle ricchezze della Terra, facend o poi ricascare il peccato di questa ingiustizia sulla terza parte, povera, che - come ci
hanno spiegato molti sociologi esiste paurosamente accanto all'alto sviluppo industriale,
sia in America che in Europa.
Ecco cosa dà soprattutto ai nostri soci il
CCRE: il ritorno all'ideale, ma anche alla lungimiranza pratica. Di fronte a questo obiettivo epocale acquista la sua indubbia importanza, che per altro è relativa, il cosiddetto
«servizio europeo». Pertanto noi rispondiamo spesso, con pazienza ma anche con severità, a coloro che ci domandano: «a che cosa
serve l'AICCRE?». I1 cosmopolitismo e l'abito spirituale e operativo che esso conferisce
deve cominciare all'ombra del proprio campanile. Bisogna pur dire che questa lezione
fortunatamente l'hanno di regola capita anche nostri Comuni piccoli anzi piccolissimi e
periferici, ma non per questo meno coraggiosi e intelligenti degli Enti locali e regionali
più robusti e consapevoli delle «cose del
mondo». In altri termini CCRE e federalismo
debbono riaccostare la gente alla politica,
cioè allo sforzo per una società governata dal
cervello e dal cuore, e non dalla carriera personale, dall'elettoratismo, o dai miraggi egoistici e miopi della propria corporazione. W
3 - Sull'orlo dell'abisso
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Pechino: nord e sud a confronto, di M. T. Coppo Gavazzi
Emancipazione, uguaglianza, partecipazione
Verso comuni obiettivi, di M. P. Colombo Svevo
Per una nuova società paritaria, di Fausta Giani Cecchini
Unione europea e ambiente: a che punto siamo? di Silvana Paruolo
La revisione del Trattato di Maastricht, di Jordi Pujol
Il debutto politico, di mtcg
Democrazia locale, cittadinanza e tolleranza, di Giuseppe 7'essari
La città Atellana, di Rosario Pinto
INSERTO: Educazione alla sovranazionalità
OTTOBRE 1995
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Spedlzione in abbonamento postale Gruppo il1
Anno VI1 N. 6
20 giugno 1959
Direzione e Redaz.: Piazza di Trevi, 86 ROMA
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1959: Heri dicebamus
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O R G A N O MENSILE D E L L ' A S S O C I A Z I O N E I T A L I A N A PER IL C O N S I G L I O D E I C O M U N I D'EUROPA
SULL'ORLO DELL'ABISSO
d i UMBERTO SERAFINI
L'a\orno, la saIu\e, la pace e l'urgenza cornuni\aria
Nella recente discussione generale sul bilancio del Ministero della Sanità, al Senato,
il sen. Focaccia, presidente del Comitato
Nazionale per le Ricerche Nucleari (CNRN),
ha detto cose di estrema gravità, che questa volta sul terreno della salute e della
vita dei nostri figli - se la retorica ci
spinge a dichiararci del tutto indifferenti
per la nostra sorte personale - dovrebbero
aprire gli occhi a chiunque insista a non
vedere il « mondo nuovo )> (come lo chiamò
Aldous Huxley) divenuto realtà. E realtà più
spaventosa del previsto.
Le radiazioni del mondo nuovo
« Premesso che il corpo umano )> ha detto
il senatore democratico cristiano n: riceve ed ha sempre ricevuto - due tipi di radiazioni, dobbiamo ricordare che da circa 15
anni a questa parte si presenta un terzo tipo
di radiazioni, che scaturisce dall'uso di fonti
artificiali di radiazioni che si sostanziano
nei raggi gamma e nelle particelle ionizzanti. Secondo alcuni tale nuova forma di
radiazioni è per ora quasi innocua, mentre
secondo altri è già assai prossima al pericolo. La verità è che essa è certamente satura
di spaventosi pericoli futuri, ove non si riesca a disciplinare ed a circoscrivere l'uso
della nuova energia derivante dalle esplosioni nucleari D. I1 sen. Focaccia ha sottolineato che è urgente recepire le norme sanitarie dell'Euratom, ed il CNRN è pronto a
collaborare per questo scopo con il Ministero
della Sanità. Nei centri per la misurazione
della radioattività, istallati dal CNRN, è stato
rilevato un aumento costante della radioattività dell'aria e della pioggia. Non sono
giustificate ragioni di allarme, ma il rapido
incremento del fenomeno autorizza le più
ampie riserve per il futuro, specie se le
esplosioni nucleari continueranno con il ritmo attuale e se saranno istituiti poligoni
atomici nelle zone prossime all'Italia, come,
ad esempio, nel Sahara. c< L'avvento deila
energia nucleare » ha concluso il sen. Focaccia «schiude, come tutte le nuove scoperte scientifiche, un panorama costellato di
luci e di ombre. Esprimo l'augurio che si
possa compiere un'attività concorde per diradare le ombre ed intensificare le luci: parte
anche dal Senato una accorata invocazione
perché l'energia nucleare sia utilizzata per
rendere meno faticosa l'esistenza e non per
accelerare la distruzione della vita ».
Sull' orlo dell' abisso
In parole povere, a prescindere dall'uso
bellico (guerra calda) delle armi atomiche,
la sola corsa all'incremento di queste armi e
gli esperimenti relativi - quali comporta la
guerra fredda - e lo stesso massiccio uso
pacifico dell'energia nucleare, senza gli opportuni accorgimenti, costituiscono una terribile minaccia, a scadenza che non perdona.
Siamo, insomma, sull'orlo dell'abisso. Basta
continuare così, nel disordine internazionale
di oggi, perché gran numero dei nostri figli
siano coslpiti dal cancro e dalla morte atomica, e tutti debbano vivere (ma la si potrà
chiamar vita?) nell'allarme e nell'angoscia
continui, con i corollari criminogeni che si
possono immaginare.
Ormai i principali problemi economici, sociali, politici della nostra giovinezza hanno
mutato - tutti - la loro importanza relativa, di fronte all'enorme dominio « tecnico » che gli uomini hanno rapidamente conquistato in alcuni campi della natura ed alle
sue conseguenze. Oggi, nella prospettiva dei
morbi più spaventosi, della follia, e perfino
della possibile scomparsa del genere umano,
il problema - morale e di semplice buon
senso - che si impone è quello dell'organizzazione della pace, e con esso si impongono, collegati, il problema del controllo
popolare (e, prima che istituzionale, almeno
dell'opinione popolare, purtroppo così sprovveduta) dei mostri partoriti dalla << tecnica )>
e il problema di un equilibrio mondiale, che
lasci almeno - nella sua sufficiente stabilità - il tempo all'umanità di riflettere ed
eventualmente di perire - se ciò deciderà con un minimo di c6nsapevolezza (e ci saremmo quasi limitati a dire: di informazione).
Guerra e pace, oggi
Oggi l'urgenza di organizzare la pace è
per tutti (sottolineiamo per tutti) più importante di qualsiasi vittoria ideologica e di
regime. Se veramente si ha una fede, i vaCOMUNI D'EUROPA
lori, in cui si crede, dovranno in extremis
essere difesi con la resistenza passiva di
Gandhi e col martirio individuale, e non con
lo strumento di una guerra, che metterebbe
in giuoco la stessa esistenza del genere
umano. I comunisti sovietici hanno cominciato col riformare l'assunto~ teorico sulla
inevitabilità della guerra: occorre andare
molto più in là e sostenere che chi, con qualunque giustificazione ideologica, inizierà un
conflitto mondiale nell'èra atomica dovrà
trovarsi immediatamente di fronte alla reazione della disobbedienza civile, mentre dovrà essere fatto ogni sforzo, con una solidarietà senza distinzioni di ideologie e di
frontiere, per catturarlo come pazzo criminale. Da queste premesse dovrebbe discendere un linguaggio inconsueto nel dialogo
fra i blocchi. Ciascuno dovrebbe impegnarsi
a impartire entro le proprie frontiere una
educazione capillare, per la quale si direbbe
press'a poco (inevitabilmente) così: « Noi
ncn inizieremo mai una guerra atomica D (e
chi farà mai ammissioni preventive di questo
genere?) « m a se qualcuno, detentore del
potere, ciò facesse, invitiamo tutti i cittadini,
a tutti i livelli, a riflettere che la immediata
disobbedienza civile sarebbe un dovere superiore a tutte le fedeltà ideologiche e a
tutti i lealismi nazionali ».
La costruzione di un equilibrio
stabile
Ma a ciò non si perverrà in un fiat. E
d'altra parte ci vorrà tempo, lavoro infaticabile e il coraggio dei santi prima di arrivare al tipo di coesistenza recentemente
profetizzata da Jean Monnet (« Credo1 che gli
attuali concetti opposti tra noi e gli Stati
sovietici tenderanno a convergere su un nuovo punto di vista. I Paesi industrialmente
progrediti dovranno affrontare nuovi problemi comuni, quali che siano i loro punti
di partenza, e scopriranno forse simpatie
reciproche che adesso non sospettano neppure. Credo che, in definitiva, gli uomini
saranno nell'impossibilità tecnica e psicologica di penetrare nello spazio portandosi
dietro liti anacronistiche, che li attaccano
alla terra >> - dalla intervista a « U.S. News
and World Report a). Pertanto il problema
che oggi si pone è quello della cessazione
della guerra fredda e degli esperimenti atomici di tipo bellico, puntando sulla creazione di un equilibrio mondiale, che prometta
un ampio tempo di respiro: di questo problema la questione della « sicurezza europea D (con le diverse preoccupazioni sempre
comprensibili, sovente giustificabili, che
l'uno o l'altro blocco vi annettono) è un
aspetto molto rilevante.
Cina e Stati Uniti d'Europa
Ora, ci domandiamo: perché l'URSS, che
non fa mostra di temere la crescita ai suoi
confini di una potenza quale la Cina - affine sì di regime ma di irrefrenabile incremento demografico e non immune, sullo
stretto terreno statuale, di una qualche sospettabilità espansionistica -, dovrebbe temere la costituzione dei democratici Stati
Uniti d'Europa? Gli Stati Uniti d'Europa
(di abbastanza modesta dimensione, del resto, in confronto a certi colossi che si affacciano sulla scena attiva della politica, anche
se si tratterà della a grande >> Europa) con-
tribuirebbero, per il bene di tutti - russi
compresi -, a un più sicuro equilibrio mondiale; e d'altra parte un grande sviluppo
economico -del territorio europeo, conseguenza certa dell'unità politica, porrebbe le
premesse per un ordinato e sicuro progresso
dei Paesi sottosviluppati extraeuropei - che
già sono maggiormente complementari dell'Europa, sia pure divisa, che non dell'URSS
o degli Stati Uniti d'America (le importazioni dei quali provengono in gran parte dalla sola America Latina) -: e questo rappresenterebbe di per sé un fattore di stabilità.
I russi per primi - insistiamo su questo
punta - dovrebbero auspicare, in luogo delle « pericolose, coalizioni europee, la reale
unità politica del continente: questa nascerebbe a spese dei guerrafondai, dei colonialisti, dei razzisti. Agitando lo spettro dei
trusts europei (che possono benissimo affermarsi senza l'unità politica) si usa un vero
e proprio schematismo ideologico: chi è, infatti, che non vuole alla fin fine l'autentica
affermazione del federalismo europeo? non
sono proprio le irresponsabili forze parassitarie e che conducono una economia cosiddetta di rapina? e che c'è sotto il u tiepido
europeismo W di Erhard? e l'antieuropeismo
britannico, larvatamente neutralista (dai
conservatori a Bevan), non discende - tutto
- da quel conservatorismo nazionale che
portò all'attacco (accanto ai fascisti e alla
destra reazionaria tedesca) del paneuropeo
Briand - con tutti i suoi limiti, ma anche
con le lucide intuizioni che oggi bisogna
SUAREZ,
Briand,
riconoscergli (cfr. GEORGES
Paris, Plon: volume sesto e ultimo) -?
e
nei momenti, in cui è in crisi la pur modesta sopranazionalità della CECA, chi è
che soffia sul fuoco? e chi è che non ha
voluto sopranazionalità reale nella CEE? e
chi ha fatto praticamente fallire 1'Euratom
nei suoi obiettivi più coraggiosi (cfr. la prefazicne di ROBERTO
DUCCIa Euratom e sviluppo nucleare d e i i ' h ~ o ~ mMilano,
~:
Comunità)?
tro le frontiere dell'altra blocco). Ma qui
non vogliamo impelagarci nel complesso discorso delle zone disatomizzate, ad armamento rarefatto, ecc. - che formano la delizia degli esperti militari o improvvisati tali,
ma ove occorrefebk anche tenere ben presente, sempre, i fattori psicologici -: vogliamo piuttosto affermare che, a qualunque
soluzione si arrivi e comunque se ne vogliano
scadenzare o vincolare le tappe, solo la
creazione degli Stati Uniti d'Europa può
dare un contributo nuovo ed essenziale all'ordine internazionale ed al mantenimento
della pace. I1 resto - in sede europea sono pannicelli caldi.
Il momento dell' utopia
Utopie? viene, anche per i realisti più incalliti, il momento dell'utopia, e ciò quando
nessuna alternativa all'utopia lascia prevedere un risultato soddisfacente. Qui, come
si diceva, siamo sull'orlo dell'abisso. Ci si
replicherà che difficilmente i sovietici entreranno nell'ordine di idee suesposto: ma è
stato fatto un tentativo serio in questo senso?
Noi non dobbiamo fingere di meravigliarci
che i russi, così in Europa come in America, affermino di vedere a individui e gruppi di cui non si fidano W : ogni giorno ne
parliamo noi stessi democratici, che abbiamo
mète chiaramente dissimili da quelle dei
comunisti e una sensibilità diversissima.
D'altronde anche i russi, all'occasione, fanno le loro brave distinzioni. Avete letto sui
quotidiani di questi ultimi giorni quanto
Mikoyan ha riferito dei suoi colloqui con
Dulles negli Stati Uniti d'America, durante
il suo viaggio dell'anno scorso. Mikoyan
avrebbe chiesto a Dulles: a Pensate che la
Russia farà la guerra con voi? W ; e Dulles
avrebbe risposto: a No, non lo penso W . Poi
Dulles avrebbe chiesto a sua volta: a E voi,
pensate proprio che faremo la guerra con
voi? D; a cui il leader sovietico: t Noi no.
Del resto il Governo americano non inizierà
la guerra, ma vi sono individui e gruppi dei
quali non ci fidiamo i ~ .
Separiamo la politica dalla propaganda
I1 complesso dell' assedio
- che spesso, come un boowrang, fa le sue
Ai russi dovrebbe far paura il vuoto d'aria
vittime fra gli stessi massimi dirigenti polidell'Europa o l'aria u coloniale » che spira tici -. Dimostriamo serenamente agli uni e
sul continente diviso in Stati u sovrani * agli altri che l'unità politica, federale, del(sovrani come i capponi di Renzo). I1 regime l'Europa darà maggior potere di controllo
sovietico, d'altro canto, deve perdere il alle forze del lavoro - oggi condotte in viu complesso dell'assedio >>, comprensibile nelcoli ciechi da obiettivi sezionali e nazionalla fase iniziale della rivoluzione o al tempo corporativi -, agli imprenditori coraggiosi
di Hitler (che in parte la sua stessa incauta e non di rapina e, soprattutto, ai cittadini
politica - o quella dei comunisti tedeschi - consumatori. (Questa del pacifismo dei concontribuì a mandare al potere), e deve guar- sumatori è una idea liberale, che i n teoria
dare senza pregiudizi alla nuova situazione potrebbe anche riuscire astrusa ai sovietici,
mondiale.
ma che molti di essi - in questi tempi postNon chiediamo ai russi di mutare senz'al- staliniani - probabilmente afferrano benistro regime politico, ma è evidente che neansimo.) Ma, prima di ogni altra cosa, rendiache essi possono - perdurando la pace - moci conto della tragica ora che volge e, in
chiederlo perentoriamente a noi. In attesa un grande moto esemplare, rendiamo testidell'arbitrato della storia serbiamo dunque monianza all'amore per il prossimo ed alla
la pace in un equilibrio, che abbia gli attri- solidarietà umana (così spesso evocati dalla
buti di una notevole stabilità: in questo senso nostra bocca) attraverso concrete realizzal'assetto della Germania, e con esso la quezioni comunitarie europee.
stione della sicurezza europea, non dovrebNon aspettiamo il consenso dei potenti delbero trattarli i Grandi, facendo dell'Europa la terra e seguiamo tutti, subito, le pacifiche
un oggetto di politica. Solo l'Europa unita e bandiere del federalismo europeo, per la
garante di se stessa potrà dare un contributo salvezza dei nostri figli e per ridare alla vita
efficace alla sicurezza: e, se volete, questa quel minimo di speranza e di gioia, senza il
Europa unita potrà nascere vincolata alla quale si diventa così spesso folli e crudeli.
smilitarizzazione di una parte del suo territorio (con un congruo pan per focaccia enUmberto Serafini
IV Conferenza dell'ONU sulle donne
Pechino: nord e sud a confronto
di Maria Teresa Coppo Gavazzi *
Una premessa è indispensabile quando ci si
accinge al difficile compito di incominciare a
fare un'analisi dei documenti della Conferenza
di Pechino. La premessa riguarda la non esaustività del discorso, anzi la voluta focalizzazione
unicamente di alcune evidenze socio-culturali
scaturite dal grande confronto tra la cultura del
mondo occidentale o «sviluppato» e queila dei
Paesi in via di sviluppo, in particolare Africa e
Sud Asiatico. È importante, comunque, sottolineare come il lavoro preparatorio alla quarta
conferenza mondiale delle e sulle donne sia stato ampio, molto articolato e quasi completo
nell'esame di tutte le sfaccettature delle problematiche riguardanti la donna ed il ruolo della
stessa nella società.
La piattaforma programmatica e la risoluzione finale presentano grande ricchezza di contenuti che spaziano dalle emarginazioni concrete,
quali quelle economiche - con particolare attenzione alla povertà che sembra colpire sempre un maggior numero di donne non solo in
età avanzata -; alle emarginazioni socio-culturali, palesi ed occulte, di norma più legate ad
una organizzazione politica istituzionale e
strutturale generalmente maschilista, che a
mancanza di presa di coscienza da parte dell'universo femminile; a quelle dovute ad una scarsa informazione che -potrebbe sembrare strano - sembra essere uno dei mali propri della
società dell'informazione, male che risiede anche nel dare per scontato che l'accesso alla telematica sia alla portata di tutti, senza rendersi
conto del grave gap culturale e strumentale
che, in questo settore, colpisce le donne in modo particolare.
Altro dato importante della piattaforma riguarda le proposte concrete di interventi operativi in tutti i settori presi in considerazione,
proposte operative chi si rivolgono e che interpellano non solo gli Stati membri, e per essi la
pubblica amministrazione, ma anche il settore
privato, come quello economico, dell'informazione $2dei servizi in genere. Un'apertura quella di Pechino che ricorda molto da vicino il
quarto programma della Commissione Europea per le pari opportunità, programma che
esce dalle secche dell'ambito politico-amministrativo : «Femmes au pouvoir» (Donne nella
presa di decisione), e del lavoro, per impegnarsi a favorire la presenza delle donne in tutti i
campi professionali, sociali e culturali, unica
via per incrementare la visibilità e la presenza
femminile anche nei luoghi di potere.
Sorge, però, immediato un punto interrogativo riguardante la concreta volontà politica da
parte di tutti gli attori di attuare gli interventi
sottoscritti a Pechino e la forza di pressione
delle donne perchè questa volontà politica nasca - là dove non fosse presente - e si concretizzi. I1 punto più critico riguarda proprio la
forza di pressione delle «cittadine». Se si deve
" Condirettrice di «Comuni d'Europa» e coordinatrice
della Segreteria della Delegazione italiana al Comitato
delle Regioni e degli Enti locali.
OTTOBRE 1995
trarre la conclusione da quanto è accaduto nel
nostro Paese a proposito della sentenza della
Corte Costituzionale, che ha cancellato le
«quote» dalle leggi elettorali, le speranze di una
vera mobilitazione femminile sono esigue. Non
solo poco è stato detto e fatto al momento della sentenza per cercare altre vie - più corrette
- per riproporre il problema, (forse era estate
e le donne, come tutti, erano al mare), ma anche ora che Pechino ripropone con forza il problema, affermando che «ci deve essere la possibilità di inserire nei sistemi elettorali dei provvedimenti che incoraggino i partiti politici a fare in modo che le donne siano presenti in eguale misura e agli stessi livelli degli uomini sia nei
posti elettivi che in quelli non elettivi», tutto a
casa nostra sembra tacere come se il problema
non ci riguardasse.
Tralasciamo per ora questi risvolti che attengono già al dopo conferenza, per ritornare all'obiettivo iniziale riguardante il dibattito che
l'ha caratterizzata. È sufficientemente chiaro
che lo stesso ha risentito della struttura iniziale
sia della bozza di piattaforma programmatica
che di quella del documento finale. Se un appunto si poteva fare ad ambedue era di essere
troppo fortemente influenzate da alcuni «disvalori» (chiediamo scusa del vocabolo infelice,
ma riteniamo che sia interprete efficace del
pensiero che desideriamo esprimere) che hanno caratterizzato la cultura dell'occidente durante il difficile cammino verso l'emancipazione femminile, quali ad esempio - solo per citare il più macroscopico - la sottovalutazione
della famiglia, intesa come ambito limitativo
della e per la libertà deila donna, a cui si potrebbe aggiungere - sempre riferendosi alla
bozza di piattaforma predisposta per Pechino e
alla risoluzione del P E in merito - l'oblio di
una possibile dimensione religiosa della vita.
Omettiamo dall'elenco ogni riferimento all'aborto per esplicito desiderio di non cadere in
una irrisolta polemica che immediatamente lacererebbe il mondo femminile, creando schieramenti contrapposti che rischierebbero di far
cadere in second'ordine il più ampio discorso
che cerchiamo di proporre. Ci sembra, però,
opportuno rilevare come non potesse essere del
tutto condivisibile la malcelata ammissione dell'aborto come strumento per la pianificazione
delle nascite, malcelata ammissione che dopo le
giornate di Pechino è fortunatamente rientrata.
Lasciamo da parte - come promesso - questo spinoso argomento per ritornare alla concreta verifica del colpo d'ala conferito aila piattaforma dal confronto svoltosi a Pechino ail'interno delle delegazioni ufficiali e tra le O N G
rappresentate.
L'ampiezza degli argomenti affrontati ed anche le svariate angolature di osservazione non
prevedevano e permettevano grandi stravolgimenti - tutto sembrava fosse stato detto -ma
sono i particolari emendamenti arrecati dalla
forza di quei «Paesi in via di sviluppo» - che
il documento del P E tanto spesso ricordava
forse con un atteggiamento un po' troppo pa-
ternalistico - a fare la qualità di cui si diceva.
Per non dare l'impressione di parlare astrattamente e per partito preso citeremo alcuni casi specifici.
Cominciamo proprio dalla famiglia. Al punto 30 del documento riguardante gli obiettivi
programmatici la piattaforma dà una definizione di famiglia non esaustiva, esclusivamente
mirata ad evidenziare - com'era d'obbligo il rapporto donna-uomo-famiglia-figli. Nel proseguo del documento più volte, quando si trattava di esplicitare le responsabilità familiari per
esempio nei confronti dell'educazione dei figli,
si faceva sempre riferimento a farniglia/famiglie, come se un ragazzo-figlio potesse avere
più famiglie con pari responsabilità nei suoi
confronti. Ci sentiamo di affermare, con poco
rischio d'errore, che questa confusione familiare fosse da addebitare ad un problema aperto
nel contesto occidentale. Sta di fatto che daile
giornate di Pechino le «più» famiglie per ogni
figlio sono scomparse e si è ritornati a considerare famiglia unicamente quella composta dai
genitori. Mi pare una correzione da non sottovalutare. Altrettanto importante l'emendamento circa la violenza nei confronti delle donne,
emendamento che esplicita con forza come siano violenze anche le sterilizzazioni e gli aborti
coatti, la contraccezione imposta, la selezione
prenatale in funzione del sesso del nascituro e
l'infanticidio delle neonate. Owiamente siamo
certe che i nostri lettori penseranno che si tratta di cose più che owie, ed è vero, ma nella
piattaforma non trovavano quel giusto risalto
che simili problematiche richiedono - forse
proprio perchè il mondo occidentale dava per
scontato la loro condanna -. I1 mondo è ben
oltre i nostri confini e nessuno avrà dimenticato le immagini televisive che ci hanno presentato numerose manifestazioni di donne asiatiche
che rivendicavano la forte salvaguardia di questi primordiali diritti di dignità e libertà umana.
Quasi sullo stesso piano, anche se di minore
forza emotiva -ma forse più ampio come problema - è quello delle donne migranti. L'emendamento arrecato alla piattaforma modifica
in positivo un problema originalmente affrontato in negativo. I1 testo attuale obbliga gli Stati a
fare in modo che «tutte le donne migranti comprese le lavoratrici - possano godere pienamente dei loro diritti fondamentali» in qualità di cittadine a pieno titolo. Ci sembra la vera
ottica con cui affrontare la scommessa - inevitabile - di una società multiculturale e multietnica come quella futura a cui il grande unico
mercato mondiale ci condurrà. Attualmente, soprattutto nei nostri Paesi, si considera l'emigrazione (o meglio l'immigrazione) ancora nei termini deila «valigia di cartone» quando gli emigranti erano gli italiani, o peggio nei termini dei
«lavavetri» magrebini all'angolo della strada un fenomeno al massimo da sopportare, o meglio da cui difendersi - ma la mobilità non
coincide con questi esempi.
Quanto le donne hanno proposto a Pechino
(segue a pag l I )
la risoluzione di Pechino
Emancipazione, uguaglianza, partecipazione
1. Noi, governi partecipanti alla quarta
Conferenza mondiale sulla donna;
2. Riuniti a Pechino nel settembre 1995, anno del cinquantesimo anniversario della fondazione delllOrganizzazione delle Nazioni Unite;
3. Decisi a far progredire gli obiettivi di
uguaglianza, di sviluppo e di pace per tutte le
donne del mondo nell'interesse dell'intera
umanità;
4. Preso nota della voce di tutte le donne del
mondo e tenuto conto della diversità delle donne e del loro ruolo e condizioni di vita, rendendo omaggio alle donne che hanno aperto la
strada e ispirati dalla speranza nei giovani del
mondo intero;
5 . Constatando che la condizione della donna è migliorata in campi importanti nel corso
dell'ultimo decennio, ma che i progressi sono
stati disuguali, che l'ineguaglianza tra uomini e
donne persiste e che rimangono degli ostacoli
importanti, che portano a conseguenze gravi
per il benessere di tutta l'umanità;
6. Ugualmente constatando che questa situazione si è aggravata per l'accrescersi della
povertà che affligge la vita della maggior parte
della popolazione mondiale, in particolare delle donne e dei bambini, e la cui origine è tanto
nazionale che internazionale;
7. Dedicandoci senza riserve all'eliininazione di queste costrizioni e ostacoli, al fine di promuovere ancora il progresso e l'emancipazione
femminile nel mondo intero, e convenendo che
ciò esige fin da ora l'adozione di misure d'urgenza in uno spirito di determinazione, di speranza, di cooperazione e di solidarietà che ci
porterà nel prossimo secolo.
Noi riconfermiamo la nostra adesione:
8. All'uguaglianza dei diritti e alla dignità
personale degli uomini e delle donne e agli altri
obiettivi e principi sottoscritti nella Carta delle
Nazioni Unite, Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e negli altri strumenti internazionali relativi ai diritti dell'uomo, in particolare la Convenzione sull'eliminazione di tutte le
forme di discriminazione riguardo alle donne e
la Convenzione relativa ai diritti del bambino,
così come la Dichiarazione sull'abolizione della
violenza sulle donne e la Dichiarazione sul diritto allo sviluppo;
9. Alla piena applicazione dei diritti fondamentali delle donne e delle bambine, perché
sono parti inalienabili, integranti e indivisibili
da tutti i diritti della persona umana e dalle libertà fondamentali;
10. Noi riconfermiamo che ci impegnamo a
basarci sul consenso e sui progressi realizzati
durante le conferenze e i sumrnit precedenti
delle Nazioni Unite, dedicati alle donne (Nairobi, 19851, ai bambini (Neur York, 1990), all'ambiente e allo sviluppo (Rio de Janeiro,
1992), ai diritti dell'uomo (Vienna, 19931, alla
popolazione e allo sviluppo (I1 Cairo, 1994) e
allo sviluppo sociale (Copenagen, 19951, per
assicurare l'uguaglianza, lo sviluppo e la pace;
11. Ad assicurare l'applicazione intera ed
effettiva delle strategie e prospettive d'azione di
Nairobi per la promozione della donna;
12. Ad assicurare l'emancipazione e la promozione delle donne, e anche il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione e di
convinzione, contribuendo così a rispondere ai
bisogni morali, etici, spirituali e intellettuali degli uomini e delle donne, individualmente o
nella collettività, e, da questo, garantirgli la
possibilità di realizzare pienamente il loro potenziale in seno alla società regolando la loro vita a seconda delle loro aspirazioni.
Noi siamo convinti che:
13. L'emancipazione della donna e la sua
piena partecipazione sul piano deli'uguaglianza
in tutti gli ambiti della vita sociale, e anche la
sua partecipazione ai processi decisionali e l'accesso al potere, sono fondamentali per il raggiungimento di uguaglianza, sviluppo e pace;
14. I diritti della donna sono diritti fondamentali della persona;
15. L'uguaglianza dei diritti, delle scelte e
dell'accesso alle risorse, la spartizione uguale
tra donne e uomini delle responsabilità riguardo alla famiglia e un partenariato armonioso sono essenziali per il loro benessere e per quello
della loro famiglia, così come per l'affermazione della democrazia;
16. L'eliminazione della povertà, fondata
sulla crescita economica, sullo sviluppo sociale,
una protezione dell'ambiente ed una giustizia
sociale che siano durevoli, esigono la partecipazione delle donne allo sviluppo economico e
sociale. e anche l'uguaglianza nelle scelte e la
piena partecipazione, su un piano d'uguaglianza, di donne e uomini, in quanto agenti e beneficiari di uno sviluppo durevole al servizio dell'individuo;
17. I1 riconoscimento e la riaffermazione del
diritto di tutte le donne al controllo di tutti gli
aspetti della loro salute, in particolare la loro
fecondità, sono essenziali per la loro emancipazione;
18. L'instaurazione della pace, a livello locale, nazionale, regionale e mondiale, è possibile
ed è inseparabile dalla promozione della donna, le donne rappresentano una forza fondamentale di iniziativa, di regolamento dei conflitti e di promozione di una pace durevole a
tutti i livelli;
19. È essenziale elaborare, mettere in opera
e sorvegliare, a tutti i livelli, in piena associazione con le donne, le politiche e i programmi,
sottolineando la parità tra i sessi, ivi comprese
politiche e programmi di sviluppo efficaci, efficenti e sinergici, che siano in grado di favorire
l'emancipazione e la prolnozione della donna;
20. La partecipazione e il contributo di tutti i protagonisti della società civile, in particolare i gruppi e le associazioni di donne e le altre
organizzazioni non governative e organizzazioni comunitarie, nel pieno rispetto della loro autonomia, in cooperazione con i governi, rivestono una grande importanza per l'applicazione e la successiva efficacia del Programma d'azione;
21. La messa in opera di un Programma d'azione esige un impegno dei governi e della comunità, internazionale, impegnandosi concre-
tamente ad agire, a livello nazionale e internazionale, anche durante la Conferenza, i governi
e la comunità internazionale riconoscendo la
necessità di prendere delle misure immediate a
favore dell'emancipazione e della promozione
della donna.
Noi siamo decisi a:
22. Raddoppiare gli sforzi e moltiplicare le
azioni che mirano ad ottenere da qui alla fine
del secolo gli obiettivi delle strategie d'azione
di Nairobi per la promozione della donna;
23. Accertarci che le donne e le bambine
usufruiscano pienamente di tutti i diritti della
persona umana e delle libertà fondamentali, e
prendere delle misure efficaci contro le violazioni di questi diritti e libertà;
24. Adottare tutte le misure necessarie per
eliminare tutte le forme di discriminazione nei
confronti delle donne e delle bambine, così come gli ostacoli all'uguaglianza dei sessi e alla
promozione e all'emancipazione delle donne;
25. Incoraggiare gli uomini a partecipare
pienamente ad ogni azione che favorisca l'uguaglianza;
26. Promuovere l'indipendenza economica
delle donne con le assunzioni, ed eliminare il
fardello, sempre più pesante, che la povertà
non cessa di far pesare sulle donne, affrontando le cause strutturali della povertà con i cambiamenti delle strutture economiche, assicurando a tutte le donne, soprattutto a quelle delle
zone rurali, l'uguaglianza d'accesso, in quanto
agenti capitali di sviluppo, alle risorse produttive, alle possibilità di promozione ed ai servizi
pubblici;
27. Promuovere uno sviluppo duraturo al
servizio dell'individuo, soprattutto una crescita
economica sostenuta, sviluppando l'educazione di base, l'educazione permanente, l'alfabetizzazione e la formazione e le cure di salute
primaria nei confronti delle donne e delle bambine;
28. Prendere delle misure concrete a favore
della pace, per la promozione della donna e,
considerando il ruolo di primo piano delle donne nel movimento a favore della pace, adoperarsi attivamente alla realizzazione di un disarmo generale e completo, sotto un rigoroso ed
efficace controllo internazionale, ed appoggiare
i negoziati in vista della conclusione a breve termine di un trattato universale, ed effettivamente verificabile sul piano ~nultilaterale,di interdizione completa degli esperimenti nucleari,
che favorirà il disarmo nucleare e la prevenzione della proliferazione delle armi nucleari sotto
tutti i suoi aspetti;
29. Prevenire ed eliminare tutte le forme di
violenza nei confronti delle donne e delle bambine;
30. Assicurare l'uguaglianza di accesso e di
trattamento delle donne e degli uomini per
quanto riguarda l'educazione e la cura della salute, e migliorare l'igiene sessuale e la salute genetica delle donne e la loro educazione;
31. Promuovere e proteggere tutti i diritti
fondamentali per le donne e per le bambine;
32. Raddoppiare gli sforzi per far sì che tut-
te le donne e le bambine, la cui emancipazione
e promozione si scontrano con svariati ostacoli
che si riferiscono a fattori quali la razza, l'età, la
lingua, l'origine etnica, la cultura, la religione,
le infermità, l'appartenenza ad una popolazione autoctona, possano gioire dell'eguaglianza
di tutti i diritti della persona umana e delle libertà fondamentali;
3 3 . Far rispettare il diritto internazionale,
soprattutto il diritto umanitario al fine di proteggere le donne e particolarmente le bambine;
34. Creare le condizioni che permettano alle bambine e alle donne di tutte le età di realizzare tutto il loro potenziale, vedere che esse
partecipino pienamente e con uguaglianza all'edificazione di un mondo migliore per tutti e
affidargli un ruolo accresciuto nel processo di
sviluppo;
35. Siamo risoluti ad assicurare l'accesso
delle donne, in condizioni di uguaglianza, alle
risorse economiche, soprattutto alla terra, al
credito, alla scienza, alla tecnica, alla formazione professionale, all'informazione, alla comunicazione ed ai mercati in quanto mezzi per favorire la promozione e l'emancipazione delle
donne e delle bambine, anche rinforzando le
loro capacità a prendere parte ai vantaggi dovuti all'accesso paritario a queste risorse, soprattutto grazie alla cooperazione internazionale;
36. Assicurare il successo del Programma
d'azione, che avrà bisogno di un risoluta volontà da parte dei governi, delle organizzazioni
internazionali e delle istituzioni a tutti i livelli.
Siamo profondamente convinti che lo sviluppo
economico, lo sviluppo sociale e la protezione
dell'ambiente, sono degli elementi interdipendenti e complementari di uno sviluppo durevole, che costituisce il quadro dei nostri sforzi
tendenti ad arrivare ad una migliore qualità di
vita per tutti. Uno sviluppo sociale paritario
che permetta ai poveri, in particolar modo alle
donne che vivono nella povertà, di utilizzare le
risorse dell'ambiente, è una condizione necessaria per uno sviluppo durevole. Riconosciamo
allo stesso modo che una crescita economica
sostenuta e con ampie basi, nel contesto di uno
sviluppo durevole, è necessaria per applicare lo
sviluppo e la giustizia sociali. La riuscita del
programma d'azione avrà ugualmente bisogno
della mobilitazione di risorse sufficienti, su scala nazionale ed internazionale, così come di risorse nuove e addizionali a favore dei paesi in
via di sviluppo, nei confronti di tutti i meccanismi di finanziamento disponibili, soprattutto di
risorse multilaterali, bilaterali e private, per la
promozione della donna; di risorse finanziarie
destinate a rinforzare la capacità delle istituzioni nazionali, infraregionali, regionali ed internazionali; un impegno a favore dell'uguaglianza dei diritti, dell'uguaglianza delle responsabilità e dell'uguaglianza del ruolo delle donne e
degli uomini in tutti gli organismi nazionali, regionali ed internazionali ed organi di decisione;
la creazione o il rafforzamento, a tutti i livelli,
di meccanismi di responsabilizzazione nei riguardi di tutte le donne nel mondo intero;
37. Assicurare ugualmente il successo del
Programma d'azione in quei paesi in cui l'economia è in transizione, il che richiederà il proseguimento della cooperazione e dell'assistenza
internazionali;
38. Adottiamo il Programma d'azione enunciato qui di seguito e ci impegnamo a tradurlo
(segue a puy I l )
OTTOBRE 1995
un'opinione
Verso comuni obiettivi
di Maria Paola Colombo Svevo *
«Chi ha vinto a Pechino?» si è chiesta una
giornalista all'indomani della pubblicazione
del sofferto docunzento finale della Quarta
Conferenza Mondiale sulle donne, organizzata dall'ONU.
«Chi ha vinto?» se lo saranno chiesto in
molti, visto il clima che si era creato intorno
a questo evento, prima e durante la Conferenza, presentata quasi come un terreno di
sfida tra opposte concezioni, tra femmiizismo
radicale e tesi conservatrci, tra integralismi
laici e religiosi, o supposti tali.
Niente poteva essere più sbagliato e controproducente di una simile impostazione,
eppure, al d i là e a dispetto di tutte le preoccupazioni organizzative, delle tensioni inevitabili, delle scelte non felici -prima fra tutte quella della sede della Conferenza - ritengo di poter dire che abbiano vinto le donne, la loro capacità di ascoltarsi, che è stata
più forte degli schenzatismi entro i quali ci
rinchiudoizo spesso le ideologie.
Forse é ancora troppo presto per esprimere
una valutazioize conzplessiva sui risultati d i
questa Conferenza, che andranno misurati
anche per l'impatto che potranno avere sulla
vita quotidiana delle donne; nza alcuni segnali positivi ci sono stati, ed è giusto parlarn e.
L'eleilzento d i maggiore soddisfazione è
stato proprio la verifica della possibilità d i
una mediazione, la prova fornita dalla delegazione delle donne dell'unione Europea,
che ha saputo cogliere e mediare le differenze che erano state espresse dalle singole rappresentanti ed ha dinzostrato di poter essere
un punto d i riferimeizto quarzdo ha saputo
parlare con voce univoca.
È strano, ma proprio da questa Conferenza é venuta una prova della grande possibilità di mediazione che l'Unione Europea può
avere nei rapporti tra il Nord e il Sud del
mondo, tra Est ed Ovest. Ricordiamoci che
questa era la priilza Conferenza alla quale
non partecipava ll«iilzpero» dell'unione Sovietica: nzolte osservatrici hanno notato il
vuoto di valori, la confusione anche esistenziale di molti movimenti di donne che la ferrea ideologia comunista copriva con i pritzcipi dell'uguaglianza.
La mediazione, però, deve essere comprensiotze di tutte le diverse posizioni verso obiettivi cotzdivisi. In questo senso, alcune sbavature ci sono state durante la Conferenza sui
problenzi di carattere etico, ma la piattaforma
e la dichiaraziorzefinale sono riuscite ad individuare obiettivi comuni: I'affermazione di
un diritto delle donne e delle bambine come
diritto umano fondamentale; l'impegno prioritario nella lotta contro la violenza sulle
dotzne, nelle sue diverse fori7ze; lo stesso
" Vice presidente commissione Giustizia e Interni del
Parlaniento Europeo.
principio del riconoscimento del diritto alla
successione è, per alcuni paesi, riuoluzionario.
Ora si tratta di verificare la serietà dei singoli Governi a tener fede a quanto sottoscritto, e anche da questo punto di vista, l'Unione Europea potrà giocare ancora una volta
un ruolo decisivo; perché potrà imporre il rispetto di questi principi come condizione per
la conclusione di accordi con i paesi in via di
sviluppo, aiutando così cotzcretamente la promozione delle donne.
Il Parlanzeizto Europeo ha confermato
questa linea nel corso del dibattito successivo
ai lavori della Conferenza, e si è inzpegnato a
modificare i suoi programmi e la sua linea di
bilancio per attuare la piattaforma decisa a
Pechino.
Ma, seguendo un rituale che spesso si ripete, anche un po' stancamente, ad un certo
punto è apparso il solito attacco al Vaticano
che, insieme agli integralisti islanzici, sarebbe
stato - secondo alcuni - battuto nei suoi
tentativi reazionari. È, ormai, utz elemento
ricorrente in tutti i dibattitz sulla questione
femminile, ma sta diventando uno stereotipo
così fastidioso, da diventare esso stesso fonte
di integralismo. Perciò m i è sembrato necessario richiamare il Parlamento Europeo, non
solo al rispetto delle diversità di posizioni politiche, ma anche alla necessità di farsi carico
della complessa realtà del rapporto tra fede e
politica, dell'importatzza della mediazione
tra valori religiosi ed esigetzze della politica.
Identzficare la questione feilzminile con la sola questione sessuale, e respingere la posizione del Vaticano perché la si ritiene integralista, significa rzfiutarsi di comprendere le ragioni altrui, dimenticare la stessa nzultiformità del problema che deve dare risposte anche alla richiesta di sviluppo economico e di
giustizia sociale per le donne; signzfica allontanare le possibilità d i dialogo con molte
donne e associazioni che, senza rinutzciare alla propria fede, stanno lavorando come altre
e più di altre per la promozione della donna.
E questa volta il Parlanzento Europeo ha
respinto questa interpretazione unilaterale e
superficiale, bocciando l'emendamento che
cercava di riproporla. Ha vinto la consapevolezza che esistono ben altre sfide, alcune delle quali erano elencate nel titolo stesso della
Conferenza: «Uguaglianza, Sviluppo e Pace».
Altre ci sono state ricordate dalle rappresentanti dei Paesi più poveri del pianeta, che
hanno fatto presente che ci sotzo milioni di
donne nel mondo che ancora lottano per vedersi riconosciuti i diritti più essetzziali di un
essere umano. Per queste donne abbiamo il
dovere di continuare a lottare unite, mettendo da parte egoismi e intransigenze, e rirzuizciando a piccole vittorie personali per raggiungere invece traguardi più importanti,
traguardi di civiltà e di sviluppo per tutti.
m
quali azioni per i governi territoriali?
Per una nuova società paritaria
di Fausta Giani Cecchini *
Prima di iniziare a svolgere il tema proposto è opportuno fare alcune precisazioni.
In primo luogo circoscriverò il mio discorso all'Europa; in secondo luogo, essendo diversi i poteri dei governi territoriali europei,
procederò per considerazioni generali.
L'intervento dei singoli governi sarà tanto
più incisivo quanto più alto sarà il grado di
autonomia raggiunto, all'interno del principio di sussidiarietà.
Tuttavia, se il loro potere legislativo è diverso, è uguale la loro possibilità di applicare
le leggi esistenti e di sollecitare e sostenere la
politica delle pari opportunità.
Si potrebbe pensare che i settori specifici
che riguardano le donne siano non molti e
circoscritti.
In realtà, la questione femminile attraversa
tutti i problemi.
I governi, a partire d a quelli territoriali,
cominciano a rendersene conto, ma ancora in
misura non sufficiente.
Consideriamo, ad esempio, il problema
della struttura e dell'organizzazione delle
città.
Si tratta di questioni che interessano tutti i
cittadini. Ma le donne, spesso incaricate di
sbrigare mille incombenze, destreggiandosi
fra lavoro extra domestico e lavoro familiare,
avvertono maggiormente la necessità di avere
una città vivibile, con più centri commerciali
e di servizio.
Anche il problema dei trasporti riguarda
tutti i cittadini, ma influisce in modo più incisivo sulle donne: la scarsezza, l'affollamento, la lentezza dei mezzi, l'irrazionale organizzazione della rete sono di grave intralcio
alla loro giornata fitta, assai più di quella degli uomini, di impegni diversi che richiedono
frequenti spostamenti.
Un altro settore cui le donne sono particolarmente interessate è quello degli orari dei
negozi e degli uffici, quasi sempre fissati secondo le esigenze degli esercenti e degli impiegati piuttosto che sulle necessità degli acquirenti e degli utenti; tantomeno delle donn e cui la famiglia delega acquisti e pratiche.
Così la casalinga è costretta a perdite di temp o e di energia; la donna che unisce il lavoro
fuori casa a quello domestico si trova costretta spesso ad assentarsi dal posto di lavoro
con permessi e talora di soppiatto; fatto questo, che le viene rimproverato sempre, risolto
nelle sue cause mai.
Dobbiamo chiederci se è giusto per la
donna e proficuo per la comunità farla lavorare in condizioni di stress, senza la calma e
la concentrazione che invece per l'uomo son o riconosciute come diritto e salvaguardate.
Anche la questione ecologica interessa
tutti i cittadini, ma in particolare le donne.
"Presidente della Con~n~issione
donne del CCRE. menlbro della Giunta dell'AICCRE. Relazione tenuta al Convegno «Donne e processi decisionali nei poteri locali ver.
13-14/10/'95.
so l'anno 2 0 0 1 ~Atene.
costrette a spingere le carrozzine dei loro figli su marciapiedi affollati e invasi, proprio
all'altezza del bambino, dalle zaffate dei tubi
di scappamento, messe in grado di non
trovare nei pressi dell'abitazione una zona
verde e sana dove condurre i figli, timorose
- a ragione - di vedere compromessa dalla situazione ambientale la propria maternità.
Non si p u ò concludere il discorso sulle
città senza sottolineare il problema della sicurezza che preoccupa tutti, ma impressionan o di più le violenze, gli stupri, le aggressioni
quotidiane che le donne subiscono.
I governi territoriali devono intensificare
la loro azione, che non può limitarsi all'impiego delle forze di polizia ma richiede
un'ampia politica sul piano culturale e ambientale.
Questi i principali gravi problemi che riguardano l'intera popolazione delle città
grandi e medie. Le esigenze delle donne non
sono un intralcio, un problema nel problema,
ma al contrario costituiscono una spinta e, in
definiliva, un sostegno per i governi territoriali chiamati a risolverli.
Nei piccoli comuni l'incidenza di questi
fattori è minore, anche se la presenza di autostrade e la tendenza alla cementificazione
possono produrre, anche in questi territori,
situazioni analoghe.
Però le donne dei piccoli centri pagano i
vantaggi di una vita meno convulsa, più sicura e più sana con l'isolamento che rende più
difficile per loro la soluzione di problemi che
riguardano la generalità delle donne: salute,
istruzione, formazione professionale, informazione, presenza dei servizi sociali.
Anche nel settore del servizio sanitario le
donne hanno esigenze specifiche oltre quelle
comuni a tutti i cittadini.
I1 progresso delle tecniche mediche, preventive e curative, ha portato loro indubbi
vantaggi, ma non ovunque esse sono messe in
condizione di fruirne per sé e per i figli.
La causa sta nell'irrazionale e deficitaria
dislocazione di ospedali, ambulatori, consultori, nella insufficienza delle attrezzature.
Operare con decisione in questo settore è
un dovere primario dei governi territoriali.
È inaccettabile che nei nostri paesi ci siano
ancora maternità indesiderate, causa di tragedie psicologiche e talora persino penali,
aborti clandestini, morti per cancro al seno o
all'utero che la prevenzione avrebbe evitato,
livelli, anche se non altissimi sempre ingiustificabili, di mortalità perinatale e infantile.
I1 tema dei servizi sociali è stato uno dei
primi proposti con forza dalle donne.
Qualche risultato si è raggiunto, ma si è
ancora lontani dall'aver risolto in modo soddisfacente per quantità e qualità il problema
della scuola per l'infanzia. Ancora meno si è
fatto, sempre in quantità e qualità, per ciò
che concerne le strutture di assistenza agli
anziani e ai disabili.
Realizzare i servizi sociali significherebbe
sollevare le donne dalla situazione gravosa e
~aralizzantein cui le pone ancora la società
che, facendo leva sulla loro sensibilità, risparmia ingenti somme grazie al loro lavoro
non retribuito.
L'azione dei governi territoriali non può limitarsi a quella fin qui tracciata.
Essi devono intervenire anche nel campo
dell'istruzione, della formazione professionale, dell'informazione.
Realizzare un programma serio in questi
settori significa porre le basi essenziali dell'uguaglianza fra tutti i cittadini, ponendo ciascuno di loro in condizione di sviluppare tutte le proprie potenzialità.
Ma, al solito occorre una particolare attenzione alle specifiche esigenze della popolazione femminile.
Ad esempio, bambine e adolescenti frequentano con maggiore difficortà rispetto ai
loro coetanei, scuole lontane dal domicilio.
Questa lontananza rafforza le remore di una
tradizione ancora superstite e conduce o all'abbandono prematuro della scuola o ad una
scelta obbligata del corso di studio.
Le carenze nella formazione professionale
danneggiano più le donne che gli uomini,
perché aggiungono un altro ostacolo sulla via
del lavoro a quelli che la tradizione e la cura
familiare già pongono. I tassi della disoccupazione femminile sono eloquenti.
Comunque, l'importanza dell'istruzione e
della formazione professionale per rendere
effettive le pari opportunità fra donne e uomini è ormai largamente riconosciuta, mentre viene ancora sottostimata, a torto, quella
dell'informazione.
Radio, televisione, stampa sono oggi mezzi molto diffusi, efficaci nel diffondere le
informazioni. La loro capacità persuasiva è
altissima, come hanno ben compreso i pubblicitari del commercio e della politica.
Questa potenzialità otterrebbe risultati eccellenti se usata per combattere i pregiudizi,
per diffondere la conoscenza, per rinsaldare
e arricchire la democrazia.
La responsabilità di chi gestisce I'informazione è grande, specialmente nei momenti di
trasformazione della società perché aiuta sia
coloro che sono attori di questo fenomeno
sia coloro che, non coinvolti direttamente,
hanno il diritto e il dovere di seguire la sua
evoluzione per comprenderne e valutarne il
significato e il valore.
Oggi le donne sono impegnate a recuperare la loro storia, a elaborare il presente nella
prospettiva di un futuro che le vedrà pienamente partecipi della vita sociale, economica,
politica. In questo processo impegnativo
hanno bisogno di informazioni che permettan o una conoscenza precisa delle tappe via via
raggiunte, un continuo aggiornamento, un
costante scambio di esperienze.
Ma tutti i cittadini devono essere informa(segue a pag I I )
OTTOBRE 1995
una scuola attiva alla scoperta autonoma della realtà contemporanea
Una esperienza didattica di educazione alla
sovranazionalità: unire l'Europa per unire il mondo
di Laura Ortolani Serafini
all'educazione civica inserita, senza radici, in una scuola conservatrice sostituire
un insegnamento interdisciplinare, che investa tutte le materie, e confronti la guerra
delle nazioni con la logica unitaria dei macroproblemi planetari
Nel teatrino di una scuola romana la primavera del 1995 è stata festeggiata con canti, balli e recite, effettuati - anche secondo modelli esotici
- da due scolaresche di Terza Elementare, i cui
allievi, originari dei quattro maggiori continenti
della Terra, apparivano tutti mirabilmente integrati e ciascuno valorizzato.
Nell'intervallo fra il primo e il secondo tempo
dello spettacolo, i piccoli studenti hanno intervistato alcuni spettatori. Per prima toccò a me,
nonna di uno di loro, e mi sentii chiedere: «Cosa
ne pensa della primavera?»
«Mi piacerebbe raccontarvi come mi comportavo con i miei alunni - cominciai a dire quando insegnavo matematica e scienze in una
Scuola Media di Roma.
L'entrata di una nuova stagione era l'occasione
giusta per avviare un discorso molto importante,
che ora potrei accennarvi se avessi a disposizione
un po' di tempo».
Poiché il Maestro Antonio, l'organizzatore
principale dello spettacolo, mi fece capire con un
gesto che avrei potuto dilungarmi a piacere, ripresi a parlare pressappoco così, indirizzandomi
anche agli insegnanti presenti:'
«Ogni cambio di stagione ci ricorda che la natura ha dei ritmi fissi: all'inverno subentra la primavera, a questa l'estate, poi viene l'autunno. Infine - dopo un anno preciso - ricomincia l'inverno. E così via semDre.
Parliamo dunque dei ritmi della natura; più
precisamente diciamo qualche cosa sui cicli della
natura, sapendo che la parola "ciclo" indica una
successione di fenomeni che si ripetono nel tempo con regolarità.
Come esiste il ciclo delle quattro stagioni,
c o m ~ l e t oin un anno. così esiste il ciclo dell'acqua; lo avete studiato ultimamente, ma forse non
sapete che si completa in due milioni d'anni. Esistono anche il ciclo dell'ossigeno, completo in
duemila anni, e il ciclo dell'anidride carbonica.
completo in trecento anni.
Anzi ogni sostanza del pianeta ha un proprio
ciclo fisso con auesta caratteristica fondamentale:
ciascuna sostanza coinvolge tutte le altre sostanze
in ingranaggi concatenati che interessano ogni
parte componente del globo: flora, fauna, oceani,
atmosfera, suolo e strati interni della Terra.
Perciò possiamo supporre che il pianeta sia un
unico grande organismo, una macchina perfetta
che si mantiene in un meraviglioso stato di equilibrio stazionario grazie al flusso ciclico di tutti i
suoi materiali.
Da ricordare che questo riciclaggio naturale
avviene a dimensione planetaria (non a dimensione nazionale e neppure continentale).
Con l'abbattimento delle foreste e con l'uso
del carbone, del petrolio e di altre sostanze, l'uomo ha apportato alla macchina terrestre cambiamenti tali da alterare gli equilibri naturali e attenOTTOBRE 1995
tare seriamente alla sopravvivenza della vita sul
pianeta.
E il problema si può risolvere solo su scala
mondiale.
Ecco perché a Berlino si tiene in questi stessi
giorni una Conferenza mondiale: l'Onu vuole
sensibilizzare le Nazioni al rispetto scrupoloso
degli equilibri naturali, nei riguardi delle emissioni di anidride carbonica.
Sì, i popoli - per il bene proprio e delle generazioni future - dovrebbero pensare alla protezione dell'Ambiente in cui vivono, invece di dedicarsi a litigi fra di loro e a guerre abiette e assurde.
Ispirandosi alla perfetta organizzazione della
macchina terrestre, le etnie diverse devono invece
essere solidali e collaborare in un clima di stima
vicendevole: tutto ciò permetterà alla comunità
umana di raggiungere sviluppo e progresso tecnico, in armonia con le leggi della natura.
La Comunità Europea cerca di dare il buon
esempio, trasformandosi gradualmente in una Federazione di dimensione continentale, in consonanza con l'art. 11 della Costituzione Italiana. Infatti "federalismo" significa "patto democratico
fondato sulla solidarietà fra nazioni e sul rispetto
reciproco di tutte le libertà locali e individuali".
Visto che il globo terrestre è un unico organismo, e considerato c h e i grossi problemi
dell'umanità (inquinamenti, fame, sottosviluppo)
sono risolvibili solo a livello planetario, perché
mai tutte le nazioni del Pianeta non dovrebbero
unirsi in una Federazione Mondiale? Una Istituzione Sovranazionale dovrebbe gestire razionalmente la moneta, i commerci internazionali e il
patrimonio comune dell'umanità (atmosfera,
oceani, foreste tropicali, riserve alimentari ed
energetiche); dovrebbe avere anche il potere di
comporre pacificamente le vertenze fra i popoli.
L'Onu non è tale: lo si vede nella ex-Jugoslavia».
I bambini, seduti sul piancito del palcoscenico,
ascoltavano attentissimi; alcuni, perplessi sulla
prospettiva di una «federazione mondiale», avevano talvolta commentato con critiche ironiche
l'ipotesi di un «governo sovranazionale» che assicurasse la pace e lo sviluppo planetario. Allora
decisi di terminare in questo modo:
<<Voiin questa scuola avete già realizzato una
federazione sovranazionale di bambini: lo avete
dimostrato con lo spettacolo odierno. Gli adulti,
per non sfigurare davanti a voi, metteranno ogni
impegno per superare le difficoltà esistenti e riusciranno a realizzare quel "Progetto di ordinamento mondiale del duernila" che i miei alunni del
1980 immaginarono e descrissero con precisione».
La maestra Anna Rita manifestò gratitudine
per il «messaggio che era stato portato alla scuola» ed espresse l'intenzione di continuare il discorso nelle classi: le inviai perciò un mio libro af-
finché si trovasse nelle migliori condizioni al momento di discutere con i suoi allievi, a fondo e
pianamente. i contenuti dell'inte~ista.
Si tratta di «Educazione alla souranazionalità»
( l ) , che ho curato, insieme a otto docenti e otto
ex-allievi della Scuola Media Statale «Teresa
Confalonieri» di Roma, allo scopo di descrivere
tutte le fasi di un'esperienza didattica, durata
quasi un ventenni0 nell'intera Scuola. I1 libro
contiene, tra l'altro, una Programmazione educativa e didattica specifica, una bibliografia aggiornata, e quelle considerazioni logiche che, a mio
parere, maggiormente possono stimolare una
educazione autentica a una convivenza civile degli uomini sul pianeta.
I1 laboratorio interdisciplinare
Laureata in matematica e fisica e docente di
matematica. scienze e educazione sanitaria. ho
promosso e coordinato le attività, sul campo e sui
libri. di un «Laboratorio interdisci~linaredi ricerche sulla realtà contemporanea», comprendenti la ~ r o d u z i o n edi una auarantina di volumetti monografici, completi di indice e bibliografia, composti a mano dagli studenti, autori di tutti
i materiali contenuti: relazioni, proposte, grafici.
glossari, illustrazioni, poesie, dialoghi, commediole, canzoni, audiovisivi, giochi didattici.
Come nacoue la soerimentazione?
Dopo aver analizzato con i miei allievi una serie di oroblemi sanitari e sociali insieme alla auestione dei ragazzi handicappati inseriti nella scuola («i diversi»), introdussi, all'inizio del triennio
1977/80, una strategia innovativa nel mio piano
di lavoro, senza prevedere che avrei creato le premesse di una cultura di Dace attraverso l'educazione alla sovranazionalità.
Avevo deciso. d'accordo con le due insegnanti
di Lettere del mio Corso, di guidare gli allievi
contemporaneamente alla scoperta delle leggi naturali dell'ecologia e alla comprensione delle leggi
umane dell'economia.
Tramite alcune visite di studio fuori della
Scuola, la raccolta di testimonianze, le interviste a
esperti esterni, e soprattutto la consultazione di
quotidiani, riviste e libri, s'incominciarono a
scandagliare nell'anno scolastico '77-'78 i tre settori dell'economia.
Scoperto il deficit agro-alimentare italiano, furono apprezzati i contenuti della legge cosiddetta
Quadrifoglio, che proprio in quel periodo veniva
emanata. Appresa la contemporanea fondazione
della Confcoltivatori, gli studenti - coinvolti direttamente nei lavori di vendemmia del viterbese
- presero interesse alla storia dei movimenti di
coo~erazionee inter~ellaronol'Istituto Nazionale
per l'Educazione Cooperativa. Sui problemi
dell'alimentazione, si rivolsero alla F.A.O.
Così il quadro si allargò decisamente.
u
Le relazioni sintetiche dei ragazzi, ordinate razionalmente con grafici, illustrazioni e poesie originali., formarono un fascicolo intitolato «Nuovi
argomenti di scienze», e le famiglie lo riprodussero per tutti gli studenti con fotocopiatrice, a scopo di riutilizzazione didattica.
Nell'anno scolastico successivo, la lettura del
libro Piccolo è bello di Schumacher dette un'impronta determinante ai nostri studi. In una edizione ampliata del libretto autogestito, si parlò
per la prima volta della storia della moneta, del sistema monetario internazionale da Bretton
Woods (2) in poi, e del sistema monetario europeo - lo S.M.E. - che assai parzialmente era
andato in vigore proprio in quei mesi. Comparve
il concetto <<Non2. econornico ciò che non è ecologico». Si esaminarono le statistiche relative alle
spese per gli armamenti nel mondo insieme alla
lista dei massimi es~ortatoridi armi e all'elenco
dei paesi deila fame. Si analizzò il problema energetico, scoprendo l'esistenza di un « nuovo modello globale di sviluppo». Infatti, in occasione
del ventennale della scomparsa di Adriano Olivetti (3), tutti i giornali pubblicavano articoli su
questo pioniere della pianifcazione del territorio,
basata suila contemporaneità dello sviluppo economico e dell'assetto del territorio, in modo che il
primo sia sempre subordinato alle esigenze del
secondo (l'ambiente in cui vive l'uomo).
Ristudiando l'edizione ampliata del libretto
autogestito, ora pubblicato con il titolo «una
scuola con periscopio», i ragazzi s'impadronirono
di alcune nozioni basilari:
1) i danni arrecati agli equilibri ecologici rimbalzano da un continente ail'altro:
2) le risorse naturali sono disiribuite qua e là
casualmente sul pianeta;
3) i Paesi superindustrializzati del Nord della
Terra (1/4 della popolazione mondiale) consumano i 3/4 delle risorse "
globali:
4) popoli poveri spendono in armamenti una
parte assai larga del loro misero patrimonio, per
offendere popolazioni vicine, altrettanto povere,
con una vergognosa speculazione da parte dei
Paesi (Italia compresa) industrialmente avanzati e
produttori di materiale bellico;
5 ) i Paesi del Nord monopolizzano non solo la
produzione industriale, ma anche tutti i commerci internazionali, per di più col sistema imperiale
dello «scambio ineguale»;
6) nel 1971 il sistema monetario nato a Bretton Woods, in balia deile decisioni unilaterali di
una sola Nazione, si dissolve: il dollaro, punto di
riferimento di tutto il sistema, è dichiarato inconvertibile. Gravissime le conseguenze sull'economia dei Paesi in via di sviluppo (che diventano
sempre più poveri, mentre quelli ricchi diventano
sempre più ricchi).
Due i concetti intuiti dai ragazzi: la Terra è un
unico ecosistema: i micro e i macro~roblemisono
interdipendenti ed è necessario esaminarli nella
loro globalità e interrelazione e inventare soluzioni complessive e diversificate.
Nel terzo anno di questa strategia innovativa,
a u s ~ i c euna scolaresca di terza media assai curiosa dei misteri del cielo, si convenne, nei consigli di
classe del mio Corso, di completare gli studi di
astronomia con indagini sul personaggio di Albert
Einstein, di cui ricorreva il centenario della nascita. Allora fu edito «Omaggio a Einstein», che contiene notizie sulla sua fanciullezza, le sue battaglie
politiche da adulto - mondialiste e pacifiste -,
le sue teorie rivoluzionarie nel campo deila fisica.
Insieme, nozioni e disegni di astronomia, poesie,
tre commediole e alcuni ritratti dello scienziato.
Dalla fisica e dall'astronomia un salto - quasi
una scoperta - nel cosmopolitismo e nel federalismo: frattanto appare evidente l'irrazionalità di
frontiere invalicabili fra gli Stati.
C,
Durante la riutilizzazione didattica dei due libretti editi, quello di economia-ecologia e l'altro
di astronomia, sorse un interrogativo: i ragazzi,
come vorrebbero il loro futuro? I1 tema, svolto a
casa da 74 ailievi di prima, seconda e terza media, portò alla ribalta uno specchio amplissimo
di proposte che ricopriva tutti gli aspetti della vita sociale, a livello locale, continentale, planetario.
Tre fra i ragazzi di terza media dimostrarono
di aver assimilato tanto gli ideali pacifisti e mondialisti di Einstein quanto la lezione di economia
di Schumacher. Proposero infatti l'istituzione di
una precisa organizzazione sovranazionale che lasciasse altresì iena autonomia aile comunità locali; la immaginarono dotata di poteri effettivi sia
per risolvere pacificamente le vertenze fra i singoli Stati, sia per gestire e proteggere il patrimonio
comune dell'umanità (l'atmosfera, gli oceani, le
foreste tropicali, le risorse energetiche e alimentari). Scelsero il nome per questa organizzazione
sovranazionale, «Stati Uniti del Mondo», e la sigla, U.S.W. - United States of World.
Nacque così, nella primavera del 1980, un dettagliato «Progetto di Ordinamento mondiale per
EDUCAZIONE
A 1,LA
SOV RANAZIONALITA'
1'Homo Sapiens del Duemila», abbinato a una
Tavola esplicativa e a un «Appello a tutti gli amici
del mondo».
Valore emblematico di una
federazione europea
Dai pririii anni Ottanta, i miei alunni lavorano
anche con tutti gli altri studenti della Media
«Confalonieri». Si vogliono individuare i valori
realmente capaci di migliorare la qualità deila vita, mentre si tenta di perseguire una educazione
ambientale finalizzata alla formazione di un cittadino cosciente dei suoi diritti-doveri in ordine alla organizzazione razionale del mondo.
La Comunità Europea è sempre citata come
un caso embkmatico. Infatti:
a) un'Europa federata può avere il valore di
esempio, considerata la sua storia di guerre fratricide;
b) un'Europa federata, come prima potenza
commerciale e seconda potenza industriale del
mondo, può concorrere a risolvere il problema
Nord-Sud meglio di altre potenze, secondo un
auspicato «nuovo modello di sviluppo planetario», rivolto più a soddisfare i bisogni spirituali
dell'uomo che a rico~rirlodi beni materiali superflui;
C) un'Eurooa federata ouò ridare al vecchio
continente il suo ruolo di soggetto della storia.
Può aiutare la formazione di una cultura planetaria che, senza perdere la parte di valori e di aspirazioni delle dottrine che fino a ieri si contrapponevano (la liberal-democratica e la comunista. o
del socialismo reale), sia in grado di creare una
nuova ideologia che superi le esperienze del passato e guidi una gestione federale dei macroproblemi mondiali, nell'interesse e nel rispetto di
ogni individuo e di ogni civiltà, nel pieno sostegno della riserva di capitale ecologico.
Perciò all'Euro~ai ragazzi
dedicano diversi li"
bri autogestiti; alcuni titoli e sommari sono indicati di seguito.
«Europa domani»
La Comunità Europea e la questione del suo
amplianiento da nove a dodici Paesi. I Greci: gli
inventori della democrazia. La Grecia oggi. Le
nazioni della penisola iberica nella storia europea
e mondiale. I1 dopo-Franco. Sintomi di ripresa in
Portogallo. I grafici matematici per capire la
realtà socio-economica dei tre Paesi.
Proposte didattiche per la conoscenza deil'uomo europeo.
«Unità dell'Ez~ropanel Medio Evo»
Le radici comuni della realtà europea negli
aspetti spirituali, culturali ed economici, attuati
nella vita quotidiana dell'uomo del Medio Evo.
Bibliografia.
Proposta didattica per la promozione di una
coscienza europea.
«Energia per l'Europa»
La politica energetica della Comunità Europea: gli interventi promozionali. Si scopre un importante giacimento: il risparmio. La crisi energetica nel quadro dei macroproblemi. Le prospettive deila ricerca scientifica e tecnologica. I1 dilemma nucleare. Da un giusto rapporto Uomo-Energia-Territorio un nuovo modo di vivere, di produrre, di consumare. Bibliografia.
Proposte per una educazione energetica e ambientale, aila ricerca di un nuovo modello globale
di sviluppo
«Se vuoi la pace, prepara l'Europa»
I1 divario Nord-Sud, fonte d'instabilità e conflitti. Un'Europa, unita economicamente e politicamente, può favorire lo sviluppo dei Paesi emergenti e il loro inserimento paritario in una Comunità mondiale equilibrata e pacifica. Bibliografia e
glossario.
Proposte per un'educazione alla solidarietà
mondiale
«Scuola e lavoro nell'Europa dì domanzi>
Gli interventi di undici allievi all'VIII Incontro
Internazionale Macroproblemi.
Quale formazione scolastica per il futuro lavoro. Educare al cambiamento. I1 diritto deil'uomo
a un lavoro gratificante. L'occupazione in una
Europa disunita. L'occupazione in un'Europa
unita politicamente ed economicamente. Inteiligenti invenzioni per una democrazia mondiale
dell'interdipendenza. La sensibilizzazione
dell'opinione pubblica. «Er monno novo», una
poesia con tre chitarre.
«Problemi connessi con l'approvvigionamento idrico in Europa e nel mondo»
La risorsa «acqua» alla base di ogni attività
umana. Interrelazione del ciclo idrico con la litosfera, l'atmosfera e la vita dei monocellulari e pluriceilulari. Le falde acquifere. I bacini sotterranei
OTTOBRE 1995
artificiali. L'approvvigionamento idrico nel quadro dei macroproblemi umani in Europa e nel
mondo. Bibliografia.
Proposta didattica per l'educazione all'acqua.
Anche gli altri libri costruiti dai ragazzi (sui
Paesi sottosviluppati e l'educazione alla solidarietà, sui diritti e doveri dell'uomo e l'educazione
ambientale, sulla salute umana e l'educazione
sportiva, sull'urbanistica e l'educazione stradale,
sulle prospettive di lavoro e il valore dell'artigianato, ecc.) si chiudono con la riconferma che una
stretta cooperazione mondiale è l'unica via possibile per la soluzione dei grossi problemi umani.
È doveroso creare un nuovo modello di
democrazia mondiale delle interdipendenze
11 1984 vede il Collegio
dei docenti della
"
«Confalonieri» approvare unanime una programmazione triennale. che formalizza e oerfeziona la
strategia di Educazione alla Sovranazionalità, già
soerimentata in buona oarte.
Si chiamano in causa fisica, chimica, botanica,
metereologia, zoologia ed ecologia per chiarire le
leggi di natura che regolano i processi biologici
fondamentali e i riciclaggi spontanei della materia. Collegate le nuove nozioni agli studi già compiuti sui bisogni veri dell'uomo (risorse naturali,
ambiente, sviluppo), e fatte ulteriori ricerche di
storia, geografia, economia e tecnologia, emergono evidenti le interdipendenze ecologiche e socioeconomiche tra i Paesi e i Popoli del pianeta.
Esaminati poi i documenti internazionali che
sanzionano il riconoscimento dei diritti della Dersona umana, si constata che, viceversa, quasi
ovunaue nella realtà mondiale. sono conculcati i
diritti umani e soffocate le libertà fondamentali.
Nel trentacinquesimo volumetto autogestito, il
«Manuale di educazione alla pace come organizzazione attiva», edito in 254 pagine dopo nove
anni di gestazione nel 1987 con il titolo «La libertà non è solo mia», i nuovi allievi giungono a
aueste affermazioni:
«Scoperto che le componenti organiche ed
inorganiche del globo terrestre ne fanno un unico
grande organismo, verificato che le interdipendenze socio-economiche tra i popoli del pianeta
uniscono "
eli uomini in una sola comunità. constatato quanto siano oppresse le minoranze etniche
o religiose. e come siano violati i diritti di alcune
comunità al territorio, con conseguenti sanguinose lacerazioni, abbiamo percepito che l'autentica
fonte di guerra è l'anarchia internazionale. Infatti,
essendo i macro e i microproblemi non risolvibili
se non globalmente e mancando le adeguate istituzioni a tutti i livelli, gli Stati e le etnie si comportano fra loro come facevano i clan primitivi
nei tempi prestatuali.
Quindi è doveroso creare un nuovo modello di
democrazia mondiale delle interdipendenze che,
con istituzioni idonee, garantisca ad ogni uomo
del pianeta l'esercizio delle libertà fondamentali e
gli renda possibile di organizzarsi una vita di qualità, in armonia con gli altri uomini e con la natura».
Viene rilanciato il «Progetto di ordinamento
mondiale» del 1980. secondo cui la Pace si earantisce con la sovranazionalità, rappresentata da
una Legge stabile, democratica, uguale per tutti
gli uomini, basata su quattro principi:
- il principio d'intangibilità dei diritti di ogni
individuo alla propria singolarità;
- il principio della rinuncia di ogni nazione a
una parte di sovranità (per esempio il Brasile non
può disporre arbitrariamente delle foreste amazzoniche., auasi l'ultimo oolmone dell'atmosfera
terrestre; ora si sta scoprendo anche il ruolo della
Siberia);
- il principio della solidarietà (per esempio,
gli Stati europei hanno interesse a unirsi in una
.
federazione per tutti quei compiti - monetari,
sociali e politici - che singolarmente non sono in
condizione di realizzare);
- il principio della sussidiarietà (mai assegnare ad un livello superiore quelle funzioni che si
svolgono meglio a livelli inferiori e particolarmente a livelli che richiamino la partecipazione diretta
dei cittadini).
Gli obbiettivi deila s~erimentazione
Una cultura di pace nasce dalla confluenza di
conoscenze acauisite e di valori riconosciuti. Si
comincia a capire a fondo il significato di una impostazione interdisciplinare nella scuola; oltre gli
alunni. cominciano a rendersene conto anche "
gli
insegnanti. I1 che è fondamentale.
Perciò la s~erimentazionedidattica della «Confalonieri» - come accennato in precedenza - ha
avuto questo unico obiettivo cognitivo: scoprire
gli aspetti storici, ecologici, sociali, politici, istituzionalz della realtà, fino a creare la consapevolezza
della con~plessitàdell'esistente e dell'inadeguatezza
delle istituzioni che si offrono oggi al di sopra e
all'intcrno degli Stati
Cioè:
a) scoorire come litosfera. idrosfera. atmosfera
ed esseri viventi siano articolazioni di uno stesso
grande organismo, l'ecosistema planetario;
b) scoprire come i tempi di :iciclaggio spontaneo della materia non sopportino: i consumi di
energia e materie prime, provocati dai criteri di
consumismo sfrenato e armamenti crescenti nel
mondo. le coltivazioni intensive e i necessari diboscamenti, l'accumulo di rifiuti di ogni genere,
derivanti dal consumismo sfrenato e dalle coltivazioni intensive;
C) scoprire come da tutto questo conseguano
minacce effettive alla sopravvivenza umana, quali
gli inquinamenti del suolo, dell'acqua, dell'atmosfera. l'effetto serra. la diminuzione dell'ozono atmosferico, la desertificazione dei terreni agricoli.
(A quale istituzione affidare la gestione dell'atmosfera e del patrimomio idrico e forestale, che
sono proprietà comune del genere umano, ben
sapendo che le Nazioni Unite non hanno possibilità adeguate d'intervento?)
d) scoprire come le risorse naturali siano distribuite casualmente nel pianeta.
(Come ripartirle equamente, dopo che - a
parte la guerra fra poveri - il vigente sistema
commerciale internazionale, basato sostanzialmente sullo «scambio ineguale», ha provocato un
tale indebitamento dei Paesi del terzo mondo da
indurvi lo sfruttamento intensivo delle risorse locali e quindi un progressivo impoverimento delle
popolazioni con conseguenti esodi in massa o
conflitti che arrivano fino all'annientamento totale?)
e) scoprire le disuguaglianze di sviluppo fra
regione e regione di una stessa nazione o all'interno di un continente e fra il Nord e il Sud del pianeta.
(Come assicurare uguale sviluppo a tutti gli
uomini del pianeta, quando assistiamo all'inefficacia degli attuali piani di aiuti al terzo mondo,
inefficaci oltre tutto perché non coordinati?)
f) prendere coscienza che, vista la crescente
invivibilità dell'ambiente umano. causata essenzialmente dai motivi indicati sopra, l'attuale modello di sviluppo non è più proponibile e deve essere sostituito da un nuovo modello di sviluppo
dell'intera comunità umana, che garantisca il soddisfacimento dei bisogni fondamentali dell'uomo
(alimentazione, salute, habitat, istruzione e dialogo con i suoi simili) insieme a una vita di qualità
per i valori spirituali promossi e per il progresso
scientifico conseguito. Progresso che mai dovrà
essere asservito agli interessi di gruppi di potere
ma soltanto agli interessi generali e individuali, e
sempre orientando i sistemi produttivi verso una
completa integrità ecologica.
(Come organizzare tutto ciò, nel rispetto di
ogni persona umana e di ogni civiltà, nel quadro
di un sostegno della preziosa n~olteplicitàbiologica del pianeta?)
g) scoprire come i microproblemi locali siano
legati ai macroproblemi continentali e planetari.
(Se un microproblema non può essere risolto
al livello di partecipazione diretta del cittadino,
cioé nel quartiere o villaggio stesso, come rivolgersi al livello superiore senza esserne prevaricati?)
h) scoprire come i macroproblemi a loro volta
non siano risolvibili se non affrontati nella loro
globalità e interrelazione;
i) scoprire quanto i popoli del pianeta siano
tutti fra loro interdipendenti non solo ne! canmp o ecologico ma anche nei campi culturale, socioeconomico e politico.
(Come consolidare in strutture stabili, democratiche e sovranazionali questo complesso sistema di interdipendenze?)
l) scoprire come quasi ovunque nel mondo
siano violati i diritti basilari della persona umana
e conculcate le libertà fondamentali e come tutto
ciò dia origine a crudeli lacerazioni
m) scoprire quanto le istituzioni degli Stati nazionali a sovranità illimitata siano inadeguate a
soddisfare le esigenze dell'umanità in tutti i suoi
livelli di aggregazione.
(I fatti sanguinosi che si verificano all'interno
di quasi tutti i continenti danno un'immagine
dell'impotenza di Stati, anche democratici come
Israele, di fronte a situazioni di convivenza difficile fra più etnie. Esistono istituzioni sovranazionali, riconosciute da tutti gli Stati, che abbiano poteri reali per la risoluzione di questi problemi ?).
Giudicando a posteriori, l'operazione educativa della «Confalonieri» appare mirata, fra l'altro,
a queste mete formative:
1) riconoscere un valore primario alla persona
umana, soggetto e fine di ogni istituzione, senza
distinzione di razza, sesso, religione;
2) scoprire la supremazia dei valori spirituali
su quelli materiali, nel senso che - soddisfatti 'i
bisogni fondamentali del vivere - facciano premio i valori della vita interpersonale e della creatività sul consumismo sfrenato;
3) educare se stesso ad accogliere la differenza
e la specificità dell'altro, cosciente che ogni progresso umano è frutto di più collaboratori e che
la collaborazione è possibile nel rispetto, anzi nella curiosità per gli altri;
4) favorire la consapevolezza dell'equilibrio
dinamico dei diritti e dei doveri: ogni diritto goduto da un individuo sottintende un dovere compiuto da un altro. E perciò: sviluppare lo spirito
di autonomia individuale nei campi politico, culturale, sociale e dell'informazione e promuovere
il senso di responsabilità, stimolando la fiducia in
sé e la sicurezza di sé.
Conclusioni
Dalla esposizione sintetica di una esperienza
che si è sviluppata spontaneamente per forza interna, si possono ricavare alcune conclusioni operative e alcune proposte per rendere concreta
l'educazione, nella scuola, alla partecipazione individuale e collettiva per la costruzione della pace
e per la scoperta del federalismo integrale.
Intanto si è realizzata una scuola veramente attiva, che procede con continue riflessioni dal docente agli alunni e viceversa, e con gli studenti
tutti indistintamente impegnati e stimolati. Ciò si
è verificato specie nella redazione dei libretti autogestiti, che valorizzava anche le loro attitudini
artistiche e artigianali.
Si è passati da esperienze di singole classi al
-
coinvolgimento di tutta una scuola. realizzando
sempre una collaborazione attiva fra scuola e famiglia, e fra scuola e mondo esterno, per le inter&te agli esperti esterni, le inchieste di quartiere,
le iniziative concrete di recupero ambientale portate a termine nel Lazio, le molte progettazioni
per la città di Roma, allo scopo di diminuirne il
degrado e migliorarne la vivibilità, anche in fatto
di circolazione viaria.
Nel discorso sulla Dace si è coilegata la reazione morale con l'esigenza conoscitiva. Si è capito
- e non imposto dogmaticamente - che la chiave di volta è il federalismo. Come dice l'etimo
«foedus» = patto vincolante, il federalismo consiste in una serie di patti basati su istituzioni ben
comprensibili nei loro fini umani; pertanto la persona umana non viene avvilita dalla legge, ma arricchita continuamente. Soprattutto - mi si permetta questa audace considerazione - lo studio
interdisciplinare matura riflessioni che conducono a un nuovo modo di essere consapevolmente
civili e di fare politica, al di là di ogni settorialismo e cor~orativismo.
Vorrei fare ancora una considerazione attuale.
Partendo dai concetti di Dace e di federalismo così chiariti, si capisce l'urgenza e il valore esemplare dell'unità europea e si esclude un neo-nazionalismo europeo (un rinnovato eurocentrismo). Si
prova un giusto orrore per l'etnicismo razzista?
che è il tradimento patente di quel principio di
sussidiarietà, che i miei ex-alunni ormai adulti mi
dimostrano chiaramente di aver c a ~ i t oin modo
giusto, perché legato al riconoscimento di una interdipendenza globale.
Ora una provocazione: perché nelle scuole secondarie non si legge e non si commenta - anche in riunioni pluridisciplinari - il Piano Delors
per l'occupazione e lo sviluppo? Già ebbi occasione di parlarne ai docenti riuniti a Baveno dal
22 al 28 agosto 1995, in occasione del XXXV
Convegno estivo de1l'A.E.D.E -Association Européenne des Enseignants - sul tema «edr4cazione alla soprannazionalità e unione politica Europea». Infatti la mia relazione, presentata ai convegnisti il giorno 26 con il titolo «Percorsi didattici
e pedagogici di una educazione alla sovranazionalità», ha fornito molto materiale all'articolo presente.
Tutto ciò per riconoscere un altro concetto
fondamentale: chi fa politica deve essere capace
di riflettere su proposte di governo per ciascuno e
per tutti, e non per difendere privilegi e interessi
particolari.
Si può constatare così che politica e democrazia s'identificano, sviluppandosi per il bene comune con la metodologia federalista.
Un'ultima riflessione nasce dal convegno tenutosi a Siena nel maggio 1995 sull'educazione alla
tolleranza: Umberto Eco e Furio Colombo decisero in quella sede - con Jacques Le Goff, Jack
Lang e altri - che si dovesse scrivere un «Libro
della tolleranza», dedicato a tutti gli insegnanti
della Terra.
Ma come educare alla tolleranza?
I miei' quarantadue anni d'insegnamento nella
scuola secondaria e un maggiore avvicinamento
alla scuola elementare attraverso l'attuale professione di nonna-pensionata potrebbero far nascere
l'idea di una presunzione nell'aver approfondito
AICCRE
SEZIONE
umano è frutto di più collaboratori e che la collaborazione è d ossi bile soltanto in un clima di solidarietà e di stima reciproca.
Termino col proporre di sostituire con aro la
diversa il termine paternalistico di «tolleranza»
che, a mio giudizio, alle soglie del Duemila mal si
accorda con il concetto di solidarietà nato dalla
convinzione che l'amore fra le persone umane si
basa sulla forza morale e la fiducia in se stessi.
mentre l'odio spesso scaturisce da un complesso
irrisolto d'inferiorità.
con alcuni bravi colleghi e colleghe il metodo migliore per educare gli scolari alla tolleranza. Viceversa penso che prima di fissare un metodo, siano
necessarie, per una educazione in questa direzione, due premesse.
La prima è quella di dover suscitare anzitutto
nei ragazzi l'orrore dell'intolleranza, vista in concreto. La seconda è quella di far sì che l'educazione alla tolleranza non sia sentita come il verbo degli anziani, ma sia costruita dai ragazzi, quasi scoprendo il premio della loro autonomia.
Circa la scoperta quasi spontanea, autonoma,
da parte dei giovani, di quel che significa l'uso generoso e intelligente della propria libertà, mi viene in mente un trucco pedagogico di cui parlava
Luigi Russo (4) nella Scuola Normale di Pisa. I1
prof. Russo - me lo ha riferito un normalista,
suo ex-allievo - mai consigliava ai propri figli i
libri da leggere, non solo per ragioni estetiche ma
anche per ragioni morali. Abbandonava un libro
su qualche mobile di casa. con l'aria che fosse
inutile o forse proibito, per lasciarlo catturare da
uno dei suoi figli che poi gli diceva: «Babbo, ma
devi vedere come s o n o belle queste pagine
dell'autore XY che ho trovato in giro!» In questo
modo Russo era riuscito a far leggere ai suoi figli
uno dei suoi scrittori preferiti, Guy de Maupassant.
Alla «Confalonieri», il denaro proveniente dai
concorsi vinti daeli allievi della Scuola veniva trasformato in molteplici copie di Se questo è un uomo di Primo Levi,. a disposizione di tutti gli studenti: i ragazzi avevano la sensazione di esserseli
pagati col frutto del proprio lavoro. Non era dunque una imposizione, ma una liberalità che gli
alunni si concedevano.
Le mie sono, credo, due premesse necessarie,
perché ogni forma predicatoria è la morte di
qualsiasi corso che, in una scuola attiva, voglia
chiamarsi giustamente autogestito.
A conclusione di questo mio articolo, mi si lasci rievocare un insegnamento di Carlo Rosselli
( 5 ) : i giovani non seguono con impegno un'idea
astratta - in questo caso la «tolleranza» - se essa non è legata a un obiettivo concreto, storico,
attuale. Lottando negli anni Trenta contro il fascisma e per la democrazia, Rosselli disse:
«In questo momento in cui si prepara una
guerra, non basta predicare ai nostri giovani la
democrazia. Bisogna porre un obiettivo immediato per realizzarla. Chiediamo gli Stati Uniti d'Europa».
Già questa concezione era presente allo storico
inglese Sedey (6), che a metà del secolo XIX, durante una assemblea di pacifisti, si esprimeva così:
«La pace dovete esigerla proponendo una battaglia per una concreta struttura della società, cioè
per il federalismo, che porta alla pace e la garantisce».
Per parte mia, h o sempre tenuto presente il
grande precetto del federalismo: essere diversi e
pretendere l'intero rispetto di questa diversità,
ma essere nello stesso tempo disponibili a sottomettersi a una legge comune. Autonomi, anche
orgogliosi, nel bene, della propria patria - piccola, la città e la regione, o grande, la nazione ma fermissimi, già all'ombra del proprio campanile, nella difesa prioritaria, logica e morale, del
cosmopolitismo, di cui il federalismo è lo strumento, consapevoli del fatto che ogni progresso
ITALIANA
(1) Laura Ortolani Serafini (a cura di), Educaztone alla
souranaztonalitù, I1 edizione 1995 con bibliografia aggiornata e ristampa a colori dei documenti fotografici, Editrice Dimensione Europea, Via G. Baglivi 3, 00161 Roma, Telefax
06/4423.0292.
La I edizione 1993 fu recensita da Gianfranco Martini
nel n.9/1993 di «Comuni d'Europa».
(2) A Bretton Woods (New Hampshire, USA) si tenne
nel luglio 1944 la conferenza monetaria e finanziaria delle
Nazioni Unite, che stabilì l'ordine monetario internazionale
postbellico, avente il dollaro come moneta di riferimento.
(3) Adriano Olivetti (1901-1960) è stato uno degli industriali più geniali del mondo contemporaneo, avendo intuito
immediatamente - già al momento della pubblicazione dei
libri fondamentali di Wiener (fine anni Quaranta) -la rivoluzione sociale che sarebbe scaturita dall'elettronica e
dall'informatica. Pioniere dell'urbanistica democratica, è
ilno dei maestri europei del federalismo proudhoniano: infatti è del 1945 il suo volume «L'ordine polttico delle comunztÙ>>.
(4) Luigi Russo (1892-1961), ordinario di Letteratura
Italiana nell'università di Pisa, fu guida di importanti seminari nella Scuola Normale di Pisa degli Anni Trenta.
(5) Carlo Rosselli (1899-19371, di famiglia mazziniana,
collaborò col suo maestro Gaetano Salvemini al periodico
«Non Mollare», intransigente foglio di opposizione aìia nascente dittatura fascista. Provenendo da un socialismo riformista e anomalo, fu un durissimo avversario del regime fascista: dopo carcere, evasione e infine in esilio, fondò il Movimento Giustizia e Libertà (da cui più tardi nascerà il Partito
d'Azione) e fu fra i primi, se non il primo, a denunciare il carattere internazionale del fascismo. Salito Hitler al potere
(19331, Carlo scrisse un lucido articolo ammonitore, «La
guerra che torna*, trovando una forte opposizione nella stessa sinistra progressista nella quale militava: Nenni lo criticò
duramente e fra i pochi che lo sostennero vi fu Saragat. Coerentemente con la sua visione del pericolo internazionale del
fascismo, e ora del nazismo, partecipò alia guerra di Spagna
in difesa della Repubblica e contro l'intervento nazifascista, e
propose un obiettivo preciso alle democrazie occidentali (che
sarebbe potuto essere un punto di riferimento entusiasmante
per la gioventù antifascista dell'Italia e della Germania),
quello di creare gli Stati Uniti d'Europa e frattanto di lanciare una Costituente Europea Antifascista. Fu ucciso (con il
fratello Nello, uno storico antifascista che risiedeva in Italia e
lo aveva raggiunto in Francia) dagli uomini di una squadraccia francese filofascista, su mandato dei servizi segreti italiani.
(6) Secondo John Robert Seeley (1834-18951, uno dei
massimi storici inglesi del suo tempo, la Storia si deve occupare non degli individui ma degli Stati: il quadro del procedere della Storia è dato dai sistemi politici, cioè da come gli
uomini si esprimono attraverso una società variamente organizzata. La storia non dovrebbe semplicemente appagare la
curiosità del lettore, ma modificare la sua visione del presente e le sue previsioni sull'awenire. Seeley, mai prigioniero di
una visione eurocentrica, guarda a una Europa collocata nel
mondo. Come storico, non può comunque prescindere, nei
riguardi del mondo intero, da un sistema di valori, e il valore
supremo è la pace; ma non può velleitariamente immaginarsi
che l'uomo, divenuto angelico, e gli Stati, divenuti divinamente saggi, non si trovino di fronte a controversie - di interesse o anche ideologiche - e quindi «rinuncino» alla
guerra. Si deve realisticamente seguire un sistema, assai più
razionale della guerra, per comporre le controversie che continueranno a presentarsi. E questo è il sistema federale, che è
<<possibile»in Europa e su scala mondiale, come lo sarebbe
stato nell'Impero Britannico, e che funziona se è realmente
tale, se non decade in semplice confederalismo, cioè senza effettiva limitazione delle singole sovranità. «La federazione
che noi vogliamo non è semplicemente un accordo fra governi, ma una vera unione di popoli: sono convinto che essa non
sarà mai raggiungibile con mezzi puramente diplomatici, ma
solo grazie a un generale movimento popolare».
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-
DEL
CONSIGLIO
DEI
COMUNI
E
DELLE
REGIONI
D'EUROPA
ASSOCIAZIONE EUROPEA DEI COMUNI, DELLE PROVINCE, DELLE REGIONI E DELLE ALTRE COMUNITÀ
00187
ROMA
COMUNI D'EUROPA
W
PIAZZA
D1 TREVI,
86
W
TELEFONO
(06)
69940.461
(6 LINEE)
-
FAX (06)
LOCALI
6793275
OTTOBRE 1995
verso la revisione del V programma comunitario
Unione empea e ambiente: a che punto siamo?
di Silvana Paruolo *
La Conferenza dell'organizzazione delle
Nazioni Unite su «Ambiente e sviluppo»
(UNCED) tenuta a Rio del Janeiro nel giugno
1992 con la partecipazione di 183 paesi si è
sforzata di integrare le questioni economiche e
quelle ambientali in una visione intersettoriale
e internazionale, definendo strategie e azioni
per lo sviluppo sostenibile: da qui l'adozione
del Piano di azione Agenda 2 1, e di due convenzioni. Ma cosa significa «sviluppo sostenibile»? Quali sono, al di là dell'Agenda 21, i
principali piani di azione finora elaborati? A
che punto sono? La letteratura sullo sviluppo
sostenibile è molto ampia. Comunque, a partire dal 1987, il concetto da esso ricoperto è
uno «sviluppo che fa fronte alla necessità del
presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie
esigenze».
I n altri termini, è uno sviluppo capace di
salvaguardare le risorse, e di sollecitare attività
produttive compatibili con gli usi futuri. Tra il
1988 e il 1993, alcuni paesi Ocse (Australia,
Canada, Danimarca, Francia, Irlanda, Olanda, Norvegia e Regno Unito) nonché la Commissione delle Comunità europee hanno predisposto propri piani per l'ambiente.
Nel marzo 1994, il parlamento italiano ha ratificato le due convenzioni firmate a Rio, concernenti cambiamenti climatici e protezione
della biodiversità. Il programma della protezione ambientale 1994.1996 è operativo, con
un ammontare di 3.200 miliardi, con azioni
per lo più regionali concernenti mare, inquinamento acustico e atmosferico in aree urbane, ricerca, formazione ecc. Sono state adottate leggi basate sulla nozione di sviluppo sostenibile:
- le legge sulle aree montane (L 97/31
gennaio 1994).
- la legge del riutilizzo dei rifiuti generati
dalla produzione e cicli di consumo nei processi di produzione o combustione (materie
prime secondarie).
- la regolamentazione delle risorse idriche (L 36/5 gennaio 1994) volta sia a superare l'eccessiva divisione delle responsabilità
manageriali e la mancanza di continuità nelle
reti, che a ristrutturare il sistema delle tariffe.
- la legge che ha istituito l'Agenzia nazionale della protezione dell'ambiente ANPA L
617/21.1.1994.
A che punto siamo?
11 5" programma comunitario
Nel 1993, la Cee ha adottato un V piano di
azione della Comunità europea predisposto
parallelamente ai lavori preparatori per la
conferenza UNCED. I1 piano innova profondamente l'approccio istituzionale all'ambiente
spostando l'asse degli interventi dal tipo «comando e controllo» a quelli volti ad integrare
le politiche ambientali con le regole di mercato, attraverso il calcolo delle esternalità ambientali sia nella formulazione dei prezzi sia
nei processi economici, sollecitando «l'ampliamento dello strumentario» alla ricerca e
all'innovazione, all'uso di strumenti fiscali e di
sostegno finanziario, alla cooperazione volontaria tra la pubblica amministrazione e le imprese, alla diffusione delle informazioni. Soggetto attivo del V piano è l'intera società civile. Cinque i settori «chiave» d'intervento prescelti per l'attuazione del piano: sono l'industria manifatturiera, il settore energetico, il
settore dei trasporti, l'agricoltura, il settore
del turismo.
I1 28 dicembre 1993 il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha approvato il Piano nazionale per lo
sviluppo sostenibile in attuazione dell'Agenda
21 che, sulla base dei settori già individuati dal
V Piano Cee, seleziona alcune azioni e obiettivi prioritari. A che punto è la sua attuazione?
Una risposta ci viene data da uno stato dell'arte dei lavori pubblicato il 10 aprile 1995.
" Dipartimento internazionale
della CGIL - Esperta
del Comitato economico e sociale deli'unione europea.
OlTOBRE 1995
Un primo sforzo di verifica da parte della
Commissione europea risale al 1994. Ed ecco,
in sintesi, alcune sue principali conclusioni.
I. Integrazione delle considerazioni ambientali nelle politiche degli altri settori
Sostanzialmente, lo sviluppo sostenibile
continua ad essere visto come affare di coloro
che si occupano di ambiente. Occorrono istituzioni uniche e consolidate preposte alla tutela dell'ambiente. A livello comunitario dei
progressi sono constatabili nella presa in conto dell'ambiente nei fondi strutturali, nei programmi comunitari specifici di R&S (94-98),
nelle politiche commerciali, nelle politiche
concernenti l'industria manifatturiera.
11. Ampliamento della gamma degli strumenti a disposizione, ivi incluso quelli economici
Progressi ridotti sia a livello nazionale che
comunitario.
III. La partecipazione (coinvolgendo 1'Unione europea, i cittadini, gli ambienti economici
e le amministrazioni nazionali) e la condivisione delle responsabilità; c'è stata l'adozione di
strategie e piani di sviluppo sostenibile nazionali, ma non in tutti i paesi membri.
IV. Modifca degli atteggiamenti e dei modelli di consumo e di produzione.
Solo in pochi casi lo sviluppo sostenibile è
stato riconosciuto come un approccio capace
di creare occupazione e non intrinsecamente
negativo per la competitività.
Le idee del capitolo 10 del Libro bianco di
Delors andrebbero prese in considerazione
soprattutto in materia di trasferimento della
pressione fiscale dai costi sociali e dal lavoro
alle risorse naturali.
Gli sviluppi in materia di programmi, controllo e gestione ambientale, la creazione di un
marchio di qualità ecologica e l'inserimento di
informazioni ambientali nelle relazioni delle
imprese stanno contribuendo a modificare i
comportamenti. Occorre prestare attenzione
alle metodologie di produzione e assicurare
una trasmissione di esperienze in questo campo dalle grandi alle piccole imprese.
V. Applicazione ed effettività della normativa.
Occorrono ancora progressi.
VI. La dimensione internazionale.
L'Unced ha dato nuovo impulso al dialogo
e alla cooperazione internazionale sullo sviluppo e l'ambiente. E essenziale mantenere lo
slancio creato dalla conferenza di Rio.
Più in particolare, soffermandoci sui 5
grandi settori prioritari d'intervento, si constata quanto segue.
1. Industria manifatturiera. La Commission e sta investendo cospicue risorse per studiare le interconnessioni tra l'industria e lo
sviluppo sostenibile. I governi inglese, danese, tedesco ed olandese hanno sviluppato iniziative per assistere le piccole e medie imprese (pmi) con servizi di consulenza ed incentivi finanziari allo scopo di migliorarne l'efficienza ambientale e d instaurare tecnologie
pulite. Nel Regno Unito l'industria ha costituito un comitato per promuovere l'adattamento delle tecnologie pulite sviluppate per
le imprese di grandi dimensioni alle esigenze
delle pmi. Circa la partecipazione e la condivisione della responsabilità non mancano
esperienze.
Nel Regno
- Unito è stato istituito un Cornitato sull'economia e l'ambiente che riunisce
25 imprese leader dell'economia.
Durante l'ultimo decennio si è fatto ricorso
ad accordi volontari come strumenti politici
nei Paesi Bassi, in Belgio, Portogallo e Germania, alcuni siglati a livello locale, altri con le
associazioni degli industriali, con le associazioni delle imprese individuali e con gruppi di
interesse (ad es. O N G ) . Gli accordi sono divenuti più popolari in tali paesi grazie ad una
diversa visione del ruolo del governo della politica ambientale alla tendenza alla deregolamentazione. 11 campo di applicazione di questi accordi volontari è molto vasto e va dagli
imballaggi, all'utilizzo di prodotti chimici, alla
diffusione delle informazioni ambientali. In
Belgio, Germania, Paesi Bassi e Danimarca
sono stati introdotti sistemi di consegna
., con
vuoto a rendere nel settore delle bevande per
stimolare il riutilizzo/ riciclaggio del vetro e di
altri materiali. In Germania, in media, il 72%
di tutte le bevande vendute in bottiglia rientra
in questo sistema. A livello comunitario si sta
tentando una migliore cooperazione amministrativa per un maggior rispetto delle norme
-
COMUNI D'EUROPA
ainbientali e di sicurezza negli Stati membri.
Circa il rapporto competitività e protezione
dell'ambiente, la Commissione osserva che la
Germania e il Giappone hanno ottenuto vantaggi concorrenziali dall'aver adottato tempestivamente una severa normativa; e ribadisce il
proprio impegno a livello internazionale per
una maggiore efficacia della politica ambientale.
2 . Energia. Save è un programma comunitario finalizzato a stabilizzare le emissioni di
C 0 2 , e a un miglioramento dell'efficienza
energetica pari al 20%. Thermie e Joule mirano invece alla dimostrazione e diffusione di
tecnologie pulite. Altro obiettivo di carattere
generale per la Comunità resta lo sviluppo di
una gestione energetica basata su una pianificazione. La ratifica della convenzione sul cambiamento climatico ha innescato vari processi
di integrazione tra ambiente, energie, industria e politica economica. In materia, in alcuni Paesi (Francia, Germania, Portogallo, Spagna e Regno Unito) sono stati istituiti meccanismi di coordinamento interministeriale.
R&ST: la Commissione cita a titolo di
esempio il progetto Prolink che riunisce ingegneri di tutta Europa per utilizzare l'esperienza occidentale nel controllo a distanza, ricorrendo ai sistemi telematici per controllare un
impianto energetico nucleare in Bulgaria. Scopo del progetto e rafforzare i rapporti esistenti tra produttori di energia elettrica per dimostrare come la tecnologia informatica possa favorire una maggiore sicurezza dell'energia nucleare, e come un simile sistema di informazione diffusa possa risultare importante per la
gestione, la sicurezza e l'ottimizzazione della
produzione di energia e delle reti di distribuzione. Taluni stati membri utilizzano sussidi,
sotto varia forma, e audit ambientali come
parte dei rispettivi strumenti economici. Lo
sforzo europeo verso una maggiore efficienza
energetica, e il ricorso a energie rinnovabili
continua.
3. Trasporti. Anche se i primi passi sono stati mossi molto resta da fare in termini di internazionalizzazione dei costi sociali dei trasporti, riorientando la politica delle infrastrutture
verso modalità di trasporto più rispettose dell'ambiente. Alcuni paesi hanno stabilito obiettivi concreti per limitare o ridurre l'impatto
dei trasporti sull'ambiente. Altri vedono nell'espansione della propria infrastruttura di
trasporti e della mobilità una condizione determinante ed un legame necessario tra i rispettivi mercati e quelli del resto della Comunità.
Ma tutti sono chiamati alla necessità di riesaminare le politiche dei trasporti per un sistema dei trasporti sostenibile.
4. Agricoltura. I futuri adattamenti della
PAC dovranno portare ad un'integrazione
delle considerazioni ambientali in agricoltura
più rapida. Ciò che occorre con urgenza è che
il Feaog destini una maggior quota di fondi a
misure che rispettino i requisiti ambientali.
5. Turismo. Le iniziative comunitarie sottolinea la Commissione - non possono
avere che un carattere limitato poiché la gestione sostenibile del turismo comporta una
gestione integrata a livello nazionale o locale e
il coinvolgimento di tutti gli attori per un'azione comune in uno spirito di partecipazione
e condivisione delle responsabilità.
La revisione del 1995
Intanto, per il 5" programma di azione della Comunità europea per la protezione dell'ambiente è prevista una revisione entro la fine del 1995. La Commissione europea ha già
avviato zrn'ampia concertazione: ne uscirà un
rapporto pr~yistoper novembre. Tanto dei pareri sono già stati espressi. Quali i punti maggiormente enfatizzati dal Ces (Comitato economico e sociale) della Comunità e dall'Unice
(confindustria europea)?
Nel suo capitolo «Riflessioni su un nuovo
modello di sviluppo», il Libro bianco di Delors (Crescita competitività e occupazione)
dal quanieie alla repima per une Comunii~euroma b a b
favore dei prodotti dotati di un ecolabel; norme per le analisi costi-benefici.
I1 5" programma esige un'inversione di tendenza nelle attività economiche e sociali con
incidenza sull'ambiente.
Strumenti volontari quali un «ecolabel» e
al'audit ambientale» - precisa il Ces - potrebbero andar in tal senso; ma altri strumenti
(ad esempio imposte e tasse) andrebbero applicati previo esame caso per caso. I1 principio
di sussidiarietà andrebbe precisato. Contrariamente a quanto sostenuto dal gruppo Molitor,
la necessità di una regolamentazione di alcuni
campi della politica ambientale permane. Permane valido anche il principio della prevenzione. Favorevole alla partecipazione dei lavoratori alle decisioni concernenti l'ambiente, il
Ces immagina la possibilità di istituire un delegato per l'ambiente in azienda, come la partecipazione di gruppi economici e sociali alla
legislazione e regolamentazione a tutti i livelli.
Da parte sua I'Unice (confindustria europea) pone un'enfasi particolare su accordi negoziati tra industria e governo; un maggior clima di dialogo tra business e autorità regolamentari; una semplificazione della regolamentazione, spesso intesa quale mera deregolamentazione.
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Quale contributo da parte dei sindacati?
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La Cisl internazionale conta affiliati in 135
paesi, per 127 milioni di membri ripartiti in
più di un milione di imprese. Fin dal 1994, a
favore dello sviluppo sostenibile, questa organizzazione enfatizza la nozione di eco-audit
sul posto di lavoro, convinta che azioni congiunte padronato-sindacati potrebbero avere
una forte influenza sulla messa in opera dell'Agenda 21. Quattro, per la Cisl, i settori
chiave su cui concentrarsi: conservazione dell'energia, gestione delle risorse, lotta contro
l'inquinamento, gestione dei rifiuti.
Partiti intanto i suoi lavori preparatori di un
Forum sullo sviluppo sostenibile previsto per
l'aprile 1996. Tra l'altro, ci si soffermerà sui diversi strumenti di cui i sindacati dispongono
sul posto di lavoro per la messa in opera dell'Agenda 21 e del 5" programma comunitario
a favore dell'ambiente: convenzioni collettive,
strutture in materia di salute e di sicurezza, diverse forme di «cooperazione verde», ecc. Individuati fin d'ora alcuni studi di casi:
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stabilisce un chiaro collegamento tra esigenze
economiche. Queste riflessioni, ritiene il Ces,
vanno riprese nel corso della revisione del 5"
programma. Tra gli altri punti enfatizzati dal
Ces, si ritrovano:
e i limiti di una definizione astratta degli
attori della politica ambientale;
e l'assenza e di consenso sociale sugli
obiettivi del programma, e di un sistema d'indicatori per uno sviluppo sostenibile dell'ambiente;
e l'aspetto lacunoso delle informazioni nazionali sull'applicazione del programma;
e l'opportunità di un miglioramento e del
parteneriato degli attori e dell'integrazione del
5" programma nelle politiche europee e nazionali;
e l'opportunità di un chiarimento del rapporto tra strumenti esistenti e nuovi che convenga sul fatto che la politica ambientale deve
restare fondata sulle regole emanate da poteri
pubblici, pur facendo ricorso a strumenti diversi (legislativi ed economici). Per l'internazionalizzazione dei costi dei danni causati all'ambiente, il parere del Ces cita la messa in
opera del principio del chi inquina paga; le
tasse ecologiche; una migliore responsabilità
civile obbligatoria; una modifica del sistema di
contabilità delle imprese; una modifica delle
disposizioni concernenti gli appalti pubblici a
a. i sindacati tedeschi: finora esistono un 50
accordi scritti sindacati-imprese per migliorare le condizioni ambientali delle attività industriali in Germania. Ad esempio, nel 1993,l'Ig
Meta1 ha adottato nel Baden-Wurtenberg una
campagna sugli idrocarburi cloridati. Poiché
l'esposizione a sostanze chimiche aveva provocato delle malattie fra gli operai, 360 delle 620
industrie cessarono di utilizzare questo materiale, con una riduzione della produzione di
circa del 50%. I cambiamenti furono possibili
grazie ad accordi volontari tra sindacati e
aziende.
b. Industria alberghiera della Finlandia.
C. Accordi nel settore pubblico
d. Partneriato e formazione. Un esempio: il
Laborers International Union of North America ha lavorato con dei datori di lavoro per
mettere in piedi un fondo comune di educa-
zione su scala industriale, che ha già contribuito alla formazione di più di 45000 lavoratori in Canada e negli Usa, nel campo della gestione dei rifiuti.
e. il programma australiano «Lavori ecologici nell'industrian.
È evidente che i problemi non mancano.
Ad esempio, la normazione tecnica è essenzialmente gestita dalle aziende. Dal momento
che le norme di salute e sicurezza, come le
norme ambientali, li riguardano, come posson o partecipare lavoratori e sindacati alla loro
elaborazione? E ancora, basta un diritto
d'informazione sui pericoli dei prodotti, da inserire in negoziati collettivi? In che misura ricorrere a norme ISO piuttosto che europee?
In che misura privilegiare norme obbligatorie
piuttosto che volontarie? Quale ruolo per
1'OIT (Organizzazione internazionale per il lavoro) e 1'OMS (Organizzazione mondiale della Salute)? In materia di salute e sicurezza, si
contano circa 70 convenzioni OIT, numerose
raccomandazioni e più di 20 codici di pratica.
E ancora, da una parte, c'è da fronteggiare
l'emergenza di imprese che minacciano di chiudere; dall'altra, c'è la consapevolezza dell'opportunità di una strategia di pianificazione di
ristrutturazioni e riconversioni, e di politiche
industriali, di ricerca e sviluppo, e fiscali all'altezza delle sfide cui ci si trova confrontati.
Una cosa è comunque certa, in Italia come
altrove, i sindacati possono e devono contribuire a superare lo scarto oggi esistente tra
enunciazioni di principi e programmi e la
realtà delle cose. Possono e devono contribuire a capire quanto è stato già fatto, e quanto
resta ancora da fare.
L'Europa centrale e orientale
I paesi dell'Europa centrale e orientale sono
confrontati in particolare con i problemi ambientali collegati ai regimi di privatizzazione.
Quattro le principali questioni finora emerse:
l'inquinamento ambientale sul posto di attività; l'inquinamento ambientale a distanza
(scariche di rifiuti pericolosi ecc.); problemi
sanitari dei lavoratori collegati a attività anteriori; danni alla salute e ai beni di terzi vicini.
Gli investitori esteri hanno preso l'abitudine
di audit ambientali di partenza, con ripercussioni negative sui prezzi di cessione. Gli investitori nazionali continuano a preoccuparsi
ben poco dell'ambiente. Che si tratti della
Berd (Banca europea di ricostruzione e di sviluppo), di Phare dell'unione europea, di Tacis
dell'unione europea e altri programmi, tutti
prevedono degli interventi a favore dell'ambiente. La strategia finora delineata punta per
lo più su: audit ambientali congiunti sul posto
di lavoro; programmi di formazione a favore
dei lavoratori; programmi di formazione dei
formatori. Ma, la formazione, per non beneficiare solo chi la fa, andrebbe inserita in programmi integrati. In altri termini, formare dei
lavoratori, che poi si trovano privi della strumentazione necessaria, ad esempio per eseguire misure di inquinamento o tollerabilità, può
essere inutile. Alle istanze competenti (Phare,
Berd ecc.) andrebbe chiesto di coordinare i
propri interventi per assicurare programmi
d'intervento integrati.
Nord e sud a confronto
Per una nuova società paritaria
(segue da pag. 5 )
(segue da pag. 8)
e non solo riferito alle donne anche se in
realtà sono loro che in caso di abbandono del
Paese d'origine sopportano il più grande peso
- è un salto di qualità nei confronti delle strade da percorrere per raggiungere il diritto alla
piena cittadinanza per tutti - fatti salvi i doveri che ogni cittadino deve assolvere.
Altre due sottolineature ci sembrano importanti ai fini di quanto ci siamo proposti: la prima riguarda la dimensione religiosa della vita e
la seconda la salute.
Sul significato della dimensione religiosa, il
testo prevedeva tra gli obiettivi fondamentali
unicamente il rispetto dei diversi valori religiosi per poi affermare nel capitolo riguardante
l'educazione che «l'appannamento dei differenti valori morali e spirituali, all'interno di un
ambiente educativo sano» avrebbe potuto essere uno strumento molto efficace per eliminare
ogni discriminazione. Sinceramente non comprendiamo l'affermazione che ci sembra paradossale, per non dire abnorme. Per fortuna le
modifiche apportate aggiungono, tra gli obiettivi fondamentali, l'assunzione dei differenti valori religiosi come parametro nell'applicazione
dell'intero programma di azioni e soprattutto,
per quanto riguarda l'educazione, invece di invocare l'appannamento delle differenze valoriali, si auspica il pieno rispetto delle libertà religiose e di credo di ogni persona, quale contributo ad un miglior ambiente educativo.
Da ultimo, il diritto alla salute, senza nulla
togliere agli interventi per garantire alla donna
una giusta salute sessuale e la prevenzione contro ogni malattia ad essa inerente, compresa
l'HIV, dal dibattito è scaturita l'esigenza di
prendere in considerazione anche molte altre
forme epidemiche che ancora oggi risultano essere un flagello più grande dello stesso AIDS,
ossia si è teso a garantire la salute della donna
in maniera molto più ampia dell'aspetto sessuale. Quelli che abbiamo elencato - e non sono
tutti - possono sembrare lati marginali a confronto dello spettro delle problematiche che il
documento finale di Pechino prende in considerazione, ma a chi scrive sono sembrati importanti e per sottolineare come la cultura dei
paesi sviluppati abbia attualmente tanto da
guadagnare da un confronto con quella dei
Paesi terzi e per evidenziare la vivacità delle
donne di questi ultimi nel grande processo verso una democrazia compiuta.
W
ti di quanto le donne chiedono, elaborano,
ottengono.
Magistrati, docenti, giornalisti troppo
spesso ignorano o trascurano quanto di nuovo si produce, in campo legislativo, sociale e
culturale dalle e per le donne.
Si tratta di pigrizia mentale o di sottovalutazione o di determinata volontà di nascondere.
È uno degli aspetti più evidenti della resistenza passiva che si o p p o n e alla realtà in
cammino.
E una resistenza inutile perché è irreversibile il processo che porterà alla reale parità le
donne, ormai uguali agli uomini a livello culturale, ormai libere di decidere sulla propria
maternità.
E una resistenza miope e dannosa perché
l'ingresso paritario in ogni tipo di attività delle intelligenze, delle professionalità, delle
specificità femminili porterà notevoli vantaggi a tutta la comunità.
' Sottovalutare o osteggiare l'informazione
in questo campo è stupido e colpevole.
I governi territoriali possono svolgere
un'azione efficacissima sia realizzando iniziative proprie, sia sostenendo quelle di associazioni femminili presenti sul territorio.
Da questa fugace e, per forza di cose, superficiale e incompleta rassegna di quanto i
governi territoriali possono fare per le donne,
risulta chiaro che lo spettro della loro azione
è amplissimo perché, in definitiva, comprend e tutti i settori, dall'urbanistica alla cultura,
considerati secondo la prospettiva femminile.
I governi territoriali potrebbero essere intimiditi dall'ampiezza e dalla novità del compito, se non comprendessero che proprio
questo è il segno inequivocabile della valenza
dell'azione, se non si convincessero che le richieste delle donne sono una spinta energica
al rinnovamento di tutta la società.
Infatti i governi territoriali, sollevando le
donne da mille difficoltà ne faranno più felice la vita; aiutandole a liberarsi dai mille fattori che ne mortificano la dignità e ne tarpan o l'affermazione, renderanno effettivi i loro
diritti; diffondendo la cultura della parità
contribuiranno ad eliminare le pregiudiziali
avversioni all'affermazione libera e autonoma
delle donne.
L'insieme di queste azioni affretterà la nascita della nuova società paritaria che sarà
più ricca di valori, più serena e più equilibrata per tutti.
Questa azione sarà tanto più sollecita ed
efficace se nei governi territoriali, così come
in quelli nazionali e sovranazionali, le donne
saranno presenti in numero sempre maggiore
fino a raggiungere la parità.
Se esse gestiranno il potere non assimilandosi alla condotta maschile, ma basandosi
sulla specificità della cultura femminile, sapranno risolvere i problemi delle comunità
tenendo presenti le esigenze delle donne che
esse conoscono per diretta esperienza.
In tal modo daranno un contributo decisivo alla realizzazione della parità e alla creazione della società nuova, guidata da governi
pienamente democratici perché finalmente
tutto il demos e non solo una parte di esso
parteciperà alla presa di decisione.
H
-
Emancipazione, uguaglianza..
.
(segue di2 pag. 7)
in fatti, con i mezzi a nostra disposizione in
quanto governi, facendo attenzione che l'uguaglianza tra i sessi informi tutte le nostre politiche e tutti i nostri programmi. Domandiamo
immediatamente, agli organismi delle Nazioni
Unite, alle istituzioni finanziarie nazionali ed
internazionali, alle altre istituzioni regionali ed
internazionali competenti ed a tutti gli individui, donne e uomini, ed anche alle organizzazioni non governative, nello stretto rispetto della loro autonomia, e a tutti i settori della società
civile, in cooperazione con i governi, di associarsi risolutamente e senza restrizioni all'applicazione di questo Programma d'azione.
W
il parere del Comitato delle Regioni e degli Enti locali
La revisione del Trattato di Maastricht
di Jordi Pujol *
Il debutto politico
Uno dei primi momenti <<politici»propriamente detti del Comitato delle Regioni
è coinciso con il dibattito relativo al contributo che lo stesso doveva elaborare in vista
della Conferenza intergovernativa per la revisione del Trattato di Maastricht. A d Un
anno e poco più di vita di questo nuovo organo dell'unione, sorto in seguito al Trattato, la «revisione» è risultata l'opportunità
per una verifca del Comitato nei confvonti
delle Istituzioni europee d i cui è figlio e
partnev, e per una verz$ca dei rapporti e
delle «tensioni» proprie d i u n organo a
composizione disomogenea in cui sono rappresentati tutti i livelli degli Enti locali e
territoriali dell'unione, caratterizzati inoltre da forti differenze anche istituzionali,
come quelle che esistono tra un c<Land»tedesco e una regione dell'olanda, il cui
«l'residente» è un funzionario di Sua Maestà dalla stessa nominato, ossia un alto burocrate.
Il primo documento scaturito da questo
dibattito - che è stato consegnato il giugno scorso al Gruppo di rzjlessione insediato dal Consiglio europeo - va sotto il nome di parere Pgjol, dal suo relatore, che è
membro del Comitato e Presidente di una
delle più <<potenti»Regioni europee: la Catalogna. È un parere che - tra luci ed ombre - mostra senza dubbio una caratteristica peculiare: la pertinenza delle proposte
che sono tutte attinenti alla natura del
C.d.R. - la voce degli enti locali e territoriali - e alle sue funzioni - la difesa degli
stessi soprattutto in nome del principio di
sussidiarietà -. A proposito della sussidiarietà -senza la pretesa di aggiungere qualcosa di nuovo a quanto è già stato detto ampiamente su queste pagine - corre l'obbligo di ricordare che anche il dibattito del Comitato ha riconfermato -se ancora ce ne
fosse bisogno - l'ambiguità del termine. Il
testo Pg jol rivendica che il principio sia rispettato da1l'U.E. nei confvonti e degli stat i membri ed anche degli altri livelli amministrativi e richiede, o sembra richiedere all'U.E., di farsi garante che il rispetto si verifchi anche tra ogni singolo Stato e i relativi poteri locali. A fronte di tali pressanti
richieste si deve registrare come la sussidiarietà non abbia ancora trovato la giusta interpretazione all'interno dello stesso Comitato. Ossia il dibattito attorno al Parere
Pgjol ha permesso di verificare come le regioni - in nome non certo del principio di
sussidiarietà, ma di supremazia - pretendessero di spaccare in due il Comitato stesCOMUNI D'EUROPA
so: le regioni da una parte e gli Enti locali
dall'altra, quasi a rifutare collaborazione e
confronto con questi ultimi; e come abbiano opposto forte resistenza alla richiesta di
modifica del nome in «Comitato delle Regioni e degli Enti locali».
Si tratta d i modzyiche dell'art. 3 b del
Trattato, che sembrano trovare poca fortuna tra i «revisori», come ha potuto affermare lo stesso Pgjol alla Commissione istituzionale del C.d.R. in occasione della prima verifica dei contenuti scaturiti dal gruppo di lavoro.
Nel corso di questa stessa verifica sono
stati passati in rassegna tutti i punti qualificanti del parere, sia quelli che potrebbero
essere accettati che quelli che sembra verranno rifiutati Sinteticamente li elenchiamo perchè riguardano richieste che a nostro
avviso devono essere sostenute durante tutto il lavoro della Conferenza, per cercare di
ottenere il massimo se si vuole che il Comitato venga rafforzato in vista di un'Europa
sempre più vicina ai cittadini:
- la vistesura dell'art. 36 del Trattato
nel senso che si può leggere nel parere pubblicato di seguito, che permetterebbe di far
chiarezza sul ruolo e sulle competenze del
C.d.R.; proposta che trova molte resistenze
da parte del Gruppo di riflessione e del Parlamento europeo, soprattutto circa l'allargamento delle materie di consultazione;
- il riconoscimento della qualz$ca d i
«istituzione» al Comitato;
- la definizione di un possibile rapporto di collaborazione anche da parte del l?E.,
attualmente inesistente;
- l'affermazione dell'autonomia amministrativa e strutturale -abolendo la struttura comune con il Comitato Economico e
Sociale che provoca non poche dz;/ficoltàal
lavoro - per il C.d.R. con grande vantaggio per l'efficacia del suo funzionamento.
Per questi tre ultimi punti sembra che
l'orientamento generale sia più favorevole
che non per il primo.
In sintesi per ora il lavoro circa le modifiche del Trattato in genere e della parte che
riguarda il Comitato in particolare, è ancora abbastanza indefinito; sarà quindi necessario che venga fatta una certa pressione
politico-culturale perchè questo organismo
prezioso per l'Europa dei cittadini esca ben
definito e rafforzato.
m.t.c.g.
I1 Trattato di Maastrich segna una nuova
tappa nel processo di integrazione europea.
Oltre a definire nuovi campi d'azione per
l'Unione europea e rafforzare alcuni di quelli esistenti, profila una riforma del sistema
istituzionale intesa a potenziarne l'efficacia e
la legittimità democratica.
In tale contesto, e per la prima volta in un
documento costituzionale europeo, vengono
introdotti meccanismi che consentono alle
regioni, ma anche agli enti locali, di partecipare alla definizione delle politiche dell'Unione. Inoltre, sancendo il principio fondamentale della sussidiarietà, circoscrive l'intervento dell'unione a quei settori in cui l'efficacia impone un livello sovranazionale, delineando così un'unione «in cui le decisioni
siano prese il più vicino possibile ai cittadini>>
(2" comma dell'articolo A).
L'articolo N prevede la convocazione, nel
1996, di una conferenza intergovernativa per
esaminare la revisione di talune disposizioni
del Trattato. Si riflette così la consapevolezza
del fatto che il carattere innovatore di talune
disposizioni ed i profondi mutamenti cui è
soggetta l'unione, a causa soprattutto del
suo continuo ampliarsi con l'adesione di
nuovi Stati membri, ne rendono opportuna
una riforma a scadenza abbastanza rawicinata.
I1 Consiglio europeo di Corfù del giugno
1994, ha concordato di istituire un gruppo di
riflessione incaricato di predisporre i lavori
della Conferenza intergovernativa. La Commissione, il Parlamento e, in genere, tutte le
istituzioni e gli organi che compongono la
struttura istituzionale comunitaria sono stati
invitati ad elaborare relazioni ed a trasmettere le proprie osservazioni al gruppo di riflessione.
In tale processo, il Comitato, organo rappresentativo degli enti territoriali regionali e
locali europei, ritiene di dover apportare un
contributo alla revisione del Trattato nei settori di sua competenza che saranno analizzati qui di seguito.
Ambito delle proposte del Comitato
La composizione del Comitato e la sua vocazione ne circoscrivono l'attività all'ambito
regionale e locale. La sua esperienza, e soprattutto quella degli enti regionali e locali
che rappresenta, viene messa a profitto nelle
politiche dell'unione che incidono sulle
competenze e gli interessi fondamentali delle amministrazioni locali, nonché, owiamente, nei canali istituzionali previsti dallo stesso
Trattato di Maastricht per assicurare la partecipazione degli enti locali alla procedura
decisionale europea.
I1 Comitato, un organo giovane nella
':Presidente della Regione della Catalogna e relatore sull'argomento per il Comitato.
struttura istituzionale dell'unione europea,
non può vantare una vasta esperienza come
il Parlamento, la Commissione ed il Consiglio. Non è peraltro previsto il necessario
coinvolgimento del CdR nel processo di revisione.
La portata della riforma è controversa. Alcune istituzioni tenderebbero ad avvalersi
della conferenza intergovernativa per procedere ad una revisione approfondita del Trattato che consolidi un'unione pronta ad accogliere più di venti Stati membri. Gli Stati,
dal canto loro, sembrano volersi concentrare
sugli aspetti esplicitamente previsti dal Trattato stesso o, tutt'al più, su alcune modifiche
complementari volte - sulla base dell'esperienza degli ultimi anni - a migliorare il funzionamento delle istituzioni europee.
I1 Comitato, pilastro fondamentale della
legittimità democratica dell'unione, deve
appoggiare le modifiche tese a migliorare il
funzionamento del sistema e quelle che ne
consentono lladeguamento ad una Unione
più vasta. La sua composizione e la sua vocazione politica gli permettono di pronunciarsi sulla riforma del Trattato nel suo insieme, con una costante partecipazione alle
consultazioni del gruppo di riflessione e,
successivamente, della Conferenza intergovernativa. I1 presente documento e la risoluzione che segue, elaborati in base al diritto
d'iniziativa sancito dall'articolo 198 C, quarto comma, costituiscono il contributo specifico del Comitato al processo di riforma,
contributo che conviene circoscrivere agli
aspetti che riguardano direttamente questo
Comitato.
I1 Trattato fornisce inoltre un'ottima base
per rivendicare una più ampia partecipazione regionale e locale nell'unione. L'articolo
N precisa che la revisione sarà conforme agli
obiettivi degli articoli A e B. A mente del secondo comma dell'articolo A, uno di questi
obiettivi è la creazione di un'unione sempre
più stretta tra i popoli delllEuropa in cui le
decisioni siano prese il più vicino possibile ai
cittadini. Risulta pertanto evidente che il potenziamento ed il miglioramento dei meccanismi di partecipazione regionale e locale e la
formulazione del principio della sussidiarietà
si inscrivono nella filosofia che deve informare la riforma.
Per tali motivi, il Comitato circoscrive il
progetto di revisione ai seguenti aspetti del
Trattato:
- il principio della sussidiarietà;
- il ricorso dinanzi alla Corte di giustizia
contro gli atti delle istituzioni;
- il Comitato delle regioni.
Si propone inoltre di rafforzare gli elementi della partecipazione regionale e locale
alle politiche dell'unione e di dare impulso
al concetto di cittadinanza europea ed alla
cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni.
Il principio della sussidiarietà
I1 principio della sussidiarietà prevede che
i pubblici poteri non intervengano laddove i
cittadini possano agire in modo adeguato ed
efficace. Esso procede inoltre ad una differenziazione tra i poteri pubblici, nella misura in cui i livelli superiori sono tenuti ad intervenire solo quando quelli inferiori non
riescono ad agire in modo soddisfacente. In
linea generale, la sussidiarietà, specie nel
contesto dell'edificazione europea, rafforza:
- la legittimità democratica, in quanto
evita la creazione di un potere centrale europeo senza limiti ed avulso dai problemi dei
cittadini, dato che uno degli elementi alla base di tale legittimità è l'awicinamento dell'Unione al cittadino;
- la trasparenza, in quanto favorisce una
chiara ripartizione delle funzioni tra i diversi
livelli di poteri pubblici, permettendo così al
cittadino di identificare i compiti che incombono a ciascuno di essi;
- l'efficacia, in quanto l'esercizio delle
competenze viene attribuito al livello di governo più adeguato.
I1 Comitato, nel ribadire la posizione dei
suoi membri, dell'Assemblea delle Regioni
d'Europa e del Consiglio dei Comuni e delle
Regioni d'Europa, approva l'introduzione
del principio della sussidiarietà nel Trattato
di Maastricht. Esso deplora nondimeno che
la formulazione dell'articolo 3 B del Trattato
CE riduca tale principio ad un semplice criterio per la ripartizione delle competenze tra
l'Unione e gli Stati membri.
A parere del Comitato, il principio della
sussidiarietà va analizzato sotto il profilo della sua enunciazione nel Trattato e della sua
applicazione: controllo a priori della nuova
normativa; esame di quella in vigore; analisi,
alla luce della sussidiarietà, dell'opportunità
di includere nuove politiche o iniziative e
controllo a posteriori da parte della Corte di
giustizia. Occorre in particolare che il Comitato delle regioni partecipi maggiormente al
controllo dell'applicazione del principio della sussidiarietà e collabori strettamente con
la Commissione in tale ambito.
Nondimeno, poiché il presente parere e la
risoluzione ad esso allegata si limitano alla
revisione del Trattato, si contemplano unicamente gli aspetti che impongono modifiche
di carattere costituzionale. Tenendo particolare conto della risoluzione approvata dalla
plenaria del 15 novembre 1994 e del progetto di parere complementare della Commissione «Sviluppo regionale, sviluppo economico, finanze locali e regionali» in merito
all'«Applicazione del principio della sussidiarietà nell'unione europea», il Comitato,
ed in specie la Commissione «Affari istituzionali», prenderà le iniziative necessarie per
progredire negli aspetti dell'applicazione di
tale principio non contemplati dalla risoluzione perché non inclusi nel Trattato.
A livello costituzionale, il Comitato deve
proporre una nuova formulazione dell'articolo 3 B che non configuri il principio della
sussidiarietà unicamente come un criterio
per la ripartizione delle competenze tra 1'Unione e gli Stati membri, bensì come criterio
di attribuzione di tali competenze e responsabilità tra tutti i livelli di governo rappresentati all'interno dell'unione europea. I1
CdR reclama inoltre adeguati meccanismi di
ricorso dinanzi alla Corte di giustizia nei casi di violazione del principio della sussidiarietà che riguardino le competenze degli enti locali e regionali.
L'introduzione di elenchi di competenze
dell'unione e degli Stati membri faciliterà
l'applicazione del principio della sussidia-
rietà. I1 Comitato sollecita pertanto le istituzioni dell'unione, in occasione della revisione del Trattato, ad awiare negoziati per delimitare in modo chiaro le competenze dell'Unione e degli Stati. Invita inoltre gli Stati ad
applicare sul loro territorio il principio della
sussidiarietà nei confronti di regioni ed enti
locali.
I meccanismi di ricorso dinanzi alla Corte
di giustizia
In caso di ricorso per annullamento, il sistema processuale comunitario prevede la legittimazione attiva generale per la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri, mentre
per il Parlamento e la Banca centrale europea detta legittimazione si limita alla salvaguardia delle loro prerogative. Le altre persone fisiche e giuridiche devono dimostrare
l'esistenza di un effetto diretto e individuale,
che in pratica o si concretizza in un atto nei
confronti di un destinatario ben preciso, ad
esempio una sanzione, oppure è difficilissimo da provare. Tale sistema si applica, con
talune modifiche, anche al ricorso per omissione, che si introduce quando le istituzioni
dell'unione si astengono da qualsiasi intervento, violando in tal modo i Trattati.
Tale sistema svigorisce considerevolmente
la posizione del Comitato delle regioni e dei
suoi membri. In considerazione della natura
del principio della sussidiarietà e della sua
mancanza di effetti diretti, è pressoché impossibile presentare un ricorso contro un atto o un'astensione da parte delle istituzioni
dell'unione in caso di violazione del principio stesso, se il ricorrente è tenuto a dimostrare ripercussioni dirette e personali. A
questo riguardo, il Comitato e suoi membri
rimangono così praticamente indifesi, situazione, questa, contraria allo spirito del diritto comunitario.
I1 Comitato delle regioni giudica pertanto
necessario proporre che, nel caso del ricorso
per annullamento previsto all'articolo 173
del Trattato CE o di violazione del principio
della sussidiarietà, gli venga riconosciuto un
diritto di legittimazione attiva privilegiata alla stregua del Parlamento e della Banca centrale europea. Ciò gli consentirebbe di impugnare le norme che, in violazione del principio della sussidiarietà o per altri vizi, pregiudicano le funzioni e le competenze del
Comitato e dei suoi membri.
D'altra parte, l'attività legislativa dell'Unione si ripercuote in particolar modo sulle
regioni dotate di competenze legislative. Per
tutelarne i poteri, il Comitato propone che a
tali regioni sia riconosciuta una legittimazione processuale attiva privilegiata.
Anche nel caso di ricorso per omissione,
di cui all'articolo 175 del Trattato CE, il Comitato rivendica il riconoscimento della legittirnazione attiva privilegiata prevista per le
istituzioni. Di fatto, conferendo al Comitato
lo status d'istituzione, come propone più oltre il presente documento, la questione si risolverebbe senza dover modificare il citato
articolo 175.
,
Il Comitato delle regioni
I1 Trattato di Maastricht prevede per la
prima volta la partecipazione, a livello consultivo, delle regioni e degli enti locali al pro-
cesso decisionale dell'unione europea. A
questa disposizione risponde l'istituzione del
Comitato delle regioni che, grazie alla sua
composizione ed alle sue funzioni, contribuisce ad avvicinare 1'1Jnione ai suoi cittadini e
di conseguenza a rafforzarne la legittimità
democratica, obiettivi, questi, cui il Trattato
attribuisce fondamentale importanza.
Elaborando pareri per il Consiglio e la
Commissione, i membri del Comitato contribuiscono al perfezionamento della normativa comunitaria, fornendo il punto di vista
degli enti incaricati, a vari livelli, di applicare le norme emanate dalla stessa Unione. Si
accresce in tal modo l'efficacia delle politiche europee. Grazie al flusso continuo e dettagliato di informazioni che comporta, tale
partecipazione permette, nel contempo, agli
enti locali e regionali di influenzare la politica europea dei rispettivi Stati membri.
Ciò nonostante, la posizione del CdR nel
tessuto istituzionale e la sua partecipazione
al processo decisionale non permettono di
evidenziare adeguatamente il contributo che,
grazie alla sua composizione, questo Comitato apporta al rafforzamento della legittimità
democratica ed al rawicinamento dell'unione ai cittadini.
I1 Comitato ritiene che la sua posizione e i
suoi poteri vadano rafforzati relativamente
agli aspetti seguenti:
-
Posizione istitztzionale
L'articolo 4 del Trattato CE prevede che il
Consiglio e la Commissione siano assistiti da
un Comitato delle regioni che svolge funzioni consultive.
La natura e la legittimazione politica di regioni ed enti locali, il loro contributo decisivo e generale al processo d'integrazione europea ed il ruolo loro attribuito dal principio
della sussidiarietà che li considera due livelli
di suddivisione del potere politico nell'unione, impongono il riconoscimento dello status
di istituzione al Comitato che li riunisce e
rappresenta in seno all'Unione.
I1 Comitato deve inoltre poter elaborare il
proprio regolamento interno senza che sia
necessaria l'approvazione del Consiglio.
-
Coinposizione
A norma dell'articolo 198 del Trattato CE
il Comitato si compone di rappresentanti degli enti regionali e locali. La legittimità democratica garantita dal Comitato rende opportuna una più chiara precisazione del
mandato e della legittimazione politica dei
membri, nonché del fatto che questi ultimi
vengano designati su proposta delle collettività che rappresentano.
-
Struttura
I1 Comitato della regioni potrà dotarsi di
una struttura ed organizzazione dei propri
lavori conformemente alla sua natura ed ai
suoi obiettivi.
-
Autonomia organizzativa e di bilancio
I1 Comitato deve disporre di un'amministrazione propria ed indipendente e di un bilancio distinto. È quindi necessario abrogare
il protocollo allegato al Trattato e relativo ad
una struttura organizzativa comune con il
Comitato economico e sociale e prendere le
COMUNI D'EUROPA
opportune decisioni a livello di bilancio. Al
Comitato vanno garantiti i mezzi sufficienti
per svolgere una funzione destinata a svilupparsi ulteriormente in futuro.
chi o verdi, circoscrivendo ovviamente la
propria collaborazione a quei casi specifici di
competenza delle regioni o degli enti locali.
-
-
Competenze
I1 Trattato di Maastricht attribuisce al Comitato una funzione consultiva nei confronti
del Consiglio e della Commissione; la consultazione del Comitato è obbligatoria solo
nei cinque casi specificatamente previsti dal
Trattato. I1 Comitato può inoltre estendere le
proprie funzioni avvalendosi del diritto di
elaborare pareri di iniziativa, diritto riconosciutogli dallo stesso Trattato.
I1 Comitato ritiene che tale funzione consultiva vada potenziata. A tale scopo reputa
opportuno che, innanzi tutto, la consultazione del Comitato venga estesa anche al Parlamento europeo e che il suo carattere obbligatorio riguardi anche quelle politiche comunitarie che in tutti gli Stati Membri, o in
un numero significativo di essi, siano gestite
da regioni o enti locali. A titolo esemplificativo, stupisce il fatto che la consultazione del
Comitato non sia prevista in settori quali l'agricoltura, i trasporti, la politica sociale, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, la cooperazione allo sviluppo, la formazione professionale, la tutela ambientale, l'industria, l'energia o la protezione dei consumatori. Infine,
fermo restando il carattere non vincolante
dei pareri del Comitato, occorre aumentarne
l'incidenza nel processo decisionale, imponendo alle istituzioni di motivare dinanzi al
Comitato un'eventuale decisione di non tener conto delle raccomandazioni formulate
nei pareri.
I1 Comitato intende inoltre partecipare
più strettamente all'esercizio del diritto d'iniziativa che spetta alla Commissione, collaborando con essa nelle diverse fasi dell'attuazione dell'iniziativa, che si tratti di norme
concrete, programmi legislativi o libri bian-
Le politiche dell'unione
I1 Trattato di Maastricht estende il campo
di azione dell'unione a nuovi settori che, negli Stati membri, sono spesso di competenza
delle regioni o, in taluni casi, degli enti locali. Tale fenomeno riguarda anche alcune politiche tradizionali della Comunità.
I1 Comitato ritiene che in questi casi, non
solo la sua consultazione debba essere obbligatoria, ma che vada anche riconosciuto il
contributo che le regioni, ed eventualmente
gli enti locali possono apportare alla realizzazione di dette politiche prevedendone
quindi la cooperazione.
Inoltre, allo scopo di approfondire la coesione economica e sociale, il Comitato ritiene che il Trattato debba prevedere esplicitamente la promozione della cooperazione
transfrontaliera tra regioni ed enti locali.
I1 Comitato attribuisce inoltre importanza
al fatto che si riconosca e si precisi la necessità di un migliore coordinamento delle politiche comunitarie che hanno maggiori ripercussioni sugli spazi urbani, nel pieno rispetto del principio dell'autonomia locale sancito dalla Carta dell'autonomia locale del Consiglio d'Europa.
D'altro canto, il Comitato, elemento fondamentale della legittimità democratica dell'Unione e del rawicinamento dei cittadini
all'Europa, ritiene, forte dell'esperienza acquisita dai propri membri, che occorra profittare della revisione del Trattato per affermare a livello comunitario la cooperazione
nell'ambito della giustizia e degli affari interni (il terzo pilastro), in particolare per quanto riguarda il diritto di asilo e l'emigrazione,
e sviluppare il concetto di cittadinanza europea, includendo nel testo del Trattato un catalogo di diritti fondamentali.
¤
Il saggio si articola in tre parti.
Nella prima vengono esaminate quali
siano le pvospettive dell'Europa tra
nazionalismo, confederalismo e
federalismo.
Nella seconda parte viene preso in
coizsiderazione il pvogetto di zina Moneta
pev l'Europa ed i tentativi per realzizarla.
Nella tevza parte si sposta I'attenzione sztl
<<teatro»dell'ildriatico, il mare di casa
nostra oggi interessato dalla crisi
balcanica e da pericolosi nazionalirmi.
L'appe,ndice riguarda infine il problema
dell'Est europeo, soprattutto dal punto di
vista economico.
Accademia curopeistica del
Friuli Venezia Giulia, Casella postale 45,
Via I. Arass, 22 - 74170 Goriiia
OTTOBRE 1995
cosa fa il Consiglio d'Europa?
Democrazia locale, cittadinanza e tolleranza
di Giuseppe Tessari *
I1 Consiglio d'Europa, fedele al suo ruolo di
garante dei principi della democrazia e del rispetto dei diritti umani, non poteva restare
inattivo di fronte alla preoccupante crescita
dei movimenti nazionalisti e xenofobi in Europa e al problema di risposte spesso inadeguate
da parte dei governi e dell'opinione pubblica
nei confronti di questi fenomeni.
I1 Consiglio d'Europa ha infatti deciso di
adottare - a Vienna, nell'ottobre 1993 -, nel
contesto di un Summit che ha visti riuniti per
la prima volta i Capi di Stato e di governo di
tutti i paesi membri, un Piano d'Azione contro
il razzismo, la xenofobia, l'antisemitismo e
l'intolleranza, articolato in tre fondamentali
settori d'attività.
In primo luogo, il Consiglio d'Europa organizza, in collaborazione con le più rappresentative associazioni giovanili europee, una
Campagna della gioventù, destinata a mobilitare tutti i settori della società contro il razzismo e l'intolleranza.
Inoltre, è stata creata una Commissione «ad
hoc», la Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza, formata da esperti provenienti da tutti i paesi membri, il cui compito è
di studiare le legislazioni nazionali in materia
di lotta al razzismo e alla discriminazione al fine di raccomandare agli Stati, se necessario, di
adottare delle misure politiche, legislative, amministrative più efficaci contro questi fenomeni.
I1 piano d'azione, infine, prevede lo svolgimento di differenti programmi intergovernativi, quali, in particolare, quello sull'insegnamento della storia e quello sul ruolo dei mezzi
di comunicazione di massa.
Le autorità locali e regionali, attori privilegiati del principio di sussidiarietà ed in stretto
contatto con la popolazione e suoi bisogni reali, hanno un ruolo essenziale da svolgere nella
lotta contro il razzismo e l'intolleranza.
Non a caso, nel contesto della medesima
Dichiarazione di Vienna, i Capi di Stato e di
governo hanno previsto la nascita del nuovo
Congresso dei poteri locali e regionali dell'Europa (CPLRE), destinato a prendere il posto
della precedente Conferenza permanente e
strutturato su due camere paritarie, la Camera
dei Poteri Locali e la Camera delle Regioni. La
principale ambizione del Congresso è di salvaguardare e rafforzare il principio dell'autonomia locale e di vegliare alla sua concreta applicazione: in particolare, il Congresso si impegna attivamente per il rinnovamento della vita
politica e il rispetto dei principi che regolano
la convivenza civile.
In questa prospettiva, la Campagna e il piano d'azione non hanno fatto che dare al Congresso delle ragioni supplementari per intervenire nei campi nei quali la Conferenza permanente aveva già dato un importante contri-
* Amministratore principale presso il Segretariato del
CPLRE.
OTTOBRE 1995
buto (si pensi, ad esempio, alle attività sviluppate in tema d'integrazione multiculturale, di
cittadinanza e grande povertà, di diritto all'alloggio, di difesa dei diritti delle minoranze,
ecc.).
Una serie di avvenimenti tragici hanno convinto i Capi di Stato del Consiglio d'Europa
ad affidare ai giovani europei il compito di
battersi per i valori che sono all'origine dell'organizzazione di Strasburgo: il rispetto dei
diritti dell'uomo, la libertà, la preminenza del
diritto, la democrazia.
Per la prima volta dopo la fine della seconda guerra mondiale, l'Europa scopre l'esistenza di un male sotterraneo che rischia di minarla dall'interno. Eppure, l'anno 1989 sembrava
aprire un'era nuova d'amicizia, di solidarietà e
di pace per tutta l'Europa.
Improvvisamente, un'esplosione di violenza
inaudita nell'ex Yugoslavia ha illuminato di
una luce sinistra lo stato reale del nostro continente. Da allora, è diventato sempre più
chiaro che l'Europa è malata e che occorre,
perciò, guarirla.
Certo, l'agenda politica e diplomatica del
dopo Maastricht è molto fitta. Certo, l'allargamento del Consiglio d'Europa verso l'Est prosegue. Ma non si tratta di questo o solo di questo. Qualcosa di più importante delle scadenze è in gioco: non si tratta tanto della prosecuzione di un processo meccanico, generatore di
riunioni, rapporti e regolamenti, quanto, soprattutto, delle condizioni fondamentali della
futura convivenza comune di centinaia di milioni di europei. O l'Europa rimane un apparato, un meccanismo senz'anima ed allora l'avvenire sarà quello del declino, oppure essa diventa un progetto di liberazione dai processi
biologici e sociali che incatenano l'uomo, fosse anche il più ricco della terra, alla sfera della
necessità e lo rendono schiavo.
L'Europa sarà libera oppure sarà la caricatura di se stessa.
Ma dove localizzare la fiducia, la fides nell'Europa in quanto progetto di civiltà?
I1 Congresso dei poteri locali e regionali
dell'Europa, recentemente elevato ad «organo» del Consiglio d'Europa accanto al Comitato dei Ministri e all'Assemblea parlamentare,
intende dare un contributo specifico al rinnovo dell'idea europea e al rilancio della fede
democratica che essa implica, mettendo l'accento sulle istituzioni che sono costitutive del
vivere civile: i comuni, le province, le regioni.
Esse raggruppano i cittadini, che si organizzano politicamente e come società civile contro
la minaccia della doppia segregazione: quella
territoriale e quella sociale.
Nel progetto di rilancio dell'idea europea
promosso dal Congresso, la centralità spetta,
paradossalmente, ai cittadini e alle loro istituzioni di base. Questo approccio è illustrato dal
principio di sussidiarietà, formula «à la page»,
che la Carta dell'Autonomia Locale ha contribuito a comporre. Occorre però che tale principio esprima tutta la sua potenzialità grazie
ad un'interpretazione immaginativa e innovatrice e ad un'applicazione coraggiosa.
Per cominciare, il Congresso ha creato un
gruppo di lavoro sulla Campagna e il piano
d'azione, la cui prima iniziativa è stata l'organizzazione di un'audizione su «Democrazia locale, Cittadinanza e Tolleranza: un progetto di
città democratica esemplare». Nel corso di
questa manifestazione, che si è tenuta a Strasburgo, il 20 febbraio 1995, alcune città e associazioni europee hanno presentato progetti
ed esempi concreti di politiche miranti ad incoraggiare la partecipazione di tutte le minoranze alla vita pubblica. Tale questione è stata
anche dibattuta nel corso di una seduta pubblica, organizzata il 10 aprile 1995 nel Municipio di Budapest, alla presenza del Sindaco,
Sig. Demszky, e seguita da radio e televisione
locali, Quest'incontro si è svolto nel quadro
dell'ultima riunione congiunta del gruppo di
lavoro sulla Campagna ed il piano d'azione e
della Rete di città su «Cittadinanza e grande
povertà».
In un rapporto adottato il 3 1 maggio 1995,
il quale riassume alcuni anni di lavoro, il Congresso sottolinea alcuni aspetti, che gli sembrano portatori di un progetto europeo di civiltà. I1 rispetto del prossimo e l'amicizia come
fattori costitutivi della specificità europea:
dobbiamo combattere la tendenza che vorrebbe continuamente provare l'inutilità o la superfluità umana e accedere ad una nuova fierezza dell'essere italiani, belgi, tedeschi, olandesi, polacchi e così via, fondata sull'umano.
Riconoscere poi la pluralità come il punto di
partenza di una nuova forma di cittadinanza e
di civismo europei. Un'Europa veramente democratica non potrà mai trasformarsi in una
fortezza rinchiusa egoisticamente su se stessa.
Inoltre, se l'Europa è uno spazio di giustizia,
di libertà e di pace, il cammino che la congiunge al resto del m'ondo è quello della «solidarietà aperta». L'architettura della futura
grande Europa non ha, allora, niente a che vedere con la geometria e meno ancora con un'abitazione privata, ma potrebbe essere invece
quella degli archi di un ponte. L'Europa è un
luogo di passaggio, un incrocio obbligato tra
l'Est e l'Ovest, il Nord e il Sud. L'intensità della cooperazione all'interno dell'Europa tende
a diminuire a mano a mano che ci si allontana,
ma il suo impatto non finisce mai di crescere.
L'apertura internazionale delle città, delle regioni e degli Stati è perciò un corollario di
questa maniera di vedere.
Un'altra tappa importante del contributo
del CPLRE alla Campagna e al piano d'azione
è l'adozione, da parte del Congresso riunito in
seduta plenaria (il 3 1 maggio 19951, di testi significativi sul problema dell'intolleranza in
tutte le sue forme. Essi sono:
- un rapporto generale, una raccomandazione e una risoluzione c i ~«Democrazia locale: un progetto di cittadinanza»: una politica
efficace contro l'intolleranza deve non solo
proteggere le vittime del razzismo e punire i
colpevoli, ma anche, e soprattutto, combattere
l'esclusione politica, sociale ed economica che
colpisce un numero crescente di persone in
tutta l'Europa, anche nell'occidente «ricco» e
«civilizzato».
- un rapporto e una risoluzione sulla
«Carta delle città-rifugio»: il CPLRE sostiene
ed incoraggia il progetto di una Rete europea
ed extra-europea di città-rifugio, città, cioè,
disposte a fornire assistenza e solidarietà agli
scrittori minacciati o perseguitati. Tale iniziativa è realizzata in cooperazione con il Parla-
mento internazionale degli scrittori, creato per
difendere gli intellettuali perseguitati nel mondo a causa delle loro idee e presieduto da Salman Rushdie.
- un rapporto, una raccomandazione e
una risoluzione su «I1 contributo degli Zingari
alla costruzione di un'Europa tollerante»: il
Congresso incoraggia diverse iniziative in favore degli Zingari, al fine di promuovere il rispetto della loro cultura, la loro integrazione
nel paese ospite, il miglioramento delle loro
¤
condizioni di vita.
La città Atellana
di Rosario Pinto
Già sulle pagine di questo periodico (&omuni d'Europa», febbraio 1995) siamo intervenuti per illustrare un progetto politico,
quello della «Città Vesuviana», che prevede
la creazione di un'associazione di Comuni
stretti da un patto di tipo autofederativo.
Una ragione profonda animava quel progetto: che l'attività dei sindaci eletti direttamente dal popolo assumesse via via di più i
tratti e lo spessore di un'azione decisamente
politica piuttosto che fossilizzarsi nei vecchi
schemi del puro impegno amministrativo.
Per tempo utile abbiamo suggerito queste
stesse cose a molti altri sindaci, soprattutto
nel Mezzogiorno, e la nostra azione, forse,
non è caduta nel vuoto se una coscienza
nuova pare presiedere l'attività di quanti,
come Bassolino, ad esempio, danno l'impressione di voler imprimere alla propria
azione un taglio decisamente politico. (Cfr.
l'assemblea dei sindaci a Caste1 Nuovo a
Napoli e le posizioni del cosiddetto partito
dei sindaci»).
Fatta questa premessa, di ordine generale, giova entrare nel vivo dell'argomento che
qui ci occupa: la possibilità di creazione di
una «Città Atellana~.
Già, una città atellana! Ma perché. Dai
banchi liceali s'impara a conoscere l'ancoraggio delle nostre tradizioni di teatro comico nelle antiche Fabulae Atellatzae, ove nascono i «tipi» della commedia plautina che
poi travasano nella Commedia dell'arte e
giungono fino al Teatro delle maschere e,
più vicini a noi, fino alle più nobili tradizioni di un teatro popolare, umorale e vivo che
va da Viviani a De Filippo.
Atella, dopo l'eclisse medievale (ma anche su questo c'è da discutere) produce una
sua fioritura artistica nel '600, poi diventa
uno dei «casali» e la sua storia sembra finire lì, fino a diventare, nei nostri anni, un
lembo estremo della cintura di cittadine che
circondano la metropoli napoletana. In zona c'è ancora una coscienza viva dell'«atellanità», promossa ed animata da una storiografia municipalistica già d'ascendenza ottocentesco-positivista e da un'azione culturale resa viva da un associazionismo intelligente ed operoso. Ciò che più conta, ai fini
che ci interessano, è l'osservazione che in
questa dimensione di atellanità si riconoscono e si specchiano le popolazioni di almeno quattro Comuni: Orta di Atella, Frattaminore, Succivo e S. Arpino. Di questi,
solo Frattaminore appartiene alla provincia
di Napoli, mentre gli altri tre appartengono
alla provincia di Caserta. Questa semplice
osservazione d'una divisione amministrativa impropria ed incongrua già fa emergere
un primo dato di contraddizione. Ma c'è di
più: le problematiche sociali, economiche,
ambientali di questo microcomprensorio
(oggi degradato, ma denso di opportunità e
di risorse proprie) sono assolutamente simili per tutti i Comuni e l'impiego di forze divise e parcellizzate rende di fatto inutile o
inconcludente l'azione anche meglio ispirata di ciascuna delle quattro amministrazioni.
La stessa disposizione sul territorio dei
quattro Comuni è significativa: essi occupano ciascuno un vertice d'un ideale quadrilatero al cui centro trovasi l'area archeologica
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Questo numero è stato finito di stampare nel mese di novembre 1995
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(ma tutta da valorizzare e dissotterrare) dell'antico insediamento di Atella. Per la verità,
al centro di questa area si erge anche un palazzo, eretto durante gli anni del «ventenn i ~ » che
, era la sede del Municipio di Atella di Napoli, la cittadina, voluta dal fascismo, che comprendeva in unità amministrativa, allora, i Comuni dell'area che sono poi
stati divisi tra loro subito dopo la fine della
seconda guerra mondiale.
Certamente, il richiamo all'unità atellana
di questi quattro Comuni, oggi, non vuole
essere affatto un'operazione di nostalgia e
ciò è dimostrato dal fatto che il progetto che
se ne immagina non è di accorpamento o di
fusione, ma di autofederazione, con la costruzione di un inedito politico di un organismo più avanzato e più forte di un semplice Consorzio, ove convergano limitati e specifici poteri ceduti liberamente da ciascuno
dei Comuni ed in cui si attui un controllo
popolare attraverso l'elezione d'una assemblea liberamente eletta dai cittadini. Da
questo punto di vista, gli stessi Statuti Comunali possono offrire una sponda utile.
Una consapevolezza profonda s'è incardinata almeno in certi strati della società atellana e al di là delle «divisioni» comunali. In
nome di questa coscienza di «atellanità» il
progetto di creazione d'un organismo autofederativo va prendendo sempre più consistenza. Già un Convegno del 1989 a Succivo (tra i relatori vi furono, allora, i deputati
Giovanni Ferrara, Ferdinando Imposimato,
Giuseppe Venditto, i sindaci delle cittadine,
alcuni consiglieri regionali, urbanisti e personalità della cultura locale) prevedeva la
creazione d'un Consorzio dei Comuni Atellani. Ma, nel tempo, qualcosa di più avanzato sembra maturare, soprattutto grazie al
protagonismo d'un associazionismo intelligente e vivace e grazie all'azione d'una testata locale, «Clanio», che si fa promotrice
attiva dell'idea atellana e propone sul territorio il messaggio politico-culturale lanciato
dai federalisti.
Un recente Convegno, a luglio di quest'
anno, ad Aversa, ha riproposto il tema ed un
incontro svoltosi il 23 ottobre nella sala conciliare del Comune di S. Arpino (presenti,
tra gli altri, i Sindaci e i deputati Diana, Catto, Tanzarella e il Sen. Corvino) ha sviluppato un nutrito dibattito sull'opportunità e
sulla necessità di innovazione istituzionale.
Questo non significa ancora la nascita della
«Città Atellana» tout-court, ma un primo
passo significativo.
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Anno XLIII Numero 10