Un gruppo di ospiti della Casa di
Soggiorno per Anziani di Rovereto
COMUNICAZIONE
AGLI ANZIANI
DELLA CITTÀ
Rovereto, 1999
PRESENTAZIONE
Nel 1993 un gruppo di ospiti della Casa di soggiorno per anziani incominciò ad
incontrarsi con periodicità costante, coordinati dal Servizio di animazione.
Avevamo iniziato l'esperienza mossi dalla necessità di offrire ai partecipanti occasioni
di conoscenza reciproca, di confronto sulle difficoltà e i problemi derivanti dalla
convivenza, dalla solitudine, dall'anonimato della grande struttura.
Furono anni di impegno nei quali i partecipanti impararono a dialogare, a stare insieme.
Vi furono momenti belli, entusiasmanti, ma non mancarono nemmeno le difficoltà:
incomporensioni, diffidenze, ristagni in contenuti sterili e a volte inconcludenti.
Due anni dopo (era l'inizio del 1995) verificammo che:
- il numero dei partecipanti diminuiva costantemente,
- gli anziani perdevano interesse per l’iniziativa e il dialogo rimaneva bloccato nella
esposizione e nella discussione dei problemi che gli anziani vivevano singolarmente o
collettivamente,
- il gruppo degli ospiti partecipanti presentava un graduale e progressivo aumento di
persone che mostravano sempre più difficoltà ad esprimere concetti complessi,
faticavano ad utilizzare frasi composte evitando di soffermarsi sull'analisi dei problemi
ed utilizzavano terminologie sempre più elementari.
Si definì allora un progetto che avesse lo scopo di incentivare la partecipazione e
l’amicizia tra i componenti il gruppo affrontando il tema dei "loro desideri" come
strumento per un diverso approccio alla vita. Inoltre incominciammo a privilegiare,
all'analisi dei problemi, la tecnica delle associazioni, delle interpretazioni scrivendo poi
su lavagna le idee che emergevano
Partimmo dalla considerazione che il proporre come tema le indicazioni dei
"desideri" ipotizzava per sé una inversione di rotta nel loro modo di pensare: non più il
ritorno al passato (vedi i ricordi) o al presente (leggi i problemi), bensì la proiezione
verso il futuro, utilizzando oltre che le parole e la mente anche il cuore.
"Provate ad esprimere cosa volete, cosa desiderate", quali sono i "desideri che
può esprimere una persona ospite di una Casa di Soggiorno per Anziani".
Non poco è stato l'imbarazzo: faticoso e lungo (ci vollero alcuni incontri!) fu l'avvio di
questo tema.
Alla domanda "E' vero che gli anziani hanno desideri?" all'unanimità hanno risposto di
no. Ovviamente con il termine “desiderio” intendevamo l'aspirazione verso qualcosa di
irrealizzabile, di non realistico. L'esperienza, le vicissitudini della vita, hanno convinto
gli anziani che "solo quello che è realizzabile può far parte del campo dei desideri".
Ci volle del tempo per stimolare gli anziani ad avere il coraggio di esprimere ad
alta voce i loro desideri. Ogni desiderio veniva scritto su un cartellone e proposto al
gruppo che lo utilizzava per fare associazioni, commenti ed elaborarne idee.
Emerse subito il desiderio di poter "essere interpellati" e la conseguente
necessità di "dover parlare, inviare messaggi" come condizione per "essere ascoltati". Il
gruppo intravide allora l'opportunità di allargarsi collegandosi a gruppi esterni
all'Istituzione, per creare nuovi legami e conoscenze. In questa logica ed in
corrispondenza all’ inizio dell'anno scolastico il gruppo si orientò ad inviare un
"Messaggio" a tutti i ragazzi dei 7 plessi scolastici della Scuola Media della città,
ricevendone una inaspettata favorevole accoglienza. Diverse classi vennero ad
incontrare gli anziani e gli scambi si succedettero durante l'intero anno scolastico.
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Al termine è stato elaborato un documento che esprimeva i contenuti delle
riflessioni fatte. Le idee emerse apparvero di una corposità tale da motivare il gruppo a
decidere di farne una "Comunicazione" ad amministratori, dipendenti, familiari,
volontari... fino alla opinione pubblica. Cosa che avvenne in un pubblico incontro.
L'effetto fu molto significativo non solo per gli altri anziani, gli amministratori, i
lavoratori e l'opinione pubblica; ma soprattutto per gli ospiti stessi che avevano
elaborato il documento. Si convenne di farne una pubblicazione dal titolo "Noi ospiti
della Casa di Soggiorno per Anziani: questi i nostri desideri".
Osservare il mondo mentale dell'anziano (anche se ospite di una Casa di
Soggiorno) ci ha convinto che questi grandi vecchi non sono necessariamente persone
ripiegate sul passato e incapaci di immaginare un futuro diverso dall'evento della morte.
Il futuro c'è ed è un momento di vita concreta, un lasso di tempo nel quale possono
realisticamente ancora accadere degli eventi.
Infine, il fatto che in questi incontri (ma neppure negli oltre 300 incontri fatti ad
oggi) non sia in maniera significativa quasi mai emerso il tema della morte, ci induce a
ritenere che questo "fantasma" é sì presente, ma non necessariamente come un
"fantasma cattivo". Siamo altresì convinti che questo fatto non possa essere interpretato
unicamente come meccanismo di difesa proprio della persona anziana.
Dopo la pubblicazione dei desideri, galvanizzati dalla convinzione di aver
"prodotto qualcosa di utile", il gruppo si è convinto che può trovare un nuovo ruolo:
quello di parlare se si vuole essere ascoltati. Un fatto è certo: ora non tacciono più, non
mantengono silenzi spenti, sono meno timorosi nei confronti dell'autorità costituita.
Da qui è sorta spontanea l'idea di inviare un messaggio a tutti gli anziani della città, a
"quelli che sono fuori", a coloro cioè che vivono nelle case, nei condomini e che si
incontrano nelle Associazioni e nelle Università della terza età.
"E' poi vero che chi è in casa di riposo è più solo?", "è meglio soli che mal
accompagnati?" oppure vale la spesa di "rischiare di essere mal accompagnati piuttosto
che essere soli?"
"Hanno più problemi di convivenza coloro che sono in una struttura oppure quelli che
convivono in famiglia?", "sono più liberi quelli che sono a casa propria?". Queste sono
alcune delle domande che gli anziani hanno dibattuto per avviare un confronto con
coloro che "vivono fuori", per progettare una serie di incontri e costituirne una base di
discussione.
In questo persorso abbiamo anche affinato la tecnica di dialogare tra di noi: scrivevamo
sulla lavagna parole che fungessero da stimolo
Non sono apparsi miglioramenti circa la struttura del loro pensare, ma è apparso
evidente che gli anziani privilegiavano la tecnica delle associazioni alla necessità di
esprimere problemi e fare considerazioni teoriche. I sentimenti venivano espressi spesso
a tinte forti come fossero emotività ferite. Nel dialogo proponevano quasi sempre
enunciazioni definitive, quasi radicali e sovente personalizzate, esprimevano il loro
parere con terminologie semplificate, utilizzando contenuti e pensieri semplici ed
elementari.
Valida si è dimostrata la tecnica di scrivere su una lavagna parole che fungessero
da stimolo: parole quale "desiderio", "vecchio", "non mi sento vecchio", "fregatura",
"futuro"...: si sono dimostrate importanti per delineare la mappa mentale dell'ospite
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istituzionalizzato. Inoltre questo facilita notevolmente il defluire delle idee e il dialogo
tra i partecipanti al gruppo.
Tra di loro è inoltre aumentata l'amicizia e la solidarietà con momenti di aiuto
reciproco. Non è più necessario sollecitare gli ospiti a partecipare alla riunione: vengono
volentieri, lo ricordano a vicenda e i più autonomi accompagnano gli altri.
Aver coinvolto gli anziani ad incontrarsi, ad elaborare e poi comunicare a
qualcuno i loro contenuti, ha significato ridare loro il ruolo perduto e smarrito.
Il comunicare con altri e farlo con pari dignità ha fatto comprendere (a noi, ma
soprattutto a loro) che questa può diventare la loro "nuova attività". Certamente può
diventare una "attività che offre tanta gratificazione”. Ciò è vero anche per i non
autosufficienti e coloro che sono affetti da deterioramento mentale. L’invio di messaggi
li ha fatti riappropriare di un ruolo attivo e li ha messi ancora nella condizione di sentirsi
protagonisti.
E' la prima volta in questi vent'anni che gli ospiti di una Casa di Soggiorno
escono, prendono una sala pubblica, mandano a chiamare altri anziani e comunicano
loro un messaggio.
Con la loro comunicazione hanno messo in rilievo come il modo di pensare e di
riflettere dei nostri anziani è più complesso di quello che noi crediamo.
Certamente hanno contraddetto i luoghi comuni e non è agevole né è
consentito giungere a conclusioni semplicistiche. Il messaggio etico che ne deriva è
particolarmente serio ed impegnativo: non è frutto di facili moralismi. Eccolo:
1. la vita della persona anziana, vista dalla loro parte, non è così brutta come noi ce la
rappresentiamo perché merita comunque di essere vissuta;
2. E' una vita che contiene ancora la categoria del futuro, del domani da costruire, del
dopodomani da vivere.
3. Non si vive solo di problemi. Gli ospiti infatti non hanno parlato di problemi. Da
quando hanno pubblicato il libretto "Noi ospiti della Casa di Soggiorno: questi i
nostri desideri", hanno superato la fase dei problemi e ora sono convinti che è
possibile vivere di risposte anche parziali, ma sufficienti a dare significato al tempo.
La problematizzazione genera contraddizione, non futuro.
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Uno dei principali desideri espressi nella pubblicazione citata fu quello di:
“Vivere affetti, amicizie, sentire il calore di qualcuno vicino”. Questo desiderio è quello
che li ha spinti a presentare anche questa comunicazione.
Essi qui ed ora ci stanno dimostrando
che credono nella vita,
che sono convinti di avere ancora un futuro “significante”,
che vivono per un domani fatto di avvenimenti, di aspirazioni, di ambizioni.
Un futuro, ovviamente, costruito e creato con l'apporto di tutti. Ma, proporzione fatta,
non è forse così anche per noi?
Questo progetto ha interessato il gruppo per due anni impegnandolo in 72
incontri. Erano riunioni libere cui hanno partecipato 94 persone, delle quali in
maniera significativa, cioè con più di 10 presenze, 38 ospiti.
Conclusa l'elaborazione del documento sono stati invitati a una pubblica
riunione gli anziani della città, le associazione e i circoli pensionati e a loro è stato
letto il testo che ora vi proponiamo.
L'intento è che questo documento giunga in questo modo agli anziani della città,
ai pensionati, ai vecchi e ai grandi vecchi, a quanti sono ammalati, bisognosi di
assistenza, non autosufficienti e a tutti coloro che non hanno potuto essere presenti il
giorno della presentazione.
Giunga a tutti l'invito di collaborare per la costruzione di un ponte tra gli
ospiti della Casa di Soggiorno e gli anziani che vivono nelle loro case, nei condomini,
nelle loro abitazioni.
Possa essere questa una vera occasione di amicizia e di solidarietà.
Agli anziani che hanno preso parte a questa "avventura", per il coraggio di
voler "uscire dalle mura dell'Istituzione", per la "voglia di incontrare altri loro
coetanei", a tutti loro dobbiamo un grazie per il prezioso contributo culturale ed umano
offerto e che qui vogliamo documentare.
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Un grazie particolare al Gruppo AIDO "Adele Galvagni" di Rovereto, per aver
totalmente finanziato questa pubblicazione, che altrimenti non sarebbe stato possibile
realizzare.
Rovereto, 1999
Il Servizio Sociale della Casa
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SALUTO INIZIALE
A nome di tutti gli ospiti qui presenti e di quanti, pur non essendo presenti,
hanno comunque collaborato a questo progetto, vi do il benvenuto e il nostro saluto.
Siamo felici che voi abbiate accettato il nostro invito e di questo vi ringraziamo
fin da ora.
Siamo emozionati perché è la prima volta che abbiamo preso il coraggio di
chiamarvi per incontrarvi e per parlarvi.
Grazie a voi anziani che vivete nelle vostre case e che siete qui presenti;
grazie a voi familiari che avete accettato di venirci ad ascoltare;
grazie a voi tutti Amministratori ed amici che avete accettato questo invito.
Buon pomeriggio
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Carissimi,
erano i primi mesi del 1996 quando abbiamo presentato ai familiari, operatori ed
amministratori la Comunicazione circa i "nostri desideri". Da allora abbiamo convenuto
che parlare, comunicare, dire a voce alta quello che sentiamo dentro sia stato importante
per noi che siamo ospiti di una Casa di Soggiorno ma anche per quanti ci hanno
ascoltato.
Ci siamo sentiti in questo modo utili e, perché no, importanti; abbiamo anche costatato
che qualche volta siamo anche ascoltati (che non significa esauditi!).
Quando abbiamo parlato ai ragazzi delle scuole medie cittadine abbiamo
verificato che ci hanno prestato ascolto: sono venuti, ci hanno incontrato, li abbiamo
conosciuti, abbiamo loro raccontato le nostre convinzioni, le nostre considerazioni circa
la scuola di una volta, i giochi di un tempo, i ricordi della guerra; loro hanno udito le
nostre marachelle, le hanno raffigurate, disegnate e poi stampate. Ci ha fatto molto
piacere quando hanno detto che anche i loro genitori le hanno lette.
Sono per noi ricordi ancora vivi nelle nostra mente!
E' stato da queste considerazioni che è sorta l'idea di continuare questo dialogo
ma ora con gli anziani che "sono fuori".
Ci è subito apparsa una avventura bella, entusiasmante, buona per essere vissuta,
un’idea che aveva la possibilità di diventare un progetto perché ci apriva uno spiraglio,
ci faceva guardare oltre lo steccato, oltre la cancellata; ci spalancava uno squarcio sul
futuro; ci presentava uno scopo per i prossimi mesi: era un valido programma di lavoro
per le troppo lunghe giornate invernali.
"Cosa diciamo loro?"
Non è stato facile immaginare cosa potevamo raccontarvi: quali argomenti vi
sarebbero stati di interesse.
Ci siamo chiesti: "Cosa diciamo loro?" E così abbiamo risposto:
"diciamo loro che abbiano tanta pazienza!"
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"no, dobbiamo raccontare loro come stiamo qui dentro, che vita conduciamo, perché
sappiano cosa gli aspetta".
"diciamo che qui si sta bene e se vogliono possono venire a trovarci"
"facciamo con loro uno scambio sui problemi e sulle cose che abbiamo discusso tra di
noi"
"chiediamo loro se hanno amici oppure no?"
"chiediamo loro perché hanno difficoltà ad entrare qui dentro. Perché solo un 20 %
capisce e vuole venire, mentre gli altri 80 non ne vogliono sapere?"
Uno di noi ha raccontato come ha incontrato delle persone esterne, durante le
sue passeggiate ai giardini pubblici, ha detto loro che abita alla Casa di Riposo e si è
quasi meravigliato che non gli abbiano chiesto nulla: "sembravano tutti disinteressati
del fatto che io ero alla Casa di Soggiorno!".
"E’ poi vero che a quelli che sono fuori non interessa che noi siamo in casa di riposo?"
"secondo me c'è é dell'egoismo" è stata la considerazione di una parte di noi.
Abbiamo allora riflettuto sul fatto che tutti pensano ai loro problemi e forse "tra i
sani è più facile trovare persone che non si interessano di noi, mentre tra gli anziani
ammalati, la cosa è più facile".
Ci siamo convinti che molte persone esterne, e soprattutto tra le persone anziane,
molti "hanno paura di entrare qui dentro" e hanno difficoltà a conoscere la realtà di una
struttura come questa.
"Sono cretini se hanno queste paure!" ha subito ribattuto una di noi.
"Se loro hanno paura di entrare qui dentro ma hanno piacere di incontrarci e
conoscere la nostra situazione, allora andiamo fuori noi ad incontrarli" è stato
prontamente risposto.
Da qui è sorta la proposta di iniziare a parlare di noi, dei nostri desideri, dei nostri
problemi per poi comunicarveli.
Ci è stato fatto notare che alcuni di noi consideravano quelli fuori più
avvantaggiati mentre altri li consideravano più svantaggiati. Abbiamo subito voluto
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verificare: "chi sta meglio, tra noi e 'voi che siete fuori'"? Quali vantaggi abbiamo noi
rispetto a voi mentre in che cosa voi siete più avvantaggiati rispetto a noi?".
Abbiamo scritto su un cartellone: "Gli anziani che sono fuori..." e lo abbiamo
poi riempito con le frasi che ci venivano subito in mente. Ve le proponiamo come sono
emerse.
"Non è bello perché quelli che sono fuori sono soli"
"gran parte di loro stanno meglio di noi!"
" (gli anziani che sono fuori...) che stiano insieme con noi!"
"i stà meio de noi!"
"i stà meio ma anca pezo, secondo come i è trattai!"
"gli anziani fuori stanno bene se in salute e hanno i figli, ma quando non stanno bene
allora sono costretti a fare domanda per entrare in Casa di Riposo"
"le persone fuori hanno più solitudine che affetto"
"mama, stà lì ferma en quela camera lì, che noi nem' e quando vegnìm pensem a ti!"
"la conosco bene questa frase, perché lo dicevano sempre anche a me!"
"(le persone fuori) se stanno bene (in salute) allora è bello, altrimenti è brutto"
"stiamo meglio noi"
"se penso alle persone fuori mi viene in mente la mia casa"
"se non è soccorso da qualcuno è brutto"
"le persone che sono fuori vorrebbero venire qui, ma non possono, forse perché non
hanno i soldi!"
Su queste idee abbiamo cercato di associarne delle altre e così abbiamo riempito
un altro cartellone dal titolo: "Vantaggi ...(di essere in Casa di Soggiorno per Anziani)"
e ne è risultato:
"qui ci portano il caffè, bussano alla porta"
"qui abbiamo più servizi sanitari"
"ci sono più persone che si interessano"
"ci sono più persone che ci vengono a trovare di quando eravamo a casa nostra"
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"c'è più controllo medico"
"c'è l'ambiente più pulito"
"la biancheria è più pulita"
"qui troviamo il pranzo pronto"
"qui ci vogliono più bene"
"io direi che qui ci vogliono bene, non "più" bene"
"secondo i casi, secondo le famiglie"
"sempre più qui (sto meglio sempre di più qui)"
"qui c'è più varietà nel mangiare, c'é più pulizia, e questa è una bella grazia, ma
bisogna tacere...!"
"qui siamo meno soli!"
"qui abbiamo più compagnia rispetto a coloro che sono fuori, anche se a volte non è la
compagnia giusta"
"qui abbiamo meno problemi circa il caldo, il posto, il riscaldamento, anche se oggi era
freddo perché non funzionava il riscaldamento nella zona appartamentini"
Era allora ovvio che cercassimo di riempire anche il cartellone degli
"Svantaggi... (di essere in Casa di Riposo)".
Non nascondiamo che c'era quasi un qualche imbarazzo a parlare dei nostri svantaggi e
la discussione è stata più difficile del solito. Abbiamo faticato a tirare fuori le idee quasi
ci sembrasse ovvio che "voi foste ovviamente più fortunati di noi". Sono emerse
comunque considerazioni quali:
"qui abbiamo più nostalgia di casa e della famiglia",
"qui siamo più lontani da casa",
"qui abbiamo meno problemi circa il caldo, il posto, il riscaldamento ma qui dobbiamo
sempre tacere",
"qui ci sono più problemi di convivenza".
Innanzitutto il desiderio di incontrarvi
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E' fuori dubbio che il desiderio unanime di tutti noi sia quello di incontrarvi.
Anzi, come abbiamo sopra detto, alcuni di noi hanno espresso il desiderio che, se voi
non volete, non potete o non ve la sentite di venire qui dentro, allora veniamo fuori noi
pur di parlare con voi. Vi chiediamo in questo caso di metterci a disposizione le vostre
sale di incontri, le vostre case, i vostri cortili, i vostri giardini, le vostre chiese... Siamo
disposti a venire nelle nostre parrocchie, nei vostri circoli, nelle scuole, nelle sedi delle
associazioni, nei locali ove si incontrano gli amici anziani dell' Università della terza
età... per ascoltarvi e per narrarvi dei nostri problemi, dei nostri desideri, delle nostre
aspirazioni, delle nostre aspettative.
Ci siamo trovati bene quando siamo andati nella Parrocchia di Borgo Sacco, alla
Sacra Famiglia. In Santa Caterina abbiamo trascorso una bella giornata insieme alle
ospiti della Casa di Riposo delle suore e di alcuni anziani della parrocchia che vivono
soli; abbiamo trascorso belle ore quando siamo andati nella Scuola Media Damiano
Chiesa; è stata una magnifica serata quella trascorsa nella sede degli Scout Cengei la
sera dell'ultimo dell'anno.
I contenuti e le modalità delle nostre discussioni
Vorremo ora comunicarvi alcuni contenuti delle discussioni che abbiamo fatto:
vuole essere un mezzo per farvi sapere il nostro parere, farvi partecipi delle nostre idee
nella speranza che possano costituire un insieme che ci unisce, noi e voi, che ci
avvicina, che ci fa dialogare.
La tecnica che abbiamo usato e che da tempo abbiamo trovato molto utile, è
quella di scrivere su un cartellone delle parole e poi associare quello che ci viene in
mente e quindi fare le nostre considerazioni. Abbiamo in questo modo affrontato tanti
temi, discusso su molti stimoli quali la solitudine, la salute, la dipendenza dagli altri, il
cibo, il bisogno di denaro, gli orari della giornata...
E su alcuni di questi argomenti che vogliamo farvi partecipi.
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Cosa pensiamo della vita
Per noi pensare alla vita significa farci venire in mente i belli anni trascorsi in
famiglia, il lavoro, i dolori, i lutti, la perdita delle persone care, gli errori e le gioie.
Parlare della vita ha voluto dire ricordare i grandi eventi bellici, le svolte sociali e
culturali dall'avvento dell'automobile all'arrivo delle televisione e al dopoguerra.
La maggioranza ricorda momenti belli, positivi, mentre alcuni hanno avuto ricordi tristi
e in certi casi anche drammatici, segno questo che gli avvenimenti hanno segnato in
modo significativo la loro vita.
Trascorriamo tanto tempo a pensare a questi eventi: osiamo dire che quasi tutte
le notti ripercorriamo queste esperienze, le ripensiamo nei modi e nei tempi in cui ci
sono riproposti. Le riviviamo tali e quali, le fissiamo nella nostra memoria: diventano
parte di noi, del nostro modo di riflettere e di pensare. Vorremo spesso raccontare,
narrare, ma non sempre troviamo qualcuno disposto ad ascoltarci, nemmeno tra i nostri
figli e nipoti che ci ricordano, con troppo insistenza, che questi fatti gli abbiamo già
narrati dimenticandosi che, nel mentre noi raccontiamo, noi viviamo quelle esperienze,
le riviviamo con la stessa intensità, proviamo le stesse emozioni e sensazioni. Per noi
non sono ricordi ma modi di vivere la nostra giornata.
Non è poi vero che viviamo sempre e solo di ricordi?
E' allora che abbiamo iniziato a riflettere sulla vecchiaia, sulla nostra vita di adesso.
Cosa pensiamo della vecchiaia, come consideriamo questi anni?
Alla nostra età cosa pensiamo della vita? E’ stata la prima cosa che abbiamo
ritenuto interessante e che vogliamo farvi conoscere. Noi, persone di una certa età, come
ci consideriamo e ci vediamo.
Per fare questo durante un nostro incontro infatti scritto sul cartellone la parola
"Vecchio" .
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Ne sono scaturite le seguenti associazioni:
"non tutti possono"
"anch'io lo sono diventato"
"niente, non mi viene in mente niente"
"buoni, tranquilli, volersi bene"
"giovinezza che se ne è andata"
"memoria (non più! ) ferrea"
"che si muore"
"sono maturo: ne ho viste tante"
"rimbambito, ma non tutti"
"non mi sento vecchia ed ho 89 anni"
"anch'io non mi sento vecchia che ne ho 92 di anni"
"la parola vecchio? .... una fregatura"
"che ha bisogno di aiuto"
"da aiutare"
"amici"
"mi sento più giovane di quando ero giovane"
"el so mi perché la conoscevo: quando la era con so marì la era così, la era sempre
sotto"
"gerarchia"
"saggio"
"buttare via"
"anni passati"
"esperienza, biblioteca"
Abbiamo allora ripreso alcune di queste frasi e a loro volta ne abbiamo fatto
oggetto di ulteriori associazioni di idee.
Abbiamo ripreso allora l'affermazione: "Io non mi sento vecchia"
Alla frase hanno risposto che sono d'accordo in
14
10;
non sono d'accordo (per cui si sentono vecchi) in
5;
hanno risposto "così così"
1.
Inoltre ha risposto "è un rebus"
1;
non hanno voluto rispondere
2.
Allora una di noi ha associato "vecchia mi sento quando sono malata".
Allo stimolo : "ma allora vecchio è uguale a malato?"
hanno risposto che non è vero:
10;
mentre uno ha commentato che "questa è una domanda pesante".
Una dei presenti ha allora detto "io mi sento vecchia non quando sono malata ma
quando sono giù di morale" e un'altra ha aggiunto "io sono stata malata e non mi è
venuto in mente di essere vecchia anche se ho 93 anni!".
Allora abbiamo associato idee alla frase: "Vecchiaia vuol dire fregatura?"
All'inizio in coro la quasi totalità ha assicurato che "non è vero", che "non è una
fregatura", che "io non mi sento vecchia".
Dopo alcune valutazioni, per la verità tutte al positivo, una delle presenti ha iniziato a
parlare che "se si è malati, allora è una fregatura".
"E' una grazia arrivarci! ... per tutta la vita ho lavorato per mettermi via i soldi per la
vecchiaia, mi sono messa via i soldi per pagarmi la retta a me e a mio marito, ma
un'altra volta non lo farei più".
"Essere soli è una fregatura"
"se sono malato, questa è una fregatura, ma questo vale per tutte le età!"
"se uno ha tanti soldi allora può star meglio"
"non è sempre detto perché se sei malato, cosa ne fai dei soldi!"
"una volta dicevano 'prima si hanno i denti ma non si ha il pane; poi si ha il pane ma
mancano i denti!"
"vecchiaia è più un rimpianto che una fregatura... possiamo cambiare la parola?"
"fregatura significa imbroglio, perdere la partita e rende meglio la parola fregatura
che rimpianto!"
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Giudicare il nostro passato, la vita trascorsa, riflettere, pensare a quanto successo
è ovviamente una delle occupazioni della nostra giornata. Tutta la nostra vita è collegata
con il passato: anzi è luogo comune che gli anziani pensino sempre al loro passato.
Abbiamo così provato anche noi ad associare idee alla parola Vita vissuta ed eccovi
cosa ne è emerso:
"mi vengono in mente i 15 anni trascorsi a Pergine"
"io li ho passati bene con la famiglia"
"anch'io li ho trascorsi bene con la mia famiglia"
"cosa ricordo della mia vita passata? ... ricordo gli errori fatti"
"mi viene in mente il tribulare che ho fatto per i figli"
"la vita trascorsa con il marito: era ammalato e lo ho accudito per 31 anni in tutto, era
non autosufficiente e nello stesso tempo ho tirato su i figli"
"il marito malato accudito da me negli ultimi anni"
"ricordo i bei tempi trascorsi con il marito... poi quando è deceduto allora sono venuta
alla Casa di Riposo"
"ricordo gli anni trascorsi bene con il marito, poi quando si è ammalato di trombosi,
allora lo ho assistito e gli sono stato vicina"
"mi sono sempre trovato bene, sia prima che dopo che sono venuto alla Casa di
Riposo"
"ricordo i pericoli della guerra"
"ricordo quante ne ho passate durante la guerra"
"ho fatto la scuola di puericultrice, prendevamo in consegna i bambini in tutto e
pensavamo a tutto noi e lo ho fatto per trent'anni"
"ricordo mio papà e i miei familiari"
"ricordo che ho assistito i miei genitori fino alla morte"
"è da un anno che mi trovo qua e mi trovo bene"
"sono stata felice con i miei"
"ricordo periodi belli e meno belli"
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"il fascio"
Nel cercare di valutare se i ricordi facevano emergere in noi sensazioni belle o
brutte abbiamo provato a contarci: 14 di noi hanno espresso sensazioni positive mentre
5 hanno dichiarato che erano ricordi brutti.
Per narrarvi meglio il nostro modo di vedere la vita, per cercare di farvi capire
come noi vediamo la nostra giornata, le azioni di tutti i giorni, abbiamo cercato di
rispondere allo stimolo: "Oggi la mia vita è......"
Le risposte sono state le seguenti:
"meravigliosa"
"pensierosa"
"bella"
"accettabile"
"interessante"
"la mia vita qui dentro? .... è difficile"
"abbastanza contenti"
"attiva"
"molta soddisfazione di essere qui"
"così così"
"piacevole"
"soddisfacente"
"affettuosa"
"impegnativa"
"non mi viene in mente niente"
"bella perché si può bere un bicchiere di bianco"
"soddisfatta"
Alla considerazione che sono per lo più risposte volte al positivo sono emerse
queste riflessioni:
"non si può pretendere di più"
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"devo abituarmi a stare qui"
"qui mi hanno sempre voluto bene"
"qui non tutti possono avere alternative"
"non tutti hanno visto altre case di riposo, ove si sta certamente peggio e non viene
organizzato niente per giorni".
Un'altra frase stimolo alla quale abbiamo cercato di dare delle risposte è stata
"Di me penso..." e così abbiamo detto:
"di andare avanti"
"di continuare così, forse migliorare"
"cosa mi riserverà il domani"
"chissà come viene la vita"
"di essere sempre tranquilla come sono ora"
"mi trovo bene qui"
"quel che sarà sarà"
"che vada sempre meglio"
"penso bene"
"che stia bene fino alla fine, come fin'ora"
"che sono la più felice di tutto l'ambiente"
"cosa penso di me? ... che un domani potrei farei la sarta"
"io penso di guarire"
"che ho sempre mal di pancia"
"che possibilità mi offre il futuro"
"di stare meglio più avanti, perché son "mal ciapà""
"di stare bene per poter sempre venire qui"
"di stare bene qui con voi"
Non poteva mancare un accenno al nostro futuro. Considerare la vita significa
valutare sensazioni, emozioni sul passato, sul presente ma anche sul futuro. Non è facile
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pensare alla nostra età con questa dimensione. Noi abbiamo voluto verificarlo
associando idee e frasi alla parola "Futuro" e ne è uscito quanto segue.
"aspettiamo che cosa fate voi altri"
"aspettiamo di vivere sempre"
" ..... e sani"
"i siori hanno sempre i soldi, mentre noi non possiamo farlo"
"non sono sicura di esserci"
"che mistero sarà l'avvenire?"
"futuro? ... spero di arrivare al secolo nuovo"
"se divento cieca sono disperata"
"vorrei ritornare ai tempi in cui stavo bene"
"sono alla ricerca di qualcuno vicino"
"non avrò futuro"
"non mi interessa, bado al presente"
"la parola futuro? .... trovare un'amica"
"futuro è una cosa lontana"
"vorrei andare a casa"
"spero di vivere sempre"
"spero di non dar noia a nessuno"
"spero che vada sempre bene"
"penso ma la parola futuro non mi fa venire fuori niente"
"potremo trovarci uniti con la famiglia"
"non vedo l'ora che venga l'estate per rivedere i nipotini svizzeri"
Allo stimolo: "Ci pensate al futuro?"
hanno risposto SI :
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non ci pensiamo mai : 8.
“Non si pensa tanto a queste cose perché i giorni sono tutti uguali"
"pensiamo ad un domani ma non ad un dopodomani"
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"pensiamo di più al passato che al futuro"
"il passato è materia di dialogo, mentre lo è di meno il futuro".
Per approfondire il tema del domani, delle cose che abbiamo o ci proponiamo di
fare dopo abbiamo provato a fare associazioni con la frase: "Mi preparo a..." ed è
emerso subito:
"a morire"
"che drastica!"
"Io mi preparo a star bene"
"a partecipare"
"mi preparo a vedere come va"
"a fare la conoscenza"
"a vedere di andare qualche volta in gita"
"ad abituarmi qui"
"io mi preparo a giudicare me stesso"
"a essere gentile con tutti, a essere disponibile"
"a continuare bene"
"a organizzare qualche cosa per voi"
"io mi sto preparando ad andare a dormire"
"non vorrei dire uno sproposito: ... a festeggiare bene il carnevale"
"a parlare... (con chi?) con il vecchio... (quale vecchio?) quello di fuori"
"a stare in compagnia"
"a stare in compagnia sempre così"
"io mi preparo ad andare a casa"
"a niente, ci vedo sempre meno"
"a cambiare vita, con un'altra compagnia... dicono che in un altro mondo ci sia"
"a un'altra vita diversa da questa, ma al di quà"
"a mangiare"
"mi preparo ad andare al ballo"
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Leggendo queste risposte a distanza di tempo abbiamo sottolineato quanto siano
vere; soprattutto quanto sia errato il modo di vedere la vecchiaia come l'età che è vicina
alla morte. Questa considerazione la sentiamo sempre dire, raccontare quando sentiamo
parlare persone, anche esperte, che vogliono disquisire del nostro modo di vedere la
vita.
Infatti quando abbiamo voluto commentare la prima risposta "Mi preparo a ...
morire" allora abbiamo discusso se pensiamo spesso al "dover morire" e le risposte
sono state:
"mai"
"l'unica cosa a cui non penso"
"la morte viene sicura ma non si farebbe niente"
"dicono che non c'è sofferenza, di là gli altri ci aspettano"
"spero di addormentarmi e non svegliarmi più"
"non ci penso mai"
"io potrei morire e mi dispiace di non fare tutte le cose che vorrei (fare prima)"
"anche i giovani del Cermis non ci pensavano eppure sono morti ed erano giovani".
Al termine abbiamo cercato di rendere in numeri quanto pensiamo alla morte e
abbiamo così riassunto le risposte:
ci penso molto:
2
ci penso così così:
8
ci penso poco:
14
Le ultime associazioni che vi riportiamo con la speranza di farvi comprendere il
nostro modo di vedere la vita sono quelle che abbiamo dato allo stimolo: "Se potessi
tornare indietro io..."
Eccovi le risposte:
"farei quello che ho fatto"
"non cambierei"
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"non voglio tornare indietro"
"cambierei le idee, studierei"
"anch'io studierei"
"cambierei alcune situazioni in famiglia"
"se potessi tornare indietro? me togo 'na putela a vago avanti ancora"
"cambierei tutto"
"cambierei tutto anch'io"
"se tornassi indietro mi divertirei di più"
"avrei voluto studiare"
"proverei a sposarmi"
"proverei a sposarmi anch'io"
"io andrei dai miei"
"mi 'naria ancor a Torino a servir en do' che ero 'na volta ensieme ai bambini e alle
bestie"
"rifarei le cose di prima"
"cambiar vita"
"riformerei una famiglia"
"se potessi tornare indietro farei il possibile per non commettere gli errori fatti".
Non c'è dubbio che la considerazione che noi abbiamo della vecchiaia, della
nostra vita di vecchi, della nostra terza età è, nella stragrande maggioranza, una
sensazione di un qualcosa di positivo, di ancora valido e soprattutto qualcosa da vivere e
a cui non vogliamo ancora rinunciare. Certamente si discosta da quello che pensano
della vecchiaia i giovani, i nostri figli o nipoti. Loro pensano che noi siamo "da buttare",
che non abbiamo più un qualcosa da fare, da pensare, che non serviamo più a niente, ma
questo è quello che pensano di noi loro, le altre generazioni.
E' ovviamente vero che la vita non è sempre così varia, è monotona, è sempre
quella, non cambia mai, nonostante gli sforzi che vengono fatti per rendercela piacevole,
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ma non è vero che noi siamo inutili e che la vita sempre ci annoia, che non serve più
viverla.
La libertà
Un altro grande tema che abbiamo affrontato nei nostri incontri è quello della
libertà e in particolare chi tra gli anziani che vivono fuori e noi che stiamo in Casa di
Soggiorno vivono un maggior senso di libertà.
Non c'è dubbio che il principale modo di intendere la libertà per noi è stato
quello di associarlo alla necessità di dover dipendere da altri. In tutti i modi
verifichiamo quanto dobbiamo dipendere: dipendiamo in tutto dalle necessità primaria a
quelle più esistenziali. Siamo costretti a vivere insieme per cui libertà è associata a
problemi di convivenza, al vivere necessariamente accanto agli altri. Alcuni di noi
hanno subito affermato che comunque anche voi, anche se potreste sembrare più liberi,
forse non state meglio di noi.
Le associazioni su "Chi è più libero?" ha messo in evidenza:
"se hanno famiglia sono più liberi loro che stanno fuori"
"quale famiglia? Non tutte le famiglie sono uguali!"
"è un grosso problema!"
"è possibile avere una famiglia perfetta?"
"se c'è la salute allora sono più liberi loro che stanno fuori, altrimenti siamo più liberi
noi"
"qui in casa di riposo ci sono tante persone da sopportare"
"si può parlare liberamente anche qui in casa di riposo!"
"qui in casa di riposo se non ci si trova con qualcuno lo si cambia, ma fuori se non
vanno d'accordo in famiglia come fanno?"
"siamo certamente più liberi qui in Casa di Riposo di quando eravamo a casa nostra"
"sono più liberi fuori se stanno bene e se sono soli!"
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"le persone fuori sono meno libere perché hanno più problemi di vita concreta:
aspettare che venga il medico, che ti portino da mangiare, che venga mattina per
chiamare i figli"
"quando si è ammalati fuori è un problema"
"qui siamo più fortunati quando siamo malati: vengono a vederci subito".
E' stato inevitabile quindi che questo tema, forse dagli aspetti molto più profondi
e più problematici, si sia intrecciato con la situazione critica del dover vivere insieme a
stretto contatto uno con l'altro. Il dover condividere spazi troppo stretti mette sovente in
crisi i rapporti e fa rimpiangere il clima di famiglia, la familiarità che avevamo quando
eravamo a casa nostra.
Non è stato facile parlare dei rapporti tra di noi e delle nostre difficoltà di stare
insieme, di dover comunque sempre mirare a costruire una qualche forma di comunità.
Abbiamo cercato di associare idee alla frase "Dover vivere insieme" e ne è emerso:
"qui stiamo meglio anche se dobbiamo sopportare di più"
"qui è meglio anche se dobbiamo avere più pazienza"
"qui dobbiamo portare più pazienza"
"pensate a quelli che sono fuori che pazienza devono avere!"
"fuori devono mantenere i rapporti con i figli, con le nuore, mentre qui, se ci vuole ci
vuole e prima o poi si va giù di sotto in Direzione e si trova sempre da sfogarsi"
"una volta quando ero a casa mia avevo bisogno e sono andata dal vicino che mi ha
chiuso la porta in faccia"
"fuori devono mantenere sempre la pace".
"loro devono dipendere dalla famiglia"
"anche loro devono dipendere dagli altri: ad esempio dalla Cooperativa che porta loro
il pasto, dagli orari dei dottori quando dobbiamo farci fare una ricetta".
Alla fine abbiamo voluto fare un calcolo e chi sosteneva che "voi fuori dovete
avere più pazienza e sopportarvi di più" erano 9 mentre 5 hanno affermato che ci vuole
più sopportazione qui dentro e 2 hanno detto che è uguale.
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Non sono numeri significativi, ma non nascondiamo che la maggioranza ha detto che,
nonostante i problemi, nella nostra situazione di persone non autosufficienti, qui siamo
più fortunati.
L'amicizia
Il terzo tema sul quale ci siamo soffermati, dopo quello della vita, della
libertà/convivenza, e che ci ha occupati per diversi incontri è stato quello dell'amicizia.
Quando abbiamo scritto il libretto "Noi ospiti della Casa di Soggiorno per Anziani:
questi i nostri desideri" avevamo messo ai primi posti la speranza/desiderio di vivere
ancora il clima di famiglia, di avere amici e persone di fiducia che ti stiano ad ascoltare,
di poter avere ancora una vita affettiva. L'importanza dell'amicizia, la complessità del
mondo degli affetti che sono ancora tutti vivi e intensi anche nella nostra stagione, ha
certamente favorito il dialogo e il dibattito su questo grande tema, quello dell'amicizia, e
della importanza che questa dovrebbe avere nella nostra vita comunitaria.
"Qui siamo in tanti, ma sovente sono poche le possibilità di poter parlare e scambiare
delle chiacchiere".
Per cercare di comprendere questo argomento abbiamo fatto delle associazioni allo
stimolo:
"Qui l'amicizia è...":
"unanime"
"sociale"
"preziosa"
"sacra"
"...quando si può avere... ma non è sempre possibile comunicare... quando entrambi ci
intendiamo allora questa è amicizia”
"l’amicizia è importante"
"ci sono diversi tipi di amicizia, c’è anche quella pelosa e interessata"
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"l’amicizia è buona se è sincera"
"se ci vogliamo bene ci ritroviamo tutti insieme"
"se è amicizia ci si vuole bene"
"l’amicizia è impegno"
"è d'oro"
"viene da Dio"
"conforme gli amici"
"ne ho avute poche nella vita in quanto sono rimasto solo dopo la morte degli amici. A
causa delle condizioni in cui ci ha messo la vita: mi è rimasto il vuoto attorno"
"l’amicizia è bella"
"buona"
"va coltivata"
"è un fatto soggettivo"
"rallegra la società, porta compagnia"
"è difficile definirla"
"ci vorrebbero più giochi di società"
"basta dire sempre di si allora si va d'accordo, anche se questo è più un modo di
convivenza".
Nel cercare poi di definire, spiegare cosa noi ospiti di una Casa di Soggiorno e
persone anziane intendiamo per amicizia sono emerse le seguenti indicazioni:
"l'amicizia è sacrificio: si fanno sacrifici per fare compagnia".
Alla domanda di fare un esempio ricorda come ha fatto compagnia all'ospite
compagna di stanza, gravemente non autosufficiente, per ben 9 anni, fino alla morte di
questa avvenuta purtroppo tragicamente.
"L'amicizia è un impegno che si prende con chi è in difficoltà"
"l'amicizia è un sacrificio fatto col piacere di aiutare qualcuno"
"amicizia significa essere d'accordo con le idee"
"l'amicizia si trova nel bisogno"
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"l'amicizia si trova nelle difficoltà"
"l'amicizia si mantiene anche con poco"
"l'amicizia è ora più difficile rispetto ad una volta in cui si era costretti a vivere uno
vicino all'altro per molto tempo, tutti stavano sempre insieme mentre ora tutti vanno
via"
"ora l'amicizia è più difficile perché c'è una diversa cultura"
"ora c'è sempre meno tempo, c'è meno cultura, per cui ora è più difficile avere e
mantenere le amicizie".
Non sono certo definizioni esaurienti quelle che abbiamo abbozzato: ci sembra
però che su una cosa siamo quasi tutti d'accordo: l'amicizia comporta impegno e a volte
sacrificio, anche eroico. Non è un sentimento facile da coltivare, ma sovente costa. E'
vero che chi trova un amico trova un tesoro, ma è altrettanto vero che se non si è
convinti di sacrificarsi per l'altro non possiamo parlare di amicizia. Questo ci sembra
che la vita ci abbia insegnato.
Abbiamo allora sviluppato quest'idea dialogando sulla concreta possibilità di
avere qui tra noi delle amicizie. Abbiamo quindi provato a rispondere allo stimolo "Qui
per noi l’amicizia è possibile?" Ecco le nostre risposte.
"si è possibile"
"è bella"
"...ancor di più tra persona anziane"
"è possibile"
"io sono dubbioso"
"qui è difficile ma possibile"
"la difficoltà c'è, specie se (gli anziani) bevono"
"qui ho incontrato compagni di scuola che ora mi vengono a trovare"
"l'amicizia si vede quando le persone hanno bisogno"
"quando ho avuto bisogno allora non sempre ho trovato qualcuno che mi desse una
mano"
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"l'amicizia dipende dal carattere delle persone, dalla loro intelligenza e non sempre per
questo è possibile"
"è difficile trovare la 'combinazione'"
"il "bisogno" è il ponte tra due persone, è ciò che crea la possibilità che due persone si
incontrino e si aiutino"
"è quasi doveroso qui avere delle amicizie, perché altrimenti si rimane isolati"
"ognuno deve vedere chi degli altri ha bisogno"
"è più difficile chiedere aiuto e dire che 'ho bisogno' quando non sempre altri vedono la
mia situazione di bisogno".
Non è quindi facile per noi ora sintetizzare quanto abbiamo detto su un tema
quale questo dell'amicizia, che è molto sentito ed è uno dei primi desideri del nostro
essere anziani. L'attenzione ci sembra però di doverla mettere sulla situazione di
bisogno: la necessità, l'aver bisogno degli altri è il tramite per costruire amicizie. Non
sempre questa situazione è evidenziata a sufficienza. Una amicizia sorge. si costruisce e
si rafforza ed è tenuta insieme da una situazione di bisogno di uno o di ambedue i
componenti. Se difficoltoso è prestare attenzione alle persone che hanno o manifestano
bisogno di qualche cosa, ancora più difficile è sovente chiedere aiuto agli altri.
Una di noi ha detto: "io mi sono accorta che una persona anziana correva giù con
l'ascensore per essere in atrio prima di me che sono in carrozzella per aiutarmi a uscire
dall'ascensore; io ho visto che questo lo faceva
tutte le mattine e ora che lei è
ammalata io la vado a trovare tutti i giorni".
"Meglio soli che mal accompagnati" è stata la frase che ha scatenato un vivace
dibattito e che ci ha impegnati per diversi incontri.
Infatti alcuni di noi hanno subito affermato che non è una frase vera perché è "Meglio
rischiare di essere mal accompagnati, piuttosto che rimanere soli".
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Il dibattito si è concretizzato quindi sulla affermazione "Meglio soli che mal
accompagnati oppure meglio rischiare di essere mal accompagnati piuttosto che
rimanere soli?"
Ci sono voluti alcuni incontri abbastanza animati per cercare di fare chiarezza
sia sul tema che sui contenuti.
"Meglio qui mal accompagnati che essere soli a casa"
"qui occorre sopportarsi ma è peggio l'essere soli a casa propria"
"il problema della convivenza qui dentro è grande"
"io a casa non starei più da sola"
"stando soli a casa il cervello gira, gira e pensiamo alla malattia, alla vecchiaia"
"se stiamo insieme ci scambiamo dei pareri, ma se si è soli non si parla con nessuno, io
quando ero a casa non parlavo con nessuno per giorni!"
"qui siamo più fortunati che l'essere fuori perché a casa eravamo soli".
E' quindi emerso il tema delle motivazioni che ci hanno spinto a venire alla Casa
di Soggiorno: "è stato un problema di solitudine quello che ci ha spinto ad accettare la
Casa di Soggiorno?"
Ovviamente no: necessità di ordine sanitario, assistenziale, logistico ci hanno costretto a
farci ricoverare, almeno questo è vero per una parte di noi, ma non per tutti.
"Io sono venuta qui per non stare sola"
"io sono venuta spontaneamente per essere autonoma"
"io sono venuta per non disturbare a casa del figlio"
"io sono venuta per non essere di peso al figlio ammalato e che non poteva accudirmi".
Il tema della solitudine, del disagio della convivenza, l'essere in Casa di
Soggiorno, ci ha fatto dialogare per diverse settimane ed era una cosa ovvia. Ognuno di
noi sente preminenti i propri problemi e riesce difficile immaginare quelli degli altri.
Chi era rimasto per anni solo sosteneva l'importanza di stare con gli altri, di "rischiare" a
vivere insieme ad altri; quanti invece avevano avuto un vissuto "burrascoso" preferivano
stare soli, isolati.
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Alla fine una mediazione che ha visto tutti noi d'accordo è stata una frase detta
da una di noi che ha così stigmatizzato il dibattito: "Meglio rischiare di sopportarci un
po". Ci è subito apparsa una saggia mediazione, un buon punto d'accordo che poteva
andare bene in quanto piuttosto che mettere in rilievo il rischio dell'essere male
accompagnati esaltava la necessità che nella vita dobbiamo tutti e sempre in ogni età
tendere al "doversi sopportare", al "dover fare" delle cose, anche se dentro il nostro
cuore vorremmo farne altre.
Conclusioni
Non c'è dubbio che il confronto ci ha aiutato a considerare in maniera diversa il
nostro vivere alla Casa di Soggiorno. Apparirà a voi strano, ma nella nostra situazione
di persone bisognose, prevale la necessità di avere risposte ai problemi quotidiani
rispetto alla voglia di tornare a casa nostra. "Dove ci mettono i nostri figli", "non hanno
spazi", "l'appartamento è piccolo", "chi ci viene in aiuto?", "chi ci accompagna dal
medico?", "chi chiamiamo quando non stiamo bene: qui suoniamo e, prima o poi,
vengono!"...
E' ovviamente questa una soluzione a tanti problemi concreti che altrimenti ci
assillerebbero notevolmente. E' vero che se siamo qui dentro siamo più fragili, abbiamo
più bisogno di tutto e questo non è certamente un privilegio ma un qualche cosa che
sovente ci pesa e ci mette a disagio.
Potessimo fare da soli!
Abbiamo discusso a fondo della conclusione di questa Comunicazione e
abbiamo allora provato a rispondere a questa domanda: al termine di questa lettura, in
fondo in fondo, dopo tanto parlare e leggere... Cosa ci aspettiamo ora dagli anziani
che sono fuori, cosa ci aspettiamo da loro?
Queste sono state le nostre risposte.
"ci aspettiamo comprensione"
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"ci aspettiamo amicizia, o almeno la speranza di costruire un'amicizia"
"speranza di veder contraccambiata l'amicizia"
"fare loro un augurio"
"ci aspettiamo che loro ci rispondano, che ci dicano come va, come si trovano... che ci
parlino di loro"
"ci aspettiamo un confronto"
"chiediamo loro una risposta"
"io mi aspetto un'amicizia reciproca ... è difficile avere una amicizia!"
"accettiamo quello che capita"
"un po' di comprensione.... e invece ci sarà il vuoto"
"diciamo che abbiamo fatto più di 70 riunioni per loro"
"questa è una scommessa, ma la dobbiamo giocare".
E' sorta dentro di noi anche la consapevolezza che non ci sia tanta differenza tra
noi e voi, anzi, quando il raffronto avviene tra noi non autosufficienti e voi ammalati,
allora ci sentiamo paradossalmente quasi più fortunati noi.
Ora è aumentata dentro di noi la certezza che comunque possiamo ancora essere in
qualche modo utili a qualcuno; ci siamo sempre più convinti che noi dovevamo
scrivervi qualcosa, perché siamo convinti che voi avete bisogno della nostra amicizia
perché anche voi siete, se non di più, certamente almeno come noi, sovente molto soli.
Tutte le volte che abbiamo scritto delle lettere ai nostri amici scout che dalle
varie parti d'Italia ci sono venuti a trovare, ai ragazzi delle scuole con i quali
manteniamo ancora buoni rapporti, alle amiche dello Yen Centar di Rijeka in Croazia
(la ex Fiume), tutte le volte ci ricordavamo di voi anziani della città di Rovereto e
sempre abbiamo rinnovato l'impegno di concludere questa nostra fatica per farci vivi
con voi.
Vi assicuriamo che questa è stata la nostra preoccupazione: questo messaggio
vuole essere un saluto, un farvi sentire la nostra vicinanza, ma anche un invito affinché
l'incontro che stiamo per avviare possa avere un seguito, possa avere un futuro. Grazie.
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SALUTO CONCLUSIVO
Al termine di questa comunicazione ci sembra importante ringraziare quanti
hanno collaborato: gli amici che hanno letto il nostro documento, Loredana C., Remo G.
e Paolo P., i giovani del complesso Gente Comune, la parrocchia della Sacra Famiglia
che ci ha ospitato, gli operatori, i volontari e gli obiettori
Grazie ai gruppi che hanno accolto questo nostro invito e a voi tutti anziani che siete
oggi presenti;
grazie ai parroci che hanno collaborato, per estendere a quanti vivono fuori della Casa di
Soggiorno, il nostro desiderio di incontro.
Ora una informazione utile:
per coloro che intendono accettare il nostro invito;
per gli anziani che come noi vivono la solitudine e desiderano incontrare amici;
per quanti desiderano rispondere a questo messaggio
noi diciamo che ci potete trovare
tutti i mercoledì alle ore 19.00 presso la Casa di Soggiorno.
Noi vi accoglieremo con gioia.
Grazie.
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HANNO COLLABORATO
Hanno dato il loro contributo per la realizzazione di questo messaggio, partecipando in
maniera significativa agli incontri,. i seguenti ospiti.
ANNA A
TEODOLINDA B.
ELDA B.
VALERIA B.
MARIA C.
GALILEO C.
IRIS C.
NIDA C.
MARIA D.
AGOSTINO D.
LINA D.
EMILIO D.
CARMELA D.
FERNANDA G.
ADRIANO G.
ALBERTO L.
DERNA L.
FERNANDA M.
TERESA M.
CARLA M.
ROSA M.
ANNA M.
DELFINA N.
IDA N.
TEODORA P.
ANGELO P.
ANGELA R.
ROMOLO R.
NATALINA R.
ALBINA R.
MARIAROSA S.
GINO S.
ANNA T.
MARCELLO T.
LETIZIA V.
ALESSANDRA V.
SERGIO V.
OTELLO Z.
Ha coordinato il gruppo di anziani il dott. Ferruccio Andreatta.
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comunicazione agli anziani della città