631.12
28-03-2011
12:14
Pagina 1
Gianni Rodari, uno dei più grandi scrittori del ‘900, auspicava che qualche musicista,
sull’esempio di uno dei suoi libri più famosi, scrivesse una Grammatica della fantasia «occupandosi dell’esperienza e della educazione musicale dei bambini». Gli Autori, con una
decisione che definiscono un po’ temeraria, hanno seguito l’indicazione di Rodari: Grammatica della fantasia musicale, che anche nel sottotitolo riprende quello rodariano, vuole
essere un testo che cerca di dare forma a idee e proposte relative all’arte di inventare
musiche nei contesti di educazione e formazione musicale.
Prendendo spunto dalle tecniche suggerite da Rodari, coniugandole con le sollecitazioni di autori quali Cage, Delalande, Globokar, Munari, Morin, Paynter, Porena, Spaccazocchi, Stefani e altri, vengono proposte riflessioni e suggerite attività mirate a sviluppare la fantasia e la creatività compositiva ed esecutiva.
Il testo si rivolge principalmente agli insegnanti di musica delle scuole di ogni ordine e
grado, ma può essere utile anche agli animatori, agli studenti di composizione, agli appassionati di musica e a tutti coloro che sono convinti che il suono, la musica, soprattutto nelle sue pratiche inventive e creative, sono strumenti indispensabili alla formazione
democratica di tutti i cittadini e le cittadine, non perché tutti diventino “musicisti”, ma perché nessuno sia schiavo di tutti quegli “ismi” che alcune culture dominanti vogliono far ritenere come valori assoluti.
631.12 M. PIATTI, E. STROBINO
Mario Piatti, docente di Pedagogia musicale e autore di canzoni su testi di Gianni Rodari, svolge ricerche nel campo della progettazione educativa, della creatività e dell’identità musicale e si occupa di formazione di insegnanti e educatori. Tra i suoi scritti si
segnalano: Pedagogia della musica: un panorama (Bologna 1994), Un secchiello e il mare. Gianni Rodari, i saperi, la nuova scuola (Tirrenia 2001), Specchi sonori. Identità e autobiografie musicali (con Maurizio Disoteo, Milano 2002), Anghingò. Viaggi tra giochi di
parole e musiche (con Enrico Strobino, Pisa 2003), Saperi artistici e mutamenti sociali:
attualità di Gianni Rodari (Tirrenia 2008).
GRAMMATICA DELLA FANTASIA MUSICALE
Enrico Strobino è docente di musica alla Scuola secondaria San Francesco d’Assisi di
Biella, alla Scuola di Animazione musicale di Lecco e ai corsi di musicoterapia di Lecco e
di Assisi. Autore di canzoni e di musiche per il teatro, svolge attività formative per insegnanti e musicisti. Tra i suoi scritti si segnalano: Musiche in cantiere. Proposte per il laboratorio musicale (Milano 2002), Anghingò. Viaggi tra giochi di parole e musiche (con
Mario Piatti, Pisa 2003), Piacere musica (con Maurizio Spaccazocchi, Mercatello sul Metauro 2006), Dum Dum Tak. I colori del ritmo (Mercatello sul Metauro 2007), Tra il dire e
il fare nel laboratorio di musica (Mercatello sul Metauro 2009).
FrancoAngeli
La passione per le conoscenze
Mario Piatti, Enrico Strobino
GRAMMATICA
DELLA FANTASIA
MUSICALE
Introduzione all’arte
di inventare musiche
CENTRO STUDI MUSICALI E SOCIALI
MAURIZIO DI BENEDETTO
Idee e materiali musicali
I S B N 978-88-568-3765-0
FrancoAngeli
€ 27,00
(U)
9
788856 837650
Idee e materiali musicali
A cura del Centro Studi Musicali e Sociali Maurizio Di Benedetto
“La produzione musicale potrebbe aiutarci a provare che gli uomini sono delle
creature potenzialmente più capaci di quanto la maggior parte delle società permetta loro di essere.”
John Blacking
Il Centro Studi Musicali e Sociali Maurizio Di Benedetto opera dal 1995 con l’intento di promuovere e diffondere la conoscenza in campo musicale e socio-educativo, le stesse strade che ha percorso Maurizio con tanta passione prima della sua prematura scomparsa.
Il Centro organizza la sua attività di ricerca e formazione attraverso la progettazione
di corsi, convegni, seminari, servizi on-line e pubblicazioni. L’attenzione è posta
principalmente alle relazioni persona-musica e musica-società nella infinita ricerca
di collegamenti e integrazioni che la pratica e la conoscenza musicale sviluppano
con le scienze sociali e della formazione, con l’ambito dei servizi alla persona, della
solidarietà, del lavoro educativo e sociale.
Anche la collana editoriale Idee e materiali musicali è nata in questa prospettiva e si
pone l’obiettivo di proporre modelli di educazione, animazione e formazione musicale utili nel lavoro educativo nella scuola, nel territorio e nei servizi sociali.
La direzione della collana è affidata a Maurizio Disoteo e Maurizio Vitali.
Gaetano Di Benedetto
Fondatore del Centro Studi
I lettori che desiderano informarsi sui libri e le riviste da noi pubblicati
possono consultare il nostro sito Internet: www.francoangeli.it e iscriversi nella home page
al servizio “Informatemi” per ricevere via e-mail le segnalazioni delle novità.
Mario Piatti, Enrico Strobino
GRAMMATICA
DELLA FANTASIA
MUSICALE
Introduzione all’arte
di inventare musiche
CENTRO STUDI MUSICALI E SOCIALI
MAURIZIO DI BENEDETTO
FrancoAngeli
Copyright © 2011 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy.
L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore. L’Utente nel momento in
cui effettua il download dell’opera accetta tutte le condizioni della licenza d’uso dell’opera previste e
comunicate sul sito www.francoangeli.it
Indice
Presentazione
di Mario Di Rienzo
pag.
9
1. Antefatto
»
11
2. Il sasso nello stagno
Una parola
Una musica
My Name Is…
Uno strumento
Improvvisazione e composizione
»
»
»
»
»
22
25
26
29
33
3. Pensare per coppie
Il pensiero si forma per coppie
Tensione e rilassamento
Ordine e disordine
Uniformità e molteplicità
Ossimori
»
»
»
»
»
36
37
39
43
44
4. La copia e il simulacro
Elogio del simulacro
The Unanswered Question
Haiku: parole, suoni, segni
»
»
»
46
49
53
5. Binomi fantastici
Due parole e una scintilla
Due musiche e un gioco
Musica e immagine
Rimbalzi
Tema: accoglienza
»
»
»
»
»
62
64
64
66
67
5
6. Che cosa succederebbe se…
L’ipotesi fantastica
Il silenzio
pag.
»
68
70
7. Domande alla tecnologia
Comporre a casa
L’effetto che fa
Sequenze
Strati
Mostri
Carta canta
Reich e il defasaggio
»
»
»
»
»
»
»
78
79
81
83
84
86
88
8. Tre verbi per inventare
Iniziare
Andare avanti
Finire
»
»
»
95
101
110
9. Il caso e la regola
Come il giorno e la notte
Liscio e striato
Dialoghi
Canovaccio
Caso e forme aperte
La rana sana
Giochi di carte
»
»
»
»
»
»
»
111
112
119
122
123
131
133
10. La consuetudine e la meraviglia
Spaesamenti
Toys Music
Riciclo
Le musiche di Gulliver
Delocalizzare
Un messaggio dallo spazio
Vecchi giochi
Musiche di vetro
I gesti sbagliati
»
»
»
»
»
»
»
»
»
139
142
145
148
150
152
153
154
158
11. Storie
Materia prima
Storia della musica
»
»
161
162
6
La nostra storia
Storie per fare musica
pag.
»
163
164
12. Ballate
Cantare storie
Raccontare canzoni: Un’eroina
Scomporre e ricomporre: Cecilia
Insalata di parole: La pesca dell’anello
Componibile: Donna Lombarda
»
»
»
»
»
173
174
177
182
186
13. Musica per fare storie
Se la musica fosse…
Verdi e Benni: un incontro immaginario
My Favorite Things
Cadenze
»
»
»
»
197
199
201
203
14. Immaginazione, creatività, scuola, musica
Parente povera
Pensiero divergente
L’animazione
Un documento
»
»
»
»
207
209
211
215
15. Schede
Surrealismo
Rodari-Munari
Identità musicale
Esplorare / Improvvisare / Comporre
Paesaggio sonoro
Il pensiero che unisce
Arrangiamento
Accoglienze
Il silenzio
Nuove tecnologie
Ascolto
Esperienza estetica
Umorismo
L’educazione musicale nella scuola di base
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
»
219
222
223
224
227
229
230
231
232
234
235
237
239
240
Riferimenti bibliografici
»
247
7
Ringraziamenti
Dobbiamo un ringraziamento particolare a Maria Teresa Ferretti Rodari
che ha sempre sostenuto e incoraggiato la nostra ricerca sul rapporto tra
Gianni Rodari e la musica.
Nota
Il volume è stato ideato e progettato unitariamente dai due autori che
hanno anche redatto insieme Il sasso nello stagno, La consuetudine e la
meraviglia e Schede.
Mario Piatti ha curato le parti: Antefatto, Che cosa succederebbe se…,
Storie, Immaginazione, creatività, scuola, musica.
Enrico Strobino ha curato le parti: Pensare per coppie, La copia e il simulacro, Binomi fantastici, Domande alla tecnologia, Tre verbi per inventare, Il caso e la regola, Ballate, Musica per fare storie.
Alcune documentazioni audio e video relative alle diverse proposte sono
reperibili in www.musicheria.net.
8
Presentazione
di Mario Di Rienzo1
Sono passati trentatre anni dalla prima edizione di C’era due volte il barone Lamberto, un romanzo/favola costruito intorno all’idea che “l’uomo il
cui nome è pronunciato resta in vita”. È un’idea che ha una sua indubbia
valenza e può essere applicata allo stesso Rodari. Il nome “Rodari”, infatti,
dopo la sua morte (14 aprile 1980), è sempre più ricorrente. Si ripete in
continuazione, anno dopo anno, giorno dopo giorno, nelle case, nelle scuole, sui giornali, nei libri, alla televisione, su Internet, in Italia e nel mondo.
«Insieme a Dante, Machiavelli, Gramsci, [Rodari] è tra i nostri scrittori più
tradotti e più noti. Nel Novecento, oltre a Gramsci, soltanto Pirandello,
Croce e Umberto Eco gli contendono il primato». Così ha scritto Tullio De
Mauro, nella prefazione al volume fuori commercio Il gatto viaggiatore e
altre storie – antologia di racconti, favole e filastrocche – pubblicato dagli
Editori Riuniti, allegato al quotidiano l’Unità (11 aprile 1990). I dati in nostro possesso ci dicono che il nome di Rodari ha fatto breccia nelle scuole,
nelle università, nella cultura popolare. In Italia sono centinaia le scuole intitolate a Rodari, migliaia le classi in cui il suo nome ricorre in continuità
non solo perché le sue filastrocche, i suoi racconti e le sue favole si trovano
nei libri di testo e i suoi libri stanno entrando sempre più nelle biblioteche
scolastiche e, quindi, sono letti da milioni di bambine e bambini, ma anche
perché nelle scuole, nelle aule, nei teatri per bambini, si è sempre più diffusa la pratica di far inventare alle bambine e ai bambini storie “fantastiche”
avendo come punto di riferimento la produzione poetica di Rodari. Questi
prodotti non sono – è vero – sempre esaltanti (in più di un caso sono addirittura scadenti), ma testimoniano l’attenzione e l’interesse degli insegnanti
a mettere in azione l’immaginazione delle bambine e dei bambini. Probabilmente questi effetti discutibili sono la risultante di una lettura frettolosa e
superficiale della Grammatica della fantasia. Forse è il frutto di un inna1
Direttore del Centro Studi “Gianni Rodari” di Orvieto.
9
moramento del pensiero pedagogico di Rodari e non di uno studio approfondito. Grammatica della fantasia, in realtà, è un libro eccezionale e per i
contenuti, e per la qualità della scrittura. Rodari mette in mano ai lettori gli
arnesi del proprio mestiere di scrittore e uomo di cultura, che ha sempre
avuto un occhio attento ai problemi dell’educazione e della formazione a
scuola, in famiglia, nella società. E lo fa in modo così naturale e schietto da
farlo sembrare un fatto normale, alla portata di tutti. Cosicché chi si cimenta per la prima volta con i contenuti e le proposte in essa contenuti ritiene
che basti fare qualcosa di estroverso, al di fuori delle abitudini consolidate
e logore, per realizzare attività che mettano in moto la fantasia, l’immaginazione. Non è così. Per realizzare le idee di Rodari in fatto di “fantasia”
e “immaginazione” ci vuole ben altro: ci vogliono metodo, acutezza, sensibilità, cultura pedagogico-didattica alta e moderna. Una lettura attenta della
Grammatica della fantasia ci dice proprio questo. Dietro quell’apparente
semplicità di esposizione ci sono una ricerca lunga e una sperimentazione
meticolosa e a largo spettro. Non c’è improvvisazione. Tutt’altro.
Probabilmente Rodari aveva avuto il sentore che le sue idee correvano il
rischio di essere banalizzate. Aveva, perciò, iniziato a fare i primi esperimenti per scrivere il seguito della Grammatica della fantasia. Aveva già
pronto il titolo: Esercizi della fantasia. Di questo progetto esistono solo alcuni esempi significativi, prodotti in una scuola di Arezzo e raccolti premurosamente da Filippo Nibbi nel volumetto postumo intitolato appunto Esercizi di fantasia (Editori Riuniti, Roma 1981).
Il lavoro fatto da Mario Piatti ed Enrico Strobino è frutto di un’esplorazione attenta e profonda del pensiero di Rodari, di una sperimentazione rigorosa per la messa a punto delle tecniche didattiche più adatte per realizzare un’educazione musicale autenticamente creativa lungo il sentiero tracciato da Rodari nella Grammatica della fantasia. Non c’è nulla di affidato
al caso. La stessa improvvisazione applicata al suono e alla musica ha le
sue regole, non sempre classificabili e prevedibili, ma altrettanto rigorose
nelle procedure. Una ricerca unica in questo settore.
Per la serietà dell’impianto e la ricchezza delle proposte richiama alla
mente altri due lavori autenticamente rodariani nell’ispirazione, ma assolutamente autonomi, rivolti però alla produzione poetica: I draghi locopei
(Einaudi, Torino, 1986) di Ersilia Zamponi e Calicanto (Einaudi, Torino,
1988) di Roberto Piumini ed Ersilia Zamponi.
Insomma, non solo un bell’omaggio a Rodari ma anche una guida sapiente e concreta per una didattica musicale che ha come obiettivo quello di
generare nelle ragazze e nei ragazzi l’amore per la musica attraverso attività didattiche coinvolgenti.
10
1. Antefatto
Nell’estate del 1982 il Centro Educazione Permanente – Sezione Musica
della Pro Civitate Christiana di Assisi organizzò un corso sulla metodologia
Orff, condotto da Giovanni Piazza e Maria Elena Garcia. A quel corso Mario Piatti collaborò con alcuni interventi di animazione, mentre Enrico
Strobino partecipò attivamente come corsista. In quell’occasione nacque
un’amicizia e una collaborazione che non si è più interrotta negli anni, con
scambi d’idee, di materiali, di progetti che in alcuni casi si sono tradotti anche in pubblicazioni comuni. Tra gli autori ai quali ambedue c’ispiravamo
per i nostri progetti e le nostre attività c’era Gianni Rodari: i suoi scritti, in
particolare la Grammatica della fantasia1, ma anche quelli raccolti in Scuola di fantasia2, hanno costituito per noi una specie di filo rosso della nostra
ricerca pedagogica e della nostra pratica didattica nel campo
dell’educazione
e
dell’animazione
musicale,
anche
perché,
nell’approfondire la nostra conoscenza di Rodari, scoprivamo i suoi interessi musicali e la sua attenzione alla musica, documentata in particolare in
alcuni suoi scritti e racconti3. Anche le sue filastrocche hanno attratto la nostra attenzione e sono state da noi musicate4. È stato quindi per noi naturale
sostenere l’idea di organizzare i laboratori estivi 2010 della Scuola di Animazione Musicale del Centro Studi musicali e sociali “Maurizio Di Benedetto” di Lecco come “Omaggio a Gianni Rodari”, in occasione del tren1
Rodari G., Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Einaudi, Torino, 1973; nuova edizione: Edizioni EL – Einaudi Ragazzi, San Dorligo della Valle (TS), 2010. Le nostre citazioni sono tratte dall’edizione del 1973.
2
Rodari G., Scuola di fantasia, a cura di Carmine De Luca, Editori Riuniti, Roma, 1992.
3
Cfr. Piatti M., Gianni Rodari e la musica. Appunti pedagogici e proposte didattiche,
Edizioni del Cerro, Tirrenia (PI), 2001.
4
Cfr. Piatti M., Strobino E., Anghingò. Viaggi tra giochi di parole e musiche, ETS, Pisa,
2003, e le raccolte Rodari G., Piatti M., Paccagnini A., Teste fiorite, PCC, Assisi, 1974; Rodari G., Piatti M., Deflorian M., È arrivato un bastimento carico di…, PCC, Assisi, 1980.
Molte filastrocche musicate da Enrico Strobino su testi di Rodari sono inedite.
11
tennale della sua scomparsa e dei novant’anni della sua nascita5. In
quell’occasione abbiamo verificato ancora una volta la molteplicità di stimoli che anche per le attività musicali può derivare dagli scritti rodariani, e
quindi abbiamo preso una decisione forse un po’ temeraria: dare concretezza a un’ipotesi formulata da Gianni Rodari nel suo scritto Scuola di fantasia6.
Nel paragrafo intitolato “L’incontro con la poesia e la musica” Rodari
scrive:
Perfino il “non senso” può rivelare un senso profondo. Provatevi, per esempio,
a pensare a certe tiritere, cantilene, filastrocche popolari piene di parole bislacche;
penso soprattutto a quelle in dialetto naturalmente, perché la nostra cultura popolare, regione per regione, si è espressa nei dialetti: “Cecco bilecco seduto su uno
stecco...” è una di quelle raccolte dai bambini in Toscana. Voi ne avrete altre che io
non so. Cercate di ricordarle. In quelle filastrocche c’è un apparente non senso che
si rivela ad ogni passo. Se andate a fare un’analisi grammaticale o l’analisi logica o
l’analisi filosofica, scoprite piano piano che un senso apparentemente non c’è. In
realtà ci sono dentro relitti di scongiuri dimenticati, formule magiche dimenticate,
aneddoti nascosti di cui sono rimasti solo i nomi di un personaggio o un epiteto
buffo, memorie collettive ridotte a giochi di parole, ci sono audacie verbali, sentimenti popolari espressi con forza: “Al gran al padroun, al cuntadein la paja” e cose
di questo genere. C’è denuncia e c’è umorismo, c’è rivolta e qualche volta c’è rassegnazione, c’è tutto l'impasto vivo del mondo contadino. Perché piacciono, e
piacciono immensamente ai bambini queste filastrocche, tiritere, cantilene, nanne,
le parole della nonna, della bisnonna in dialetto, il suono stesso delle parole dialettali? [...]
Ai bambini piacciono perché sono allegre e misteriose, strane e piene di sorprese, ma piacciono soprattutto, secondo me, perché rappresentano il loro primo incontro con la lingua usata solo per se stessa, per i suoi valori di lingua, non per
comunicare qualche cosa, per informare, non per un uso qualsiasi, è una lingua per
giocare, per ridere. Infatti la adoperano i nonni per far ballare il nipotino sulle ginocchia e poi per farlo ridere: “Bubusette” per far finta di farlo cadere.
È una lingua per giocare e perciò piace a loro e se voi riflettete è il primo incontro con la poesia che è l’atto autoriflessivo della lingua. La poesia non è fatta
per dare informazioni sul calendario: oggi è sabato, domani è festa, domani tutti
saranno malinconici. Questa sarebbe una informazione, non “il sabato del villag5
Cfr. programmi e contenuti in www.musicheria.net.
Rodari G., “Scuola di fantasia”, in: Riforma della scuola, n. 5, 1981; ora anche in: Rodari G., Scuola di fantasia, cit., pp. 35-51. Conferenza tenuta il 17 aprile 1974 a Reggio Emilia in occasione del primo anniversario della pubblicazione della Grammatica della fantasia. Il titolo originario è: «Perché ho dedicato il mio ultimo libro alla città di Reggio Emilia».
6
12
gio”. “Il sabato del villaggio” è la lingua del poeta che si rispecchia in se stessa,
che diventa campo della esperienza dei pensieri, delle idee, non è più comunicazione. Le parole sono arricchite di significati, di echi, di rimandi, è una condensazione di significati qualche volta anche contraddittori come lo sono talora i significati delle filastrocche popolari.
Il primo incontro con la poesia, si realizza nell’incontro con la poesia popolare,
con le filastrocche, con le cantilene. Dunque queste filastrocche, questi apparenti
“non sensi” sono elementi importantissimi dell'esperienza infantile su cui si può
costruire in profondità il senso della poesia.
Lo stesso discorso potrebbe essere fatto per le canzoni popolari, quelle autenticamente popolari. Qui so di toccare un tasto che lascia tutti un po’ a disagio. Non
so da voi, ma ho l’impressione che la musica entri ancora nella nostra attività di
ricerca e di scoperta molto meno di quanto varrebbe la pena che entrasse. Può
darsi invece che da voi le cose siano ad un altro livello, ma io vedo che in quasi
tutte le scuole dell’infanzia, anche avanzate, anche belle, anche piene di ricerca e
di entusiasmo, l’esperienza musicale, l’esperienza e la ricerca dell’educazione musicale si riduce a poco: qualche esempio di canto libero, che è bello, che è importante, ma su cui poi nessuno riflette per capire come nasce, come funziona, come si
produce, quali modelli contiene, quale grado di esperienza musicale rappresenta e
così via. Ancora attività di tipo spontaneo e non riflesso. Vuol dire che questo è un
libro che dovrà scrivere un musicista, scriverà la sua “Grammatica della Fantasia” occupandosi dell’esperienza e dell’educazione musicale dei bambini. (corsivo
nostro)
Adesso sì che io sono andato un po’ lontano. Però ho voluto finire con
l’indicare solo due campi dove credo si possa lavorare ancora: quello della poesia e
quello della musica (non ho parlato di quello del teatro perché qui a Reggio bisogna ammettere che si sono fatte con Sarzi e poi con Dolci importanti esperienze di
animazione).
La ricerca in realtà non può mai fermarsi e permettete che lo dica con le parole
di un poeta: “Il ramo vorrebbe riposarsi ma il vento non glielo permette”. Di chi è
questa poesia? È una poesia di Mao Tse Tung.
Abbiamo volutamente parlato di “decisione un po’ temeraria”, perché
tale ci sembra essere l’impresa di scrivere una Grammatica della fantasia
musicale ricalcando in qualche modo il libro di Rodari. Non sappiamo se e
come ci siamo riusciti. I lettori e le lettrici giudicheranno.
Per parte nostra abbiamo cercato non solo di applicare e tradurre nel
musicale alcune tecniche rodariane (cosa per altro, lo riconosciamo, non
nuova né originale), ma anche d’interpretare a modo nostro alcune suggestioni pedagogiche della Grammatica rodariana, per cui possiamo dire che
Grammatica della fantasia musicale vuole essere un testo che cerca di dare
forma a idee e proposte riguardanti l’arte d’inventare musiche nei contesti
13
di educazione musicale. “Inventare musiche” non solo nel senso d’inventare brani musicali, ma inventare anche performances, eventi, situazioni,
esperienze con la musica, per esprimersi, comunicare, giocare.
Rodari nel suo Antefatto7, fa esplicito riferimento ai “surrealisti francesi” come ispiratori di un suo “modesto scartafaccio” che intitolò Quaderno
di Fantastica, in cui – scrive Rodari – «prendevo nota non delle storie che
raccontavo, ma del modo come nascevano, dei trucchi che scoprivo, o credevo di scoprire, per mettere in movimento parole e immagini». Ovviamente non è questa la sede per addentrarci in un’analisi della nascita della
Grammatica rodariana, operazione per altro già compiuta da vari studiosi8.
Ci sembra però opportuno fare alcune considerazioni proprio partendo dal
fatto che i due termini presenti nel titolo dell’opera più famosa di Rodari
possono essere ritenuti un binomio surreale, poiché una cosa che presuppone delle regole precise, come la grammatica, è accostata a qualcosa che
sembra uscire da ogni regola, come la fantasia. Utilizziamo allora questo
binomio come un sasso nello stagno dei nostri pensieri, con un’attenzione
particolare all’ambito dell’educazione.
Quali possono essere alcune regole di una grammatica dell’educazione?
Una prima regola è che la fantasia deve essere parte essenziale dell’educazione. Non servono tante parole per sostenere la validità di questa regola:
basterebbe far riferimento alla Grammatica rodariana e alla miriade di esperienze e di riflessioni scaturite da quel prezioso “libretto” (come lo definisce Rodari stesso) per convincersene.
Se la fantasia deve essere parte essenziale dell’educazione, è evidente
innanzitutto che gli insegnanti (ma il discorso può esser rivolto in uguale
misura anche ad altri operatori dell’ambito educativo e dell’animazione)
devono essere persone fantastiche, nel senso di persone dotate di tanta fantasia e immaginazione, capaci di attivare percorsi di esperienza e di apprendimento fantastici.
In secondo luogo possiamo ritenere che tutte le discipline scolastiche
possono concorrere a esercitare la fantasia, anche se ci sembra più ovvio
che saranno le “materie” artistiche ad avere un ruolo predominante in questo (e per materie artistiche intendiamo la poesia, la letteratura, la musica,
la pittura, il cinema, la danza, il teatro, ecc.).
7
Rodari G., Grammatica…, cit., pp. 3-6.
Per i vari riferimenti bibliografici cfr. Boero P., Una storia, tante storie. Guida
all’opera di Gianni Rodari, Edizioni EL, San Dorligo della Valle (TS), 2010. Cfr. anche
Argilli A., Gianni Rodari. Una biografia, Einaudi, Torino, 1990, e Argilli M., Del Cornò L.,
De Luca C., a cura di, Le provocazioni della fantasia. Gianni Rodari scrittore e educatore,
Editori Riuniti, Roma, 1993.
8
14
Possiamo ad es. ritenere che musica e fantasia si attirino l’una con
l’altra, si alimentino a vicenda in un continuo gioco di rimandi, di sollecitazioni, d’immaginazioni che investono emozioni, idee, pensieri, azioni, in
grado di rendere piacevole il qui e ora del nostro vivere quotidiano, ma che
sono anche stimolo per affrontare con maggiore entusiasmo le incognite del
futuro.
Noi crediamo che non ci possa essere futuro senza musica e senza gioco
(ma potremmo anche dire senza poesia, senza teatro, ecc.), e anche che tutte le arti possono contribuire a progettare meglio il futuro, proprio perché il
fare e il pensare artistico mantengono vivo in noi quello spirito giovane
che ci spinge all’innovazione, alla scoperta, all’esplorazione, al desiderio
del domani, e quindi all’ottimismo della volontà in grado di farci superare
il senso di frustrazione che deriva dall’osservare come va oggi il mondo.
Nel gioco delle arti noi possiamo mettere opportunamente in relazione
fantasia e realtà, manipolando oggetti per produrre eventi che a loro volta
attivano immaginazioni ed emozioni capaci, potremmo dire, di rimettere in
gioco anche la nostra visione logica del mondo e della vita. Non c’è opposizione tra realtà e fantasia, tra logica e immaginazione, come ci ha ben
spiegato Rodari:
Noi spesso siamo vittime di questa opposizione nel discorso familiare, a scuola,
nei discorsi comuni, opponiamo spesso fantasia e realtà, come se fossero due cose
antitetiche. Ma non è così, non esiste questa opposizione tra fantasia e realtà come
non esiste un’opposizione tra cavallo e mare. […] La fantasia non è in opposizione
alla realtà. È uno strumento per conoscere la realtà, è uno strumento da dominare.
L’immaginazione serve per fare ipotesi e di fare ipotesi ha bisogno anche lo scienziato, ha bisogno anche il matematico che fa dimostrazioni per assurdo. La fantasia
serve per esplorare la realtà, per esempio per esplorare il linguaggio, per esplorare
tutte le sue possibilità, per vedere cosa viene fuori quando si fanno scontrare le parole. (NdR: Rodari fa qui riferimento alla tecnica del binomio fantastico illustrata
nella Grammatica della fantasia)9.
Vorremmo porre l’accento su quanto espresso in modo così preciso e
chiaro da Rodari: attivare la fantasia e l’immaginazione non è fuggire dalla
realtà, ma è scegliere coscientemente e coscienziosamente di farsi trasformatori e inventori di una realtà diversa, attori consapevoli dei processi evolutivi del mondo e della vita.
Progettare la nostra educazione con fantasia non è facile, perché la fantasia non è un dono innato, ma va esercitata, occorre fare “esercizi di fanta9
Cfr. Rodari G., Scuola di fantasia, cit., pp. 39-40.
15
sia”10, mettendo quindi in gioco la nostra immaginazione, sapendo ad es.
cogliere spunti da tutto ciò che ci capita sott’occhio o sotto orecchio.
Ecco quindi una seconda possibile regola: prendere spunto dalle occasioni, valorizzare le situazioni e tutto ciò che in una situazione stimola la
nostra fantasia e la nostra creatività. Possiamo considerare le occasioni della quotidianità come un sasso nello stagno capace di suscitare tanti cerchi
concentrici che attivano rimandi, consonanze, allusioni, mappe concettuali,
itinerari di ricerca.
Occorre però non solo prendere spunto da ciò che la realtà offre alle nostre esperienze sensoriali, affinando la nostra sensibilità per saper cogliere
l’attimo, o anche per approfondire la nostra capacità di vedere e ascoltare il
mondo da più punti e da diverse prospettive; in una parola, per saper guardare e ascoltare il mondo, i popoli, le società, le culture con atteggiamento
estetico. Dobbiamo anche imparare a ricongiungere arte e realtà, a ridare un
giusto peso all’esperienza artistica.
Ci sembra ancora attuale l’analisi fatta circa trent’anni fa dal musicistainsegnante Christopher Small:
L’arte, che è essenzialmente esperienza ed espressione della vita emotiva, intuitiva e intellettuale, è stata relegata in una posizione marginale nella nostra società.
Per un gran numero di persone l’arte non svolge un ruolo fondamentale, è
un’attività a tempo perso, che ci impegna quando capita, quando non abbiamo nulla di più urgente da fare. L’arte è scissa dalla vita quotidiana, messa in cornice; il
suo unico rapporto con la vita di tutti i giorni è quello di antitesi; l’appassionato di
musica si rivolge ad essa non per esplorare la vita, ma per sfuggirla11.
Il rapporto arte – realtà quotidiana, per la maggior parte di noi, e in particolare per la maggior parte dei bambini e delle bambine, oggi purtroppo è
offuscato da paesaggi urbani che, con le loro componenti visive, uditive,
olfattive, … appaiono antiestetici, non tanto perché non rispecchiano canoni particolari, ma perché, nella maggior parte dei casi, ispirano solo emozioni e sensazioni negative o, quantomeno, inducono all’indifferenza.
Oltre al paesaggio naturale, dobbiamo tener conto dell’ambiente culturale, che oggi presenta aspetti indubbiamente complessi e articolati, ma che
fondamentalmente è dominato dalla logica del consumo, per cui, come dice
in modo efficace Franco Frabboni,
10
11
Rodari G., Esercizi di fantasia, a cura di F. Nibbi, Editori Riuniti, Roma, 1981.
Small C., Musica educazione società, Feltrinelli, Milano 1977, p. 84.
16
nella città dei consumi l’infanzia si tramuta senza scampo in una gallina dalle uova
d’oro, in uno dei “teatri” della mercificazione contemporanea. È il bambino usa e
getta, a cui vengono scippati i suoi sacrosanti diritti. Il diritto alla socializzazionecomunicazione (la città offre soltanto solitudine e separazione); il diritto
all’autonomia (la città abilita alla dipendenza-subalternità sociale); il diritto al movimento (la città offre i suoi luoghi ai parcheggi e alle attività commerciali, e non si
fa spazio-infanzia); il diritto alla conoscenza (la città abilita al conformismo e
all’omologazione cognitiva ricoprendosi di pubblicità e inchiodando il soggetto in
età evolutiva in lunghe sedute televisive; il diritto alla fantasia (gli scenari urbanistici della città aprono al banale, al consueto, al rituale, allo stereotipato); il diritto
alla cooperazione-solidarietà (la città mitizza la “competitività-concorrenzialità”
individualistica e privatistica)12.
Insegnanti e genitori dovrebbero avere più coraggio e impiegare la propria fantasia (e la propria immaginazione didattica) per sostenere e riaffermare i diritti dei bambini, orientare il proprio operare in modo da contribuire a trasferire anche nella pratica educativa i principi e le finalità della Carta dei diritti dei bambini.
Preziose, a questo proposito, ci sembrano le indicazioni fornite sempre
da Rodari:
Un bambino, ogni bambino, bisognerebbe accettarlo come un fatto nuovo, con
il quale il mondo ricomincia ogni volta da capo. Questa è la cosa principale che
dovrebbero insegnare ai genitori i manuali per l’educazione in famiglia, e ai maestri i trattati di pedagogia e di didattica. Solo una disposizione del genere può giustificare poi tutti i discorsi che si fanno sui “diritti del bambino”, sulla “scuola su
misura del bambino”, sul bambino “produttore” e “creatore”, anziché consumatore
(di sapere, di cultura, di valori)13.
Terza regola, quindi, di una grammatica dell’educazione: valorizzare
l’unicità e l’irripetibilità di ciascuno.
Rodari (ma, ovviamente, non solo lui) insiste molto sul mettere al centro
i bambini, senza che l’adulto imponga le cose con regole preordinate, con
programmi definiti, o, diremmo oggi, con elenchi di obiettivi o modelli di
standard predefiniti. Per Rodari,
in un’impresa educativa il programma non dovrebbe essere l’elenco delle cose che
ci proponiamo di ottenere dai bambini, ma di quelle che dobbiamo fare noi per es12
Cfr. Frabboni F., Un ramo di nome pedagogia sociale, in Sarracino V. e Striano M., a
cura di, La pedagogia sociale. Prospettive di indagine, ETS, Pisa 2001.
13
Rodari G., “Dalla parte del bambino”, in Id., Scuola di fantasia, cit., pp. 59-60.
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sere utili ai bambini. Dovremmo elaborare regole per il nostro comportamento, non
per quello dei bambini: i quali, se messi in condizione di farlo, sanno benissimo
inventarsi le loro regole, quelle di cui hanno veramente bisogno, e rispettarle. Basta
guardarli giocare, cioè muoversi all’interno di regole liberamente scelte, liberamente accettate, e accettate non perché fanno piacere a noi, ma perché fanno piacere a loro14.
Sono passati quasi quarant’anni da quando Rodari faceva queste considerazioni, e da allora il processo di globalizzazione della produzione e dei
consumi ha modificato sostanzialmente anche quello che potremmo chiamare “mondo infantile”: è cambiata profondamente la percezione della realtà, come pure i modi di costruzione e di elaborazione delle conoscenze,
anche, e soprattutto, da parte dei bambini e delle bambine. I loro giochi sono diventati più tecnologici, i loro modelli di riferimento si sono moltiplicati in modo esponenziale nella realtà virtuale, riducendo a volte la loro capacità di distinguere tra reale e virtuale.
Nella didattica dell’occasionalità dobbiamo saper valorizzare anche le
cose apparentemente piccole, all’apparenza poco rilevanti, alle quali saremmo portati a dare poco valore. In questo Rodari è maestro: fatti, oggetti,
persone della vita quotidiana diventano i personaggi delle sue storie e delle
sue filastrocche. I suoi testi parlano della realtà di tutti i giorni, e ne svelano
aspetti reconditi e inattesi, portandoci appunto in una dimensione surreale,
subito corretta da un nuovo aggancio alla realtà futura, da costruire, da elaborare, da trasformare, senza rifugiarsi nell’utopia o nella fantasticheria.
Rodari fa una distinzione interessante tra fantasia e fantasticheria:
Oggi, né la filosofia né la psicologia riescono a vedere differenze radicali tra
immaginazione e fantasia. […] Semmai la distinzione potrà riguardare […] la “fantasia” e la “fantasticheria”: la prima, che costruisce con il reale e sul reale; la seconda, che dal reale evade a gambe levate15.
Ed ecco quindi una quarta regola: fare esperienze di produzione di eventi significativi. Da vario tempo ormai e da più parti si sostiene che
l’educazione dovrebbe essere centrata innanzitutto sull’apprendere
dall’esperienza, un apprendere che è intriso contemporaneamente di sensazioni, di emozioni, d’informazioni, di abilità tecniche. Il percorso di apprendimento non è prima il conoscere e poi il fare, ma caso mai il contrario,
o meglio, è facendo che sviluppiamo il nostro conoscere, è sperimentando e
14
15
Id., p. 61.
Rodari G., Grammatica..., cit., pag. 168.
18
ricercando con la voce e il corpo che ci possiamo impadronire anche di
concetti e teorie che entreranno a far parte in modo significativo delle nostre diverse intelligenze, tra cui anche quella musicale.
L’esperienza artistica, compresa quella musicale, dovrebbe essere innanzitutto un’esperienza di produzione, mentre nella maggior parte dei casi
limitiamo la nostra esperienza artistica e musicale a contemplare o ad ascoltare l’opera finita di qualcun altro, affidandoci ai cosiddetti esperti per
esprimere qualche giudizio di valore, abdicando quindi alla possibilità di
sviluppare la nostra capacità – e oseremmo dire, il nostro diritto – di distinguere ciò che vale da ciò che non vale.
Come giustamente evidenziato sempre da Christopher Small,
[...] nel consegnare il ruolo creativo dell’arte a professionisti, non facciamo altro
che rafforzare la tendenza scismatica della nostra società, la divisione tra coloro
che producono e coloro che consumano. […] Ci viene imposto, per il bene della
società, di consumare sempre di più di quello che gli altri producono, e la società
assume le persone più scaltre per persuaderci a farlo16.
L’artista, come il resto della società, è stato costretto ad assumere il ruolo di
produttore di una merce che gli altri consumano. […] L’arte rimane una merce che
acquistiamo quando sentiamo di averne bisogno, e la sua produzione resta nelle
mani degli esperti. Alla sua creazione partecipiamo non più di quanto partecipiamo
alla preparazione dei cereali per la nostra colazione. Ora ci è chiaro che una vera
rigenerazione della musica e della società occidentale potrà verificarsi solo quando
saremo in grado di recuperare, nella nostra società, il potere creativo di ogni individuo17.
Nel rapporto tra processo e prodotto, la mentalità diffusa nella società
globalizzata porta a valorizzare sempre più il prodotto in sé (anzi, per la verità, sempre più spesso si valorizza solo il marchio, più che l’oggetto), considerando irrilevante prendere in considerazione il processo di produzione e
la possibilità che noi stessi possiamo essere parte attiva in tale processo.
Spostare il baricentro dal prodotto al processo implica anche dare maggior peso all’esperienza del qui e ora, non considerare il fare di oggi unicamente come propedeutico al fare di domani, ritenere che ogni esperienza
abbia una dimensione d’irripetibilità per gli stessi attori dell’esperienza. In
tutte le attività espressive e artistiche, il senso di ciò che si fa è accessibile
fino in fondo unicamente da chi è dentro l’esperienza, mentre l’eventuale
osservatore/ascoltatore (lo spettatore) costruisce altri sensi e significati.
16
17
Small C., cit., p. 93.
Id., pp. 158-160.
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