copRegi93_350x240 22-03-2005 11:28 Pagina 1 Anno XXXV - N. 76 bis Poste Italiane - Spedizione in A.P. - art.2. comma 20/c - Legge 662/96 - Filiale di Varese Commercio, Fiere e Mercati Questo Testo Coordinato del Commercio con gli aggiornamenti è consultabile anche sul portale www.regione.lombardia.it TESTO COORDINATO del COMMERCIO C 8,86 Direzione e redazione: Giunta Regionale - via F. Filzi, 22 - 20124 Milano - tel. 02/6765 - interno: 4071 - 4107 Editore e stampatore: La Tipografica Varese S.p.A. - via Cherso, 2 - 21100 Varese Autorizzazione del Tribunale di Varese Raccolta normativa Bollettino Ufficiale Regione Lombardia n. 12 Edizione Speciale del 24 marzo 2005 Milano, marzo 2005 frontespizio 21-03-2005 17:41 Pagina 1 Commercio, Fiere e Mercati TESTO COORDINATO del COMMERCIO Raccolta normativa Sommario INDICE Presentazione pag. 9 Capitolo 1 - L’attivita’ commerciale pag. 10 1.1 Definizioni e requisiti per l’esercizio dell’attività Decreto legislativo 31 marzo 1998 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della l. 15 marzo 1997 n. 59” (artt. 1, 3° comma, 2, 3 ,4, 5) Capitolo 2 - Il commercio al dettaglio pag. 17 2.1 Esercizio dell’attività di vendita al dettaglio Decreto legislativo 31 marzo 1998 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della l. 15 marzo 1997 n. 59” (artt. 6, 7, 8, 9, 10, 13, 14, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 24, 25, 26 ) Legge regionale 23 luglio 1999, n. 14 “Norme in materia di commercio in attuazione del D.lgs 31.3.1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della l. 15 marzo 1997 n. 59” Deliberazione Consiglio regionale 30 luglio 2003 n. VII/871 - Programma triennale per lo sviluppo del settore commerciale 2003 – 2005 e indirizzi per la programmazione urbanistica del settore commerciale di cui all’art. 3 della legge regionale 23 luglio 1999, n. 14 Deliberazione Giunta regionale 18 dicembre 2003 n. VII/15701 - Modalità applicative del programma triennale per lo sviluppo del settore commerciale 2003-2005 in materia di grandi strutture di vendita Deliberazione Giunta regionale 18 dicembre 2003 n. VII/15716 - Programma triennale per lo sviluppo del settore commerciale 2003-2005: modalità applicative e criteri urbanistici per l’attività di pianificazione di gestione degli enti locali in materia commerciale 2.2 Disposizioni in materia di orari di vendita e aperture Decreto legislativo 31 marzo 1998 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della l. 15 marzo 1997 n. 59” (artt. 11, commi 1, 3, 4, 5 e art. 12) 3 Regolamento regionale 21 luglio 2000, n. 3 “Regolamento di attuazione della legge regionale 23 luglio 1999 n. 14 per il settore del commercio” (artt. 4246) Deliberazioni Giunta regionale n. 2646/2000, 5061/2001, 5413/2001, 7508/2001, 8993/2002, 17771/2002, 11772/2002, 16287/2004, 20286/2005. Estratto degli indicatori e parametri per l’individuazione dei comuni a prevalente economia turistica ed elenco dei comuni turistici e artistici Legge regionale 27 marzo 2000, n. 18 “Modifiche ed integrazioni a disposizioni legislative a supporto degli interventi connessi alla manovra di finanza regionale” (art. 1, comma 9) Legge regionale 3 aprile 2000, n. 22 “Disciplina delle vendite straordinarie e disposizioni in materia di orari degli esercizi commerciali” (art. 5bis) 2.3 Sanzioni Decreto legislativo 31 marzo 1998 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della l. 15 marzo 1997 n. 59” (art. 22) Legge regionale 24 marzo 2004, n. 5 “Modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, sviluppo economico e territorio. Collegato ordinamentale 2004” (art. 7) Capitolo 3 - Il commercio all’ingrosso pag. 196 3.1 Disciplina del commercio all’ingrosso Legge regionale 22 gennaio 1975, n. 12 “Ristrutturazione dei mercati all’ingrosso” Legge regionale 28 agosto 1988, n. 45 “Promozione e disciplina dei centri integrati all’ingrosso non alimentare” Capitolo 4 - Il commercio ambulante pag. 213 4.1 Disciplina del commercio ambulante Decreto legislativo 31 marzo 1998 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della l. 15 marzo 1997 n. 59” (artt. 27-30) Legge regionale 2 marzo 2000, n. 15 “Norme in materia di commercio al dettaglio su aree pubbliche in attuazione del d.lgs n. 114 del 1998 e primi indirizzi regionali di programmazione del commercio al dettaglio su aree pubbliche” 4 Legge regionale 25 novembre 2002, n. 27 “Normativa sull’occupazione abusiva del suolo pubblico per le attività commerciali non autorizzate” Deliberazione Consiglio regionale 27 gennaio 2004, n. VII/950 - Definizione degli obiettivi di presenza e di sviluppo delle aree mercatali nel triennio 20032005 ai sensi dell’art. 4, comma 3, della l.r. n. 15 del 2000 Capitolo 5 - I pubblici esercizi pag. 243 5.1 Disciplina dei pubblici esercizi Legge regionale 24 dicembre 2003, n. 30 “Disciplina delle attività di somministrazione di alimenti e bevande” Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 “Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza” (artt. 17 bis, 17 ter, 17 quater, 68, 86, 110) Deliberazione Giunta regionale 17.5.2004 n. VII/17516 - Indirizzi generali per il rilascio da parte dei comuni delle autorizzazioni delle autorizzazioni delle attività di somministrazione di alimenti e bevande Deliberazione Giunta regionale 23 dicembre 2004 n. VII/20117, rettificata dalla d.g.r. n. VII/20374 del 27 gennaio 2005 - Disciplina dei corsi abilitanti all’esercizio dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande in attuazione dell’art. 6, comma 5 della lr n. 30 del 24 dicembre 2003. 5.2 Emissioni sonore prodotte dai pubblici esercizi Legge 26 ottobre 1995, n. 447 “Legge quadro sull’inquinamento acustico” Legge regionale 10 agosto 2001, n. 13 “Norme in materia di inquinamento acustico” (art. 5) Deliberazione Giunta regionale 8 marzo 2002 n. VII/8313 - legge n. 447/1995 «Legge quadro sull'inquinamento acustico» e l.r. 10 agosto 2001, n. 13 «Norme in materia di inquinamento acustico». Approvazione del documento «Modalità e criteri di redazione della documentazione di previsione di impatto acustico e di valutazione previsionale del clima acustico». Capitolo 6 - Disciplina delle vendite pag. 320 6.1 Disciplina delle vendite straordinarie Legge regionale 3 aprile 2000, n. 22 “Disciplina delle vendite straordinarie e disposizioni in materia di orari degli esercizi di vendita” Deliberazione Giunta regionale 13 giugno 2003 n. VII/13313 - Aggiornamento della disciplina dei saldi in applicazione dell’art. 3 della l.r. 3.4.2000 n. 22 e successive modifiche ed integrazioni 5 6.2 Disciplina delle vendite sottocosto Decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 2001 n. 218 “Regolamento recante disciplina delle vendite sottocosto, a norma dell'articolo 15, comma 8, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114”. Capitolo 7 - Rivendite di giornali e riviste pag. 330 7.1 Modalità e condizioni di vendita della stampa quotidiana e periodica Legge 13 aprile 1999, n. 108 “Nuove norme in materia di punti vendita per la stampa quotidiana e periodica” Decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 170 “Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell’art. 3 della legge 13 aprile 1999, n. 108” Deliberazione Consiglio regionale n. VII/549 del 10 luglio 2002 - Indirizzi regionali in attuazione del d.lgs n. 170/2001 concernente il riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell’art. 3 della legge 13 aprile 1999, n. 108 Legge regionale 24 marzo 2004, n. 5 “Modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, sviluppo economico e territorio. Collegato ordinamentale 2004” (art. 8) Capitolo 8 - Interventi regionali a sostegno del commercio pag. 345 8.1 Misure a favore dei piccoli comuni Legge regionale 5 maggio 2004, n. 11 “Misure di sostegno a favore dei piccoli comuni della Lombardia” (artt. 3, 9) 8.2 Interventi a sostegno delle piccole e medie imprese commerciali Legge regionale 21 marzo 2000, n. 13 “Interventi regionali per la qualificazione e lo sviluppo delle piccole e medie commerciali” Deliberazione Consiglio regionale 27 aprile 2004, n. VII/999 - Programma triennale degli interventi 2004/2006 di cui alla l.r. 21.3.2000 n. 13 “Interventi regionali per la qualificazione e lo sviluppo delle piccole e medie commerciali” Deliberazione Giunta regionale 14 novembre 2003, n. VII/15056 coordinata con le modifiche apportate all’allegato A, effettuate con d.g.r. n. VII/16656 del 5.3.2004 - Piano integrato di intervento per il commercio 6 Capitolo 9 - Disciplina della distribuzione dei carburanti pag. 381 9.1 Disciplina della distribuzione dei carburanti Legge regionale 5 ottobre 2004, n. 24 “Disciplina per la razionalizzazione e l'ammodernamento della rete distributiva dei carburanti”. Deliberazione Consiglio regionale 15 dicembre 2004, n. VII/1137, Programma di razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti. Deliberazione giunta regionale 11 febbraio 2005 n. 7/20635 "Procedure amministrative relative all'installazione degli impianti e all'esercizio dell'attività di distribuzione dei carburanti, in attuazione dell'articolo 3, comma 2 della l.r. n. 24 del 5 ottobre 2004"; Deliberazione Consiglio regionale 26 luglio 1984 n. III/1685 - Criteri regionali per la fissazione degli orari degli impianti stradali di distribuzione di carburanti, ai sensi dell'art. 54 lett. D) del D.P.C.M. 31 dicembre 1982. Legge regionale 24 marzo 2004, n. 5 “Modifiche a leggi regionali in materia di organizzazione, sviluppo economico e territorio. Collegato ordinamentale 2004” (art. 6) Legge regionale 23 luglio 1999, n. 14 “Norme in materia di commercio in attuazione del d.lgs 31.3.1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della l. 15 marzo 1997 n. 59” (art. 12) Capitolo 10 - Abolizione del libretto di idoneita’ sanitaria pag. 454 10.1 Abolizione del libretto di idoneità sanitaria Legge regionale 4 agosto n. 12 “Norme relative a certificazioni in materia di igiene e sanità pubblica” (artt. 1, 4) 7 Presentazione Acquisita la competenza esclusiva in materia di commercio, nel corso degli ultimi anni la Regione Lombardia ha avviato un percorso di rinnovamento della normativa che disciplina questo importante settore dell’economia lombarda. Sono state aggiornate alcune importanti leggi, sono stati rielaborati i principali documenti di programmazione: è stato espresso un nuovo indirizzo per lo sviluppo della rete distributiva, affinché il servizio commerciale possa essere a disposizione di tutti i cittadini lombardi in forme moderne, concorrenziali, opportunamente diffuse in tutto il territorio. È stato un lavoro complesso, certamente impegnativo, ma che – grazie anche alla positiva collaborazione delle Associazioni imprenditoriali, delle rappresentanze degli Enti locali, delle associazioni dei consumatori – è stato caratterizzato da positivi avanzamenti e da un largo consenso. Possiamo dunque presentare oggi questo testo che, in forma organica e coordinata, fornisce l’insieme delle più importanti disposizioni ora vigenti in Lombardia, in materia di commercio e di pubblici esercizi. Uno strumento a disposizione dei cittadini, degli operatori del settore, degli amministratori locali. Non solo per reperire facilmente le norme vigenti, ma anche per approfondirle e – se del caso – formulare proposte per il loro adeguamento. L'Assessore Regionale al Commercio, Fiere e Mercati 9 Testo coordinato commercio Capitolo 1 L’attività commerciale Come è noto la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 ha apportato rilevanti modifiche alla ripartizione delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni: • lo Stato ha competenza legislativa solo nelle materie tassativamente elencate nell’art. 117; le altre spettano in concorrenza allo Stato e alle Regioni; tutte quelle non menzionate nell’art. 117 sono di competenza delle Regioni; • la potestà regolamentare è riservata alle Regioni nelle materie di competenza residuale e in quelle di competenza concorrente; spetta allo Stato solo nelle materie di sua competenza esclusiva. La materia del commercio si colloca tra le materie – relative alle attività produttive – transitate nella competenza residuale delle Regioni. Come espressamente previsto dalla legge La Loggia, che regola i rapporti tra legislazione statale e regionale, le disposizioni legislative statali vigenti nelle materie appartenenti alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna regione, fino all’entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia. Ciò significa che quando un determinato ambito di disciplina è regolato dalla legge regionale, è a quella che occorre fare riferimento, in quanto cessa di avere applicazione la legge statale. Per quanto concerne il commercio, essendo trascorsi relativamente pochi anni dall’approvazione del nuovo titolo V, non tutti gli aspetti della materia trovano una nuova regolamentazione in ambito regionale e sono molti i casi in cui occorre ancora fare riferimento al decreto legislativo 114/1998 ed altre leggi statali. 10 Capitolo 1 1.1 Definizioni e requisiti per l’esercizio dell’attività Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59” (G.U. 24 aprile 1998, n. 95, S.O.) Art. 1. Oggetto e finalità 1. … Omissis … 2. … Omissis … 3. La disciplina in materia di commercio persegue le seguenti finalità: a) la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di impresa e la libera circolazione delle merci; b) la tutela del consumatore, con particolare riguardo all’informazione, alla possibilità di approvvigionamento, al servizio di prossimità, all’assortimento e alla sicurezza dei prodotti; c) l’efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete distributiva, nonché l’evoluzione tecnologica dell’offerta, anche al fine del contenimento dei prezzi; d) il pluralismo e l’equilibrio tra le diverse tipologie delle strutture distributive e le diverse forme di vendita, con particolare riguardo al riconoscimento e alla valorizzazione del ruolo delle piccole e medie imprese; e) la valorizzazione e la salvaguardia del servizio commerciale nelle aree urbane, rurali, montane, insulari. Art. 2. Libertà di impresa e libera circolazione delle merci 1. L’attività commerciale si fonda sul principio della libertà di iniziativa economica privata ai sensi dell’articolo 41 della Costituzione ed è esercitata nel rispetto dei princìpi contenuti nella legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato. Art. 3. Obbligo di vendita 1. In conformità a quanto stabilito dall’articolo 1336 del codice civile, il titolare dell’attività commerciale al dettaglio procede alla vendita nel rispetto dell’ordine temporale della richiesta. Art. 4. Definizioni e ambito di applicazione del decreto 1. Ai fini del presente decreto si intendono: a) per commercio all’ingrosso, l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende ad altri commercianti, all’ingrosso o al dettaglio, o ad utilizzatori professionali, o ad altri utilizzatori in grande. 11 Testo coordinato commercio Tale attività può assumere la forma di commercio interno, di importazione o di esportazione; b) per commercio al dettaglio, l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale; c) per superficie di vendita di un esercizio commerciale, l’area destinata alla vendita, compresa quella occupata da banchi, scaffalature e simili. Non costituisce superficie di vendita quella destinata a magazzini, depositi, locali di lavorazione, uffici e servizi; d) per esercizi di vicinato quelli aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti; e) per medie strutture di vendita gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto d) e fino a 1.500 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 2.500 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti; f) per grandi strutture di vendita gli esercizi aventi superficie superiore ai limiti di cui al punto e); g) per centro commerciale, una media o una grande struttura di vendita nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente. Ai fini del presente decreto per superficie di vendita di un centro commerciale si intende quella risultante dalla somma delle superfici di vendita degli esercizi al dettaglio in esso presenti; h) per forme speciali di vendita al dettaglio: 1) la vendita a favore di dipendenti da parte di enti o imprese, pubblici o privati, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli privati, nonché la vendita nelle scuole, negli ospedali e nelle strutture militari esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi; 2) la vendita per mezzo di apparecchi automatici; 3) la vendita per corrispondenza o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione; 4) la vendita presso il domicilio dei consumatori. 2. Il presente decreto non si applica: a) ai farmacisti e ai direttori di farmacie delle quali i comuni assumono l’impianto e l’esercizio ai sensi della legge 2 aprile 1968, n. 475, e successive modificazioni, e della legge 8 novembre 1991, n. 362, e successive modificazioni, qualora vendano esclusivamente prodotti farmaceutici, specialità medicinali, dispositivi medici e presìdi medico-chirurgici; 12 Capitolo 1 – par. 1.1 b) ai titolari di rivendite di generi di monopolio qualora vendano esclusivamente generi di monopolio di cui alla legge 22 dicembre 1957, n. 1293, e successive modificazioni, e al relativo regolamento di esecuzione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n. 1074, e successive modificazioni; c) alle associazioni dei produttori ortofrutticoli costituite ai sensi della legge 27 luglio 1967, n. 622, e successive modificazioni; d) ai produttori agricoli, singoli o associati, i quali esercitino attività di vendita di prodotti agricoli nei limiti di cui all’articolo 2135 del codice civile, alla legge 25 marzo 1959, n. 125, e successive modificazioni, e alla legge 9 febbraio 1963, n. 59, e successive modificazioni; e) alle vendite di carburanti nonché degli oli minerali di cui all’articolo 1 del regolamento approvato con regio decreto 20 luglio 1934, n. 1303, e successive modificazioni. Per vendita di carburanti si intende la vendita dei prodotti per uso di autotrazione, compresi i lubrificanti, effettuata negli impianti di distribuzione automatica di cui all’articolo 16 del decreto-legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 1970, n. 1034, e successive modificazioni, e al decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32; f) agli artigiani iscritti nell’albo di cui all’articolo 5, primo comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443, per la vendita nei locali di produzione o nei locali a questi adiacenti dei beni di produzione propria, ovvero per la fornitura al committente dei beni accessori all’esecuzione delle opere o alla prestazione del servizio; g) ai pescatori e alle cooperative di pescatori, nonché ai cacciatori, singoli o associati, che vendano al pubblico, al dettaglio, la cacciagione e i prodotti ittici provenienti esclusivamente dall’esercizio della loro attività e a coloro che esercitano la vendita dei prodotti da essi direttamente e legalmente raccolti su terreni soggetti ad usi civici nell’esercizio dei diritti di erbatico, di fungatico e di diritti similari; h) a chi venda o esponga per la vendita le proprie opere d’arte, nonché quelle dell’ingegno a carattere creativo, comprese le proprie pubblicazioni di natura scientifica od informativa, realizzate anche mediante supporto informatico; i) alla vendita dei beni del fallimento effettuata ai sensi dell’articolo 106 delle disposizioni approvate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni; l) all’attività di vendita effettuata durante il periodo di svolgimento delle fiere campionarie e delle mostre di prodotti nei confronti dei visitatori, purché riguardi le sole merci oggetto delle manifestazioni e non duri oltre il periodo di svolgimento delle manifestazioni stesse; 13 Testo coordinato commercio m) agli enti pubblici ovvero alle persone giuridiche private alle quali partecipano lo Stato o enti territoriali che vendano pubblicazioni o altro materiale informativo, anche su supporto informatico, di propria o altrui elaborazione, concernenti l’oggetto della loro attività. 3. Resta fermo quanto previsto per l’apertura delle sale cinematografiche dalla legge 4 novembre 1965, e successive modificazioni, nonché dal decreto legislativo 8 gennaio 1998, n. 3. Titolo II Requisiti per l’esercizio dell’attività commerciale Art. 5. Requisiti di accesso all’attività 1. Ai sensi del presente decreto l’attività commerciale può essere esercitata con riferimento ai seguenti settori merceologici: alimentare e non alimentare. 2. Non possono esercitare l’attività commerciale, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione: a) coloro che sono stati dichiarati falliti; b) coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale; c) coloro che hanno riportato una condanna a pena detentiva, accertata con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti di cui al titolo II e VIII del libro II del codice penale, ovvero di ricettazione, riciclaggio, emissione di assegni a vuoto, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, sequestro di persona a scopo di estorsione, rapina; d) coloro che hanno riportato due o più condanne a pena detentiva o a pena pecuniaria, nel quinquennio precedente all’inizio dell’esercizio dell’attività, accertate con sentenza passata in giudicato, per uno dei delitti previsti dagli articoli 442, 444, 513, 513-bis, 515, 516 e 517 del codice penale, o per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, previsti da leggi speciali; e) coloro che sono sottoposti ad una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, ovvero siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza. 3. L’accertamento delle condizioni di cui al comma 2 è effettuato sulla base delle disposizioni previste dall’articolo 688 del codice di procedura penale, dall’articolo 10 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, dall’articolo 10-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575, e dall’articolo 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241. 14 Capitolo 1 – par. 1.1 4. Il divieto di esercizio dell’attività commerciale, ai sensi del comma 2 del presente articolo, permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata o si sia in altro modo estinta, ovvero, qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza. 5. L’esercizio, in qualsiasi forma, di un’attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare, anche se effettuata nei confronti di una cerchia determinata di persone, è consentito a chi è in possesso di uno dei seguenti requisiti professionali: a) avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio relativo al settore merceologico alimentare, istituito o riconosciuto dalla regione o dalle province autonome di Trento e di Bolzano; b) avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, l’attività di vendita all’ingrosso o al dettaglio di prodotti alimentari; o avere prestato la propria opera, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, presso imprese esercenti l’attività nel settore alimentare, in qualità di dipendente qualificato addetto alla vendita o all’amministrazione o, se trattasi di coniuge o parente o affine, entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all’INPS; c) essere stato iscritto nell’ultimo quinquennio al registro esercenti il commercio di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426, per uno dei gruppi merceologici individuati dalle lettere a), b) e c) dell’articolo 12, comma 2, del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375. 6. In caso di società il possesso di uno dei requisiti di cui al comma 5 è richiesto con riferimento al legale rappresentante o ad altra persona specificamente preposta all’attività commerciale. 7. Le regioni stabiliscono le modalità di organizzazione, la durata e le materie del corso professionale di cui al comma 5, lettera a), garantendone l’effettuazione anche tramite rapporti convenzionali con soggetti idonei. A tale fine saranno considerate in via prioritaria le camere di commercio, le organizzazioni imprenditoriali del commercio più rappresentative e gli enti da queste costituiti. 8. Il corso professionale ha per oggetto materie idonee a garantire l’apprendimento delle disposizioni relative alla salute, alla sicurezza e all’informazione del consumatore. Prevede altresì materie che hanno riguardo agli aspetti relativi alla conservazione, manipolazione e trasformazione degli alimenti, sia freschi che conservati. 9. Le regioni stabiliscono le modalità di organizzazione, la durata e le materie, con particolare riferimento alle normative relative all’ambiente, alla sicurezza e alla tutela e informazione dei consumatori, oggetto di corsi di aggiornamento finalizzati ad elevare il livello professionale o riqualificare gli operatori in attività. Possono altresì prevedere forme di incentivazione per la partecipazione ai corsi dei titolari delle piccole e medie imprese del settore commerciale. 15 Testo coordinato commercio 10. Le regioni garantiscono l’inserimento delle azioni formative di cui ai commi 7 e 9 nell’ambito dei propri programmi di formazione professionale. 11. L’esercizio dell’attività di commercio all’ingrosso, ivi compreso quello relativo ai prodotti ortofrutticoli, carnei ed ittici, è subordinato al possesso dei requisiti del presente articolo. L’albo istituito dall’articolo 3 della legge 25 marzo 1959, n. 125, è soppresso. … Omissis … 16 Capitolo 2 Capitolo 2 Il commercio al dettaglio Per quanto concerne il commercio al dettaglio, la legislazione di riferimento è costituita, per gli aspetti fondamentali, dal d.lgs. 114/98. La legislazione regionale si è concentrata maggiormente sugli aspetti inerenti alla programmazione del settore commerciale. Il Programma triennale per lo sviluppo del settore commerciale 2003-2005 e indirizzi generali per la programmazione urbanistica del settore commerciale di cui all’articolo 3 della legge regionale 23 luglio 1999, n. 14, costituisce l’atto di indirizzo generale per lo sviluppo del settore commerciale in Lombardia. Nel rispetto dei principi di libera concorrenza e di equilibrato servizio alle comunità locali, esso prevede pertanto: - lo scenario di sviluppo del sistema commerciale lombardo, anche ad orientamento dell’attività di programmazione degli enti locali; - gli indirizzi per lo sviluppo delle diverse tipologie di vendita, indicando in particolare gli obbiettivi di presenza e sviluppo delle grandi strutture di vendita, anche con riferimento a differenti ambiti territoriali ed urbani; - i criteri generali per l’autorizzazione delle grandi strutture di vendita, in relazione alle diverse tipologie commerciali; - le priorità per l’utilizzo delle risorse finanziarie a disposizione del bilancio regionale. Il Programma triennale fa riferimento alle diverse condizioni della rete commerciale e dell’assetto territoriale delle diverse parti della regione, articolando talune sue previsioni in modo differenziato alla luce delle specificità e delle molteplici esigenze articolate che ivi si riscontrano. Esso propone anche un ruolo importante per gli enti locali, in particolare province e comuni, sia nella fase di indirizzo programmatico a scala locale, sia per l’esame delle domande di autorizzazione per gli insediamenti della grande distribuzione. Allo scopo di cogliere le esigenze presenti nelle diverse realtà territoriali è stata operata una indagine, via internet, rivolta a tutti i comuni lombardi. A tale indagine ha corrisposto un numero molto elevato di comuni, consentendo di acquisire importanti elementi di conoscenza. Al Programma triennale sono correlati i successivi provvedimenti di disciplina attuativa concretizzatisi nelle seguenti due delibere di Giunta: 17 Testo coordinato commercio - d.g.r. n. 15716 del 18.12.2003 “Criteri urbanistici di pianificazione e di gestione degli enti locali in materia commerciale”; - d.g.r. n. 15701 del 18.12.2003 “Modalità applicative del Programma triennale per lo sviluppo del settore commerciale 2003-2005 in materia di grandi strutture di vendita”. Per quanto concerne le disposizioni in materia di orari di vendita e aperture, il riferimento è costituita sia dal d.lgs. 114/98 sia dalla legge regionale, che ha in parte innovato la disciplina. Al fine di dare maggiore flessibilità ed autonomia all’esercente nella gestione della propria attività commerciale con legge regionale sono state modificate le norme relative alla fascia oraria di apertura e chiusura degli esercizi, prima compresa tra le ore sette e le ore ventidue. La nuova legge dà la possibilità ai comuni di estendere tale fascia dalle ore cinque alle ventiquattro, entro la quale gli esercenti fissano liberamente l’orario di vendita, fermo restando il limite delle tredici ore giornaliere di apertura degli esercizi. È stata inoltre modificata la disciplina delle chiusure infrasettimanali di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 114 del 1998 in base al quale gli esercizi di vendita al dettaglio, nei casi stabiliti dai comuni, osservano la mezza giornata di chiusura infrasettimanale. La nuova normativa prevede facoltativa la mezza giornata di chiusura infrasettimanale a discrezione dell’esercente. Per quanto concerne più specificatamente l’ambito dei comuni turistici, la disciplina regionale si mantiene invece su un piano attuativo. Il d.lgs. 114/98 art. 12 prevede che nei comuni individuati quali località a prevalente economia turistica e città d’arte gli esercenti possano determinare liberamente gli orari di vendita e derogare all’obbligo della chiusura domenicale e festiva. Alle regioni è attribuita la competenza di individuare i predetti ambiti e i periodi di maggiore afflusso turistico. La Regione Lombardia con il regolamento regionale 3/00 titolo IV ha dato attuazione alla richiamata disposizione statale stabilendo i criteri e le procedure per l’individuazione degli ambiti ad economia prevalente turistica, demandandone alla Giunta regionale la definizione delle modalità applicative (con delibera preliminare). Per quanto riguarda l’individuazione degli ambiti a rilievo artistico, nel rispetto del principio di sussidiarietà, la regione Lombardia ha individuato gli stessi sulla base delle proposte formulate dalle province. Con la d.g.r. n. 2646/00 la Giunta regionale ha definito le modalità di applicazione dei criteri stabiliti dal titolo IV del r.r. 3/00, per l’individuazione degli ambiti ad economia prevalentemente turistica, adottando parametri legati alla dotazione delle strutture ricettive alberghiere ed extra, alle presenze turistiche, alle peculiarità territoriali dei comuni lombardi, agli elementi di attrattività ed ai flussi di visitatori. Con tale provvedimento sono stati inoltre definiti i periodi di maggiore afflusso turistico nei quali i commercianti possono restare aperti in deroga alla normativa degli orari di vendita. 18 Capitolo 2 La Giunta regionale in attuazione della predetta delibera ha adottato una serie di provvedimenti con cui sono stati individuati gli ambiti ad economia prevalentemente turistica e precisamente: - con la d.g.r. n. 5061 del 8 giugno 2001 sono stati individuati 155 comuni (più Prata Camportaccio individuato a parte); - con la d.g.r. 7508 del 21 dicembre 01 sono stati individuati 152 comuni; - con la d.g.r. 11772 del 23 dicembre 2002 sono stati individuati 20 comuni; - con la d.g.r. 16287del 6 febbraio 2004 sono stati individuati 6 comuni dei quali uno era stato già individuato per parte del territorio. In esito al confronto con le province ed in relazione alle loro proposte, la Giunta regionale con la d.g.r. n. 8993/02 ha proceduto ad individuare 80 ambiti a rilievo artistico prevedendo quale delimitazione territoriale il centro storico o il raggio di 250 metri qualora l’allocazione delle emergenze storico-artistiche fosse fuori dal centro storico. Con d.g.r. 10138/02 sono stati inoltre individuati altri 10 ambiti e con la d.g.r. 11771/02 è stato individuato un ultimo ambito per un complessivo di 91 ambiti artistici. Con la d.g.r. n. 8873/02 la Giunta regionale ha anche stabilito il requisito, nella fattispecie la presenza di almeno 30 posti letto su 1000 residenti, in relazione al quale i Comuni già individuati (turistici e artistici) possono presentare la domanda per l’estensione del periodo di maggiore afflusso turistico all’intero anno. Il Consiglio regionale con la d.c.r. n. 871/2003 parag. 6 concernente il Programma triennale per il settore commerciale ha fornito alla Giunta regionale gli indirizzi per procedere ad una nuova regolamentazione della materia degli orari di vendita degli esercizi commerciali compresa l’individuazione, con criteri nuovi e più aggiornati, degli ambiti turistici ed artistici. Nel testo unico una tabella di sintesi dei provvedimenti sopra indicati fornisce il quadro degli ambiti artistici e turistici finora individuati in Lombardia. 19 Testo coordinato commercio 2.1 Esercizio dell’attività di vendita al dettaglio Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della l. 15 marzo 1997 n. 59” (G.U. 24 aprile 1998, n. 95, S.O.) … Omissis … Titolo III Esercizio dell’attività di vendita al dettaglio sulle aree private in sede fissa Art. 6. Programmazione della rete distributiva 1. Le regioni, entro un anno dalla data di pubblicazione del presente decreto definiscono gli indirizzi generali per l’insediamento delle attività commerciali, perseguendo i seguenti obiettivi: a) favorire la realizzazione di una rete distributiva che, in collegamento con le altre funzioni di servizio, assicuri la migliore produttività del sistema e la qualità dei servizi da rendere al consumatore; b) assicurare, nell’indicare gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita, il rispetto del principio della libera concorrenza, favorendo l’equilibrato sviluppo delle diverse tipologie distributive; c) rendere compatibile l’impatto territoriale e ambientale degli insediamenti commerciali con particolare riguardo a fattori quali la mobilità, il traffico e l’inquinamento e valorizzare la funzione commerciale al fine della riqualificazione del tessuto urbano, in particolare per quanto riguarda i quartieri urbani degradati al fine di ricostituire un ambiente idoneo allo sviluppo del commercio; d) salvaguardare e riqualificare i centri storici anche attraverso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti e il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale; e) salvaguardare e riqualificare la rete distributiva nelle zone di montagna, rurali ed insulari anche attraverso la creazione di servizi commerciali polifunzionali e al fine di favorire il mantenimento e la ricostituzione del tessuto commerciale; f) favorire gli insediamenti commerciali destinati al recupero delle piccole e medie imprese già operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali reali e con facoltà di prevedere a tale fine forme di incentivazione; g) assicurare, avvalendosi dei comuni e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, un sistema coordinato di monitoraggio riferito all’entità e all’efficienza della rete distributiva, attraverso la costituzione di appositi osservatori, ai quali partecipano anche i rappresentanti 20 Capitolo 2 – par. 2.1 degli enti locali, delle organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti coordinati da un Osservatorio nazionale costituito presso il Ministero delle attività produttive(1). 2. Le regioni, entro il termine di cui al comma 1, fissano i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, affinché gli strumenti urbanistici comunali individuino: a) le aree da destinare agli insediamenti commerciali ed, in particolare, quelle nelle quali consentire gli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio; b) i limiti ai quali sono sottoposti gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali e ambientali, nonché dell’arredo urbano, ai quali sono sottoposte le imprese commerciali nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale; c) i vincoli di natura urbanistica ed in particolare quelli inerenti la disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e le quantità minime di spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita; d) la correlazione dei procedimenti di rilascio della concessione o autorizzazione edilizia inerenti l’immobile o il complesso di immobili e dell’autorizzazione all’apertura di una media o grande struttura di vendita, eventualmente prevedendone la contestualità. 3. Le regioni, nel definire gli indirizzi generali di cui al comma 1, tengono conto principalmente delle caratteristiche dei seguenti ambiti territoriali: a) le aree metropolitane omogenee, al fine di pervenire ad una programmazione integrata tra centro e realtà periferiche; b) le aree sovracomunali configurabili come un unico bacino di utenza, per le quali devono essere individuati criteri di sviluppo omogenei; c) i centri storici, al fine di salvaguardare e qualificare la presenza delle attività commerciali e artigianali in grado di svolgere un servizio di vicinato, di tutelare gli esercizi aventi valore storico e artistico ed evitare il processo di espulsione delle attività commerciali e artigianali; d) i centri di minore consistenza demografica al fine di svilupparne il tessuto economico-sociale anche attraverso il miglioramento delle reti infrastrutturali ed in particolare dei collegamenti viari. 4. Per l’emanazione degli indirizzi e dei criteri di cui al presente articolo, le regioni acquisiscono il parere obbligatorio delle rappresentanze degli enti locali e procedono, altresì, alla consultazione delle organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio. 5. Le regioni stabiliscono il termine, non superiore a centottanta giorni, entro il quale i comuni sono tenuti ad adeguare gli strumenti urbanistici generali e attuativi e i regolamenti di polizia locale alle disposizioni di cui al presente articolo. (1) La lettera già sostituita dall'art. 23 del d.l. 30 settembre 2003 n. 269 è stata modificata dall'art. 4 della l. 24 dicembre 2003 n. 350 21 Testo coordinato commercio 6. In caso di inerzia da parte del comune, le regioni provvedono in via sostitutiva adottando le norme necessarie, che restano in vigore fino alla emanazione delle norme comunali. Art. 7. Esercizi di vicinato 1. L’apertura, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie fino ai limiti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d), di un esercizio di vicinato sono soggetti a previa comunicazione al comune competente per territorio e possono essere effettuati decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. 2. Nella comunicazione di cui al comma 1 il soggetto interessato dichiara: a) di essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5; b) di avere rispettato i regolamenti locali di polizia urbana, annonaria e igienico-sanitaria, i regolamenti edilizi e le norme urbanistiche nonché quelle relative alle destinazioni d’uso; c) il settore o i settori merceologici, l’ubicazione e la superficie di vendita dell’esercizio; d) l’esito della eventuale valutazione in caso di applicazione della disposizione di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c). 3. Fermi restando i requisiti igienico-sanitari, negli esercizi di vicinato autorizzati alla vendita dei prodotti di cui all’articolo 4 della legge 25 marzo 1997, n. 77, è consentito il consumo immediato dei medesimi a condizione che siano esclusi il servizio di somministrazione e le attrezzature ad esso direttamente finalizzati. Art. 8. Medie strutture di vendita 1. L’apertura, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie fino ai limiti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera e), di una media struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio, anche in relazione agli obiettivi di cui all’articolo 6, comma 1. 2. Nella domanda l’interessato dichiara: a) di essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5; b) il settore o i settori merceologici, l’ubicazione e la superficie di vendita dell’esercizio; c) le eventuali comunicazioni di cui all’articolo 10, commi 2 e 3, del presente decreto. 3. Il comune, sulla base delle disposizioni regionali e degli obiettivi indicati all’articolo 6, sentite le organizzazioni di tutela dei consumatori e le organizzazioni imprenditoriali del commercio, adotta i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1. 4. Il comune adotta le norme sul procedimento concernente le domande relative alle medie strutture di vendita; stabilisce il termine, comunque non superiore ai novanta giorni dalla data di ricevimento, entro il quale le domande devono ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego, nonché tutte le altre norme atte ad assicurare trasparenza e snellezza dell’azione 22 Capitolo 2 – par. 2.1 amministrativa e la partecipazione al procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche. Art. 9. Grandi strutture di vendita 1. L’apertura, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie di una grande struttura di vendita, sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio. 2. Nella domanda l’interessato dichiara: a) di essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5; b) il settore o i settori merceologici, l’ubicazione e la superficie di vendita dell’esercizio; c) le eventuali comunicazioni di cui all’articolo 10, commi 2 e 3, del presente decreto. 3. La domanda di rilascio dell’autorizzazione è esaminata da una conferenza di servizi indetta dal comune, salvo quanto diversamente stabilito nelle disposizioni di cui al comma 5, entro sessanta giorni dal ricevimento, composta da tre membri, rappresentanti rispettivamente la regione, la provincia e il comune medesimo, che decide in base alla conformità dell’insediamento ai criteri di programmazione di cui all’articolo 6. Le deliberazioni della conferenza sono adottate a maggioranza dei componenti entro novanta giorni dalla convocazione; il rilascio dell’autorizzazione è subordinato al parere favorevole del rappresentante della regione. 4. Alle riunioni della conferenza di servizi, svolte in seduta pubblica, partecipano a titolo consultivo i rappresentanti dei comuni contermini, delle organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio più rappresentative in relazione al bacino d’utenza dell’insediamento interessato. Ove il bacino d’utenza riguardi anche parte del territorio di altra regione confinante, la conferenza dei servizi ne informa la medesima e ne richiede il parere non vincolante ai fini del rilascio della autorizzazione. 5. La regione adotta le norme sul procedimento concernente le domande relative alle grandi strutture di vendita; stabilisce il termine comunque non superiore a centoventi giorni dalla data di convocazione della conferenza di servizi di cui al comma 3 entro il quale le domande devono ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego, nonché tutte le altre norme atte ad assicurare trasparenza e snellezza dell’azione amministrativa e la partecipazione al procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche. Art. 10. Disposizioni particolari 1. La regione prevede disposizioni per favorire lo sviluppo della rete commerciale nelle aree montane, rurali e insulari, per riqualificare la rete distributiva e rivitalizzare il tessuto economico sociale e culturale nei centri storici, nonché per consentire una equilibrata e graduale evoluzione delle imprese esistenti nelle aree urbane durante la fase di prima applicazione del nuovo regime amministrativo. 23 Testo coordinato commercio In particolare, prevede: a) per i comuni, le frazioni e le altre aree con popolazione inferiore a 3.000 abitanti, nonché nelle zone montane e insulari, la facoltà di svolgere congiuntamente in un solo esercizio, oltre all’attività commerciale, altri servizi di particolare interesse per la collettività, eventualmente in convenzione con soggetti pubblici o privati. Per queste aree le regioni possono prevedere l’esenzione di tali attività da tributi regionali; per tali esercizi gli enti locali possono stabilire particolari agevolazioni, fino alla esenzione, per i tributi di loro competenza; b) per centri storici, aree o edifici aventi valore storico, archeologico, artistico e ambientale, l’attribuzione di maggiori poteri ai comuni relativamente alla localizzazione e alla apertura degli esercizi di vendita, in particolare al fine di rendere compatibili i servizi commerciali con le funzioni territoriali in ordine alla viabilità, alla mobilità dei consumatori e all’arredo urbano, utilizzando anche specifiche misure di agevolazione tributaria e di sostegno finanziario; c) per le aree di cui alle lettere a), b) e c) dell’articolo 6, comma 3, l’indicazione dei criteri in base ai quali i comuni, per un periodo non superiore a due anni, possono sospendere o inibire gli effetti della comunicazione all’apertura degli esercizi di vicinato sulla base di specifica valutazione circa l’impatto del nuovo esercizio sull’apparato distributivo e sul tessuto urbano ed in relazione a programmi di qualificazione della rete commerciale finalizzati alla realizzazione di infrastrutture e servizi adeguati alle esigenze dei consumatori. 2. La regione stabilisce criteri e modalità ai fini del riconoscimento della priorità alle domande di rilascio di autorizzazione all’apertura di una media o grande struttura di vendita che prevedono la concentrazione di preesistenti medie o grandi strutture e l’assunzione dell’impegno di reimpiego del personale dipendente, ovvero, qualora trattasi di esercizi appartenenti al settore non alimentare, alle domande di chi ha frequentato un corso di formazione professionale per il commercio o risulta in possesso di adeguata qualificazione. Il rilascio della nuova autorizzazione comporta la revoca di quelle relative alle strutture preesistenti, prese in considerazione ai fini della predetta priorità. 3. La regione stabilisce altresì i casi in cui l’autorizzazione all’apertura di una media struttura di vendita e all’ampliamento della superficie di una media o di una grande struttura di vendita è dovuta a seguito di concentrazione o accorpamento di esercizi autorizzati ai sensi dell’articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n. 426, per la vendita di generi di largo e generale consumo. Il rilascio dell’autorizzazione comporta la revoca dei titoli autorizzatori relativi ai preesistenti esercizi. Nell’applicazione della presente disposizione la regione tiene conto anche della condizione relativa al reimpiego del personale degli esercizi concentrati o accorpati. 4. La regione può individuare le zone del proprio territorio alle quali applicare i limiti massimi di superficie di vendita di cui all’articolo 4, lettere d) ed e), in 24 Capitolo 2 – par. 2.1 base alle caratteristiche socio-economiche, anche in deroga al criterio della consistenza demografica. 5. Ai fini della realizzazione del sistema di monitoraggio previsto dall’articolo 6, comma 1, lettera g), la conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, definisce i contenuti di una modulistica univoca da utilizzare per le comunicazioni e le autorizzazioni di cui al presente decreto. Per lo stesso scopo i dati relativi al settore merceologico e alla superficie e all’ubicazione degli esercizi di vendita sono denunciati all’ufficio del registro delle imprese, che li iscrive nel repertorio delle notizie economiche e amministrative. Tali dati sono messi a disposizione degli osservatori regionali e nazionale di cui al predetto articolo 6. … Omissis … Art. 13. Disposizioni speciali 1. Le disposizioni del presente titolo non si applicano alle seguenti tipologie di attività: le rivendite di generi di monopolio; gli esercizi di vendita interni ai campeggi, ai villaggi e ai complessi turistici e alberghieri; gli esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali; alle rivendite di giornali; le gelaterie e gastronomie; le rosticcerie e le pasticcerie; gli esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d’arte, oggetti d’antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale, nonché le stazioni di servizio autostradali, qualora le attività di vendita previste dal presente comma siano svolte in maniera esclusiva e prevalente, e le sale cinematografiche. 2. Gli esercizi del settore alimentare devono garantire l’apertura al pubblico in caso di più di due festività consecutive. Il sindaco definisce le modalità per adempiere all’obbligo di cui al presente comma. 3. I comuni possono autorizzare, in base alle esigenze dell’utenza e alle peculiari caratteristiche del territorio, l’esercizio dell’attività di vendita in orario notturno esclusivamente per un limitato numero di esercizi di vicinato. Titolo V Offerta di vendita Art. 14. Pubblicità dei prezzi 1. I prodotti esposti per la vendita al dettaglio nelle vetrine esterne o all’ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell’esercizio o su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, debbono indicare, in modo 25 Testo coordinato commercio chiaro e ben leggibile, il prezzo di vendita al pubblico, mediante l’uso di un cartello o con altre modalità idonee allo scopo. 2. Quando siano esposti insieme prodotti identici dello stesso valore è sufficiente l’uso di un unico cartello. Negli esercizi di vendita e nei reparti di tali esercizi organizzati con il sistema di vendita del libero servizio l’obbligo dell’indicazione del prezzo deve essere osservato in ogni caso per tutte le merci comunque esposte al pubblico. 3. I prodotti sui quali il prezzo di vendita al dettaglio si trovi già impresso in maniera chiara e con caratteri ben leggibili, in modo che risulti facilmente visibile al pubblico, sono esclusi dall’applicazione del comma 2. 4. Restano salve le disposizioni vigenti circa l’obbligo dell’indicazione del prezzo di vendita al dettaglio per unità di misura. … Omissis … Titolo VI Forme speciali di vendita al dettaglio Art. 16. Spacci interni 1. La vendita di prodotti a favore di dipendenti da enti o imprese, pubblici o privati, di militari, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli privati, nonché la vendita nelle scuole e negli ospedali esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi è soggetta ad apposita comunicazione al comune competente per territorio e deve essere effettuata in locali non aperti al pubblico, che non abbiano accesso dalla pubblica via. 2. L’attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1. 3. Nella comunicazione deve essere dichiarata la sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 5 della persona preposta alla gestione dello spaccio, il rispetto delle norme in materia di idoneità dei locali, il settore merceologico, l’ubicazione e la superficie di vendita. Art. 17. Apparecchi automatici 1. La vendita dei prodotti al dettaglio per mezzo di apparecchi automatici è soggetta ad apposita comunicazione al comune competente per territorio. 2. L’attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1. 3. Nella comunicazione deve essere dichiarata la sussistenza del possesso dei requisiti di cui all’articolo 5, il settore merceologico e l’ubicazione, nonché, se l’apparecchio automatico viene installato sulle aree pubbliche, l’osservanza delle norme sull’occupazione del suolo pubblico. 4. La vendita mediante apparecchi automatici effettuata in apposito locale ad essa adibito in modo esclusivo, è soggetta alle medesime disposizioni concernenti l’apertura di un esercizio di vendita. 26 Capitolo 2 – par. 2.1 Art. 18. Vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione 1. La vendita al dettaglio per corrispondenza o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione è soggetta a previa comunicazione al comune nel quale l’esercente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale. L’attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. 2. È vietato inviare prodotti al consumatore se non a seguito di specifica richiesta. È consentito l’invio di campioni di prodotti o di omaggi, senza spese o vincoli per il consumatore. 3. Nella comunicazione di cui al comma 1 deve essere dichiarata la sussistenza del possesso dei requisiti di cui all’articolo 5 e il settore merceologico. 4. Nei casi in cui le operazioni di vendita sono effettuate tramite televisione, l’emittente televisiva deve accertare, prima di metterle in onda, che il titolare dell’attività è in possesso dei requisiti prescritti dal presente decreto per l’esercizio della vendita al dettaglio. Durante la trasmissione debbono essere indicati il nome e la denominazione o la ragione sociale e la sede del venditore, il numero di iscrizione al registro delle imprese ed il numero della partita IVA. Agli organi di vigilanza è consentito il libero accesso al locale indicato come sede del venditore. 5. Le operazioni di vendita all’asta realizzate per mezzo della televisione o di altri sistemi di comunicazione sono vietate. 6. Chi effettua le vendite tramite televisione per conto terzi deve essere in possesso della licenza prevista dall’articolo 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. 7. Alle vendite di cui al presente articolo si applicano altresì le disposizioni di cui al decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali. Art. 19. Vendite effettuate presso il domicilio dei consumatori 1. La vendita al dettaglio o la raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio dei consumatori, è soggetta a previa comunicazione al comune nel quale l’esercente ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale. 2. L’attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1. 3. Nella comunicazione deve essere dichiarata la sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 5 e il settore merceologico. 27 Testo coordinato commercio 4. Il soggetto di cui al comma 1, che intende avvalersi per l’esercizio dell’attività di incaricati, ne comunica l’elenco all’autorità di pubblica sicurezza del luogo nel quale ha la residenza o la sede legale e risponde agli effetti civili dell’attività dei medesimi. Gli incaricati devono essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 5, comma 2. 5. L’impresa di cui al comma 1 rilascia un tesserino di riconoscimento alle persone incaricate, che deve ritirare non appena esse perdano i requisiti richiesti dall’articolo 5, comma 2. 6. Il tesserino di riconoscimento di cui al comma 5 deve essere numerato e aggiornato annualmente, deve contenere le generalità e la fotografia dell’incaricato, l’indicazione a stampa della sede e dei prodotti oggetto dell’attività dell’impresa, nonché del nome del responsabile dell’impresa stessa, e la firma di quest’ultimo e deve essere esposto in modo visibile durante le operazioni di vendita. 7. Le disposizioni concernenti gli incaricati si applicano anche nel caso di operazioni di vendita a domicilio del consumatore effettuate dal commerciante sulle aree pubbliche in forma itinerante. 8. Il tesserino di riconoscimento di cui ai commi 5 e 6 è obbligatorio anche per l’imprenditore che effettua personalmente le operazioni disciplinate dal presente articolo. 9. Alle vendite di cui al presente articolo si applica altresì la disposizione dell’articolo 18, comma 7. Art. 20. Propaganda a fini commerciali 1. L’esibizione o illustrazione di cataloghi e l’effettuazione di qualsiasi altra forma di propaganda commerciale presso il domicilio del consumatore o nei locali nei quali il consumatore si trova, anche temporaneamente, per motivi di lavoro, studio, cura o svago, sono sottoposte alle disposizioni sugli incaricati e sul tesserino di riconoscimento di cui all’articolo 19, commi 4, 5, 6 e 8. Art. 21. Commercio elettronico 1. Il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato promuove l’introduzione e l’uso del commercio elettronico con azioni volte a: a) sostenere una crescita equilibrata del mercato elettronico; b) tutelare gli interessi dei consumatori; c) promuovere lo sviluppo di campagne di informazione ed apprendimento per operatori del settore ed operatori del servizio; d) predisporre azioni specifiche finalizzate a migliorare la competitività globale delle imprese, con particolare riferimento alle piccole e alle medie, attraverso l’utilizzo del commercio elettronico; e) favorire l’uso di strumenti e tecniche di gestione di qualità volte a garantire l’affidabilità degli operatori e ad accrescere la fiducia del consumatore; 28 Capitolo 2 – par. 2.1 f) garantire la partecipazione italiana al processo di cooperazione e negoziazione europea ed internazionale per lo sviluppo del commercio elettronico. 2. Per le azioni di cui al comma 1 il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato può stipulare convenzioni e accordi di programma con soggetti pubblici o privati interessati, nonché con associazioni rappresentative delle imprese e dei consumatori. … Omissis … Art. 24. Interventi per i consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi 1. I consorzi e le cooperative di garanzia collettiva fidi di cui all’articolo 9, comma 9, del decreto-legge 1º ottobre 1982, n. 697, convertito dalla legge 29 novembre 1982, n. 887, e successive modifiche, possono costituire società finanziarie aventi per finalità lo sviluppo delle imprese operanti nel commercio, nel turismo e nei servizi. 2. I requisiti delle società finanziarie, richiesti per l’esercizio delle attività di cui al presente articolo, sono i seguenti: a) siano ispirate ai princìpi di mutualità, richiamati espressamente e inderogabilmente nei rispettivi statuti; b) siano costituite da almeno 30 consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi di cui al comma 1, distribuiti sull’intero territorio nazionale; c) siano iscritte all’apposito elenco tenuto dal Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, in conformità al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385. 3. Le organizzazioni nazionali di rappresentanza del commercio, del turismo e dei servizi, per le finalità di cui al presente articolo, possono promuovere società finanziarie che abbiano i requisiti nel medesimo previsti. 4. Il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato può disporre il finanziamento delle società finanziarie per le attività destinate: a) all’incremento di fondi di garanzia interconsortili gestiti dalle società finanziarie di cui al comma 1 e destinati alla prestazione di controgaranzie a favore dei consorzi e delle cooperative di garanzia collettiva fidi partecipanti; b) alla promozione di interventi necessari al miglioramento dell’efficienza ed efficacia operativa dei soggetti costituenti; c) alla promozione di interventi destinati a favorire le fusioni tra consorzi e cooperative di garanzia collettiva fidi. c-bis) alla realizzazione di servizi di progettazione e assistenza tecnica agli operatori del settore anche mediante la costituzione di società partecipate dalle società finanziarie previste dal comma 1. 5. Con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle 29 Testo coordinato commercio presenti disposizioni, sono fissati i criteri e le modalità per gli interventi di cui al comma 4. 6. Gli interventi previsti dal presente articolo, nel limite di 80 miliardi di lire per l’anno 1998, sono posti a carico delle risorse disponibili, per gli interventi di cui alla legge 1º marzo 1986, n. 64, nell’apposita sezione del Fondo di cui all’articolo 4, comma 6, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104. A tal fine il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato è autorizzato a trasferire la somma suddetta ad apposita sezione del Fondo di cui all’articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46. Titolo IX Disposizioni transitorie e finali Art. 25. Disciplina transitoria 1. I soggetti titolari di autorizzazione per l’esercizio dell’attività di vendita dei prodotti appartenenti alle tabelle merceologiche di cui all’allegato 5 al decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375, e all’articolo 2 del decreto ministeriale 17 settembre 1996, n. 561, hanno titolo a porre in vendita tutti i prodotti relativi al settore merceologico corrispondente, fatto salvo il rispetto dei requisiti igienico-sanitari, e ad ottenere che l’autorizzazione sia modificata d’ufficio con l’indicazione del settore medesimo a partire dalla data di pubblicazione del presente decreto, ad eccezione dei soggetti in possesso delle tabelle speciali riservate ai titolari di farmacie di cui all’allegato 9 del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375, nonché quelle riservate ai soggetti titolari di rivendite di generi di monopolio di cui all’articolo 1 del decreto ministeriale 17 settembre 1996, n. 561 del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato. 2. A partire dalla data di pubblicazione del presente decreto sono soggette a previa comunicazione al comune competente per territorio il trasferimento della proprietà o della gestione dell’attività, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie degli esercizi di vendita entro i limiti di superficie di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d). Resta fermo l’obbligo per il subentrante del possesso dell’iscrizione al registro degli esercenti il commercio secondo quanto previsto dall’articolo 49 del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 3753. 3. Fino al termine di cui all’articolo 26, comma 1, non può essere negata l’autorizzazione all’apertura di un esercizio avente una superficie di vendita non superiore a 1.500 mq in caso di concentrazione di esercizi di vendita di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d), operanti nello stesso comune e autorizzati ai sensi dell’articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n. 426, alla data di pubblicazione del presente decreto, per la vendita di generi di largo e generale consumo. La superficie di vendita del nuovo esercizio deve essere pari alla somma dei limiti massimi indicati alla predetta lettera d), tenuto conto del numero degli esercizi concentrati. 30 Capitolo 2 – par. 2.1 Il rilascio dell’autorizzazione comporta la revoca dei titoli autorizzatori preesistenti. 4. Le domande di rilascio dell’autorizzazione all’apertura di un nuovo esercizio prevista dall’articolo 24 della legge 11 giugno 1971, n. 426, in corso di istruttoria alla data di pubblicazione del presente decreto, sono esaminate ai sensi della predetta legge n. 426 del 1971 e decise con provvedimento espresso entro e non oltre 90 giorni dalla suddetta data. Dalla data di pubblicazione del presente decreto e fino al termine del periodo di cui all’articolo 26, comma 1, è sospesa la presentazione delle domande, tranne nel caso di cui al comma 3. 5. Le domande di rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426, già trasmesse alla giunta regionale per il prescritto nulla osta alla data del 16 gennaio 1998 e corredate a norma secondo attestazione del responsabile del procedimento, sono esaminate e decise con provvedimento espresso entro centottanta giorni dalla suddetta data. 6. Fino alla emanazione delle disposizioni di cui all’articolo 6, fatto comunque salvo quanto previsto dal successivo articolo 31, alle domande di rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426, non trasmesse alla giunta regionale per il prescritto nulla osta alla data del 16 gennaio 1998, nonché alle domande per il rilascio delle medesime autorizzazioni presentate successivamente e fino alla data di pubblicazione del presente decreto, non è dato seguito. Dalla data di pubblicazione del presente decreto e fino all’emanazione delle disposizioni di cui all’articolo 6 è sospesa la presentazione delle domande. 7. I soggetti titolari di esercizi di vicinato, autorizzati ai sensi della legge 11 giugno 1971, n. 426, ed iscritti da almeno cinque anni alla gestione pensionistica presso l’INPS, che cessano l’attività e restituiscono il titolo autorizzatorio nei ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono usufruire di un indennizzo teso a favorire la loro ricollocazione professionale. 8. Il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con proprio regolamento definisce criteri e modalità per l’erogazione dell’indennizzo di cui al comma 7, l’entità dello stesso e la relativa modulazione tenuto conto dell’anzianità di esercizio dei titolari, della eventuale esclusività dell’attività commerciale esercitata quale fonte di reddito, della situazione patrimoniale e della tipologia dell’attività svolta. 9. La concessione dell’indennizzo di cui al comma 7 è stabilita nel limite di 20 miliardi di lire per l’anno 1998 e di lire 40 miliardi per ciascuno degli anni 1999 e 2000 a carico delle risorse disponibili, per gli interventi di cui alla legge 1º marzo 1986, n. 64, nell’apposita sezione del Fondo di cui all’articolo 4, comma 6, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104. A tal fine il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato è autorizzato a trasferire le somme suddette ad apposita sezione del Fondo di cui all’articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46. 31 Testo coordinato commercio Art. 26. Disposizioni finali 1. Ad eccezione dell’articolo 6, dell’articolo 10, dell’articolo 15, commi 7, 8 e 9, dell’articolo 21, dell’articolo 25, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, e del comma 3 del presente articolo, le norme contenute nel presente decreto hanno efficacia a decorrere dal trecentosessantacinquesimo giorno dalla sua pubblicazione. 2. È vietato l’esercizio congiunto nello stesso locale dell’attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio salvo deroghe stabilite dalle regioni. Resta salvo il diritto acquisito dagli esercenti in attività alla data di cui al comma 1. 3. Ai fini della commercializzazione restano salve le disposizioni concernenti la vendita di determinati prodotti previste da leggi speciali. 4. Fino al termine di cui al comma 1 resta salvo quanto previsto in materia di esercizio dell’attività di vendita di giornali, quotidiani e periodici dalla legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modifiche, e ai soggetti titolari di dette attività non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 25, comma 1. Decorso tale termine all’attività di vendita di giornali, quotidiani e periodici si applica la disciplina generale prevista dal presente decreto, fatta salva la parità di trattamento nelle condizioni di vendita e di distribuzione delle testate. 5. È soggetto alla sola comunicazione al comune competente per territorio il trasferimento della gestione o della proprietà per atto tra vivi o per causa di morte, nonché la cessazione dell’attività relativa agli esercizi di cui agli articoli 7, 8 e 9. Nel caso di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 7. 6. Sono abrogate: la legge 11 giugno 1971, n. 426, e successive modificazioni, ed il decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375, a esclusione del comma 9 dell’articolo 56 e dell’allegato 9 e delle disposizioni concernenti il registro esercenti il commercio relativamente alla attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 287, e alla attività ricettiva di cui alla legge 17 marzo 1983, n. 217; la legge 28 luglio 1971, n. 558; la legge 19 marzo 1980, n. 80, come modificata dalla legge 12 aprile 1991, n. 130; l’articolo 8 del decreto- legge 1º ottobre 1982, n. 697, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 1982, n. 887, come riformulato dall’articolo 1 del decreto-legge 26 gennaio 1987, n. 9 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 gennaio 1987, n. 121; l’articolo 4 della legge 6 febbraio 1987, n. 15; il decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 384; l’articolo 2 del decreto ministeriale 16 settembre 1996, n. 561; l’articolo 2, commi 89 e 90 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nonché ogni altra norma contraria al presente decreto o con esso incompatibile. Sono soppresse le voci numeri 50, 55 e 56 della tabella c) allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1992, n. 300, come modificata ed integrata dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 407. 32 Capitolo 2 – par. 2.1 Legge regionale 23 luglio 1999, n. 14 (Norme in materia di commercio in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”)(1) (B.U.R.L. 26 luglio 1999, n. 30, 1º suppl. ord.) Art. 1. - Finalità 1. La regione, ai sensi dell’art. 117, comma secondo, della Costituzione e della legge 15 marzo 1997, n. 59, in attuazione dei titoli II, III, VIII art. 23 e IX del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”, persegue le seguenti finalità: a) favorire la realizzazione di una rete distributiva che assicuri sia la migliore produttività del sistema, sia la qualità e l’economicità dei servizi da rendere al consumatore; b) integrare pianificazione territoriale e urbanistica e programmazione commerciale per un equilibrato ed armonico assetto del territorio e delle diverse tipologie di vendita al dettaglio; c) salvaguardare e riqualificare i centri storici mediante il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti ed il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale, favorendo un’integrazione armonica degli insediamenti commerciali con il tessuto urbano esistente, nel rispetto dei valori architettonici ed ambientali e del contesto sociale; d) valorizzare la funzione commerciale al fine di una riqualificazione del tessuto urbano e dei centri storici; e) assicurare il rispetto della libera concorrenza favorendo lo sviluppo della presenza delle varie formule organizzative della distribuzione e, all’interno di queste, tra le varie imprese, al fine di garantire un corretto equilibrio tra imprese di diverse dimensioni; f) agevolare gli insediamenti che prevedono la ricollocazione di piccole e di medie imprese già operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali ed il contesto sociale nelle relative aree; g) assicurare un sistema di monitoraggio riferito all’entità ed alla efficienza della rete distributiva insediata sul territorio; h) salvaguardare e favorire la rete distributiva delle zone montane, rurali ed insulari attraverso la creazione di servizi commerciali, anche polifunzionali, al fine di favorire il mantenimento e la ricostituzione del tessuto commerciale; i) assicurare la trasparenza del mercato, la libertà di impresa e la libera circolazione delle merci; (1) Il titolo è stato modificato dalla lett. a) del primo comma dell'art. 2 della l.r. 8 febbraio 2005 n. 6. 33 Testo coordinato commercio j) garantire la tutela del consumatore con particolare riguardo all’informazione, alla possibilità di aggiornamento, al servizio di prossimità, all’assortimento ed alla sicurezza dei prodotti; k) favorire l’efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete distributiva, nonché l’evoluzione tecnologica dell’offerta, anche al fine del contenimento dei prezzi. 2. In attuazione del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32 “Razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59”, la regione favorisce il processo di razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti assicurando il suo equilibrato sviluppo sul territorio regionale. Art. 2. - Ambiti territoriali 1. Ai fini della programmazione della rete distributiva il territorio della Regione Lombardia è suddiviso in ambiti territoriali, tenendo conto della presenza di aree metropolitane omogenee e delle aree sovracomunali configurabili come un unico bacino di utenza allo scopo di consentire la razionalizzazione e la modernizzazione della rete distributiva, controllandone l’impatto territoriale, ambientale, sociale e commerciale. Negli ambiti territoriali la programmazione regionale tiene conto della presenza dei centri storici e dei centri di minore consistenza demografica, prevedendo misure di sviluppo del commercio adeguate alle loro caratteristiche. 2. Gli ambiti territoriali costituiscono il riferimento geografico per la definizione degli indirizzi regionali per l’insediamento delle attività commerciali, tenendo conto degli obiettivi e delle compatibilità di sviluppo dell’offerta in rapporto alla domanda esistente e prevedibile sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo(1). Art. 3. - Programmazione regionale 1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva: a) il programma triennale per lo sviluppo del settore commerciale; b) gli indirizzi generali per la programmazione urbanistica del settore commerciale. 2. Il programma triennale per lo sviluppo del settore commerciale, nel rispetto dei principi di libera concorrenza e di equilibrato servizio alle comunità locali, prevede: a) lo scenario di sviluppo del sistema commerciale lombardo, ad orientamento dell’attività di programmazione degli enti locali; b) gli indirizzi per lo sviluppo delle diverse tipologie di vendita, indicando in particolare gli obiettivi di presenza e di sviluppo delle grandi strutture di vendita, anche con riferimento a differenti ambiti territoriali o urbani; c) i criteri generali per l’autorizzazione delle grandi strutture di vendita, in relazione alle diverse tipologie commerciali; (1) L'articolo è stato sostituito dalla lett. a) del quinto comma dell'art. 2 della l.r. 22 luglio 2002, n. 15. 34 Capitolo 2 – par. 2.1 d) le priorità per l’utilizzo delle risorse finanziarie a disposizione del bilancio regionale. 3. La Giunta regionale provvede agli ulteriori adempimenti di disciplina del settore commerciale e alla definizione di criteri urbanistici per l’attività di pianificazione e di gestione degli enti locali in materia(1). Art. 4. - Programmazione urbanistica riferita al settore commerciale dei comuni e delle province 1. I comuni definiscono i contenuti attinenti gli insediamenti commerciali nei propri piani urbanistici e negli strumenti di programmazione commerciale tenuto conto delle finalità della presente legge e delle indicazioni stabilite nel programma triennale e nei criteri di programmazione urbanistica del settore commerciale di cui all’art. 3. 2. I piani territoriali di coordinamento delle province definiscono disposizioni in materia di grandi strutture di vendita tenuto conto degli obiettivi indicati dal programma triennale regionale. In assenza dei piani territoriali di coordinamento, le varianti di adeguamento dei piani urbanistici comunali concernenti le grandi strutture di vendita sono trasmesse, dopo l’adozione e contestualmente al deposito, alle province che formulano osservazioni nei termini previsti dalla vigente normativa. 3. Al fine di integrare la pianificazione territoriale ed urbanistica generale con la programmazione commerciale, i comuni favoriscono: a) una integrazione armonica degli insediamenti commerciali con il tessuto urbano esistente e previsto, nel rispetto dei valori architettonici ed ambientali e del contesto sociale; b) un adeguato livello di rinnovamento, di riqualificazione e di integrazione funzionale di tutte le attività commerciali presenti sul territorio; c) una integrazione delle attività commerciali con le altre attività lavorative al fine di garantire la presenza continuativa delle attività umane, attraverso la creazione di zone miste con la presenza di funzioni produttive, funzioni di servizio, funzioni commerciali, funzioni direzionali, funzioni ricettive e di spettacolo; tali zone sono prioritariamente individuate nelle aree dismesse e degradate, se presenti; d) un equilibrato rapporto tra la rete viaria e gli insediamenti commerciali in modo da evitare fenomeni negativi sulla rete viaria esistente; e) la creazione di uno o più centri commerciali nei centri storici agevolando l’insediamento di esercizi di vicinato già presenti nel comune. 4. In particolare gli strumenti urbanistici comunali, in coerenza con i criteri urbanistici di cui all’art. 3, comma 3, individuano: a) le aree da destinare agli insediamenti commerciali ed, in particolare, quelle nelle quali consentire gli insediamenti di medie e quelle nelle quali consentire gli insediamenti di grandi strutture di vendita al dettaglio, nonché la disciplina per la realizzazione degli stessi; (1) L'articolo è stato sostituito dalla lett. b) del quinto comma dell'art. 2 della l.r. 22 luglio 2002, n. 15. 35 Testo coordinato commercio b) le prescrizioni a cui devono uniformarsi gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali ed ambientali, nonché all’arredo urbano, nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale; c) le misure per una corretta integrazione tra strutture commerciali e servizi ed attrezzature pubbliche; d) le prescrizioni e gli indirizzi di natura urbanistica ed in particolare quelle inerenti la disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e le quantità minime di spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita (1). 5. In adeguamento ai criteri urbanistici di cui all’art. 3, comma 3, i piani regolatori generali, e relative varianti, devono altresì prevedere che le aree destinate a grandi strutture di vendita siano dotate di attrezzature pubbliche o di uso pubblico almeno nella misura del 200% della superficie lorda di pavimento degli edifici previsti, di cui almeno la metà deve essere destinata a parcheggi di uso pubblico(2). Art. 5. - Autorizzazioni per le grandi strutture di vendita 1. L’apertura, l’ampliamento ed il trasferimento di una grande struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio, a seguito della conferenza di servizi di cui all’art. 9, comma 3, del d.lgs. 114/98. 2. Le domande sono valutate in ordine di precedenza cronologica e, tra domande concorrenti, nell’ordine di priorità di cui all’art. 6. La precedenza o la concorrenza sono accertate su base regionale in relazione al mese di calendario in cui risultano pervenute alla Regione. 3. Costituiscono elementi essenziali della domanda: a) le dichiarazioni di cui all’art. 9, comma 2, lett. a) e b) del d.lgs. 114/98; b) una relazione illustrativa concernente la conformità e la compatibilità dell’insediamento con le previsioni degli strumenti urbanistici comunali e con i criteri regionali di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, nonché con le disposizioni della presente legge; c) la valutazione dell’impatto occupazionale netto; d) lo studio dell’impatto sulla rete commerciale esistente e del contesto sociale; e) lo studio dell’impatto territoriale ed ambientale, fatto comunque salvo quanto previsto dalla vigente legislazione in materia di valutazione di impatto ambientale. 4. La trasmissione della copia della domanda da parte del comune alla provincia ed alla regione è condizione di validità della prima riunione della conferenza di servizi. 5. La prima riunione della conferenza di servizi è indetta dal comune tra il quarantacinquesimo ed il sessantesimo giorno dalla presentazione della doman(1) (2) Il comma è stato modificato dalla lett. c) del quinto comma dell’art. 2 della l.r. 22 luglio 2002, n. 15. Il comma è stato modificato dalla lett. d) del quinto comma dell’art. 2 della l.r. 22 luglio 2002, n. 15. 36 Capitolo 2 – par. 2.1 da, previi accordi con la regione e la provincia; la conferenza dei servizi si riunisce di norma presso la sede della provincia. 6. Il comune trasmette alla provincia ed alla regione copia della domanda riportante la data del protocollo comunale o la data di spedizione se effettuata a mezzo raccomandata da parte del richiedente, e provvede all’istruttoria preliminare. La domanda si intende a tutti gli effetti presentata alla data di acquisizione, da parte del comune, della valutazione di impatto ambientale, ove tale valutazione sia richiesta dai criteri di programmazione urbanistica. 7. Le deliberazioni della conferenza di servizi sono adottate entro novanta giorni dalla convocazione. Su segnalazione della regione, le conferenze di servizi riguardanti domande concorrenti individuano il termine anticipato di conclusione dei rispettivi lavori in modo che siano comunque rispettati il termine massimo dei lavori della prima conferenza avviata e l’ordine di esame delle diverse domande in base ai criteri di priorità tra domande concorrenti. 8. A tutela del richiedente, se la prima riunione della conferenza di servizi non è convocata, il termine per la conclusione dei lavori della medesima decorre dal sessantesimo giorno dal ricevimento della domanda da parte della regione, a seguito di trasmissione da parte del comune, o della provincia o del richiedente. In caso di inerzia del comune, la regione, sentiti il comune e la provincia, previo invito ad adempiere, indice la conferenza. 9. Se alla scadenza del termine fissato, i lavori della conferenza di servizi non sono conclusi, essa si intende automaticamente convocata nel giorno in cui è stato fissato il termine per la conclusione dei lavori, presso la regione. 10. Le determinazioni della Conferenza di servizi sono in ogni caso validamente assunte entro il termine di centoventi giorni dalla data di effettuazione(1) della prima riunione. Entro tale termine deve essere inoltrata, da parte del comune, comunicazione al presentatore della domanda ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 9, comma 5 del d.lgs. n. 114/98 dell’eventuale diniego motivato. La comunicazione può essere comunque validamente effettuata da ciascuno degli enti rappresentati nella conferenza di servizi. 11. Nei casi in cui è prevista la contestualità del rilascio dell’autorizzazione all’apertura e della concessione o autorizzazione edilizia valgono le disposizioni contenute nel documento relativo ai criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale. È fatta comunque salva la conclusione del procedimento relativo all’autorizzazione all’apertura nei termini e secondo le procedure sopra indicate. 12. La Conferenza di servizi, valutate le risultanze dell’istruttoria preliminare, dichiara l’ammissibilità della domanda ovvero dispone il rigetto della stessa nel caso di assenza di elementi essenziali o nel caso in cui l’istruttoria preliminare abbia accertato l’assenza dei requisiti soggettivi del richiedente. Se sia stata dichiarata l’ammissibilità della domanda la conferenza può chiedere elementi integrativi. La richiesta di integrazione non interrompe i termini per la valutazione della domanda. (1) La parola è stata sostituita dalla lett. b) del primo comma dell'art. 2 della l.r. 8 febbraio 2005, n. 6. 37 Testo coordinato commercio 13. Il comune invita a partecipare alla conferenza di servizi, sin dalla prima riunione, gli enti e i soggetti di cui all’art. 9, comma 4 del d.lgs. n. 114/98 individuati nell’ambito dell’unità territoriale di appartenenza. 14. Nel corso dei suoi lavori la conferenza di servizi stabilisce eventuali estensioni della partecipazione ad altri soggetti interessati in relazione all’area di gravitazione dell’insediamento proposto come definita dal programma di cui all’art. 3, comma 1, e l’eventuale informazione e richiesta di parere a regioni confinanti (1). 15. Le determinazioni finali della conferenza sono assunte dopo che sia conclusa la valutazione delle domande che precedono nell’ordine di valutazione. 16. L’autorizzazione all’apertura di grandi strutture di vendita è revocata nei casi previsti dall’art. 22, comma 4, del d.lgs. n. 114/98. Art. 6. - Criteri di priorità fra domande concorrenti 1. La priorità fra domande concorrenti è stabilita in base ai seguenti criteri in ordine decrescente: a) autorizzazioni quali atti dovuti; b) trasferimenti nello stesso comune; c) rilocalizzazioni nella stessa unità territoriale; d) ampliamenti non superiori al 20% della superficie esistente; e) ampliamenti per misure di superficie rientranti negli obiettivi di sviluppo assegnati all’unità territoriale a seguito di accorpamento di esercizi di vicinato; f) ampliamenti per misure di superficie rientranti negli obiettivi di sviluppo assegnati all’unità territoriale a seguito di accorpamento di medie strutture; g) nuove aperture per misure di superficie rientranti negli obiettivi di sviluppo assegnati all’unità territoriale a seguito di concentrazione di medie strutture di vendita e impegno di reimpiego del personale; h) altri ampliamenti per misure di superficie rientranti negli obiettivi di sviluppo assegnati all’unità territoriale; i) altre nuove aperture per misure di superficie rientranti negli obiettivi di sviluppo assegnati all’unità territoriale; j) ampliamenti per misure di superficie non rientranti negli obiettivi di sviluppo assegnati all’unità territoriale a seguito di accorpamento di esercizi di vicinato; k) ampliamenti per misure di superficie non rientranti negli obiettivi di sviluppo assegnati all’unità territoriale a seguito di accorpamento di medie strutture; l) nuove aperture per misure di superficie non rientranti negli obiettivi di sviluppo assegnati all’unità territoriale a seguito di concentrazione di medie strutture di vendita e impegno di reimpiego del personale; (1) Il comma è stato modificato dalla lett. e) del quinto comma dell’art. 2 della l.r. 22 luglio 2002, n. 15. 38 Capitolo 2 – par. 2.1 m) nuove aperture di esercizi del settore extra alimentare per misure di superficie non rientranti negli obiettivi di sviluppo assegnati all’unità territoriale richieste da chi ha frequentato un corso di formazione professionale per il commercio promosso o convenzionato dalla regione; n) altri ampliamenti; o) altre nuove aperture. 2. ……………………………………………………..……………………(1). 3. A parità ulteriore, si applica il criterio cronologico di trasmissione delle domande alla regione. Art. 7. - Osservatorio commerciale 1. La Giunta regionale, al fine di assicurare il monitoraggio di cui all’art. 6, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 114/98 costituisce, anche con apposita convenzione, un osservatorio permanente per la realizzazione di un adeguato sistema informativo sui punti di vendita in Lombardia. 2. All’osservatorio partecipano la Regione Lombardia, le rappresentanze regionali delle associazioni degli enti locali, delle Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura (CCIAA), delle associazioni di categoria del commercio maggiormente rappresentative a livello regionale, delle organizzazioni dei consumatori iscritte nell’elenco di cui all’art. 5 della legge 30 luglio 1998, n. 281 “Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti” e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative a livello regionale. Art. 8. - Formazione professionale e imprenditoriale 1. Le modalità di organizzazione, la durata e le materie dei corsi professionali di cui all’art. 5, comma 5, lett. a) del d.lgs. n. 114/98, per il cui svolgimento sono considerate in via prioritaria le CCIAA, le organizzazioni imprenditoriali del commercio più rappresentative, gli enti da queste costituiti e gli enti bilaterali costituiti congiuntamente dalle organizzazioni imprenditoriali e dei sindacati, sono stabilite con i provvedimenti e secondo le procedure predisposte dalle leggi regionali 7 giugno 1980, n. 95 “Disciplina della formazione professionale in Lombardia” e 5 gennaio 1995, n. 1 “Norme transitorie in materia di formazione professionale finalizzate allo sviluppo del processo di delega alle provincie” e loro successive modificazioni, dalle sue successive modificazioni. 2. Nell’ambito dei provvedimenti attuativi di cui alla l.r. n. 95/80 sono altresì stabilite le modalità di organizzazione, la durata e le materie dei corsi di aggiornamento finalizzati ad elevare il livello professionale e riqualificare gli operatori in attività. Art. 9. - Centri di assistenza tecnica alle imprese 1. Al fine di sviluppare processi di ammodernamento della rete distributiva commerciale, in applicazione dell’art. 23 del d.lgs. n. 114/98, la regione autorizza, secondo le modalità di cui alla presente legge, l’attività dei centri di assi(1) Il comma è stato abrogato dalla lett. f) del quinto comma dell’art. 2 della l.r. 22 luglio 2002, n. 15. 39 Testo coordinato commercio stenza tecnica alle imprese costituiti dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello provinciale, dalle CCIAA, dalle cooperative e dai consorzi fra imprese, dalle società a maggioranza pubblica, dalle società consortili a partecipazione pubblica e da società cooperative fra consumatori e loro consorzi. 2. I centri svolgono attività di assistenza tecnica e fiscale nonché attività di formazione e aggiornamento in materia di: a) innovazione tecnologica ed organizzativa; b) gestione economica e finanziaria di impresa; c) accesso ai finanziamenti anche comunitari; d) sicurezza e tutela dei consumatori; e) tutela ambientale; f) igiene e sicurezza sul lavoro; g) attività finalizzate alla certificazione di qualità degli esercizi commerciali. I centri svolgono altresì la loro attività in relazione ad altre materie eventualmente previste dallo statuto di cui all’articolo 10(1). Art. 10. - Autorizzazione dell’attività dei centri di assistenza tecnica alle imprese 1. La domanda di autorizzazione all’esercizio delle attività dei centri di assistenza deve essere presentata alla Giunta regionale e deve essere corredata dalla seguente documentazione: a) atto costitutivo del centro; b) statuto; c) relazione sugli obiettivi e le finalità che l’attività del centro di assistenza si propone di realizzare; d) indicazione degli elementi e delle risorse possedute ai fini dello svolgimento delle attività svolte dal centro di assistenza. 2. L’autorizzazione viene rilasciata con deliberazione della Giunta regionale. Art. 11. - Finanziamenti per le attività dei centri di assistenza tecnica alle imprese 1. Le attività svolte dai centri di assistenza sono finanziate con il fondo di cui alla legge 7 agosto 1997, n. 266 “Interventi urgenti per l’economia”. 2. I centri interessati presentano le domande di finanziamento alla Giunta regionale, allegando la seguente documentazione: a) relazione circa gli obiettivi e le finalità dell’intervento proposto; b) piano finanziario dell’intervento progettato; c) tempi previsti per la realizzazione dell’intervento. 3. La Giunta regionale verifica la coerenza degli interventi proposti dai centri di assistenza con i requisiti previsti dalla legge n. 266/97 e ne determina le priorità in relazione agli obiettivi ed ai criteri contenuti nei relativi provvedimenti di attuazione. (1) Il comma è stato sostituito dal terzo comma dell'art. 2 della l.r. 3 aprile 2001, n. 6. 40 Capitolo 2 – par. 2.1 4. La Giunta regionale approva il programma degli interventi e contestualmente la relazione sugli interventi svolti nell’anno precedente e sui risultati da questi conseguiti. … Omissis … Art. 13. - Disposizioni particolari 1. Nelle aree montane e nei comuni e frazioni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti si può autorizzare in un solo esercizio lo svolgimento, insieme con l’attività commerciale, di altri servizi di particolare interesse per la collettività, anche in convenzione con soggetti pubblici e privati; tali attività sono autorizzate in base a convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 11 della legge n. 241/90 e sono esentate dai tributi regionali (1). 2. I comuni, sentite le associazioni di categoria del commercio maggiormente rappresentative a livello provinciale, possono autorizzare la deroga alla mezza giornata di chiusura infrasettimanale che è di norma obbligatoria. 3. Il subentrante per causa di morte in una attività commerciale può svolgere l’attività del dante causa qualora non si trovi in una delle condizioni previste dai commi 2, 3 e 4 dell’art. 5 del d.lgs. n. 114/98 e qualora entro un anno dal subentro sia in possesso dei requisiti di cui al comma 5 dell’art. 5 del d.lgs. n. 114/98. Tale termine è prorogato dal sindaco quando il ritardo non risulti imputabile all’interessato. In ogni caso contrario il sindaco ordina la cessazione dell’attività ed il subentrante decade dal diritto alla continuazione dell’attività. 4. Il subentrante per atto tra vivi in un’attività commerciale, purché sia in possesso dei requisiti di cui all’art. 5 del d.lgs. 114/98 e abbia trasmesso la comunicazione di subingresso al comune competente, ha facoltà di iniziare immediatamente l’esercizio dell’attività. 5. Ai fini di cui all’art. 13, comma 1 del d.lgs. n. 114/98 si considerano attività di vendita svolte in maniera prevalente quelle che occupano non meno dell’80% della superficie di vendita effettivamente utilizzata. Art. 14. - Norma transitoria e di prima applicazione 1. Preliminarmente all’esame delle domande di cui ai commi 3 e 5, le domande di cui all’art. 25, comma 5 del d.lgs. n. 114/98 sono esaminate e decise con provvedimento espresso in conformità alle norme previgenti all’entrata in vigore della presente legge, e di tali decisioni si tiene conto ai fini delle valutazioni successive di conformità agli obiettivi di cui all’art. 3, comma 2, lett. f). 2. Ai soggetti cui sono rilasciati i nulla-osta regionali ai sensi del comma 1 e le successive autorizzazioni comunali, si applicano le disposizioni di cui all’art. 25 del d.lgs. n. 114/98. 3. I termini di cui all’art. 5, per l’indizione della conferenza di servizi per l’esame delle domande di cui all’art. 25, comma 6, del d.lgs. n. 114/98, presentate entro il 24 aprile 1998, decorrono trascorso un mese dalla data di adeguamento della normativa urbanistica comunale. Entro trenta giorni dalla data di (1) Il comma è stato modificato dalla lett. g) del quinto comma dell’art. 2 della l.r. 22 luglio 2002, n. 15. 41 Testo coordinato commercio adeguamento della normativa urbanistica comunale i proponenti possono integrare le domande mediante invio di ulteriore documentazione al comune. 4. Le domande eventualmente presentate dopo il 24 aprile 1998 e prima della data di adeguamento della normativa urbanistica comunale sono nulle. 5. I termini di cui all’art. 5, per l’indizione della conferenza di servizi per l’esame delle domande presentate dopo l’emanazione del programma triennale e dei criteri di programmazione urbanistica, decorrono trascorso un mese dalla data di adeguamento della normativa urbanistica comunale. 6. I termini per l’esame delle domande di cui ai commi 3 e 5 che, in base alla classificazione introdotta dal d.lgs. n. 114/98 rientrano nella media distribuzione, decorrono trascorso un mese dalla data di adeguamento della normativa urbanistica comunale. In caso di concorrenza tra le domande, hanno priorità le domande di cui al comma 3. 7. Fino alla data di esecutività dei criteri di cui all’art. 3, comma 2, lett. m), i comuni, al fine di consentire una equilibrata e graduale evoluzione delle imprese esistenti nelle aree urbane, definiscono i criteri di valutazione dell’impatto commerciale e urbanistico dei nuovi esercizi, anche con riferimento a singole zone, in base ai quali sono sospesi gli effetti delle comunicazioni di inizio di attività degli esercizi di vicinato. 8. Per un periodo di centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge e fatti salvi gli eventuali diversi termini derivanti dall’approvazione del programma triennale concernente gli indirizzi generali per l’insediamento delle attività commerciali e dei criteri di programmazione urbanistica, i comuni possono sospendere con provvedimento espresso gli effetti della comunicazione di apertura di esercizi di vicinato interessante centri storici e aree o edifici aventi valore storico, archeologico, artistico e ambientale, se non compatibili con le funzioni territoriali in ordine alla viabilità, alla mobilità dei consumatori e all’arredo urbano. 9. Fino alla pubblicazione da parte della regione dei criteri per l’insediamento delle attività commerciali e dei criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, nonché del relativo adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, salva la verifica della congruità agli strumenti urbanistici ed edilizi vigenti, e fermo restando il rispetto delle disposizioni in materia urbanistica ed igienico-sanitaria è atto dovuto l’autorizzazione all’apertura e/o all’ampliamento di un esercizio di vendita al dettaglio qualora la domanda sia accompagnata da impegno scritto al reimpiego del personale già operante negli esercizi da concentrare o accorpare e qualora rientri in uno dei seguenti casi: a) concentrazione o accorpamento di esercizi di vicinato operanti nel comune e già autorizzati, ai sensi dell’art. 24 della legge 11 giugno 1971 n. 426, alla vendita di generi di largo e generale consumo, considerati nella loro superficie massima prevista nel comune per tali esercizi e fino al limite massimo di superficie di vendita vigente nel comune per le “medie strutture di vendita”; 42 Capitolo 2 – par. 2.1 b) concentrazione o accorpamento di una media struttura operante nel comune e già autorizzata, con esercizi di vicinato operanti nel comune ed autorizzati ai sensi dell’art. 24 della l. 426/71, fino al limite massimo di superficie di vendita vigente nel comune per le medie strutture di vendita; c) concentrazione e accorpamento di medie strutture di vendita esistenti ed operanti nel comune e autorizzate, nel rispetto dei limiti dimensionali massimi previsti nel comune interessato per le medie strutture di vendita; d) trasferimento di esercizi di vendita esistenti nel territorio comunale entro i limiti di superficie vigenti nel comune per le medie strutture di vendita. 10. Fino alla data di esecutività dei criteri di cui all’art. 3, comma 2, lett. o), ciascun comune può applicare, anche per singole zone, i limiti massimi di superficie di vendita di cui all’art. 4, lett. d) ed e) del d.lgs. n. 114/98, anche in deroga al criterio della consistenza demografica, in base a specifiche caratteristiche socio-economiche. 11. Restano in vigore sino ai provvedimenti di attuazione del d.lgs. n. 114/98 le disposizioni vigenti in materia di saldi e di liquidazioni e promozioni. 12. I termini stabiliti dai comuni per la formazione del silenzio assenso di cui all’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 114/98, relativamente alle medie strutture, decorrono trascorsi centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, fatti salvi gli eventuali diversi termini previsti nel programma di cui all’art. 3, comma 1, lett. a). 13. Fino alla emanazione delle norme regionali di cui all’art. 28 del d.lgs. n. 114/98 e comunque non oltre il sessantesimo giorno dalla data del presente atto, salvo diverso termine assegnato ai sensi di legge alla regione per l’emanazione delle predette norme, al commercio sulle aree pubbliche si applicano le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge. 14. Fino all’emanazione del provvedimento regionale di cui all’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 114/98 e comunque non oltre il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della presente legge, salvo diverso termine assegnato ai sensi di legge alla regione per l’emanazione del predetto provvedimento, si applicano le disposizioni vigenti in materia di riconoscimento dei comuni ad economia prevalentemente turistica. 15. In sede di prima applicazione della presente legge, il primo programma concernente gli indirizzi regionali per l’insediamento delle attività commerciali di cui all’art. 3, comma 1, lett. a), ha validità di un anno. 43 Testo coordinato commercio Art. 15. - Norma finanziaria 1. Per gli interventi di riforma della disciplina del commercio e di razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti previsti dalla presente legge, è autorizzata per l’esercizio finanziario 1999 la spesa complessiva di L. 2.320.000.000 di cui: a) L. 1.800.000.000 per le spese in capitale per la costituzione dell’Osservatorio per il monitoraggio dell’entità e dell’efficienza della rete distributiva di cui all’art. 7; b) L. 220.000.000 di parte corrente per l’Osservatorio per il monitoraggio dell’entità e dell’efficienza della rete distributiva di cui all’art. 7; c) L. 300.000.000 per le attività di assistenza tecnica formazione ed aggiornamento svolta dai centri di assistenza tecnica alle imprese commerciali di cui all’art. 9. 2. …………………………………………………………………………(1). 3. All’onere di L. 2.320.000.000 di cui al comma 1, si provvede per L. 1.800.000.000 mediante corrispondente riduzione della dotazione finanziaria di competenza e di cassa del “Fondo globale per il finanziamento delle spese di investimento derivanti da nuovi provvedimenti legislativi” iscritto al capitolo 5.2.2.2.958, utilizzando all’uopo lo stanziamento previsto alla voce 3.4.2.2.9695; per L. 520.000.000 mediante corrispondente riduzione della dotazione finanziaria di competenza e di cassa del “Fondo globale per oneri relativi a spese correnti per l’adempimento di funzioni normali derivanti da nuovi provvedimenti legislativi” iscritto al capitolo 5.2.1.1.546, utilizzando all’uopo gli stanziamenti previsti alle voci 3.4.2.1.9091 e 3.4.7.1.9030 dello stato di previsione delle spese di bilancio per l’esercizio finanziario 1999. 4. Allo stato di previsione delle spese del bilancio per l’esercizio finanziario 1999 sono apportate le seguenti variazioni: a) nell’ambito 3, settore 4, obiettivo 2 è istituito il capitolo 3.4.2.2.4803 “Costituzione dell’Osservatorio per il monitoraggio dell’entità e dell’efficienza della rete distributiva” con la dotazione finanziaria di competenza e di cassa di L. 1.800.000.000; b) nell’ambito 3, settore 4, obiettivo 2 è istituito il capitolo 3.4.2.1.4961 “Spese per l’Osservatorio per il monitoraggio dell’entità e dell’efficienza della rete distributiva” con la dotazione finanziaria di competenza e di cassa di L. 220.000.000; c) nell’ambito 3, settore 4, obiettivo 2 è istituito il capitolo 3.4.2.2.4804 “Contributi per l’attività dei centri di assistenza tecnica alle imprese commerciali” con la dotazione finanziaria di competenza e di cassa di L. 300.000.000. (1) Il comma è stato abrogato dalla lett. a) del quarto comma dell’art. 22 della l.r. 5 ottobre 2004, n. 24. 44 Capitolo 2 – par. 2.1 Art. 16. ... Omissis ………………….………………………………………………(1). Art. 17. - Dichiarazione d’urgenza 1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell’art. 127 della Costituzione e dell’art. 43 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione. (1) L'articolo abroga le LL.RR. 24 dicembre 1997, n. 49 e 8 giugno 1984, n.28. 45 Testo coordinato commercio Deliberazione Consiglio regionale 30 luglio 2003 n. VII/871 “Programma triennale per lo sviluppo del settore commerciale 2003-2005 e indirizzi generali per la programmazione urbanistica del settore commerciale di cui all’art. 3 della legge regionale 23 luglio 1999, n. 14”. (B.U.R.L. n. 39, 1° Suppl.Straord. del 23 settembre 2003) IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA …Omissis… DELIBERA 1. di approvare il programma triennale per lo sviluppo del settore commerciale 2003-2005 ai sensi dell’art. 3 della l.r. 14/1999 di cui all’allegato A e i relativi allegati A1 e A2 che costituiscono parte sostanziale e integrante del presente atto; 2. di approvare gli indirizzi generali per la programmazione urbanistica del settore commerciale ai sensi dell’art. 3 della l.r. 14/1999 di cui all’allegato B che costituisce parte sostanziale e integrante del presente atto. 46 Capitolo 2 – par. 2.1 INDICE ALLEGATO A - PROGRAMMA TRIENNALE PER LO SVILUPPO DEL SETTORE COMMERCIALE 2003-2005 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. INTRODUZIONE LO SCENARIO EVOLUTIVO 2.1 Il commercio nel contesto economico e sociale 2.2 Le dinamiche settoriali 2.3 L’evoluzione recente della grande distribuzione 2.4 Criticità e punti di forza del commercio lombardo GLI OBIETTIVI GENERALI DEL PROGRAMMA 3.1 L’ammodernamento e la qualificazione del sistema commerciale regionale e dei suoi sottosistemi locali 3.2 L’integrazione tra politiche di sviluppo commerciale e politiche territoriali e ambientali 3.3 L’equilibrata dotazione dei servizi commerciali nel territorio e negli abitati 3.4 La valorizzazione della dimensione sociale delle attività commerciali 3.5 L’innovazione e lo sviluppo dell’e-commerce 3.6 Lo sviluppo della conoscenza nel settore commerciale 3.7 Impostazione strategica del Programma Triennale e applicazione della valutazione ambientale strategica GLI INDIRIZZI PER LO SVILUPPO DELLA RETE COMMERCIALE 4.1 Indirizzi di rilievo generale 4.2 Articolazione territoriale ed indirizzi specifici CRITERI GENERALI PER L’AUTORIZZAZIONE DELLE GRANDI STRUTTURE DI VENDITA 5.1 La promozione della qualità dei servizi resi al cittadino 5.2 Il concorso degli Enti locali 5.3 La valutazione integrata di impatto 5.4 Gli obiettivi di presenza e sviluppo delle grandi strutture di vendita 5.5 Indirizzi per la razionalizzazione dei parchi commerciali e per la realizzazione di centri ad impostazione unitaria INDIRIZZI PER LA REGOLAMENTAZIONE GESTIONALE DEL SETTORE COMMERCIALE GLI ALTRI ASSI DELL’INTERVENTO REGIONALE 7.1 Sostegno all’innovazione e all’associazionismo 7.2 La formazione e l’assistenza tecnica 7.3 Le infrastrutture e la logistica 7.4 La tutela del consumatore 7.5 La valorizzazione degli spazi urbani 47 Testo coordinato commercio ALLEGATO A1 - TAVOLA CARTOGRAFICA “AMBITI TERRITORIALI” ED ELENCO DEI COMUNI ALLEGATO A2 - LA GRANDE DISTRIBUZIONE IN LOMBARDIA DAL D.LGS. 114/98 AD OGGI RELAZIONE E TAVOLE CATOGRAFICHE DI ANALISI Introduzione ALLEGATO B - INDIRIZZI GENERALI PER LA PROGRAMMA-ZIONE URBANISTICA DEL SETTORE COMMERCIALE Premessa Impatto territoriale delle grandi strutture di vendita Indicazione alle Province per la predisposizione dei PTCP relativamente alle grandi strutture di vendita Indirizzi e criteri per la corretta individuazione negli strumenti urbanistici comunali delle aree da destinare agli insediamenti commerciali 48 Capitolo 2 – par. 2.1 Allegato A Programma triennale Per lo sviluppo del settore commerciale 2003-2005 1. INTRODUZIONE Il Programma triennale costituisce, secondo la nuova impostazione indicata dalla legge regionale 15/2002 che ha modificato la legge regionale 14/1999, l’atto di indirizzo generale per lo sviluppo del settore commerciale in Lombardia. Nel rispetto dei principi di libera concorrenza e di equilibrato servizio alle comunità locali, esso prevede pertanto: − lo scenario di sviluppo del sistema commerciale lombardo, anche ad orientamento dell’attività di programmazione degli Enti locali − gli indirizzi per lo sviluppo delle diverse tipologie di vendita, indicando in particolare gli obiettivi di presenza e sviluppo delle grandi strutture di vendita, anche con riferimento a differenti ambiti territoriali ed urbani − i criteri generali per l’autorizzazione delle grandi strutture di vendita, in relazione alle diverse tipologie commerciali − le priorità per l’utilizzo delle risorse finanziarie a disposizione del bilancio regionale. Il programma triennale fa riferimento alle diverse condizioni della rete commerciale e dell’assetto territoriale delle diverse parti della regione, articolando talune sue previsioni in modo differenziato alla luce delle specificità e delle molteplici esigenze articolate che ivi si riscontrano. Esso propone anche un ruolo importante per gli Enti locali, in particolare Province e Comuni, sia nella fase di indirizzo programmatico a scala locale, sia per l’esame delle domande di autorizzazione per gli insediamenti della grande distribuzione. Allo scopo di cogliere le esigenze presenti nelle diverse realtà territoriali è stata operata una indagine, via internet, rivolta a tutti i Comuni lombardi. A tale indagine ha corrisposto un numero molto elevato di Comuni, consentendo di acquisire importanti elementi di conoscenza. Al Programma triennale saranno correlati successivi provvedimenti di disciplina attuativa per completare gli adempimenti necessari alla completa definizione del nuovo quadro di riferimento normativo che – nel rispetto della legge regionale 14/1999 – sarà applicato in Lombardia per lo sviluppo della rete commerciale nel corso del prossimo triennio. La riforma del titolo V della Costituzione ha reso la materia del commercio competenza esclusiva delle Regioni. La Regione Lombardia opera, fino alla loro completa sostituzione con norme regionali, nell’ambito delle vigenti disposizioni statali (con particolare riferimento al d.lgs. 114/98). 49 Testo coordinato commercio Ulteriori momenti di programmazione specifica, integrata al presente Programma triennale, sono previsti con riferimento al commercio ambulante, al commercio all'ingrosso e ai pubblici esercizi, che pertanto non risultano oggetto specifico di questo documento. 2. LO SCENARIO EVOLUTIVO 2.1 Il commercio nel contesto economico e sociale Il settore commerciale ha una posizione particolare nel sistema economico per il ruolo di raccordo che svolge tra il mondo della produzione e il mondo del consumo. È un ruolo complesso che fa sì che la struttura e le dinamiche del commercio abbiano un’influenza che va molto al di là del suo peso strettamente economico, nella produzione di reddito e come fonte di occupazione. Poiché l’assetto spaziale della distribuzione è in stretto rapporto alla domanda di approvvigionamento dei beni da parte dei consumatori, essa incide su una parte importante degli spostamenti di questi ultimi e sul più generale uso del territorio. Inoltre, i punti di vendita sono i luoghi in cui i consumatori acquisiscono una parte rilevante dell’informazione sui beni disponibili e l’industria quella sulle loro preferenze. Le scelte localizzative delle imprese commerciali influenzano una quota rilevante degli spostamenti della domanda e incidono in modo non marginale sugli assetti territoriali e, più in generale, sulle modalità con cui il territorio viene vissuto. La recente tendenza, riscontrata nella nostra regione, all’inversione dei movimenti per motivi d’acquisto da centripeti, verso la tradizionale offerta addensata nei centri città e nelle vie commerciali, a centrifughi, verso i centri commerciali pianificati suburbani, ben esemplifica la rilevanza della struttura distributiva in rapporto all’uso dello spazio. Rilevanza che cresce ancora se agli spostamenti della domanda si aggiungono quelli riferiti alla logistica delle merci, che così significativamente influenza i flussi di trasporto. Il sistema distributivo ha dunque effetti sociali che vanno al di là del semplice servizio legato alla reperibilità dei beni. Commercio e produzione del reddito Il commercio contribuisce al prodotto interno lordo nazionale per una quota di poco inferiore al 13% (anno 2000). In Lombardia questa quota è più elevata (13, 38%), anche se nel tempo il divario tra peso del settore a livello nazionale e regionale si è ridotto (Tav. 1). Malgrado non sia possibile disaggregare il dato riferito al complesso del commercio (dettaglio, ingrosso e riparazioni), è però molto probabile che il motivo di questo maggiore peso del commercio in Lombardia sia quasi interamente da attribuire alle attività registrate come di ingrosso, attività che, oltre alla tradizionale intermediazione tra imprese, includono le filiali nazionali di imprese multinazionali che operano in Italia senza impianti di produzione per le società commerciali di imprese italiane. Poiché queste tipologie d’impresa hanno una particolare concentrazione in Lombardia, il loro contributo al valore aggiunto tende ad aumentare il peso del settore sul prodotto 50 Capitolo 2 – par. 2.1 lordo regionale, forse anche compensando una più ridotta incidenza del dettaglio che, come si vedrà, ha raggiunto un grado di modernizzazione e di efficienza assai più elevato che in ogni altra area del Paese. Poiché non è possibile disaggregare il valore aggiunto del commercio nelle tre principali componenti, dettaglio, ingrosso e riparazioni, le osservazioni appena fatte possono essere sostanziate solo in modo indiretto. Nella tavola 2 sono riportati i dati relativi a numero e distribuzione regionale dei dirigenti del commercio nel 2002. Si tratta quindi di tutti i dirigenti che lavorano in imprese commerciali ricomprese nelle tre categorie indicate e di quelli attivi in altri settori dei servizi che utilizzano il contratto del commercio. Dai dati emerge con evidenza la forte concentrazione in Lombardia: il 54,2% dei dirigenti del commercio lavorano in Lombardia e un ulteriore 12,5% in Lazio. Nell’ultimo quinquennio la dinamica del valore aggiunto del settore è stata, con l’eccezione del 1997, moderatamente positiva e marcatamente non allineata con quella a livello nazionale, che ha avuto, in positivo e in negativo, oscillazioni assai più marcate. Anche in questo caso è forse possibile attribuire la maggiore stabilità della dinamica del valore aggiunto al peso della componente di ingrosso costituita dalle filiali di imprese multinazionali. Commercio e occupazione Il peso dell’occupazione del settore sul totale regionale è allineato al suo peso economico con una quota sul totale che nel 2000 è vicina al 16% (Tav. 3). Il dato si discosta di poco da quello nazionale e, come quest’ultimo, mostra una sostanziale stabilità nell’ultimo quinquennio. Se l’andamento aggregato dell’occupazione nel commercio in Lombardia non mostra significative differenze con quella nazionale, sono invece evidenti le differenze relative al peso e all’andamento delle diverse componenti dell’occupazione. La quota degli indipendenti, in particolare, è nella regione marcatamente più bassa di quella nazionale: nel 2000 il 37% contro il 46%, con una differenza di 9 punti percentuali. È il segno evidente del livello di “industrializzazione” raggiunto dal settore in Lombardia che, se ha portato ad una riduzione della componente indipendente, ha però consentito una più che proporzionale crescita di quella dipendente, con un saldo complessivamente positivo dell’occupazione nel settore. La natura strutturale di questi mutamenti nella composizione dell’occupazione del settore è confermata anche dal confronto dell’andamento dei due aggregati, occupati indipendenti e dipendenti, in rapporto alla variazione dei consumi di beni durevoli e non durevoli. Si nota infatti come essi seguano dinamiche opposte, l’una negativa e l’altra marcatamente positiva. Solo l’occupazione totale può, tenuto conto del ritardo con cui l’occupazione risponde alle variazioni del ciclo economico, può essere ricondotta alla variazione della spesa per beni di consumo. Altri elementi essenziali che caratterizzano l’occupazione commerciale in Lombardia sono i seguenti: − viene confermato il progressivo consolidamento del settore; il numero medio di occupati per impresa è infatti continuamente aumentato, in con51 Testo coordinato commercio − − 2.2 trotendenza rispetto all’industria che ha seguito un percorso inverso, dai dati censuari si rileva infatti che tra il 1971 e il 2001 la dimensione media d’impresa nel commercio lombardo è passata da 2,6 a 3,2 addetti contro un calo nell’industria da 13,2 a 7,9, con un aumento in controtendenza anche rispetto alle altre componenti dei servizi che nel periodo considerato hanno visto calare il numero medio di addetti per impresa da 4,0 a 3,8 unità; l’età media degli occupati che risulta, nel 2001, pari a 35,1 anni, contro una media per il complesso delle attività economiche della regione di 37,0 anni; È evidentemente un effetto della sostenuta dinamica di entrata di nuovi dipendenti nel settore, che hanno ringiovanito la forza lavoro impiegata. Significativo anche il fatto che la dinamica di entrata è stata favorevole all’occupazione femminile che, nel periodo 1994-2001, è cresciuta del 13,5% contro una crescita del solo 5,4% di quella maschile; le imprese commerciali esprimono una consistente domanda di parttime, con particolare riguardo all’occupazione femminile: il 21% lavora tra le 20 e le 29 ore settimanali, contro un’analoga percentuale dei maschi pari solo all’1,7%. Le dinamiche settoriali La struttura della distribuzione al dettaglio lombarda L’analisi strutturale del sistema distributivo regionale viene condotta, nei suoi elementi essenziali sulla base di una serie di fonti statistiche differenziate (e quindi non omogenee tra loro), in rapporto a diversi elementi di approfondimento, necessari a cogliere le tendenze in atto. La Tavola 4 riporta la composizione della rete distributiva lombarda per tipologia di offerta merceologica e la mette a confronto con quella italiana. Al di là dei valori assoluti, la tavola mostra come la rete distributiva lombarda, a ragione del più avanzato livello di modernizzazione del settore, risulti significativamente meno polverizzata di quella nazionale. Infatti, contro una disponibilità media di 126 punti vendita per 10.000 abitanti per l’intero Paese, il dato lombardo è pari a 96. Se si considerano i dati relativi alle diverse specializzazioni merceologiche prevalenti, è facile rilevare come i valori degli indici nella regione siano più bassi per le specializzazioni nell’alimentare (despecializzato alimentare: 69; carni 51; pesce: 18) e in alcuni comparti del durevole che, come l’alimentare, sono stati soggetti a dinamiche di trasformazione più accentuate. È il caso, in particolare, degli elettrodomestici (indice Lombardia pari a 71) e dei prodotti per il bricolage (59). La non disponibilità di dati relativi alle grandi superfici specializzate non alimentari non permette valutazioni precise, ma è significativo che i due settori menzionati siano quelli dove è più avanzata la loro diffusione. Il dato medio regionale media situazioni assai differenziate a livello locale. Utilizzando la provincia come riferimento, le Tavole 5.1, 5.2 e 5.3 mostrano la consistenza degli esercizi, il numero di punti vendita per 10.000 abitanti e il va52 Capitolo 2 – par. 2.1 lore dell’indice di densità della rete fatto uguale a 100 quello medio regionale, sempre disaggregati per specializzazione merceologica. Considerando le diverse province, il numero di punti vendita per 10.000 abitanti varia da un minimo di circa 90 per Milano e Varese ad un massimo di 128 per Sondrio (che quindi mostra un valore simile a quello nazionale). In generale, le province con territori che includono aree a bassa densità di popolazione mostrano valori più elevati. Oltre a quella di Sondrio, mostrano una elevata densità commerciale le province di Pavia, Brescia, Mantova e Cremona. Nel complesso, la struttura distributiva sembra quindi ben calibrata rispetto alla distribuzione della popolazione sul territorio e non sembrano manifestarsi, a livello di lettura di scala provinciale, fenomeni di cosiddetta desertificazione commerciale. Questa valutazione viene confermata dall’analisi dei dati relativi ai tre principali sottoinsiemi di esercizi commerciali: quelli despecializzati, specializzati con prevalenza alimentare e specializzati con prevalenza non alimentare. Il dato più stabile è quello relativo a quest’ultimo comparto, che mostra in tutta la regione valori abbastanza simili, con minimi e massimi che seguono da vicino l’andamento di quello relativo al totale degli esercizi. Sondrio è anche in questo caso la provincia con la maggiore densità di esercizi (79), seguita da Pavia (70), Brescia (70) e Mantova (68). L’unico dato anomalo e quello di Milano (61) che risulta superiore a quello di alcune delle province più vicine (Como, Cremona, Lecco e Lodi). È evidentemente il risultato del ruolo di Milano come centro di riferimento per il commercio specializzato di livello più elevato, commercio che attrae anche dai centri maggiori vicini. Una valutazione confermata dall’esame dei dati relativi ad alcuni comparti della distribuzione non alimentare e, in particolare, l’abbigliamento. La lettura del comparto alimentare e di quello despecializzato risulta più difficile, con differenze tra province di non sempre facile comprensione. Nel caso dello specializzato alimentare i dati più lontani dalla media regionale sono quelli di Varese, Como, Lecco e Sondrio. Va però rilevato che, almeno nei casi di Como, Lecco e Sondrio, alla bassa densità di esercizi specializzati alimentari corrisponde una elevata densità di quelli despecializzati, tra cui sono inclusi anche quelli con prevalenza di offerta alimentare. Una categoria, quest’ultima, che include sia superfici moderne che tradizionali. La mancanza di esercizi specializzati è quindi compensata da una maggiore presenza di esercizi despecializzati che, presumibilmente, offrono insieme più merceologie alimentari. Solo due casi non mostrano questa correlazione inversa tra presenza di alimentari specializzati e esercizi despecializzati: Varese e, in particolare, Milano, le due province che, come si è visto più sopra, mostrano il più basso indice di densità commerciale della regione. In entrambi i casi, ma in particolare in quello di Milano, pesa probabilmente la maggiore evoluzione della rete che si è spostata verso superfici di maggiori dimensioni. La Tavola 6 riporta i dati (2001) relativi alle due formule di vendita che più si identificano con la grande distribuzione, supermercati e ipermercati, di fonte Information Resources. Dai dati appare chiaro come la peculiarità lombarda principalmente nella composizione della rete. In termini di metri quadrati di su53 Testo coordinato commercio perficie di vendita per 1.000 abitanti, il parametro usualmente utilizzato come indice di servizio, la Lombardia mostra un valore di 172 mq contro i 137 per l’intero Paese. Facendo pari a cento il dato nazionale, ciò significa che il consumatore medio lombardo ha a disposizione il 26% in più di superficie, un dato rilevante e superiore a quello della ripartizione geografica di appartenenza (12%), ma sostanzialmente in linea con quello del Nord Est (23%). Ciò che è invece caratteristico della Lombardia è la composizione interna per forma distributiva. Dal grafico 6.1 allegato alla tavola appare infatti come il valore degli indici lombardi sia largamente superiore a quello nazionale per quanto riguarda le due formule a cui si può riferire il livello di evoluzione della rete, i grandi supermercati integrati (superiori a 2.500 mq) e gli ipermercati. Nel primo caso il valore dell’indice lombardo è superiore a quello medio italiano del 98% e nel secondo del 107%. Per i grandi ipermercati (con superficie maggiore di 6500 mq) il valore sale al 122%. Da rilevare come simili valori non siano riscontrabili nel Nord Est, area che mostra comunque un elevato sviluppo della grande distribuzione. In questa ripartizione le grandi superfici a base alimentare sono infatti concentrate nella formula del piccolo e del grande supermercato che, sempre fatto 100 il parametro nazionale, risultano superiori del 23 e del 41%. In Lombardia l’indice di presenza di queste formule è invece, in un caso, inferiore a quello nazionale, -15%, e, nell’altro, solo di poco superiore, +6%. La distribuzione a base alimentare lombarda ha dunque una struttura notevolmente evoluta sia per livello medio di servizio sia per composizione interna delle formule distributive che concorrono a determinarlo. È, in estrema sintesi, la regione che più si avvicina alla struttura distributiva dei paesi normalmente considerati commercialmente più avanti nel processo di industrializzazione del settore e, in particolare, della Francia, con la quale condivide la centralità del ruolo giocato dall’ipermercato nel determinare i complessivi equilibri della rete. Per mancanza di dati attendibili non è possibile analizzare la rete distributiva di grande superficie specializzata nelle diverse merceologie e funzioni di consumo non alimentare. Esistono dati relativi ai grandi magazzini, ma sono poco attendibili poiché comprendono certamente molti punti vendita che non possono essere riportati a tale formula, o almeno alle caratteristiche che ad essa vengono riconosciute nel settore. Va comunque rilevato che questo tipo di formula, di cui in Italia esistono solo due reti di imprese di medie dimensioni, quelle di Rinascente e Coin, e pochi casi di imprese con un solo punto vendita, ha ormai un peso modesto. Si tratta infatti di una formula matura che nel nostro paese non ha mai avuto uno sviluppo paragonabile a quello che aveva e ancora ha in paesi di più precoce sviluppo commerciale. È invece da segnalare una tendenza molto recente relativa alla diffusione di grandi punti vendita di centro città, specializzati nell’abbigliamento e negli accessori, da parte di gruppi usualmente considerati come industriali. Gli esempi più recenti sono quelli dei grandi nomi della moda (ad esempio il grande negozio di Armani in Via Manzoni a Milano) e di gruppi come Benetton. Sono inoltre da considerare le possibili evoluzioni nell’ambito della rivendita delle automobili in relazione alle nuove norme che liberalizzano il settore. 54 Capitolo 2 – par. 2.1 Per la grande distribuzione si riscontra una dinamica di sviluppo della forma distributiva dei Factory Outlet che ha iniziato a interessare anche la nostra regione e che necessita di un’attenta azione di indirizzo per valutarne le più opportune forme di compatibilità con la rete distributiva nel suo complesso. Vanno ancora menzionate le formule di vendita che non si avvalgono di punti vendita in sede fissa e alcune forme particolari di commercio. Per quanto riguarda il commercio ambulante nel primo semestre 2002 secondo l’Osservatorio Nazionale sul Commercio risultavano attivi quasi 15.000 esercizi, ripartiti in quote molto simili tra alimentare e non alimentare. Si tratta di un settore distributivo di particolare rilevanza per il servizio garantito, sia nelle aree urbane ad integrazione delle altre tipologi commerciali, sia nelle aree a minor densità insediativa dove rivestono una funzione primaria di offerta e di servizio alla popolazione locale. Erano inoltre presenti poco meno di 1000 esercizi di commercio per corrispondenza, 700 esercizi di vendita a domicilio e 346 imprese di vendita per mezzo di distributori automatici. Nel complesso, un insieme molto ricco di attività commerciali su tutti i possibili fronti di attività. Per quelle al dettaglio va ricordato anche lo sviluppo del franchising. Anche in questo caso non è possibile valutare con precisione l’entità dei punti vendita che operano con questa forma di collegamento economico verticale poiché non esistono dati attendibili. L’Assofranchising offre però alcuni dati in merito al numero di promotori di reti in franchising che consentono almeno di documentarne la vivacità, nel complessivo contesto nazionale e in modo particolare in Lombardia. Risulta così che ben il 35% degli affilianti italiani, pari a 216 soggetti, hanno la propria sede in Lombardia. Un accenno infine alla rete di cash&carry, formula di ingrosso oggi sempre più al servizio di pubblici esercizi, comunità e altre imprese piuttosto che fornitori del dettaglio tradizionale indipendente. Sempre secondo l’Osservatorio Nazionale del Commercio, al primo gennaio 2001 erano presenti in Lombardia 40 cash&carry, per complessivi 217 mila mq di vendita, concentrati nelle province di Milano (13 unità), Brescia (10), Varese e Bergamo (4 ciascuna). Una recente ricerca aggiornata al primo gennaio 2002, censisce una rete leggermente più estesa, con 46 punti vendita e 282 mila mq di superficie di vendita. Commercio lombardo e Europa: elementi di confronto Un primo confronto tra lo sviluppo della distribuzione moderna in Lombardia rispetto ai contesti europei commercialmente più evoluti può essere fatto a partire dall’indice di servizio costituito dal numero di mq di superficie di vendita per 1.000 abitanti riferito a super e ipermercati. Si può rilevare in merito che Francia, Germania e Gran Bretagna, hanno una dotazione di grandi superfici di vendita sostanzialmente allineata, che può essere fatta corrisponde ad uno standard intorno ai 200/220 mq per 1000 abitanti. Lo standard lombardo è perciò vicino, in assoluto e per composizione interna per formula distributiva, a quello che prevale in Europa, mentre la posizione dell’Italia nel suo complesso è molto più arretrata. 55 Testo coordinato commercio Tabella 2.1 - Dotazione di grandi superfici di vendita in Europa Francia 224 Germania 202 Gran Bretagna 187 Italia 137 Lombardia 172 Fonti: per la Germania: Handel Aktuell e European Retail Handbook 2002; per la Gran Bretagna: Institute of Grocery Distribution; per la Francia: Insee. Vi sono ovviamente alcune specificità relative ai sistemi distributivi nei singoli Paesi e alla diversa capacità di spesa. Relativamente a quest’ultimo punto va ricordato che il reddito disponibile dei tre paesi presi a confronto è leggermente più elevato di quello medio italiano e invece in linea con quello lombardo. Per quanto riguarda la struttura della rete vanno almeno menzionati i seguenti punti: • in Gran Bretagna la formula dell’ipermercato è quasi assente a motivo della diffusione molto precoce delle grandi superfici specializzate non alimentari e della particolare posizione che ha il magazzino popolare; ciò implica che una parte degli acquisti che negli altri paesi considerati vengono fatti presso gli ipermercati sono fatti in altre tipologie di vendita e questo determina uno standard di metri quadrati per abitante più basso; • in Germania esiste una capillare rete di discount alimentari che, dato anche il limitato assortimento che offrono, hanno una superficie inferiore ai 400 mq, soglia che li esclude dal confronto fatto nel prospetto; l’effettiva dotazione di superfici a libero servizio moderne della Germania è quindi superiore a quella che appare e probabilmente vicina al parametro francese; • in Francia la presenza di ipermercati è di molto superiore a tutti gli altri paesi usati nel confronto e, data la composizione degli assortimenti, che include una quota elevata di beni non alimentari, finisce per riferire alle grandi superfici a base alimentare consumi che in altri paesi sono serviti da formule diverse (la situazione è, in altri termini, opposta a quella inglese). 56 Capitolo 2 – par. 2.1 Tabella 2.2 - Presenza di punti di vendita in Europa in base alla dimensione Tipologia Francia Ipermercati con superficie di vendita > 4.500 mq Supermercati e Superstore Discount Superette e tradizionali Germania Gran Bretagna Spagna Italia 850 640 30 204 190 8.020 6.450 6.400 4.219 6.280 2.091 12.740 1.440 2.135 1.985 32.139 48.520 53.500 76.756 102.362 Fonte: Faid/Agra – 1.1.2000 Un secondo raffronto con la situazione europea viene fatto sui dati di consistenza e di incremento dal 1999 al 2002 dei centri commerciali in Europa, prendendo in esame le regioni che presentano analogie socio-economiche con la Regione Lombardia. Tale rilevazione è rappresentativa non solo della diffusione della tipologia stessa, ma anche dello sviluppo di ipermercati e grandi supermercati, che per oltre l’80% dei casi si collocano all’interno di centri commerciali. I dati rappresentano la densità di GLA per 1.000 abitanti (GLA-Gross Leasable Area = area lorda vendibile, ad uso esclusivo dei locatari- che comprende la superficie di vendita e gli altri spazi oggetto di contratto d'affitto con l’esclusione delle parti comuni del centro commerciale) e si riferiscono ai soli centri commerciali con GLA superiore a 5.000 mq. Dall’analisi dei dati nazionali e regionali aggiornati a ottobre 2002 di una selezione di regioni rappresentate alle tabelle 2.3 (fonte Cushman & Wakefield Healey & Baker Research Group) risulta che il dato medio italiano (110 mq/1.000 ab) risulta più alto solo del dato del Belgio (83 mq/1.000 ab) e di poco più basso del dato tedesco, presentando consistenti differenze con tutte le altre nazioni. Diversamente il dato regionale (182 mq/1.000 ab) denota un elevato livello di sviluppo rispetto alle altre situazioni europee. Con 182 mq/1.000 ab la Lombardia presenta un dato più alto della regione di Londra (148 mq/1.000 ab), della Catalogna (179 mq/1.000 ab), e del RhoneAlpes (189 mq/1.000 ab), pur essendo più basso del dato della regione di Parigi (302 mq/1.000 ab) e di Vienna (317 mq/1.000 ab) e di molto distante dai dati regionali più alti che si registrano in Svezia nella regione di Stocolma (521 mq/1.000 ab), ed in Spagna nella regione di Madrid (409 mq/1.000 ab). Dall’analisi fatta a partire dai dati rappresentanti la densità di GLA per 1.000 abitanti dal 1999 al 2002, riferiti alle 13 regioni Europee commercialmente più evolute, si deduce una forte difformità tra regioni della Spagna, Austria e Germania rispetto a regioni del Belgio e della Svezia. Osservando i dati più dettagliatamente osserviamo : 57 Testo coordinato commercio • Cataluna (ove si assiste al maggior incremento), Wien e Bayer hanno registrato in media un incremento pari al 16.66%. • In Lombardia e in Comunidad de Madrid, si verifica un incremento di densità in media pari al 10.61%. • Nelle regioni di Hessen, London, Nord West, Ile de France e NoordHoland si assiste ad un incremento contenuto, in media del 3.74%. • Rhone-Alpes, altra regione della Francia con un incremento minimo dello 0.51%. • Per finire abbiamo Stockholm e Region Bruxelles, le uniche due regioni che dal 1999 al 2002 hanno registrato un decremento di densità di circa il -2.8%. In alcuni casi, l’incremento di densità, avutosi negli ultimi tre anni, è direttamente proporzionale alla consistenza di centri commerciali già presenti nella regione. Infatti, dal Grafico 2.1 notiamo che Stockholm nel 2002, con 521, risulta la regione con il valore di densità di centri commerciali per 1.000 abitanti, più alto. Mentre Bayer con 69 risulta il più basso. Anno 1999 Anno 2000 Anno 2001 Anno 2002 ol m kh rid ad M de rd un i N da d oo St oc n W ie nd -H ol a Fr an ce s de Île C om R eg io n Br ux el le th or N e- W Al p es t es a di R hô n uñ a ba r Lo m at al on C nd Lo H es se n 600 500 400 300 200 100 0 Ba ye rn *Area lorda vendibile per 1.000 abitanti Grafico 2.2 - Regioni europee: consistenza dei centri commerciali dal 1999 al 2002 *Per area lorda vendibile (GLA) si intende la superficie di vendita e gli altri spazi di servizio del punto vendita. Sono escluse le superfici comuni dei Centri commerciali (percorsi orizzontali e verticali) Fonte Cushman & Wakefield Healey & Baker Research Group 58 Capitolo 2 – par. 2.1 Tabella 2.3 - Consistenza dei centri commerciali in 12 regioni europee Paese Regione Anno 1999 GLA * TOTALE (mq.) Anno 2000 Popolazione Residente (000) Densità (G.L.A.* per 1.000 abitanti) GLA * TOTALE (mq.) Popolazione Residente (000) Densità (G.L.A. * per 1.000 abitanti) Austria Wien 425.705 1.603 266 455.705 1.609 283 Austria Media nazionale 1.646.724 8.083 204 1.703.954 8.103 210 Belgio Region Bruxelles 252.165 954 264 252165 959 263 Belgio Media nazionale 802.847 10.214 79 833.180 10.239 81 Francia Île de France 3.206.460 10.952 293 3.213.460 10.979 293 Francia Rhône-Alpes 1.059.840 5.645 188 1.059.840 5.677 187 Francia Media nazionale 11.980.041 58.973 203 11.980.041 58.774 204 Germania Bayern 725.900 12.117 60 784.665 12.188 64 Germania Hessen 674.110 6.043 112 704.076 6.058 116 Germania Media nazionale 8.406.856 82.028 102 8.819.065 82.145 107 Olanda NoordHoland 742.500 2.503 297 742.500 2.518 295 Olanda Media nazionale 4.171.182 15.760 265 4.201.482 15.864 265 Spagna Comunidad de Madrid 1.839.764 5.087 362 1.990.372 5.150 386 Spagna Cataluña 877.288 6.127 143 877.288 6.169 142 Spagna Media nazionale 6.120.697 40.202 152 6.193.282 40.500 153 Svezia Stockholm 957.811 1.783 537 957.811 1.803 531 Svezia Media nazionale 2.717.420 8.861 307 2.717.420 8.882 306 U.K. North West 1.604.400 6.881 233 1.611.990 6.894 234 U.K. London 1.028.596 7.285 141 1.040.347 7.375 141 U.K. Media nazionale 11.252.905 59.501 189 11.810.457 59.756 198 Italia Lombardia 1.486.320 9.065 164 1.553.320 9.121 170 Italia Media nazionale 5.503.609 57.679 95 5.768.122 57.844 100 Paese Regione Anno 2001 Anno 2002 Densità GLA * Popolazione (G.L.A.* TOTALE Residente per (mq.) (000) 1.000 abitanti) Densità GLA * Popolazione (G.L.A. TOTALE Residente * per (mq.) (000) 1.000 abitanti) Austria Wien 455.705 1.608 283 509.205 Austria Media nazionale 1.740.854 8.121 214 1.807.354 8.126 1.606 317 222 Belgio Region Bruxelles 252.165 964 262 252.165 978 258 Belgio Media nazionale 851.536 10.263 83 851.536 10.310 83 Francia Île de France 3.320.763 10.990 302 3.336.763 11.050 Francia Rhône-Alpes 1.059.843 5.703 186 1.078.843 5.720 189 Francia Media nazionale 12.087.34 59.040 205 12.165.34 59.107 206 302 59 Testo coordinato commercio Paese Regione Anno 2001 Anno 2002 Densità GLA * Popolazione (G.L.A.* TOTALE Residente per (mq.) (000) 1.000 abitanti) Densità GLA * Popolazione (G.L.A. TOTALE Residente * per (mq.) (000) 1.000 abitanti) 1 1 Germania Bayern 799.665 12.180 66 843.665 12.155 69 Germania Hessen 704.080 6.050 116 714.930 6.041 118 Germania Media nazionale 9.215.575 82.260 112 9.580.885 82.440 116 Olanda Noord-Holand 762.500 301 777.600 306 4.387.832 15.982 275 4.498.632 16.098 279 2.044.762 5.218 392 2.157.218 5.272 409 Olanda Media nazionale Spagna Comunidad Madrid de 2.534 2.542 Spagna Cataluña 1.034.788 6.219 166 1.121.788 6.260 179 Spagna Media nazionale 6.710.293 41.117 163 7.052.388 41.197 171 Svezia Stockholm 957.811 1.823 525 957.811 1.839 521 Svezia Media nazionale 2.717.420 8.909 305 2.737.420 8.937 306 U.K. North West 1.648.486 6.871 240 1.648.486 6.861 240 U.K. London 1.040.347 7.215 144 1.070.091 7.220 148 U.K. Media nazionale 12.216.46 59.987 5 204 12.570.51 60.180 2 209 Italia Lombardia 1.604.980 9.121 176 1.657.380 9.121 182 Italia Media nazionale 6.042.609 57.844 104 6.342.504 57.844 110 Fonte: Cushman & Wakefield Healey & Baker - Note: il dato è riferito ai centri commerciali aperti a Ottobre 2002 con superficie lorda vendibile superiore a 5.000 mq. Per superficie lorda vendibile (G.L.A.* Gross Leasable Area) si intende la superficie di vendita e gli altri spazi di servizio al punto vendita ad uso del proprietario o del locatario; essa è pertanto differente rispetto alla superficie di vendita oggetto di autorizzazione in base al d.lgs. 114/98 Grafico 2.2 - Regioni europee: consistenza dei centri commerciali al 2002 600 521 500 409 400 317 302 258 300 182 200 100 206 189 240 209 306 222 148 116 118 69 110 83 171179 306 279 0 Belgo i Itaa il Germ ania Spagna Francia U.K. Aus a tri Oa l nda Sveza i RegionBruxee ls Lom barda i Bayern Catau l ña e Îl deFrance London We in Noord-Holand Stockholm Hessen Com unidaddeMadrd i RhoneAlpes NorthWest * Per superficie lorda vendibile si intende la superficie di vendita e gli altri spazi di servizio al punto vendita . Sono escluse le superfici comuni dei centri commerciali (percorsi orizzontali e verticali) Fonte Cushman & Wakefield Healey & Baker Research Group 60 Capitolo 2 – par. 2.1 2.3 L’evoluzione recente della grande distribuzione Nell’aprile del 1998 è entrato in vigore il d.lgs. 114/98, che ha innovato la precedente normativa in materia di commercio, attribuendo alle regioni funzioni di programmazione della rete distributiva per gli aspetti autorizzatoricommerciali e per quelli urbanistici. La Regione Lombardia ha recepito la predetta normativa statale emanando la l.r.14/99 ed il RR 3/00 e dando avvio all’applicazione del decreto Bersani dal 9 agosto 2000, data di entrata in vigore del regolamento. La concreta attuazione del regolamento si è avviata a dicembre 2000, con la presentazione della prima richiesta di autorizzazione, ma la presentazione di un numero rilevante di richieste è avvenuta solo a marzo 2001. Complessivamente in attuazione del decreto 3/2000 sono state presentate 272 domande: 105 nel 2001 e 171 nel 2002, di cui 74 per il riconoscimento di centri commerciali esistenti, ai sensi dell’art. 41 comma 6 del Regolamento. Alla data del 31 dicembre 2002 sono stati conclusi 228 procedimenti (129 autorizzazioni; 53 rinunce; 46 dinieghi) con il rilascio di autorizzazioni per nuove superfici di vendita per complessivi 477.213 mq, di cui 146.790 per il settore alimentare e 330.423 per quello non alimentare. Nei due anni di applicazione del regolamento regionale, la consistenza della grande distribuzione in Lombardia ha subito un incremento complessivo del 24,3% nel settore alimentare e del 22,7% nel settore non alimentare. In relazione agli obiettivi di sviluppo, le quote previste sono state superate con scostamenti maggiori di 10.000 mq per il settore alimentare nelle UT Vimercate, Busto Arsizio, Chiari, e per il settore non alimentare nelle UT Milano, Chiari, Busto Arsizio, Vimercate, Mantova e Desenzano del Garda; mentre sono rimaste quote residue per l’alimentare nelle UT Bergamo, Sondrio, Viadana, Darfo Boario Terme e Morbegno e per il non alimentare nelle UT Sondrio, Viadana, Luino e Morbegno. Le quote residue sono pari a 0 nelle UT di Cremona e Luino per l’alimentare e nell’UT di Darfo Boario Terme per il non alimentare, mentre in tutte le altre UT le quote sono state superate con solo scostamenti inferiori a 10.000 mq. 2.4 Criticità e punti di forza del commercio lombardo La Lombardia è la regione italiana che mostra il maggiore sviluppo del settore commerciale. Per quanto riguarda il dettaglio, che qui più direttamente interessa, l’articolazione della rete, nelle diverse sue componenti tipologiche, configura una situazione matura rispetto a quanto avvenuto in regioni confrontabili, anche dal punto di vista di taluni fattori di squilibrio dell’articolazione della rete. Come si è sottolineato più sopra, la peculiarità lombarda risiede nella centralità che ha assunto la formula dell’ipermercato, formula che in nessun altro contesto nazionale ha raggiunto lo sviluppo che ha nella nostra regione. Si tratta di un fatto rilevante non solo in se stesso, ma anche a ragione del ruolo giocato 61 Testo coordinato commercio dall’ipermercato nella concorrenza commerciale. Per l’ampiezza delle merceologie che offre, esso compete con tutte le altre formule sia nell’alimentare che nel non alimentare e quindi condiziona tutti gli equilibri della rete, con effetti diversi che devono essere attentamente tenuti sotto controllo per valorizzare le potenzialità della rete commerciale lombarda in rapporto alle esigenze dei cittadini. Un primo effetto dell’ipermercato è evidente sul comparto alimentare dove ha spinto le imprese che operano con la formula del supermercato a cercare l’aumento delle superfici. Si può in questo senso dire che il superstore, una tipologia intermedia tra iper e supermercato, è una realtà quasi unicamente lombarda. Pur non essendo documentabile in modo preciso, per mancanza di dati, è parte dell’esperienza d’acquisto di tutti i consumatori l’impulso che l’ipermercato ha dato anche allo sviluppo di grandi superfici non alimentari, tipologia di punti vendita oggi presente in tutte le specializzazioni merceologiche e in particolare in quelle del bricolage e dell’elettronica di consumo. Lo sviluppo della grande distribuzione ha portato ad un ridimensionamento del commercio indipendente. I dati sull'occupazione mostrano come in Lombardia la quota del lavoro indipendente sul totale sia diminuita e, di converso, i dipendenti abbiano raggiunto un peso relativo assai più elevato di quello medio nazionale. Va in merito sottolineato che queste trasformazioni strutturali interne al settore non hanno ridotto le dinamiche di assorbimento di nuova forza lavoro e, anzi, come la crescita del lavoro dipendente abbia più che compensato la perdita di indipendenti, con un saldo occupazionale positivo. Se si considerano gli indici di presenza di offerta commerciale di vicinato, sia complessivi che riferiti ai principali comparti, si può concludere che lo sviluppo della rete non ha determinato, almeno a scala provinciale, problemi di desertificazione commerciale; peraltro criticità in merito cominciano a riscontrarsi in talune parti del territorio e vanno attentamente considerate anche in rapporto alla dinamica più recente di apertura di nuovi centri della grande distribuzione. Alla luce del più recente andamento relativo alle autorizzazioni per nuovi punti vendita della grande distribuzione si sono rilevate infatti più frequenti dinamiche locali di significativa riduzione dei punti di vendita di vicinato, con conseguente riduzione del servizio reso al cittadino e dei livelli di fatturato degli esercizi in attività, talvolta giunti a soglie di marginalità economica. In merito alla rete distributiva costituita da piccoli punti vendita, va anche rilevato come i dati disponibili non consentano di fare emergere i consistenti fenomeni di diffusione di succursalismo. Operatori italiani e esteri, grazie anche alla liberalizzazione dell’entrata per le superfici cosiddette di vicinato, hanno accelerato i loro programmi di sviluppo e accentuato la loro presenza, in particolare nei centri città e nelle maggiori vie commerciali. A questo tipo di operatori vanno anche assimilate le reti in franchising che vedono la Lombardia in posizione di assoluta leadership nazionale. Se, contrariamente a quanto è avvenuto in molte altre regioni italiane, in Lombardia il commercio ha potuto svilupparsi seguendo linee simili a quelle del 62 Capitolo 2 – par. 2.1 più generale contesto europeo, le dinamiche che hanno interessato il settore hanno comportato alcune criticità più di carattere qualitativo che quantitativo. La crescita del settore ha infatti portato a scompensi di natura territoriale su cui è necessario intervenire. Si segnalano in particolare: 1) la necessità di bilanciare lo sviluppo dei centri commerciali suburbani con azioni intese alla riqualificazione e al rilancio del commercio di centro città per affrontare i rischi di un impoverimento del commercio urbano e i conseguenti rischi di svuotamento delle aree dove esso tradizionalmente si è insediato; 2) l’esigenza di considerare con attenzione la presenza di un’adeguata offerta commerciale nei nuclei urbani e rurali di minore dimensione demografica, soprattutto in zone montane dove sussistono prioritari obiettivi socioeconomici di particolare interesse generale; 3) il deterioramento territoriale conseguente alla mancanza di pianificazione delle localizzazioni di grandi superfici e, in particolare, di quelle specializzate nel non alimentare; nell’impossibilità di ottenere autorizzazioni per aree integrate dove si potessero insediare più esercizi di questo tipo, i cosiddetti parchi commerciali si sono sviluppati in modo disordinato lungo i maggiori assi viari contigui ai centri più grandi, creando spesso problemi di congestione di traffico che oggi vanno non solo a scapito della collettività, ma costituiscono anche un ostacolo alla loro operatività. Si rendono perciò necessarie misure di riqualificazione delle aree più compromesse e di contenimento delle tendenze localizzative non adeguatamente coordinate. Vi è poi la necessità degli operatori che si collocano nella fascia media delle imprese commerciali di avere la possibilità di reagire con la necessaria velocità agli stimoli che vengono dall’ambiente esterno. Per consentire a queste imprese di sopravvivere, ma anche per il conseguente miglioramento del servizio in un contesto come quello lombardo, arrivato ad un grado di sviluppo commerciale ormai significativo, sono necessari strumenti in grado di consentire ristrutturazioni e rilocalizzazioni dei punti vendita. Con riferimento infine ai processi di internazionalizzazione di formule e imprese e di globalizzazione del mercato, caratteristici della trasformazione in atto del sistema distributivo, si possono attendere effetti molto rilevanti sugli equilibri interni al settore e nei rapporti con la produzione industriale. Appare evidente in merito la debolezza della posizione italiana. Per i grandi gruppi europei il mercato italiano è infatti uno dei pochi a presentare ancora consistenti margini di crescita per la distribuzione moderna. Le imprese italiane sono in genere piccole e perciò concorrenti non troppo temibili, rallentate nel loro sviluppo da una normativa fortemente restrittiva. La presenza di distributori esteri, già significativa, è dunque destinata a crescere, sia attraverso acquisizioni che con forme di partnership con operatori nazionali. Va inoltre sottolineato che il fenomeno non si limiterà al comparto alimentare, ma è destinato a diventare almeno altrettanto significativo in quello non alimentare. Il ritardo italiano in quest’area è forte, ma, in un certo numero di comparti, probabilmente è ancora recuperabile se la crescita delle imprese non sarà ostacolata. 63 Testo coordinato commercio Lo sviluppo di grandi imprese di distribuzione in grado di operare su più mercati nazionali pone problemi non solo alla distribuzione, ma anche all'industria. I distributori globali possono trasferire da qualunque paese direttamente ai propri scaffali prodotti pensati espressamente per i loro clienti. In questo modo aumentano considerevolemente la permeabilità tra mercati e quindi aumentano il grado di esposizione alla concorrenza internazionale dei produttori dei singoli paesi. L’industria italiana, che proprio nei mercati dei beni di largo consumo è riuscita a costruire vantaggi competitivi di rilevo (il "made in Italy"), dovrà presto confrontarsi con questo tipo di distributori. Essi dispongono di reti di vendita molto estese, che raggiungono in modo molto rapido luoghi assai lontani e possono costituire un’opportunità per una più rapida internazionalizzazione “indiretta”. Ma, proprio per questo, possono fare pagare pedaggi altrettanto alti a chi voglia utilizzarle e richiedono scale produttive e capacità di servizio adeguate alle loro modalità operative. Tavola 1 - Valore aggiunto ai prezzi base del commercio e prodotto interno lordo - Valori a prezzi 1995 (milioni di eurolire) ITALIA V.A. del commercio all'ingrosso e al dettaglio e delle riparazioni 1995 1999 2000 120.213,1 120.129,4 123.027,8 126.651,8 125.385,4 130.131,6 Tasso di crescita V.A. commercio Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato Incidenza V.A. commercio su Pil 1996 -0,07 1997 2,41 1998 2,95 -1,00 3,79 923.052,1 933.142,1 952.049,6 969.130,9 984.566,7 1.012.802, 5 13,02 12,87 12,92 13,07 12,74 12,85 40.981,3 41.789,3 42.171,0 42.264,1 42.353,8 43.158,9 1,97 0,91 0,22 0,21 1,90 301.760,6 304.383,0 310.268,1 314.809,2 320.060,4 327.325,7 NORD OVEST V.A. del commercio all'ingrosso e al dettaglio e delle riparazioni Tasso di crescita V.A. commercio Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato Incidenza V.A. commercio su Pil 13,58 13,73 13,59 13,43 13,23 13,19 26.532,0 27.372,0 26.933,2 27.106,4 27.294,9 27.609,8 3,17 -1,60 0,64 0,70 1,15 189.934,3 192.574,5 196.009,8 199.448,5 202.402,5 206.427,5 LOMBARDIA V.A. del commercio all'ingrosso e al dettaglio e delle riparazioni Tasso di crescita V.A. commercio Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato Incidenza V.A. commercio su Pil Fonte: Istat 64 13,97 14,21 13,74 13,59 13,49 13,38 Capitolo 2 – par. 2.1 Grafico 1.1 Valore aggiunto del commercio sul Pil, % 14,50 14,00 13,50 13,00 12,50 12,00 11,50 1995 1996 Italia 1997 1998 Nord-Ovest 1999 2000 Lombardia Grafico 1.2 Variazione del valore aggiunto del commercio 5,00 4,00 3,00 2,00 1,00 0,00 -1,00 '1996 1997 1998 1999 2000 -2,00 Italia Nord Ovest Lombardia 65 Testo coordinato commercio Tavola 2 - Dirigenti del commercio per regione al 2002 Numero % Piemonte Liguria Lombardia Veneto Trentino A.A. Friuli V.G. Emilia Romagna 1.474 611 10.219 1.218 222 160 1.217 7,80% 3,20% 54,20% 6,50% 1,20% 0,80% 6,50% NORD 15.121 80,20% Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzi Molise 518 90 101 2.348 56 8 2,70% 0,50% 0,50% 12,50% 0,30% 0,00% CENTRO 3.121 16,60% Campania Puglie Basilicata Calabria Sicilia Sardegna 256 98 11 27 156 63 1,40% 0,50% 0,10% 0,10% 0,80% 0,30% SUD 611 3,20% 18.853 100% TOTALE Fonte: Fendac Tavola 3 - L'occupazione nel commercio ITALIA Occupati totali Commercio all'ingrosso, al dettaglio e riparazioni % 1995 1996 1997 1998 1999 2000 21.992,5 22.130,3 22.214,7 22.447,8 22.701,1 23.129,2 3.428,2 3.449,3 3.444,2 3.500,5 3.541,6 3.625,1 15,59 15,59 15,50 15,59 15,60 15,67 0,62 -0,15 1,63 1,17 2,36 16.071,6 16.175,3 16.277,3 16.467,2 16.744,5 17.084,3 1.668,1 1.676,4 1.705,4 1.751,2 1.854,5 1.956,3 10,38 10,36 10,48 10,63 11,08 11,45 0,50 1,73 2,69 5,90 5,49 5.955,0 5.937,4 5.980,6 5.956,6 6.044,9 Delta Occupati dipendenti Commercio all'ingrosso, al dettaglio e riparazioni % Delta Occupati indipendenti 66 5.920,9 Capitolo 2 – par. 2.1 ITALIA Commercio all'ingrosso, al dettaglio e riparazioni % 1995 1996 1997 1998 1999 2000 1.760,1 1.772,9 1.738,8 1.749,3 1.687,1 1.668,8 29,73 29,77 29,29 29,25 28,32 27,61 0,73 -1,92 0,60 -3,56 -1,08 51,40 50,48 49,97 47,64 46,03 6.521,8 6.585,6 6.604,0 6.663,0 6.749,7 6.856,4 1.047,0 1.055,7 1.053,4 1.059,4 1.078,3 1.097,0 16,05 16,03 15,95 15,90 15,98 16,00 0,83 -0,22 0,57 1,78 1,73 4.856,4 4.906,4 4.926,9 4.983,7 5.059,8 5.146,0 565,4 571,2 578,4 590,0 621,2 646,0 11,64 11,64 11,74 11,84 12,28 12,55 1,03 1,26 2,01 5,29 3,99 1.665,4 1.679,2 1.677,1 1.679,3 1.689,9 1.710,4 481,6 484,5 475,0 469,4 457,1 451,0 28,92 28,85 28,32 27,95 27,05 26,37 0,60 -1,96 -1,18 -2,62 -1,33 46,00 45,89 45,09 44,31 42,39 41,11 4.047,0 4.087,4 4.108,6 4.165,8 4.214,0 4.258,0 641,9 647,9 648,4 655,5 670,1 679,1 15,86 15,85 15,78 15,74 15,90 15,95 0,93 0,08 1,10 2,23 1,34 3.068,2 3.091,3 3.112,9 3.158,9 3.198,8 3.236,9 378,3 381,2 386,0 394,2 414,8 429,4 12,33 12,33 12,40 12,48 12,97 13,27 0,77 1,26 2,12 5,23 3,52 978,8 996,1 995,7 1.006,9 1.015,2 1.021,1 263,6 266,7 262,4 261,3 255,3 249,7 26,93 26,77 26,35 25,95 25,15 24,45 1,18 -1,61 -0,42 -2,30 -2,19 41,16 40,47 39,86 38,10 36,77 Delta Indipendenti commercio su totale commercio 51,34 NORD OVEST Occupati totali Commercio all'ingrosso, dettaglio e riparazioni al % Delta Occupati dipendenti Commercio all'ingrosso, dettaglio e riparazioni al % Delta Occupati indipendenti Commercio all'ingrosso, dettaglio e riparazioni al % Delta Indipendenti commercio totale commercio su LOMBARDIA Occupati totali Commercio all'ingrosso, dettaglio e riparazioni al % Delta Occupati dipendenti Commercio all'ingrosso, dettaglio e riparazioni al % Delta Occupati indipendenti Commercio all'ingrosso, dettaglio e riparazioni al % Delta Indipendenti commercio totale commercio su 41,07 Fonte: Istat 67 Testo coordinato commercio Grafico 3.1 Occupati nel commercio sul totale, % 16,10 16,00 15,90 15,80 15,70 15,60 15,50 15,40 15,30 15,20 1995 1996 Italia 2,50 1997 1998 NOrd Ovest 1999 2000 Lombardia Grafico 3.2 Variazione dell'occupazione nel commercio 2,00 1,50 1,00 0,50 0,00 -0,50 1996 1997 Italia 68 1998 Nord Ovest 1999 Lombardia 2000 Capitolo 2 – par. 2.1 Grafico 3.3 Occupati indipendenti nel commercio sul totale 55,00 50,00 45,00 40,00 35,00 30,00 1995 1996 Italia 2,00 1997 1998 Nord Ovest 1999 2000 Lombardia Grafico 3.4 Variazione dell'occupazione commerciale indipendente 1,00 0,00 -1,00 1996 1997 1998 1999 2000 -2,00 -3,00 -4,00 Italia Nord Ovest Lombardia 69 Testo coordinato commercio Tavola 4 - La rete distributiva - I semestre 2001 LOMBARDIA Totale 1. Carburanti 2. Non specializzati 3. Non specializzati prevalenza alimentare Pdv x 10.000 ab ITALIA Italia =100 Totale Pdv x 10.000 ab 2.947 3,2 80,8 23.160 4,0 838 0,9 91,6 5.810 1,0 8.523 9,4 69,4 78.012 13,5 885 1,0 82,8 6.791 1,2 5. Frutta e verdura 2.845 3,1 76,7 23.550 4,1 6. Carne e prodotti a base di carne 3.148 3,5 50,7 39.422 6,8 7. Pesci, crostacei, molluschi 224 0,2 17,9 7.934 1,4 8. Pane, pasticceria, dolciumi 2.062 2,3 98,1 13.349 2,3 756 0,8 94,5 5.080 0,9 4. Non specializzati prevalenza non alim. 9. Bevande (vini, oli, birra e altre) 10. Tabacco e altri generi di monopolio 2.534 2,8 67,5 23.837 4,1 11. Altri esercizi specializzati alimentari 3.094 3,4 81,9 23.996 4,2 12. Farmacie 2.493 2,7 95,9 16.521 2,9 395 0,4 67,0 3.744 0,6 13. Articoli medicali e ortopedici 14. Cosmetici e articoli di profumeria 2.678 2,9 77,1 22.058 3,8 15. Prodotti tessili e biancheria 1.981 2,2 84,6 14.865 2,6 20,8 16. Abbigliamento e accessori, pellicceria 14.750 16,2 77,9 120.339 17. Calzature e articoli di cuoio 3.157 3,5 80,0 25.053 4,3 18. Mobili, casalinghi, illuminazione 5.763 6,3 77,7 47.115 8,2 19. Elettrod., radio-TV, dischi, strum. Musicali 2.670 2,9 70,7 23.976 4,2 20. Ferramenta, vernici, giardinaggio, sanitari 3.406 3,7 59,2 36.520 6,3 21. Libri, giornali, cartoleria 6.818 7,5 100,9 42.914 7,4 15.166 16,7 79,1 121.766 21,1 420 0,5 88,5 3.014 0,5 87.553 96,3 76,3 728.826 126,2 22. Altri esercizi specializzati non alimentari 23. Articoli di seconda mano 24. TOTALE Fonte: dati Trade View 70 Capitolo 2 – par. 2.1 Grafico 4.1 Pdv per 10.000 ab. per categoria merceologica (Italia = 100) 120,0 100,0 80,0 60,0 40,0 20,0 0,0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 Tavola 5.1 - La rete distributiva lombarda per provincia – I semestre 2001: numero di punti vendita CO CR Carburanti Lombardia 2.976,0 BG 313,0 BS 480,0 117,0 143,0 LC Farmacie 2.479,0 255,0 328,0 172,0 131,0 93,0 Tabacco e altri generi di monopolio 2.467,0 317,0 417,0 178,0 127,0 110,0 80,0 Articoli di seconda mano 412,0 23,0 58,0 9,0 22,0 4,0 Non specializzati 903,0 40,0 75,0 205,0 9,0 94,0 8.647,0 996,0 1.421,0 640,0 464,0 405,0 916,0 94,0 69,0 116,0 4,0 66,0 10.466,0 1.130,0 2.942,0 385,0 1.565,0 471,0 961,0 167,0 477,0 121,0 565,0 97,0 86,0 Non specializzati prevalenza alimentare Non specializzati prevalenza non alimentare Totale despecializzati Frutta e verdura Carne e prodotti a base di carne 3.260,0 351,0 503,0 187,0 143,0 Pesci, crostacei, molluschi 220,0 12,0 40,0 10,0 6,0 7,0 Pane, pasticceria, dolciumi 2.073,0 168,0 220,0 62,0 70,0 51,0 Bevande (vini, olii, birra ed altre) Altri esercizi specializzati alimentari Totale specializzati alimentari Articoli medicali e ortopedici 779,0 43,0 132,0 63,0 26,0 27,0 3.258,0 498,0 424,0 88,0 84,0 63,0 12.532,0 1.457,0 381,0 32,0 1.790,0 49,0 577,0 19,0 450,0 19,0 331,0 6,0 Cosmetici e articoli di profumeria 2.696,0 262,0 352,0 110,0 90,0 65,0 Prodotti tessili e biancheria 2.030,0 207,0 300,0 146,0 79,0 73,0 14.752,0 1.562,0 434,0 Abbigliamento e accessori, pellicceria 2.209,0 799,0 533,0 Calzature e articoli in cuoio 3.175,0 293,0 467,0 195,0 105,0 92,0 Mobili, casalinghi, illuminazione 5.783,0 596,0 749,0 393,0 199,0 200,0 71 Testo coordinato commercio Lombardia BG BS CO CR LC Elettrodomestici radio-TV dischi strum. Musicali Ferramenta vernici giardinaggio sanitari 2.680,0 222,0 358,0 154,0 92,0 75,0 3.398,0 330,0 466,0 209,0 133,0 98,0 Libri, giornali, cartoleria 6.877,0 621,0 771,0 344,0 239,0 179,0 822,0 519,0 453,0 Altri esercizi specializzati non alimentari 15.285,0 1.752,0 2.109,0 Totale specializzati non alimentare 57.057,0 5.877,0 7.830,0 3.191,0 2.008,0 1.675,0 TOTALE 88.389,0 9.372,0 12.468,0 5.205,0 3.358,0 2.858,0 Fonte: Osservatorio Nazionale del Commercio Tavola 5.1 (segue) - La rete distributiva lombarda per provincia – I semestre 2001: numero di punti vendita LO MI MN PV SO VA Carburanti 72,0 1.074,0 194,0 228,0 52,0 Farmacie 71,0 834,0 126,0 195,0 58,0 216,0 Tabacco e altri generi di monopolio 54,0 661,0 164,0 185,0 58,0 196,0 26,0 Articoli di seconda mano Non specializzati Non specializzati prevalenza alimentare Non specializzati prevalenza non alimentare Totale despecializzati Frutta e verdura Carne e prodotti a base di carne 223,0 5,0 221,0 17,0 19,0 8,0 22,0 399,0 12,0 24,0 1,0 22,0 193,0 1.805,0 418,0 897,0 485,0 923,0 24,0 372,0 73,0 37,0 2,0 59,0 239,0 2.576,0 503,0 958,0 488,0 1.004,0 63,0 996,0 189,0 193,0 50,0 210,0 82,0 1.183,0 179,0 197,0 100,0 249,0 Pesci, crostacei, molluschi 1,0 90,0 15,0 10,0 6,0 23,0 Pane, pasticceria, dolciumi 41,0 1.146,0 65,0 112,0 15,0 123,0 Bevande (vini, olii, birra ed altre) 14,0 252,0 26,0 80,0 14,0 102,0 Altri esercizi specializzati alimentari 89,0 1.684,0 74,0 130,0 24,0 100,0 290,0 5.351,0 548,0 722,0 209,0 807,0 6,0 143,0 19,0 34,0 17,0 37,0 67,0 1.163,0 129,0 162,0 66,0 230,0 Totale specializzati alimentari Articoli medicali e ortopedici Cosmetici e articoli di profumeria Prodotti tessili e biancheria 36,0 750,0 99,0 127,0 68,0 145,0 317,0 5.650,0 648,0 873,0 429,0 1.298,0 Calzature e articoli in cuoio 57,0 1.301,0 135,0 193,0 86,0 251,0 Mobili, casalinghi, illuminazione 96,0 2.314,0 247,0 354,0 115,0 520,0 50,0 1.138,0 128,0 158,0 68,0 237,0 301,0 Abbigliamento e accessori, pellicceria Elettrodomestici radio-TV dischi strum. Musicali Ferramenta vernici giardinaggio sanitari 60,0 1.166,0 257,0 299,0 79,0 Libri, giornali, cartoleria 144,0 3.230,0 257,0 407,0 100,0 585,0 Altri esercizi specializzati non alimentari 309,0 6.114,0 627,0 886,0 377,0 1.317,0 Totale specializzati non alimentare 1.142,0 22.969,0 2.546,0 3.493,0 1.405,0 4.921,0 TOTALE 1.873,0 33.686,0 4.098,0 5.800,0 2.278,0 7.393,0 Fonte: Osservatorio Nazionale del Commercio 72 Capitolo 2 – par. 2.1 Tavola 5.2 - La rete distributiva lombarda per provincia – I semestre 2001: pdv per 10.000 ab. Lombardia BG BS CO CR LC LO MI MN PV SO VA Farmacie 3,3 2,7 3,2 2,6 4,3 2,9 2,2 3,2 4,3 3,9 2,6 3,0 3,6 3,6 2,8 2,2 5,2 3,3 4,6 3,9 2,9 3,3 2,7 2,6 Tabacco e altri generi di monopolio 2,7 3,3 3,7 3,3 3,8 3,5 2,7 1,8 4,4 3,7 3,3 2,4 Non specializzati 0,5 1,0 0,2 0,4 0,5 0,7 0,2 3,8 0,7 0,3 0,1 3,0 0,3 1,1 0,6 1,1 0,5 0,3 0,4 0,5 0,5 0,1 0,3 0,3 Non specializzati prevalenza alimentare 9,5 10,2 12,8 11,8 13,8 13,0 9,8 4,8 11,1 18,0 27,3 11,2 Non specializzati prevalenza non alimentare 1,0 1,2 1,0 Carburanti Articoli di seconda mano Totale despecializzati Frutta e verdura 1,0 0,6 2,1 0,1 2,1 11,5 11,6 14,1 17,7 14,2 18,1 12,1 3,2 4,0 4,2 3,1 3,6 3,1 3,2 1,9 0,7 0,1 0,7 6,8 13,4 19,2 27,5 12,2 1,1 5,0 3,9 2,8 2,6 Carne e prodotti a base di carne 3,6 3,6 4,5 3,4 4,3 2,8 4,2 3,1 4,8 3,9 5,6 3,0 Pesci, crostacei, molluschi 0,2 0,1 0,4 0,2 0,2 0,2 0,1 0,2 0,4 0,2 0,3 0,3 Pane, pasticceria, dolciumi 2,3 1,7 2,0 1,1 2,1 1,6 2,1 3,0 1,7 2,2 0,8 1,5 Bevande (vini, olii, birra ed altre) 0,9 0,4 1,2 1,2 0,8 0,9 0,7 0,7 0,7 1,6 0,8 1,2 Altri esercizi specializzati alimentari 3,6 5,1 3,8 1,6 2,5 2,0 4,5 4,5 2,0 2,6 1,4 1,2 13,7 15,0 16,1 10,6 13,4 10,6 14,7 14,2 14,6 14,5 11,8 9,8 Totale specializzati alimentari Articoli medicali e ortopedici 0,4 0,3 0,4 0,4 0,6 0,2 0,3 0,4 0,5 0,7 1,0 0,5 Cosmetici e articoli di profumeria 3,0 2,7 3,2 2,0 2,7 2,1 3,4 3,1 3,4 3,2 3,7 2,8 Prodotti tessili e biancheria 2,2 2,1 2,7 2,7 2,4 2,3 1,8 2,0 2,6 2,5 3,8 1,8 Abbigliamento e accessori, pellicceria 16,2 16,0 19,9 14,7 15,9 13,9 16,1 15,0 17,2 17,5 24,2 15,8 Calzature e articoli in cuoio 3,5 3,0 4,2 3,6 3,1 3,0 2,9 3,4 3,6 3,9 4,8 3,1 Mobili, casalinghi, illuminazione 6,3 6,1 6,7 7,2 5,9 6,4 4,9 6,1 6,6 7,1 6,5 6,3 Elettrodomestici radioTV dischi strum. Musicali 2,9 2,3 3,2 2,8 2,7 2,4 2,5 3,0 3,4 3,2 3,8 2,9 Ferramenta vernici giardinaggio sanitari 3,7 3,4 4,2 3,9 4,0 3,1 3,0 3,1 6,8 6,0 4,4 3,7 Libri, giornali, cartoleria 7,5 6,4 6,9 6,3 7,1 5,7 7,3 8,6 6,8 8,2 5,6 7,1 Altri esercizi specializzati non alimentari 16,8 18,0 19,0 15,1 15,5 14,5 15,7 16,2 16,7 17,7 21,2 16,0 Totale specializzati non alimentare 62,6 60,3 70,4 58,8 59,8 53,7 57,9 60,9 67,7 70,0 79,1 60,0 TOTALE 96,9 96,2 112,1 95,9 100,0 91,7 94,9 89,3 108,9 116,2 128,3 90,1 Fonte: Osservatorio Nazionale del Commercio 73 Testo coordinato commercio Tavola 5.3 - La rete distributiva lombarda per provincia – I semestre 2001: Lombardia = 100 BG SO VA 87,2 158,1 140,0 89,8 81,3 123,2 143,7 120,2 83,3 96,9 Non specializzati 120,3 138,6 121,3 139,9 130,5 101,2 64,8 161,2 137,0 120,8 52,3 115,4 36,7 145,1 28,4 56,1 129,7 100,1 84,3 99,7 41,5 68,1 381,6 27,1 304,7 112,6 106,8 32,2 48,6 5,7 88,3 70,2 27,1 Non specializzati prevalenza alimentare 107,8 134,7 124,4 145,8 137,1 103,2 Carburanti Farmacie Tabacco e altri generi di monopolio Articoli di seconda mano Non specializzati prevalenza non alimentare Totale despecializzati Frutta e verdura BS CO CR LC LO 98,5 132,2 66,1 130,6 78,7 111,9 96,3 108,5 116,6 143,6 109,8 132,4 96,1 61,8 212,9 11,9 210,9 121,1 101,1 122,6 154,4 123,8 158,0 105,6 122,5 131,3 95,4 111,8 96,5 99,0 MI MN PV 50,5 117,2 189,6 288,1 118,7 98,2 193,2 73,8 11,2 71,6 59,5 116,5 167,3 239,5 106,6 33,9 155,8 119,9 87,3 79,3 Carne e prodotti a base di 100,8 126,5 carne 96,4 119,2 77,2 116,3 87,7 133,1 110,4 157,6 Pesci, crostacei, molluschi 51,1 149,1 76,4 74,1 93,1 21,0 98,9 165,3 Pane, pasticceria, dolciumi 75,9 50,3 91,8 72,0 91,4 133,6 76,0 Bevande (vini, olii, birra ed altre) 51,7 138,9 136,0 83,1 80,9 187,7 92,3 145,6 55,1 87,0 90,7 101,4 78,2 84,9 83,1 140,1 116,2 98,7 37,2 66,0 Altri esercizi specializzati alimentari 143,1 106,7 45,4 70,1 56,6 126,3 124,9 72,9 37,8 34,1 Totale specializzati alimentari 108,8 117,1 77,4 97,6 77,3 107,0 103,2 106,0 105,3 85,7 71,6 Articoli medicali e ortopedici 78,6 105,4 83,8 135,5 46,1 Cosmetici e articoli di profumeria 91,0 107,0 68,6 70,6 114,9 104,3 116,0 109,8 125,8 Prodotti tessili e biancheria 95,5 121,2 120,9 105,7 105,2 82,0 89,3 118,3 114,3 172,1 79,4 Abbigliamento e accessori, pellicceria 99,1 122,8 91,1 98,2 86,1 99,4 92,6 106,5 108,1 149,4 97,8 Calzature e articoli in cuoio 86,4 120,6 103,2 89,9 84,8 83,0 99,0 103,1 111,1 139,1 87,9 Mobili, casalinghi, illuminazione 96,5 106,2 114,2 93,5 101,2 76,8 96,7 103,6 111,9 102,1 100,0 Elettrodomestici radio-TV dischi strum. Musicali 77,5 109,5 93,3 81,9 86,3 102,6 115,8 107,7 130,3 98,3 90,9 112,4 103,4 106,4 84,5 91,9 84,1 94,4 84,4 76,2 81,6 82,9 183,4 160,8 119,4 96,8 113,5 90,6 108,1 74,7 98,5 94,6 86,7 93,5 95,8 Ferramenta vernici giardinaggio sanitari Libri, giornali, cartoleria 96,6 90,7 72,8 90,7 120,9 163,1 229,2 108,0 94,8 Altri esercizi specializzati non alimentari 107,3 113,1 90,4 92,3 Totale specializzati non alimentare 96,4 112,5 94,0 95,6 85,9 92,5 97,3 108,2 111,9 126,5 95,9 TOTALE 99,3 115,6 99,0 103,2 94,6 98,0 92,1 112,4 119,9 132,4 93,0 Fonte: Osservatorio Nazionale del Commercio 74 96,7 99,5 105,9 126,7 Capitolo 2 – par. 2.1 Tavola 6 - La grande distribuzione alimentare al dicembre 2001 Numero pdv Sup. Totale Sup. media Potenziale Mq per Indice di spesa 1.000 ab Italia = 100 per mq* LOMBARDIA Supermercati 400-1199 732 489.186 668 53,8 85,3 140.110 Supermercati 1200-2499 198 310.853 1.570 34,2 105,6 220.489 285.393 Supermercati => 2500 74 240.159 3.245 26,4 198,2 1.004 1.040.198 1.036 114,4 105,2 65.891 Ipermercati < 6500 37 167.068 4.515 18,4 180,6 410.250 Ipermercati > 6500 41 356.973 8.707 39,3 221,7 192.002 Totale ipermercati 78 524.041 6.718 57,6 206,7 130.791 1.082 1.564.239 7.755 172,0 125,9 43.817 Totale supermercati TOTALE NORD OVEST Supermercati 400-1199 Supermercati 1200-2499 Supermercati => 2500 Totale supermercati Ipermercati < 6500 1.201 786.244 655 52,0 82,4 143.509 322 504.658 1.567 33,4 103,0 223.584 385.432 92 292.745 3.182 19,4 145,2 1.615 1.583.647 981 104,7 96,2 71.249 64 286.427 4.475 18,9 186,1 393.934 Ipermercati > 6500 52 443.319 8.525 29,3 165,5 254.519 Totale ipermercati 116 729.746 6.291 48,2 173,0 154.620 1.731 2.313.393 7.272 152,9 111,9 48.774 TOTALE NORD EST Supermercati 400-1199 Supermercati 1200-2499 Supermercati => 2500 1.297 826.963 638 77,7 123,1 94.581 306 484.726 1.584 45,5 140,6 161.358 527.166 48 148.368 3.091 13,9 104,6 1.651 1.460.057 884 137,1 126,1 53.570 Ipermercati < 6500 21 94.645 4.507 8,9 87,4 826.400 Ipermercati > 6500 27 228.610 8.467 21,5 121,2 342.131 Totale ipermercati 48 323.255 6.734 30,4 108,9 241.959 1.699 1.783.312 7.619 167,5 122,5 43.859 Totale supermercati TOTALE ITALIA Supermercati 400-1199 5.761 3.643.264 632 63,1 100,0 105.279 Supermercati 1200-2499 1.198 1.870.337 1.561 32,4 100,0 205.076 243 769.832 3.168 13,3 100,0 498.239,75 Supermercati => 2500 Totale supermercati 7.202 6.283.433 872 108,8 100,0 61.043 Ipermercati < 6500 131 587.704 4.486 10,2 100,0 652.643 Ipermercati > 6500 121 1.022.927 8.454 17,7 100,0 374.964 Totale ipermercati 252 1.610.631 6.391 27,9 100,0 238.149 7.454 7.894.064 7.264 136,7 100,0 48.589 TOTALE * Eurolire di spesa per beni durevoli e non per mq di superficie di vendita. Fonte: Information Resources 75 Testo coordinato commercio Grafico 6.1 Mq per 1.000 abitanti: Italia = 100 220,0 200,0 180,0 160,0 140,0 120,0 100,0 80,0 '4001199 12002500 =>2500 super Lombardia <6500 Nord Ovest >6500 iper totale Nord Est Tavola 7 – Lombardia: supermercati e ipermercati per provincia – gennaio 2001 SUPERMERCATI Sup. di vendita IPERMERCATI SUPER + IPER Mq per Lombardia Sup. di Mq per Lombardia 1.000 ab. = 100 vendita 1.000 ab. = 100 Sup. di Mq per Lombardia vendita 1.000 ab. = 100 Bergamo 109.767 112,7 97,9 53.900 55,3 71,6 163.667 168,0 87,3 Brescia 166.583 149,7 130,1 95.461 85,8 111,0 262.044 235,5 122,4 Como 47.650 87,8 76,3 61.065 112,5 145,6 108.715 200,4 104,1 Cremona 33.326 99,3 86,2 20.771 61,9 80,0 54.097 161,1 83,8 Lecco 26.654 85,5 74,3 40.551 130,1 168,3 67.205 215,6 112,1 Lodi 21.598 109,5 95,1 36.475 184,9 239,2 58.073 294,4 153,0 Mantova 59.770 158,9 138,0 23.733 63,1 81,6 83.503 222,0 115,4 Milano 409.536 108,5 94,3 232.317 61,6 79,6 641.853 170,1 88,4 Pavia 58.028 116,2 101,0 54.165 108,5 140,4 112.193 224,7 116,8 Sondrio 13.083 73,7 64,0 24.725 139,2 180,1 37.808 212,9 110,7 Varese 104.302 127,1 110,4 61.961 75,5 97,7 166.263 202,6 105,3 Totale regione 1.050.29 7 115,1 100,0 705.124 77,3 100,0 1.755.421 192,4 100,0 Fonte Osservatorio Nazionale del Commercio 76 Capitolo 2 – par. 2.1 3. GLI OBIETTIVI GENERALI DEL PROGRAMMA Il programma sviluppa le indicazioni del PRS (Programma Regionale di Sviluppo) e dei suoi aggiornamenti individuando obiettivi generali, obiettivi specifici e politiche per il loro raggiungimento con particolare riferimento alle analisi ed alle strategie di medio e di lungo termine individuate per la promozione del settore e per la tutela dei consumatori e della concorrenza a livello comunitario (Libro Verde sul Commercio, Bruxelles 1996; Libro Bianco sul Commercio, Bruxelles 1999; Libro Verde per la Tutela dei Consumatori, Bruxelles 2001; La politica di concorrenza in Europa, pubblicazione della Commissione Europea, Lussemburgo 2002). 3.1 L’ammodernamento e la qualificazione del sistema commerciale regionale e dei suoi sottosistemi locali Il settore commerciale deve contribuire allo sviluppo generale del sistema produttivo lombardo, dei suoi livelli di competitività internazionale e della qualità dei servizi resi alla comunità lombarda. Risulta prioritario operare per garantire livelli di efficienza generale del settore e della sua capacità a corrispondere alle esigenze dei cittadini e delle aziende lombarde. Vi è la generale necessità di sviluppo di azioni di ammodernamento e qualificazione del comparto nel suo insieme attraverso misure di varia natura, sia di infrastrutturazione del territorio (sistema logistico e accessibilità alle aree commerciali) sia di incentivazione economica e fiscale, sia di promozione della formazione e dell’assistenza tecnica per sviluppare le professionalità adeguate all’evoluzione tecnologica e manageriale (capacità contabili; finanziarie; di tecnica delle vendite; di uso della multimedialità; di gestione delle risorse umane). La modernizzazione e la razionalizzazione dei processi produttivi attualmente in corso nelle aziende commerciali comporta l’esternalizzazione dei servizi logistici; tale riorganizzazione necessita il supporto, a scala regionale e sovracomunale di sistemi efficienti e adeguatamente connessi alla rete di interscambio ferro-gomma. Va rafforzata la competitività del sistema commerciale lombardo attraverso la razionalizzazione dei sistemi infrastrutturale e logistico, in rapporto ai diversi contesti territoriali consolidati a specifica vocazione commerciale. La razionalizzazione dei sistemi locali e le nuove scelte localizzative vanno inquadrate nell’ambito di iniziative concordate con la Provincia territorialmente competente e i comuni interessati dal bacino logistico di riferimento, secondo gli indirizzi in merito forniti dalla Regione. A livello locale deve essere promossa la funzionalità delle reti commerciali in una visione di scala sovracomunale, considerando con attenzione le distinte specificità esistenti nei diversi ambiti territoriali regionali (zone metropolitane, aree montane, territorio rurale, ..). Ciò determina l’assunzione di strategie programmatiche differenziate per lo sviluppo commerciale all’interno della Regione, anche al fine di contemperare adeguatamente gli obiettivi programmatici assunti, con riferimento a tali ambiti, dall’insieme delle politiche regionali. 77 Testo coordinato commercio È altresì importante che gli Enti locali e gli operatori del settore individuino, attraverso studi e rilevazioni e attraverso l’avvio di progetti pilota per il commercio, forme sperimentali e livelli ottimali di gestione associata, anche con riferimento all’individuazione di idonei bacini territoriali. A tale fine, in base al presente programma triennale, si promuove la realizzazione di: azioni di riqualificazione dei sistemi commerciali locali con strategie programmatiche differenziate per situazione territoriale (piccoli comuni; comuni montani o della pianura distanti dai maggiori poli dei servizi; aree urbane maggiori ad assetto consolidato e forte presenza commerciale; ambiti di trasformazione urbana; ambiti extra urbani, ambiti a forte presenza turistica ecc.) con particolare riferimento all’integrazione tra soggetti pubblici e privati per rendere più completa l’offerta dei servizi commerciali; interventi per la rivitalizzazione commerciale nei centri storici e negli abitati della rete distributiva e dei servizi; progetti sperimentali di nuove forme distributive finalizzati all’individuazione di modelli gestionali (in particolare modelli associativi) per l’integrazione delle diverse forme distributive e del sistema commerciale con la rete dei servizi in aree dove esistono carenze nella dotazione di servizi commerciali di base. Nel contesto dello sviluppo del sistema commerciale lombardo, che nel suo insieme è riconosciuto tra i più avanzati d’Europa, si assumeranno altresì misure – in collaborazione con le rappresentanze associative e le Camere di Commercio – per promuoverne l’integrazione e la valorizzazione nel contesto dell’Unione Europea. In particolare verranno promosse occasioni per azioni di collaborazione alla crescita delle reti commerciali nei Paesi che hanno recentemente sottoscritto il Patto di adesione, anche per l’utilizzo dei previsti finanziamenti di sostegno dell’Unione Europea. 3.2 L’integrazione tra politiche di sviluppo commerciale e politiche territoriali e ambientali Il Programma triennale sottolinea l’impegno ad un coordinamento degli orientamenti assunti per lo sviluppo del settore commerciale e quelli relativi all’estensione dell’assetto del territorio nel suo complesso. Ancorchè con significativi passi avanti, compiuti a partire dagli ultimi anni novanta, in attuazione del vigente Regolamento, tale rapporto risulta non completamente maturato, in particolare per quanto attiene la localizzazione dei nuovi grandi insediamenti commerciali e l’assunzione di linee di valorizzazione del ruolo urbano delle attività commerciali. Gli esiti applicativi del titolo III del d.lgs. 114/98 e dell’art 4 della l.r.14/99, per quanto attiene la realizzazione e l’attuazione del processo di pianificazione territoriale, hanno mostrato criticità non marginali, in particolare per quanto attiene i tempi di formazione e approvazione dei Piani territoriali di coordinamento provinciale. 78 Capitolo 2 – par. 2.1 Le recenti trasformazioni del mercato si sono inoltre realizzate in tempi che non sono compatibili con quelli dell’adeguamento della pianificazione locale (che non si è potuta realizzare con la tempestività richiesta dalla legislazione e dai criteri di urbanistica commerciale indicati del regolamento 3/2000) e con il processo di pianificazione e le procedure di approvazione degli strumenti di pianificazione di area vasta. La rilevanza sociale, occupazionale, urbanistico-territoriale, e ambientale, che i processi di riorganizzazione del commercio comportano richiede l’individuazione di ulteriori e più mirati strumenti di verifica e di pianificazione dei nuovi insediamenti, in grado di misurare e prevedere tutti i possibili effetti generati a scala locale e a scala vasta così da poter valutare costi sociali, ambientali ed economici degli interventi programmati e proposti da operatori pubblici e privati. Appaiono altresì opportune forme di intesa e meccanismi di concertazione tra le amministrazioni pubbliche interessate per operare scelte localizzative per la grande distribuzione, nella temporanea assenza di atti di pianificazione di area vasta. In tale contesto per le grandi strutture di vendita, in considerazione dei molteplici indotti generati a scala vasta, il procedimento autorizzativo del singolo nuovo insediamento deve assicurare una completa considerazione degli effetti generati, sotto i diversi profili sopra ricordati; tenendo conto anche delle diverse scale territoriali di influenza e delle differenti soglie dimensionali degli insediamenti. Per gli interventi di maggiori dimensioni e per quelli che presentano un ampio raggio di attrazione commerciale risulta prioritario acquisire, attraverso il ricorso a specifici atti di intesa, l’adesione degli Enti pubblici territoriali interessati. 3.3 L’equilibrata dotazione dei servizi commerciali nel territorio e negli abitati Il commercio svolge un fondamentale ruolo di servizio alle collettività locali, contribuendo a: migliorare la qualità della vita dei cittadini, nelle diverse parti del territorio regionale, una qualità di servizio adeguata al livello di modernizzazione raggiunto dal settore e comodamente raggiungibile dai consumatori di tutte le fasce di età; realizzare le aspettative dei consumatori mettendo a loro disposizione una varietà di beni con una gamma di prezzi adeguata ad ogni strato sociale; mantenere e migliorare i livelli di occupazione. La completezza dell’offerta commerciale nei diversi comparti territoriali è pertanto un obiettivo prioritario del Programma triennale, da conseguire sia a scala territoriale estesa, per gli insediamenti commerciali di grande bacino d’utenza, sia a scala urbana e locale. 79 Testo coordinato commercio Tale obiettivo va perseguito, da parte dei diversi soggetti pubblici, attraverso differenti strategie di intervento in relazione ai diversi contesti territoriali e sociali. Si possono infatti riscontrare situazioni dell’assetto della rete distributiva molto differenziate, ovvero condizioni territoriali differenti che necessitano l’assunzione di misure diversificate. Sia pure in un quadro complessivo di elevata modernizzazione del settore, si riscontrano all’interno della Regione situazioni molto diversificate da considerare con specifica attenzione (si pensi agli ambiti ad alta densità insediativa caratterizzati da una matura presenza commerciale, o a quelli connotati da condizioni di fragilità socio-demografica e delicatezza territoriale e ambientale ….). 3.4 La valorizzazione della dimensione sociale delle attività commerciali La dimensione sociale delle attività commerciali dovrà essere sempre più valorizzata, in rapporto sempre più stretto con esigenze dei cittadini e delle imprese lombarde e considerata, oltre che in relazione alla distribuzione territoriale anche con riferimento a: concorso del commercio alla vivibilità, alla qualità, alla sicurezza dei centri urbani; conservazione dei negozi e degli ambienti commerciali di rilevanza architettonica e storico-culturale; articolazione degli orari di vendita (giornalieri/settimanali/stagionali), anche in relazione alle peculiarità socio economiche dei diversi ambiti territoriali sub regionali. Al fine di garantire un servizio distributivo minimale per le fasce più deboli della popolazione, in particolare nei centri di minore dimensione demografica o in presenza di situazioni svantaggiate dal punto di vista delle infrastrutture e dei servizi, dovrà essere favorita la presenza del commercio in tutte le sue forme distributive valorizzando sia il servizio di prossimità garantito dal commercio tradizionale, sia il servizio garantito dalla media distribuzione, sia la presenza di servizi diretti al consumatore forniti dalle imprese della grande distribuzione. Sarà incentivata la sinergia tra la realtà turistica e quella commerciale, anche con la creazione di punti di vendita finalizzati a valorizzare le peculiarità socio economiche delle realtà locali (prodotti tipici, eventi, sagre e fiere). Nelle aree a forte presenza commerciale (centri storici e ambiti urbani consolidati) sarà perseguito l'obiettivo del consolidamento e della qualificazione della capacità attrattiva, della funzione sociale aggregante del sistema distributivo e della vivibilità del contesto territoriale. Negli ambiti di trasformazione urbana, interessati da interventi di ristrutturazione urbanistica, dove è radicata la presenza commerciale, si perseguirà l'obiettivo della qualificazione e del potenziamento del sistema distributivo e dei servizi esistenti al fine di contrastare fenomeni di degrado e consentire il miglioramento della vita sociale delle periferie e dei quartieri. Nelle zone extra urbane la programmazione degli insediamenti commerciali dovrà porre particolare attenzione all’integrazione con la rete infrastrutturale ed 80 Capitolo 2 – par. 2.1 alla compatibilità insediativa, in relazione alla capacità di consumo della popolazione, agli impatti socio-economici ed occupazionali, oltre che agli impatti ambientali con effetti indotti a larga scala sulla popolazione e sulla vivibilità dei luoghi. 3.5 L’innovazione e lo sviluppo dell’e-commerce Con la nascita del commercio elettronico si è assistito alla trasformazione dello scenario di vendita del mercato dove le imprese competono per creare valore. Vi sono ora un mercato fisico (marketplace) che riguarda i settori industriali, i servizi ed il commercio, ed un mercato virtuale (marketspace) dove i prodotti e i servizi esistono solo come informazioni digitali. Nel mercato virtuale le diverse attività (prodotto, contesto e infrastruttura), non necessariamente integrate in unico soggetto, possono essere fornite da diversi attori con il vantaggio per il consumatore del moltiplicarsi delle occasioni di scelta. Le modificazioni dello scenario comportano opportunità per il consumatore e per il settore commerciale nel suo insieme e minacce per quei segmenti di mercato che, non adeguandosi ai processi innovativi e non trovando un proprio spazio di attività tradizionale, perdono competitività. Per indirizzare lo sviluppo favorendo i processi innovativi delle aziende nei settori che presentano ragionevoli possibilità di crescita è stato analizzato il trend evolutivo del settore ed è stata raffrontata la situazione italiana ai contesti mondiali più evoluti nel settore (USA). L’iniziale generalizzata fiducia nelle capacità innovative del mercato elettronico è stata ridimensionata sulla base dell’effettiva crescita e dei possibili orizzonti di sviluppo del settore. Appare ora assodato che i modelli vincenti sono attualmente i modelli “ibridi” (retailers “bricks & clicks”), costituiti dalle imprese già presenti sul mercato che coniugano i canali fisici con i canali virtuali. Esistono poi scenari di vendita potenzialmente solo virtuali, limitatamente a determinati prodotti (es. musica), che necessitano della messa a punto di meccanismi di sicurezza per operatori e consumatori, e settori di vendita nei quali è auspicabile l’eliminazione del contesto fisico dalla catena del valore in relazione ad indubbi vantaggi in termini di superfici occupate. L’effetto positivo del commercio elettronico sull’ambiente riguarda sia i beni digitalizzabili sia i prodotti non digitalizzabili. Per la prima categoria tale effetto è riconducibile all'eliminazione del punto vendita dalla catena del valore distributivo e per la seconda alla riduzione dei km percorsi nella consegna dei prodotti acquistati on line rispetto ai km percorsi per il trasferimento dei prodotti acquistati nei punti vendita fisici. L’economia è riconducibile da un lato alla ottimizzazione della consegna sul piano del percorso seguito dal mezzo e, dall’altro, alla eliminazione del doppio viaggio che deve fare ciascun acquirente per approvvigionarsi nel punto vendita fisico. Nel quadro degli interventi volti a sostenere l’innovazione, assicurare la compatibilità ambientale e tutelare il consumatore, si promuovono i processi di 81 Testo coordinato commercio riorganizzazione aziendale per lo sviluppo del commercio elettronico B2C (business to consumer) compatibilmente alla sostenibilità della rete e attraverso interventi mirati alla conoscenza del settore, alla tutela dei consumatori ed al raggiungimento di livelli di maggiore affidabilità del servizio per operatori e utenti, tali interventi saranno individuati nel dettaglio con provvedimenti attuativi del presente programma. Si prevedono attività preordinate a: a) la realizzazione, nell’ambito dell‘Osservatorio per il Commercio, di un censimento permanente dei siti B2C (business to consumer) raccogliendo le dichiarazioni di inizio attività depositate presso i comuni e verificando poi l’effettiva funzionalità di vendita dei siti, classificandoli opportunamente in base alle merceologie trattate ed ai servizi forniti; b) la certificazione dei siti lombardi previa definizione dei requisiti minimi nei diversi comparti merceologici; c) l’organizzazione di corsi di formazione per lo sviluppo delle professionalità. 3.6 Lo sviluppo della conoscenza nel settore commerciale La conoscenza della consistenza e delle dinamiche in atto nella rete commerciale costituisce la base delle scelte di programmazione del settore pubblico e privato, consente all’operatore pubblico di verificare in itinere ed ex post la bontà delle politiche intraprese e di intervenire tempestivamente per il loro riorientamento; consente all’operatore privato di identificare correttamente le tendenze di mercato e prendere le decisioni necessarie per meglio rispondere alle esigenze di cambiamento. La comprensione generale del settore commerciale e la relativa informazione sono al primo punto del piano d’azione del Libro Bianco sul Commercio, approvato dalla Comunità Europea nel 1999, che prevede in particolare l’attuazione della fase di miglioramento al sistema statistico sul commercio nel triennio 1999-2003. Nonostante il ruolo prioritario svolto dal commercio nell’economia vi è tuttora, non solo a scala europea, ma anche nazionale e regionale, una generale carenza di informazioni sistematizzate e di dati analitici facilmente accessibili alla pluralità dei soggetti operanti nel settore, alle quali si uniscono problemi di omogeneità e attendibilità delle fonti. Le attuali fonti di rilevamento pubbliche e private (relative allo specifico settore commerciale e di natura statistica) si rivolgono infatti a diverse tipologie di utenti e forniscono diverse tipologie di informazioni con evidenti differenze sia nelle modalità di rilevazione, sia nell’articolazione e aggregazione dei dati. Ciò comporta l’esistenza di uno scenario informativo diversificato e difficilmente raffrontabile se non sulla base di interpretazioni e stime. Per assicurare un sistema coordinato di monitoraggio sull’entità e l’efficienza della rete distributiva rispondendo alla generale necessità di coerenza e attendibilità di dati informativi, nel corso del triennio sarà dato rilievo ai lavori dell’Osservatorio permanente per il Commercio costituito con d.g.r. VII/8511 del 22 marzo 2002 ai sensi dell’art.7 della l.r.14/99. L’approfondimento della conoscenza del settore sarà realizzato in stretta collaborazione con le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, e 82 Capitolo 2 – par. 2.1 con il pieno coinvolgimento delle rappresentanze regionali delle associazioni degli enti locali, delle associazioni di categoria e delle organizzazioni dei consumatori, rappresentate nell’organismo istituzionale dell’Osservatorio ai fini di mettere a punto modalità di rilevazione e monitoraggio condivise sotto il profilo qualitativo e quantitativo e idonee a costituire riferimento unitario per tutti gli operatori del settore. Saranno individuati strumenti e modalità per l’elaborazione di studi sulle dinamiche evolutive dei sistemi commerciali locali coinvolgendo opportunamente, in termini di sussidiarietà orizzontale e verticale, gli enti territoriali e gli operatori del settore. Anche nell’ambito delle attività per la tutela dei consumatori vi è la necessità di realizzare strumenti informativi di conoscenza del settore e di trasparenza della dinamica dei prezzi al consumo. I sistemi di diffusione delle informazioni dovranno rispondere a caratteristiche di accessibilità da parte di tutte le categorie di consumatori, di tempestività dell’informazione, di analisi dell’andamento provinciale di disaggregazione per principali voci di consumo. Comuni e province concorreranno alla rilevazione dei dati di consistenza del Settore commerciale con modalità che saranno definite con atto deliberativo della Giunta Regionale. 3.7 Impostazione strategica del Programma Triennale e applicazione della valutazione ambientale strategica Con l’approvazione della direttiva 2001/42/CE si è concluso il processo decisionale avviato nel marzo 1997 dalla Commissione europea per definire la procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) da applicare a determinati Piani e Programmi. Parallelamente alla discussione in corso a livello europeo, in alcune regioni d’Italia la direttiva è stata anticipata con l’introduzione della VAS, seppure in modo parziale, nell’ambito delle leggi sulla Valutazione di Impatto Ambientale o nelle leggi urbanistiche. Sono inoltre maturate alcune sperimentazioni di applicazione della valutazione a piani e programmi, anche in assenza di normativa regionale e nazionale di riferimento. In relazione alle ricadute ambientali delle scelte di pianificazione e di progettazione dei grandi insediamenti commerciali, e in generale dell’impatto che tutto il sistema di rete ha sull’ambiente ed in particolare degli impatti sul sistema del traffico e sull’inquinamento atmosferico per la rilevante movimentazione di persone e merci, si è ritenuto opportuno procedere all’individuazione di indirizzi generali per lo sviluppo sostenibile del settore, accompagnando la definizione del Programma alla valutazione delle situazioni ambientali delle aree oggetto degli interventi, con particolare riferimento agli ambiti di criticità ambientale sotto il profilo dell’inquinamento atmosferico. Ai fini dell’articolazione territoriale delle politiche di sviluppo commerciale si è tenuta in particolare considerazione la zonizzazione del territorio regionale definita per il conseguimento di obiettivi di miglioramenti della qualità dell’aria di cui alla d.g.r. n.VII/6501 del 19.10.2001. 83 Testo coordinato commercio La ricaduta degli effetti di sviluppo del settore viene considerata alla luce della rappresentazione dello stato dell’ambiente della Lombardia, redatto da A.R.P.A. per l’anno 2001, che descrive nel dettaglio, le tipologie e le entità di pressioni cui è sottoposto l’ambiente, fino ad indicare delle linee di intervento. Nuove tipologie di emissione e l’esigenza di adottare un ampio arco temporale di valutazione stanno diventando cruciali nella gestione del territorio, prevedendo l’aggiornamento dei Piani regionali e l’individuazione di interventi mirati alla riduzione delle emissioni. Gli obiettivi di sviluppo del settore commerciale per il triennio 2003-05 sono incrociati con i 10 criteri chiave per la sostenibilità ambientale desunti dalle modalità di valutazione ambientale strategica per piani e programmi 2002-06 definiti dell’Unione Europea con la direttiva n.° 42/2001, e con i relativi obiettivi di sostenibilità ambientale. Tale incrocio consente di orientare le politiche per il raggiungimento degli obiettivi di settore con attenzione alle problematiche ambientali, in coerenza con gli indirizzi dei libri Verde e Bianco sul Commercio dell’Unione Europea, e con la finalità di indirizzare i successivi atti regolamentari del Programma per il prossimo triennio indicando la possibilità di individuazione indicatori ambientali e di sviluppo sostenibile intesi a quantificare e semplificare le informazioni, in modo da agevolare, sia da parte dei responsabili delle decisioni che da parte del pubblico, la comprensione delle interazioni tra l’ambiente e i problemi chiave del settore. 84 Capitolo 2 – par. 2.1 La matrice di integrazione ambientale degli obiettivi del programma con i 10 criteri di sostenibilità ambientale: la definizione degli obiettivi a valenza ambientale Obiettivi generali Criteri di sostenibilità 1 Ammodernamento e qualificazione del sistema commerciale regionale e dei suoi sottosistemi locali 1 - Ridurre al minimo l’impiego di 5.1 Realizzare lo sviluppo sostenibile del risorse energetiche non rinnovabili settore 2 – impiego delle risorse rinnovabili nei limiti della capacità di rigenerazione 7 – conservare e migliorare la qualità dell’ambiente locale Obiettivi a finalità ambientale 2 Integrazione tra politiche di sviluppo commerciale e politiche di assetto territoriale 1 - Ridurre al minimo l’impiego di 2.1 Orientare lo sviluppo del settore in risorse energetiche non rinnovabili forma sostenibile dal territorio e dal2 – impiego delle risorse rinnovabili l'ambiente nei limiti della capacità di rigenera2.2 Orientare le scelte localizzative della zione grande distribuzione e dei centri per 3 – uso e gestione corretta, dal punto la logistica in forma sostenibile con gli di vista ambientale, delle sostanze e abitati, l'ambiente e il territorio dei rifiuti pericolosi/inquinanti 4 – conservare e migliorare lo stato della fauna e della flora selvatica, degli habitat e dei paesaggi 5 – conservare e migliorare la qualità dei suoli e delle risorse idriche 6 – conservare e migliorare la qualità delle risorse storiche e culturali 7 – conservare e migliorare la qualità dell’ambiente locale 8 – Protezine dell’atmosfera (aria) 10 – promuovere la partecipazione del pubblico alle decisioni che comportano uno sviluppo sostenibile 3 Equilibrata dotazione di servizi commerciali nel territorio e negli abitati 4 – conservare e migliorare lo stato 3.1 Migliorare la qualità della vita dei citdella fauna e della flora selvatica, tadini con particolare attenzione alle degli habitat e dei paesaggi fasce deboli della popolazione 5 – conservare e migliorare la qualità dei suoli e delle risorse idriche 6 – conservare e migliorare la qualità delle risorse storiche e culturali 7 – conservare e migliorare la qualità dell’ambiente locale 8 – Protezine dell’atmosfera (aria) 6 Sviluppo della cono- 9 – sensibilizzare maggiormente alle 6.1 Monitorare le dinamiche del settore scenza del settore problematiche ambientali commerciale per poter verificare la commerciale 10 – promuovere la partecipazione bontà delle politiche e intervenire del pubblico alle decisioni che comtempestivamente reindirizzando le portano uno sviluppo sostenibile scelte (verifica ex ante; in itinere; ex post) Il programma indirizza all’applicazione di indicatori di sostenibilità per la valutazione degli studi di impatto per le grandi strutture di vendita e per la compatibilità tra pianificazione comunale e provinciale e programmazione regionale in materia di commercio. La definizione degli indicatori e delle relative soglie quantitative di ammissibilità, anche in rapporto alle caratteristiche dei diversi ambiti territoriali, è demandata ai provvedimenti attuativi del Programma Triennale. 85 Testo coordinato commercio Schema di sintesi degli obiettivi del Programma Triennale obiettivi generali Ammodernamento e qualificazione del sistema commerciale regionale e dei suoi sottosistemi locali cod. 3,1 Integrazione 3,2 tra politiche di sviluppo commerciale e politiche di assetto territoriale 86 obiettivi specifici cod. Politiche Ammodernamento e qualifica- 3,1,1 zione del comparto nel complesso 1) politiche di incentivazione all'innovazione aziendale in termini di processo e di prodotto; 2) politiche fiscali; 3) politiche di infrastrutturazione del territorio a supporto del sistema logistico e dell'accessibilità alle aree commerciali; 4) politiche di sostegno alla formazione (l'evoluzione tecnologica e manageriale richiede capacità contabili, finanziarie, di tecnica delle vendite, di uso della multimedialità e di gestione delle risorse umane); 5) politiche di sviluppo dell'assistenza tecnica degli operatori; 6) mantenere norme di buon livello dei beni e servizi erogati dalle imprese commerciali e dai loro fornitori (libro bianco 1999) Ammodernamento e qualifica- 3,1,2 zione dei sistemi commerciali locali 1) promozione dell'iniziativa associata; 2) politiche di integrazione tra le diverse forme di vendita; 3) promozione di modelli innovativi di integrazione fra diverse forme di vendita e di sostegno alle unità di vicinato; 4) politiche di valorizzazione della specializzazione delle unità di vendita al dettaglio; orientare lo sviluppo del setto- 3,2,1 re in forma sostenibile dal territorio e dall'ambiente 1) politiche di contenimento delle diverse forme di inquinamento (atmosferico, idrico, rifiuti solidi, onde elettromagnetiche) 2) politiche di contenimento del traffico urbano ed extraurbano (governare le problematiche del traffico cittadino attraverso la gestione degli orari per il trasporto delle merci; favorire l'interscambio ferro-gomma; realizzare parcheggi; valorizzare le aree pedonali); 3) favorire l'utilizzo di mezzi di trasporto a basso contenuto di inquinanti; 4) politiche di miglioramento della qualità urbana e del paesaggio; 5) politiche per l'eccellenza della qualità microurbanistica e architettonica degli spazi e dei contenitori delle funzioni commerciali orientare le scelte localizzative 3,2,2 della grande distribuzione e dei centri per la logistica in forma sostenibile con gli abitati, l'ambiente e il territorio 1) rafforzare il rapporto con la pianificazione territoriale provinciale e con la pianificazione urbanistica; 2) politiche di concertazione delle scelte localizzative a scala vasta e a scala locale; 3) politiche di informazione ai consumatori e politiche di concertazione delle scelte localizzative a scala interregionale Capitolo 2 – par. 2.1 obiettivi generali Equilibrata dotazione di servizi commerciali nel territorio e negli abitati Valorizzazione della dimensione sociale delle attività commerciali cod. 3,3 3,4 obiettivi specifici cod. Politiche Migliorare la qualità della vita 3,3,1 dei cittadini (delle città e dei centri ove i negozi sono il punto focale di numerose attività umane – libro bianco 1999) con particolare attenzione alle fasce deboli della popolazione 1) contrastare i fenomeni di riduzione della valenza commerciale dei centri abitati; 2) incentivare la realizzazione di negozi multiservizi e forme di vendita a domicilio a sostegno delle fasce deboli della popolazione; 3) incentivare la sperimentazione di progetti innovativi per il mantenimento della dotazione di servizi commerciali in comuni dove è evidente tendenza alla rarefazione degli esercizi di vicinato;4) verificare, dove possibile, i costi aziendali e i costi sociali con l'utilizzo di sistemi di contabilità ambientale (bilancio socioambientale) Realizzare le aspettative dei 3,3,2 consumatori mettendo a loro disposizione una varietà di beni con una gamma di prezzi adeguata ad ogni strato sociale (libro bianco 1999) 1) monitorare le aspettative dei consumatori; 2) monitorare l'andamento dei prezzi sul territorio regionale; 3) incentivare l'equilibrio tra le diverse forme distributive; 4) incentivare la sperimentazione di buone pratiche per soddisfare le aspettative dei consumatori; Mantenere e migliorare i livelli 3,3,3 di occupazione del settore e l'equilibrio tra le diverse tipologie distributive 1) promuovere la formazione degli operatori del settore in considerazione delle nuove figure professionali che il mercato richiede per le diverse forme di vendita; 2) favorire gli scambi tra Università e Imprese commerciali in termini di Know-out, di formazione e di occupazione Qualificare il tessuto economi- 3,4,1 co e sociale locale 1) favorire la localizzazione di attività e servizi pregiati in ambiti a rischio di degrado sociale; 2) incentivare la realizzazione/il mantenimento di esercizi commerciali come presidi per la vitalità urbana; Partecipare all'esercizio di 3,4,2 altre attività economiche (es. Turismo; attività di filiera; attività culturali e di ricerca) 1) favorire la realizzazione di progetti integrati; 2) avviare politiche intersettoriali a sostegno del commercio; Mantenere norme etiche e 3,4,3 sociali di buon livello dei beni e servizi erogati dalle imprese commerciali e dai loro fornitori (libro bianco 1999) 1) politiche per il rilevamento del grado di soddisfazione dei servizi da parte dei cittadini; 87 Testo coordinato commercio obiettivi generali Innovazione e sviluppo dell'ecommerce Sviluppo della conoscenza del settore commerciale 88 cod. 3,5 3,6 obiettivi specifici cod. Politiche realizzare lo sviluppo sosteni- 3,5,1 bile del settore 1) politiche di sostegno alla ricerca per l'individuazione nuovi modelli di sviluppo del settore; 2) politiche di sostegno ai modelli commerciali "ibridi" che si sono dimostrati vincenti sul mercato; 3) politiche per il monitoraggio della rete e per il suo sviluppo; aumentare la competitività del 3,5,2 settore e all'interno del settore anche attraverso lo sviluppo di nuove modalità di cooperazione tra imprese che realizzano economie di scala (libro bianco 1999) 1) politiche per la diffusione delle conoscenze e delle capacità sia per gli utenti che per le imprese (libro bianco 1999); 2) politiche in sostegno delle PMI che sviluppano strutture cooperative basate su pratiche esemplari (libro bianco 1999); 3) politiche per rendere accessibili i servizi da tutti e nella stessa misura degli altri servizi (libro bianco 1999); ottenere un servizio commer- 3,5,3 ciale e di intermediazione affidabile e sicuro 1) politiche di regolamentazione e di controllo del settore monitorare le dinamiche del 3,6,1 settore commerciale per poter verificare la bontà delle politiche e intervenire tempestivamente reindirizzando le scelte (verifica ex ante; in itinere; ex post) 1) valorizzare il ruolo dell'Osservatorio per il commercio; 2) politiche per migliorare i flussi di informazioni del settore e la corenza delle modalità di rilevamento; realizzare strumenti di traspa- 3,6,2 renza della dinamica dei prezzi al consumo da offrire ai cittadini 1) utilizzare le nuove tecnologie per diffondere le informazioni sui prezzi; Capitolo 2 – par. 2.1 4. GLI INDIRIZZI PER LO SVILUPPO DELLA RETE COMMERCIALE Nel presente capitolo si formulano gli indirizzi generali per lo sviluppo della rete del settore commerciale in Regione Lombardia, anche ai fini di orientare l’attività in materia degli Enti locali. 4.1 Indirizzi di rilievo generale Lo sviluppo del settore richiede il conseguimento di un corretto equilibrio tra finalità di varia natura: di tipo economico, per consentire lo sviluppo del settore in termini di fatturato e di occupazione, anche in relazione alle esigenze complessive del sistema produttivo lombardo; di tipo sociale, per offrire a tutti i cittadini – in ogni parte della regione residenti – un adeguato servizio commerciale e per valorizzare appieno il contributo degli esercizi commerciali nella qualità della vita collettiva ed individuale di tipo territoriale ed ambientale, per promuovere la localizzazione dei punti di vendita in forme compatibili con le diverse caratteristiche del territorio comunale ed anzi volte ad incrementare la funzionalità complessiva dell’assetto insediativo alle diverse scale di riferimento (regionale, provinciale, comunale). La ricerca di tale equilibrio richiede l’attiva adesione di tutti i soggetti interessati al perseguimento di obiettivi in grado di corrispondere congiuntamente all’insieme di finalità che da tale visione conseguono. D’altra parte le azioni da sviluppare appaiono articolate su più fronti, in coerenza con quanto indicato al precedente capitolo 3 e come ripreso anche in successivi capitoli (6 e 7), rendendo opportuno esprimere gli indirizzi di sviluppo programmatici di seguito riportati. Riequilibrio delle diverse tipologie distributive Il Programma triennale attribuisce particolare rilievo ad uno sviluppo coordinato di tutte le diverse forme di vendita al dettaglio, in base ad un insieme di esigenze di carattere generale, indicate dallo stesso programma, che contribuiscono a delineare le modalità di sviluppo della distribuzione commerciale e la sua più idonea articolazione nelle diverse tipologie di vendita. Il forte incremento di offerta commerciale realizzato dalla grande distribuzione negli ultimi anni e che ha portato la Regione a disporre di standard di offerta comparabile con quella delle più evolute regioni europee, impone oggi l’applicazione di criteri di gradualità e di attenta valutazione degli effetti generati dai nuovi grandi punti di vendita. Ciò si rende necessario per far fronte alle esigenze generali sopra ricordate, consentendo l’apertura di nuovi centri della grande distribuzione in situazioni di accertata compatibilità rispetto al contesto socio-economico e territoriale, come definito nelle parti successive di questo Programma Triennale. 89 Testo coordinato commercio Gli esercizi di vicinato dovranno svilupparsi in rapporto all’obiettivo di fornire al consumatore servizi diversi e complementari rispetto a quelli offerti dalle altre tipologie di vendita, di crescente qualità d’offerta, efficienza e di idonea localizzazione urbana, secondo le esigenze e le modalità proprie di ciascuna comunità locale, con un forte impegno dei Comuni per valorizzarne il ruolo, dotarli di servizi di supporto, integrarli in una dimensione completa di funzionalità urbana, anche al fine di promuovere la vitalità commerciale dei centri urbani e delle aree di più antica formazione. La Regione sosterrà questa azione locale con un insieme di iniziative, anche di natura finanziaria ai sensi della legge regionale 13/2000. Particolare attenzione viene poi attribuita allo sviluppo della media distribuzione, che deve trovare uno spazio di sviluppo adeguato nelle aree urbane lombarde, per fornire ai cittadini consumatori un’offerta, articolata nella gamma, contenuta nei prezzi e ampiamente distribuita nel territorio. A questo scopo risulta opportuno agevolare le procedure di apertura, ristrutturazione e ampliamento di questa tipologia di vendita, in coerenza con le caratteristiche dimensionali, demografiche, economiche e urbanistiche dei singoli comuni. Il ruolo dell’ambulantato, in Lombardia, dovrà trovare adeguata considerazione, sia in rapporto all’esercizio nei mercati settimanali sia a quello in forma itinerante. A tale scopo si prevede la definizione di un apposito atto di specifica programmazione settoriale, per concorrere alla qualificazione della rete distributiva interessata, con riferimento anche ai centri minori e alle aree urbane periferiche, sia al corretto esercizio dell’attività, con il controllo delle forme di attività abusiva e con la dotazione di idonei servizi di ospitalità locale degli operatori e della loro attività, anche adeguandola maggiormente alle esigenze di tempi e orari differenziati espresse dai consumatori. La rivitalizzazione commerciale dei centri urbani Si riscontra la necessità di promuovere azioni pilota, nel corso del triennio di applicazione del Programma, volte ad introdurre – anche nel nostro Paese e nella nostra Regione, iniziative integrate di promozione della funzione urbana dei nostri centri, tradizionale patrimonio e sede dell’attività commerciale. Più in particolare vi è la necessità di iniziative che coinvolgano tutte le componenti interessate a questo obiettivo (Ente locale, operatori commerciali singoli e associati, proprietà immobiliari, residenti…) per la definizione e l’attuazione di progetti volti a realizzare interventi concreti e coordinati di promozione delle attività commerciali. L’esperienza del Town Centre Management costituisce un riferimento che potrà essere assunto per l’impostazione e l’attuazione di questa linea di intervento, anche in raccordo con le azioni promosse dalla Regione nell’ambito della legge regionale 13/2000. Sarà altresì curata l’azione volta ad incentivare la presenza e lo sviluppo di strutture distributive di vicinato e di commercio ambulante, nelle aree oggetto di significativa erosione dell’offerta commerciale locale a seguito dello sviluppo di 90 Capitolo 2 – par. 2.1 punti di vendita della grande distribuzione, anche con l’adozione di misure di promozione e incentivo attraverso i programmi previsti dalla l.r. 13/2000. Un ambito d’azione più specifico, di particolare rilievo per la conservazione e la valorizzazione – sotto vari profili, commerciale, turistico, culturale – di un patrimonio di beni di particolare rilievo culturale, è quello attinente alla tutela dei “negozi storici”. Tali negozi hanno conservato tuttora un’identità d’esercizio del tutto peculiare e caratterizzata da specifici elementi di interesse architettonico e arredi interni che appaiono meritevoli di misure, locali e regionali, di supporto e promozione. La Regione attiva misure di conservazione e di valorizzazione dei negozi storici nell’ambito della previsione di intervento ai sensi della l.r.13/2000. In sede di relativo bando saranno definite le caratteristiche tipologiche e costruttive dei negozi lombardi classificabili “storici” e delle loro pertinenze. L’ammissibilità al finanziamento costituirà riconoscimento di negozio storico ai fini dell’inserimento in apposito elenco regionale dei negozi storici lombardi e comporterà: l’inserimento nelle iniziative di promozione culturale e turistica della Regione e degli Enti Locali con particolare riferimento ai percorsi culturali e turistici promossi dalla Regione Lombardia, dagli enti locali e dai musei pubblici e privati; priorità di finanziamento nei programmi d’intervento regionale nel periodo di validità del presente Programma; il vincolo al mantenimento della configurazione edilizia e degli arredi nei successivi 10 anni. Con atto separato la Giunta Regionale provvederà a definire indicazioni per la proposta da parte dei Comuni di ulteriori esercizi presenti sul territorio da inserire nel suddetto elenco regionale. Nel promuovere - nell’ambito delle misure previste dalla l.r. 13/2000 - interventi di rivitalizzazione e riqualificazione delle aree urbane sarà data priorità ai progetti di valorizzazione dello spazio urbano che, in coerenza con le indicazioni del Piano Paesistico Regionale, valorizzano le caratteristiche storiche, architettoniche, ambientali e di arredo urbano garantendo un corretto inserimento nel contesto urbanistico ed edilizio locale. Contenimento dei tassi di mobilità individuale dell’utente In rapporto all’obiettivo generale della Regione Lombardia di contenere l’incremento dei tassi di mobilità infraregionale, per conseguire un miglioramento delle condizioni di inquinamento atmosferico all’interno delle aree urbane (si veda il Libro Azzurro della mobilità e dell’ambiente), vi è la necessità di adottare politiche localizzative dei nuovi insediamenti commerciali che – soprattutto nelle zone individuate come di maggior criticità ambientale – contengano lo spostamento su mezzo privato dei consumatori. Risulta quindi da promuovere l’insediamento dei nuovi complessi commerciali in aree servite dal trasporto pubblico. Un’area di specifico intervento potrà essere quella costituita dallo sviluppo di nuovi format commerciali e di servizi 91 Testo coordinato commercio nelle stazioni ferroviarie, nelle stazioni delle linee metropolitane, nei parcheggi di attestamento e di interscambio, dove il servizio commerciale si può integrare con i ritmi quotidiani di passaggio di grandi flussi di pendolari. Indirizzi per la qualificazione della media distribuzione La rete della media distribuzione rappresenta una componente essenziale per l’equilibrato sviluppo della distribuzione commerciale nel territorio regionale. L’autorizzazione dei nuovi esercizi è di competenza dei Comuni che devono provvedere alla definizione dei criteri da utilizzare in merito. In relazione alle politiche del presente Programma triennale si ritiene necessario che i Comuni provvedano in merito in forme coerenti con gli obiettivi e gli indirizzi generali, e con la loro articolazione territoriale, qui previsti, coordinando puntualmente la programmazione commerciale con le scelte di pianificazione urbanistica. Si richiamano inoltre: la necessità che, per gli esercizi appartenenti a questa tipologia di vendita, siano previste modalità di considerazione degli eventuali effetti generati a scala sovracomunale, in particolare negli ambiti montani e della pianura lombarda; le opportunità connesse con il recupero di aree urbane dismesse o sottoutilizzate; la corretta applicazione delle norme in materia di autorizzazioni commerciali, non consentendo la realizzazione di punti di vendita della grande distribuzione mediante il rilascio di diverse autorizzazioni a punti di vendita di media distribuzione, artificialmente distinti. Si indica infine la possibilità che, per gli esercizi con superficie di vendita di maggiore estensione, i Comuni prevedano modalità di verifica delle domande per la valutazione degli effetti determinati dai nuovi insediamenti sul contesto locale, nelle diverse componenti commerciali, infrastrutturali ed ambientali. Ai Comuni competerà altresì la definizione di misure atte a promuovere l’integrazione degli insediamenti di media distribuzione con quelli di vicinato, al fine di qualificare e consolidare poli commerciali urbani competitivi e rispondenti alle esigenze dei cittadini. Attenzione alla dotazione commerciale nelle aree di minor densità insediativa La riduzione degli esercizi commerciali, con particolare riferimento a quelli che offrono beni di largo consumo, in molti centri rurali e montani della nostra regione, impone la necessità – in ragione di obiettivi generali di conservazione del presidio umano del territorio – di individuare nuove modalità di orientamento dello sviluppo della rete di vendita: evitando la localizzazione di insediamenti commerciali eccessivamente concentrati, promuovendo la costituzione di punti di vendita integrati con l’esercizio di altre attività di servizio e inseriti in reti distributive organizzate che sostengano la disponibilità delle merci secondo le esigenze presenti; 92 Capitolo 2 – par. 2.1 - sostenendo la presenza di operatori ambulanti; prevedendo misure specifiche in ordine ai limiti massimi di superficie per esercizi di vicinato. Integrazione delle politiche di localizzazione commerciale con obiettivi di sviluppo generale dei contesti locali Più in generale si ritiene necessario, per la definizione delle politiche locali di sviluppo commerciale e per la localizzazione dei nuovi insediamenti della grande distribuzione, considerare con attenzione il concorso delle stesse all’attuazione di piani e programmi di sviluppo o atti di intesa perseguiti a livello locale. Tali piani, programmi, atti di concertazione, dovranno essere formalmente assunti al fine di valutarne le modalità di integrazione con le politiche commerciali. Saranno considerati con particolare attenzione, nell’attuazione del presente Programma Triennale, gli atti di intesa assunti degli Enti locali, ai sensi della l.r. 2/2003 Programmazione negoziata regionale e finalizzati alla riqualificazione e valorizzazione degli spazi urbani con caratteristiche di ‘centri commerciali naturali’. Sviluppo della qualità progettuale dei nuovi insediamenti commerciali e qualificazione dei poli commerciali extra o peri-urbani (parchi commerciali) Sia nelle localizzazioni urbane, sia nelle eventuali localizzazioni extraurbane, i nuovi insediamenti commerciali dovranno presentare un elevato profilo qualitativo nella configurazione architettonica e di inserimento urbanistico, paesistico ed ambientale. Dovranno essere perseguiti canoni progettuali attenti alle specificità del contesto locale, quanto a dimensionamento, condizioni di accesso, tipologie ed elementi architettonici, prevedendo tutte le possibili soluzioni per realizzare le condizioni di massima relazione funzionale e figurativa con il contesto medesimo. I poli commerciali ubicati in zone extra urbane o ai confini di queste dovranno presentare una congrua qualificazione d’insieme, tenuto conto anche della presenza di attrezzature o servizi di natura para-commerciale o di attività economiche di particolare attrattività pubblica ubicate in aree limitrofe. Province e Comuni individuano i comparti territoriali interessati da queste localizzazioni al fine di promuoverne la qualificazione complessiva e la compatibilità con la rete viabilistica e di trasporto. Nuovi insediamenti commerciali previsti in tali zone dovranno attentamente valutare – in sede preventiva – l’effetto generato sul contesto locale in forma cumulata. 4.2 Articolazione territoriale ed indirizzi specifici Ai sensi dell’art. 2 della legge regionale 14/1999 e successive modificazioni, il territorio della regione è suddiviso in ambiti territoriali, tenendo conto della presenza di aree metropolitane omogenee e delle aree sovracomunali configura93 Testo coordinato commercio bili come un unico bacino di utenza, allo scopo di consentire la razionalizzazione e la modernizzazione della rete distributiva, controllandone l’impatto territoriale, ambientale, sociale e commerciale. Gli ambiti territoriali sono stati definiti sulla base delle caratteristiche della rete commerciale e delle sue dinamiche recenti nonché in relazione a caratteristiche geografiche, economiche e sociali, in rapporto alla domanda esistente e prevedibile dal punto di vista qualitativo e quantitativo. In ogni ambito territoriale sono definite misure di sviluppo sostenibile anche in considerazione della presenza di centri storici e di centri di minore dimensione demografica e della loro valorizzazione e rivitalizzazione. La delimitazione degli ambiti territoriali, di cui agli specifici allegati (Cartografia e Elenco di comuni appartenenti agli ambiti) al presente programma, potrà essere oggetto – nel rispetto degli indirizzi generali del Programma - di puntuali e motivate proposte di modifica da parte delle Province territorialmente competenti entro 180 giorni dalla pubblicazione del programma sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, anche contestualmente all’adozione degli atti di cui al successivo capitolo 5.2. Le proposte di modifica verranno approvate con atto della Giunta Regionale. Il territorio lombardo è suddiviso nei seguenti ambiti territoriali: − ambito commerciale metropolitano − ambito di addensamento commerciale metropolitano − ambito della pianura lombarda − ambito montano − ambito lacustre − ambito urbano dei capoluoghi Ambito commerciale metropolitano Comprende la fascia geografica ad alta densità insediativa caratteristica della zona pedemontana e di alta pianura, che attraversa la regione da est ad ovest. L’ambito presenta fattori di significativa criticità ambientale, data dai livelli di inquinamento (lo stesso è compreso nel “perimetro esterno” della zona di risanamento di tipo A della “Zonizzazione del territorio regionale per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell’aria …” di cui alla d.g.r. n. VII/6501 del 19/10/01), dalla concentrazione insediativa particolarmente elevata e da uno stato accentuato di congestione degli assi della rete di viabilità. Al suo interno si riscontra un’elevata diffusione di centri della grande distribuzione, con una particolare dinamica di crescita nell’ultimo triennio. Per il triennio a venire si formulano i seguenti indirizzi di sviluppo: contenimento del tasso di crescita della grande distribuzione rispetto al periodo più recente; consolidamento della funzionalità e del livello di attrazione del commercio nei principali centri urbani, attraverso la valorizzazione di tutte le forme distributive; integrazione delle attività commerciali con i diversi sistemi produttivi locali; 94 Capitolo 2 – par. 2.1 - attenzione al rapporto con il movimento delle persone e delle merci e alle scelte di localizzazione degli spazi logistici; stretto raccordo con le politiche insediative, con priorità al recupero delle aree dismesse e all’utilizzo di aree inserite nel contesto urbano, e di ammodernamento infrastrutturale. Ambito di addensamento commerciale metropolitano È costituito dall’area milanese e dalla porzione di territorio lungo le radiali che convergono verso il capoluogo ed in prossimità dello stesso, area che per presenza di strutture della grande distribuzione realizza, su base comunale, una continuità di zone ad elevata densità commerciale. Si tratta di un’area ad elevato sviluppo commerciale, anche recente, e connotata da particolare criticità ambientale, comprendendo le “zone critiche” individuate dalla d.g.r. n. VII/6501 del 19.10.2001 (area critica milanese, del Sempione, di Varese e di Como). Indirizzi di sviluppo: incentivo alla riqualificazione, razionalizzazione e ammodernamento dei poli commerciali della grande distribuzione già esistenti, ove necessario in forme unitarie; attenzione alla presenza di esercizi di vicinato e di media distribuzione, di maggiore accessibilità diretta da parte dell’utenza; forte disincentivo al consumo di aree libere e indirizzo prioritario per la riqualificazione di aree urbane produttive dismesse o abbandonate, con particolare riferimento alla grande distribuzione; prioritaria localizzazione di attività commerciali in aree servite dai mezzi di trasporto pubblico; particolare considerazione della funzionalità degli assi stradali di supporto localizzativo, assunti nella loro unitarietà. Ambito della pianura lombarda È costituita dalla fascia meridionale del territorio regionale (bassa pianura lombarda), connotata da un tessuto commerciale prevalentemente impostato secondo la rete tradizionale e interessato da localizzazioni recenti della grande distribuzione, con aree di criticità nella disponibilità locale di esercizi di vicinato. Sono presenti centri urbani di media attrattività commerciale e si riscontra una significativa dipendenza dai capoluoghi provinciali in rapporto all’offerta più evoluta. Indirizzi di sviluppo: valorizzazione della articolazione strutturale della rete di vendita, con lo sviluppo della media e grande distribuzione nei centri di storica aggregazione commerciale; qualificazione e specializzazione della rete di vicinato, con progressivo incremento della dimensione media degli esercizi; promozione dell’integrazione con il commercio ambulante e all’individuazione di aree dedicate agli operatori ambulanti; 95 Testo coordinato commercio - disincentivo alla localizzazione delle attività commerciali in aree extraurbane; integrazione della rete commerciale con i sistemi produttivi locali; possibilità di autorizzazione, in un solo esercizio, dell’attività commerciale e di altre attività di interesse collettivo. Ambito montano Comprende i comuni appartenenti alle Comunità montane e i comuni parzialmente montani - in base alla vigente normativa in materia - ad eccezione di quelli che presentano (nell’ambito commerciale metropolitano, nell’ambito urbano dei capoluoghi, nell’ambito lacustre) significative e prevalenti relazioni dirette con altri ambiti commerciali. Indirizzi di sviluppo qualificazione dell’offerta nei poli di gravitazione commerciale di fondovalle, anche con lo sviluppo di insediamenti commerciali di dimensione congruente con l’assetto fisico del territorio e con le caratteristiche della domanda commerciale, conseguente disincentivo alla grande distribuzione e priorità alla media distribuzione con la promozione di servizi di supporto ai centri di minore dimensione; integrazione delle strutture commerciali con i sistemi turistici locali e con l’artigianato delle valli; individuazione, sperimentazione e promozione di nuovi modelli di punti di vendita, per le frazioni, i nuclei minori e le zone di minima densità insediativa; valorizzazione dell’offerta commerciale ambulante e della presenza di aree dedicate agli operatori ambulanti; attenzione alla vendita di prodotti locali, tipici e caratteristici dell’ambiente montano e integrazione con i sistemi produttivi e artigianali tipici locali, in particolare riferiti al comparto agro-alimentare; ubicazione di nuovi punti di vendita in aree abitate, comunque con attenzione alla valorizzazione del tessuto commerciale preesistente e alla conservazione dei caratteri ambientali; applicazione da parte dei Comuni di modelli di verifica dell’impatto generato da nuovi punti di vendita della media distribuzione in relazione agli effetti generati sulla rete locale degli esercizi di vicinato; possibilità di autorizzare, in un solo esercizio, l’attività commerciale e altre attività di interesse collettivo; attenzione agli impatti generati dall’aggregazione delle medie strutture di vendita. Ambito lacustre L’ambito lacustre comprende, in prima individuazione, i comuni di prima fascia lungo le rive dei laghi ed i comuni contigui che, per presenze turistiche e struttura socio territoriale sono connessi al sistema economico lacustre. Si tratta 96 Capitolo 2 – par. 2.1 di aree interessate da consistenti flussi di popolazione non residente, generati da turismo di svago, anche giornaliero ed, in parte minore, da turismo culturale. Si tratta di aree a forte connotazione paesistica e forte criticità ambientale data dai carichi antropici e dai consistenti fenomeni espansivi e di urbanizzazione, dalle caratteristiche degli insediamenti e delle reti infrastrutturali, oltre che dalla stagionalità delle presenze turistiche. Si riscontrano tendenze commerciali diversificate nelle aree di prossima ubicazione lacuale rispetto alle zone più interne, con una significativa dipendenza dai poli dei capoluoghi e di altri centri di storico riferimento commerciale. Indirizzi di sviluppo: consolidamento delle polarità commerciali primarie, con forte valorizzazione delle strutture insediative di antica formazione, in rapporto anche alle valenze e finalità di tipo turistico; particolare attenzione alla delicatezza ambientale e paesaggistica del territorio, sia ai fini della ubicazione di nuovi insediamenti sia in rapporto alla generazione di volumi di traffico aggiuntivi su itinerari viabilistici di limitata capacità; considerazione delle problematiche inerenti l’offerta commerciale nelle valli laterali ai bacini lacuali, che presentano frequentemente condizioni analoghe a quelle dell’ambito montano; integrazione con l’offerta commerciale ambulante, anche per affrontare gli elementi di stagionalità della domanda; integrazione con i sistemi produttivi e artigianali tipici locali, in particolare riferiti al comparto agro-alimentare. Ambito urbano dei capoluoghi Comprende i capoluoghi di provincia ed i comuni contigui principalmente connessi alla rete commerciale del capoluogo, caratterizzati da una struttura commerciale con forte capacità di attrazione a scala provinciale e regionale. Indirizzi di sviluppo: valorizzazione dell’attrattività consolidata degli spazi urbani in relazione all’esistenza del patrimonio storico e architettonico e integrazione della funzione commerciale con le altre funzioni di attrattività urbana (attività paracommerciali, artigianali, pubbliche) e promozione del loro servizio commerciale unitario; qualificazione della piccola e media distribuzione nei centri commerciali naturali esistenti; priorità alla riqualificazione di aree urbane produttive dismesse o abbandonate, con particolare riferimento alla grande distribuzione; preferenziale localizzazione di attività commerciali in aree servite dai mezzi di trasporto pubblico, con particolare riferimento alle stazioni ferroviarie e controllo degli insediamenti periurbani, in rapporto alle condizioni di accessibilità; 97 Testo coordinato commercio - 98 incentivo alla razionalizzazione e ammodernamento dei poli commerciali della grande distribuzione già esistenti, ove necessario in forme unitarie; particolare considerazione della funzionalità degli assi stradali di supporto localizzativi, assunti nella loro unitarietà; valorizzazione delle attività commerciali storiche e di nicchia, anche nella configurazione architettonica dello spazio urbano e di vendita; forte disincentivo al consumo di aree libere e indirizzo prioritario per la qualificazione di aree produttive dimesse o urbane da riqualificare, con particolare riferimento alla grande distribuzione. Capitolo 2 – par. 2.1 5. CRITERI GENERALI PER L’AUTORIZZAZIONE DELLE GRANDI STRUTTURE DI VENDITA L’apertura di nuovi centri della grande distribuzione costituisce un elemento di notevole rilievo per l’organizzazione e la funzionalità della rete commerciale oltre che del territorio e delle aree urbane interessate, presentando rilevanti fattori di trasformazione del contesto locale che devono essere attentamente considerati per valorizzarne al massimo le potenzialità e controllarne gli effetti negativi. Tale considerazione richiede una attenta partecipazione al procedimento autorizzatorio dei diversi soggetti istituzionali che detengono competenze in materia, Regione, Provincia e Comuni. In base alla vigente legislazione in materia, ai fini del rilascio delle autorizzazioni per l’apertura o l’ampliamento di nuovi centri della grande distribuzione, si attiveranno apposite Conferenze di servizio, per l’esame contestuale dei vari aspetti di rilievo per tale rilascio secondo gli obiettivi, gli orientamenti e le indicazioni del presente Programma Triennale. Gli indirizzi specifici per il settore della grande distribuzione, da applicare ai fini dell’esame delle domande di autorizzazione, vengono individuati come segue: promozione della qualità dei servizi da rendere al consumatore e attenzione in ordine alla funzionalità complessiva della rete commerciale, in rapporto alle sue diverse componenti (piccola, media, grande distribuzione) e alla idonea diffusione nel territorio; concorso al conseguimento di obiettivi di riqualificazione urbana o di sviluppo generale, in rapporto ai differenti ambiti territoriali e alle relative condizioni socio-economiche ed insediative; valutazione integrata dell’insieme delle diverse componenti di impatto generato dal nuovo insediamento commerciale sul contesto economico, sociale e territoriale; l’entità degli impatti generati è commisurata alle dimensioni complessive dell’insediamento e della superficie di vendita; progressiva valorizzazione del concorso degli Enti locali nell’autorizzazione di nuovi punti di vendita (e di ampliamenti) della grande distribuzione, di rilievo non superiore alla scala intercomunale; agevolazione dei processi di qualificazione e di razionalizzazione degli insediamenti commerciali della grande distribuzione oggi esistenti, anche con limitati incrementi della superficie di vendita utilizzata e con l’accorpamento di punti di vendita già attivi; prioritaria collocazione degli insediamenti commerciali all’interno di aree urbane, ovvero all’esterno di queste in aree individuate da strumenti di programmazione territoriale provinciale, ove formati, o da atti di programmazione negoziata; congruenza con gli indirizzi di programmazione urbanistica, definiti con apposito documento. 99 Testo coordinato commercio La Giunta regionale, previa comunicazione alla Commissione Consiliare competente, specificherà, con apposito provvedimento, le modalità applicative del presente capitolo del Programma triennale, anche per l’indirizzo dell’attività degli Enti locali coinvolti. 5.1 La promozione della qualità dei servizi resi al cittadino L’apertura di un nuovo insediamento della grande distribuzione può contribuire significativamente all’arricchimento della qualità del servizio commerciale fornito ai consumatori, ove siano garantite idonee forme di accessibilità locale, di integrazione con l’assetto urbano, di erogazione di servizi integrativi (quali la distribuzione a domicilio, anche a scala intercomunale, con particolare attenzione alle esigenze degli anziani e dei disabili). Vi è inoltre la necessità di garantire la presenza di esercizi commerciali opportunamente distribuiti nel territorio. E pertanto: ai fini dell’applicazione dei relativi parametri di valutazione di cui al successivo punto 5.3, va attentamente considerata la ricaduta sulla rete commerciale locale in termini di prevedibile chiusura, a seguito dell’apertura di un nuovo punto di vendita della grande distribuzione, di esercizi commerciali di vicinato; con particolare riferimento ai generi di largo e generale consumo di utilizzo quotidiano (alimentari, abbigliamento) dovrà essere verificato che, nell’area di influenza del nuovo insediamento, non si determinino situazioni di grave carenza di esercizi accessibili agli utenti a scala comunale (intendendosi per grave carenza l’indisponibilità di punti di vendita, o la disponibilità solo in zone urbane eccessivamente distanti o scarsamente accessibili); con riferimento alle altre tipologie merceologiche, dovrà essere considerato, sulla base anche dell’andamento degli esercizi nell’ultimo quinquennio, l’impatto sulla presenza di attività di vendita al dettaglio nelle aree urbane consolidate, con particolare attenzione ai centri storici e di antica formazione, per evitare una perdita eccessiva della loro funzionalità commerciale e la loro trasformazione in luoghi a scarsa differenziazione commerciale. 5.2 Il concorso degli Enti locali A Comuni e Province sono attribuiti, da parte della legislazione vigente, importanti compiti in ordine alla localizzazione degli insediamenti della grande distribuzione, nell’ambito – rispettivamente – del proprio piano urbanistico e del piano territoriale di coordinamento provinciale. Entrambi i soggetti sono poi chiamati a partecipare al procedimento di autorizzazione commerciale, nel contesto delle apposite Conferenze di servizio. A Comune e Provincia vengono pertanto affidati, al fine del rilascio dell’autorizzazione commerciale, compiti di concorso alla valutazione degli elementi di compatibilità dei nuovi punti di vendita di cui al presente capitolo del 100