Un pò di chiarezza non guasta C • Enrico Cazzulani, Past President - AIDP Gruppo Regionale Lombardia In questo numero La nuova disciplina generale dell’apprendistato L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato a facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. L’apprendistato è un... L’apprendistato di alta formazione Poche, ma molto significative le novità contenute nello schema di decreto legislativo approvato dal Governo il 5 maggio scorso in materia di apprendistato... L’apprendistato per la qualifica professionale nel TU Fra le novità introdotte dal nuovo Testo Unico sull’apprendistato c’è la ridefinizione della disciplina dell’apprendistato c.d. “di primo livello”, ossia quel... Le nuove sanzioni per l’inadempimento formativo nel contratto di apprendistato Nell’attuale panorama legislativo, l’art. 53, comma 3, del D. lgs. n. 276/03, così come modificato dall’art. 11 del D. lgs. n. 251/04, dispone che, in caso di inadempimento nell’erogazione... 1 Le novità dell'apprendistato di Andrea Orlandini* L’ istituto dell’apprendistato rientra tra quelli che negli ultimi anni hanno conosciuto un numero crescente d’interventi legislativi nel tentativo di rivitalizzare questa forma contrattuale per moltissimi anni rimasta sostanzialmente quasi inutilizzata e di fatto residuale nelle scelte occupazionali delle aziende. Purtroppo sino a oggi i pur meritevoli tentativi di innovare e facilitare l’uso dell’apprendistato non hanno sortito molti effetti e non è quindi un caso che in buona parte dei contributi della newsletter, parlando delle diverse forme dell’apprendistato, si segnali il loro scarsissimo utilizzo. I motivi sono riconducibili soprattutto alle difficoltà derivanti dal ruolo importante ricoperto dalle Regioni nella fase formativa che ha dato luogo purtroppo a una situazione a “macchia di leopardo” con realtà molto diverse tra i diversi enti locali. Questo ha creato una notevole farraginosità soprattutto per le aziende presenti in diverse realtà regionali che si trovano nella situazione di dover applicare normative molto diverse con notevole aggravio di attività burocratiche e con situazioni formative disomogenee per i propri apprendisti, a parità di tipologia di apprendistato e di professione, da Regione a Regione. Il nuovo Testo Unico cerca di dare nuovo impulso all’istituto riorganizzandolo, fissando linee guida e introducendo novità interessanti come ad esempio l’apprendistato rivolto ai lavoratori in mobilità. La nostra newsletter si propone, con interessanti contributi, di fare un quadro delle novità introdotte con l’auspicio che possa essere di ausilio per un miglior comprensione delle novità e per un effettivo utilizzo di questo istituto. • Andrea Orlandini, Presidente - AIDP Gruppo Regionale Lombardia, Direttore Risorse Umane e Organizzazione, Sisal Alain Lacroix N° 16 - Giugno 2011 ome spesso accade nel nostro Paese, anche in tema di apprendistato siamo abili a complicarci la vita. Un solo nome, apprendistato appunto, e molte fattispecie tra le quali non è facile districarsi. Ben venga quindi un momento di chiarezza descrittiva delle diverse tipologie di apprendistato che ci aiuterà ad orientarci nella pratica di utilizzo in azienda. La miglior conoscenza dell’istituto, potrà sicuramente contribuire ad una sua maggior applicazione concreta, in linea con le intenzioni del Legislatore. dell’apprendistato di Gabriele Fava* L’ apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato a facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. L’apprendistato è un contratto misto ove accanto all’attività lavorativa si affianca una necessaria formazione dell’apprendista allo scopo di fargli apprendere un mestiere. Nel nuovo Testo Unico la normativa detta una disciplina generale applicabile a tutte le tipologie di apprendistato. In primo luogo, viene affermato il principio secondo il quale la scadenza del periodo di apprendistato non determina la fine del rapporto di lavoro, in quanto il datore di lavoro deve dare la propria disdetta se vuole recedere dal rapporto. In caso contrario, lo stesso si trasforma in un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato. L’apprendistato, poi, deve essere stipulato in forma scritta con allegato un piano formativo individuale che può essere consegnato anche successivamente purché entro 30 giorni dall’assunzione. La disciplina dell’apprendistato, nello schema approntato dal Consiglio dei Ministri, è rimessa ad appositi accordi interconfederali ovvero a contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro più rappresentative sul piano nazionale che in ogni caso devono contenere i seguenti principi in materia di apprendistato: rispetto della forma scritta; divieto di retribuzione a cottimo; possibilità di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante; registrazione della formazione nel libretto formativo e possibilità di recedere durante il periodo formativo solo per giusta causa o giustificato motivo. Oltre ai contenuti tradizionali del contratto collettivo, gli accordi tra le parti sociali dovranno prevedere la presenza di un tutore o referente aziendale e la possibilità, anche in concorso con le regioni, di finanziare percorsi formativi aziendali per gli apprendisti. Infine, tra le novità più importanti, si segnala la possibilità di assunzione, con contratto di apprendistato, per i lavoratori in mobilità, al fine di fornire loro una qualificazione o riqualificazione professionale. • * Partner, Studio Legale Fava & Associati di alta formazione di Carlo Marinelli* P oche, ma molto significative le novità contenute nello schema di decreto legislativo approvato dal Governo il 5 maggio scorso in materia di apprendistato di alta formazione e ricerca, finalizzato all’acquisizione di un titolo di studio e all’accesso alle professioni. I dati hanno evidenziato la necessità di rilanciare questa specifica tipologia contrattuale. Secondo l’Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione dei Lavoratori), infatti, solo lo 0,6 % dei contratti di apprendistato nel 2007 rientravano in questa categoria ed è sufficiente una rapida scorsa della letteratura in merito per confermare il dato. Anche per questa specifica tipologia di apprendistato, la scelta è stata quella di puntare sugli accordi fra le parti sociali. Da un lato viene confermato Dmitriy Shironosov La nuova disciplina generale L’apprendistato il criterio degli accordi regionali per disciplinare i profili formativi, già criticato per l’effetto di frammentazione nazionale delle regole, ma ineludibile alla luce della riforma dell’art. 117 della Costituzione. Dall’altro si rinvia alla contrattazione collettiva per definire gli standard professionali che costituiranno il punto di riferimento per la verifica dell’attività formativa, che sarà disciplinata con successivo decreto ministeriale. La maggiore novità dell’istituto è senz’altro la possibilità di assumere, oltre a studenti e dottorandi, anche praticanti che aspirano a intraprendere una professione c.d. “ordinistica” per lo svolgimento del periodo di tirocinio professionale necessario per affrontare l’esame di Stato. Per incentivare i datori di lavoro a ricorrere all’istituto è stato anche previsto un termine di durata massima piuttosto lungo (6 anni). Ciò ha destato le critiche di una parte del mondo sindacale, che l’ha giudicato eccessivo rispetto alla durata media dei corsi universitari e degli stessi periodi di pratica professionale. Rimangono invariati i limiti di età (18-29 anni, che scendono a 17 per chi è già in possesso di qualifica professionale) e la possibilità, per i singoli datori di lavoro e per le istituzioni formative, di stipulare accordi privati ad hoc in assenza degli accordi regionali. • * Avvocato, Baker & McKenzie 2 Konstantin Chagin L’APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE O CONTRATTO DI MESTIERE di Filippo Capurro* T ipologia contrattuale a contenuto formativo, l’apprendistato professionalizzante è stato sinora oggetto di scarsa diffusione, in considerazione anche della stratificazione legislativa, nonché degli interventi ministeriali e della giurisprudenza costituzionale che hanno resa incerta la disciplina dell’istituto. La fattispecie normativa mira al conseguimento di una qualificazione contrattuale per i soggetti di età tra i 18 e i 29 anni. Eliminato il limite minimo di durata (D.L. n. 112/2008), il contratto può oggi essere stipulato per un massimo di 6 anni, spirati i quali il dipendente, previo espletamento di un percorso di formazione, consegue una qualifica. La regolamentazione degli aspetti formativi era dapprima demandata in toto alle Regioni e alle Province autonome (art. 49 comma 5 d.lgs 276/2003); attesa la quasi totale inerzia a livello regionale, il legislatore aveva ampliato l’ambito di azione della contrattazione collettiva, riconoscendole un ruolo di temporanea supplenza (comma 5 bis). Nella dialettica tra legislazione regionale e contrattazione collettiva, uno sbilanciamento a favore di quest’ultima è stato segnato dalla L. n. 133/2008, che, introducendo il comma 5 ter, ha ammesso una formazione tutta interna all’azienda, con totale estromissione dell’intervento regionale. Ciò, con inevitabile pronuncia di parziale illegittimità costituzionale da parte della Consulta (sent. n. 176 del 2010). Oggi, quindi, i datori di lavoro possono assumere dipendenti con tale contratto seguendo la normativa prevista dalle leggi regionali (ove presenti), d’intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale. In caso di formazione aziendale, invece, i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante sono rimessi ai contratti collettivi di lavoro ovvero agli enti bilaterali. Interessante è l’analisi del nuovo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il 5/5/2011: esso demanda agli accordi interconfederali e ai C.C.N.L. la fissazione della durata e delle modalità di erogazione della formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali. Si specifica altresì che la formazione aziendale debba essere integrata dall’offerta formativa finanziata dalle Regioni, per l’acquisizione di competenze di base. L’accorpamento della normativa in un’unica legge non è che il primo passo per un’auspicabile maggiore diffusione dell’apprendistato professionalizzante. • * Partner, Studio Legale Associato Beccaria e Capurro L’apprendistato per la qualifica professionale nel TU di Maurizio Del Conte* F ra le novità introdotte dal nuovo Testo Unico sull’apprendistato c’è la ridefinizione della disciplina dell’apprendistato c.d. “di primo livello”, ossia quel percorso di formazione e lavoro che consente ai giovani minorenni di conseguire un titolo di studio di livello secondario superiore, ai sensi del Decreto Legislativo 17 ottobre 2005, n. 226. Il “vecchio” apprendistato “per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione” già previsto dall’art. 48 del D. Lgs. n. 276, viene, infatti, sostituito dalla nuova figura dell’apprendistato “per la qualifica professionale”, di cui all’articolo 3 del Testo Unico. La nuova disciplina ribadisce il principio secondo cui l’attivazione dell’apprendistato per la qualifica professionale deve essere subordinata alla regolamentazione dei profili formativi, da definirsi in apposite intese tra la singola Regione, il Ministero del lavoro e il Ministero dell’istruzione, sentite le parti sociali. Con riferimento all’ambito di applicazione soggettivo del contratto, la nuova disciplina recepisce quanto già recentemente previsto dalla legge n. 183/2010 (c.d. “Collegato lavoro”), che ha riportato a quindici 3 anni il limite anagrafico minimo. Il contratto potrà essere stipulato in tutti i settori di attività e la sua durata, in ogni caso non superiore a tre anni, sarà determinata in ragione della qualifica e del titolo di studio da conseguire. La formazione, elemento caratterizzante dell’istituto, potrà essere svolta all’interno o all’esterno dell’azienda, per un monte ore definito in misura congrua per consentire il conseguimento della qualifica professionale, nel rispetto degli standard minimi formativi definiti ai sensi del D. Lgs. n. 226/2005. Il Testo unico rimette la determinazione delle modalità di erogazione della formazione aziendale ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, anche all’interno degli enti bilaterali, nel rispetto degli standard generali fissati dalle Regioni. Tutte le modifiche introdotte dalla nuova disciplina sono finalizzate a rilanciare questo istituto che, fino ad ora, è stato troppo poco utilizzato dalle imprese. • * Prof. di Diritto del Lavoro, Università Bocconi di Milano Le nuove sanzioni per l’inadempimento formativo nel contratto di apprendistato di Renato Scorcelli* N Dmitriy Shironosov Andrea Orlandini Presidente AIDP Gruppo Regionale Lombardia Enrico Cazzulani Past President AIDP Gruppo Regionale Lombardia Domenico Butera Vicepresidente AIDP Gruppo Regionale Lombardia Paolo Iacci Vicepresidente AIDP e Responsabile Editoria ell’attuale panorama legislativo, l’art. 53, comma 3, del D. lgs. n. 276/03, così come modificato dall’art. 11 del D. lgs. n. 251/04, dispone che, in caso di inadempimento nell’erogazione della formazione “di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro” e di gravità tale da impedire la realizzazione delle finalità cui mira l’istituto, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la maggiore contribuzione dovuta con riferimento al livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del 100%. Tale maggiorazione esclude l’applicazione di qualsiasi altra sanzione prevista in caso di omessa contribuzione. La disposizione è di non facile applicazione, richiedendo (soprattutto in caso di formazione non esclusivamente aziendale) la prova dell’imputabilità dell’inadempimento in capo al solo datore di lavoro. Secondo il Ministero del Lavoro, tale responsabilità non è configurabile qualora il datore di lavoro abbia optato per una formazione mista o esclusivamente pubblica e la stessa non si sia realizzata per una carenza dell’offerta formativa pubblica (Circ. Min. Lav. n. 40/2004 e n. 27/2008). L’art. 53 citato non prevede la sanzione della “conversione” del contratto di apprendistato in un normale contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Sotto tale profilo, tuttavia, potrebbero essere recuperate le considerazioni svolte dalla giurisprudenza di legittimità nella vigenza della precedente normativa, secondo cui il grave inadempimento dell’obbligo formativo potrebbe far emergere, sul piano del concreto atteggiarsi del rapporto, la sussistenza di un normale contratto di lavoro subordinato (Cass. n. 6987/02 e Cass. n. 3696/01). Lo schema di decreto legislativo approvato da Consiglio dei Ministri del 5 maggio 2011, che istituisce il “Testo Unico dell’Apprendistato”, introduce delle novità anche in materia di sanzioni e, in aggiunta a quanto già contemplato dall’art. 53, comma 3, del D. lgs. n. 276/03, prevede a carico del datore di lavoro per ogni violazione delle disposizioni contrattuali collettive una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro e, in caso di recidiva, da 300 a 1500 euro. • * Socio Scorcelli, Rosa & Partners 4 Informazioni utili Contatti: Via Cornalia, 26 20124 Milano Tel. + 39 02.67178384 Fax. + 39 02.66719181 [email protected] Autori del numero Filippo Capurro Studio Legale Associato Beccaria e Capurro Maurizio Del Conte Università Bocconi di Milano Gabriele Fava Studio Legale Fava & Associati Carlo Marinelli Baker & McKenzie Andrea Orlandini Sisal Renato Scorcelli Scorcelli, Rosa & Partners Newsletter A cura di Paola De Gori Coordinamento redazionale Daniela Tronconi Per iscrizioni [email protected] Grafica e Impaginazione HHD - Kreita.com Foto: Dreamstime