SABATO 20 SETTEMBRE 2014 ANNO 139 - N. 223
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Stati d’animo
Niente malinconie
Elogio dell’autunno
Tempi
liberi
TRE LEZIONI DAL REFERENDUM IN SCOZIA
Luca Ricci
a pagina 33
Luciano Canfora e Antonio Polito
nel supplemento del Corriere
«Difendete le ideologie, non i lavoratori». L’accusa di Camusso: il tuo modello è Thatcher
Schiaffo di Renzi ai sindacati
di ANGELO PANEBIANCO
La Corte di Strasburgo ammette il ricorso di Berlusconi
favore dell’indipendenza.
Londra dovrà per forza tenerne conto concedendo
più risorse e più poteri.
Il terzo insegnamento riguarda l’Europa. L’imbarazzo europeo di fronte al referendum scozzese era palese.
E si capisce. L’Unione è una
organizzazione di Stati nazionali, costruita a misura
degli Stati nazionali. Se una
parte di questi ultimi si disgrega l’Unione può soffrirne assai. Altro che «superamento» dello Stato quale
meta finale, come hanno ripetuto per anni coloro che si
erano autonominati custodi
dell’europeismo. L’integrazione europea non implica
né presumibilmente implicherà in futuro tale superamento. L’Europa è un club di
Stati nazionali legati fra loro
da forti interessi comuni.
Come in qualunque club che
si rispetti, i soci grandi e forti contano di più di quelli
piccoli e deboli. Se i suoi
problemi interni non la frenassero, ad esempio, l’Italia
sarebbe uno degli Stati dominanti dell’Unione, riconosciuto come tale da tutti gli
altri Stati.
Come ha dimostrato anche l’incontro tenutosi al
Corriere due giorni fa fra gli
ambasciatori dei ventotto
Paesi dell’Unione, l’europeismo di ciascuno dei ventotto
ha motivazioni diverse, che
dipendono dalla storia e dalle esigenze geopolitiche di
ogni singolo Paese. Se si
vuole ridare slancio all’integrazione e frenare l’antieuropeismo montante nell’opinione pubblica, è necessario
prendere atto di queste diversità. Restituendo, quanto
più è possibile, la perduta
flessibilità alle istituzioni
dell’Unione. In Europa c’è bisogno sia del vecchio che del
nuovo. Servono tuttora i vecchi Stati. Ma serve anche una
federazione (di Stati) messa
in grado, meglio di quanto
possa fare oggi l’Unione, di
maneggiare certi problemi
comuni. Sul fronte dell’economia come su quello della
sicurezza.
«Il premier ha in mente la Thatcher». «Noi
pensiamo ai precari, il sindacato alle ideologie». Duro botta e risposta tra la leader della
Cgil Camusso e Renzi. Intanto la Corte europea
dei diritti dell’uomo ammette uno dei ricorsi
di Berlusconi contro la sentenza Mediaset.
Giannelli
Settegiorni
di Francesco Verderami
MESSAGGIO A CHI PENSA
ALLA «SOLUZIONE VISCO»
DA PAGINA 5 A PAGINA 9
La strategia del premier
È
davvero «l’ultima spiaggia»? E per chi:
per l’Italia, per Renzi o per i suoi
oppositori? Nel momento in cui la crisi
economica incrocia (ancora una volta) i
destini della politica, è come se il premier
invitasse i suoi avversari ad uscire allo
scoperto. L’ha fatto l’altro giorno alle
Camere, evocando le elezioni anticipate: ma
ciò che è parso un desiderio nascosto dietro
una minaccia, in realtà era un messaggio i
cui destinatari stanno dentro e fuori il
Parlamento, e ai quali Renzi ha tenuto a
dire che non esistono alternative al suo
governo, che in questa legislatura dopo di
CONTINUA A PAGINA 6
lui c’è solo il voto.
La spallata finale
pensando a Blair
di DARIO DI VICO
che si è aperta tra il premier e la
Q uella
Cgil è una battaglia che cova da lungo
tempo all’interno della sinistra italiana. E
ricorda la sfida di Tony Blair alle Unions,
che cambiò il sangue alla sinistra inglese.
A PAGINA 6
La cinese Alibaba in Borsa, battuto il debutto di Facebook
Le aliquote
Tasi più cara dell’Imu
per le famiglie povere
Jack Ma, un uomo da 240 miliardi
Esordio record a Wall Street di Alibaba, il colosso cinese del commercio online. Nel primo giorno
di contrattazioni, il titolo ha fatto registrare un rialzo mozzafiato: un picco del 46% sopra il prezzo
di collocamento. Gli investitori hanno valorizzato la matricola oltre 240 miliardi di dollari,
battendo un colosso come Facebook. Gioisce Jack Ma (foto), il fondatore del sito. A PAGINA 53 Polizzi
di MARIO SENSINI
L
a Tasi rischia di essere ben più cara
dell’Imu nella maggior parte dei
Comuni per molte famiglie italiane, in
particolare quelle più povere e quelle con i
figli. E più leggera per chi sta meglio.
Secondo l’associazione dei Comuni, nei
municipi dove le aliquote sono state già
fissate a maggio, sulla prima casa, si è
pagato il 30% in meno, ma i Caf e molti
centri studi sono convinti che, alla fine, il
conto complessivo sarà più salato dell’Imu
2012, che fu di 4,4 miliardi. Oltre alle
aliquote, molti contribuenti dovranno far
fronte anche alla mancanza di detrazioni,
previste solo nel 35,9% dei Comuni.
PRIMITIVO
IN LIBRERIA
di FIORENZA
SARZANINI
T
re giorni fa
un’informativa
trasmessa dall’intelligence
alle forze dell’ordine ha
segnalato la possibilità di
un «atto dimostrativo in
Vaticano». Di
conseguenza, alla vigilia
dell’udienza pubblica del
Papa, il dispositivo di
sicurezza è stato
potenziato. L’allerta è
basata su una
conversazione intercettata
tra due arabi: niente di
particolarmente
allarmante, ma la tensione
è ormai altissima dopo le
minacce terroristiche
dell’Isis.
A PAGINA 21
La dichiarazione dei redditi precompilata sarà utilizzabile dalla primavera
2015. Saranno interessati
circa 30 milioni di contribuenti, lavoratori dipendenti e pensionati, che dovranno verificare l’esattezza
e la completezza dei dati in
possesso dell’amministrazione finanziaria.
ALLE PAGINE 2 E 3 Baccaro
Il commento
Passo in avanti
Ora mantenete
l’impegno
di M. FRACARO
e N. SALDUTTI
A PAGINA 58
A PAGINA 3
Social bond privati contro l’abbandono degli studenti. Rendite se viene raggiunto il risultato
ANDREADE CARLO La finanza creativa che aiuta le scuole
CUORE
IL PERICOLO ISIS
E LA SICUREZZA
RAFFORZATA
IN VATICANO
La dichiarazione dei redditi
sarà precompilata dal 2015
per 30 milioni di cittadini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL NUOVO ROMANZO DI
Nuove minacce
Pronto il decreto. In futuro inserite anche le detrazioni
AFP PHOTO / JEWEL SAMAD
on sono solo i diretti interessati, il
governo britannico
e la regina, ad applaudire al risultato del referendum scozzese. Il senso di
sollievo è palesemente diffuso in Europa. Non soltanto la
Spagna, alle prese con l’indipendentismo catalano, ma
anche altri Paesi, Italia inclusa, hanno a che fare, in modo più o meno serio, con
aspirazioni secessioniste.
Una vittoria del «sì» in Scozia avrebbe innescato effetti
imitativi, avrebbe galvanizzato gli estimatori delle «piccole patrie» sparsi per il Vecchio Continente, fornendo
propellente per la loro agitazione politica.
La vicenda del referendum scozzese è stata istruttiva. Ci ha impartito tre insegnamenti. In primo luogo, ci
ha dimostrato che, nonostante venga affermato il
contrario da molti, lo Stato
così come si è formato in Europa nel corso dei secoli, il
cosiddetto Stato nazionale
(nel quale, cioè, esiste un riconoscibile gruppo etno-nazionale dominante) non è affatto morto, continua ad essere percepito dai più — anche da coloro che, come gli
scozzesi, non appartengono
al gruppo dominante — come un porto sicuro, l’organizzazione politica capace di
offrire, rispetto ad altre,
maggiore protezione e migliori garanzie per il futuro.
Protezione e garanzie che la
piccola patria, potenziale vaso di coccio in mezzo a tanti
vasi di ferro (gli Stati nazionali rimasti tali) non è in grado di assicurare.
Il secondo insegnamento
è che, comunque, la storia
pesa e soprattutto là dove resiste (tramite i racconti famigliari che attraversano le
generazioni) la memoria del
sangue versato nei secoli
passati, l’identità locale,
l’identità della piccola patria, mantiene comunque
una sua notevole forza politica. La Scozia, per effetto
del referendum, è spaccata
in due: quasi la metà degli
scozzesi si è pronunciata a
di MASSIMO GAGGI
I
britannici li chiamano
Social impact bond, gli
americani Pay for Success
Bond. Sono progetti di recupero — dai detenuti minorenni ai senzatetto — finanziati da privati. Ora
questi strumenti finanziari
potrebbero arrivare in Italia: il progetto di riforma
del governo li prevede per
gli interventi sociali contro
la dispersione scolastica.
A PAGINA 25
Stasera a San Siro la partitissima
NSIDEFOTO / STACCIOLI e ANSA / DI MARCO
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ALLE PAGINE 64 E 65
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2
Primo Piano
Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Tasse I contribuenti
Come cambia
Fisco, dichiarazione dei redditi
precompilata entro aprile 2015
Il modello per
Come sarà e cosa
30 milioni di cittadini cambia rispetto a oggi
Dall’anno successivo verranno inserite anche le detrazioni
La riforma per 30 milioni di pensionati e lavoratori dipendenti
ROMA — È quasi fatta per la
dichiarazione dei redditi precompilata che sarà utilizzabile
dal 2015. Ieri il Consiglio dei
ministri, su proposta del ministro dell’Economia, Pier Carlo
Padoan, ha esaminato per la seconda volta il decreto legislativo contenente le disposizioni
in materia di semplificazioni fiscali, in attuazione della legge
delega del marzo 2014. Il provvedimento, ora torna al vaglio
delle commissioni parlamentari competenti che dovranno
esprimersi di nuovo entro 10
giorni, sempre con parere non
vincolante. Poi ci sarà l’ultimo
passaggio in consiglio dei Ministri. Il testo che è stato esaminato ieri non dovrebbe subire
modifiche sostanziali.
Contribuenti
Via libera
del governo, ultimo
passaggio i pareri
del Parlamento
La dichiarazione precompilata cambierà le abitudini fiscali di circa 30 milioni di contribuenti: lavoratori dipendenti e
pensionati.
Oggi spetta al contribuente
indicare i dati per la compilazione del modello dichiarativo
mentre l’amministrazione finanziaria poi effettua le verifiche e ne comunica gli esiti. Con
l’invio della dichiarazione precompilata, invece, è l’amministrazione finanziaria il soggetto
obbligato a raccogliere ed elaborare i dati, al fine di inviarne
le risultanze al contribuente,
secondo una rigida scadenza
temporale.
Cosa resta da fare al contribuente? Gli rimane l’obbligo di
verificare l’esattezza e la completezza dei dati in possesso
Il gettito del lavoro dipendente
IRPEF (milioni di euro)
2012
165.614
2013
163.758
RITENUTE
settore pubblico
2014
(gennaio 96.648
luglio)
dell’amministrazione finanziaria. Cambia di conseguenza anche il ruolo svolto oggi dai soggetti che effettuano l’assistenza
fiscale del contribuente. Accogliendo una condizione contenuta nel parere della commissione Finanze della Camera, se
il contribuente presenta la dichiarazione a un Centro di assistenza fiscale (Caf) o a un professionista abilitato, a questi
l’amministrazione fiscale si rivolgerà per i controlli documentali, anche in relazione ai
dati forniti all’Agenzia delle Entrate dai soggetti terzi (banche,
assicurazioni, ecc), senza perciò più interpellare il cittadino.
In questo caso il Caf o il professionista hanno a disposizione 60 giorni per la trasmissione
in via telematica all’Agenzia
delle Entrate della documentazione e dei chiarimenti richiesti. Entro lo stesso termine di
60 giorni devono essere versate
le somme richieste a seguito
dei controlli nei confronti dei
suddetti intermediari.
Come verrà precompilata la
dichiarazione? L’Agenzia delle
Entrate utilizzerà le informazioni disponibili nell’Anagrafe
tributaria (ad esempio la dichiarazione dell’anno precedente e i versamenti effettuati),
62.761 64.437
settore privato
65.436 64.981
40.469
2012
2012
42.212
2014
CORRIERE DELLA SERA
i dati trasmessi da parte di soggetti terzi (ad esempio banche,
assicurazioni ed enti previdenziali) e i dati contenuti nelle
certificazioni rilasciate dai sostituti d’imposta con riferimento ai redditi di lavoro dipendente e assimilati, ai redditi
di lavoro autonomo e ai redditi
diversi (ad esempio, compensi
per attività occasionali di lavoro autonomo).
A partire dalla dichiarazione
dei redditi da presentare nel
2016, relativa all’anno d’imposta 2015, anche i dati del sistema Tessera Sanitaria potranno
essere preinseriti nella dichiarazione per quanto attiene alle
spese mediche, di assistenza
specifica e alle spese sanitarie
che danno diritto a deduzioni
dal reddito o detrazioni d’imposta.
Entro il 15 aprile di ciascun
anno la dichiarazione precom-
pilata verrà resa disponibile in
via telematica al contribuente,
che potrà accettarla oppure
modificarla, rettificando i dati
comunicati dall’Agenzia e inserendo ulteriori informazioni.
Il contribuente potrà accettare la dichiarazione precompilata ricevuta dall’Agenzia o
eventualmente modificarla, direttamente (anche per il tramite del sostituto d’imposta che
presta assistenza fiscale) o attraverso i Caf e i professionisti
abilitati.
Un’altra novità introdotta a
seguito del parere del Parlamento è l’unificazione alla data
del 7 luglio dell’anno successivo al periodo d’imposta al quale si riferisce la dichiarazione,
del termine per la presentazione del modello 730, sia se ciò
avviene direttamente dal contribuente, sia se la trasmissione
avviene tramite sostituto d’imposta oppure mediante Caf o
professionista (oggi ci sono
due date diverse).
Antonella Baccaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dal 2015 sarà utilizzabile
la dichiarazione dei
redditi precompilata per
30 milioni di
contribuenti: lavoratori
dipendenti e pensionati
Con la dichiarazione
precompilata spetterà
all’amministrazione
finanziaria raccogliere ed
elaborare i dati secondo
una scadenza temporale
La procedura
Via web o tramite i Caf
per conoscere l’imponibile
Per consentire ai cittadini di verificare e approvare
oppure, se è il caso, correggere la dichiarazione
precompilata che dovrà essere pronta entro il 15 aprile
di ogni anno, il decreto legislativo ipotizza tre diverse
modalità di interazione con il contribuente:
a) direttamente on line tramite il sito Internet
dell’Agenzia delle Entrate;
b) conferendo apposita delega al proprio sostituto
d’imposta che presta assistenza fiscale;
c) dando specifica delega a un centro di assistenza
fiscale (Caf) o a un professionista abilitato.
Con successivi provvedimenti del Direttore
dell’Agenzia delle Entrate saranno individuati
eventuali ulteriori sistemi alternativi per rendere
disponibile al contribuente la propria dichiarazione
precompilata.
Rimane, comunque, ferma la possibilità per il
contribuente di presentare la dichiarazione dei redditi
con le modalità ordinarie, cioè compilando il modello
730 o il modello Unico Persone fisiche.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Violazioni e sanzioni
Chi paga per gli errori
La possibilità di rettifica
Economisti e consiglieri
La squadra di Palazzo Chigi
da Gutgeld a Fortis e Perotti
ROMA — Al via la squadra economica di Matteo Renzi,
mentre nei prossimi giorni il deputato Fabio Melilli (Pd), 56
anni, diventerà sottosegretario all’Economia al posto di
Giovanni Legnini (destinato al Csm). Ieri il presidente del
Consiglio ha firmato il provvedimento con gli incarichi a
titolo gratuito di consigliere economico per Alessandro
Santoro, Marco Fortis, Roberto Perotti, Giampiero Gallo,
Yoram Gutgeld (consigliere economico e di bilancio),
Riccardo Luna (per le tecnologie digitali), Paolo Barberis (per
l’innovazione). Sette esperti che,
probabilmente coordinati da
Gutgeld, svolgeranno un ruolo
importante anche nella messa a
punto della legge di Stabilità che il
governo presenterà entro il 15
ottobre.
Nel frattempo dovrebbe essere
occupata l’importante casella lasciata
scoperta al ministero dell’Economia da Legnini, eletto al
Consiglio superiore della magistratura. La scelta dovrebbe
cadere appunto su Melilli, ex presidente della provincia di
Rieti, già direttore generale dell’Anci, attualmente in
commissione Bilancio di Montecitorio. Melilli, che è stato
anche interlocutore dello stesso Legnini al tavolo tecnico del
Piano «Salva Roma», si schermisce: «La voce è arrivata anche
a me, ma aspetto la decisione del presidente Renzi».
F. D. F.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nel caso in cui la dichiarazione venga presentata, con
o senza modifiche, tramite Caf o professionisti
abilitati, questi ultimi sono tenuti all’apposizione del
visto di conformità sui dati della dichiarazione,
compresi quelli forniti con la dichiarazione
precompilata (oneri deducibili, detraibili ritenute).
Recependo il parere delle commissioni parlamentari,
è stato stabilito che la responsabilità dei Caf per visto
infedele sia esclusa quando lo stesso visto sia stato
indotto dalla condotta dolosa del contribuente.
Qualora il Caf o il professionista, entro il 10 novembre
dell’anno in cui la violazione è stata commessa,
trasmetta una dichiarazione rettificativa del
contribuente, gli intermediari sono chiamati al
pagamento della sola sanzione, ferma restando la
richiesta di pagamento a carico del contribuente per
l’imposta e gli interessi. In tali casi, la sanzione a
carico del Caf o del professionista è ridotta ad un
ottavo se il versamento è effettuato entro la stessa
data del 10 novembre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Primo Piano
ILLUSTRAZIONI DI ROBERTO PIROLA
italia: 51575551575557
L’indicazione
Le correzioni
dei dati e le verifiche le fanno i cittadini
Attualmente spetta al
contribuente
l’indicazione dei dati e
poi l’amministrazione è
chiamata ad effettuare
le relative verifiche
Con il modello
precompilato, il
contribuente potrà
accertare, integrare
e correggere i dati
della dichiarazione
I controlli senza
La documentazione
chiamare i contribuenti spedita online
I controlli saranno
effettuati al soggetto
che ha apposto il visto
di conformità (Caf e
commercialisti) senza
più rivolgersi al cittadino
Spese mediche con
la tessera sanitaria
La documentazione
dovrà essere accettata
così com’è o modificata.
I cittadini potranno farlo
da soli online o tramite
Caf e professionisti
L’invio tradizionale
non va in soffitta
Dal 2016, con la tessera
sanitaria, la dichiarazione
avrà anche i dati relativi
alle spese mediche che
danno diritto a deduzioni
o detrazioni di imposta
Entro il 15 aprile di ogni
anno sarà disponibile
online la dichiarazione
precompilata. Ma si potrà
continuare a presentarla
nel modo tradizionale
Il dossier Nei 600 centri che non hanno deliberato le percentuali di prelievo si pagherà il 16 dicembre
La beffa Tasi, più cara dell’Imu
Detrazioni solo in un Comune su tre
Aliquota media dell' 1,95 per mille. Il conto sulle case piccole
DAL NOSTRO INVIATO
CORTONA — Il termine è scaduto
alla mezzanotte di ieri e i Comuni che
non hanno deliberato in tempo le aliquote della nuova Tasi dovranno accontentarsi, a dicembre, di un incasso
ridotto. Tutti gli altri sindaci possono
sorridere, ed i loro cittadini preoccuparsi. Messe tutte le carte sul tavolo
— le delibere comunali — l’imposta
destinata a superare l’Imu rischia di
essere ben più salata della progenitrice nella maggior parte dei Comuni
per molte famiglie italiane, in particolare quelle più povere e quelle con i
figli. E più leggera per chi sta meglio.
L’Associazione dei Comuni dice che
La scadenza
Sugli 8.057 Comuni italiani
quelli che hanno fissato le
aliquote entro la scadenza
definitiva sono stati 7.405
nei municipi dove le aliquote sono
state già fissate a maggio, sulla prima
casa, si è pagato il 30% in meno, ma i
Caf e molti centri studi sono convinti
che, alla fine, il conto complessivo sarà più salato dell’Imu 2012, che fu di
4,4 miliardi.
Sugli 8.057 Comuni italiani, quelli
che hanno fissato le aliquote Tasi entro la scadenza definitiva sono stati
7.405. Nei poco più di 600 municipi
che non hanno voluto o non sono stati in grado di decidere, la Tasi sulla
prima casa si pagherà il 16 dicembre
in una sola rata, con l’aliquota di base
dell’1 per mille (applicata allo stesso
imponibile della vecchia Imu: rendita
catastale rivalutata del 5% e moltiplicata per 160). Negli altri Comuni la
tassa sulla casa di abitazione, dovuta
in due rate il 16 ottobre e il 16 dicembre, sarà ben più cara.
Secondo i calcoli del Caf si pagherà
l’1,95 per mille, ma è una media di
tutti i Comuni, piccoli e grandi: nelle
città maggiori il conto sarà di sicuro
più salato. Secondo il Servizio Politiche Territoriali della Uil, l’aliquota
media deliberata dai municipi capoluogo di provincia è del 2,6%. La Cgia
di Mestre sostiene che in un grande
Comune su due la Tasi sarà più cara
dell’Imu. Tra i capoluoghi di provincia, vale la pena di sottolineare, la Tasi
non si paga solo a Olbia e a Ragusa. È
tuttavia e soprattutto il meccanismo
caotico delle detrazioni, più delle aliquote, a generare gli effetti meno gradevoli. Con l’Imu c’era una detrazione
fissa di 200 euro, più 50 euro per ogni
figlio a carico, mentre stavolta i sindaci sono stati lasciati liberi di scegliere, potendo applicare una maggiorazione dello 0,8 per mille proprio
per finanziare le detrazioni, e si sono
sbizzarriti con la fantasia. A conti fatti, però, le agevolazioni sono state
drasticamente tagliate.
Solo il 35,9% dei Comuni ha previsto uno sconto. Il 15% ha optato per
una detrazione fissa, il 19% le ha legate alla rendita catastale della casa, e
solo il 13,3% del totale (appena 869
Comuni) le ha concesse per i figli a
carico, e quasi in tutti i casi solo a partire dal terzo o quarto figlio. Uno sparuto gruppo di 37 Comuni ha tarato le
agevolazioni sul reddito del proprietario, altri 173 si sono affidati all’Isee.
Ma solo 179 hanno tenuto conto dei
figli con handicap, e 146 hanno previsto sconti in base all’età dei proprietari. Premiando i più anziani, over 65
e over 70, quando uno degli effetti
dell’Imu era quello di spostare il carico fiscale dalle nuove alle vecchie generazioni.
Quel poco di funzione redistributi-
La mappa della nuova tassa
Rilevazione Caf Acli al 19/09/2014
ABITAZIONE PRINCIPALE
I Comuni
che hanno deciso
Con Tasi superiore
al 2,5 per mille
Con agevolazioni
87,89%
11,75%
35,97%
6.508
su 7.405
765
su 6.508
2.341
su 6.508
AGEVOLAZIONI TASI
Le detrazioni su 6.508 Comuni
in somma fissa
14,58%
legate alla rendita catastale
18,76%
legate al reddito del proprietario
0,57%
legate all'Isee del proprietario
2,66%
per portatori di handicap
2,75%
ALTRI IMMOBILI
(seconde e terze case, uso
commerciale, studi prof.)
legate all'età del proprietario
extra per i figli
2,24%
13,35%
IMMOBILI
LOCATI
AREE
EDIFICABILI
51,76%
52,32%
47,32%
3.833
su 7.405
3.874
su 7.405
3.504
su 7.405
IMMOBILI STRUMENTALI
ALL'ATTIVITÀ
AGRICOLA
IMMOBILI
NON LOCATI
ASSIMILAZIONI
ALL'ABITAZIONE PRINCIPALE
Delibere che assimilano
le abitazioni in comodato
59,53%
45,87%
5,58%
4.408
su 7.405
3.397
su 7.405
413
su 7.405
va della vecchia Imu, in ogni caso,
non c’è più. Un esempio di come sono
destinate a cambiare le cose lo fa Paolo Conti, direttore generale del Caf
Acli. Con la vecchia Imu del 2012 (nel
2013 è stata sospesa, e solo in alcuni
Comuni si è pagato una quota minima) su una prima casa con valore catastale di 60 mila euro, tassata all’aliquota massima del 4 per mille, si pagavano 40 euro: 240 d’imposta meno i
200 della detrazione fissa. Se ci fosse
stato anche solo un figlio, addirittura
niente. In un Comune dove non sono
previste detrazioni, e sono i due terzi
del totale, con la Tasi al 2 per mille (il
tetto massimo è il 2,5), quest’anno si
pagheranno 120 euro. Al contrario,
una casa di abitazione più lussuosa,
con un valore di 150 mila euro, se pagava 400 euro di Imu (600 di imposta
meno 200 di detrazione), domani pagherà 300 euro di Tasi.
Nei Comuni che hanno optato per
le detrazioni è molto più difficile capire fin d’ora, basandosi sulle carte,
come andrà a finire. Anche perché la
maggiorazione poteva essere spalmata anche sulle seconde case, i terreni,
gli esercizi commerciali, i capannoni
industriali, dove la Tasi si somma all’Imu, e dove i sindaci, ad ogni buon
conto, non hanno rinunciato a fare
cassa. Là dove l’Imu non era già ai livelli massimi, e dunque si potevano
alzare le tasse, in tanti ci hanno infilato anche la Tasi: metà dei Comuni ha
«arrotondato» con la Tasi l’Imu sulle
seconde e terze case, sugli esercizi
commerciali e gli studi professionali,
sulle aree edificabili, sugli immobili
agricoli, sui capannoni industriali.
Pochissimi, appena il 5%, hanno assimilato alla prima casa gli immobili
concessi in comodato ai figli.
La metà dei Comuni, piuttosto, ha
imposto la Tasi anche sulle case affittate, colpendo anche gli inquilini. Pagheranno, in media, poco meno del
20%. Molti, tra l’altro, ne sono ignari.
Ed è un’altra complicazione, perchè
inquilini e proprietari dovranno
provvedere ciascuno per proprio conto ai calcoli e al pagamento della Tasi.
Se l’inquilino non paga la sua quota,
riceverà prima o poi una cartella esattoriale, ma dopo esser stata esclusa,
ora è prevista la responsabilità solidale dei proprietari, che alla fine potranno esser chiamati a pagare.
Mario Sensini
CORRIERE DELLA SERA
3
Le parole
Detrazione
‘‘
Le detrazioni sono
quegli importi che il
contribuente può
sottrarre dall’imposta
lorda che emerge dalla
dichiarazione dei redditi.
A differenza delle
deduzioni, non incidono
sulla cosiddetta «base
imponibile», cioè sulla
determinazione
dell’imposta lorda, ma
solo su quest’ultima.
Esempio classico sono le
detrazioni per spese
mediche, per gli interessi
passivi sui mutui, per
ristrutturazioni edilizie e
gli interventi di
riqualificazione
energetica, per il coniuge
o i figli a carico, per
lavoro dipendente
Deduzione
‘‘
È la sottrazione di un
determinato importo
dal reddito complessivo:
serve a ridurre la base
imponibile su cui si basa
l’imposizione diretta. Le
deduzioni aiutano il
contribuente ad
abbassare proprio onere
tributario, poiché
l’imposta viene calcolata
su un reddito più basso.
Tipico esempio di
deduzioni sono i
contributi previdenziali e
assistenziali, o per spese
sostenute dai disabili. Il
vantaggio della deduzione
è più elevato quanto più
alto è il reddito del
contribuente, essendo
l’Irpef una tassa
progressiva
Accertamento
‘‘
L’accertamento è il
procedimento di
controllo dell’Agenzia
delle Entrate sulla
correttezza delle
dichiarazioni e dei
versamenti. Alla fine di
un controllo — anche da
parte della Guardia di
Finanza — nella sede del
contribuente, viene
consegnato un «processo
verbale di constatazione»
con le presunte violazioni
e l’addebito. Il
contribuente può aderire
al verbale pagando
l’imposta individuata
dall’Agenzia con sanzioni
ridotte fino a un sesto del
totale. Successivamente
viene emesso un avviso
di accertamento, cui il
contribuente può ricorrere
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Investimenti La multinazionale delle merendine attiva un network per creare 6 mila posti di lavoro. Le attese dei big dell’alimentare e della farmaceutica mondiale
La «formula Nestlè» per l’occupazione e il rapporto Stato-imprese
di DARIO DI VICO
L’Italia è indubbiamente un Paese bizzarro. Tutti sono pronti a
istruire comizi e cortei contro la
disoccupazione, tutti abilitati a dire la loro sulle coerenze lessicali
del termine “apartheid” ma quando qualcuno prende impegni concreti per accrescere i posti di lavoro
resta pressoché da solo. Sta accadendo qualcosa del genere con il
programma per i giovani annunciato nei giorni scorsi dalla Nestlè,
che forse agli occhi dei puristi del
lavoro ha il vizio di essere una
multinazionale. Bene, la Nestlè
non solo è impegnata da un anno
in un programma di inserimento
che prevede nel triennio mille po-
sti di lavoro (e che ha già dato 188
contratti tra apprendistato, tempo
determinato e tempo indeterminato) ma ha radunato una dozzina
di suoi partner commerciali (dalla
Dhl al gruppo Cremonini passando per le Pmi di fornitura) e li ha
convinti a farsi carico di 5 mila
nuovi posti di lavoro entro il 2016.
In più la casa svizzera e i suoi fornitori si vedranno a breve per varare altre iniziative di formazione e
valorizzazione dei talenti. Il ministro Giuliano Poletti è andato alla
presentazione del progetto e si è
detto felice che per una volta “non
si chieda ma si faccia”, forse però si
può osare di più.
Si può utilizzare lo schema Nestlè per costruire iniziative analo-
ghe. Si parla molto di una conferenza Ue per l’occupazione ma
nessuno dice che molto probabilmente si tratterebbe di un’assise
inutile. Certo riempiremmo qualche albergo in più e un paio di voli
charter ma alla fine ne uscirebbe
fuori un documento preparato da-
gli sherpa, emendato dai ministri,
vivisezionato dai funzionari e votato con qualche astensione. Un
documento, zero jobs. Tra Bruxelles e l’economia reale la comunicazione è difficile, eppure si insiste a
ripercorrere vecchie strade invece
di coinvolgere direttamente le
aziende. Lo stesso vale per l’Italia.
Per svariate settimane discuteremo di articolo 18. Saranno parlamentari, giuslavoristi e sindacalisti a monopolizzare la scena magari tuonando contro le imprese
«che adesso non hanno più alibi».
Invece di questo teatrino, e mentre
1.000
188
5.000
I posti di lavoro previsti in 3 anni
dal programma di inserimento
lanciato dalla Nestlè. Il ministro
Poletti: contento che per una
volta non si chieda ma si faccia
Sono i posti di lavoro già
ottenuti dopo un anno dal
gruppo elvetico tra
apprendistato e tempo
determinato e indeterminato
le posizioni nuove da ottenere
entro il 2016 di cui dovranno
farsi carico una dozzina di
partner commerciali della
multinazionale del food
il Parlamento opera le sue scelte, il
governo non potrebbe adottare lo
schema Nestlè? Non potrebbe convocare discretamente le multinazionali straniere e italiane e discutere con loro di impegni precisi, di
scadenze e di talenti? Nessun suggerimento per carità ma sicuramente la McDonald’s non rimarrebbe sorda, le aziende della farmaceutica che stanno macinando
export e aspirano a far diventare
l’Italia l’hub europeo del settore
non si girerebbero dall’altra parte e
anche gruppi italiani, penso a Barilla, che hanno lanciato iniziative
pro-giovani starebbero quantomeno a sentire. Perché non provarci?
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Primo Piano
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Il governo Le scelte
5
A Milano Il sindaco Giuliano Pisapia e la leader Cgil
Susanna Camusso all’inaugurazione di una sede
del sindacato nel capoluogo lombardo (Fotogramma)
È resa dei conti tra Renzi e la Cgil:
avete difeso le ideologie, non la gente
Camusso: ha in mente la Thatcher. Nel Pd Bersani annuncia battaglia
ROMA — Un regolamento di
conti in piena regola. La vigilia
del passaggio in aula (il 23 o il 24
settembre al più tardi) al Senato
del Jobs act è destinata a fare da
sfondo allo scontro finale tra il
premier Matteo Renzi e la Cgil. Il
via libera, due giorni fa, in commissione Lavoro a Palazzo Madama all’emendamento che introduce il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti,
ha giocato da detonatore. I toni
della segretaria della Cgil, Susanna Camusso, sono più che
mai spigolosi. «Non ne avevamo
e non ne abbiamo bisogno di un
mercato del lavoro di serie B».
Nel mirino del sindacato sono finiti ormai da tempo sia le nuove
regole del contratto di lavoro, sia
Il personaggio
le modalità adottate da Renzi per
varare la riforma. «Il nostro presidente del Consiglio ha un po’
troppo in mente il modello della
Thatcher», sentenzia Camusso.
Un clima, insomma, che potrebbe spingere i sindacati allo sciopero generale. A ventilarlo è la
stessa segretaria, «Non capisco
perché lo sciopero sarebbe un rischio. È una delle forme di mobilitazione possibili». Lo strappo
con i sindacati, le scosse interne
al Pd, lo spettro di un’ondata di
scioperi nel Paese non sembrano, però, intimorire il premier.
Che replica con durezza: «Noi
non pensiamo a Margaret Thatcher, ma a quelli a cui non ha
pensato nessuno in questi anni.
Ai condannati ad un precariato
cui il sindacato ha contribuito
preoccupandosi solo dei diritti
di alcuni e non dei diritti di tutti.
Un sindacato che ha pensato alle
battaglie ideologiche e non ai
problemi della gente». Una bordata impietosa che dà il là al segretario Cisl, Raffaele Bonanni:
«Questo duello rusticano tra
Renzi e la Cgil ci sta veramente
stufando. Renzi non è la Thatcher, ma noi non siamo la brutta copia di Arthur Scargill —
spiega — e anche se non abbiamo avuto la forza di difendere
quei lavoratori poco tutelati non
è una buona argomentazione
per togliere protezioni a chi ce
l’ha». La guerra tra l’inquilino di
Palazzo Chigi e la Cgil è destinata
a fare da catalizzatore di interi
pezzi della sinistra italiana (parte del Pd, Sel e Cgil) per respingere l’intenzione del governo di
usare la delega sulla riforma del
lavoro per eliminare le tutele
previste dall’articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori (l’impossibilità di licenziare senza giusta
causa). L’ex segretario del Pd,
Pierluigi Bersani, è tra i primi a
tracciare la linea: «Andiamo ad
aggiungere alle norme che dan-
Anche Landini attacca
I sindacati tentati dallo
sciopero. Anche il leader
della Fiom attacca:
è una presa in giro
no solo precarietà ulteriore precarietà, andiamo a frantumare i
diritti, non solo l’articolo 18 e,
allora, sarà battaglia». Un segnale che l’iter del provvedimento
troverà tanti ostacoli. Bersani,
del resto, anticipa che «saranno
presentati molti emendamenti,
non solo sull’obbligo di reintegro in caso di licenziamento ingiusto».
L’obiettivo di approvare il disegno di legge delega entro l’8
ottobre, giorno della Conferenza
Ue sul welfare, alimenta ulteriormente l’intransigenza dei
sindacati e della sinistra. Il tempo stringe e la dichiarazione del
sottosegretario alla presidenza
del Consiglio, Graziano Delrio,
suona chiarificatrice, «il governo
è determinatissimo a completare l’iter della riforma». Le parole
del leader del Fiom, Maurizio
Landini, fino a ieri accreditato di
un buon feeling con Renzi, confermano il clima generale. «Il
contratto a tutele progressive è
una presa per il c... se alla fine le
tutele vengono cancellate». Il
sindacato dei metalmeccanici ha
già indetto due giornate di protesta, il 18 ottobre e l’8 novembre. In attesa delle mosse sindacali la priorità del governo è proseguire nell’iter di approvazione
del Jobs act, evitando incidenti
di percorso. Dopo il passaggio in
aula al Senato, il provvedimento
sarà esaminato dalla commissione Lavoro di Montecitorio.
Dove i deputati dissidenti del Pd
potrebbero creare più di un grattacapo. Non a caso, proprio il
presidente della commissione
Lavoro, Cesare Damiano, suggerisce: «L’attuale tutela dell’articolo 18, rivista due anni fa con
un accordo tra FI e Pd, rimanga
anche per i nuovi assunti». Un
tono più conciliante rispetto a
quello del presidente di Sel, Nichi Vendola, «Il Jobs act è una
porcheria di estrema destra e
punta alla precarizzazione generale». Per il viceministro delle
Infrastrutture e dei trasporti,
Riccardo Nencini, «ad un’Italia
profondamente cambiata deve
corrispondere un nuovo Statuto
del lavoro».
Andrea Ducci
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Il dibattito
Margaret Thatcher
Margaret Thatcher (19252013), leader dei Conservatori
inglesi dal 1975, fu primo
ministro del Regno Unito
ininterrottamente dal 1979 al
1990 (nella foto sotto, insieme al
marito, mentre il 4 maggio del
1979 festeggia la sua elezione a
Downing Street). La sua
impostazione liberista in politica
economica viene da allora
definita «thatcherismo»
Lo scontro con i minatori
Durante il suo secondo mandato
in particolare il primo ministro
britannico affrontò la sfida con i
sindacati. Il suo governo varò una
legge che rendeva illegale uno
sciopero se questo non fosse
stato approvato a voto segreto
dalla maggioranza dei lavoratori.
I leader sindacali diventavano
civilmente responsabili dei danni
eventualmente causati durante le
proteste
La norma
nello Statuto del 1970
L’articolo 18 dello Statuto dei
lavoratori (1970) disciplina il
caso di licenziamento
illegittimo: il giudice può
ordinare il reintegro oppure il
lavoratore può chiedere una
indennità pari a 15 mensilità
Le modifiche
decise nel 2012
Con la legge 92 del 2012 la
possibilità del reintegro è
stata limitata a cinque
fattispecie. Nei licenziamenti
non infondati resta
l’indennizzo per un importo
variabile tra 12 e 24 mensilità
Il governo accelera:
Indennizzi economici
contratto a tutele crescenti al posto del reintegro
Il disegno di legge delega del
governo, il Jobs act, sulle
nuove regole del mercato del
lavoro prevede il contratto a
tutele crescenti:
implicitamente significa niente
articolo 18 per i neoassunti
Con i decreti attuativi
dovrebbe saltare anche la
distinzione tra aziende con
più o meno di 15 dipendenti.
L’indennizzo al posto del
reintegro si applicherà a tutti
i contratti a tutele crescenti
La spaccatura
nel Partito democratico
L’ipotesi di un superamento
dell’articolo 18 scatena il
dibattito dentro i
democratici. La minoranza di
sinistra contesta il progetto.
Bersani: «Nessuna delega in
bianco al governo»
L’intervista Il presidente dell’Assemblea pd: in piazza con la Cgil? Guarderò la manifestazione in tv
Orfini: i sindacati si sono voltati dall’altra parte
Lo sciopero dei minatori
Il culmine dello scontro fu quando
il sindacato dei minatori dichiarò
lo sciopero ad oltranza contro la
chiusura di diverse miniere. Ci
furono scioperi, picchetti e scontri
con la polizia. L’agitazione durò
un anno, poi il sindacato fu
costretto a cedere.
Contemporaneamente ci fu anche
lo sciopero dei portuali: durò due
mesi poi il sindacato fu sconfitto
Le privatizzazioni
Il programma economico di
Margaret Thatcher fu di una
drastica riduzione della presenza
statale: molte le privatizzazioni
durante il suo mandato, tra cui la
compagnia aerea di bandiera, la
British Airways, il colosso
energetico della British Gas e la
British Steel, la più importante
industria di acciaio
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«Chiariamo i punti più delicati
per evitare interpretazioni eccessive»
ROMA — Presidente Matteo Orfini,
lei sta con Renzi o con Camusso?
«Trovo incomprensibile che il sindacato scioperi preventivamente. C’è una
discussione difficile in corso, suggerirei
di aspettare l’esito».
Chi ha generato precarietà, la politica o i sindacati?
«La politica in questi vent’anni, sinistra compresa, ha la responsabilità di
I precedenti
«L’articolo 18 è già stato
modificato durante
il governo Monti
ed è stato un errore»
aver precarizzato la vita di milioni di giovani. Il sindacato, quella di essersi voltato dall’altra parte. Ma per risolvere il problema servono partiti rinnovati e sindacati rinnovati, per questo spero si cominci subito a discutere della legge sulla
rappresentanza».
Per la Camusso, Renzi ha in mente il
modello Thatcher...
«Alcuni giudizi della Camusso su go-
verno e Pd sono ingenerosi».
Non andrà in piazza con la Cgil?
«Guarderò la manifestazione in tv».
Anche se vanno Bersani, Fassina,
Cuperlo e altri ex ds?
«Trovo curioso convocarla contro
una legge che ancora non c’è. È legittimo che il sindacato manifesti, ma sarebbe più credibile farlo di fronte a una misura meglio definita».
Ha cambiato idea dal 2002, quando
manifestò con Cofferati?
«Io non sono d’accordo a cambiare
ulteriormente l’articolo 18, ma non possiamo discutere solo di questo. Per ora
nella delega si parla di tutele progressive, non c’è nulla di esplicito riguardo all’abolizione e Poletti ha ribadito che il
reintegro in caso di discriminazione non
si tocca. Il punto è affrontare il complesso di diritti e di tutele che ancora non è
coperto dallo Statuto. Se le soluzioni indicate saranno raccolte, come spero, discutere delle modalità di licenziamento
diventerà più semplice».
Il Pd rischia la scissione?
«È un’ipotesi che non esiste. In un
grande partito è legittimo che ci siano
posizioni differenti. Sui titoli della delega siamo tutti d’accordo. Bisogna resti-
tuire diritti ai milioni di precari che non
ne hanno mai avuti, universalizzare gli
ammortizzatori sociali... Il punto è che
lo svolgimento rischia di portarci in direzione opposta».
Renzi vuole abbattere il totem.
«Non è solo questione di abolire o
meno l’articolo 18. È che non si possono
introdurre il diritto al demansionamento e i controlli a distanza dei lavoratori,
senza peraltro disboscare la giungla dei
contratti precari. Questa impostazione
rischia di portarci totalmente fuori strada rispetto agli obiettivi annunciati. Il
compromesso raggiunto con il Ncd non
è accettabile, servono modifiche consistenti e discutendo possiamo fare le correzioni giuste. Bisogna che la delega sia
più precisa».
È una delega in bianco?
«Esatto. Dobbiamo dettagliare meglio i punti più delicati, per evitare margini di interpretazione eccessivi. È necessario ridurre radicalmente le tipologie contrattuali. Mi piace immaginare
un mercato del lavoro semplificato, dove
si è assunti a tempo indeterminato o determinato, facendo sparire tutte quelle
forme di contratti precari ed estendendo
le tutele e i diritti a milioni di persone».
Licenziare senza giusta causa non è
comprimere i diritti?
«Una volta eliminati dalla delega il
demansionamento e i controlli a distanza si può discutere della progressività
del raggiungimento dei diritti pieni nel
Agnese resta senza incarico
La moglie del leader in fila per la cattedra
Agnese Landini, la moglie del premier Matteo Renzi, si è presentata ieri
alla convocazione dei docenti precari per l’assegnazione delle supplenze
nelle scuole della provincia di Firenze. Lunga coda insieme agli altri
insegnanti al liceo scientifico Newton di Scandicci, per ora senza esito:
«Non ho preso nessuna cattedra, aspetto una chiamata nei prossimi
giorni» ha detto. Agnese Landini insegna italiano e latino: «Amo il mio
lavoro — ha detto — e spero di rientrare nel mondo della scuola».
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contratto a tempo indeterminato, come
previsto dalla delega. Introdurre una
norma di civiltà contro le dimissioni in
bianco e ancora, nella legge di Stabilità,
iniziare a prendere qualche provvedimento concreto per i lavoratori autonomi».
Fassina dice che la riforma è di destra, Bersani annuncia battaglia contro i «marziani» al governo...
«Dobbiamo tutti abbassare i toni.
L’articolo 18 è già stato modificato durante il governo Monti, ed è stato un errore, quando Fassina e io eravamo nella
segreteria di Bersani. Più che scomunicarci a vicenda dobbiamo capire come
cambiare questa legge e renderla davvero di sinistra, così da aumentare le tutele
invece di restringerle. Il lavoro non può
essere usato per il posizionamento interno. Non strumentalizziamo e cerchiamo tutti assieme una sintesi».
Se non si trova un accordo il Pd voterà con Berlusconi?
«Non è lontanamente immaginabile
che su una materia del genere si arrivi a
una spaccatura del Pd e al ricorso di voti
sostitutivi da parte dell’opposizione. Si
troverà un accordo».
O Renzi metterà la fiducia?
«C’è tempo... Spero che la riunione
della direzione serva a raggiungere un
accordo».
Monica Guerzoni
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Primo Piano
Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
di DARIO DI VICO
Quella che si è aperta tra il premier e la Cgil è una battaglia che cova da lungo tempo all’interno della
sinistra italiana. I protagonisti di
oggi sono in qualche modo nuovi,
Matteo Renzi e Susanna Camusso
ma i rispettivi ruoli sono stati già
interpretati da altri attori nel recente passato. La disfida che viene in
mente per prima, se non altro per
l’analogia con l’iniziativa governativa di abolire l’articolo 18, è quella
tra Massimo D’Alema e Sergio Cofferati. Un duello per certi versi epico, condotto in un tempo — la seconda metà degli anni 90 — nel
quale ci si confrontava ancora davanti a platee in carne e ossa e non
negli studi di qualche talk show. Un
tempo nel quale contavano gli applausi dei compagni e la capacità di
convincerli — verrebbe da dire —
uno a uno. Il match alla fine fu risolto non da un referendum, né da
un congresso ma da una fiumana,
quella che riempì il Circo Massimo
e fu conteggiata dagli amanti del
genere in tre milioni di persone
convenute per applaudire un segretario generale della Cgil capello
al vento, vagamente alla Mao. Ma
prima ancora che in Italia lo scontro tra partito e sindacato si era pienamente dispiegato in Gran Bretagna. Tony Blair, schernito come
nient’altro che una variante del
thatcherismo, sfidò le Unions e le
travolse creando i presupposti di
un lungo ciclo politico durante il
quale la sinistra inglese cambiò totalmente sangue. Non altrettanto
epico fu lo scontro tra Gerhard
Schröder e i potenti sindacati tedeschi ma in quel caso la posta in gio-
I precedenti
Il governo Le scelte
Luciano Lama
Nel novembre del
1985 Cgil, Cisl e Uil
indissero uno sciopero generale contro la Legge finanziaria in via di approvazione. Ma il
segretario generale
della Cgil, Luciano
Lama, nella foto
durante la manifestazione di Genova
per lo sciopero il 15
novembre 1985,
era impegnato nella trattativa sulla riforma, poi non
completata, dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Sergio Cofferati
Il 23 marzo 2002 si
svolge a Roma una
delle maggiori manifestazioni del dopoguerra italiano:
tre milioni di persone al Circo Massimo. Il segretario
generale della Cgil
Sergio Cofferati,
nella foto, si opponeva alla riforma
dell’articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori. Il clima era particolarmente teso
per la recente uccisione del giuslavorista Marco Biagi da
parte delle Br
I TANTI SCONTRI E LA SPALLATA FINALE
Ma non basta l’innovazione
della «flexsecurity»
Il governo spieghi cosa vuole fare
co era comunque altissima e alla fine i risultati non solo hanno dato
ragione al cancelliere ma hanno
contribuito a dare un vantaggio
competitivo alla Germania e a farne
quella potenza economico-sociale
che è oggi. Insomma guai a banalizzare un conflitto di questo tipo,
la storia recente dell’Europa (e non
della sola sinistra) ne è stata sempre fortemente influenzata. Certo
questa volta non siamo più nel Novecento, siamo nell’era dello smar-
tphone e insieme della Grande Crisi per cui non è detto che il copione
sia lo stesso. La fedeltà al partito e al
sindacato ha lasciato il posto allo
zapping, il sindacato per molti è
una struttura di servizio (fisco e
patronato) e le sezioni di partito
fanno già parte del modernariato.
Ma soprattutto né Blair né
Schröder erano degli osservati speciali da parte degli organismi sovranazionali e invece il duello Renzi-Camusso avviene in una zona
intermedia tra piena sovranità nazionale e commissariamento. Sul
piano dei contenuti il giovane Matteo in fondo non sta inventando
niente e guarda caso a primeggiare
sono le idee di Pietro Ichino, uno
che le cose di oggi le scriveva già
negli anni 90 e i big del centrosinistra lo attaccavano in pubblico
mentre in privato gli mandavano
messaggi di piena condivisione.
Anche la Cgil in fondo recita il copione conservatore di tutti i sindacati che hanno paura di cosa c’è
dietro l’angolo ma non possiamo
dimenticare che quella tradizione
ha prodotto in passato due giganti
come Giuseppe Di Vittorio e Luciano Lama, che ai loro tempi erano
più pragmatici e responsabili dei
loro segretari di partito.
Dunque per Renzi il dado è tratto
e non ci resta che vedere l’andamento della battaglia. Una cosa però gli va chiesta: eviti di farne solo
un conflitto nel campo della comunicazione, terreno che predilige. La
vittoria del Pd alle europee si deve a
molte scelte azzeccate inclusa, al
Nord, la contrapposizione con la
Cgil. Stavolta però non c’è da convincere l’elettore di centrodestra a
tradire il suo campo, in ballo ci so-
La posta in palio
Stavolta non si tratta di
corteggiare gli elettori di
centrodestra, in ballo ci sono
gli assetti della società italiana
no assetti di medio periodo della
società italiana. Ci sono da riperimetrare i rapporti di forza tra insider e outsider, tra i lavoratori rappresentati da Cgil-Cisl-Uil e i giovani precari a vita, persino tra lavoro
dipendente e lavoro autonomo. E ci
vuole, dunque, una cassetta degli
attrezzi che non sia limitata alla pur
importante innovazione della flexsecurity. Insomma se la pars destruens del premier (non a caso
chiamato ancora «il rottamatore»)
è tutto sommato chiara, è quella
construens che ancora è indistinta.
Sembra più elaborata dagli spin
doctor che devono conquistare i titoli dei tg che da qualcuno che ne
capisca davvero di sviluppo, lavoro
e imprese.
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Il retroscena La sfida del segretario a «operazioni tipo Monti»
C’è chi evoca i «tecnici»
E spunta il nome di Visco
SEGUE DALLA PRIMA
È la sfida lanciata a chi «pensa a una operazione tipo Monti e immagina una soluzione di riserva», concetto che il leader democrat ha esplicitato
davanti alla segreteria del suo partito. Se nessuno
al Nazareno è stato colto di sorpresa da un’affermazione tanto grave, è perché «nel Pd c’è chi discute di questa eventualità», come rivela Civati,
che nel suo racconto — pur senza farne esplicito
riferimento — sembra alludere a certi incontri
conviviali della minoranza dem, organizzati da
vecchie glorie della «ditta». Il tema è così noto
agli abitanti del Palazzo, che c’è un’assoluta coincidenza tra la ricostruzione del dirigente pd e
quella del capogruppo ncd Sacconi, visto che entrambi raccontano persino gli stessi dettagli della
stessa storia, e il nome su cui si farebbe affidamento: «Quello del governatore di Bankitalia, Visco», a cui Bersani meditava di offrire il ministero
dell’Economia, se fosse andato a Palazzo Chigi.
Settegiorni
Sia chiaro, nessuno in Parlamento avrebbe oggi la forza per realizzare una simile operazione,
che pertanto non sarebbe frutto di un processo
politico ma conseguenza dell’ennesima crisi di
sistema, a cui aprire intanto un varco — smontando l’idea renziana che «questo governo è per
l’Italia l’ultima spiaggia» — così da costruire una
rete di protezione per portarla a compimento. Ora
si capisce meglio la battaglia del premier per il
«primato della politica» contro i «tecnici che non
hanno mai azzeccato nulla», e si delineano i profili dei «gufi» a cui fa spesso riferimento. In fondo, per gli avversari del rottamatore questa sarebbe l’unica possibilità per rottamarlo, per farne
una breve parentesi servita a fermare il populismo grillino.
Ed ecco che davanti alla sfida del premier —
secondo il quale dopo il suo governo ci sono solo
le elezioni — nel Pd iniziano a fiorire i distinguo.
Cuperlo, per esempio, dice che «ragionevolmente
dopo Matteo c’è solo il voto, anche se la politica a
volte ti mette di fronte a degli scarti imprevedibi-
li». E Fassina, dal canto suo, sostiene di lavorare
«per cambiare l’agenda di governo piuttosto che
cambiare governo. Anche perché in un quadro
europeo difficilissimo, una nostra giostra elettorale rischierebbe di far saltare tutto».
Che si tratti quindi di un’ultima spiaggia è evidente. Bisogna capire per chi, perché Renzi dopo
aver vinto le primarie, preso il governo, imposto
la riforma del Senato e la riforma elettorale, si approssima alla riforma del lavoro con lo stesso
«metodo», tanto da aver fatto venire le vertigini ai
giovani esponenti della segreteria pd l’altro giorno: «La difesa dell’articolo 18 è uno slogan del
passato e chi non lo capisce è un retrogrado. Questa sarà anche la nostra risposta all’Europa e a chi
vorrebbe fermarci».
Ecco la sfida, che non sfocia nella minaccia di
elezioni anticipate, anche perché se Renzi avesse
la bacchetta magica fisserebbe questa situazione
politica anche oltre il 2018: sta al governo con un
alleato leale e con cui ha stabilito un solido rapporto, alla sua sinistra ha un’area radicale declinante e in cerca di apparentamento, all’opposizione un «comico impresentabile», e un avversario che gli fa da sponda e (per ora) nemmeno candidabile. Perciò se qualcuno «pensa a una
soluzione di riserva» e vuol tornare ai «tecnici»
deve solo dirlo. Gli effetti sarebbero devastanti.
Il premier si sente al sicuro, e c’è la prova poi
che non mira alle elezioni il prossimo anno, se è
vero che — come sottolinea il coordinatore di
Ncd, Quagliariello — «la sua idea di affrontare
subito la riforma del sistema di voto non avvicina
le urne, bensì le allontana. Perché l’Italicum è costruito per un solo ramo del Parlamento e dunque senza la modifica del Senato non si potrebbe
applicare».
L’accelerazione semmai è stata (anche) un modo per assecondare le richieste del Colle: è noto
infatti che Napolitano attende il varo della nuova
legge elettorale e un altro voto sulla riforma costituzionale per considerare raggiunto l’obiettivo
del suo mandato, e auspica che tutto ciò avvenga
entro fine anno. A quel punto sceglierà se e quando dichiarare conclusa la sua missione. A quel
punto inizierà un’altra sfida di sistema: al Quirinale salirà un «politico» o un «tecnico»?
Francesco Verderami
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Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
italia: 51575551575557
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Primo Piano
Politica e giustizia Il caso
Il leader Psoe
«Ammesso il nostro ricorso»
Berlusconi spera in Strasburgo
Longo: l’esame riguarda la violazione del giusto processo
L’ex Cavaliere ai suoi: sono in campo e sarò riabilitato
ROMA — «Io sono innocente
e credo che ci sia un giudice in
Europa. D’altronde, lo dico sempre o no che riuscirò a ottenere
la revisione del processo e anche
il diritto a candidarmi?». Nessuno che sia disposto a dargli torto, su questo punto. D’altronde
negli ultimi tredici mesi e mezzo
— tanti ne sono passati dalla
sentenza della Cassazione sui
diritti tv Mediaset, con la condanna a 4 anni, di cui 3 coperti
da indulto — non c’è stata occasione in cui Silvio Berlusconi
non abbia evocato l’happy end.
Non c’è stata occasione, insomma, il cui l’ex Cavaliere non abbia rivendicato la certezza di riuscire, prima o poi, a lasciarsi alle
Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
spalle tanto la sentenza di condanna per frode fiscale quanto
la decadenza da senatore.
E così qualche giorno fa,
quando Niccolò Ghedini gli ha
comunicato che la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva
ammesso due dei suoi ricorsi
presentati a seguito della condanna, l’ex Cavaliere ha esultato.
«Lo dico da sempre che sono in-
La sentenza sui diritti tv
Il leader forzista: tempo
un mese e ci sarà una
sorpresa. Nel suo staff si
parla di tre-quattro mesi
nocente? E questo è il risultato».
La strategia concordata con i legali era quella di evitare sia l’annuncio che i commenti di giubilo. Poi evidentemente Berlusconi non s’è trattenuto, ha ventilato l’ipotesi di una vittoria
giudiziaria mascherandola da
«sorpresa» di fronte ai coordinatori del partito e ieri — dopo
una serie di indiscrezioni sempre più insistenti — l’avvocato
Piero Longo ha vuotato il sacco.
La Corte europea dei diritti
dell’uomo di Strasburgo «ha dichiarato ammissibile» uno dei
ricorsi presentati dalla difesa di
Berlusconi contro la condanna
per il caso Mediaset, ha spiegato
il legale precisando che la Cedu
«esaminerà il ricorso sulla violazione del giusto processo». Ma
oltre alla dichiarazione di «ammissibilità» per l’aspetto che riguarda la non imparzialità del
giudice e la non ammissione di
alcuni testi e prove, l’ex premier
potrà veder discutere in sede
europea anche il ricorso presentato contro la legge Severino.
Adesso si tratta solo di aspettare. Nella comunicazione della
Corte europea dei diritti dell’uomo non è indicata una tempistica precisa. «Quanto prima possibile» è la formula usata. Ad Arcore nessuno fa ipotesi. Ma da
una media tra il tempo indicato
da Berlusconi di fronte ai coordinatori regionali («Tempo un
«Ma lei chi è?»
Sánchez in tv
racconta la gaffe
di Mogherini
«Quando ho salutato in
Italia quella che sarà alto
rappresentante degli Esteri
in Europa, “allora, come
sta?”, lei mi ha guardato e ha
detto: “Ma lei chi è?”. E io:
“Il segretario generale
del Psoe”». Il leader dei
socialisti spagnoli Pedro
Sánchez ha raccontato la
gaffe del ministro degli
Esteri e futuro capo della
diplomazia Ue, Federica
Mogherini, durante la
trasmissione spagnola El
Hormiguero (dove sono dei
pupazzi dalle sembianze di
formica a fare domande).
Il segretario del Psoe ha
incontrato Mogherini alla
Festa dell’Unità di Bologna
il 7 settembre, con gli altri
leader della sinistra europea.
mese e ci sarà una sorpresa») e
le stime che fanno nella sua cerchia ristretta («Tre-quattro mesi»), si può dedurre che — in linea teorica — Berlusconi entro
Natale possa essere riabilitato,
nella migliore delle ipotesi. O,
nella peggiore, perdere il treno
della revisione del processo.
Sia come sia, lo spiraglio
aperto da Strasburgo torna a
chiudere il tema della successione. «In campo ci sono ancora io.
Sarò riabilitato» ripete l’ex premier. Le malelingue del partito,
a questo punto, sostengono che
l’ex Cavaliere possa attrezzarsi,
da protagonista, anche all’eventualità di elezioni anticipate.
D’altronde, notano gli azzurri,
con l’accelerazione sull’Italicum, senza l’abolizione del bicameralismo perfetto, si porta
avanti una legge elettorale per la
sola Camera lasciando che il Senato resti eletto con il proporzionale della Consulta. «Se si vota», è il pensiero di molti forzisti, «a meno che Renzi non vinca
nella stragrande maggioranza
delle regioni, si va alle large intese». Ma la partita ancora non è
cominciata. A sentire il tam tam
parlamentare, molti malpancisti azzurri (soprattutto tra i senatori sicuri della non ricandidatura) potrebbero dichiarare
guerra alla legge elettorale. Intanto ad Arcore si festeggia la
buona novella da Straburgo.
Proprio mentre nel Lazio i club
Forza Silvio inaugurano il primo
«soccorso azzurro», il primo
presidio gratuito di assistenza
legale« griffato» Forza Italia.
Tommaso Labate
In Europa
Le competenze
della Corte
La Corte europea
dei diritti dell’uomo
di Strasburgo accoglie
i ricorsi di chi abbia
completato i gradi
di giudizio della propria
legislazione nazionale
I ricorsi presentati
sul caso Mediaset
Dopo la condanna dell'1
agosto 2013 nel processo
per la compravendita
dei diritti Mediaset, i legali
di Berlusconi hanno
presentato alcuni ricorsi
a Strasburgo, che ne
avrebbe accolto uno
«Violato il principio
del giusto processo»
La Corte di Strasburgo
sarebbe pronta a
esaminare il ricorso per
violazione del principio
del «giusto processo»
nella condanna all’ex
premier per frode fiscale
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Resta il ticket con Violante in vista di martedì
Il «caso Bruno» agita
il voto sulla Consulta
Niente asse con la Lega,
meno falchi a sinistra
ROMA — Consulta: veti, falchi e veleni. Nel
giorno in cui sono sospese le votazioni per i due
giudici della Corte costituzionale in vista del 14°
scrutinio di martedì, i vertici di Pd e di FI sono costretti a confermare ancora una volta che i candidati, Luciano Violante e Donato Bruno, non si
cambiano. In particolare i capigruppo azzurri, Romani e Brunetta, ora devono fare quadrato intorno
a Bruno che, secondo una ricostruzione del Fatto
quotidiano non smentita dai magistrati, sarebbe
coinvolto a Isernia in un procedimento per un reato in concorso con il commissario liquidatore di
un’azienda. Il senatore Bruno ha replicato dando
mandato a un legale, sembra che abbia contattato
l’ex guardasigilli Paola Severino, per la tutela della
sua reputazione nelle sedi giudiziarie: «Non mi è
mai stato recapitato alcun atto giudiziario dal quale risulti una mia pretesa posizione di inquisito...
Sono stato sentito nella diversa veste di persona
informata dei fatti».
La corsa per la Consulta, dunque, si complica.
Ma quel che conta di più è il mancato accordo con
Lega: «Non cambiano linea, martedì prossimo
non votiamo Violante e Bruno» ha alzato il prezzo
il segretario Matteo Salvini. E così i voti mancanti
della Lega, sui quali contano le «larghe intese»,
13
le votazioni
finora a vuoto
per l’elezione
dei due
giudici della
Consulta.
Martedì
il 14°simo
570
il quorum
per l'elezione.
Nell’ultimo
voto Violante
si è fermato
a quota 542,
Donato Bruno
invece a 527
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
9
Le mosse Il legale: la Corte valuterà anche l’esposto contro la legge Severino
Ghedini: se venisse accolto
quella condanna cadrebbe
Il Pd: non potrà annullarla
Lasciata una parte degli uffici di Roma
Conti sempre in rosso
Sede più piccola per FI
MILANO — Silvio Berlusconi, giovedì scorso,
l’aveva buttata sul ridere: «Mariarosaria Rossi
prima o poi si suicida». Ma la situazione dei conti
del partito, su cui vigila la senatrice azzurra, è
seria e ha reso necessario l’abbandono di una
parte della sede di Forza Italia in San Lorenzo in
Lucina, a Roma. In sostanza, addio al terzo piano
di palazzo Fiano-Almagià, 300 metri quadri dove
lavorano circa trenta dipendenti amministrativi.
Saranno trasferiti al primo piano dell’edificio,
dove ci sono gli uffici del vertice del partito. Per
dare il buon esempio, la stessa Rossi non dispone
di un ufficio in loco ma fa la spola tra Palazzo
Grazioli e San Lorenzo in Lucina. L’obiettivo, non
ancora conquistato con certezza, è quello di non
tagliare posti di lavoro. Nel palazzo restano
comunque in uso a Forza Italia 2.500 metri
quadri, che costano circa 960mila euro all’anno.
Un risparmio rispetto ai quasi due milioni che il
partito spendeva per la sede di via dell’Umiltà.
Ma comunque sempre una cifra notevole. Al
punto che il pagamento degli stipendi dei
dipendenti a fine settembre non è garantito. Di
qui, la campagna online «Diventa anche tu
sostenitore della libertà» e il rafforzamento delle
cene di raccolta fondi: mille euro per un posto al
tavolo con Silvio Berlusconi, il prossimo
appuntamento è fissato alla Casina di Macchia
Madama a Roma.
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aprono di nuovo una prateria ai «falchi» dei due
schieramenti capaci finora di bloccare Violante e
Bruno.
La lista dei potenziali falchi è lunga. Ci sono
quelli di Sel che però hanno iniziato a votare Violante e si preparano, turandosi il naso, a mettere
anche il nome di Bruno sulla scheda. Invece i fuoriusciti di Sel, guidati da Gennaro Migliore, questa
operazione l’hanno fatta fin dall’inizio: «Abbiamo
dato un contribuito» conferma Claudio Fava. Così
Veti e veleni
Il candidato di FI sarebbe indagato a
Isernia, lui nega minacciando azioni legali
Tra i dissidenti pd «osservati speciali»
la coppia Monaco-Bindi e alcuni renziani
le grandi a manovre a sinistra hanno iniziato a
scalfire il muro creato dai «civatiani» nel Pd tanto
che ora nessuno tra i «dissidenti più in vista» del
partito di Renzi dice apertamente «no, io Violante
e Bruno non li voterò mai». Il senatore Casson, che
pure avrebbe fatto sapere a Bruno di averlo votato,
elude il quesito: «Bella domanda!». La senatrice
Monica Cirinnà dice che lei aveva problemi con
l’«inquisito» Vitali ma mai con Violante e Bruno.
Pippo Civati sorvola sulla scelta operata nell’urna:
«Il Pd ha confermato Violante-Bruno, l’alternativa
sarebbe una coppia meno politicizzata. C’è molto
malessere, di voti ne mancano tanti, bisogna vedere se la settimana prossima passano i due candidati altrimenti è un vero capolavoro».
Ha ragione Civati perché nel Pd, oltre ai senatori Walter Tocci e Corradino Mineo, viene guardata
ROMA – «Non solo la non applicabilità della legge Severino,
ma soprattutto la caducazione automatica della sentenza sui diritti
televisivi». Eccola la speranza del
«grande slam» giuridico sul quale
nutre molte speranze Silvio Berlusconi. Lo auspica il suo storico difensore e stratega, Niccolò Ghedini: «C’è stata molta confusione.
Ma i ricorsi presentati al Tribunale
dei diritti dell’uomo e accolti per
la trattazione dalla Corte di Strasburgo sono due diversi. Uno è
contro la legge Severino sulla incandidabilità applicata retroattivamente. Ma l’altro ancora più
importante è sulle molteplici violazioni al principio del “giusto
processo” che si sono verificate
nel dibattimento Mediatrade:
qualora venisse accolto nel merito
sarebbe motivo automatico della
revisione del processo e quindi farebbe cadere quella sentenza di
condanna».
È la migliore delle ipotesi per
Berlusconi. Oltre a riavere il titolo
di Cavaliere, sarebbe di nuovo, a
tutto diritto, senatore e possibile
candidato premier. Un futuro legato però all’accoglimento dei due
ricorsi. La doppia «buona notizia»
ricevuta, per ora, riguarda il fatto
che le due denunce di violazione
non sono state respinte. «A differenza di quanto è stato scritto –
spiega Ghedini – è stata respinta
solo la richiesta di anticipazione
della trattazione del ricorso contro la legge Severino. Ma non è caduto».
Ora bisognerà attendere la discussione di fronte alla Corte di
Strasburgo. Quando? «Se avessimo ricevuto comunicazione della
fissazione delle date per le due
udienze sarebbe stata la seconda
buona notizia» sorride Ghedini.
Ipotesi sui tempi non ne fa, ma
spera che possa svolgersi «nel giro
di qualche mese».
con sospetto la coppia formata dal prodiano Franco Monaco e dalla presidente dell’ Antimafia Rosi
Bindi, che mercoledì sera è corsa incontro a Bruno
per scusarsi perché era arrivata a votazione ormai
conclusa. E qualche voto potrebbe mancare anche
tra quei renziani che non digeriscono due profili
troppo di sinistra (Legnini e Violante) al Csm e alla
Corte: «Ma quando mai — ribatte Michele Anzaldi
— perché questo blocco danneggia enormemente
il governo». Sintetizza il ministro Andrea Orlando:
«Proprio di un bel capolavoro si tratta, i dissidenti
del Pd hanno rimesso in gioco i voti della Lega che
così è tornata al centro della scena dopo mesi in
cui era scomparsa».
I campioni delle assenze, i falchi mascherati,
sono i popolari guidati da Rocco Buttiglione (Cera,
Nissoli, Gitti, De Mita, Marino) che viaggiano di
conserva con Scelta civica (Bomabassei, Librandi,
Monchiero, Rabino, Sottanelli, Vezzali). Infine, ma
non per peso poltico, c’è la balcanizzazione di Forza Italia. Francesco Nitto Palma dice che «ormai,
con i voti della Lega la partita è chiusa: noi non abbiamo problemi con Bruno semmai con Violante...». Eppure i campani di FI, divisi tra i salernitani guidati da Nino Marotta e quelli che stanno con
Ciro Falanga e con i cosentiniani guidati dal suo
avvocato, Carlo Sarro, stanno facendo molti giochetti nell’urna per il Csm e non solo. Loro smentiscono ma i numeri parlano chiaro.
Ora, tra i «falchi», si parla apertamente di prova
generale per «il far west dei voti segreti sulla legge
elettorale». Per questo il ticket Violante-Bruno
non può essere cambiato adesso perché una ritirata del patto del Nazareno lascerebbe campo aperto
al partito trasversale dei franchi tiratori.
Dino Martirano
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1 agosto 2013
Il presidente
della sezione
feriale della
Cassazione,
Antonio
Esposito, legge
la sentenza
Mediaset. Gli
altri, da sinistra,
Ercole Aprile,
Amedeo
Franco, Claudio
D’Isa, Giuseppe
De Marzo
La presidente pd della Commissione giustizia alla Camera, Donatella Ferranti, da ex magistrato
spegne speranze troppo baldanzose: «Per ora la Corte di Strasburgo ha solo considerato non irricevibile il ricorso. Ora bisognerà
aspettare cosa deciderà nel merito. Ma qualsiasi decisione non potrà annullare il processo che si è
già celebrato». Ma non ci dovrà
essere una revisione automatica
della sentenza? «No, la pronuncia
della Corte europea ti permette di
fare istanza di revisione della sentenza. È uno dei casi ammessi a
seguito della pronuncia dalla Corte costituzionale del 2011. Ma ci
deve essere comunque un giudizio di ammissibilità della Corte di
appello. Si riapre il processo magari per sanare quelle violazioni
dei diritti fondamentali. Ma riaprire non vuol dire di per sé assolvere. Certo politicamente Berlusconi potrebbe voler porre il problema».
Il processo
Per l’avvocato l’ex premier
tornerebbe candidabile
Ferranti: riaprire il processo
non vuol dire assolvere
Il primo dei due ricorsi a essere
trattato a Strasburgo sarà quello
sulla legge Severino depositato
con il numero 58428/13. Si basa
sulla ipotesi della «natura penale
delle disposizioni in materia di incandidabilità e decadenza». E lamenta la violazione dell’articolo 7
della legge sui diritti dell’uomo,
perché, «avvenuta a seguito di
condanna per fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, quindi contraria al divieto di
retroattività delle sanzioni penali» e «lede il principio di legalità, e
di sufficiente predeterminazione e
proporzionalità delle sanzioni penali». E, sempre secondo il ricorso, viola il «diritto a libere elezioni» e «il divieto di discriminazione».
Ma è quello sulla sentenza Mediaset, protocollato con il numero
8683/14 il ricorso il cui esito è più
atteso. In esso si legge che il ricorrente è «il noto e stimato imprenditore, fondatore nonchè azionista di maggioranza Mediaset, eletto alla Camera nel ‘94, confermato
nelle successive quattro legislature, ricoprendo per ben 4 volte l’incarico di presidente del Consiglio
dei ministri». Lamentando la violazione dell’articolo 47, comma 5
del regolamento di procedura della Corte il ricorso enumera presunte lesioni di principi del «giusto processo»: dall’equo contraddittorio fra le parti, al diritto dell’imputato a essere presente alle
udienze e non essere processato
per fatti già contestati. Tutte osservazioni che saranno ora al vaglio della Corte.
Virginia Piccolillo
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10 Primo Piano
Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il governo Le scelte
27
150
per cento è la quota degli
italiani che non pagano il
canone Rai. La raccolta, per il
2013, è stata di 1,7 miliardi di
euro: ma il tasso di evasione è
più alto della media europea
milioni È l’ammontare dei tagli
chiesti alla Rai dalla spending
review governativa. Il piano di
Gubitosi prevede, tra l’altro,
integrazioni tra le redazioni dei
Tg e risparmi sulle trasferte
Consultazione popolare sulla nuova Rai
L’idea di un decreto per ridurre il canone
Renzi accelera sulla riforma: partiti fuori, e non per mettere i nostri
ROMA — Fedele al suo
motto che le «riforme vanno
fatte tutte insieme», Matteo
Renzi si sta preparando a mutare verso anche alla Rai. Certo, il processo non sarà immediato ma intanto è allo studio un provvedimento per
abbassare il canone Rai: potrebbe essere un decreto.
Il canone è una delle tasse
più evase. Non è pagato dal 27
per cento circa degli italiani. È
una tassa assai poco amata.
Perciò abbassarla, nelle intenzioni del premier, dovrebbe essere il modo per indurre
gli italiani a non aggirarla.
L‘idea è quella di procedere
su un doppio binario. Da una
parte legare l’entità del canone alla capacità di spesa dei
possessori di un televisore,
dall’altra procedere a una
grande campagna di consultazione popolare in cui ognu-
no potrà dire la sua sulla tv di
Stato.
Sarà il modo per coinvolgere gli italiani, perché, secondo
il presidente del Consiglio, «la
Rai non è dei partiti, dei sindacati e neanche dei giornalisti, ma dei cittadini». Che dovrebbero così accettare più
facilmente di pagare quella
che finora è una tassa tra le
più impopolari.
Ma il piano di Matteo Renzi
sulla Tv di stato non si esaurisce qui: «Non sono mica un
rottamatore per finta», è il ritornello dell’inquilino di Palazzo Chigi. Che, almeno a parole, ha tutte le intenzioni di
fare sul serio. Anche quando
dice che intende «sottrarre la
Rai ai partiti»: «Non faremo
una riforma solo per mettere i
nostri», assicura.
E per dimostrare che non
parla con lingua biforcuta ri-
corda sempre di non aver mai
incontrato (lo ha fatto anche
nel suo discorso dei mille
giorni martedì scorso in Parlamento) i vertici dell’azienda.
Proprio con questo obiettivo in testa il presidente del
Consiglio ha già messo su un
gruppo di lavoro. L’ipotesi sul
tappeto è quella di ispirarsi
alla Bbc (è un esempio, quello
della tv inglese, a cui l’inquilino di Palazzo Chigi ricorre
spesso) che appartiene a una
Fondazione.
Questo schema di proprietà sottrarrebbe la televisione
di Stato all’influenza delle forze politiche, che finora hanno
avuto un ruolo determinante
nell’azienda di viale Mazzini.
Ma nella testa del presidente del Consiglio quello che
conta non è soltanto la questione, pure importantissima,
dell’indipendenza della Rai
dalla politica. A suo giudizio
la tv di Stato deve essere indipendente anche dalla televisione commerciale, perché
deve avere una funzione cul-
Il modello Bbc
Per il capo dell’esecutivo
la Tv di Stato deve avere
una funzione culturale
Avanti con il taglio dei costi
turale che, secondo lui, è andata via via perdendo nel corso del tempo.
C’è poi il capitolo degli
sprechi. Matteo Renzi lo ha
già affrontato invitando Gubitosi a tagliare 150 milioni,
perché «pure la Rai come tutti, deve fare sacrifici» e mettendo un tetto agli stipendi di
direttori e alti dirigenti, come
ha fatto con tutti i manager
pubblici. Però non basta. È allo studio un progetto di razionalizzazione delle spese e di
riduzione degli sprechi: «Bisognerà mettere mano alle
inefficienze per fare della televisione di Stato un’azienda
veramente competitiva», è il
leit motiv.
Ma alla Rai le indiscrezioni
che giungono dal fronte di
Palazzo Chigi provocano molte fibrillazioni. Anche l’ipotesi
di un decreto per abbassare il
canone viene vista come propedeutica a un drastico ridimensionamento dell’azienda,
con tutte le conseguenze che
uno scenario del genere comporterebbe.
Maria Teresa Meli
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Il premier Domani l’arrivo negli Usa
Il viaggio tra i big
della Silicon Valley
In primo piano
i talenti italiani
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK — La settimana americana di Matteo Renzi che si
concluderà col discorso all’assemblea generale dell’Onu,
giovedì, e la visita, venerdì, al quartier generale Fiat-Chrysler di
Detroit dove sarà accolto da Sergio Marchionne, inizia, domani,
con una «full immersion» nella Silicon Valley californiana. Alla
ricerca dell’elisir del genio imprenditoriale e di quei posti di
lavoro tecnologici che in Italia scarseggiano. «Renzi non è di
certo a digiuno in materia», racconta l’ex ambasciatore Usa in
Italia Ronald Spogli che ora è tornato in California alla guida
della sua società di «private equity», la Freeman Spogli. «Il
premier è stato a Stanford già nel 2007 quando lui era
presidente della Provincia di Firenze e io, da ambasciatore,
cominciavo a promuovere le borse di studio Fulbright Best:
un’opportunità offerta a neolaureati di talento in grado di
proporre un progetto significativo di trasferimento
tecnologico, di fare sei mesi di esperienza presso strutture
accademiche e imprese, studiando management e cercando di
assorbire spirito imprenditoriale». Renzi è tornato a Stanford
nel 2013, quando era sindaco di
Firenze (l’ateneo di Palo Alto ha
Il programma
programmi di studio nel capoluogo
toscano), ed è da qui, l’università
che è il cuore culturale e tecnologico
della Silicon Valley, che inizierà
domenica sera la sua visita. Poi,
lunedì, toccherà a Twitter, l’azienda
che ha ispirato il modo di
Domani
comunicare del premier, dove
La missione
incontrerà l’amministratore
americana di Matteo
delegato Dick Costolo, e a Yahoo!
Renzi comincerà con
dove vedrà Marissa Mayer. Ma
una visita nella
l’incontro più significativo sarà
Silicon Valley: domani
quello mattutino con la comunità
sarà all’Università di
italiana e soprattutto gli scienziati e
Stanford, in California
gli imprenditori che hanno trovato
Lunedì
qui un ambiente per loro fertile.
Al mattino incontrerà
Quelli della generazione dei Faggin
la comunità italiana
(Federico proprio lunedì sarà in
che lavora nel
Italia per ricevere il premio Enrico
distretto tecnologico
Fermi), ma soprattutto i molti
Usa. Poi il premier
giovani arrivati qui per creare nuove
farà un tour
start up tecnologiche o che hanno
nelle sedi di Twitter,
conquistato posizioni di rilievo nei
dove incontrerà
grandi gruppi, primo fra tutti il
l’amministratore
direttore finanziario di Apple, Luca
delegato Dick Costolo,
Maestri. Ma le storie di questa rete
e Yahoo!, dove vedrà
tenuta insieme dal lavoro del
l’ad Marissa Mayer
console italiano a San Francisco,
Giovedì
Mauro Battocchi, singolare e
Il premier andrà poi
dinamica figura di diplomaticoa New York: terrà
manager (singolare per il nostro
giovedì un discorso
Paese, altrove le feluche con
all’Assemblea
esperienze aziendali sono
considerate figure preziose), sono
generale dell’Onu
tante: dall’attività di promozione, di
Venerdì
ponte tecnologico, di Marco
Visita al quartier
Marinucci con la sua «Mind the
generale della FiatBridge» che nel suo intervento
Chrysler di Detroit,
cercherà di sensibilizzare Renzi sulla
dove sarà accolto
necessità di insegnare cultura
da Sergio Marchionne
imprenditoriale nelle scuole italiane
molto presto, fin dalle elementari,
ad Andrea Peiro, un ingegnere
italiano che ha appena venduto l’ultima delle sue tre start up
americane, Power Cloud Systems, al gigante della cable tv
Comcast. Ma ci sono anche Fabrizio Capobianco che ha una
start up di successo (Funambol) con base in California e 60
ricercatori a Pavia e Marco Zappacosta (figlio del «pioniere»
Pierluigi) che per la sua Thumbtack (una specie di Amazon dei
servizi professionali) ha ottenuto, solo da Google Capital, un
finanziamento di 100 milioni di dollari . O Andrea La Mesa,
emerso anche grazie alle borse Fulbright Best. Tornato a casa, è
diventato capo di Airbnb per l’Italia. Poi di nuovo in California
dove adesso è direttore per il Nord America del grande portale
Usa per le ricerche di alloggi. «È la prova che il lungo, faticoso
lavoro per far penetrare in Italia la cultura
dell’imprenditorialità tecnologica comincia a dare i suoi frutti»,
commenta Spogli mentre Ferdinando Napolitano, che oggi
gestisce le borse Fulbright Best attraverso la sua IB&II,
sottolinea che, grazie anche alla collaborazione con
l’ambasciata Usa in Italia, sono ormai «più di 70 i talenti italiani
che sono andati a imparare nella Silicon Valley come creare
un’azienda: 26 di loro hanno già fondato imprese in Italia che
hanno generato 312 posti di lavoro hi-tech». È solo un inizio,
ovviamente. «Dobbiamo trovare nuovi metri di valutazione di
queste attività di promozione» nota Marinucci. «Il lavoro di un
incubatore, il salto culturale prodotto da un’iniezione di cultura
imprenditoriale nel campo dell’economia digitale non si
possono misurare solo col numero dei posti di lavoro o delle
start up create l’anno dopo». Napolitano spera, comunque, che
si possa arrivare a 3-400 borse di studio l’anno (attingendo
anche al fondo sociale europeo per l’imprenditoria) e sogna che
il governo italiano possa annunciare un’iniziativa come lo
Yozma program che, dice, «ha consentito a Israele di fare un
vero salto di qualità nel “venture capital”».
Massimo Gaggi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
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Giustizia L’inchiesta
A San Rossore
Matteo Spanò, presidente del comitato nazionale
Agesci, con Matteo Renzi
al raduno scout
dello scorso agosto (Ansa)
Il caso del papà di Renzi
L’amico scout del figlio
e quei 500 mila euro
Il mutuo ricevuto dalla banca di Pontassieve
DAL NOSTRO INVIATO
GENOVA — Al termine dell’ormai consueta precisazione
sulla giustizia a orologeria il procuratore Michele Di Lecce assicura che le indagini guarderanno
anche a possibili «stranezze e abnormità» presenti nella lista dei
creditori. Il verbo coniugato al
futuro è piuttosto indicativo dello stato dell’arte. È passato quasi
un anno dal deposito della relazione del perito nominato dal tribunale di Genova sul fallimento
della Chill Post che ha portato all’accusa di bancarotta fraudolenta nei confronti di Tiziano Renzi,
padre di figlio piuttosto celebre,
ma siamo ancora agli inizi.
Con questo tipo di vicende
funziona così, sostengono in
Procura, dove si stupiscono dello
stupore. Quasi tutte le inchieste
sui fallimenti necessitano di una
proroga delle indagini, dovuta a
ulteriori consulenze e accertamenti in arrivo. Tempi lunghi per
tutti. Anche per chi porta un cognome eccellente. «Sono dettati
solo da esigenze processuali»,
Costi della politica
Il crac
L’accusa
Tiziano Renzi (foto), padre
del premier, è indagato
nell’inchiesta della Procura
di Genova sulla bancarotta
fraudolenta della Chill Post
La società
L’azienda, dichiarata fallita
un anno fa, è appartenuta alla
famiglia di Renzi ed è stata
venduta nel 2010. Un ramo
è stato ceduto da Tiziano Renzi
alla moglie Laura Bovoli
per 3.878 euro. Tra i creditori
la banca di Pontassieve
che aveva concesso
un prestito di 496.717 euro
dice piccato Di Lecce «Noi non
prendiamo nessuno in ostaggio». A tal proposito il procuratore fa sapere che i contributi e il
trattamento di fine rapporto versati all’attuale presidente del
Consiglio costituiscono «fatto lecito interno a un’azienda» e sono
archiviati alla voce «affari suoi».
La vendita a condizioni particolari delle quote della Chill Post
non è l’unica anomalia segnalata
ai magistrati liguri. Anche l’elenco delle aziende e delle persone
che aspettano ancora di vedere i
loro soldi sarà oggetto di controlli e verifiche, come confermato dal procuratore. A vincere
per distacco sugli altri pretendenti in termini di crediti da esigere è il Credito Cooperativo di
Pontassieve, piccola banca con
sede nel paese dove risiede Matteo Renzi, che «intorno al 2010»,
come afferma un alto dirigente
dell’istituto, concede un mutuo
da mezzo milione di euro a una
azienda che opera nel Genovese,
a quell’epoca già in fase terminale, che da almeno un anno, così
risulta dal prospetto dello stato
passivo redatto dal tribunale,
aveva già smesso di pagare affitti
e fornitori. Le condizioni poste
dalla banca non erano draconiane. Si tratta di un mutuo chirografario a lungo termine, che in
genere viene richiesto e concesso
per importi molto contenuti.
Non è prevista alcuna garanzia
ipotecaria, ma solo la garanzia
personale del richiedente o di
terzi. «Siamo molto tranquilli
perché abbiamo le garanzie ne-
cessarie» riferiscono fonti interne.
La tranquillità non era invece
di casa alla Chill Post. Nell’ottobre di quel fatidico 2010 Tiziano
Renzi cederà per la cifra in apparenza simbolica di 3.878 euro
l’unico ramo d’azienda produttivo e in attività, la distribuzione
dei giornali in Liguria e non solo,
all’azienda di famiglia presieduta
da Laura Bovoli, sua moglie. Nel
2009 e nel 2010 il fatturato della
I tempi
La relazione del perito
depositata un anno fa
La Procura: tempi dettati
da esigenze processuali
Nel 2010
Il prestito del Credito
cooperativo è arrivato nel
2010, poco prima della
cessione della società
filiale genovese dell’azienda è ormai ridotto ai minimi termini.
Nonostante l’entità dell’importo,
il Credito Cooperativo di Pontassieve non ha chiesto il fallimento
della Chill Post. A farlo sono stati
i secondi e terzi in classifica, Asti
Asfalti e Mirò Immobiliare, che
reclamavano rispettivamente
228.648 e 178mila euro. L’istituto
toscano si è limitato a domandare in seguito l’inserimento formale nell’elenco dei creditori che
intendono rivalersi sui responsabili del fallimento.
La banca del paese è l’unico filo di questa storia che in qualche
modo può condurre all’attuale
presidente del Consiglio. L’attuale presidente del Credito Cooperativo di Pontassieve, in carica
dal 2010, ex consigliere di ammi-
nistrazione dal 2008 al 2010, è il
quarantenne Matteo Spanò, amico del presidente del Consiglio
fin dalla tenera età e suo uomo di
fiducia. Appena diventato sindaco, Renzi gli affidò la guida dell’associazione Muse, che gestisce
gli spazi museali di Palazzo Vecchio e tutti i musei civici di Firenze, una specie di cassaforte
cittadina. L’ex boy scout Spanò,
ai vertici dell’Agesci, l’associazione di categoria, è stato uno
degli organizzatori della Route,
l’evento che nell’agosto appena
trascorso ha riunito 35 mila
scout nel parco di San Rossore,
con la partecipazione straordinaria, durata due giorni, di Matteo
Renzi.
Le eventuali colpe dei padri
non devono ricadere sui figli, ma
anche viceversa. Le verifiche
svolte finora dalla Procura e le
candide dichiarazioni del diretto
interessato hanno chiarito il ruolo molto marginale svolto nella
vicenda da Gianfranco Massone,
l’imprenditore piemontese di 75
anni che ha rilevato i resti della
Chil Post mediante acquisto delle
quote detenute da Tiziano Renzi.
A essere indagato è invece suo figlio Mariano. Non proprio un socio ma certo una figura che ricorre spesso nei complicati affari liguri del papà del presidente del
Consiglio.
Marco Imarisio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il primo tentativo di riordino e le resistenze di un sistema abituato ad aumenti a pioggia: all’ultimo esame per l’avanzamento il 99% è passato
IN PARLAMENTO MAXI INDENNITÀ DI FUNZIONE
COSÌ SI AGGIRA IL TETTO AGLI STIPENDI
di SERGIO RIZZO
Q
ualche settimana fa, all’ultimo esame della commissione
interna sullo «stato di avanzamento della professionalità» necessario alla Camera dei deputati per ottenere l’aumento di stipendio, si sono presentati in cento. E sono passati in novantanove.
Novantanove fuoriserie e una sola
utilitaria scassata che in certi passaggi
della prova, una tesina scritta, aveva
perso colpi sull’italiano. Si può allora
dar torto alla signora Anna Danzi, dipendente di Montecitorio aderente a
uno degli 11 (undici) sindacati della
Camera, capace di paragonare se stessa nientemeno che a una Porsche? «Il
nostro lavoro richiede una elevata
professionalità. Come una Porsche,
Il confronto
Il segretario generale alla
fine potrebbe incassare una
paga lorda di 350 mila euro,
ben oltre il limite di 240 mila
ha un costo», ha argomentato con
Tommaso Ciriaco di Repubblica.
Che una Porsche beva molto più di
una Panda lo sappiamo. Il problema è
se il consumo sia giustificato o meno.
Purtroppo per la signora Anna Danzi
sembrerebbe proprio di no: le Porsche
della House of Commons, per dirne
una, consumano un quarto. Ogni dipendente dell’equivalente britannico
della Camera dei deputati (con 650
eletti contro i nostri 630), guadagna
in media 40 mila euro l’anno contro
circa 150 mila a Montecitorio.
Da questo semplice paragone si capisce l’enormità della coraggiosa missione nella quale si sono imbarcati
Laura Boldrini e Pietro Grasso: ridurre
retribuzioni andate letteralmente in
orbita negli ultimi quindici anni grazie a progressioni insensate, scatti di
anzianità assurdi, adeguamenti automatici fuori dalla realtà. Lo dicono
I tagli al personale in buona parte saranno compensati
chiaro e tondo i dati ufficiali. Alla Camera dei deputati ci sono 81 funzionari che hanno una retribuzione lorda
fra i 270 e i 370 mila euro annui. Altri
83 viaggiano fra i 170 e i 270 mila. Un
consigliere parlamentare al massimo
della carriera porta a casa uno stipendio lordo, comprensivo degli oneri
previdenziali, di 421.220 euro l’anno.
Più l’indennità di funzione, che varia
dai 378 euro netti al mese per un capo
ufficio ai 662 del segretario generale.
Le tabelle ci dicono che a Ugo Zampetti, da tre lustri al vertice supremo dell’amministrazione, spetta una retribuzione complessiva di 478.149 euro,
al lordo degli oneri previdenziali ma
al netto dell’indennità di funzione che
avvicina ulteriormente la sua busta
paga al mezzo milione annuo. Idem
per la sua collega del Senato, Elisabetta Serafin. Per capirci, più del doppio
rispetto al tetto dei 240 mila euro: l’indennità del presidente della Repubblica che il governo Renzi ha assunto
come parametro massimo per gli stipendi dei dirigenti pubblici.
Un limite al quale si dovrebbero
adeguare anche Montecitorio e Palazzo Madama. Sulla carta. Perché l’idea
che la riforma ora in discussione (e alla quale le 25 sigle sindacali interne
per poco più di 2 mila dipendenti sono corporativamente e ferocemente
contrarie) possa far scendere tutte le
retribuzioni più elevate sotto quel tetto è per il momento pura fantasia.
Chiariamo, per non essere fraintesi:
che si stia tentando finalmente di ridimensionare paghe pubbliche letteralmente impazzite è da considerare meritorio. Almeno quanto lo è stata la rescissione (fortemente sostenuta anche dai grillini) dei favolosi contratti
per i palazzi Marini che ospitano gli
uffici personali dei deputati, stipulati
con l’immobiliarista Sergio Scarpelli-
ni alla fine degli anni Novanta e costati finora ai contribuenti centinaia di
milioni. Considerando peraltro che
nessuno, prima di Boldrini e Grasso,
aveva osato affrontare quel capitolo. E
di questo va dato loro atto. Sui risultati concreti della riforma, però, restano
tanti punti di domanda.
Intanto i tagli entreranno a regime
non prima del 2018. Fra quattro anni.
La differenza fra la retribuzione attuale al netto degli oneri previdenziali e il
tetto rispettivo stabilito per ogni cate-
goria sarà abbattuto progressivamente, del 25 per cento l’anno. Per fare un
esempio, un consigliere parlamentare
con 30 anni di servizio che guadagna
al netto degli oneri pensionistici
318.654 euro, nel 2015 si vedrà alleggerire di 19.663 euro lo stipendio, che
passerà in questo modo a 298.991 euro. La retribuzione di un documentarista che ha 30 anni di anzianità, pari a
212.077 euro al netto dei medesimi
oneri previdenziali, sarà ridotta il
prossimo anno di 11.602 euro, som-
Le buste paga
ma corrispondente a un quarto della
differenza fra quella somma e il tetto
fissato per la sua categoria: 165.669
euro. Salvo poi recuperare, come ora
vedremo, parte del taglio.
Perché mentre il compenso di 240
mila euro del capo dello Stato è lordo,
qui invece quel tetto s’intende al netto
degli oneri previdenziali e soprattutto
dell’indennità di funzione. Voce che
per compensare la riduzione dei compensi mantenendo una distanza economica fra le varie categorie di dipen-
La retribuzione base:
Le retribuzioni lorde dei dipendenti (imponibile fiscale annuo)
per anzianità e qualifica
dopo il 20° anno
all'ingresso
dopo il 10° anno
dopo il 30° anno
dopo il 40° anno
Onere previdenziale
Valori in Euro
Operatore tecnico
30.351
5.293
59.403
50.545
8.858
89.528
15.747
121.626
Assistente parlamentare
34.559
6.036
23.994
Segretario parlamentare
34.875
6.093
61.078
10.720
89.528
143.052
121.626
160.114
136.120
105.275
143.052
21.426
160.114
23.994
Totale
40.968
Documentarista, tecnico
Totale
Collaboratore tecnico
45.737
64.815
71.798
80.685
94.867
144.932
124.339
153.602
187.668
228.609
249.489
318.654
24.572
156.185
279.993
358.001
27.543
212.077
183.728
237.990
304.847
Fonte: Camera dei deputati
268.924
40.315
42.003
Segretario generale
53.794 389.088
76.194
170.459
25.527
37.412
Vicesegretario generale
160.322
179.583
11.379
27.066
163.986
71.798
119.068
Cons. parlamentare, traduttore Totale
38.929
6.808
18.610
Totale
35.960
30.619
5.341
61.078
10.720
101.250
17.818
136.301
24.021
152.663
26.920
14.182
105.729
139.414
59.403
50.545
8.858
105.275
Totale
40.595
15.747
21.426
136.120
Totale
35.644
406.399
374.901
56.247
421.219
63.218
71.750 478.149
CDS
denti verrà alzata fino a un massimo
del 25 per cento dello stipendio. Uscita dalla porta, una fetta importante
della vecchia busta paga rientrerà
perciò dalla finestra. In soldoni: se
oggi l’indennità di funzione per il segretario generale si aggira intorno agli
8 mila euro netti l’anno, domani potrà
salire a 60 mila euro lordi. Con il risultato che la sua retribuzione complessiva, una volta a regime, passerà dai
circa 500 mila euro attuali ad almeno
350 mila: 240 mila di stipendio, 60
mila di indennità più circa 50 mila di
oneri previdenziali.
Il tutto in mancanza di un sistema
di valutazione autenticamente meritocratico, dal quale un’istituzione
pubblica fondamentale e prestigiosa
come il Parlamento non dovrebbe
prescindere. Dicono tutto i risultati di
quell’esame sullo «stato di avanzamento della professionalità» con il 99
per cento di promossi.
Per non parlare della sopravvivenza di certi istituti anacronistici. Cosa
ne sarà del folle adeguamento automatico delle retribuzioni che vale, tenetevi forte, quasi quattro milioni e
mezzo l’anno? Meritoriamente è stato
bloccato sia per il 2014 che per il 2015,
con il risultato che nel 2016 si spenderanno 8,9 milioni in meno del previsto. Ma in seguito potrebbe riprendere a correre come prima?
E si metterà un giorno mano alla
questione delle ferie? Il regolamento
della Camera consente oggi di convertire gli straordinari in giornate di vacanza. In tre giorni lavori 7 ore e mezza più del dovuto? Ti puoi prendere
un giorno. E non consumi le ferie, che
in questo modo si accumulano per costituire un’altra sostanziosa buonuscita nel momento della pensione. Al
31 dicembre 2012 le giornate di ferie
non godute erano 114.882. In media
74 a dipendente, per un costo ipotetico a carico dell’amministrazione valutabile in almeno una settantina di
milioni. In 37 hanno da parte un gruzzolo fra 300 e 400 giorni. In 35, oltre
400 giorni. In 14, almeno 500: due anni di stipendio. Tondi tondi.
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12
Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Esteri
Delusione Un sostenitore del
«sì» alla secessione della Scozia in una strada di Edimburgo
I risultati I secessionisti hanno perso in 28 regioni su 32, ma hanno conquistato Glasgow
Elisabetta: adesso restiamo insieme
Lascia il premier scozzese Salmond
Dopo il no col 55% al referendum sull’indipendenza da Londra
DAL NOSTRO INVIATO
EDIMBURGO — «Guardiamo
avanti». Riconciliazione e devoluzione. E la regina Elisabetta a
mettere il sigillo più alto e significativo sul futuro del nuovo Regno Unito. Consigliata alla perfezione, ispirata dal suo amore
per la Scozia e vicina al popolo
diviso, «il popolo della Scozia
che conosco bene», la sovrana
consegna un messaggio intelligente: «Uniamoci e operiamo in
uno spirito di mutuo rispetto e
di sostegno per lavorare costruttivamente al futuro della
Scozia e di tutte le parti del Paese. La mia famiglia e io faremo
ciò che possiamo per adempiere
questo dovere».
Dal castello di Balmoral nell’Aberdeenshire dove è in vacanza, la regione che non l’ha
abbandonata e che dato il 60%
dei no alla separazione, l’anziana sovrana richiama la politica
alle promesse fatte e il cuore del
suo intervento è chiaro: evitata
la secessione, adesso nuovi
equilibri costituzionali. Tempestiva, attenta e sentimentale la
signora dei Windsor.
Il referendum lascia il segno.
In un campo e nell’altro. La lunga marcia di Alex Salmond si è
fermata alle 6 del mattino quando i 139 mila no del Fife, la terra
dell’incontro e dell’amore di
William e Kate all’università di
St Andrews e del golf club più
prestigioso al mondo, la terra di
nobili e di whisky, hanno consegnato la matematica certezza
della sconfitta secessionista. Il
referendum ha bocciato 55 a 45
l’indipendenza. La catastrofe è
evitata, il Regno Unito è sopravvissuto, però mano alla riforma.
Londra l’ha giurato sul filo di
lana per convincere gli indecisi
Eredità
La vice di Salmond, Nicola
Sturgeon, prende il suo
posto: dovrà far rispettare
le promesse di Londra
e David Cameron lo ha ripetuto
a scrutinio avvenuto: comincia
da subito il percorso della nuova
devoluzione di poteri, una possibile rivoluzione federalista.
«La bozza sarà pronta in novembre e andrà in parlamento a gennaio». Ma il paladino del separatismo, da 20 anni a capo delle
truppe dello Scottish National
Party e first minister scozzese,
lascia: «Finisco qui». Dignità. «Il
nostro sogno non morirà mai».
Il caso Scozia è nell’agenda di
Londra, non rinviabile, non aggirabile. Lo conferma il ramoscello d’ulivo di Elisabetta.
Alex Salmond, che parla da
Bute House, austero palazzo settecentesco che fu casa privata e
albergo prima di essere trasformato (a Edimburgo) in residenza del «first minister», resterà in
carica giusto il tempo di organizzare il passaggio del testimone a Nicola Sturgeon, sua vice,
donna forte, battagliera, che
aveva 16 anni (oggi ne ha 44)
quando abbracciò la causa indipendentista. C’è da tenere Londra nel mirino e Salmond si porta avanti, indicando la strada alla Sturgeon che avrà il compito
di seguire, inseguire e trattare:
«Gli elettori saranno incandescenti se le promesse fatte saranno ritirate». Indietro non si
torna. La regina, Downing Street, l’opposizione laburista, i separatisti: tutti sono vincolati al
Il termine
La questione
«West
Lothian»
‘‘
Sollevata la prima
volta nel 1977 dal
Tam Dalyell, deputato
laburista della
circoscrizione scozzese di
West Lothian, la
questione si riferisce a i
diritti dei parlamentari
del Regno Unito a votare
su temi che non
concernono la propria
«regione». E risollevata
ieri dal premier
britannico David
Cameron, ora è la
seguente: è ancora giusto
che i parlamentari
inglesi non abbiano
diritto di intervenire
sulle questioni per le
quali il Parlamento
scozzese delibera in
autonomia, mentre i
parlamentari scozzesi a
Westminster possono
intervenire sulle stesse
questioni che invece
riguardano l’Inghilterra?
patto di costruzione o ricostruzione.
Il no ha vinto in 28 regioni
scozzesi su 32. I secessionisti
hanno però conquistato (53%)
Glasgow (che è la città più grande della Scozia, roccaforte laburista, segno della trasversalità
delle scelte) e Dundee (57). Gli
unionisti hanno trionfato nel
Sud, i confini con l’Inghilterra (il
66%) unico bastione tory, hanno
strappato le isole Orcadi col 67%
e le isole Shetland col 62, si sono
affermati col 52% nelle Highland e hanno sfondato a Edimburgo col 61. Due milioni di
scozzesi per il no, un milione
600 mila per il sì. Una partecipazione che mai era stata raggiunta: ha votato l’84,6 dei residenti.
Lacrime e disperazione dei
secessionisti che sono arrivati
vicini al ribaltone e che avevano
organizzato la festa proprio di
fronte al loro parlamento. Alex
Salmond li ha rassicurati: «Possiamo ancora emergere come i
veri vincitori». La riforma partirà dalle aule di Westminster in
autunno. «L’impegno sarà pienamente onorato», parola di Cameron. Buckingham Palace
questa volta non starà a guardare. Il Regno Unito rimodellerà le
fondamenta.
Fabio Cavalera
@fcavalera
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Piero Bassetti
«Ma globalizzazione
e identità regionali
hanno già segnato
la fine dei centralismi»
MILANO — «Vittoria effimera», i centralismi sono in crisi irreversibile, «schiacciati
tra la globalizzazione e le nuove identità macro regionali e metropolitane». Piero Bassetti, primo presidente della Regione Lombardia, è da anni un teorico del glocalismo e della necessità storica del superamento degli
Stati nazionali.
Il Regno Unito non si scioglie. L’autonomismo, in Scozia come nel resto d’Europa,
è in crisi?
«La vittoria del “no” crea paradossalmente
più problemi. Gli scozzesi otterranno comunque maggiore autonomia da Londra,
mentre se avesse vinto l’indipendenza il cerino rimaneva in mano loro. E i “no” hanno
vinto di poco in un Paese che con le proprie
identità locali dialoga da sempre. Il tema
della crisi degli Stati nazionali si riproporrà a
giorni in Catalogna ed è già esploso in Ucraina. Il punto è che l’articolazione geografica
degli antichi Stati nazionali non è funzionale
alla sfida europea, che viceversa può vivere
sul regionalismo urbano e sulle grandi aree
Chi è
Piero
Bassetti,
86 anni,
politico e
imprenditore. Già
presidente
della
Lombardia
e deputato
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Esteri 13
italia: 51575551575557
Le reazioni Proposta per togliere il voto a Westminster ai deputati scozzesi
Via alla devolution
E a Londra si apre
la questione inglese
DAL NOSTRO INVIATO
D’ARCO
I risultati
Shetland
Sì
No
45%
55%
Edimburgo
Sì
Glasgow
No
39%
61%
Sì
Orcadi
No
53%
47%
Thurso
Aberdeen
Sì
Dundee
No
41%
59%
Sì
Mare
del Nord
No
57%
43%
(secondo i sondaggi del Telegraph)
Sì
No
Sì
No
Giovani
Anziani
Più di 65 anni
71% Sì
No
27%
Michele Farina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dundee
Inverclyde
Edimburgo
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i tuoi gioielli?
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LEGENDA
No +60%
No +55% / 59,9%
No +50,1%/ 54,9%
Sì +60%
Sì 55%/ 59%
Sì 50,1%/ 54,9%
La Scozia ha un parlamentino, il Galles
pure. L’Inghilterra no. Questo significa che
un centinaio di deputati non inglesi possono legiferare su questioni inglesi. Questa
questione di voti e territori è legata al nome
di Tam Dalyell, deputato laburista della regione scozzese del West Lothian che per
primo sollevò il problema con un’interpellanza nel 1977, al tempo della riforma costituzionale che portò la devolution alle
più piccole nazioni del Regno. Dalyell evidenziava il fatto che deputati scozzesi a
44%
56%
Meno di 18 anni
Sì
No
Il primo ministro
Cameron: «Abbiamo sentito
la voce della Scozia. Ora anche
milioni di voci dell’Inghilterra
devono essere ascoltate»
Fort
William
Donne
47%
53%
avere maggiore voce». Il cambio vale per
tutti: «Abbiamo sentito la voce della Scozia. Ora anche milioni di voci dell’Inghilterra devono essere ascoltate. La questione
dei voti inglesi per leggi inglesi — la cosiddetta «questione West Lothian» — necessita una risposta decisiva». Tuona Cameron che «anche le altre nazioni devono poter votare su tasse, spese e welfare, e che
tutto questo deve avvenire in tandem, e allo stesso passo, con l’accordo scozzese».
SCOZIA
COME HANNO VOTATO
Uomini
Aberdeen
LONDRA — Devo Max per tutti: sembra
il nome di un gelato, è la promessa magica
che forse ha scongiurato la fuga della Scozia e adesso serpeggia anche a sud del Vallo
di Adriano. «Devo» sta per devolution, che
fa rima con revolution e quando è «max» è
quanto di più vicino all’indipendenza ci
possa essere. Devoluzione massima: passaggio di quasi tutti i poteri da Londra a
Holyrood, il parlamento di Edimburgo:
tasse e spese, tutto eccetto la politica estera
e la Difesa. In realtà i partiti di Westminster, nel caos per l’avanzata dei secessionisti nei sondaggi, si sono impegnati a concedere qualcosa di meno (e ogni partito la
sua ricetta). Ma adesso questa Devo più o
meno Max sembra fare gola a molti: «Il referendum ha fatto uscire dalla bottiglia il
genio della devolution — dice al Telegraph
David Sparks, presidente dell’Associazione
governi locali —. Avere un sistema in Scozia e un altro in Inghilterra sarebbe del tutto inaccettabile».
Il genio della «questione inglese» (53
milioni di abitanti contro 5 milioni di scozzesi) si è agitato anche ieri mattina sul podio dal quale David Cameron ha chiuso il
discorso referendum e ha aperto la porta al
«resto del Regno Unito»: «Come il popolo
di Scozia avrà più poteri, così il popolo di
Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord deve
Westminster non potevano votare su questioni scozzesi ma potevano influire su
quelle inglesi.
È interessante notare come non tutti la
considerino una grande priorità: il Financial Times scriveva ieri che il rebus del referendum scozzese è stato visto in Inghilterra con indifferenza più che con l’aspirazione allo stesso trattamento promesso dai
geni della Devo, o con il dente avvelenato
del West Lothian dilemma. Più appetibile
forse per i capi del partito conservatore: la
proposta «English votes for English Laws»
(EV4EL) toglierebbe potere e manovra a un
eventuale governo laburista (sostenuto da
molti deputati scozzesi). Gli interessi dei
partiti dietro le riforme richieste o osteggiate. Anche in Galles, 3 milioni di abitanti,
roccaforte laburista (solo il 10% a favore
dell’indipendenza): i leader del governo a
Cardiff vedono l’offerta di maggior devoluzione come un regalo avvelenato dei conservatori al potere di Londra, un modo per
diluire l’influenza (e i rappresentanti gallesi) a Westminster.
Ma è l’Inghilterra la preda più contesa, il
grande bacino elettorale (si vota l’anno
prossimo) dove incombe l’ombra dei nazionalisti dell’Ukip. Chiaro che il vice premier lib-dem Nick Clegg sostenga più poteri per le regioni inglesi: «Con tutte le attenzioni sulla Scozia — ha detto Clegg —
l’Inghilterra è stato il pezzo dimenticato del
puzzle». Una questione che potrebbe riguardare tutti è invece la cosiddetta «Barnett formula», il dispositivo che ripartisce i
fondi del governo centrale per i budget di
Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Un calcolo
complicato e incomprensibile (sostiene il
Guardian) anche alla maggioranza degli
addetti ai lavori. Formula Barnett, dilemma
West Lothian. Questioni indigeste alla gente comune. A confronto la Devo Max ha
l’appeal di un gelato.
Irlanda
Glasgow
Irlanda
del Nord
metropolitane».
In Scozia le ragioni del portafoglio hanno prevalso su quelle identitarie?
«Sicuramente. Il timore per la tenuta dell’economia, per le banche che minacciavano
di trasferirsi a Londra, hanno inciso molto
sul risultato del voto. La paura però è spesso
una pessima consigliera».
Il no scozzese è una sconfitta anche per
gli autonomisti di casa nostra?
«Credo, al contrario, che la vicenda scozzese rafforzi le tesi di chi chiede i referendum regionali. Il governo di Londra ha per-
❜❜
Sfida europea
Gli antichi Stati nazionali non
sono più funzionali alla sfida
europea, che può vivere invece
sulle grandi aree metropolitane
❜❜
In Italia
Il centralismo romano sta
facendo molto male al Sud. E il
referendum voluto da Maroni in
Lombardia è «regressivo»
Inghilterra
messo ai cittadini di esprimersi e ha vinto
pur correndo un rischio».
Maroni punta su un referendum per
chiedere ai cittadini se vogliono che la
Lombardia diventi una Regione a statuto
speciale.
«Mi sembra una prospettiva regressiva,
anche perché in questo modo si legittima lo
Stato nazionale. Accadde così anche in Sicilia, autonomia in cambio di fedeltà alla Repubblica. La strada per il superamento del
centralismo nazionale non è così facile come
la disegnano i Bossi, i Maroni e gli Zaia».
Le richieste di maggiore autonomia regionale non sono sacrosante?
«Ma il punto non è la centralità delle regioni o il sogno di una grande Padania. Il
cuore della futura articolazione territoriale
saranno le grandi aree urbane. Sono le città a
definire l’unità dei territori. E in Europa si
sta già lavorando su questo, sulle macro regioni a concentrazione metropolitana. Ma i
governatori hanno invece ragione nel protestare contro il nuovo centralismo di Renzi».
Renzi è un centralista?
«Vuole annullare i corpi intermedi. Le
province, le camere di commercio, il Senato
che diventa non elettivo. Ma mi sembra
d’intravedere un elemento nuovo all’orizzonte».
A cosa si riferisce?
«Al Sud. Il centralismo romano sta facendo molto male anche al Meridione. E c’è una
nuova classe dirigente che di questi danni
s’è stancata».
Andrea Senesi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
Esteri 15
italia: 51575551575557
Storia e politica Così una propaggine dell’Irlanda del Nord è diventata «nazione» in epoca recente
CANTI ANTICHI E GONNE DI TARTAN
I SIMBOLI (INVENTATI) DEGLI SCOZZESI
Miti gloriosi e folklore fabbricati per gareggiare con gli inglesi
di ERRICO BUONANNO
L
a Scozia è da sempre idealmente
unita all’Inghilterra. E allo stesso
tempo ne sarà sempre dipendente.
Più gli scozzesi si sforzeranno di esibire
i simboli della propria identità e tradizione, più questo stato di dipendenza
sarà acuito. Perché quei simboli, quella
tradizione, i cardini di quell’identità sono falsi. Falsi abbastanza recenti, vecchi
non più di duecento anni. Fabbricati
per gareggiare con gli inglesi.
Il caso è ben raccontato da Hugh Trevor-Roper ne «L’invenzione della tradizione» (Einaudi, a cura di Eric J. Hobsbawm e Terence Ranger). Storicamente le Highlands scozzesi, fino al '700,
erano state considerate propaggine dell’Irlanda del Nord. Gli antichi Scoti erano coloni dell’Ulster e come irlandesi gli
highlanders furono visti per oltre un
millennio. «Irlandese» veniva definita
la loro lingua gaelica e celti irlandesi
erano fieri di essere i Macdonald, grandi signori della Scozia e dell’Irlanda settentrionale. Dall’Ir
landa venivano i suonatori di arpa. E
quanto alla moda, da perfetti gaelici,
portavano tutti i pantaloni. Il mito e il
folklore vennero dopo.
Per il primo, si iniziò secondo copione: per fabbricare una nazione, serve
anzitutto un passato glorioso. Bastarono cinque anni: tra il 1760 e il 1765
l’oscuro maestro elementare di simpatie nazionaliste James Macpherson diede alle stampe i Canti di Ossian, poema
gaelico antichissimo, testimonianza
della civiltà raffinata della Scozia antica, che nulla aveva da invidiare alla Grecia. Si trattava di un falso, ma contagiò
tutta Europa. Da Goethe a Foscolo a Madame de Staël: il mondo si convinse che
la Scozia in passato aveva dominato il
vecchio continente, quando gli inglesi
non erano che barbari. Gli highlanders
scoprirono l’orgoglio e Macpherson
fondò la Highland society per la difesa
di tradizioni etniche del tutto immaginarie.
Passo secondo: serviva il folklore, usi
e soprattutto costumi. Storicamente
non esistono testimonianze del kilt prima degli anni Trenta del Settecento,
quando il quacchero (inglese!) Thomas
Rawlinson, proprietario di una catena
di fornaci, inventò il «philibeg» o «piccolo kilt», per rendere più conveniente
l’abbigliamento dei propri operai che
allora portavano una tunica. Caso volle
che gli inglesi, una decina di anni dopo,
decidessero di proibire quel (nuovo)
philibeg operaio, rendendolo simbolo
d’indipendenza perfetto. Nel 1805 sir
Walter Scott affermò in un articolo,
senza nessuna prova storica, che gli antichi scozzesi erano soliti indossare
«una sottana tartan», ovvero una gonnella a scacchi al posto dei pantaloni
Il poema
I canti di Ossian erano un falso
ma, da Goethe a Foscolo, il mondo
si convinse che la Scozia aveva
dominato il vecchio continente
Il kilt
Nel Settecento un quacchero
(inglese) inventò il «piccolo kilt»
per rendere più conveniente
l’abbigliamento degli operai
celtici. Pochi anni dopo, Scott divenne
presidente della Celtic Society di Edimburgo, felice di poter promuovere
«l’entusiasmo del gaelico quando si libera dell’asservimento delle brache».
Quando nel 1822 re Giorgio IV d’Inghilterra annunciò un’imminente visita
a Edimburgo, sir Walter Scott, a capo di
tutti i cultori di una tradizione inventata, decise di trasformare la parata nella
grande manifestazione del nuovo, nuovissimo «antico folklore scozzese».
«Venite, vi prego — scriveva sir Scott a
un notabile delle Highlands — e portate
con voi una decina di uomini del clan,
fate in modo di apparire come un capo
delle isole!». Raccomandava d’indossare il kilt: la stoffa sarebbe stata fornita
dalla William Wilson e Figlio, la stessa
ditta che aveva convinto la Celtic Society a confermare una storia mai circolata prima, per cui ogni clan aveva un
preciso disegno tartan di identificazione. L’ultima raccomandazione: «Degli
highlanders, ecco chi vogliamo vedere».
La parata fu un successo: kilt, canti
antichi, cornamuse. Fu l’inizio, l’invenzione di una tradizione che oggi vive e
pesa politicamente.
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ILLUSTRAZIONE DI ANTONIO MONTEVRDI
LE IDEE
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
L’intervista L’autore è un protagonista della letteratura nel Regno Unito: suo padre lo spronava ad anteporre le proprie radici alla britannicità
«Ma oltre whisky e kilt ci sono storie di lotte ed eroismi»
Lo scrittore William Boyd riflette sull’identità scozzese
e sul risveglio alla ragione dopo il sogno di indipendenza
«Ricorda sempre di essere prima scozzese,
poi britannico» gli diceva il padre medico nei
giorni spensierati dell’infanzia in Ghana. Dopo
l’Africa, William Boyd è cresciuto tra Scozia,
Francia e Inghilterra diventando uno dei più
raffinati protagonisti della scena letteraria del
Regno Unito. «Quelle parole non mi hanno mai
lasciato» racconta al Corriere dalla sua casa di
Londra. Orgoglioso di radici che affondano nella terra del pensiero rigoroso, dell’Illuminismo
di David Hume e Adam Smith ma anche delle
oscure profondità preromantiche del Ciclo epico dei Canti gaelici di Ossian o della passione
per la storia e il mito che riluce nell’Ottocento di
Sir Walter Scott, lo scrittore riflette sul risveglio
dal «sogno» dell’indipendenza scozzese.
Il referendum è stato un’illusione?
«È stato un sogno romantico, espressione di
quella tensione all’autodeterminazione e di
quella passionalità che da sempre convivono
con la componente razionale e pragmatica della
nostra identità».
Non a caso l’unica richiesta della regina Elisabetta era stata di «riflettere con attenzione». La componente razionale non ha ceduto
al richiamo nazionalista…
«Non si è fidata delle promesse di una propaganda assai seducente e ha resistito a un impulso che, in forme diverse, torna ciclicamente nella nostra storia — non mi meraviglierei che nei
prossimi dieci anni il partito nazionalista ten-
Il profilo
L’Africa
William Boyd,
scrittore
britannico di
origine scozzese,
è nato in Ghana
nel 1952 ed è
cresciuto in
Nigeria
Il cinema
Ha lavorato
anche come
sceneggiatore
alla realizzazione
di film. Il suo libro
più famoso è
Brazzaville Beach
del 1990
tasse di organizzare un nuovo referendum, appena certo di un rinnovato sostegno».
Gli equilibri interni risentiranno della
spaccatura emersa dal voto?
«L’atmosfera di queste ore contraddice le
previsioni più fosche, non c’è stata la temuta
esplosione di rabbia degli sconfitti. Nondimeno
occorrerà lavorare per scongiurare le forme sottili di divisione che rischiano di insinuarsi nella
società scozzese. Durante tutta la campagna i
sostenitori dell’indipendenza sono stati molto
aggressivi, mentre la maggioranza degli unionisti attendeva in silenzio l’ora decisiva. Il pericolo è che gli indipendentisti si sentano traditi
dallo stesso processo democratico che hanno
invocato e si lascino prendere nel vortice delle
recriminazioni».
Come evitare il contraccolpo nazionalista?
«Bisognerà affrontare questo sentimento e
impegnarsi perché il nuovo assetto che emergerà nel prossimo futuro sia percepito da tutti come un avanzamento, con l’unità preservata e
una decisa spinta verso una maggiore devolution, anche in altre parti del Regno. È la democrazia al lavoro».
Chi ha gioito di più ieri, gli scozzesi o gli inglesi?
«Tutti, anche gallesi e nordirlandesi. Il referendum è stata l’occasione per mettere a fuoco
quanto questo pugno di isole nell’oceano tragga
senso dallo stare insieme. Abbiamo realizzato
d’un tratto come l’intero Paese sarebbe stato ridimensionato perdendo la Scozia. È stato un
momento di grande significato politico e sociale, ora siamo più forti».
Cosa significa essere scozzesi oggi?
«Sentirsi parte di una storia viva di lotte e di
successi che unisce eroismi, sacrifici, guerre dinastiche. Un sentimento di fiera appartenenza
che si respira per le vie di Edimburgo, Glasgow,
Aberdeen… al di là degli stereotipi a base di
whisky e tartan. Questa libertà di esprimere con
orgoglio la propria specificità culturale, senza
❜❜
Maturità
Questo voto è stata una prova
di maturità per gli scozzesi,
che hanno compreso le
conseguenze della separazione
❜❜
L’agente 007
Bond avrebbe detto no
all’indipendenza. Gli sarebbe
parsa strana una Scozia senza
regina, esercito reale e Bbc
dover più subire pregiudizio, oppressione o
sfruttamento, è in sé una conquista della lotta
attraverso i secoli. La storia recente ci dice che
gli scozzesi sono ormai naturali protagonisti
delle vicende britanniche. Pensiamo solo al primo governo di Tony Blair del 1997, una squadra
formata quasi interamente da scozzesi, come
d’altronde lo stesso Blair».
Eppure un’identità così forte si è sentita minacciata, un’inquietudine che accomuna i
movimenti separatisti in tanti Paesi europei.
«Quel che conta è che alla fine abbia prevalso
sul localismo la consapevolezza dell’importanza
delle interconnessioni economiche, finanziarie,
culturali nel mondo globalizzato. Questo voto è
stato una prova di maturità per gli scozzesi, che
hanno compreso le conseguenze della separazione e le effettive possibilità della piccola Scozia nell’Europa moderna».
In «Ogni cuore umano» (edito in Italia da
Neri Pozza nel 2004) inserisce tra i personaggi
lo scrittore Ian Fleming, il creatore di James
Bond. E nel 2013 firma «Solo» (Einaudi), l’ultimo romanzo della lunga serie di imprese dello 007. Cosa le ha detto Bond del referendum?
«Viviamo entrambi a Londra ormai e come
tutti gli scozzesi della diaspora non abbiamo
potuto votare. James Bond è uno scozzese doc
afflitto da quella tipica sindrome d’esilio che lo
fa sentire un alieno nella società inglese. Avrebbe detto no all’indipendenza. Anche a lui sarebbe parsa strana una Scozia senza la regina,
l’esercito reale e la Bbc».
Maria Serena Natale
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16 Esteri
Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
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La riunione Colloqui a margine del Consiglio di sicurezza a New York
All’Onu l’asse fra Usa e Iran
per combattere contro l’Isis
In azione jet francesi. Mogherini esclude raid italiani
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — L’Assemblea
generale dell’Onu che si riunirà
la prossima settimana al Palazzo
di Vetro, sarà l’occasione per
rafforzare e dare contenuto alla
coalizione internazionale contro
l’Isis, ma anche per allargare il
consenso e il livello di consapevolezza della necessità di una
lotta senza riserve al terrorismo
tra i Paesi delle Nazioni Unite.
Uno sforzo iniziato già ieri sera
nella riunione del Consiglio di
sicurezza sull’Iraq presieduta
dal segretario di Stato Usa, John
Kerry.
E le novità non sono mancate, a partire dal riconoscimento
dello stesso Kerry che «anche
l’Iran ha un ruolo per distruggere l’Isis». Parole significative soprattutto perché arrivano dopo
giorni di colloqui diplomatici in
margine al negoziato sul nucle-
are di Teheran nei quali si è discusso approfonditamente della
minaccia mortale rappresentata
dall’Isis. E così, mentre sui campi di battaglia continuano i raid
aerei americani ai quali ora si è
aggiunta anche la Francia che
nella prima incursione dei suoi
cacciabombardieri Rafale ha distrutto un deposito di armi ed
esplosivi in Iraq uccidendo decine di terroristi (parole del presidente Hollande), a New York è
iniziata una nuova fase del lavoro della coalizione alla quale
hanno aderito una quarantina di
Paesi.
Qui da un lato c’è da stabilire
chi fa che cosa per distruggere
l’Isis perché, come ha detto
chiaramente Barack Obama e
come Kerry ha ripetuto anche
ieri alle Nazioni Unite, «davanti
a una simile barbarie, c’è una
sola opzione possibile: un’azione collettiva» contro il califfato.
Insomma, viene ribadito ancora
una volta che questa non è una
guerra americana, non c’è uno
sforzo militare che gli Stati Uniti
sosterranno da soli. Del resto lo
stesso ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, che
ieri è intervenuta al dibattito in
Il ruolo di Teheran
Kerry: «Anche il governo
di Teheran ha un ruolo
per distruggere
lo Stato islamico»
La posizione di Mosca
I russi ritengono
accettabile la bozza di
risoluzione per bloccare
i jihadisti stranieri
Consiglio di sicurezza, parlando
poco prima dell’inizio dei lavori
coi giornalisti ha sottolineato
che è importante chiarire il ruolo di ognuno nella coalizione,
ma anche coinvolgere al massimo i Paesi dell’area mediorientale per dimostrare al mondo
che questa non è una guerra
dell’Occidente ma una sollevazione planetaria contro il terrorismo più efferato. E, in effetti,
ieri, i 15 membri del Consiglio di
sicurezza hanno votato all’unanimità un documento che giudica l’offensiva su vasta scala
dell’Isis una minaccia mortale in
primo luogo per la regione e ribadisce «l’urgente necessità di
fermare qualsiasi commercio
diretto o indiretto di petrolio
dall’Iraq che coinvolge l’Isis, con
l’obiettivo di porre fine al finanziamento del terrorismo».
Un contributo all’unanimità
su questa materia lo stanno
Martelletto Il segretario di Stato John Kerry apre i lavori del Consiglio di sicurezza dell’Onu (Afp)
dando anche i russi che hanno
giudicato accettabile il linguaggio di una bozza di risoluzione
per bloccare i movimenti dei
terroristi stranieri (soprattutto
occidentali) che si sono arruolati nell’Isis, predisposta dagli
I temi
L’appello di Kerry
«Azione collettiva»
Per il segretario di Stato
Usa, John Kerry l’unica
opzione contro l’Isis è
un’azione collettiva. E
chiama all’appello
comune anche il
governo di Teheran
L’ecatombe in Iraq
«Già 8.500 vittime»
La situazione in Iraq al
centro del dibattito al
Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite. Il
rappresentante Onu
nell’area ha parlato di
già 8.500 vittime
Il ministro di Bagdad
«L’Isis fa proseliti»
Nell’incontro al Palazzo di
Vetro il ministro degli Esteri
di Bagdad, Ibrahim al
Jaafari, ha sottolineato il
rischio di proselitismo dei
jihadisti dell’Isis. «C’è un
flusso di miliziani da tutte le
parti del mondo»
La Farnesina: intervento
con una cornice Onu
Il ministro degli Esteri
Federica Mogherini,
presente all’incontro di
New York, ha ricordato
che è «fondamentale» la
cornice Onu per
combattere i terroristi
americani che in questo mese di
settembre hanno la presidenza
del Consiglio di sicurezza.
Washington spera che i 15 del
Consiglio votino la risoluzione
contro i «foreign fighters» entro
la metà della prossima settimana.
Quanto alle cose da fare, la
Mogherini ha escluso che l’Italia
possa partecipare ai bombardamenti come sta facendo la Francia: «Non è un tema oggi in discussione nel nostro Paese: è
stata già presa la decisione di
dare un sostegno umanitario, a
cominciare dai sei voli che hanno raggiunto Erbil nelle settimane scorse, mentre altri due
seguiranno domani. Alla fine
arriveremo complessivamente a
18 velivoli cargo carichi di aiuti». Quanto a quelli militari, il
ministro italiano ha ricordato
che stiamo fornendo armi e munizioni ai combattenti curdi nel
nord dell’Iraq e, a fronte dell’impegno di Paesi come Australia e
Germania che manderanno in
Iraq militari in veste di consiglieri o di esperti impegnati nell’addestramento delle forze armate irachene, la Mogherini ha
detto che questa è una strada
che potrebbe essere esplorata
anche dall’Italia. Che del resto si
è già detta pronta a contribuire
nei campi dell’addestramento,
della logistica e del rifornimento in volo degli aerei militari
della coalizione. Una parola del
ministro anche per le iniziative
per arginare l’epidemia di Ebola:
massimo impegno per debellare
una minaccia spaventosa per la
sicurezza e lo sviluppo dell’Africa Occidentale, sperando che
non abbiano fondamento le voci
di un tentativo di usare i germi
dell’epidemia a scopi terroristici.
Massimo Gaggi
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Il contagio
Ebola, in Sierra Leone
tre giorni di coprifuoco
I sei milioni di abitanti della Sierra Leone sono da ieri
«confinati» nelle loro case per tre giorni, misura che
ha l’obiettivo di limitare l’epidemia di Ebola. Il
presidente Ernest Bai Koroma ha spiegato che il fine di
questa controversa operazione è la «presa di
coscienza» da parte della popolazione. Con la Liberia e
la Guinea, la Sierra Leone è uno dei tre Paesi dell’Africa
Occidentale più colpiti dall’epidemia che ha fatto 2.630
morti dall’inizio dell’anno. Le strade della capitale
Freetown ieri erano deserte, percorse solo da mezzi di
soccorso. La popolazione è autorizzata ad uscire da
casa solo per necessità essenziali, come cercare acqua
o andare a pregare dopo le ore 18.00. «Questa
campagna di tre giorni non fermerà da sola l’epidemia
di Ebola, ma se tutti eseguiranno le raccomandazioni
delle equipe di sensibilizzazione, contribuirà molto ad
invertire la tendenza all’accelerazione della
trasmissione del virus», ha assicurato Koroma. Circa
30 mila volontari sono stati mobilitati per recarsi in 1,5
milioni di case. La loro missione è distribuire in ogni
casa un sapone, trasmettere informazioni su Ebola, ma
non entrare nei domicili.
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Esteri 17
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Francia Si candida alla guida del partito di centrodestra
Riapparso
L’ex presidente
francese
Nicolas
Sarkozy, in
carica dal 2007
al 2012, quando
fu sconfitto dal
socialista
François
Hollande, vuole
tornare in corsa
e candidarsi
prima a guidare
il partito Ump,
poi alle
presidenziali
2017 (Reuters)
Il ritorno di Sarkozy
«Non potevo più
restare a guardare»
Annuncio su Facebook e sui giornali
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — «Le tigri non diventano mai vegetariane», disse
Nicolas Sarkozy con stile vagamente maoista al termine di una
delle sue strapagate conferenze
a Londra, nel novembre scorso.
Tono da grande saggio ma sostanza più terra terra perché
parlava di sé, Sarkozy: una autoproclamata tigre della politica
che non si rassegnava alle carotine dei
discorsi da ex presidente: voleva ancora
l’arrosto, l’Eliseo.
Così quando ieri
Sarkozy ha finalmente annunciato su
Facebook il suo ritorno, in molti si sono chiesti: perché, se
ne era mai andato?
Già la sera del 6
maggio di due anni
fa, quella della sconfitta con François Hollande, il
presidente battuto si era sforzato di lasciare aperte tutte le porte: «Dopo 35 anni di mandati
politici, il mio impegno nella vita del Paese sarà ormai diverso». Si capiva che, a differenza
del premier Jospin ritiratosi per
davvero nel 2002, Sarkozy stava
solo facendo qualche passo in-
Gli ostacoli
Personali
Sarkozy, 59 anni, è
oggetto di inchieste
per sospetti illeciti nei
finanziamenti
elettorali del 2007 e
del 2012 e per «aiuti»
all’amico Tapie
Nel partito
Se la Gauche è in crisi,
nemmeno l’Ump è
esente da problemi: il
partito è in bancarotta
e non è compatto nel
ricandidare l’ex
presidente alla sua
guida e poi all’Eliseo
dietro per prendere la rincorsa.
E infatti, come tutti si aspettavano, Sarkozy ieri ha scritto:
«Sarebbe una forma di abbandono il rimanere spettatore della situazione nella quale si trova
la Francia».
La postura è quella del salvatore della patria perché, scrive
l’ex presidente, «ho visto salire
come una marea inesorabile lo
sgomento, il rifiuto, la collera
nei confronti del potere e di tutto quello che tocca da vicino o
da lontano la politica». Sarkozy
assicura di essere troppo «appassionato all’avvenire dei miei
compatrioti per vederli condannati a scegliere tra lo spettacolo
sconfortante di oggi (la presidenza Hollande, ndr) e la prospettiva di un isolamento senza
uscita (l’ascesa di Marine Le
Pen, ndr)».
Di fronte a un disastro generale della politica francese che
— qui sta il punto — non risparmia affatto il centrodestra,
Sarkozy recita la parte a lungo
studiata dell’uomo della Provvidenza: per il bene del Paese, si
dichiara candidato «alla presidenza della mia famiglia politica». Formula curiosa, perché il
29 novembre prossimo si tengono le primarie dell’Ump, la
sua formazione, il partito di
centrodestra. È a quelle che
Sarkozy annuncia di partecipare. Eppure, tra le 677 parole del
discorso, «Ump» non c’è.
Come se Sarkozy, che parlava
con Obama e Merkel e sorrideva
di Berlusconi, un po’ si vergognasse adesso di ricominciare
dal basso, con i comizi in provincia per la guida di un partito
devastato dagli scandali e dalle
lotte interne. Battersi per comandare all’Ump non è davvero
da uomini di Stato. Lo ha sottolineato con perfidia anche
«Tigre vegetariana»
Per Sarko «le tigri non
diventano vegetariane».
Ovvero lui vuole ancora
l‘arrosto: l’Eliseo
François Hollande, quando due
giorni fa in conferenza stampa
ha sottolineato che i terreni di
gioco sono molti diversi: «Non
spetta a me, presidente della
Repubblica, pronunciarmi sulle
eventuali candidature alla presidenza di un partito».
Ma questa è la situazione:
Sarkozy deve evitare che il 29
novembre qualcuno, il veterano
Alain Juppé o magari il giovane
Bruno Le Maire, si imponga nel
partito sostituendolo nel cuore
dei militanti di centrodestra.
Soprattutto, l’ex e ora anche
aspirante presidente deve difendersi in una serie impressionante di procedimenti giudiziari (una decina, dai finanziamenti libici alle tangenti di Karachi
all’affaire Azibert, l’unico per il
quale è formalmente indagato):
meglio farlo da una posizione di
forza. Ecco perché il ritorno, pur
scontato, arriva così presto, a
quasi tre anni dalle elezioni presidenziali della primavera 2017.
Anche le voci di litigi con
Carla Bruni, che sarebbe contraria al rinnovato impegno in politica, sembrano servire al racconto di un uomo combattuto
tra egoismo e dedizione alla
Francia, e generosamente portato a scegliere quest’ultima. Gli
ultimi concerti di Bruni, organizzati nelle città dove il marito
è da sempre più forte, si sono
Salvatore della patria
«Sarebbe un abbandono
restare spettatore
davanti allo sfaldamento
della politica in Francia»
trasformati in una specie di invocazione continua a Sarkozy,
che fingeva imbarazzo seduto
tra il pubblico.
Gli avversari, specie quelli
interni, per adesso mostrano di
non essere impressionati dal ritorno della tigre. Gilles Boyer
per esempio, fedele a Juppé, ricorda che Sarkozy è pur sempre
l’uomo che ha perduto da Hollande: altro che animale feroce.
La metafora quindi è meno esotica, più campagnola: «Il coltello di mio zio, ne cambio due
volte la lama e tre volte il manico, ma resta sempre il coltello di
mio zio». Prima tappa della lunga, lunghissima marcia verso
l’Eliseo, giovedì a Lambersart,
nei dintorni di Lille.
Stefano Montefiori
@Stef_Montefiori
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Cronache
Sicurezza Gli 007: nessuna misura straordinaria. Ma resta il timore di un attacco in un Paese occidentale
La minaccia di attentati in Vaticano
Controlli serrati in piazza San Pietro
Allerta per un’intercettazione telefonica. La Santa Sede minimizza
La scheda
La minaccia
contro l’Occidente
Allerta per la minaccia
terroristica dell’Isis
soprattutto dopo la
decisione di Usa e Regno
Unito, condivisa dall’Italia
e dagli altri alleati, di
armare i peshmerga
e avviare bombardamenti
mirati in Iraq
Le frasi del Pontefice
sull’«aggressore»
Il Vaticano è in cima alla
lista degli obiettivi
possibili, anche dopo le
frasi del Pontefice
dell’agosto scorso sulla
Siria, quando ha
sottolineato come sia
«lecito fermare
l’aggressore ingiusto»
L’attenzione
per il viaggio a Tirana
Particolare attenzione c’è
per il viaggio che porterà
domani papa Francesco
in Albania anche se il
portavoce vaticano ha
precisato che non c’è
alcuna «modifica del
programma o del modo
di regolarsi»
A fine novembre
visita in Turchia
A fine novembre il
Papa, dopo aver accolto
l’invito del presidente
Recep Tayyip Erdogan,
visiterà la Turchia. Una
trasferta che si
annuncia delicata
per la sicurezza del
Pontefice
ROMA — Il dispositivo è
stato potenziato tre giorni fa,
alla vigilia dell’udienza pubblica di papa Francesco. Perché
proprio di un «atto dimostrativo in Vaticano» parlava una segnalazione trasmessa dall’intelligence alle forze dell’ordine. L’allerta è basato su una
conversazione intercettata tra
due arabi, niente di particolarmente allarmante. Ma la tensione è ormai altissima e la minaccia terroristica dell’Isis fa
paura, soprattutto dopo la decisione di Stati Uniti e Regno
Unito, condivisa dall’Italia e
dagli altri alleati europei, di armare i peshmerga e più recentemente di avviare bombardamenti mirati in Iraq.
In piazza San Pietro è stato
aumentato il numero delle pattuglie di carabinieri e poliziotti
in divisa, ma soprattutto è stata intensificata la sorveglianza
effettuata da parte degli uomini in borghese. Controlli più
accurati vengono svolti anche
all’interno, su direttiva della
gendarmeria che ha comunque uno scambio di informazioni costante con le autorità
italiane. Il portavoce della sala
stampa vaticana, padre Federico Lombardi, tende comunque
a minimizzare: «Per parte vaticana la situazione è normale e
non risultano minacce o preoccupazioni particolari. Tutto
si svolge nella normalità. La sicurezza italiana ha sempre un
certo rafforzamento in occasione di angelus domenicali e
udienze generali».
Da settimane gli specialisti
dell’Antiterrorismo del Viminale e dei carabinieri del Ros
esaminano le segnalazioni che
provengono dalle forze dell’ordine e dagli 007, spesso elabo-
La segnalazione
Un servizio segreto
straniero: due arabi
parlavano della possibilità
di «fare qualcosa»
rando ciò che viene evidenziato anche dalle strutture di intelligence straniere. Nei giorni
scorsi è stata trasmessa un’informativa proveniente da un
servizio segreto estero che evidenziava una conversazione
tra due arabi sulla possibilità
di «fare qualcosa in Vaticano».
I due nomi sono stati subito
controllati: uno dei due risultava totalmente sconosciuto,
l’altro sarebbe transitato dall’Italia circa otto mesi fa. E questo ha convinto gli apparati di
prevenzione sulla necessità di
far salire ulteriormente il livello di attenzione, sia pur senza
prendere alcuna iniziativa
straordinaria.
Il timore di un attacco dei
fondamentalisti islamici, in
particolare l’Isis, contro uno
Stato occidentale è stato rilanciato dallo stesso presidente
statunitense Barack Obama.
Gli esperti sono concordi nel
ritenere il Vaticano in cima alla
lista dei possibili obiettivi soprattutto dopo la posizione
31
Mila il numero
massimo (minimo
almeno 20 mila) dei
combattenti dello
Stato Islamico
secondo le stime
della Cia
1.000
I «foreign fighters»,
ovvero i militanti che
vanno in Siria o in
Iraq per addestrarsi e
combattere e poi
tornano nei Paesi
d’origine in Occidente
Perugia
espressa nell’agosto scorso dal
Papa su quanto sta accadendo
in Siria, quando ha sottolineato come sia «lecito fermare
l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo: fermare. Non dico
bombardare o fare la guerra.
Dico: fermarlo. I mezzi con i
quali si possono fermare dovranno essere valutati».
Il livello della minaccia da
parte dell’Isis è stato espresso
pubblicamente con i messaggi
scanditi dagli ostaggi — due
giornalisti americani e un cooperante britannico — che sono
stati poi decapitati. E con il
proclama del leader Abu Bakr
al-Baghdadi agli inizi del luglio scorso, subito dopo la proclamazione del Califfato islamico tra Iraq e Siria: «I
mujahedin hanno giurato che
l’America la pagherà cara, ancora di più rispetto a quello che
è stato fatto da Osama Bin Laden».
Secondo le ultime stime della Cia «il numero dei combattenti che militano nello Stato
Islamico oscilla tra 20mila e i
31mila». A far paura sono soprattutto i «foreign fighters»,
militanti che vanno in Siria o in
Iraq per addestrarsi e poi tornano nei propri Stati d’origine.
Si parla di almeno un migliaio
di persone che potrebbero fare
proseliti negli Stati occidentali.
Fiorenza Sarzanini
[email protected]
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Il Riesame
Stamina, restano
sotto sequestro
cellule e apparecchi
Resta valido il sequestro di cellule e
apparecchiature del metodo Stamina
agli Spedali Civili di Brescia. È l’effetto
della decisione del Tribunale del
Riesame di Torino che ha respinto le
richieste presentate da una dozzina di
famiglie. Il sequestro resta in vigore per
20 giorni anche se i giudici hanno
dichiarato l’incompetenza funzionale
del gip: doveva essere un giudice per
l’udienza preliminare e non un giudice
per le indagini preliminari a firmare il
sequestro perché per Davide Vannoni, il
«padre» di Stamina, il pm aveva già
chiesto il rinvio a giudizio. Ora il gup
Potito Giorgio, che a novembre
celebrerà l’udienza preliminare contro
Vannoni per associazione a delinquere,
ha 20 giorni per prendere una decisione.
I legali delle famiglie minacciano ricorsi
in Cassazione (nella foto, una
manifestazione pro stamina a Brescia)
Parroco
suicida
dopo ricatto
sessuale
Aveva denunciato un
tentativo di estorsione a
sfondo sessuale da parte
di un giovane romeno.
Ieri don Franco Bucarini,
settantatreenne parroco
di Capocavallo, alla
periferia di Perugia, si è
ucciso nella canonica
della sua chiesa. Sulla
vicenda indagano i
carabinieri del comando
provinciale e il riserbo è
strettissimo. Sembra che
il religioso, che si sarebbe
impiccato, abbia lasciato
un biglietto prima di
suicidarsi. Per
l’arcidiocesi, «il gesto
disperato di don Franco è
forse provocato anche da
talune recenti
indiscrezioni apparse su
alcuni media locali». La
vicenda del presunto
tentativo di ricatto era
infatti finita sui giornali
locali. Don Bucarini aveva
denunciato richieste di
denaro, per circa 4.000
euro, dal giovane che
ospitava in casa e con il
quale avrebbe avuto un
approccio a sfondo
sessuale. In particolare lo
straniero avrebbe
minacciato di rendere
pubblico questo episodio
se il religioso non avesse
pagato, utilizzando anche
una foto, nella quale dei
due comparirebbero però
solo i volti. Agli atti
dell’indagine sono finiti
anche i contatti telefonici
tra il parroco e il giovane,
che adesso si trova in
custodia cautelare in
carcere accusato di
tentata estorsione e del
furto di una collana d’oro
del sacerdote. «È finito in
una storia più grande di
lui», ha detto il suo
avvocato Giacomo
Manduca. Il giovane
sostiene di non avere
avuto rapporti sessuali
con il sacerdote.
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L’inchiesta sugli appalti dei Grandi eventi
Confiscati 13 milioni a Balducci
con le norme pensate
per i patrimoni dei mafiosi
ROMA — Fruttava bene il «sistema
gelatinoso» di tangenti pagate per gli
appalti dei Grandi eventi. Al punto da
poter assicurare guadagni milionari
ad Angelo Balducci, ex provveditore
alle opere pubbliche di Roma e
presidente del Consiglio superiore
dei Lavori pubblici. Un patrimonio di
famiglia da 13 milioni di euro che ieri
i finanzieri del comando provinciale
della Capitale hanno confiscato su
ordine della sezione Misure di
prevenzione del tribunale,
applicando le stesse norme per
colpire i mafiosi. Fra i beni in
questione ci sono l’appartamento
romano dei Balducci, alcuni
immobili in provincia di Pesaro e
sulle Dolomiti, un casale con piscina
e altri terreni a Montepulciano
(Siena) — costruito e poi
ristrutturato dall’impresa di Diego
Anemone, altro personaggio
importante nell’inchiesta sui Grandi
eventi — oltre a conti correnti, auto
di lusso e quote della società di
produzione cinematografica
Accuse di corruzione
Per i magistrati il patrimonio
di 31 beni mobili e immobili
sarebbe frutto
di attività corruttiva
Roma
Edelweiss production, beneficiaria
secondo gli investigatori delle
Fiamme gialle di ingenti
finanziamenti — da parte di
Anemone e di altri imprenditori che
si erano aggiudicati gli appalti
pubblici — per realizzare film
interpretati da Lorenzo Balducci,
figlio di Angelo. Nei confronti di
quest’ultimo è stata anche disposta la
sorveglianza speciale per tre anni,
con l’obbligo di soggiorno nel
comune di Roma. I beni confiscati
erano già stati sequestrati in via
preventiva nel giugno scorso sulla
base degli accertamenti del Nucleo di
polizia tributaria della Finanza e delle
procure di Roma, Firenze e Perugia:
Balducci, con imprenditori e
funzionari pubblici, faceva da anni
parte della cosiddetta «cricca» degli
appalti, compresi quelli per i
Mondiali di nuoto 2009, il vertice G8
all’isola della Maddalena poi spostato
all’Aquila e le celebrazioni per il 150°
Anniversario dell’Unità d’Italia.
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Diciassettenne uccide a pugni
un immigrato per la strada
Parte del quartiere lo difende
ROMA — «Gli ho dato solo un
pugno, uno solo. Quello mi aveva
sputato addosso». Daniel B., 17 anni,
ha la maglietta ancora sporca di
sangue quando i carabinieri lo
fermano in via Ludovico Pavoni, al
confine fra il quartiere multietnico di
Tor Pignattara e il Pigneto, rione della
movida. Sul marciapiede, ormai
morto, con il volto sfigurato, c’è un
pachistano di 28 anni, Koan
Muhamad Shazad. In tasca ha un
permesso di soggiorno valido per
motivi umanitari. Secondo alcuni
testimoni il diciassettenne lo ha
massacrato di botte, prendendolo a
calci in testa anche quando il
ventottenne era già a terra malconcio.
Lui, della zona, incensurato ma con
parenti con trascorsi giudiziari anche
per associazione mafiosa, nega il
pestaggio. È stato arrestato per
omicidio preterintenzionale e spedito
in un centro di accoglienza minorile al
Portuense, in attesa dell’autopsia che
dovrà stabilire se si è davvero accanito
su Shazad — e in questo caso
La vittima
Il 28enne pachistano
era ubriaco e molesto
Il giovane si giustifica:
«Mi ha sputato in faccia»
potrebbe scattare l’accusa di omicidio
volontario — e se quest’ultimo è
morto per le percosse o altri motivi.
Per i carabinieri, che hanno sentito
alcuni residenti, «il pakistano era
ubriaco, gridava e cantava in mezzo
alla strada». Ora qualcuno a Tor
Pignattara si schiera con Daniel: «Ha
fatto bene, se uno ti sputa addosso
cos’altro dovresti fare? — si chiede un
ragazzo — Certo, poveraccio, ora
dovrà andare in carcere. Ma qui gli
immigrati sono troppi, non ce la
facciamo più». Commenti che non
sono una novità in una zona spesso al
centro di aggressioni e omicidi fra
stranieri (l’ultimo a metà settimana in
un parco pubblico sotto gli occhi di
mamme e bambini). Ma i carabinieri
della compagnia Casilina smentiscono
tutto: «Sono stati proprio gli abitanti
di via Pavoni a chiamarci subito». Così
il diciassettenne non ha avuto il
tempo di allontanarsi, come ha fatto
un suo amico, ora ricercato.
Rinaldo Frignani
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Cronache 23
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Maltempo
Colpita gran parte
della Toscana.
Danni dalla Versilia
ai vigneti
FIRENZE — Il cielo si è oscurato verso mezzogiorno. E
mezz’ora dopo, in una piazza
della Signoria spettrale, con
centinaia di turisti terrorizzati,
è accaduto l’inimmaginabile.
Grandine, così violenta da essere impenetrabile, pioggia e
una tromba d’aria, si sono abbattute sulla città: da Palazzo
Vecchio, alla Galleria degli Uffizi ai principali musei del centro
storico chiusi e solo in parte
riaperti. Oltre 150 le persone
ferite, per fortuna in modo leggero, in città e in provincia,
colpite da tegole o scivolate a
terra nel fango.
L’acqua è penetrata ovunque, ha allagato antiche chiese,
botteghe, logge, basiliche sontuose e il cimitero monumentale degli inglesi dove è caduto
un grande albero. Ed è riuscita
a raggiungere il cuore della città: il Salone dei Cinquecento,
dove è stata fermata a fatica dai
custodi mentre i turisti fuggivano. Infiltrazioni nel cortile di
Michelozzo e nel museo di
Santa Croce.
La tempesta non ha risparmiato la Biblioteca Nazionale,
uno scrigno di tesori letterari e
di incunaboli e la Basilica di
San Lorenzo. Qui, il vortice si è
accanito sulla Sagrestia Vecchia, capolavoro di Filippo
Brunelleschi. «La bomba d’acqua ha infranto la vetrata della
I danni
A sinistra
piazza del
Duomo, a Firenze, dopo
l’eccezionale
grandinata. In
alto i cipressi
caduti sulle
tombe al cimitero degli
inglesi. A destra gli alberi
caduti in via
Villamagna
(Ansa, Sestini)
Tromba d’aria e grandine su Firenze
Monumenti allagati, più di 150 i feriti
A Empoli pezzi del tetto di una scuola su due maestre e tre genitori
Sagrestia e della finestra della
Cappella della famiglia de’ Medici», ha spiegato Enrico Bocci,
presidente dell’Opera Medicea
Laurenziana, ma solo oggi sarà
possibile avere un quadro più
preciso dei danni. Ci stanno lavorando i tecnici dell’unità di
crisi del ministero dei Beni culturali e del Turismo.
Alla Galleria degli Uffizi il
vento ha fatto oscillare paurosamente alcuni dipinti. Chiusa
la sala di Michelangelo e altri
saloni che conservano capolavori inestimabili, ma per fortuna il sistema di sicurezza ha
funzionato. «Abbiamo avuto
infiltrazioni d’acqua ma non ci
sono danni alle opere», ha
tranquillizzato il direttore Antonio Natali.
La conferenza della Fondazione Veronesi
Nella ricerca scientifica sugli alimenti
la chiave per combattere fame e malattie
DALLA NOSTRA INVIATA
VENEZIA — Ogni sera 842 milioni di persone
al mondo, su sette miliardi, vanno a dormire
affamate. E non solo nei Paesi poveri, ma anche
a Milano, a Londra, a New York. Non mangiano
a sufficienza. C’è anche chi il cibo ce l’ha, ma di
pessima qualità: nel Mississippi, la percentuale
degli obesi è altissima (30% della popolazione),
ma un buon numero di persone (oltre il 17%)
rischia di andare incontro a malattie croniche
perché l’alimentazione, a base di «cibo
spazzatura» economico, non assicura quei
nutrienti, come vitamine, ferro e antiossidanti,
che sono vitali per mantenere un buono stato
di salute. «Eradicare la fame nel mondo» è il
tema della decima conferenza sul Futuro della
scienza organizzata dalla Fondazione Veronesi
con la Fondazione Giorgio Cini e la Fondazione
Silvio Tronchetti Provera che si conclude oggi a
Venezia. Se sconfiggere la fame è importante
(alcune soluzioni possono arrivare dalla
scienza, ma anche la politica deve intervenire),
lo è altrettanto che la ricerca si preoccupi di
studiare alimenti capaci di prevenire malattie,
sia nei Paesi poveri (il riso giallo geneticamente
modificato perché contenga vitamina A,
potrebbe sconfiggere la cecità dei bambini) sia
in quelli ricchi dove alimenti «addizionati» con
quei nutrienti che mancano nell’alimentazione
a basso costo potrebbero aiutare a combattere
malattie croniche. Un esempio? I pomodori
viola, che producono le antocianine capaci,
sembra, di aumentare la sopravvivenza e
proteggere dalle malattie cardiovascolari. Per
adesso nei topi, ma la ricerca continua.
Adriana Bazzi
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Premio al «Corriere» per l’inchiesta sulla demenza
Giornata sull’Alzheimer, convegni e studi
In Italia manca ancora un piano nazionale
Settembre in tutto il mondo è anche il mese
dell’Alzheimer, la più diffusa forma di demenza.
In Italia le persone con demenza sono circa un
milione. Molti Paesi si sono dotati di un piano
nazionale per affrontare questa emergenza,
l’Italia dopo molti ritardi ne ha preparato uno
che da tre mesi aspetta la firma del governo al
tavolo della conferenza Stato-regioni. La XXI
giornata mondiale che si celebra domani poteva
essere una buona occasione. C’è chi non aspetta:
sul territorio le associazioni dei familiari e la rete
dei centri che si occupano di questa realtà
organizzano eventi per parlare dei problemi e
delle possibili soluzioni. L’Alzheimer ha una
dimensione sociale oltre che sanitaria: il
benessere delle persone colpite deve sempre più
essere al centro di una strategia comune, che
coinvolga le istituzioni e potenzi i servizi. Le 450
Uva (unità di valutazione Alzheimer) che
operano all’interno del servizio sanitario
nazionale svolgono un ruolo cruciale ma
insufficiente. La strategia deve comprendere reti
di servizi integrati e coinvolgere meglio i medici
di base anche sul fronte della prevenzione. Il
rapporto mondiale Alzheimer 2014, presentato
in questi giorni, si focalizza proprio sui fattori
che contribuiscono a ridurre il rischio di
demenza o ritardare il suo insorgere (dall’attività
fisica e intellettuale al cibo, dalla lotta al diabete
alla rinuncia al fumo). Prevenzione per i sani e
benessere per i malati: di questo si occupa anche
il convegno organizzato questa mattina dalla
Federazione Alzheimer Italia a Milano, aperto al
pubblico nella Sala Alessi di Palazzo Marino.
Saranno premiati i vincitori della terza edizione
del premio giornalistico «Alzheimer: informare
per conoscere». Tra loro anche Michele Farina,
che sul Corriere della Sera ha raccontato in otto
tappe un viaggio nell’Italia delle demenze.
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I danni, ancora da valutare,
sono notevoli, anche se si ha
l’impressione che Firenze sia
stata miracolata da un evento
forse imprevedibile ma ormai
non più eccezionale. «Da dieci
anni si registrano eventi simili
sempre più frequenti — spiega
il professor Giampiero Maracchi, ordinario di climatologia
all’università di Firenze —,
Minacciati
Infranta la vetrata della
Sagrestia Vecchia del
Brunelleschi, paura per
alcuni dipinti agli Uffizi
dobbiamo abituarci a queste
emergenze e soprattutto attrezzarci».
Il nubifragio ha provocato
centinaia di allagamenti in negozi, botteghe, chiese, scuole e
persino nell’ospedale Santa
Maria Nuova dove si sono bloccati gli ascensori e la direzione
sanitaria ha deciso di bloccare
per sicurezza le operazioni di
chirurgia programmata.
Ma tutta la Toscana, ieri, è
stata colpita dal maltempo. Alla
fine della giornata ci sono stati
in regione oltre 200 feriti, per
fortuna lievi. Evacuate una decina di scuole e sfiorata una
strage a Empoli dove, in località Lazzeretto, si è staccata parte
del tetto della scuola ferendo
tre genitori e due maestre. Problemi, se pur minori, in Versilia (una tromba marina ha danneggiato alcuni stabilimenti
balneari), a Pisa e a Lucca. Danni pesantissimi ai vigneti delle
colline toscane. Il governatore
Enrico Rossi chiederà al governo lo stato di calamità.
Marco Gasperetti
[email protected]
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Cronache 25
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Istruzione Dal reinserimento dei detenuti agli aiuti ai senzatetto, gli esempi in Usa e Gran Bretagna
L’idea di affidare alla finanza
la lotta all’abbandono scolastico
Il sistema dei «social bond» previsto nel piano del governo
Cosa sono
Lo strumento
Il «social impact
bond» è uno
strumento
finanziario per
la raccolta, da
parte del settore
pubblico, di
finanziamenti
privati. La
remunerazione
del capitale
investito tramite
questi strumenti
è agganciata al
raggiungimento
di un risultato
sociale
Le esperienze
Il primo,
legato alla
riabilitazione di
3.000 detenuti,
è stato lanciato
in Inghilterra nel
2010. Negli Usa
il test pilota è di
due anni fa.
Renzi vorrebbe
importare il
sistema contro
la dispersione
scolastica
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — Qui a New York l’esperimento, il primo in America, l’ha iniziato due
anni fa la Goldman Sachs finanziando con
10 milioni di dollari un progetto per il reinserimento nella società degli adolescenti finiti nel carcere di Rikers Island. Poi è arrivato il Massachusetts con un programma —
sempre finanziato da soggetti privati, solo
in parte filantropici — per ridurre il numero
di homeless. Il tentativo più recente, finanziato dalla stessa banca d’investimento di
Wall Street, è in corso nello Utah. Qui
l’obiettivo è intervenire sul periodo prescolastico, migliorando la capacità di apprendimento dei bambini di tre e quattro anni.
Programmi finanziati, anziché direttamente dallo Stato, con un meccanismo
escogitato in Gran Bretagna, dove questi
programmi, introdotti sperimentalmente
nel 2010, sono chiamati «Social impact
bond». Gli americani, invece, preferiscono
un nome più enfatico: «Pay for Success Bonds». Ora questi strumenti finanziari, dietro i
quali c’è un tentativo di rendere più responsabili e misurabili alcuni interventi di assistenza sociale, potrebbero arrivare anche in
Italia. Il progetto di riforma scolastica del
governo Renzi cita, infatti, i «Social impact
bond» come possibile fonte di finanziamento degli interventi sociali per limitare la dispersione scolastica: i ragazzi che abbandonano gli studi per le difficoltà sociali o, semplicemente, perché hanno scelto un indirizzo accademico non adatto a loro.
Ma come funzionano questi strumenti? E
sono proponibili in Italia? In sostanza lo Stato, anziché intervenire direttamente e pagare con soldi pubblici le attività sociali che
vengono svolte, si affida a un finanziatore
privato che imposta il progetto, ne valuta la
praticabilità economica e ne assegna l’esecuzione a una struttura specializzata nella
produzione di servizi sociali: nel caso di
Rikers Island si tratta della Mdrc, una società non-profit creata dalla Fondazione Ford e
da un gruppo di agenzie federali. Alla base di
tutto c’è un contratto che indica gli obiettivi
da raggiungere (in questo caso una riduzio-
ne del 10 per cento dei ragazzi che ritornano
in galera), i tempi entro cui raggiungerli e
l’autorità indipendente che dovrà giudicare
come sono andate le cose. Se i risultati saranno stati ottenuti, i finanziatori verranno
rimborsati e otterranno un certo margine di
profitto. Altrimenti si accolleranno la perdita.
New York
Code e follie
per il nuovo
iPhone 6
Andreas Gibson esulta per la «conquista» del primo iPhone
6 nello store della Fifth Avenue di Manhattan. C’è chi è
stato in coda dieci giorni per non perdere un posto in prima
fila. Secondo gli analisti, nel weekend saranno venduti nel
mondo 10 milioni di pezzi
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Caltanissetta
E i risultati? Difficili da giudicare ora, visto che siamo ancora in una fase iniziale. Solo in un paio di casi in Gran Bretagna si può
tentare un bilancio. Siamo sempre nel campo del recupero di chi ha commesso crimini.
Nel carcere di Peterborough il tasso dei recidivi è calato dell’11 per cento, appena sopra
la soglia minima che obbliga il governo a
rimborsare. Il dato, comunque, è contestato
dagli analisti dall’Università di Leicester secondo i quali i risultati reali sono meno positivi (un miglioramento dell’8,4%). Comunque ci sarà una «prova d’appello» per
gli investitori, quando verranno nuovamente verificati i risultati alla scadenza del 2016.
I giudizi critici non mancano: c’è chi sostiene che il sistema è troppo macchinoso e
costoso, visto che bisogna mettere in piedi
una struttura di finanziamento capace di
preparare anche un piano di fattibilità, ci
vuole un’entità operativa che esegua e poi
serve anche una struttura di controllo autorevole e indipendente. Forse un po’ troppo
per programmi sociali locali, spesso di impatto limitato. Altri notano che il risparmio
per lo Stato è solo teorico: se i programmi
funzionano, alla fine deve rimborsare tutto.
Ma il vero valore dell’iniziativa, sottolineano i sostenitori, sta nella responsabilizzazione degli attori. I finanziatori si daranno
davvero da fare perché se i risultati non arrivano, perderanno i loro soldi. E lo Stato non
rischia soldi dei contribuenti se l’iniziativa
fallisce. Negli Usa questa filosofia piace e il
Congresso è orientato ad approvare un allargamento dell’uso dei«Social impact bond»
con un finanziamento di 300 milioni di dollari, attraverso un’iniziativa legislativa sostenuta sia da parlamentari democratici che
repubblicani.
Ma funzionerebbe in Italia? Da noi l’ipotesi di dare un ruolo alla finanza in campo
sociale ha già provocato qualche levata di
scudi. Certo in Italia non abbiamo la cultura
filantropica degli Usa né una legislazione fiscale che incoraggia, detassandole, le iniziative di beneficenza. Ma il non-profit è in crescita e comunque abbiamo bisogno di un sistema di valutazione economica dei risultati
ottenuti, ad esempio, da un arcipelago di cooperative sociali la cui attività, oggi, è sottoposta a controlli molto blandi.
Massimo Gaggi
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Classe record
da 42 studenti
in un liceo
È in Sicilia, a Caltanissetta,
la classe più affollata
d’Italia. Al liceo di scienze
sociali Manzoni ci sono,
infatti, 42 alunni nello
stesso locale, e tra loro
anche quattro disabili. Il
sovrannumero caratterizza
una terza, nata dalla fusione
di due seconde. Eppure gli
standard indicano 25/30
studenti per locale. Ma alla
scuola nissena la seconda
classe di terzo anno non è
stata concessa dall’ufficio
scolastico provinciale a
causa dei tagli e della
riduzione degli organici
disposti dal governo, così le
due seconde dello scorso
anno sono state fuse. Il
coordinatore regionale
della Rete degli studenti
medi, Andrea Menerchia,
attacca: «Diritto allo studio
non è una parola che passa
dalla porta di una classe con
42 alunni. Non è tollerabile,
nel 2014, che uno studente
debba essere trattato come
un pollo in un pollaio».
Anche per la dirigente
scolastica dell’Istituto,
Giuseppina Mannino, «è
gravissimo che si sia
arrivati a questa situazione.
Era impossibile suddividere
gli alunni in altre terze
classi con altri indirizzi,
non potevo dirottare gli
studenti su un altro corso
perché non avrei rispettato
il diritto di scelta delle
famiglie».
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Cronache 27
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Il caso L’area di
Velia (Salerno) ha
35 mila visitatori
l’anno. La
Soprintendenza:
serve un appalto
VELIA (Salerno) — L’allevatore di cavalli arrivava coi suoi
mezzi meccanici. Rasava l’erba
attorno alle necropoli. Ripuliva
gli spiazzi fra i ruderi e attorno
ai resti della scuola del filosofo
Parmenide. Con quell’erba ci
nutriva i suoi quadrupedi. Fino al giorno in cui ricevette
una lettera. «Se lei vuole la nostra erba, la deve pagare». Firmato: Soprintendenza di Salerno. Allibito, l’allevatore rispose
che lui pensava di fare un piacere all’area archeologica di
Velia, l’antica Elea, sulla costa
del Cilento. «Se però devo pagare, l’erba tagliatevela voi».
Da allora la vegetazione cresce rigogliosa. Avvolge antiche
colonne, invade i resti del tempio di Esculapio, minaccia di
soffocare il teatro greco. La città della scuola eleatica appare
ricoperta da un manto di erba e
rovi. «Mancano i soldi — lamenta Tommasa Granese, direttrice dell’area archeologica
—. Sarebbe necessario uno
sfalcio regolare, anche per evitare il rischio di incendi, ma
non ce lo possiamo permettere. Quest’anno poi l’estate piovosa ha favorito la vegetazione».
Se l’allevatore di cavalli se
n’è andato offeso, il volontario
che potava i giganteschi ulivi è
morto. E adesso le piante non
offrono un bello spettacolo,
con tutti quei rami secchi meritevoli di cura. Un carrubo secolare si è prima spaccato in
Abruzzo
L’operaio Anas:
«Quell’orso
l’ho ucciso io»
«Pagaci l’erba che tagli»
Così le piante invadono
i luoghi di Parmenide
L’allevatore puliva gratis per il foraggio
due e poi è crollato. Stava aggrappato a un pendio dove
adesso i rovi hanno preso possesso di un vialetto impedendo
il passaggio.
Un altro albero, un gelso colossale, costituisce al momento una minaccia per i visitatori.
Potrebbe crollare. Alcuni custodi si sono offerti di intervenire. «Lei faccia finta di non
vedere — hanno proposto alla
direttrice —, in due o tre ore
noi potiamo e sistemiamo tutto». Macché. La burocrazia ha
le sue esigenze: per mettere in
sicurezza il gelso bisogna addirittura fare una gara d’appalto,
sperando che l’albero abbia nel
frattempo il buonsenso di non
cadere.
Si calcola che gli scavi hanno
consentito di esplorare finora
solo il 20 per cento della zona.
Già abbastanza per riportare
alla luce anfore, statue, suppellettili e preziosi oggetti di epoca greca e romana. Tesori con
cui si potrebbe riempire un
museo. Ma siccome il museo è
un sogno che non si è mai realizzato, tutto quel bendidio è
sparito di nuovo sottoterra,
stivato in un deposito con impianto di aereazione.
Gli scavi continuano. Se ne
occupano archeologi austriaci.
«Un tempo — racconta un custode — qualcuno di noi controllava i lavori di scavo. Ora
siamo pochi e nessuno va più a
seguire le ricerche svolte dagli
austriaci. Non sappiamo cosa
hanno trovato. Si sono costruito un loro deposito, nessuno di
noi ha idea di quali reperti custodiscono là dentro».
Con gli scarsi finanziamenti
che riceve, la Soprintendenza
deve mantenere attivi vari siti
archeologici, in particolare Paestum. Così la città di Parmenide finisce con l’essere un po’
trascurata. Appena 17 custodi
d e vo n o te n e r e d ’ o c c h i o
un’area di oltre 100 ettari visitata ogni anno da 35 mila appassionati. Ogni minima spesa
dev’essere approvata dalla Soprintendenza. Servirebbe, per
esempio, un lucchetto: quello
che teneva bloccato un cancello si è rotto. Di regola, bisognerebbe compilare moduli e
aspettare mesi il permesso di
acquistarne uno nuovo. Un custode ha risolto portandosene
uno da casa, quando gli serve
se lo riprende.
Con pochi custodi non sempre si riesce a tenere aperti tutti i siti. Allora capita di trovare
chiuso il locale in cui è custodito uno dei reperti più importanti, l’erma di Parmenide,
l’unico documento che mostra
qual era l’aspetto del grande
pensatore.
Ha confessato l’operaio
dell’Anas indagato per la
morte dell’orso marsicano
ritrovato venerdì della
scorsa settimana su una
pista ciclabile a Pettorano
del Gizio, nell’Aquilano. «È
stato un colpo fortuito», si è
difeso. Secondo quanto
aveva raccontato in una
prima versione all’indomani
dei fatti, si era trovato di
fronte l’animale nella notte
dell’11 settembre, intorno
alle 2.30, quando dopo aver
sentito dei rumori nel
pollaio era uscito di casa per
controllare. «Sono uscito
con il fucile — ha affermato
invece ieri nelle
dichiarazioni spontanee rese
in Procura a Sulmona— per
difendere la mia famiglia.
Poi, quando mi sono trovato
davanti l’orso, ho avuto
paura e indietreggiando mi
è partito un colpo. Non
pensavo di averlo colpito.
Quando lo hanno ritrovato,
ho capito che il colpevole
ero io». L’uomo, A.C., 61
anni, nei giorni scorsi aveva
detto di essersi ferito
cadendo all’indietro e
perdendo i sensi. Ora la sua
versione dovrà essere
confrontata con il quadro
probatorio ricostruito dal
Corpo forestale: rischia una
condanna da 4 mesi a 2 anni
di reclusione. Sono stati 13
gli orsi uccisi negli ultimi 4
anni rispetto ai 50 che
restano sull’Appennino
centrale.
Marco Nese
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La storia
Il filosofo
Parmenide visse intorno al
500 a.C. ad Elea,
nell’attuale Campania, dove
fondò una scuola filosofica
che ebbe in Zenone e
Melisso i due discepoli più
importanti. Negli anni della
vecchiaia, secondo Platone,
andò ad Atene, dove
conobbe Socrate
La città
Nell’area archeologica di
Velia, l’antica Elea, sulla
costa del Cilento, ci sono
cento ettari di rovine
dell’epoca del pensatore
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Cronache 29
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Accordo per la produzione di un pick up
L’alleanza di Fiat con la giapponese Mitsubishi
Fiat Group Automobiles e Mitsubishi
Motors Corporation hanno
annunciato la firma di un
memorandum d’intesa, non
vincolante, per sviluppare e produrre
un pick up medio, a trazione
integrale, fornito da Mitsubishi,
basato sulla prossima generazione
del L200 (chiamato anche Triton),
che verrà costruito nello
stabilimento della casa nipponica, in
Thailandia. La voce circolava da
tempo, Fiat aveva intrapreso colloqui
con diversi costruttori, tra cui due
giapponesi, per condividere lo
sviluppo e la produzione di
un’architettura adatta a realizzare un
veicolo commerciale compatto, da
vendere, per ora, solo nella regione
Emea (che comprende oltre
all’Europa anche il Medio Oriente e
l’Africa), con il marchio Fiat
Professional, a partire dal 2016. Nella
realtà l’accordo è molto più avanzato
di quanto non faccia credere lo
scarno comunicato diffuso: il veicolo
è già stato stilizzato e definito dal
centro stile di Fca, sono in fase di
conclusione gli ultimi dettagli che
dovrebbero essere approvati prima
della firma del contratto, prevista a
breve. Il Mitsubishi L200 è in
produzione fin dal 1970, è giunto alla
quarta generazione ed è stato
venduto in oltre 4 milioni di
esemplari. La linea industriale
destinata alla fornitura per Fca, è in
grado di produrre oltre 150mila
unità all’anno. Questo veicolo
contribuirà a completare la gamma
dei pick up del gruppo
italoamericano che già dispone di un
altro modello, chiamato Strada (lo
scorso anno ha totalizzato circa 140
mila immatricolazioni), a trazione
140
Mila
Le unità del pick up Fca Strada
vendute lo scorso anno. Il mezzo
è prodotto in Brasile e venduto
in Europa e in America Latina
anteriore, prodotto in Brasile,
commercializzato in Europa e in
America Latina. Fca possiede il brand
Ram, specifico nella costruzione di
grandi pick up (comprende anche la
versione americana del furgone Fiat
Ducato), concorrenti del Ford F-150,
il più venduto, del Chevrolet
Silverado e del Toyota Tacoma, che
montano motori di grossa cilindrata,
partono da 3 litri per arrivare sino a
8,3 litri, più adatti ai grandi spazi del
mercato Usa. Propulsori che,
comunque, si avvalgono di una
tecnologia Hemi che dimezza la
cilindrata, in determinate condizioni
di viaggio, per ridurre consumi ed
abbattere le emissioni nocive. Questa
cooperazione — è parte della
strategia del piano, annunciato da
Sergio Marchionne, il 6 maggio
scorso, che non escludeva
collaborazioni con differenti
industrie, a tutto vantaggio del
contenimento dei costi — si
aggiunge a quella quinquennale,
150
Mila
Sono le unità all’anno che la linea
industriale della Mitsubishi,
destinata alla fornitura per Fca,
è in grado di produrre
annunciata, nel luglio scorso, che
prevede l’uscita di una berlina,
sempre compatta, del segmento B,
prodotta da Mitsubishi, marchiata
Dodge, da vendere in Messico e
assemblata, anche questa nella
fabbrica thailandese. Fca
commercializzerà una vettura molto
simile a quella che, in Europa, si
chiama Attrage, coprirà una fascia di
mercato importante, che, nel 2013,
ha registrato, nel Paese dell’America
Latina, circa 250mila unità. Le prime
consegne, da parte di Mitsubishi,
dovrebbero iniziare nei primi mesi
del 2015, la vettura verrà subito
commercializzata e sarà equipaggiata
con il motore a tre cilindri, 1.2 litri di
Mitsubishi, con cambio manuale a
cinque marce o robotizzato.
Bianca Carretto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’evento Cena di gala alla Reggia di Venaria. A Modena il raduno storico
Da un’officina di Bologna
al Tridente dei record
I 100 anni della Maserati
Elkann: stile e artigianato. Marchionne: nuova era
DAL NOSTRO INVIATO
I numeri
Lo scorso anno sono state
vendute 15 mila auto, oggi
gli ordini sono 23 mila
soprattutto da Usa e Cina
brand, un nuovo inizio», ha detto ieri.
Del resto i modelli nuovi (è con quelli
che si cresce sul mercato) non mancano: dopo il successo della Quattroporte
c’è stato quello della Ghibli. E l’anno
prossimo toccherà al Suv Levante, con
il quale si renderà ancora più esplicita
la concorrenza con la Porsche. Ma in attesa del futuro c’è una storia centenaria
(non tutti i marchi possono vantarla)
da godersi, ripercorsa ieri nel suo intervento da John Elkann che ha sottolineato come la tecnologia in casa Maserati
ha saputo sposare stile e artigianato.
Una storia che gli appassionati di tutto
il mondo hanno già cominciato a festeggiare. Vedi, per esempio, l’affollatissimo raduno di Modena che si chiude domani: 200 Maserati e oltre 500
collezionisti e clienti provenienti da 30
Paesi nei cinque continenti.
La storia comincia il 1° dicembre
Le auto
Celebrazioni
A destra, una
Maserati A6
GCS/53 Berlinetta, prodotta nel
1953: disegnata da Pininfarina, è
uno dei modelli più famosi del Tridente. A sinistra, una delle 82 auto
che ha percorso il rally
del centenario da Pechino a Modena
ad agosto
Le Quattroporte Due modelli simbolo della lunga storia Maserati: a sinistra,
la prima generazione della lussuosa berlina Quattroporte (disegnata da Pietro Frua), lanciata nel 1963; accanto, l’ultima serie, la sesta, presentata nel
2013 al Salone di Detroit e progettata dal Centro stile Maserati
La Ghibli Riprendendo il nome di una coupé prodotta dalla fine degli anni
Sessanta, nel 2013 la Maserati lancia la nuova Ghibli, una berlina sportiva un
po’ più piccola dell’ammiraglia di casa, la Quattroporte. Lo stile è ancora frutto
del lavoro del Centro stile Maserati, diretto da Lorenzo Ramaciotti
1914 in un’officina di Bologna. Cuore,
mente e mani dell’azienda è Alfieri
Maserati (un bellissimo prototipo a lui
intitolato è stato presentato a marzo al
salone di Ginevra), sostenuto dai fratelli Ettore ed Ernesto, la cui memoria
è rappresentata alla cena di ieri dai figli Carlo
e Alfieri. In realtà i fratelli Maserati sono sette, tutti nati a Voghera
da Rodolfo, macchinista delle Regie Ferrovie,
e Carolina Losi. Tutti
appassionati di meccanica e velocità. Meccanici, piloti e imprenditori, negli anni d’oro
delle competizioni.
Bindo, un altro dei fratelli, si unì dopo la morte prematura di
Alfieri, nel ‘32. Mentre a Mario si attribuisce l’idea del logo, ispirato al Tridente del Nettuno di Bologna.
Modena sta per Maserati; poco lontano, a Maranello, c’è la Ferrari. Le Blu
e le Rosse. Anche se le Maserati hanno
corso in livrea rossa, perché è uno dei
colori della bandiera di Bologna (croce
rossa in campo bianco) e perché storicamente è il colore delle auto italiane
da competizione: come la 250F con cui
Fangio conquistò Mondiale di F1 del
1957. Il blu, che oggi figura nel logo
Maserati, deriva dai colori degli stemmi di Modena e Bologna, compare intorno al 1933 ed è stato talvolta adottato in corsa per differenziarsi dal rosso dei programmi sportivi Ferrari.
La Maserati costruì la sua prima automobile nel 1926, si chiamava Tipo
26. Debuttò con una vittoria alla Targa
Florio dello stesso anno. Fu quella la
prima di una lunga serie di successi
che includono due edizioni della 500
Miglia di Indianapolis, 9 vittorie in F1
e il Mondiale F1 nel ’57. Del ’47 è la prima stradale, la A6 Granturismo. Del
’63 la prima generazione della Quattroporte: non un’auto qualunque, la
Il Gala
vettura che inaugura il mercato delle
berline sportive di lusso. Acquistata da
Fiat in un primo tempo nel ‘93 e definitivamente nel 2005, la Maserati ha
avuto diversi padroni. Nel 1937 il testimone passò a un coraggioso e lungimirante imprenditore modenese,
Adolfo Orsi, che volle tenere con sé i
fondatori per dieci anni. Nel ’68 la Citroën prese il controllo, acquistando il
60% del pacchetto azionario. Nonostante la posizione di minoranza, Orsi
fu presidente onorario. Nel ’71 il passaggio ai francesi si completò. Nel ’75,
quando Peugeot acquisì Citroën, la
Maserati fu messa in liquidazione e il
Tridente finì ad Alejandro De Tomaso,
pilota e sanguigno imprenditore argentino, che acquistò, con il sostegno
statale, anche l’Innocenti.
La storia continua, accelerando il
passo. Oggi in Maserati lavorano 800
persone. Uomini e donne che, come il
signor Massimo Guerra, sono pronti a
scrivere un altro secolo di emozioni.
Gran gala per il
centenario ieri sera alla
Reggia di Venaria
(Torino). Presenti
Sergio Marchionne e
John Elkann (foto)
davanti a 750 invitati ,
tra i quali il sindaco di
Torino Piero Fassino e
il velista Giovanni
Soldini
Maurizio Donelli
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Sudoku Diabolico
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Puzzles by Pappocom
TORINO — Non c’era ieri sera alla
Reggia di Venaria (Torino) Massimo
Guerra, addetto al montaggio degli impianti di raffreddamento. Ma il sorriso
sfoggiato da Sergio Marchionne e John
Elkann, davanti ai 750 invitati alla cena
di gala organizzata per festeggiare i
cento anni della Maserati, tra cui il sindaco di Torino Piero Fassino e il velista
Giovanni Soldini, è anche merito suo.
Qualche mese fa, su un post-it appiccicato tra le «proposte di miglioramento» nella bacheca dello stabilimento di
Modena, aveva evidenziato un problema tecnico e proposto la soluzione.
Aveva ragione lui, gli hanno dato un
premio.
Storia minima, ma emblematica, di
un attaccamento al lavoro che ha portato la Maserati degli ultimi anni ad alzare la qualità e raggiungere risultati impensabili fino a l’altro ieri. Oggi il Tridente raccoglie 23 mila ordini nel mondo. L’anno scorso le auto vendute sono
state 15 mila: un incremento del 148%.
Primo mercato gli Usa (6.900 vetture),
poi la Cina (3.800). Cresce l’Europa
(2.500 pezzi, +133%). E il futuro è ancora più ambizioso: il target 2018 è stato
fissato da Marchionne, che sull’asse del
«premium» fa ruotare buona parte del
suo piano industriale, a quota 75 mila
vetture l’anno (tetto per preservare
l’esclusività del marchio). «Il centenario rappresenta una nuova era per il
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LA SOLUZIONE DI IERI
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Altri giochi su www.corriere.it
Come si gioca
Bisogna riempire la
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riga, colonna e riquadro
contengano una sola
volta i numeri da 1 a 9
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Tempiliberi
Benessere
Moda
Food
eccessi di cibo nel piatto
genitori disattenti alle porzioni
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Centre For Obesity Reasearchand Education, Philadelphia; Osservatorio Nestlé
Design
Tecnologia
Famiglia
ILLUSTRAZIONE DI DAVIDE FORLEO
Viaggi
Piatto troppo pieno per i bambini
Fame, gioco o semplicemente gola? I bambini, spesso, mangiano
troppo perché il loro piatto è troppo pieno. Colpa anche dell”esempio
negativo dei genitori.
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bambini con porzioni troppo grandi
Noi che amiamo l’autunno
di LUCA RICCI
I
n the Human seasons John Keats
paragona le stagioni dell’anno alle fasi più importanti della vita di
un individuo, e naturalmente all’autunno riserva la poco attraente fase della maturità, insomma
ciò che precede di poco la morte
(è bene dirlo subito, in arte i cicli
dedicati alle stagioni sono molti,
e tutti concordano con Keats: da
Giuseppe Arcimboldo, passando per Antonio
Vivaldi, fino a Eric Rohmer). Gli argomenti
dei detrattori dell’autunno sono arcinoti: la
stagione delle foglie morte altro non sarebbe
che uno sfiancante tramonto lungo tre mesi.
Tutto dipende dal fatto che a settembre, dopo
la leggerezza estiva, ognuno torna alle proprie
responsabilità affettive e lavorative (senza
contare che le ferie stancano, e che bisognerebbe avere una vacanza per riprendersi dalla
vacanza). Nei primi giorni di settembre i sogni di un adulto medio sono popolati dalle
immagini non esattamente rasserenanti del
proprio ufficio: superfici in formica o linoleum, veneziane alle finestre, piante di ficus...
Certo, a leggere i nostri maggiori poeti, al netto di un delizioso struggimento, la teoria depressiva parrebbe confermata. Ecco un passo
da Novembre di Giovanni Pascoli: «Silenzio
intorno: solo, alle ventate,/ odi lontano, da
giardini ed orti,/ di foglie un cader fragile. E’
l’estate/ fredda, dei morti».
Eppure per molti il primo settembre (e l’autunno) è l’autentico inizio dell’anno. La luce si
smorza, è vero, sembra di vivere in una foto in
bianco e nero di Edward Steichen, ma contemporaneamente si sta dischiudendo dinnanzi a noi la parte dell’anno che conta, quella
in cui nel bene o nel male faremo (o non faremo) quel che abbiamo messo in conto di fare.
E poi sì, ci sono anche i maniaci dell’autunno.
Quelli che sono rimasti bambini, e che al rientro dal mare, anche senza figli, tornano dentro
al negozio di cancelleria dell’infanzia, per inalare gli effluvi inebrianti di astucci, diari e
gomme per cancellare. Quelli che mangiano
chicchi d’uva (o olive o castagne) come se fos-
Tutto ricomincia, senza imposizioni
Perché godersi la (deliziosa)
stagione delle foglie arancioni
sero ciliegie, che sul davanzale si prendono
cura di piante che non danno fiori, che preferiscono lo scroscio d’acqua delle grondaie a
qualsiasi altro rumore possibile ed immaginabile, e che magari festeggiavano Halloween
già negli anni 80, quando ancora i nostri mercati ortofrutticoli non erano invasi dalle zucche americane (a proposito di Halloween, leggetevi una grande novella horror: Racconto
d’autunno di Tommaso Landolfi, la resistenza
italiana come l’avrebbe raccontata Edgar Allan
Poe). Beh sì, un’indole malinconica può aiutare ad apprezzare questa stagione dell’anno.
Ecco il discorso che Woody Allen fa fare a due
amici in veranda nella pellicola intitolata Settembre: «Tutto è casuale, originato dal niente,
senza uno scopo, e alla fine svanirà per sempre, e non sto parlando del mondo, sto parlando dell’universo, tutto lo spazio, tutto il
tempo, è solo una convulsione temporanea».
D’altronde, siamo realisti: la primavera è
una promessa di felicità che non si avvera mai
(e dopo qualche anno uno lo impara), l’estate
ti costringe comunque all’allegria (e le imposizioni non sono mai benigne), l’inverno è la
metafora della morte ma come dice Epicuro se
c’è la morte non ci siamo noi (troppo lavoro,
troppa palestra, troppi incontri, durante l’in-
Single
di Antonella Baccaro
La nostra
vera canzone
l’ha scritta
Dalla
U
no di quei giochini stupidi che si
fanno in riva al mare, passandosi un
pallone. Una domanda, un tiro. Qual è
la canzone dei calciatori in fuorigioco?. «Un
passo indietro» dei Negramaro. «E quella
dei cuochi che affettano le cipolle?». «Una
lacrima sul viso». «E quella dei single
pentiti?» mi sfida qualcuno. «Non esiste»
dico fermando la palla. E il gioco.
Poi però tornando a casa in macchina ci
rimugino su: «Possibile che nessuno si sia
intrattenuto sul tema in modo convincente?
Me lo sarei ricordato. O qualcuno l’avrebbe
fatto al posto mio». Sì, certo, c’è il proclama
di Beyoncè «All the single ladies», che però
è una rivendicazione orgogliosa dello status.
Così come «It’s my life» di Bon Jovi. Ma no,
qui parliamo di altro, di qualche artista che
sia riuscito a rendere in note quel subbuglio
verno). Non resta che l’autunno per tentare di
stare bene, quel quarto di anno libero-libero
in primis dal dogmatismo del meteo (se fa
freddo o caldo le mie possibilità esistenziali si
riducono automaticamente)- in cui ognuno
può essere come gli pare. Piove, è vero, ma la
pioggia tutto sommato non è prescrittiva, non
impedisce realmente nessuna attività; in
compenso può favorirne alcune deliziose:
leggere, indossare impermeabili o cappotti,
andare al cinema, struggersi di malinconia ma
anche d’eccitazione.
Tra tutti gli artisti che si sono occupati dell’autunno (in ordine sparso devo almeno citare Paul Verlaine, Francesco Guccini, Ingmar
Bergman, Richard Gere & Winona Ryder, Giacomo Leopardi, Nina di Majo, Sergej
jzenštejn), mi piace ricordare una tela di Wassily Kandinsky intitolata molto banalmente
Fiume d’autunno. Il creatore della pittura
astratta, di fronte all’evidenza della stagione,
non si spinge più in là di un bozzetto figurati-
che il single ha dentro, quell’oscillazione tra
la sicurezza orgogliosa di bastare a se stessi
e il dubbio che ci si stia perdendo il meglio.
Proprio mentre mi stavo ormai arrendendo,
dalla radio sono arrivati prima due accordi
familiari e poi la voce indimenticabile di un
cantautore che non smette di mancarmi.
«In questa notte calda di ottobre... apriti
cuore/ non stare lì in silenzio senza dir
niente/non ti sento, non ti sento, da troppo
tempo non ti sento/e ti ho tenuto lontano
dalla gente./Quanti giorni passati, senza un
gesto d’amore/con i falsi sorrisi e le vuote
parole...».
Eccolo lì Lucio Dalla, preciso come un
bisturi che affonda nella carne.
«Ah, lo so: il cuore non è un calcolo/freddo e
matematico/lui non sa dov’è che va/sbaglia
si ferma, e riprende./E il suo battito non è
vo. L’autunno che trasforma Kandinsky in un
impressionista qualsiasi, che prende pennello
e cavalletto e diventa amante della pittura en
plein air... che volete di più? D’altronde parlare delle stagioni dell’anno volendo essere originali sarebbe sbagliato. Le stagioni, infatti,
sono fatte di luoghi comuni impossibili da
scardinare: il calendario ci serve per orientarci
nel caos del tempo, Barbanera è una bussola
per continuare a provare, di anno in anno, nostalgia del passato, insoddisfazione del presente, timore del futuro. E’ scontato dire che
l’autunno, in tensione dialettica con le altre
stagioni, è il momento del tramonto prima
della morte invernale, del ritorno a casa dopo
le avventure estive, delle foglie gialle accartocciate sui viali che intonano un controcanto
perfetto all’inno alla vita primaverile, eppure è
tutto quello che onestamente possiamo dire
sull’autunno. Ah, dimenticavo: «Si sta come/
d’autunno/ sugli alberi/ le foglie».
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logico/è come un bimbo libero/appena dici
che non si fa/lui si volta e si offende...».
Poi il tono da giocoso trascolora in
preghiera: «Anche davanti a questo cielo
nero di stelle,/e ce ne sono stanotte di stelle,/
forse miliardi, cuore non parli?/O sono io
che non sento e per paura di ogni
sentimento/cinico e indifferente, faccio finta
di niente...».
Il ritmo si fa incalzante e si leva un grido:
«Cambierò, cambierò, apriti cuore ti prego
fatti sentire...».
Ora ottobre sta arrivando con le sue notti
cariche di colori e rimpianti per ciò che non
è stato. Chiunque pensi che il suo cuore è
rimasto per troppo tempo prigioniero «per
paura di ogni sentimento», provi per un
attimo a riavvolgerne il nastro.
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Moda le sfilate
Versace
La nuova
eleganza
da sera
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l dubbio ad un certo punto coglie lo spettatore: ma siamo davvero alla sfilata Versace? Colori
forti, linee pulite, dettagli divertenti. Ma la donna tipo pelle e
lacci e vernice e metallo e stiletto dove è finita? Superata, andata, passata:
non c’è più bisogno di sbandierare la
femminilità aggredendo il prossimo
tuo con tutto quell’armamentario. Si
può farlo con freschezza, semplicità,
allegria. Che svolta Donatella! «Diciamo che guardo gli altri come guardo
me stessa e oggi mi sento più a mio
agio con un paio di pantaloni comodi
e meno cose addosso», dice e fa, perché quando esce a raccogliere gli applausi è già con l’outfit della nuova
era «Medusa discreta». Con la sottrazione (perché di questo si tratta, via
eccessi ed esagerazioni) è vero ci guadagna così come il puntare su piccoli
pezzi intercambiabili giorno/sera.
Come il golf che copre solo un braccio, la culotte con l’elastico griffato, la
canotta o la gonna tagliata di netto su
di un lato. Top e abiti «laserati» come
borse e stivali che così sono leggerissimi; completi (la gonna corta svasata, la giacchina minimale) di pelle
traforata, le felpe stampate optical e il
gran finale in Metal Mesh di Swarovski colorati con strappi trattenuti da
fibbie o assemblati di tulle carne.
«Siamo quelle che siamo, basta imporci con inutile aggressività. Se c’è
qualcosa che è cambiato in noi è che
siamo più giovani e più belle, quindi
mettiamoci comode nei nostri abiti».
È giornata di cambiamenti. Certo
per Giambattista Valli è più facile, sfila la sua nuova creatura, quella Giamba, che vuole posizionarsi con meno
pretese della eponima, dunque quasi
tabula rasa. Se non fosse che nell’esordio si percepisce la maturità e la
Giamba La nuova linea di Valli Marco de Vincenzo Frange
Kristina Ti Seta e neoprene Iceberg Estate californiana Les Copains Viaggio esotico
Passerelle Da Kristina Ti alla Giamba di Valli: una nuova idea di «glam»
Più in rosa e più semplici
Versace: linee pulite e meno rock
Vincono i dettagli divertenti
svolta dello stilista italiano che vive a
Parigi. Abiti più quotidiani dove vincono le proposte jeans come il tailleur
pantalone con la giacca gilet e gli abiti-baby in organza o jacquard coupé
ricamati tono su tono e il parka minimale lilla e le gonnelle scampanate.
Semplicità di linee e quasi (non esageriamo) assenza di orpelli couture.
Marco de Vincenzo, lo stilista che i
francesi ci invidiano (anche se ora in
parte è anche loro), è dolce, educato e
colto quanto la sua moda. E quel caparbio lavoro di ricerca e sperimentazione sui tessuti, insieme alle qualità
cui sopra, lo stanno portando là dove
pochi riescono ad arrivare. Così considerando i tessuti prima di tutto co-
me fili, perché non intrecciarli a sorpresa? Risultato una collezione materica, viva, sorprendente: la t-shirt
stampata che sfuma su altri toni, la
camiciola trasparente che richiama la
gonna effetto scaglie, lo spolverino
che degrada senza regole.
Le sperimentazioni da Les Copains
si fanno con diritti e rovesci e telai
conservati come reliquie. Stefania
Bandiera, al debutto come stilista,
sceglie la natura come ispirazione e la
maglia la tela grezza sulla quale osare
termosaldature, accoppiature, doppiature, smacchiate, intarsi. Maglia
più o meno leggera: dalla camicia all’abito alle gonne. Se non è maglia è
pelle, trattata come sopra. La tuta co-
Qui Lina
di LINA SOTIS
S
tile sobrio. Lunghezze sotto
il ginocchio. Borse a due
manici. Pelle chic, mai choc.
Calze mai, forse si ai calzettoni. Scarpe, possentemente,
civettuole. La corona non va in
trasferta ce l’ha in testa sempre lei: la Miuccia internazionale.
me capo clou.
Da Iceberg, Alexis Martial, racconta di una «vera estate» californiana,
fatta di sport e di riferimenti legati al
Memphis Group, quindi colori e forme. Collezione energetica, che richiama due mondi (l’arte e lo sport) che
sono nel dna dell’azienda: canotte e tshirt, pantaloni sartoriali con le scritte, mini abiti stampati, camicie leggere tutte uno sticker, occhiali come
maschere da sub.
Da Kristina T l’amore come passione, energia, per un uomo, un lavoro,
un’idea ispirano la collezione. «Il mio
lavoro e lo sport: queste sono i miei
grandi amori», racconta Cristina Tardito. Così ecco che le sue sete, gli chiffon e l’organza si energizzano accostati a reti di neoprene, a bande colorate, a bottoni di caucciù. Pantaloni e
gonnelle, cappottini e top.
Paola Pollo
[email protected]
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Moda le sfilate
Gli stili Le applicazioni couture di Scervino e Blumarine
Ricami e trafori
Lo chic rilassato
dei macro fiori
Tod’s, pelle come tessuto. Le frange di Etro
S
Tod’s
L’abito
lungo con la
lavorazione
al laser che
crea motivi
floreali
Ai piedi,
il nuovo
mocassino
Nella foto
piccola, il
secchiello
che riprende
sul fondo
il motivo
gommino
ceglie un giardino italiano Alessandra
Facchinetti per prenotare la sua collezione numero tre firmata Tod’s. Non senza
un motivo. Fuori c’è il quotidiano e la vita frenetica, lì, dentro, nel ricostruito Boboli al Pac di Milano, si respira, fra le siepi e i gazebo, uno spirito di ritrovata rilassatezza, di gusto per le cose belle, di sofisticata eleganza. La
moda di conseguenza. La stilista
fa un grande lavoro di sottrazione
per arrivare all’essenziale di un
guardaroba che potrebbe sostituire il classico, aggiornandolo. La
gonna svasata, leggermente stondata, l’abito canotta e morbido poco sopra il ginocchio, il pantalone
maschile, il bel blazer dalle grandi
tasche, la veste-grembiale che si
allaccia dietro, lo spolverino preciso. Codici riscritti nel nuovo linguaggio dell’artigianalità: nappa e
camosci che paiono tessuti e tessuti che paiono
nappa e camoscio, in totale semplicità o nelle
nuove lavorazioni «gommino» al laser o rivestito. Patchwork come alternativa al mono colore
per comporre i grandi fiori che possono essere
anche stampati o dipinti e che ricadono anche
sulle nuove borse: il secchiello o la Flower Bag,
giustappunto. Sandali con piglio sportivo e/o
con un tacco-scultura che si innesta e che ricorda certe opere del Brancusi come gioielli di sassi
e Swarovski.
L’artigianalità come punto d’orgoglio anche
nel clan di Ermanno Scervino, «ma senza nostalgie». La frase buttata lì dallo stilista è subito
chiara quando la sfilata ha inizio e passano veloci piccoli capolavori di lavorazioni come si facevano un tempo ma tecnologicamente all’avan-
Sul Canale moda del Corriere
www.corriere.it/moda
Gli stuzzichini di Prada
Cara, quante boccacce
ll commentatore di Style.com, Tim Blanks,
cerca di interpretare Prada (nella foto la
stilista) attraverso gli stuzzichini serviti
prima della sfilata: la vittoria finale di un
modello creativo (e di business) basato
sul confondere le aspettative. E sulla
nostra insicurezza. Di Matteo Persivale
Da Fendi Cara Delevingne fa la diva
ritrosa. Non concede interviste agli
italiani ma firma autografi e si fa selfie
(con tanto di boccacce) con le fan che
si accalcano all’uscita. Poi sorseggia
spumante. Il video della sfilata
di Maria Teresa Veneziani
«Krizia? Meglio di Miyake»
I fanatici delle sneakers
A Palazzo Litta, una mostra evento,
«Guardare al passato per costruire il
futuro» racconta Mariuccia MandelliKrizia e celebra il passaggio di testimone
della griffe alla cinese Zhu Chongyun
(foto). La designer nella video intervista:
«Krizia? Più avanguardista di Miyake»
Una ricerca americana: chi ha la passione
delle scarpe sportive spende fino al 10%
del proprio reddito per restare al passo dei
modelli più nuovi e costosi. E le aziende
del settore si contendono i testimonial più
cari (nella foto le scarpe di Marco Belinelli)
di Alessandro Pasini
guardia. Completi di canvas o ciniglia lavorato a
macramé con motivi floreali; spolverini di passamaneria tessuta a telaio; abitini con ricami termoadesivati; tubini di pitone roccia stampato;
piccoli top e gonnelle corte di neoprene ricamato
al laser; caban di paglia. Perché non chiamarla
techno couture.
È un’indiana metropolitana, una donna dallo
spirito libero che si aggira in città come se fosse
il suo deserto ma è la passerella di Etro. Veronica,
la stilista, parla di Anni Settanta come momento
introspettivo e di ricerca verso una società meno
condizionata. «L’idea è quella di una ragazza che
crea le sue cose, senza paure». Puro romanticismo: fiori e paisley cadono su sete e chiffon per
abiti hippy e gonnellone. Poi poncho e maglie di
fettucce e stivali con le frange. Non è un’estetica
nuova, ma belle le lavorazioni, le stampe e i tessuti. La donna è un fiore anche per Blumarine.
Macro ricami e dipinti e intarsi e applicazioni su
chiffon, lino, cotone, canvas per abitini, scamiciati, trench, gonnelle, caftani. Non c’è capo senza fiore, discretamente o sfacciatamente, comunque sempre con una rinnovata freschezza.
Giovane la lunghezza, sciolta la silhouette, moderni i sandali flat. Brava Anna Molinari.
Paola Pollo
© RIPRODUZIONE RISERVAT
Ermanno Scervino
Il soprabitino couture in
neoprene con fiori applicati
Etro
Un'indiana metropolitana
Il disegno
paisley è
alleggerito
a tatoo
Blumarine
Fiori dipinti e applicati su
chiffon, lino, cotone e canvas
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Moda
Diciassette rubini
di Augusto
Veroni
Le presentazioni L’arcobaleno dei Fratelli Rossetti e di Furla. Gonne a «A», il gran ritorno dello chemisier
Il «solo tempo»
ruba dettagli
alle auto
d’epoca
Tacchi bassi e borse-bambola
Non solo comoda e funzionale: la nuova eleganza è pop
G
Oggi il percorso da Rimini
passa per Arezzo, Siena, Città
di Castello, Urbino e torna a
Rimini. È il percorso della
seconda giornata del Gran
Premio Nuvolari
(www.gpnuvolari.it), che si
concluderà domani a Mantova,
la città di Tazio Nuvolari (18921953), ancor oggi leggenda
assoluta dell’automobilismo
italiano. La competizione,
riservata alle auto d’epoca, è
sponsorizzata fra gli altri da
Eberhard, particolarmente
attiva in questo tipo di
manifestazioni. E come ogni
anno la marca d’orologi emette
un modello celebrativo molto
apprezzato dai collezionisti. Il
modello di quest’anno riveste
interesse particolare non solo
per gli amanti d’auto d’epoca:
si tratta infatti di un orologio
«solo tempo» (indica ore,
minuti, secondi e la data)
dall’impostazione sportiva, sì,
ma senza eccessi o
intemperanze stilistiche. La
cassa d’acciaio (ampio il
diametro: 42,5 millimetri)
ospita un buon movimento
meccanico a carica
automatica: un classico ETA
solido, affidabile e preciso;
ovviamente di produzione
svizzera. Il quadrante si
caratterizza per la lavorazione
a «perlage», piccoli cerchi
praticati con una spazzola
rotante: si tratta di una finitura
tipica dei motori d’antan (la si
trovava talvolta anche sulla
plancia delle vetture più
sportive) che serviva a
sottolineare la cura artigianale
con cui certe auto venivano
realizzate. Ancor oggi si tratta
di una finitura pregiata, che la
dice lunga sulla qualità
dell’Eberhard Tazio Nuvolari
2014. La sorpresa migliore,
però, è il prezzo estremamente
concorrenziale in relazione
all’elevata qualità delle finiture
e all’impermeabilità garantita
fino a 10 atmosfere: 1.790
euro.
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li italiani stanno dimostrando al mondo
come si rende bella la moda comoda. Gli
accessori sono piccoli capolavori, tutti
un intarsio, un dettaglio, ormai sempre
nella tripla versione: tacco 10/11 cm,
tacchetto intero 4 cm e flat. «La donna vuole sentirsi libera di comporre i suoi look. E le piace giocare con il tailleur maschile» racconta Pablo Coppola da Bally. La giacca doppiopetto è destrutturata come una da camera. Indossata sul jeans definitivamente nobilitato a capo
chic. Per la prossima estate lo
Armani, il nuovo Nobu stilista argentino scommette
sul tacco basso (4 cm), gonna
a ruota in pelle color vinaccia
al polpaccio, portata con un
biker qui in coccodrillo. Le
borse sono rese più pratiche
dalla chiusura a magnete.
Forse il desiderio di evocare uno spirito di pace e
amore di cui si sente il bisogno, ha spinto molte griffe a
rifare le gonne fruscianti.
Gonne a corolla anche da
Malo, abbinate a felpe di
cashmere, impreziosite da
ricami-tagli (di gran tendenza). Da Atos Lombardini, le
figlie del fondatore, Alessandra ed Elena, indossano i loro vestiti chemisier. In seta,
mussola e crêpe de Chine nei
toni del bianco del MediterC’erano Paolo Sorrentino e
raneo, in quelli dei ricordi
Margherita Buy, oltre a Carine
spagnoli di Picasso, fino ai
Roitfeld, Stefano Tonchi e tanta
tramonti africani. «Una mostampa nazionale e internazionale
da dinamica e versatile».
ieri sera al party per la riapertura
Abiti e gonne lunghe, a fiori e
dell’Armani/Nobu, dopo il restyling.
a righe, anche da Pinko UniIl ristorante giapponese fusion dello
queness con il patron Pietro
chef Nobuyuki Matsuhisa aperto
Negra arrivato dall’Emilia
nel 2000 da Giorgio Armani, ora
per inaugurare la boutique di
ospita 130 persone al piano terra
via Montenapoleone ampliadove sono state mantenute l’area
ta e resa interattiva, «perché
fumatori e la cella climatizzata per i
ormai il cliente vuole la travini. La veranda esterna amplia
sversalità dell’acquisto».
elegantemente l’area lounge. Al
E riecco da Larusmiani la
primo piano, 280 mq, il nuovo sushi
«gipsy bohemienne» disebar. Sulle pareti di marmorino
gnata da Alice Etro: camiciochiaro sono inseriti riquadri
ni in mussola stampata e il
luminosi effeti moiré, alternati a
classico maschile giocato al
stuoie intrecciate dalle sfumature
femminile (la giacca del tailnaturali, molto Armani che ha
leur morbidissima). Il nuovo
salutato entusiasta i suoi invitati.
unisex fa bene ai fatturati dei
Fratelli Rossetti. Le nuove
© RIPRODUZIONE RISERVATA
stringate sono verdi, blu e
gialle, tinte a mano come tele, con le impunture trompe l’oeil «per renderle
più leggere». La rivoluzione della moda ha convinto René Caovilla ad ammettere: «mai avrei
pensato di provare tanta soddisfazione a realizzare
il biker con gli strass e la running tutta decorata da
fiorellini. Prima vedevo la femminilità solo esaltata dall’altezza, ora ho capito che può esserci anche
su una flat, a patto che non manchi la parola fascino». E a proposito di Anni 70, Cesare Casadei rifà
anche gli zoccoloni, che però sono leggeri e decorati grazie a un cuoietto intagliato al laser applicato al legno. «Noi italiani non facciamo vintage ma
prodotti all’avanguardia» sottolinea. «Negli anni
70 scoprivamo le calzature dei Paesi nordici, oggi
gli zoccoli sono evoluti: design e artigianalità».
Ma la tendenza è la pelle metallizzata per sandali
fatti per non passare inosservati. L’incitamento alle donne è di sentirsi eleganti anche con un sandalo che imita le Birkenstock (decorato con Swarovski). Da Cesare Paciotti, il sandalo alto è una
scultura con il tacco ricoperto in pitone naturale
abbinato a lame bronzo e bordeaux, quello basso
d’argento, il tallone bronzo e la fascia in cavallino
Il dettaglio
Il doppiopetto da uomo,
morbidissimo, da
portare sui jeans come
una giacca da camera
celeste polvere. Ancora gladiatrici metallizzate
nelle tre altezze da Santoni. Pratica e funzionale la
nuova moda, ma divertente. Perché c’è bisogno di
positività. Da Furla, la Candy in Pvc ha la base in
pelle e gli occhioni di Betty Boop. Le buste, dal blu
al verde, si portano a tracolla o con il bracciale
«per lasciare le donne più libere».
Maria Teresa Veneziani
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Moda e arte
Pieghe
Il personaggio L’artista e la collaborazione con Marina Rinaldi
Le nipoti griffate
delle hippie Anni 70
di Gian Luigi Paracchini
«Le mie maxi sculture
come le nuove donne
(non solo taglia 42)»
P
Joana Vasconcelos: le mamme e le nonne
non ci rappresentano più, servono modelli diversi
A
lla frangetta impertinente fa da contrappeso il sorriso
dolce, quasi un prolungamento ideale
del corpo morbido,
generoso, ravvivato
da un’ampia blusa
color dei ciclamini.
Quarantatré anni di
intelligenza, abilità manuale e «sostanza»:
ecco chi è Joana Vasconcelos, artista parigina
di nascita e portoghese di adozione, conosciuta soprattutto per i suoi oggetti grandi,
giganteschi, elefantiasi del quotidiano: dall’enorme scarpa fatta di pentole e coperchi
(Marilyn) all’elicottero coperto di piume di
struzzo rosa (Bell 47).
Mentre attraversa le sale ottocentesche di
palazzo Bocconi, a Milano, rivestite di specchi
e stucchi, pare un’antica scultura orientale,
una di quelle figure emblemi della fertilità,
con un ché di ottimismo. Vasconcelos è a Milano perché ha presentato Valkyrie Marina
Rinaldi, una (ovviamente gigantesca) installazione pensata e realizzata appositamente
per il marchio del gruppo Max Mara (rimasta
visibile per tutta la giornata di ieri) e ispirata
alla nuova collezione, dalla quale «ruba» capi,
colori, tessuti. Vista da destra, sembra un uccello in volo, di spalle invece somiglia a una
creatura immaginaria. Cambia a seconda del
punto di vista, «come la
femminilità», ride Joana.
«Valkiria — spiega — come donna forte, energica, che, nella mitologia
nordica, ridona la vita
agli uomini».
Il nesso con la donna
Marina Rinaldi è invisibile eppure forte: «Non
possiamo più vivere nei
film — continua Vasconcelos — e pensare che sia
normale fare solo abiti di
taglia 42. La realtà è diversa e ogni donna assomiglia solo a se stessa».
Quello della femminilità
e della sua natura caleidoscopica è uno dei temi
prediletti di Joana, che
anni fa ha fatto scalpore
con La sposa, installazione realizzata con assorbenti. «Ma la realtà —
prosegue — è che la
donna oggi deve essere
forte e consapevole di se
stessa, più di ieri».
Questo perché, secondo l’artista, «oggi abbiamo una grande responsabilità: forse per la prima volta nella storia, le nostre mamme e
nonne non possono più rappresentare un
modello da seguire, in quanto troppo distante dal nostro mondo. Dobbiamo costruire insieme un modello nuovo. Solido e solidale,
forte ma senza rinunciare alla femminilità,
deciso eppure tenero». Il pensiero corre alle
origini del marchio: Marina Rinaldi era la bisnonna di Achille Maramotti, fondatore di
Max Mara, una che, a fine Ottocento, aveva
un atelier di sartoria. E la stessa Vasconcelos
non rinuncia alla tradizione: «Nelle mie opere il tessuto è fondamentale e ho un team di
venti donne che lavorano per me. Ma se vedete il mio studio, vi sembrerà quello di uno
scultore antico: imponente, serio. Poi quando
diciamo che lì dentro lavoriamo all’uncinetto
Chi è
Parigina
Parigina di
nascita ma
portoghese
d’adozione,
Joana
Vasconcelos,
43 anni, una
figlia, è una
scultrice nota
soprattutto per
le sue opere
gigantesche
Le opere
Per Marina
Rinaldi,
marchio del
gruppo Max
Mara, ha
ideato
un’opera
sospesa
della serie
Valkyrie,
realizzata con
capi e tessuti
della nuova
collezione
primavera
estate 2015.
Qui sopra, altri
due lavori
dell’artista nell’
allestimento
a Versailles:
Marilyn,
enormi scarpe
fatte di pentole
e coperchi, e
l’elicottero di
piume rosa
molti restano senza parole, ma sta qui l’intuizione: la donna deve accettarsi, senza copiare
modelli maschili». Così come alla propria fisicità importante, che Vasconcelos esalta con
pantaloni larghi o gonne gonfie. «Ho una figlia di tre anni — conclude — e mi sento una
donna come tante, una che fa mille cose senza più nemmeno far caso al carico di impegni
e responsabilità. Attenzione, però: questo insistere su noi stesse deve essere dosato. Così
come va dosato il nostro sguardo sul mondo:
noi europei, come gli americani, pensiamo
che l’universo sia fatto a nostra immagine e
non vediamo che altri Paesi stanno crescendo
con dei miti propri, avulsi dalle nostre tradizioni. Bisogna imparare a guardare meglio. E
noi donne dobbiamo dare l’esempio».
Roberta Scorranese
[email protected]
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L’opera
Joana Vasconcelos
con l’opera
realizzata
per Marina
Rinaldi
(Foto Fabrizio Orsi)
er quale motivo la moda italiana è
tanto innamorata degli Anni 70?
Perché fu un decennio di grande vivacità estetico-musicale o semplicemente per pigrizia? Certo siamo in
buona e affollata compagnia: anche sulle passerelle francesi, inglesi e soprattutto americane
si sono viste celebrazioni più o meno libere di
quel periodo. Stilisti come Tommy Hilfiger ne
hanno fatto un fortunato feticcio e guarda caso
la sua collezione appena presentata a Manhattan cominciava con lo stile-Beatles di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, continuando
con citazioni ad altri giganti tipo Stones, Hendrix e compagnia. Nell’occasione però non si
sono levati didattici moniti al dinamismo,
anche perché il pubblico (anagraficamente non
rottamabile) si è spellato le mani. Nessuno può
discutere che dal punto di vista del costume gli
Anni 60-70 abbiano saputo regalare, oltre alla
musica immortale, quel caleidoscopio cromatico, le silhouette iper sciancrate, le minigonne e
l’extra-lungo, il mood militaresco beffardo del
peace and love, il floreale hippy che tanto spesso ritroviamo sulle passerella globale, non
soltanto su quella milanese. Ma queste non
sono copie delle psichedeliche e rockettare figlie
dei fiori. Sono le nipoti magre e griffate: con le
nonne e gli Anni 60-70 hanno poco a che fare.
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Moda Cabina armadio
Alessandro Martorana (a sinistra), 43 anni, è nato a Moncalieri ma ha origini siciliane. A 29 anni , rielaborando alcuni abiti di
Gianni Agnelli, ha creato una propria linea
sartoriale: oggi ha 30 dipendenti e clienti
celebri come Andy Garcia e Jude Law
Eleganza Il sarto Martorana: la stoffa arrivava a pesare 500 grammi, l’abbiamo dimezzato
Tra le righe due centimetri
Il gessato perfetto è fatto così
Amarcord
Revers di 13
centimetri
Lo stile Agnelli
Ampissimo, di 13 centimetri,
che sfiora quasi il giromanica.
È il revers il marchio di un abito
Martorana, preso in prestito
dall’Avvocato, modello di
riferimento del sarto. «Oggi gli
stilisti propongono giacche dai
revers striminziti, di appena 5
centimetri, noi puntiamo allo
stile». Altri dettagli
dell’archivio Agnelli sono i
tiranti nel girovita al posto dei
passanti della cintura e i
bottoni interni per le bretelle».
Poi un pallino fisso: l’abito tre
pezzi. «Convinco sempre i miei
clienti a usare il gilet, che
diventa un modo per rimanere
composti anche senza giacca».
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I segreti: linee asciutte, polsino scoperto e pochette
Proporzioni
La lunghezza
della giacca è
due dita sotto
i fianchi.
Ammesso un
solo bottone,
tranne che nel
gessato. «Ha
un effetto più
elegante»
I pantaloni
La vita è alta,
un po’ anni
Sessanta, e il
risvolto è di 5
centimetri. La
linea della
gamba è
asciutta e si
restringe sul
fondo. Non ci
sono i passanti
1
È
come la favola di «Sabrina»: al posto di
Audrey Hepburn, qui c’è un ragazzo
creativo e ambizioso, che afferra l’occasione della vita grazie a un cugino autista di casa Agnelli.
La storia di Alessandro Martorana, sarto di
successo che oggi prende le misure a uomini di
«peso», ha un copione americano. Nato a Moncalieri, figlio di un barbiere siciliano, mentre fa certificazioni Iso 9000 nelle aziende sogna di vestire
tutto il mondo a modo suo: doppiopetto, gemelli,
cravatta dal nodo importante e pochette. La voce
di questo cugino-dandy arriva, tra un passaggio
in auto e l’altro, a Lapo Elkann. Che lancia una sfida a Martorana: «smontare» gli abiti ereditati dal
nonno Gianni e renderli contemporanei. Quell’archivio prezioso oggi è ancora nello
showroom milanese di Alessandro Martorana:
alcuni gessati sono conservati proprio in una teca, come pezzi d’arte, abiti di una consistenza in-
2
solita. «Il taglio di una stoffa poteva arrivare a pesare anche 500 grammi: oggi non superiamo i
360 grammi, con l’azienda franco-inglese Dormeuil abbiamo messo a punto un cachemire di
200 grammi». Ora che è a capo di una sartoria di
trenta persone, gira il mondo instancabilmente
perché alcuni clienti (la lista comprende Andy
Garcia, Gigi Buffon e Jude Law) vogliono che sia
proprio lui a misurarli in lungo e in largo: Russia,
Polinesia, Ibiza, Porto Cervo, Dubai e Beverly Hills. «Sono il principale collaudatore dei miei abiti.
Non mi vedrete mai in tuta in un aereo, posso fare
anche 15 ore di volo indossando un completo
Martorana». La filosofia del suo abito sintetizza
l’idea dell’eleganza comoda. «Un mio abito ha
delle caratteristiche inconfondibili, che di solito
sono in controtendenza: mentre tutti abbassano
la vita dei pantaloni, io l’ho alzata». Alcuni dettagli sono ripresi fedelmente dal guardaroba
Agnelli: la manica (1)
1 lateralmente è tagliata in
3
diagonale, proprio come l’orlo dei pantaloni, per
lasciare scoperto il polsino della camicia, un vezzo tipico dell’Avvocato.
Il gessato, che è un po’ l’abito di elezione di
Martorana, non ha mezze misure: la distanza tra
una riga e l’altra è almeno di 2 centimetri (2),
2 per
dare più personalità all’abito, ma l’effetto non è
mai troppo «impegnativo», grazie a un sapiente
lavoro artigianale che punta sulle linee asciutte.
«I revers della giacca sono vistosi (3),
3 quasi di 13
centimetri e la pochette irrinunciabile, meglio se
colorata, tranne ai matrimoni, dove deve essere
rigorosamente bianca». L’unica forma di pubblicità ammessa, proprio come agli esordi, è il passaparola degli amici. «La mia unica sfilata è il 28
gennaio, giorno del mio compleanno, quando invito amici e clienti affezionati, tutti vestiti Martorana».
Michela Proietti
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Abitare Questa è la mia casa
Chloe Macintosh La fondatrice del sito di design Made.com apre la sua abitazione nella zona di Fulham a Londra
Coccodrilli, arte e molto design
Ma poi cambio (e riciclo) i mobili
Oggetti cult
All’asta l’ascia
di Braveheart
e la maschera
di Batman
Un’asta molto speciale. Perché
all’incanto finiranno
memorabilia del ciak di ieri e di
oggi. Pezzi come la maschera
di «Batman» o un paio di
pantaloni dal set di «Aliens». E
ancora l’ascia di «Braveheart»
e il completo indossato da Tom
Hans ne «Il codice Da Vinci».
Una gioia per gli occhi dei
cinefili. Dove? A Londra al Vue
Cinema Westfield. Quando? Il
prossimo 16 ottobre l’asta, ma
dal primo al 16 si può
comunque andare a curiosare
fra i 200 pezzi che andranno
all’incanto. Chi ha pensato a
queste singolari aste di oggetti
del mondo del cinema è Prop
Store of London
(www.propstore.com), il
progetto lanciato nel 1998 e
che oggi conta due sedi a
Londra e Los Angeles. Prop
Store ha venduto ormai oltre
50 mila oggetti a collezionisti
di tutto il mondo. Ogni pezzo
messo in vendita da Prop viene
prima registrato e autenticato.
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L
a via è tipicamente londinese, una
di quelle stradine
di Fulham dove il
tempo sembra essersi fermato un
secolo e mezzo fa.
La casa però ha
non una, ma due
p o r te , o l t re l e
quali passato e presente si fondono
tra grandi vetrate sul giardino, pavimenti in legno originale e una scala
che porta ai piani superiori chiara e
leggera come un soffio di vento. Fa insolitamente caldo per settembre e
Chloe Macintosh si presenta in pantaloncini di jeans e maglietta. Un po’ come i contrasti architettonici della sua
casa. Il fisico come un giunco, da ventenne, si accompagna alla determinazione, l’occhio e l’intelligenza di
un’imprenditrice che con tre amici ha
fondato nel 2010 Made.com, rivoluzionando il settore del design. Se apre
la sua casa è perché crede fermamente
nel nuovo progetto della società:
Unboxed, una comunità online di
clienti grazie alla quale chi ha intenzione di comprare un tavolo, una poltrona, un divano può andare a vederlo
e provarlo non in un negozio, bensì
nell’abitazione di un acquirente soddisfatto.
Non sorprende di trovare, nella
Pelouche Chloe Macintosh con i suoi
figli: la stanza dove giocano i bambini è piena di scarpe da ginnastica, disegni colorati, animali di pelouche
Luce Nel soggiorno spicca la foto di
una piscina opera
dell’americano
Slim Aarons
doppia casa Macintosh — dove il piano terra è uno spazio unico che fa da
cucina, soggiorno e sala tv e trasformabile grazie ad alcune porte scorrevoli — tanti mobili firmati Made.com,
dalla scrivania in soggiorno, ai divani
colorati, a un mobile-cappelliera giallo-mostarda realizzato per la società
dall’italiana Ilaria Marelli. «Non resisto, mi piacciono moltissimo e voglio
averli in casa», racconta. «Li cambio
molto di frequente, però. Abbiamo
due collezioni nuove a settimana e la
scelta non manca». I mobili che non
servono più, vengono riciclati. «Devo
ancora perfezionare il metodo. Cerco
di sistemarli in altre case. Spesso li
vendo su eBay». Cresciuta tra Francia,
dove si è laureata in architettura, e Inghilterra, dove ha esordito con Norman Foster prima di mettersi in proprio, Macintosh ha nel suo approccio
ai colori una dimensione tunisina
ereditata dai genitori. Adora il giallo,
il blu, il rosso nelle loro varie sfumature. Per le camere ha scelto colori
scuri: «Li trovo rilassanti. È alcune tonalità mi ricordano il paese originario
dei miei». Impossibile non notare
l’ordine della casa, soprattutto considerando che Macintosh ha due bambini di sette e nove anni. «Ne sono
Collezioni
Bacheche
In due bacheche le
collezioni: i
coccodrilli di legno,
di pietra; nell’altra le
bottigliette di
profumo.
In bagno due
Le regole
«I giochi dei miei figli solo
nelle camere e nella saletta tv:
non riuscirei a vivere in una
casa ostaggio dei bambini»
Passioni
Ama l’arte e le piace visitare la
Summer Exhibition della Royal
Academy: «Poi vado a trovare
gli artisti nel loro studio»
sorpresa anch’io. Non sono un tipo
ordinato, ma è come se la casa si mettesse in ordine da sola. Gli architetti
hanno fatto un ottimo lavoro, ma il
disordine c’è. Guardi qui. Dietro questa porta scorrevole c’è la stanza dove
giocano i bambini. Scarpe da ginnastica, disegni colorati, animali di pelouche. Per il mio disordine ho creato
queste due bacheche di vetro in soggiorno, dove tengo le mie collezioni. I
coccodrilli da una parte — di legno, di
pietra, il primo, mi ricordo, l’ho avuto
a cinque anni — nell’altra le bottigliette di profumo. Insomma il disordine c’è, ma è curato». La totale assenza di giocattoli è un’espressione della
sua francesità, racconta. «I bambini
hanno le loro camere, e la saletta giù
dove c’è anche la televisione. Che male c’è a giocare in camera? In Inghilterra sono esagerati. Le case appartengono tutte ai bambini. Io non riuscirei a
vivere così».
Non manca, comunque, il calore
della famiglia. In soggiorno, lungo un
muro diverse mensole bianche piene
di fotografie. «Dovevano starci i libri
fotografie scattate
in montagna. «Mi
piace pensare al
freddo quando sono
nella vasca calda». E
anche in soggiorno,
lungo un muro,
diverse mensole
bianche sono piene
di fotografie.
«Dovevano starci i
libri, ma le mensole
non sono
abbastanza alte per
i volumi d’arte e
d’architettura».
(Servizio fotografico
di Chelone Wolf)
invece abbiamo fatto un errore, le
mensole non sono abbastanza alte per
i volumi d’arte e d’architettura. Quando ci siamo trasferiti disfando gli scatoloni ci ho messo le fotografie perché
non sapevo dov’altro metterle. Non le
ho più spostate». Difficile ignorare la
fotografia-quadro appesa in soggiorno. «Adoro le piscine e questa fotografia di un giorno di sole mi rallegra
quando fuori piove. È del fotografo
americano Slim Aarons. Mi piace
molto il suo stile. Sono stata fortunata, ho trovato diverse sue foto. Ne ho
messa una di tante donne in bikini
nello studio di mio
marito, mentre per
me, in bagno, ho
scelto due fotografie
scattate in montagna. Mi piace l’idea
di pensare al freddo
quando sono nella
vasca calda».
Se per i mobili si
affida a Made.com
— anche se le piace
mischiare vecchio e
moderno — per
l’arte le piace visitare la Summer Exhibition, la mostra
mercato che la Royal
Academy propone
ogni anno. «Si trovano opere veramente belle, interessanti, a prezzi ragionevoli. Quando
vado mi segno il nome degli artisti che
mi piacciono, poi
vado a trovarli nel
loro studio». Quando ha bisogno di
cinque minuti di
tranquillità, si ritira
nello studio del marito. «Lavora in banca ma non gli piace,
dice sempre che
vorrebbe cambiare
lavoro, ma non ha tempo di pensare a
cosa vuole fare. Gli ho costruito questo studio dicendogli puoi venire a
pensare qui, ma non ci viene quasi
mai, o se ci viene si siede al computer
e lavora, così per pensare lo uso io».
La casa riesce a essere calda e vissuta pur essendo studiata nei minimi
particolari. Ma perché ha tenuto le
due porte? «Perché se abbiamo unito
due case abbiamo tenuto anche una
parte separata, un appartamento che
affittiamo. Da brava madre ebrea sto
già pensando al futuro dei miei figli,
che quando cresceranno saranno
contenti di ritrovarsi un appartamentino vicino ma separato dai genitori».
Paola De Carolis
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Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Tempi liberi 45
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Abitare Donne di design
Sandra Vezza La protagonista del rilancio del marchio Gufram
Ironica
Sandra Vezza
tra arredi di
Gufram (foto
Alpozzi LaPresse). Da sinistra,
le sedute
Soap di Maurizio Cattelan
e Autumntime
di Valerio
Berruti
Dietro il giardino
di Carlo
Contesso
Il prezzo giusto
dei giardinieri
che evita
grosse spese
Dopo il pezzo di qualche
settimana fa sui giardinieri
ho ricevuto diversa posta: da
professionisti, imprenditori,
amministratori e dagli stessi
giardinieri. L’hanno arricchito
d’informazioni che
mancavano e ora, grato a chi
ha trovato il tempo di
scriverle, ve le passo. È vero,
la formazione
istituzionalizzata è in crescita
pur rimanendo ancora
carente; eppure, chi ha
passione e intelligenza arriva
a ottimi livelli con le proprie
forze. Peccato poi si scontri
con una grossa fetta del
mercato, dove pagare una
trentina d’euro l’ora per un
manovale è normale, ma per
un giardiniere... Ecco quindi
che sedicenti giardinieri, che
si offrono anche per meno di
50 euro al giorno, trovano
sempre lavoro. Peccato che
giardinieri non siano. Al di
fuori della più bassa
manovalanza, non sanno
quello che fanno, rovinano
piante e materiali, le prime
muoiono, e poi ci si lamenta
perché il giardino costa
troppo. Sarò anche di parte,
ma mi pare che abbia senso
pagare «almeno» quanto
pago chi mette un mattone
sull’altro o fa smettere di
gocciolare il mio rubinetto,
chi ha a che fare con esseri
viventi e mantiene sano e
godibile il polmone verde
della casa. Sta alla legge del
mercato, ossia a noi, evitare
di dar lavoro a chi non ha né
arte né parte e si ricicla come
giardiniere, singolarmente o
all’interno di aziende con
pochi scrupoli, e pagare il
giusto per chi, invece, il lavoro
lo sa fare veramente. E sta al
settore pubblico dare il buon
esempio con manutenzioni
dignitose, che sono l’opposto
degli scempi fatti da molte
potature sugli alberi stradali;
o la realizzazione di spazi
verdi che non è in grado di
mantenere e che avrebbero
dovuto essere progettati e
realizzati diversamente.
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dal cactus al pouf
di Cattelan: così
ho sfidato il destino
(tra gelatine e vigne)
A
ccanto a un cactus-appendiabiti ingiallito,
una pietra: Sandra
Vezza si siede, con un
gesto rapido solleva da
terra quel sasso più
piccolo e lo lancia con
uno sguardo divertito.
Alle sue spalle, un divano-labbra e due poltrone a teschio. Surreale? «Per niente. Questi arredi mi rappresentano: allegri, ironici, creativi»,
sorride, nel soggiorno di casa sua, nelle Langhe,
arredato con pezzi storici e nuovi di Gufram. «Li
collezionavo da anni. Per passione personale. Del
cactus verde, oggi fuori produzione, nel tempo
ne ho comprati quattro. Il primo, oggi, lo tengo
in azienda», racconta lei che, tre anni fa, ha acquisito questo marchio storico dopo vari passaggi di mano.
Stile pop, forme in poliuretano — in serie limitata — create da designer e artisti, e rifinite a
mano da artigiani del Torinese: questa
era la
Gufram negli anni 70, e così è tornata ad essere oggi, dopo unaa stasi creativa e un rilancio che è opera sua. «In realtà siamo un team:
io, mio figlio Charley e Axel,l, che
segue la produzione, le idee sono
sempre condivise con loro»,, dice,
ontese.
con modestia tutta piemontese.
le voluta
Un’avventura imprenditoriale
dal destino: «La creatività è sempre stata
nelle mie corde, avrei volutoo fare la stilista ma
mio padre era all’antica e io l’unica femmina
di quattro figli: impossibilee — rievoca
—. Interrotti gli studi, a 24 anni mi
nni più di
sposai. Lui aveva oltre vent’anni
ndo un’impreme, si era fatto da solo creando
sa per la produzione di
gelatine industriali e alimentari. Ci adoravamo,
due anni dopo nacque
Charley». Ma improvvisamente qualcosa si spezza:
«Stavo ritagliandomi un
mio spazio — una mia
piccola linea di abiti —
quando lui si ammalò. Da
un giorno con l’altro mi
crollò il mondo addosso:
a 29 anni con un figlio
piccolo mi ritrovai sola».
Con un’azienda complessa da gestire: «Non ne sapevo nulla, iniziai a studiare il prodotto, i processi, a parlare con i chimici.
Scoprendo di avere una
facilità inaspettata nel capire un impianto e le tecnologie. Mi buttai».
Vent’anni di lavoro, infaticabile («Oggi siamo i
quarti in Europa e i più avanzati»), mentre nasceva la passione per il design: «Da mio marito
avevo assorbito l’amore per l’architettura. Cosi,
seguendo il progetto della nostra sede e poi gli
arredi, scoprii la Gufram». Una folgorazione, e
un decennio passato a collezionarne i pezzi e a
studiarla: «Coltivando quel sogno un po’ folle
che potesse diventare mia». Ecco i primi tentativi
(mancati) di acquisto, ma senza arrendersi, fino
al successo, alla fine del 2011. Approfondire la
storia del marchio attraverso gli archivi («È stato
il primo passo»), affrontare la produzione
(«Mantenendo artigiani e lavorazioni come una
volta, per non snaturare il marchio»), incontrare
i designer («Quelli “storici” rimasti, e dire loro
che saremmo ripartiti»), creare un team: «Charley mi ha seguito subito, appassionandosi. Del
design ormai sa tutto e conosce tutti: non gliel’ho mai detto ma mi stupisce ogni giorno. Ci
confrontiamo, a volte scontrandoci, serve anche
questo».
Dopo il rodaggio, il nuovo corso. Pezzi fatti con
designer di oggi («Da Alessandro Mendini a Ross
Lovegrove, a Karim Rashid e Marcel Wanders.
Scelti per la voglia di sperimentare e l’ironia. Ovvero l‘affinità con noi») e con gli artisti («Come
I nuovi
creativi
La sedia
Bounce di
Karim Rashid
e la seduta in
poliuretano
Hortensia di
Marcel
Wanders,
entrambe di
Gufram
Passioni
Il progetto per
la cantina di
Sandra Vezza
in costruzione
nelle Langhe.
La struttura
ricorda due
cassette
di vini impilate
Valerio Berruti, albese: lo conosco da sempre»).
Ultima novità, i pezzi firmati Maurizio Cattelan e
Pierpaolo Ferrari: «Con una foto del Cactus siamo
finiti sulla copertina nel loro magazine Toilet Paper. Da qui l’occasione per invitarli in azienda: visti e piaciuti. Ed ecco gli oggetti, dissacranti, creati per noi». Le Langhe, Barolo: la Gufram by Sandra Vezza, dal Torinese è arrivata qui. «Le gelatine
sono poco distanti e io mi divido tra questi due
mondi», dice, raccontando il lavoro a oltranza:
«Di giorno vado e vengo da un’azienda all’altra, la
sera sbrigo le email e “posto” sui social, il fine
settimana mi serve per aggiornarmi e guardare i
giornali di settore», racconta con entusiasmo.
C’è ancora una sfida, un vigneto acquistato per
amore della sua terra («Faremo un Barolo speciale») e la futura cantina: «Avrà l’architettura di
due grandi cassette di vino sovrapposte, una foresteria annessa. E gli arredi di Gufram». Altri desideri da realizzare? «Disegnare un oggetto: sono
già alle prese», dice, e mentre mostra la scritta
«spazio ai sogni» impressa sul bracciale di gomma al suo polso («È il mio motto»), e c’è da credere che questo non sarà l’ultimo.
Silvia Nani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
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Luoghi
Abitare Il reportage
Al sole
Nello scatto
del 1951,
lo scrittore
e giornalista
Truman Capote a Taormina. Nella
città siciliana, l’autore
di «A sangue freddo»
alloggiò
nella stessa
casa di D. H.
Lawrence
Il murale
Nel bar
Mocambo,
fondato nel
1952, campeggia un
murale
dove figurano personaggi vari,
dall’attore
alla contessa, tutti animatori della
dolce vita
taorminese
Fregi Una panca settecentesca che si trova
nell’hotel San Domenico, ex convento del ‘600
Stile Carlo X
Il salotto dell’hotel Victoria,
dove alloggiò
Oscar Wilde,
nel 1898.
Rimase un
mese poi partì.
Declinerà l’invito a tornare
che gli aveva
fatto l’amico
von Gloeden
(Fotoservizio:
Antonio
Parrinello)
Suggestioni Un percorso di 21 tappe che si inaugura oggi con il Festival Taobuk. La direttrice Ferrara: «È come sfogliare la città»
In edicola
La rassegna
Torna «Abitare»
Tanti viaggi
nei progetti
e nelle visioni
S
«Ora tocca a voi». Non è uno
slogan, ma l’invito del mensile
«Abitare», numero 538 — nel
segno di una tradizione nata
nel 1961 — da ieri di nuovo in
edicola al prezzo speciale di 5
euro e nuovissimo per
impaginazione, rubriche e
approccio ai fatti. «Attraverso
una rete internazionale di
sguardi — la rivista è stampata
in italiano e in inglese — storie
e punti di vista» dice Silvia
Botti, direttore di Abitare,
approfondendo quel «Tocca a
voi». E ancora: «Siamo aperti a
qualsiasi sollecitazione, purché
ci sia dietro un senso e tanta
voglia di confrontarsi». Il primo
passo verso il giornale
multimediale. Dal sito,
abitare.it, con digital edition da
scaricare gratuitamente, ai
talk, per parlare delle città alle
città. «Creando connessioni e
guardando al mondo secondo
uno sguardo innovativo». Da
Cefalù a Reggio Emilia, per
esempio, la rotta del primo
viaggio di Abitare. Torre
d’avvistamento del nuovo che
verrà è la casa in verticale (in
copertina) dove, piano dopo
piano si conquista la terrazzaaffaccio sulla costa. La casa di
Francesco Librizzi ha i piedi
ben piantati su un pavimento
in ceramica, stile anni 30 del
Novecento, un secolo
inseguito, un po’ più a nord,
dall’architetto Italo Rota nel
Palazzo dei musei di Reggio
Emilia. Passiamo così, dalla
sezione «Projects» del giornale
alle «Stories». Avete mai
provato a immaginare ciò che
ancora non esiste? Le
«Visions» raccontano del
progetto che sarà, rendering
dopo rendering, dallo studio
Tamassociati, impegnato in
Africa a progettare ospedali di
frontiera per Emergency. Tutto
questo, senza le eccellenze del
«fare italiano» non avrebbe
senso. Per questo, Abitare ha
aggiunto una quarta sezione,
«Items», sui prodotti e processi
creativi alla base della cultura
progettuale e del mercato.
Come il mondo della ceramica,
a pagina 175, pronto a
ricordarci che siamo i figli di
Michelangelo e Leonardo.
Peppe Aquaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ulla sua lapide al cimitero di Père-Lachaise,
lo scrittore francese
Roger Peyrefitte volle
che venisse incisa una
sola parola: «Taorminese». Senza epitaffio,
l’inglese David Herbert
Lawrence sentenziò:
«Taormina non aspetta
solo me, ma aspetta tutti gli uomini».
Perché questa cascata di dimore color
avorio che sembrano precipitare dentro uno dei panorami più belli che esistano è stata la casa liberale e libertaria
di scrittori, poeti, pittori, intellettuali
provenienti da tutto il mondo.
«Casa» in senso letterale: qui hanno
abitato Lawrence e Truman Capote; Greta
Garbo arrivò sotto il nome di Harriet
Brown quando decise di eclissarsi dal successo e Pablo Picasso trovò non lontano
l’Etna nuovi, stimolanti dubbi. «Di qui
l’idea: un percorso che farà scoprire i luoghi dove questi e molti altri personaggi
hanno vissuto, per “sfogliare” la città tutto
l’anno» dice Antonella Ferrara, presidente
e «anima» di Taobuk, la rassegna letteraria
che da domani si arricchisce con Taormina
Cult: un circuito con la visita in 21 case e
alberghi cittadini, a bordo di Api-calessino
Piaggio, per vedere il posto dove Thomas
Mann e Richard Strauss hanno sonnecchiato al sole (il San Domenico, ex convento seicentesco oggi hotel di lusso); la casa
dove ha dormito Tennessee Williams e dove Greta Garbo ha fatto impazzire un elettricista, suonando il campanello della servitù con tanta energia da romperlo (casa
Cuseni). E così via.
Ferrara, taorminese per scelta («Qui c’è
una carica magnetica speciale, che ti cattura») fa strada nel centro storico, dove un
cameriere «danzava come una libellula»,
come racconta Truman Capote, intorno al
vecchio André Gide, in una coreografia seduttiva che qui era permessa. «L’omosessualità era quasi sempre accettata anche
perché si inseriva in un contesto di amore
per il naturale che Taormina si porta dentro» afferma Alfio Bonaccorso, curatore
scientifico di Tao Cult. Alcuni la consideravano una delle tante eccentricità dei turisti
del nord (il pittore Henry Faulkner passeggiava con un capretto al guinzaglio), altri
semplicemente non ci facevano caso.
Memorie
Il corteggiamento tra Cocteau
e un cameriere, l’amante di
lady Lawrence e le stanze dove
lavorarono Mann e Picasso
Oscar Wilde qui poteva struggersi per
l’amato/lontano Bosie nella sua stanza all’Hotel Victoria, in pieno centro, tra arredi
di fine Ottocento e il soffitto in legno. Pare
una cupola, un sigillo sacrale su un amore
che in Inghilterra Wilde pagava caro ma
che qui era normale. Come il ciclo delle
stagioni e l’umore dell’Etna.
Peyrefitte però non sopportava con naturalezza la notorietà di Thomas Mann, così, nel registro delle firme del San Domenico, volle mettersi accanto a lui, una irriverente provocazione che qui dentro, tra antiche panche decorate in «stile Magna
Grecia», tele del ‘600 e giardini aromatici,
acquista senso. «Sono case — dice Ferrara
— che sembrano formate sulla personalità
degli scrittori. Di qui la continuità con Tao-
Stasera si apre
la IV edizione
di «Taobuk»,
Taormina
International
Book Festival
(fino al 26/09).
Antonella
Ferrara (foto)
è presidente
e project
manager. Sul
palco con lei,
Franco Di Mare.
Tra gli ospiti,
Pietro Grasso e
Nicola Piovani.
Verrà dato un
premio speciale
al cileno Luis
Sepúlveda. Info:
www.taobuk.it
Wilde, Garbo o Capote
Nelle case dove passò
la dolce vita di Taormina
Al via Cult, un circuito di dimore «letterarie»
buk, che porta a Taormina decine di autori
e che (stasera, ndr) premia Sepúlveda con
un omaggio alla carriera». Ma non si pensi
che personaggi come Bertrand Russell o
Denis Mack Smith qui si isolassero in un
fervore creativo autarchico. No, si mescolavano alla gente del posto, ne assorbivano il
dialetto, spesso stringevano forti amicizie.
Un po’ troppo forte quella che, secondo una
leggenda, legò Frieda Lawrence, moglie di
David Herbert, a un mulattiere taorminese,
da perfetta Lady Chatterley. La casa dove
stavano è nel quartiere di Fontana Vecchia,
ospiti di don Ciccio Cacopardo. Fu da queste stanze che Lawrence scrisse all’amico
Earl Brewster: «Ma tu lo hai mai letto Giovanni Verga? Che stile interessante!».
Scriveva molto anche Truman Capote
ma alla sera, come tutti, «si annacava»
(procedeva con andatura ondeggiante) e
andava al bar Mocambo, dove oggi un murale à la Guttuso raffigura una fauna umana variegata: dall’artista al mafioso locale,
dalla contessa allo scrittore, qui tutti sono
sullo stesso piano, in virtù di un sentire
modernissimo, lungimirante. Filosofico.
«U cristianeddu» così la gente del posto
aveva soprannominato Capote, a causa
della sua bassa statura, mentre Greta Garbo poteva passeggiare in pace.
Anche se se ne stava quasi sempre sdraiata sul divano di Casa Cuseni, dove ogni
cosa è fatta a mano, opera di quel cenacolo
di artisti (ispirati al movimento Arts and
Craft) che era nato nel 1905 con la dimora
voluta da Robert Kitson, re delle locomotive. Cassettoni in legno, camere dove il Li-
Armonie Nella Villa Comunale, una torre voluta da Lady Florence Trevelyan
berty si fonde con il Cubismo, maioliche,
panche dipinte con motivi dell’artigianato
siciliano. Qui sir Frank Brangwyn, pittore
e incisore, realizzerà un ciclo di affreschi
ispirati alle fotografie di Wilhelm von Gloeden il quale, giunto a Taormina nel 1878,
cominciò a ritrarre i bellissimi ragazzi siculi senza veli.
Il Timeo, invece, oggi tra gli alberghi
più belli, divenne una locanda quando,
«nel 1850, Francesco La Floresta vendette
un agrumeto, ristrutturò un rudere e si
guadagnò l’appellativo di Cicciu u’ pazzu»
ricorda Ferrara. Ma chi mai ci verrà qui?
dicevano in paese. Be’, arriveranno, tra gli
altri, il kaiser Guglielmo II, Wagner e il nobile russo Feliks Jusupov, mandante dell’assassinio del monaco Rasputin.
«Lì invece abitava il pittore Corrado Cagli, già perseguitato dai fascisti» dice Bonaccorso indicando una casa semplice ma
elegante, abitata. Qui Cagli riceveva Ungaretti e Pasolini, come molti altri intellettuali catturati dalla magarìa (magia) dell’Etna. Chissà che effetto faceva il tramonto sulle ricamatrici del «punto Taormina»,
fregio così raffinato che Lawrence ne parlava entusiasta nelle lettere?
Forse Goethe nemmeno le vide poiché,
a dispetto delle descrizioni entusiaste di
Taormina che ci ha lasciato dopo il suo
viaggio del 1787, in realtà in città ci andò
un solo giorno, rimanendo «a mare»: non
era facile per uno malandato come lui salire fin qui a dorso d’asino. E, certo, i pizzi
interessavano a Lady Florence Trevelyan,
dama a corte della regina Vittoria che, improvvisamente «invitata a lasciare l’Inghilterra», giunse a Taormina e qui cominciò ad aiutare le ragazze del posto, regalando loro una cospicua dote e fece costruire delle bizzarre architetture all’attuale
Villa Comunale (nel percorso, tutte le info
sono su taobuk.it/taormina-cult) dove i
motivi orientali si fondono alle torri di
stampo moresco, nate per far riposare gli
uccelli.
Basterà un solo tour? Lasciamo rispondere al «taorminese» D. H. Lawrence: «Qui
ci si sente come se si fosse vissuto per un
migliaio di anni».
Roberta Scorranese
[email protected]
Linee L’esterno di Casa Cuseni, costruita nel 1905 per volere di Robert Kitson
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
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Controcopertina Famiglie
Il questionario di Proust per bambini
Nome
Il tuo difetto
Età
Il difetto dei tuoi genitori
Che cosa ti rende triste
Gioco preferito
Che cosa non ti piace fare
I nomi che ti piacciono di più
Dove abiti
L’ultima volta che hai pianto
Che cosa ti fa paura
Che cosa ti piace della tua città
Scaricare
il questionario e la
liberatoria (da far
firmare ai genitori)
dal blog 27esima
ora di Corriere.it
Spedirle con una
foto alla mail
proustperbambini
@corriere.it
Bevanda preferita
Piatto preferito
Che cosa vorresti fare da grande
Vacanze preferite
E cosa non ti piace
Il tuo eroe o eroina
Colore preferito
Il tuo migliore amico o amica
Libro o film preferito
Il peluche con cui dormi
Animale preferito
Educazione Lo studio di matematica e scienze? Una leva per scardinare la disparità. I nostri laboratori in Triennale
Tendenze
Bimbe che contano (poco)
La lezione di Lisa Simpson
La guaina
che regala
superpoteri
proprio a tutti
di Costanza Rizzacasa
d’Orsogna
Era la regola della mutanda. «Le
possibilità di arrivare al dunque
con un uomo aumentano
quanto più sono brutte le
mutande che s’indossano».
Ora, però, la regola è saltata: la
guainetta ultracontenitiva
Spanx, di cui Il Diario di Bridget
Jones ha fatto la fortuna, lancia
una linea sexy.
Allora inconfessabile, oggi la
Spanx è brandita con orgoglio
da Gwyneth a Beyoncé. Del solo
modello da ciclista ne hanno
venduto 6 milioni. E quando
Oprah annunciò di aver abolito
le mutande per la Spanx, ne
vennero acquistate, in un
giorno, 20mila. Dal 2010 la
indossano anche i maschi
(Manx), e la sua inventrice, Sara
Blakely, è tra le 100 persone più
influenti della rivista Time. E
sarà la nostra vita che si svuota
e il girovita che s’allarga, fatto
sta che non c’è donna oggi che
non ceda all’abbraccio
incondizionato - come certi
ragazzi appiccicaticci delle
medie - del mutandone 20%
spandex (ora anche a prova di
selfie). Quel lieve senso di
asfissia che scatena
contentezza: se soffri, vuol dire
che funziona. C’è chi ne mette
addirittura tre - e chissà come
va in bagno. Perché se entri
nella 42 sei una 42 - anche se
devi contorcerti, strizzarti e
avvolgerti nel Cuki. Così, alla
sede di Atlanta fanno i
Testimonial Tuesdays, leggendo
lettere di donne la cui vita è
cambiata con la Spanx. «E’
come il costume di Wonder
Woman», gli ha scritto una
signora: «Un’armatura per
affrontare il mondo». E forse la
chiave del successo è tutta lì.
Perché, come dice Debora Spar,
la donna moderna è costretta a
superdonna. E chissà come la
storia giudicherà la Spanx.
Strumento di liberazione, come
in certi poster di pancere anni
50? Emblema della ricerca di
perfezione femminile di questi
anni? Forse non la
giudicheranno affatto: troppo
impegnati a indossarne
versioni ancor più strette. Però
sexy.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di MARTA SERAFINI
N
ell’episodio «Le ragazze
vogliono solo sommare», Lisa Simpson chiede al preside Skinner:
«Non è sbagliato non
poter ricevere un’istruzione matematica perché sono donna?». Tornata a casa la piccola Lisa rivolge la stessa domanda alla madre Marge che ricorda i bei tempi
in cui da ragazza si applicava allo studio degli integrali. «Poi è arrivato Homer e non sono stata
più in grado di fare calcoli. Ma questo a te non
succederà», racconta la mamma alla figlia. Lisa,
in realtà, non ha bisogno di molti consigli. E’
sempre stata una ragazzina sveglia. Femminista,
liberale, ambientalista, illuminata. Da quando è
nata a Springfield, 25 anni fa, ne ha fatta di strada.
Così tanto che oggi Newsweek la celebra come la
paladina dell’istruzione e della scienza al femminile. «Lisa è un grande modello soprattutto perché alla prima occhiata non lo sembra», ha spiegato Suw Charman-Anderson, creatrice dell’Ada
Lovelace Day che ha l’obiettivo di promuovere le
materie Stem (Scienza, tecnologia, ingegneria e
matematica) tra le donne.
Lisa insomma è una di noi, perché è solo una
delle tante ragazzine di oggi che, pur avendo interesse per le scienze, si sentono rispondere «piccola, lascia stare quella è roba da maschi». Le ragazzine però sono toste e non ci stanno. Perché sanno bene che mentre il tasso di donne che si iscrivono a corsi di studio scientifici cresce a ritmo
esorbitante (negli Usa è al 57,1 per cento) il loro
ingresso nel mercato del lavoro rimane del tutto
incoerente con la loro formazione. E non a caso i
diversity report dei colossi del tech, aziende, che
allo stato attuale forniscono stipendi e tassi di
crescita migliori, parlano ancora di un rapporto
uomini-donne di 1 a 7. Numeri che scendono ancora di più se si parla di ruoli tecnici. Così, mentre
i Simpson festeggiano il loro 25esimo anniversario con tanto di parate e maratone televisive (e
con un libro, La Formula segreta dei Simpson, che
svela come tra gli sceneggiatori ci siano lauree e
dottorati in matematica, fisica, scienze), negli Usa
si discute se a fianco di Maryam Mirzakhani (iraniana e prima donna a vincere il “Nobel” per la
matematica) e Ada Lovelace (la prima programmatrice della storia) non sia necessario trovare altre icone che possano convincere le ragazze a vedere nella matematica una delle leve per scardinare la disparità di genere e per ottenere il tanto
agognato riconoscimento. Il rischio però è di diventare delle nerd con gli occhiali dalle lenti spesse, come se dedicarsi alle scienze voglia dire per
forza rinnegare la propria femminilità e creatività. Per studiare matematica Lisa è costretta a travestirsi da uomo, deve fare a botte per entrare a
far parte del gruppo rinnegando quello che in cui
crede. Un po’ come la matematica francese MarieSophie Germain che a cavallo tra Settecento e Ottocento si trovò a dover lavorare sotto lo pseudonimo maschile di Antoine-August Le Blanc per
non essere esclusa dagli ambienti accademici.
Come iscriversi
Alla Triennale di Milano i
laboratori «Kodu. Piccole
programmatrici crescono»
(ven 26, sab 27 e dom 28:
8/12 anni) e «Un’ora con la
Mati» (sab 27 e dom 28: 8/10
e 11/14 anni). Prenotazione obbligatoria a:
[email protected]
Il blog La27ora
Nastri, piume, farfalle e lustrini.
Le hanno chiamate con i nomi
che sognavano per se: Edera,
Allegra, Iris e l’intera famiglia
reale britannica. Oggi, alle 16,
arriveranno al Wall of Dolls di
via De Amici, il «muro contro la
27esimaora.corriere.it
violenza» ideato da Jo Squillo.
Al Wall oggi diverse persone,
tra cui Maria Grazia Cucinotta,
porteranno il loro messaggio.
Le bambole costruite durante il
laboratorio di Patrizia Fratus
all’Icam (Istituto a custodia at-
tenuata per detenute madri con
prole fino a tre/sei anni) è un
«gesto artistico» che porta fuori il lato giocoso delle ragazze
detenute. E porta oltre le sbarre
la loro voce insieme a quella
delle altre donne di Milano.
Per aggirare il problema però basta andare all’origine. Secondo Chiara Burberi, un passato da
manager e oggi a capo di Redooc, piattaforma che
promuove lo studio delle materie Stem nelle
scuole, «se da piccola ti senti ripetere tutti i giorni
che la matematica è una cosa da maschio, è difficile che te ne interessi». Un spunto di riflessione
da cui partire perché, come raccontano molte ragazze, i genitori e l’educazione hanno un ruolo
fondamentale nel percorso di studi che si andrà
scegliere. Per gli esperti, infatti, gli stereotipi di
genere si formano a quattro anni. Le bambine imparano che materie come l’ingegneria e la tecnologia sono prettamente maschili, mentre le femmine sono più portate, per esempio, all’insegnamento nelle scuole. Il tutto tagliandosi fuori da
un mercato del lavoro redditizio come quello dell’informatica e della programmazione. Mentre
basterebbe essere consapevoli che di fronte al sapere non ci sono differenze di genere. Per questo
motivo all’interno del Tempo delle Donne, gli
eventi e gli incontri organizzati da Corriere della
Sera, Io Donna, 27esimaora e ValoreD in Triennale, dal 26 al 28 settembre sono stati messi in cartellone due laboratori permanenti dedicati alle
materie Stem, rivolti alle bambini e ai bambini. Il
primo è «Kodu, piccole programmatrici crescono» per inventare un videogioco e imparare a conoscere il codice, con corsi a cura di Microsoft e
Nuvola Rosa (per il programma vedi iltempodelledonne.corriere.it e per le iscrizioni mail a [email protected]). Mentre il secondo si chiama «Un’ora con la Mati» e ha l’obiettivo
di far scoprire i numeri con i vestiti, le frazioni
con le feste, le equazioni con il sabato sera, le disequazioni con il budget delle vacanze, i polinomi
con i programmi di viaggio e i triangoli con le vele
di Capitan Uncino (per il programma vedi iltempodelledonne.corriere.it e per iscrizioni mail [email protected]). Due appuntamenti che sicuramente la piccola Lisa Simpson
non mancherebbe.
martaserafini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tempiliberi
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
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Economia
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La lente
L’ULTIMA TRANCHE
DEL BTP ITALIA
E LA CORSIA VELOCE
PER I RISPARMIATORI
T
orna il Btp Italia,
stavolta con una
finestra di collocamento
più ampia per i piccoli
risparmiatori. Il ministero
dell’Economia e delle
Finanze ha comunicato
che da lunedì 20 a giovedì
23 ottobre 2014 si terrà la
prossima emissione del
titolo di Stato indicizzato
al tasso di inflazione
nazionale pensato per il
risparmiatore
individuale. Non sono
previste modifiche alle
caratteristiche finanziare
del titolo rispetto a quello
emesso ad aprile 2014:
durata pari a 6 anni,
cedole semestrali
indicizzate al Foi (indice
dei prezzi al consumo
per le famiglie di operai e
impiegati, al netto
dei tabacchi) a cui
si aggiunge il pagamento
del recupero
dell’inflazione maturata
nel semestre, (con la
previsione di un livello
minimo in caso di
deflazione), rimborso
unico a scadenza e premio
fedeltà per chi acquista
all’emissione durante la
fase del collocamento
dedicata ai risparmiatori
individuali e conserva il
titolo
fino a scadenza.
Si tratta della seconda
e ultima delle due
emissioni previste per
quest’anno, la settima
da quando i Btp Italia
furono lanciati per
la prima volta nel marzo
2012. Nelle sei passate
emissioni, i Btp Italia
sono stati sottoscritti
per un ammontare
complessivo pari a quasi
87 miliardi. La prossima
emissione sarà un test
importante, vista
la limitazione agli
istituzionali, ma
soprattutto dato il calo dei
tassi dall’ultima
emissione. Il tasso reale
annuo minimo garantito
sarà comunicato il 17
ottobre. E’ possibile che
la cedola minima offerta
scenda sotto il 2 per cento.
Per differenziare
le due tipologie di
investitori, il titolo sarà
collocato sul mercato in
due fasi: la prima fase,
da lunedì 20 a mercoledì
22 ottobre, è riservata ai
risparmiatori individuali,
mentre gli investitori
istituzionali potranno
comprarlo soltanto nella
mattinata del 23 ottobre.
Fausta Chiesa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il G20 in Australia «Le scelte degli altri gruppi europei? A dicembre avranno un comportamento diverso». L’euro scivola a 1,28
«Banche, più prestiti a famiglie e imprese»
Visco (Bankitalia): gli istituti italiani hanno dato un segnale positivo
DALLA NOSTRA INVIATA
CAIRNS — «Le banche italiane hanno dato un segnale positivo. Sono, fra le europee, quelle che hanno chiesto alla Bce
più liquidità, rispettando le attese. Vediamo ora se i finanziamenti a famiglie e imprese aumenteranno». Il governatore
della Banca d’Italia, Ignazio Visco, è in Australia per partecipare al G20 finanziario di preparazione del vertice tra i capi
di Stato e di governo di novembre e i risultati della prima Tltro, cioè della prima tranche di
prestiti a medio e lungo termine della Banca centrale europea
finalizzata alla concessione di
finanziamenti all’economia, fa-
miglie e imprese, sono arrivati
mentre era in viaggio. Risultati
nel complesso deludenti per
chi si aspettava il pieno di richieste: solo 82,6 miliardi rispetto ad una capienza che per
le prime due operazioni (dopo
quella di settembre ne seguirà
una seconda in dicembre) è di
400 miliardi.
Le banche italiane no, ripete
Visco, hanno chiesto più del
50% del loro massimale e tra
settembre e dicembre sfrutteranno tutto il loro plafond di 37
miliardi. Si sono comportate –
e seppure in misura minore lo
hanno fatto anche le spagnolecome era nelle attese, diversamente dalla altre. Perché? «Per
dare un segnale di voler fare la
loro parte nel sostenere l’economia o perché hanno voluto
definire sin da ora la loro strategia di raccolta». Ciò non vuol
dire tout court, però, che questa liquidità aggiuntiva si tradurrà in nuovi prestiti. In dicembre scadranno quelli della
prima immissione di liquidità
da parte dell’Istituto di Francoforte a cavallo del 2011-2012 e
non è escluso che con i nuovi
fondi le banche rinnoveranno i
fidi esistenti senza aggiungerne altri. Lasciando, insomma,
tutto come sta per quel che riguarda il tessuto delle medie e
piccole imprese anche se è pur
vero che, se nel rinnovo diminuissero i tassi applicati, ci sarebbe comunque una spinta ai
progetti di investimento per le
aziende finanziate. «Resto convinto che il beneficio per l’Italia
di questo programma di prestiti della Bce, che sui protrarrà
per 2 anni, suddiviso in 8 operazioni, potrà essere nell’intero
periodo un aumento di mezzo
punto di Pil».
La maggioranza degli istituti
di credito europei comunque si
è comportato diversamente dagli italiani, ha preferito continuare a finanziarsi a brevissimo termine, ai tassi di riferimento vicino alla zero della
stessa Bce piuttosto che accollarsi prestiti quadriennali da
dirottare alla clientela a tassi
vantaggiosi ma più alti. Gli
operatori parlano di difficoltà
tecniche, ritengono che anche
l’attesa per gli esiti degli stress
test e della verifica degli attivi
di bilancio da parte dell’Istituto
di Francoforte abbiano contribuito al mancato successo della
prima Tltro.
«Sicuramente in dicembre ci
sarà un comportamento diverso» commenta ancora Visco
che non mette certo in discussione le scelte e le iniziative
prese dalla Bce a partire da giugno, che hanno anche indotto
l’indebolimento del cambio, rispondendo alle attese delle imprese che esportano. Proprie
ieri l’euro, anche sull’onda della vittoria dei “no” al referendum sull’indipendenza della
Scozia, è sceso a 1,2851 dollari
mentre prima dell’estate viaggiava ben oltre 1,32 dollari ed
in maggio aveva toccato valori
prossimi a 1,4 (1,3953).
In ogni caso aumentare la liquidità potrebbe non servire
«se non c’è la domanda di prestiti, se non ci sono investimenti, se non c’è crescita» ripete il governatore. E di investimenti, dopo l’Ecofin di Milano,
si parlerà anche al G20 di Cairns in cui si discuteranno i progressi nel percorso di rafforzamento della crescita globale, il
pacchetto di nuove regole per
le banche «troppo grandi per
fallire» e le proposte dell’Ocse
contro l’evasione fiscale.
Stefania Tamburello
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Imprese all’estero Lo scarso «impegno» sui flussi verso la Cina. La lista dei Paesi che offrono condizioni migliori del passato
Da Kiev a Teheran, l’instabilità costa
Per l’Italia 36 miliardi di export in meno
La mappa Sace. Castellano: così il nostro commercio può cambiare verso
Il rischio Paese
RUSSIA
ISLANDA
CANADA
L’INDICE
KAZAKISTAN
Basso
rischio
Medio
rischio
Alto
rischio
0-10
11-20
21-30
31-40
41-50
51-60
61-70
71-80
81-90
91-100
STATI UNITI
MONGOLIA
ITALIA
CINA
IRAN
ALGERIA LIBIA
ARABIA
SAUDITA
MESSICO
GIAPPONE
INDIA
SUDAN
CONGO
BRASILE
La mappa del 2014
di Sace si riferisce al rischio
di credito per operazioni
transfrontaliere con banche,
istituzioni, aziende, fondi
ANGOLA
Non è che la Russia, colpita dalle sanzioni
economiche dell’Occidente, la si possa sostituire come se fosse la Scozia, in quanto
mercato di sbocco, terra di investimenti, bacino di compratori di beni di lusso e di turisti. In una certa misura, però, si dovrà trovare qualche alternativa. A maggior ragione,
ciò vale per altri Paesi a rischio crescente:
l’era del caos nel quale pezzi di mondo sembrano essere entrati sta iniziando a dare colpi significativi alla posizione internazionale
dell’economia italiana; riorientare i flussi
commerciali e d’investimento diventa dunque un obbligo. In uno studio inedito, la Sace calcola che l’instabilità politica ed economica in un certo numero di Paesi sia costata
all’Italia, nel triennio 2011-2013, 36,6 miliardi in termini di mancate esportazioni.
Dal momento che il futuro non si preannuncia più tranquillo, stare a guardare un panorama in deterioramento non è saggio.
«L’Italia non è un Paese con una partico-
INDONESIA
Lo studio
Lo studio Sace ha mappato i
Paesi in base alla pericolosità: si
va dal rischio zero della Norvegia
al rischio assoluto per la Somalia
AUSTRALIA
SUDAFRICA
ARGENTINA
Fonte: Sace
crescita degli espropri, a maggiori vincoli
sul trasferimento dei capitali, alla violazione
di contratti.
«L’obiettivo dello studio sui rischi globali
– dice Castellano – non è quello di influenzare le politiche. Piuttosto è l’offerta di uno
strumento utile per valutare le tendenze, per
leggere la realtà, utilizzabile dalle imprese
come dalla politica. Il sistema economico
italiano deve muoversi meno sulla base della pancia e più sull’analisi del mondo».
Nella classifica elaborata dalla Sace – nella quale assegna zero punti all’assenza di rischio (Norvegia, per dire) e cento al rischio
assoluto (Somalia) – i Paesi che hanno maggiormente peggiorato la loro posizione politica tra il 2010 e il 2014 sono la Libia, da 41 a
80, la Grecia, da 40 a 76,la Siria, da 60 a 94,
Cipro, da 35 a 64, l’Iran, da 76 a cento. Le opportunità per bilanciare queste perdite vengono invece da Paesi a rischio medio ma stabili o in miglioramento. Gli analisti individuano il cuore di questo recupero potenziale in cinque Paesi: Polonia e Cina che da sole
potrebbero costituire la metà dei 38,5 mi-
D’ARCO
❜❜
Geografia
Ignoriamo
la geografia
economica
lare forza geopolitica – dice Alessandro Castellano, amministratore delegato della Sace, la società di credito e di assicurazione all’export che accompagna l’internazionalizzazione delle imprese italiane –. Il nostro
interesse, nelle relazioni internazionali, è
molto determinato dall’import-export. Purtroppo, c’è una certa ignoranza della geografia economica del mondo: il nostro studio vuole aiutare a colmarla, fornire un
orientamento per cogliere le tendenze».
L’analisi della Sace da un lato traccia una
mappa dei rischi globali con i quali devono
confrontarsi le imprese; in parallelo, indica
che, ri-orientando l’export verso Paesi stabili e che offrono opportunità, l’Italia potrebbe aggiungere al proprio export 38,5
miliardi tra il 2014 e il 2016, neutralizzando
ciò che ha perso nei tre anni passati a causa
delle guerre e del deterioramento dell’economia internazionale.
Gli analisti della Sace hanno individuato
un gruppo di Paesi che presentano per chi vi
esporta o ci fa business un rischio alto, stabile o in peggioramento. Si tratta di Egitto,
Grecia, Libia, Russia, Siria, Tunisia, Argentina, Bielorussia, Iran, Iraq, Pakistan, Ucraina,
Uganda, Uzbekistan, Venezuela. È da questo
blocco, che pesa per il 9% sull’export italiano, che sono derivate le perdite di 36,6 miliardi: 17,2 miliardi per effetto di crisi geopolitiche (15,9, in particolare, come conseguenza delle primavere arabe), 11,5 a causa
della crisi economica (9,8 solo da Grecia e
Ungheria) e 7,9 dalla Russia. Quando si parla di rischio dal punto di vista di un’impresa
si intende rischio di credito, cioè – nella lettura della Sace – «l’eventualità che la controparte estera non sia in grado o non sia disposta a onorare le obbligazioni derivanti da
un contratto commerciale o finanziario».
Rischi che derivano da mutate condizioni
economiche o da un aumento dell’instabilità politica che può portare a violenze o a una
liardi di incremento dell’export; India e Turchia che potrebbero aggiungere un altro
23%; e l’Algeria, «uno dei pochi Paesi oltre il
Mediterraneo con un livello di stabilità accettabile» che potrebbe contribuire a un aumento delle esportazioni italiane di 5,5 miliardi tra il 2014 e il 2016. Anche Paesi come
Messico, Malaysia, Perù, Sudafrica, Indonesia, Marocco sono considerati mercati con
buone potenzialità. Gran parte del «riorientamento» dell’export, l’80%, secondo
Castellano, potrebbe avvenire in mercati che
le imprese italiane già conoscono ma non
penetrano a sufficienza. «La Germania – dice a titolo di esempio - esporta per quasi
1.200 miliardi, l’Italia per 400; un rapporto
di tre a uno che però diventa di sette a uno
nel caso della Cina», economia fondamentale (forse più della Russia) nella quale l’Italia
non si impegna a sufficienza.
Danilo Taino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Economia 53
italia: 51575551575557
Vivendi nuovo socio
Oracle
Telefonica chiude l’acquisto di Gvt ed esce da Telecom Italia
Passo indietro
di Ellison,
il pioniere
di Silicon Valley
Si erano dati tre mesi di tempo ma a
Vincent Bolloré e Cesar Alierta sono
bastati venti giorni per siglare il
closing su Gvt. La società telefonica
brasiliana passa dunque a Telefonica
che insieme ai 4,77 miliardi di euro
pattuiti girerà a Vivendi anche il 5,7%
del capitale sociale di Telecom Italia
(8,3% dei diritti di voto). Il gruppo
francese ha scelto l’opzione prevista
per scambiare una quota della
Vincent Bolloré presidente di Vivendi
controllata brasiliana di Telefonica in
azioni del gruppo italiano. A questo
punto mancano solo i via libera delle
autorità di Brasilia per chiudere il
cerchio e decretare l’uscita di
Telefonica da Telecom e l’ingresso del
nuovo socio francese. Socio le cui
intenzioni sono ancora tutta da
decifrare. «Sono sempre felice di
investire in quel grande Paese che è
l’Italia — ha commentato Bolloré — e
molto felice di accompagnare nel
lungo termine la squadra di
Telecom». In Borsa si punta su un
incremento della quota anche se la
trattativa in corso tra Vivendi e
Mediaset per un ingresso in Premium
potrebbe essere prioritaria nei piani
del gruppo francese. L’interesse per la
pay-tv del Biscione, insieme al
prossimo ingresso in Telecom, ha
alimentato le voci su un possibile
interesse di Bolloré a mettere insieme
le due società. Ed è stato attribuito a
Tarak ben Ammar un ruolo di
«facilitatore», sebbene il finanziere
tunisino non risulta aver incarichi sul
dossier. Non sfugge, tuttavia, che una
convergenza tra telefonia e media, tra
rete e contenuti, a questo punto non
si può più considerare azzardata.
Federico De Rosa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Commercio online Esordio da record, il titolo ha subito guadagnato il 46 per cento. La maxiplusvalenza di Yahoo!
Alibaba, a Wall Street
vale 240 miliardi
Superata Facebook
miliardo e adesso dall’Ipo di Alibaba dovrebbe aver incassato tra gli
8,3 e i 9,5 miliardi vendendo 121,7
milioni di azioni. Yahoo! ne manterrà comunque in portafoglio 401
milioni. Alla vendita del pacchetto
di Alibaba la Borsa ha reagito a sua
volta scaricando titoli Yahoo!, tanto che la società guidata da Marissa Mayer ha perso subito circa il 5%
del valore per poi contenere le perdite e recuperare un paio di punti
percentuali. Un fatto che dimostra
chiaramente che il valore nascosto
di Yahoo! è nella sua quota del
gruppo di Jack Ma.
Il cinese Jack Ma: io come Forrest Gump
Sul mercato
Facebook Il social
network fondato da
Mark Zuckerberg
(foto) ha chiuso
il primo giorno di
quotazione a 104
miliardi di dollari.
Oggi ne vale 200,
meno di Alibaba
Alibaba batte ogni record. Ieri,
al debutto al New York Stock
Exchange, il titolo del colosso cinese del commercio online non è
riuscito subito a fare il prezzo, talmente forte è stato il rialzo con 100
milioni di azioni scambiate nei
primi dieci minuti. È stato un rialzo mozzafiato: un picco del 46%
sopra il prezzo di collocamento, un
livello che ha messo al tappeto gli
Ipo (Initial public offering) di tutta
la storia americana. E a fissare una
tappa così importante nella storia
del listino Usa è una società made
in China. Gli investitori di Wall
Street hanno valorizzato la matricola circa 245 miliardi di dollari,
battendo un colosso come Facebook. Gioisce Jack Ma, il fondatore
del sito di ecommerce, uno dei più
grandi mercati mondiali del web,
in grado di vendere libri, giocattoli, abbigliamento, auto, con 300
milioni di clienti, canalizzando così l’80% del traffico di acquisti via
web in Cina. E la sua figura entra
così nella leggenda finanziaria degli Usa. Nella galleria di personaggi che include Steve Jobs di Apple,
Jeff Bezos di Amazon e Mark Zuckerberg di Facebook. Ma la sua rischia di essere una storia ancora
più speciale, nelle vesti di ex maestro di inglese che in un monolocale in Cina ha avuto l’idea geniale,
anche grazie a un viaggio negli
Stati Uniti dove scoprì Internet. Ma
anche in virtù di un prestito di 60
mila dollari ottenuto dai suoi amici che lo aiutarono a compiere
l’impresa. Sul trading floor, la sala
della Borsa dove si osservano i titoli scambiati, Ma ieri ha raccontato la sua filosofia di vita: «Mi ispiro
a Forrest Gump, il personaggio interpretato da Tom Hanks, ogni volta che mi sento frustrato lo guardo
Gli obiettivi esteri
Il sito cinese
di ecommerce adesso
prepara l’espansione:
negli Usa e in Europa
A Wall Street Jack Ma, fondatore di Alibaba, apre le quotazioni del sito
300
milioni I clienti di Alibaba,
che in Cina canalizza l’80%
del traffico di acquisti libri,
giocattoli, abbigliamento e
auto via web
— ha raccontato l’imprenditore cinese —. La lezione che ho tratto
dal film è che qualunque cosa
cambisi resta sempre noi stessi».
Jack Ma sorride, anche perché
in Borsa la sua Alibaba ha raccolto
circa 21 miliardi di dollari. E brinda anche Yahoo! perché il sito
online cinese si è rivelato un grande affare. Nel 2005 il gruppo statunitense del web aveva investito un
A metà giornata borsistica il rally è rallentato ma il valore del titolo Alibaba è comunque rimasto
sopra il 30% rispetto al prezzo di
collocamento. Adesso il nuovo fenomeno di Wall Street potrà cominciare l’espansione negli Usa e
in Europa, un progetto che ha in
mente da tempo. E intanto per la
fine dell’esercizio in corso prevede
di chiudere con 420 miliardi di ricavi. Tre volte tanto quelli di eBay e
Amazon.
Daniela Polizzi
Larry Ellison, 70 anni
compiuti in agosto, lascia il
posto di amministratore
delegato di Oracle, dopo 37
anni alla guida della società di
software da lui cofondata nel
1977 e che controlla per il
25%. Per sostituirlo la società
ha nominato due co-ceo,
Mark Hurd e Safra Catz, i suoi
attuali luogotenenti. Il passo
indietro di Ellison — che
resterà come presidente
esecutivo e chief technology
officer, impegnat su strategia
e sviluppo tecnologico e
ingegneristico — segna una
svolta non solo per Oracle,
che è costretta a reinventarsi
un’altra volta per competere
nel tempo della nuvola, il
cosiddetto «cloud
computing». È anche la fine di
un’epoca per la Silicon Valley:
Ellison è uno degli ultimi
pionieri fondatori di colossi
hi-tech a passare la mano,
dopo Bill Gates, che nel 2008
ha lasciato la gestione di
Microsoft per dedicarsi alla
filantropia, pur restando nel
board, e Steve Jobs, che aveva
ceduto le redini di Apple a
Tim Cook dopo la sua
malattia. Di quel tempo
restano le storiche battaglie,
anche verbali, di Ellison, il
«figlio di nessuno» che si è
fatto da solo, contro Bill Gates
il «monopolista»: per anni il
primo ha accusato il rivale di
abuso di posizione
dominante, anche con
denunce all’Antitrust. Ellison,
un patrimonio stimato di 51,3
miliardi di dollari, è un
appassionato velista e nel
2013 ha coronato il sogno di
vincere la Coppa America.
Giuliana Ferraino
16febbraio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Coordinatori Mediobanca e Banca Imi
Yahoo! Il colosso
Usa guidato da
Marissa Mayer
(foto) venderà una
quota di Alibaba
incassando tra 8,3
e 9,5 miliardi di
dollari. Resterà con
il 16% circa
«Cattolica,
un aumento
fino a 500 milioni
per crescita
e investimenti»
Cattolica Assicurazioni si appresta a
lanciare un aumento di capitale fino a
500 milioni per sostenere crescita e
investimenti. «È l’ultimo tassello di un
lungo percorso di rilancio fatto senza
rumore» ha spiegato ieri al parterre di
analisti l’amministratore delegato
Giovan Battista Mazzucchelli. Un
cammino che ha visto negli ultimi anni il
rinnovo del 95% dei dirigenti e
l’impostazione di un nuovo piano di
business del gruppo assicurativo
presieduto da Paolo Bedoni. L’operazione
che vedrà Banca Imi e Mediobanca in
veste di coordinatori globali di un’offerta
che sarà garantita da entrambi gli
istituti, dovrebbe concludersi entro
novembre con la consegna del prospetto
a Consob prevista la prossima settimana
e la richiesta di autorizzazione all’Ivass.
Secondo il piano d’impresa al 2017
approvato dal board, 100 milioni
saranno destinati a investimenti in
innovazione di prodotto e tecnologia,
200-250 alla crescita interna con
l’ingaggio di operatori delle
assicurazioni e apertura di agenzie. Il
resto servirà per afferrare opportunità
sul mercato dopo il recente acquisto di
Fata da Generali.
«Sono ottimista sull’adesione dei soci
all’aumento» ha detto Mazzucchelli,
Al vertice
L’amministratore delegato di
Cattolica Assicurazioni,
Giovan Battista Mazzucchelli
punto di riferimento di una compagine
ad azionariato diffuso affiancato dal
12,3% della Popolare di Vicenza.
Obiettivo del piano, definito aggressivo
dagli analisti, è rafforzare il
posizionamento di mercato con un
raddoppio della raccolta premi nel ramo
danni a 2,4 miliardi (5,8 miliardi i ricavi
totali)e un utile netto consolidato al 2017
in crescita a 209 milioni dai 109 milioni
dello scorso esercizio.
Sotto il profilo patrimoniale il target di
Solvency I ratio è sopra 160% da 162% del
2013. A fine piano il margine di
solvibilità si collocherà tra 190-200 se
non ci saranno acquisizioni, nel caso
contrario rimarrà stabile al 160% (senza
aumento è nell’area 150%), «un tetto di
tutta sicurezza anche in vista di Solvency
II» ha spiegato Mazzucchelli.
D.Pol.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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18/09
4,013
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6,330
AcomeA Patrimonio Prudente (A1) 18/09 EUR
6,484
AcomeA Patrimonio Prudente (A2) 18/09 EUR
18/09 EUR
22,216
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18/09 EUR
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AZ F. Bond Target Giugno 2016 ACC
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AZ F. Bond TargetSettem.2016 ACC
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AZ F. CGM Opport European
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AZ F. Commodity Trading
AZ F. Conservative
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AZ F. Emer. Mkt Asia
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AZ F. European Trend
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AZ F. Formula 1 Conserv.
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AZ F. Int. Bd Targ. Giugno 2016 DIS
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AZ F. Lira Plus DIS
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AZ F. Opportunities
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AZ F. QProtection
AZ F. Qtrend
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AZ F. Reserve Short Term
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Flex Equity 100
Global Equity
Maximum
Progress
Quality
17/09
17/09
17/09
17/09
17/09
ABSOLUTE RETURN EUROPA
BOND-A
BOND-B
EQUITY- I
PRINCIPAL FINANCE 1
12/09
31/07
31/07
31/07
30/06
EUR
JPY
USD
EUR
EUR
EUR
11,004
5,814
5,422
6,691
7,324
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
Kairos Multi-Str. A
Kairos Multi-Str. B
Kairos Multi-Str. I
Kairos Multi-Str. P
Kairos Income
Kairos Selection
Data Valuta
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
4959,794
4973,964
EUR
EUR 770258,141 771435,023
EUR 770258,141 771435,023
EUR 592432,355 621201,142
EUR 62759,815 60323,743
Tel: 848 58 58 20
Sito web: www.ingdirect.it
18/09 EUR
Dividendo Arancio
18/09 EUR
Convertibile Arancio
18/09 EUR
Cedola Arancio
17/09 EUR
Borsa Protetta Agosto
17/09 EUR
Borsa Protetta Febbraio
17/09 EUR
Borsa Protetta Maggio
17/09 EUR
Borsa Protetta Novembre
18/09 EUR
Inflazione Più Arancio
18/09 EUR
Mattone Arancio
18/09 EUR
Profilo Dinamico Arancio
18/09 EUR
Profilo Equilibrato Arancio
18/09 EUR
Profilo Moderato Arancio
18/09 EUR
Top Italia Arancio
53,400
62,510
59,530
62,740
61,260
63,910
61,540
57,670
46,230
67,310
64,640
60,140
49,650
52,990
62,270
59,590
62,770
61,260
63,890
61,600
57,810
45,990
66,970
64,420
60,050
49,610
EUR
EUR
EUR
USD
USD
USD
USD
USD
EUR
EUR
EUR
USD
EUR
JPY
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
USD
USD
USD
USD
Quota/od.
Quota/pre.
12,820
11,046
5,808
5,731
61,290
15,260
11,508
43,690
10,519
13,076
11,867
48,630
35,800
3231,000
18,250
16,470
12,020
19,180
13,800
14,900
14,170
10,805
10,181
14,360
11,755
10,477
33,350
31,880
12,822
11,037
5,796
5,733
61,130
15,220
11,503
43,670
10,532
13,059
11,851
48,620
35,020
3206,000
18,080
16,320
11,910
19,130
13,770
14,780
14,050
10,814
10,126
14,390
11,740
10,463
33,350
31,890
Tel: 02 77718.1
www.kairospartners.com
31/07 EUR 873974,630
31/07 EUR 570591,037
31/07 EUR 589705,032
31/07 EUR 536171,250
18/09 EUR
6,815
18/09 EUR
10,462
KAIROS INTERNATIONAL SICAV
KIS - America A-USD
KIS - America P
KIS - America X
KIS - Bond A-USD
KIS - Bond D
KIS - Bond P
KIS - Bond Plus A Dist
KIS - Bond Plus D
KIS - Bond Plus P
KIS - Dynamic A-USD
KIS - Dynamic D
KIS - Dynamic P
KIS - Emerging Mkts A
KIS - Emerging Mkts D
KIS - Europa D
KIS - Europa P
KIS - Europa X
KIS - Global Bond P
KIS - Income D
KIS - Income P
KIS - Italia P
KIS - Italia X
KIS - Key
KIS - Key X
KIS - Multi-Str. UCITS A USD
KIS - Multi-Str. UCITS D
KIS - Multi-Str. UCITS P
KIS - Multi-Str. UCITS X
KIS - Selection D
KIS - Selection P
KIS - Selection X
KIS - Sm. Cap D
KIS - Sm. Cap P
KIS - Target 2014 X
17/09
17/09
17/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
17/09
17/09
18/09
18/09
18/09
17/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
17/09
17/09
17/09
17/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
USD
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
285,680
200,850
202,370
174,100
124,450
128,890
127,460
132,310
134,660
174,910
121,660
124,030
131,380
129,370
127,250
129,890
130,550
103,900
103,630
107,240
134,680
133,690
137,240
140,260
154,810
113,670
116,710
117,670
123,810
126,080
125,880
98,720
103,700
100,270
Num tel: 178 311 01 00
www.compamfund.com - [email protected]
17/09 USD
1524,267
1523,478
Active Dollar Bond A
17/09 EUR
1670,457
1669,815
Active Emerging Credit A
17/09 EUR
1605,761
1605,161
Active Emerging Credit B
17/09 EUR
1459,104
1458,704
Active European Credit A
17/09 EUR
1395,482
1395,117
Active European Credit B
17/09 EUR
1418,087
1416,751
Active European Equity A
Asia Balanced A
Asia Balanced A-Dis
Asia Consumer Demand A
Asia Consumer Demand A-Dis
Asia Infrastructure A
Asian Bond A-Dis M
Balanced-Risk Allocation A
Em. Loc. Cur. Debt A
Em. Loc. Cur. Debt A-Dis.M
Em. Mkt Corp Bd A
Euro Corp. Bond A
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
USD
USD
USD
USD
USD
USD
EUR
USD
USD
USD
EUR
25,540
16,410
14,640
14,250
14,740
10,325
15,090
14,795
9,269
12,663
16,982
25,580
16,440
14,700
14,300
14,750
10,336
15,120
14,834
9,293
12,680
16,985
ASIAN OPP CAP RET EUR
ADWISE L/S CAP RET EUR
FLEX QUANTITATIVE HR6 A EUR
HIGH GROWTH CAP RET EUR
ITALY CAP RET A EUR
SELECTED BOND DIS RET EUR
SELECTED BOND CAP RET EUR
VALUE OPP CAP RET EUR
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
13,095
109,842
115,726
117,606
24,898
5,788
121,164
9247,886
Nome
Data Valuta
Quota/od.
Quota/pre.
www.multistarssicav.com [email protected]
T. +41 (0)91 640 37 80
18/09 EUR
103,450
103,240
18/09 EUR
105,520
105,200
18/09 EUR
161,230
160,060
18/09 EUR
1646,600
1634,670
Orazio Conservative A
Sparta Agressive A
WM Biotech A
WM Biotech I
www.newmillenniumsicav.com
Distributore Principale: Banca Finnat Euramerica - Tel: 06/69933475
17/09 EUR
192,630
192,580
NM Augustum Corp Bd A
17/09 EUR
146,670
146,720
NM Augustum High Qual Bd A
17/09 EUR
137,910
137,810
NM Balanced World Cons A
17/09 EUR
139,410
139,330
NM Euro Bonds Short Term A
17/09 EUR
48,780
48,600
NM Euro Equities A
17/09 EUR
74,910
74,810
NM Global Equities EUR hdg A
106,440
106,320
NM Inflation Linked Bond Europe A 17/09 EUR
17/09 EUR
112,350
112,350
NM Italian Diversified Bond A
17/09 EUR
114,990
114,980
NM Italian Diversified Bond I
17/09 EUR
137,560
137,500
NM Large Europe Corp A
17/09 EUR
106,340
106,350
NM Market Timing A
17/09 EUR
107,500
107,510
NM Market Timing I
17/09 EUR
60,820
60,980
NM Q7 Active Eq. Int. A
12/09 EUR
105,420
105,740
NM Q7 Globalflex A
12/09 EUR
122,140
122,560
NM Total Return Flexible A
17/09 EUR
105,660
105,540
NM VolActive A
17/09 EUR
106,440
106,320
NM VolActive I
RICHIESTE SPECIALI
Data Fissa: +50%
Data successiva fissa: +20%
Per tutte le rubriche tranne la 21,
22 e 24:
Neretto: +20%
Capolettera: +20%
Neretto riquadrato: +40%
Neretto riquadrato negativo: +40%
Colore evidenziato giallo: +75%
In evidenza: +75%
Prima fila: +100%
Tablet: + € 100
Rubrica 4 “Avvisi Legali”:
1 modulo: € 400
2 moduli: € 800
Rubriche Compravendite immobiliari
Nel testo dell’inserzione è obbligatorio indicare la classe energetica di
appartenenza dell’immobile e il relativo indice di prestazione energetica
espresso in kWh/mqa o kWh/mca a
seconda della destinazione d’uso dell’edificio. Nel caso di immobili esenti
dall’indicazione, riportare la dicitura
“Immobile non soggetto all’obbligo di
certificazione energetica”.
Nome
Data Valuta
PS - Fixed Inc Absolute Return A
PS - Global Dynamic Opp A
PS - Global Dynamic Opp B
PS - Inter. Equity Quant A
PS - Inter. Equity Quant B
PS - Liquidity A
PS - Liquidity B
PS - Opportunistic Growth A
PS - Opportunistic Growth B
PS - Prestige A
PS - Quintessenza A
PS - Quintessenza B
PS - Target A
PS - Target B
PS - Target C
PS - Titan Aggressive A
PS - Total Return A
PS - Total Return B
PS - Valeur Income A
PS - Value A
PS - Value B
PS - Value C
284,550
200,060
201,580
174,070
124,430
128,870
127,270
132,120
134,460
174,760
121,560
123,930
130,910
128,910
125,690
128,290
128,960
103,880
103,640
107,260
134,290
133,380
137,530
140,550
154,640
113,550
116,580
117,550
123,590
125,850
125,700
98,460
103,420
100,270
13,063
109,599
115,670
117,618
24,898
5,777
120,933
9248,955
AUGUSTUM EQUITY EUROPE I
AUGUSTUM G.A.M.E.S. A
AUGUSTUM G.A.M.E.S. I
18/09 EUR
18/09 EUR
18/09 EUR
111,330
115,400
153,860
110,740
114,930
153,220
Numero verde 800 124811
[email protected]
18/09 EUR
7,117
Nextam Bilanciato
18/09 EUR
7,695
Nextam Obblig. Misto
18/09 EUR
6,289
BInver International A
18/09 EUR
5,813
Cap. Int. Abs. Inc. Grower D
18/09 EUR
5,946
CITIC Securities China Fd A
18/09 EUR
5,409
Fidela A
18/09 EUR
5,758
Income A
18/09 EUR
7,560
International Equity A
18/09 EUR
6,827
Italian Selection A
18/09 EUR
5,338
Liquidity A
18/09 EUR
5,271
Multimanager American Eq.A
18/09 EUR
4,877
Multimanager Asia Pacific Eq.A
18/09 EUR
4,621
Multimanager Emerg.Mkts Eq.A
18/09 EUR
4,601
Multimanager European Eq.A
18/09 EUR
5,314
Strategic A
18/09 EUR
6,302
Usa Value Fund A
18/09 EUR
5,565
Ver Capital Credit Fd A
Tel: 0041916403780
www.pharusfunds.com [email protected]
18/09 EUR
115,030
PS - Absolute Return A
18/09 EUR
121,480
PS - Absolute Return B
18/09 EUR
110,960
PS - Algo Flex A
18/09 EUR
106,170
PS - Algo Flex B
18/09 EUR
86,830
PS - BeFlexible A
18/09 USD
85,360
PS - BeFlexible C
16/09 EUR
102,610
PS - Best Global Managers A
16/09 EUR
106,690
PS - Best Global Managers B
18/09 EUR
111,620
PS - Best Gl Managers Flex Eq A
18/09 EUR
164,510
PS - Bond Opportunities A
18/09 EUR
122,790
PS - Bond Opportunities B
18/09 USD
102,490
PS - Bond Opportunities C
16/09 EUR
123,790
PS - EOS A
18/09 EUR
94,420
PS - Equilibrium A
7,099
7,687
6,289
5,782
5,918
5,416
5,759
7,515
6,833
5,339
5,242
4,873
4,630
4,577
5,303
6,283
5,561
114,860
121,300
110,570
105,790
86,760
85,290
102,610
106,680
111,450
164,450
122,760
102,470
123,090
94,490
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
16/09
16/09
03/06
16/09
16/09
16/09
16/09
18/09
18/09
18/09
16/09
16/09
16/09
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
USD
Quota/od.
Quota/pre.
99,160
102,230
102,770
116,870
119,480
125,340
100,530
98,680
104,510
100,750
104,130
107,170
108,490
108,630
104,610
109,590
102,520
96,400
112,610
106,900
109,260
104,570
99,170
101,930
102,470
116,370
118,960
125,330
100,530
98,340
104,140
101,340
104,460
106,870
108,990
109,130
105,070
110,650
102,560
96,430
112,520
107,740
110,110
105,350
www.pegasocapitalsicav.com
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
18/09
Strategic Bond Inst. C
Strategic Bond Inst. C hdg
Strategic Bond Retail C
Strategic Bond Retail C hdg
Strategic Trend Inst. C
Strategic Trend Retail C
881868,830
576066,607
594784,667
541259,625
6,816
10,444
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Invesco Funds
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Gazzetta dello Sport € 1,67; abbinata € 5,00.
n. 16: Corriere della Sera € 1,67;
Gazzetta dello Sport € 0,83; abbinata € 2,08.
n. 22: Corriere della Sera € 4,08;
Gazzetta dello Sport € 2,92; abbinata € 4,67.
n. 23: Corriere della Sera € 4,08;
Gazzetta dello Sport € 2,92; abbinata € 5,00.
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n. 1: € 3,25; n. 13: € 9,17; n. 15: €
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Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Piazza Affari
GIÙ IL LUSSO CON MONCLER
LO SPUNTO DI UNIPOLSAI
di GIACOMO FERRARI
Sussurri & Grida
Il cachemire di Malo ai russi di Quadro Capital
L’iniziale euforia per l’esito del
referendum scozzese si è
stemperata nel corso della seduta
dopo la notizia dei
bombardamenti in Iraq da parte
di caccia francesi. Le Borse
europee hanno comunque
mantenuto il segno positivo, ad eccezione di Parigi (0,08% il Cac 40) e di Piazza Affari (-0,74% il Ftse-Mib),
dove le quotazioni hanno risentito della cosiddetta
giornata delle tre streghe, quando si concentrano le
scadenze di options e futures su indici e azioni. In
compenso è migliorato lo spread, a 133 punti in
chiusura dopo essere sceso sotto quota 130. Le
vendite hanno colpito un po’ tutti i comparti, con StM
giù del 4,05% sulla notizia che Apple ha scelto un
nuovo fornitore per l’Iphone6. Ha perso terreno anche
il lusso (Moncler -2,92% e Ferragamo -2,03%), oltre
ad A2A (-2,46%) e Atlantia (-2,36%). Sul fronte dei
rialzi spiccano invece Unipolsai (+2,50%), World Duty
Free (+1,69%) e Cnh Industrial (+1,55%) che ieri ha
annunciato un accordo con Tata Daewoo Commercial
Vehicle per la fornitura di motori. Nel segmento Star,
infine, gli acquisti hanno premiato Centrale del latte
Torino (+4,59%), Biesse (+4,45%) e Astaldi (+3,59%).
(d.pol.) Hanno bussato per mesi alla porta di molti
marchi del made in Italy senza mai trovare l’occasione
giusta. Alla fine la squadra del miliardario russo Sergei
Lomakin ha trovato la preda giusta e ha chiuso l’affare nel
giro di un paio di mesi. Ancora qualche firma sui contratti
e la Malo, uno dei brand più prestigiosi del cachemire nazionale, finirà sotto le insegne di Quadro Capital. Si tratta
del veicolo di investimenti guidato oltre che da Lomakin,
da Artem Khachatryan e Giedrus Pukas, un team che ha
alle spalle il lancio della catena di supermercati Kopeyka,
poi rivenduta con alterne fortune, e di altre avventure nel
retail. Per il nome del suo fondo Lomakin si è ispirato a
un quadro del pittore russo Kazimir Malevic che ha acquistato proprio durante un’incursione in Italia. Ai manager russi venderà la maggioranza della Malo l’articolata
compagine che acquistò il marchio dai commissari straordinari dal crac di It Holding. Tutti soci raggruppati nella Evanthe, guidata dal manager Giuseppe Polvani, e fondata da Paolo Pratese e Gianrico Specchio, un team che in
passato aveva lavorato per il gruppo Prada e che oggi opera come general contractor per la progettazione e la realizzazione di negozi di lusso. Malgrado gli investimenti
fatti e gli sforzi profusi, Evanthe non ha realizzato tutti i
target previsti dal piano. Adesso toccherà a Lomakin disegnare il rilancio del marchio che ha bisogno di costruire una rete di negozi, soprattutto all’estero. E naturalmente in Russia.
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smo italiano, tra le quali Marzotto, Branca, Loro Piana,
Radici, oltre ai sodali storici di Tamburi come Ferrero
(metallurgia), Angelini (farmaceutica), D’Amico (armatori) ha presentato ai potenziali investitori elvetici che
hanno partecipato al «Lugano Small & Mid Cap Investor
Day» organizzato da IR Top numeri che rendono Tip (e la
variante Tipo) un unicum nel panorama italiano, una sorta di mini-Elite (il progetto di Borsa spa per avvicinare le
piccole e medie imprese alla quotazione) con rendimenti
sovra-performanti rispetto ai principali indici di Borsa
(ad esempio sul Ftse Mib negli ultimi dodici mesi il guadagno dei soci Tip è stato del 10% in più). Ma - al netto
delle ricadute di portafoglio che solleticano ovviamente
l’appetito dei family office - l’interesse è per le oltre 1.400
società del made in Italy che rispondono ai criteri dei veicolo Tipo. Quelli sì, stringenti: fatturato compreso tra i 30
e i 200 milioni di euro, un rapporto redditività- giro d’affari di almeno 10% e indebitamento ridotto(al massimo
due volte l’ebitda). All’interno di questo bacino ne sono
state contattate 50 e per cinque sono state già formulate
manifestazioni d’interesse per entrare nel capitale societario e iniettare liquidi per dare sostegno alla crescita, alla
ricerca e allo sviluppo. L’altro fronte - al netto del percorso di avvicinamento all’Ipo della biotech AAA a New York
e del lavoro preparatorio per Eataly, di cui Tip è socio - è la
possibilità di «aggregare investitori per ulteriori 1-2 miliardi per operazioni di minoranza ad importi rilevanti».
(s.bo.) Cambio della guardia al vertice di Groupama
Italia. Nuovo amministratore delegato è Dominique Uzel:
subentra a Christophe Buso, che ha terminato il suo mandato di quattro anni in Italia. Affiancherà Uzel, con la carica di vicedirettore generale, Yuri Narozniak. Entrambi
provengono dal gruppo francese. Uzel è direttore delle filiali internazionali di Groupama e Narozniak, che dal ‘99
per sei anni è stato segretario generale in Italia, dal 2011 è
stato in Cina come vicedirettore generale per le attività
assicurative e di sviluppo. Ieri il consiglio di amministrazione della filiale italiana ha approvato i conti semestrali
chiusi con utili in crescita del 22% a a 35,7 milioni. La società, che conta oltre mille agenti e 1,7 milioni di clienti,
ha realizzato una raccolta premi consolidata complessiva
pari a 795,8 milioni, in crescita del 7,3% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno.
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Tamburi a caccia di soci in Svizzera
(f. sav.) A suo modo è stata anche l’occasione per fare
un primo bilancio trimestrale di «Tipo» al cospetto di 50
super-selezionate family office (società di gestione patrimoniale) con sede a Lugano interessate all’incubatore appena lanciato dalla banca d’investimento di Giovanni
Tamburi. Il veicolo uscito a giugno dal cilindro dalla merchant bank che ha raccolto più di 140 milioni di euro di
capitale da alcune delle famiglie più in viste del capitali-
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56
Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Cultura
A tre donne il LericiPea alla carriera
Va a tre donne del Mediterraneo, tre poetesse, il Premio
LericiPea 2014, alla carriera: sono l’israeliana Agi Mishol, la
tunisina Amel Moussa e l’italiana Gabriella Sica. Domani alle 16
la premiazione (Villa Marigola San Terenzo di Lerici, La Spezia)
nell’ambito dell’incontro condotto da Massimo Bacigalupo e
Giuseppe Conte: Poesia. La grande madre del Mediterraneo .
Polemiche Replica a insulti anonimi e attacchi con nome e cognome. Si confrontano visioni diverse, ma in crisi è un intero sistema culturale
Teatro d’avanguardia: ma quale?
Il mio diritto di essere (un) critico
I figli devono essere capaci di uccidere i padri, non i padri di suicidarsi
di FRANCO CORDELLI
In Rete
L
Il dibattito
su Corriere.it
Il dibattito
lanciato dal
critico teatrale
del «Corriere
della Sera»,
Franco Cordelli,
continua online
sul sito del
nostro giornale
SANDRO LOMBARDI E ROBERTO LATINI IN «L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA» DI LUIGI PIRANDELLO (2010)
a questione del Piccolo come Teatro
d’Europa, la prossima trasformazione degli stabili in teatri nazionali o,
per citare un esempio clamoroso, le
difficoltà di un teatro storico come l’Eliseo
di Roma, sono tutti segnali d’una crisi della
cultura teatrale che la nuova legge potrebbe perfino aggravare. Ma la crisi non è solo
del teatro in senso specifico. È innanzi tutto amministrativa (Antonio Calenda ha diretto lo Stabile di Trieste per vent’anni e da
pochi giorni abbiamo l’unica buona notizia con l’arrivo di Franco Però) e, antica e
sempre più grave conseguenza, crisi degli
operatori teatrali — direttori di ogni tipo di
ente inamovibili e poco coraggiosi — e,
conseguenza più recente, mutazione quasi
antropologica dei loro osservatori e seguaci.
Tre articoli su Short Theatre, la rassegna
di teatro di ricerca che ha inaugurato la stagione dello stabile di Roma diretto da Antonio Calbi, mi hanno procurato una serie
di epiteti interessanti, che vale la pena discutere. Alcuni sono anonimi, provengono
dai vari Facebook, li discuterò quindi in absentia. Altri sono firmati, nei confronti di
questi cercherò d’essere meno sbrigativo.
Tra i primi epiteti ne registro due, mafioso
e ideologico («di quella generazione incapace di superare le ideologie, più invasata
dei ciellini»).
Mafioso. Sarebbe stato interessante se si
fosse indicato di quale mafia: nomi e cognomi. Denominazioni di questo genere,
da parte di chi proclama (come in questo
caso) d’essere sempre contro tutte le mafie,
equivalgono a insulti, non già a critiche. In
più inducono al sospetto che le parole abitino là da dove provengono.
Ideologico. Come sopra: di quale ideologia? L’Anonimo in questione sostiene che
«dagli anni Settanta non faccio che lamentarmi dei finanziamenti». In effetti, a pensarci bene è vero. Carmelo Bene nel 1974
mi sfidò a duello proprio per una ragione
del genere. Ma quindici anni dopo mi telefonò la sera della vigilia di Natale, mi invitò
a casa sua e parlammo come due amici. In
quanto ai finanziamenti: questa parola potrà forse illuminare su quale sia la mia cosiddetta ideologia. Perché una ben cospicua cifra a uno e zero a un altro? Perché se li
è meritati? Potrebbe essere. Ma chi è che
giudica? Le illuminate menti dei nostri amministratori? Altro esempio. Ho spiegato a
qualcuno perché non sarei andato a vedere
Sinfonia d’autunno diretto da Lavia. Lavia
debutterà in quanto direttore de La Pergola
a fine ottobre. Perché dovrei recensirlo due
volte in un mese e togliere spazio ad altri?
Ma soprattutto: perché il direttore dello
stabile dell’Umbria non affida la regia del
suo spettacolo a qualcuno che non sia direttore di niente, magari non meno capace
di Lavia di allestire un buono spettacolo
tradizionale?
Era bello quando a indirizzare critiche
(cioè contro-critiche) erano persone con
nome e cognome, ne ricordo una quantità,
anche scortesi, grevi, brutali — o per lettera privata, o per lettera al giornale, o diret-
Esempi virtuosi
Da citare: il gruppo Anagoor e i
Babilonia, Latini e Cauteruccio. E la
Valdoca, Frattaroli e Civica
tamente rivolgendosi ai direttori, o di persona. Mi tornano in mente un «vaffanculo» scandito in segreteria telefonica o un
«lei è un verme» proclamato in pubblico, a
Siracusa. Ma queste opinioni provenivano
da persone di «un’altra generazione», persone che si firmavano, a costo (in seguito)
di intendersi, riappacificarsi.
Tra i non anonimi posso rispondere a
Andrea Pocosgnich, che mi dichiara «autore di un articolo talmente reazionario e aggressivo che quasi potrebbe farci dimenticare il ruolo che ebbe per quello che chiama sottobosco teatrale una quarantina
d’anni fa».
Reazionario, dunque. Eh no. Reazionario sarà chi di tre spettacoli visti in una serata ne salva uno, ma degli altri si compiace di apprezzare «lo sforzo di dare forma a
un’idea, che finora idea è rimasta» e di un
altro dice che i suoi testi «non aggiungono
niente alla solita mitologia del rock». Perché si dovrebbero apprezzare simili sforzi?
Cosa hanno di speciale? La loro specialità è
d’essere iscritti in un club esclusivo detto
Short Theatre e perciò stesso degni di ricevere denaro e apprezzamenti (sebbene
parziali)? Se vogliamo parlare di teatro che
si presume diverso dal solito, ovvero (genericamente) d’avanguardia, e teatro di
tradizione, vorrei dire che ho da tempo imparato ad ammirare chi con coraggio propone classici ignoti e contemporanei a tutti sconosciuti; ma che tuttora, essendo «de
coccio», preferisco il teatro d’avanguardia
— quando è ben fatto, ben inventato, ben
riuscito. Cito esempi recenti: Anagoor, il
gruppo più sorprendente degli ultimi due
anni; Babilonia, il gruppo relativamente
nuovo che mostra capacità di resistenza;
Lingua
Rivendico il dovere di difendere
l’italiano, soprattutto se un cartellone
ha per due terzi titoli in inglese
Roberto Latini, di cui ho ammirato I giganti della montagna; la Valdoca, nella misura
in cui non è egemonizzata da Mariangela
Gualtieri; il Cauteruccio di Beckett e di Euripide; il Frattaroli di Sade e Joyce; e perfino Massimiliano Civica, che procede per
piccoli passi. Gli altri ci provano? Dobbiamo consentire loro di provarci? Ma certo.
Però andiamoli a vedere prima, se siamo
direttori di un festival o d’una rassegna. Altrimenti sarebbe meglio snellire il cartellone, proporre uno spettacolo a sera invece
di cinque, eliminare quell’atmosfera di
compiacente e autoconsolatoria familiarità che proviene da tanti festival: festival i
cui spettatori sono sempre gli stessi, sostenitori a priori, amici e parenti, critici attaccati a un carro che sembra clandestino e
che è il contrario di clandestino.
In quanto ad aggressivo. Ma come rispondere all’aggressività (del sempre
uguale, del previsto, del conforme) se non
con l’aggressività? Comunque sì, aggressivo — come lo è per esempio quel giovane
movimentista romano Daniele Timpano
con tutte le sue smorfie finto-scanzonate.
Egli dice che sono maligno, che non bisogna leggermi e, in pratica, che sarebbe meglio non ci fossi. Questo dei padri che non
vogliono farsi uccidere dai figli è da un po’
che lo sento dire. Viene sempre dalla stessa
banda. Ma non posso che rispondere di
non avere vocazione al suicidio. È compito
dei figli uccidere i padri, non dei padri farsi
uccidere. In quanto a maligno — beh, non
è una categoria critica. Fosse vero, sarebbe
un dato del carattere — che è come la vocazione al suicidio: o la si ha o non la si ha.
Quel che posso aggiungere è che a me
sembra, quella parola, tipica non solo del
su nominato movimentista (il direttore di
Romaeuropa ha la faccia tosta di metterlo
vicino a Anagoor e alla Liddell), ma di tutto
il peggior teatro in specie romano di questi
anni: in esso non si recita, si parla; non si
parla, si biascica. Ecco, è questo biascichio
che in buona sostanza appare come avanguardia, il nuovo, il mai prima esperito.
Postscriptum. Il primo dei tre articoli
non era una recensione. Vi facevo notare
come su più di una trentina di spettacoli,
venti avessero il titolo in inglese. Che io
sappia, nessuno ha avuto nulla da commentare. Allora riferisco di una pratica
d’esame di Guido Mazzoni, autore di Teoria del romanzo, uno dei pochi libri che resteranno di questi ultimi quindici anni.
Mazzoni allo studente che merita trenta e
parla con cadenze dialettali dà ventinove:
un conto, egli dice, è il discorso privato, in
famiglia, e un conto il discorso pubblico,
per esempio in sede di esame. Il dialetto
verso il basso e, dal mio punto di vista, l’inglese verso le «altezze supreme». Se difendere la lingua del Paese in cui siamo nati è
mafioso, ideologico, reazionario, maligno
— ebbene, è vero, i miei critici hanno ragione: dell’italiano mi considero, come dice l’«anonimo» Zazie, un invasato.
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Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Cultura 57
italia: 51575551575557
Parigi Oggi e domani le stanze visitabili in anteprima, inaugurazione ufficiale il 25 ottobre
Corrispondenza ritrovata
Picasso ritrova il suo museo
I dolori del giovane Jack:
le lettere di Kerouac
all’asta a 4 mila euro l’una Cinque anni e 52 milioni: un restauro difficile. Tra politica e litigi
dal nostro inviato MICHELE FARINA
dal nostro corrispondente
STEFANO MONTEFIORI
LONDRA — «Uno di questi fine settimana faccio un salto a
casa. Sabato e domenica a Lowell e riparto. Mi prende
sempre». Lowell lo prende così tanto che poi scrive con nastro
rosso: «Perché è lì che è cominciata la strada». Quando scrive
queste lettere Jack Kerouac (1922-69, nella foto) ha 18 anni. A
New York l’ha portato una borsa di studio grazie al football,
frequenta la Horace Mann e la Columbia University. Anni
1940-1941: Jack scrive all’amico George J. Apostolos. Parla di
ragazze, anche di gloria, ma soprattutto di ragazze. Kerouac è
morto 46 anni fa, George da poco. I biografi dello scrittore
Sulla strada non si erano mai imbattuti in questa amicizia. La
figlia di George ricorda Kerouac a casa negli anni Sessanta,
ricorda le bevute. Suo padre le aveva parlato di certe lettere
andate bruciate. Invece alla sua morte la le ha ritrovate. Sono
17 lettere e 3 cartoline che ora vanno all’asta, racconta il
«Guardian», per 4 mila euro l’una. Scritte a macchina, cinque
pagine a lettera, righe serrate. Dentro c’è il giovane Kerouac:
prosa burrascosa, passioni.
Le ragazze sopra ogni cosa.
«La adorerò con quieta
dignità — scrive Jack
all’amico George —. Attirerò
la sua attenzione con gli
exploit, il successo e forse
una certa dose di celebrità».
Spaccone e insicuro: «Il mio
problema è che non ho la
forza di invitarla al ballo. Se
dovessi scortare questa dea
al Waldorf, riverserei tutta la
mia vita in una notte sola». A
volte si firma «il tuo
eccentrico amico Jack». È
pindarico nel descrivere la dream girl, sorella di un amico, che
è deciso a sposare: «Né tu né io abbiamo mai posato gli occhi
su una creatura squisita come Jacqueline Sheresky»: collo
«come avorio che si curva delicatamente verso un mento di
mandorla», «frementi labbra scarlatte su una fila di denti
d’avorio». Il diciottenne descrive «occhi scuri come ebano con
un lampo di fuoco». I capelli «una cascata di nera lucentezza.
Le spalle forti e seducenti». Jacqueline è «snella, florida, piena
di grazia: mai visto niente di simile». Come è possibile che una
dea simile snobbi il suo cantore? George apprende che l’amico
l’ha vista ballare con un altro: Jack alza lentamente la mano, lei
ricambia il saluto. Fine del sogno, via all’autocommiserazione:
«Che maledetto, sordido, ipocrita, idealista, disperatamente
goffo crazy fool che non sono altro. Ma lo so che tu mi capisci,
e che non me ne vorrai se riverso tutte le mie caleidoscopiche
stupidaggini nel tuo vasto bacino di intelligenza umana». Che
amicizia. Nel corso della lettera la dea è dimenticata e Jack
consiglia a George di uscire con una «biondina carina», poi lo
indirizza nel letto di una certa Leo: «Se te la fai prima che arrivi
io, lei sarà già abituata ai giovani c... che visitano la sua casa, e
io mi unirò al gruppo. Fattela e noi avremo per il resto dei
nostri giorni una sc... due volte alla settimana: questa è vita».
@mikele_farina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PARIGI — Ci sono voluti cinque anni,
molto denaro e litigi tra ministri, eredi
ed esperti ma alla fine il Museo Picasso
di Parigi è pronto per la riapertura. Il
pubblico potrà visitarlo già oggi e domani in occasione delle Giornate del
Patrimonio «ma con un’avvertenza —
dice il neodirettore Laurent Le Bon—: è
un museo ancora quasi vuoto, le opere
esposte per adesso sono solo una decina. Tutte le altre arriveranno per l’inaugurazione ufficiale del 25 ottobre»,
giorno del compleanno dell’artista nato
nel 1881 a Malaga.
Ieri, nell’anteprima per la stampa, è
stato possibile comunque vedere la profonda ristrutturazione al quale l’architetto Jean-François Bodin ha sottoposto
l’Hôtel Salé, il grande edificio nel Marais che prende il nome di «salato» in
omaggio al suo costruttore, Pierre Aubert, esattore dell’imposta sul sale nel
XVII secolo. «È un luogo magico, uno
degli edifici più belli di Francia — dice
Le Bon —, e credo che sia davvero adatto a ospitare l’opera di Picasso».
Il museo ha una storia gloriosa e tormentata. La collezione di cinquemila
opere (sulle circa 50 mila prodotte in
tutta la sua vita da Picasso) si è formata
a cominciare dalla donazione dei pezzi
di proprietà dell’artista nel 1973, al momento della sua morte. Si è ingrandita
con le opere donate dagli eredi nel 1979
e con quelle di Jacqueline Picasso, la seconda e ultima moglie, nel 1990. Cinque
anni fa la decisione di chiudere l’edifico
per procedere ai lavori di ristrutturazione, a cominciare dall’impianto elettrico
e in generale la messa in sicurezza per
finire con la completa redistribuzione
degli spazi e il nuovo design degli interni. «È un stile molto semplice e sobrio,
fatto per valorizzare al massimo le opere di Picasso», dice il direttore.
Negli anni i costi del cantiere sono levitati fino ad arrivare a 52 milioni di euro (19 dei quali forniti dallo Stato), ma 31
milioni sono entrati nelle casse grazie
ai prestiti di quadri e sculture nei maggiori musei del mondo. Un colpo di scena si è avuto a primavera, quando l’allora ministro della Cultura Aurélie Filippetti ha licenziato la direttrice Anne
Baldassari, giudicata co-responsabile
dei ritardi e soprattutto del «degrado
del clima lavorativo». Baldassari, indi-
Testimonianze
Sopra: Pablo Picasso
(1881-1973), «Testa di
donna» (1931, bronzo).
A sinistra: la copertina del
catalogo della mostra su
Picasso al Musée des Arts
Decoratifs di Parigi nel
1955 e la bolla di trasporto
di alcune delle opere
Il tesoro
Nel «palazzo
salato»
Il Musée Picasso di Parigi
(Hôtel Salé, 5 Rue de
Thorigny) sarà visitabile
oggi e domani
in anteprima (senza le
opere) prima della
riapertura del 25 ottobre
(info tel +33 1 85 56 00
36; www.museepicasso
paris.fr). La sua
collezione è composta di
oltre 5 mila opere firmate
da Picasso (foto sopra).
Artelibro La rassegna di Bologna cambia pelle e si gemella con Fontainebleau
Da piccolo salone a festival europeo
BOLOGNA — Il logo è lo stesso, come le
stanze del Palazzo di Re Enzo nel cuore di
Bologna, ma «Artelibro» ha cambiato pelle tanto da scommettere, in questa undicesima edizione, su una rivoluzione silenziosa: non più il salone di un piccolo segmento di editoria d’arte — il cui peso nel
mercato è sceso dall’8,5% del 2010 al 6,9 %
del 2013 (dati Aie) — ma un «Festival del
libro e della storia dell’Arte». «Un’occasione — spiega Ricardo Franco Levi, presidente di Artelibro — che parte dall’esperienza dei primi dieci anni ma vuole allargarsi all’insegnamento della storia dell’arte e al grande tema del patrimonio
artistico e culturale». Così, guardando un
po’ alla crisi e un po’ ai modelli di successo
come i Festival di Mantova (letteratura) o
Modena (filosofia), Bologna cerca di ritagliarsi un ruolo nuovo e di occupare uno
spazio. «Un Festival di questo tipo in Italia
non c’era — spiega Levi — mentre cresce
la consapevolezza nella società su questa
enorme ricchezza nazionale di cui ci curiamo poco».
Un cambio di prospettiva che si ritrova
nel serrato programma dei quattro giorni
di Artelibro, che si concluderà domani:
accanto al consueto salone del libro d’arte,
agli antiquari e al coinvolgimento di tutte
le istituzioni culturali bolognesi, il Festival
propone una serie di conferenze sulla storia dell’arte, sulla critica, la divulgazione e
il rapporto scuola/storia dell’arte. Tra le
novità maggiori il «gemellaggio» con il
Festival de l’Histoire de l’Art di Fontaine-
BIBBIA DI BORSO D’ESTE, COURTESY BIBLIOTECA ESTENSE, MODENA
dal nostro inviato PAOLO FALLAI
bleau, espressione diretta del ministero
della Cultura francese e che in sole quattro
edizioni si è affermato come punto di riferimento europeo, presentato a Bologna
dalla direttrice Florence Buttay.
«Noi vogliamo operare su tre livelli —
insiste Levi —: riscoprire Bologna come
città d’arte a partire dai suoi tesori, come
abbiamo cercato di fare con gli approfondimenti di Vittorio Sgarbi su Niccolò dell’Arca, Paolo Mieli su Guttuso o Luigi Ficacci su Raffaello; offrire un palcoscenico
nazionale a tutti gli attori di questo settore; proiettarci in una dimensione europea,
con l’inserimento nel programma ufficiale del semestre di presidenza italiana e
con il gemellaggio con Fontainebleau. Loro ogni anno dedicano l’edizione a un Paese ospite, l’Italia è stata la prima nel 2011.
Noi non abbiamo ancora deciso, ma è una
dimensione da cui non si torna indietro».
Unire libri e storia dell’arte a Bologna
sembra davvero naturale. All’Archiginnasio la mostra sulla Scrittura splendente
propone alcuni capolavori assoluti dell’arte libraria: la Bibbia di Borso d’Este, la Bibbia di Marco Polo e il manoscritto Vita
Christi. Volumi preziosamente miniati
che oggi possiamo sfogliare grazie alla digitalizzazione, diventati l’avanguardia di
quei «facsimile» che rappresentano uno
dei pochi segmenti in salute. Una conferma che editoria e arte sono un sistema
culturale troppo prezioso e fragile per non
cercare una attenzione più convinta dalle
istituzioni ma anche orgoglio e nuove collaborazioni: «Non può esserci arte senza
libri — ribadisce Alfieri Lorenzon, direttore dell’Associazione Editori — ma non
possono esserci libri d’arte senza musei e
senza opere». La nuova Artelibro ha introdotto anche il biglietto d’ingresso: «Cercare forme di autofinanziamento è una strada obbligata di fronte alle difficoltà delle
istituzioni pubbliche — dichiara Ricardo
Franco Levi — ma è anche un impegno a
dare il giusto valore agli eventi che proponiamo. I prezzi vanno da 4 agli 8 euro per
tutti e quattro i giorni. Meno di un cinema, molto meno di una mostra».
@pfallai
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scussa esperta di Picasso, ha lavorato
per anni alla riapertura del museo ed è
stata cacciata a pochi mesi dal traguardo. Claude Picasso, figlio del maestro e
membro del consiglio di amministrazione, disse in quell’occasione «ho l’impressione che il governo francese si
prenda gioco di mio padre e anche di
me. Lo scopo di un ministro è trovare
soluzioni, non creare problemi». La
beffa è che nel frattempo anche Filippetti ha perso il posto, sostituita al dicastero della Cultura da Fleur Pellerin nel
rimpasto governativo di inizio settembre.
Va comunque a merito del nuovo direttore Laurent Le Bon, che già aveva ottenuto ottimi risultati al Centre Pompidou di Metz, il fatto di essere riuscito a
mettere d’accordo tutti. L’accrochage,
cioè la scelta e la disposizione delle
opere, resta affidato alla direttrice
uscente Baldassari, che così non getterà
al vento un lavoro di anni.
«Uno degli aspetti più importanti del
nuovo museo è che abbiamo guadagnato circa 1000 metri quadrati in più, che
ci permettono di esporre 400 opere —
dice Le Bon —: abbastanza perché il nostro museo sia senz’altro la più grande
esposizione pubblica e anche privata
dedicata a Picasso. Quadri, sculture, disegni, hanno più respiro e assumono
un carattere nuovo».
Quali sono le novità? «La collezione
sarà strutturata in questo modo: il livello meno 1 sarà dedicato agli atelier del
maestro, i luoghi più importanti dove
ha lavorato nel corso della sua vita. Al
pianoterra e ai piani 1 e 2 una sorta di
percorso cronologico con il meglio della sua opera e all’ultimo piano, questa è
la novità maggiore, i pezzi della collezione personale di Picasso: Matisse, Derain, Rousseau il Doganiere... Il pubblico pensa che la visita sia finita, invece
arriva in alto, si gode la vista sui tetti di
Parigi e scopre un dialogo, a mio avviso
molto interessante, tra Picasso e gli artisti che lui amava».
Tra i pezzi già presenti in questo fine
settimana ci sono un disegno-ritratto di
Guillaume Apollinaire, donato da Maya
Picasso (una delle figlie), un bloc notes
con disegni di nudi femminili, il grande
collage Les femmes à leur toilette, uno
splendido «busto di donna» scolpito
nel 1931 in Normandia prendendo come
modella l’amante di allora Marie-Thérèse Walter, e l’opera preferita del direttore Laurent de Bon, La Flûte de Pan, dipinta nel 1923 a Cap d’Antibes, «omaggio a tutto il grande classicismo del vostro Paese».
@Stef_Montefiori
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
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IL REFERENDUM E L’EUROPA
✒
Se la Corte europea deputata a giudicare sulla tutela dei diritti dell’uomo
ammette il ricorso di Berlusconi sulla sentenza di condanna per frode fiscale, non significa
che Berlusconi sia innocente, ma che non erano manifestamente infondate le sue doglianze
sui modi con cui si era arrivati alla sentenza.
Per il condannato Berlusconi è indubbiamente
una vittoria morale. Non ammetterlo non sarebbe onesto. Come sarebbe poco onesto non
riconoscere che per la giustizia italiana si è
scritta in Europa una brutta pagina.
Una giustizia orgogliosa e sicura di sé non
dovrebbe nemmeno essere sfiorata dal sospetto di aver anche solo marginalmente violato i diritti di un suo cittadino. Invece può accadere che quel sospetto sia avanzato. Con un
passaggio giuridico sorprendente per tutti,
forse anche per la stessa difesa dell’imputato
Berlusconi. Sorprendente certamente per chi
ha considerato il ricorso dei legali di Berlusconi come l’ennesimo espediente dilatorio, come l’ennesima manovra platealmente «ostruzionistica» per impedire di giungere alla parola fine di una vicenda giudiziaria che si era
conclusa con una sentenza di condanna definitiva dopo il verdetto della Cassazione, nell’agosto del 2013. Per questo oggi appare meno
limpido il tono perentorio con cui si è decisa la
decadenza di Berlusconi dal Senato in applicazione restrittiva della legge Severino. Sulla
non applicabilità retroattiva di quella legge si
erano espressi un anno fa molti giuristi, anche
non vicini allo schieramento berlusconiano: a
cominciare proprio da quel Luciano Violante,
ironia della storia, la cui candidatura alla Corte
costituzionale viene in questi giorni sabotata
dai franchi tiratori in Parlamento. Ma le forze
politiche favorevoli alla decadenza hanno voluto bruciare i tempi, liquidando il ricorso di
Berlusconi alla Corte dei diritti dell’uomo come un escamotage palesemente infondato. A
Strasburgo dicono che però non fosse poi così
infondato, o comunque immeritevole di essere esaminato più approfonditamente.
Dunque non la colpevolezza o l’innocenza
di Berusconi devono essere riesaminate. Ma la
correttezza delle procedure nel corso dell’iter
che ha portato alla condanna. Per questo la pagina di Strasburgo non è una buona notizia
per lo standard «civile» della nostra giustizia.
Per questo non bisognerebbe mai più sottovalutare gli argomenti di chi si considera vittima
di un sopruso giudiziario. Anche se poi un verdetto finale dovesse dar torto a Berlusconi.
Una storia infinita, ma piena di insegnamenti.
Pierluigi Battista
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L‘ARRIVO DEL MODELLO 730 PRECOMPILATO
IMPEGNO POSITIVO, MA DA MANTENERE
✒
L’idea che sia il Fisco a calcolare le
tasse dovute dai cittadini e che sia il
contribuente a dover controllare se quei dati
rispondono al vero, capovolge una tradizione
antica, quella dell’esattore pronto a cogliere il
minimo errore del contribuente e (per questo)
far partire le sanzioni. Una piccola rivoluzione,
quella spiegata ieri dal governo con il varo del
modello precompilato della
dichiarazione dei redditi a
partire dal 2015. E proprio per
questo dovrà fugare in fretta
ogni dubbio (legittimo quando si parla di imposte). La
macchina amministrativa, e
quella fiscale in particolare, ci
ha abituato a errori materiali
pagati con lunghe file (e spesso multe) per rimettersi in regola. A ricorsi e controricorsi
che hanno generato un ingolfamento delle
Commissioni tributarie e tempi lunghi paragonabili soltanto a quelli della giustizia civile.
Ma ecco che il governo, dopo averlo annunciato all’inizio del suo mandato, conferma
l’idea di volersi avviare sul percorso della semplificazione fiscale. Un po’ di diffidenza è naturale e, poiché la dichiarazione automatica
per 30 milioni di contribuenti diventerà realtà
tra un anno, allora forse varrà la pena cercare
di arrivare a un modello che liberi davvero il
cittadino dagli oneri impropri della complessità. Magari ascoltando anche le sue ragioni e
ridando un po’ di concretezza a quello Statuto
del contribuente spesso dimenticato (che prevede ad esempio la non retroattività delle norme fiscali). Il cambiamento appare di buon
senso. Finora poteva accadere che, in caso di smarrimento di una ricevuta inserita
nella dichiarazione dei redditi per beneficiare di una detrazione, il Fisco potesse arrivare addirittura a multare la
distrazione. Se non un sopruso, quasi. L’idea che adesso il
Fisco (finalmente) utilizzi i
dati già in suo possesso per
compilare il fatidico 730 liberando i cittadini da quest’onere appare come
un deciso passo avanti. L’immagine-simbolo
utilizzata nei documenti è quella della stretta
di mano con lo Stato. Una cosa molto seria,
l’impegno va mantenuto. Magari anche in anticipo rispetto ai tempi previsti.
Massimo Fracaro
Nicola Saldutti
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CONTRO UBER VETI E POLEMICHE
L’INNOVAZIONE NON TRASCURI LE REGOLE
✒
Uber, il servizio di car sharing, ha
saputo affermare la sua presenza
nell’economia globale. Oggi, mentre la Germania ritira il veto su quest’azienda, tutti si
chiedono quali saranno i suoi piani futuri.
Nel valutare la strategia di Uber, occorre tener presente sei considerazioni.
1. La situazione di ogni Paese. Negli Usa,
dove il servizio taxi nelle principali città si
contraddistingue per veicoli scomodi, antiquati e che «spariscono» quando piove, Uber
è un’ottima risorsa. In Germania il servizio
taxi è puntuale e non si vedono in uso vetture
che meriterebbero la demolizione: ma Uber
saprà certamente conquistarsi un posto anche nel mercato tedesco.
2. Una strategia ultraliberale. I vertici
aziendali di Uber sostengono che non esistono leggi in grado di limitarne il raggio d’azione, perché l’economia di condivisione non
era stata ancora inventata quando furono varate le normative dei servizi taxi. Un simile
atteggiamento, però, a lungo termine rischia
di non procurare vantaggi a nessuno.
3. Taxi contro formaggi. Gli Usa impediscono l’import di formaggi freschi dall’Europa per motivi precauzionali. Ma usare un taxi
non è potenzialmente altrettanto rischioso?
È difficile non vedere che in questo caso si ricorre a due pesi e due misure.
4. Economia condivisa = economia imprenditoriale. A sentire i suoi apostoli più
ferventi, l’economia condivisa farà meraviglie per stimolare la micro imprenditorialità.
Ma il servizio taxi così come lo conosciamo
rappresenta già la fase iniziale dell’economia
condivisa, e in Germania — così come in altri Paesi — è altamente imprenditoriale.
5. Il rispetto delle leggi nazionali. Nessuno degli argomenti accennati finora è un’accusa a Uber, che troverà il suo posto nel mercato, a un’importante condizione: il rispetto
degli stessi diritti e obblighi di tutti gli operatori. L’azienda dovrà fare domanda, nei
singoli Paesi e nelle singole città, e non appena avrà superato i test e dimostrato di avere i requisiti necessari, dovrà poter iniziare il
servizio.
6. Innovazione ed equilibrio. Il mondo libero ha bisogno di innovazione costante,
questo è indubbio: ma anche di trovare un
miglior equilibrio all’interno del capitalismo, per poter imboccare la strada verso un
futuro di prosperità. È questa la chiave per
riaffermare il senso e il valore della collaborazione tra Europa e Stati Uniti.
Stephan Richter
@theglobalist
(Traduzione di Rita Baldassarre)
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La lezione scozzese suggerisce
nuove possibili forme di autonomia
di ANTONIO ARMELLINI
L
a promessa di una indipendenza dai
grandi vantaggi annunciati, ma dalle
prospettive incerte, non è riuscita a
fare breccia nelle preoccupazioni di un
salto nel buio di così grandi
proporzioni. Dopo il voto scozzese il Regno
Unito continuerà ad essere tale, ma sarà diverso.
Alex Salmond ha mancato il colpo grosso ma ha
ottenuto un risultato di peso. Egli aveva
inizialmente accettato che il referendum
offrisse la scelta fra l’indipendenza e una
maggiore autonomia; l’idea era stata respinta da
David Cameron che, sicuro del suo vantaggio,
aveva ritenuto di non legarsi le mani per
concessioni che avrebbe potuto negoziare da
posizioni di forza una volta chiusa la partita.
Proprio quelle concessioni che si è visto
costretto a promettere affannosamente
all’ultimo momento, rinunciando a qualsiasi
margine di manovra. David Miliband può dirsi
sollevato: una Scozia indipendente lo avrebbe
privato dell’appoggio determinante dei voti
laburisti a nord del Vallo di Adriano, evocando
lo spettro di una marginalizzazione sine die;
ora può sperare in una vittoria alle elezioni
politiche del 2015 contro un Cameron
indebolito da un errore di valutazione che ha
messo in discussione la sopravvivenza del
Regno Unito.
La borsa e i mercati finanziari respirano;
banche e imprese cancellano i piani di trasloco
verso Londra; nelle capitali europee e a
Washington i risultati sono accolti con sollievo:
il problema aggiuntivo di una Gran Bretagna
dimidiata non se lo augurava nessuno. Tutto ciò
rischiara il quadro della politica e allontana la
prospettiva di un rimescolamento delle carte
nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, nella Nato
e nell’Unione Europea. Gli elettori che hanno
votato «No» in cambio dell’impegno a realizzare
la Devo Max fiscale, della sanità, dell’istruzione
e così via, attendono che Londra dia seguito alle
promesse.
La devolution scozzese comporterà
cambiamenti in profondità nella struttura del
Regno Unito e nel rapporto fra le nazionalità
che lo compongono. Nel tentativo di recuperare
terreno, Cameron a Downing Street ha parlato
di una nuova devolution non solo per l’Irlanda
del Nord e il Galles — che sono avanti su questa
DORIANO SOLINAS
PER BERLUSCONI UNA VITTORIA MORALE
SULLO STANDARD CIVILE DELLA GIUSTIZIA
strada — ma per la stessa Inghilterra, dove la
West Lothian Question — l’anomalia
parlamentare per cui i deputati scozzesi (ma
anche gallesi e nord-irlandesi) possono votare a
Westminster su tutte le questioni di interesse
dell’Inghilterra, mentre i deputati inglesi non
possono votare su quelle riguardanti la Scozia
riservate al Parlamento di Edimburgo — torna
ad agitare le acque. Il risultato paradossale di
una scommessa che per anni era sembrata
appartenere più al folklore che alla politica, non
sarà quello di avere creato un nuovo stato, bensì
di aver avviato la trasformazione in senso
federale di quello esistente, centralista da
sempre.
I movimenti separatisti in Europa che
speravano di trarre dal referendum scozzese
argomenti per le loro aspirazioni, dovranno fare
i conti con una realtà diversa: il risultato ha
dimostrato che, anche laddove ci si trovi in
presenza di identità nazionali forti, è possibile
immaginare forme di autonomia che le tutelino
adeguatamente senza mettere in discussione
gli Stati-nazione al cui interno si trovano ad
operare. Dalla Catalogna al Paese basco — le
entità che più si avvicinano alla realtà scozzese
— via via sino alla Corsica o alla Sardegna, per
arrivare a esempi virtuali come la Padania, si
tratta di una lezione significativa.
Nel migliore dei mondi possibili sarebbe
ipotizzabile uno sviluppo del processo di
integrazione europea in cui gli Stati-nazione
cedessero progressivamente il passo per
elidersi in uno Stato-koiné europeo, di cui le
diverse identità nazionali sub-statuali sarebbero
chiamate a fornire il tessuto connettivo e la
legittimazione democratica. Si tratta di
un’ipotesi — che pure sarebbe per più versi
ideale per il Vecchio Continente — lontana e
forse irraggiungibile: nel frattempo l’idea di
riproporre in forma riduttiva schemi e limiti
dello Stato-nazione può rispondere ad
ambizioni di corto respiro e magari alleviare
frustrazioni antiche, ma non è una ricetta di
efficienza economica né di garanzia
democratica. Potrà piacere o meno, ma l’ordine
mondiale che si disegna lega sempre più la
rappresentanza alla dimensione: l’Europa ne
rappresenta la soglia minima e ogni giorno
paghiamo le conseguenze di non essere ancora
riusciti a tradurla da idea-progetto in realtà.
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LA CHIESA E LA FAMIGLIA
La misericordia che fa rivivere la tradizione
di MAURO MAGATTI
Q
uando papa Francesco ha convocato
il Sinodo sulla famiglia sapeva di toccare una questione urticante che
avrebbe suscitato un’accesa discussione. Per questo, proprio per cercare di evitare strappi e polemiche, il Papa ha deciso di adottare un metodo molto prudente, prevedendo una prima sessione dedicata all’ascolto e
alla riflessione e una seconda, da tenersi a un anno di distanza, dove si formuleranno le conclusioni. Confortato dal potente impatto che il suo
pontificato ha avuto a livello mondiale — tanto
da modificare di colpo la percezione della stessa
Chiesa — Francesco sperava che la necessaria discussione sarebbe stata pacata e tenuta nelle sedi
opportune.
Il fatto che, a pochi giorni dall’apertura del Sinodo, il prefetto per la dottrina della fede, insieme ad altri 4 autorevoli cardinali, abbia deciso di
marcare pubblicamente la sua posizione complica la situazione. Come era prevedibile, i media di
tutto il mondo si sono scatenati, alimentando gli
stereotipi «politici» a cui tutto viene ridotto: di
fronte alle aperture «progressiste» del Papa, ecco
l’ala «conservatrice» che si compatta e fa sentire
la sua voce, ancor prima di iniziare.
In questo modo, però, chi se ne fa custode
mette a rischio la tradizione: ciò che resterà delle
polemiche di questi giorni è che nemmeno il dibattito interno alla gerarchia cattolica riesce a
evitare l’attrazione fatale esercitata dai media.
Per di più rigettando di colpo la Chiesa in quel
clima di divisione e contrapposizione che, dopo
il trauma delle dimissioni di Benedetto e l’elezione di Francesco, sembrava finalmente superato.
Al di là della legittima discussione tra chi la
pensa in un modo e chi in un altro, il rischio più
serio è che le polemiche di questi giorni finiscano per restringere il campo della riflessione sinodale alla pur importante, ma certo non risolutiva,
questione della comunione ai divorziati. Nell’indire il Sinodo, l’intenzione del Papa non era dottrinale, ma pastorale. Ciò significa che le questioni poste da Francesco alla Chiesa non riguardano
i principi, di continuo riaffermati. E tanto meno,
la separazione tra ideali e vita, legge e spirito.
Piuttosto è il modo in cui trattare e incarnare
quei principi nella vita concreta delle persone e
delle comunità a essere messo a tema. Affermare
che anche su questo piano esistono leggi e pratiche indiscutibili significa irrigidire la Chiesa cattolica al punto da renderle difficile interloquire
con l’esperienza umana contemporanea: mai come oggi, la verità che essa indica può essere riscoperta solo nella vicinanza all’uomo che cerca,
dentro un rapporto di fiducia e stima reciproca.
Il punto è che, nella società contemporanea —
basata su individui isolati che si muovono grazie
e attraverso sistemi tecnici e apparati formalizzati —, i vincoli familiari non reggono più o sono
riproposti con caratteristiche del tutto diverse da
quelle tradizionali. Lo dimostrano i fatti: il numero di matrimoni si riduce drasticamente, aumentano convivenze e divorzi; ovunque vengono
riconosciute forme di unione impensabili fino a
qualche anno fa; la procreazione diventa sempre
più esterna non solo al matrimonio ma allo stesso atto sessuale. L’effetto combinato delle nuove
possibilità tecniche e di un soggettivismo sempre più spinto fa sì che, per la prima volta nella
storia occidentale, la famiglia (quella di cui parla
la Chiesa, e cioè intergenerazionale e eterosessuale) scopre di non essere più necessaria all’organizzazione sociale. Con una leggerezza sconcertante, la cultura odierna ipotizza di organizzarsi a prescindere dal legame famigliare considerato un vincolo troppo oneroso rispetto alla
libertà fluttuante dell’Io-individuo.
È questa la vera partita che il Sinodo deve affrontare: come è possibile re-inculturare la fami-
glia — per secoli il cardine della trasmissione
della vita e il fondamento dell’identità personale
— nel modo di vita contemporaneo?
Per la verità, non tutto il male vien per nuocere: nella crisi attuale, la famiglia — con il suo carico di legami di sangue, affetti e rancori profondi — ha infatti la possibilità di ripensare il suo
senso profondo nei termini di «scuola di alterità» che, mentre colloca ciascuno in modo personale da qualche parte nel mondo, contribuisce a
rifondare e riprodurre la nostra umanità. E ciò
perché nella famiglia, a differenza di quanto accade nella quasi totalità delle nostre esperienze
contemporanee (dove ci abituiamo a disconnetterci, a spostarci, a evitare l’alterità che ci infastidisce e a cercare solo chi ci somiglia), l’altro —
con il suo carico di bellezza e di bruttezza — non
può essere annullato.
Proprio perché non è più norma sociale, la famiglia contemporanea si scopre fragile e contraddittoria. Per questo, essa ha un enorme bisogno di qualcuno attorno che la aiuti sempre a ritrovarsi e a superare le sue crisi e i suoi patimenti. Come sanno tutte le famiglie che, in un tempo
come questo, riescono (anche felicemente) a stare insieme sono l’accoglienza e il perdono gli ingredienti fondamentali per stare con l’altro (genitore anziano, fratello, coniuge, figlio, nipote).
Ed è a questa metamorfosi della famiglia e alle
sue peripezie che papa Francesco pensa quando
insiste per una Chiesa capace di usare il linguaggio della dolcezza e della misericordia. Non si
tratta di annacquare la tradizione, ma di farla rivivere: in un mondo che sprofonda nella solitudine dell’individualismo, a salvare la famiglia non
sarà una fredda regolazione ma la concreta esperienza della possibilità di riconoscere e di essere
riconosciuti, persino al di là del male che facciamo o che subiamo.
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Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
59
italia: 51575551575557
Lettere al Corriere
LE ACROBAZIE DI CHURCHILL
E I MOLTI TRASFORMISMI ITALIANI
Risponde
Sergio Romano
Ignoravo che l’eroe della
Seconda guerra mondiale Sir
Winston Churchill fosse stato
eletto al Parlamento britannico
per la prima volta nel 1901 tra le
fila del partito conservatore per
poi passare armi e bagagli dopo
tre anni tra le fila del partito
liberale, dove restò per una
ventina di anni per poi ritornare
tra i conservatori e continuare
la sua lunga carriera politica.
Significa che il «trasformismo»
non è una prerogativa solo
italiana, se addirittura si è
verificato a così alto livello e in
un Paese di così forte tradizione
bipolare, oppure ci sono altre
spiegazioni che giustificano i
cambi di campo dell’illustre
statista d’Oltremanica? Mi
aiuta a comprendere meglio?
Francesco Valsecchi
[email protected]
UCCISIONI
Due pesi e due misure?
Caro Romano, perché si sta
facendo passare da omicida
un carabiniere che,
nell’esercizio delle sue
funzioni, ha sparato ad un
ragazzo sedicenne e dall’altra
parte ci si mobilita oltremodo,
media ed istituzioni, per
riabilitare i due marò che
hanno fatto la stessa cosa?
Perché, alle solite, due pesi e
due misure ?
Umberto Brusco
Bardolino (Vr)
È una domanda non banale.
Forse perché la morte di un
connazionale, agli occhi di
molte persone, è più grave di
quella di due pescatori indiani?
CARL PETERS
Il nome esatto
Caro Romano, nella risposta a
un lettore che chiedeva notizie
sul colonialismo tedesco ha
citato Carl Peters di cui tratta
Henri Wesseling nel libro La
spartizione dell’Africa 18801914. Per il nome
dell’esploratore mi pare
occorra usare la «k».
Alberto Cotechini
[email protected]
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
Caro Valsecchi,
uello di Churchill non
fu trasformismo, ma
l’effetto di una combinazione fra impazienza e irrequietudine che caratterizzò
tutta la sua esistenza. Quando
terminò gli studi aveva di
fronte a sé tre possibili strade.
Poteva fare la carriera politica
sulle orme del padre, uno dei
maggiori esponenti del partito conservatore nell’Inghilterra vittoriana ed eduardiana.
Poteva fare la carriera delle armi, a cui era stato preparato
sin dagli anni della scuola. Poteva essere giornalista e scrittore. Non fece mai una scelta
netta ed esclusiva, mescolò e
incrociò i suoi talenti saltando
spesso da un ruolo all’altro, e
fu per parecchi anni, con
grande imbarazzo del suo
Q
partito, il più imprevedibile
degli uomini politici britannici. Commise molti errori, fra
cui il maggiore, probabilmente, fu la fallita spedizione di
Gallipoli contro i turchi quando era primo Lord dell’Ammiragliato, all’inizio della Grande guerra. Ma li pagò uscendo
di scena per un esilio più o
meno lungo e tornò sempre in
campo ringiovanito e irrobustito. Supporre che Churchill
abbia «attraversato l’Aula»
(come viene chiamato in Inghilterra il passaggio da un
partito all’altro) per convenienza, significherebbe attri-
Il nome è scritto con la C anche in tedesco.
TAGLI ALLE SPESE
Fmi e pensioni
l’ Fmi e il suo presidente
Cristine Lagarde sono
entusiasti del nostro Paese per
il futuro «Jobs Act» e
ritengono utile ridurre le
pensioni. Certamente, mi
auguro, si rifeririscono a
quelle mensili con quattro zeri
finali!
Renato Invernizzi
[email protected]
italiana deve essere sistemata
sulla destra e non sulla
sinistra, posizione riservata a
quella comunitaria. Nel caso
vi sia anche la bandiera
comunale e/o di altro ente
pubblico la bandiera italiana
va posta al centro, alla sua
destra quella comunale e a
sinistra quella dell’Unione
europea.
Luciano Fusco
[email protected]
EDIFICI PUBBLICI
IERI E OGGI
Regole per le bandiere
Viaggiando per l’Italia, ho
constatato che in tanti edifici
pubblici le bandiere non sono
esposte nella giusta posizione.
Infatti, dando le spalle
all’edificio, la bandiera
La tua opinione su
sonar.corriere.it
Secondo il Fondo
monetario internazionale
in Italia risparmi difficili
senza toccare le
pensioni. Giusto?
Corruzione
La corruzione dilagante ci
induce a ripensare al passato
come a un periodo di grande
onestà e grande moralità. A
seconda della nostra età
buirgli calcoli che non erano
nella sua natura.
Mi chiedo d’altronde se il
trasformismo abbia sempre
avuto la connotazione negativa con cui viene generalmente
ricordato. Il fenomeno si manifestò in Italia dopo la riforma della legge elettorale e la
vittoria della Sinistra nelle
elezioni parlamentari del
1876. Del suo leader, Agostino
Depretis, un giovane contemporaneo, Ferdinando Martini,
scrisse che era preoccupato
dai possibili effetti della partecipazione di nuovi strati sociali alla vita pubblica. Temeva che «avesse per logica conseguenza profondi sovvertimenti negli ordini dello Stato
e (…) stimò dovere suo raccogliere maggioranze comunque composte». L’Italia unita
era troppo giovane e fragile
per essere governata «all’inglese» con piccole maggioranze che si sarebbero alternate precariamente alla guida
del Paese.
Vi furono altri trasformismi, caro Valsecchi. Vi fu
quello della classe politica democratica che confluì nel fascismo dopo l’avvento di
Mussolini al potere. Vi fu
quello di molti fascisti che andarono a rafforzare i ranghi
della Democrazia cristiana
dopo il crollo del regime. Vi fu
quello degli intellettuali fascisti che risposero ai richiami
della maga Circe Togliatti e divennero comunisti. Ma ciascuno di questi trasformisti
meriterebbe un discorso a
parte.
possiamo avere o non avere un
ricordo diretto, ma assicuro
che non era così grande la
differenza: forse c’era una a
maggiore prudenza e una
maggiore abilità nel
mascherare i «peccati» dei
tempi antichi. Nel passato il
quadro non è comunque mai
stato edificante.
Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo, articolo 11).
Antonio Fadda
[email protected]
GIUSTIZIA
Indagati in carcere
Tra i motivi per i quali un
indagato può essere trattenuto
in carcere c’è il pericolo della
reiterazione del reato. In altre
parole, l’indiziato è giudicato
colpevole già dai primi
momenti del suo calvario.
Ricordo che chiunque è
presunto innocente fino alla
condanna definitiva
(Costituzione, articolo 27;
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
La domanda
di oggi
Sì
Camusso (Cgil): chi
cancella l’articolo 18
sta cancellando la
libertà dei lavoratori.
Ha ragione?
30
No
70
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Mario Scrawls
San Donato Milanese
BIMBI IN AUTO
Tutelare l’incolumità
Sono sempre di più i bimbi
che scorrazzano all’interno
delle auto o in braccio ai
passeggeri. È un
comportamento che oserei
definire criminale per
l’incolumità dei piccoli anche
perché basta un piccolo urto
per provocare danni a volte
irreparabili, Vorrei che chi
guida venisse sensibilizzato
all’uso del seggiolino: non è un
accessorio, ma uno strumento
salvavita
Giorgio Lanaro
Carrè (Vi)
AI BORDI DELLE STRADE
Erba tagliata e rifiuti
Inquesti giorni vengono
finalmente effettuati i tagli
dell’erba ai bordi delle strade
di tante località. Peccato che
vengano lasciati bottiglie
sacchetti e lattine. Così
facendo c’è solo da sperare
che l’erba cresca in fretta!
Carmela Maria Sinopoli
[email protected]
Interventi & Repliche
Neologismi e anglicismi
La difesa di quell’inestimabile
patrimonio culturale che è la lingua
italiana (se ne sono accorti pure gli
stranieri che la studiano con passione) ci
dovrebbe vedere schierati in tanti.
Personalmente è una questione d’onore.
Due lettere pubblicate sul Corriere di ieri
mi danno spunti per un nuovo
intervento. Dagli orribili neologismi
renziani, agli anglicismi dilaganti (per
esempio fashion) e inutili che prendono
immeritatamente il posto di gradevoli e
quiete (vedi moda) parole nostrane, a
strumentali, cervellotiche ed improbabili
nuove definizioni di attività di genere (il
guardio giurato ironicamente evocato
da un lettore) dove vogliamo andare a
finire, linguisticamente parlando? Forse
esprimersi in italiano è segno di
provincialismo? Infarcire il parlare e lo
scrivere di parole straniere è segno di
evoluzione e cosmopolitismo?
Liliana Gissara, Siracusa
Commercio della carta usata
In riferimento alla lettera, «Tariffe
misteriose» (Corriere di ieri). Tempo fa
un Comune scoprì che un privato
svuotava i cassonetti per la carta il
giorno prima dello svuotamento. Allora
il privato lo faceva per guadagnare,
invece ora il Comune tassa!
Vittorio A. Farinelli
[email protected]
Miniserie tv su Yara
Sul Corriere di ieri ho letto che è in
programma una fiction sul caso Yara
Gambirasio. Con il procedimento ancora
in corso, lo trovo di cattivo gusto. Questa
volta i genitori, noti per il loro composto
silenzio (al contrario di altri che di una
tragedia hanno fatto un «selfie»
mediatico) dovrebbero veramente
alzare la voce.
Gian Luigi Molteni
Suello (Lc)
Fisco: le cartelle di Equitalia
In riferimento alla lettera «Abiservizi e la
cartella pazza» pubblicata sul Corriere
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oppure: www.corriere.it
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Il dubbio
di Piero Ostellino
Restare in Europa
alle nostre condizioni
L’
Europa «consiglia» l’Italia di aumentare l’Iva dall’attuale 4 al 10 per cento. Per il nostro Paese, già in recessione, sarebbe il collasso economico. Ma poiché
sembra escluso che, a Bruxelles, chi ha formulato il
consiglio fosse in stato di ubriachezza, è piuttosto
probabile che esso venga da qualcuno che pensa di fare i propri
interessi a nostre spese. Questo qualcuno è la Germania. Non
essendo riuscita, nel passato, a realizzare il proprio dominio politico sul continente, cerca di realizzarlo ora, economicamente,
attraverso l’Unione Europea. Poiché, d’altra parte, Matteo Renzi,
a differenza di Mario Monti — che, col suo governo delle tasse, è
responsabile della recessione della quale soffre il Paese, e ha fatto, in tal modo, più gli interessi commerciali della Germania che
quelli dell’Italia — non ha eletto l’Europa a proprio ubi consistam, c’è da sperare non accolga il consiglio. È troppo impegnato a reclamizzare se stesso come «decisore» – una delle poche
cose sagge che ha detto è che le riforme le facciamo noi, non ce
le facciamo imporre dall’Europa — per cadere nell’errore.
La vicenda è, però, paradigmatica della natura dell’Ue e del
ruolo che noi vi recitiamo. L’Unione Europea è un patto le cui
decisioni, come in tutti gli accordi internazionali, dipendono
dai rapporti di forza al proprio interno, cioè, in definitiva, dal
Paese che ha una maggiore capacità di fare i propri interessi.
Noi, italiani, tale capacità non
l’abbiamo; la Germania ce l’ha, sa
come esercitarla e lo fa con molta
spregiudicatezza.
Bisogna negoziare Veniamo, così, ai modi attraverso i quali abbiamo aderito alla
senza lasciarsi
fondazione dell’Unione Europea
e partecipiamo ai suoi sviluppi.
sopraffare da
Siamo fra i fondatori dell’Ue. Ma
Paesi più
lo siamo nel ruolo di Cenerentola. Il governo Prodi e la presidenspregiudicati
za Ciampi avevano bisogno della
parvenza di un successo internazionale per riparare alle nostre carenze interne. Poiché non eravamo preparati, avevamo cercato, dapprima, di convincere la
Spagna a ritardare la propria adesione alla moneta unica. Ma
dopo che la Spagna — che ha l’antico orgoglio del grande Paese
— aveva aderito all’euro, presi in contropiede, avevamo frettolosamente finito con accettare un cambio lira-euro che ancora pesa sullo sviluppo e sulla crescita della nostra economia.
Non era la prima volta che ci imbarcavamo in un’avventura
superiore alle nostre forze; era già accaduto, per la megalomania di Mussolini, col malaugurato Asse con la Germania di Hitler; che, se avesse vinto la guerra, avrebbe declassato l’Italia da
potenza industriale a Paese agricolo suo fornitore. Ora, non si
tratta di uscire dall’Ue, come pensano alcuni, ma, almeno, di far
pesare o, quanto meno, di saper negoziare meglio i nostri interessi.
Caro Renzi, lasci perdere le dichiarazioni muscolari. Non è
sul terreno delle parole — alle quali nessuno, tanto meno la
Germania, bada — ma su quello dei fatti, che, in Europa, si fa la
sua nobilitate…
[email protected]
❜❜
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Staino
FONDATO NEL 1876
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della Sera del 18 settembre, si precisa
che non esiste nessuna «cartella pazza»
di Equitalia. La cartella in questione
è stata inviata a dicembre 2013 e il
pignoramento dei crediti verso terzi è
avvenuto prima dell’istanza in
autotutela presentata dal contribuente il
24 giugno 2014 all’ente creditore. Si
ricorda che le cartelle sono inviate sulla
base delle indicazioni degli enti pubblici
creditori e le loro richieste di riscossione
rimangono valide fino a quando non
viene comunicato a Equitalia un
provvedimento di annullamento del
debito (sgravio).
Comunicazione e Relazioni esterne
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na + Cor. Como € 1,20 + € 0,50 + € 0,20. In Campania, Puglia, Matera e prov., non acquistabili separati: lun. Corsera + CorrierEconomia del CorMez. € 0,93 + € 0,47; m/m/g/d
Corsera + CorMez. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera + Sette + CorMez. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47;
sab. Corsera + IoDonna + CorMez. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47. In Veneto, non acquistabili
separati: m/m/g/d Corsera + CorVen. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera + Sette + CorVen. € 0,93
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Alto Adige, non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 +
€ 0,47; ven. Corsera + Sette + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47; sab. Corsera +
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0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorBo € 0,62 + € 0,50 + € 0,78. A Firenze e
prov. non acquistabili separati: l/m/m/g/d Corsera + CorFi € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera +
Sette + CorFi € 0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorFi € 0,62 + € 0,50 + €
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PREZZI: *Non acquistabili separati, il venerdì Corriere della Sera + Sette € 1,90 (Corriere €
1,40 + Sette € 0,50); il sabato Corriere della Sera + IoDonna € 1,90 (Corriere € 1,40 + IoDonna € 0,50). A Como e prov., non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + Cor. Como €
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La tiratura di venerdì 19 settembre è stata di 434.405 copie
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“Skylander” € 11,80; con “Diabolik. Nero su nero” € 8,89; con “Grande Guerra. 100 anni dopo” € 12,89; con “Geronimo Stilton. Viaggio nel tempo” € 8,80; con “Tiziano Terzani” € 10,80; con “I capolavori dell’Arte” € 7,80; con “Ufo Robot” € 11,89; con “James Bond collection” € 11,89; con “Scrivi Vecchioni, scrivi canzoni” € 11,89; con “English Express” € 12,89
60
Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Spettacoli
L’intervista
Il maestro, prossimo
direttore principale
del teatro milanese,
dirigerà il Requiem
verdiano in
memoria di Abbado:
«Amico e modello»
«Una nave in una foresta»
Subsonica, nel nuovo album la sfida alla crisi
Subsonica di nuovo insieme. A tre anni
da «Eden», la band electro-rock torna
con il nuovo album «Una nave in una
foresta», che uscirà martedì. «In passato
— raccontano — abbiamo parlato di
mancanza di futuro. Oggi preferiamo
raccontare chi sa di dovercela fare
contando solo sulle proprie forze».
Ieri e oggi
A sinistra, Josè
Carreras, Claudio
Abbado e Riccardo Chailly nel
1977 durante
l’incisione di «Simon Boccanegra» di Verdi. A
destra, il direttore
d’orchestra (61
anni) con il soprano bulgaro
Svetla Vassileva
durante un concerto
che potrebbero giovare alla città».
Altri idee per la sua Scala?
«Dare spazio alla contemporanea.
Una passione che mi viene da mio padre Luciano, compositore. La prossima stagione vedrà due autori come
Kurtag e Battistelli. Intendo proseguire su quella strada. Così come intendo riportare alla Scala i grandi direttori. Negli ultimi tempi c’è stato un
eccesso di giovani, non sempre all’altezza. Mentre ci sono nomi di primo
piano che mancano da anni o addirittura non sono mai venuti».
Tra i problemi della Scala, quello
dei fischi. Non sempre meritati.
«Va instaurato un nuovo rapporto
con il pubblico. Con i loggionisti e
non solo. Mi premono i giovani. Vorrei invitarli sul palco, vicino l’orchestra. Abbado l’aveva fatto per i Brandeburghesi. Per me fu un’esperienza
straordinaria che ora vorrei regalare
ad altri ragazzi. E vorrei anche varare
delle lezioni di ascolto. Come seguire
una sinfonia, ad esempio. Nei Paesi
d’area germanica tutti conoscono la
Chailly: più opere italiane
nel futuro della Scala
«Oltre 600 titoli, un repertorio da sfruttare
I giovani sul podio? Non tutti all’altezza»
MILANO — «Sono più di trent’anni che lo dirigo... Ma quello che eseguiremo il 3 e il 4 ottobre alla Scala
sarà il “Requiem” più emozionante
della mia vita».
Riccardo Chailly non è uso a esternare sentimenti, specie se privati. Ma
quelle due sere che lo vedranno sul
podio del Piermarini, impegnato nel
capolavoro verdiano con un cast straordinario (Anja Harteros, Elina Garanca, Jonas Kaufmann, Ildebrando
D’Arcangelo), saranno per lui ben più
di un concerto.
«Quel “Requiem” stavolta è in memoria di un amico e di un maestro,
Claudio Abbado. Ho cominciato con
lui, come suo assistente alla Scala.
Avevo vent’anni. E c’ero anch’io in
piazza quando Barenboim ha eseguito per lui la “Marcia funebre” della
Terza di Beethoven. Nello struggimento pensai a come onorarne anch’io la memoria. Quel “Requiem”,
che lui amava moltissimo, mi è parso
la risposta».
L’iter di Abbado somiglia al suo.
Anche lei ha diretto a lungo all’estero, a Berlino, ad Amsterdam. E ora
a Lipsia, al Gewandhaus.
«Un lungo viaggio mitteleuropeo
che mi ha portato a vivere grandi culture musicali. Da Mahler a Bruckner,
da Bach a Mendelssohn, da Beethoven a Schumann».
E Brahms. La sua incisione delle
«Sinfonie» per la Decca le ha appena fatto vincere il Gramophone per
il miglior disco e la miglior registrazione.
«È stato impervio. L’orchestra di
Lipsia è depositaria di una formidabile tradizione, ha suonato con
Brahms! Qualsiasi innovazione era a
rischio. Ma un interprete deve scalzare le abitudini, pure secolari. Io non
esco dalla tradizione per essere originale, lo faccio solo se si rischia lo stereotipo. A questo punto della vita lo
sforzo interpretativo deve ripagarmi
interiormente».
Un bagaglio culturale che la rende un direttore italiano «anomalo».
Quanto influirà sul suo lavoro alla
Scala dove approderà come direttore principale dal primo gennaio
2015 e direttore musicale nel 2017?
«Si apriranno molte finestre, anche involontarie. Le influenze non
❜❜
I fischi
mancheranno. Quando dirigo Puccini non posso prescindere da Mahler.
E viceversa. Sinfonica e lirica sono
due facce della musica».
In questi anni si è dedicato molto
più alla prima che alla seconda.
«Ma non ho mai smesso di studiare l’opera. In gioventù ho molto frequentato il melodramma italiano e
non l’ho mai accantonato. Anzi, ho
cercato nuove letture. Come per “Turandot”, che nel 2002 ho diretto ad
Amsterdam con il nuovo finale di Berio. La stessa versione che porterò alla
Scala per l’Expo».
Puccini è il suo grande amore, la
sua ultima volta alla Scala nel 2008
fu con il «Trittico».
«E nella mia Scala Puccini sarà di
Va instaurato un altro
rapporto con il pubblico
e vorrei sperimentare
lezioni di ascolto
Aveva 84 anni
Addio al trombettista Kenny Wheeler, genio del jazz
È morto a 84 anni il trombettista jazz
Kenny Wheeler. Da tempo malato e in
gravi difficoltà economiche, era stato
aiutato dalla comunità internazionale dei
musicisti, che avevano organizzato vari
concerti benefici: ne era previsto uno, il 28
settembre, anche alla Casa del Jazz di
Roma. Wheeler era nato in Canada, ma
aveva scelto l’Europa, trasferendosi a
Londra 22enne. Ciò gli ha impedito di farsi
conoscere adeguatamente fino ai primi
anni 70, quando è entrato nel quartetto di
Anthony Braxton e ha ottenuto la stima
meritata; eppure da più di un decennio era
tra le punte di diamante della scena
britannica. La successiva globalizzazione
del jazz lo ha avuto fra i suoi protagonisti,
non solo grazie a dischi storici (importanti
le incisioni per l’Ecm, con figure quali
Norma Winstone, John Taylor, Dave
Holland, Lee Konitz, Bill Frisell,
addirittura Keith Jarrett) ma anche come
ideatore di brani dai sofisticati colori
armonici.
Claudio Sessa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
casa. Come Verdi e Rossini. Ma anche
Donizetti, che amo tanto. Il repertorio italiano sarà la mia priorità. L’era
Lissner ha avuto il merito di aprire il
teatro ad autori poco frequentati, da
Wagner a Janacek. Ora mi sembra
giusto riproporre il nostro patrimonio lirico. Che è sterminato, oltre 600
titoli, solo un dieci per cento eseguiti.
Il mio sogno è allargare il ventaglio.
Aprire la stagione 2015 con “Giovanna d’Arco” di Verdi, assente dalla Scala da cent’anni, va in quella direzione».
Molte opere però richiederebbero spazi diversi.
«Milano ha la fortuna di avere un
teatro come il Piccolo, mi piacerebbe
avviare delle sinergie produttive con i
suoi spazi. Nuove alleanze culturali
musica. Da noi invece c’è un vuoto
scandaloso. Per quel che potrò cercherò di riempirlo».
Altro scoglio insidioso, la regia.
Le «moderne» scatenano dissensi,
le convenzionali fanno sbadigliare.
«Ma le belle convincono tutti. Non
si tratta di esser innovatori o passatisti ma di scegliere registi bravi e rispettosi delle opere. Troppi allestimenti insensati, troppe volgarità. Le
grandi opere sono così piene di sentimenti fortissimi, non c’è bisogno di
travalicarli».
L’hanno turbata le recenti bufere
su Pereira e i presunti conflitti d’interesse nell’acquisto per la Scala di
produzioni?
«Le bufere passano, tutto si è chiarito. Ho molta stima di Pereira, lo conosco da 30 anni. È una delle ragioni
per cui ho accettato di venire alla Scala».
Cosa le piace di lui?
«Il coraggio. Una dote in via di
estinzione. E in questo momento, soprattutto in Italia, chi si occupa di lirica deve avere un coraggio da leoni».
Giuseppina Manin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Spettacoli 61
italia: 51575551575557
Loren e gli 80 anni
Quattro giorni
di festeggiamenti
per la nostra diva
Insieme Sophia Loren
(80 anni) tra suo figlio
Carlo Ponti Jr (49) e il
magnate Carlos Slim (74)
Ricci: manca l’opposizione
la satira fa da supplente
MILANO — «In questo Paese non c’è vera opposizione, è
quindi naturale che la satira e lo sberleffo debbano fare da
supplenza», dice Antonio Ricci. E lui sul registro si segna
presente da un bel po’ di tempo visto che «Striscia la
notizia» festeggerà lunedì (alle 20.40, su Canale 5) la
27esima edizione. In questo panorama televisivo, i talk
show hanno avuto la peggio: «L’overdose ha portato a una
banalizzazione dei personaggi che partecipano. Quel gran
spettacolo di cagnara che poteva essere la prosecuzione del
“Processo del lunedì”, ospita ormai politici di quarta fila
che non hanno più attrattiva per gli spettatori. Proprio
l’altra sera ho visto un tentativo pietoso da parte di Vespa
di aizzare i suoi ospiti sulla frase di Bindi sulle ministre.
«O
gni donna può figurare al meglio se sta
bene nella sua pelle.
Non c’entrano i vestiti e il trucco,
ma come si brilla». Ieri Sophia
Loren, mentre salutava la folla
fuori dal Museo Soumaya di Città del Messico, ha dimostrato
come la sua non fosse solo una
bella frase. Raggiante sotto il sole messicano, l’attrice aveva al
suo fianco Carlos Slim, magnate
74enne stabile dal 2010 al primo
posto nella classifica degli uomini più ricchi del mondo, proprietario, tra l’altro, anche di
questo museo che, per festeggiare gli ottant’anni della diva, le
ha dedicato una importante
esposizione.
«L’ho conosciuto due anni fa
e abbiamo subito iniziato a parlare di film. E’ nata in quel momento l’idea di questa mostra»,
ha raccontato l’attrice, svelando
gli inizi di un rapporto di stima e
affetto, sul quale qualcuno ha visto anche qualcosa di più.
Di sicuro c’è che già poco dopo le presentazioni, l’uomo più
ricco del mondo ha subito iniziato a pensare al regalo più bello da fare all’attrice per questo
importante compleanno. L’ha
voluta al suo fianco, ha finanziato non solo questa mostra ma
anche una cena di gala sempre
in suo onore (che si inserisce nei
quattro giorni di festeggiamenti
messicani) e al biglietto di auguri ha preferito una dichiarazione: «Oltre che bella, Sophia è
una grande attrice. Lo dimostrano gli Oscar e i suoi film noti in
tutto il mondo. E’ un piacere celebrare la sua carriera».
Ieri, insieme, hanno tagliato il
nastro rosso come l’elegante
completo che indossava l’attrice,
«Striscia» riparte con Pieraccioni
La mostra e il galà messicano
Il re dei magnati celebra Sophia
«Nel 2012 il primo incontro con Slim, appassionato di cinema»
aprendo le porte di una mostra
che la Loren ha osservato tenendosi stretta a suo figlio, Carlo
Ponti junior. In ognuno degli
oggetti esposti c’è il tassello di
una vita con un carico di ricordi.
Chissà che emozioni avrà provato nel rivedere gli abiti che ha in-
dossato nei film che l’hanno resa
un’icona, o quello delle nozze
con Carlo Ponti. E chissà se rivedendo l’Oscar che ha vinto con
La Ciociara è tornata con la memoria a quella notte del 1960.
Glielo avrà chiesto, forse, Carlos Slim. Il magnate dallo ster-
minato patrimonio (76 miliardi
di dollari) è stato tutto il tempo
vicino all’attrice che brillava al
suo fianco e la osservava sorridente mentre lo ringraziava:
«Grazie a lui ho avuto l’opportunità di raccogliere i miei oggetti
in un museo meraviglioso. È
Concerto a Monterrey
Twerking sulla bandiera, Miley Cyrus rischia il carcere
Un twerk di troppo. Potrebbe costare
cara a Miley Cyrus la scelta di fare il
suo celebre movimento di bacino
con un finto sederone di plastica,
martedì, in un concerto a Monterrey.
Questo perché un suo ballerino ha
strofinato contro il finto maxi-sedere
della cantante la bandiera messicana,
contro la quale lei si è strusciata più
volte. Non è piaciuto alle autorità e
ora Cyrus rischia una multa di 1200
dollari o 36 ore di carcere.
commovente». Parlando invece
della statuetta che ogni attore
sogna, è tornata bambina: «Non
ho avuto un solo Oscar... ne ho
avuti due. E quando si riceve un
Oscar è come innamorarsi».
Le emozioni e la voglia di
esprimerle restano forse le migliori amiche dell’attrice, che di
fronte ai ricordi dei suoi primi
80 anni è felice ma non sazia:
«Questa non è una celebrazione
del passato, è il prologo di una
vita molto bella. Ho ancora bisogno di vivere, di lavorare, mi alzo
con un sacco di idee». Del resto
anche la mostra che le ha dedicato Slim, si intitola: «Sophia
Loren, ieri, oggi e domani».
Chiara Maffioletti
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Volti Maurizio Battista, Ludovica Frasca, Irene Cioni e Pieraccioni
Ma quello che si è capito è che Rosy Bindi non è
Berlusconi, nonostante possa impegnarsi: quello che dice
non ha la stessa eco». E, sempre a proposito dei politici
donna, torna su quello che doveva essere l’intento delle
veline: «Sono nate per essere una rappresentazione, una
sottolineatura e una denuncia dell’uso del corpo della
donna nei media. Ora il loro posto è stato preso dalle
politiche». Un programma come «Striscia», insomma, ha
l’intento di evidenziare certi aspetti della realtà:
«Consapevoli che in Italia siamo legati al teatro dei pupi e
la gente spesso se la prende con i pupi e non con chi muove
i fili». Per la prima settimana di questa nuova edizione ci
saranno dietro il bancone Maurizio Battista e Leonardo
Pieraccioni, che dice: «Sono un cabarettista prestato al
cinema. Sono uno di quelli che anche quando va a vedere
gli spettacoli degli amici, da Panariello a Fiorello, spera
sempre che a un certo punto lo chiamino sul palco per dire
le sue bischerate. Questa per me sarà una settimana di
divertimento pazzesco». Del resto, ricorda: «“Striscia” è
una messa, cambia il parroco ma non la sostanza».
C. Maf.
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62
Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Eventi
ALL’AUDITORIUM
DI TORINO
L’appuntamento Il 25 l’avvio
di una stagione con 22 concerti
Le trasmissioni Più dirette
su Rai 5, Radio 3 e in streaming
Frequenze
musicali
La nuova popolarità dell’orchestra Rai
Festeggia vent’anni con Beethoven
e conquista più spazio alla radio e in tv
S
e è vero, come recita un vecchio
proverbio, che «la musica è l’occhio dell’orecchio», nessuna orchestra ha attraversato tanto gli
occhi per incantare le orecchie come
quella della Rai attraverso le sue due
«vite». La prima, iniziata nel 1931, in
cui le orchestre erano quattro, a Torino,
Milano, Roma e Napoli, e sul podio si
avvicendavano, grazie a Francesco Siciliani, bacchette stellari: Bernstein, Karajan (per ben 11 volte) e il fedelissimo
Celibidache o solisti del rango di Arturo
Benedetti Michelangeli. La seconda vita, a partire dal ’94 con una doppia
inaugurazione nel segno dell’alternanza Georges Prêtre-Giuseppe Sinopoli,
ha visto poi confluire le quattro diverse
compagini in un’unica grande Orchestra Sinfonica Nazionale con sede a Torino: da allora sono passati esattamente
vent’anni e l’anniversario sarà festeggiato con tutti gli onori il 25 e 26 settembre all’Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino con la «Missa Solemnis» in re maggiore op.123 di Beethoven interpretata dal direttore principale
Juraj Valcuha, con un cast di grandi voci
come Veronica Cangemi, Eva Vogel,
Jeremy Ovenden, Andreas Scheibner e
il coro Maghini.
Nel fluire da una vita all’altra, l’alleanza tra i due sensi, vista e udito, sancita dalle riprese televisive dei concerti, si
è consolidata come obiettivo prioritario nella progettazione dell’Auditorium
Toscanini, sede dell’Orchestra Rai: fissati alla balaustra della balconata, tre
cestelli di struttura metallica permettono ai cameramen di inquadrare il palco
e la platea da tre posizioni fisse. L’anima spettacolare della musica dell’OSN
si è saldata ulteriormente nelle colonne
sonore per i film di Rai Cinema. Oggi
però l’occhio puntato sulla grande musica è diventato gigantesco e mobilissimo: è possibile vedere molti dei concerti della stagione sul piccolo schermo, in diretta tv su Rai5 e sul web in live streaming, oppure sul portale
www.classica.rai.it che trasmette con
ripresa multicamera, mentre Radio 3
manda in onda tutta la stagione in di-
Oltre ai frequentatori storici, si è avvicinato un pubblico nuovo e giovane,
grazie al successo delle Nove Sinfonie
in Piazza San Carlo e a iniziative dedicate alla Nuova Musica con brani rimixati
da dj nell’intervallo dei concerti. Abbiamo fatto scalpore. Valutiamo con attenzione i commenti del pubblico in streaming».
I figurini dell’illustratore Brunelleschi
Il tocco
dell’artista
A sinistra, due
bozzetti realizzati
nel 1938 dal
fiorentino Umberto
Brunelleschi
(1879-1949),
attivo soprattutto
a Parigi e amico
di Picasso, per la
messa in scena alla
Scala di «I Pescatori
di perle» di Bizet,
riproposti ora
dall’orchestra Rai in
forma di concerto
retta.
Ma questa platea virtuale, potenzialmente infinita, non ha eroso il numero
di spettatori abituali che seguono dal
vivo la stagione. Tutt’altro: «Abbiamo
registrato, con soddisfazione, un’impennata del 12% in più negli abbonamenti e un vistoso incremento nella
vendita dei biglietti — conferma il direttore artistico Cesare Mazzonis —.
La nuova stagione porta in dote 22
concerti con alcune punte di diamante:
il 4 e 5 dicembre Semyon Bychkov dirige l’Ottava Sinfonia di Bruckner, l’americano James Conlon è atteso il 18 e 19
dicembre; da non perdere, il 4 novembre, il recital di Lang Lang, oltre, ovviamente, alla «Missa Solemnis» di Beethoven in apertura. Poi, interpreti del
calibro di Viktoria Mullova, Renaud Ca-
puçon, Michele Mariotti, Marc Albrecht, Krassimira Stoyanova, Fabio Biondi, Sol Gabetta, Beatrice Rana e David
Garrett, tra cui spuntano scelte sfiziose
come «I pescatori di perle» di Bizet in
forma di concerto (con giovani solisti
italiani diretti da Ryan McAdams,
proiezioni e un incontro su Emilio Salgari e l’India immaginaria) o come
«The red violin» di John Corigliano per
violino e orchestra in una serata americana.
Spiega Mazzonis: «È una stagione in
equilibrio tra il repertorio e brani mai
sentiti dal nostro pubblico per tracciare
una continuità con il passato e, allo
stesso tempo, andare oltre. Registriamo una crescita di qualità nei nuovi
elementi selezionati severamente dai
nostri concorsi: questo porterà un’ondata positiva nell’orchestra che oggi ha
un organico di 130 elementi, con 12
stranieri».
La memoria storica dell’Orchestra
Sinfonica Nazionale della Rai è Maurizio Pasculli, contrabbassista: «Sono nato un mese dopo l’inizio delle trasmissioni della Rai, nel 1954, quindi ho la
stessa età della televisione italiana, sessant’anni». Ricorda: «Di quarant’anni
di orchestra Rai restano impresse in me
serate magiche: la “Traviata” a Parigi
trasmessa in diretta, sul podio Zubin
Mehta come un “deus ex machina” e
Vittorio Storaro alla fotografia, e il concerto popolare di valzer e polke di
Strauss diretto dall’ucraino Igor Markevic al Teatro Fraschini di Pavia e salutato dal pubblico con una pioggia di rose.
Rispetto ad allora, oggi in orchestra ci
sono giovani colleghi dell’Est Europa e
si respira un’aria più continentale».
Valeria Crippa
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✒
Quel duetto d’amore senza eguali. E l’Italia salvò il capolavoro di Bizet
di ENRICO GIRARDI
I
l detto che nessuno è profeta in patria si rivela
quanto mai veritiero nel caso dell’opera «I
pescatori di perle». Al suo apparire a Parigi nel
1863, quando l’autore era un 25enne non ancora
affermato, quello che oggi è considerato il
capolavoro di Georges Bizet, «Carmen» a parte,
fu accolto bene dal pubblico ma non dalla critica,
cosicché scomparve dai cartelloni d’opera e
rimase negletto fino all’Esposizione universale di
Parigi del 1889. In tale occasione, fu l’impresario
Sonzogno a riproporla, in traduzione italiana,
forte del gradimento di cui certi numeri — in
particolare la romanza tenorile «Mi par d’udire
ancora» — godevano nelle platee italiane.
Seppur nell’imbarazzo dei francesi, questo nuovo
battesimo fu un successo, tale da spiegare perché
per decenni l’opera abbia circolato nei teatri di
ogni dove non nella versione originale ma
appunto in traduzione italiana. D’altra parte, la
prima qualità di quest’opera consiste proprio
nell’effusività italiana del suo lirismo, che si
ravvisa non solo nella sopra ricordata romanza
ma anche nel duetto del secondo atto, forse il più
bel duetto d’amore della storia dell’opera. Altre
qualità precipue si ravvisano nell’esotismo e
nella strumentazione. Quanto al primo, basti
dire che l’impiego di stilemi dal sapore orientale
era cosa nuova quando Bizet compose l’opera e
divenne di maniera proprio a partire dalla celebre
Esposizione universale del 1889. Bizet, insomma,
fu precursore. Quanto alla seconda, si scopre
nell’uso di sonorità del tutto inedite, frutto di
una scrittura che non tratta gli strumenti «per
famiglie» ma secondo associazioni inconsuete.
Non a caso, tra i primi ad ammirare «I pescatori
di perle» si annovera Hector Berlioz, il più
audace orchestratore dell’Ottocento. Se è vero poi
che il punto debole dei «Pescatori» consiste in un
libretto un po’ «sbilenco», ecco perché non è un
peccato, ma anzi addirittura un vantaggio, se
non si rappresenta l’opera in forma drammatica
ma la si esegue in forma di concerto, come
avverrà quest’anno nel corso della stagione
dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’incontro Il direttore principale
Il solido Valcuha
«Non dimentico
il cymbalon
di mio nonno»
J
urai Valcuha è personaggio schivo ma solido, riflessivo ma pratico; quando gli si chiede un bilancio delle sue prime quattro stagioni da direttore principale dell’orchestra
Rai, snocciola senza particolare enfasi: «Il numero degli abbonati e del pubblico è sempre
cresciuto; il trend è già confermato dagli abbonamenti per la stagione 2014-15, mi attendo lo stesso anche per le presenze in sala».
Punto a capo, giusto una parentesi per concedersi un accento di soddisfazione «per l’idea
di eseguire tutte le sinfonie di Beethoven in
piazza a Torino: è stata un’esperienza che ci ha
avvicinato molto alla città e che ha allargato il
nostro pubblico tradizionale; infatti la scorsa
stagione abbiamo proposto Mozart con la stesa formula».
D’altronde per il 38enne maestro slovacco
la strada non è mai stata scontata: partire da
Bratislava per catapultarsi in realtà completamente diverse, sfidare miti e coltivare sogni
non è stato semplice. «Quando decisi di andare a studiare a San Pietroburgo mi guardarono
come un matto: nel 1995 il governo russo aveva messo a disposizione delle borse di studio
aprendo le proprie scuole, e sa quanti slovacchi le sfruttarono? Solo io, volevano tutti andare in Occidente! Mi hanno confermato dai
ministeri che fui l’unico». Non era follia, ma la
voglia di incontrare il mitico Ilia Musin: «Il
grande maestro di tutti i grandi direttori russi;
quando lo incontrai aveva 93 anni: era nato tre
anni prima di Shostakovich, lo aveva conosciuto, aveva suonato al pianoforte la sua prima sinfonia quando non era ancora stata pubblicata. Pendevo dalle sue labbra, la storia della musica si era fatta carne e si stava raccontando davanti ai miei occhi. Inoltre ogni
settimana potevo assistere alle direzioni di
Gergiev, Termikanov e Jansson, a quel tempo
direttore principale ospite al Mariinskij: ero
catapultato nella vita musicale di una città che
aveva la stessa popolazione di tutto il mio Paese».
E pensare che il podio fu un bivio casuale
nella carriera di Valcuha: «Ho incontrato la
musica a otto anni, quando dalla soffitta
emerse il cymbalon di mio nonno: lui suonava musica popolare e un po’ tutti gli strumenti, ma in particolare il cymbalon. Presi delle
Gli studi
❜❜
Controvento
Quando andai
a studiare
in Russia mi
presero per
matto. Tutti
andavano
in Occidente
L’aumento
❜❜
Il pubblico
Gli abbonati
sono cresciuti
del 12%,
mi attendo
lo stesso da
chi compra
il biglietto
Priorità
❜❜
Orchestra
Non mi
interessa il
«grande
invito», ma il
secondo a
dirigere lo
stesso team
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Slovacco A 33 anni,
Juraj Valcuha è
direttore Principale
dell’Orchestra
Sinfonica Nazionale Rai
Eventi 63
italia: 51575551575557
La guida Il 25 settembre l’Orchestra Sinfonica
Nazionale della Rai festeggia i suoi primi
vent’anni e inaugura una nuova stagione di 22
concerti, programmati all’Auditorium Rai Arturo
Toscanini di Torino, tutti trasmessi in diretta su
Radio3, in gran parte anche su Rai5 e sui
portali www.classica.rai.it e www.osn.rai.it. izi
L’altra rassegna L’Orchestra Sinfonica
Scarica
l’«app»
Eventi
Nazionale della Rai propone ogni anno, a
febbraio, la rassegna Rai NuovaMusica,
dedicata alla musica contemporanea. In
programma opere commissionate dalla Rai,
prime assolute e prime italiane, proposte dagli
interpreti della musica di oggi.
Informazione, approfondimenti,
gallery fotografiche e la mappa degli
appuntamenti più importanti in Italia.
È disponibile sull’App Store
di Apple la nuova applicazione
culturale del «Corriere della
Sera Eventi».
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L’intervento Il pianista cinese Lang Lang, star mediatica: il suo recital a Torino il 4 novembre
Protagonisti
Il museo del cinema e le sfilate
La mia camera con vista sull’Italia
Che magia il concerto di Rachmaninov sotto la pioggia a Milano
di LANG LANG
Q
lezioni, mi iscrissi in Conservatorio e imboccai deciso la strada della composizione; il curriculum di studi prevede anche un corso di direzione, lo feci senza tanta convinzione ma i
professori mi suggerirono di approfondire.
Seguii il consiglio e il salto a San Pietroburgo
fu tanto rapido quanto naturale». Dopo due
anni e mezzo il passaggio a Parigi: «Masterclass dove passarono bacchette prestigiose;
mi impressionò molto Panula». Non ricorda il
momento in cui ha capito che avrebbe potuto
entrare nei grandi circuiti: «Non mi interessa
il grande invito, ma il secondo invito: conferma che è piaciuto il lavoro che ho fatto, che
l’orchestra è stata contenta e vuole farsi dirigere ancora dal sottoscritto». Gli è capitato ormai molte volte: «Con alcune orchestre, penso
soprattutto a Pittsburg, la collaborazione è assidua; ma con la Rai è un’altra cosa ancora;
quest’anno dirigerò otto programmi, inaugurando con la Missa Solemnis di Beethoven,
spaziando da Vivaldi, Mozart e Beethoven fino
a Mahler, Stravinskij e Shostakovich; poi i cinque concerti della tournée in Svizzera e Germania; in tutto sono più di due mesi di lavoro,
che portano il rapporto a un livello più intenso e profondo; non sono due conoscenti che si
incontrano ogni tanto quando le loro strade si
incrociano, ma due amici che passo dopo passo percorrono la stessa via, scoprendo assieme fin dove si stanno spingendo».
Enrico Parola
© RIPRODUZIONE RISERVATA
uando penso all’Italia,
penso ai tanti concerti
tenuti in posti meravigliosi. Quest’anno sono
stato a Roma e a Milano, e a breve
ci tornerò. E suonerò anche a Torino e Firenze. Ricordo il Museo nazionale del cinema a Torino: un
luogo magico in cui si apprezza
non solo la storia della «settima
arte», ma si avvertono anche le
emozioni evocate da grandissimi
film. Perché ritrovarsi faccia a faccia con l’uovo di «Aliens» è davvero sorprendente!
Potrei elencare un’infinità di
monumenti unici a Roma, ma
preferisco ricordare lo splendido
Auditorium Parco della musica,
dove ho suonato con un direttore
straordinario, Antonio Pappano, e
l’orchestra di Santa Cecilia. Si direbbe che questo luogo sia stato
davvero concepito e realizzato per
sentirsi circondati dalla musica.
Firenze è una delle città più
ammirate al mondo. L’ho visitata
in svariate occasioni e ho imparato ad amarla, non solo per il suo
patrimonio artistico, ma anche
perché è una città cosmopolita,
capace di richiamare artisti da tutto il mondo. Pensiamo solo all’idea di una città libera e romantica inventata dagli inglesi nel periodo vittoriano, un’idea che Edward Morgan Forster seppe
cogliere con tanto acume nel suo
romanzo Camera con vista. C’è un
luogo che amo in modo particolare nel Parco alle Cascine, dove ha
appena spalancato i battenti il
nuovo Teatro dell’Opera. Proprio
alla sua estremità si ammira un
curioso monumento, il busto di
un principe indiano sotto un baldacchino, Rajaram Chuttraputti di
Kolhapur. Nel suo viaggio di ritorno da Londra, il giovane principe
alloggiò a Firenze, dove purtroppo si ammalò e morì, all’età di 20
anni. Il suo corpo fu cremato secondo i riti indù, e le sue ceneri disperse in Arno. L’evento incuriosì
i tanti fiorentini che parteciparono alla cerimonia e da quel giorno
Semyon Bychkov
Il direttore condurrà il 4
dicembre la Sinfonia n. 8
in do minore
di Anton Bruckner
James Conlon
Sul podio il 18 dicembre
per un concerto di
Rachmaninov e una
sinfonia di Ciaikovskij
Incontri
Lang Lang (1982)
col maestro
Frühbeck de
Burgos (Photo
Stu Rosner).
A destra, con
Giorgio Armani
nel dopo sfilata
della collezione
uomo primaveraestate 2013
il luogo è denominato «l’Indiano». Anche il viadotto, costruito
nel 1972 nelle vicinanze del monumento, ne ha preso il nome.
Nel maggio scorso a Milano ho
vissuto una delle esperienze più
❜❜
Il pellegrinaggio
A Firenze rendo omaggio
al busto del principe
indù le cui ceneri furono
sparse nell’Arno
incredibili della mia vita: ho suonato a Piazza Duomo con la Filarmonica della Scala e Esa Pekka Salonen. Quasi cinquantamila persone erano accorse ad ascoltarci e
all’improvviso si è messo a piovere, ma nessuno si è mosso, la gente ha cercato riparo sotto il proprio
ombrello o sotto quello del vicino.
Stavo suonando il secondo movimento del Secondo Concerto di
Rachmaninov in quel momento, e
l’atmosfera si è colorata di sfumature magiche.
Sono anche innamorato della
cucina italiana. Viaggio moltissimo, ma per sentirmi a casa e per
mantenermi in forma prediligo la
cucina cinese. In Italia però questo
è impossibile: la vostra cucina è
davvero irresistibile, tanto squisita quanto varia e fantasiosa. Ogni
volta che vengo in Italia trovo
qualcosa di nuovo ed è sempre
fantastico. Sarà perché mi ricordano quelle cinesi, ma le vostre tagliatelle sono proprio irresistibili.
E l’Italia è il Paese della moda!
Non posso dire di essere schiavo
della moda, anche perché ho ben
poco tempo da dedicare allo shopping. Ma adoro gli stilisti italiani.
Ho incontrato di persona Giorgio
Armani in diverse occasioni, ed è
lui che cura i miei completi da
concerto. Proprio come alla recente premiazione dei Grammy
Awards a Los Angeles, dove ho
suonato insieme alla celebre band
Metallica indossando uno smoking bianco creato appositamente
da Armani. Una volta mi ha persino invitato in un suo negozio e mi
ha offerto un regalo speciale: potevo scegliere tutti gli abiti che volevo! Un sogno! Alla fine però,
quando tutte le scatole sono arrivate a casa mia a New York, sono
stato costretto ad acquistare un
armadio più grande!
(traduzione Rita Baldassarre)
Sol Gabetta
La violoncellista argentina
si misurerà il 23 aprile con
il concerto n.1 in la minore
op.33 di Saint-Saens
Krassimira Stoyanova
Il soprano interpreterà
il 7 maggio 2015
i Quattro ultimi Lieder
di Richard Strauss
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il personaggio Il tenore emergente, già scelto da Abbado e Pappano, ha riscattato un’infanzia difficile
Fanale: «Cantare è stata la mia sfida alla vita»
L
a spiaggia esotica, il fruscio
delle palme, il cielo palpitante di stelle. Il canto di un pescatore, Nadir, che evoca il fantasma d’amore di una donna
così affascinante da fargli rompere il patto dell’amicizia. «Je
crois entendre encore...» L’eco
della voce di Leila, fanciulla sacra agli dei, torna nella notte
calda e profumata, al ritmo di
una struggente barcarola. Una
delle romanze più perturbanti e
sensuali della lirica, quella de «I
pescatori di perle» di Bizet. Ma
anche una delle più insidiose
per il temerario che la canta.
«Richiede una capacità di cesellare ogni passaggio, di controllare l’emissione ogni istante
senza mai lasciarla andare, di
far trasparire la tensione amorosa senza eccedere in slanci...»,
spiega Paolo Fanale, tenore «di
grazia», la cui voce chiara ben si
addice al ruolo. E così, pur consapevole di precedenti come Gigli e Kraus, Carreras e Pavarotti,
Fanale, affronterà Nadir il prossimo marzo a Torino, con l’Orchestra della Rai guidata da
Ryan McAdams, in diretta su
Radio3 e in tutta Europa grazie a
Euroradio. Un titolo raro, proposto in forma di concerto ma
arricchito, su idea del direttore
artistico Cesare Mazzonis, di
suggestioni visive ispirate a
quell’esotismo immaginario caro a chi ama i romanzi di Salgari.
«Una favola traboccante di passioni, un personaggio romantico di quelli che piacciono a me»,
prosegue Fanale, palermitano,
che 7 anni fa iniziò la carriera
con un altro ruolo impervio,
Don Ottavio nel Don Giovanni.
E a proposito di eroi romantici, l’altra sera a Parigi si è cimentato nel «Romeo et Juliette»
di Berlioz, con Daniele Gatti sul
Umili origini
Vengo da una famiglia
modesta. Siamo tre
fratelli, mia madre ci ha
abbandonati da piccoli
Romanticismo
Amo i personaggi come
quello dei “Pescatori di
perle”, perché traboccano
di amore e passioni
podio dell’Orchestre National
de France. «Uno dei miei Romei
— scherza —. L’altro che amo è
quello da protagonista di Gounod». La sua Giulietta però si
chiama Giuseppina. «Mia moglie. Un grande d’amore, per
fortuna con happy end». La fortuna fa parte dei ferri del mestiere. «Per me in modo particolare. Vengo da una famiglia modesta. Siamo tre fratelli, mia
madre ci ha abbandonati da piccoli... E mio padre, un giardiniere comunale, ha dovuto fare anche le sue veci. Ci siamo fatti
forza per tenerci stretti. La nostra casa la chiamavamo il covo
dei leoni. I soldi erano pochi ma
mio padre, che aveva notato la
mia passione per la musica, fece
salti mortali per farmi prendere
lezioni di piano. Poi è arrivato il
Conservatorio, la scoperta della
voce... Cantare per me è stata
anche una sfida alla vita».
Sfida vinta. A 32 anni Fanale
può vantare in curriculum incontri musicali meravigliosi.
Con Claudio Abbado, che nel
2012 lo volle a Salisburgo nella
Messa in mi bemolle di Schubert. Con Tony Pappano che nei
«Troyens» di Berlioz (arrivati
anche alla Scala) gli ha affidato
il micidiale ruolo di Hylas e l’ha
già prenotato per quello del
Messaggero nell’«Aida» che registrerà l’anno prossimo con
Kaufmann. E sempre nel 2015
sarà al Maggio fiorentino nel
«Pelleas et Melisande» di Debussy diretto da Gatti. «È la prima volta che un italiano è chiamato a fare Pelleas». Un’altra
scommessa. «Chi decide di de-
Lanciato
Paolo Fanale, 32 anni (qui in
un «Così fan tutte» a Parigi ).
Canta a Torino nei «Pescatori
di perle» di Bizet nel ruolo di
Nadir il 12 e 13 marzo 2015
dicarsi alla lirica in Italia oggi
deve essere pronto a battersi
contro i mulini a vento. Per questo, il primo consiglio a un giovane è di non pensare a facili
successi. Qualche giorno fa ho
ascoltato un ragazzo, una bella
voce. Se ti impegni potresti diventare davvero un tenore, gli
ho detto. Ma poi ho capito che
non puntava all’opera ma al
pop. Che rende “molto e subito”. Ma finisce anche in fretta.
Penso ai tre “tenorini”. Ignazio
Boschetto abita vicino a me a
Palermo, gli ho dato anche lezioni di canto. Lui ha delle doti,
ma gli altri due... Dovrebbero
studiare molto. Se vanno avanti
così, rischiano di bruciarsi in
poco tempo. Peccato. Il grande
Alfredo Kraus diceva che se non
c’è evoluzione mentale non c’è
neanche evoluzione vocale. Per
cantare bene bisogna fare un po’
di silenzio dentro di sé».
Giuseppina Manin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
64
Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Sport
Serie A
3a giornata
Striscione antisemita a Belgrado
Il Partizan rischia grosso dopo lo striscione «Solo ebrei e conigli»
esposto dai suoi tifosi, nello stadio di Belgrado, contro quelli del Tottenham durante la partita di Europa League. «È inaccettabile ed è una
mancanza di rispetto nei confronti del nostro club», le parole di Pochettino, tecnico del Tottenham. L’Uefa ha già avviato un’inchiesta sul Partizan.
Alta quota Stasera rossoneri e bianconeri si affrontano, insieme alla Roma (in campo domani) condividono la testa della classifica
Le quote Snai
1 X
2
OGGI
ore 18
2,65 3,10 2,75
Cesena-Empoli
(Gavillucci)
ore 20.45
3,20 3,30 2,25
Milan-Juventus
(Rizzoli)
DOMANI ore 12.30
2,70 3,10 2,70
Chievo-Parma
(Damato)
ore 15
2,80 3,20 2,55
Genoa-Lazio
(Guida)
1,30 5,50 9,00
Roma-Cagliari
(Peruzzo)
Sassuolo-Sampdoria 2,75 3,25 2,55
(Di Bello)
ore 18
Atalanta-Fiorentina 3,00 3,30 2,35
(Russo)
Udinese-Napoli 3,10 3,40 2,25
(Tagliavento)
ore 20.45
3,85 3,40 1,95
Palermo-Inter
(Valeri)
1,90 3,45 4,00
Torino-Verona
(Banti)
Fonte: Snai - Dati: Monica Colombo
C.D.S.
Classifica
MILAN
JUVE
ROMA
INTER
SAMPDORIA
ATALANTA
VERONA
LAZIO
NAPOLI
UDINESE
6
6
6
4
4
4
4
3
3
3
CHIEVO
CESENA
CAGLIARI
PALERMO
GENOA
FIORENTINA
TORINO
SASSUOLO
PARMA
EMPOLI
Cesena
Empoli
(3-4-2-1)
1 Leali
25 Capelli
6 Lucchini
14 Volta
24 Perico
34 Cascione
10 Coppola
33 Renzetti
11 Brienza
89 Marilungo
18 Djuric
(4-3-1-2)
33 Sepe
23 Hysaj
26 Tonelli
24 Rugani
21 Mario Rui
88 Vecino
6 Valdifiori
11 Croce
18 Verdi
10 Tavano
20 Pucciarelli
3
3
1
1
1
1
1
1
0
0
Juventus
(4-3-3)
32 Abbiati
20 Abate
13 Rami
17 Zapata
2 De Sciglio
16 Poli
34 De Jong
4 Muntari
10 Honda
7 Menez
92 El Shaarawy
(3-5-2)
1 Buffon
4 Caceres
19 Bonucci
3 Chiellini
26 Lichtsteiner
6 Pogba
8 Marchisio
37 Pereyra
22 Asamoah
14 Llorente
10 Tevez
4a giornata
Ieri
Carpi-Trapani
Spezia-Entella
Oggi, ore 15
Bari-Livorno (Minelli)
Bologna-Crotone (La Penna)
Brescia-Ternana (Ghersini)
Catania-Modena (Di Paolo)
Cittadella-Pescara (Ros)
Latina-Avellino (Baracani)
Perugia-Vicenza (Nasca)
Pro Vercelli-Varese (Abbattista)
V. Lanciano-Frosinone (Fabbri)
2-2
1-0
9
8
7
7
6
5
5
5
4
4
4
FROSINONE
AVELLINO
MODENA
VARESE (-1)
PRO VERCELLI
BRESCIA
PESCARA
CATANIA
VICENZA
CROTONE
ENTELLA*
(*) Una partita in più
Tutti i gol
e le immagini
della giornata
su
MILANO — Con i cieli che promettono pioggia per questa sera di metà settembre, con l’attenzione di Milano divisa fra moda e grande calcio, Pippo Inzaghi sogna «la partita perfetta».
Lui che fu in campo nella notte del 2 maggio del
2007 quando, sotto secchiate d’acqua, il Milan
nella semifinale di Champions umiliò il Manchester United nella gara ricordata come perfetta, aspira a ripetersi. «Sono felice per la mia
squadra che arriva a questo appuntamento con
sei punti. Possiamo giocare senza aver nulla da
perdere. Siamo consapevoli della forza della Juve
ma giocheremo in uno stadio strapieno e io so la
carica che può dare San Siro. Non partiamo bat-
Incomprensioni superate
«Allegri ed io abbiamo avuto in
passato qualche tensione, ma ci siamo
chiariti. Guardiamo avanti, del resto
penso che sia un allenatore preparato»
Classifica
PERUGIA
TRAPANI*
TERNANA
SPEZIA*
CARPI*
V. LANCIANO
LIVORNO
LATINA
CITTADELLA
BOLOGNA
BARI
La Juve Le emozioni di Allegri: «Non sono una macchina»
Pippo, il piano perfetto La sfida dell’uomo Max
«Si può fare l’impresa» «Sì, per me è speciale»
Arbitro: RIZZOLI di Bologna
Tv ore 20.45, Sky Sport 1 e Calcio 1,
Premium Calcio
Serie B
La prima verità
Il Milan Inzaghi chiede aiuto: «Io so cosa può fare San Siro...»
Arbitro: Gavillucci di Latina
Tv: ore 18, Sky Calcio 1
Milan
Contro Massimiliano
Allegri, 47 anni, e a sinistra
Filippo Inzaghi , 41, oggi di
fronte (LaPresse)
4
4
4
3
3
3
2
1
1
1
1
tuti».
Biglietti super-esauriti (ma c’è ancora posto
davanti al maxi-schermo di Casa Milan) per la
sfida che l’allenatore rossonero avrebbe voluto
giocare più avanti. «Sarebbe stato meglio affrontare i bianconeri con qualche mese in più di
rodaggio. Loro si sono rafforzati e non prendono
gol dallo scorso 28 aprile. Non so dove arriveremo ma so da dove siamo partiti. Non possiamo
pensare di essere alla loro altezza ma mi auguro
che il pubblico ci aiuti a compiere l’impresa».
Ieri ricorrevano i due anni dalla lite epica al
Centro Vismara fra Pippo e Max, il primo a quei
tempi tecnico degli Allievi nazionali, il secondo
allenatore (sotto tiro) del Milan. Con la panchina
già bollente, a inizio campionato, Allegri accusò
il suo ex giocatore di tramare per portargli via il
posto. Volarono insulti e spintoni davanti a ragazzini e genitori attoniti. Oggi regna la diplomazia. «È il duello fra Milan e Juve, non fra me e
Allegri» minimizza conciliante Inzaghi. «Abbia-
mo avuto qualche incomprensione in passato
ma poi ci siamo chiariti. Guardiamo avanti, del
resto penso che sia un allenatore preparato altrimenti non avrebbe guidato le squadre che ha allenato. A Torino ha trovato una squadra che aveva già delle certezze, gli auguro il meglio. Ma da
domani». C’è da scommettere che anche per la
rivalità con il tecnico a cui imputa di avergli interrotto prematuramente la carriera da calciatore, Pippo preparerà questa partita con maggior
cura e maniacalità del solito. Attento alla dieta
dei suoi giocatori (tanto che quest’anno ha introdotto il pranzo obbligatorio a Milanello pressoché quotidianamente), vigile sulla loro condotta extra-campo (ecco perché il ritorno di Taarabt è stato bocciato e Rami e Mexes nell’ultimo
periodo sono finiti nel mirino), meticoloso nello
studiare le caratteristiche degli avversari (anche
attraverso video), si appresta al match senza
rancori verso la ex squadra («con Andrea Agnelli
ho un ottimo rapporto: mi ha mandato un messaggio dopo il successo al Viareggio. E Paratici è
mio amico»). Non si pone limiti («Juve e Roma
sono di un altro livello, poi ci sono altre sei-sette
squadre fra cui noi. Possiamo giocarcela»), ma al
contempo resta con equilibrio e realismo ben
ancorato a terra. «Questo non è più il Milan di
una volta che si poteva permettere di non guardare gli avversari e impostare la sua partita. Non
dobbiamo avere la presunzione di credere che le
nostre idee siano Vangelo, perciò i rivali dobbiamo studiarli bene».
Inzaghi si affida agli uomini che hanno compiuto l’impresa a Parma: «Honda si allena negli
spogliatoi, a casa. Praticamente sempre. Menez?
Prima nessuno lo considerava, ora è un fenomeno. Ma se fra due mesi non segnerà sarà di nuovo un parametro zero». Con loro torna El Shaarawy, brillante dopo essere stato fermato dall’infiammazione alla caviglia. Solo in panchina Fernando Torres, pronto a essere lanciato nella
mischia nella ripresa. «Non so come finirà, di
certo la Juve stasera non avrà più voglia di noi».
Monica Colombo
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DAL NOSTRO INVIATO
TORINO — Ma che sapore ha una giornata
uggiosa? Mogol e Battisti non danno risposte
certe a questo fondamentale quesito esistenziale.
Bisognava leggerle tra le righe. Più chiaro il livello emozionale di Massimiliano «Max» Allegri che
torna a Milano (dove viene spesso, avendo casa e
figlia all’università) da avversario, dopo tre anni
e mezzo finiti bruscamente. Memorie d’amicizie,
rumore d’inimicizie. «Non sarà una partita uguale alle altre. Non sono una macchina sono un uomo. Ho vissuto tre anni e mezzo intensi al Milan,
abbiamo vinto insieme uno scudetto, una Super-
Scorciatoia e gavetta
«Inzaghi è stato un grande
campione, come allenatore
ha iniziato subito dall’alto. Io invece
sono partito dalle piccole squadre»
coppa; tre anni indimenticabili, che fanno parte
del passato della mia vita professionale ma anche
umana, perché di una società e di una città ti restano rapporti interpersonali che vanno oltre
quelli professionali. Per me sarà una serata di
forti emozioni, ed è normale che sia così».
Ci sono rapporti che resistono alle intemperie.
Vedi con Adriani Galliani. «Abbiamo un rapporto
ottimo. Così l’ho avuto positivo con tutti gli altri
che hanno lavorato al Milan e con lo stesso presidente». Max è asciutto e carico, quasi brilla nel
grigio di Vinovo. «Come noi abbiamo preparato
la gara nel migliore dei modi così hanno fatto loro. È sempre Milan-Juventus, sfida affascinante,
bella, in uno stadio pieno e in questo momento
una partita così può far solo bene al calcio italiano».
Giusto, ma stasera le luci a San Siro si accenderanno soprattutto su lui e l’altro, sui rapporti
burrascosi. Vedi con Filippo Inzaghi. Linea morbida, ma affilata. «Ma no, assolutamente. Filippo
e io abbiamo due storie completamente diverse a
livello professionale. Lui è stato un grandissimo
campione, ha vinto tutto da calciatore, la mia carriera non è paragonabile alla sua, nemmeno una
decima parte. Come allenatore io ho iniziato molto prima di lui, dalle piccole squadre, con i risultati sono riuscito ad arrivare, dopo i tre anni a Cagliari, al Milan e alla Juventus. Lui ha avuto la fortuna e la responsabilità di allenare subito il Milan, che è casa sua. Gli auguro tutte le fortune del
mondo. Da domenica, ora ci terrei a vincere io».
Chapeau. Un modo da dottor sottile per sottolineare che c’è chi fa la gavetta e chi salta la fila.
E dunque, che Milan troverà? «La forza del Milan è una buona campagna acquisti, con 6/7 giocatori, gli ultimi due Torres e Bonaventura, di
grandi qualità agonistiche ma anche morali.
Stanno ricostruendo quello che negli ultimi mesi
si era perso e Inzaghi è stato bravo a ridare entusiasmo a un club in difficoltà. Non dobbiamo temere nulla, ma dobbiamo prepararci a una squadra che non ha solo tecnica ma anche voglia di rivalsa. Il Milan vuole dimostrare che può lottare
per i primi tre posti, per cui ci sono la Roma, non
la scopriamo solo per il 5-1 in Champions, l’Inter
che ha fatto un ottimo mercato, il Napoli che si è
risollevato in Europa League. I quattro gol presi a
Parma? Capita una partita anomala, ma noi teniamo presente quella con la Lazio dove il Milan ha
dato segni di grande solidità. Non è facile affrontarlo, ma al tempo stesso per loro non è facile affrontare noi. Non c’è una favorita. Per loro è importante per il prosieguo del campionato, ma ora
parlare di scudetto è prematuro».
Il moderato Max al di là della dialettica pacifista vuole lo scalpo di Inzaghi. Per questo non ci
saranno grandi cambiamenti. «La Juventus il turnover l’ha già fatto “involontariamente”. Ora abbiamo bisogno di tutti». Unico dubbio: Arturo
Vidal in ballottaggio con Roberto Pereyra. Il cileno vuole giocare, bisogna valutare il rischio. Staffetta? Anche con el Guerrero a mezzo servizio,
non sarà difficile vedere una Juventus bellicosa.
Roberto Perrone
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Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Sport 65
italia: 51575551575557
Volley, ecco le semifinali iridate Contador al Giro, oggi il «Pantani»
Il Mondiale maschile è alla fase decisiva. Oggi a Katowice si giocano le due
semifinali (diretta su Raisport1): alle 16.30, Francia e Brasile, alle 20.15 Germania e Polonia. Domani le finali. Oggi a Lodz, Russia-Iran per il 5°posto.
BASKET — Trofeo Lombardia a Desio: Milano sfida Varese, che ingaggia il
play Deane e tratta l’ex azzurro Marconato; Cantù affronta invece Cremona.
Alberto Contador ha annunciato ieri che «il primo obiettivo del 2015 sarà
la partecipazione al Giro d’Italia». Oggi a Cesenatico (via alle 11.30) si disputa l’undicesima edizione del Memorial Pantani. La vedette sarà Vincenzo Nibali, assieme ad Aru, Paolini, Caruso, Visconti, Bonifazio: ieri il vincitore del
Tour ha consegnato, in forma privata, la maglia gialla alla famiglia del Pirata.
Il presidente Berlusconi è tornato a occuparsi del club tutti giorni
«Una vittoria cancellerà
due anni di delusioni»
MILANO — Tutto è cominciato
con l’esonero di Clarence Seedorf.
Una scelta dolorosa, anche e soprattutto perché rappresentava una
scommessa personale persa, alla fine
di un anno dei più complicati, con il
Milan fuori dalle Coppe, un equilibrio societario precario, un’insoddisfazione diffusa dentro e fuori la
squadra.
È allora che Silvio Berlusconi ha
deciso di inaugurare un nuovo corso
nei rapporti con la sua creatura preferita, il Milan. Il presidente è tornato. Per lui è senz’altro anche un piacere. Per la figlia (e ad) Barbara e l’altro ad Adriano Galliani cominciava a
diventare una necessità. Barbara l’ha
ripetuto spesso a suo padre: se non ti
fai vedere può sembrare che il Milan
non ti interessi più, inoltre continueranno a diffondersi voci su una possibile cessione; tutti in società hanno
bisogno delle tue motivazioni.
Il padre l’ha ascoltata. Per prima
diversi no (per esempio, all’arrivo di
Samuel Eto’o). Le decisioni sono state tutte condivise. E quindi è facile
immaginare che saranno difese con
maggiore forza.
Il resto l’ha fatto Pippo Inzaghi. La
sua capacità di essere al tempo stesso
ambizioso e umile, di solleticare l’orgoglio presidenziale, ponendosi
obiettivi alti, senza però dimenticare
le difficoltà del presente; la sua fedeltà assoluta al modello Milan; la sua
passione e cura maniacale di ogni
dettaglio piacciono, da sempre, a
Berlusconi. «Quando sai che la società è vicina, ti stima e condivide le tue
scelte lavori meglio», ha ammesso
ieri Inzaghi, chiamato a spiegare il
segreto di un rapporto così stretto
con il suo datore di lavoro che né Allegri né Seedorf potevano vantare.
Anche questo aiuta a cambiare il
clima generale. I due ad hanno organizzato una convivenza che regge
senza scossoni e Pippo è in piena luna di miele con tutto l’ambiente. «Il
presidente era carico, propositivo,
entusiasta, pieno di idee di tutti i generi — conferma Galliani —. Ha fatto
ragionamenti di natura emozionale e
tecnica». Quello che ha detto negli
spogliatoi, Berlusconi l’ha poi rivelato a Milan Channel: «Dal 2003 al 2007
abbiamo vinto tutto quello che c’era
da vincere e siamo la squadra più titolata al mondo. Io penso che nel giro
di due anni possiamo farcela a tornare dove meritiamo. Ai giocatori ho
detto che quella con la Juve non è una
gara importante, ma fondamentale.
Se vincono e convincono, tutti si dimenticheranno degli ultimi due anni
Le decisioni
Dopo l’esonero di Seedorf,
ha seguito da vicino
mercato e strategie.
E il feeling con Pippo aiuta
La carica
«Quella di questa sera
non è una sfida importante,
ma fondamentale. Possiamo
riconquistare i tifosi»
cosa ha chiarito che la maggioranza
del Milan non è in vendita (almeno
per ora). Poi è tornato a occuparsi di
pallone, entrando nelle strategie tecniche e commerciali. La nuova vicinanza non si manifesta solo con le visite a Milanello alla vigilia delle partite (quella di ieri — durata quasi due
ore e mezza — è stata la quinta consecutiva) o con il ritorno in tribuna a
San Siro (Berlusconi c’era con la Lazio, ci sarà anche questa sera per la
sfida con la Juve, in compagnia della
fidanzata Francesca Pascale, e potrà
ammirare una coreografia speciale
allestita dalla figlia). Berlusconi telefona praticamente tutti i giorni a Barbara per chiederle di strategie e nuove idee (ha condiviso la soddisfazione della figlia per il tutto esaurito a
San Siro di questa sera e l’intenzione
di aumentare gli intrattenimenti per
i tifosi). Ha seguito passo passo tutte
le manovre di mercato con Galliani:
ha avallato certe scelte (la prima:
vendere Balotelli) e ha detto anche
difficili e i tifosi si riavvicineranno a
noi completamente».
Prima di salire in elicottero, Berlusconi ha salutato anche i 42 ragazzi di
Primavera e Berretti («Ah, ecco le
speranze del futuro»), con un cenno
particolare a Manuel Locatelli («Ho
sentito parlare molto bene di te») e
molti consigli di vita, soprattutto
quello di studiare, imparare le lingue
e cercarsi un’alternativa al mondo del
calcio che non si sa mai. Senza però
dimenticare l’ottimismo, specialità
della casa: «Ciascuno è arbitro della
propria fortuna. Se uno vuole una
cosa e ci crede fortissimamente, ci
arriva. Se uno ha obiettivi ambiziosi
e si impegna, ci si riesce. È come a
scuola: se ti poni l’obiettivo del 10 arrivi all’8, se punti all’8 prendi 6 o 7, se
ti poni l’obiettivo del 6 è quasi sicuro
che non passi». Ecco perché questa
sera, al di là delle mille prudenze
d’obbligo, il Milan punta al massimo.
Motivatore
Il presidente Silvio
Berlusconi a Milanello nella
sua ormai consueta visita
del venerdì alla squadra
(Buzzi)
24 Squadre, 6 Gironi
Agli ottavi le prime 2
e le 4 migliori terze
Le 13 città
Scozia
GLASGOW
Inghilterra
LONDRA
Danimarca
COPENAGHEN
Olanda
AMSTERDAM
Irlanda
DUBLINO
Russia
SAN PIETROBURGO
Germania
MONACO
DI BAVIERA
Belgio
BRUXELLES
Gironi
Ottavi
Quarti
Semifinali
Finale
Spagna
BILBAO
Italia
ROMA
Ungheria
BUDAPEST
Romania
BUCAREST
Azerbaijan
BAKU
Uefa Edizione itinerante per i 60 anni del torneo. Semifinali e finale a Wembley
Europeo 2020: Roma c’è
Il calcio fa l’Unione
C’è anche Roma fra le 13 città di 13 Paesi diversi
scelte ieri dall’Esecutivo dell’Uefa a Ginevra per ospitare le 51 partite dell’Europeo 2020, la seconda edizione a 24 squadre, dopo quella del 2016. La manifestazione, creata dall’allora segretario della Federcalcio francese, Henry Delaunay, nel 1957 (prima finale
a Parigi, 10 luglio 1960, Urss-Jugoslavia 2-1), compirà 60 anni nel 2020 e per celebrare l’evento, Michel
Platini ha lanciato la proposta di un Europeo itinerante. Il progetto, non riproponibile, proprio per dare
solennità all’idea di unione europea nel calcio, è diventato ieri realtà. Si erano candidate 19 città. Due le
opzioni: tre partite della fase a gironi più un ottavo o
un quarto di finale; due semifinali e la finale (la finale
per il terzo posto continua a non essere prevista). Soltanto Londra e Monaco di Baviera si erano candidate
per tutto, ma alla fine, a sorpresa, Monaco ha deciso
di ritirarsi e di lasciare via libera a Wembley, che ospiterà le ultime tre partite, le più prestigiose.
L’Olimpico di Roma ha avuto tre partite della prima fase più un quarto di finale. Le altre tre città che
ospiteranno i quarti, oltre alle tre partite iniziali, sono
dare concretezza e credibilità alla candidatura di Roma, dopo che l’Italia aveva perso l’organizzazione
delle edizioni del 2012 (Polonia/Ucraina) e del 2016
(Francia).
Ha fatto tanto discutere la scelta della Federcalcio
tedesca di ritirare l’Allianz Arena di Monaco dalla
corsa a semifinali/finale, prima che l’Esecutivo cominciasse a votare. L’idea prevalente è che la Germania punti ad organizzare tutta l’edizione 2024 e per
questo abbia preferito fare un passo indietro, ma Platini ha tagliato corto: «Non so perché ci sia stato questo passo indietro; resta il fatto che quello di Londra
era il miglior dossier e può darsi che la Germania lo
abbia capito». Il c.t. inglese ha assicurato che a Wembley «semifinaliste e spettatori troveranno un’atmosfera da sogno». E il presidente della Football Association, Greg Dyke, ha spiegato: «Abbiamo costruito
uno stadio molto grande e molto bello, ma anche
molto costoso. Vogliamo che sia teatro di gare importanti; siamo felici quando ospitiamo questo genere di
partite ed è per questo che abbiamo preso molto sul
serio la candidatura. Ed è stato bello sapere che, in
Arianna Ravelli
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Guai per Brandao
Il caso
Testata a Thiago Motta:
squalifica di sei mesi
e processo per violenza
San Paolo, Pato critica
il terreno del «Morumbi»
e il club licenzia il giardiniere
Maxi squalifica per Brandao. L’attaccante brasiliano del
Bastia è stato fermato per sei mesi per aver tirato una
testata volontaria a Thiago Motta, provocandogli una
frattura del setto nasale. L’episodio è avvenuto il 16
agosto scorso, al termine della partita tra Psg e Bastia,
nel tunnel del Parco dei Principi. L’attaccante sarà
convocabile dal 22 febbraio 2015, ma i guai non sono
finiti qui. Brandao è stato rinviato a giudizio per
«violenza volontaria» e rischia fino a tre anni di
carcere (il 3 novembre il processo). Ieri pomeriggio in
Commissione, l’avvocato del brasiliano ha ricostruito
l’accaduto trasformando Brandao in vittima di insulti
razzisti da parte di Thiago Motta. Presente al
confronto, il centrocampista del Psg e della Nazionale
ha smentito la ricostruzione. Ad aggravare il tutto era
stato il comportamento di Brandao che aveva atteso
che Thiago Motta rientrasse negli spogliatoi per
colpirlo a sorpresa e poi scappare, protetto anche da un
compagno di squadra. Le scuse non sono mai arrivate.
Pato e il giardiniere del «Morumbi», lo stadio del
San Paolo: una storia senza lieto fine. Dieci giorni
fa l’attaccante brasiliano, che in Italia ha indossato
la maglia del Milan prima di fare ritorno in patria,
aveva addebitato alle condizioni del terreno di
gioco del «Morumbi» l’incredibile gol sbagliato
nella partita vinta 2-0 contro lo Sport.
Dichiarazioni che hanno spinto il San Paolo a
correre ai ripari, scegliendo però la soluzione più
drastica: licenziare Gilberto, ex portiere del club e
ora capo dei giardinieri. Il manto erboso dello
stadio del San Paolo era stato criticato anche
dall’esperto Rogerio Ceni: secondo il portiere, le
linee del campo non erano precise. La decisione di
licenziare Gilberto ha fatto scoppiare una lite a
distanza tra l’ex presidente, Juvenal Juvencio, e
l’attuale, Carlos Miguel Aidar: «Gilberto è stato
cacciato perché era un mio amico», ha tuonato
Juvencio.
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Sede Il presidente Uefa Michel Platini mostra il nome della capitale italiana che ospiterà tre partite di Euro 2020 (Reuters)
la capitale dell’Azerbaijan, Baku, più Monaco di Baviera e San Pietroburgo. Le otto città degli ottavi sono: Bruxelles, Copenaghen, Budapest, Amsterdam,
Dublino, Bucarest, Glasgow e Bilbao. Sono rimaste
escluse Minsk, Sofia, Gerusalemme (Israele fa parte
dell’Uefa a pieno titolo), Skopje, Cardiff e Stoccolma.
Ha detto il presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio: «Scegliendo Roma tra le città che ospiteranno l’Europeo 2020, l’Uefa ha riconosciuto il valore
della candidatura italiana proposta dalla Figc, sostenuta dal Governo italiano, da Roma Capitale, dal Coni
e da tutte le componenti federali, ed è giusto condividere tutti insieme questo successo». L’Italia era rappresentata ieri dal neo d.g., Michele Uva, ma questo,
come per la finale di Champions League 2016 assegnata a Milano, è un successo della vecchia «squadra» federale, dell’ex presidente Giancarlo Abete, tuttora vice-presidente Uefa (se si fosse dimesso l’Italia
avrebbe perso la posizione), di Demetrio Albertini,
dall’ex d.g., Antonello Valentini, del ministro degli
esteri, Sergio Di Cesare, che molto hanno lavorato per
termini tecnici, ci siamo piazzati in cima alla lista. Era
dal 1996 che Londra non ospitava una grande manifestazione a livello di nazionali. La speranza è di non
essere soltanto gli organizzatori della parte finale del
torneo, ma di avere in campo anche la nostra Nazionale».
Il presidente dell’Uefa ha molto insistito sulle ragioni alla base di questo progetto innovativo: «È una
grande opportunità. La gente sta iniziando a capire
che è una buona cosa dare ai Paesi che non potrebbero mai ospitare un intero Europeo o che non potrebbero mai partecipare a questo evento, l’occasione di
ospitare quattro partite e di far parte del grande festival del calcio europeo. Che sia a Nord, Sud, a Est o a
Ovest, l’Europa è un grande continente con molte diversità. Sarà interessante vedere come lavora il motore del calcio. Spero che questo Europeo potrà essere
una grande festa di calcio». Nessuna delle nazionali
dei Paesi ospitanti è già qualificata di diritto.
Fabio Monti
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66
italia: 51575551575557
Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
Sport 67
italia: 51575551575557
F1 A Singapore il mercato detta legge, i destini di Red Bull, Ferrari e McLaren si incrociano. Fernando veloce, ma sono prove libere
Vettel e Alonso, chi offre di più?
Il tedesco guarda con interesse in casa Ferrari dove lo spagnolo ha qualche tensione
DAL NOSTRO INVIATO
SINGAPORE — È tornato al
centro della scena, non come
avrebbe voluto. I quattro titoli
mondiali consecutivi, i record, le
sgommate di gioia, gli inchini di
fronte alle auto che lo hanno consacrato nell’Olimpo della F1. Tutto
materiale di repertorio. Sebastian
Vettel ora lotta contro la sfortuna,
contro i guasti come quello alla
power unit che ieri lo ha appiedato
per buona parte delle prove libere.
La notizia è due volte negativa: entro la fine della stagione, il tedesco
dovrà ricorrere a un sesto propulsore; quando lo farà, scatterà la penalità sulla griglia.
Ad ogni modo, di lui si parla
quasi esclusivamente in chiave
Radio e terza macchina
Marcia indietro: le
comunicazioni radio non
sono azzerate. Ecclestone
rilancia la terza macchina
mercato. È l’uomo decisivo per
rompere gli equilibri e scardinare
contratti che almeno a parole sembrerebbero blindati, anche se ha un
impegno con la Red Bull per tutto il
2015. Perché se un pilota è scontento, come lo è il tedesco adesso, sarà
difficile trattenerlo a forza. Per lui si
è speso direttamente Bernie Ecclestone dicendo che sarebbe l’uomo
giusto per la Ferrari nel caso Alonso
dovesse andare via. Il compagno
Daniel Ricciardo ha offuscato la sua
stella alla velocità della luce. I numeri non mentono: tre vittorie a zero per l’australiano «ridens», 166
punti in classifica contro 106. Per
un campione del mondo è dura
continuare così.
Scaricato pure dal suo mentore
Helmut Marko, Vettel prova a immaginare un altro domani: «Ho un
rapporto speciale con questa squadra e nulla è cambiato. Ma è difficile capire cosa accadrà, in quale team guiderò nel corso della mia car-
Così le prove
Prima sessione
1. Alonso (Spa/Ferrari)
1’49’’056
2. Hamilton (Gbr/Mercedes)
a 0’’122
3. Rosberg (Ger/Mercedes)
a 0’’149
4. Vettel (Ger/Red Bull)
a 0’’818
5. Ricciardo (Aus/Red Bull)
a 1’’066
6. Vergne (Fra/Toro Rosso)
a 1’’483
7. Raikkonen (Fin/Ferrari)
a 1’’727
8. Button (Gbr/McLaren)
a 1’’866
9. Kvyat (Rus/Toro Rosso)
a 1’’943
10. Perez (Mex/Force India)
a 2’’075
Seconda sessione
1. Hamilton (Gbr/Mercedes)
1’47”490
2. Alonso (Spa/Ferrari)
a 0’’133
3. Ricciardo (Aus/Red Bull)
a 0’’300
4. Raikkonen (Fin/Ferrari)
a 0’’541
5. Vettel (Ger/Red Bull)
a 0’’551
6. Magnussen (Dan/McLar.)
a 0’’868
7. Button (Gbr/McLaren)
a 0’’945
8. Perez (Mex/Force India)
a 1’’163
9. Hulkenberg (Ger/F.India)
a 1’’261
10. Kvyat (Rus/Toro Rosso)
a 1’’280
Oggi qualifica alle 15
Terze prove libere dalle 12 alle
13 (ora italiana). Qualifica alle
15 (ora italiana). Su
SkysportF1HD diretta delle
prove e della qualifica;
su Rai2 della qualifica
Il caso Non è andata alla Procura Antidoping
La Kostner dà buca
Stangata in arrivo
ROMA — Pure l’aggravante. Tanto costerà a Carolina Kostner l’aver dato buca ieri mattina alla Procura Antidoping presso il Coni. In mattinata
gli avvocati della pattinatrice avevano inviato la mail con l’annuncio della
mancata risposta alla convocazione del procuratore Tammaro Maiello:
«Motivi di lavoro», ovvero la prima nell’Arena di Verona del suo show
«Intimissimi on ice Operapop», stasera. Ma ciò non le ha evitato la ratifica della «mancanza di atteggiamento collaborativo», un’ulteriore grana
che si incastona tra le contestazioni di complicità e omessa denuncia (art.
2.8 e 3.3 delle Norme Sportive Antidoping) in relazione all’affare di Epo
che ha portato alla squalifica l’ex fidanzato, l’oro di Pechino Alex Schwazer. «L’atleta Carolina Kostner non si è presentata. Pertanto, alla luce della
documentazione acquisita ed in corso di acquisizione anche presso organismi internazionali, questo Ufficio si riserva
di disporre una seconda ed ultima audizione». Un’ultima possibilità, insomma.
Che deve ancora essere calendarizzata, ma
che di sicuro sarà dopo giovedì 25 (è il giorno
di Roberto Donati, l’azzurro argento europeo
a Barcellona nella 4x100: dovrà chiarire alcuni punti della memoria inviata alla Procura) e
prima della fine settembre. Chiamata alla
quale stavolta la Kostner risponderà di certo,
anche per questioni di immagine (perfino il
Washington Post ieri ha dedicato un’apertura
alla pattinatrice che dà buca al Coni). Ma soCarolina Kostner
prattutto per approfondire le questioni che la
riguardano al netto di quanto già riferito alla Procura di Bolzano. Dei «buchi neri» che rischiano di allargarsi sempre più, considerato che la Procura Antidoping continua ad implementare il dossier a suo nome con documenti provenienti anche da «organismi internazionali». Tutti per ora coperti da «omissis» proprio per non concedere vantaggi alla difesa. Fatto
sta che adesso la Kostner, il cui deferimento al Tna è scontato, rischia di
più: di perdere le ultime quattro medaglie e di beccarsi un’inibizione di
oltre 4 anni per le contestazioni e il verbale di audizione negativa stilato
ieri. Il danno di immagine, invece, non si può calcolare. «Una campagna
mediatica indegna», ha commentato l’avvocato, Gerhard Brandstaetter.
Andrea Arzilli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Scontento Sebastian Vettel, 27 anni, 4 volte campione del mondo (Afp) Deluso Fernando Alonso, 33 anni, due mondiali vinti con la Renault (Afp)
riera. È impossibile prevedere il futuro». Eppure anche senza indovini, sul tavolo ha un piano B: c’è
l’offerta allettante della Honda, una
specie di assegno in bianco davanti
al quale lui però prende tempo. I
giapponesi mancano da parecchio,
i lavori sulle power unit che spinge-
ranno le McLaren procedono in ritardo. Una scommessa rischiosa
per Seb che ha 27 anni. Per questo
guarda con grande interesse a ciò
che succede in Ferrari, al nervosismo di Alonso, a un’ipotetica fuga
dello spagnolo verso la McLaren.
Un futuro che ritorna è anche
quello della terza macchina in pista.
Un’idea rilanciata da Ecclestone che
vorrebbe introdurla già dall’anno
prossimo. Non solo per superare i
problemi finanziari dei team più
piccoli, Marussia, Caterham, Sauber sono i nomi più a rischio. «Se
dovessimo perdere fino a tre squa-
dre — spiega Ecclestone — le altre
dovrebbero schierare tre monoposto. Penso che dovremmo farlo comunque. È meglio vedere tre Ferrari o qualunque altro top team, che
altri che faticano».
Intanto nel caldo afoso di Marina
Bay, durante la prima giornata di li-
bere Alonso realizza il miglior tempo nella prima sessione davanti alle
due Mercedes, e il secondo dietro
ad Hamilton nella seconda tappa di
prove libere. Per Raikkonen quarto
e settimo tempo, il finlandese si è
pure fermato ai box per un principio d’incendio a una ruota.
La colonna sonora della giornata
però è scandita dal parziale blackout radiofonico imposto dalla Fia.
Rispetto alle decisioni iniziali che
prevedevano un silenzio quasi assoluto nelle comunicazioni fra i box
e piloti, c’è stata una retromarcia
dopo le roventi polemiche scoppiate nel paddock. Saranno consentite
le informazioni su consumi, temperature dei freni, solo per citarne
alcune. Mentre restano illegali
quelle che indicano dove frenare,
quanto spingere sull’acceleratore,
suggerimenti su come affrontare
una curva e impostare una staccata.
L’obiettivo è rendere le gare più avvincenti senza gli aiuti dalla «regia». Ma per l’ennesima volta a stagione in corso la Federazione ha
mischiato le carte in fretta, creando
scompiglio. Con il risultato che ora
gli uomini di Charlie Whiting, direttore tecnico della Fia, dovranno
«intercettare» ore di conversazioni
per decriptare eventuali messaggi
in codice. Come gli ufficiali giudiziari.
Daniele Sparisci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
È mancato circondato dall’affetto dei suoi cari
20 settembre 2004 - 20 settembre 2014
Giulia, Camilla e Mario ricordano con grandissimo affetto
Antonio Moro
Dott. Sergio Grassi
Una preghiera per te amato marito, papà e nonno che ci hai lasciato dopo una vita laboriosa e
dedicata alla famiglia.- Lo annuncia la moglie
Luisa con i figli Nicoli Barbara e Fabio, il genero
Lorenzo, la nuora Paola, la cugina Silvana e gli
adorati nipoti Elena, Lorenzo, Francesca, Camilla, Mariasole, Susanna, Margherita, Benedetta.Il funerale avrà luogo sabato 20 settembre alle
ore 15 presso la parrocchia di Gesù Salvatore a
Milano 3. - Basiglio, 19 settembre 2014.
Camillo Ciancia Chiodini
- Novara, 20 settembre 2014.
Gabriella, Franco, Vera con Diego, Carlo si
stringono con tanto affetto a Giulia, Camilla e
Mario nel ricordo di
Camillo
- Novara, 20 settembre 2014.
Bruna Monesi con i figli partecipa al dolore della famiglia per la perdita del
Fatica, gioie, dolori, delusioni e soddisfazioni,
lavoro e famiglia.- Una vita, che ora è finita.- A
mio fratello
Con disperato dolore Jutta ricorda il trentaduesimo anniversario della morte della cara mamma
geom. Antonio Moro
Sergio
Nora (Noni) Pilling
- Milano, 19 settembre 2014.
medico legale come il nostro papà.- Lulli.
- Milano, 19 settembre 2014.
allora deceduta dopo diciannove anni di profonde ansie e sensi di colpa ingiustamente inculcatele ingannando la sua fiducia e dopo dodici anni
di terribile sofferta malattia, negandole alla fine
anche il rispetto delle sue ultime volontà e offendendo continuamente la sua memoria.
- Milano - Francoforte, 20 settembre 2014.
Cara mamma ora sei in cielo, ma vivi con noi
nei nostri cuori.- Le tue figlie Giordana e Simonetta con gli adorati nipoti Adriano e Pietro e con
i generi Enrico e Carlo.- Si è spenta
Le cugine Lucilla Barioli Sutti e Marina Barioli
Bertazzi con le rispettive famiglie si stringono con
tanto affetto a Savina Pierluca e Maria Federica
per la perdita del loro caro
Esterina Vannucci Sborea
dott. Sergio Grassi
Luigi, Alberto con Cristina, Luigi e Bianca, Giuliana con Paolo, Antonio, Cesare e Riccardo ricordano con immenso amore
Un affettuoso ringraziamento al caro Nilson, agli
amici e ai parenti, a tutto il personale della Casa
di Cura San Rocco di Segrate che la ha assistita.
- Milano, 19 settembre 2014.
- Milano, 19 settembre 2014.
Caro
Sergio
Chiara Valtolina Vita Samory
Nel sesto anniversario della scomparsa verrà celebrata una Santa Messa in suffragio martedì 23
settembre alle ore 10.30 nella Basilica di San Babila. - Milano, 20 settembre 2014.
Stefano, Rosemary e Matteo si stringono affettuosamente a Giordana, Simonetta e alle loro famiglie nel ricordo della cara mamma
tra amici non c’è mai un addio.- Franca, Patrizia,
Gianluca e Silviana, Rosaria.
- Milano, 19 settembre 2014.
Esterina Vannucci Sborea
Ilio affettuosamente partecipa al dolore di Lulli
per la morte del fratello
20 settembre 2012 - 20 settembre 2014
- Milano, 19 settembre 2014.
Dott. Sergio Grassi
Edoardo Austoni
Sempre nella nostra vita.- Roberta e i figli.- Una
Santa Messa di suffragio sarà celebrata il 20 settembre 2014 alle ore 18.30 in Milano presso la
Basilica di San Marco.
- Milano, 20 settembre 2014.
Franco Cottafavi annuncia con profondo dolore la scomparsa della cara moglie
- Milano, 19 settembre 2014.
Anne Elizabeth Abrahams
Massimo e Laura abbracciano Maria Federica
e si stringono alla famiglia nel ricordo del
avvenuta il 17 settembre 2014 a Rota di Imagna
(BG).- L’ufficio funebre avrà luogo oggi alle ore
14.30 presso la chiesa parrocchiale di Rota Fuori.- Un particolare ringraziamento al Dottor Fabio
Paladino e a Maria che l’hanno assistita sino alla
fine con cura e affetto.
- Milano, 20 settembre 2014.
Dott. Sergio Grassi
- Milano, 19 settembre 2014.
Ci ha lasciati
Maria Teresa Pozzi Cardone
Lo annuncia con tristezza Angelo con Cristina e
Piero. - Milano, 18 settembre 2014.
Nel primo anniversario della morte di
Don Marco Melzi
la sua Famiglia Religiosa Beato Angelico, invita
quanti lo ricordano alla solenne concelebrazione
lunedì 22 settembre alle ore 18.30 nella chiesa
di viale San Gimignano, 19 - Milano.
- Milano, 20 settembre 2014.
Ha concluso tragicamente la sua giornata terrena il
Partecipano al lutto:
– Simonetta con Antonello, Federica con Andrea, Alessandro, Rossana e Carmen.
20 settembre 2004 - 20 settembre 2014
Dott. Ing. Gian Luigi Gandolfo
Fanny Colorni Zambrini
Con infinito rimpianto e immenso dolore lo piangono i genitori, la sorella Laura con Giacomo e
Federico, gli zii Piero e Mariateresa, i cugini e i
parenti tutti.
- Pieve di Teco (IM), 19 settembre 2014.
Ciao
Madina
Ciao mamma.- Mario Silvia Antonio.
- Milano, 20 settembre 2014.
Cristina Angelo e Matteo.
- Milano, 18 settembre 2014.
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Liliana e Edith annunciano la scomparsa
dell’adorata e amatissima mamma e nonna
Emma, Francesca, Kamy, Giovanna e Gianluca
sono vicini ad Angelo nel ricordo dell’affezionata
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ACQUISIZIONE
NECROLOGIE
Giuseppina Bottacchi
ved. Galetti
Madi
- Almese, 18 settembre 2014.
I funerali si svolgeranno sabato 20 alle ore 15
nella chiesa di Madonna di Campagna a Verbania. - Verbania, 19 settembre 2014.
Daniela ed Andrea con Alessandra annunciano che la loro mamma
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Giovanni e Biancamaria Quadri affranti dal
dolore per la perdita del loro più caro amico
ha raggiunto papà Roberto.- I funerali avranno
luogo martedì 22 settembre alle ore 14.45 presso la parrocchia di Santa Maria di Lourdes via
Lomazzo. - Milano, 19 settembre 2014.
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non sanno immaginare come Carmen possa
riempire il vuoto lasciato da un gentiluomo tanto
colto, affabile e dinamico.
- Milano, 19 settembre 2014.
Nonna
la tua luce si è spenta, ma il ricordo del tuo sorriso brillerà nei nostri cuori.- Giacomo, Allegra,
Sofia, Elena. - Milano, 19 settembre 2014.
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Gabriella e Franco Orio nel ricordo di radiose
giornate a Cervinia con
Elena, Consuelo, Stefania, Maxi e Mario piangono con Andrea la scomparsa della sua cara
mamma
Corriere della Sera
PER PAROLA:
Necrologie: € 5,00
Adesioni al lutto: € 10,00
sono vicini a Tino, Paolo e Virginio con Nicoletta.
- Abbiategrasso, 19 settembre 2014.
A MODULO:
Solo anniversari, trigesimi
e ringraziamenti: € 540,00
Venini SpA è vicina alla famiglia per la scomparsa di
PER PAROLA:
Necrologie: € 1,90
Adesioni al lutto: € 3,70
A MODULO:
Solo anniversari, trigesimi
e ringraziamenti: € 258,00
Ornella Cairati in Tagliabue
Marisa Giannini Calcagni
Gazzetta dello Sport
- Milano, 19 settembre 2014.
È mancato all’affetto dei suoi cari e a tutti coloro che lo hanno amato
Gaetano Camponero
Francesco Carraro
La moglie Angela, le figlie Mariarita e Alessandra, i generi e i nipoti.
- Scicli, 18 settembre 2014.
uomo raffinato ed appassionato collezionista
d’arte. - Murano, 20 settembre 2014.
Le figlie annunciano che è venuta a mancare
la loro mamma
La famiglia Fabio Alessi e i collaboratori di Trading Group Srl, partecipano al lutto della famiglia Pelizzi per la prematura perdita della figlia
Teresa Altieri ved. Marchesi
Diritto di trasmissione:
pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00
L’accettazione delle adesioni
è subordinata al pagamento
con carta di credito
fondazionecorriere.it
Servizio fatturazione necrologie:
tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30
fax 02 25886632 - e-mail: [email protected]
Alessandra Pelizzi
Si è ricongiunta al compagno di tutta la sua vita.
- Milano, 19 settembre 2014.
Design A+G
il
Ne danno commosso annuncio la moglie Savina,
i figli Pierluca e Mariafederica, il genero Ugo ed
i nipoti Jessica, Marco e Maria Chiara.- Serberemo tutti con affetto ed ammirazione il ricordo della sua rettitudine, forza d’animo e gentilezza di
cui è stato ineguagliabile esempio.- Le esequie si
terranno il 20 settembre 2014 alle ore 14.45
presso la parrocchia di Santa Croce in Milano,
via Sidoli.- Non fiori ma offerte a Vidas.
- Milano, 19 settembre 2014.
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- Milano, 18 settembre 2014.
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
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Tv in chiaro
Teleraccomando
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di Maria Volpe
PER DISTRARSI
PER CANTARE
Toffanin torna
Ranieri ospita
tra veli e confetti Al Bano-Boy George
Torna oggi Silvia Toffanin
(foto) con un appuntamento
speciale dedicato ai
matrimoni vip, degli ultimi
mesi. Si comincia con
Elisabetta Canalis che il 14
settembre, ad Alghero, ha
sposato il chirurgo Brian
Perri: le telecamere hanno
seguito ogni momento della
giornata, dalla
preparazione della sposa al
taglio della torta. Poi Elena
Santarelli, in studio,
mostrerà e commenterà il
suo matrimonio con l’ex
calciatore Bernardo Corradi.
Immagini anche delle nozze
di Caterina Balivo, di Brad
Pitt e Angelina Jolie, di
Laura Chiatti e Marco Bocci.
Seconda puntata dello show
di Massimo Ranieri ( foto)
che stasera sarà affiancato
da due importanti spalle
artistiche: Morgan,
consolidato compagno
d’arte di Ranieri, e Simona
Molinari, voce e presenza
raffinata. Tra gli ospiti Pino
Daniele, Caparezza, Elio
(delle Storie tese) che con
Morgan, Simona Molinari e
lo stesso Ranieri renderà
omaggio allo storico
«Quartetto Cetra». E infine
la vera sorpresa della
puntata, l’inedita coppia Al
Bano-Boy George, star
internazionale degli anni
80. Ospite anche Tullio
Solenghi.
Verissimo
Canale5, ore 16.15
Sogno e son desto 2
Rai1, ore 21.15
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Film e programmi
Schwarzy e Belushi: Johnny Depp
caccia al bandito
cioccolataio matto
Chicago. Due poliziotti, uno
sovietico e uno americano
(Arnold Schwarzenegger e Jim
Belushi, foto insieme) cercano
di catturare un pericoloso
criminale (Ed O’Ross).
Danko
Rete4, ore 23.35
Grazie a un concorso, un
ragazzo poverissimo può
realizzare il suo sogno: visitare
la misteriosa e incredibile
fabbrica di cioccolato di Willy
Wonka (Johnny Depp, foto).
La fabbrica di cioccolato
Italia1, ore 21.10
Paravidino racconta L’omicidio Matteotti
la coppia che scoppia e l’inizio del regime
Registrata al Teatro Vittoria di
Roma, la nuova commedia
agrodolce del giovane regista
Fausto Paravidino racconta di
una coppia che non funziona
più. Ma come fare a dirselo?
Exit
Rai5, ore 21.15
«Delitto Matteotti: l’inizio del
regime» ripercorre l’omicidio
del deputato socialista ucciso
nel 1924 dalla polizia segreta
fascista. Il Duce se ne assunse
la responsabilità politica.
Il Tempo e la Storia
Rai Storia, ore 20.55
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Corriere della Sera Sabato 20 Settembre 2014
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Film
e programmi
Addio al nubilato
con Kirsten Dunst
Regan (Kirsten Dunst) e le sue
due amiche (Isla Fisher e Lizzy
Caplan, foto con Dunst)
organizzano un addio al nubilato
edonistico per la loro ex compagna
di liceo «Faccia di maiale».
The Wedding Party
Sky Cinema Hits, ore 23
Hemsworth e Brühl
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Chris Hemsworth e Daniel Brühl
(foto insieme) nel film di Ron
Howard che rievoca la storica
rivalità, negli anni 70, fra i piloti
di Formula 1 James Hunt e Niki
Lauda.
Rush
Sky Cinema 1, ore 21.10
Una strana coppia
per Woody Allen
La vita di Boris Yelnikoff (Larry
David), cinico fisico in pensione,
cambia quando la giovanissima
Melody (Evan Rachel Wood, foto
con David) si innamora di lui.
Dirige Woody Allen.
Basta che funzioni
Cinema Emotion, ore 21.15
Gli 80 anni dell’unica
vera diva italiana
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Protagonista di questa puntata di
«Vite da star» è Sophia Loren, che
oggi compie 80 anni. Da «Il ragazzo
sul delfino» a «La Ciociara», un
viaggio alla scoperta della diva
italiana più celebre di sempre.
Sophia Loren
Sky Arte HD, ore 19.45
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A fil di rete
di Aldo Grasso
Contagio delle idee
e duelli senza partita
I
talk del nostro scontento. Non ci sono solo i Santoro, i Giannini, i Floris, le Gruber e altri ancora; di là
dal fiume si trastullano con altre idee. «Economia in
rosso» era il tema della puntata di «Virus. Il contagio
delle idee» condotto da Nicola Porro (Raidue, giovedì, ore 21.10). In studio, a discutere dell’accanimento del
Fisco sulle abitazioni, del braccio di ferro di Renzi con i
sindacati e la sinistra interna per abolire l’art. 18, della crisi
del ceto medio, c’erano Vittorio Feltri e l’on. Giorgio AirauVincitori e vinti
do. Per contagiare meglio le
idee, quelli di «Virus» hanno
Vanessa
pensato a una sorta di duello
Incontrada
virtuale fra i due, con uso e
Rai1 vince con
abuso degli hashtag. Non c’è
la fiction,
stata partita: Feltri (che ha apCanale 5 si
pena scritto un libro con Gendifende con la commedia.
naro Sangiuliano, Il quarto
Vanessa Incontrada
Reich. Come la Germania ha
regina della prima serata
sottomesso l’Europa, Mondadel giovedì sulla prima
dori) era elegantissimo, punRete Rai, con «Un’altra
gente, sanamente distaccato.
vita», che raccoglie un
L’ex sindacalista Airaudo, abiottimo ascolto:
tuato da una vita ai tavoli della
6.384.000 spettatori, e
concertazione, sapeva solo inuno share del 25,4%
terrompere. Come si diceva
nel gergo ippico, Feltri era di
Checco
un’altra categoria. In collegaZalone
mento c’erano anche MauriCanale 5 si
zio Belpietro e l’on. Simona
difende bene
Bonafé.
dalla fiction
Nicola Porro è vicedirettore
Rai col sempreverde
de Il Giornale, imprenditore
Checco Zalone. Di nuovo
(settore olio e vini) e condutin onda sull’ammiraglia
tore tv. Si definisce «un libeRai «Che bella giornata»,
rale, liberista e soprattutto licon Checco Zalone come
bertario. Anche se ha studiato
protagonista: gli
dai gesuiti, al Massimo di Rospettatori sono
ma». Anche se? Porro si piace
3.471.000, per uno
molto e gli piace fare il piacioshare del 14,1%
ne. Ama ascoltarsi (godeva
nel citare i ricordi scolastici di
Adam Smith), adora essere al centro della scena e giocare
a fare il protagonista (ricorda molto lo stile di Antonello
Piroso). Fa il conduttore ma non è necessariamente schiavo degli astratti furori dei conduttori. Il suo pubblico ideale è quello delle partite Iva dei piccoli imprenditori, dei
commercianti, del ceto medio non riflessivo. Divertente,
infine, il retroscena di Claudio Cerasa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso
Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
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Sabato 20 Settembre 2014 Corriere della Sera
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